84
3(5 &+, 121 6, $&&217(17$ '(//$ 683(5),&,$/,7 /HDGHU LQ VROX]LRQL FKLPLFKH LQQRYDWLYH HG HFRVRVWHQLELOL SHU OH LQGXVWULH DG DOWD WHFQRORJLD LA PRIMA RIVISTA ITALIANA SUI CIRCUITI STAMPATI PCB Magazine n.6 - LUGLIO/AGOSTO 2013 IL SOLE 24 ORE S.p.A. - Sede operativa - Via Carlo Pisacane 1, ang. SS Sempione - 20016 PERO (Milano) - Rivista mensile, una copia 5,00 SPECIALE: Pcb embedded LUGLIO/AGOSTO 2013 n.6 LEGGI PCB SFOGLIABILE E SEGUICI SU TWITTER

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LA PRIMA RIVISTA ITALIANA SUI CIRCUITI STAMPATI

PCB

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n.6

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013

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LUGLIO/AGOSTO 2013

n.6

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Grazie all’esperienza maturata, Tecnolab propone una nuova linea di banchi da lavoro dal design innovativo.Ogni singolo elemento è stato studiato per garantire al tavolo la tenuta meccanica indispensabile a sostenere carichi adeguati.

grazie ai vari optionals che vanno dalla mensola

La scelta di utilizzare esclusivamente parti in lamiera piegata ci consente di offrire un prodotto completamente

e colorazione.La veletta laterale della gamba può anche essere personalizzata con il proprio logo.

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Non necessita di mascheratureRapida asciugaturaBassa tensione superficiale (11-12 dynes/cm)Capacità di resistere fino a temperature di 175°Csenza perdere le caratteristicheAumento del volore di SIR

Contenuto solidoSpessore medioViscositàFlash pointVOC (gr/lit)Tempo di asciugaturaResa mq/litroInfiammabilità (auto estinguente)Tg °CCostante dielettrica (@ 1kHz)Resistività Volumentrica (Ohm/cm)Fattore dissipativo

2%1 micron< 10 cpsNo0< 60 sec.35 mqSi36°C2,14,6 X 10^120,0009

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AGENTE EMILIA ROMAGNA E MARCHE:Giorgio Benfenati - P.zza Atene, 5 - 40057 Granarolo Emilia (BO) Cell. 33566.98.950

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5PCB luglio/agosto 2013

Non ho più voglia di parlare di economia. Non

perché non mi interessi l ’argomento, ma perché la

situazione, oltre che scontata, è così prevedibile nella sua

drammaticità che sarebbe solo un girare il coltello nella

piaga. Per chi è interessato sono stati appena trasmessi i

dati ANIE sulla situazione del comparto elettrotecnico

ed elettronico (www.anie.it). Mi basti dire che, con la

distanza in volumi di produzione dal picco ciclico che è

stato registrato nel 2007, stiamo viaggiando su valori

prossimi al 30% in meno. Come dire: un balzo indietro

di 25 anni, ai livelli - cioè - dei primi anni ’90.

Non commento.

E non voglio nemmeno parlare della crisi dell ’editoria

(la perdita generale del 33% delle entrate pubblicitarie

nel solo quinquennio 2007-2012 è un dato veramente

preoccupante) perché - sebbene mi tocchi da vicino (da

vicinissimo direi) - è un argomento questo che poco

interessa i lettori del nostro giornale.

Voglio invece parlare di quello che abbiamo intenzione

di fare nei prossimi mesi, visto che “fare” è l ’unica

parola d’ordine che in questo momento possa dare

delle speranze concrete per il futuro. Anche noi di

PCB Magazine abbiamo pensato di percorrere vie

alternative di sviluppo, in senso elettronico e secondo

schemi più tradizionali, che cerchino di rinnovare il

nostro lavoro e il nostro atteggiamento nei confronti

della trasmissione d’informazioni.

Nei prossimi mesi proporremo uno sviluppo della nostra

“Guida all ’acquisto” in senso elettronico, cercando di

trasformare un utile strumento come la versione in

pdf sfogliabile della guida, in un portale che permetta

alle aziende di trovare un più rapido sistema di

collegamento con i propri clienti e fornitori (esistenti

o potenziali), di veicolare notizie e informazioni in

tempi meno dilatati di quelli imposti dalle scadenze

di stampa e di trasmettere approfondimenti di vario

genere usando sistemi audio e video non implementabili

nei più tradizionali mezzi di comunicazione editoriale.

La versione cartacea della Guida all ’acquisto 2013-

14 sarà comunque sempre pubblicata e verrà presentata

e diffusa nel periodo che coincide con productronica 2013, la fiera che si terrà a Monaco fra il 12 e il 15

novembre.

Proprio in occasione di questo importante evento

abbiamo intenzione di proporre ai nostri lettori un

numero di novembre di PCB Magazine che sarà

dedicato quasi per intero alla fiera e che si presenterà

quest’anno in versione “double face”: in italiano e in

inglese.

Pensiamo che il sempre più acuto interesse da parte

dei nostri lettori di dirigere lo sguardo verso i mercati

d’oltre confine debba essere agevolato quanto più

possibile, senza poi dimenticare che productronica,

anche se affollata di visitatori italiani, è pur sempre

una manifestazione internazionale in cui l ’inglese la fa

da padrone.

Informeremo con tempestività circa le forme di

collaborazione e gli sviluppi dei due progetti nei mesi a

venire per via informatica e cartacea.

Per il resto cercheremo di tenere duro, un po’ come tutti,

cercando di superare il momento con la mente occupata

con progetti che siano in linea con i tempi e che possano

gettare le basi - nel loro piccolo - per una ripresa del

settore a cui vogliamo contribuire nel modo più concreto

ed attivo.

EDITORIALE ◀

Progetti per il futuro

[email protected]

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6 PCB luglio/agosto 2013

agendaEventi/Piano editoriale ___________________ 10a cura della redazione

ultimissimeC.S. e dintorni __________________________ 12a cura di Massimiliano Luce

attualitàPensare in grande non fa paura _____________ 18di Giuseppe Goglio

focusMSD

Trattare con i Moisture Sensitive Device _____ 20di Dario Gozzi

Armadi per MSD _______________________ 24di Piero Bianchi

Al riparo dall’umidità ____________________ 27di Dario Gozzi

specialePCB Embedded

PCB Embedded ________________________ 32di Davide Oltolina

Le ragioni dell’embedded _________________ 36di Piero Bianchi

▶ SOMMARIO - LUGLIO/AGOSTO 2013

IN COPERTINA

La reattività al mercato e la costante ricerca di soluzioni durevoli, fanno del Gruppo Dehon un leader del settore in Europa, Asia e Nord America. Inventec distribuisce prodotti e servizi attraverso filiali commerciali affiancandoVi con supporto tecnico e logistico. Il know-how acquisito in 40 anni di esperienza, lo scambio tra esperti di diversi paesi e test rigorosi di laboratorio migliorano le prestazioni. I rapporti con i grandi nomi dell’elettronica e regolari relazioni con le istituzioni contribuiscono ad ideare soluzioni migliori ed eco-sostenibili. È così che nel 2012 è stata inaugurata GREENWAY, la prima Ecolabel Chimica. L’innovazione rimane la chiave per il successo di Inventec.

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7PCB luglio/agosto 2013

tecnologieI benefici dei circuiti flessibili ______________ 40di Piero Bianchi

oltre i pcbVOC sotto controllo in pavimentazioni ESD _ 44di Paola Di Silvestro

Il sistema persona-calzatura-pavimento ______ 49di Domenico Carotenuto

Dal packaging tradizionale al packaging ESD _ 54di Lucio Crippa

(prima parte)

Sorgenti di innesco ESD e atmosfere esplosive _ 58di Alessandro Panìco

(prima parte)

produzioneIntelligent Repair Station _________________ 62di Michael Ford

(prima parte)

test & qualityL’ispezione ottica automatica Full 3D _______ 66a cura dell ’Ufficio Tecnico Saki

aziende e prodottiTecnologia e formazione per vincere _________ 74di Dario Gozzi

Coating di precisione ____________________ 78a cura dell ’Ufficio Tecnico SCS

fabbricantiProduttori di circuiti stampati in base a logo di fabbricazione ___________________ 81

Anno 27 - Numero 6 - luglio/agosto 2013www.elettronicanews.it

PROPRIETARIO ED EDITORE: Il Sole 24 ORE S.p.A.

SEDE LEGALE: Via Monte Rosa, 91 - 20149 Milano

PRESIDENTE: Benito Benedini

AMMINISTRATORE DELEGATO: Donatella Treu

STAMPA: Faenza Industrie Grafiche S.r.l. - Faenza (RA)

Prezzo di una copia 5 euro (arretrati 7 euro).

Registrazione Tribunale di Milano n. 148 del 19/3/1994 ROC n. 6553 del 10 dicembre 2001

DIRETTORE RESPONSABILE: Pierantonio Palerma

CAPOREDAZIONE CENTRALE: Claudio Bonomi, Patrick Fontana

REDAZIONE: Riccardo Busetto (Responsabile di Redazione), Massimiliano Luce

CONSULENTE TECNICO: Dario Gozzi

UFFICIO GRAFICO: Elisabetta Delfini (coordinatore), Elisabetta Buda, Patrizia Cavallotti, Elena Fusari, Laura Itolli, Silvia Lazzaretti, Luciano Martegani,

Cristina Negri, Diego Poletti, Luca Rovelli, Walter Tinelli

SEGRETERIA DI REDAZIONE BUSINESS MEDIA: Anna Alberti, Donatella Cavallo, Rita Galimberti, Laura Marinoni Marabelli,

Paola Melis, Elena Palazzolo, Katia Simeone

COLLABORATORI: Piero Bianchi, Domenico Carotenuto, Lucio Crippa, Paola Di Silvestro, Michael Ford, Giuseppe Goglio, Davide Oltolina,

Alessandro Panìco

[email protected]

SEDE OPERATIVA: Via Carlo Pisacane, 1 - 20016 PERO (Milano) - Tel. 02 3022.1

UFFICIO TRAFFICO E PUBBLICITÀ: Tel. 02 3022.6060

Informativa ex D. Lgs 196/3 (tutela della privacy).

Il Sole 24 ORE S.p.A., Titolare del trattamento, tratta, con modalità connesse ai fini, i Suoi dati personali,

liberamente conferiti al momento della sottoscrizione dell’abbonamento od acquisiti da elenchi conte-

nenti dati personali relativi allo svolgimento di attività economiche ed equiparate per i quali si applica

l’art. 24, comma 1, lett. d del D.Lgs n. 196/03, per inviarLe la rivista in abbonamento od in omaggio.

Potrà esercitare i diritti dell’art. 7 del D.Lgs n. 196/03 (accesso, cancellazione, correzione, ecc.) rivol-

gendosi al Responsabile del trattamento, che è il Direttore Generale dell’Area Professionale, presso

Il Sole 24 ORE S.p.A., l’Ufficio Diffusione c/o la sede di via Carlo Pisacane, 1 - 20016 PERO (Milano).

Gli articoli e le fotografie, anche se non pubblicati, non si restituiscono. Tutti i diritti sono riservati; nes-

suna parte di questa pubblicazione può essere riprodotta, memorizzata o trasmessa in nessun modo

o forma, sia essa elettronica, elettrostatica, fotocopia ciclostile, senza il permesso scritto dall’editore.

L’elenco completo ed aggiornato di tutti i Responsabili del trattamento è disponibile presso l’Ufficio

Privacy, Via Monte Rosa 91, 20149 Milano. I Suoi dati potranno essere trattati da incaricati preposti

agli ordini, al marketing, al servizio clienti e all’amministrazione e potranno essere comunicati alle so-

cietà di Gruppo 24 ORE per il perseguimento delle medesime finalità della raccolta, a società esterne

per la spedizione della Rivista e per l’invio di nostro materiale promozionale.

Annuncio ai sensi dell’art 2 comma 2 del “Codice di deontologia relativo al trattamento dei dati

personali nell’esercizio della attività giornalistica”.

La società Il Sole 24 ORE S.p.A., editore della rivista PCB Magazine rende noto al pubblico che esi-

stono banche dati ad uso redazionale nelle quali sono raccolti dati personali. Il luogo dove è possibile

esercitare i diritti previsti dal D.Lg 196/3 è l’ufficio del responsabile del trattamento dei dati personali,

presso il coordinamento delle segreterie redazionali (fax 02 3022.60951).

DIRETTORE EDITORIALE BUSINESS MEDIA: Mattia Losi

Associato a:

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8 PCB luglio/agosto 2013

▶ SI PARLA DI - LE AZIENDE CITATE

Azienda pag. Azienda pag. Inserzionisti pag.

A

APEX TOOL ................................13

AREL ............................................81

C

CABIOTEC ......................................4

F

F.P.E. ...................................... 11-77

G

G.L. .............................................57

I

INVENTEC PERFORMANCE CHEMICALS ITALIA ............ I cop.-3

M

MEG .............................................29

P

PACKTRONIC ........................... 9-15

T

TECNOLAB ............................II cop.

TECNOMETAL .............................81

V

VALCHIAN ...................................12

W

WIN TEK .............................. IV cop.

Z

ZUKEN .........................................73

A ASM _______________ 12, 14

ASYS_______________ 12, 14

E EKRA ______________ 12, 14

EMT Electronics _____ 29-30

F Forbo _______________ 49-53

G GEV _______________ 47-48

GüT __________________ 47

I i-tronik _____________ 18, 30

Iteco __________________ 27

J Jiangsu Tongrun Electronic ______________ 31

M Mapei _________________ 44

Mekko _________________ 28

Mentor Graphics ________ 62

Motorola _______________ 32

N Nora __________________ 27

O Oki Printed Circuits ______ 38

Orbotech _______________ 76

P Packtronic ______________ 73

Pentag A utomation _______ 31

R Rehm _______________ 12-14

Robotas Technologies _____ 18

S Saki ______________66, 71-73

Scatolificio Crippa _______ 54

Seica _______________ 12-14

Shmall _________________ 76

SCS Equipment _________ 80

Specialty Coating Systems –

SCS ________________ 78-80

T Tecnometal __________ 74-77

TFI ___________________ 47

TIGER-VAC ___________ 58

Totech _________________ 28

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Saki BF-Comet10Ispezione otticada banco

Ersa Versaprint S1Serigrafica con ispezione al 100%

Pemtron TROI-5700HIspezione 3D per crema saldante

Ersa IR/PL650Sistema di reworkper IC, BGA, QFN

Ersa Versaflow 3/45Saldatrice selettiva

Saki BF-3DiIspezione ottica 2D e 3D pre-reflow e post-reflow

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NOVITÀ

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10 PCB luglio/agosto 2013

Data e luogo Evento Segreteria

8-11 luglio

Salonicco

Grecia

ISFOE13

6th International Symposium

on FlexibleOrganic

Electronics

Dipartimento di fisicaUniversità Aristotele di Salonicco,

Salonicco, 54124 - Grecia

Tel.: +30 2310 998174 - Fax: +30 2310 99839

9-10 luglio

Tokyo

Giappone

Printed Electronics Asia

2013

IDTechEx LtdDowning Park, Swaffham Bulbeck, Cambridge

CB25 0NW, UK

www.IDTechEx.com - Tel. +44 (0) 122 38.13.703

9-11 luglio

San Francisco, CA

USA

SEMICON USA 2013 SEMI3081 Zanker Road - San Jose, CA, 95134, USA

N. verde: +1 888 500.SEMI (7364)

Tel: +1 408 94.37.870 - Fax: +1 408 94.37.932

Email: [email protected]

11 luglio

Dublino

Irlanda

Surface Mount Rework

of BGA, PoP, CSP & QFN

Components

Surface Mount Rework of BGA, PoP, CSP & QFN Components Tel. +353 (0) 86 80.61.998

E-mail: [email protected]

27–29 luglio

Singapore

ISMSE 2013

(International Symposium

on Manufacturing Systems

Engineering)

ISMSE 2013(International Symposium on Manufacturing Systems

Engineering)

Tel. +86 18779151934

E-mail: [email protected]

▶ AGENDA - FIERE E CONVEGNI

Piano editoriale 2013Gen.-Feb. Sistemi di saldatura

Marzo Il test funzionale

Aprile L’ispezione in elettronica: AOI, AXI e SPI

Maggio L’allestimento di impianti di produzione e di laboratori

elettronici

Giugno Problematiche ESD

Lug.-Ago. Pcb embedded

Settembre Il test elettrico

Ottobre Il software di progettazione e produzione

Novembre Speciale Productronica

Dicembre Circuiti stampati: materiali e tecnologie

SpecialiGuida all’acquisto 2013-2014

La pratica pubblicazione annuale di PCB Magazine che raccoglie in

un unico prodotto tutti i dati delle aziende che, in Italia, operano nel

settore della produzione, della distribuzione elettronica e dei circuiti

stampati.

Focus

Sistemi di lavaggio: lo stato dell’arte; sistemi di rework: tecnologie e

prodotti; normative e standard; il punto sulle Pick & Place; minacce

nascoste: umidità e temperatura; la strumentazione di laboratorio.

Editorial plan 2013Jan.-Feb. Soldering Systems

March Functional Test

April Inspection: AOI, AXI, SPI

May Manufacturing Plants and Laboratory

Organization

June ESD Issues

Jul.-Aug. PCB Embedded

September Electrical test

October Design and Manufacturing Software

November Productronica: Special Issue

December PCB: Materials and Technologies

SpecialBuyers’ Directory 2013-2014

The PCB Magazine special guide that provide essential information

on companies that operate in Italy in electronics field and pcb

manufacturing.

Focus

The Cleaning State of the Art; Rework: Products and Technologies;

Standards and Norms; Pick & Place; The Hidden Thrests: Moisture

and Temperature; Laboratory Instruments.

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FPE è una società italiana leader nella produzione di etichette professionali per i sistemi di identificazione.

Negli impianti di assemblaggio automatico dei PCB viene sempre più richiesto il monitoraggio della movimentazione dei pezzi nelle diverse fasi di processo. L’applicazione di un’etichetta su ogni PCB, all’inizio della linea, costituisce ancor oggi la soluzione più semplice ed economica per realizzare un sistema di rilevazioni dati.

L’etichetta assume una importanza fondamentale perché deve:

Range di temperatura: -40°... +537°C

I films di Polyimide bianco stampabili a trasferimento termico sono disponibili in tre spessori:

FPE offre oltre al Polyimide bianco, sei colori (rosa, giallo, arancio, blu, verde e viola

Tutti i materiali per alta temperatura in combinazioni con i nastri appropriati, sono approvati UL, MIL-STD-202G, MIL-STD-883E. Sono conformi alle Direttive RoHS e Reach.

ETICHETTE PER ALTA TEMPERATURA

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▶ ULTIMISSIME - C.S. E DINTORNI a cura di Massimiliano Luce

P resso la sala stampa dell’autodromo di

Monza si sono svolti, fra il 19 e il 20 giugno, i due giorni dell’evento tecnologico promosso da ASM. Due giorni dedicati all’innovazione con uno

Un evento ad alta velocitàsguardo verso il futuro.“On tracks towards the Future” è stato infatti il titolo della manifestazione che si è svolta presso il circuito automobilistico lombardo, luogo ideale per sottolineare l’importanza

dell’aspetto tecnologico in un contesto di mercato certamente non dei più facili degli ultimi anni.L’evento, organizzato su due giornate diverse, ma identico per schema e presentazioni tecniche, ha attratto un centinaio di visitatori, che hanno seguito una sezione convegnistica mattutina, seguita da un tour illustrativo nel corso del pomeriggio. Con quest’ultimo i visitatori hanno potuto provare le macchine assemblate in una linea produttiva montata per l’occasione nello spazio dei box normalmente usati per il gran premio d’Italia di Formula 1.

Approfondimenti tecnici necessariConvegni di tipo tecnico sulla lavorazione elettronica disgraziatamente non se ne fanno molti in Italia; e questo è senz’altro un

limite che sarebbe bene ovviare. Certo, là dove la contrazione del mercato è più significativa, ciò è comprensibile. Bisogna ricordare però che, se esiste un cambiamento di strategie che obbliga terzisti e distributori a guardare con sempre maggiore attenzione all’estero come canale di sbocco, è anche vero che nel nostro Paese sono ancora numerose le aziende che operano attivamente nel settore dell’elettronica.Di questo ASM è ben conscia e lo ha dimostrato investendo proprio in queste due giornate di incontri tecnici, giornate che - sebbene siano state occasione d’illustrazione di prodotti commerciali - sono state vissute certamente come un importante momento di approfondimento tecnologico.Si è parlato di diversi soggetti in occasione delle due mattinate di giugno: dalle problematiche imposte dalla miniaturizzazione sempre più spinta proposte da Norbert Heilmann di ASM, all’innovazione nel settore della tecnologia di saldatura affontato da Hans Bell di Rehm, dalle problematiche di marcatura e tracciabilità approfondite da Swen Nothjunge di ASYS/EKRA fino

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14 PCB luglio/agosto 2013

all’illustrazione delle soluzioni automatizzate di saldatura laser, test elettrico ed ispezione ottica proposte da Luca Corli e Carlo Perucca di Seica. Uno scenario del mercato dell’elettronica in questo momento difficile è stato poi delineato da Riccardo Busetto di PCB Magazine, che ha concluso i lavori delle due giornate di convegni.

Una linea in pistaCome si è detto, una vera e propria linea funzionante è stata allestita nello spazio dei box, proprio di fronte alla pista dell’autodromo.

Poco meno di 15 m affollati di macchine che hanno illustrato in modo concreto quanto discusso teoricamente nelle sessioni del mattino: dalla pick & place SIPLACE SX, capace di gestire un ampio spettro di componenti da 01005 a connettori fino a 30 cm di altezza, al forno per saldatura/rifusione Rehm VisionXC 523. Il guppo ASYS era presente in forza nello spazio dei box, forte della sua specializzazione nei sistemi di handling, ma non solo: due sistemi di carico e scarico

VEGO Dynamic AES 03D posti ai capi della linea, agevolati da un trasportatore a nastro per circuiti stampati VEGO Compact BRS 03 e da una stazione buffer FPS 30B univano le varie sezioni della linea, in cui erano presenti unità di marcatura laser Insignum 4000 e una serigrafica EKRA X4.Per quello che riguarda la saldatura selettiva e i sistemi d’ispezione e test elettrico la presenza del personale tecnico di Seica è stata essenziale per illustrare le caratteristiche del

sistema di visione Omron VTS 500, affiancato da un’unità di test flying probe Pilot V8 e da una saldatrice selettiva Firefly.Insomma, i tour pomeridiani hanno permesso ai tanti visitatori divisi in gruppi di approfondire tematiche in genere non facilmente acquisibili, sottolineando ancora una volta quanto gli investimenti in eventi di questo tipo possano essere proficui per aziende e clientela finale.

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16 PCB luglio/agosto 2013

Assemblaggio manuale di pcb rapido e preciso

O ggi l’assemblaggio manuale di pcb risulta

davvero intuitivo. Gli attuali sistemi accompagnano l’operatore passo passo e consentono di ridurre notevolmente il numero di errori, a tutto vantaggio della qualità del risultato finale. Tra le soluzioni attualmente esistenti per l’assemblaggio manuale di pcb, MASCOT proposto da Robotas si distingue per la precisione e la rapidità delle operazioni. MASCOT minimizza il tempo di assemblaggio dei pcb, migliora in modo significativo la qualità della produzione e offre una flessibilità di gran lunga maggiore a livello di inserimento dei componenti through-hole & odd form, di ispezione e di rework. L’utilizzo di MASCOT consente di eliminare il tempo solitamente dedicato alla fase iniziale di impostazione del lavoro, rendendosi di conseguenza la soluzione ideale per i produttori impegnati a operare su un’ampia varietà di pcb, secondo lotti sia di piccola che di media grandezza e in pieno accordo con il concetto di lean manufacturing.MASCOT assicura che il componente corretto sia posto nella esatta posizione, ogni volta nel giusto orientamento e velocità. MASCOT non soltanto consente agli operatori di ridurre il tempo necessario di assemblaggio dei pcb, ma, come riportano i clienti stessi, il numero

di errori degli addetti diminuisce anche del 60% dall’implementazione del sistema. Data la sua intuitività, prima del suo utilizzo MASCOT non richiede agli operatori alcun processo di formazione. Anzi, permette anche a operatori privi di esperienza di cominciare a costruire immediatamente i propri pcb. In venticinque anni, Robotas ha installato più di mille sistemi MASCOT in tutto il mondo, presso società come Hewlett Packard, Agilent, Intel, Westinghouse, Jabil, Venture e Parker.

Come funzionaLe istruzioni di lavoro che assistono l’operatore sono visualizzate sullo schermo, dove compaiono informazioni, immagini e video relativi alla parte del componente. Contemporaneamente, un laser che garantisce la sicurezza degli occhi dell’operatore indica l’esatta posizione e il corretto orientamento del componente sul pcb. La polarità è indicata dal laser quando si sofferma

è facilmente visibile in quanto preciso, rapido e chiaro in qualsiasi condizione di luce. Non sono presenti bulbi da cambiare o filtri da pulire. Contemporaneamente, il componente corretto è presentato all’operatore da un carousel motorizzato, assicurando che la parte giusta sia fornita precisamente nel momento esatto e rimuovendo la possibilità di selezionare il componente non esatto. Gli operatori possono lanciare delle segnalazioni quando il materiale a disposizione diminuisce.

La programmazioneIl software Mascot Programming supporta il rapido e semplice assemblaggio dei pcb. Le funzioni comprendono:Auto Image: aggiunge al programma di assemblaggio un’immagine di alta qualità della scheda. Successivamente, a ogni passaggio, il software visualizza automaticamente sia l’esatta locazione del componente, sia una vista ingrandita del componente posizionato correttamente.

supportare l’operatore nella creazione del programma di assemblaggio. Suoni e indicatori per la visualizzazione della polarità per informare gli operatori sulla polarità dei componenti.Verifiche che assicurano che i passaggi critici e le misure di sicurezza siano state eseguite in modo corretto.La matrice Step & Repeat dei pcb può essere generata in pochi secondi. I pcb possono essere programmati come una raccolta di sotto-assemblaggi. Un cambiamento ingegneristico su uno dei sotto-assemblati è immediatamente disponibile su tutti i pcb che ne fanno uso, riducendo di conseguenza in modo sensibile i tempi di programmazione. Importazione del database delle parti: consente di utilizzare le parti esistenti per creare nuovi assembati. Programmazione Drag and Drop: permette di spostare le parti dal proprio database per creare o cambiare la sequenza.Pcb Build Order Sorting: funzionalità ottimizzata in un solo click.Il sistema MASCOT è specificamente progettato per essere modulare e configurabile secondo le differenti esigenze degli utenti, qualsiasi sia il budget o l’applicazione.

