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Progetto didattico multidisciplinare condiviso Arte, Musica e… Natura nell’Arte

Progetto didattico multidisciplinare condiviso Natura nell'Arte/Natura... · finito, di fronte alla natura, manifestazione infinita. Non a caso l'uomo è sempre rappresentato o di

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Progetto didattico multidisciplinare

condiviso

Arte, Musica e…

Natura nell’Arte

Continua il lavoro iniziato l’anno scorso

con “Natura è Arte, Natura è Poesia”.

Dopo aver considerato la Natura come

espressione artistica vediamo come la

Natura viene interpretata da alcuni

artisti confrontandola con la fotografia.

La fotografia riprende la realtà, il

pittore interpreta questa realtà secondo

la sua visione.

Il lavoro stimola a osservare,

raccontare, raccontarsi, vivere la natura

che ci circonda in maniera attiva e

sensibile.

Per incrementare il rispetto per la

Natura in tutte le sue forme.

Nelle opere d'arte, così come nella fotografia, la

natura può essere il solo soggetto oppure può fare

da sfondo ad un altro soggetto principale, come ad

esempio una o più persone, un animale, un fiore, un

oggetto.

Il nostro lavoro è stato la ricerca di quadri, opere

d'arte, che abbiano la natura come soggetto o

come sfondo, da confrontare con nostre fotografie

aventi lo stesso soggetto.

Per quanto riguarda la foto consideriamo l'autore,

la data, il luogo, il tipo di fotocamera.

Di ogni quadro conosciamo l'autore, l'epoca, la

tecnica utilizzata, dove si trova attualmente.

Fenomeni naturali, eventi o luoghi fotografati, scelti da

porre a confronto con opere d’arte:

- Paesaggi

- Arcobaleno

- Gruppo di cavalli

- Paesaggio notturno

- Ramo fiorito

- Laghetto alpino

Iniziamo dal primo confronto.

Foto: 13 agosto 2013

Piana di Vigezzo verso le montagne svizzere, sullo sfondo la valle

Onsernone. In primo piano un vecchio larice. Giornata di sole e vento.

Fotocamera Canon PowerShotSx24

Quadro: Albero solitario (1822)

Autore: Caspar David Friedrich (1774 - 1840)

Stile artistico: Romanticismo

Dimensioni: 71x55 cm

Tecnica: olio su tela

Luogo: Berlino, Nationalgalerie

L'autore

Caspar David Friedrich (Greifswald, 5 settembre 1774 - Dresda,

7 maggio 1840) è stato un pittore tedesco, esponente dell'arte

romantica.

L'artista, uno dei più importanti rappresentanti del "paesaggio

simbolico", basava la sua pittura su un'attenta osservazione dei

paesaggi della Germania e soprattutto dei loro effetti di luce;

permeandoli di umori romantici. Egli considerava il paesaggio

naturale come opera divina e le sue raffigurazioni ritraevano

sempre momenti particolari come l'alba, il tramonto o frangenti

di una tempesta.

La natura viene rappresentata in tutta la sua maestosità, quasi a

voler dare espressione al senso d'impotenza dell'uomo, essere

finito, di fronte alla natura, manifestazione infinita. Non a caso

l'uomo è sempre rappresentato o di spalle o in lontananza tale

che non lo si possa mai guardare in faccia.

L'arte romantica si sviluppa verso la fine del XVIII secolo e gli inizi del

XIX secolo in Germania, per poi diffondersi in Francia, Inghilterra, Italia

e Spagna. L'arte romantica investe principalmente la pittura ma ha dato

impulso ad un nuovo modo di concepire l'architettura e il restauro.

Tratti essenziali del romanticismo:

Rapporto uomo natura:

la natura viene letta come l'espressione del divino in terra, la presenza

dell'assoluto nel mondo sensibile, di cui l'uomo non è che una momentanea

manifestazione. La natura con la sua bellezza fa scaturire nell'uomo

sentimenti contrastanti in grado sia di terrorizzarlo sia di rasserenarlo.

Il catastrofismo suscita nell'animo umano un senso di inquietudine misto a

orrore, ma se l'uomo riesce a cogliere una qualsivoglia forma di bellezza,

si realizza il concetto di sublime.

Ritorno al passato medievale:

si traduce in un vero e proprio tuffo nella fede, con opere che esprimono

il bisogno di riconciliare l'uomo con Dio, un rapporto che è possibile

ricucire in virtù di una ritrovata spiritualità. Si riprende il concetto della

ineluttabilità della morte. In pittura si è fatto largo uso di ruderismo per

esprimere al meglio l'impossibilità dell'uomo e, più in generale, di tutte le

opere umane, di fuggire alla decadenza.

