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CUSTOM PUBLISHING Approfondimenti e prospettive per il CIO SMARTENTERPRISEMAG.COM VOLUME 4, NUMERO 1 / 2010 Utilizzando la tecnologia in modi inaspettati, questi leader IT superano le aspettative. CONCRETI INNOVATORI CLOUD COMPUTING Senza complicazioni inutili Best practice VIRTUALIZZAZIONE Vantaggi significativi dalla Gestione intelligente Nella figura, da sinistra a destra Michael Petrisko, Hill International; Deirdre Woods, The Wharton School; Paolo Campobasso, gruppo UniCredit.

INNOVATORI CONCRETI - multimedia.b2b24.itmultimedia.b2b24.it/Flipit/b2b_ca__1006071124/megazine/pdf/b2b_ca... · lavoro manuale". Due tendenze dell'IT ... client desktop, e tutti

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CUSTOM PUBLISHING

Approfondimenti e prospettive per il CIO

SMARTENTERPRISEMAG.COMVOLUME 4, NUMERO 1 / 2010

Utilizzando la tecnologia in modi inaspettati, questi leader IT superano le aspettative.

CONCRETIINNOVATORI

CLOUD COMPUTINGSenza complicazioni inutili Best practice

VIRTUALIZZAZIONEVantaggi significativi dalla Gestione intelligenteNella figura, da sinistra a destra Michael Petrisko, Hill International; Deirdre Woods,

The Wharton School; Paolo Campobasso, gruppo UniCredit.

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2010

SommarioVOLUME 4, NUMERO 1

10 CopertinaL'innovazione concreta si verifica quando i Cio sfruttano le tecnologie esistenti ed emergenti per ottimizzare i processi di business e offrire rapidamente valore. Così i leader it paolo Campobasso di UniCredit, Michael petrisko di Hill international (sopra) e altri stanno emergendo come ottimi leader, validi comunicatori e innovatori della tecnologia di business.

16 caSe Study:per Deirdre Woods, Cio della Wharton School presso l'University of pennsylvania, far funzionare l'it è solo l'inizio.

in QUeSto nUMero20 Smart practice24 edizione SpeciaLe30 tecnoLoGie emerGenti

rUBriCHe5 una Grande verità

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Copyright © 2010 CA Tutti i diritti riservati. Tutti i marchi commerciali sono di proprietà delle rispettive società. La riproduzione di materiale contenuto in

Smart Enterprise è vietata senza autorizzazione.

Per abbonarsi a Smart Enterprise, è possibile collegarsi all'indirizzo

smartenterprisemag.com

direttore Gabrielle Lukianchukvice direttore Loni Frazitacaporedattore peter Krass

redattore eSecutivo Karen J. Bannancopy chief Claire Meirowitz

Intuizioni e prospettive per il CIO

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Per i CIO, l'innovazione è un argomento ricorrente, almeno quanto l'"allineamento dell'IT con il business" e il "fare di più con meno risorse". Quali sono le novità dell'innovazione concreta? Sono parecchie.

L'innovazione concreta comporta lo sfruttamento delle tecnologie esistenti ed emergenti per soddisfare le sfide di business oggi più importanti. Può mettere i CIO in condizione di ottimizzare i processi di business, offrire valore reale ed emergere come portatori di una visione all'interno dell'azienda. Per ottenere tutto questo, i leader IT devono essere co municatori efficaci, leader capaci di ispirare chi li circonda e innovatori nell'impiego della tecnologia. In questa edizione di Smart Enterprise, vi mostreremo come CIO e altri dirigenti IT possano combinare questi tratti e queste competenze per emergere come una nuova generazione di leader di business.

Come evidenziato nella nostra cover story, vari CIO in Nord America ed Europa riescono a fornire risultati di business reali e misurabili attraverso l'innovazione concreta. Ad esempio, presso la società di gestione edile Hill International, il CIO Michael Petrisko sta adottando un approccio innovativo, eppure concreto, per automatizzare i sistemi di conformità normativa, risparmiando tempo e denaro.

Deirdre Woods, CIO di Wharton School, è un'altra leader IT impegnata nella innovazione concreta. Il case study di questa edizione illustra come la prestigiosa scuola di business, sotto la guida della Woods, stia automatizzando le aule con sistemi video, per rendere l'esperienza didattica più coinvolgente. La scuola ha trasformato i Wharton Research Data Services, originariamente pensati per i ricercatori accademici, in un servizio in abbonamento, oggi utilizzato da oltre 260 istituti.E voi? Siete un innovatore IT concreto? Quali tipi di valore di business state offrendo? Riceverò volentieri risposte, commenti, suggerimenti ed esempi di innovazioni. Seguiteci anche su Twitter: @SmartEnterprise.

Peter Krass Caporedattore

[email protected]

Per emergere come leader innovativi, i CIO sfruttano la tecnologia per soddisfare le più importanti sfide di business odierne.

L'innovazione IT in concreto

La parola al redattore

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Guarda il video di CA World 2010 con Ajei Gopal,Executive VP di CA, su come il Cloud trasformerà il futuro dell’IT

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Una grande verità

e soluzioni eleganti sono eccezional-mente semplici e sorprendentemente potenti, sostiene Matthew May, relatore

e autore del recente In Pursuit of Elegance: Why the Best Ideas Have Something Missing (Broadway Business, 2009). Eppure, non tutto ciò che è semplice è elegante. Le soluzioni davvero eleganti sono notevoli perché ottengono il massimo impatto con il minimo sforzo.

Perché l'eleganza, che si parli di auto, edifici o sistemi, è così sfuggente? La domanda, replica May, è rilevante per i CIO che ricercano soluzioni con-crete per i problemi di business, specialmente in un'era in cui ai leader di business, in tutti gli ambiti, viene richiesto di fare di più con meno risorse, massimizzando il proprio impatto e riducendo al minimo le spese. Le soluzioni eleganti, inol-tre, hanno in comune quattro caratteristiche: simmetria, seduzione, sottrazione e sostenibilità.

La simmetria è costituita da struttura, ordine ed estetica, sostiene May. Sviluppare una soluzione simmetrica significa risolvere un pro-blema nel modo in cui lo fa la natura: cercare l'elemento mancante e colmare il vuoto. La maggioranza di noi è già abituata a notare una mancanza di simmetria; una capacità che può consentirci di trovare la soluzione, anche quando disponiamo di informazioni solo parziali.

La seduzione consiste nel coinvolgimento creativo, nel catturare l'attenzione e stimolare l'immaginazione. Si tratta di un elemento cruciale delle soluzioni di business eleganti. Inoltre, è un modo potente per raccogliere seguaci intorno a una causa. Spesso, la seduzione implica il fatto di operare con un elemento di ignoto, di mistero. "Quello che non c'è ci sollecita a soddisfare la nostra curiosità" sostiene May.

Sottrazione significa risolvere un problema

in modo economicamente efficiente, ma anche lavorare contro la natura umana, perché si tratta di un processo che a molti non viene spontaneo. "La risonanza magnetica ha mostrato che il cervello si attiva in modo diverso quando le persone stanno svolgendo un semplice processo di somma, rispetto a quando invece sottraggono" dichiara. "Questo perché siamo programmati per aggiungere, raccogliere, accumulare e con-sumare". Il trucco, allora, è comprendere cosa eliminare: nel contesto di May, questo significa creare processi che siano ripetibili e durevoli. Per costruire costantemente soluzioni eleganti, i principi di simmetria, seduzione e sottrazione devono essere applicati in un modo ripetibile in tutta l'organizzazione.

Per usare un esempio elegante, May cita una catena di fast-food, In-N-Out Burger di Irvine, Calif., che adotta un approccio "less is more". Il loro menu include solo cinque voci: hamburger, cheeseburger, double burger, patatine e un breve elenco di bevande. La sottrazione è questo, dice May. Ma il ristorante ha anche un menu "segreto" disponibile solo per i clienti fissi: questi piatti speciali non sono in lista e conferiscono al ristorante un fascino irresistibile. Si tratta di un esempio eccezionale di seduzione, sostiene May. Man mano che i clienti parlano tra loro del menu segreto, il desiderio di "riempire i vuoti" rende il fascino del ristorante ancora maggiore.

Per i leader di business IT, l'eleganza è più di un accessorio: può essere, in effetti, un fattore decisivo di stimolo all'innovazione e al successo dell'attività. Come i CIO sanno fin troppo bene, i processi di business possono diventare eccessi-vamente complessi, e l'impulso ad aggiungere ancora e ancora è difficile da superare. "È una sfida che tutti affrontiamo in molte delle nostre attività" dichiara. Forse è per questo che le soluzioni veramente eleganti e innovative nel business sono così rare, e così valide.

GEOrGE v. HULME è alla ricerca dell'eleganza da Minneapolis, dove scrive di tecnologia e di business. •

La soluzione

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“ Siamo nati per aggiungere, raccogliere, accumulare e consumare". —Matthew May | Relatore e scrittore

autore di best-seller, Matthew May sostiene che i CIo possono ottenere il massimo con meno risorse.| di George v. Hulme

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Il tempo è dalla vostra parte

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l premio va al più veloce, in una gara come nel business. Essere il primo a commercia-lizzare un prodotto può costituire la chiave del successo. In effetti, fare la prima mossa

può consentire a una società di acquisire quote di mercato, sfruttare i price premium, recuperare i costi di sviluppo, aumentare e mantenere i profitti e prosperare in un mercato competitivo.

Per essere la prima, però, un'azienda deve comprendere di cosa i suoi clienti, anche potenziali, hanno bisogno. Inoltre, deve disporre delle risorse e dei processi per trasformare le informazioni in azione e, infine, in nuovi prodotti e servizi. Sempre di più, questo paradigma viene reso possibile dall'IT. Le applicazioni di database possono acquisire, gestire e analizzare informazioni complesse su clienti e mercati, mentre i sistemi ERP e altri sistemi di business sono in grado di automatizzare e di accelerare i processi di business. Rendere possibile l'inno-vazione dell'attività è sempre di più lavoro per l'IT. "Si rende possibile l'innovazione aiutando le persone a provare, creare e testare molte cose diverse rapidamente, per verificare la fattibilità delle idee il prima possibile e a basso costo" sostiene Aid Galijatovic, direttore Product Management di CA. "Tuttavia, mantenere produttivi molti gruppi di business diversi e fornire loro ciò di cui necessitano può richie-dere all'IT una quantità di tempo, di sforzi e di lavoro manuale".

Due tendenze dell'IT stanno aiutando i CIO ad affrontare meglio la sfida a un più rapido time-to-market: processi IT che si basano su coerenza e standardizzazione; e tecnologie di accelerazione di questi processi, come virtualizzazione e automazione dei centri dati. I processi di accelerazione, in particolare, creano notevoli guadagni prima accelerando e quindi automatizzando processi standardizzati, per poi consegnarli nelle mani degli utenti.

La standardizzazione di processi IT ripetibili, come provisioning di server e storage per i servizi IT, è la prima chiave per implementare questi processi rapidamente, con efficienza e precisione. Una volta standardizzati, i processi IT possono essere gestiti da personale di primo livello, mentre gli esperti sono liberi di concen-trarsi sulle innovazioni essenziali per il business.

La standardizzazione parte dalla modifica del modo in cui il reparto IT vede il proprio lavoro, dicono gli esperti. "L'IT è arrivato a comprendere che il suo ruolo non consiste nel fornire tecnologia, velocità e feed, ma servizi di business, come elaborazione di richieste o e-mail" sostiene Michael Disabato, VP e Direttore servizi di Burton Group, società di ricerca IT. "L'IT può comprendere tutti i singoli componenti, come POP3, server Exchange, client desktop, e tutti i router e gli switch che li collegano ma, alla fine, quello che vogliono i clienti sono i loro messaggi di posta".

Per offrire servizi di business in modo efficiente, l'IT deve abbattere le barriere tra i gruppi interni. "Team server, storage e networking devono diventare più efficaci nella collaborazione e nel migliorare il modo in cui svolgono insieme le varie attività" sostiene Galijatovic. Lynda Stadtmueller, Senior Research Analyst presso lo studio di con-sulenza Frost & Sullivan, concorda: "L'IT si rende conto che qualcuno deve essere responsabile per l'applicazione dall'ini-zio alla fine". I framework di best practice riconosciuti, come ITIL®, Capability Maturity Model Integration (CMMI), CoBIT e Six Sigma, consen-tono di eliminare questi silos. "Esiste un intero ciclo di vita del servizio cui si fa riferimento in ITIL versione 3, centrato sulle esigenze delle unità di business e dei clienti finali. Mentre ITIL non specifica i dettagli di esecuzione del provisioning di un server, dedica invece una quantità di dettagli a come standardizzare la gestione delle richieste, e altre funzioni IT, come la gestione degli incidenti" spiega Disabato del Burton Group. I reparti IT devono inoltre lavorare con le unità di business per ottenere una comprensione completa dell'interazione dei sistemi sottostanti ai servizi IT. "Il percorso verso una vera efficienza IT passa da informa-zione, conformazione e quindi trasformazione," sostiene Roger Pilc, Corporate VP Senior e General Manager Prodotti di CA.

I reparti IT stanno utilizzando una strategia ben nota nell'industria manifatturiera, il taglio radicale del time-to-market, mediante la standardizzazione e l'automazione dei processi IT ripetibili. | di Leon Erlanger

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Parlano i tecnici

immagine: iStock

Il tempo è dalla vostra parte

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"Per conformarsi, o standardizzare i processi IT, è anzitutto necessario informarsi" aggiunge, "cioè scoprire e comprendere quali sistemi IT esi-stono effettivamente nell'organizzazione, e come interagiscono. Questo deriva in genere da una combinazione tra incontri con i responsabili dei sistemi e utilizzo degli strumenti di gestione risorse". Acquisita questa comprensione, l'IT può approfit-tare delle metodologie "Lean IT" per mappare i propri processi, standardizzarli e quindi renderli più efficienti. "La standardizzazione consiste, in effetti, nel fare in modo che una quantità di persone si riuniscano in una stanza, discutano e facciano brainstorming" sostiene Disabato. Quindi, quelli che prima erano attori in silos separati possono collaborare, mappare i singoli passaggi di un processo tipico e lavorare insieme per combinare, migliorare o eliminare i passaggi, aggiunge.

Percorso di automazioneUn altro elemento essenziale dei processi di standardizzazione è la creazione di librerie di configurazioni server e storage affidabili, stabili e sicure, che possano fungere da modelli già pronti per un provisioning rapido del servizio. Ogni con-figurazione nella libreria può includere sistemi operativi, applicazioni e database, completi delle impostazioni adeguate. Ognuna è inoltre accom-pagnata dalla documentazione delle impostazioni di configurazione e dei passaggi del processo. "La totalità delle funzioni di sicurezza delle applicazioni, nonché altri elementi, possono essere integrati in questi modelli" sostiene Stadtmueller di Frost & Sullivan, "replicandoli ogni volta che quel servizio è necessario. A molte organizzazioni, per soddisfare la maggioranza delle richieste di business, basterà un numero limitato di questi modelli".

Il passo finale, per molti, è assemblare i processi ripetibili e i servizi in un catalogo di servizi per il business. Ad esempio, un importante studio di Wall Street ha definito ogni attività svolta dal proprio reparto IT sotto forma di un set di 70 ser-vizi standardizzati, che sono quindi elencati in un catalogo, sostiene Pilc. Questi servizi includono provisioning di nuovi utenti, e-mail, condivisione delle conoscenze con SharePoint ed elaborazione delle richieste.

La seconda chiave per un time-to-market più rapido è l'utilizzo di tecnologie che accelerano i processi IT. L'automazione dei centri dati, in parti-colare, può implementare tutti i passaggi necessari per il provisioning automatico di un servizio IT. La virtualizzazione è un altro elemento che può cambiare le regole del gioco. Anche se non neces-saria per molte piattaforme di automazione, la virtualizzazione è stata un notevole catalizzatore per la loro crescita in tempi recenti. Essenzial-mente, la virtualizzazione astrae un intero server, inclusi uno o più sistemi operativi, impostazioni e

software applicativo, dall'hardware sottostante. Il server viene quindi trasformato in un modulo software altamente mobile, di cui può essere eseguito il provisioning, spesso in pochi minuti, e lo spo-stamento tra hardware server o che è possibile

combinare con altre macchine virtuali integrate su un singolo server hardware. Questa tecnologia consente inoltre la creazione di modelli di servizio virtuale replicabili e di cui è possibile eseguire il provisioning secondo le necessità. Soluzioni come CA Spectrum® Automation Manager velocizzano il time-to-market dell'IT in molti modi. Anzitutto, possono essere utilizzate per automatizzare i pas-saggi della procedura di provisioning di un servizio. E, insieme a una tecnologia di virtualizzazione, possono trasformare le attività di provisioning, che una volta duravano settimane, in routine che richiedono qualche ora o addirittura qualche minuto. Dato che l'automazione implementa ogni attività in modo identico, il potenziale per l'errore umano è notevolmente ridotto.