Robotas Technologies

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in un angolo del componente. Il raggio

La procedura guidata passo dopo passo per

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18 PCB luglio/agosto 2013

Pensare in grande non fa paura

di Giuseppe Goglio

Cresciuta all’ombra di grandi nomi del settore, l’elettronica di La Spezia è pronta a mettere a frutto esperienza e capacità per brillare di luce propria anche nel panorama internazionale

▶ ATTUALITÀ - PROVINCE E INNOVAZIONE

A nalizzate in valore assoluto, le cifre offrono certamente un’indicazione dello stato

di salute di un settore dell’economia. Da sole, tuttavia, non sono sufficienti a comprenderne a fondo le dinami-che. Numeri piccoli al confronto con altre situazioni non significano neces-sariamente poca attenzione e poca propensione, vanno infatti considerati anche in rapporto alla realtà locale analizzata nell’insieme.

Assimilabile a Genova per territo-rio, risorse e potenzialità, La Spezia presenta caratteristiche solo in par-te paragonabili. Soprattutto l’ordine di scala è decisamente diverso ed è da questa considerazione che è impor-tante partire per analizzare un settore dell’elettronica non così ristretto co-me può emergere da una prima lettura dei dati della Camera di Commercio. Nell’insieme, il comparto conta infatti 19 aziende per un totale di 138 addet-ti. “In rapporto alla popolazione, sia-mo in linea con la realtà che si può in-contrare a Genova, considerando co-me l’intera provincia conti 220mi-la abitanti – spiega Stefano Senese,

segretario generale della Camera di Commercio di La Spezia –. Anche rapportando le realtà con gli addetti, vedo una buona proporzione, in linea con le caratteristiche di una produzio-ne in senso stretto del termine”.

Più dei volumi quindi, in questo caso interessa la stabilità di un set-

tore, sinonimo anche di buona salu-te dell’elettronica locale. Un fatto-re dal quale non emergono preoccu-pazioni particolari. “Se guardiamo al-la Liguria nel suo insieme, troviamo anche aziende di portata internazio-nale, veri e propri riferimenti del set-tore – prosegue Senese –. L’elettronica di per sé può attecchire ovunque, ma cresce più facilmente sull’indotto di grandi imprese e grandi reti. Noi in questo senso possiamo contare su due opportunità”.

Due opportunità che sono abba-stanza prevedibili considerato il con-testo e l’evoluzione storica di que-sta zona e che, inoltre, sono affidabi-li nel tempo. “La prima naturalmen-te è l’economia del mare – sottolinea il Segretario –. Non abbiamo misure dedicate rivolte alle aziende del set-tore, anche se seguiamo molto da vi-cino tutto quanto riguarda lo sviluppo delle tecnologie associate e quindi dei relativi componenti, anche per quanto riguarda l’elettronica”.

Humus tecnologico interessante

Una situazione di questo tipo favo-risce lo sviluppo i quello che viene de-finito un “humus interessante frutto dell’attività di ricerca”, ulteriormente avvalorato dall’altra caratteristica lo-cale: la Marina Militare. La presenza della Marina Militare, infatti, soprat-tutto negli ultimi anni, ha avuto im-portanti ripercussioni anche in ambi-to di Protezione Civile, con tutti gli apparati associati.

Stefano Senese, segretario generale della Camera di Commercio di La Spezia

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19PCB luglio/agosto 2013

Come spesso capita, in assenza di veri e propri distretti, alla voce elet-tronica la parte del leone è ricoperta dalla fabbricazione di computer e di unità periferiche, dove a fine 2012 si contavano nove aziende, stabili da tre anni dopo un calo di una sola unità, per un totale di 24 addetti. A livel-lo d’impiego, non si tratta però della maggiore rappresentanza. Le quat-tro realtà attive nella fabbricazione di altri componenti elettronici dan-no infatti lavoro a 47 persone, pra-ticamente stabili da tre anni a que-sta parte, con l’incremento di un’uni-tà. A prima vista, il comparto sem-bra aver accusato un colpo nel 2009, quando le imprese erano sei e gli ad-detti 73. In realtà, il settore fabbrica-zione di computer e prodotti di elet-tronica e ottica; apparecchi elettro-medicali, apparecchi di misurazione e di orologi (tre aziende per 48 la-voratori) rivela di fatto un andamen-

to esattamente speculare, segnando quindi un semplice cambio di clas-sificazione.

Occhio all’internazionalizzazione

Nel complesso, d’altra parte, è inu-tile negare come la situazione non possa certamente fuggire dall’anda-mento globale. “Stiamo attraversan-do un momento di resistenza – sotto-linea Senese –. Dobbiamo fare i con-ti con un grande incremento dell’in-ternazionalizzazione. Dove prima po-che grandi aziende facevano parte di questo movimento, ora crescono tante piccole e medie imprese fino ad assu-mere una dimensione internazionale, una tendenza confermata anche dal-le cifre.

Oltre alla ricerca di nuove oppor-tunità e nuovi mercati, Brasile e Sud-Est Asiatico in prima linea, c’è una

dimostrazione di maturità del setto-re. Si tratta di un segnale importan-te quello di voler uscire dal mantel-lo delle grandi aziende a partecipazio-ne statale e volersi immettere nel gi-ro globale. Una tendenza importante e più strutturale per il sistema”.

In particolare, ancora una vol-ta emerge la capacità della piccola imprenditoria locale nel sapersi af-fermare anche proprio là dove tan-ti individuano la maggior fonte di problemi. “In Cina le nostre azien-de esportano di tutto, a partire dal-la tecnologia, dove più uno è in gra-do di offrirne e più ne vende – con-clude Stefano Senese –. Elettronica compresa. Le nostre aziende nel set-tore impiantistica vanno molto bene in quel Paese e inizia a farsi strada anche la nautica. Settori dove i cine-si non sono ancora brillanti e al tem-po stesso investono molto in portic-cioli e cantieristica”.

La cantieristica navale e la presenza della Marina Militare fanno dell’area spezzina un polo d’attrazione per le aziende che operano nel settore delle tecnologie avanzate

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20 PCB luglio/agosto 2013

Trattare coi Moisture Sensitive Device

di Dario Gozzi

I circuiti integrati, in particolare quelli con package di grosse dimensioni come BGA, stacked die, PLCC e QFP, tendono ad assorbire umidità dall’ambiente perché il molding epossidico che racchiude il die è igroscopico. Le conseguenze sono diverse, ma la più grave è una riduzione progressiva dell’affidabilità dei dispositivi. Ecco qualche suggerimento per affrontare il problema

▶ FOCUS - MSD

L’ aumentata sensibilità verso temi quali la sicurezza e l’af-fidabilità ha portato gli ope-

ratori a porre maggiore enfasi sulla salvaguardia dei componenti sensibili

all’umidità (Moisture Sensitive Devi-ce) come i componenti fine-pitch e i BGA. I componenti elettronici, come pure i circuiti stampati, tolti dalla con-fezione protettiva originale assorbono

umidità dall’ambiente che, durante la saldatura, forma al loro interno sacche di vapore.

Questi dispositivi in fase di salda-tura sono sottoposti a elevate tem-

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21PCB luglio/agosto 2013

perature per tempi brevi, l’umidi-tà intrappolata all’interno del corpo plastico dei dispositivi (il molding) vaporizzando provoca una for-te pressione capace di danneggiare e in molti casi distruggere il com-ponente. All’interno del componen-te si produce una delaminazione del molding rispetto al die o al lead-fra-me, sovente con una rottura a livello di wire bond o con danneggiamen-to del die.

Nel momento in cui il fenomeno interessa la superficie esterna si pro-duce l’effetto popcorn, che ha il meri-to di avvisare l’operatore del proble-ma; diversamente potrebbe passare inosservato e, se il componente è an-cora funzionante, pregiudicarne l’af-fidabilità futura.

Il problema della saldatura dei componenti MSD è tuttora sottova-lutato da molti operatori del settore, esattamente come a volte capita per il pericolo delle scariche elettrostati-che. C’è però una differenza tra i due casi. Se per il fenomeno ESD il dan-no causato dalla mancanza di prote-zione può danneggiare qualche com-ponente, il rischio nel caso MSD è che il danno coinvolga l’intero lot-to di componenti che ha assorbito l’umidità.

Col termine floor life si intende il tempo che l’operatore ha a disposi-zione da quando toglie il componen-te dalla busta barriera (o dalla pro-tezione sotto vuoto) a quando inizia l’operazione di saldatura, usualmente in forno, ma anche di re-work.

Per una corretta gestione dei com-ponenti in base alla loro floor li-fe, si fa riferimento alla normati-va IPC che riporta una classificazio-ne stabilente i termini di esposizione nell’ambiente dei componenti:

Livello 1: tempo di esposizione il-limitato a 30 °C MAX con U.R. dell’85%.

Livello 2: un anno di esposizione a 30 °C MAX con U.R. del 60%.

Livello 2a: quattro settimane di espo-sizione a 30 °C MAX con U.R. del 60%.

Livello 3: 168 ore di esposizione a 30 °C MAX con U.R. del 60%.

Livello 4: 72 ore di esposizione a 30 °C MAX con U.R. del 60%.

Livello 5: 48 ore di esposizione a 30 °C MAX con U.R. del 60%.

Livello 5a: 24 ore di esposizione a 30 °C MAX con U.R. del 60%.

Livello 6: è richiesta l’operazione di bake prima dell’utilizzo, il com-ponente deve essere saldato entro il tempo limite riportato nelle sue specifiche.

La normativa riporta inoltre le principali precauzioni da adottare durante l’handling di questi compo-nenti, che riguarda il loro confezio-namento, la spedizione e l’utilizzo in produzione.

Sono state inoltre studiate diver-se tecniche per combattere l’assorbi-mento di umidità o riportare a zero la Floor-Life dei componenti.

I componenti MSD vanno conser-vati in buste barriera contenenti sa-li essiccanti. La normativa prevede al loro interno la presenza di un indica-tore di umidità e che sulla confezio-

ne sia apposta un’etichetta che ripor-ti le informazioni inerenti la shelf life (shelf life è il tempo di conservazio-ne a un predefinito e costante valo-re di umidità di un dispositivo MSD all’interno di una busta barriera), la massima temperatura sopportata dal package durante la rifusione, il tem-po in cui il componente può rima-nere esposto alle condizioni ambien-tali dopo l’apertura della confezione e le informazioni relative all’eventua-le baking.

I componenti esposti all’umidi-tà che hanno raggiunto il limite di tempo utile definito dalla floor life devono essere ricondizionati con un trattamento in forno mediante ba-king. L’attenzione maggiore va po-sta nel prevenire quanto più possibile l’assorbimento dell’umidità, pertanto meglio sarebbe curare le procedure di confezionamento.

In ogni caso in base al livello di appartenenza e allo spessore del cor-po del componente il tempo di ba-king può variare da qualche ora a di-versi giorni, e va eseguito in un for-no con umidità relativa inferiore al 5%, con temperature che vanno dai 40 °C ai 125 °C, facendo attenzione che il trattamento a temperature ele-vate (90–125 °C) può causare l’ossi-dazione dei pin, oltre che deformare i supporti dei componenti (tubi, bo-bine, nastri).

Infatti come tutti i processi termi-ci, lavorando in temperatura, il ba-king può diminuire la saldabilità dei terminali accelerandone il natura-le processo di ossidazione o causan-do un’eccessiva crescita dell’interme-tallico.

Per evitare questi problemi è con-sigliato l’uso di armadi essiccanti con un livello di umidità controllata infe-riore a 5% U.R. e con riscaldamento a 40 °C; il tempo di baking è più lun-go, ma non produce danni a compo-nenti e supporti.

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22 PCB luglio/agosto 2013

La conservazione dei componenti

La necessità di conservare i com-ponenti MSD fino al momento in cui sono utilizzati nell’assemblaggio dei pcb, ha condotto allo sviluppo di una serie di soluzioni tecnologiche finalizzate alla prevenzione e alla ri-mozione dell’umidità.

Le buste barriera sono costitui-te da multistrati in plastica ed allu-minio che impediscono nel tempo il passaggio dell’aria, hanno buone ca-ratteristiche meccaniche e possono normalmente essere riutilizzate di-verse volte.

Le buste sono disponibili in for-mati diversi con spessori che arriva-no a 150 μm, posseggono anche ca-ratteristiche ESD e nell’insieme co-stituiscono una impenetrabile barrie-ra per l’umidità, preservando al con-tempo anche la componente metal-lica del componente dall’ossidazio-ne. All’interno della busta, coi com-ponenti da conservare, vanno inseriti un sacchettino con l’agente disidra-tante e l’indicatore di umidità; il tut-to viene chiuso per termosaldatura, ma non prima di aver creato il vuoto.

Nel considerare quale buste bar-riera scegliere, sono da valutare il va-

lore di MVTR, la resistenza mecca-nica data dallo spessore delle pareti, la compatibilità con la propria mac-china di termosaldatura e con la nor-mativa ESD.

MVTR è l’acronimo di Moisture

Vapor Transmission Rate, è la misura della permeabilità di un film plasti-co o di un film plastico metallizza-to al passaggio umidità; in altre pa-role è la misura della velocità con cui l’umidità passa attraverso un mate-riale barriera. Sui technical data she-et è espresso in grammi per pollice quadrato in 24 ore (gr/in2/24h). Al diminuire di questo valore aumen-ta il tempo utile di permanenza del componente nella busta e diminui-

sce la quantità di materiale essiccan-te necessaria al suo interno.

La sigillatura delle buste può es-sere fatta con una normale saldatri-ce a barra calda, me meglio è l’utiliz-zo della termosaldatrice sottovuoto ad aspirazione esterna o a campana.

In tutti i casi è necessario che la saldatura sia meccanicamente per-fetta e la sua tenuta sicura nel tem-po. Il vuoto all’interno della busta serve per togliere umidità ed ossi-geno, deve però essere a livelli bassi (50-70% di vuoto), un valore di vuo-to più alto è pericoloso poiché favo-risce la diffusione dell’umidità, dan-neggia i reel, e può impedire il cor-retto funzionamento dell’agente es-siccante. La soluzione migliore è utilizzare macchine termosaldatri-ci sottovuoto a campana con immis-sione di gas inerte (azoto), questo si-stema permette di estrarre comple-tamente l’aria dalla busta barriera e sostituirla con il gas inerte, evitando di stressare meccanicamente il con-tenuto.

I sacchetti disidratanti vengono comunemente utilizzati per assorbi-re l’umidità presente all’interno degli imballaggi e per proteggere i compo-nenti sensibili all’umidità durante il trasporto o lo stoccaggio. La natu-ra del prodotto da proteggere, il tipo di imballaggio e il risultato finale che

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23PCB luglio/agosto 2013

si desidera ottenere, determinano la scelta del disidratante più adatto alle varie applicazioni.

L’agente essiccante deve essere pu-lito, non corrosivo e confezionato in bustine permeabili all’umidità. La quantità da utilizzare in ogni busta barriera è in funzione della dimen-sione della busta e del suo valore di WVTR, e tale da limitare il valore di umidità relativa al suo interno a me-no del 10% a 25 °C. All’interno del-le buste barriera non deve essere ri-posto materiale igroscopico (stec-che, reel, vassoi, ecc.) rimasto a lungo esposto all’umidità ambientale senza che sia stato prima sottoposto a ba-king. Il loro inserimento richiede che sia aumentata la quantità di materia-le essiccante al fine di raggiungere la shelf life desiderata.

L’agente essiccante, normalmente argilla racchiusa in sacchetti, assorbe l’umidità interna alla busta dopo che questa è stata sigillata a caldo, ed an-che l’eventuale umidità che dovesse penetrare dall’esterno. La quantità di dessiccante da inserire viene calcola-ta in base alle dimensioni della busta, all’Indice di Trasmissione del Vapore della busta (MVTR), ed al tempo programmato di immagazzinamento.

I sacchetti che contengono l’agen-te attivo sono disponibili in vari ma-teriali, ciascuno studiato per offri-

re ottime prestazioni e garantire la massima versatilità in ogni applica-zione. Possono essere realizzati in tessuto non tessuto, disponibile in vari spessori è la migliore soluzione quando si desidera un’alta resisten-za agli stress meccanici ed una ve-loce azione disidratante. Questi sac-chetti trovano la loro naturale appli-cazione nella protezione dall’umidi-tà all’interno di ogni tipo di imbal-lo industriale, durante lo stoccaggio e il trasporto. Un tipo particolare è il Tyvek, composto da fibre di polite-ne permeabile all’umidità, caratteri-stiche che li rendono particolarmen-te adatti nelle applicazioni elettroni-che e raccomandati in camera bian-ca. I sacchetti disidratanti con in-volucro dissipativo (ESD Safe) so-no ottenuti tramite una particolare lavorazione che li rende utilizzabili in ogni area EPA. Anche in presen-za di bassi tenori di umidità relati-va, i sacchetti disidratanti ESD Safe mantengono le loro qualità dissipa-tive inalterate.

I micro bag sono sacchetti disi-dratanti di piccole dimensioni (mas-simo 2 g) a totale tenuta di polvere, Possono essere prodotti utilizzando differenti tipi di agente disidratante (argilla attivata, gel di silice, setacci molecolari, o miscele di disidratan-ti). Le piccole dimensioni e l’involu-

cro in Tyvek li rendono perfetti per piccoli imballaggi e per la protezione di materiali particolarmente delicati.

Indicatori di umidità

L’indicatore di umidità o HIC (Humidity Indicator Card) è un car-toncino impregnato con un princi-pio chimico attivo che indica visiva-mente il superamento di un dato livel-lo di umidità relativa virando di colo-re. Servono ad assicurare all’utilizzato-re che all’apertura della busta i com-ponenti MSD siano rimasti al riparo dall’esposizione all’umidità. Gli indi-catori sono usualmente reversibili, ma sono disponibili anche in versione non reversibile per esigenze specifiche.

Hanno come minimo tre finestre, impregnate di una speciale sostanza chimica che vira progressivamente (marrone-azzurro e blu-rosa) al rag-giungimento di un’umidità relativa di 5%, 10% e 60%. Ovviamente van-no conservati in un contenitore im-permeabile all’umidità.

Inizialmente gli indicatori di umi-dità erano prodotti che conteneva-no dicloruro di cobalto, sostanza al-tamente tossica, ora sono commer-cializzati con formulazioni non pe-ricolose.

L’ulteriore esperienza accumulata nella fase di sviluppo dei nuovi indi-catori d’umidità ha permesso la na-scita di un prodotto qualitativamen-te all’avanguardia che garantisce la massima accuratezza della misura-zione in presenza di bassi tenori di umidità relativa.

È disponibile anche l’indicato-re a uno spot, che è tarato per vira-re al superamento dell’ 8% di umidi-tà relativa; viene usualmente inserito all’interno di ogni confezione di di-sidratante per permette di controlla-re l’integrità del packaging e l’even-tuale attività dei disidratanti conte-nuti al suo interno.

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24 PCB luglio/agosto 2013

Armadi per MSD

di Piero Bianchi

Del trattamento contro l’umidità ne beneficiano sia i circuiti stampati sia i componenti. Disporre di un ambiente idoneo dove conservare schede e componenti può costituire una necessità per tutto ciò che è considerato strategico

▶ FOCUS - MSD

D urante il trasporto e lo stoc-caggio i componenti elet-tronici vengono protetti da

appropriati imballi per evitare che venga assorbita l’umidità ambientale. All’apertura del-la confezione il componente inizia ad assorbire l’umidità proporzionalmente a quella presente nell’ambiente e in funzione della temperatura.

Il processo di ossidazio-ne prende avvio dalla presen-za di ossigeno, che ha un’alta affinità per legarsi coi metal-li. Le comuni fonti di ossige-no derivano dalla molecola di O2 e da quella dell’acqua, en-trambi presenti nell’aria.

Il legame che unisce i due atomi di ossigeno è forte e necessita di temperature su-periori ai 40 °C perché gli atomi si separino e siano di-sponibili a formare legami ossidativi, con l’acqua è de-cisamente più facile la sepa-razione tra idrogeno e ossi-geno per via del legame più debole che non richiede ele-vate energie per scioglierlo. Risulta quindi evidente che

Per affrontare contemporanea-mente le due problematiche si è ap-purato che tecnicamente basterebbe non superare la temperatura di 40 °C e deumidificare l’ambiente di stoc-caggio portando l’umidità relativa a valori percentualmente molto bas-si in media inferiori al 10%, questo non solo elimina la possibilità di ac-cumulo nel molding del componente e nei circuiti stampati, ma favorisce l’eliminazione di quella già assorbita.

Il problema non investe esclusi-vamente i componenti da usare cor-rentemente in produzione, ma anche i ricambi. In molte applicazioni co-me il militare, l’ aerospaziale e l’elet-

tromedicale, i ricambi devo-no essere disponibili per l’in-tero ciclo di vita del prodotto, che in molti casi è piuttosto lungo; la buona conservazio-ne in armadi privi di umidità, elimina una notevole quanti-tà di problemi nei successivi processi di saldatura.

Il molding dei circuiti in-tegrati è igroscopico, cioè di-mostra un elevato grado di af-finità nei confronti dell’umi-dità presente nell’ambiente, che una volta assorbita rima-ne intrappolata al suo interno.

Quando il componente raggiunge le elevate tempe-rature proprie della saldatura, il vapore che si forma al suo interno difficilmente riesce a trovare una veloce via di fuga dando luogo a numerosi pro-blemi di stress.

La pressione aumenta al punto che la sua forza è ca-pace di incrinare l’incapsu-lamento, creando cracking e

per la conservazione dei componen-ti la presenza dell’umidità assume un ruolo predominante rispetto a quella dell’ ossigeno.

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delaminazioni tra il molding e il cir-cuito, le tensioni interne arrivano a danneggiare le connessioni di bon-ding tra chip e lead frame. Quando l’umidità rimane intrappolata all’in-terno, durante le escursioni termiche la plastica dell’incapsulamento è li-bera di muoversi rispetto al die, inol-tre se la sacca di umidità si trova a contatto con la superfi cie del chip si può innescare un processo di corro-sione.

Anche quando nulla di elettrico subisce danneggiamento immedia-to, le micro crepe che si vengono a creare favoriscono l’ingresso di umi-dità che nel tempo provoca ossida-zione e problemi di deriva dei circu-iti interni. E’ un bene quando il pro-blema si manifesta anche in superfi -cie causando l’eff etto che va sotto il nome di popcorning, perché l’iden-tifi cazione del problema è immedia-ta. Diversamente se il problema suc-cede l all’interno, senza che dia vita a un difetto catastrofi co, c’è il reale pe-ricolo che il guasto si manifesti solo dopo che la scheda è uscita dalla pro-duzione, quando è ormai arrivata al cliente fi nale.

Un’adeguata cura mediante l’ap-posito stoccaggio evita che si mani-festino i problemi di delaminazione

e la formazione di microfratture an-che sui circuiti stampati dove l’assor-bimento di umidità è inversamen-te proporzionale allo spessore del la-minato.

Il problema è noto da decenni, tanto che in passato si mettevano i componenti all’interno di apposi-ti armadi portati in temperatura per favorire l’uscita dell’umidità dal loro corpo, operazione che non poteva e non può essere ripetuta innumerevoli

volte in quanto i ripetuti cicli termici fi niscono per aumentare l’ossidazione sui terminali metallici.

Gli armadi deumidifi canti

Col termine MSD, ovve-ro Moisture Sensitive Device, so-no denominati trasversalmente tut-ti i componenti sensibili all’umidità ambientale, che viene assorbita dal-la resina di cui è costituito il loro ca-

se. Il molding dei circuiti in-tegrati è infatti igroscopi-co, cioè dimostra un eleva-to grado di affi nità nei con-fronti dell’umidità che, come detto, una volta assorbita ri-mane intrappolata al suo in-terno se non opportunamen-te trattata. Per ovviare all’in-conveniente si utilizza per il loro stoccaggio gli armadi che consentono di mantene-re al loro interno un’umidità relativa mediamente inferio-re al 3-5%, come prescritto dalla normativa IPC/Jedec J-STD-033B. Negli arma-di trovano posto sia i circu-iti stampati che i componen-ti, contenuti nei vassoi, nelle stecche o nei feeder.

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Gli armadi deumidifi canti, o dry cabinet, sono utilizzati sia per l’imma-gazzinamento a breve che a lungo ter-mine dei componenti elettronici sen-sibili all’umidità. Ci sono due famiglie di armadi, quelli che lavorano in at-mosfera inerte e quelli che utilizzano le zeoliti, un setaccio molecolare sin-tetico capace di intrappolare le mole-cole di acqua.

Creare un ambiente inertizzato (immettendo azoto nell’armadio) è di sicuro più costoso che non utilizzare le zeoliti come agente essiccante. Con l’immissione dell’azoto si crea una pressione leggermente superiore ri-spetto all’esterno che all’apertura della porta evita l’ingresso di aria dall’am-biente; la presenza di azoto mantiene sicuramente un’atmosfera secca e pri-va di contaminanti, ma il suo utiliz-zo comincia ad avere un senso se è già presente in produzione per il proces-so di saldatura.

Esistono numerosissimi tipi di ze-oliti, sia naturali che sintetiche, que-ste ultime utilizzate anche nell’indu-stria elettronica.

Le zeoliti di origine sintetica so-no un potente setaccio molecolare, un silicato di alluminio con struttu-ra cristallina regolare e microporosa, dall’apparenza di piccole perline dal colore rosa opaco. Possiedono un ele-vato numero di cavità interne collega-te tra loro da precise aperture la cui dimensione di 3, 4, 5 e 10 Ångströms classifi ca il prodotto.

L’assorbimento avviene selettiva-mente solo per quelle molecole il cui diametro è inferiore al diametro di queste aperture. Di preferenza ven-gono intrappolate molecole polari il che gratifi ca l’utilizzo della zeolite per catturare dall’aria le molecole d’acqua (che sono polari e molto piccole). Il termine di setaccio molecolare deri-va dal fatto che le molecole maggiori della dimensione delle aperture ven-gono naturalmente escluse.