Aspirazione all'assoluto e all'infinito:

l'uomo è una tappa necessaria dello spirito che se ne serve per

perfezionarsi: l'essere umano vive in funzione di un infinito processo di

auto miglioramento dello spirito che immane alla realtà, una perenne

tensione verso la perfezione.

Senso di libertà e nazione:

il nazionalismo così come veniva interpretato agli inizi dell'ottocento ha

poco a che fare con la sua degenerazione di fine secolo. Alla base

dell'idea di nazione stava il principio di autodeterminazione dei popoli per

cui una comunità di individui unita nei costumi, tradizioni e religione

definiva la nazione.

La pittura romantica fu in alcuni casi particolarmente legata a fatti di

cronaca recente in cui erano riportati questo tipo di episodi. La pittura è

l'arte figurativa per eccellenza del romanticismo e assume sfaccettature

molto diversificate a seconda del territorio in cui si è sviluppato.

Tenica: Olio su tela

La pittura a olio è una tecnica pittorica che utilizza pigmenti in polvere

mescolati con basi inerti e oli.

Le origini della pittura a olio affondano le radici nell'antichità.

La pittura ad olio, inizialmente stesa su legno, nel VI secolo si affermò

anche su tela, dando origine a una modalità quasi esclusiva (la locuzione

'olio su tela' esprime la quasi totalità della produzione figurativa ad

olio sino al XIX secolo) che nella tecnica pittorica mutò solo con la

comparsa dei colori acrilici.

L'olio è un ottimo legante che indurisce nel tempo per contatto con

l'ossigeno presente nell'aria formando una pellicola insolubile e

resistente.

La possibilità di creare finissime velature trasparenti e di lavorare il

colore "nel bagnato" permette di ottenere effetti di luce e di profondità

difficilmente raggiungibili con altre tecniche pittoriche.

Consente inoltre di ampliare la gamma cromatica, ammorbidire le

sfumature e potenziare il modellato.

I colori impastati con l'olio, una volta asciutti, garantiscono una lunga

durata soprattutto rispetto alla tempera, mantenendo pressoché

inalterati i valori cromatici.

Grazie a queste caratteristiche, la pittura ad olio si è diffusa in tutta

Europa favorita anche dai commerci dei mercanti che, apprezzandone i

vantaggi pratici, trasportarono i dipinti su tele arrotolate molto più

leggere delle rigide tavole di legno.

Lo svantaggio nel complesso limitato del colore a olio risiede nei lunghi

tempi di asciugatura e nella difficoltà di apprendere e padroneggiare

talune tecniche. L'aggiunta di sostanze essiccanti inoltre provoca spesso

effetti irreversibili di scurimento dei dipinti.

Come si è visto, la differenza nella tecnica è costituita dal legante che

invece di essere uovo, caseina o gomme naturali (tempera), è un olio. Si

utilizzano sia oli naturalmente essiccanti, olio di lino, olio do noce, olio di

papavero, sia essenze o oli essenziali come essenza di trementina o di

rosmarino.

Queste ultime sostanze, più costose perché ottenute per distillazione,

vengono utilizzate come diluente, garantendo una materia più fluida e

trasparente adatta alle velature e meno soggetta all'ingiallimento.

Il legante oleoso più utilizzato è l'olio di lino. Questo viene utilizzato

crudo nella preparazione e nella miscelazione dei colori, talvolta con

additivi o siccativi. L'olio di lino cotto, che asciuga più rapidamente

dell'olio di lino crudo e d'altri oli permettendo così tempi rapidi di

esecuzione, è caratterizzato dal colore più intenso e dallo svantaggio di

ingiallire sensibilmente.

Nella nostra foto, in primo piano, vediamo un larice.

Il Larice

Larix è un genere di conifere appartenenti alla famiglia delle Pinaceae.

L’unica specie europea presente in Italia è il Larix decidua.

Il larice, diversamente dalle altre conifere, ha foglie caduche ed è per i

montanari simbolo di robustezza.

È un albero molto elegante per la sua forma piramidale. Cresce fino al

limite estremo della vegetazione arborea, anche oltre i 2500 metri di

altitudine, resiste al gelo e alle intemperie ma teme la troppa umidità. È

molto esigente per quanto riguarda la luce.

La sua resina è detta “Trementina di Venezia” perché in passato il

commercio di questo prodotto, proveniente dal Trentino, si concentrava

nella città lagunare.

