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Appunti di Analisi Matematica Uno

Francesca Alessio e Piero Montecchiari

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Prefazione

Le seguenti note sono una raccolta degli appunti dei corsi di AnalisiMatematica 1 per i Corsi di Laurea in Ingegneria (Biomedica, Civileed Ambientale, Elettronica, Meccanica, Informatica e Telecomunica-zioni) e di Matematica per il Corso di Laurea in Scienze Biologichetenuti dagli autori negli ultimi anni presso l’Universita Politecnica del-le Marche. Essendo al momento una semplice bozza, saranno sicura-mente presenti errori che vi preghiamo volerci segnalare all’[email protected]

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Indice

Prefazione 3

Capitolo 1. Numeri Reali 71. Assiomi dei numeri reali 72. Estremo superiore ed inferiore 153. Numeri Naturali e Numeri Razionali 194. Appendice: numeri complessi 23

Capitolo 2. Successioni numeriche 291. Limiti di successioni numeriche 292. Teoremi di confronto 363. Successioni monotone e Numero di Nepero 394. Criterio del rapporto ed infiniti di ordine crescente 485. Relazione di asintotico 516. Appendice: Sottosuccessioni e Teorema di Bolzano-

Weierstrass 547. Esercizi 59

Capitolo 3. Funzioni reali 611. Qualche richiamo 612. Limiti di funzioni 693. Relazione di asintotico e simboli di Landau 804. Ordine di infinitesimo 835. Ordine di infinito 866. Esercizi 88

Capitolo 4. Funzioni continue 911. Classificazione delle discontinuita 932. Immagine di una funzione continua 953. Continuita della funzione inversa 1024. Appendice: Funzioni uniformemente continue e Teorema di

Heine-Cantor 1035. Esercizi 105

Capitolo 5. Funzioni derivabili 1071. Definizione di derivata 107

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6 INDICE

2. Regole di derivazione 1143. Teoremi fondamentali del calcolo differenziale 1174. Funzioni convesse 1235. Applicazioni del calcolo differenziale 1276. Teorema di De l’Hopital 1337. Formula di Taylor 1388. Esercizi 150

Capitolo 6. Funzioni integrabili 1551. Integrale di Riemann 1552. Teorema fondamentale del calcolo integrale 1613. Integrali indefiniti 1644. Calcolo di integrali definiti: aree e lunghezze 1785. Esercizi 181

Capitolo 7. Integrali impropri 1831. Integrali impropri su intervalli limitati 1832. Integrali impropri su intervalli illimitati 1913. Esercizi 203

Capitolo 8. Serie numeriche 2071. Serie a termini non negativi 2082. Serie a termini di segno alterno 2143. Operazioni tra serie 2164. Esercizi 218

Capitolo 9. Serie di potenze 2211. Insieme di convergenza di una serie di potenze 2222. Derivata ed integrale di una serie di potenze 2263. Serie di Taylor 2304. Esercizi 239

Capitolo 10. Serie di Fourier 2411. Diseguaglianza di Bessel 2412. Convergenza puntuale della Serie di Fourier 243

Indice analitico 253

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CAPITOLO 1

Numeri Reali

Iniziamo con il presentare l’insieme dei numeri reali, denotato con R.Particolari e familiari numeri reali sono

numeri naturali, N: 1, 2, 3, ...numeri interi, Z: ...,−3,−2,−1, 0, 1, 2, 3, ....

numeri razionali, Q: p

qcon p ∈ Z e q ∈ N dove si considerano iden-

tificate nel medesimo numero razionale frazioni del tipo p

qe mp

mqcon

m ∈ Z \ {0}.Valgono ovviamente le inclusioni N ⊂ Z ⊂ Q ⊂ R. I numeri razionalinon esauriscono i numeri reali, ovvero l’insieme R\Q = {x ∈ R | x �∈ Q}e non vuoto ed i suoi elementi vengono chiamati numeri irrazionali. Nesono esempi

√2, π ed il numero di Nepero e, che definiremo nel seguito.

I numeri reali possono essere introdotti mediante un procedimento dicompletamento dell’insieme dei numeri razionali (a loro volta definiti apartire dai numeri naturali) ma tale costruzione necessita di sofisticaticoncetti dell’analisi matematica che esulerebbe dai nostri intenti. I nu-meri reali possono invece introdotti in modo assiomatico nel seguentesenso: postuliamo che esista un insieme ove siano definite due ope-razioni binarie interne (somma e prodotto) ed una relazione d’ordine(minore o uguale) soddisfacente a delle stabilite proprieta, gli assiomi.Tale insieme verra chiamato insieme dei numeri reali.

1. Assiomi dei numeri reali

L’insieme dei numeri reali R e un insieme soddisfacente i seguentiassiomi:

(A) Assiomi algebrici: sono definite in R due operazioni binarie interne,somma a+ b e prodotto a · b soddisfacenti le seguenti proprieta:

1. Proprieta commutativa di somma e prodotto:

a+ b = b+ a e a · b = b · a, ∀ a, b ∈ R2. Proprieta associativa di somma e prodotto:

(a+ b) + c = a+ (b+ c) e (a · b) · c = a · (b · c), ∀ a, b, c ∈ R7

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8 1. NUMERI REALI

3. Proprieta distributiva della somma rispetto al prodotto:

a · (b+ c) = a · b+ b · c, ∀ a, b, c ∈ R

4. Esistenza dell’elemento neutro della somma o zero : esiste 0 ∈R tale che a+ 0 = a per ogni a ∈ R.

5. Esistenza dell’elemento neutro del prodotto o unita : esiste 1 ∈R tale che a · 1 = a per ogni a ∈ R.

6. Esistenza dell’opposto: per ogni a ∈ R esiste −a ∈ R tale chea+ (−a) = 0.

7. Esistenza del reciproco: per ogni a ∈ R con a �= 0 esiste 1a∈ R

tale che a · 1a= 1.

Tali proprieta sono caratteristiche di un campo algebrico. Si usano leseguenti notazioni: a+ (−b) = a− b e a · 1

b= a

b.

Utilizzando le precedenti proprieta si puo provare l’unicita dell’elemen-to neutro di somma e prodotto, cosı come l’unicita dell’opposto e delreciproco di ciascun numero reale non nullo.

Dalle precedenti proprieta e inoltre possibile ottenere le usuali regoledell’algebra. Vediamone solo alcune:

• Se a + b = c + b allora a = c. Infatti, dalla definizione diopposto e dalla proprieta associativa si ha:

a = a+ 0 = a+ (b− b) = (a+ b)− b

= (c+ b)− b = c+ (b− b) = c+ 0 = c

• Risulta a · 0 = 0 per ogni a ∈ R. Infatti, essendo a · 1 = a perogni a ∈ R, dalla proprieta distributiva e dalla definizione di0 si ottiene:

a+ a · 0 = a · 1 + a · 0 = a · (1 + 0) = a · 1 = a = a+ 0

e dalla precedente proprieta segue che a · 0 = 0.• Risulta a · (−1) = −a per ogni a ∈ R. Infatti, dalla definizionedi 1, utilizzando la proprieta distributiva si ha:

a+ a · (−1) = a · 1 + a · (−1) = a · (1− 1) = a · 0 = 0

e per l’unicita dell’opposto si ha che a · (−1) = −a.• Risulta 1

a·b =1a· 1bovvero che 1

a· 1be il reciproco di a ·b. Difatti,

dalla proprieta commutativa e associativa del prodotto e dalladefinizione di reciproco e di elemento neutro risulta

(a · b) · (1a· 1b) = (a · 1

a) · (b · 1

b) = 1 · 1 = 1

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1. ASSIOMI DEI NUMERI REALI 9

(B) Assiomi d’ordine: e definita in R una relazione tra coppie di numerireali, denotata con≤ e dettaminore o uguale, soddisfacente alle seguentiproprieta:

1. Proprieta riflessiva: per ogni a ∈ R risulta a ≤ a.2. Proprieta antisimmetrica: se a ≤ b e b ≤ a allora a = b.3. Proprieta transitiva: se a ≤ b e b ≤ c allora a ≤ c.

Tali proprieta sono caratteristiche di una relazione d’ordine. Si richiedeinoltre che tale relazione sia totale ovvero che sia verificata la seguenteproprieta

4. Proprieta di dicotomia: per ogni a, b ∈ R si ha a ≤ b oppureb ≤ a.

Infine si richiede che in relazione alle operazioni algebriche siano veri-ficate

5. se a ≤ b e c ∈ R allora a+ c ≤ b+ c

6. se a ≤ b e 0 ≤ c allora a · c ≤ b · c.A partire dalla relazione minore o uguale vengono definite inoltre leseguenti relazioni:

< , minore: a < b se a ≤ b e a �= b;≥ , maggiore o uguale: a ≥ b se b ≤ a;> , maggiore: a > b se b ≤ a e a �= b.

I numeri a ∈ R tali che a > 0 si dicono positivi mentre quelli tali chea < 0 si dicono negativi. Si dicono inoltre non negativi (rispettivamentenon positivi) i numeri a ∈ R tali che a ≥ 0 (rispettivamente, a ≤ 0).

Dalle precedenti proprieta seguono direttamente le usuali regole. Ve-diamone alcune.

• se a ≥ 0 allora −a ≤ 0. Infatti, dall’assioma B.5 si ha cheessendo a ≥ 0 risulta

0 = a+ (−a) ≥ 0 + (−a) = −a.

• se a ≤ b e c ≤ 0 allora a · c ≥ b · c. Infatti, essendo per quantosopra, −c ≥ 0 dall’assioma B.6 si ha a ·(−c) ≤ b ·(−c) e quindidall’assioma B.5

0 = a · c+ a · (−c) ≤ a · c+ b · (−c)

da cui, sempre per B.5,

b · c ≤ (a · c+ b · (−c)) + b · c = a · c• per ogni a ∈ R, a2 = a · a ≥ 0. Infatti, se a ≥ 0 allora da B.5si ha a2 = a · a ≥ a · 0 = 0. Se invece a ≤ 0, dalla precedenteproprieta si ha a2 = a · a ≥ a · 0 = 0.

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10 1. NUMERI REALI

Le proprieta sopra elencate riguardano l’algebra e l’ordinamento del-l’insieme dei numeri reali R ma non sono sufficienti a descrivere com-pletamente tale insieme (infatti risultano verificate anche dall’insiemedei numeri razionali Q). Quello che “manca” e una proprieta che ci efamiliare e che renda conto di una delle caratteristiche piu importantidei numeri reali: la completezza, la continuita, la possibilita di rappre-sentare i numeri reali mediante una retta. Tale proprieta distingue inumeri reali dai numeri razionali e rende l’insieme dei numeri reali Rl’insieme piu adatto alle necessita dell’analisi matematica, ad esempioal concetto fondamentale di limite ma anche alla semplice operazione diestrazione della radice quadrata (ovvero alla risoluzione dell’equazionex2 = 2). Tale proprieta puo essere formalizzata nel seguente modo:

(C) Assioma di completezza: per ogni coppia di insiemi non vuotiA,B ⊂ R tali che a ≤ b per ogni a ∈ A e b ∈ B esiste c ∈ R,detto elemento separatore, tale che a ≤ c ≤ b per ogni a ∈ A e b ∈ B.

Un classico esempio di applicazione dell’assioma di completezza e ladefinizione di

√2. Denotato con a2 = a·a per ogni a ∈ R, si considerino

gli insiemi

A = {a ∈ R | a > 0, a2 < 2} e B = {b ∈ R | b > 0, b2 > 2}.

Risulta a ≤ b per ogni a ∈ A e b ∈ B in quanto se fosse a > b perqualche a ∈ A e b ∈ B avremo, per gli assiomi d’ordine, 2 > a2 >

a · b > b2 > 2 che e impossibile. Dunque, per l’assioma di completezza,avremo che esiste c ∈ R tale che a ≤ c ≤ b per ogni a ∈ A e b ∈ B.Proviamo che l’elemento separatore c verifica c2 = 2. Abbiamo chec �∈ A. Infatti, se c ∈ A allora c2 < 2 e sia δ > 0 tale che δ < 2−c

2

2c+1 (sara

sufficiente considerare δ = 2−c2

2(2c+1)). Allora c+ δ > 0 e

(c+ δ)2 = c2 + δ

2 + 2δc < c2 + δ(2c+ 1) < 2

da cui c + δ ∈ A in contraddizione con c ≥ a per ogni a ∈ A. Ana-logalmente si prova che c �∈ B. Poiche c �∈ A e c �∈ B otteniamo chec2 = 2. E immediato che l’elemento separatore verifica c > 0. Infine,per verificare l’unicita di tale elemento separatore supponiamo che c ed siano due elementi separatori con c < d. Allora, per quanto sopra,avremo 2 = c2 < d2 = 2, una contraddizione.Tale elemento separatore viene denotato con

√2.

Procedendo come nell’esempio precedente e possibile definire la radicequadrata

√x di ogni numero reale x > 0.

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1. ASSIOMI DEI NUMERI REALI 11

Le precedenti proprieta caratterizzano completamente l’insieme dei nu-meri reali nel senso che ogni altro insieme soddisfacente tali assiomirisulta in corrispondenza uno-uno con R.

Utilizzando gli assiomi dei numeri reali possiamo ora definire formal-mente gli insiemi dei numeri naturali, interi e razionali. Abbiamo vistoche gli assiomi dei numeri reali garantiscono l’esistenza dell’elementoneutro del prodotto 1. Apparterranno quindi ad R anche i risultatidelle operazioni eseguite a partire da 1. In particolare sono numerireali i numeri 1 + 1 = 2, (1 + 1) + 1 = 3, ((1 + 1) + 1) + 1 = 4 , ...Il sottoinsieme di numeri reali ottenuti in tal modo e indicato con N echiamato insieme dei numeri naturali:

N = {1, 2, 3, 4, ...}.Osserviamo che dalla definizione segue che 1 ∈ N e che se n ∈ N alloran+1 ∈ N, tali proprieta sono caratteristiche di un insieme induttivo, dicui parleremo piu avanti.

Poiche tra gli assiomi dei numeri reali e prevista l’esistenza dell’oppo-sto di ciascun numero reale, saranno numeri reali gli opposti di tuttii numeri naturali. Si indica con Z l’insieme costituito dai numeri na-turali, dall’elemento neutro della somma, 0, e dagli opposti dei numerinaturali. Tale insieme e chiamato insieme dei numeri interi:

Z = {...,−4,−3,−2,−1, 0, 1, 2, 3, 4, ..}Infine, poiche tra gli assiomi dei numeri reali e garantita l’esistenzadel reciproco di ciascun numero reale non nullo, saranno numeri reali ireciproci di tutti i numeri naturali, ovvero i numeri della forma 1

ncon

n ∈ N. Saranno quindi numeri reali anche i risultati del prodotto di talinumeri con numeri interi, ovvero i numeri della forma m

n= 1

n·m con

n ∈ N em ∈ Z. L’insieme costituito da tali numeri, dove si consideranoidentificati numeri della forma m

ne mp

npcon p ∈ N, si indica con Q e

viene chiamato insieme dei numeri razionali:

Q = {mn|m ∈ Z, n ∈ N}

Essendo N,Z e Q sottoinsiemi di R saranno definite su tali insiemile operazioni di somma e prodotto e la relazione d’ordine indotti daR. Osserviamo pero che tali insiemi non soddisfano tutti gli assiomidei numeri reali. Ad esempio N non soddisfa l’assioma che garanti-sce l’esistenza dell’elemento neutro della somma e nemmeno l’assiomasull’esistenza dell’opposto. Z invece non soddisfa l’assioma che garan-tisce l’esistenza del reciproco: escluso 1 il reciproco di ciascun numero

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12 1. NUMERI REALI

intero non e un numero intero. Q invece soddisfa tutti gli assiomi al-gebrici e d’ordine, l’unico assioma non soddisfatto da Q e l’assioma dicompletezza. Si considerino difatti gli insiemi

A = {a ∈ Q | a > 0, a2 < 2} e B = {b ∈ Q | b > 0, b2 ≥ 2}.