Le capacità di questo prodotto so-no così spinte che gli consentono di operare un alto grado di assorbimen-to anche con bassi valori di umidità relativa, oltretutto lavorando con effi -cacia all’interno di un ampio spettro di temperatura. La zeolite, che pos-siede una spiccata capacità rigenera-tiva, non è tossica ed è chimicamen-te inerte

Altri vantaggi di questo prodot-to sono che non generano sporci-zia, assorbono a una velocità maggio-re del silica gel, mantengono inaltera-ta la loro dimensione e geometria an-che a saturazione avvenuta e posseg-gono un’eccellente abilità nel rigene-rarsi (quindi non sono materiale di consumo).

Essendo le zeoliti rigenerabili, gli armadi sono costruiti in modo che ce ne sia sempre una quantità atti-va all’interno dell’area di stoccaggio, mentre un’altra porzione è sottopo-sta all’esterno a un fl usso di calore per asportare le molecole d’acqua che ha intrappolato nelle sue cavità. In que-sto modo si riesce a mantenere all’in-terno dell’armadio una umidità rela-tiva pari o inferiore al 3%, con tempi di recupero (in caso di apertura della porta) estremamente rapidi. Questi

cabinet possono assolve-re anche un altro compito, quello di magazzini a lun-go termine per componen-ti strategici.

I dry cabinet non sono propriamente un’alternati-va al baking, anche se c’è una certa sovrapposizione fun-zionale. Da alcuni l’utiliz-zo degli armadi dry è propo-sto come una soluzione pro-attiva, una sorta di moistu-re management system te-so a prevenire piuttosto che un baking utilizzato per re-cuperare.

Nello scegliere un armadio sono da considerare le prestazioni ope-rative, dalla selezione dei valori de-siderati da impostare alla dinamica per il ripristino delle condizioni im-postate a seguito dell’apertura delle porte, dallo spazio (volume) dispo-nibile alla semplicità del suo utiliz-zo, al costo della gestione operati-va. In genere i ripiani interni posso-no essere attrezzati per ospitare sia i reel che i feeder completi, oppu-re l’intero spazio interno può esse-re adattato in funzione delle speci-fi che esigenze.

All’atto della decisione d’acquisto è importante avere chiaro l’obietti-vo che ci si pone, ovvero se serve un armadio per stoccare sul medio lun-go periodo o se ne serve uno da tenere in produzione dove i tempi di accesso sono sicuramente ridotti e ricondu-cibili a intervalli di ore. La risposta a questa domanda discrimina automa-ticamente sul volume fruibile richie-sto, incluso il package con cui si pre-sentano i componenti da conservare, e ovviamente le caratteristiche che l’ar-madio deve possedere.

Tutti gli armadi devono essere a norma ESD, quindi con vernice, vetri e ruote o piedini di appoggio in mate-riale dissipativo.

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Al riparo dall’umidità

di Dario Gozzi

Immediatamente dopo la fase di produzione i componenti e le schede elettroniche vengono inseriti in imballi che garantiscono la protezione durante il trasporto. Come comportarsi, tuttavia, dopo che la confezione viene aperta? Chi ha la necessità di tenere componenti al riparo dall’umidità può utilizzare armadi speciali. Eccone alcuni esempi

MSD - FOCUS ◀

L’ elevata miniaturizzazione dei componenti elettronici ha portato enormi benefici

all’industria elettronica. Purtrop-po questa innovazione tecnologica comporta rischi maggiori per i cir-cuiti integrati ultraminiaturizzati (come microprocessori, BGA, PoP) che sono sempre più sensibili a rot-ture o malfunzionamenti causati da scariche elettrostatiche o da umidità presente nel molding al momento della saldatura.

Sovente, quanto più un compo-nente è sensibile alle scariche elet-trostatiche (ESD), tanto più è a ri-schio di problemi causati dall’umidi-tà. Infatti, nonostante i due proble-mi non siano correlati tra loro, sono entrambi amplificati dalla miniatu-rizzazione.

I requisiti richiesti in varie applica-zioni sono molto restrittivi. I disposi-tivi e i sistemi montati devono garan-tire elevate prestazioni, affida-bilità e funzionalità avanza-te. Le specifiche a cui debbo-no rispondere i sistemi elet-tronici si riflettono di con-seguenza sull’handling a cui sono assoggettati i componen-ti e i substrati.

Buona parte dei componenti atti-vi sono sensibili all’umidità perché il loro rivestimento plastico ha una for-te tendenza igroscopica. L’umidità assorbita tende poi a sprigionar-si quando il componente si trova in un ambiente riscaldato. Se il riscal-damento è graduale l’umidità esce dal package del componente senza creare problemi, ma nel caso di for-te escursione termica in tempi brevi l’umidità entra in uno stato di evapo-razione esplosiva.

Ecco alcuni esempi di contenito-ri che permettono di ovviare a tali problemi, problemi che – quando si manifestano – pos-sono creare svantaggi econo-mici di un certo rilievo.

Armadi deumidificanti GHIBLI II

Questo prodotto italiano (ved. Fig. 1), realizzato in cinque model-li con capacità da 200 a 1280 litri, è conforme alle norme IPC/JEDEC J-STD-033B.1.

Si tratta di armadi capaci di crea-re un ambiente secco con umidità ga-rantita inferiore al 5% (valore gene-rico del 2%) in cui immagazzinare i componenti MSD.

Fig. 1 – La serie di armadi GHIBLI-II

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Il loro utilizzo è immedia-to in quanto l’operatore non è chiamato a svolgere nessuna operazione. Ogni armadio è munito di un termoigrometro portatile, il DryLogger, che ha funzione di data logger.

Lo strumento è calibrabile e consente di misurare l’umi-dità e la temperatura in diver-si punti all’interno dell’arma-dio. Svolgendo anche la fun-zione di data logger consente di trasferire i dati sul PC per poi poterli visualizzare e ana-lizzare. Progettato per mi-surare con precisione a bassi valori di umidità, può essere usato anche per applicazioni al di fuori dell’armadio.

Lo strumento è dotato di software LogManager fornito insieme a ogni armadio, che permette di deter-minare gli intervalli di tempo e le per-centuali a cui i componenti MSD so-no stati esposti a umidità superiore al 5% U.R. o al 10% U.R., dati questi che consentono di calcolare la floor life.

Gli armadi hanno una struttura modulare e sono un prodotto a bas-so impatto ambientale. I moduli deu-midificatori presenti nell’armadio la-vorano in continuo e non sono con-trollati da nessun sensore. In questo modo non si corrono pericoli dovuti a malfunzionamenti o derive degli igro-metri. In caso di necessità i moduli deumidificatori possono essere estrat-ti dall’armadio in pochi minuti utiliz-zando solo un cacciavite. Ciò consen-te una facile riparazione, assicurando una vita dell’armadio superiore ai 20 anni, lunga almeno quanto la strut-tura metallica che esternamente è ri-vestita con vernice dissipativa (103–109 Ω). Le porte sono dotate di ma-niglie magnetiche e sono a chiusu-ra ermetica. I vetri sono dissipativi, così come dissipative sono le quat-tro ruote, di cui due munite di freno.

La proposta di Mekko

I dry cabinet Mekko (ved. Fig. 2) sono sistemi progettati per garantire la conservazione o resettare il floor li-

fe di CS e componenti, rimuovendo l’umidità intrappolata al loro interno. Questa famiglia di armadi consente di mantenere al loro interno un’umi-dità relativa compresa tra l’1% e il 3%, esattamente come prescritto dalla normativa IPC/Jedec. Questa gamma di armadi deumidificanti è riccamen-te accessoriata e disponibile in diverse configurazioni fino a sei porte,

Sul frontale della porta, perché sia-no facilmente accessibili all’operato-re, sono posti gli strumenti che segna-lano la temperatura e l’umidità presen-ti all’interno del cabinet. I dry cabinet di Mekko non richiedono azoto, aria com-pressa o altro materiale di consumo.

La nuova tecnologia MTX-flow, interamente progettata da Mekko, utilizza un innovativo sistema rotan-te all’interno del quale l’unità di essic-cazione utilizza le zeoliti. Situata nel-la base interna del cabinet, l’unità di essiccazione presenta un settore sem-

pre esposto all’aria contenuta all’interno dell’armadio che è forzata ad attraversarlo ce-dendo alle zeoliti l’umidità in essa contenuta.

Contemporaneamente un secondo settore transi-ta all’esterno della camera deumidificante (ma sempre all’interno dell’armadio). In questo modo viene forzato il passaggio di un flusso di aria calda che ha il compito di ri-generare le zeoliti rimuoven-done l’umidità accumulatasi.

Nell’area di stoccaggio dei componenti, in cui l’umidi-tà deve essere mantenuta a li-velli molto bassi, è portato in continuazione l’agente disi-dratante rigenerato e pronto

a ricevere nuova umidità da asporta-re, ciò perché il dispositivo è posto co-stantemente in rotazione. Il valore di umidità è controllato a loop chiuso e non ci sono tempi morti nell’azione di deumidificazione.

Parte dello studio nel mettere a punto questo dispositivo è stato in-dirizzato nella ricerca del flusso d’aria più efficace nell’ottimizzare la capaci-tà di rigenerazione delle zeoliti, aven-do contemporaneamente cura di con-tenere anche i consumi di energia elettrica, ridotti a soli 50 W. I cabinet sono esenti da manutenzione e con-formi alla normativa ESD safety.

Super Dry da Totech

La serie degli armadi Super Dry (ved. Figg. 3 e 4), prodotti da Totech e distrubuiti in Italia da i-tronik, co-pre un’ampia gamma di volumi dispo-nibili per alloggiare il materiale, con temperature di lavoro selezionabili da 0 a 99 °C e con valori di umidità rela-tiva impostabili a partire da un valore minimo di 0,5%.

Il sistema di circolazione inter-

Fig. 2 – I dry cabinet di Mekko utilizzano la nuova tecnologia MTX-flow

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no è capace di mantenere un livel-lo di umidità al disotto del 5%, indi-pendentemente dalla frequenza di ac-cesso.

Tutti i modelli dispongono di un pannello di comando e controllo digi-tale facile e intuitivo. L’umidità relati-va al suo interno è impostata e man-tenuta a un valore compreso tra l’0,5 e il 50% in via completamente automa-tica; quando le porte vengono richiu-se, il sensore posizionato su ognuna di loro comunica il consenso all’uni-tà di controllo centrale per riavviare il sistema di deumidificazione e ripor-tare l’atmosfera interna al valore de-siderato.

Il sistema è equipaggiato con due unità di essiccatura per raggiunge-re il livello minimo di umidità rela-tiva dello 0,5%. Oltre a mantenere i bassi livelli di umidità, il doppio siste-ma garantisce che almeno uno dei due sia sempre attivo, anche nel momen-to in cui l’altro viene rigenerato. Nel

caso di ripetute aperture delle porte, per ritornare velocemente a bassi li-velli di umidità, è possibile aggiunge-re l’opzione azoto. Un’elettrovalvola comandata dalla chiusura della porta immette una prestabilita quantità di N2 che aiuta a ritornare velocemente alle condizioni di atmosfera ottimali.

L’immissione di azoto accelera l’ab-bassamento del tenore di umidità me-diante l’espulsione dell’aria e quin-di dell’umidità contenuta. In alterna-tiva si può ricorrere al riscaldamen-to dell’aria circolante, che comunque viene mantenuta a un valore di 40 °C, oppure di 60 °C, temperature queste che non influiscono sui processi di os-sidazione, ma al contrario aiutano a eliminare l’umidità residua presente anche nei circuiti stampati. I disposi-tivi che vengono forniti con il riscal-datore da 40 °C o 60 °C hanno una struttura termoisolante che garantisce il mantenimento preciso e costante delle temperature, evitando la disper-

sione all’eterno. Normalmente la capa-cità operativa di questi sistemi è tale da non richiedere l’impiego di azoto.

Il modello della serie Hyper è prov-visto anche di un igrometro partico-larmente sensibile che consente, con l’elettronica di controllo, di mantene-re un preciso valore di umidità relati-va all’interno di un range impostabile tra 1% e 99%. Un data logger racco-glie tutti i dati di umidità e tempera-tura, memorizzando uno scenario delle condizioni interne al passare del tempo.

Un requisito sempre più richiesto a garanzia dell’affidabilità dei dispositi-vi elettronici sensibili è la tracciabilità. Gli armadi Super Dry dispongono di un registratore dei valori di tempera-tura e umidità con la capacità di me-morizzare fino a 16.000 letture, che possono essere trasmesse a un compu-ter di supervisione via hardware tra-mite una connessione RS232, oppu-re wireless con interfaccia a infrarossi.

Con gli armadi Super Dry si evi-

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ta ogni tipo di problema e si possono conservare a lungo componenti con-fezionati in bobine, in stecche o sfusi. Costruiti in acciaio inossidabile sono perfettamente a norma ESD, incluse le ampie fi nestre di cui sono dotati per facilitare l’individuazione di quanto si desidera prelevare.

La capacità di carico delle mensole è di 50 Kg, con una ampia scelta di ge-ometria e dimensioni, idonea a soddi-sfare le varie esigenze di spazio che so-no peculiari di ogni area produttiva. Le mensole possono essere scorrevoli per un facile prelievo e sono disponibili di-versi accessori per la divisione delle bo-bine per tipologia.

X-Treme autodry cabinet La soluzione per il baking, l’essic-

cazione e lo stoccaggio di dispositivi che necessitano di deumidifi cazione è data da questa serie di armadi pro-dotti dalla turca EMT Electronics che, a un’affi dabile struttura mecca-nica (struttura in acciaio inossidabile con verniciatura elettrostatica), uni-scono il data logger per la tracciatura

l’utente può seguire facilmente quan-to accaduto nel passato.

L’umidità interna è controllata fi no a 1% U.R., con un tasso di deumidi-fi cazione ultra veloce. Il riscaldamen-to è regolabile dalla temperatura am-biente fi no a 60 °C.

Il semplice ed intuitivo pannello di controllo touch screen consente un facile accesso a tutte le impostazioni utente e alle informazioni di sistema.

Figg. 3a e 3b – Armadi di concezione avanzata i Super Dry di Totech sono distribuiti in Italia da i-tronik

Figg. 4a e 4b – L’azienda turca

EMT Electronics produce una

serie di armadi deumidifi catori di altà qualità:

gli X-Treme autodry cabinet

della curva di umidi-tà relativa che con-sente di mostrare tutti i dati registrati sequenzialmente in una curva. Pertanto

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La doppia unità di essiccazione ga-rantisce un funzionamento senza in-terruzioni anche in caso di guasti, ga-rantendo un funzionamento affidabile. L’unità dispone di un sistema di dia-gnostica che semplifica il controllo di ciò che accade all’interno dell’armadio.

I livelli di umidità sono compre-si tra 1 e 50% U.R., mentre quelli di temperatura spaziano tra i 40 °C e i 60 °C consentendo un’ampia versatili-tà in diverse applicazioni. Una serie di sensori di temperatura e umidità assi-curano misurazioni accurate, con una precisione dello 0,01 % U.R. (0,1 sul 10% U.R.) per l’umidità e di 0,1 °C per la temperatura.

Tutte le parti elettroniche e mecca-niche nella sezione superiore lasciano un ampio spazio all’interno del cabi-net il cui volume di stoccaggio arri-va a 1250 litri (1200 con isolamento) su un’area di 0,9 m2. Il corpo termori-scaldato con doppi pannelli rende sta-bile la temperatura e garantisce il ri-sparmio energetico.

La configurazione a quattro por-te minimizza l’esposizione all’ambien-te esterno quando una delle porte vie-

ne aperta. I doppi vetri termoriscaldati dello spessore di 22 mm e le guarnizioni magnetiche offrono una perfetta tenu-ta delle porte. Un sistema automatico di ricircolo d’aria per mezzo di ventilatori posti nella sezione posteriore consento-no una dispersione uniforme dell’umi-dità. Il sistema è dotato di allarme con parametri regolabili è dotato di prote-zione tramite codici, segnala l’apertura delle porte, i livelli di umidità e di tem-peratura. Il sistema di allarme è in gra-do di mostrare lo storico degli allarmi precedenti, mentre l’output di allarme consente all’utente di essere informato a distanza sulle condizioni dell’armadio grazie a una barra luminosa che segnala il livello di allarme.

Gli scaffali sono intercambiabili in acciaio inossidabile, di diverse dimen-sioni e consentono un semplice posi-zionamento del materiale da stoccare. Su richiesta è possibile aggiungere di-visori e contenitori di rolle SMD. Lo stoccaggio di feeder è possibile grazie a un sistema con guide a scorrimento. Bracciali antistatici sui pannelli fron-tali e posteriori assicurano la piena compatibilità ESD.

Cabine deumidificanti

Vengono definite “cabine di deu-midificazione” gli armadi della se-rie Tongrun della cinese Jiangsu Tongrun Electronic distribuita in Italia da Pentag Automation, utiliz-zate per il processo di deumidifica-zione controllata a temperatura co-stante su componenti o attrezzature Moisture Sensitive Device – MSD, con un range compreso tra 10 e 20% U.R. (FCD) e 1 e 10% U.R. (FCDE). La caratteristica principale di que-sti prodotti è la possibilità di lavo-rare in assenza di azoto molecolare (N2), anche se è prevista una opzio-ne per avere l’immissione controllata di azoto nel caso di frequenti apertu-re del cabinet.

Il sistema è controllato elettro-nicamente ed è in grado di mante-nere un livello estremamente basso di umidità relativa: fino a 1% R.H. Il processo di funzionamento si basa su un essiccante che assorbe l’umidi-tà presente nei componenti, processo che continua fino a quando non viene raggiunto un equilibrio tra particelle di umidità ancora presenti nell’ogget-to e il livello di umidità della cabina, cioè fino a quando l’essiccante non di-venta saturo.

Quando si raggiunge una situa-zione di equilibrio o di saturazio-ne dell’essiccante si attiva una pro-cedura di “refresh” dell’essiccante, che chiude gli otturatori interni al-la cabina, apre quelli esterni ed eli-mina tutta l’umidità raccolta nell’es-siccante stesso.

L’essiccante viene rinnovato me-diante riscaldamento, consentendo all’umidità intrappolata di uscire co-me vapore (H2O) attraverso bocchet-te che si trovano sul retro del cabinet. Una volta completato il “refresh” l’uni-tà è pronta a sigillare lo sfiato esterno e a riaprirsi verso l’interno per conti-nuare la deumidificazione.

Fig. 5 – Principio di deumidificazione presente negli armadi Tongrun della Jiangsu Tongrun Electronic

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PCB embedded

di Davide Oltolina

L’argomento dei componenti embedded è per sua natura molto ampio, avendo un numero elevato di applicazioni, talvolta molto specifiche. La rapida crescita della tecnologia smartphone, che utilizza un elevato numero di componenti passivi, ha enormemente contribuito all’evoluzione di questa tecnologia

▶ SPECIALE - PCB EMBEDDED

L’ aumentata capacità d’inte-grazione a seguito dell’uti-lizzo di package avanzati con

un alto numero di pin count richiede la presenza della tecnologia di inter-connessione ad alta densità (HDI = High Density Interconnection); que-sta, a sua volta, richiede l’utilizzo dei microvia (con fori ciechi o interrati)

per il collegamento dei vari strati il cui numero cresce in proporzione alla complessità del dispositivo da rea-lizzare. La ricerca si concentra oggi non solo sulla miniaturizzazione, ma anche sull’adozione di materiali inno-vativi, capaci di reggere l’impatto delle crescenti velocità dei segnali sempre più nell’ordine dei GHz, miglioran-

do contemporaneamente le proprietà termiche per dissipare agevolmente il calore prodotto.

Nei progetti per prodotti di fascia alta si ricorre sempre più frequente-mente alla tecnologia embedded do-ve i componenti, a cominciare dai passivi come resistenze, capacità e induttanze, vengono annegati all’in-terno del substrato, col risultato di migliorare le prestazioni dei disposi-tivi in termini di velocità e di integri-tà del segnale, con notevole aumento dell’affidabilità complessiva.

L’attuale evoluzione tecnologica procede da oltre due decenni di studi e sperimentazioni nella direzione di ridurre le dimensioni circuitali e au-mentare le prestazioni dei dispositi-vi. Fanno parte di tale evoluzione la tecnologia a film sottile così come la tecnologia del stacked die package.

I componenti embedded passi-vi (resistenze, capacità, induttan-ze) e attivi (IC in forma di bare die) possono essere posizionati o diretta-mente formati tra gli inner layer di un pcb. Si passa così dalla tecnologia SMT (o tecnologia 2D) alla tecnolo-gia 3D PCB Integration.

Potenzialità dell’embedded

I primi componenti embedded erano costituiti principalmente da resistenze. A queste si aggiunse-ro in seguito gli altri discreti e, ul-timamente, anche gli attivi. Sebbene la tecnologia sia conosciuta da cir-ca una ventina d’anni, Motorola ha ad esempio iniziato ad adottarla sui suoi dispositivi mobili fin dal 2002. I primi embedded erano realizzati con materiale di base (ad esempio film

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di carbone), mentre oggi si ricorre a componenti pre-fabbricati (nel sen-so di non rifiniti) montati con tecni-ca tradizionale.

La progettazione dei dispositivi ad alta velocità dei segnali fa leva sul-la riduzione dei percorsi che i segna-li stessi devono coprire. La tecnologia embedded viene loro in soccorso con-sentendo il posizionamento dei pas-sivi direttamente sotto gli IC mon-tati sul layer superiore, sia che que-sto si trovi affogato nel sandwich sot-to forma di bare die, sia che si trovi sul lato esterno del pcb montato come SMD. La riduzione della lunghezza delle tracce riduce inoltre la creazio-ne di induttanze così come l’elimina-zione dei fori di via elimina potenzia-li antenne. Sono inoltre occupati spa-zi all’interno del substrato che diver-samente non sarebbero utilizzati, que-sto a favore dello spazio sulla superfi-cie del pcb che viene liberato per far posto ad altri componenti, che siano convenzionali o meno.

Resistenze, capacità e induttanze

Ci sono diverse tecniche utilizza-te per la formazione dei resistori em-bedded, che si basano sull’aggiunta di materiale (stampa o laminazione)

o per sottrazione dello stesso (inci-sione). In tutti i casi il risultato fina-le è quello di ottenere del materiale resistivo posizionato tra due piazzole in rame all’interno di un inner layer.

Nella formazione dei componenti resistivi si parte da un film dal valo-re resistivo ( ) conosciuto deposto su un foglio di rame; con processo di in-cisione se ne modula il valore in base all’equazione (dove la variabile rima-ne quella fisica l/S):

R = • l/S

Con taratura laser (trimming) si re-gola il valore per raggiungere la tol-leranza dell’1% contro la tolleranza nell’intervallo 8-16% data dal processo di incisione. La formazione delle capa-cità si basa successivamente sull’attenta scelta del materiale dielettrico e del suo spessore. L’area delle armature è poi in funzione del valore capacitivo deside-rato secondo la formula:

C= A x D x (K/t)

Dove: C = valore della capacità (F)A = area delle armatureD = costante dielettricaK = fattore di conversione (F/cm)t = spessore del dielettrico

Generalmente viene utilizzato un sottile strato che ha il compito di formare la moltitudine delle varie ca-pacità che sostituiscono i condensa-tori di disaccopiamento e di bypass, componenti questi che in gran nu-mero popolano le facce superficiali dei tradizionali pcb.

La formazione delle induttanze in genere non richiede particolari pro-cessi e questi vengono realizzati con tracce in rame configurate a spirale; il loro valore è definito dalla geome-tria delle tracce stesse. Per realizza-re i trasformatori s’inseriscono cuo-ri in ferrite all’interno dei fori di via; gli avvolgimenti sono dati dalle trac-ce in rame ricavate per incisione at-torno alla ferrite.

In virtù della rapida crescita del-la domanda di tecnologia embedded, molti produttori di componenti ne stanno realizzando di speciali a basso profilo, particolarmente adatti ad es-sere inseriti tra gli inner layer.

La tecnologia raggiunta consen-te oggi di preparare dei semilavo-rati ottenuti con componenti affo-gati e connessi all’interno dei layer che, rivestiti con prepreg e sottopo-sti a temperatura e pressione, fungo-no da cuore per la realizzazione ulti-ma del pcb.

Due sono i metodi utilizzati per

Fig. 1 – Circuito ad alta integrazione

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realizzare le connessioni, la saldatura e la connessione diretta ai via.

Con la saldatura eseguita sull’in-ner layer si corre il rischio di una ri-fusione incontrollata nei successivi passaggi del processo.

Col secondo metodo non c’è una saldatura diretta sulle tracce dell’in-ner layer, ma la connessione avvie-ne attraverso i via. Questo meto-do comporta un’ulteriore riduzione nella lunghezza delle tracce, ma – di contro – il componente potrebbe es-sere danneggiato durante la forma-zione dei fori ciechi mediante la fo-ratura laser o durante il via plating.

La pick & place entra negli impianti di produzione dei circuiti stampati

Data la reale possibilità per i com-ponenti standard di essere inseriti nei substrati, per logica conseguen-za anche le pick & place stanno en-trando negli impianti produttivi do-ve avviene la fabbricazione i circui-ti stampati.

Le due principali sfide nel piazzare i componenti all’interno dei substrati sono date dall’accuratezza di posizio-namento e dall’evitare di danneggiar-li, come per esempio produrre picco-le crepe o spezzarli.

In vari processi produttivi, come ad esempio in quello guidato dal-la telefonia mobile, la dimensione dei dispositivi va rapidamente dimi-

nuendo negli anni, con un aumento conseguente del numero di funzio-ni. Si pensi solo al numero di funzio-ni svolte, ad esempio, in relazione al-la risoluzione grafica, oppure a quel-le nuova linee di computer portatili che, al profilo ultra sottile, associano un doppio schermo (di cui uno con funzioni touch screen) che può an-che mostrare schermate distinte sulle due facce. La progettazione si trova di conseguenza di fronte a una cre-scente difficoltà nel trovare lo spazio per una coesistenza tecnicamente af-fidabile tra aumento dei componenti e diminuzione dimensionale dei pcb.

Dopo aver diminuito all’inverosi-mile la dimensione dei chip (01005), aver integrato quanto più possibi-le i circuiti attivi (Chip-on-Chip, Package-in-Package, staked die), il passo successivo per guadagnare spazio sulla superficie dei pcb è sta-to quello di annegare i componen-ti all’interno dei substrati, liberando dal 30% al 50% dell’area superficiale.