Dal larice viene ricavata anche un’essenza medicinale, un antisettico

contro le malattie infettive ed infiammatorie dell’apparato respiratorio.

In estate, dagli aghi, trasuda la cosiddetta “manna di Briancon”, con la

quale le api producono un ottimo miele.

Il suo legno, odoroso, duro, compatto e resistente agli agenti atmosferici,

era impiegato per le palificazioni, per costruire baite, case e serramenti.

Poiché non marcisce in acqua, i veneziani lo usavano per costruire navi, per

le fondamenta di chiese e palazzi.

Sulle nostre montagne un tempo era il legno utilizzato per la costruzione

delle abitazioni proprio per la sua resistenza e durata nel tempo. Si

possono ancora vedere case, ormai secolari, ancora perfettamente

conservate.

Larice, dal latino “lares” per ricordare i geni protettori del focolare.

I Lari (dal latino lar(es), "focolare", derivato dall'etrusco lar, "padre")

sono figure della mitologia romana che rappresentano gli spiriti protettori

degli antenati defunti che, secondo le tradizioni romane, vegliavano sul

buon andamento della famiglia, della proprietà o delle attività in generale.

Il genere comprende alberi decidui con una altezza che può raggiungere i

40 metri. Le foglie sono aghi raccolti in gruppi di 20-40. La chioma è

piramidale e rada. I coni maschili sono gialli e decidui dopo la pollinazione.

I coni femminili sono violacei e portati sullo stesso ramo dei maschili.

Dopo la maturazione, che dura un anno, i coni lignificano e diventano pigne

che permangono sulla pianta attaccate ai rami per parecchi anni dopo aver

disperso i semi alati. Sulle Alpi il larice predilige le alte quote e i lariceti,

sono la naturale evoluzione ecologica dei terreni da poco smossi a seguito

di eventi perturbativi particolarmente intensi. Per questo motivo, il larice

è considerata specie pioniera.

Passiamo ad un’altra foto e ad un altro quadro.

Foto: 30 agosto 2005

Cavalli avelignesi nel Parco Naturale del Veglia Devero (VB)

Giornata di sole e vento.

Fotocamera Olympus

Quadro: Grazing hores (1910)

Autore:Franz Marc (1880-1916)

Stile artistico: espressionismo

Dimensioni: 94x64 cm

Tecnica: olio su tela

L'autore Franz Marc

Franz Marc (Monaco di Baviera, 1880- Verdun, 1916), pittore tedesco tra

i più rappresentativi del XX secolo, è uno dei più rilevanti rappresentanti

dell’espressionismo tedesco.

L'espressionismo tedesco nasce dal vissuto degli artisti, è la ricerca

dell'emozionale e dello spirituale della realtà che li circonda; le metropoli,

la vita di strada, il circo, divengono riflessioni sulla solitudine dell'uomo,

sull'alienazione dell'individuo. Il segno incisivo e la gamma cromatica acida

e accentuata divengono tratti distintivi di questo movimento. Se gli

impressionisti cercavano di fissare un'impressione sulle loro tele, e si

dedicavano alla realtà esteriore, l'espressionismo si dedica all'emozione,

alla sensualità, al raggiungimento di una soddisfazione interiore per mezzo

dell'occhio.

La pittura accademica viene abbandonata, per favorire la ricerca della

pittura volitiva, infatti la volontà di cambiamento era uno dei principi

dell'espressionismo tedesco.

Gli espressionisti guardavano alla guerra come alla possibilità di un nuovo

ordine sociale. Un conflitto mondiale poteva essere il colpo di spugna da

loro desiderato per ricominciare un nuovo stile di vita al termine

dell'esperienza bellica; si auspicava la purificazione dell’Europa e il

tramonto di tutti gli antichi poteri. Molti artisti, animati da questi

principi, si arruolano e combattono al fronte come volontari, solo per

accorgersi degli orrori della guerra, tali da sconvolgerli.

Marc vede nell'animale una metafora di purezza e innocenza e usa isolare

la creatura in un contesto rurale. Il suo obiettivo è “l’animalizzazione

dell'arte".

Di conseguenza, esamina i "meccanismi interni" degli animali, portando a

riflettere su come un cavallo, un'aquila, un capriolo o un cane vedono il

mondo e al tentativo di proporre l'immagine del paesaggio così come visto

dall'animale invece che come lo vediamo noi con i nostri occhi.

Egli cerca uno stile buono, puro e chiaro in cui almeno una parte di ciò che

ha da dire possa emergere completamente. Marc dà grande importanza al

colore: a questo proposito afferma che molti artisti commettono l'errore

di prendere il colore che un oggetto ha alla luce, mentre il colore è

qualcosa di e con la luce.