Le soluzioni di automazione possono inoltre combinare più processi in flussi di lavoro automatiz-zati, per generare un servizio completo, ad esempio una piattaforma di collaudo software, per poi appli-care le policy IT a quei flussi di lavoro. Utilizzando CA Spectrum Automation Man ager, ad esempio, gli utenti possono eseguire, quando necessario, il provisioning di server e storage aggiuntivi per un'applicazione Web, e quindi il deprovisioning di quelle risorse per renderle disponibili ad altri servizi, al ridursi della domanda. Possono inoltre applicare policy basate su soglie prestazionali configurate dall'IT, eseguendo il provisioning di risorse e applicazioni fisiche e virtuali per soddisfare condizioni di domanda particolarmente elevata. Ad esempio, se un rivenditore online sta svolgendo una grossa vendita promozionale, il software può eseguire il provisioning di risorse aggiuntive durante i picchi di traffico Web, rilasciandole una volta terminata la vendita.

Nel mentre, per gli utenti la cui comprensione non va oltre il servizio di cui hanno bisogno, l'inter-faccia può nascondere la complessità sottostante e limitarsi a fornire un menu di servizio di facile comprensione. Il vantaggio reale arriva quando le aziende rendono questi servizi di automazione disponibili agli utenti finali sotto forma di cata-logo. Dopo che il consumatore fa clic sul servizio desiderato e immette i propri dati, il motore del flusso di lavoro fa muovere la richiesta all'interno del processo di approvazione. Quindi, dopo l'ap-provazione della richiesta da parte dei soggetti competenti, il sistema potrà eseguire automati-camente il provisioning delle macchine virtuali necessarie per quell'utente.

"Chi ha sfruttato davvero l'automazione mette i propri utenti finali in condizione di accedere a cataloghi self-service, basati sul Web, di immagini di macchine virtuali con un sistema di flusso di lavoro "nascosto" per permessi, verifiche e sistemi di compensazione" sostiene Richard Jones, Direttore servizi per Data Center Strategies presso Burton Group. "Il ruolo dell'organizzazione IT passa quindi dal provisioning quotidiano al semplice auditing del processo, l'aggiunta di hardware fisico quando necessario e la configurazione dei necessari modelli virtuali". Molte organizzazioni avviano il processo di automazione all'interno della R&D con il collaudo QA, il che consente agli sviluppatori di impostare sistemi e immagini come desiderano. È inoltre un ottimo modo per velocizzare la produzione di nuove applicazioni, il che può consentire di ottenere nuove idee per arrivare sul mercato più rapidamente. Il col-laudo QA è inoltre un'ottima opportunità per avviare l'automazione del provisioning, dato che gli utenti, spesso, hanno bisogno delle risorse per periodi di tempo limitati e dispongono di buone conoscenze circa le risorse loro necessarie. Quando l'automa-zione viene perfezionata per utenti tecnicamente più competenti, le lezioni apprese possono essere applicate ad altri reparti, meno competenti."Una volta ottenuta ripetibilità e standardizzazione, l'automazione arriva a gestire dal 95 al 98 per cento delle richieste IT" sostiene Disabato. "L'IT deve quindi concentrarsi solo sulla quota restante". Partendo da iniziative di respiro limitato e applicando la standardizzazione e l'automazione a un singolo processo o reparto per volta, l'IT riuscirà a ottenere risultati rapidamente. I CIO possono quindi utilizzare le lezioni apprese per accelerare il time-to-market all'interno dell'organizzazione. •

LEON ErLaNGEr è un consulente e uno scrittore spe-

cializzato in sicurezza, storage e comunicazioni unificate.

ITIL® è un marchio registrato e un marchio comunitario registrato dell'Office of Government Commerce e presso l'ufficio brevetti e marchi degli Stati Uniti (USPTO, U.S. Patent and Trademark Office).

“ La standardizzazione consiste, in effetti, nel fare in modo che una quantità di persone si riuniscano in una stanza, discutano e facciano brainstorming”. —Michael Disabato VP e Direttore servizi | The Burton Group

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fONTI: [1,6] "67 per cento…", "85 per cento…": "Benefits of Practical IT Innovation," giugno 2009, Smart enterprise and IDG research Services [2] "Le contee USa": govtech.com/dc/surveys/counties/90 [3] “L’innovazione regna...”: bcg.com [4] “Oltre due terzi…”: strategy-business.com/ [5] “nearly 60 percent...”: bcg.com/documents/file15481.pdf

Ultimissime notizie, sviluppi e statistiche per il CIO.

Smart Trendraccolti da Lamont Wood

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Le contee USa utilizzano soluzioni IT innovative per offrire, impiegando meno risorse,

servizi mirati a una comuni-cazione più efficace con gli elettori, secondo il Center for Digital Government di erepu-blic. le contee più innovative: oakland, mich.; loudoun, Va.; roanoke, Va.; e Charles, md.

L'innovazione regna sovrana tra i dirigenti senior, secondo Boston Consulting Group. In un'indagine, il 25 per cento degli interpellati dichiara che l'innovazione è al primo posto tra le priorità strate-giche, e il 40 per cento la colloca in una delle prime tre posizioni. Misure prioritarie per il successo dell'innovazione: soddisfazione del cliente e crescita dei ricavi.

Oltre due terzi delle società più innovative hanno mantenuto invariato o aumentato il proprio budget r&D, secondo le rilevazioni di Booz & Co. anche le società (una su tre) che hanno comunicato perdite finanziarie per

l'anno fiscale dichiarano di aver aumentato la

spesa in r&D in media del 5,7 per cento.

per cento. Tanti sono i CIo in tutto il mondo che sostengono di aver evitato i tagli sulle spese indivi-duando soluzioni alternative che utilizzano l'innovazione concreta, come miglio-ramento di processi IT inefficienti, eliminazione di processi e applica-zioni ridondanti e migliore gestione di risorse IT sottoutilizzate.

per cento. È la percentuale dei dirigenti IT senior in tutto il mondo per cui acquisire un vantaggio competitivo sulle società che hanno ridotto l'in-vestimento IT è un beneficio essenziale o molto importante ottenuto dalla distribuzione di tecnologia in un momento di recessione economica.

dei dirigenti senior prevede di aumentare la spesa per l'innovazione quest'anno, secondo un'indagine di Boston Consulting Group.

60per cento

Quasi il

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In copertina Innovazione pratica

ESSERE CONCRETI

Per reinventare l'impresa, i CIO più innovatori

sfruttano le tecnologie, esistenti ed emergenti,

per ottimizzare i processi di business.

| di Larry Lange

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Oggi, quasi 335 anni dopo, quella di Newton resta una definizione valida dell'innovazione concreta: riprendere le novità rivoluzionarie del passato ("stare sulle spalle dei giganti"), per superare le più impor-tanti sfide di oggi.

L'innovazione concreta si verifica quando le menti migliori convergono per sfruttare tecnologie esi-stenti ed emergenti, insieme a modelli di erogazione accelerata dei servizi, per ottimizzare i processi di business e offrire rapidamente valore effettivo. "Questo è il momento per aumentare il livello di innovazione, non il contrario", sostiene Paolo Campobasso, VP Senior e CSO di gruppo Uni-Credit, banca milanese. Perché l'innovazione concreta sia una realtà, i CIO devono essere leader forti e comunicatori efficaci, e saper sfruttare le tecnologie più adeguate. "Oggi, 'CIO' significa sempre di più 'Chief Innovation Officer', ovvero primo innovatore" sostiene Paul Horowitz, direttore presso Pri-cewaterhouseCoopers (PWC). "L'IT è la stella polare e il motore dell'organizzazione".

immagine Di JaSon grow; Styling Di liSa Bell

Paolo Campobasso di UniCredit (a sini-stra) e Michael Petrisko di Hill Interna-tional (a destra) sono tra i leader IT che ridefiniscono le imprese.

ho potuto vedere più lontano, è stando sulle

spalle dei giganti", scrisse Isaac Newton nel 1676.

“Se

I CIO affrontano l'innovazione concreta principalmente in due modi. Il primo: definendo nuovi utilizzi per i sistemi IT correnti. Il secondo: distri-buendo tecnologie avanzate, inclusi virtualizzazione, cloud computing e social networking, per ridurre i costi, migliorare la produttività e aumentare l'agilità del business.

Nel clima economico attuale, queste sfide sono più incalzanti che mai, così come la pressione sui CIO a fare di più con meno risorse. "Innovazione concreta è innovazione applicata a una situazione reale, è comprensione e reazione alla realtà dell'ambiente di business" sostiene Victor Rotaru, responsabile IT Information Security Governance del gruppo UniCredit. "In questo contesto, l'innovazione concreta può davvero apportare valore all'organizzazione".

"Il semplice allineamento dell'IT con il business appartiene al passato", aggiunge Ajei Gopal, VP esecutivo Products and Technology Group di CA. "oggi, l'IT e il business coincidono. Conciliare una problematica di business con una tecnologia rivoluzionaria: ecco una proposta di valore davvero attraente".

Per fare un esempio, Gopal cita il CIO di un importante ospedale ameri-cano, che vedeva l'IT come semplice sistema di supporto. Se i sistemi IT non funzionavano, i dati assicurativi erano temporaneamente indisponibili, ma questo non aveva impatto sull'effettiva erogazione delle prestazioni sani-tarie. Oggi, però, tutto è cambiato. "Se il sistema di quel CIO, non funziona, i medici non possono visitare i pazienti" sostiene Gopal, "è molto semplice".

UniCredit sta dimostrando la validità dell'assunto integrando diretta-mente la sicurezza IT all'interno del business. "Per noi, la sicurezza è parte

attiva del business, con un'importanza elevata attribuita alla qualità e allo sviluppo di tecnologie innovative" sostiene Rotaru. "In questo modo, la sicurezza è uno degli elementi chiave che contribuiscono al rispetto degli obiettivi di business da parte del gruppo IT". UniCredit ottiene questo orientandosi verso la standardizzazione, che offre semplificazione, chiarezza e coerenza nel rapporto tra IT e entità normative locali. "Questo consente la comunicazione e lo scambio di informazioni, con un migliore supporto all'implementazione di nuovi concetti all'interno dell'IT" spiega Rotaru; "inoltre, consente di ridurre i costi IT".

Pur rimanendo responsabili di "mantenere accese le luci", ai leader IT viene richiesto sempre più di contribuire alla crescita del business e di creare van-taggi competitivi. Allo stesso tempo, i budget IT sono stagnanti nel migliore dei casi. I veri innovatori vedono questa condizione come un'opportunità unica. "I CIO illuminati vedono un'opportunità nella crisi, momento ideale per ripensare la modalità di esecuzione dei processi di business" sostiene George Westerman, ricercatore al CISR (Center for Information Systems Research) del MIT e co-autore di The Real Business of IT (Harvard Business Press, 2009). "È un ottimo momento anche per costruire capacità innovative che aumentano il valore di questi processi". Aggiunge George Ball, IT Fellow presso Raytheon Missile Systems, "Come regola generale, i CIO di oggi non solo devono erogare le funzioni IT ai massimi livelli richiesti dall'attività, ma anche farlo con il 10 per cento di risorse economiche in meno".

Fare di più con meno risorse è esattamente la sfida che Corinne Charette, CIO del governo canadese, sta affrontando. Charette deve garantire

Il potere concreto di aPMAutomatizzando sistemi IT e processi di business è possibile, per i CIO, innovare in modo incisivo.

Oggi, i leader IT sono sotto il microscopio dei responsabili finanziari come mai prima, perché ottengano una conformità solida e un ROI rapido, sostiene Ken Blackwell, VP e Chieft Architect di CA.

Un modo per farlo: automatizzare i sistemi IT e i processi di business. Si consideri la soluzione Wily Application Performance Management (APM) di CA, che offre visibilità end-to-end sulle transazioni del cliente, consentendo di risolvere con prontezza qualsiasi problematica. "APM consente alle grandi organizzazioni, con infrastrutture complesse e distribuite, di massimizzare i ricavi, mediante il monitoraggio delle prestazioni e della disponibilità delle applicazioni Web chiave" spiega Blackwell.

La soluzione è stata collaudata di recente dal gruppo di gestione prestazioni di un grande ente finanziario, racconta Blackwell. Il CIO era costantemente sotto pressione, da parte della dirigenza, perché fornisse migliori informazioni sull'esperienza dei clienti in relazione al sito Web dell'azienda.

Come spiega Blackwell, l'unicità di questi requisiti si è espressa in un innovativo approccio all'erogazione delle informazioni. Individuando il valore nascosto in una soluzione già operativa, il team del CIO ha personalizzato la soluzione APM di CA per creare dashboard specifiche e report associati visua-lizzabili sui portali corporate, sotto forma di viste integrate e mashup. In questo modo, gli utenti di business possono vedere i risultati integrati nelle applicazioni già utilizzate. Un'altra società che sfrutta APM è l'azienda globale di outsourcing di call center Teleperformance USA. Il personale IT della società è più efficiente

almeno del 50 per cento nella risoluzione dei problemi e nella soluzione delle problematiche prestazionali, grazie alla migliorata visibilità sulle applicazioni, sostiene Jeremy Young, VP IT Strategic Support. In effetti, Young dipende dalla soluzione per monitorare e risolvere i problemi dell'applicazione chiave dell'azienda, denomi-nata TPHost.

TPHost, scritta in .NET, è utilizzata dai 10.000 operatori di call center di Teleperformance in tutto il mondo. Il programma combina controllo dell'integrazione tra telefonia e computer con applicazioni Web personalizzate, che indirizzano l'interazione degli operatori con i clienti tramite script personalizzati e servizi Web per applicazioni client esterne. Dato che Teleperformance offre i suoi servizi 24x7, TPHost deve essere online in ogni momento. Per garantirlo, la società utilizza le console APM per verificare le velo-cità delle transazioni e i livelli di errore dell'applicazione.

Teleperformance utilizza inoltre la soluzione APM di CA nelle sue attività di telemarketing, principalmente per assicurare la conformità con gli SLA pubblici. Se le prestazioni di un'applica-zione calano sotto la soglia prevista dallo SLA, il sistema avvisa il personale IT, consentendo una rapida soluzione del problema. "Prima di APM, tutto quel che potevamo dire era 'L'applicazione non funziona', ma a quel punto era già troppo tardi" sostiene Young. "Oggi, con un'occhiata alla dashboard, posso vedere ogni componente dell'applicazione e sapere quale presenta un problema. Decisamente la soluzione ci consente di procedere alla risoluzione dei problemi più rapidamente di prima". – L.L.

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2010 • smart enterprise 13

nuove efficienze dei sistemi e delle risorse IT, creare un accesso trasparente alle informazioni sulla spesa pubblica e avviare la sostituzione di sistemi obsoleti e superati, il tutto con un budget in calo. Charette sta lavorando sull'interoperabilità di una gamma massiccia di sistemi disparati, mediante iniziative di innovazione concreta come il cloud computing; e ha già ottenuto che il proprio personale IT utilizzi strumenti e tecniche di social networking. "Sono una persona concreta per natura" sostiene Charette. "Il concetto di innovazione concreta, di conseguenza, certamente mi si addice".

Il primo pilastro dell'innovazione concreta: analizzare a fondo le applicazioni IT già distribuite da un'organizzazione per scoprirne il valore nascosto. Una società che si sta muovendo in questo senso è Hill International, leader da 380,5 milioni di dollari di ricavi nella gestione di progetti edili, con circa 2.300 dipendenti in 80 sedi nel mondo. Michael Petrisko, CIO di Hill e VP Senior di Marlton, società con sede in New Jersey, ha scoperto il valore nascosto, al di là della loro funzione originale, di svariate applicazioni, e ottenuto una serie di rapidi successi. "Non affrontate tutto di petto", gli piace ripetere al suo team. "Non buttatevi a testa bassa su un progetto enorme che promette di cambiare tutto". L'ideale per l'IT, sostiene Petrisko, è una serie di successi, di dimensioni limitate ma ottenuti rapidamente, sui nuovi progetti; questo per fare sì che la dirigenza acquisisca piena fiducia nell'attività dell'IT.