Questa soluzione ha lanciato nuo-ve sfide per la realizzazione dei cir-

cuiti stampati, i cui produttori hanno dovuto confrontarsi con nuovi e più complessi aggiustamenti del proces-so di fabbricazione.

Le sfide della progettazione

A fronte di queste innegabili dif-ficoltà si è data maggiore flessibilità alla progettazione, non dimentican-do anche che connessioni più corte significano miglior integrità dei se-gnali in alta frequenza e, in generale, migliori prestazioni elettriche e ter-miche. Riducendo il consumo di po-tenza si ha una maggior durata del-le batterie nei dispositivi portatili, un risparmio energetico e una minor dissipazione termica di cui prender-si cura.

I substrati usati sono molto sottili, circa 0,35 mm e, per essere adeguata-mente lavorati, necessitano di un fra-me di supporto, dovendo mantenere un’ottima planarità.

Diversamente dal montaggio su-perficiale, i componenti devono esse-re piazzati in specifiche cavità ricava-

Fig. 2 – L’impego della tecnologia pcb embedded ha consentito la recente diffusione di laptop con doppi schermi touch screen capaci di presentare contemporaneamente schermate diverse

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te nel substrato, le cui tolleranze so-no molto strette, attualmente dell’or-dine dei 20 μm, ma con previsioni in discesa per quello che riguarda le di-mensioni.

Nel montaggio superficiale i com-ponenti sono piazzati sopra i deposi-ti di crema saldante, che concede una certa tolleranza di posizionamento grazie all’auto allineamento del com-ponente in rifusione; nella tecnolo-gia embedded i componenti sono posizionati sopra uno strato adesivo. Quando viene impilato il layer suc-cessivo, sarà compito del pad in rame stabilire il contatto elettrico col com-ponente sottostante.

Per migliorare le prestazioni del-le connessioni elettriche, i terminali dei componenti non sono più rifini-te in stagno nichel, ma sono in rame.

Precisione di piazzamento

Non avendo più modo di auto al-linearsi, i componenti devono esse-re dunque posizionati con un’eleva-ta precisione. L’accuratezza (da non confondere con la ripetibilità) delle tradizionali chip-shooter è tra i 50 e i 70 μm, precisioni queste non suf-ficienti per questo impiego, essen-do richiesta una precisione di circa 40 μm.

Mantenere un’elevata accuratez-za nel piazzamento è una qualità in-derogabile per questa applicazione, perché ogni errore finisce col com-promettere il substrato finale, sen-za nessuna possibilità di recupero. Un altro aspetto cruciale è il control-lo della forza di piazzamento. Come detto la planarità del layer in lavora-zione è mantenuta per mezzo di un frame rigido, che gli toglie ogni ela-sticità.

Questi componenti sono molto sottili (lo spessore dei chip resistivi varia attorno agli 0,20 mm) e di con-seguenza sono molto delicati e su-scettibili di facile rottura.

È quindi cruciale controllare in particolare il momento di contat-to tra componente e superficie di appoggio, per evitare il danneggia-mento del componente che si può manifestare sia come crepa visibile all’ispezione ottica sia come micro-frattura impercettibile al controllo visivo. La forza di piazzamento do-vrebbe attestarsi sul valore di 0,5 N e, sicuramente, è buona cosa stare al di sotto dei 2 N.

La forza di piazzamento è compo-sta da due momenti: quello dell’im-patto e quello dell’intervallo in cui il componente è tenuto in aderenza al piano di piazzamento (forza statica).

Si consideri poi che minore è la su-perficie di contatto tra nozzle e chip e maggiore sarà lo stress del compo-nente nel punto di contatto.

Vantaggi e svantaggi della tecnologia embedded

Il problema della producibilità è forse al momento il principale limite nella diffusione della tecnologia em-bedded, anche se sicuramente questo problema non ne limita lo sviluppo. I benefici invece sono notevoli.

Come primo vantaggio c’è la ri-duzione dell’area del pcb. A questo si associa un aumento delle funzio-nalità per unità di superficie, grazie all’aumento della densità dei com-ponenti consentita. Si prendano ad esempio i telefoni cellulari, diven-tati dispositivi dalla multimedialità estremamente spinta a parità di di-mensioni.

Le prestazioni sono in genera-le notevolmente migliorate sotto il profilo della velocità di elaborazio-ne, perché tracce più corte significa-no induttanze minori. A fronte di un aumento nel costo del substrato c’è una diminuzione dei costi dei com-ponenti e, di conseguenza, dell’as-semblaggio e del test.

Per quello che riguarda gli svan-taggi, almeno al momento, si potreb-be citare una carenza di tool di pro-gettazione pensati allo scopo. A livel-lo di produzione dei substrati c’è da considerare il maggior costo, in par-ticolare a fronte della produzione di prototipi. Come processo, la preci-sione e il rispetto delle tolleranze dei componenti potrebbero ancora costi-tuire un problema, così come il loro preciso valore. Senza considerare poi che il piazzamento potrebbe portare al danneggiamento del componente e che una qualsiasi rottura in campo non consentirebbe nessuna operazio-ne di rework.

Fig. 3 – Ipotesi di sviluppo per circuiti stampati embedded

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Le ragioni dell’embedded

di Piero Bianchi

Le ragioni del passaggio alla tecnologia embedded sono da ricercare nella riduzione di area che tale tecnologia permette di sfruttare (anche superiore al 33%), nell’aumento di affidabilità che può essere pari o superiore rispetto allo stesso prodotto realizzato in tecnologia SMT e, naturalmente, ai vantaggi che può offrire a un’economia di scala

▶ SPECIALE - PCB EMBEDDED

G uardando all’evoluzione della miniaturizzazione dei package dalle strutture piane

del tipo SiP (System in Package) o a quelle a sviluppo verticale tipo CoC (Chip-on-Chip) o PoP (Package-on-Package) si vede come nella ricerca dell’integrazione la tecnologia sia passata dal packaging bidimensiona-le alla tridimensionalità nella ricerca della maggior compressione degli spazi. In questa corsa i pcb tridimen-

sionali, detti anche embedded PCB, rappresentano la nuova frontiera.

La tecnologia embedded consen-te di posizionare i componenti passivi direttamente sotto i componenti LSI (Large Scale Integration) assembla-ti in superficie, accorciando i percor-si dei segnali ed eliminando i proble-mi dovuti al controllo dell’impedenza.

Di tale tecnologia ne hanno bene-ficiato i dispositivi portatili tecnologi-camente evoluti come le videocamere

e i dispositivi di comunicazione wire-less miniaturizzati. L’aspettativa è che ne potrà beneficiare un’ampia gamma di settori come l’automotive, l’elettro-nica industriale e quella delle infra-strutture, così come i prodotti di con-sumo.

Per incontrare i risultati desiderati col sistema d’inserzione dei compo-nenti nel substrato devono poter co-esistere gli attuali sistemi di proces-so inclusa la tecnologia di saldatura, garantendo la massima affidabilità sul lungo percorso.

Con la tecnologia embedded si ri-duce significativamente l’area del pcb, sfruttandone il volume, che diver-samente non viene utilizzato appie-no. Si arriva così a risparmiare più del 30% e fino al 40% di spazio, riutiliz-zandolo per altri componenti e/o ri-ducendo peso e le dimensioni del di-spositivo.

Per dare giusto un esempio, attual-mente si può considerare che in un te-lefono cellulare ci siano, a secondo del modello, da 10 a 50 resistenze a fron-te di 60–150 capacità. Ciò invita se-

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37PCB luglio/agosto 2013

riamente a considerare l’opportunità di passare alla tecnologia embedded.

La potenzialità di conversione tec-nologica esiste anche per il merca-to del consumer, a fronte di un in-centivante risparmio economico; ad affiancare un incremento delle pre-stazioni o del mantenere le stesse in un prodotto più piccolo, c’è anche la potenzialità di poter ridurre i co-sti risparmiando sul materiale, dan-do inoltre una maggior protezio-ne dell’elettronica nei confronti del-le condizioni ambientali.

Un calcolo approssimativo por-ta a ripartire il costo di un pcb im-putandone ai componenti attivi circa il 67%, il 24% alle interconnessioni e solo il 9% ai componenti passivi. A li-vello quantitativo si invertono le per-centuali, assegnando una presenza del

70% ai passivi, del 20% agli attivi e so-lo del 10% alle interconnessioni.

Pur essendo i componenti passi-vi significativamente più economi-ci rispetto agli attivi, questi arrivano ad occupare la maggior parte dell’area utile del pcb, giustificando l’attento studio della loro inserzione all’inter-no del volume del substrato.

I condensatori realizzati nei packa-ge miniaturizzati 0201 e 01005 non sono più un problema, ma sebbene il costo sia contenuto per gli utilizzato-ri, in particolare nel settore consumer, devono tuttavia essere calibrati at-tentamente i costi totali, consideran-do che anche quello di utilizzo della pick & place può lievitare quando se ne considera il tempo di piazzamen-to, quando si valuta la produttività e l’eventuale operazione di rework.

La scelta dei componenti

Ci sono principalmente due strade per inserire i componenti attivi all’in-terno dei laminati: con o senza packa-ge. Considerando la stabilità del livel-lo qualitativo raggiunto e la produtti-vità, il più utilizzato è spesso il ricorso al W-CSP (Wafer-Level Chip Size Package), di cui l’ispezione (Known Good Die) ne garantisce la qualità.

I componenti passivi (C, R, L) pos-sono essere realizzati durante la fab-bricazione dei circuiti stampati op-pure si possono utilizzare i chip com-mercialmente disponibili. Garantire la qualità costante realizzando il com-ponente durante la fabbricazione del cs non è facile, in particolare – doven-do sottostare a dei vincoli produtti-vi ben precisi – spesso non è facile ri-spettare le proprietà che dovrebbero possedere i componenti.

Ad esempio, il richiesto valore ca-pacitivo è raggiunto espandendo l’area del layer interessato alla sua for-mazione o aumentando di numero i layer, e questo contrasta con l’obiettivo della miniaturizzazione o del rispet-to dello spessore minimo. L’utilizzo di componenti commerciali assicura l’af-fidabilità e la presenza delle richieste caratteristiche.

Le dimensioni dei case che possono essere utilizzati sono 0402 (01005), 0603 (0201) e 1005 (0402). Se le tre diverse dimensioni dovessero trovar-si all’interno dello stesso layer, natu-

Fig. 1 – Schema di un pcb ad alta integrazione

Fig. 2 - Progettazione di una soluzione embedded

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ralmente lo spessore più idoneo sa-rà quello che può contenere il 1005 (0402). Lo spessore dei componen-ti costituisce ovviamente un proble-ma quando l’impiego prevede l’inse-rimento nel circuito stampato. In re-lazione al crescente impiego in cam-po embedded, i produttori stanno la-vorando per progettare chip con al-ti valori capacitivi, pur contenendo-ne lo spessore, come ad esempio ave-re valori superiori a 1 μF in case 1005. Attualmente sono stati realizzati case 1005 (0402) con spessori comparabili con lo 0603 (0201).

Per poter montare contemporanea-mente W-CSP e i chip passivi si uti-lizza comunemente il processo di ri-fusione, ovviamente saldando con le-ga lead-free. È enorme il beneficio di utilizzare un processo consolidato con componenti standard, dato che ciò non solo permette di montare con-temporaneamente componenti attivi (LSI) e passivi, ma permette anche di utilizzare sistemi standard di rifusio-ne e conoscenze condivise.

La sequenza di montaggio

La linea, al pari del montaggio su-perficiale, utilizza in sequenza la se-rigrafica, la pick & place e il forno, seguiti del sistema di ispezione otti-co, mantenendo le stesse caratteristi-che di un sistema tradizionale, inclu-sa la densità superficiale di montag-gio (una linea di questo tipo è opera-tiva presso la giapponese OKI Printed Circuits).

Nel caso di un semplice multila-

yer a quattro strati, con tecnica fo-tografica si prepara il rame del sub-strato che deve ospitare i componen-ti. Serigraficamente si depositano i ri-chiesti volumi di crema sui pad. Con la P&P si posizionano attivi e passivi, poi si passa nel forno a rifusione. Per assicurare un prodotto che non dia problemi, un ciclo di lavaggio assicu-ra la rimozione dei residui di flussan-te. Si racchiude infine il laminato coi componenti tra fogli di prepreg su cui sono ancorati a caldo i due copper foil che chiudono il sandwich.

Per evitare che lo stress dovuto al-la pressione esercitata durante l’assie-maggio del multilayer possa danneg-giare i componenti, va attentamen-te selezionato lo spessore del prepreg. La lavorazione prosegue poi normal-mente come per ogni altro circuito stampato, ricavando i layout superfi-ciali delle due facce esterne su cui se-guirà il montaggio SMT.

L’affidabilità della tecnologia embedded

Diversi risultati condotti dai tecni-ci di OKI Printed Circuits dimostra-no che i W-CSP godono di una vita più che doppia rispetto ai corrispet-tivi montati in tecnologia superficia-le. Con delle schede appositamente progettate con componenti embed-ded W-CSP di 6 mm2 con 112 termi-

Fig. 3 – Immagine di un tag RFID

Fig. 4 - Riduzione dimensionale con la tecnologia embedded

Fig. 5 - Schema di un pcb embedded

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nali a passo 0,5 mm e resistenze 0603 (0201), sono stati condotti dei cicli termici le cui escursioni andavano da -25 °C/9 min a temperatura ambien-te, per poi arrivare a +125 °C/9 min. Come risultato è emerso che con le schede embedded il tempo occorrente per arrivare al 50% dei guasti era più che doppio rispetto a quelle con mon-taggio superficiale. Sottoponendo a test di flessione (18% della lunghezza totale) i pcb realizzati con ambedue le

tecnologie, quelle a montaggio super-ficiale hanno ceduto alla decima pro-va, mentre quelle con tecnologia em-bedded hanno superato la ventesima. Si suppone che la maggior resistenza delle seconde sia dovuta alla capacità della resina che circonda i componen-ti di distribuire meglio gli stress mec-canici.

Sottoposte a test di caduta (altez-za 1,5 m, caduta di faccia, caduta sul lato minore e caduta sul lato maggio-

re) le schede embedded hanno ricon-fermato la loro resistenza in quanto non si è manifestato nessun proble-ma di connessione della componenti-stica interna.

Per maggior sicurezza le schede so-no state sottoposte anche a cicli di temperatura della durata di trenta mi-nuti a -65 °C e altrettanti a +125 °C, con controllo continuo dei valori elet-trici. Dopo 3000 cicli non si era an-cora manifestato nessun problema e nessuna deriva. Per maggior sicurezza al termine della prova sono stati con-trollati individualmente i valori di re-sistenza dei chip, trovandoli corretta-mente all’interno dell’intervallo ga-rantito dal costruttore.

Anche i test di ripetuta rifusione, vibrazione e invecchiamento preco-ce non hanno evidenziato particola-ri problemi nelle schede a tecnologia embedded, confermandone un’affida-bilità uguale o superiore a quelle con montaggio superficiale.

Riassumendo i vantaggi della tec-nologia embedded sono:- utilizzo del volume del pcb a van-

taggio di una maggiore area super-ficiale disponibile;

- aumento dell’affidabilità;- miglioramento delle prestazioni

elettriche;- miglior resistenza nei confronti

degli stress meccanici;- miglioramento delle prestazioni

termiche;- protezione contro la contraffazio-

ne;- possibili economie di scala.

La sfida nel portarsi verso que-sta tecnologia richiede di ampliare le competenze progettuali e di rimodu-lare la catena di fornitura. Questa, na-turalmente, vedrà nel futuro un’offerta sempre più diffusa di moduli embed-ded rendendoli sempre più allineati ai normali componenti che oggi vengo-no normalmente inseriti nel processo di fabbricazione dei pcb.

Fig. 6 – Tecnologia di montaggio TRAD

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I benefi ci della fl essibilità

di Piero Bianchi

Per assecondare le esigenze dei dispositivi elettronici mobili sono resi disponibili per i progettisti nuovi materiali e diverse tecnologie costruttive; i circuiti fl essibili sono tra i materiali capaci di reggere la spinta verso l’elevata integrazione richiesta

▶ TECNOLOGIE - CIRCUITI FLESSIBILI

I circuiti stampati sono classifi cati usualmente in due categorie, cir-cuiti rigidi e circuiti fl essibili, in

mezzi ci stanno i circuiti rigido-fl es-sibili. Lo sviluppo avuto negli ultimi anni dai dispositivi portatili è stato supportato non solo dal ridimensio-namento dei componenti passivi e dagli integrati, ma anche dai vantag-gi derivanti dall’impiego dei circuiti fl essibili.

Un circuito fl essibile è composto insieme da un substrato fl essibile su cui sono montati i componenti e un circuito di connessione sul cui lato terminale sono presenti i pad di in-terconnessione.

Tra i vantaggi off erti dai circuiti fl essibili c’è quello di poter connette-re parti tra loro mobili, sostituendo il vecchio fl at cable che potrebbe tolle-rare solo un limitato numero di ope-razioni, dove il circuito fl essibile arri-va a sopportarne alcuni milioni. Il ri-sparmio di spazio è un altro grande vantaggio in quanto un circuito fl es-sibile può assecondare gli angoli e av-volgersi su se stesso, piuttosto che fa-vorire una soluzione tridimensionale.

Anche il peso è sensibilmente infe-riore rispetto a un corrispettivo circu-ito rigido arrivando, nel caso di HDI, a pesare anche il 75% in meno.

Il loro impiego si rifl ette positiva-mente anche sull’affi dabilità dei pro-dotti perché con l’utilizzo della solu-zione rigido-fl essibile si può evitare l’impiego di connettori e del cablag-gio, perché il percorso delle connes-sioni è determinato dall’artwork e le caratteristiche elettriche (cross-talk, capacità, impedenza) rimangono im-mutate dalla prima all’ultima scheda del lotto produttivo.

I circuiti fl essibili si caratterizzano per leggerezza, spessore sottile e ap-punto per la caratteristica fl essibili-tà che gli consente di adattarsi a ge-ometrie e spazi limitati, pur off rendo la possibilità di essere circuiti ad al-ta densità e talvolta ospitando piste 3D. I vantaggi del costo sono a vol-te accompagnati anche da un’eleva-ta effi cienza del processo produttivo, i circuiti fl essibili non solo servono da collegamento tra schede, ma spesso ospitano una ben diversifi cata com-

ponentistica che va dai semplici chip passivi ai circuiti complessi

come i chip-on-fl ex.In alcune applicazioni que-

sta tecnologia limita lo stress termo-meccanico a livello di giunto di saldatura in quan-to il materiale di cui è costi-

tuito assorbe gli stress termi-ci a livello di substrato, scari-

cando quello a livello di giunto. Eseguendo una serie prolungata di

cicli termici da -55 °C a +125 °C su

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prodotti analoghi (circuito flessibile e circuito FR4), il circuito rigido ha ac-cusato problemi ai giunti in un tem-po inferiore rispetto al corrispettivo flessibile.

Caratteristiche tecniche

Come substrato e come rivesti-mento è utilizzato il poliammide, con spessori che vanno dai 25 μm ai 125 μm. Gli adesivi sono usualmen-te di tipo acrilico, mentre dove ser-ve rinforzo si utilizzano FR-4, allu-minio e rame.

La dimensione minima delle pi-ste e degli isolamenti è di 0,038 mm mentre la dimensione minima dei fo-ri di via è di 0,051mm con un rappor-to tra la lunghezza del foro e il suo diametro di 12:1 (aspect ratio). Lo strato conduttivo è realizzato in ra-me con spessori che variano da 5 μm a 110 μm, cupronichel (una lega di ra-me e nichel) con spessori tra i 15 μm e i 60 μm e con spessori tra i 50 μm e i 125 μm. Per la finitura superficia-le sono utilizzati l’oro, lo stagno, il ni-chel, l’ENIG.

Le temperature d’esercizio vanno da – 65 °C a + 150 °C; anche la re-sistenza agli agenti chimici è buona, potendo il circuito rimanere in im-mersione per 15 minuti in acetone, al-cool metilico, toluene o tricloroetilene senza subire alterazioni delle sue pro-prietà fisiche.

A livello di processo è possibile sal-darli anche a onda, potendo rimanere immersi nell’onda a 260 °C per 5 se-condi senza subire inconvenienti co-me delaminazioni, perdita di colore o formazioni di bolle.

La flessibilità è la caratteristica principale, per cui assume rilevanza il raggio minimo di curvatura che è cal-colato in rapporto allo spessore del circuito. Assumendo che lo spessore di ogni layer sia 0,15 mm si ha che il raggio nel caso di un singolo layer sia

pari a sei volte il suo spessore. Nel ca-so di un doppio strato sarà dodici vol-te lo spessore e nel caso di più layer sarà ventiquattro volte lo spessore.

Caratteristiche costruttive

Il circuito flessibile è ottenuto lami-nando un foglio di rame sul substra-to in resina, per poi unire i vari layer con l’adesivo. Ci possono essere uno o più strati conduttivi così come il lay-out circuitale può essere su di una so-la faccia o su entrambe. Possono es-serci anche alcuni layer funzionali co-me quelli di isolamento, quelli adesivi e quelli di irrigidimento chiamati stif-fening layer.

Come per i circuiti in FR4, anche i flessibili sono suddivisi in circuiti fles-sibili monofaccia (single side flex cir-cuit), circuiti flessibili a doppia fac-

cia (double side flex circuit) e circui-ti flessibili multistrato (multilayer flex circuit). Il modello single side (acces-sibile da un solo lato) è il più sempli-ce e assicura la necessaria flessibilità per le applicazioni dinamiche come su stampanti e testine per hard disk; si adatta inoltre al montaggio SMT o TAB, eventualmente col supporto di stiffener. Ne costituisce una variante il dual access flex circuit (circuito fles-sibile a doppio accesso), che consen-te l’accesso ai conduttori metallici da ambo i lati, eliminando la necessità di ricorrere ai fori metallizzati.

Il circuito flessibile a doppia fac-cia ha due lati conduttivi, accessibili da ambo i lati. La capacità di flessio-ne viene parzialmente compromessa dall’aumento di spessore e, eventual-mente, dall’aumentata complessità del layout; la possibilità di avere fori

Fig. 2 - Circuito flessibile con guide di luce

Fig. 1 - Applicazione tradizionale di un pcb flessibile

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di via metallizzati contribuisce in po-sitivo a semplificare il circuito quando è densamente popolato da ambo i la-ti. Anche in questo caso il ricorso a si-stemi di irrigidimento facilita la fase di assemblaggio.

I circuiti flessibili multistrato si prestano infine per le applicazioni più complesse (anche se si perde in parte la flessibilità) dove un elevato nume-ro di conduttori deve trovare spazio in un package dalle dimensioni limitate.

I circuiti rigido-flessibili sono una combinazione di circuiti rigidi e fles-sibili, che con la coesistenza dei due tipi di circuito all’interno dello stes-so package, accomuna al suo interno i vantaggi di ambo le tecnologie. Il

vantaggio dell’eliminazione dei con-nettori si traduce in un guadagno a li-vello di ripetibilità del processo e di affidabilità del dispositivo finale.

Uno sguardo al futuro

La domanda di circuiti flessibili è particolarmente forte nel segmen-to dei dispositivi portatili, che assor-bono oltre il 30% della produzione e il trend è in continua crescita, tan-to che si presume che in futuro molti dei dispositivi realizzati coi tradizio-nali substrati tipo FR4 saranno ricon-vertiti su supporto flessibile. Oltre al poliammide è possibile utilizzare an-che il film di LCP (Liquid Crystal Polymer), materiale capace di dare ot-timi risultati nelle applicazioni opto-elettroniche, nei sistemi medicali (so-no allo studio circuiti flessibili in ma-teriale biocompatibile) e dei MEMS (Micro Electro Mechanical System).

Un trend recente vede il notevole sviluppo dei circuiti flessibili per ap-plicazione nel settore ottico per le in-terconnessioni su scheda e tra schede. L’attesa derivante dalla commercializ-zazione di questo particolare utiliz-zo del flessibile è notevolmente alta, in particolare per applicazioni nel set-tore consumer. Questi circuiti ottici consistono di un mezzo di trasmissio-ne ottica (usualmente una guida d’on-da in polimero) e di un substrato.

Il nodo della tecnologia risiede nell’accoppiamento ottico tra circuito e componente, nel disporre di un chip a basso consumo d’energia e nel pre-disporre un processo produttivo per alti volumi.

Il substrato dei circuiti ottici flessi-bili è tipicamente costituito da mate-riale termoplastico rivestito con ade-sivo siliconico su cui sono depositate le fibre ottiche; un secondo strato po-trebbe essere costruito allo stesso mo-do dando vita a qualche cosa di simi-le a un multiplayer. In una scheda di questo tipo, che ospita anche circui-ti integrati e componenti optoelettro-nici, sono inseriti dei conduttori elet-trici su cui viene steso a rivestimento finale uno strato di isolante in cui so-no praticate le aperture che consenta-no la connessione elettrica con gli al-tri componenti.

La possibilità di utilizzare i ma-teriali organici polimerici nella rea-lizzazione di circuiti elettronici rap-presenta un ulteriore ed interessante linea di sviluppo più per l’industria elettronica. Lo studio dei ricercatori è oggi indirizzato verso tecnologie di realizzazione che consentano l’indif-ferente applicazione tanto sui con-sueti substrati quanto su materiali al-ternativi; essendo i polimeri di nor-ma trasparenti, è possibile pensare a un loro impiego anche come rivesti-mento delle superfici vetrose, appli-cazione che ne estende l’utilizzo a in-finiti ambiti.

Fig. 4 – I circuiti flessibili possono risolvere qualsiasi

problema di trasferimento elettrico fra due parti, anche in condizioni

di spazio complesse

Fig. 3 - Circuito flessibile per lighting

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44 PCB luglio/agosto 2013

VOC sotto controllo in pavimentazioni ESD

di Paola Di Silvestro, Mapei

Regole e punti fondamentali da rispettare per una buona progettazione e messa in opera di un pavimento ESD, prestando particolare attenzione al tema dell’ecosostenibilità e della sicurezza negli ambienti di lavoro

▶ OLTRE I PCB - PROBLEMATICHE ESD

L’ evoluzione, nei settori di alta tecnologia e nell’industria elettronica è così rapida che

rende necessaria una continua inno-vazione dei prodotti e dei sistemi impiegati per la protezione elettro-statica.

Le norme applicabili per la realiz-zazione di ambienti in cui la presen-za di cariche elettrostatiche può rap-

presentare un pericolo, sono concepi-te per limitare i danni ESD, sia laten-ti che immediati.