Per lui il blu è il principio maschile e spirituale.

Giallo è il principio femminile, gentile, allegro e sensuale.

Il rosso, brutale e pesante, deve essere combattuto e superato

dagli altri due.

L'espressionismo

L'espressionismo proponeva una rivoluzione del linguaggio che

contrapponeva all'oggettività dell'impressionismo la soggettività.

L'impressionismo rappresenta una sorta di moto dall'esterno all'interno

ed è la realtà oggettiva che va ad imprimersi nella coscienza soggettiva

dell'artista.

L'espressionismo rappresenta il moto inverso, dall'interno all'esterno,

dall'anima dell'artista nella realtà, senza mediazioni.

Questo produce una ribellione dello spirito contro la materia e quindi gli

occhi dell'anima sono la base di partenza della poetica espressionistica.

Il nuovo linguaggio riprende alcuni elementi romantici, come ad esempio

l'identificazione fra arte e vita.

La natura dell'espressionismo è ricca di contenuti sociali e di drammatica

testimonianza della realtà. Ma la realtà tedesca dei primi anni del secolo

scorso era la realtà amara della guerra, di contraddizioni politiche, di

perdita di valori ideali, di aspre lotte di classe.

Proprio questi furono i temi principali e dolorosi degli artisti

espressionisti che polemizzano contro la società borghese, contro

l'alienazione del mondo del lavoro, contro la visione positivistica del

mondo, dello scientismo e delle leggi di causalità.

L'intento del movimento espressionista era quello di ritrovare il dato

comunicativo nell'arte. Per questo motivo criticano le correnti passate

come gli impressionisti che non creavano comunicabilità con lo spettatore

e i simbolisti, poiché la loro arte piena di simbologie e riferimenti

culturali intensi e profondi non offriva una facile lettura, i

neoimpressionisti, per l'approccio troppo scientifico nei confronti

dell'arte, il modernismo o Liberty considerato come puro movimento di

gusto e moda dell'epoca.

Nella nostra foto ci sono dei cavalli avelignesi

Il Cavallo avelignese

Con avelignese si intende una razza equina che deve il proprio nome al

paese di Avelengo vicino a Merano, in provincia di Bolzano. In lingua

tedesca la stessa città è chiamata Hafling e il cavallo è quindi conosciuto

con il nome Haflinger. Tutti gli avelignesi austriaci portano il marchio

della stella alpina con la lettera H al centro della fronte e, per questo,

sono spesso chiamati Pony Edelweiss.

È una razza molto antica, anche se ufficialmente nasce nel 1874

dall’accoppiamento di una cavalla indigena con uno stallone berbero.

Questa razza si distingue per il suo mantello sauro o palomino (dorato),

con coda e criniera chiare. Un tempo veniva selezionato come animale da

soma, negli anni sessanta e settanta divenne popolare per le sue attitudini

sportive da sella.

Ha un carattere docile e tranquillo e, grazie alla sua resistenza, viene

solitamente usato per lavori di carattere forestale. Grazie alle estremità

molto resistenti e agli zoccoli che rendono il piede naturalmente sicuro,

l'avelignese si trova a proprio agio anche su terreni scoscesi ed impervi. È

una razza longeva con una vita media di 40 anni contro i 30 degli altri

cavalli.

Questa razza viene anche utilizzata nel recupero dei pascoli montani

impoveriti dal pascolo eccessivo, in quanto bruca un tipo di erba non

appetibile a mucche e capre (il Nardus scricta). L’introduzione di questi

cavalli ha quindi un’azione di bonifica dell’ambiente.

Nardus stricta è una specie con un ampio areale che comprende l'Europa,

il Nord Africa, l'Asia, l’Australia, il Nord e il Sud America. In Italia è

presente in quasi tutta la penisola.

Sui pascoli alpini e appenninici può dar luogo ad una formazione vegetale

nota come "nardeto", caratterizzata dalla presenza dominante del nardo,

che si forma in genere come conseguenza di un sovraccarico di pascolo.

Il nardus stricta è una graminacea dalle foglie fini e rigide che ingiallisce

precocemente e si sviluppa sia su terreno siliceo sia calcareo ma

esclusivamente su suoli fortemente acidi.

Passiamo ora al confronto tra un arcobaleno reale e uno visto

da un artista.