La soluzione al limitePer fare un esempio, Petrisko e il suo team hanno sfruttato una soluzione per ottenere nuovi vantaggi. La soluzione, CA Identity Manager, era in origine

utilizzata da Hill per automatizzare la gestione delle identità utente in tutti i sistemi aziendali; ma Petrisko ha voluto sfruttarne al massimo le caratteristiche di conformità, ottenendo enormi risparmi di tempo e denaro. "Abbiamo coinvolto CA in un'analisi della strategia di business", sostiene Shawn Pressley, VP Project Management Systems di Hill International. "L'analisi ci ha portato a identificare un approccio nuovo e unico all'automazione di tutti i nostri sistemi IT".

Più specificatamente, dopo l'implementazione di Identity Manager, Petrisko e il suo team hanno scoperto che il tempo necessario per completare un'impor-tante attività (il consolidamento di tutte le informazioni necessarie ai revisori di Sarbanes-Oxley, che in passato richiedeva da 7 a 10 giorni) si era ridotto ad appena due ore. La distribuzione di Identity Manager, inoltre, ha consentito a Hill di ridurre notevolmente i costi di revisione di Sarbanes-Oxley correlati all'IT. In effetti, i risparmi ottenuti hanno ripagato l'intero processo in appena tre anni: un ritorno soddisfacente, secondo Petrisko. Fin qui niente di eccezionale: era questa l'attività per la quale Hill aveva implementato la soluzione in origine. Successivamente, però, Petrisko è stato in grado di ottenere dalla medesima soluzione vantaggi aggiuntivi. Collaborando con il gruppo servizi corporate di Hill, è stato possibile ridurre il tempo necessario per l'onboarding dei neoassunti, ovvero per l'esecuzione di tutte le attività

Chief Innovation OfficerGli ambiti della leadership CIO entro il 2013, in base alla

classificazione ottenuta da un sondaggio.

0 10 20 30 40 50 60 70 80

Dati: PricewaterhouseCoopers, "I for Innovation," e indagine di Economist Intelligence Unit condotta nel 2008 su 667 dirigenti seniornota: erano consentite risposte multiple

Governance IT e business

Assistenza e soddisfazione della clientela

Innovazione dei modelli di business

Sviluppo di nuovi prodotti

Rischio

Strategia dei canali di distribuzione

34%

61%

35%

35%

31%

23%

“ Non affrontate tutto di petto. Non buttatevi a testa bassa su un progetto enorme che promette di cambiare tutto... per l'IT l'ideale è una serie di piccoli successi, ottenuti rapidamente, su nuovi progetti".

Guarda il video di CA World 2010 con Dave Hansen, Senior VP Security di CA e Paolo Campobasso, SVP e CSO di Unicredit Group

2010 • SMART ENTERPRISE 13

2010 • SMarT ENTErPrISE 1414 SMARTENTERPRISEMAG.COM

collegate alla dotazione di un nuovo dipendente, al completamento di tutta la documentazione che lo riguarda e così via.

In passato, questa procedura richiedeva a Hill, , per un singolo dipendente, 80 processi manuali e da otto a 10 giorni lavorativi. L'IT inseriva manualmente le informazioni pertinenti sul neoassunto, per poi inviarle a cinque sistemi diversi. Oggi, grazie all'implementazione dell'automazione del provisioning utenti, Petrisko e il suo team hanno reso l'HR unico point of entry per i dati della procedura; tutte le informazioni rilevanti vanno dall'HR a tutti gli altri sistemi aziendali: Active Directory, finance, CRM, gestione progetti; inoltre, i dati sono immediatamente accessibili all'azienda mediante l'applicazione dashboard interna di Hill. La durata complessiva del processo di onboarding è stato ridotta ad appena due giorni. "Si tratta di vantaggi che non ci aspetta-vamo dalla soluzione" sostiene Petrisko. "Qualcosa che inizialmente avevamo utilizzato per le credenziali di identità, oggi è la chiave per assicurare che siano presenti informazioni corrette all'interno di tutti i sistemi".

Petrisko utilizza inoltre CA IAM per supportare la collaborazione tra i dipendenti. Storicamente, ognuna delle 80 sedi di Hill nel mondo creava un elenco interno di dipendenti, inclusi indirizzi, numeri telefonici e altri dati; questi elenchi venivano quindi condivisi tra le 80 sedi tramite posta elettro-nica. Ma il processo era lento e faticoso, e gli elenchi spesso contenevano errori ortografici, indirizzi non corretti o non aggiornati e altre imprecisioni. Petrisko e il suo team hanno risolto anche questo problema: avendo utilizzato la soluzione per trasformare i sistemi di HR di Hill in un singolo point of entry per i sistemi fondamentali, la società può contare su una sincronizzazione dei dati senza soluzione di continuità in tutti i suoi sistemi core. Questo significa anche che i dati da questi sistemi sono immediatamente accessibili tramite una dashboard interna. Come risultato, Petrisko ha potuto raccogliere gli 80 diversi indirizzari di Hill in un'unica vista completa; il suo team ha quindi reso questa nuova rubrica accessibile a tutti i dipendenti Hill tramite intranet. "Può sembrare una banale funzione amministrativa" dice Petrisko, "ma, per un'azienda globale come noi, poter comunicare senza problemi con i dipendenti in tutto il mondo è essenziale".

Progetti come questi hanno anche consentito a Petrisko di fare carriera all'interno di Hill. "Posso far sentire maggiormente la mia voce sul lato dei processi di business" dichiara, "e in questo modo ho potuto diventare un vero agente del cambiamento per l'azienda".

Il secondo pilastro dell'innovazione concreta: utilizzare tecnologie avanzate, come Application Performance Management (APM), virtualizzazione e cloud computing, per fornire valore di business, ridurre i costi e aumentare l'agilità. È quello che stanno facendo il CIO Petrisko e il suo staff in Hill International, in parte mediante il passaggio a un'infrastruttura virtualizzata. A oggi, Petrisko ha sostituito 60 dei 190 server fisici dell'azienda con server virtuali, con un risparmio stimato di circa $ 210.000 in acquisti hardware. Come parte della medesima attività, inoltre, Petrisko ha potuto ottenere risparmi per circa $ 80.000 l'anno sui costi legati al personale e per $ 31.000 l'anno sui consumi elettrici. Nel corso degli anni, questi risparmi ammontano a oltre $ 540.000.

In aggiunta, la virtualizzazione ha reso possibile una modifica essenziale del modo in cui i dirigenti IT di Hill pensano e lavorano. "Poiché la gestione delle singole 'scatole' è diventata meno complessa, il focus dell'IT è passato dalla tecnologia vera e propria ai servizi di business che essa può fornire" sostiene Pressley, VP Project Management Systems di Hill International.

Lassù nella cloudUn'altra tecnologia chiave per gli innovatori concreti è il cloud computing. Questo approccio tecnologico consente agli utenti di accedere alle applicazioni su Internet, anziché eseguirle sui computer dell'organizzazione. Ancora più importante, il cloud computing consente a un'organizzazione di pagare solo per le applicazioni, lo storage e i servizi informatici effettivamente utilizzati. Il cloud computing consente inoltre ai CIO di ridurre, o perfino di evitare, i costi di esecuzione e di gestione delle applicazioni e dei dati associati. "Per noi, ha decisamente senso comprare capacità su richiesta dal settore privato" sostiene il CIO canadese Charette. "Non c'è dubbio che, nel prossimo paio d'anni, ci orienteremo alle opzioni di cloud computing".

Il cloud computing potrebbe inoltre consentire al settore pubblico canadese di ottenere efficienze per i suoi sistemi di back office, aggiunge Charette. Attual-mente, ogni ente federale può scegliere il proprio sistema di risorse umane. Charette preferirebbe standardizzare questi vari sistemi HR individuando una piattaforma comune per tutti, per eseguire gli aggiornamenti con maggiore rapidità e coerenza. Quindi, vorrebbe assicurare che tutti questi nuovi ed efficienti sistemi HR possano essere organizzati in cluster o sincronizzati all'interno della più ampia infrastruttura HR di "cloud interno" del governo canadese: questo porterebbe i vari enti a condividere le informazioni HR sulla rete.

Hill International è andata anche oltre, adottando un cloud interno o privato.

Piano d'azione di un CIO per l'innovazione concretaAi CIO che mirano a distribuire l'innovazione concreta, Ajei Gopal, VP esecutivo Products and Technology Group di CA, suggerisce questi passaggi:

DEfINIrE IL PrOPrIO rUOLO

Guardarsi allo specchio e domandarsi quale ruolo si dovrebbe giocare, come CIO: tecnologo o soggetto aziendale? Nel primo caso, nulla cambia rispetto al passato, sostiene Gopal. "Ma per essere un soggetto aziendale, si dovrà imparare a conoscere il business in tutti i suoi aspetti, e a parlarne la lingua".

STIMOLarE LE ENTraTE

I CIO devono identificare le opportunità nel contesto del business, a livello di entrate come di margini. "Essere un innovatore concreto significa convertire oggi l'IT in un driver di business e avere un impatto sulle entrate, anziché costituire un centro di costo focalizzato essenzial-mente sui margini" sostiene Gopal. "Sono necessari modi per ottenere agilità, efficacia ed efficienza molto maggiori, consentendo all'attività di sviluppare una maggiore aggressività sul mercato".

INvENTarIarE LE rISOrSE

Per prima cosa, determinare quanto si sta spendendo e su cosa, all'in-terno e all'esterno dell'azienda, e quindi chiedersi: quali sono le risorse disponibili oggi, in termini di persone e di tecnologie distribuite? Dopo di che, valutare con onestà la capacità dell'organizzazione di raggiungere i suoi obiettivi di business, e raffron-tarla con le capacità della concorrenza.

DEfINIrE LE PrIOrITà

Non è possibile inseguire 30 obiettivi per volta: è essenziale partire sempre da un numero di obiettivi limitato, consiglia Gopal. Un buon punto di partenza: individuare applicazioni che non aggiungono valore e sistemi non aggiornati, obsoleti o che non funzionano adegua-tamente, e semplicemente "spegnerli". Cosa ancora più importante, mettere in collegamento progetti tecnologici e sfide essenziali dell'or-ganizzazione. Aggiunge Gopal: "L'innovazione concreta è questo, in sostanza". – L.L.

2010 • SMarT ENTErPrISE 15

"Questo è il momento per aumentare il livello di innovazione, non il contrario".

—Paolo Campobasso

Il passaggio della società alla virtualizzazione ha liberato una quantità tale di capacità che il CIO Petrisko ha attivato l'accesso a canone, su un cloud interno, alle applicazioni Project and Claims Management della società. "Per noi si tratta di un vero valore aggiunto" sostiene Petrisko, "ed è completa-mente basato sull'IT". Il social networking, un'altra diffusa tecnologia per l'innovazione concreta, offre strumenti semplici, a basso costo ma innovativi, inclusi wiki, blog, conferencing via Web e messaggistica istantanea. Horowitz di PWC, ad esempio, sta lavorando con un cliente che utilizza wiki e blog per stimolare discussioni interne all'intera azienda in relazione ai nuovi prodotti, in fase di preparazione per il lancio. "Anziché limitare il coinvolgimento nella discussione a progettisti, tecnici software e sviluppatori, viene sfruttato il potenziale dell'intera organizzazione, inclusi CIO, team IT e dirigenti", spiega Horowitz. Analogamente, in Canada, il CIO del governo Charette ha già appro-vato vari progetti di social networking. Uno di essi, denominato "GCpedia," è un wiki che consente a migliaia di dipendenti IT federali di collaborare e condividere le best practice. Un altro, "GCconnex," è uno strumento simile a Facebook, utilizzabile dai dipendenti per creare profili, pubblicare immagini e video e conversare in un ambiente protetto. "Si tratta di un fenomeno che la community sta spingendo praticamente da sola" sostiene Charette. "Non si potrebbe fermarlo nemmeno volendo".

Anche Charette in qualche modo si sente "spinta". Un nuovo capitolo, per la sua organizzazione IT, è costituito dall'offrire al pubblico canadese maggiore trasparenza in relazione alla spesa e alle finanze federali. Per questo ha raccolto una piccola community di esperti IT, allo scopo di condividere know-how e metodologie sull'argomento. Uno dei risultati ottenuti, dice Charette, è que-sto: "Le mie personali spese di viaggio e di alloggio, come quelle delle mie controparti nel settore pubblico, vengono pubblicate online ogni trimestre".

Anche UniCredit sta utilizzando la tecnologia wiki. Una delle iniziative della società, nota come Wiki-Fraud, è una piattaforma condivisa internamente costituita da un database di informazioni, in continua crescita, su molti diversi

modelli di frode finanziaria. In questo ambito i dipendenti UniCredit possono pubblicare e acquisire informazioni sull'argomento, e trovare modi innovativi per migliorare la sicurezza anti-frode, e quindi ridurne il rischio. L'istituzione bancaria europea condivide inoltre lo strumento Wiki-Fraud con partner selezionati su una rete protetta, chiedendo loro di contribuire e di condivi-dere informazioni. "Tutto è cominciato dalla nostra esigenza di condividere informazioni sui casi di fronde, modus operandi e misure preventive" spiega il responsabile Information Security Governance, Rotaru. "Lo strumento sta già contribuendo ad aumentare più rapidamente la consapevolezza sulle sicurezza anti-frode e a migliorare la nostra reattività".

Diventare innovatori concreti non significa, per i CIO, dover fare tutto da soli. I fornitori di soluzioni sono pronti e desiderosi di offrire soluzioni innovative, a un costo equo e con la volontà di collaborare con i clienti. "Non è necessario, per le organizzazioni IT, partire da zero in termini di nuove tecnologie" sostiene Gopal di CA. CA, ad esempio, aiuta i clienti a costruire "cloud interni", una serie di capacità tecniche che offrono servizi cloud-like, ma dall'interno di un'azienda. UniCredit sta considerando questo approccio: "Un cloud interno sembrerebbe la piattaforma ideale per noi, in termini di sicurezza per la clientela e in vista degli obiettivi di trasformazione dell'orga-nizzazione" sostiene Roberto Saracino, capo della sicurezza IT di UniCredit.

L'innovazione concreta consiste nel riconoscere la trasformazione che sta avvenendo, sostiene Gopal. "È la capacità della tecnologia di soddisfare le esigenze di business" aggiunge. CIO e altri esperti IT concordano che l'innovazione concreta è qui per rimanere, indipendentemente da quanto avverrà in termini di economia mondiale. "Anche in tempi di boom" sostiene Charette dal Canada, "la pressione sull'IT a rendere possibili processi sempre migliori e sempre più rapidi non cesserà mai". •

Larry LaNGE scrive di tecnologia ed è stato redattore capo presso TechWeb, PlanetIT.com, EE Times e IEEE Spectrum.

2010 • SMART ENTERPRISE 15

16 SMarTENTErPrISEMaG.COM immagine: erica Berger

l personale IT della Wharton School presso l'University of Pennsylvania ha davanti a sé una sfida complessa: garantire a dirigenti e imprenditori

di domani, e ai loro mentori, accesso alla tecnologia più recente, creando al tempo stesso nuovi servizi e prodotti che consentano alle comunità accademiche e amministrative di prosperare.

È un lavoro duro, sicuramente, ma Deirdre Woods, Vice preside e CIO Computing e IT di Wharton School, non vorrebbe niente di diverso. Essere di stimolo alla leadership di pensiero e creare e divulgare conoscenze è la missione primaria di uno dei principali istituti al mondo per la formazione aziendale: tutto il lavoro svolto da Deirdre e dal suo team IT va a supportare questa mission, dichiara. E si vede. La Wharton School continua a tracciare nuove strade in termini di attività a base IT: da ambienti di apprendimento avanzati a servizi di ricerca che stimolano l'ottenimento di ricavi, a una presenza sempre maggiore nel nuovo mondo dei social media, il tutto per la promozione e l'ampliamento della leadership del pensiero di Wharton School e del suo "marchio".

Il personale della Wharton School dispone di un'arma potente nel suo arsenale: quasi la metà del personale IT, 50 persone su 120, opera direttamente all'interno dei reparti accademici e amministrativi, lavorando fianco a fianco con i relativi dipendenti. Questo consente al personale IT assegnato a queste mansioni, che lavora singolarmente o in gruppi, di avere una conoscenza diretta delle esigenze e delle aspirazioni, da un punto di vista tecnologico, di questi soggetti.

"Se il personale IT non fosse costantemente presente nei dipartimenti e non lavorasse ogni giorno a fianco dei membri e del personale di facoltà, potrebbe non

cogliere le sfumature delle loro esigenze o perfino ignorare del tutto quali siano" afferma la Woods. Si tratta di un elemento che altri CIO comprenderanno fin troppo bene, sostiene Jennifer Perrier-Knox, Senior Research Analyst presso Info-Tech Research Group. "Troppi reparti IT sono tagliati fuori dalle esigenze e dalle richieste dell'attività e la comprensione reciproca semplicemente non esiste" sostiene. Questo perché, spesso, l'IT viene visto come un centro di costo, non come un enabler strategico, e a volte fatica a tenere il passo con le richieste del business.