Ne consegue che queste cariche devono essere gestite in modo op-portuno e, a tal proposito, la pavi-mentazione viene impiegata per at-tenuare il rischio di danni poten-zialmente introdotti da oggetti e persone.

Il pavimento ESD quindi - in ag-giunta alle sue irrinunciabili caratteri-stiche di resistenza, di durata di, com-fort, attitudine alla pulizia, ecc. - do-vrà avere la capacità di drenare verso terra tutte quelle cariche che su di es-so si possono formare o con le quali viene a contatto.

Un pavimento, “conduttivo e/o sta-tico dissipativo”, con il quale le perso-ne e gli oggetti mobili sono in contat-to, costituirà una efficace Protezione Passiva utilizzata per garantire l’equi-potenzialità in buona parte delle po-stazioni all’interno di EPA (Aree Protette da Scariche elettrostatiche).

La Protezione Passiva, che viene fortemente raccomandata nell’indu-stria elettronica, diviene di primaria importanza anche per tutti quei luo-ghi dove si producono, manipolano o stazionano sostanze infiammabili o deflagranti.

Fig. 1 - Stesura di massetto Fig. 2 - Compattazione e finitura Fig. 3 - Lisciatura del piano di posa

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Settori quale il militare, l’industria di solventi, della carta, del cotone, dei prodotti chimici, dei gas ecc. dove una scarica elettrostatica anche di mode-sta energia può produrre incendi o deflagrazioni, devono allinearsi ad al-cuni sistemi di protezione sempre più efficienti messi a punto per le esigen-ze dell’industria elettronica.

Anche negli ambienti sanitari (seb-bene non più prescritto dalla norma CEI 64 –8/7 sez. 710 in quanto non si utilizzano infiammabili come un tempo) la protezione passiva ottenu-ta con un pavimento ESD conduttivo oppure statico dissipativo è comun-que consigliabile, non solo negli am-bienti in cui si somministra ossigeno e quindi a rischio d’incendio, ma an-che in tutti quei locali - e sono sempre di più - dove sono presenti complesse apparecchiature elettroniche medica-li esposte a problemi di compatibili-tà elettromagnetica, radiofrequenze e, naturalmente, ESD.

Le garanzie di funzionalità

Già da alcuni anni (1999), essen-do la soglia critica di potenziale am-messo in EPA su personale (HBV – Human Body Voltage) di 100 V,

la tensione di prova della resistenza verso terra era stata stabilita in c.c. di 100 V, per valori di resistenza stima-ta tra 1•106 e 1•109 ohm (vedi CEI EN 6340 4-1).

All’interno di queste zone, le pavi-mentazioni conduttive o statico-dissi-pative possono essere considerate ido-nee in quasi tutte le situazioni.

Va ricordato che la massima resi-stenza di sistema persona-calzatura-pavimento deve restare entro il valo-re di 3,5*107 ohm (≤35 MΩ).

In considerazione della evoluzio-ne tecnologica attestata anche dal re-cente rapporto emesso dalle più im-portanti industrie del settore elettro-nico (Council on ESD Target Level),

Fig. 4 - Superficie pronta alla posa del pavimento

Fig. 5 - Posa di pavimento resiliente su adesivo conduttivo in ambiente ESD

Fig. 6 - Camere ambientali all’interno delle quali adesivi, autolivellanti, primers e in generale materiali per l’edilizia vengono analizzati per valutare le emissioni di VOC nell’aria (GEV testing method) al fine del conseguimento della certificazione EMICODE

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è evidente che i componenti saranno maggiormente esposti a eventi ESD e, pertanto, anche la protezione passi-va delle EPA dovrà adeguarsi. I pavi-menti che negli ultimi 50 anni hanno meglio assolto questa funzione appar-tengono, in larga misura, alla catego-ria dei pavimenti “resilienti”.

La resistenza elettrica di questi pavimenti, la cui base è polimerica, quindi isolante, viene modificata con l’aggiunta di elementi conduttivi du-rante la produzione in modo di otte-nere un’adeguata capacità di dissipa-zione delle cariche elettriche.

La lunga esperienza maturata negli anni permette ai produttori di dosa-re opportunamente gli elementi che, utilizzati con tecniche esecutive spe-cifiche, garantiscono ottime e durevoli prestazioni confermate da un control-lo periodico molto accurato.

Per la natura della loro composi-zione questi pavimenti possono essere dotati di particolare comfort, silenzio-sità, elasticità e basso spessore. e sono disponibili solitamente in teli o pia-strelle, potendo essere resi monolitici con saldatura o sigillatura.

Privi di porosità e dotati di buo-na resistenza all’usura, tali pavimen-ti possono essere posati in sovrapposi-zione a pavimenti preesistenti con un

modesto aumento di quota del piano. Quando realizzati e manutenuti

correttamente, essi garantiscono una conduttività costante.

Requisiti fondamentali

Il pavimento idoneo per le zone EPA dovrà quindi possedere le carat-teristiche sopracitate le quali dovran-no durare per tutta la sua vita.

Il buon esito della installazione di-pende dall’impiego di prodotti validi e garantiti, ma anche dalla qualità del-la posa in opera; pertanto sarà oppor-tuno che già in sede progettuale ven-gano stabilite le seguenti condizioni:.

a) resistenza meccanica e planari-

tà: il supporto del pavimento do-vrà avere una resistenza meccani-ca adeguata a sopportare i carichi a cui sarà sottoposto ed essere pia-no, solido e privo di lesioni;

b) umidità: il supporto dovrà esse-re asciutto sia durante la posa che nel tempo. Le solette realizzate di-rettamente su terreno o su vespaio non sufficientemente aerato, mas-setti gettati su strutture recenti o su strati di coibentazione a pori aperti, su porticati aperti o su loca-li umidi, dovranno tassativamente essere isolati dal loro piano di ap-poggio con un’efficace e durevo-le impermeabilizzazione o barrie-ra al vapore. Nel caso in cui l’umi-dità di risalita non venisse ferma-ta da un adeguato e durevole strato impermeabile, essa potrà produrre problemi di adesione con rotture e bolle sia su pavimenti resilienti sia su pavimenti in resina.

Infatti, se un pavimento cementizio la cui traspirabilità permette la fuo-riuscita dell’acqua di risalita sotto for-ma di vapore venisse trattato con una finitura di porosità più bassa o nulla, si potranno originare pressioni in gra-do di staccare o interrompere la con-tinuità della finitura cosi come si ve-

Fig. 7 - Il campione è miscelato, pesato e applicato su una lastra non assorbente di vetro

Fig. 8 - Il provino viene trasferito nella camera ambientale subito dopo la preparazione

Fig. 9 - A tempi predefiniti viene prelevata l’aria della camera utilizzando una pompa, collegando una cartuccia assorbente capace di trattenere tutti i composti volatili presenti nell’aria della camera

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rifica con gli intonaci delle pareti so-pra menzionate.

Non dobbiamo neppure dimenti-care che, fino a 50 anni fa, l’umidifi-cazione del pavimento di cemento era il mezzo usato per controllare le cari-che elettrostatiche nei pavimenti dei dinamitifici, o dove si manipolavano gas o sostanze infiammabili o defla-granti come nelle sale operatorie.

Ovviamente, per pavimenti attua-li che non consentono la traspirabi-lità, sarà necessario fermare l’umidità di risalita prima della loro posa, me-diante un’efficace e durevole barrie-ra al vapore o impermeabilizzazione. Quanto sopra vale sia per le applica-zioni a piano terra ma, in alcuni ca-si, anche per strutture sospese (solai) all’aperto (su porticati). Queste tecni-che sono da applicare anche in pre-senza di strati di alleggerimento (po-mice, argilla espansa o lapillo lavico) che possono cedere successivamente l’ umidità contenuta nelle loro porosità;

c) conduttività corretta e durevo-

le: la conduttività del pavimento, ov-vero la sua bassa resistenza elettrica al passaggio delle cariche elettrostati-che verso i nodi equipotenziali, deve essere garantita da adesivi condutti-vi caratterizzati dalla minore resisten-

za ohmica possibile, in collaborazione con opportuni elementi in rame, sta-bilmente collegati a terra.

Quando un pavimento conduttivo è realizzato con elementi adeguati ai carichi ed al traffico previsto e posato con adesivi conduttivi validi, di eleva-te e durevoli prestazioni meccaniche e conduttive (resistenza trasversale ≤ 1,0 MΩ ), esso può favorire l’equipo-tenzialità e la dissipazione di tutte le cariche elettrostatiche presenti o ad-dotte da elementi quali le calzature, le ruote, gli scaffali e così via.

Progettazione ed esecuzione ecosostenibile di pavimentazioni ESD

Oltre alle suddette regole da ri-spettare per una buona progettazio-ne ed esecuzione delle pavimentazio-ni, al giorno d’oggi si presta grande attenzione al tema sempre più senti-to dell’ecosostenibilità e della sicurez-za negli ambienti di lavoro.

L’eco-sostenibilità in edilizia è un tema di stretta attualità. Purtroppo non sempre dietro a questa inflazio-nata parola si trovano fatti concreti.

Per quanto riguarda il settore del-la posa di pavimentazioni - nello spe-

cifico quelle installate in EPA - ne-gli anni ’70 sono stati introdotti sul mercato prodotti in dispersione ac-quosa a basso contenuto di solvente. L’impegno si è quindi concretizzato in programmi di ricerca per lo svilup-po di prodotti a basse emissioni di so-stanze organiche volatili (VOC) privi di solvente per ottimizzare la qualità dell’aria negli edifici dove questi sono utilizzati e, quindi, migiorare il benes-sere sia degli applicatori che degli uti-lizzatori finali.

Strettamente legata alla posa dei pavimenti resilienti era la questione del permanere dell’odore, di breve o lunga durata, che accompagna e segue questo tipo di applicazione. Al tempo stesso i consumatori si sono mostrati sempre più attenti alla qualità dell’aria all’interno degli edifici, in particolare, e a una tipologia di edilizia “sana”, in generale.

L’industria dei rivestimenti tessili si è mossa in questa direzione creando dei marchi che certificassero i mate-riali non nocivi e a bassa emissione di sostanze organiche volatili (VOC): è così che è stata fondata, nel dicembre 1990, GuT (Gütegemeinschaft umwel-

tfreundlicher Teppichboden e.V.), l’As-sociazione di qualità per pavimenti tessili ecologici.

Nel 1993 anche l’industria dei ma-teriali da costruzione ha raccolto la sfida del miglioramento della qua-lità dell’aria degli interni. Dopo ri-cerche promosse a livello individua-le dai vari produttori, nel 1996 so-no stati condotti progetti di ricer-ca, in collaborazione con GuT e TFI (Teppichforschungsinstitut Aachen

– Istituto di ricerca sulle superfi-ci calpestabili, Aachen), relativa-mente all’odore e alle emissioni di VOC rilasciate dai materiali tessili. Il 24 febbraio 1997 i principali pro-duttori di adesivi per la posa dei pa-vimenti hanno dato vita al GEV (Gemeinschaft Emissionskontrollierter

Fig. 10 - Le cartucce vengono infine sviluppate tramite un desorbitore termico; i composti organici volatili sono separati tramite gas-cromatografia, identificati con un detector di massa e quantificati con detector a ionizzazione di fiamma

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48 PCB luglio/agosto 2013

Tabella 1 - Limiti massimi di emissioni consentiti per prodotti certificati EC1, EC1 Plus e Blaue Engel

CriterioGEV Emicode

EC1PLUSGEV Emicode EC1 Blaue Engel

Emissioni residue dopo 3 giorni

TVOC μg/m3 750 1000 1000

Somma dei componenti

carciniogeni μg/m3 10 10 10

Formaldeide μg/m3 50 50 –

Acetaldeide μg/m3 50 50 –

Emissioni residue dopo 28 giorni

TVOC μg/m3 60 100 100

TSVOC μg/m3 40 50 50

R 1 – 1

VOC senza LCI 40 – 40

Verlegewerkstoff e, e.V.), l’ “Associazione per il controllo delle emissioni dei materiali per la posa”, il cui scopo era, ed è anche oggi, l’elaborazione e la messa in atto di appropriate nor-me e metodi per il controllo, la clas-sifi cazione e la marchiatura dei ma-teriali per la posa, relativamente alle emissioni di VOC. In quest’ottica è stato creato il sistema di classifi cazio-ne EMICODE, un tipo di certifi ca-zione misurabile, riscontrabile ogget-tivamente, documentabile e, di conse-guenza, estremamente affi dabile.

La comunicazione con le aziende e la defi nizione e il perseguimento de-gli obiettivi dell’Associazione hanno comportato un’enorme mole di lavo-ro in ambito tecnico. È stato neces-sario elaborare e testare un sistema di valutazione che fosse in grado di in-dividuare la presenza di sostanze or-ganiche volatili, valutandone la quan-tità. Si sono dovuti stabilire dei limiti rigorosi, il cui rispetto garantisse che non venissero rilasciate in aria sostan-ze organiche volatili in quantità tali da infl uire in modo rilevante a livel-lo fi siologico.

Se il sistema di certifi cazione EMICODE ha avuto origine con gli adesivi per rivestimenti tessili per pa-vimenti, è pur vero che si è veloce-mente esteso fi no a coinvolgere altre

categorie di prodotti. Perciò oggi nu-merosi adesivi per parquet, primer, li-vellanti e lisciature sono certifi cati “EMICODE EC1” ed “EMICODE EC1 Plus” (a bassissima emissione di sostanze organiche volatili). Una con-seguenza di questo processo è la mo-difi ca del nome del GEV che è di-venuto “Gemeinschaft emissionskon-

trollierter Verlegewerkstoff e, Klebstoff e

und Bauprodukte e.V.” o Associazione per il Controllo delle Emissioni dei Materiali per la Posa, Adesivi e Prodotti per Edilizia.

Per gli architetti e i direttori dei cantieri EMICODE è un prezioso aiuto quando devono orientarsi all’in-terno dell’ampia off erta di prodot-ti per edilizia a disposizione. Questo sistema di certifi cazione rende infat-ti possibile la realizzazione dell’inte-ro pavimento mantenendo un bas-sissimo livello di emissioni di VOC; è quindi possibile disporre di sistemi di posa “ECO-Sostenibili”, composti da malte premiscelate per il confezio-namento di massetti a presa normale ed asciugamento rapido, primer pro-motori di adesione, consolidanti e im-permeabilizzanti, rasature tissotropi-che e autolivellanti, adesivi per la posa di piastrelle ceramiche, materiale lapi-deo, parquet, resilienti e tessili.

L’EMICODE indica, appunto, il

livello di emissioni e, dunque, si pro-pone in primo luogo di garantire la protezione dell’utilizzatore fi nale.

Un’ulteriore certifi cazione dei pro-dotti per pavimentazioni è il Blaue Engel: anche questo marchio garan-tisce sia ai posatori che agli utilizza-tori fi nali una buona qualità dell’aria.

GEV e Blaue Engel sono classifi ca-zioni entrambe molto severe, che va-lutano le possibili emissioni di sostan-ze organiche volatili dai prodotti per l’edilizia sia a breve (3 giorni) che a lungo termine (28 giorni) dall’appli-cazione del prodotto in apposite ca-mere ambientali. Entrambe le certi-fi cazioni considerano i prodotti bas-so emissivi in base al loro Total VOC (somma di tutti i composti organici volatili emessi dopo un certo tempo dalla posa del prodotto) e all’assenza di emissioni di composti cancerogeni, quali ad esempio benzene, acetaldei-de, formaldeide, diossano e così via.

In Tabella 1 vengono riportati i li-miti massimi di emissioni consenti-ti per prodotti certifi cati EC1, EC1 Plus e Blaue Engel.

Esistono infi ne a livello internazio-nale numerosi altri label che garan-tiscono l’eco sostenibilità per rispon-dere alle diverse esigenze dei mercati locali (ad esempio certifi cazione M1 per Finlandia).

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49PCB luglio/agosto 2013

Il sistema persona-calzatura-pavimento

di Domenico Carotenuto, Forbo

All’interno di un’EPA, nonostante ci si trovi in un’area protetta da fenomeni ESD, i movimenti del personale e delle apparecchiature possono provocare la formazione di cariche elettrostatiche. Ecco come evitare i problemi

PROBLEMATICHE ESD - OLTRE I PCB ◀

N elle postazioni di lavoro dove il personale e le attrezzature non possono rimanere ferme,

la messa a terra è assicurata da calza-ture e pavimenti conduttivi. L’accop-piamento e la compatibilità di questi presidi è fondamentale e dovrebbe essere sempre verificato ex ante.

Il sistema persona – calzatura – pa-vimento può essere semplicemente descritto come una serie di resisten-ze, dove ogni singolo elemento rive-ste una funzione essenziale nella de-finizione della resistenza complessiva. La scarpa deve assicurare il traspor-to delle cariche tra persona ed pavi-mento: è facilmente intuibile che, ol-tre la scarpa stessa, siano soprattutto le interfacce di contatto (suola ester-na - pavimento e suola interna - pie-de) a rappresentare la principale criti-cità dell’accoppiamento.

Se nell’interfaccia piede-scarpa l’efficacia del contatto è assicurata dal microclima naturalmente umido che si forma, il trasporto delle cari-che dalla suola interna a quella ester-na e poi sul pavimento fino a terra, è invece più complesso perché le cari-che devono attraversare uno spessore

di materiale generalmente isolante.Il materiale isolante può essere reso

permeabile alle cariche elettriche at-traverso degli additivi antistatici op-pure l’inserimento di particelle/fibre conduttive: si tratta delle stesse tec-nologie applicate ai pavimenti con-duttivi (Fig. 1).

La nostra azienda, quando richiesto dalla situazione, è disponibile a testare la combinazione calzatura del clien-te/pavimento per valutare il miglio-re accoppiamento ed eventualmen-te suggerire delle possibili alternati-ve. Quello che è presentato nelle pa-gine successive è il risultato di diver-

Figura 1 - Materiale isolante reso permeabile alle cariche elettriche attraverso degli additivi antistatici o attraverso l’inserimento di particelle/fibre conduttive

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50 PCB luglio/agosto 2013

si test svolti per i nostri clienti utiliz-zando le stesse calzature che normal-mente usano nelle loro EPA.

Normativa di riferimento

La normativa cui fare riferimento è quella che segue:- IEC 61340-5-1 Protection of elec-

tronic devices from electrostatic phe-

nomena - General requirements; - IEC 61340-4-5 Standard test me-

thods for specifi c applications –

Methods for characterizing the elec-

trostatic protection of footwear and

fl ooring in combination with a per-

son;- IEC 61340-4-1 Standard test me-

thods for specifi c applications –

Electrical resistance of fl oor coverings

and installed fl oors;- IEC 61340-4-3 Standard test me-

thods for specifi c applications –

Footwear.

Nella Fig. 2 sono visualizzati i

principali metodi di misura illustrati in dettaglio dalle norme.

In estrema sintesi (IEC 61340-5-1) perché sia minimizzata la formazione di eventi ESD, è importante che:- Resistenza di sistema persona –

scarpa – pavimento verso terra sia minore di 3,5 x 107 Ω.

Oppure, per la nota relazione tra Body Voltage Generation (BVG) e re-sistenza di sistema:- Resistenza del pavimento verso

terra minore di 109 Ω; - Body voltage generation minore di

100 V.A queste norme è affi ancato una

procedura, di seguito identifi cata co-me “metodo H”, utilizzata da uno dei nostri principali clienti che per-mette di eliminare una parte del-le incertezze nella misura del siste-ma persona – scarpa – pavimento: esso consiste nel fi ssare sempre a 15 MΩ la resistenza del sistema perso-na-scarpa misurata sull’elettrodo di

ferro applicando al sistema una re-sistenza variabile, poi, senza modifi -care la confi gurazione, si procede al-la misura della resistenza del sistema sul pavimento. Il metodo “H” equa-lizza nei 15 MΩ tutte le incertezze create dall’accoppiamento scarpa-persona (Fig. 3).

Test svolti

Con lo scopo di caratterizzare sia i singoli componenti, sia l’accoppia-mento scarpa- pavimento, sono stati svolti i seguenti test:- resistenza del pavimento point-to-

point e point-to-ground; - resistenza della scarpa;- resistenza del sistema persona-

scarpa su elettrodo di ferro;- resistenza del sistema persona –

scarpa – pavimento;- resistenza del sistema secondo me-

todo H;- BVG.

Figura 2 - Visualizzazioni dei principali metodi di misura illustrati in dettaglio dalle norme

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51PCB luglio/agosto 2013

Le misure sono state svolte in ambienti a temperatura (23±5 °C) e soprattutto umidità controlla-ta (12±3% e 50±5%): vedremo che nell’interpretazione dei risulta-ti l’umidità svolge un ruolo impor-tante.

Risultati

Misure al 12% U.R.:a) Pavimento - Misura della resisten-

za elettrica a 23 °C e 12% umidi-tà relativa secondo IEC 61340-4-1 (Tabella 1).

a) Scarpe e sistema persona-scarpa-pavimento - Misura della resisten-za elettrica a 23 °C e 12% di umi-dità relativa (Tabella 2).

Misure al 50% U.R.:b) Pavimento - Misura della resisten-

za elettrica a 23 °C e 50% umidi-tà relativa secondo IEC 61340-4-1 (Tabella 3).

b) Scarpe e sistema persona-scarpa-pavimento - Misura della resisten-za elettrica a 23 °C e 50% di umi-dità relativa (Tabella 4).

Considerazioni

- Il comportamento di ciascuna scarpa presa in esame in combi-nazione con il nostro pavimen-to è coerente con la misura svolta sulla piastra di ferro: scarpe trova-te molto conduttive sulla piastra di

Figura 3 - Il metodo “H” equalizza nei 15 MΩ tutte le incertezze create dall’accoppiamento scarpa-persona

Tabella 1 - Pavimento Misura della resistenza elettrica a 23°C e 12% umidità relativa secondo IEC 61340-4-1

R Point-To-Ground 100 V [Ω] R Point-To-Ground 10 V [Ω]

6.1E4 6.2E4 6.5E4 6.0E4 6.5E4 1.3E5 1.5E5 1.3E5 1.3E5 1.6E5

R Point-To-Point 100 V [Ω] R Point-To-Point 10 V [Ω]

1.3E5 1.5E5 1.2E5 1.1E5 1.2E5 1.8E5 1.9E5 2.0E5 1.8E5 2.0E5

Tabella 2 - Scarpe e sistema persona-scarpa-pavimento Misura della resistenza elettrica a 23°C e 12% di umidità relativa

RScarpa[MΩ] RScarpa [MΩ] RPersona + RScarpa +

Rpavim. [MΩ]RH [MΩ] BVG (V)

Norma/Scarpe IEC 61340-4-3 IEC 61340-4-5 IEC 61340-4-5 H* IEC 61340-4-5

S1 38.5 7.1 20.9 25.8 24

S2 32.6 13.2 29.6 30.6 38

S3 24.7 5.5 15.6 25.3 19

S4 26.1 6.2 12.5 28.1 18

S5 25.4 4.4 11.7 19.4 20

S6 53.2 70 160 115

S7 10.1 13.2 17.1 17.2 21

S8 67.7 38.2 142 41

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52 PCB luglio/agosto 2013

ferro, lo sono anche sul pavimento conduttivo e viceversa.

- Le scarpe trovate fuori specifi ca misurando la resistenza di sistema si confermano problematiche an-che nella misura di BVG.

- Le misure svolte a bassa umidi-tà amplifi cano le diff erenze tra le scarpe ed identifi cano le più criti-che. Viceversa le misure svolte al 50% HR appiattiscono le perfor-mances delle scarpe portandole tutte su valori accettabili.

- Il metodo “H” non fornisce mag-giori informazioni rispetto alle misure ottenute con le normative tradizionali.

Le scarpe che si sono comportate “peggio” alla luce di queste prove so-no quelle, visibilmente, più usate e più vecchie come modello: potrebbero es-sere state scorrettamente mantenute oppure essere state usate per un tem-po eccessivamente prolungato che ha reso ineffi ciente il sistema di trasporto delle cariche questo è particolarmen-te rilevante nel caso siano usati nelle suole degli additivi antistatici che nel tempo perdono di effi cacia.

In Fig. 4 sono rappresentate alcune tra le suole prese in esame.

In generale, scarpe che presenta-no una suola morbida e con alta su-perfi cie di contatto hanno una mag-

Tabella 3 - Pavimento - Misura della resistenza elettrica a 23 °C e 50% di umidità relativa secondo IEC 61340-4-1

R Point-To-Ground 100 V [Ω] R Point-To-Ground 10 V [Ω]

5.3E 5.2E 5.1E 5.7E 5.0E 6.8E 6.5E 6.1E 6.3E 6.0E

4 4 4 4 4 4 4 4 4 4

R Point-To-Point 100 V [Ω] R Point-To-Point 10 V [Ω]

6.8E 7.2E 7.4E 6.6E 6.3E 2.4E 2.6E 2.7E 2.1E 2.3E

4 4 4 4 4 5 5 5 5 5

Tabella 4 - Scarpe e sistema persona-scarpa-pavimento - Misura della resistenza elettrica a 23 °C e 50% di umidità relativa

RScarpa[MΩ] RScarpa [MΩ] RPersona + RScarpa +

Rpavim. [MΩ]RH [MΩ] BVG (V)

Norma/Scarpe IEC 61340-4-3 IEC 61340-4-5 IEC 61340-4-5 H* IEC 61340-4-5

S1 10 7.6 12.5 20.1 2

S2 12 9.6 19.8 25.1 9

S3 12 1.8 4.5 19.6 2

S4 13 3.1 13.3 18.1 5

S5 13 1.0 2.2 17.3 2

S6 19 10.3 25.4 30.2 30

S7 5 1.1 1.5 16.3 5

S8 18 16 31 –– 18

giore possibilità di scambiare le ca-riche con la pavimentazione e dan-no maggiore garanzia di soddisfa-re le specifi che di sistema. Scarpe che utilizzano carbone o fi li metal-lici nella mescola della suola hanno maggiori probabilità di mantene-re nel tempo le proprietà conduttive rispetto a quelle che utilizzano ad-ditivi antistatici.