Foto Data: 29 ottobre 2006

Luogo: Parco Naturale Veglia Devero verso l’Alpe Nava. Ambiente di

torbiera

Giornata di sole e ventilata con nuvole e precipitazioni sul confine con la

Svizzera

Fotocamera: Olympus

Artista: Caspar David Friedrich

Opera : Paesaggio con arcobaleno (1810)

Dimensioni : 84 x 59 cm

Tecnica : Olio su tela

Esposizione : Weimar, Kunstsammlungen

L’arcobaleno

Per spiegare questo interessante fenomeno della natura, legato alle

piccole goccioline d’acqua che rimangono sospese in cielo dopo un

temporale, è indispensabile avere un minimo di conoscenza della

composizione della luce che proviene dal Sole.

La luce è formata da particolari onde, che hanno la caratteristica di avere

una piccolissima lunghezza d’onda. La lunghezza d’onda si misura con una

speciale unità che prende il nome di angstrom. Un angstron corrisponde ad

un metro diviso in 10 milioni di parti.

La lunghezza d’onda della luce solare va da 4000 a 7000 angstrom.

Al di sotto dei 4000 angstrom si hanno i raggi ultravioletti; al di sopra

dei 7000 angstrom si hanno i raggi infrarossi. Nell’intervallo compreso

tra i 4000 e i 7000 angstrom, si trovano le onde luminose responsabili

delle sensazioni visive dei sette colori che formano quello che si chiama lo

spettro della luce.

Questo spettro va dal colore rosso al violetto, passando nell’ordine, da

arancione, giallo, verde, blu e indaco.

La luce che noi vediamo è data quindi dalla composizione di questi sette

colori. Tutti i colori che noi osserviamo si originano quindi dalla luce.

L’azzurro brillante del cielo, i rossi e i gialli del tramonto e dell’alba sono

dovuti al fatto che la luce proveniente dal Sole si scompone nei differenti

colori che la compongono.

Il grande Newton, con i suoi esperimenti con il prisma ha dimostrato che

la luce bianca è costituita in realtà dall’unione di tutti i colori, cioè il

bianco è la somma di tutti gli altri colori.

Normalmente la luce che proviene dal Sole è bianca, ma in alcune

situazioni i colori che la compongono possono essere scomposti come nel

caso della formazione dell’arcobaleno.

Il fenomeno della dispersione della luce spiega il formarsi dell’arcobaleno

dopo un temporale.

La luce attraversando le gocce d’acqua sospese ancora nell’atmosfera,

viene scomposta nei suoi sette colori e da origine all’arcobaleno che si può

osservare solo volgendo le spalle al Sole.

Questo perché le goccioline d’acqua che rimangono sospese nell’aria dopo

la pioggia si comportano come tanti piccoli prismi naturali.

Ciascuna gocciolina scompone la luce solare bianca in un minuscolo spettro.

Perché l’arcobaleno assume la forma di un arco?

Già sei secoli fa un monaco tedesco, Teodorico di Freiberg, ha cercato di

dare una risposta a questa domanda, utilizzando per i suoi esperimenti,

bocce di vetro piene d’acqua. Innanzitutto il Sole deve essere sempre alle

spalle dell’osservatore.

Inoltre, benché la luce colpisca la goccia in tanti punti diversi, il massimo

dell’intensità luminosa per i raggi uscenti e diretti verso l’osservatore, si

ottiene quando l’angolo con i raggi provenienti dal Sole è di 42 gradi.

In realtà poco meno di 42 gradi per il violetto e poco più di 42 gradi per il

rosso.

Questo spiega perché il colore rosso occupa sempre la parte più alta della

striscia dell’arcobaleno.

Per ragioni di simmetria poi, la luce giunge all’osservatore principalmente

da goccioline che si trovano su di un arco circolare. L’osservatore si trova

sull’asse della circonferenza e se si sposta ha la netta sensazione che

l’arcobaleno si muove con lui mantenendo sempre identica forma e

posizione.

Non si può invece, definire la distanza tra osservatore ed arcobaleno, le

goccioline possono essere a pochi metri o a chilometri di distanza, non

importa, purché soddisfino il requisito dei 42 gradi di angolo. Per questo

l'arcobaleno si vede di primo mattino o alla sera.

Questo spiega perché non si forma l’arcobaleno al termine di ogni

temporale ma è un fenomeno piuttosto raro da osservare e questo

contribuisce ad aumentarne il fascino!

La torbiera

Le torbiere si originano per interramento di bacini lacustri o per

affioramento di acque sotterranee. In questo caso si possono formare

anche su pendii che sono costante mente bagnati o molto umidi.

La vegetazione è variabile nelle diverse regioni.

Le torbiere sono caratterizzate da grande abbondanza di acqua in lento

movimento e a bassa temperatura, dove si sviluppa una vegetazione tipica

mente erbacea con prevalenza di muschi e graminacee.