Risulta a ≤ b per ogni a ∈ A e b ∈ B. Se esistesse un elementoseparatore c ∈ Q tale elemento dovrebbe verificare, come gia detto,c > 0 e c2 = 2 e cio e impossibile come prova il seguente risultato:

Teorema 1.1. Non esiste alcun c ∈ Q tale che c2 = 2.

Dim. Procedendo per assurdo, supponiamo che esista c ∈ Q tale che c2 = 2.Per definizione di numero razionale siano m ∈ Z e n ∈ N, tali che c =m

n. Semplificando gli eventuali fattori comuni, potremo scegliere m, n non

entrambi pari. Allora

c2 =m2

n2= 2 (1)

e quindi m2 = 2n2. Essendo 2n2 numero pari, si ottiene che m2 e pari equindi che anche m e pari (infatti se m fosse dispari anche m2 risulterebbedispari). Sia allora h ∈ Z tale che m = 2h. Allora da (1) si ottiene n2 = 2h2

da cui, come sopra, si deduce che n2 e pari e quindi che anche n e pari, incontraddizione con la scelta di m, n non entrambi pari. �

In altre parole, per la definizione data di√2, il precedente risultato

afferma che√2 �∈ Q e quindi che R \Q e non vuoto.

Si consideri ora una retta r e su questa si fissi un punto, l’origine O,un orientamento e un’unita di misura. Una tale retta e chiamata rettareale:

O

Grazie all’assioma di completezza si puo provare che ad ogni puntoP ∈ r corrisponde un numero reale d(P,O) pari alla distanza del puntoP dall’origine O. L’applicazione che ad ogni punto P ∈ r associa ladistanza dall’origine d(P,O) se P si trova nel verso positivo rispetto aO (scriveremo P ∈ r+), l’opposto della distanza dall’origine −d(P,O)se P si trova nel verso negativo rispetto a O (scriveremo P ∈ r−) e 0

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1. ASSIOMI DEI NUMERI REALI 13

se P ≡ O, viene detta funzione ascissa e denotata con x(P ):

P ∈ r �→ x(P ) =

d(P,O) se P ∈ r+

0 se P ≡ O

−d(P,O) se P ∈ r−

Diremo che x(P ) e l’ascissa del punto P ∈ r.

O

O PQ

x(P)=d(P,O)

x(Q)=-d(Q,O) x(P)=d(P,O)x(O)=0

La funzione ascissa determina una corrispondenza uno-uno tra l’insie-me dei numeri reali ed i punti della retta reale e nel seguito verrannospesso identificate, mediante la precedente corrispondenza, la retta rea-le r con l’insieme dei numeri reali R.Si osservi che la corrispondenza inversa alla funzione ascissa e l’applica-zione che ad ogni x ∈ R associa il punto Px ∈ r tale che d(Px, O) = |x|e Px ∈ r+ se x > 0, Px ∈ r− se x < 0 mentre Px = O se x = 0, doveabbiamo denotato con |x| il valore assoluto del numero reale x ∈ R:

|x| =�x se x ≥ 0

−x se x < 0

Osserviamo che se x < y allora Px precede Py sulla retta reale rispettoall’orientamento assegnato.

Dalla definizione di valore assoluto e della funzione ascissa, abbiamovisto che |x| indica la distanza del punto di ascissa x dall’origine O.Piu in generale |x− x0| indica la distanza tra il punto di ascissa x conil punto di ascissa x0. Quindi, dato δ > 0 e x0 ∈ R, la disequazione|x − x0| < δ ammette come soluzione tutti e soli i valori x0 − δ <

x < x0 + δ. Da tale interpretazione seguono immediatamente alcuneproprieta elementari del valore assoluto:

1. |x| ≥ 0 per ogni x ∈ R e |x| = 0 se e solo se x = 0.

2. −|x| ≤ x ≤ |x| per ogni x ∈ R.3. per ogni δ > 0, x0 ∈ R, |x− x0| ≤ δ se e solo se x0 − δ ≤ x ≤

x0 + δ.

4. Diseguaglianza triangolare: |x+y| ≤ |x|+|y|, per ogni a, b ∈ R.5. |xy| = |x||y|, per ogni x, y ∈ R.

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14 1. NUMERI REALI

Le proprieta 1, 2, 3 e 5 seguono direttamente dalla definizione. Perprovare la diseguaglianza triangolare, osserviamo che da 2. abbiamo−|x| ≤ x ≤ |x| e −|y| ≤ y ≤ |y| e dunque

−(|x|+ |y|) ≤ x+ y ≤ |x|+ |y|

quindi, da 3. segue che |x+ y| ≤ |x|+ |y|.

Vediamo ora la definizione di particolari sottoinsieme di R (o dellaretta reale, secondo la precedente corrispondenza): gli intervalli. Datia, b ∈ R con a ≤ b si dice intervallo limitato un insieme della seguenteforma

[a, b] = {x ∈ R | a ≤ x ≤ b}(a, b] = {x ∈ R | a < x ≤ b}[a, b) = {x ∈ R | a ≤ x < b}(a, b) = {x ∈ R | a < x < b}

Osserviamo che se a = b allora [a, b] = {a} mentre (a, b) = ∅ (intervallidegeneri). Dato a ∈ R, e detto invece intervallo illimitato un insiemedella forma

[a,+∞) = {x ∈ R | a ≤ x}(a,+∞) = {x ∈ R | a < x}(−∞, a] = {x ∈ R | x ≤ a}(−∞, a) = {x ∈ R | x < a}(−∞,+∞) = R

Si puo provare che gli intervalli (limitati e illimitati) A ⊆ R sonocaratterizzati dalla proprieta che se α, β ∈ A allora ogni c ∈ R taleche α ≤ c ≤ β e ancora un elemento di A.

Completiamo il paragrafo osservando che attraverso la funzione ascissae possibile determinare una corrispondenza uno-uno tra l’insieme dellecoppie ordinate di numeri reali

R2 = R× R = {(x, y) | x, y ∈ R}

ed il piano cartesiano determinato da due rette orientate tra loro per-pendicolari che si intersecano nell’origine:

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2. ESTREMO SUPERIORE ED INFERIORE 15

O

Ad ogni punto del P del piano cartesiano corrisponde un ascissa x ∈R ed un’ordinata y ∈ R pari rispettivamente all’ascissa del punto Px

proiezione del punto sulla retta orizzontale, detto asse delle ascisse, edel punto Py proiezione del punto P sulla retta verticale, detto assedelle ordinate:

P

x

y

x

y

P

P

O

2. Estremo superiore ed inferiore

Vediamo ora la definizione di estremo superiore ed inferiore di un in-sieme numerico, concetti fondamentali per l’analisi matematica stret-tamente legati all’assioma di completezza.

Cominciamo con l’introdurre il concetto di maggiorante e minorante.Un numero L ∈ R e detto maggiorante di un insieme non vuoto A ⊂ R

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16 1. NUMERI REALI

se risulta L ≥ a per ogni a ∈ A. Analogalmente, un numero � ∈ R edetto minorante di un insieme non vuoto A ⊂ R se risulta � ≤ a perogni a ∈ A.

Ad esempio, ogni � ≤ 1 e minorante dell’intervallo A = (1, 2] cosı comeogni L ≥ 2 e maggiorante.

L’intervallo (1,+∞) non ammette maggioranti mentre ogni � ≤ 1 eminorante.

L’insieme A = { 1n|n ∈ N} ammette come maggiorante ogni L ≥ 1,

essendo 1n≤ 1 per ogni n ∈ N, mentre ogni � ≤ 0 e un minorante

essendo 1n> 0 per ogni n ∈ N.

Un insieme A ⊂ R si dice limitato superiormente se ammette un mag-giorante, ovvero se esiste L ∈ R tale che a ≤ L per ogni a ∈ A. Si dicelimitato inferiormente se ammette un minorante, ovvero se esiste � ∈ Rtale che a ≥ � per ogni a ∈ A. Infine si dice limitato se risulta limitatosuperiormente ed inferiormente, ovvero se esistono �, L ∈ R tali che� ≤ a ≤ L per ogni a ∈ A.

Tenendo conto della definizione di valore assoluto si riconosce facilmen-te che un insieme A risulta limitato se e solo se esiste M ∈ R tale che

|a| ≤ M per ogni a ∈ A (sara sufficiente considerare M = max{|�|, |L|}dove � ≤ a ≤ L per ogni a ∈ A).

Ad esempio, l’intervallo (1, 2] e limitato. Ogni intervallo limitato e uninsieme limitato.L’insieme A = {a ∈ R | a = sin x per qualche x ∈ R} e limitato essendo| sin x| ≤ 1 per ogni x ∈ R.L’insieme A = {a2 | a ∈ R} e limitato inferiormente essendo a2 ≥ 0per ogni a ∈ R ma non superiormente. Infatti se L > 0 fosse unmaggiorante allora a2 ≤ L per ogni a ∈ R. Considerato pero a0 =√L+ 1, avremo a20 = L + 1 > L contro la richiesta che L risulti

maggiorante.

Particolari maggioranti e minoranti sono il massimo ed il minimo se-condo la seguente definizione. Sia A un sottoinsieme non vuoto di R.Il massimo di A, se esiste, e un maggiorante M di A tale che M ∈ A:

M = maxA ⇐⇒�M ∈ A

M ≥ a, ∀a ∈ A

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2. ESTREMO SUPERIORE ED INFERIORE 17

Analogalmente, il minimo di A, se esiste, e un minorante m ∈ R di Atale che m ∈ A:

m = minA ⇐⇒�m ∈ A

m ≤ a, ∀a ∈ A

Ad esempio, l’intervallo A = [1, 3) ammette come minimo 1, minA = 1essendo 1 ∈ A e 1 ≤ a per ogni a ∈ A, ma non ammette massimo.Infatti se M ∈ A fosse massimo allora M < 3 e M ≥ a per ogni a ∈ A

mentre a0 =M+32 ∈ A ma a0 > M .

L’insieme { 1n|n ∈ N} ammette massimo con maxA = 1 mentre non

ammette minimo. Infatti, se 1Ncon N ∈ N fosse minimo avremo 1

N≤ 1

n

per ogni n ∈ N mentre risulta 1n<

1N

per ogni n > N .

Dalla proprieta di dicotomia si ha che ogni sottoinsieme di R costituito

da un numero finito di elementi, A = {x1, ..., xn} ammette sia massimo

che minimo.

L’insieme A = {a ∈ Q | a > 0, a2 ≤ 2} non ammette massimo mentreammette massimo l’insieme A = {a ∈ R | a > 0, a2 ≤ 2} e, per quantovisto, maxA =

√2.

Si verifica facilmente che quando esistono, il massimo ed il minimo sono

unici. Infatti se M1 e M2 sono due massimi di A ⊂ R per definizionerisulta a ≤ M1 e a ≤ M2 per ogni a ∈ A. Poiche M1,M2 ∈ A, dalleprecedenti diseguaglianze otteniamo M2 ≤ M1 e M1 ≤ M2 da cui segueche M1 = M2.

Ricordiamo che dalla definizione di massimo e di minimo di un insiemeA ⊂ R se M e massimo di A allora M e un maggiorante di A e M ∈ A,quindi in particolare non esistono maggioranti di A “piu piccoli” di M .In altre parole potremo dire che il massimo di un insieme A, se esiste,e il piu piccolo maggiorante di A ovvero e il minimo dei maggioranti diA:

se esiste, maxA = min{L ∈ R | a ≤ L, ∀ a ∈ A}.Analogalmente, il minimo di un insieme A, se esiste, e il piu grandeminorante di A, il massimo dei minoranti di A:

se esiste, minA = max{� ∈ R | � ≤ a, ∀ a ∈ A}.

Abbiamo visto degli esempi di insiemi che pur essendo limitati supe-rioremente non ammettono massimo. Utilizzando l’assioma di comple-tezza proveremo che tali insiemi ammettono comunque il minimo deimaggioranti, quello che chiameremo l’estremo superiore.

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18 1. NUMERI REALI

Si dice estremo superiore di un insieme A ⊂ R non vuoto e superior-mente limitato il minimo, se esiste, dei maggioranti di A:

supA = min{L ∈ R | a ≤ L, ∀ a ∈ A}Si dice invece estremo inferiore di un insieme A ⊂ R non vuoto einferiormente limitato il massimo, se esiste, dei minoranti di A

inf A = max{� ∈ R | � ≤ a, ∀ a ∈ A}

E chiaro che l’estremo superiore ed inferiore di un insieme quando esi-

stono sono unici. E evidente inoltre che quando esiste il massimo (mi-

nimo) di un insieme allora questo coincide con l’estremo superiore (in-

feriore). Abbiamo pero, a differenza del massimo e del minimo, cheogni insieme limitato superiormente (inferiormente) ammette estremosuperiore (inferiore):

Teorema 1.2. (di esistenza dell’estremo superiore ed inferiore)

Ogni sottoinsieme non vuoto e superiormente (inferiormente) limitato

ammette estremo superiore (inferiore).

Dim. Dimostriamo solo la prima delle due affermazioni, la prova della se-conda e analoga. Sia B l’insieme costituito da tutti i maggioranti di uninsieme A non vuoto e limitato superiormente. Per definizione di insiemesuperiormente limitato avremo che B e insieme non vuoto e che risulta, perdefinizione di maggiorante, a ≤ b per ogni a ∈ A e b ∈ B. Dall’assioma dicompletezza si ha allora che esiste un elemento separatore c ∈ R tale chea ≤ c ≤ b per ogni a ∈ A e b ∈ B. Poiche a ≤ c per ogni a ∈ A si ha chec e maggiorante di A e dunque c ∈ B. D’altra parte c ≤ b per ogni b ∈ B,quindi c e il minimo di B ovvero e il minimo dei maggioranti di A. �Il precedente Teorema, di particolare importanza per l’analisi, si puoprovare essere equivalente all’assioma di completezza.

Diamo ora una caratterizzazione dell’estremo superiore ed inferiore.Sia A un insieme non vuoto e superiormente limitato. Dal precedenteTeorema sia M = supA. Per definizione M e un maggiorante di A,quindi a ≤ M per ogni a ∈ A, ed e il minimo dei maggioranti di Aovvero non esistono maggioranti di A piu piccoli di M . Cio vuol direche ogni altro numero piu piccolo di M , diciamo M−ε con ε > 0, non emaggiorante di A e dunque esiste a ∈ A tale che M−ε < a. Viceversa,ogni numero reale con queste caratteristiche e necessariamente estremosuperiore. Possiamo allora dire che

M = supA ⇐⇒�a ≤ M ∀ a ∈ A

∀ ε > 0 esiste a ∈ A tale che M − ε < a

Page 19: AppuntI ANALISI Uno

3. NUMERI NATURALI E NUMERI RAZIONALI 19

Analogalmente, se A ⊂ R e insieme non vuoto ed inferiormente limitatodal precedente Teorema esiste l’estremo superiore e vale la seguentecaratterizzazione:

m = inf A ⇐⇒�m ≤ a ∀ a ∈ A

∀ ε > 0 esiste a ∈ A tale che a < m+ ε

Sara comodo parlare di estremo superiore ed inferiore di insiemi nonvuoti non superiormente ed inferiormente limitati utilizzando i simboli±∞. Se A ⊆ R e insieme non vuoto e non superiormente limitato scri-veremo che supA = +∞ mentre se non risulta inferiormente limitatoscriveremo inf A = −∞. Per definizione, se A non e superiormentelimitato, non esistono maggioranti di A e quindi possiamo scrivere

supA = +∞ ⇐⇒ ∀L ∈ R esiste a ∈ A tale che L < a

e analogalmente, se A non e inferiormente limitato, non esistono mino-ranti di A

inf A = −∞ ⇐⇒ ∀� ∈ R esiste a ∈ A tale che a < �

Vediamo alcuni esempi. Risulta sup(a, b) = b, infatti per definizionedi intervallo x ≤ b per ogni x ∈ (a, b). Inoltre, per ogni ε > 0 esistex0 =

b−ε+b

2 (punto medio tra b e b− ε) tale che x0 ∈ (a, b) e x0 > b− ε.Secondo la caratterizzazione di estremo superiore risulta allora che b =sup(a, b). Analogalmente si prova che inf(a, b) = a.