Questa prospettiva "interna" ha aiutato la Woods e il suo team in una recente implementazione tecnologica: un aggiornamento tecnologico essenziale di decine di aule della Jon M. Huntsman Hall, la principale struttura di apprendimento interattivo dell'istituto. I membri di facoltà desideravano funzionalità specifiche, di cui discutevano con il personale IT presente nei loro reparti: tra di esse, la capacità di proiettare materiali diversi da dispositivi USB contemporaneamente su due schermi, il che richiedeva l'aggiunta di nuove attrezzature di switching video, e la capacità di aggiungere note a schermo da pannelli video integrati sui podii. Il team IT ha inoltre riprogettato il sistema video, con conse-guente sostituzione completa della relativa piattaforma middleware, per migliorare l'affidabilità e ridurre i tempi necessari per la pubblicazione dei video da parte dei membri di facoltà.

alla ricerca dell'innovazioneRapporti solidi funzionano nei due sensi: si prenda l'esempio dei Wharton Research Data Services (WRDS), un prodotto del quale la Woods è responsabile da un punto di vista tecnologico

alla Wharton School, un modello IT misto è la chiave

per la mission della CIo Deirdre

Woods orientata alla conoscenza.

| di Jennifer Zaino

Assetata di

I

conoscenza

Case study Innovazione concreta

16 SMARTENTERPRISEMAG.COM

2010 • SMarT ENTErPrISE 17immagine: name goeSHere

"Se il personale IT non fosse costantemente presente nei

dipartimenti e non lavorasse ogni giorno a fianco dei membri e del personale di

facoltà, potrebbe non cogliere le sfumature delle loro

esigenze o perfino ignorare del tutto quali siano."

—Deirdre Woodsvice preside e CIO, Computing e IT di Wharton School

La Wharton incontra il Web 2.0 Gli studenti sono creature sociali, quindi non sorprende che l'università sfrutti al massimo i social media.

L'utilizzo dei social media sta proliferando nel mondo aziendale: ha senso, perciò, che la Wharton School abbia reso la tecnologia parte della sua più ampia strategia di creazione e diffusione delle conoscenze.

Studenti, ex studenti e professori possono trovare la scuola su Facebook, Twitter e Flickr. Su Facebook, ad esempio, i lettori possono trovare informazioni su prossime lezioni sulla leadership, articoli da Knowledge@Wharton, il periodico di business online della scuola, o fotografie del primo giorno delle matricole sul campus. Dato che Facebook consente agli utenti di mostrare apprezzamento (o il contrario) pra-ticamente per qualsiasi cosa viene pubblicata, gli amministratori della scuola possono vedere cosa incontra il favore degli utenti e cosa no.

Deirdre Woods, Vice preside e CIO, Compu-ting e IT di Wharton School, sta trascorrendo tempo con gli studenti, in particolare con il gruppo MBA, per capire cosa pensino del sito Facebook interno loro dedicato. Alcuni vedono Facebook essenzialmente come un'attività sociale, e non desiderano fondere con questo ambiente contenuti legati alla scuola, men-tre altri, in particolare sul lato MBA, sono totalmente immersi in Facebook e desiderano fortemente la connettività.

Su Flickr, The Wharton School sta creando un ricco archivio fotografico. Gli studenti pos-sono vederlo com un annuario "vivente", e gli ex studenti collegarsi per vedere cosa succede all'istituto tra una riunione di ex alunni e l'altra.

L'account Twitter della scuola viene utilizzato per inviare rapidi avvisi sul corpo insegnante e sugli ex alunni che salgono agli onori della cronaca, e per monitorare l'opinione generale sulla scuola.

Quali vantaggi possono derivare da tutti i dati generati dagli utenti in relazione alla crescente presenza della Wharton sui social media? Non esiste ancora un piano formale, in particolare considerate le problematiche legate alla riservatezza ma, come minimo, la Wharton può utilizzare queste applicazioni per rimanere in contatto con le tendenze che sembrano avere importanza per i suoi destinatari.

"Siamo convinti che questi siano strumenti che gli studenti utilizzano e che le aziende utilizzeranno sempre di più nei prossimi due decenni" sostiene la Woods. "Per queste ragioni, è importante per la scuola essere coin-volta". Naturalmente, esiste la possibilità che l'apertura dell'istituto ai social forum attragga anche commenti negativi, preoccupazione condivisa da alcune aziende che si sono lanciate nella medesima avventura. Ma, secondo la Woods, questo non spaventa la Wharton. "Per come la vediamo, si parlerà comunque della scuola e verranno svolte attività che metteranno in evidenza il nome della Wharton nell'ambito dei social media; [perciò] esserci, creare collabo-razioni e avere un minimo di controllo su quelle informazioni, rendendo disponibili contenuti nostri, non può che essere positivo". – J.Z.

e di business. I WRDS sono stati lanciati nei primi anni '90 (prima che la Woods diventasse CIO), per facilitare l'accesso a oltre 60 diversi set di dati di business com-merciali. I WRDS sono una piattaforma di computing, un data warehouse e una piattaforma accade-mica comune relativa ai risultati della ricerca, che mette i ricercatori in condizione di svolgere il proprio lavoro.II servizio di ricerca dei dati di business offre agli utenti accesso immediato a dati finanziari, economici e di marketing mediante un'interfac-cia uniforme, basata sul Web. Questo servizio dati in hosting, fa notare la scuola, è diventata una vera e propria mecca per la ricerca sui dati quantitativi, ed è riconosciuto dalla comunità accademica e finanziaria di tutto il mondo come strumento leader di intelligence aziendale. Oltre 260

istituti ed enti pubblici, come la Borsa di New York e istituti "concorrenti" della Wharton, incluse le università di Harvard e di Stanford, versano un canone annuale di $ 37.500 per l'accesso allo stru-mento. Anche in periodo di recessione, il prodotto suscita grande interesse: l'anno scorso, la base degli abbonati è cresciuta di oltre il sette per cento.

Cosa porta le istituzioni a investire una cifra del genere anche in un momento di crisi? Pagano per la magia che i professionisti IT della Wharton sono in grado di operare rapidamente all'interno di tutte le diverse origini dati, decisamente onni-comprensive, dal CRSP (Center for Research in Security Prices), al Compustat di Standard & Poor, ai contributi dei membri di facoltà della stessa Wharton. Audit Analytics, ad esempio, fornisce agli utenti accesso a informazioni dettagliate sulle

procedure di revisione in relazione a oltre 1.200 studi contabili e 15.000 società quotate. I dati possono essere analizzati per consentire agli utenti di controllare chi stia eseguendo l'audit su quali aziende, e di creare report per revisore, compenso, ubicazione o settore.

Anche l'impatto del WRDS sull'ambiente didat-tico è significativo: poiché oggi sono accessibili in pochi minuti dati la cui raccolta e analisi, una volta, richiedevano settimane, i membri di facoltà possono utilizzare complessi set di dati finanziari live in aula e i docenti possono integrare facilmente i dati di ricerca nelle lezioni in aula e nei progetti degli studenti.

A oggi, quasi 100 terabyte di dati sono disponibili in rete tramite il WRDS, il che richiede un'infrastrut-tura di supporto decisamente solida. "In un certo senso, siamo un fornitore cloud, dato che questi dati vengono messi in condivisione" sostiene la Woods. "Sarebbe difficile per i vari istituti gestire l'infrastruttura richiesta da un prodotto come questo". Man mano che aumenta la dimensione dei set di dati, i ricercatori beneficiano dei vantaggi derivanti dalla gestione esternalizzata degli aggior-namenti, per mantenere intatte le serie storiche e unire i dati all'interno di set diversificati. Questo consente loro di dedicare più tempo alla ricerca vera e propria e meno a "pasticciare con i dati," nelle parole della Woods.

L'infrastruttura sottostante si è evoluta, pas-sando da un grosso computer multiprocessore all'architettura basata su griglia della Wharton. "Dati i prezzi ormai accessibili dei componenti informa-tici, è possibile riunirli e disporre di un'architettura a griglia decisamente sofisticata: così, anche se una macchina smette di funzionare, nessuno lo percepisce" dichiara.

Di recente, tuttavia, l'architettura di supporto è meno presente nei pensieri della Woods, rispetto al modo in cui i WRDS si evolveranno per offrire agli utenti nuove innovazioni. L'anno scorso, ad esempio, il team WRDS ha aggiunto nuove caratteristiche di interfaccia, incluso un modulo interattivo che genera domande frequenti mentre i membri digi-tano la propria richiesta all'interno del sistema, come parte degli sforzi della Wharton per semplificare l'utilizzo del sito. "Ci concentriamo maggiormente su servizi e interfacce e sull'accesso ai dati" sostiene. "Assistiamo alla crescita della domanda e dell'esi-genza di rendere l'accesso Web più sofisticato, per offrire un maggiore numero di strumenti".

Una partnership di successo Il team IT, insieme ai membri di facoltà, sta inoltre modificando le modalità di apprendimento degli studenti, attraverso gli Alfred P. West Jr.

18 SMARTENTERPRISEMAG.COM

2010 • SMarT ENTErPrISE 19

Learning Lab. I membri di facoltà propongono idee per applicazioni, specificando se debbano diventare courseware, strumenti online o simulazioni informa-tiche interattive di concetti di business e case study. Una volta approvata l'idea da parte del Learning Lab Committee, un team IT composto da 10 membri sviluppa i materiali didattici basati sulla tecnologia suggerita, inclusi scenari interattivi in tempo reale per l'utilizzo in aula. Le simulazioni, in particolare, sono essenziali per la scuola di formazione aziendale, in quanto i libri di testo non offrono le stesse opportunità di apprendimento di una simulazione interattiva. Concetti come la quota di mercato, la redditività o il tasso di interesse assumono concretezza quando sperimentati direttamente.

Queste simulazioni, inoltre, forniscono agli stu-denti la possibilità di correre rischi e di sperimentare metodi decisionali diversificati in un ambiente sicuro. Dopo ogni simulazione, i professori hanno accesso a un patrimonio di dati correlato alle decisioni prese, utilizzabile per avviare la discussione in aula.

"Le simulazioni di maggiore successo che svol-giamo sono giochi competitivi sincroni basati su turni" sostiene la Woods. "Ogni turno ha un risultato, e penso che questo renda i partecipanti più desiderosi di trovare la soluzione dei vari problemi… Non gio -chiamo per i l gusto di farlo, né svolgiamo simulazioni per modificare o soppiantare l'esperienza in aula, ma per fornire veicoli di apprendimento che possono migliorare l'esperienza in aula o di inse-gnamento". Uno dei recenti successi del lab è stato un'estesa simulazione progettata per gli studenti del prossimo MBA, che ha coinvolto 180 portatili, 288

computer di laboratorio (per ogni serie di studenti), 288 cuffie e almeno 120 dipendenti della Wharton. Creata da due membri di facoltà, è stata progettata per stimolare i concetti di leadership e lavoro di squadra nel contesto aziendale.

Erin Murphy, specialista apprendimento e

tecnologia, Learning Lab, Wharton Computing, ha scritto in un blog dell'University of Pennsylva-nia, "Engaging students Through Technology", di essere stata testimone diretta di come le simulazioni migliorino le sessioni in aula, trasformando un intero curriculum di studi.

"Posso dire con sicurezza di essere stata testimone di un intenso coinvolgimento" scrive la Murphy. "Gli studenti hanno assunto seriamente i propri ruoli nell'organizzazione e sono entrati veramente nel personaggio … Sono stata testimone diretta di immaginazione, creatività e lavoro di squadra e ho trovato affascinante osservare come, per ogni gruppo, nel corso dei quattro giorni della simulazione, sia emerso un leader".

Gli esperti concordano che si tratti di un'attività importante, che sta cambiando le modalità didatti-che non solo alla Wharton, ma in generale, sostiene Richard N. Katz, VP di Educause, un consorzio di oltre 2.000 college, università e società che promuove l'alta formazione tramite l'utilizzo intelligente dell'IT. "Molta parte di questa attività è straordinaria," sostiene Katz circa le simulazioni che supportano le attività di apprendimento odierne. È tutto parte di quello che la Woods chiama la "grande avventura della forma-zione nella gestione aziendale offerta da Wharton nel 21° secolo". •

JENNIfEr ZaINO, scrittrice con sede a New York,

ex redattrice delle riviste InformationWeek e Network Computing.

alla testa del gruppoESEMPIO DI INNOVAZIONE: Alfred P. West Jr. Learning Labs• Create 30 applicazioni utilizzate da sette dipartimenti accademici in oltre 35 corsi alla Wharton School, con

più di 38.000 esperienze da parte degli studenti.

• Le applicazioni vanno dalle aste al trading in tempo reale, dalla modellazione complessa alle competizioni sincrone multigiocatore, agli strumenti online e courseware.

• Il suo prodotto commerciale, Online Trading and Investment Simulator (OTIS), è utilizzato da circa 2.000 studenti a semestre in più di 80 college e università.

ESEMPIO DI INNOVAZIONE: Wharton Research Data Services (WRDS)• Forniscono accesso point-and-click a Compustat, CRSP, IBES/First Call, NYSE TAQ, Global Insight, Op-

tionMetrics e altri importanti database di ricerca aziendale.

• Offrono strumenti e programmi campione, come la gestione di studi su eventi, il testing di modelli di tarif-fazione delle risorse e il calcolo degli spread tra domanda e offerta su varie borse valori e titoli.

• Si appoggiano su un modello di architettura basato su griglia.

ESEMPIO DI INNOVAZIONE: L'esperienza in aula• I membri di facoltà possono proiettare contemporaneamente materiali diversi su due schermi ed eseguire

simulazioni a schermo dai podii.

• Gli studenti possono utilizzare dispositivi vari per il voto in aula.

• Rich Media Capture è disponibile in tutte le aule.

Deirdre Woods vice preside e CIO,

Wharton Computing e IT

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20 smartenterprisemag.com

Smart Practice

Il potere dellaVIrtualIzzazIone

La virtualizzazione sta aumentando vertiginosamente. Ma solo con una gestione efficace la tecnologia può accelerare il time-to-market, trainare l'eccellenza operativa e ridurre i rischi IT e di business. | di John W. Verity

Guarda il video di Bjarne Rasmussen, CTO & Senior VP EMEA di CA, sui principali trend emersi da una nuova ricerca europea sulla virtualizzazione

2010 • SMarT ENTErPrISE 21

L

Smart Practice

a virtualizzazione si è dimostrata una tecnologia tecnicamente praticabile e altamente affidabile, utile in un'ampia gamma di

sistemi IT aziendali. Tuttavia, molti CIO continuano a porsi alcune domande: Quali sono i vantaggi finanziari di questa tecnologia? Qual è il suo ROI? E quanto si può risparmiare?

La risposta, in una parola, è che la virtualizzazione porta con sé risparmi notevolissimi in termini di spese di capitale e operative, e un ROI significa-tivo. Questo è particolarmente vero quando i responsabili IT pianificano adeguatamente l'implementazione della tecnologia, il monitoraggio e la gestione costanti. In effetti, dopo aver preso in considerazione i risparmi in termini di consumi elettrici, condizionamento e spazi fisici, la virtualizzazione dei server in genere si ripaga in un periodo compreso tra sei e nove mesi, sostiene Rob Smoot, capo di vCenter Product Marketing in VMware, fornitore leader di software di virtualizzazione.

Questi risparmi sono destinati ad aumentare nei prossimi anni, dicono gli esperti, grazie ai continui miglioramenti del software hypervisor di VMware e altri, e a una nuova generazione di processori multicore da Intel e AMD, progettati specificatamente per la virtualizzazione. La virtualizzazione è "una gallina dalle uova d'oro da afferrare assolutamente" sostiene Jack Santos, Executive Analyst presso la società di ricerca Burton Group ed ex CIO che ha sovrainteso a svariati progetti di virtualizzazione. "È decisamente un ambito che non si può ignorare".

La virtualizzazione offre molti vantaggi economici, come concordano Santos e altri esperti: si parte da una notevole riduzione nel numero di ser-ver fisici di cui ogni azienda dovrà disporre, che dovrà tenere in funzione e gestire. Questa riduzione porta con sé consumi energetici ridotti, maggiore agilità, minor rischio e maggiore recuperabilità, sia dai problemi hardware di tutti i giorni che dai disastri veri e propri. Inoltre, dato che i componenti di base della virtualizzazione, o macchine virtuali (VM), sono definiti puramente a livello software, la tecnologia apre la porta a un'automazione ancora maggiore delle operazioni dei centri dati, incluso il provisioning. "La virtualizzazione consente agli amministratori di essere molto più produttivi e di concentrarsi su progetti strategici" sostiene Smoot di VMware. "Abbiamo clienti che oggi gestiscono centinaia di VM con un singolo amministratore, mentre la media di settore va da 30 a 50 computer [per admin]".