Poiché si tratta di un ambiente umido e freddo, con scarsa circolazione

d’acqua e povero di ossigeno, la decomposizione organica da parte dei

batteri è fortemente rallentata o addirittura impedita. Per questo motivo

il materiale vegetale o animale presente tende ad accumularsi in strati

originando la torba.

In certe condizioni, prevalentemente in climi umidi e freddi in ambiente

acido anche la decomposizione dei tessuti animali viene completamente

inibita, conservando in modo spesso stupefacente manufatti, animali morti

e resti umani.

Il criterio di classificazione delle torbiere si riferisce alle modalità di

formazione e alle associazioni vegetali che in esse si instaurano e ne

determinano lo sviluppo.

Vediamo ora una foto notturna.

Foto Data: 23 febbraio 2013 ore: 20.25

Luogo: Feriolo (VB) sul Lago Maggiore

Serata limpida, di luna piena, senza vento

Fotocamera: Canon EOS45D

Artista: Caspar David Friedrich (1774 - 1840)

Stile artistico : Romanticismo

Opera: Mare al chiaro di luna (1827)

Dimensioni : 31 x 25 cm, esposizione : Leipzig Museum

Tecnica: olio su tela

Come fare una bella foto

In classe abbiamo letto alcune semplici nozioni di tecniche fotografiche e

quello che più ci ha fatto riflettere è che il risultato di una buona foto

dipende da molti fattori:

- abilità del fotografo

- caratteristiche della fotocamera utilizzata

- studio del soggetto o luogo da riprendere

- esperienza

- conoscenza dello strumento

- conoscenza della luce

- intuito

- un pizzico di fortuna.

Inoltre abbiamo imparato che ciascuno di noi ha un suo stile personale che

dipende da tanti fattori ma in modo particolare dalla propria sensibilità,

dalla passione per la fotografia, dall’interesse per quello che si vuole

fotografare.

Abbiamo anche riflettuto su alcuni errori molto comuni:

- errori di inquadratura

- tempi sbagliati

- luce insufficiente o eccessiva

- movimento del soggetto.

A proposito di movimento abbiamo capito che è impossibile fotografare il

movimento perché la foto fissa comunque l’azione.

Ad esempio è molto difficile fare una foto che ritragga il vento.

Noi vediamo l’albero curvo o l’onda marina ma non vediamo muovere né

l’uno ne l’altro.

Se riprendiamo i fiocchi di neve che cadono in realtà fissiamo solo un

istante della loro caduta.

Stesso discorso per un’auto che passa, un uccellino in volo o l’acqua di un

ruscello che scorre.

Fotografare di notte

Una bella foto di un paesaggio notturno ha in genere un grande fascino. I

giochi di luce trasformano anche situazioni normalmente molto banali.

Inoltre, di notte, il contrasto tra le zone illuminate e quelle al buio

aumenta notevolmente i contrasti. Al crepuscolo, quando si accendono le

prime illuminazioni ma non è ancora scomparsa l’ultima luce del giorno, è

forse il momento migliore per fare splendide foto.

Per realizzare delle belle foto in notturna è indispensabile utilizzare un

cavalletto e impostare un tempo di posa piuttosto lungo.

Sarebbe inoltre, una buona cosa, inserire un cavetto per lo scatto per

evitare le piccole vibrazioni provocate dal dito durante lo scatto manuale.

In realtà, è piuttosto difficile calcolare l’esatto tempo di esposizione.

Pertanto è necessario fare più prove o tentativi per valutare il tempo

migliore.

Utilizzare tempi di posa piuttosto lunghi permette di ottenere fantastici

effetti di luce come ad esempio se si vuole fotografare automobili in

movimento o le insegne luminose dei negozi.

La nostra foto è stata scattata a Feriolo, un caratteristico paesino sulle

sponde del Lago Maggiore.

Confrontiamo ora un laghetto alpino con il dipinto di un

autore anonimo.

Foto Data: 30 ottobre 2005

Luogo: Lago Bianco -Parco Naturale Veglia Devero

Giornata limpida, calda per il periodo

Fotocamera: Olympus

Artista: anonimo

Il laghetto fotografato è il Lago Bianco, che si trova a 2157 metri di

quota all'interno del Parco Naturale del Veglia-Devero.

Geologicamente la zona del parco è compresa nelle Alpi Occidentali.

Essa fa parte di una struttura complessa che deriva dal processo di

formazione della catena alpina, modificato nel tempo dall'azione dei

ghiacciai e dei fiumi.