Consideriamo l’insieme A = { 1n|n ∈ N}. Abbiamo gia visto che 1 =

maxA = supA e che 0 e un minorante di A. Per provare che 0 el’estremo inferiore di A, dalla caratterizzazione sara sufficiente provareche per ogni ε > 0 esiste n0 ∈ N tale che 1

n0< ε, ovvero n0 >

1ε.

L’esistenza di tale n0 segue dalla Proprieta Archimedea che proveremonella prossima sezione e che prova che l’insieme dei numeri naturali Nnon e superiormente limitato.

3. Numeri Naturali e Numeri Razionali

Terminiamo questo capitolo con alcune proprieta fondamentali degliinsiemi dei numeri naturali N e dei numeri razionali Q.

La prima proprieta che vedremo e una conseguenza del Teorema diesistenza dell’estremo superiore (e quindi dell’assioma di completezza),la Proprieta Archimedea

Teorema 1.3. (Proprieta Archimedea)

Per ogni x ∈ R esiste n ∈ N tale che x < n.

Page 20: AppuntI ANALISI Uno

20 1. NUMERI REALI

Dim. Per assurdo, supponiamo che esista x ∈ R tale che per ogni n ∈ Nrisulti n ≤ x. Ne seguirebbe che N risulta superiormente limitato e dunque,per il Teorema di esistenza dell’estremo superiore, esisterebbe M ∈ R taleche M = supN. In particolare si avrebbe che n ≤ M per ogni n ∈ N mapoiche per ogni n ∈ N risulta, per definizione, che n + 1 ∈ N dovra esseren+1 ≤ M per ogni n ∈ N ovvero n ≤ M−1 per ogni n ∈ N. Quindi avremoche M − 1 risulta maggiorante di N in contraddizione con la definizione dil’estremo superiore. �Si osservi che la Proprieta Archimedea afferma che l’insieme dei numerinaturali N non e superiormente limitato, supN = +∞. D’altra partesi ha

Lemma 1.1. Ogni sottoinsieme non vuoto A ⊆ N ammette minimo

Dim. Preso un qualunque elemento n ∈ A, consideriamo l’insieme B = {x ∈A |x ≤ n}. Se n e minimo la prova e conclusa. Se invece n non e minimoallora B ⊂ N e non vuoto e poiche esistono solo un numero finito di numerinaturali compresi tra 0 e n, avremo che B e insieme finito. Ne segue che Bammette minimo m e dalla definizione di B, m ∈ A e m ≤ n. Proviamo chem e minimo di A. Infatti, se x ∈ A e tale che x ≤ n, allora x ∈ B e quindim ≤ x. Se invece x ∈ A e tale che x > n allora m ≤ n < x. �Vale inoltre

Corollario 1.1. Ogni sottoinsieme non vuoto e superiormente limi-

tato A ⊂ N e finito ed in particolare, ammette massimo.

Dim. SiaM = supA. Dalla Proprieta Archimedea abbiamo che esiste n ∈ Ntale che n > M . Dunque per ogni a ∈ A ⊂ N risulta 0 < a ≤ M < n epoiche i numeri naturali compresi tra 0 ed n sono in numero finito avremoche anche A risulta finito. Quindi ammette massimo. �Usando il precedente risultato otteniamo in particolare

Corollario 1.2. Per ogni x ∈ R esiste N ∈ Z tale che N ≤ x <

N + 1.

Dim. Dato x ∈ R, se x = 0 prenderemo N = 0. Se x > 0, l’insieme A ={k ∈ N∗ | k ≤ x} ⊂ N∗ = N∪{0} risulta non vuoto e superiormente limitato.Dal precedente risultato sia N = maxA. Per definizione di massimo, N ∈ Ae dunque N ≤ x, mentre N + 1 �∈ A, quindi N + 1 > x. Se x < 0 basteraripetere il precedente ragionamento a −x > 0. �Dato x ∈ R, il numero intero N tale che N ≤ x < N + 1, la cui esi-stenza e stata provata nel precedente risultato, viene detto parte interadi x e viene denotato con [x].

Page 21: AppuntI ANALISI Uno

3. NUMERI NATURALI E NUMERI RAZIONALI 21

Un’ altra importante conseguenza della Proprieta Archimedea e il se-guente risultato che prova che l’insieme dei numeri razionali Q e densoin R nel seguente senso

Corollario 1.3. (Densita dei Numeri Razionali)

Per ogni x, y ∈ R tali che x < y esiste q ∈ Q tale che x < q < y.

Dim. Supponiamo innanzitutto 0 < x < y. Dalla proprieta Archimedeasappiamo che dato 1

y−x∈ R esiste n ∈ N tale che 1

y−x< n ovvero tale che

x+ 1n< y. Consideriamo l’insieme A = {k ∈ N∪{0} | k ≤ nx} che risulta non

vuoto e superiormente limitato e dunque, dal precedente corollario, ammettemassimo. Sia m = maxA allora m ∈ A mentre m + 1 �∈ A e quindi,dalladefinizione di A, segue che m ≤ nx < m+ 1. Dalla scelta di n risulta allora

x <m+ 1

n=

m

n+

1

n≤ x+

1

n< y.

Quindi posto q = m+1n

abbiamo che q ∈ Q e x < q < y. Il risultato e dunqueprovato per 0 < x < y.Se x < 0 < y bastera scegliere q = 0 mentre se x < y < 0 bastera ripetere ilragionamento precedente alla coppia 0 < −y < −x. �

Infine, riguardo all’insieme dei numeri naturali, abbiamo osservato cheper definizione tale insieme soddisfa le seguenti proprieta:

(a) 1 ∈ N,(b) se n ∈ N allora n+ 1 ∈ N,che lo caratterizzano quale insieme induttivo. Diciamo difatti che unsottoinsieme A ⊆ R e un insieme induttivo se

(a) 1 ∈ A,(b) se n ∈ A allora n+ 1 ∈ A.

Si ha che N e il piu piccolo sottoinsieme induttivo di R, difatti unqualunque insieme induttivo A ⊆ R dovra contenere l’unita 1 e tuttigli elementi successivi 2 = 1 + 1, 3 = 2 + 1, ..., quindi avremo N ⊆ A.In altri termini possiamo dire che vale la seguente proprieta:

(P) se A ⊆ N e un insieme induttivo allora A = N.Quest’ultima proprieta viene detta principio di induzione e viene spessoenunciata nella seguente forma equivalente

Teorema 1.4. (Principio di Induzione)

Sia {Pn, n ∈ N} una famiglia di proposizioni dipendenti da n ∈ N. Se(i) P1 e vera,

(ii) per ogni n ∈ N, se Pn e vera allora Pn+1 e vera,

allora Pn e vera per ogni n ∈ N.

Page 22: AppuntI ANALISI Uno

22 1. NUMERI REALI

Dim. Basta applicare a proprieta (P) all’insieme A degli indici n ∈ N per iquali Pn e vera. Difatti da (i) risulta che 1 ∈ A mentre da (ii) si ha che sen ∈ A allora n+ 1 ∈ A. Dunque A ⊆ N e insieme induttivo e da (P) segueche A = N. �Vediamo alcune applicazioni di tale principio.

Identita di Gauss: per ogni n ∈ N si ha che

1 + 2 + ...+ n =n(n+ 1)

2.

Consideriamo infatti la famiglia di proposizioni Pn: 1 + 2 + ... + n =n(n+1)

2 . E chiaro che P1 e vera. Supponiamo ora Pn vera e verifichiamoche allora anche Pn+1 e vera. Poiche Pn e vera, abbiamo

1 + 2 + ...+ n+ (n+ 1) =n(n+ 1)

2+ (n+ 1) =

n2 + 3n+ 2

2

=(n+ 1)(n+ 2)

2

cioe Pn+1. Dal principio di induzione otteniamo allora che Pn e veraper ogni n ∈ N.

Progressione geometrica: per ogni n ∈ N e per ogni x �= 1 si ha

1 + x+ x2 + ...+ x

n =1− xn+1

1− x. (2)

Infatti, preso x �= 1, sia Pn: 1 + x + x2 + ... + xn = 1−xn+1

1−x. Abbiamo

che P1 e vera in quanto 1− x2 = (1 + x)(1− x). Supponiamo ora chePn sia vera e proviamo che Pn+1 e vera. Si ha

1 + x+ x2 + ....+ x

n + xn+1 =

1− xn+1

1− x+ x

n+1 =1− xn+2

1− x

e quindi Pn+1. Dal principio di induzione otteniamo allora che Pn evera per ogni n ∈ N.

Diseguaglianza di Bernoulli: per ogni n ∈ N e per ogni x ≥ −1vale

(1 + x)n ≥ 1 + nx.

Infatti, dato x ≥ −1, consideriamo la famiglia di proposizioni Pn:(1 + x)n ≥ 1 + nx. Abbiamo che P1 e verificata con l’uguaglianza.Supponiamo ora verificata la proposizione Pn e proviamo che risultavera la proposizione Pn+1. Abbiamo (1 + x)n+1 = (1 + x)n(1 + x).

Page 23: AppuntI ANALISI Uno

4. NUMERI COMPLESSI 23

Poiche x+ 1 ≥ 0 e Pn e supposta vera, ne segue che

(1 + x)n+1 = (1 + x)n(1 + x) ≥ (1 + nx)(1 + x) = 1 + (n+ 1)x+ nx2

≥ 1 + (n+ 1)x

e dunque Pn+1 e vera. Dal principio di induzione otteniamo allora chePn e vera per ogni n ∈ N.

Come applicazione della diseguaglianza di Bernoulli proviamo che perogni a > 1 risulta sup{an |n ∈ N} = +∞. Infatti, per assurdo sup-poniamo che l’insieme {an |n ∈ N} risulti superiormente limitato. Siaallora L > 0 un maggiorante. Per ogni n ∈ N, dalla diseguaglianza diBernoulli, essendo a > 1, risulterebbe

L ≥ an = (1 + (a− 1))n ≥ 1 + n(a− 1) =⇒ n ≤ L− 1

a− 1,

in contraddizione con la proprieta Archimedea.

4. Appendice: numeri complessi

L’insieme C dei numeri complessi e l’insieme delle coppie ordinate (a, b)di numeri reali munito delle operazioni di somma e prodotto definite nelseguente modo

(a, b) + (c, d) := (a+ b, c+ d) e (a, b) · (c, d) := (ac− bd, ad+ bc)

Si puo provare che tali operazioni soddisfano le proprieta caratteristichedi un campo algebrico (proprieta associativa, commutativa, distributi-

va, esistenza elemento neutro, di opposto e reciproco). In particolare,risulta elemento neutro della somma l’elemento (0, 0) mentre elementoneutro del prodotto risulta essere (1, 0). L’elemento opposto di (a, b)e l’elemento −(a, b) := (−a,−b) mentre il reciproco di (a, b) �= (0, 0) einvece

1

(a, b):= (

a

a2 + b2,− b

a2 + b2).

Osserviamo che l’insieme dei numeri reali R puo essere identificato comesottoinsieme di C identificando ogni a ∈ R con il numero complesso(a, 0) ∈ C, scriveremo quindi a in luogo di (a, 0) e penseremo R ⊂ C.I numeri complessi della forma (0, b) vengono invece detti immaginaripuri.Usualmente un numero complesso (a, b) ∈ C viene rappresentato nellaforma a + ib (forma algebrica) dove si conviene che 1 := (1, 0) mentrei := (0, 1) viene detta unita immaginaria:

(a, b) = a(1, 0) + b(0, 1) = a+ ib

Page 24: AppuntI ANALISI Uno

24 1. NUMERI REALI

Usuale e inoltre la notazione

a := a+ i0 e ib := 0 + ib

Con tale notazione le operazioni di somma e prodotto risultano definiteda

(a+ib)+(c+id) = (a+c)+i(b+d) e (a+ib)·(c+id) = (ac−bd)+i(ad+bc)

Tali operazioni risultano formalmente immediate osservato che l’unitaimmaginaria i soddisfa la proprieta

i2 := i · i = (0, 1) · (0, 1) = −1,

da cui, utilizzando le usuali regole algebriche, vediamo che

(a+ ib) · (c+ id) = ac+ iad+ ibc+ i2bd = ac+ iad+ ibc− bd

= (ac− bd) + i(ad+ bc).

Se z = a+ ib ∈ C il numero reale a viene detto parte reale del numerocomplesso z e viene denotato con Re(z), mentre il numero reale b vienedetto parte immaginaria del numero complesso z e viene denotato conIm(z):

Re(z) = Re(a+ ib) := a e Im(z) = Im(a+ ib) := b

Dato z = a + ib ∈ C, la quantita√a2 + b2 viene detta modulo del

numero complesso z e viene denotata con |z|:

|z| = |a+ ib| :=√a2 + b2.

Osserviamo inoltre che l’insieme dei numeri complessi puo essere rap-presentato sul piano cartesiano, in questo contesto chiamato piano com-plesso, facendo corrispondere ad ogni z = x + iy ∈ C il punto Pz delpiano avente ascissa x = Re z e ordinata y = Im z. Con tale rappre-sentazione, il modulo del numero complesso z = x + iy rappresenta ladistanza del punto Pz dall’origine del piano cartesiano.

Page 25: AppuntI ANALISI Uno

4. NUMERI COMPLESSI 25

y

x

z=x+i y

O

Per ogni z, w ∈ C valgono le seguenti proprieta:

1. |z| ≥ 0 e |z| = 0 se e solo se z = 0.2. |Re z| ≤ |z|, |Im z| ≤ |z| e |z| ≤ |Re z|+ |Im z|.3. Diseguaglianza triangolare: |z + w| ≤ |z|+ |w|, .5. |zw| = |z||w|.

Risulta infine utile scrivere un numero complesso z ∈ C in forma polare:dato z = x + iy ∈ C, indichiamo con ρ il modulo |z| e con θ l’angoloformato dal segmento congiungente Pz con l’origine O. Allora risultax = ρ cos θ e y = ρ sin θ e dunque potremo scrivere

z = ρ(cos θ + i sin θ)

Tale scrittura prende il nome di forma polare o trigonometrica del nume-ro complesso z ∈ C, il valore ρ = |z| viene detto modulo di z e l’angoloθ e detto argomento di z e viene denotato anche con arg z.

Osserviamo che dati ρ > 0 e θ ∈ R risulta univocamente determinatoil numero complesso z = ρ(cos θ + i sin θ). Viceversa, dato z = x + iy

risulta z = ρ(cos θ + i sin θ) se ρ =�

x2 + y2 e θ ∈ R verifica

cos θ =x�

x2 + y2e sin θ =

y�x2 + y2

(3)

Osserviamo pero che essendo seno e coseno funzioni periodiche talicondizioni non individuano univocamente un angolo θ: se θ0 verifica(3) allora anche θ0 + 2kπ, k ∈ Z, verifichera tali condizioni. Diciamoche le condizioni (3) individuano l’argomento θ del numero complessoz a meno di multipli interi di 2π.

La forma trigonometrica risulta utile nell’esprimere potenze intere dinumeri complessi. Difatti, se z1 = ρ1(cos θ1+ i sin θ1) e z2 = ρ2(cos θ2+

Page 26: AppuntI ANALISI Uno

26 1. NUMERI REALI

i sin θ2) allora

z1z2 = ρ1ρ2(cos(θ1 + θ2) + i sin(θ1 + θ2)

In particolare dalla precedente formula si ottiene che per ogni z =ρ(cos θ + i sin θ) risulta

z2 = ρ

2(cos(2θ) + i sin(2θ))

da cui, per induzione, si ottiene la formula di De Moivre:

zn = ρ

n(cos(nθ) + i sin(nθ)), n ∈ N.

Si ha dunque che

|zn| = |z|n e arg (zn) = narg (z) + 2kπ, k ∈ Z.