Alcune società hanno utilizzato la virtualizzazione per ridurre il numero di server fisici anche di dieci volte; tuttavia, anche una riduzione della metà porterà guadagni notevoli. Meno server significa livelli di utilizzo medi delle CPU più elevati, ad esempio, il che si traduce in maggiori livelli di produttività ottenuti da ogni server fisico.

Si consideri l'esperienza di AXA Technical Services, reparto di servizi per l'infrastruttura IT di AXA Group, una società globale di servizi finanziari. Prima di indirizzarsi alla virtualizzazione, l'utilizzo medio delle CPU per unità andava dal 5 al 10 per cento per ogni server fisico, il 15 per cento nel migliore dei casi, secondo Antoine Najjar, responsabile Architecture and Strategy di AXA. "Guardando all'ambiente virtualizzato, vediamo una media compresa tra il 35 e il 40 per cento: un miglioramento notevole, che peraltro offre ancora margine di crescita" dichiara. "La virtualizzazione è un elemento trainante di grande importanza per l'efficienza dei costi".

Dal 2003, AXA Technical Services ha mantenuto essenzialmente invariato il numero dei suoi server fisici (10.000 unità), creando al contempo

circa 5.000 nuove istanze di server virtuali. "La crescita a livello di server è stata completamente assorbita dalla virtualizzazione" dichiara Najjar. "Se non avessimo optato per la virtualizzazione, oggi avremmo circa 15.000 server fisici".

Analogamente, la Veterans Administration (VA) americana oggi scommette sulla virtualizzazione per ridurre fino al 50 per cento, all'interno di ospedali e altre strutture, lo spazio necessario a ospitare i server e le attrezzature correlate. Secondo Jeff Lush, CTO esecutivo, l'ente federale ha virtualizzato indicativamente il 10 per cento dei suoi circa 15.000 server, molti dei quali in vari punti del Paese, installati qua e là, magari in sgabuzzini e simili, e si sta muovendo in modo aggressivo per ampliare questo numero.

Riduzioni di questo livello possono portare le aziende a ottenere notevoli cali nella spesa per lo spazio fisico, i consumi elettrici e il condiziona-mento. In linea di massima, il condizionamento di un server richiede tanta elettricità quanto il suo funzionamento. Di conseguenza, quando un server

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Passaggi chiave per la virtualizzazioneRoger Pilc, VP Corporate Senior VP e General Manager di CA, presenta cinque linee guida per il successo:

• PrOfILarE I CarICHI DI LavOrO: ogni carico di lavoro si comporta in modo diverso e ha requisiti propri in termini di CPU, memoria, storage e rete. L'analisi di questi parametri è il modo migliore per selezionare i carichi di lavoro da eseguire insieme su un dato host fisico, assicurando che ognuno rispetti lo SLA relativo ed evitando l'acquisizione di hardware superfluo.

• UN PaSSO aLLa vOLTa: ottenere successi immediati contri-busce alla fiducia del management aziendale nella virtualizzazione. Controller di dominio, server di stampa e file server, nonché server di applicazioni, sono gli ambiti più a portata, immediatamente seguiti dalle applicazioni a basso rischio.

• PENSarE a SErvEr E STOraGE IN COMBINaZIONE: dato che queste due tecnologie lavorano insieme, virtualizzarle con-temporaneamente può consentire di evitare problemi costosi in futuro.

• PENSarE IN TErMINI DI "SINGLE PaNE Of GLaSS": la virtualizzazione mette in movimento una serie di nuovi oggetti. Optare per strumenti che monitorano e gestiscono tutti questi strumenti in modo olistico, per facilitare la risoluzione dei problemi come la gestio-ne delle prestazioni.

• PENSarE IN TErMINI DI GESTIONE DELLa vIrTUaLIZ-ZaZIONE: aumentare l'agilità dell'IT mediante l'automazione, per rispondere dinamicamente e in tempo reale alle richieste di business in evoluzione. Ridurre i costi tramite razionalizzazione di processi complessi e rendendo possibili pratiche più snelle. Migliorare la qualità dei servizi gestendo in tempo reale le prestazioni dei livelli essenziali di servizio. Infine, ridurre i rischi mediante la gestione delle configurazioni e delle modifiche in tempo reale e con la gestione dei privilegi utente.

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La virtualizzazione cambia tutto

La virtualizzazione sta rivoluzionando le organizzazioni IT. Le modifiche partono diret-tamente dall'interno dei server esistenti. I più recenti microprocessori di AMD e Intel sono stati progettati specificatamente per i server virtuali. Oltre a svolgere maggiori volumi di lavoro con consumi inferiori, le microarchi-tetture Nehalem di Intel e Istanbul di AMD includono istruzioni specializzate che danno particolare impulso alla capacità di focalizzarsi su uno di un qualsiasi numero di server guest, o macchine virtuali (VM), dai quali provengano le richieste.

In effetti, in combinazione con la release più recente del software di virtualizzazione di VMware, vSphere 4.0, i chip rendono possibile l'esecuzione di un crescente numero di applica-zioni con la medesima rapidità su server virtuali rispetto ai server fisici o perfino, in alcuni casi, con una velocità leggermente maggiore. Dato che questo, fondamentalmente, elimina il princi-pale svantaggio dell'utilizzo della tecnologia di virtualizzazione, l'idea di centri dati totalmente virtualizzati diventa all'improvviso fattibile e attraente allo stesso tempo.

"Le cifre sono troppo convincenti per venire ignorate" sostiene Steve Kaplan, VP Data Cen-ter Virtualization Practice di INX Inc., società di servizi IT professionali con sede a Houston. "Oggi anche i server di maggiori dimensioni possono essere virtualizzati. Questo fornisce un livello totalmente nuovo di risparmi sui costi, derivanti dal consolidamento hardware e dai

minori costi delle licenze software, e dal fatto che gli ambienti virtualizzati possono essere resi più sicuri e semplici da gestire".

Perfino i server e-mail, generalmente considerati candidati poco adatti alla virtualizza-zione, a causa dei volumi elevati di transazioni, stanno soccombendo. La marina americana, ad esempio, sta utilizzando vSphere per l'hosting di un server Microsoft Exchange che gestisce circa 500.000 caselle di posta, sottolinea Jim Sweeney, Principal Solutions Consultant di GTSI, un fornitore di servizi IT professionali per il settore pubblico.

La virtualizzazione può inoltre dissolvere i silos organizzativi nei più ampi centri dati odierni. Team server, storage e di networ-king, oggi talmente isolati, sostiene Kaplan, che "spesso, non incontrano mai tra loro", possono venire unificati in un unico centro dati. Risultato: i centri dati saranno più semplici da gestire in modo strategico, essendo i CIO finalmente liberi dalle modalità di lavoro del passato, tattiche e vincolate a una logica di budget. "La virtualizzazione uniformerà la situazione" afferma Kaplan. L'eventuale centro dati totalmente virtualizzato richiederà una gestione efficiente. Molti ambienti virtualizzati sono già affetti da overprovisioning, secondo gli esperti, e applicando i dati analitici questa situazione può essere migliorata dal 30 al 50 per cento. In questo modo, i reparti IT possono ottenere il massimo ritorno dalle risorse fisiche restanti. – J.W.V.

fisico viene virtualizzato, i soli risparmi elettrici possono essere significativi.

Inoltre, le nuove architetture con microprocessori multicore, come il Nehalem di Intel, possono aumen-tare i livelli di clock e ridurre i consumi elettrici dei singoli core del processore. Si tratta di un'opportunità per risparmi ulteriori in termini di spese operative. Risparmi ancora maggiori possono essere ottenuti nell'area della gestione sistemi: ma il calcolo, in questo caso, può essere complicato e, come amano dire i costruttori di automobili, i consumi possono variare. Da un lato, un minor numero di server fisici tende a significare una semplificazione dell'attività di gestione. Dato che le VM in esecuzione come guest su questi server host sono essenzialmente file digitali, gran parte della loro gestione (provisioning, bilan-ciamento dei carichi, recupero da guasti e così via) può essere automatizzata mediante script predefiniti. D'altro lato, la virtualizzazione crea un nuovo livello

di infrastruttura da gestire; le VM possono sfuggire al controllo se non gestite adeguatamente, condu-cendo all'espansione incontrollata delle macchine virtuali e ad aumentati costi di gestione.

"In teoria, è possibile eseguire l'ambiente virtua-lizzato con un numero minore di persone" sottolinea Roy Illsley, Senior Analyst presso i market watcher Ovum Ltd., "ma solo prendendo davvero il toro per le corna". Essenzialmente, questo significa riorga-nizzare il reparto IT sia per impiegare le persone con la massima efficacia, sia per sfruttare appieno le nuove sinergie che la virtualizzazione rende possibile. Tra i vantaggi, la capacità di eliminare i silos operativi, rendendo l'IT più concentrato sul business, e consentendo alle sue risorse di riallinearsi per una maggiore efficienza. Ma un errore comune, sottolinea Illsley, è creare un team di virtualizzazione separato rispetto a chi monitora rete, desktop, data-base, applicazioni e altri aspetti dell'IT. Dato che la

virtualizzazione tende a stemperare le suddivisioni e le routine di lavoro tradizionali, una definizione non corretta dei team può assecondare la tendenza ad assegnare le colpe in caso di problemi.

"Per apportare le necessarie modifiche strutturali serve un CO deciso" sostiene Illsley. "Le persone lo capiscono, ma pensano che la virtualizzazione distruggerà l'IT e condurrà a un servizio di cattiva qualità a causa della transizione. Per il CIO, si tratta quindi di una spada a doppio taglio". La soluzione, aggiunge, è che il CIO si assicuri il supporto delle alte sfere, e quindi accetti la sfida con decisione.

Ma Smoot di VMware sostiene che una completa riorganizzazione del reparto IT può non essere necessaria. In effetti, la virtualizzazione rende i centri dati più facile da gestire anche senza modifiche organizzative, dichiara. Se, ad esem-pio, un server ha un problema alle 2 di un sabato mattina, "con la tecnologia VMware si verifica un failover automatico a una nuova macchina host machine o VM in mirroring, con impatto scarso o nullo sugli utenti finali" dichiara. Se necessario, un amministratore potrà essere avvisato via Blackberry e, accedere al complesso dei server, visualizzare la console di gestione completa sul PC di casa e risolvere il problema.

Incredibilmente potenteLa flessibilità e l'agilità sono invariabilmente argomenti chiave in ogni discussione sulla virtualizzazione, dato che ciascuno può apportare un notevole ritorno economico. Il provisioning o la replica delle macchine virtuali risulta straordina-riamente semplice quando aumenta la domanda per una particolare app o servizio, in seguito alla modifica delle condizioni di business. "La virtua-lizzazione è un ambiente dinamico che consente di essere altamente reattivi e di fornire nuova capacità per garantire i livelli di servizio" sostiene Smoot. "Questa agilità è incredibilmente potente".

Lush di VA concorda: "Alla fine, il nostro reale obiettivo è ottimizzare l'esperienza del cliente" dichiara. "Ovviamente, ci aspettiamo che la vir-tualizzazione ci consenta di risparmiare denaro, di essere più rispettosi dell'ambiente e molto altro. Ma la vera domanda è: cosa possiamo fare perché le applicazioni siano più veloci e sempre disponibili? Quel che offre la virtualizzazione è computing a richiesta: quando la richiesta aumenta, possiamo allocare dinamicamente nuove risorse per soddisfarla".

La capacità della virtualizzazione di eseguire a richiesta il provisioning delle risorse IT può ridurre i rischi. Ad esempio, suggerisce Illsley, quando un reparto marketing lancia una campagna online, la necessaria potenza di calcolo viene stimata come parte del processo di budgeting.

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Se si fa affidamento su un server fisico, esiste il rischio che la macchina sia troppo limitata per il processo, con conseguente perdita di opportunità, o troppo potente, con conseguente spreco di denaro. "Ma nel mondo virtuale esiste il concetto di pool di risorse" spiega Illsley. "Se le cose vanno bene, l'azienda può semplicemente aggiungere un altro server virtuale. Il costo di un eventuale insuccesso si riduce notevolmente".

Inoltre, i dirigenti IT possono fare in modo che utenti meno tecnicamente preparati, in altri reparti, eseguano allocazione e provisioning dei server per un tempo limitato, utilizzando una semplice interfaccia Web self-service. Questo tipo di self-provisioning può avere successo con i corretti strumenti di gestione e le corrette strategie, per consentire agli amministratori di assumere facilmente il controllo dei pool di ser-ver fisici e virtuali, profili utente e procedure di creazione automatizzate. CA Spectrum® Auto-mation Manager include queste capacità out-of-the-box Senza una visione olistica, tut-tavia, possono sorgere nuovi tipi di problemi. C'è la proliferazione delle macchine virtuali, ad esempio, sostiene Aid Galijatovic, direttore Product Management in CA, la situazione in cui le VM proliferano e consumano risorse, anche dopo essere diventate superflue.

Ancora più problematica, aggiunge Galijatovic, è la sfida connessa alla diagnosi dei guasti che influenzano la capacità dell'IT di soddisfare gli SLA. La causa di un'interruzione dei servizi o di un rallentamento è un problema hardware, un problema a livello di hypervisor, o una problema-tica software su una VM guest? Se questi diversi livelli dello stack tecnologico sono monitorati e gestiti in modo reciprocamente indipendente, valutare il flusso degli avvisi può richiedere troppo tempo, così come arrivare alla causa principale del problema che influenza il livello di servizio. È molto più efficace monitorare e gestire risorse fisiche e virtuali tramite un single pane of glass.

"Intendiamo decisamente gestire insieme i server virtuali e i server fisici" sostiene Najjar di AXA. "In passato, la gestione avveniva per singola istanza, ma speriamo di ottenere una visuale più completa ed esauriente dell'ambiente virtuale".

End-to-endLa maggioranza delle soluzioni puntuali con visi-bilità sul livello hypervisor non sono integrate con le più ampie soluzioni di monitoraggio aziendale, nota Jay Wink, Solutions Architect di CA. "Il tutto finisce per trasformarsi in un buco nero" dichiara. Il rischio è che il centro operativo di rete (NOC) possa interpretare gli allarmi come provenienti dalle VM quando, in effetti, la problematica è relativa all'hypervisor sottostante. Quindi il NOC

finisce per "mordersi la coda" nel tentativo di individuare il motivo del problema prestazionale. "Per ottenere un monitoraggio efficace, i clienti richiedono una soluzione aziendale in grado di determinare la causa prima del problema all'interno dei diversi silos tecnologici: applica-zioni, rete, sistemi (incluso l'ambito virtuale) e database" sostiene Wink. "Con questo livello di monitoraggio end-to-end, è possibile superare i problemi prestazionali prima che influenzino l'utente finale".

La riallocazione dinamica delle risorse che la virtualizzazione rende possibile va a vantaggio dei piani di disaster recovery e di business con-tinuity. Gli strumenti di monitoraggio e gestione possono riconoscere automaticamente i segnali di un sistema problematico, e migrare quasi istantaneamente i carichi di lavoro di produzione a server alternativi o, se è necessario, a computer in standby presso centri dati remoti. Questo elemento, da solo, ha rappresentato un grosso punto a favore della virtualizzazione, ricorda Santos di Burton Group. Quando lavorava come CIO, pre-virtualizzazione, sostiene Santos, "due o tre volte l'anno, mandavo una ventina di persone presso un centro dati remoto per una settimana di prove di disaster-recovery. Questo richiedeva ovviamente molta manodopera e costi elevati. Ma una volta arrivati i server virtuali, tutto si è ridotto a girare un interruttore, o quasi, dopodiché basta mandare soltanto due o tre persone per le prove, e per un massimo di due o tre giorni". Aggiunge Smoot di VMware: "La virtualizzazione consente il disaster recovery per tutte le app virtualizzate, non solo per le pochissime ad alta priorità". La tecnologia è semplice da configurare e collaudare, aggiunge, e per i CIO può non essere necessario un centro dati duplicato. "I risparmi [sulle spese in conto capitale] sono notevoli, dato che non è necessario un rapporto uno a uno tra sito attivo e sito passivo" dichiara. "Ad esempio, è possibile utilizzare l'infrastruttura di sviluppo software per il disaster recovery: una replica esatta dell'hardware di produzione non è necessaria".