Dal punto di vista mineralogico, la zona del parco è una delle zone più

interessanti dell'arco alpino.

Il Parco si trova all'estremo nord del Piemonte, nella provincia del

Verbano Cusio Ossola; l'area è facilmente raggiungibile dalle grandi città

ed anche dalla Svizzera. L'autostrada Voltri-Sempione porta a Varzo in

Valle Divedro e Crodo in Valle Antigorio. L'area protetta è costituita da 2

ampie conche alpine, di notevole complessità ambientale. Per il grande

valore ambientale e paesaggistico l'alpe Veglia è stato assoggettato a

vincolo ambientale sin dal 1978. Tale vincolo è stato esteso nel 1990

anche all'alpe Devero.

ALPE DEVERO

ALPE VEGLIA

Il nome Lago Bianco è dovuto al colore delle rocce delle pareti verticali

che lo circondano, che colorano di bianco questo particolare paesaggio

alpino.

Il fondo del laghetto è formato, infatti, da fanghiglie glaciali, sabbie e

limo bianco.

E' raggiungibile, su buon sentiero in un'ora e mezza circa da Veglia.

Il percorso sale dapprima nel bosco di larici mentre l' ultima parte, più

ripida si snoda su pietraia.

La vegetazione intorno al lago è caratteristica delle sabbie umide.

Ed infine un ramo fiorito nella realtà e nell’interpretazione

artistica.

Foto Data: 24 Marzo 2014 h:16.33

Luogo: Gravellona Toce (VB)

Pomeriggio di sole, limpido e ventilato

Soggetto: albero di ciliegio in fiore

Fotocamera: Canon Power Shot S x24

Artista: Vincent van Gogh (1853-1890)

Opera : Rami di mandorlo in fiore (1890)

Dimensioni : 92 x 74 cm

Tecnica : Olio su tela

Esposizione : Amsterdam, Museo van Gogh

Autore: Vincent Willem van Gogh

Autore di ben 864 tele e di più di mille disegni, senza contare i numerosi

schizzi iniziati e non portati a termine, tanto geniale quanto incompreso in

vita, van Gogh influenzò profondamente l'arte del XX secolo.

Dopo aver trascorso molti anni soffrendo di frequenti disturbi mentali,

morì all'età di 37 anni per una ferita da arma da fuoco, molto

probabilmente inflitta da solo. In quel momento i suoi lavori erano molto

poco conosciuti e ancor meno apprezzati.

Van Gogh iniziò a disegnare da bambino e continuò a farlo finché non

decise di diventare un pittore vero e proprio. Iniziò a dipingere tardi, alla

soglia dei trent'anni. La maggior parte delle sue opere sono state

realizzate negli ultimi due anni della sua vita.

I suoi soggetti consistevano in autoritratti, paesaggi, nature morte di

fiori, cipressi, rappresentazione di campi di grano e girasoli. La sua

formazione si deve all'esempio del realismo paesaggistico. Van Gogh

trascorse la sua prima età adulta lavorando per una ditta di mercanti

d'arte, viaggiò tra l’Aia, Londra e Parigi.

Per breve tempo si dedicò anche all'insegnamento; una delle sue

aspirazioni iniziali fu quella di diventare un pastore e dal 1879 lavorò

come missionario in una regione mineraria del Belgio, dove ritrasse

persone della comunità locale.

Nel 1885, dipinse la sua prima grande opera: I mangiatori di patate.

Nel marzo del 1886, si trasferì a Parigi dove scoprì gli impressionisti

francesi. Successivamente, trasferitosi nella Francia del sud, i suoi

quadri furono influenzati dal sole di quelle zone.

Nel quadro è rappresentato un ramo di mandorlo in fiore

Il mandorlo (Prunus dulcis) è una pianta della famiglia delle Rosacee; la

mandorla è invece il seme del mandorlo.

È un piccolo albero alto fino 5 metri. Le radici sono a fittone e il fusto è

dapprima diritto, liscio e di colore grigio, successivamente diventa

contorto, screpolato e scuro. Le foglie, lunghe fino a 12 cm, sono

lanceolate e picciolate. I fiori, bianchi o leggermente rosati e con un

diametro fino a 5 cm hanno 5 sepali e 5 petali. I fiori sbocciano in genere

all’inizio della primavera, e dove il clima è mite, anche tra gennaio e

febbraio.