Osservato inoltre che per ogni z = ρ(cos θ + i sin θ) �= 0 risulta

1

z=

z

|z|2 =1

ρ2ρ(cos θ − i sin θ) = ρ

−1(cos(−θ) + i sin(−θ)),

si puo provare che la formula di De Moivre risulta valida per ogni n ∈ Z.

Infine, dato α ∈ C vediamo di determinare le soluzioni dell’equazionezn = α. Per quanto sopra, se α = R(cosΘ+i sinΘ) allora z = ρ(cos θ+i sin θ) e soluzione di zn = α se e solo se ρn = R, cos(nθ) = cosΘ esin(nθ) = sinΘ, da cui

ρ =n√R e θ =

Θ+ 2kπ

n, k ∈ Z.

Osserviamo che i valori di k ∈ Z che danno luogo a soluzioni z distintesono i valori k = 0, ..., n− 1. Abbiamo quindi che dato α = R(cosΘ+i sinΘ) ∈ C esistono n radici complesse distinte dell’equazione zn = α

e queste sono date dalla formula

zk =n√R(cos θk + i sin θk),

essendo θk =Θ+2kπ

n, k = 0, 1, ..., n− 1.

Ad esempio, le radici quadrate complesse di α = −2 (R = 2 e Θ = π)sono zk =

√2(cos θk+ i sin θk) con θk =

π

2 +kπ, k = 0, 1, e quindi sono:

z0 =√2(cos

π

2+ i sin

π

2) = i

√2 e z1 =

√2(cos

2+ i sin

2) = −i

√2.

Page 27: AppuntI ANALISI Uno

4. NUMERI COMPLESSI 27

Le radici quarte di α = 1 (R = 1 e Θ = 0) sono zk = cos θk + i sin θkcon θk =

2 , k = 0, 1, 2, 3, e dunque:

z0 = cos 0 + i sin 0 = 1, z1 = cosπ

2+ i sin

π

2= i,

z2 = cosπ + i sin π = −1, z3 = cos3π

2+ i sin

2= −i.

Page 28: AppuntI ANALISI Uno
Page 29: AppuntI ANALISI Uno

CAPITOLO 2

Successioni numeriche

Si dice successione (numerica) una legge che ad ogni n ∈ N fa corrispon-dere uno ed un solo an ∈ R. Una successione verra indicata con (an)n∈N,semplicemente con an, n ∈ N, oppure per esteso a1, a2, ..., an, ....Ne sono esempi la successione an = 1

n, n ∈ N:

1,1

2,1

3, ...,

1

n, ...,

la successione costante an = 2, n ∈ N:2, 2, 2, ..., 2, ...,

la successione an = n2, n ∈ N:1, 4, 9, ..., n2

, ...

la successione an = (−1)n, n ∈ N:1,−1, 1, ..., (−1)n, ...

ed infine la progressione geometrica an = xn, x ∈ R, n ∈ N ∪ {0}:1, x, x2

, x3, ..., x

n, ..

Parleremo di successione anche quando i termini an sono definiti soloper valori n ≥ n0, come ad esempio la successione an = n

n−2 definitasolo per n ≥ 3:

3, 2,5

3, ...,

n

n− 2, ...

1. Limiti di successioni numeriche

Si dice che a ∈ R e il limite della successione (an)n∈N per n che tende a+∞ e si scrive lim

n→+∞an = a, se risulta verificata la seguente condizione:

∀ ε > 0 ∃ ν ∈ N tale che |an − a| < ε ∀n ≥ ν

In tal caso diremo anche che la successione (an)n∈N tende o converge ada ∈ R per n che tende a +∞ e scriveremo an → a per n → +∞.

Una successione che ammette limite a ∈ R viene detta successioneconvergente. In particolare, una successione convergente a 0 viene dettasuccessione infinitesima.

29

Page 30: AppuntI ANALISI Uno

30 2. SUCCESSIONI NUMERICHE

Si osservi che, dalla definizione di valore assoluto, la relazione |an−a| <ε si puo riscrivere come a− ε < an < a+ ε ed anche an ∈ (a− ε, a+ ε).Vale il seguente risultato

Teorema 2.1. (Unicita del limite)

Se una successione ammette limite, questo e unico.

Dim. Sia (an)n∈N una successione tale che limn→+∞

an = a e limn→+∞

an = b e

proviamo che a = b. Per ogni ε > 0, poiche limn→+∞

an = a, dalla definizione

di limite, esiste ν1 ∈ N tale che |an−a| < ε

2 per ogni n ≥ ν1. Analogalmente,poiche lim

n→+∞an = b, esiste ν2 ∈ N tale che |an − b| < ε

2 per ogni n ≥ ν2.

Allora, per ogni n ≥ max{ν1, ν2} si ha

|b− a| ≤ |an − b|+ |an − a| < ε

ed essendo ε > 0 arbitrario otteniamo a = b. �Verifichiamo ad esempio che lim

n→+∞1n= 0. Preso comunque ε > 0, dalla

Proprieta Archimedea sia ν ∈ N tale che 1ε< ν. Allora, per ogni n ≥ ν

avremo n ≥ ν >1εe dunque 1

n< ε. In modo analogo, si puo provare

che

limn→+∞

1

np= 0 per ogni p > 0.

Verifichiamo che per ogni 0 < a < 1 risulta limn→+∞

an = 0. Infatti, per

ogni ε > 0 avremo an = |an| < ε se e solo se, posto b = 1a> 1, risulta

bn >1ε. Dalla diseguaglianza di Bernoulli abbiamo

bn = (1 + (b− 1))n ≥ 1 + n(b− 1), ∀n ∈ N,

sara allora sufficiente scegliere ν ∈ N tale che ν >1ε−1

b−1 e dunque, pern ≥ ν, 1 + n(b− 1) > 1

εda cui bn >

1ε.

Proviamo ora che la successione an = (−1)n non ammette limite. Perassurdo, supponiamo che esista lim

n→+∞(−1)n = a ∈ R.

Preso comunque ε > 0 sia ν ∈ N tale che |(−1)n−a| < ε per ogni n ≥ ν.Allora, scelto n ≥ ν pari dovra risultare |(−1)n − a| = |1 − a| < ε equindi, essendo ε arbitrario, dovra essere a = 1. Analogalmente, scelton ≥ ν dispari dovra risultare |(−1)n−a| = |1+a| < ε e dunque a = −1,in contraddizione con l’unicita del limite.

In modo analogo, si puo provare che per ogni a ≤ −1 non esiste illimite lim

n→+∞an.

Lemma 2.1. Una successione (an)n∈N e infinitesima se e solo se la

successione (|an|)n∈N e infinitesima.

Page 31: AppuntI ANALISI Uno

1. LIMITI DI SUCCESSIONI NUMERICHE 31

Dim. Posto bn = |an|, poiche |bn| = bn = |an|, otteniamo che la condizionelim

n→+∞bn = 0 equivale a lim

n→+∞an = 0. �

Dal precedente risultato e immediato verificare che limn→+∞

(−1)n

n= 0

essendo | (−1)n

n| = 1

n.

Essendo limn→+∞

an = 0 per ogni a ∈ (0, 1), dal precedente risultato

otteniamo che per ogni |a| < 1 risulta limn→+∞

an = 0.

Si osservi che il risultato vale solo per successioni infinitesime, ad esem-pio abbiamo provato che (−1)n non converge mentre la successione deivalori assoluti |(−1)n| = 1 risulta banalmente convergente ad 1.

Una successione (an)n∈N e detta inferiormente limitata se esiste � ∈ Rtale che � ≤ an per ogni n ∈ N, e detta invece superiormente limitata seesiste L ∈ R tale che an ≤ L per ogni n ∈ N.Infine, una successione (an)n∈N e detta limitata se esistono �, L ∈ R taliche � ≤ an ≤ L per ogni n ∈ N o, equivalentemente, se esiste M > 0tale che |an| ≤ M per ogni n ∈ N.Sono esempi di successioni limitate le successioni (cosn)n∈N, ((−1)n)n∈Ne ( 1

np )n∈N, con p > 0. Non risultano invece limitate le successioni(n2)n∈N e (2n)n∈N.

Vale il seguente risultato

Lemma 2.2. Ogni successione convergente e limitata.

Dim. Sia (an)n∈N successione convergente al limite a ∈ R. Dalla definizionedi limite, preso ε = 1, esiste ν ∈ N tale che |an − a| ≤ 1 per ogni n ≥ ν.Avremo allora che per ogni n ≥ ν risulta a− 1 < an < a+ 1. Siano ora

� = min{a− 1, a1, a2, ..., aν−1} e L = max{a+ 1, a1, a2, ..., aν−1}.

Con tale scelta avremo allora che � ≤ an ≤ L per ogni n ∈ N. �Osserviamo che non vale il viceversa: la successione ((−1)n)n ∈ N elimitata ma non e convergente. Abbiamo pero il seguente risultato

Lemma 2.3. Se (an)n∈N e successione infinitesima e (bn)n∈N e succes-

sione limitata allora la successione (anbn)n∈N risulta infinitesima.

Dim. Sia M > 0 tale che |bn| ≤ M per ogni n ∈ N. Preso ε > 0 qualunque,poiche an → 0 per n → +∞, esiste ν ∈ N tale che |an| < ε

Mper ogni n ≥ ν.

Allora per ogni n ≥ ν avremo |anbn| = |an||bn| ≤ M |an| < M ε

M= ε. �

Si osservi che il risultato vale solo se la successione (an)n∈N e infi-nitesima: la successione (n+1

n)n∈N e convergente ad 1, la successione

Page 32: AppuntI ANALISI Uno

32 2. SUCCESSIONI NUMERICHE

((−1)n)n∈N e limitata ma la successione prodotto ((−1)n n+1n)n∈N non

converge.

Proposizione 2.1. (Algebra dei limiti finiti)

Siano (an)n∈N e (bn)n∈N successioni convergenti e siano a = limn→+∞

an e

b = limn→+∞

bn. Allora le successioni (an ± bn)n∈N, (anbn)n∈N e (anbn)n∈N,

se b �= 0, sono convergenti e vale

(i) limn→+∞

an ± bn = a± b;

(ii) limn→+∞

anbn = ab;

(iii) se bn, b �= 0 per ogni n ∈ N, limn→+∞

an

bn=

a

b.

Dim. (i) Preso comunque ε > 0, poiche limn→+∞

an = a e limn→+∞

bn = b,

esisteranno ν1 ∈ N e ν2 ∈ N tali che |an − a| < ε

2 per ogni n ≥ ν1 e|bn − b| < ε

2 per ogni n ≥ ν2. Allora per ogni n ≥ ν = max{ν1, ν2} avremo

|(an ± bn)− (a± b)| ≤ |an − a|+ |bn − b| < ε

Dunque, limn→+∞

an ± bn = a± b.

(ii) Poiche la successione (bn)n∈N e convergente, dal Lemma 2.2 avremo cheesiste M > 0 tale che |bn| ≤ M per ogni n ∈ N. Se a = 0, il risultatosegue dal Lemma 2.3. Se a �= 0, preso comunque ε > 0, sia ν1 ∈ N tale che|an − a| < ε

2M e sia ν2 ∈ N tale che |bn − b| < ε

2|a| per ogni n ≥ ν2. Allora,

per ogni n ≥ ν = max{ν1, ν2} avremo

|anbn − ab| ≤ |bn||an − a|+ |a||bn − b| ≤ M |an − a|+ |a||bn − b| < ε

e quindi limn→+∞

anbn = ab.

(iii) Osserviamo innanzitutto che essendo b �= 0, esiste ν0 ∈ N tale che per

ogni n ≥ ν0 risulta |bn| > |b|2 (bastera scegliere nella definizione di limite

ν0 ∈ N in corrispondenza di ε = |b|2 > 0). Allora per ogni n ≥ ν0 avremo

|anbn

− a

b| = |anb− abn|

|bn||b|| < 2

|anb− abn|b2

(4)

Preso comunque ε > 0, se a = 0, sia ν ∈ N tale che |an| < ε|b|2 , allora da

(4), per n ≥ max{ν0, ν} risulta |anbn| < ε. Se a �= 0, sia ν1 ∈ N tale che

|an − a| < ε|b|4 per ogni n ≥ ν1 e sia ν2 ∈ N tale che |bn − b| < εb

2

4|a| per ogni

n ≥ ν2. Allora per ogni n ≥ ν = max{ν0, ν1, ν2} risulta

|anbn

− a

b| < 2

b2(|anb− ab|+ |abn − ab|) = 2

b2|(|b||an − a|+ |a||bn − b|) < ε.

Quindi limn→+∞

anbn

=a

b. �

Page 33: AppuntI ANALISI Uno

1. LIMITI DI SUCCESSIONI NUMERICHE 33

Ad esempio, dal precedente risultato e immediato verificare che lesuccessioni n+2

ne ( 1

2n + 1)(n+32n ) sono convergenti con

limn→+∞

n+ 2

n= lim

n→+∞1 +

2

n= 1

e

limn→+∞

(1

2n+ 1)(

n+ 3

2n) = lim

n→+∞(1

2n+ 1)

1

2(1 +

3

n) =

1

2.

Si dice che la successione (an)n∈N ha limite +∞ per n che tende a +∞,e si scrive lim

n→+∞an = +∞, se risulta verificata la seguente condizione:

∀M > 0 ∃ ν ∈ N tale che an > M ∀n ≥ ν

In tal caso diremo anche che la successione (an)n∈N tende o diverge a+∞ per n che tende a +∞ e scriveremo an → +∞ per n → +∞.

Analogalmente, si dice che la successione (an)n∈N ha limite −∞ pern che tende a +∞, e si scrive lim

n→+∞an = −∞ se risulta verificata la

seguente condizione:

∀M > 0 ∃ ν ∈ N tale che an < −M ∀n ≥ ν

Diremo anche che la successione (an)n∈N tende o diverge ad −∞ per nche tende a +∞ e scriveremo an → −∞ per n → +∞.

Una successione che ammette limite ±∞ viene detta successione diver-gente.

Vediamo qualche esempio notevole di successioni divergenti. Dalla Pro-prieta Archimedea risulta banalmente divergente la successione an = n.Risulta inoltre

limn→+∞

np = +∞ per ogni p > 0.

Difatti, ricordando le proprieta delle potenze, preso comunque M > 0,

dalla Proprieta Archimedea sia ν ∈ N tale che M1p < ν. Per ogni n ≥ ν

avremo allora np ≥ νp > M . Possiamo quindi concludere che

limn→+∞

np =

�+∞ se p > 0

0 se p < 0

Per ogni a > 1 si ha

limn→+∞

an = +∞.

Page 34: AppuntI ANALISI Uno

34 2. SUCCESSIONI NUMERICHE

Difatti, dato M > 0, dalla Proprieta Archimedea sia ν ∈ N tale cheν >

M−1a−1 . Allora per ogni n ≥ ν, dalla diseguaglianza di Bernoulli,

avremo

an = (1 + (a− 1))n ≥ 1 + n(a− 1) ≥ 1 + ν(a− 1) > 1 + (M − 1) = M

Otteniamo quindi che

limn→+∞

an =

+∞ se a > 1

1 se a = 1

0 se |a| < 1

� ∃ se a ≤ −1

Ricordando che per ogni a > 1 risulta ax > ay per ogni x > y,otteniamo che

per ogni successione xn → +∞ risulta axn → +∞.

Difatti, preso comunque M > 0, poiche an → +∞, esiste n0 ∈ N taleche an0 > M . In corrispondenza di tale n0 ∈ N, poiche xn → +∞,esiste ν ∈ N tale che xn > n0 per ogni n ≥ ν. Allora, per n ≥ ν

avremo axn > an0 > M .

Per ogni a > 1 si ha

per ogni successione xn → +∞ risulta loga(xn) → +∞.

Difatti, per ogni M > 0, sia ν ∈ N tale che xn > aM per ogni n ≥ ν.Allora log

a(xn) > M per ogni n ≥ ν.

Una successione che ammette limite (finito o infinito) viene detta suc-cessione regolare mentre si diranno indeterminate le successioni che nonammettono limite.