In ogni caso, gli esperti consigliano ai CIO di valutare con attenzione la tecnologia prima di implementarla. Sfruttare tutti i vantaggi tecnici ed economici della virtualizzazione richiede ben altro che l'acquisto del software per la creazione delle macchine virtuali. Una chiara comprensione

dell'infrastruttura hardware e software esistente di un'azienda (com'è configurata e come funziona ogni minuto e ogni giorno) è fondamentale. Altrettanto lo sono una pianificazione e una preparazione attente.

Jim Sweeney, Principal Solutions Consultant di GTSI, un fornitore di servizi IT professionali per il settore pubblico, sostiene che molti clienti sono troppo facilmente attratti dall'idea di virtualizzare i server e troppo riluttanti a considerare con attenzione in che modo ottenere i relativi risparmi. Non vogliono fare valutazioni, ma semplicemente procedere. Sweeney definisce questo approccio l'insidia n.1. "Semplicemente non dispongono di informazioni sufficienti sul comportamento dei loro sistemi, ad esempio esattamente quanta CPU, memoria e rete ogni app stia utilizzando" spiega. "Vogliono soltanto partire con l'attività". Ad aumentare ulteriormente la posta in gioco, molti dirigenti aziendali non tecnici continuano a vedere la virtualizzazione come un'impresa in qualche modo esotica. Il fatto che i clienti finali e i responsabili applicazioni siano esitanti alla reciproca condivisione dell'infrastruttura è probabilmente il principale ostacolo all'adozione della virtualizzazione e alla piena realizzazione dei suoi vantaggi economici. Se un app crea problemi nelle prime fasi del passaggio alla virtualizzazione, la percezione sarà negativa. Qualsiasi problema di alto profilo avrà un impatto importante sul ritmo del progetto e, di conseguenza, sul ROI. È essenziale, quindi, valutare ogni app come un potenziale candidato per la virtualizzazione. Una pianificazione dettagliata è fondamentale per il successo di queste distribuzioni, dicono gli esperti. Apparentemente, l'ideale è partire con i piedi di piombo, e solo in un secondo tempo diventare più aggressivi. Guardare ai livelli di rischio operativo e mettere in discussione i presupposti uno per uno, app per app, man mano che si procede.

Smoot di VMware concorda: "È importante pensare ai carichi di lavoro prima di consolidare i server" dichiara. "Alcune applicazioni richiedono una quantità di I/O; altre di cicli CPU. È necessaria una strategia per bilanciare questi diversi requisiti". In altre parole, la pianificazione per il successo è virtualmente essenziale. •

JOHN W. vErITy scrive di tecnologia da Santa Rosa, Calif.

“ la virtualizzazione consente il disaster recovery per tutte le applicazioni virtualizzate, non solo

per le pochissime ad alta priorità."

—Rob Smoot | Responsabile vCenter Product Marketing | VMware

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Il cielo e oltre? Il cloud computing rappresenta una modifica essenziale del modo in cui le aziende impiegano e utilizzano le risorse IT. | di alan Joch

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Sempre più in alto: il prossimo livello di cloud

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Per iniziareCloud computing

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i CIO che mirano a massimizzare il loro impatto sul business, il cloud computing offre vantaggi notevoli. Il cloud computing promette alle organizzazioni accesso a richiesta a un pool di risorse di computing che può aumentare o ridursi automaticamente in base alle esigenze.

Questo significa che l'IT (o perfino gli utenti aziendali) può avviare nuovi progetti con sforzo o interazione minima, e pagando solo per la quantità di risorse effettivamente utilizzate.

"La cloud offre una quantità di vantaggi, inclusi risparmi sui costi, maggiore flessibilità e rischio ridotto" sostiene Mark Zalubas, CTO del system integrator Merlin International. "Ma i responsabili IT devono avere ben chiaro cosa stanno tentando di ottenere con il passaggio alla cloud".

Eppure, in base alle statistiche utilizzate, solo da un quarto a metà di tutti i reparti IT hanno progetti di cloud computing effettivi in corso. Non solo: la maggioranza di essi coinvolge solo sistemi selezionati. Quindi, in che modo le aziende possono intraprendere la strada verso il cloud computing? I veterani del cloud suggeriscono ai CIO di partire da questi sei passaggi.

fase 1: imparare la linguaLa cloud è disponibile in una varietà di opzioni, ognuna indi-cata per una diversa esigenza. Il successo di questa tecnologia dipende dal fatto che tutti, all'interno dell'organizzazione, comprendano queste differenze. "Finché tutti i leader tecnici e di business non sono allineati sul significato da dare al cloud computing, non potranno non esserci incomprensioni e passi falsi" sostiene Jack Storage, CTO di Infocrossing, un fornitore di infrastrutture di gestione IT.

La distinzione fondamentale è tra cloud privato e pubblico. La cloud privata funziona dietro il firewall di un'azienda o in relazione a risorse dedicate, gestite per uso esclusivo del cliente, da parte di un fornitore di servizi terzo. La cloud pubblica consente a più clienti di condividere risorse da un pool di centri dati, per soddisfare le proprie esigenze di business. "Una volta stabilito esattamente quali risorse IT siano disponibili" consiglia Zalubas di Merlin, "ci si trova nella condizione ideale per valutare quali tipi di cloud offriranno i maggiori vantaggi".

Le risorse disponibili tramite cloud includono: • Software come servizio (SaaS): collega gli utenti azien-

dali alle applicazioni di business, eseguite offsite da un fornitore dell'applicazione. Patch di sicurezza, aggiornamenti e messa a punto delle prestazioni sono responsabilità del fornitore.

• Piattaforma come servizio (PaaS): fornisce un ambiente di programmazione con strumenti per consentire agli svilup-patori aziendali di creare applicazioni nuove o riviste, senza dover disporre del software o dei server. Infrastruttura come servizio (IaaS): offre potenza di calcolo, storage e ampiezza di banda sotto forma di servizi a consumo, analogamente a quanto avviene, ad esempio, per l'elettricità. Il vantaggio è la maggiore flessibilità. "Uno dei nostri grandi clienti necessita, un paio di volte l'anno, di un picco di capacità informatica" spiega Mark Melvin, CTO di ePlus Techonology, system inte-grator e fornitore di servizi gestiti. "Risulta economicamente più efficace acquistare questa potenza di calcolo per un paio di settimane via cloud, che possedere fisicamente tutti quei server che sprecano energia, occupano spazio e devono essere gestiti durante tutto l'anno".

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fase 2: seguire la pista economicaPrima di decidere se un'applicazione o un servizio IT è destinato al cloud, esaminare i dati relativi ai costi attuali. Non limitarsi alle fatture originali e alle licenze per sito, ma considerare le spese ordinarie per manutenzione, elettricità e condizionamento, personale e strutture. "Non avendo, in molti casi, il controllo dei costi strutturali all'interno dei propri budget, spesso ai CIO sfuggono cifre importanti in relazione ai centri dati odierni" mette in guardia Melvin di ePlus.

Per quanto riguarda il nuovo ambiente, fare attenzione ai costi nascosti correlati al cloud, come spese aggiuntive per l'aumento della larghezza di banda ad alta velocità e per la protezione delle connessioni a Internet. Se i costi sono troppo elevati, il passaggio potrebbe non avere senso. Per cominciare, molte organizza-zioni costruiscono un cloud privato interno a scopo di sviluppo delle applicazioni e di test. "AppDev è un'ottima scelta, potendo fungere da pilota per la potenziale riduzione dei costi generata dai cloud" sostiene Bill Lesieur, Direttore ricerca presso Aberdeen Group, uno studio di ricerca tecnologico. "Inoltre, non presenta rischi diretti per la sicurezza che possano essere oggetto di obiezioni a livello esecutivo". fase 3: bloccare alla radice il potenziale scontro culturaleQuando si costruiscono i sistemi cloud, non sottostimare la potenziale

opposizione di altri ambiti. "Generalmente, non è la tecnologia l'ostacolo principale" sostiene Storage di Infocrossing. "È la resistenza al cambiamento".

L'opposizione può venire perfino dall'interno del reparto IT. "Non potrei prendere sviluppatori che abbiano creato applicazioni client-server per la maggio-ranza della loro carriera e traghettarli al modo di pensare "cloud", sostiene Doug Menefee, CIO di Schumacher Group, società di servizi di gestione e assunzione per reparti ospedalieri di pronto soccorso, che ha recentemente avviato un progetto cloud. (vedere barra laterale, "Amici nelle alte sfere" a sinistra)

È una buona idea includere in questo processo gli utenti aziendali. Pedro Leite, responsabile senior e capo dei servizi professionali di Mainroad, un for-nitore di outsourcing IT con sede a Lisbona, in Portogallo, chiede ai soggetti di business di identificare i servizi che considerano assolutamente indispensabili. "Nella nostra soluzione di disaster recovery, svolgiamo un'analisi di valutazione del rischio e dell'impatto per i clienti" afferma Leite. "Quindi, spieghiamo come una soluzione cloud possa consentire di ripristinare questi servizi molto più rapidamente delle soluzioni tradizionali".

Se sul lato aziendale continua a esserci opposizione al passaggio al cloud computing, gli esperti consigliano di creare un portale aziendale utilizzabile dal personale per richiedere e ricevere rapidamente servizi aggiuntivi dal cloud. "Una volta toccata con mano questa agilità" sostiene Steve Oberlin, Distinguished Engineer nell'ufficio del CTO di CA, "diventa chiaro perché si dovrebbe consentire la condivisione dell'infrastruttura".

fase 4: muoversi alla luce del sole Quando si muovono i primi passi nel cloud, non stupirsi di scoprire che implemen-tazioni cloud non approvate dall'IT sono già attive all'interno dell'organizzazione. Basta una carta di credito aziendale perché i dirigenti possano creare "cloud nascoste" esterne, iscrivendosi a una gamma di servizi di cloud pubblici, incluse le applicazioni di gestione dei rapporti con il cliente e lo storage ad hoc. Fortu-natamente, nuove suite di strumenti di gestione consentono ai CIO di ottenere il controllo su implementazioni autorizzate e ad hoc.

fase 5: essere prontiAnche se la maggioranza dei progetti di cloud computing ha successo, i CIO dovrebbero assicurarsi di avere un piano per cambiare fornitore per ogni evenienza, o per aggiungere risorse in-house se le esigenze di business si modi-ficassero. David Linthicum, Principal e specialista di cloud computing presso lo studio di consulenza Booz Allen Hamilton, consiglia ai leader IT di porre una serie di domande prima di affidarsi a un fornitore cloud. Ad esempio: A quale piattaforma siete in grado di eseguire il passaggio? Quanto tempo è richiesto per il passaggio? Quali competenze interne sono necessarie? Consiglia quindi di tracciare un grafico di Gantt, un tipo di grafico a barre utilizzato per la piani-ficazione di progetto, per definire l'ambito del progetto e stimare costi correnti e futuri. "È sempre bene creare in anticipo un piano B" sostiene Linthicum.

fase 6: fare il grande passoAlla fine, esiste un solo modo per scoprire i vantaggi del cloud computing, sostiene Story di Infocrossing: "Buttarsi e sporcarsi le mani". Story ha insistito perché tutti nell'ufficio del CTO aprissero un account con un fornitore cloud, per verificare direttamente il potenziale della tecnologia. "È un problema di educazione" sostiene Storage. •

aLaN JOCH scrive di business e di tecnologia.

amici nelle alte sfereEsigenza di ottenere il supporto dei dipendenti per un progetto di cloud computing? Il CIO di Schumacher Doug Menefee si è reso conto che aiuta, anzitutto, avere il supporto del CEO.

All'avvio di un progetto di cloud computing, aiuta avere il supporto delle alte sfere. È quello che ha imparato Doug Menefee. Menefee è il CIO di Schumacher Group, una società di servizi di gestione e ammi-nistrazione del personale per i reparti ospedalieri di pronto soccorso, con sede a Lafayette, LA. Menefee ha avviato una strategia basata sul cloud computing alla fine del 2005, appena pochi mesi dopo essere stato nominato CIO, con l'obiettivo di stimolare la business continuity mediante l'impiego dell'applicazione SaaS (Software as a Service) di salesforce.com.

Tuttavia, alcuni degli sviluppatori IT della società non erano entu-siasti del passaggio al cloud: entro pochi mesi dall'annuncio del piano, il livello di turnover del reparto IT aveva raggiunto i suoi massimi. "A un certo punto ho pensato che non ce l'avrei fatta. e che come CIO sarei durato un anno" ricorda Menefee.

Il supporto del CEO, insieme ad alcune nuove assunzioni, ha man-tenuto la strategia cloud di Schumacher sui giusti binari. Entro l'inizio del 2009, metà dei servizi di business aziendali, inclusa una varietà di applicazioni di business e di risorse dei centri dati, funzionavano su cloud di terzi. Quest'anno, la stessa quota dovrebbe arrivare al 75 per cento.

Non solo: il turnover dei dipendenti IT è oggi inferiore all'1 per cento. "Ho la fortuna di lavorare in un'organizzazione che vede l'IT come una risorsa strategica [anziché come] un centro di costo" sostiene Mene-fee. "Questo ci mette in condizione di muoverci con aggressività molto maggiore rispetto ad altre realtà". – A.J.

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26 SMARTENTERPRISEMAG.COM26 SMarTENTErPrISEMaG.COM

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n pochi anni, il cloud computing sta per diventare, da curiosità tecnica, una risorsa praticabile per molte infrastrutture IT moderne. Ma come sanno bene coloro che l'hanno adottato per primi, realizzare tutti i

vantaggi tecnici e di business del cloud computing richiede nuovi modi di gestire l'IT. Questo perché i CIO, oggi, stanno creando ambienti di pro-duzione IT eterogenei, che combinano infrastrutture IT tradizionali con cloud privati e pubblici, e fornendo l'informatica come servizio. Secondo questi primi utenti, i CIO che desiderano beneficiare di tutti i vantaggi di questa eterogeneità necessiteranno di nuovi strumenti e nuove pratiche di gestione IT.

Il cloud computing sta diventando prevalente in primo luogo perché offre ai CIO una serie di notevoli vantaggi, tra i quali riduzione dei costi operativi, maggiore scalabilità, implementazione più rapida e migliore rapporto tra IT e business. Tutti elementi che qualsiasi CIO vedrebbe con favore.

Forse, però, il vantaggio più importante è che i CIO oggi possono pensare al computing come una risorsa più dinamica: cicli CPU, byte di storage o I/O di reti virtualizzate non sono più vincolati alle applicazioni. Al contrario, il cloud computing consiste nell'attingere a pool di capa-cità, per sfruttarli solo nella misura necessaria. Se una data applicazione richiede più potenza di calcolo, l'IT può semplicemente aggiungerla, anziché comprare un nuovo server.

"La tecnologia di cloud computing ha creato nuove opzioni per le situazioni di carico di picco" sostiene Marty Sunde, VP Senior per Infra-structure Management Services and Customer Data Integration di Acxiom Corp., un fornitore globale di servizi di marketing interattivi e gestione infrastruttura, con sede a Little Rock, Ark. "In passato, non valeva la pena, tecnicamente o finanziariamente, di considerare un noleggio di breve periodo o specializzato per soddisfare un'esigenza di business. In futuro, tuttavia, aziende di tutte le dimensioni avranno a disposizione una serie di opzioni praticabili".

Sicuramente, i CIO più all'avanguardia stanno iniziando a far funzionare il cloud computing. Il dieci per cento delle aziende globali attualmente sta pia-nificando sistemi cloud, secondo uno studio Kelton Research; negli Stati Uniti, questa cifra arriva quasi al 25 per cento. Soltanto tra gennaio e settembre 2009, le attività di pianificazione e collaudo legate al cloud computing sono cresciute di un incredibile 320 per cento, ha evidenziato lo studio. Guardando al futuro, un'altra recente indagine, condotta da Evans Data, evidenzia che

quasi metà di tutti gli sviluppatori IT prevedono di distribuire applicazioni aziendali tramite cloud privati entro l'anno.

Portare la tecnologia di cloud computing al prossimo livello richiede nuove strategie e nuovi strumenti di gestione della rete. Ad esempio, quando Inteva Products, un produttore di interni auto di Troy, Mich., si è diviso da Delphi Automotive nel marzo 2008, il CIO Dennis Hodges sapeva che il cloud computing sarebbe stato parte della manovra. "Migliorare l'allineamento tra IT ed esigenze di business è, ogni anno, l'elemento chiave per i CIO" sostiene Hodges.