In defi nitiva, con questo test com-parativo non si è misurata ciascu-na marca di scarpe con lo scopo di promuovere un tipo o bocciare l’al-tro: utilizzando scarpe “vere”, cioè re-almente usate dai nostri principa-li clienti, abbiamo potuto vedere che

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53PCB luglio/agosto 2013

Riferimenti bibliografici

[1] Nicola A. Jeker – XI congres-

so nazionale ESD; 2009

[2] ANSI ESD S7.1 Floor mate-

rials – characterization of mate-

rials – ESD association

[3] ANSI ESD STM97.2 Floor

Materials and Footwear - Voltage

Measurement in Combination

with a Person.

basta poco, per mettere a rischio l’in-tero sistema di assicurazione contro gli eventi ESD.

Conclusioni

Si è visto che i pavimenti condut-tivi in combinazione con le scarpe ri-vestono un’importanza fondamenta-le quando la messa a terra del perso-nale e delle attrezzature non può es-sere assicurata con sistemi attivi per evitare l’intralcio agli operatori du-rante lo svolgimento delle attività in un’EPA.

Si è assunto nelle prove di labora-torio, ma questo non deve essere sot-tovalutato nella “realtà”, che la po-sa sia stata eseguita a regola d’arte e che colle e materiali per la prepara-zione del sottofondo siano stati scel-ti tra quelli raccomandati. Come in tutte le situazioni in cui le variabi-li sono multiple e non tutte control-labili, l’osservanza della normativa può aiutare a fare le scelte giuste, la raccomandazione fi nale è comunque quella di affi darsi per tempo a perso-nale esperto al fi ne di evitare brut-te sorprese.

Alcune tra le suole prese in esame

S7: Morbida, media superfi cie di contatto

S1: Morbida, alta superfi cie di contatto

S8: Dura, alta superfi cie di contatto

S2: Morbida, media superfi cie di contatto

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54 PCB luglio/agosto 2013

Dal packaging tradizionale al packaging ESDTecnologia “povera” ma altrettanto fondamentale è quella degli imballi che prevengono il verificarsi di fenomeni ESD. Un mondo tanto importante quanto poco conosciuto, soprattutto per chi debba trasportare materiale elettronico sensibile agli eventi elettrostatici

▶ OLTRE I PCB - PROBLEMATICHE ESD

di Lucio Crippa, Scatolificio Crippa (prima parte)

I processi produttivi di prodotti elettronici richiedono partico-lare attenzione sia nelle fasi di

handling che in quelle relative alla movimentazione e a tal proposito il criterio di base da adottare è quello di dimensionare i sistemi di prote-zione per poter proteggere i compo-nenti maggiormente sensibili (classe ZERO – compresi tra 0 e 250 V di sensibilità).

Le soglie di sensibilità dei compo-nenti ”ESD sensitive” vengono stabi-

lite in base al modello HBM (Human Body Model - 100 pF – 1500 Ω) e, per poter garantire l’affidabilità dei prodotti ESD, diviene necessario considerare il contenuto di normati-ve quali: - CEI EN 61340-5-1; - ANSI S.20.20;- CEI EN 61340-5-3.

La normativa CEI EN 61340-5-3-2011 “Protezione dei dispositivi elettronici dai fenomeni elettrostati-

ci - Classificazione delle proprietà e dei requisiti per gli imballi dei dispo-sitivi sensibili alle scariche elettrosta-tiche” indica principalmente 3 classi di materiali da impiegare per prodotti ESD le quali sono definite attraverso la resistenza superficiale e l’attitudine a garantire la schermatura (*): - Materiali Statico Dissipativi

(aventi una resistenza superficiale uguale/superiore a 1,0*104 Ω e in-feriore 1,0*1011 Ω al 12% di UR);

- Materiali Conduttivi (aventi una

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55PCB luglio/agosto 2013

resistenza superficiale inferiore a 1*104 Ω al 12% di UR);

- Materiali Schermanti (< 50 nJ e aventi una resistenza superficiale in-feriore a 1*103 ohm al 12% di UR);

- Materiali Isolanti (aventi una re-sistenza superficiale superiore a 1*1011 Ω al 12% di UR).

L’imballo ESD deve essere sempre impiegato a prescindere dal livello di assiematura dei compenti sensibili e, nello specifico, in presenza di:- un singolo dispositivo; - una scheda; - un assieme elettronico; - una macchina finita.

La normativa CEI EN 61340-5-3 indica inoltre criteri diversi per la movimentazione all’interno di EPA e all’esterno di EPA: UPA (Un-protected ESD Areas) – vedi Fig. 1.

Gli imballi tradizionali: la loro funzione

Gli imballi fanno parte della nostra vita quotidiana e sembra che non se ne possa fare a meno. Hanno permes-so lo sviluppo del commercio e sono indispensabili per la movimentazione delle merci.

Non servono solo per trasportare

le merci da un capo all’altro del mon-do, ma anche per agevolare la movi-mentazione all’interno delle stesse unità produttive; servono a raggrup-pare gli oggetti, ad identificarli, oltre che a proteggerli. Sono pochissimi i prodotti che non necessitano di im-ballaggio.

Quando si scelgono gli imballaggi tradizionali, i fattori che ne determi-nano la scelta sono l’efficacia e il co-sto: insomma, devono svolgere la loro funzione e – possibilmente – costare il meno possibile.

Raramente tuttavia queste scelte si riflettono come dovrebbero sull’im-patto ambientale. A questo proposi-to la normativa italiana sta lentamen-te recependo le direttive Europee in tema di imballaggi e di impatto am-bientale.

Fig. 1 - Classificazione degli imballi in funzione delle condizioni ambientali di impiego

Fig. 2 - Lastra di poliuretano antistatico bugnato applicata a imballo conduttivo

Fig. 3 - Buste in polietilene antistatico

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56 PCB luglio/agosto 2013

Gli imballi per componenti ESD: funzioni e caratteristiche

I prodotti sensibili alle cariche elet-trostatiche, oltre ad avere le fragilità meccaniche tipiche di molti altri pro-dotti, ne hanno una in più: hanno una sensibilità elettrica che determina un bisogno ulteriore, non comune e asso-lutamente da non sottovalutare.

Le problematiche legate alla pre-senza e alla generazione di cariche elettrostatiche e ai danni che que-ste provocano sui prodotti sensibili (ESDS), possono essere gestite attra-verso una notevole quantità di mate-riali e prodotti per il packaging ESD

attualmente disponibili sul mercato. Caratteristiche elettriche, meccani-

che e costi sono elementi basilari da tenere in considerazione nell’ambito della scelta di imballaggi ESD.

Possiamo aff ermare che oggi quasi tutte le materie prime utilizzate per la produzione di packaging tradizionali sono disponibili anche nella versione conduttiva/antistatica adatta alla pro-duzione di packaging ESD.

Le rifl essioni di carattere am-bientale sono le stesse. La scelta del packaging ha inevitabilmente un im-patto ambientale, anche se nel pa-norama globale del packaging, quel-lo ESD rappresenta, per ora, una pic-cola parte.

Imballaggi in materiale plastico

Come si diceva, gli stessi mate-riali utilizzati per la produzione di packaging tradizionale esistono an-che in versione antistatica o condut-tiva adatta per la produzione di im-ballaggi ESD.

Le materie plastiche utilizzate so-no prevalentemente Poliuretano, Polietilene Polipropilene e Poliestere. Per loro natura sono altamente iso-lanti e, quindi, decisamente poco

adatte alla produzione di imballaggi destinati a componenti sensibili alle cariche elettrostatiche, in quanto ten-dono esse stesse a generarne sia du-rante la lavorazione sia durante la ma-nipolazione.

Per questo motivo vengono addi-zionati già in fase di estrusione con composti per diminuirne la resisten-za superfi ciale al di sotto di determi-nate soglie per poter essere ricompre-se nelle classi di cui alla norma CEI EN 61340-5-3–2011 a cui si accen-nava in precedenza.

Dal punto di vista meccanico, tali materiali si presentano sotto forma di espansi o estrusi che ben si prestano alla fabbricazione di imballaggi e pro-tezioni di vario tipo.

Pur senza entrare nel dettaglio, è utile ricordarne brevemente le carat-teristiche e l’utilizzo prevalente: - Il Poliuretano espanso (a celle

aperte) è disponibile sotto forma di lastre lisce o bugnate, facilmen-te lavorabili per la realizzazione di materassini dall’aspetto spugnoso in grado di assorbire gli urti in ca-so di caduta (Fig. 2);

- Il Polietilene è presente sia in for-ma espansa (a celle chiuse) sia in pellicole, fogli e bobine utilizza-

Fig. 5 - Vaschette sovrapponibili in polipropilene conduttivo

Fig. 6 - Buste shielding in poliestere accoppiato alluminio

Fig. 4 - Polietilene espanso antistatico fustellato

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Fig. 7 - Poliuretano e polietilene conduttivi tagliati ad acqua per schedine SMD

te per la produzione di buste (Fig. 3). L’espanso è par-ticolarmente adatto ad essere formato su disegno, sia mediante fustellatura sia con taglio ad acqua. Ha una consistenza maggiore rispetto al Poliuretano, a parità di densità, grazie alla sua conformazione a celle chiu-se (Fig. 4).

- Il Polipropilene è generalmente estruso in lastre sia sottili che dall’aspetto simile a quello del cartone on-dulato (Fig. 5).

Il poliestere accoppiato con alluminio è generalmente utilizzato per la realizzazione di buste shielding (Fig. 6). La busta shielding è di solito realizzata dall’accoppiamento di tre materiali: il poliestere, la lamina di alluminio e il po-lietilene antistatico.

Tutti questi materiali, oltre che antistatici, sono disponi-bili anche conduttivi, cioè con resistenza superficiale infe-riore a 10.000 Ω, misurata con UR al 12% (Fig. 7).

Poiché si tratta quasi sempre di imballaggio intimo o primario, cioè a diretto contatto con il componente ESDS, occorre fare attenzione all’eventuale presenza di compo-nenti alimentati che potrebbero finire cortocircuitati se messi in contatto con superfici con così bassa resistenza.

Un grosso limite da tenere ben presente quando si pro-getta un sistema di protezione ESD in cui entrano in gio-co gli imballaggi in materiale plastico, è che i materiali pla-stici antistatici hanno una scadenza abbastanza ravvicina-ta: di solito alcuni mesi, generalmente non oltre un anno, a differenza del cartone conduttivo le cui caratteristiche non sono soggette a decadimento.

(*) Anche la normativa CEI EN 61340-5-1, in sede di revisione, dovrà aggiornare i

valori verso la CEI EN 61340-5-3.

Fine prima parte

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58 PCB luglio/agosto 2013

Sorgenti di innesco ESD e atmosfere esplosive

di Alessandro Panico, Tiger-Vac (prima parte)

Progettare un sistema di aspirazione e filtrazione antideflagrante pneumatico certificato ATEX e garantito EX MAT che tenga conto della possibile manifestazione di eventi ESD non è cosa da poco. Ecco un metodo di analisi sicuramente efficace

▶ OLTRE I PCB - PROBLEMATICHE ESD

N ella progettazione di un sistema di aspirazione, fil-trazione e contenimento

di materiale esplodibile, così come normalmente si prospetta in aziende che operano nel settore di fornitura di sostanze chimiche per l’industria elettronica (ma non solo), lo studio delle cariche elettrostatiche generate

dal suo funzionamento e dalla specifi-ca destinazione d’uso è determinante per ottenere la conformità ai requisiti di sicurezza richiesti dagli standard vigenti, in particolare in merito alla certificazione ATEX, necessaria per l’utilizzo in ambienti di lavoro ove vi sia presenza di sostanze che possono generare atmosfere esplosive.

Sistemi di aspirazione e filtrazione antideflagranti

I sistemi di aspirazione e filtrazione antideflagranti sono utilizzati per pu-lire ambienti di lavoro o captare ma-teriale combustibile in sospensione da processi di produzione.

Il macchinario oggetto di stu-dio non presenta sorgenti di inne-sco proprie, né di natura elettrica né meccanica in quanto risulta alimen-tato ad aria compressa e non utiliz-za nessun meccanismo in movimento. L’aspirazione avviene tramite un eiet-tore Venturi che accelera l’aria iniet-tata in pressione moltiplicandola per una volta e mezzo e trasformando-la attraverso il sistema in aspirazio-ne/depressione. Tale apparecchio ri-sponde ai requisiti di valutazione del rischio definiti dagli standard di rife-rimento per il settore antideflagrante in quanto il prodotto viene utilizza-to solitamente in ambienti classifica-ti ATEX per aspirare e contenere ma-teriali potenzialmente esplosivi. I si-stemi ad aria compressa hanno mag-giore prevalenza di aspirazione rispet-to ai sistemi elettrici.

Gli aspetti più importanti riguar-danti la progettazione fanno rife-rimento alle seguenti indicazioni estratte dalla norma EN 1127, 6.4.7: - The most important protective

measure is bonding all the con-ductive parts that could become hazardously charged and earth them. This protective measure, ho-wever, is not sufficient when non-conductive materials are present.

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59PCB luglio/agosto 2013

- In this case hazardous levels of charging of the non-conducti-ve parts and materials, including solids, liquids and dusts shall be avoided.

- Th is information shall be inclu-ded in the information of use (clause 7).

For Cat.1: Incendive discharges shall be eliminated and rare malfun-ctions shall be taken into account.

For Cat.2: Incendive discharges shall not occur during intended use of the installations, including main-tenance and cleaning, or during malfunctions that can be expected normally.

For Cat.3: As a rule, measures other than earthing requirements are necessary only when incendive di-scharges occur frequently (e.g. in the case of inadequately conduc-tive drive belts). Additional pro-tection measures are given in CEI CLC/TR 50404.

Riteniamo che, a causa della com-plessità e della diversità delle polveri presenti in commercio, sia necessario fare delle distinzioni nella costruzio-ne dell’apparecchio antidefl agrante, al fi ne di rispondere ai requisiti delle norme con diff erenti soluzioni tecno-logiche che permettano di consentire all’utilizzatore la specifi ca destinazio-ne d’uso desiderata.

La norma per gli apparecchi non elettrici determina una diff usa certi-fi cazione di cat.2 per i prodotti pneu-matici, senza specifi care i diff eren-ti processi per cui queste attrezzatu-re possono essere impiegate.

I produttori di aspirapolveri mo-bili antidefl agranti stabiliscono se le attrezzature prodotte siano adegua-te alla specifi ca applicazione richiesta dall’utilizzatore e defi scono quali si-stemi di protezione e “concept” risulti necessario adottare.

Tiger-Vac, ad esempio, con oltre 40 anni di esperienza in questo settore e un impegno costante in termini di si-curezza per lavoratori e ambiente di lavoro, produce più di 50 tipi di aspi-ratori EX legalmente certifi cati se-condo: 1) Direttiva Europea ATEX

94/9/EC; 2) schema IECEx;3) sistema North American

Hazardous Locations (NRTL).

Ogni tipologia di aspiratore EX ba-se prodotto da Tiger-Vac ha le stes-se tipologie di protezioni interne, che sono le seguenti:1. un serbatoio di recupero in accia-

io inox conduttivo o Polietilene Addizionato Statico Dissipativo;

2. un fi ltro principale conduttivo per polvere esplodibile o un fi ltro per l’assorbimento di vapori per liqui-di infi ammabili;

3. un pre-fi ltro di sicurezza condutti-vo;

4. l’assenza di punti di accumulo pe-ricolosi, ingranaggi meccanici o elettrici.

Caratteristiche costruttive e di funzionamento

Ecco dunque le caratteristiche co-struttive e di funzionamento di questa

tipologia di prodotto (ved. Fig. 1) e, a questo proposito, verranno defi niti i principi fondamentali di costruzione.

Per fornire informazioni ogget-tive sarà eff ettuato un estratto del-la “Guide for Electrostatic hazards” La guida, che si riferisce alle norme 60079-32-1, è stata sviluppata dal TC31:

8.8.3 Portable systems

If the equipment is used for col-lecting fl ammable materials, all me-tal and conductive parts of the system should be bonded together and ear-thed. It is particularly important to ensure that the container is always earthed when in use. Th is could be done using the mains lead or, in the case of compressed air driven equip-ment, by using a conductive or electri-cally bonded hose for the compressed air. Tools and accessories used shall be made of conductive or dissipati-ve material. It is important to ensure that tools and accessories are and re-main bonded to the fl exible connec-ting hose.

Equipment which cannot be ear-thed (e.g. because the outer shell is insulating, see 3.15) and which does not have electrical continuity betwe-en the nozzle and the receiver should not be used in hazardous areas (see Annex D).

Fig. 1 – Progettazione resistente alla pressione: fi ltro fea a pianta circolare

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60 PCB luglio/agosto 2013

In addition to avoiding the hazar-dous accumulations of charge addi-tional explosion protection measures may have to be taken as the use of ex-plosion resistant equipment, explo-sion venting or explosion suppression.

12.5.2 Vacuum cleaners

Vacuum cleaners are similar to pneumatic conveying systems; the material that is picked up is charged as it passes through the hose assembly and collects in the system.

The following precautions should be taken: 1. Fixed systems should be earthed

and metal or conductive hoses and nozzles bonded to them;

2. Portable, systems are not normal-ly a problem but all external me-tal and conductive parts of the sy-stem should be bonded together and earthed, especially if they are to be used near moving machinery or on elevated platforms.

Cariche elettrostatiche generate dal processo di aspirazione

Oltre alle problematiche costrutti-ve che tali apparecchi devono risol-vere, uno dei problemi maggiormen-te riscontrati in questo settore è quel-lo di definire un metodo standard per adottare sistemi di protezione aggiun-tiva. Se il macchinario è certificato ca-tegoria 1 o EPL al suo interno rispon-derà alla seguente definizione:

CATEGORIA 1

Comprende gli apparecchi proget-tati per funzionare conformemente ai parametri operativi stabiliti dal fab-bricante e garantire un livello di pro-tezione molto elevato. Gli apparecchi che rientrano in questa categoria so-no destinati all’uso in ambienti in cui sono presenti in permanenza, per lun-

ghi periodi o frequentemente, atmo-sfere esplosive causate da miscele di aria e gas, vapore o nebbia o da mi-scele di aria e polveri. Gli apparecchi che rientrano in questa categoria de-vono garantire il livello di protezio-ne richiesto, anche in caso di anoma-lie eccezionali, e sono caratterizzati da mezzi di protezione tali che: - in caso di guasto di uno dei mez-

zi di protezione, almeno un secon-do mezzo indipendente assicuri il livello di protezione richiesto;

- oppure, qualora si verifichino due guasti indipendenti l’uno dall’al-tro, sia garantito il livello di prote-zione richiesto.

Sono stati descritti tre range di dif-ferenziazione nell’approccio da appli-care: 1) MIE ≥ 10mJ : Normal Ignition

Sensitivity 2) 3mJ ≤ MIE < 10 mJ : Particularly

Ignition Sensitive 3) MIE < 3 mJ : Extremely ignition

sensitive

Nel caso di polveri con “normale sensibilità all’ignizione” ci sono, in ge-nerale, molte buone linee guida nel-la normazione per costruire macchi-nari che non producono una sorgen-te di innesco sufficiente.

Nel caso di polveri “particolarmen-te sensibili all’ignizione”, un esperto deve invece decidere quando le nor-mali adozioni sono sufficienti o quan-do bisogna aggiungere delle protezio-ni in più.

Nel caso di polveri conduttive o “estremamente sensibili all’ignizione”, misure di sicurezza aggiuntive e pre-cauzioni sono richieste (es. inertizza-zione, soppressione, venting, ecc.)

Cariche Elettrostatiche prodotte dal processo e non dal sistema

Una volta delineati questi aspetti e

le relative considerazioni riguardan-ti la generazione di cariche elettrosta-tiche, l’analisi intende affrontare i ri-schi derivanti dall’utilizzo di tali pro-dotti in processi o procedure di ma-nutenzione preventiva che richieda-no l’asportazione, il trasporto, il con-tenimento e la filtrazione di materia-li esplodibili.

Sebbene le indicazioni costrutti-ve definite negli standard permettano di progettare macchinari che non pro-ducano sorgenti di innesco proprie se utilizzati in aree di lavoro classifica-te a rischio esplosione, tali strumenta-zioni sono spesso utilizzate per evitare la creazione stessa di emissioni e la re-

Fig. 2 – Simbolo che indica una zona a rischio esplosioni

L’aspirazione di polveri conduttive o con MIE <10mJ

La questione della sensibilità all’ignizione della polvere combusti-bile in questi sistemi è senza dubbio uno degli aspetti più importanti per una valutazione del rischio e per la scelta delle protezioni necessarie. La sensibilità all’ignizione “ignition sen-sitivity” è primariamente determinata dal MIE: Minimum Ignition Energy (misurato senza induttanza).

Dall’estratto della VDI 2263 vie-ne fatta la distinzione di approccio tra prevenzione e protezione.

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61PCB luglio/agosto 2013

lativa dispersione di materiale esplo-dibile negli ambienti di lavoro.

Questa destinazione d’uso non è regolamentata da specifici standard in quanto varia a seconda dell’utilizzo ed è di difficile generalizzazione. Infatti, le infinite e differenti caratteristi-che fisico-chimiche dei materiali non consentono facilmente di determina-re i rischi generati dalla loro manipo-lazione attraverso macchinari EX.

È in corso da anni un working group internazionale che ha lo scopo di elaborare i requisiti minimi di si-curezza necessari che i costruttori de-vono considerare per immettere sul mercato prodotti che non determino un rischio per la salute e la sicurez-za degli utilizzatori. I sistemi di aspi-razione infatti possono essere richiesti per le seguenti esigenze: 1) per aspirare materiale inerte in

ambienti classificati EX; 2) per aspirare materiale esplodibile

in ambienti classificati EX;3) per aspirare materiale esplodibile

in ambienti non classificati.

Lo studio intende analizzare un prodotto che non presenta sorgenti di innesco proprie, quello già presentato, al fine di focalizzare l’attenzione sui rischi generati dal puro utilizzo di tale macchinario nell’aspirazione di mate-riale esplodibile.

Tale ipotesi permette di conside-rare analiticamente ed empiricamen-te esclusivamente il rischio di inne-sco generato da materiali esplodibili soggetti all’azione di tali sistemi, più in particolare i fenomeni elettrostati-ci potenziali che si possono verifica-re dalla loro iterazione con l’aria, con se stessi e con la struttura interna del macchinario in questione.

Se il processo precedente all’aspira-zione non genera inneschi trasferibi-li all’interno di tali macchinari, l’uni-co elemento di rischio che deve esse-re considerato, per valutare la possibi-

lità o meno di utilizzarli per “trattare” materiali esplodibili, risulta inerente la natura elettrostatica ed esotermica.

Studio dell’aerodinamica interna al sistema

Per individuare e quantificare le potenziali cariche elettrostatiche pro-dotte da un materiale esplodibile in un sistema di aspirazione e filtrazione, risulta necessario effettuare uno stu-dio dell’aerodinamica interna.

Uno studio dell’aerodinamica comporta generalmente la risoluzio-ne di equazioni per il calcolo di di-verse proprietà, come ad esempio ve-locità, pressione, densità, temperatu-ra, umidità, in funzione dello spazio e del tempo. L’aerodinamica interna studia i flussi all’interno di corpi so-lidi, come possono essere, ad esem-pio, i flussi in un motore, nei canali di condizionamento o in strutture di

recupero, contenimento e filtrazione di materiali. La resistenza è definita come la forza aerodinamica agente in direzione parallela (e con verso oppo-sto) alla direzione del moto.

I progressi compiuti nella fluido-dinamica computazionale, unitamen-te alle prestazioni sempre più eleva-te dei calcolatori elettronici, consen-tono oggi di fare una stima molto pre-cisa dei vari coefficienti aerodinamici (e altri ancora).

Tuttavia, dato il notevole costo com-putazionale (teoria della complessità computazionale) di questo tipo di si-mulazioni, la complessità matemati-ca dei problemi aerodinamici e la non completa conoscenza di fenomeni fi-sici che li governano, tali coefficien-ti vengono tuttora spesso determinati empiricamente, misurando le forze che agiscono su modelli di test.

Fine prima parte

Fig. 3 – Alcune delle sostanze usate dall’industria chimica per la produzione di materiali consumabili usati dal mondo dell’elettronica possono presentare rischi d’esplosione

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62 PCB luglio/agosto 2013

Intelligent Repair Station

di Michael Ford, Mentor Graphics (prima parte)

La Intelligent Repair Station rappresenta il componente fondamentale per consentire un’efficace gestione della qualità, sia all’interno sia all’esterno dello stabilimento. O, naturalmente, per assicurare che ciò venga garantito

▶ PRODUZIONE - SISTEMI

N el presente articolo esamine-remo gli elementi chiave di cui è costituita una intelli-

gent repair station, soffermandoci più specificamente su quelli responsabili del maggior apporto di valore per le operazioni di riparazione e per la stra-tegia globale della qualità. Analizze-remo poi in profondità il contributo della repair station ad una strategia estrema per il controllo della qualità, ponendoci nel contempo la seguente domanda: “È possibile raggiungere l’obiettivo zero difetti?”.

Elementi chiave della Intelligent Repair Station

La funzione della repair station può essere definita in modo relativamente semplice. Ogniqualvolta, nel corso di qualsiasi fase del processo produttivo, vengano rilevate o riportate delle ec-cezioni, le unità affette devono essere indirizzate alla repair station per esse-re sottoposte ad attività di diagnosi e, se necessario, di correzione.

L’eccezione potrebbe, ad esempio,

essere stata riportata a seguito del fal-limento di un test, o in base al risul-tato di una ispezione visiva. La repair station verrà impiegata per determi-nare la natura del difetto e per appli-care una opportuna correzione o ripa-razione, nonché per registrare il sin-tomo, il difetto e l’azione correttiva nell’apposito database della qualità. Una volta completata la riparazione, il prodotto verrà reinserito nel normale flusso produttivo, nella posizione più appropriata.

È evidente come l’instradamento delle unità in produzione verso una repair station interferisca con il pro-cesso produttivo. In molti casi, po-trebbe perciò essere deciso di riparare ‘in linea’ alcuni difetti di piccola enti-tà, senza deviare il percorso dell’unità verso una repair station. Vi sono, na-turalmente, molte ottime motivazioni pratiche per consentire tale compor-tamento, che tuttavia comporta anche significativi rischi. Può infatti acca-dere di giungere ad una situazione in cui elevate quantità di difetti vengono abitualmente risolte senza alcun con-

trollo, senza monitoraggio, al di fuori di qualsiasi meccanismo di reporting e di tracciabilità, e dunque senza alcu-na opportunità di individuare la causa dell’eccezione.