Riguardo alle operazioni tra limiti infiniti, utilizzando la definizione sipuo provare il seguente risultato

Proposizione 2.2. (Algebra dei limiti infiniti)

Siano (an)n∈N e (bn)n∈N due successioni regolari e sia a ∈ R. Allora1. se lim

n→+∞an = a e lim

n→+∞bn = ±∞ allora lim

n→+∞an + bn = ±∞;

2. se limn→+∞

an = ±∞ e limn→+∞

bn = ±∞ allora limn→+∞

an + bn =

±∞;

3. se limn→+∞

an = a �= 0 e limn→+∞

bn = ±∞ allora limn→+∞

|anbn| =+∞;

4. se limn→+∞

an = ±∞ e limn→+∞

bn = ±∞ allora limn→+∞

|anbn| =

+∞;

Page 35: AppuntI ANALISI Uno

1. LIMITI DI SUCCESSIONI NUMERICHE 35

5. se limn→+∞

an = a e limn→+∞

bn = ±∞ allora limn→+∞

an

bn= 0;

6. se limn→+∞

an = a e limn→+∞

bn = ±∞ allora limn→+∞

| bnan

| = +∞;

7. se limn→+∞

an = a �= 0 e limn→+∞

bn = 0 allora limn→+∞

|anbn

| = +∞;

Proviamo che per ogni a > 1 e ogni successione xn → −∞ risultaaxn → 0. Infatti, possiamo scrivere axn = 1

a−xn e poiche −xn → +∞avremo a−xn → +∞ e dunque, dal precedente risultato, axn → 0.

Consideriamo ora le successioni an = 2+ 1ne bn = log2

1n= − log2 n. Per

n → +∞ risulta an → 2 e bn → −∞. Dalla precedente proposizione siottiene:

• an + bn → −∞,• |anbn| → +∞ ma osservato che an > 0 e bn ≤ 0 per ognin ∈ N, avremo anbn ≤ 0 e dunque che anbn → −∞.

• anbn

→ 0

• | bnan| → +∞ ma per quanto sopra bn

an→ −∞.

Consideriamo come ulteriore esempio le successioni an = 12n e bn =

n− n2. Risulta an > 0 per ogni n ∈ N e an → 0 per n → +∞ mentrebn = n(1− n) ≤ 0 per ogni n ∈ N e bn → −∞ per n → +∞. Allora

• an + bn → −∞,• an − bn → +∞,• anbn = [0 ·∞] non e compreso nel risultato,• an

bn→ 0,

• bnan

→ −∞, osservato che bnan

≤ 0 per ogni n ∈ N .

Consideriamo infine le successioni an = 2n+3n

3n e bn = (−1)n

n. Risulta

an = (23)n + 1 → 1 per n → +∞ mentre bn → 0 per n → +∞. Allora

• an ± bn → 1,• anbn → 0,• |an

bn| → +∞ ma an

bnnon ammette limite osservato che bn > 0

per n pari e bn < 0 per n dispari, mentre an > 0 per ognin ∈ N,

• bnan

→ 0.

Per determinare il segno del limite, sara utile introdurre la seguentenotazione. Diremo che lim

n→+∞an = 0+ se lim

n→+∞an = 0 e se esiste ν ∈ N

tale che an > 0 per ogni n ≥ ν.

Ad esempio, 2−n = 12n → 0+ e quindi, utilizzando le considerazioni

precedenti,n+1n

2−n → +∞.

Page 36: AppuntI ANALISI Uno

36 2. SUCCESSIONI NUMERICHE

Analogalmente diremo che limn→+∞

an = 0− se limn→+∞

an = 0 e se esiste

ν ∈ N tale che an < 0 per ogni n ≥ ν.

Ad esempio, 1−n

n2 → 0− e quindi n−n2

1−nn2

→ +∞.

Risultano esclusi dal Teorema alcuni casi che possiamo schematizzarenelle seguenti forme:

∞−∞, 0 ·∞,∞∞ ,

0

0,

dette forme indeterminate. Dire che un limite si presenta in forma inde-terminata non significa che il limite non esiste ma che occorre opera-re delle trasformazioni, semplificazioni o confronti per “eliminare”, sepossibile, l’indeterminazione.

Esempi

• limn→+∞

2n

n+ 1=

�∞∞

�= lim

n→+∞2− 2

n+ 1= 2

• limn→+∞

n3 + 2n2 + n− 1

n2 + 1=

�∞∞

�= lim

n→+∞n1 + 2

n+ 1

n2 − 1n3

1 + 1n2

=

+∞• lim

n→+∞

2n2 − 3n+ 1

n3 + n=

�∞∞

�= lim

n→+∞

1

n

2− 3n+ 1

n2

1 + 1n2

= 0

• limn→+∞

2n3 + n2 + n

3n3 + 1=

�∞∞

�= lim

n→+∞

2 + 1n+ 1

n2

3 + 1n3

=2

3• lim

n→+∞(n + 1)2 − (n − 1)2 = [∞ − ∞] = lim

n→+∞n2 + 2n + 1 −

(n2 − 2n+ 1) = limn→+∞

4n = +∞• lim

n→+∞(n + 1)8 − (n − 1)2 = [∞ − ∞] = lim

n→+∞(n + 1)8(1 −

(n− 1)2

(n+ 1)8) = +∞ (osserviamo che tale metodo non poteva

applicarsi al precedente esempio).

Nei prossimi paragrafi vedremo dei risultati che ci permetteranno, tral’altro, di calcolare alcuni limiti notevoli a cui vedremo di ricondurciper il calcolo di limiti che si presentano in forma indeterminata.

2. Teoremi di confronto

Nel precedente paragrafo abbiamo visto come si comportano i limitirispetto alle operazioni algebriche. Nei risultati che seguono studiere-mo invece il comportamento rispetto alla relazione d’ordine. Abbiamoinnanzitutto

Page 37: AppuntI ANALISI Uno

2. TEOREMI DI CONFRONTO 37

Teorema 2.2. (della permanenza del segno)

Se limn→+∞

an = a > 0 allora esiste ν ∈ N tale che an > 0 per ogni n ≥ ν.

Dim. Preso ε = a

2 > 0, poiche limn→+∞

an = a , esiste ν ∈ N tale che

|an − a| < ε per ogni n ≥ ν e dunque an > a− ε = a

2 > 0 per ogni n ≥ ν. �Seguono allora immediatamente

Corollario 2.1. Se an ≥ 0 per ogni n ∈ N e limn→+∞

an = a, allora

a ≥ 0.

Dim. Per assurdo, se a < 0 allora dal Teorema della permanenza del segnoavremo esiste ν ∈ N tale che an < 0 per ogni n ≥ ν, in contraddizione conan ≥ 0 per ogni n ∈ N. �Inoltre

Corollario 2.2. Se an ≥ bn ∀n ∈ N, limn→+∞

an = a e limn→+∞

bn = b,

allora a ≥ b.

Dim. Basta applicare il precedente corollario alla successione cn = an − bn.�Il seguente Teorema tornera utile per i calcolo di limiti

Teorema 2.3. (del confronto tra limiti finiti)

Siano (an)n∈N, (bn)n∈N e (cn)n∈N successioni tali che an ≤ bn ≤ cn per

ogni n ≥ ν0, per qualche ν0 ∈ N. Se limn→+∞

an = limn→+∞

cn = a ∈ Rallora lim

n→+∞cn = a.

Dim. Per ogni ε > 0, poiche limn→+∞

an = a, esiste ν1 ∈ N tale che a − ε <

an < a + ε per ogni n ≥ ν1. Allo stesso modo, poiche limn→+∞

cn = a,

esiste ν2 ∈ N tale che a − ε < cn < a + ε per ogni n ≥ ν2. Posto alloraν = max{ν0, ν1, ν2}, avremo che per ogni n ≥ ν si ha

a− ε < an ≤ bn ≤ cn < a+ ε

e dunque che limn→+∞

bn = a. �

Il precedente risultato viene anche detto “Teorema dei due carabinieri”, in quanto le successioni (an)n∈N e (cn)n∈N possono essere paragonatea due carabinieri che accompagnano il delinquente (bn)n∈N in galera... Osserviamo che se (an)n∈N e (cn)n∈N convergono ma non allo stessolimite, la successione (bn)n∈N potra anche essere indeterminata: bn =(−1)n n

n+1 risulta controllata dalle successioni convergenti an = − n

n+1 ecn = n

n+1 , ma bn risulta indeterminata.

Page 38: AppuntI ANALISI Uno

38 2. SUCCESSIONI NUMERICHE

Utilizzando il precedente risultato proviamo il seguente limite notevole

per ogni successione infinitesima (xn)n∈N risulta limn→+∞

sin(xn) = 0.

A tale scopo osserviamo che per ogni x ∈ [−π

2 ,π

2 ] risulta

0 ≤ | sin x| ≤ |x|

Poiche xn → 0, sia ν0 ∈ N tale che |xn| < π

2 per ogni n ≥ ν0. Dallaprecedente diseguaglianza avremo allora che

0 ≤ | sin(xn)| ≤ |xn|, ∀n ≥ ν0.

Dal Teorema del Confronto e dal Lemma 2.1 segue allora che sin(xn) →0.

Dal precedente limite segue inoltre che

per ogni successione infinitesima (xn)n∈N risulta limn→+∞

cos(xn) = 1.

A tale scopo osserviamo che per ogni x ∈ [−π

2 ,π

2 ] risulta

1 ≥ cos x ≥ 1− | sin x|

Come nella precedente prova, poiche xn → 0, sia ν0 ∈ N tale che|xn| < π

2 per ogni n ≥ ν0. Dalla precedente diseguaglianza avremoallora che

1 ≥ cos(xn) ≥ 1− | sin(xn)|ed essendo | sin(xn)| → 0, risultera 1 − | sin(xn)| → 1 e dunque, dalTeorema del Confronto, cos(xn) → 1.

Infine, per ogni successione infinitesima (xn)n∈N risulta

limn→+∞

sin(xn)

xn

= 1 e limn→+∞

1− cos(xn)

x2n

=1

2

Infatti, ricordando che per ogni x ∈ (0, π2 ) si ha

sin x ≤ x ≤ tan x,

ottieniamo

1 <x

sin x<

1

cos xe quindi

1 >sin x

x> cos x.

Essendo sin(−x) = − sin x e cos(−x) = cos x, ne deduciamo che perogni x ∈ (−π

2 ,π

2 ), x �= 0, la diseguaglianza sopra risulta ancora verifi-cata. Considerata allora una successione xn → 0 con xn �= 0, avremo

Page 39: AppuntI ANALISI Uno

3. SUCCESSIONI MONOTONE E NUMERO DI NEPERO 39

che esiste ν0 ∈ N tale che xn ∈ (−π

2 ,π

2 ) per n ≥ ν0 e dunque che

1 >sin xn

xn

> cos xn, ∀n ≥ ν0.

Poiche cos xn → 1, dal Teorema del Confronto risulta che sinxnxn

→ 1.Per provare il secondo limite, possiamo procedere nel seguente modo

1− cos xn

x2n

=sin2

xn

x2n

1

1 + cos xn

→ 1

2

essendo cos xn → 1 e sinxnxn

→ 1.

In particolare si ottiene che limn→+∞

tan(xn) = 0 e limn→+∞

tan(xn)

xn

= 1.

Nel caso di limiti infiniti si puo facilmente verificare

Teorema 2.4. (del confronto per limiti infiniti)

Siano (an)n∈N e (bn)n∈N successioni tali che an ≤ bn per ogni n ≥ ν,

per qualche ν ∈ N. Se limn→+∞

an = +∞ allora limn→+∞

bn = +∞. Se

limn→+∞

bn = −∞ allora limn→+∞

an = −∞.

Ad esempio osserviamo che per la successione n2 − sin(n) si ha n2 −sin(n) ≥ n2 − 1 per ogni n ∈ N. Poiche lim

n→+∞n2 − 1 = +∞ dal

precedente risultato otteniamo che

limn→+∞

n2 − sin(n) = +∞.

Consideriamo ora la successione n arctan(2 + (−1)n). Osservato cheper ogni n ∈ N risulta arctan(2 + (−1)n) ≥ arctan(1) = π

4 avremo chen arctan(2 + (−1)n) ≥ n

π

4 e dunque che limn→+∞

n arctan(2 + (−1)n) =

+∞.

Come esempi notevoli, osservato che per ogni n ∈ N risulta nn ≥ n en! ≥ n, dal precedente risultato otteniamo che

limn→+∞

n! = limn→+∞

nn = +∞

dove n! = n · (n− 1) · (n− 2)...2 · 1 e detto n fattoriale.

3. Successioni monotone e Numero di Nepero

Una successione (an)n∈N viene detta monotona se risulta verificata unadelle seguenti condizioni:

- an ≤ an+1 per ogni n ∈ N, oppure- an ≥ an+1 per ogni n ∈ N.

Page 40: AppuntI ANALISI Uno

40 2. SUCCESSIONI NUMERICHE

Nel primo caso la successione viene detta monotona crescente, nel se-condo monotona decrescente. Nel caso in cui le precedenti diseguaglian-ze risultino strette la successione verra detta strettamente monotona(rispettivamente strettamente crescente e strettamente decrescente).

Risulta ad esempio strettamente decrescente la successione 1np per ogni

p ∈ N cosı come la successione an se 0 < a < 1. Risultano invecestrettamente crescenti le successioni np per ogni p ∈ N e an se a > 1. Lasuccessione an con a < 0 non risulta invece ne’ crescente ne’ decrescentementre una successione costante risulta sia crescente che decrescente.

Osserviamo che se (an)n∈N e successione crescente allora risulta an ≤ am

per ogni n ≤ m. Analogalmente, se (an)n∈N e successione decrescenteallora risulta an ≥ am per ogni n ≤ m.

Si dice estremo superiore (inferiore) di una successione (an)n∈N, l’estremosuperiore (inferiore) dell’insieme {an |n ∈ N}, che indicheremo consup an o con sup

n∈Nan (rispettivamente, inf an o inf

n∈Nan).

Dalla caratterizzazione dell’estremo superiore di un insieme numericosi ha:

sup an = m ∈ R ⇐⇒�an ≤ m ∀n ∈ N∀ ε > 0 esiste ν ∈ N tale che m− ε < aν

mentre

sup an = +∞ ⇐⇒ ∀M ∈ R esiste ν ∈ N tale che M < aν

Analoghe caratterizzazioni si avranno per l’estremo inferiore, inf an.Utilizzando tali caratterizzazioni si prova il seguente fondamentale ri-sultato.

Teorema 2.5. (di regolarita delle successioni monotone)

Ogni successione (an)n∈N monotona e regolare e precisamente, se ri-

sulta crescente allora limn→+∞

an = sup an mentre se risulta decrescente

allora limn→+∞

an = inf an.

Dim. Consideriamo solo il caso in cui la successione risulta crescente, nelcaso decrescente la prova e analoga.Sia (an)n∈N successione crescente e supponiamo che risulti superiormentelimitata. Dal Teorema di esistenza dell’estremo superiore avremo allora cheesiste finito sup an = m. Proviamo che lim

n→+∞an = m.

Preso comunque ε > 0, dalla caratterizzazione di estremo superiore abbiamoche per ogni n ∈ N risulta an ≤ m < m + ε. Inoltre, esiste ν ∈ N taleche aν > m − ε. Allora, essendo la successione crescente, avremo che perogni n ≥ ν risulta an ≥ aν > m − ε. Dunque, per ogni n ≥ ν si ha

Page 41: AppuntI ANALISI Uno

3. SUCCESSIONI MONOTONE E NUMERO DI NEPERO 41

m− ε < an < m+ ε e quindi limn→+∞

an = m.

Supponiamo ora che la successione non risulti superiormente limitata. Perdefinizione avremo che sup an = +∞ e proviamo che lim

n→+∞an = +∞.

Preso comunque M > 0, dalla caratterizzazione abbiamo che esiste ν ∈ Ntale che aν > M . Essendo la successione crescente avremo che per ognin ≥ ν risulta an ≥ aν > M e dunque che lim

n→+∞an = +∞. �

Segue immediatamente

Corollario 2.3. Ogni successione monotona limitata e convergente.