Il mandorlo selvatico cresce nel Mediterraneo dove i mandorli sono stati

coltivati prima che in altre zone. È stato introdotto in Sicilia dai Fenici,

proveniente dalla Grecia. Successivamente si è diffuso in Francia, in

Spagna e in quasi tutti i paesi del Mediterraneo. I romani lo chiamavano

“noce greca”. Dopo la coltivazione, le mandorle divennero commestibili e

sicuramente venivano arrostite per eliminarne la tossicità.

Le mandorle domestiche non sono tossiche. Jared Diamond ritiene che

una mutazione genetica ha determinato la scomparsa del glucoside

amigdalina che è velenoso. Questi esemplari mutati sono stati poi coltivati

e selezionati dagli antichi agricoltori. Secondo gli studiosi, i mandorli

furono uno dei primi alberi da frutto ad essere coltivati, grazie all’abilità

dei frutticoltori a selezionare i frutti.

Ci sono testimonianze di mandorli domestici già nella prima parte dell’Età

del bronzo (3000-2000 a.C.). Alcuni frutti di mandorlo sono stati trovati,

in Egitto, nella tomba di Tutankamon (circa 1325 a.C.), probabilmente

importati dal Levante.

Il mandorlo è molto riverito in molte culture ed è citato molte volte anche

nella Bibbia. Fin dall’antichità, il mandorlo è stato un simbolo di promessa

per la sua precoce fioritura.

Nella foto abbiamo ripreso rami di ciliegio in fiore.

Il ciliegio (Prunus avium) chiamato anche ciliegio degli uccelli o ciliegio

selvatico è un albero appartenente alla famiglia delle Rosacee, originario

del continente europeo.

In Italia è presente dalle zone collinari sino a quelle montuose, talvolta al

confine della zona tipica delle latifoglie, presentando una buona

resistenza alle basse temperature. Insieme al Prunus cerasus è una delle

due specie di ciliegio selvatico che sono all'origine delle numerose varietà

di ciliegio coltivato. Il genere Prunus è composto da numerose essenze,

spesso difficili da riconoscere. Si tratta di un albero deciduo, che cresce

dai 15 ai 32 m di altezza.

Gli alberi giovani mostrano un tronco dritto e una corona conica

simmetrica, che diviene arrotondata ed irregolare negli alberi più vecchi.

Vive circa 100 anni ed è molto esigente di luce.

La corteccia è levigata e di colore porpora-marrone.

Le foglie sono alternate, di forma ovale, acute semplici, lunghe 7-14 cm e

larghe 4-7 cm, glabre, di un verde pallido o brillante nella parte superiore,

che varia finemente nella parte inferiore. Il margine è serrato e ha una

punta acuminata, con un picciolo lungo da 2 a 3,5 cm, che porta da due a

cinque piccole ghiandole rosse. Anche la punta di ogni foglia porta delle

ghiandole rosse. In autunno le foglie diventano arancioni, rosa o rosse

prima di cadere.

I fiori sono bianchi e peduncolati e ogni fiore è pendente su di un

peduncolo di 2–5 cm. I petali sono cinque. I fiori sono ermafroditi e

vengono impollinati dalle api. La fioritura ha luogo all'inizio della

primavera ed è contemporanea alla produzione di nuove foglie.

Il frutto è una drupa carnosa, quella che chiamiamo ciliegia, di 1–2 cm di

diametro in quelle selvatiche, più grande in alcune selezioni coltivate, di

colore rosso brillante fino ad un viola scuro quando matura a metà estate.

Il frutto commestibile ha un sapore da dolce ad aspro o amaro, da

mangiare fresco. Contiene un unico nocciolo.

I frutti vengono mangiati da numerosi uccelli e mammiferi, che

digeriscono la polpa e disperdono poi il seme nei loro escrementi. Alcuni

piccoli roditori e uccelli rompono il nocciolo e mangiano il seme che sta al

suo interno. Tutte le parti della pianta ad eccezione del frutto sono

tossici. L'albero trasuda una resina dalle ferite nella corteccia, per

mezzo della quale protegge le ferite dalle infezioni provocate da insetti e

funghi.

Il ciliegio selvatico ha costituito una importante fonte di nutrimento per

gli uomini per alcune migliaia di anni. Ne sono testimonianza numerosi

reperti archeologici.

Realtà o interpretazione?

Entrambe, secondo noi, ci hanno insegnato

che la Natura è:

- Armonia

- Perfezione

- Maestosità

-Bellezza

-Inquietudine

-Serenità

-Pace

-Libertà

-Purezza

-Innocenza

-Forza

-Vita

La nostra scuola

Autori

Alunni delle classi terza e prima media di Piancavallo

Prof. Rita Torelli e Palmina Trovato

Foto Prof. Rita Torelli, Massimo Sotto