Un nuovo ruoloHodges ha cercato di evitare quello che definisce "il gruppo a due marce" (il team ERP da una parte, e tutti gli altri), che avrebbe prosciugato il suo budget. Ha quindi migrato al cloud il sistema e-mail di Inteva e la rete WAN. Allo stesso tempo, ha sostituito un sistema ERP interno con un'of-ferta software come servizio (SaaS) di Plex Systems. Un vantaggio chiave dell'adozione dei servizi cloud e SaaS: Hodges oggi ha promosso circa l'80 per cento del suo personale IT ad analisti di business.

Ovviamente, Hodges non ha potuto passare al cloud la totalità dei sistemi. I sistemi di produzione di Inteva, ad esempio, restano gestiti singolarmente presso gli stabilimenti della società. Questo perché ogni stabilimento deve assemblare e fornire le corrette combinazioni di cruscotti e accessori all'interno di 3.000 variazioni possibili, e farlo entro una fine-stra temporale minuscola, di appena due ore. Le comunicazioni al cloud creavano un possibile point of failure che, secondo Hodges, Inteva non poteva permettersi. Il passaggio di Inteva evidenzia inoltre due aspetti chiave per i CIO che vogliono portare la tecnologia cloud oltre la fase pilota.

Primo, i CIO non dovrebbero più pensare al passaggio dei servizi al

Cloud computing: sempre più in altoPronti a portare il cloud computing oltre la fase pilota e a farlo diventare mainstream? Nuovi approcci possono posizionare la strategia dell'azienda sulla strada per il successo. | di erik sherman

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Guarda il video su come Logicalis, insieme a CA, Cisco e NetApp ha creato la Cooperative Enterprise Cloud Service.

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l cloud computing rappresenta un cambiamento rivoluzionario per i CIO e le loro organizzazioni IT. Ma a ogni modifica alle fondamenta dell'IT si accompagna un certo livello di rischio, e il cloud computing non fa eccezione. Fortunatamente, stanno emergendo nuovi strumenti,

approcci e best practice che possono consentire ai CIO di mantenere i progetti di cloud computing sicuri e protetti.

La sicurezza è una problematica primaria per il cloud computing. Una recente indagine di CIO.com ha rilevato che il 51 per cento dei CIO ritiene la sicurezza la principale preoccupazione in relazione al cloud computing; una cifra in aumento del 45 per cento rispetto all'anno prece-dente. Più spe cificatamente, due problematiche cloud presentano sfide per i leader IT: perdere il controllo sui dati, e perdere in trasparenza sui processi di gestione IT e sulle tecnologie necessarie per la conformità normativa.

La tecnologia cloud pone inoltre ai CIO una nuova serie di domande: In che modo saranno gestite nel cloud le modifiche a rete, applicazioni e sistemi? Come saranno protetti i dati? Dove saranno archiviati fisicamente i dati? Quali processi saranno attivi per assicurare che le informa-zioni regolamentate siano conservate nel rispetto degli obblighi di legge?

cloud come all'eccezione per le operazioni. Molti servizi possono invece essere passati al cloud, presupponendo che questa mossa migliori l'esperienza utente e riduca i costi. Naturalmente, il passaggio deve anche consentire alla società di continuare a rispettare tutte le leggi e le normative applicabili, e ridurre il rischio di business. A parte queste preoccupazioni, la nuova regola è che i CIO che adottano la tecnologia cloud possono non solo ottenere economie di scala ed efficienze di costo, ma anche riconsiderare cosa è possibile fare con l'IT. "Questo significa trarre vantaggio dalle innovazioni" sostiene Alistair Croll, analista dei market watcher Bitcurrent, "come storage di valore essenziale, computing altamente parallelo e automazione self-service".

In secondo luogo, dato che il cloud computing può mettere il controllo su potenza di calcolo essenziale nelle mani di fornitori terzi, è possibile che il personale IT debba ampliare il proprio ambito di lavoro primario fino a includere non solo la gestione dell'infrastruttura IT, ma anche dei sistemi per il business. "I team di gestione devono passare dalla gestione diretta a quella del fornitore" sostiene Steve Cakebread, Principal presso l'azienda di consulenza J. Stevens & Co. ed ex Presidente e CSO del pioniere del SaaS, Salesforce.com. "Scendere in sala server e cambiare una scheda che non funziona non è più possibile". Il lato positivo: quando i rapporti con il fornitore vengono gestiti correttamente, il personale IT è libero di dedicarsi ad attività aggiuntive a elevato valore per il business. È, ad esempio, quel che è successo in Inteva dopo che il CIO Hodges ha eseguito la transizione al cloud computing.

Monitoraggio della reteQuando le società passano al cloud computing, un altro aspetto della gestione IT che diventa fondamentale sono le prestazioni del sistema. "Un aspetto sottovalutato è l'esigenza di monitorare con attenzione le presta-zioni di rete, strettamente correlate alla delivery dell'applicazione cloud" sostiene Lynda Stadtmueller, Senior Research Analyst presso Business Communication Services Stratecast, divisione di Frost & Sullivan. "Più l'applicazione è lontana dall'utente finale, maggiore è il rischio di problemi associati a latenza e instabilità". Scott Metzger, CTO di TransUnion Interactive, con sede a Chicago, concorda e aggiunge, "È più difficile guardare nella scatola nera; servono strumenti più sofisticati per operare le deduzioni necessarie per le operazioni quotidiane". E Metzger lo sa bene: la sua società offre ai clienti informazioni sul credito al consumo tramite cloud, e utilizza direttamente servizi cloud. Informazioni su con-trollo degli accessi, versioning, routing basato su messaggi, e trasformazione dei formati di dati delle richieste o delle risposte richiedono "una nuova generazione di strumenti", per offrire una nuova generazione di valore, dichiara.

Ma gli strumenti commercial i erano pochi e inaccessibi l i otto anni fa, quando Acxiom ha fatto partire il suo primo ambiente tipo cloud. "Abbiamo dovuto sviluppare software interno per gestire la miriade di set di prodotti necessaria a gestire un cloud," afferma David Guzman, CIO di Acxiom e VP Senior per Global Technology Solu -tions. I vantaggi, oggi, vanno ben oltre il semplice scaling, fino a una più ampia scelta tra diversi servizi cloud in tempo reale per supportare gli obiettivi strategici della società. Ad esempio, TransUnion Interactive dispone di più elaboratori di carte di credito via cloud. Metzger afferma di utilizzare un livello di gestione delle transazioni in grado di eseguire la scelta più economica in modo immediato. Cosa più importante, questo riduce i costi operativi di TransUnion. Un vantaggio che, per i CIO, è essenziale. •

ErIk SHErMaN, giornalista e autore freelance con sede in Massachusetts, specializzato in business, gestione e tecnologia.

I vantaggi del cloud computing sono tutti da cogliere. Prima, però, i CIo devono garantire la sicurezza dei dati.| di George v. Hulme

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Queste problematiche di sicurezza e normative, nonché l'esigenza di controlli trasparenti e verificabili, portano i CIO a volersi assicurare che l'approccio adottato sia effettivamente quello corretto per i servizi cloud per le proprie organizzazioni. Non solo, ma sono portati inoltre ad adottare strumenti, processi e perfino modelli di delivery di cloud ottimali per le esigenze di business specifiche. (vedere barra laterale, "Tre livelli di sicurezza cloud", a destra)

Molti CIO scelgono di costruire propri cloud privati interni o di esternalizzare le operazioni relative a fornitori di servizi gestiti. "Esiste un'evidenza crescente del fatto che le organizzazioni Fortune 500 sono interessate ai cloud esterni o pubblici come modo per gestire sistemi e dati meno essenziali, non toccati da obblighi normativi" sostiene Chris Rae, Direttore EMEA di CA. "Per dati regolamentati e altamente riservati, andranno a scegliere una variazione di un modello cloud privato".

Molti CIO ritengono che la tutela dei sistemi cloud non comporti un cambiamento importante. Le società già comprendono come tutelare i centri dati, gestire gli SLA e gli obblighi di protezione con i system integrator, e conservare un controllo rigido sulla gestione delle macchine virtuali. Come risultato, sostiene Rae, "il passaggio a servizi cloud privati modifica in modo fondamentale il discorso sull'IT. Ci muoviamo per impegnarci con l'azienda e per fornire l'IT come servizio, misurato e addebitato alle unità di business su base a consumo".

Inoltre, nel cloud, le pratiche base della sicurezza IT continuano ad applicarsi. Le stesse best practice e le stesse tecnologie di sicurezza che tutelano i sistemi meno recenti possono assicurare che i sistemi cloud rimangono sostenibili, protetti e conformi. "I CIO devono avere la capa-cità di gestire e controllare le identità" sostiene Bill Mann, VP Senior di Security Business di CA. "Inoltre, devono poter gestire la configurazione e i sistemi, i log, le applicazioni, la rete".

Questi ambiti diventano semmai ancora più fondamentali negli ambienti cloud, sostiene Mann. Questo perché i servizi cloud sono così pesantemente virtualizzati. Si considerino, ad esempio, gli account utente con privilegi, necessari per gestire database, server e altri sistemi IT essenziali. Questi account diventano potenzialmente molto più vul-nerabili in un ambiente cloud, sostiene Mann, dato che esistono molte macchine virtuali per ogni server fisico. "Un amministratore può accedere e copiare un database o un'intera macchina virtuale, installare codice dannoso che monitori il traffico all'interno di queste macchine virtuali, o eseguire praticamente qualsiasi altra attività" aggiunge.

All'interno delle architetture cloud, la stessa amplificazione del rischio vale per prestazioni e gestione delle modifiche. In questo caso, un sin-golo problema può causarne altri a cascata su sistemi interdipendenti. Fortunatamente, i fornitori di sicurezza, nonché di gestione di reti e sistemi, dispongono già della tecnologia necessaria per gestire queste sfide. Questo è vero che i CIO abbiano a che fare con infrastrutture in sede o con infrastrutture diverse, private, basate su cloud.

Questa tecnologia include suite che consentono alle società di implementare cloud propri, interni e privati, o di lavorare con i system integrator per ottenere cloud privati in hosting. È possibile distribuire strumenti che assicurano la disponibilità e le prestazioni dei servizi IT mediante il tracking delle transazioni. Questi strumenti includono gestione totale dei guasti, correlazione tra eventi, strumenti di analisi delle cause prime, strumenti relativi ai livelli di servizio e provisioning

e gestione server basati su policy. "È possibile affrontare tutte le sfide tecniche associate alla creazione di un cloud privato: provisioning dinamico, misurazione dell'impiego e manutenzione di un database aggiornato di gestione della configurazione" sostiene Rae. "Tutti questi ostacoli tecnologici sono già stati superati".

Per i CIO e i reparti IT che considerano il passaggio al cloud computing, questo significa anche poter sfruttare le stesse tecnologie alle quali si sono affidati per anni. Questi strumenti possono gestire prestazioni del sistema e gestione del cambiamento. Inoltre, sono in grado di fornire la certezza che i dati e i sistemi siano interni, su cloud pubblici, o su cloud privati in hosting.

La tutela del cloud si riduce a estendere le stesse best practice e la stessa tecnologia di sicurezza e di gestione sistemi maturate nel corso di decenni. In questo modo, la tecnologia cloud è accompagnata da sistemi sicuri e conformità normativa.

Per i leader IT che considerano il passaggio al cloud computing, questo dovrebbe essere rassicurante. •

aLaN JOCH scrive di business e di tecnologia da Minneapolis.

Tre livelli di sicurezza cloudServizi cloud pubblici: possono essere sicuri, ma le aziende in genere non hanno controllo sull'infrastruttura o sull'autorità di verifica. Essenzialmente, il fornitore cloud rende le risorse IT (applicazioni e storage, ad esempio) disponibili per l'utilizzo su Internet. L'infrastruttura sottostante è totalmente di proprietà e gestita dal fornitore stesso. Dato che questi servizi sono in genere fatturati a consumo, l'organizzazione utente paga solo per quanto utilizza.

Cloud privato: questo approccio offre il massimo controllo e le più ampie capacità per tutelare e verificare l'infrastruttura, le applicazioni e i dati. L'organizzazione crea il proprio pool di servizi IT, in genere altamente virtualizzato, e lo rende disponibile per l'utilizzo solo al suo interno. Hardware, software e infrastruttura sono di proprietà o controllati dall'organizzazione; tuttavia, sono spesso previsti gestione e hosting da parte di terzi. Il reparto IT alloca alle varie unità di business solo i servizi IT che utilizzano.

Cloud ibrido: questo schema, essenzialmente, combina gli altri due approcci. Dati regolamentati e proprietari sono conservati all'interno delle aree "private" del cloud. Contemporaneamente, altri tipi di dati meno essenziali vengono passati ai servizi cloud pubblici. Il vantaggio in termini di sicurezza è la maggiore flessibilità: dati alta-mente riservati possono essere mantenuti "all'interno", mentre i dati meno sensibili possono essere traslati al cloud pubblico pay-as-you-go. FONTE: Smart Enterprise

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L'IT "verde"volta pagina

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ual è l'impronta di carbonio della vostra società? Anche se oggi non sapete rispondere, probabilmente sarete in grado

di farlo entro pochi anni, se non prima, quando entreranno in vigore le nuove normative che regolamentano le emissioni.

Anche oggi, aziende di tutti i tipi e dimensioni, nel tentativo di risparmiare denaro e sostenere l'ambiente, si tengono al passo con le nuove nor-mative e legislazioni globali per la riduzione del CO2. Al centro di questi sforzi c'è l'IT, che monitora l'efficienza energetica dei centri dati e di altre tecnologie fondamentali. I CIO sfruttano le proprie conoscenze dell'IT per emergere come leader "verdi", mostrando all'azienda come ridurre l'impronta di carbonio mediante la videoconferenza, i documenti elet-tronici in alternativa al cartaceo e altre tecnologie amiche dell'ambiente.

Le aziende che già fanno dell'efficienza energetica un obiettivo fondamentale godono di un vantaggio decisivo: possono soddisfare

facilmente, o perfino superare, un ampio e crescente elenco di obiettivi imposti dalle normative. Ma la capacità di misurare l'impronta di carbo-nio di un'azienda è solo parte dell'equazione: i CIO devono anche fare qualcosa per ridurla.

A questo scopo, possono utilizzare strumenti di reporting e di miglioramento della pianificazione. Quando combinati con un piano aziendale centrato sulla consapevolezza energetica, questi strumenti possono inoltre consentire loro di emergere come leader verdi, soste-nendo l'importanza delle modifiche "ecologiche" in un linguaggio non tecnico, focalizzato sul business.

I CIO di tutto il mondo stanno ottenendo indicazioni in materia ambientale dai rispettivi governi. Ad esempio, nel settembre 2009, la Environmental Protection Agency americana ha siglato un regolamento relativo alla comunicazione delle emissioni di gas serra. Il nuovo sistema, relativo all'85 per cento di tutti gas serra americani, è progettato per identificare le fonti di tali gas. Dovrebbe inoltre consentire alle aziende di tenere traccia delle proprie emissioni, confrontare i propri dati con quelli di organizzazioni di dimensioni analoghe e identificare modi economi-camente efficienti per ridurre le emissioni per il futuro. Il sistema avrà presto moltissimi utenti, visto che i principali responsabili delle emissioni del Paese, società e organizzazioni che emettono 25.000 tonnellate o più di gas serra ogni anno, dovranno depositare i dati relativi a partire dal 2011. Analogamente, molti stati americani hanno stabilito obiettivi e piani propri per la riduzione del carbonio. La California, ad esempio, prevede limiti obbligatori che entreranno in vigore nel 2012; l'Unione Europea dispone di un sistema di scambio delle quote di emissione, attivo da vari anni, che raccoglie i dati relativi da una gamma di settori industriali. L'UE attribuisce a questo sistema di reporting e scambio un 3 per cento di riduzione delle emissioni in appena un anno. Gli sforzi potrebbero aumentare nel 2010: lo scorso dicembre, oltre 130 leader mondiali si sono raccolti a Copenhagen per la XV Conferenza sui cam-biamenti climatici dell'ONU.

In tale occasione hanno lavorato a un accordo globale sui cambiamenti climatici che potrebbe cambiare tutto: al termine della conferenza, 189 Paesi, inclusi Stati Uniti, Cina e India hanno siglato l'Accordo di Copen-hagen, un impegno a ridurre le emissioni, offrire assistenza finanziaria

QI CIo che mirano a ridurre l'impatto ambientale delle rispettive società, e a diventare leader "verdi", possono sfruttare la gestione sistemi. | di John Zipperer

"Green business" – in cifre

DaTI: Il Carbon Disclosure Project, "The Carbon Chasm": le risposte di 100 tra le principali aziende al mondo, 2008

Obiettivi di riduzione della produzione di CO2 con date di scadenza ben definite Il 73% delle aziende global 100 ha definito un qualsiasi obiettivo di riduzione della produ-zione di CO2 Scadenze definite al massimo per il 2012, data ultima prevista dal Protocollo di Kyoto Riduzione annua media della produzione di CO2e in base agli obiettivi correnti

Piani che hanno come obiettivo la riduzione di CO2e

Piani che hanno la riduzione del consumo di energia come secondo obiettivo principale

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ai Paesi interessati dal problema ma privi di fondi sufficienti e investire in energia e tecnologia maggiormente rinnovabili. Sfortunatamente, l'accordo non è vincolante, cioè non sono previste sanzioni in caso di mancato rispetto di questi impegni, ma si è trattato comunque di un passo avanti e di un buon inizio.