Come applicazione notevole del precedente risultato si definisce il nu-mero di Nepero e nel seguente modo. La successione an =

�1 + 1

n

�ne

convergente ed il suo limite viene detto numero di Nepero e denotatocon e:

limn→+∞

�1 +

1

n

�n

= e

Per provare che tale successione e convergente e per dare una stimadel suo limite, proviamo che (an)n∈N e successione crescente e limitata.Difatti, risulta

(1 +1

n)n ≥ (1 +

1

n− 1)n−1 ⇐⇒ (

n+ 1

n)n ≥ (

n

n− 1)n−1

⇐⇒ [(n+ 1

n)(n− 1

n)]n ≥ n− 1

n⇐⇒ (1− 1

n2)n ≥ 1− 1

n

e l’ultima diseguaglianza segue dalla diseguaglianza di Bernoulli.Quindi an ≥ an−1 per ogni n ∈ N e dunque (an)n∈N e successionecrescente. Per provare che la successione e limitata, si consideri lasuccessione bn =

�1 + 1

n

�n+1. E evidente che bn ≥ an per ogni n ∈ N e,

con procedimento analogo al precedente, si puo provare che (bn)n∈N esuccessione decrescente. Risulta allora che

2 = a1 ≤ an ≤ bn ≤ b1 = 4, ∀n ∈ N.

La successione (an)n∈N risulta allora limitata e quindi, essendo crescen-te, dal precedente risultato, ammette limite, il numero di Nepero:

sup an = limn→+∞

an = limn→+∞

�1 +

1

n

�n

= e ∈ R.

Piu in generale, si puo provare che per ogni successione xn → ±∞ pern → +∞ risulta

limn→+∞

�1 +

1

xn

�xn

= e (5)

Page 42: AppuntI ANALISI Uno

42 2. SUCCESSIONI NUMERICHE

A tale scopo, consideriamo il caso in cui xn → +∞ ed osserviamo cheper definizione di parte intera risulta [xn] ≤ xn ≤ [xn] + 1 per ognin ∈ N e dunque

�1 +

1

[xn] + 1

�[xn]

≤�1 +

1

xn

�xn

≤�1 +

1

[xn]

�[xn]+1

Essendo (1+ 1n)n → e, [xn] ∈ N e [xn] → +∞ avremo che (1+ 1

[xn])[xn] →

e.Infatti per ogni ε > 0 sia N ∈ N tale che |(1 + 1

n)n − e| < ε per ogni n ≥ N .

Poiche [xn] ∈ N e [xn] → +∞, sia ν ∈ N tale che [xn] ≥ N per ogni n ≥ ν,allora risulta |(1 + 1

[xn])[xn] − e| < ε per ogni n ≥ ν.

Ne segue che

limn→+∞

�1 +

1

[xn] + 1

�[xn]

= limn→+∞

�1 +

1

[xn]

�[xn]+1

= e

Dalla precedente diseguaglianza e dal Teorema del Confronto ne con-cludiamo che vale (5).

Osserviamo ora che essendo bn = an

�1 + 1

n

�ed essendo (bn)n∈N succes-

sione limitata e decrescente avremo che

inf bn = limn→+∞

bn = limn→+∞

an = e

e quindi che

an ≤ sup an = e = inf bn ≤ bn, ∀n ∈ Novvero, vale la diseguaglianza di Nepero

�1 +

1

n

�n

≤ e ≤�1 +

1

n

�n+1

, ∀n ∈ N

Tale diseguaglianza ci permette di dare delle stime del numero diNepero. Ad esempio, per n = 2 risulta:

2, 25 ≤ e ≤ 3, 375,

per n = 4 si ha

2, 44140625 ≤ e ≤ 3, 0517578125,

e per n = 100

2, 70481382942 ≤ e ≤ 2, 73186196772.

A partire dalla diseguaglianza di Nepero, utilizzando il Teorema delConfronto, si provano i seguenti limiti notevoli:

limn→+∞

log(1 +1

n) = 0 e lim

n→+∞

log(1 + 1n)

1n

= 1

Page 43: AppuntI ANALISI Uno

3. SUCCESSIONI MONOTONE E NUMERO DI NEPERO 43

dove log x = logex, ed inoltre

limn→+∞

e1n = 1 e lim

n→+∞

e1n − 11n

= 1

Difatti, applicando il logaritmo di base e a tutti i membri della dise-guaglianza di Nepero si ottiene

n log

�1 +

1

n

�≤ 1 ≤ (n+ 1) log

�1 +

1

n

�, ∀n ∈ N,

da cui in particolare

1

n+ 1≤ log

�1 +

1

n

�≤ 1

n, ∀n ∈ N, (6)

ed essendo 1n→ 0 e 1

n+1 → 0 per n → +∞, dal Teorema del confronto

deduciamo che log�1 + 1

n

�→ 0.

Dalla diseguaglianza (6), deduciamo inoltre che

n

n+ 1≤ n log

�1 +

1

n

�≤ 1, ∀n ∈ N,

ed essendo n

n+1 → 1 per n → +∞, dal Teorema del confronto deducia-

mo che n log�1 + 1

n

�→ 1.

Sempre dalla diseguaglianza (6), otteniamo che

log

�1 +

1

n

�≤ 1

n≤ log

�1 +

1

n− 1

�, ∀n ∈ N, n ≥ 2,

da cui, applicando l’esponenziale, otteniamo

1 +1

n≤ e

1n ≤ 1 +

1

n− 1, ∀n ∈ N, n ≥ 2, (7)

ed essendo 1n→ 0 e 1

n−1 → 0 per n → +∞, dal Teorema del confronto

deduciamo che e1n → 1. Da (7) si ha inoltre che

1

n≤ e

1n − 1 ≤ 1

n− 1, ∀n ∈ N, n ≥ 2,

e quindi

1 ≤ n(e1n − 1) ≤ n

n− 1, ∀n ∈ N, n ≥ 2,

ed essendo n

n−1 → 1 per n → +∞, dal Teorema del confronto deducia-

mo che n(e1n − 1) → 1.

Si puo inoltre provare (utilizzando la parte intera) che i precedenti limitivalgono se alla successione 1

nviene sostituita una qualunque successione

Page 44: AppuntI ANALISI Uno

44 2. SUCCESSIONI NUMERICHE

xn → 0 per n → +∞. Si ha difatti che per ogni successione xn → 0per n → +∞ risulta

limn→+∞

log(1 + xn) = 0 e limn→+∞

log(1 + xn)

xn

= 1

ed anche

limn→+∞

exn = 1 e lim

n→+∞

exn − 1

xn

= 1

Dai precedenti limiti si possono inoltre verificare i seguenti limiti note-voli attarverso i quali proveremo la continuita delle funzioni esponen-ziale e logaritmo:

Se xn → x0, osservato che exn = ex0exn−x0 e che exn−x0 → 1, si ha

limn→+∞

exn = e

x0 .

Se xn → x0 > 0, essendo log(xn) = log(xn − x0 + x0) = log(x0) +log(xn−x0

x0+ 1) e xn−x0

x0→ 0, risulta

limn→+∞

log(xn) = log x0.

Proviamo infine che valgono i seguenti limiti riguardanti le potenze:per ogni α �= 0 e ogni successione xn → 0 per n → +∞ risulta

limn→+∞

(1 + xn)α = 1 e lim

n→+∞

(1 + xn)α − 1

xn

= α

Difatti, utilizzando le leggi cancellazione di esponenziale e logaritmopossiamo scrivere: (1 + xn)α = eα log(1+xn) ed essendo yn = α log(1 +xn) → 0 per n → +∞, dal limite notevole eyn → 1, deduciamo che(1 + xn)α → 1. Analogalmente possiamo scrivere

(1 + xn)α − 1

xn

=eα log(1+xn) − 1

xn

=eα log(1+xn) − 1

α log(1 + xn)· log(1 + xn)

xn

· α

ed essendo yn = α log(1 + xn) → 0 per n → +∞, dal limite notevoleeyn−1yn

→ 1 e log(1+xn)xn

→ 1, otteniamo

limn→+∞

(1 + xn)α − 1

xn

= α

Infine, se xn → x0 > 0, allora

limn→+∞

xnα = x0

α

essendo, dai precedenti limiti, xα

n= eα log xn → eα log x0 = xα

0 . Se nededuce in particolare che se xn → ±∞ e α ∈ R allora

limn→+∞

(1 +α

xn

)xn = eα

Page 45: AppuntI ANALISI Uno

3. SUCCESSIONI MONOTONE E NUMERO DI NEPERO 45

Infatti, se α �= 0, posto yn = xnα

→ ±∞, avremo

(1 +α

xn

)xn = [(1 +α

xn

)xnα ]α = [(1 +

1

yn)yn ]α → e

α.

Esempi

• Calcolare limn→+∞

(e1n2 − 1)(2n2 + n+ 1). Abbiamo

limn→+∞

(e1n2 − 1)(2n2+n+1) = [0 ·∞] = lim

n→+∞

e1n2 − 1

1n2

2n2 + n+ 1

n2= 2.

• Calcolare limn→+∞

log(1 + 1n2 )

1− cos 1n2

. Si ha

limn→+∞

log(1 + 1n2 )

1− cos 1n2

= [0

0] = lim

n→+∞

log(1 + 1n2 )

1n2

1n4

1− cos( 1n2 )

n2 = +∞

• Calcolare limn→+∞

esin 1

n − 1

[1 + 1n]32 − 1

. Risulta

limn→+∞

esin 1

n − 1

[1 + 1n]32 − 1

=

�0

0

�= lim

n→+∞

esin 1

n − 1

sin 1n

sin 1n

[1 + 1n]32 − 1

= limn→+∞

esin 1

n − 1

sin 1n

1n

[1 + 1n]32 − 1

sin 1n

1n

=2

3

• Calcolare limn→+∞

√n2 + 1−

√n2 + n.

limn→+∞

√n2 + 1−

√n2 + n = [∞−∞]

= limn→+∞

1− n√n2 + 1 +

√n2 + n

= limn→+∞

1n− 1

�1 + 1

n2 +�

1 + 1n

=1

2

Page 46: AppuntI ANALISI Uno

46 2. SUCCESSIONI NUMERICHE

• Calcolare limn→+∞

5√n− 1− 5

√n+ 1.

limn→+∞

5√n− 1− 5

√n+ 1 = [∞−∞]

= limn→+∞

5√n+ 1( 5

�n− 1

n+ 1− 1) = lim

n→+∞5√n+ 1( 5

�1− 2

n+ 1− 1)

= limn→+∞

5√n+ 1

5

�1− 2

n+1 − 1

2n+1

2

n+ 1

= limn→+∞

2

(n+ 1)45

5

�1− 2

n+1 − 1

2n+1

= 0

• Calcolare limn→+∞

log(n+√n)− log n√

n+ 1−√n

.

limn→+∞

log(n+√n)− log n√

n+ 1−√n

= limn→+∞

log(1 + 1√n)

√n(�

1 + 1n− 1)

= limn→+∞

log(1 + 1√n)

1√n

1n�

1 + 1n− 1

= 2

• Calcolare limn→+∞

enα − 1√

1 + nα − 1, al variare di α �= 0.

Se α > 0 allora, dalla gerarchia degli infiniti abbiamo

limn→+∞

enα − 1√

1 + nα − 1= lim

n→+∞

enα

nα2

1− 1en

α

�1nα + 1− 1

nα/2

= +∞

Se α < 0, essendo nα → 0 abbiamo

limn→+∞

enα − 1√

1 + nα − 1= lim

n→+∞

enα − 1

√1 + nα − 1

= 2

• Calcolare limn→+∞

log(n+ nα)− log n√n+ 1−

√n

al variare di α ∈ R. Risulta

limn→+∞

log(n+ nα)− log n√n+ 1−

√n

= limn→+∞

log(1 + nα−1)1√n

1n�

1 + 1n− 1

=

0 se α <12

2 se α = 12

+∞ se α >12

Per esercizio provare che

Page 47: AppuntI ANALISI Uno

3. SUCCESSIONI MONOTONE E NUMERO DI NEPERO 47

• limn→+∞

log(n+√n)− log n√

n2 + 1− n= +∞

• limn→+∞

esin1n − 1�

1 + 1nα − 1

=

0 se α < 1

2 se α = 1

+∞ se α > 1

• limn→+∞

log(n+ nα)− log n√n2 + 1− n

=

0 se α < 0

2 se α = 0

+∞ se α > 0

• limn→+∞

enα − 1�

cos 1n− 1

0 se α < −2

−4 se α = −2

−∞ se α > −2

Tornera utile nel calcolo dei precedenti limiti utilizzare la relazione diasintotico che introdurremo nel prossimo paragrafo.

Consideriamo ora successioni della forma abnn

dove an > 0 per ognin ∈ N. Per trattare successioni di questa forma converra riscriverleutilizzando le leggi di cancellazione del logaritmo e dell’esponenziale

abnn

= ebn log an

e ricordare i limiti notevoli della successione exn . Possiamo in tal modoprovare che vale il seguente risultato:

Proposizione 2.3. Sia (an)n∈N una successione regolare a termini

positivi e sia (bn)n∈N una successione regolare. Allora

1. se limn→+∞

an = a > 0 e limn→+∞

bn = b ∈ R allora limn→+∞

abnn

= ab;

2. se limn→+∞

an = a > 1 e limn→+∞

bn = +∞ allora limn→+∞

abnn

= +∞;

3. se limn→+∞

an = a ∈ (0, 1) e limn→+∞

bn = +∞ allora limn→+∞

abnn

= 0;

4. se limn→+∞

an = 0+ e limn→+∞

bn = b > 0 allora limn→+∞

abnn

= 0;

5. se limn→+∞

an = 0+ e limn→+∞

bn = b < 0 allora limn→+∞

abnn

= +∞;

6. se limn→+∞

an = +∞ e limn→+∞

bn = b > 0 allora limn→+∞

abnn

= +∞;

7. se limn→+∞

an = +∞ e limn→+∞

bn = b < 0 allora limn→+∞

abnn

= 0.

Sono escluse dalla proposizione le seguenti forme indeterminate esponen-ziali:

1±∞; +∞0; 00

che potranno riportarsi al caso 0 · ∞ mediante la posizione abnn

=ebn log an .

Page 48: AppuntI ANALISI Uno

48 2. SUCCESSIONI NUMERICHE

Proviamo ad esempio i seguenti limiti notevoli

limn→+∞

n√a = 1, ∀a > 0

difatti, n√a = a

1n = e

log an → 1, essendo log a

n→ 0. Inoltre

limn→+∞

n√nb = 1, ∀b ∈ R

essendo n√nb = n

bn = e

blognn → 1, essendo, come proveremo nella

prossima sezione, lognn

→ 0 per n → +∞.

Come ulteriore esempio calcoliamo il limite della successione an =(n+3n+1)

n. Risulta

an = en log(n+3

n+1 ) = en log(1+ 2

n+1 )

Dal limite notevole log(1+xn)xn

→ 1 per ogni successione xn → 0 otteniamo

n log(1 +2

n+ 1) =

log(1 + 2n+1)

2n+1

2n

n+ 1→ 2

e dunque limn→+∞

an = e2.

4. Criterio del rapporto ed infiniti di ordine crescente

Ricordando che limn→+∞

bn = 0 per ogni |b| < 1 possiamo provare il

seguente risultato

Teorema 2.6. (Criterio del rapporto)

Sia (an)n∈N successione a termini positivi tale che esiste limn→+∞

an+1

an= �.

Risulta

(i) se � < 1 allora limn→+∞

an = 0 ed esistono ν ∈ N, A > 0 e

b ∈ (0, 1) tali che an ≤ Abn per ogni n ≥ ν,

(ii) se � > 1 allora limn→+∞

an = +∞ ed esistono ν ∈ N, A > 0 e

b > 1 tali che an ≥ Abn per ogni n ≥ ν.