Inoltre, in tali casi, l’unità viene manipolata da una mano umana, tal-volta senza una indicazione specifica sulla procedura più corretta per cor-reggere il difetto, tutti presupposti per l’insorgenza di potenziali difetti ag-giuntivi. Il requisito minimo per l’au-torizzazione di tale pratica di corre-zione dei difetti lievi dovrebbe consi-stere nell’imporre che tali eventi ven-gano comunque registrati dal sistema. Ciò riconduce alla necessità che sia-no presenti quantomeno un certo nu-mero di cosiddette stazioni di ispezio-ne, che consentano l’inserimento del sintomo e la registrazione del difetto e della correzione, in modo del tutto analogo a quanto effettuato median-te una repair station.

Senza informazioni, non esiste al-cuna opportunità per produrre dei miglioramenti sia nei costi che nel-la qualità.

L’obiettivo della riparazione intelligente è: non fare nulla!

In uno scenario produttivo ideale, perfetto, la repair station non dovreb-be avere nulla da fare. L’assenza di di-fetti rappresenta l’obiettivo della qua-lità perfetta. La repair station viene perciò percepita come un costo ed un peso per l’operatività, necessario so-lo per la presenza di errori. Il dirotta-

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mento di una unità verso la riparazio-ne è sempre una cattiva notizia, e tale evento deve ovviamente essere di na-tura eccezionale.

Esistono situazioni particolari, tipi-camente legate a prodotti di basso co-sto e con elevati volumi produttivi, in cui il costo relativo della riparazione rende addirittura più conveniente lo scarto definitivo di ogni unità difet-tosa. La stragrande maggioranza del-la produzione elettronica non rientra in tale caso, ma la considerazione pre-cedente fornisce uno spunto su quali scelte possano essere applicabili quan-do sia effettivamente presente un con-trollo totale della qualità.

Nella realtà, naturalmente, vengo-no invece rilevate delle eccezioni - o meglio: i loro sintomi. Tali sintomi, riportati a seguito di ispezioni visive o dei risultati di test, possono essere visti come l’origine delle opportunità per un miglioramento del processo. Il processo di riparazione individua ed evidenzia i difetti, in modo tale che

non solo essi possano essere corretti, ma anche che possano esserne iden-tificate e opportunamente combattute le cause, tuttora residenti nel proces-so produttivo.

Per consentire che ciò avvenga, un elemento critico è costituito dal tem-pismo. Se un problema, o un errore, nel processo produttivo ha dato luo-go alla generazione di un difetto, po-tenzialmente potrebbe esserne affetta anche ogni singola altra unità prodot-ta. Prima si scopre la causa del difetto, minore sarà la quantità di altre uni-tà potenzialmente affette e dunque da riparare.

Se alla repair station comincia ad affluire un numero di unità netta-mente superiore alle attese, producen-do una significativa coda, deve sorge-re il sospetto della presenza di proble-mi seri all’interno del processo pro-duttivo, probabilmente tali da richie-dere un fermo della linea fino a quan-do il problema non sia stato identifi-cato e risolto. La decisione di blocca-

re la produzione è estrema e molto se-ria, poiché impatta numerosi processi collegati, con i relativi costi. Può tut-tavia essere inevitabile, per mantenere sgombre ed operative le repair station, in modo tale da assicurare che le uni-tà difettose in arrivo possano essere trattate in maniera tempestiva, con-sentendo una efficace individuazione e comprensione dei potenziali proble-mi del processo.

La repair station, quindi, è un “ma-le necessario”; uno strumento prezio-so non soltanto per correggere i difet-ti, ma ancor più per aiutare a scovar-ne le cause e rimuoverle. Utilizzando questo metodo, ci si deve aspettare che, man mano che le cause dei difetti vengono individuate e rimosse, non-ché auspicabilmente ricordate per il futuro, vi siano sempre meno eccezio-ni, sempre meno difetti.

L’esame delle eccezioni

Anzitutto, la repair station esamina tutte le eccezioni riportate da qualsia-si processo produttivo.

Le repair station possono essere as-segnate ad una specifica test station, ad una linea o anche ad un gruppo di più linee o processi, dedicati a nu-merosi prodotti. In sostanza, qualsia-si forma di eccezione deve poter esse-re instradata verso una repair station. Possono esistere diverse tipologie di repair station, deputate ad esempio ad operazioni di natura elettrica sui pcb, piuttosto che a correzioni estetiche dei prodotti finiti, ma i processi e le logiche d’uso implicate sono del tut-to analoghe.

Le eccezioni possono manifestarsi potenzialmente ovunque, in particolar modo ove vi siano interventi umani, o una modifica del processo, o qualsia-si altra forma di variabilità dei proces-si. La regola più semplice consiste nel non sottovalutare mai nessun proble-ma. È di cruciale importanza che ven-

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ga colta ogni opportunità per identifi-care e correggere problematiche pro-duttive di ogni tipo, in risposta a qual-siasi sintomo rilevato.

Identificazione dell’unità e verifica dell’instradamento

Il primo passo del flusso di ripara-zione consiste nell’identificare l’unità che mostra l’eccezione. Ciò può esse-re ottenuto applicando ad ogni uni-tà prodotta un’etichetta con un nume-ro univoco, rappresentato ad esempio mediante un codice a barre.

Il primo controllo da effettuare è volto ad assicurarsi che la repair sta-tion riconosca di quale articolo si trat-ti ed a quale ordine di lavorazione es-so appartenga. Ciò è assolutamen-te indispensabile ogniqualvolta alla stessa repair station possano confluire prodotti facenti capo a differenti or-dini di lavorazione. Successivamente, è necessario controllare che quell’uni-tà si trovi nel punto corretto del flusso di produzione. Il log di instradamen-to deve mostrare che è stato rilevato l’esito negativo di un test o un’altra ec-

cezione e devono essere disponibili il relativo ticket di riparazione ed i ri-sultati del test. Si potrebbe anche ve-rificare se quella stessa unità abbia già sofferto di numerose altre anomalie, condizione che la potrebbe candidare per la promozione ad un livello supe-riore di assistenza tecnica. Effettuate queste verifiche, può essere avviata la fase di diagnosi.

Ticket di riparazione con informazioni sul prodotto

Il ticket di riparazione emesso menzionerà il sintomo di un poten-ziale difetto. Per una diagnosi effica-ce, è a questo punto essenziale la di-sponibilità di informazioni complete sul prodotto. A partire dal modello, la versione, qualsiasi sottoparte allegata, la distinta base, il layout del proget-to ed i relativi schemi. Tutto ciò ser-ve a fornire informazioni su come il prodotto dovrebbe essere. Dovrebbe inoltre essere possibile accedere an-che ai dati di produzione, per sapere come, quando e dove questa unità è stata prodotta, sia in termini genera-

li che specifici. Ad esempio: sono sta-ti già rilevati su di essa altri problemi, effettuate altre modifiche o riparazio-ni? (Ved. Fig. 1)

Con la disponibilità di tutte le in-formazioni chiave, può partire la pro-cedura di diagnosi vera e propria. Talvolta, i risultati dei test possono essere molto specifici. Altre volte, il ticket di riparazione può apparire al-quanto criptico. Quando, ad esempio, un tester di circuito rileva un corto-circuito tra due punti di prova, può solo riportare l’evento come un cor-to tra due determinati nodi. Ognuno dei nodi può tuttavia far parte di lun-ghi e complessi percorsi che attraver-sano tutta la scheda, il cui tracciamen-to può richiedere ore di indagini.

Diagnosi esperta

La intelligent repair station, grazie alla propria dotazione di conoscenze sul prodotto, è in grado di visualizzare ed evidenziare le due tracce specifiche, aiu-tando l’operatore nella ricerca dei punti dove più probabilmente può essersi ve-rificato il cortocircuito. Tale ricerca ri-chiede comunque sia tempo che abilità.

Il suo costo può tuttavia essere ridot-to se la intelligent repair station elenca anche ogni precedente occorrenza dello stesso problema. Può capitare che que-sto cortocircuito sia già avvenuto in pas-sato e sia stato ricondotto ad un pon-ticello saldato su un particolare circui-to. Man mano che il sistema accumula una memoria storica delle informazioni di riparazione, la visione statistica delle diagnosi passate e delle correzioni ap-plicate è in grado di guidare le ricerche legate ai difetti correnti. Ciò può tra-dursi in significative riduzioni dei tempi necessari per le diagnosi dei difetti (che, per difetti semplici su circuiti comples-si, possono corrispondere alla differenza tra pochi secondi e diverse ore), in par-ticolar modo per gli operatori dotati di minore esperienza.

Fig. 1 – Il ticket di riparazione elettronica combina i dati forniti dalla stazione di test con ricche informazioni grafiche provenienti dagli attributi della netlist del pcb e dei componenti, oltre a dati storici su difetti simili associati allo stesso prodotto

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Fig. 2 – La storia dei difetti passati, mostrata in un diagramma di Pareto, aiuta il tecnico a formulare una diagnosi sulla base del sintomo

Questa capacità rappresenta un ele-mento chiave per la riduzione del co-sto delle riparazioni, nonché per la ve-locità di reintegro in produzione delle unità riparate. (Ved. Fig. 2)

Esecuzione della riparazione

L’utilità pratica dei dati statistici sulle riparazioni è evidente, il che co-stituisce un importante fattore di mo-tivazione per l’operatore, al quale vie-ne richiesto di inserire dati accurati e completi su ogni intervento effettua-to. Ma queste informazioni sono inol-tre essenziali anche per consentire il miglioramento dell’intero processo produttivo.. è dunque una situazione di tipo “win-win”, con due vincitori e nessuno sconfitto.

Registrazione delle informazioni di riparazione

Un altro elemento essenziale è la tracciabilità. La tracciabilità della spe-cifica riparazione è un elemento criti-co della tracciabilità totale del prodot-to nel suo complesso. Essa costituisce spesso un requisito per il cliente, spe-cialmente laddove sia stato sostituito un componente. Il nuovo pezzo per il componente proverrà probabilmente da un diverso lotto di materiali e po-trebbe addirittura essere di un diverso fornitore. La verifica del materiale re-lativo alle riparazioni è essenziale per consentire un reporting di tracciabili-tà completo ed accurato.

Instradamento per il re-test

Dopo che la riparazione è stata ef-fettuata e l’operatore si ritiene soddi-sfatto, l’unità viene re-immessa nel re-golare flusso produttivo. Possono es-sere definite regole che ne governi-no le modalità, sia da un punto di vi-sta pratico che da uno procedurale, di

“policy”. L’unità potrebbe ad esempio essere riportata al processo di test che aveva segnalato l’eccezione. Tuttavia, poiché la scheda è stata a quel pun-to “toccata”, potrebbe essere imposta la ripetizione di alcuni o anche di tut-ti i test precedenti. Nel caso invece di difetti puramente estetici, l’unità po-trebbe anche essere re-immessa diret-tamente al passaggio successivo, sen-za la necessità di un re-test. Tali logi-che fanno parte del sistema di instra-damento, che determinerà il percorso appropriato per l’unità riparata.

All’interno della logica di instra-damento, una parte governa anche quante volte una unità possa essere ri-parata per lo stesso difetto, o per di-fetti diversi, prima di dover essere smistata verso un tecnico di livello su-periore, che potrebbe decidere di ripa-rarla o eventualmente di scartarla de-finitivamente. La logica complessiva si assicura anche che le singole uni-tà di produzione non vadano smarri-te o non vengano mischiate nel corso dei diversi spostamenti.

Azioni aggiuntive

Le repair station vengono inoltre spesso utilizzate anche per altre atti-vità, in parallelo al normale suppor-

to delle operazioni di produzione “li-ve”. Naturalmente, la priorità rimane completamente a favore della produ-zione, quindi la repair station reagi-rà immediatamente a fronte di un’ec-cezione in arrivo dalla produzione in corso, ma nei tempi di inattività es-sa può essere proficuamente utilizzata per svolgere altro lavoro.

Tale altro lavoro può comprende-re l’aggiornamento dei prodotti ad una determinata revisione, l’esecuzione di un modifica di ingegnerizzazione, l’ap-plicazione di una rilavorazione, o sem-plicemente l’esecuzione di un control-lo di qualità. In alcuni casi, possono es-sere diagnosticati e riparati malfunzio-namenti di prodotti di ritorno dal mer-cato. In tal caso, un grande valore ag-giunto è rappresentato dalla capaci-tà della repair station di accedere al-le informazioni storiche sul prodotto, per conoscerne con esattezza il proces-so produttivo, la distinta base, tutti i ri-sultati dei test e le eventuali riparazio-ni. Ciò può rendere enormemente più efficiente, rapida ed accurata la ripara-zione delle unità in rientro dal merca-to, e nel contempo consentire al pro-duttore di acquisire anche dal mercato ulteriori dati di qualità.

Fine prima parte

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L’ispezione ottica automatica Full 3D

a cura dell’ufficio tecnico Saki

Il nuovo stato dell’arte dell’ispezione ottica automatica (AOI) Full 3D garantisce diversi vantaggi se paragonata al sistema tradizionale AOI 2D: un incremento della scoperta di difetti, unitamente a una diminuzione delle false chiamate, una più facile e rapida programmazione, una più accurata raccolta dati nell’SPC (Statistical Process Control) e, non ultima, una più facile interpretazione degli errori da parte degli operatori

▶ TEST & QUALITY - AOI FULL 3D

E sistono diversi modi per controllare otticamente un assemblato elettronico. Tutti

i metodi fino a qualche tempo fa si basavano sul sistema di acquisizione immagini a 2D. In quel momen-to ciò era sufficiente per la scoperta della maggior parte dei guasti, anche se esisteva una tipologia di guasti in cui tale tecnologia presentava i suoi limiti: parliamo della localizzazio-ne delle saldature sollevate (Fig. 1), dei problemi di non bagnabilità, dei

fenomeni di tombstoning e/o dei controlli relativi alla co-planarità dei BGA.

L’immagine a 2D si basa su una telecamera ortogonale CCD e/o CMOS originalmente in bianco e ne-ro e, successivamente, a colori dotata d’illuminazione diffusa non direzio-nale. Con il passare del tempo, per au-mentare le prestazioni, è stata aggiun-ta una fonte d’illuminazione angolata ortogonale o integrata per l’ispezione delle saldature.

Restavano però ancora dei difet-ti che rimanevano nascosti. Alcune delle aziende hanno iniziato a usare un sistema diverso, basato sul punta-mento laser a triangolazione, ma que-sto metodo non è ottimale per l’ispe-zione di oggetti dal grande potere ri-flettente come, ad esempio, le saldatu-re. Tale metodo consente di ottenere infatti informazioni limitate sul com-ponente selezionato accrescendo nel contempo grandemente il tempo ci-clo, normalmente di circa un secondo per ogni misurazione.

Un’altra soluzione è stata invece quella di implementare differenti an-goli di visualizzazione (ottenuti con telecamere poste lateralmente), ciò per aumentare la localizzazione del-le saldature sollevate. Tale approccio è sembrato più efficace, anche se la den-sità dei componenti sugli assemblati e i package di altezze sempre più accen-tuate hanno iniziato a limitare sem-pre più le aree in cui è possibile uti-lizzare tale tecnica di visualizzazione. Telecamere angolate forniscono dun-que solo un’informazione limitata del Fig. 1 - Localizzazione delle saldature sollevate

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componente, oltre al fatto poi che un ulteriore problema difficile da risolve-re con tale tecnica è quello di trovare il giusto bilanciamento fra il tempo ci-clo e il numero dei componenti sotto-posti a ispezione.

Una tipica domanda che si pone un programmatore è:- “Quale componente dovrebbe es-

sere ispezionato con una visualiz-zazione angolata?”

- La risposta del responsabile della qualità sarebbe:

- “Sicuramente qualsiasi compo-nente!”

- Mentre un’eventuale risposta del responsabile di produzione non potrebbe essere altro che:

- “Lasciamo perdere! Non abbiamo tempo di rallentare la linea di pro-duzione nel momento in cui il pia-no produzione è completo”

La conclusione tipica del dialo-go è che l’uso della visione angola-ta è ideale solo per A) i componen-ti che presentano la maggiore criticità e B) i componenti che potenzialmen-te si presentano come più problemati-ci. Quali sono però tali componenti? Come riuscire ad anticipare il mani-festarsi di un singolo difetto? È possi-bile utilizzare a questo proposito una visualizzazione angolata?

Diversi sono i punti presenti su qualsiasi scheda assemblata in cui

una telecamera laterale può incontra-re angoli ciechi come quello riportato in Fig. 2. In questo caso la telecame-ra laterale non può essere utilizzata, mentre l’impiego di un’ispezione or-togonale diventa quasi d’obbligo.

Ora, la risposta è chiara: una visua-lizzazione in tre dimensioni (Full 3D AOI) può essere la soluzione. (Ved. Fig. 3)

Vantaggi dell’AOI Full 3D

L’AOI Full 3D fornisce informa-zioni complete sull’altezza della sche-da assemblata e di tutti i punti di sal-datura presenti. Proprio considerando l’altezza del componenti, la presenza/assenza o la posizione di questi diven-ta una caratteristica indipendente dal pcb, così come il loro aspetto o il lo-ro colore.

Questa tecnica elimina inoltre le differenze fra le aziende produttrici di pcb e quelle che producono com-ponenti, eliminando le differenze fra le produzioni di moltissimi compo-nenti normalmente diversi fra lo-ro. Visto che, di solito, tutti i com-ponenti SMD presentano forma cir-colare o quadrangolare, l’informazio-ne relativa all’altezza permette di ge-nerare automaticamente una libreria d’ispezione.

In tal modo il tempo di program-mazione si riduce in modo deciso e la

fase finale di perfezionamento dell’at-tività di programmazione viene defi-nitivamente meno. I metodi di pro-grammazione e i parametri usati sono inoltre più semplici e più comprensi-bili, se parliamo di dimensioni e altez-ze; chiunque può semplicemente im-maginare le dimensioni geometriche.

L’AOI 3D è capace di classificare in modo più preciso cosa stia veramente succedendo su una scheda, compresa la classificazione corretta di saldature sollevate o giunti non saldati. Last but

not least è l’aspetto che caratterizza l’interfaccia utente della stazione gra-fica usata dagli operatori. La visione 3D, che può essere ruotata o ingran-dita in tempo reale, permette all’ope-ratore di classificare in modo affida-bile eventuali difetti, il tutto in modo rapido ed essenziale.

Tecnologia

L’AOI 3D usa una tecnologia di Fase di Misurazione Profilometrica (PMP) per acquisire le informazioni relative all’altezza in relazione all’in-tero campo di visione (FOV) (ved. Fig. 4).

Le potenzialità di questa tecnolo-gia sono state provate nelle macchi-ne SPI (Solder Past Inspection) do-po il processo di stampa serigrafi-ca. Esistono comunque diverse diffe-renze se la paragoniamo alla tecnolo-gia SPI. L’unità di proiezione proiet-ta l’immagine della striscia campione

Fig. 2 - Esempio di angolo cieco in una visualizzazione angolata

Fig. 3 - Immagine ricostruita non filtrata

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sulla scheda in base a un angolo pre-ciso. Conoscendo l’angolo di proie-zione, l’altezza può essere calcolata in modo esatto in ogni suo punto e la su-perficie della scheda può essere rico-struita in 3D.

Ombre proiettate da componenti

di grande altezza

Dato che il proiettore non proietta la striscia di campionamento in mo-do ortogonale, un effetto ombra ne ri-sulta al di là dei componenti più al-

ti (Fig. 5). In queste aree la striscia di campionamento non può essere ac-quisita dalla telecamera, pertanto l’al-tezza non può essere misurata. Per questo motivo devono essere com-piute diverse misurazioni: in pratica vengono effettuate quattro proiezioni (Nord, Sud, Est e Ovest). L’algoritmo di ricostruzione identifica le aree in ombra e, automaticamente, ne sosti-tuisce una diversa proiezione là ove l’ombra non sia presente.

Riflessi multipli

A causa della superficie riflettente di alcuni componenti e della loro alta densità sulla scheda, può presentarsi un effetto di riflessione multipla. Ogni ef-fetto di riflessione multipla non permette di misurare l’altezza, oppure può deter-minare un’imprecisione nella misurazio-ne dell’altezza. (ved. Fig. 6) L’algoritmo di misurazione seleziona automatica-mente la/le proiezione/i con un mar-gine d’errore limitato al fine di massi-mizzare la qualità finale dell’immagi-ne ricostruita.

Range della misura dell’altezza

Nel caso dell’ispezione SPI il ran-ge della misura dell’altezza è compre-so tra 0 e 450 μm. Comunque questo range non è sufficiente per l’ispezio-ne delle schede, per quanto alti siano i componenti installati. Un semplice aumento del range non è la soluzio-ne perché la risoluzione dell’altezza e l’accuratezza della misurazione si ri-durrebbero.

Per superare tale problema vengono dunque usate due tipologie di cam-pionamento con differenti larghezze e frequenze.

Nella Fig. 7 il campionamento a largo spettro (bassa frequenza) viene utilizzato per ispezionare componenti di notevole altezza, mentre quello più preciso (alta frequenza) viene usato per controllare componenti di dimen-sioni ridotte e giunti saldati. Questa

Fig. 4 - Principio PMP

Fig. 5 - Effetto ombra

Fig. 7 - Strisce di campionamento a bassa e alta frequenza

Fig. 6 - Riflessioni multiple

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macchina fornisce un’alta risoluzione in un range compreso fra 0 e 2,5 mm per l’area dei giunti saldati e fra 0 e 20 mm per i connettori di maggiore al-tezza e per i condensatori.

Nel vecchio concetto di striscia di

campionamento, l’inclinazione e l’in-tensità della luce erano fisse, mentre il campione veniva mosso meccanica-mente da un motore piezoelettrico (in relazione al proiettore superiore). (ved. Fig. 8) Tale approccio necessita del

doppio dei proiettori rispetto alla tec-nologia innovativa di cui si è trattato. Il nuovo proiettore allo stato dell’arte uti-lizza invece componenti LCoS (Liquid Crystal on Silicon - cristallo liquido su silicio) per la generazione delle strisce di campionamento (in relazione al proiet-tore) (ved. Fig. 9). Basata sulla tecnologia sopracitata, la striscia di campionamen-to viene in realtà creata da un software. Sia l’inclinazione che la luminosità (cioè la quantità di luce riflessa) possono dun-que essere cambiate con facilità.

Piano di compensazione

a riferimento zero

Una delle cose più importanti nell’ispezione 3D è di calcolare in mo-

Fig. 8 - Confronto fra un proiettore di vecchio tipo e un modello recente

Fig. 9 - Componenti LCoS Fig. 10 - Compensazione del piano zero di riferimento

Fig. 11 - Ispezione del corpo di un microprocessore

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do accurato il Piano di Riferimento Zero (ved. Fig. 10). Se questo non viene calcolato in modo preciso, tutti i risultati non saranno attendibili.

I sistemi AOI 3D non devono so-lo calcolare l’altezza di riferimento, ma devono anche considerare l’ango-lo di riferimento sul piano. La com-pensazione dell’imbarcamento del-la superficie della scheda è essenziale per un’accurata localizzazione di chip in situazione di leggero tombstoning, oppure per il controllo di coplanarità dei BGA. La compensazione deve es-sere eseguita per ogni campo di visio-ne in modo indipendente, ciò perché la scheda può essere imbarcata o esse-re piegata in modo irregolare.

Come esempio di ispezione del cor-po di un processore, l’altezza e l’ango-lo (inclinazione X e inclinazione Y) vengono controllate dopo che è stata eseguita la compensazione del piano di riferimento. La finestra d’ispezione viene calcolata in base alle dimensioni del corpo. In questo caso l’altezza me-dia calcolata è di 499 μm e questo va-lore si trova entro la tolleranza dei re-

sistori 0402. Il fenomeno di tombsto-ning è di 15 μm, mentre il billboar-ding è uguale a -8 μm. Entrambi i va-lori si trovano entro i limiti di tolle-ranza. (Ved. Fig. 11)

Programmazione AOI 3D

Abbiamo già citato il fatto che il tempo di programmazione e di de-bug sia molto più breve con il sistema AOI 3D e che le competenze del pro-

grammatore richieste per l’elaborazio-ne del programma siano minimizza-te dal sistema.

Programmazione 2D rispetto

a quella 3D

Nell’AOI 3D la programmazio-ne si effettua con grande facilità pro-prio per la semplicità della metodolo-gia usata. Certi difetti non sono co-munque localizzabili con l’uso di que-sta tecnologia ispettiva: un esempio è il caso degli indicatori di polarità pre-stampati, oppure quello in cui si deb-ba leggere del testo stampato sul cor-po del componente. A questo punto ritorna in auge il 2D. Lo stato dell’ar-te del sistema di programmazione AOI 3D combina comunque la pro-grammazione 2D e 3D in modo mol-to intelligente e fornisce sempre il giusto algoritmo d’ispezione (o il mi-gliore) in ogni possibile situazione.

Riconoscimento automatico

della forma del componente

Le informazioni relative all’altezza sono molto accurate, pertanto è pos-sibile utilizzarle per il riconoscimento automatico della geometria del com-ponente.

Quando si usa un’AOI 2D tradi-zionale, il programmatore deve de-finire le finestre d’ispezione e/o le

Fig. 12 - Esempio di istogramma dei valori di campionamento

Fig. 13 - La testa d’illuminazione LED della BF-TristarII

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aree d’interesse. Per i sistemi AOI 3D questa fase non è necessaria. (ved. Fig. 12)

Debugging del programma

Con il sistema AOI 3D il program-matore dispone di un totale control-lo statistico per ogni parametro. Gli istogrammi dei valori campione per i componenti presenti sulla scheda che abbiano lo stesso numero di serie so-no disponibili se si vuole studiare la variabilità dei componenti stessi; ciò sia sulla macchina sia sulla stazione di programmazione offline. I dati si col-legano al database SPC di modo ta-le che il programmatore possa farsi un’idea visuale precisa di tutta la pro-duzione passata. (ved. Fig. 13)

BF-TristarII: l’AOI a doppia faccia

Con la BF-TristarII, Saki offre una soluzione unica per il processo pro-duttivo di schede a doppia faccia. La BF-TristarII è una macchina estrema-mente efficiente destinata al processo finale dopo la fase di assemblaggio della scheda ed è stata progettata per fornire soluzioni ai prodotti dell’in-dustria SMT che si presenteranno nel prossimo futuro, prodotti che possa-no essere considerate schede a doppia faccia, sia dal punto di vista del posi-zionamento di componenti sui due la-ti della stessa, sia nel caso di tecnolo-

gie di saldatura THD, press-fit o pin-in-paste (PIP).