Un rivenditore "verde"Mike Yorwerth, Direttore IT per Tesco PLC, è un ottimo esempio di leader IT estremamente coinvolto negli sforzi della sua società per ridurre l'impronta di carbonio. La britannica Tesco è uno dei principali rivenditori al dettaglio al mondo nel settore degli alimentari e vanta una lunga storia di innovazione, nel corso della quale ha risposto alle nuove sfide in modi che hanno cambiato l'intero panorama del settore e hanno contribu-ito a distinguerla dalla concorrenza. Questa è una delle ragioni per la quale la società ha definito obiettivi propri di riduzione del carbonio: dimezzare le emis-sioni derivanti dagli edifici aziendali, nuovi ed esistenti, entro il 2020, e dimezzare entro il 2012 le emissioni correlate alla distribuzione per ogni confezione di prodotti consegnata.

Tra il 2006 e il 2007, Tesco ha comunicato i propri obiettivi e definito i valori di riferimento. Misurazione, documentazione e pubblicazione delle emissioni avvenivano mediante un sistema lento, essenzialmente manuale, secondo Yor-werth. Di recente, tuttavia, Tesco ha avviato una razionalizzazione di questo sforzo utilizzando CA ecoSoftware, che determinerà una riduzione degli errori e delle spese operative e un miglioramento delle capacità della società di comunicare le varie tappe fondamentali raggiunte. CA ecoSoftware include due componenti principali: ecoGovernance ed ecoMeter. Insieme, essi gestiscono due sfide: la gestione delle emissioni di carbonio e la gestione dell'energia operativa. Secondo Simon Palinkas, capo "Green IT" di Tesco: "Riteniamo che l'IT avrà un ruolo importante nel contribuire a ridurre l'impronta globale di carbonio dell'azienda."

In effetti, Tesco sta facendo ottimi progressi verso gli obiettivi comunicati nel 2007. Ha già ridotto le emissioni, dimezzato l'impiego energetico per piede quadrato dal 2000 e raggiunto l'obiettivo di ridirigere il 100 per cento degli scarti da discarica provenienti dalle sue operazioni nel Regno Unito. Nell'ottobre 2009, tuttavia, Tesco ha definito obiettivi ancora più ambiziosi. In quell'occasione il CEO di Tesco, Sir Terry Leahy, ha dichiarato l'impegno della società a diventare un'azienda a zero emissioni di carbonio entro il 2050. Questo significa che il team "verde" di Tesco sarà parecchio occupato! "Rimane ancora molto da fare" sostiene Palinkas.

Altrove, i CIO hanno definito i track record ambientali occu-pandosi dell'impiego energetico dei propri centri dati. (vedere, ad

esempio, "Greening the Data Center" Smart Enterprise, Vol. 3, N. 3.) Ma molto rimane da fare. Si prenda Datotel LLC, un fornitore di co-

location e cloud computing di St.Louis. Mentre la maggior parte delle società si preoccupano di ridurre l'impiego energetico in un

singolo centro dati aziendale, per le aziende di infrastrutture di networking come Datotel la sfida è ancora maggiore, dato

che tutte le loro operazioni sono costituite in effetti da un unico, enorme centro dati. La società ha migliorato

efficienza di business e soddisfazione della clientela verificando come l'energia viene utilizzata all'interno

della sua struttura, fino al livello del singolo cliente. In passato, Datotel si limitava a fornire spa-

zio in co-location ai clienti, dalla superficie occupata da un singolo cabinet ad alcune

migliaia di metri quadrati. La società originariamente utilizzava una base

a circuito fisso per la fatturazione, addebitando ai clienti un canone

fisso mensile, indipendentemente dall'utilizzo effettivo. Oggi invece, il settore si orienta verso un modello a consumo. Questo significa che Datotel, oggi, deve prevedere le esigenze dei clienti e definire configurazioni di hosting e tariffazione sulla base dell'utilizzo individuale. In base al nuovo para-digma, Datotel non solo aumenta la soddisfazione della clientela, ma riduce anche lo spreco di energia, visto che i clienti hanno tutti i motivi per frenare i consumi.

Datotel ha individuato le informazioni necessarie per passare alla fatturazione a consumo implemen-tando CA ecoSoftware. In passato, Datotel disponeva unicamente di dati puntuali e occasionali sui propri costi energetici e di condizionamento; mensilmente, ad esempio, riceveva informazioni sui costi energetici totali dalla società fornitrice. Anche se questo dava ai dirigenti Datotel un'idea generale dei consumi energetici, non era particolarmente illuminante circa i modi con cui la società poteva risparmiare energia, o consentire ai propri clienti di risparmiare denaro. Ora tutto è cambiato. "Siamo in grado di dare ai clienti più informazioni che mai, in modo che possano ridurre l'utilizzo energetico" sostiene David Brown, Presidente di Datotel. L'implementazione della soluzione CA ecoSoftware, che ha incluso l'integrazione con altri sistemi di dati, è stata semplice e priva di sorprese,

sostiene Eric McFarland, Facility Manager di Datotel.

Un risultato eccezionaleIn un'ampia varietà di settori, i CIO sono ben collocati per guidare

le organizzazioni verso una maggiore efficienza energetica. Più della metà di tutti i professionisti IT le cui organizzazioni hanno avviato iniziative di gestione energetica hanno ridotto con successo i costi energetici totali dell'IT, fino a meno del 40 per cento nel 2008, secondo un recente studio del CDW, un fornitore di prodotti e

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servizi tecnologici. "Le organizzazioni IT più intelligenti continueranno ad avere un ruolo attivo nel ridurre i propri consumi e nell'aumentare le efficienze globali" sostiene Randall Foltyniewicz, responsabile dell' Enterprise Power and Cooling Practice di CDW.

Dopo tutto, la pressione delle normative ambientali non accenna a ridursi, aggiunge. Dato che la recessione economica ha messo in evidenza i consumi energetici, specialmente all'interno del centro dati, sostiene Foltyniewicz, "questo è il momento perfetto per tirarsi su le maniche e verificare l'efficienza dei sistemi". Esistono altri motivi che spingono i CIO a essere "verdi", inclusi la volatilità dei prezzi

dell'energia, la maggiore consapevolezza del pubblico circa la problema-tica dell'impronta di carbonio e le limitazioni delle capacità energetiche. E c'è perfino la legge essenziale della domanda e dell'offerta. Ad esempio, in Asia, le preoccupazioni di alcuni osservatori si sono indirizzate alla cre-scente richiesta di energia, che potrebbe portare alle aziende si troveranno a fronteggiare un'offerta inadeguata. Già oggi, le aziende nelle Filippine hanno sperimentato mesi di interruzioni elettriche e di continui riduzioni di tensione a causa dell'elevata richiesta. "A volte, volendo utilizzare più energia [elettrica], la singola azienda non poteva ottenerla a causa delle disponibilità limitate o di un'infrastruttura di distribuzione scadente" spiega Terrence Clark, VP Senior e General Manager dell'unità di business ecoSoftware di CA.

Effettivamente, oltre l'80 per cento dei professionisti IT dichiarano che "ridurre i costi energetici" è un fattore importante nella decisione dell'or-ganizzazione di rendere prioritaria la riduzione del carbonio, secondo un'indagine condotta dallo studio di ricerca Enterprise Management Associates (EMA). La seconda risposta più comune: la "responsabilità sociale", citata dal 56 per cento degli interpellati. "Malgrado le molte affer-mazioni in contrario, sembrerebbe che, per molte aziende, l'altruismo sia davvero un fattore nella decisione di adottare un approccio ambientalista" sostiene Steve Brasen, Principal Analyst di EMA. Ma perché, in relazione alla problematica energetica, dovrebbero essere i CIO a guidare la marcia? La maggioranza delle società non hanno un funzionario "verde" nelle alte sfere? Non necessariamente. Mentre supporto e coordinamento ambientale dal consiglio di amministrazione e dal CEO sono comuni, le società con un team che coordina le campagne di riduzione del carbonio a livello globale ottengono risultati migliori. (vedere "Essere un leader 'verde'" a sinistra.) I CIO che hanno implementato iniziative IT in questo senso possono essere leader mediante l'esempio concreto.

Ad esempio, recentemente, Brocade, una società di soluzioni di networ-king dati, ha svolto un'indagine su 1.050 responsabili decisionali IT senior nel mondo, rilevando che questi desideravano maggiore coordinamento tra l'IT e il resto del business sulla riduzione dei costi energetici. "Mentre è la gestione strutture, nella maggioranza dei casi, a detenere il budget principale, il reparto IT non considera la propria leva e il proprio impatto sul risultato economico finale dell'organizzazione" sostiene David Silke, Diret-tore Marketing EMEA di Brocade. Fortunatamente, la tendenza crescente è a forme di leadership e di sostegno che vengono dall'alto. "Sempre di più gli obiettivi delle iniziative verdi vengono definiti a livello di consiglio di amministrazione o di CEO" sostiene Clark di CA. Pertanto, è fondamentale che ogni parte dell'organizzazione valuti misurazioni equivalenti dell'im-piego di carbonio e dei dati correlati, e che i dati siano diffusi in termini non tecnici, "non IT". "La maggioranza delle persone non sa cosa sia questo fantomatico carbonio," dichiara. "ma comprende perfettamente il concetto di 'Stiamo consumando la tale quantità di energia o di gas'". I CIO che si impegnano in prima persona dell'offrire questo tipo di preziose informazioni e suggerimenti si troveranno nella posizione ideale. •

JOHN ZIPPEr è uno scrittore con sede a San Francisco ed ex redattore delle riviste Internet World e Windows Server System.

“ Questo è il momento ideale per tirarsi su le maniche e verificare l'efficienza dei sistemi".

—Randall FoltyniewiczManager | Enterprise Power and Cooling Practice di CDW

anzitutto, le cose importanti. Realizzare piani "verdi" anzitutto all'interno dell'IT, in modo da disporre di esempi e di una certa esperienza pregressa. Per guidare gli sforzi ambien-talisti, è importante offrire esempi concreti anziché limitarsi a parlare, sostiene Simon Palinkas, responsabile Green IT presso il rivenditore al dettaglio britannico Tesco. "Per prima cosa, guardare all'interno della propria azienda" aggiunge. "Evitare di "predicare" ad altri, a meno di non stare già seguendo le stesse indicazioni in prima persona".

Partire dalla dimensione locale e poi aprirsi al globale. Unitevi alle 2.000 aziende nel mondo che sono parte del Carbon Disclosure Project (cdproject.net), un'organizzazione internazionale noprofit che raccoglie dati, pubblica rapporti sulle emissioni di gas serra e supporta lo sviluppo di strategie per affrontare i cambiamenti climatici.

Leadership dall'alto. È importante definire una governance verde nell'organizzazione coordinata da un comitato esecutivo trasversale rispetto a reparti e risorse, sostiene Steve Brasen, Principal Analyst di Enterprise Management Associates.

far girare la voce. Assicurarsi che strategia e risultati ottenuti vengano divulgati. Le aziende amiche dell'ambiente sono spesso ricompensate dalla fidelizzazione della clientela, quando il loro coinvolgimento viene pubblicizzato, sostiene Brasen. Chiedete al reparto marketing di creare comunicati stampa sugli sforzi dell'azienda e sui risultati ottenuti in termini di energia, e partecipare a conferenze di settore e gruppi di lavoro.

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Essere un leader "verde" Utilizzare questi strumenti per assumersi la responsabi-lità per l'impronta di carbonio dell’azienda. Ecco quattro suggerimenti per fare in modo che l'influenza dell'IT vada oltre il singolo reparto.

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ual è un fattore chiave che traina la capitalizzazione di mercato, la

quota di mercato e altri indicatori di business? Ecco la risposta: l'innova-

zione concreta. All'interno dell'organizzazione, siete consi-

derati innovatori concreti? Sul mercato odierno, l'innovazione non è semplicemente un acces-sorio; è fondamentale.

Ad esempio, quando Steve Jobs tornò in Apple Inc., nel 1997, apparentemente la società aveva perso molta della sua magia: la quota di mercato di Apple era scesa ad appena il 3 per cento, e i suoi dirigenti si consideravano produttori di PC di fascia alta. Sfortunatamente, questo non interessava più ai clienti Apple, che semplicemente volevano di più spendendo meno (vi ricorda qualcosa?).

Steve Jobs riportò Apple alla sua funzione originale: essere una società innovativa e piena di passione, convinta che la tecnologia possa cambiare il mondo.

Con questa funzione ridefinita, Jobs e il team di gestione Apple esclusero rapidamente dalla linea di prodotti aziendali i computer più evidentemente privi di futuro, e introdussero novità innovative come l'iMac, che consentì alla società di tornare alla redditività nel 1998. Inoltre, formularono una strategia tecnologica adeguata al nuovo corso, creando iTunes, l'iPod, l'iPhone e l'Apple Store. Strada facendo, Apple ha trasformato interi settori: si pensi all'impatto sul settore musicale, cinematografico, della telefonia cellulare e della rivendita di prodotti elettronici al dettaglio.

Cos'ha a che fare questo con voi? Pensate che tutto vada bene all'interno dell'orga-nizzazione? Se sì, fatevi questa domanda: "Se il mio reparto IT sparisse o venisse

esternalizzato domani, quale valore verrebbe a mancare all'azienda?" Se la risposta non include un lungo elenco di contributi chiave, è il momento di chiarire e ridefinire la funzione del reparto IT.

Come farlo? I CIO che vogliano diventare veri innovatori possono partire ponendosi un'altra domanda: "Cosa fa il mio gruppo IT che potenzialmente potrebbe portare a un'inno-vazione significativa?"

Una volta trovata la risposta, avrete fatto un primo passo verso l'eliminazione del ritornello "fare di più con meno risorse", che molte orga-nizzazioni propinano ai CIO durante gli incontri di pianificazione. Potrete inoltre arrivare a una notevole trasformazione del personale IT.

Molti CIO sono convinti che il loro compito sia mettere in opera le soluzioni tecnologiche

richieste dall'attività. Ma questo non basta: in effetti, è la strategia che ha quasi affondato Apple. In molti casi, la soluzione richiesta non risolverà il problema dell'attività.

I CIO devono invece comprendere chia-ramente cosa motiva le persone, se stessi compresi (perché lavori nell'IT?). Essenzialmente, i fattori motivanti sono di due tipi: estrinseci e intrinseci. I fattori estrinseci sono tutti quegli elementi che ci vengono offerti dalla società, come denaro, status, prestigio e potere. I fattori intrinseci, d'altro lato, sono basati sui nostri valori, sul senso di cosa è importante per noi come persone. La ricerca mostra che il fattore motivante più forte e trainante per le attività non di routine è la creatività percepita quando si lavora su un progetto.

Una volta che i CIO hanno identificato i fattori motivanti intrinseci del personale, sarà possibile utilizzarli per sincronizzare le attività dei reparti IT con le esigenze chiave del busi-ness. Da questo deriverà un effetto "esaltante" irresistibile, la relativa strategia di realizzazione, perfino un sentimento di vera passione per il lavoro: e con la passione arrivano nuove intuizioni per risolvere le tensioni tra il man-tenimento dei vecchi sistemi e la creazione di nuove soluzioni innovative. •

NICk CraIG è Presidente dell'Authentic Leadership Institute (authleadership.com), uno studio di consulenza per la leadership. È inoltre co-autore di Finding Your True North (Jossey-Bass, 2008) e membro di facoltà dell'Advanced Management Program della Wharton School.

iTunes, iPod e iPhone sono marchi commerciali registrati di Apple Inc.

Per innovare, anzitutto definire il proprio intento

Q

"Se il vostro reparto IT sparisse domani, cosa verrebbe a mancare?"

Nick Craig | Presidente

Qual è la vostra motivazione? La risposta, sostiene il consulente e scrittore Nick Craig, può consentire ai CIo di allineare il proprio lavoro con le più pressanti esigenze di business.| di Nick Craig

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Per innovare, anzitutto definire il proprio intento