Dim. Dimostriamo innanzitutto (i). Preso 0 < ε < 1 − �, dalla definizionedi limite, esiste ν ∈ N tale che an+1

an< �+ ε per ogni n ≥ ν. Posto b = �+ ε

avremo che 0 < b < 1 e che per ogni n ≥ ν risulta an+1 < ban. Ne segue cheper ogni k ∈ N si ha aν+k < bkaν . Infatti, risulta aν+1 < baν . Supponiamoche aν+k < bkaν allora, essendo ν + k + 1 ≥ ν, avremo

aν+k+1 < baν+k < bk+1aν

Page 49: AppuntI ANALISI Uno

4. CRITERIO DEL RAPPORTO ED INFINITI DI ORDINE CRESCENTE 49

Dal principio di induzione segue allora che aν+k < bkaν per ogni k ∈ N.Quindi, per ogni n ≥ ν avremo

0 < an = aν+(n−ν) < bn−νaν =aνbν

bn.

Posto A = aνbν

> 0, si ha che 0 < an < Abn per ogni n ≥ ν. Essendob ∈ (0, 1), si ha bn → 0 e quindi, dal Teorema del Confronto, an → 0.Per provare (ii) sara sufficiente applicare (i) alla successione bn = 1

an→ 1

�<

1. �Utlizzando il precedente risultato e possibile stabilire una gerarchia tragli infiniti notevoli. Ricordando infatti che per ogni b > 0 e a > 1abbiamo

limn→+∞

logan = lim

n→+∞nb = lim

n→+∞an = lim

n→+∞n! = lim

n→+∞nn = +∞

proviamo che

limn→+∞

nb

an= lim

n→+∞

an

n!= lim

n→+∞

n!

nn= 0 e lim

n→+∞

logan

nb= 0

Per provare la prima serie di limiti applichiamo il criterio del rapporto.Abbiamo infatti che posto an = n

b

ansi ha

limn→+∞

an+1

an= lim

n→+∞

(n+ 1)b

an+1

an

nb= lim

n→+∞

1

a(n+ 1

n)b =

1

a< 1

Allo stesso modo, posto an = an

n! risulta

limn→+∞

an+1

an= lim

n→+∞

an+1

(n+ 1)!

n!

an= lim

n→+∞

a

n+ 1= 0 < 1.

Posto infine an = n!nn risulta

limn→+∞

an+1

an= lim

n→+∞

(n+ 1)!

(n+ 1)n+1

nn

n!= lim

n→+∞(

n

n+ 1)n

= limn→+∞

1

(1 + 1n)n

=1

e< 1.

essendo limn→+∞

(1 +1

n)n = e > 2 per definizione di numero di Nepero.

Per provare l’ultimo limite, proviamo innanzitutto che

limn→+∞

logan

n= 0

mediante la definizione di limite. Preso comunque ε > 0 dobbiamoprovare che esiste ν ∈ N tale che per n ≥ ν risulti loga n

n< ε, ovvero

che logan < εn. Dalla definizione di logaritmo bastera provare che

n < aεn = (aε)n per ogni n ≥ ν. Posto A = aε > 1, poiche risulta, da

Page 50: AppuntI ANALISI Uno

50 2. SUCCESSIONI NUMERICHE

quanto provato sopra, che n

An → 0, sappiamo che esiste ν ∈ N tale chen

An < 1 per ogni n ≥ ν, ovvero n < An = aεn.

Piu in generale, si ha che per ogni successione xn → +∞ risulta

limn→+∞

loga(xn)

xn= 0 (8)

Infatti, considerata la successione delle parti intere ([xn])n∈N risulta[xn] ∈ N e [xn] ≤ xn < [xn] + 1 per ogni n ∈ N da cui

loga([xn])

[xn] + 1≤ log

a(xn)

xn

≤ loga([xn] + 1)

[xn](9)

Poiche limn→+∞

logan

n= 0, preso comunque ε > 0 sia N ∈ N tale che

loga n

n< ε per ogni n ≥ N . Essendo [xn] → +∞, sia ν ∈ N tale che

[xn] > N per ogni n ≥ ν. Allora per n ≥ ν risulta loga[xn][xn]

< ε e dunque

limn→+∞

loga[xn]

[xn]= 0. Ne segue che

limn→+∞

loga([xn])

[xn] + 1= lim

n→+∞

loga([xn])

[xn]

[xn]

[xn] + 1= 0.

Analogalmente si prova che

limn→+∞

loga([xn] + 1)

[xn]= 0.

Quindi, dai precedenti limiti, da (9) e dal Teorema del Confronto, si

ottiene che limn→+∞

logaxn

xn= 0.

Dal limite (8) segue in particolare che

limn→+∞

logan

nb= lim

n→+∞

1

b

loga(nb)

nb= 0,

essendo b > 0 e quindi nb → +∞. Segue inoltre che per ogni successionexn → 0+ risulta

limn→+∞

xb

nlog

axn = lim

n→+∞−log

a

1xn

( 1xn)b

= 0, ∀ a > 1, b > 0.

essendo 1xn

→ +∞.

Siano ora (an)n∈N e (bn)n∈N successioni tali che

limn→+∞

an = limn→+∞

bn = +∞

Page 51: AppuntI ANALISI Uno

5. RELAZIONE DI ASINTOTICO 51

Si dice che la successione (an)n∈N ha ordine di infinito minore della suc-cessione (bn)n∈N per n → +∞, e scriveremo Ord(an) < Ord(bn) oppurean << bn per n → +∞, se

limn→+∞

an

bn= 0.

Osserviamo che tale relazione risulta transitiva in quanto se Ord(an) <Ord(bn) e Ord(bn) < Ord(cn) per n → +∞ allora Ord(an) < Ord(cn).Infatti

limn→+∞

an

cn= lim

n→+∞

an

bn

bn

cn= 0

Dai limiti precedentemente provati, per ogni a > 1 e p > 0, per n →+∞ risulta

Ord(logan) < Ord(np) < Ord(an) < Ord(n!) < Ord(nn)

Si dice infine che la successione (an)n∈N ha ordine di infinito uguale allasuccessione (bn)n∈N per n → +∞, e scriveremo Ord(an) = Ord(bn),per n → +∞, se

limn→+∞

an

bn= � ∈ R \ {0}.

5. Relazione di asintotico

Due successioni (an)n∈N e (bn)n∈N sono dette asintotiche per n → +∞,e si scrive an ∼ bn per n → +∞, se

limn→+∞

an

bn= 1.

In particolare, se limn→+∞

an = � ∈ R \ {0} allora an ∼ � per n → +∞.

Sono immediate le seguenti proprieta:

(i) Se an ∼ bn e limn→+∞

bn = � ∈ R ∪ {±∞} allora limn→+∞

an = �.

(ii) Se an ∼ bn e bn ∼ cn allora an ∼ cn.

(iii) Se an ∼ bn allora per ogni successione (cn)n∈N mai nulla, si ha

ancn ∼ bncn,an

cn∼ bn

cn,

cn

an∼ cn

bn.

Alcune osservazioni. Esistono successioni che ammettono lo stesso li-mite ma che non sono asintotiche (si pensi ad esempio alle successionian = n2 e bn = n4).

La proprieta (i) afferma che due successioni (an)n∈N e (bn)n∈N asin-totiche ammettono lo stesso limite (purche regolari) ma non necessa-riamente che an − bn → 0 (si pensi alle successioni an = n2 + n ebn = n2 + 1).

Page 52: AppuntI ANALISI Uno

52 2. SUCCESSIONI NUMERICHE

La proprieta (iii), anche chiamata Principio di sostituzione, vale perprodotti e rapporti di successioni ma NON VALE in generale per som-me e differenze di successioni. Si considerino ad esempio le successionian = n2 + n, bn = n2 e cn = n2 − 1

n. Per n → +∞ abbiamo

an = n2(1 +

1

n) ∼ bn = n

2

e

an − cn = n+1

n→ +∞

mentre

bn − cn =1

n→ 0.

Dunque an − cn �∼ bn − cn (infatti, se cosı fosse per (i) i due limitidovrebbero essere uguali).

Osserviamo infine che se an ∼ bn possiamo dire che an = bn + rn, perogni n ∈ N, dove il resto rn e tale che rn

bn→ 0 per n → +∞ (rn viene

detto trascurabile rispetto a bn per n → +∞), infatti

rn

bn=

an − bn

bn=

an

bn− 1 → 0, per n → +∞,

ma non e necessariamente infinitesimo. Ad esempio, per n → +∞,an = n+ n2 ∼ bn = n2 e risulta

rn = an − bn = n → +∞.

Dai limiti notevoli visti otteniamo che per ogni successione xn → 0 pern → +∞ valgono i seguenti confronti asintotici notevoli

sin(xn) ∼ xn, 1− cos(xn) ∼x2

2, tan(xn) ∼ xn

eexn − 1 ∼ xn, log(1 + xn) ∼ xn, (1 + xn)

α − 1 ∼ αxn

Esempi

• Calcolare limn→∞

sin( 2n−1)�

4 + 1n− 2

.

Il limite si presenta nella forma indeterminata 00 ed utilizzando la

relazione di asintotico, dai limiti notevoli ricordati sopra si ottiene

sin( 2n−1)�

4 + 1n− 2

=sin( 2

n−1)

2(�

1 + 14n − 1)

∼2

n−1

212

14n

=8n

n− 1

Page 53: AppuntI ANALISI Uno

5. RELAZIONE DI ASINTOTICO 53

da cui

limn→∞

sin( 2n−1)�

4 + 1n− 2

= limn→∞

8n

n− 1= 8.

• Calcolare limn→+∞

log( n

en+ 1)

e1n − 1

Osserviamo che il limite presenta una forma indeterminata del tipo 00 ed

utilizzando la relazione di asintotico ed i limiti notevoli sopra elencatisi ha

log( n

en+ 1)

e1n − 1

∼n

en

1n

=n2

en

e quindi, dalla gerarchia degli infiniti, risulta:

limn→+∞

log( n

en+ 1)

e1n − 1

= limn→+∞

n2

en= 0

• Calcolare limn→+∞

esin 1

n − 1

[1 + log(1 + 12n )]

32 − 1

. Dai limiti notevoli abbiamo

esin 1

n − 1

[1 + log(1 + 12n )]

32 − 1

∼sin 1

n

32 log(1 +

12n )

∼1n

32

12n

=2

3

2n

n

e dunque, dalla gerarchia degli infiniti,

limn→+∞

esin 1

n − 1

[1 + log(1 + 1n)]

32 − 1

= +∞.

• Calcolare al variare di α > 0 il limite limn→+∞

(n2 + 2)α − (n2 + 1)α.

Per ogni α > 0 abbiamo

(n2 + 2)α − (n2 + 1)α = (n2 + 1)α[(n2 + 2

n2 + 1)α − 1]

= (n2 + 1)α[(1 +1

n2 + 1)α − 1] ∼ (n2 + 1)αα

1

n2 + 1=

= α(n2 + 1)α−1

Quindi,

limn→+∞

(n2 + 2)α − (n2 + 1)α = limn→+∞

α(n2 + 1)α−1

=

+∞ se α > 1

1 se α = 1

0 se 0 < α < 1

Page 54: AppuntI ANALISI Uno

54 2. SUCCESSIONI NUMERICHE

• Calcolare al variare di α > 0 il limite limn→+∞

�cos

1

n

�nα

.

Abbiamo�cos 1

n

�nα

= enα log(cos 1

n ) e determiniamo il limite dell’espo-nente al variare di α. Osserviamo innanzitutto che, essendo cos 1

n→ 1,

si ha

log(cos1

n) = log(1 + (cos

1

n− 1)) ∼ cos

1

n− 1 ∼ − 1

2n2

e quindi

nα log(cos

1

n) ∼ −1

2nα−2

.

Allora

limn→+∞

nα log(cos

1

n) = lim

n→+∞−1

2nα−2 =

−∞ se α > 2

−12 se α = 2

0 se α < 2

e dunque

limn→+∞

�cos

1

n

�nα

= limn→+∞

enα log(cos 1

n ) =

0 se α > 21√e

se α = 2

1 se α < 2

6. Appendice: Sottosuccessioni e Teorema diBolzano-Weierstrass

Data una successione (an)n∈N ed una successione (nk)k∈N di numerinaturali strettamente crescente, la successione (ank

)k∈N si dice sotto-successione estratta dalla successione (an)n∈N.

Ad esempio la successione costante bk = 1 e sottosuccessione dellasuccessione an = (−1)n essendo bk = ank

dove nk e la successione deinumeri pari.La successione bk = 1

2k+1 e sottosuccessione della successione an = 1n

essendo bk = ankdove nk = 2k+1 e la successione dei numeri dispari.

Vale il seguente risultato

Proposizione 2.4. Una successione ha limite � ∈ R∪{±∞} se e solo

se ogni sua sottosuccessione estratta ha limite �.

Dim. Supponiamo � ∈ R, la dimostrazione nel caso � = ±∞ sara analoga.Sia (ank)k∈N una sottosuccessione estratta da (an)n∈N e proviamo che ank →� per k → +∞. Preso comunque ε > 0, poiche an → � per n → +∞,sia n0 ∈ N tale che |an − �| < ε per ogni n ≥ n0. Poiche la successione(nk)k∈N e successione di numeri naturali strettamente crescente, avremo che

Page 55: AppuntI ANALISI Uno

6. SOTTOSUCCESSIONI E TEOREMA DI BOLZANO-WEIERSTRASS 55

nk → +∞ e sia ν ∈ N tale che nk ≥ n0 per ogni k ≥ ν. Allora per k ≥ νavremo |ank − �| < ε.Viceversa, �Vale inoltre il seguente importante risultato

Teorema 2.7. (Bolzano-Weierstrass)

Per ogni successione limitata esiste una sottosuccessione convergente.

Dim. Sia (an)n∈N una successione limitata e siano �, L ∈ R tali che � ≤an ≤ L per ogni n ∈ N. Consideriamo M = �+L

2 . Se per infiniti indici nrisulta � ≤ an ≤ M poniamo

�1 = � e L1 = M

Altrimenti, se per infiniti indici n risulta M ≤ an ≤ L poniamo

�1 = M e L1 = L

Poniamo inoltre n1 = min{n ∈ N | �1 ≤ an ≤ L1}.Consideriamo ora M1 =

�1+L12 . Se per infiniti indici n risulta �1 ≤ an ≤ M1

poniamo

�2 = �1 e L2 = M1

Altrimenti, se per infiniti indici n risulta M1 ≤ an ≤ L1 poniamo

�2 = M1 e L2 = L1

Poniamo inoltre n2 = min{n ∈ N |n > n1, �2 ≤ an ≤ L2}.Procedendo in questo modo, per induzione, otterremo tre successioni (�k),(Lk) e (nk) tali che per ogni k ∈ N risulta

(i) �k ≤ an ≤ Lk, per infiniti indici n,(ii) � ≤ �k ≤ �k+1 < Lk+1 ≤ Lk ≤ L,(iii) Lk − �k = L−�

2k,

(iv) nk+1 = min{n ∈ N |n > nk, �k ≤ an ≤ Lk}.Da (ii) si ha che le successioni (�k)k∈N e (Lk)k∈N sono monotone e limitatee dunque convergenti. Inoltre da (iii) si ha che lim

k→+∞�k = lim

k→+∞Lk.

Da (iv) si ha infine che per ogni k ∈ N risulta nk < nk+1 e �k ≤ ank ≤Lk, quindi la successione (ank)k∈N e sottosuccessione estratta di (an)n∈N edinoltre, dal Teorema del confronto, si ottiene che lim

k→+∞ank = lim

k→+∞�k =

limk→+∞

Lk. �

Data una successione (an)n∈N, per ogni k ∈ N poniamo

ak = supn≥k

an.

Page 56: AppuntI ANALISI Uno

56 2. SUCCESSIONI NUMERICHE

La successione (ak)k∈N risulta monotona decrescente e dunque regolare.Si dice limite superiore (o massimo limite) della successione (an)n∈N, illimite di tale successione:

lim supn→+∞

an = limk→+∞

ak = limk→+∞

supn≥k

an.