Con la tecnologia d’acquisizio-ne d’immagine a scansione alterna-ta di Saki, la macchina acquisisce im-magini ad alta risoluzione su entram-bi i lati della scheda con una velocità di scansione che si avvicina agli 8 se-condi per schede M-size (cioè di 250 x 330 mm). (ved. Fig. 14)

Hardware

La BF-TristarII è dotata di una doppia testa d’illuminazione affianca-ta a una doppia telecamera per l’ac-quisizione delle immagini sui due la-

ti della scheda. Sia le teste d’illumina-zione sia le quattro telecamere CCD in linea ad alta risoluzione sono fis-se e la scheda viene mossa fra le te-ste per ottenere un’immagine comple-ta di entrambe le facce del pcb. Grazie alla recente tecnologia multi-core del processore utilizzato e al software d’ispezione Saki impiegato, entrambi i lati del pcb vengono ispezionati nel-lo stesso tempo e il processo per en-trambi i lati avviene in modo simulta-neo (Fig. 15).

Processo

Un grande vantaggio dell’ispezio-ne simultanea su entrambi i lati del-la scheda è il fatto di non aver biso-gno di ulteriori sistemi di handling. Ciò determina altri vantaggi:- risparmio di costi;- risparmio di tempo;- controllo di processo.

Risparmio di costi

Il cliente non deve incorrere in eventuali altre spese di acquisto e di manutenzione di unità di handling come ribaltatori e buffer. Inoltre, con

Fig. 14 - Struttura superiore della BF-TristarII

Fig. 15 - Linea d’assemblaggio con la BF-TristarII

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una macchina “end-line” come la BF-TristarII, il numero degli operatori per l’ispezione AOI può essere ridot-to, risparmiando pertanto importanti costi addizionali.

Risparmio di tempo

La BF-TristarII dotata di tecnolo-gia di scansione Saki con risoluzio-ne a 10 μm rappresenta al momento il sistema di scansione più rapido al mondo.

L’immagine di un pcb di 250 x 330 mm può essere catturata in un tem-po di 8 secondi su entrambi i lati della scheda contemporaneamente. Proprio

per la tecnologia del CPU multi-core utilizzata e per il software d’ispezione ottimizzato adottato, il controllo dei due lati della scheda può avvenire si-multaneamente, tanto da far sì che il tempo di scansione più quello di han-dling possa essere contenuto entro i 20 secondi.

Controllo di processo

Ogni volta che si opera o si ese-gue uno spostamento della scheda i rischi di guasto aumentano e le con-dizioni di produzione cambiano. Se una parte della scheda viene analiz-zata dopo il processo di reflow e, in

un secondo momento, viene assem-blata e sottoposta a reflow la parte opposta, le condizioni sulla prima parte assemblata possono cambiare in modo serio.

La stessa cosa dicasi per la saldatura selettiva o per il processo di saldatura a onda, così come per qualsiasi altro processo di produzione o di handling che sia effettuato sulla scheda. Per ga-rantire la qualità al prodotto finale sa-rebbe dunque conveniente controllare la scheda anche dopo che tutte le fa-si di produzione siano state compiute, cioè prima che il prodotto venga con-segnato all’utente finale.

Fig. 16 - Ispezione di un piedino THD

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Introducing CR-8000World’s 1st system-level multi-board

PCB design environment

For more information visit: http://www.zuken.com/PCBdesign-revolution

Three dimensions Two hands One environment

Caratteristiche dell’ispezione Saki

La BF-TristarII sfrutta tutte le do-tazioni già presenti sulla macchina Saki 2D AOI. Ciò significa che di-spone di una capacità d’ispezione di grande efficacia e flessibilità.

L’hardware e il software non so-no progettati solo per la tecnolo-gia SMD o THD (ved. Fig. 16), ma offrono diversi strumenti per ogni processo d’ispezione su qual-siasi campione che venga sottopo-

sto a indagine ottica, come il press-fit, il PIP, le operazioni di foratura, di controllo superficiale di test della serigrafia della pasta saldante e co-sì via.

Inoltre, con un sistema AOI a dop-pia faccia, viene risolto una volta per tutte qualsiasi problema di tracciabi-lità legata alla lettura dei barcode di codici 1D o 2D presenti sui lati top o bottom della scheda su prodotti sin-golo o multipanel.

ECD Saki

Il Saki ECD (Extra Component Detection, localizzazione di compo-nenti extra - Fig. 17) è una dotazio-ne che permette di generare un’im-magine totale del pcb per localiz-zare oggetti estranei presenti sulla superficie della scheda senza avere idea di dove questi potrebbero tro-varsi. Con il termine “oggetto estra-neo” si può indicare qualsiasi com-ponente caduto, dei solder ball, ma anche graffi e ogni altro tipo di dan-no che possa facilmente presentarsi sul prodotto.

Per quello che riguarda la faccia inferiore, è possibile che questa ven-ga danneggiata a livello superficiale o di componente a causa delle cate-ne di trasporto o per altri meccani-smi con cui la scheda viene in con-tatto.

Packtronicwww.packtronic.it

Fig. 17 - L’ECD (Extra Component Detection) localizzazione di componenti extra

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74 PCB luglio/agosto 2013

Tecnologia e formazione per vincere

di Dario Gozzi

Investimenti in tecnologia e formazione, ma in particolare l’attenzione alla tecnologia dei materiali e, in generale, un approccio costruttivo a tutte le problematiche che sono risolvibili costituiscono i motivi di successo per Tecnometal

▶ AZIENDE E PRODOTTI - STRATEGIE

I momenti di difficoltà che il merca-to sta attraversando e che unisco-no trasversalmente tutti i settori,

quello della produzione elettronica incluso, non necessariamente trasci-nano al collasso tutte le aziende.

Un’attenta analisi della realtà di-mostra come aziende che hanno sa-puto soppesare attentamente l’evolu-zione degli eventi, dosando accurata-mente gli investimenti produttivi con la comunicazione e la ricerca, non so-

lo hanno mantenuto le posizioni ac-quisite, ma sono cresciute estendendo la propria presenza riuscendo ad oc-cupare quelle aree lasciate senza pre-sidio dalla concorrenza venuta meno per vari motivi.

Tecnologia, formazione e sperimentazione

Investire in tecnologia non vuol di-re solo acquistare macchine che ab-

biano un’elevata produttività, ma so-prattutto non vuol solo dire acqui-stare macchine. È questo il caso di Tecnometal, conosciuto produtto-re lombardo di circuiti stampati, che nell’ultimo quinquennio ha pa-zientemente dosato le proprie risor-se nell’acquisto di sistemi di test e di produzione, nell’assunzione di perso-nale qualificato, investendo in even-ti di formazione e facendo sperimen-tazione quali strumenti di marketing.

“In realtà lo scenario in cui ha do-vuto muoversi Tecnometal in questi ultimi anni – racconta Attilio Brivio, titolare e direttore di Tecnometal – è un pò più complesso. La progressi-va costrizione della produzione elet-tronica domestica, la fuga delle gran-di aziende e in generale l’involuzio-ne economica è da tempo che hanno fatto scattare i campanelli di allarme. Senza essere coinvolti in nessuna crisi di identità, in azienda ci siamo inter-rogati su chi eravamo, dove eravamo e soprattutto su quali piani avrem-mo potuto giocare la nostra continu-ità. Abbiamo individuato tre princi-pali direttrici su cui condurre la no-stra reazione agli eventi sfavorevoli. Potenziare il parco macchine esisten-te con l’affiancamento di nuove tec-nologie orientate principalmente al-la flessibilità, attivarci per affiancare i nostri clienti nella ricerca e nella va-lutazione di nuove tecnologie e nuovi materiali al passo con le correnti e fu-ture esigenze, partecipare all’organiz-zazione di eventi formativi orientati alla divulgazione tecnologica a favo-re dei clienti e dei potenziali clienti”.

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75PCB luglio/agosto 2013

Qual è la logica di riferimento nel rinnovare il parco macchine?

“In primis è bene evidenziare co-me gli investimenti non nascano sot-to la spinta volubile del morale mo-mentaneo – interviene Fabio Puccia Modica, direttore commerciale in Tecnometal – ma siano il frutto di una crescita attentamente pianificata che li rende continui nel tempo e per tempo messi a budget. Nel 2009 non sono stati fatti investimenti perché è stato l’anno di maggior sofferenza, co-me presumo lo sia stato un pò per tut-ti. Siamo partiti nel 2010 con l’acqui-sto della nuova foratrice, l’anno se-guente è stata la volta del test elettri-co. Il 2012 è servito per assestare le posizioni e siamo ripartiti con l’ac-quisto nel corrente anno di un AOI e di una inkjet. L’introduzione di ogni nuova macchina, ma in particolare di nuova tecnologia comporta sempre dei cambiamenti di layout di reparto o di logistica interna, piccoli o gros-si che siano questi cambiamenti, ne-cessitano di un momento di assesta-mento, e questo spiega la stasi dello scorso anno”.

“Aggiungo inoltre – interviene Brivio – che tutto quanto avviene in azienda va visto nella prospettiva dello scenario in cui si muove l’azienda stes-sa. A secondo di come si analizzi lo sce-nario nell’area lombarda Tecnometal è oggi al terzo posto come produttore di circuiti stampati, sia per dimensio-ne che come organizzazione; al secon-do posto se non si considerano i gruppi che al loro interno fanno anche assem-blaggio, al primo per capacità di segui-re i clienti per lotti piccoli e medi, cam-pionature incluse. Questo nostro mo-do di essere ci ha permesso di assor-bire il parco clienti di un’azienda lom-barda del settore in forte difficoltà. Da metà 2011 ci siamo impegnati nel da-re continuità di servizio senza soluzio-ne di continuità a una moltitudine di aziende che diversamente si sarebbe-ro trovate costrette ad attivare veloce-mente un’azione di ricerca e selezione del fornitore con un potenziale danno alla propria operatività.

Al momento abbiamo in attivo un parco clienti superiore a 400 aziende, e questo rientra a pieno titolo nella nostra filosofia di diversificazione del rischio e migliora la nostra presenza sul territorio grazie all’azione di una miglior attività di passaparola”.

“A questo proposito – aggiunge Puccia Modica – è rilevante come nel giro di poco più di cinque anni sia rad-doppiata la richiesta di campionature, portando la capacità dell’azienda a rea-lizzarne anche otto al giorno per tutto l’arco della settimana. In pratica il nostro modo di operare rispecchia da vicino quello dei molti codici/bassi volumi tipi-co di moltissime aziende. Globalmente arriviamo a gestire mediamente dalle 25 alle 30 commesse al giorno tra campio-nature e commesse ordinarie”.

Attilio Brivio, general manager Tecnometal

Fabio Puccia Modica, direttore commerciale Tecnometal

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76 PCB luglio/agosto 2013

Velocità, flessibilità, qualità, economicità

Ancora una volta è dimostrato co-me sia il mercato il principale artefi-ce nello stimolare le scelte aziendali. Se la macchina di foratura è legata al-la produttività con la sua necessità di operare velocemente, il tester a son-de mobili e la macchina inkjet sono funzionali alla flessibilità, una neces-sità richiesta da una produzione par-cellizzata su innumerevoli codici ca-ratterizzati da piccoli e medi volumi.

Negli ultimi tre anni Tecnometal ha visto scendere la consistenza dei codici da una media di 5 m2 agli at-tuali 2 m2. Questo cambiamento di scenario in tante micro commesse non solo ha stimolato l’esigenza di ac-quisto del terzo sistema di test a son-de mobili, ma ha anche costituito un

notevole impegno per l’ufficio tecni-co, chiamato a dover sviluppare un al-to numero di tool di editing.

Preso atto del cambiamento in atto, il management ha studiato la rispo-sta adeguata, individuandola nel ser-vizio di outsourcing capace di forni-re in tempi brevi e a costi contenuti un ottimo servizio di editing dei tool.

“La soluzione ha richiesto un gros-so investimento iniziale e un pesante lavoro organizzativo – spiega Brivio – in quanto chi opera in outsourcing deve avere chiaro in mente la logisti-ca e le potenzialità delle linee operati-ve dell’azienda. Al momento nel giro di poco più di dodici ore il centro di service che abbiamo scelto a suppor-to delle elaborazioni delle commes-

se, restituisce il pacchetto completo e pronto all’uso. Un alleggerimento del carico di lavoro non indifferente, con-siderando che il tempo medio richie-sto va dai 40 minuti per un sempli-ce monofaccia alle quattro ore per un multilayer a otto strati”.

Nell’acquisto dei sistemi, l’azien-da ha puntato sempre su marchi di prestigio, così se il sistema AOI è Orbotech, il sistema di drilling è del-la tedesca Shmoll. Questo è stato scelto per motivi sia produttivi (ca-pacità produttiva doppia rispetto a quella precedente alla sua introdu-zione) che qualitativi. La capacità di foratura è scesa alla miniaturizzazio-ne di 0,15– 0,2 mm, sono lavorati di preferenza i multistrato su cui viene anche eseguito il controllo del san-dwich: infatti forando sui referen-ce rileva le varie altezze dei materiali che incontra (fibra e rame) mediante misura elettrica.

“L’evoluzione verso le piccole cam-pionature, alla base della scelta del te-ster a sonde mobili – precisa Puccia Modica – non ci ha fatto perdere di vista la capacità produttiva, infatti per la scelta del tester a fixture ci siamo orientati su un sistema semiautoma-tico, dotato di doppio shuttle per ca-

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rico e scarico automatico dei circuiti stampati. Il sistema è stato scelto anche con un’ampia superficie utile, raddop-piando di fatto l’area di test. La nostra attenzione non ha perso di vista neppure le lavorazioni meno significative, in camera gialla abbiamo installato una macchina per spelli-colare in automatico i dryfilm; è stato inserito un sistema della Backer per l’esposizione automatica del solder, capa-ce di garantire mediante centratura ottica un allineamen-to preciso e ripetitivo. Tutte scelte votate al miglioramen-to continuo”.

Su quali attività si va concentrando l’attenzione di Tecnometal?

“Uno degli obiettivi su cui stiamo lavorando è l’interna-zionalizzazione del brand – spiega Brivio – operativamen-te iniziato con l’acquisizione sul mercato tedesco di agenti ben introdotti. Tecnologicamente stiamo focalizzando l’at-tenzione sull’evoluzione dei materiali conducendo prove e sperimentazioni.

Ci interessano materiali orientati al lighting, materia-li semiflex e materiali HTC per alta dissipazione termica. Sono cosciente che il nostro approccio al problem solving serve poco a livello di fatturato, ma paga come vicinanza al cliente per una profonda fidelizzazione, come incremento di cultura aziendale. Partecipiamo a seminari legati a eventi mirati su temi specifici, proponendo argomenti sempre at-tuali, portandoli praticamente in casa dei clienti. Per espe-rienza pregressa questi eventi portano sempre un elevato numero di nuovi contatti. Attività di ricerca e comunica-zione danno un plus che consente di star fuori dalla lotta al prezzo, permettendoci in qualche caso di non prendere l’or-dine se non è economicamente remunerativo”.

Tecnometalwww.tecnometal.it

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78 PCB luglio/agosto 2013

Coating di precisione

a cura delll’Uffi cio tecnico SCS

Quanto più le schede, i componenti e i dispositivi diventano più complessi e spingono gli avanzamenti della tecnologia, la loro protezione diventa sempre più problematica. Proteggendo i componenti dall’esposizione all’umidità, garantendo la stabilizzazione dalle vibrazioni o, semplicemente, aumentando la protezione del package, i conformal coating aumentano nel contempo la funzionalità e le prestazioni dell’elettronica attualmente in uso

▶ AZIENDE E PRODOTTI - LAVORAZIONE DI SCHEDE

I conformal coating possono essere applicati con diversi metodi, dalla pennellatura all’immersione, dalla

spruzzatura alla deposizione. Molti di questi metodi possono essere eseguiti manualmente, in modo semi-auto-matico o totalmente automatizzato. Al fi ne di prevenire che ci siano aree che debbano essere lasciate libere da coating, gli assemblati devono esse-re coperti accuratamente con nastro coprente, schermi o un qualunque tipo di mascheratura sigillante liquida prima del coating. Dopo che tale fase è stata portata a termine, all’assemblato posso-no essere rimosse le maschere. Naturalmente le fasi di coating, di mascheratura e di rimozio-ne delle maschere protettive rappresentano un dispendio di tempo, che si unisce a quello della lavorazione e dei materiali. Se uno di questi passi rappre-senta una procedura di lavo-razione off -line oppure se tale operazione deve essere eff ettua-ta su una stazione a se stante, ciò interrompe il fl usso di base

di lavorazione della linea automati-ca creando potenziali ineffi cienze e rischi di errori umani.

Sistemi automatizzati di coating

Per aumentare l’effi cienza e l’accu-ratezza dei processi di coating, i pro-duttori passano direttamente a siste-mi di coating automatizzati che di-ventano parte della linea di produzio-

ne. Mentre molti dei sistemi di base di coating automatizzati fanno parte del sistema in linea e sono compati-bili con altri sistemi della linea stessa; questi possono comunque presentare dei problemi. La proiezione di ombre, fenomeno che viene creato da com-ponenti di particolare altezza, può far sì che componenti di altezza inferio-re, fra cui le PGA, le BGA, i CSP e connettori possano risultare non co-perti da coating o coperti in modo in-suffi ciente. Ciò è tipico di molti siste-mi d’applicazione spray, ma si riscon-

tra anche in sistemi a im-mersione, visto che le dif-ferenti altezze dei compo-nenti possono creare una penetrazone insuffi ciente

del coating nelle fessure più minu-te. Nelle applica-

zioni spray c’è invece un problema di irrorazione eccessiva. L’irrorazione eccessiva può essere normalmente contenuta mediante schermi in car-ta, che tuttavia creano un problema di smaltimento accrescendo nel contem-po i costi complessivi.

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79PCB luglio/agosto 2013

I moderni sistemi di coating a spray risolvono problemi di que-sto tipo e anche più seri. In pri-mo luogo la maggior parte dei nuovi sistemi di coating a spray selettivo prevengono le proble-matiche relative alla mascheratu-ra in molte delle applicazioni di conformal coating. La precisione delle ultime macchine di confor-mal coating a spray selettivo pre-vengono problemi di irrorazione eccessiva e le conseguenti pro-blematiche di smaltimento ma-teriale. In terzo luogo – e questo rappresenta il traguardo più im-portante raggiunto da tali siste-mi – la capacità di certi sistemi di dirigere le teste e gli ugelli di co-ating permette di effettuare il co-ating dell’intera scheda in un so-lo passaggio, seguendo strettamente la programmazione del sistema.

L’SCS Precisioncoat

La SCS Precisioncoat, prodotta dalla Speciality Coating Systems, ap-plica in modo accurato ed efficiente – su qualsiasi superficie o qualsiasi sub-strato – il 100% del coating solido, a base di solvente e di acqua, compre-si i fotoresist, gli acrilici, gli adesivi, i solder mask e i coating antibatterici. Nel corso degli anni Precisioncoat si è evoluta al punto da poter gestire nu-merosissimi tipi di substrati e disposi-tivi per mezzo delle sue funzionalità di rotazione e di inclinazione su cin-que assi. Disponibile in versione mo-torizzata o pneumatica, la funzione di rotazione e inclinazione conferi-sce agli utilizzatori di poter fare effet-tuare alla testa di dispensazione mo-vimenti precisi lungo gli assi x, y e z, oltre naturalmente a poterla inclina-re in modo programmato fino a ±60° e a completare un’intera rotazione di 360°, permettendo in tal modo al si-stema di depositare il coating sui lati e

al di sotto di ogni dispositivo. La fles-sibilità del sistema permette di artico-lare un numero praticamente illimita-to di angoli sottoponendo a un’opera-zione di coating completa molti dei componenti più complessi.

Caratteristiche innovative

Le seguenti caratteristiche aiutano i produttori a raggiungere la maggio-re efficienza possibile e ad aumenta-re la qualità dei propri prodotti, co-sa che naturalmente non può che es-sere d’obbligo per ogni ambiente pro-duttivo.

Inclinazione e rotazione

programmabili

Le capacità di inclinazione e ro-tazione programmabili garantiscono all’utilizzatore la flessibilità sui 5 assi che permettono la deposizione del co-ating sul lato e al di sotto di una gran-de varietà di componenti. Inoltre, per rendere più preciso il movimento lun-go gli assi x, y e z, questa opzione offre la possibilità di raggiungere inclina-zioni pari a ±60° e completare un’in-

tera rotazione di 360° con incre-menti di 1°. Tale flessibilità per-mette al sistema di disporre di un numero praticamente illimitato di angoli, riuscendo a deposita-re il coating su molti dei compo-nenti più complessi.

Calibrazione dell’ago di

dispensazione

Lo strumento di calibrazio-ne dell’ago è progettato per veri-ficare che l’ago si trovi nella po-sizione corretta. Se l’ago si tro-va disallineato, il software di si-stema correggerà automatica-mente la sua posizione in modo tale che la scheda venga corret-ta in modo accurato. Il software può essere regolato in modo da calibrare l’ago a intervalli deci-

si dall’utilizzatore; la calibrazione può avvenire anche a mano, cosa che ca-pita normalmente dopo l’inserimen-to di un nuovo ago. Se la calibrazio-ne indica che lo ago è stato tarato al di là della tolleranza definita dall’utente, un messaggio di errore indicherà che l’ago necessità di essere sostituito.

Sistemi di visione

I sistemi di visione utilizzano un si-stema di riconoscimento dei fiducial per identificare l’esatta posizione del-la scheda che deve essere sottoposta a coating. Se la scheda è disallineata, il programma compenserà la nuova po-sizione garantendo che ogni scheda venga sottoposta a coating così come voluto dall’utilizzatore.

Programmazione offline

Il software di programmazione of-fline permette agli utilizzatori di cre-are e modificare i profili delle sche-de riducendo sensibilmente i tem-pi di coating. Usando una macrofo-tografia della scheda che deve essere sottoposta a coating, il software sem-plificato permette di creare profili di

Fig. 1 – Sistema di calibrazione dello spillo presente sulla Precisioncoat di SCS

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80 PCB luglio/agosto 2013

coating mentre si sta eseguendo il si-stema spray e quello di dispensazio-ne così come predeterminato, accre-scendo in tal modo l’efficienza del si-stema.

Lettore di codici a barre

I lettori di codici a barre permet-tono ai sistemi di coating di “leggere” il codice sulla scheda. Tale codice de-termina quale tipo di profilo il siste-ma deve utilizzare per eseguire il coa-ting della schedca, eliminando l’inter-vento manuale quando schede multi-ple si trovano a coesistere nel medesi-mo ambiente produttivo.

Pressione di atomizzazione

programmabile

I processi di spray e dispensazio-ne utilizzano materiali miscelati che devono essere spruzzati o deposti. Regolare il rapporto fra il materiale e la pressione dell’aria porta a un mi-glioramento della qualità del coating. La pressione di atomizzazione pro-grammabile permette agli utilizzato-ri di scegliere fra varie pressioni in un unico profilo di coating.

Spray programmabile e pulizia della valvola di dispensazione

A seconda del tipo di materiale da applicare, la pulizia dell’ugello e/o dell’ago di dispensazione può esse-re richiesta a certi intervalli di tempo durante il processo di coating.

La pulizia programmabile (a im-mersione nel solvente o median-te getto d’aria) opera sulla valvole e sugli spilli, rendendoli immediata-mente pronti a continuare il proces-so o a iniziare con una nuova sche-da. Oltre alla frequenza della pulizia c’è da considerare il tempo in cui una fixture si sofferma nella soluzione di solvente, cosa questa che può essere programmata direttamente nel pro-filo del coating.

Pulizia di manutenzione

Le valvole multiple permettono ai sistemi di coating di utilizzare due ci-lindri di pressione, uno per il materia-le di coating, l’altro per il solvente di pulitura, che permettono di effettua-

re una pulizia di manutenzione senza che questa avvenga manualmente con il cambio dei cilindri di pressione; ciò riduce il rischio che il coating o i sol-venti fuoriescano, creando con ciò un aumento dei tempi operativi.

Conclusioni

La SCS Precisioncoat, con que-ste caratteristiche e molto altro, ga-rantisce un livello notevole di accu-ratezza, un alto grado di flessibilità e di efficienza ai produttori che ope-rano su una vasta gamma di applica-zioni. Oltre alle piattaforma di spray standard e a quelle di dispensazione, l’SCS offre due piattaforme alterna-tive: una piattaforma RTV, che di-spensa con precisione materiali d’iso-lamento per creare guarnizioni e aree sigillate nel momento della deposi-zione, e una piattaforma che utilizza un sistema di regolazione multitesta adatto alla dispensazione di materia-le di riempimento in modo controlla-to e ripetibile.

L’automazione dei processi di co-ating mediante spray e dispensazio-ne in una linea assemblata è un modo efficace per ridurre i costi di materia-le e di lavoro, aumentandone nel con-tempo l’affidabilità e offrendo ai pro-duttori un vantaggio competitivo con i loro prodotti. Mentre i sistemi di co-ating selettivo sono stati presenti per un certo periodo a livello industria-le, le loro caratteristiche continuano a migliorare per garantire ai produt-tori la massima efficienza e flessibili-tà nell’attività di deposizione via spray o a dispensazione su circuiti stampa-ti assemblati, su dispositivi o substrati di altro genere.

Tecnolabwww.tecnolab-srl.it

SCS Equipmentwww.scsequip.com

Fig. 2 – La Precisioncoat durante la fase di coating

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81PCB luglio/agosto 2013

Fabbricanti di circuiti stampati

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82 PCB luglio/agosto 2013

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Produttori di circuiti stampati pubblicati in base al logo di fabbricazione

Nel corso di tutto il 2013 questa sezione dedicata ai fabbricanti di circuiti stampati verrà aggiornata mensilmente. Se siete interessati a comparire su queste pagine per ulteriori informazioni contattare il numero 02 30.22.60.60

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Firma __________________________________________________________________________________data ______________________________________

Fabbricanti di circuiti stampati

Rubrica dedicata ai più importanti costruttori di

PCB, provvista di singole schede personalizzate

e descrizioni dettagliate delle attività di ogni

produttore di circuiti stampati. Vengono

raccolte in questa sezione aziende che

operano su diverse tipologie di prodotti:

dai monofaccia ai doppio strato, dai

multistrato ai fessibili, dai rigidi-fl essibili ai più

avanzati prodotti della printed electronics.

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