Osserviamo che dalla definizione e dalla caratterizzazione del limite diuna successione decrescente risulta

lim supn→+∞

an = infk∈N

supn≥k

an.

In modo analogo, posto per ogni k ∈ Nak= inf

n≥k

an,

la successione (ak)k∈N risulta monotona crescente. Si dice limite inferiore

(o minimo limite) della successione (an)n∈N, il limite di tale successione:

lim infn→+∞

an = limk→+∞

ak= lim

k→+∞infn≥k

an

e risultalim infn→+∞

an = supk∈N

infn≥k

an.

Dalla definizione segue immediatamente che lim infn→+∞

an ≤ lim supn→+∞

an.

Vediamo qualche esempio. Per la successione an = (−1)n risultalim infn→+∞

an = −1 mentre lim supn→+∞

an = 1. Infatti, per ogni k ∈ N si

haak = sup

n≥k

(−1)n = 1 e ak= inf

n≥k

(−1)n = −1

e quindi limk→+∞

ak = 1 mentre limk→+∞

ak= −1.

Per la successione an = (−1)n

nrisulta invece lim sup

n→+∞an = lim inf

n→+∞an = 0.

Infatti

ak = supn≥k

(−1)n

n=

�1

k+1 per k dispari1k

per k pari→ 0 per k → +∞

e analogalmente

ak= inf

n≥k

(−1)n

n=

�− 1

k+1 per k pari

− 1k

per k pari→ 0 per k → +∞.

Nel precedente esempio abbiamo che

lim infn→+∞

an = limn→+∞

an = lim supn→+∞

an

Page 57: AppuntI ANALISI Uno

6. SOTTOSUCCESSIONI E TEOREMA DI BOLZANO-WEIERSTRASS 57

In generale vale

Teorema 2.8. Una successione (an)n∈N ammette limite � ∈ R∪{±∞}se e solo se

lim infn→+∞

an = lim supn→+∞

an = �

Dim. Consideriamo solo il caso in cui � ∈ R, la dimostrazione nel caso� = ±∞ e analoga. Supponiamo che lim

n→+∞an = � e proviamo che

lim infn→+∞

an = lim supn→+∞

an = �

Dalla definizione di limite, per ogni ε > 0 esiste ν ∈ N tale che �− ε < an <�+ ε per ogni n ≥ ν. Ne segue che per ogni k ≥ ν risulta

�− ε < ak = supn≥k

an ≤ �+ ε

e�− ε ≤ ak = inf

n≥k

an < �+ ε.

e quindi, dalla definizione di limite, otteniamo che

� = lim infn→+∞

an = lim supn→+∞

an.

Viceversa, supponiamo che lim infn→+∞

an = lim supn→+∞

an = � e proviamo che

limn→+∞

an = �. Preso comunque ε > 0, poiche posto

ak = supn≥k

an

risulta� = lim sup

n→+∞an = inf

k∈Nak,

avremo che esiste k1 ∈ N tale che ak1 < � + ε e dunque per ogni n ≥ k1risulta

an ≤ supn≥k1

an = ak1 < �+ ε.

Analogalmente, postoak = inf

n≥k

an

risulta� = lim inf

n→+∞an = sup

k∈Nak,

e dunque esiste k2 ∈ N tale che ak2 > � − ε. Ne segue che per ogni n ≥ k2si ha

an ≥ infn≥k2

an = ak2 > �− ε.

Ne concludiamo che per ogni n ≥ max{k1, k2} risulta � − ε < an < � + ε edunque che lim

n→+∞an = �. �

Si ha inoltre il seguente risultato

Page 58: AppuntI ANALISI Uno

58 2. SUCCESSIONI NUMERICHE

Teorema 2.9. Per ogni successione (an)n∈N esistono due sottosucces-

sioni estratte (bj)j∈N e (cj)j∈N tali che

limj→+∞

bj = lim supn→+∞

an e limj→+∞

cj = lim infn→+∞

an

Dim. Proviamo la prima affermazione, la prova della seconda e analoga. Sia

� = lim supn→+∞

an = limk→+∞

supn≥k

an = infk∈N

supn≥k

an.

Procediamo per induzione. Sia k(1) ∈ N tale che

� ≤ L(1) = supn≥k(1)

an < �+ 1.

D’altra parte sia n(1) ≥ k(1) tale che an(1) > L(1) − 1 ≥ � − 1. Ne segueallora che

�− 1 < an(1) < �+ 1.

Supponiamo ora di aver definito n(j) ∈ N tale che

n(j) > n(j − 1) e �− 1

j< an(j) < �+

1

j.

Sia k(j + 1) > n(j) tale che

� ≤ L(j + 1) = supn≥k(j+1)

an < �+1

j + 1

e sia n(j+1) ≥ k(j+1) tale che an(j+1) > L(j+1)− 1j+1 ≥ �− 1

j+1 . Dunque

n(j + 1) > n(j) e �− 1

j + 1< an(j+1) < �+

1

j + 1.

Per induzione otteniamo una successione strettamente crescente (n(j))j∈Ntale che

�− 1

j< an(j) < �+

1

j, ∀j ∈ N

e dunque, per il Criterio del confronto, tale che an(j) → � per j → +∞.Posto bj = an(j) segue la tesi. �

Page 59: AppuntI ANALISI Uno

7. ESERCIZI 59

7. Esercizi

Calcolare i seguenti limiti:

1. limn→+∞

�n− 4

n− 1

�n

[e−3]

2. limn→+∞

(2n − n2)4

(4n − n4)2[1]

3. limn→+∞

n2 log(1− 2−n) [0]

4. limn→+∞

sinn√n4 + n3 − n2

[0]

5. limn→+∞

log(n2 + n)− log(n2)

sin 2n

[12 ]

6. limn→+∞

e1n − 1

log(n+ 1)− log n[1]

7. limn→+∞

[(n+ 1)n − nn+1] [−∞]

8. limn→+∞

log[3n + cos(3n)]

n[log 3]

9. limn→+∞

1

log(n4) sin(2−n)[+∞]

10. limn→+∞

n log(n+3n

)n√22n

[0]

11. limn→+∞

n√2n + 3n [3]

12. limn→+∞

n√2n + 3n − 3

2n[0]

13. limn→+∞

log(1 + en)√1 + n2

[1]

14. limn→+∞

en − 2n logn

nn[0]

15. limn→+∞

n3√n2+n− 3√

n2−1[+∞]

16. limn→+∞

�cos 1

n

�n2

[ 1√e]

17. limn→+∞

�1− 1

n2

�n[1]*

18. limn→+∞

n2n

en![0]*

19. limn→+∞

nn

(n!)2[0]*

20. limn→+∞

nn

n+ en2 [0]*

Calcolare i limiti delle seguenti successioni al variare di α ∈ R:

1. limn→+∞

nα(1− cos(1

2n)) [0 per ogni α]

2. limn→+∞

(nnα − en) [−∞ se α < 1 e +∞ se α ≥ 1]

3. limn→+∞

sin( 1n3 )

3

�1 + 1

nα − 1[0 se α < 3, 3 se α = 3 e +∞ se α > 3]

4. limn→+∞

log(nα + 1)

log n[0 se α ≤ 0 e α se α > 0]

5. limn→+∞

log(en + 1)

nα[+∞ se α < 1, 1 se α = 1 e 0 se α > 1]

6. limn→+∞

√n4 + n3 −

√n4 − n3

n+ nα[1 se α < 1, 1

2 se α = 1 e 0 se α > 1]

7. limn→+∞

sin(αn)

nα−1con α > 0 [0 se α �= 1, sin 1 se α = 1]

8. limn→+∞

nα(5�n2 + n− 5

�n2 + 2n+ 1) [+∞ se α > 3

5 ,15 se α = 3

5 e 0 se

α < 35 ] 9. lim

n→+∞

log(n+ nα)− log n√n+ 1−

√n

[+∞ se α > 12 , 2 se α = 1

2 , 0 se α < 12 ]*

Page 60: AppuntI ANALISI Uno

60 2. SUCCESSIONI NUMERICHE

10. limn→+∞

enα − 1

(√1 + nα − 1)

[+∞ se α > 0, 2 se α < 0]*

11. limn→+∞

�cos

1

n

�nα

[0 se α > 2, 1√ese α = 2, 1 se α < 2]*

12. limn→+∞

n! sinα 1n

2n2 [0 per ogni α ∈ R]*

13. limn→+∞

(e1n − cos

1

n) log(1 + nα) [0 per ogni α ∈ R]*

14. limn→+∞

�1 +

1

�n

[+∞ se α < 1, e se α = 1, 1 se α > 1]*

15. limn→+∞

nn

n!αn2 con α > 0 [0 per α > 1, +∞ per 0 < α ≤ 1]*

16. limn→+∞

nn log n

(n!)α[0 per α > 1, +∞ per α ≤ 1]*

17. limn→+∞

nαn log n

en![0 per ogni α ∈ R]*

18. limn→+∞

e(n

n−1 )α− e

log( n

n−1)[eα per ogni α ∈ R]*

19. limn→+∞

n√nα − n

√n

e1n − 1

[+∞ per α > 1, −∞ per α < 1, 0 per α = 1]*

20. limn→+∞

nα − n log n+ n2 log(1 +1

n) [+∞ per α > 1, −∞ per α ≤ 1]*

21. limn→+∞

nα sin1

n− n3 log n [−∞ per α ≤ 4, +∞ per α > 4]*

22. limn→+∞

n log(1 + nα)− n2 sin1

n[−∞ per α ≤ 0, +∞ per α > 0]*

Page 61: AppuntI ANALISI Uno

CAPITOLO 3

Funzioni reali

1. Qualche richiamo

Dati due insiemi X e Y di numeri reali, una funzione f tra X ed Y euna legge che fa corrispondere ad ogni x ∈ X uno ed un solo elementoy ∈ Y . Scriveremo f : X → Y ed anche f : x ∈ X �→ y ∈ Y dovey = f(x), intendendo che ad x ∈ X corrisponde y ∈ Y tramite lafunzione f .

L’insieme X ove opera la funzione f viene detto dominio di f e vienedenotato con Dom f . L’insieme Y ove prende valori la funzione f vienedetto codominio. Se una funzione f(x) viene definita senza specificarneil dominio, si sottointende che Dom f e il piu grande sottoinsieme di Rove risulta definito il valore f(x).

Ad esempio:

• xn, n ∈ N. Dom(xn) = R.• xα, α ∈ R. Dom(xα) = (0,+∞).• ax, a > 0. Dom(ax) = R.• log

ax, a > 0 e a �= 1. Dom(log

ax) = (0,+∞).

• sin x e cos x. Dom(sin x) = Dom(cos x) = R.• tan x. Dom(tanx) = {x ∈ R | x �= π

2 + kπ, k ∈ Z}.

Alcune particolari funzioni reali sono:

Funzione valore assoluto: |x| =�x se x ≥ 0,

−x se x < 0.Dom(|x|) = R.

Funzione parte intera: [x] = max{n ∈ Z |n ≤ x}. Dom([x]) = R.

Funzione mantissa: m(x) = x− [x]. Dom([x]) = R.

Funzione segno: sgn(x) =

�1 sex > 0,

−1 sex < 0.Dom(sgn(x)) = R \ {0}.

Funzione di Dirichlet: D(x) =

�1 sex ∈ Q,

0 sex ∈ R \Q.Dom(D(x)) = R.

61

Page 62: AppuntI ANALISI Uno

62 3. FUNZIONI REALI

Data una funzione f : X → Y ed x ∈ X, si dice immagine di x mediantef il valore f(x) ∈ Y . Se A ⊂ X si dice immagine di A mediante f

l’insieme f(A) = {f(x) ∈ Y | x ∈ A}. In particolare, si dice immaginedi f l’insieme f(X) = {f(x) ∈ Y | x ∈ X} che indicheremo anche conImf .

Ad esempio:

• Im(|x|) = [0,+∞),• Im([x]) = Z,• Im(m(x)) = [0, 1),• Im(sgn(x)) = {±1} e• Im(D(x)) = {0; 1}.

Proveremo nei prossimi paragrafi che

• Im(xn) = [0,+∞) se n ∈ N e pari e Im(xn) = R se n ∈ N edispari,

• Im(ax) = (0,+∞), per ogni a > 0,• Im(log

ax) = R, per ogni a > 0, a �= 1,

• Im(sin x) = Im(cos x) = [−1, 1] e Im(tan x) = R,

Data una funzione f : X → Y ed y ∈ Y , si dice controimmagine di ymediante f l’insieme f−1({y}) = {x ∈ X | f(x) = y}. Se B ⊂ Y si dicecontroimmagine di B mediante f l’insieme f−1(B) = {x ∈ A | f(x) ∈B}.Osserviamo che potremo avere f−1(B) = ∅. Ad esempio, essendof(x) = x2 ≥ 0 per ogni x ∈ R avremo f−1([−2,−1]) = ∅. Osserviamoinoltre che dato y ∈ Y potremo avere che f−1({y}) risulti costituitoda piu di un punto. Ad esempio, considerata f(x) = x2 avremo chef−1({1}) = {±1}.

Data f : X → Y , si dice grafico di f l’insieme {(x, f(x)) ∈ R2 | x ∈ X}.

O

O

1

-1

Grafici di f(x) = |x| e f(x) = sgnx

Page 63: AppuntI ANALISI Uno

1. QUALCHE RICHIAMO 63

-4 -3 -2 -1 0 1 2 3 4 5

-3

-2

-1

1

2

3

-2 -1 0 1 2

-1

1

Grafici di f(x) = [x] e f(x) = m(x)

La funzione mantissa e un esempio di funzione periodica di periodo 1.Una funzione f : X → R e detta periodica di periodo T ∈ R se X e taleche x+ T ∈ X per ogni x ∈ X e se f(x+ T ) = f(x) per ogni x ∈ X.

Altri esempi di funzioni periodiche le funzioni sin x e cos x, periodichedi periodo 2π, e la funzione tan x, periodica di periodo π. Il lorografico si otterra quindi mediante traslazione del grafico su un intervallo

fondamentale di ampiezza il periodo.

-2

-1

0

1

2

!

!!!

-! 2!-2!

-2

-1

0

1

2

!

!!!

-! 2!-2!

Grafici di f(x) = sinx e f(x) = cosx

!

!!!

-! 2!-2!

Grafico di f(x) = tanx

Altre simmetrie sono presentate dal grafico delle funzioni pari e dispari.Una funzione f : X → Y , dove X e tale che se x ∈ X allora −x ∈ X,e detta pari se f(−x) = f(x) per ogni x ∈ X (ad esempio sono pari

Page 64: AppuntI ANALISI Uno

64 3. FUNZIONI REALI

le funzioni |x|, xn con n pari, la funzione cosx). Il loro grafico risultasimmetrico rispetto all’asse delle ordinate.Una funzione e detta invece dispari se f(−x) = −f(x) per ogni x ∈ X

(ad esempio sono dispari le funzioni sgn(x), xn con n dispari, le funzionisin x e tan x). Il loro grafico risulta simmetrico rispetto all’origine delpiano cartesiano.

O

O

Grafici di f(x) = xn con n ∈ N pari e dispari

Date due funzioni f(x) e g(x) si definiscono le funzioni somma, diffe-renza, prodotto e quoziente nel seguente modo:

(f ± g)(x) = f(x)± g(x) per ogni x ∈ Domf ∩Domg;

(f · g)(x) = f(x) · g(x) per ogni x ∈ Domf ∩Domg

(f

g)(x) =

f(x)

g(x)per ogni x ∈ Domf ∩Domg tale che g(x) �= 0.

Si definisce inoltre la funzione composta gof ponendo

gof(x) = g(f(x)) per ogni x ∈ Domf tale che f(x) ∈ Domg.

Ad esempio sono definite a partire dalla funzione esponenziale ex lefunzioni

sinh x =ex − e−x

2e cosh x =

ex + e−x

2dette rispettivamente seno e coseno iperbolico.Risulta allora Dom(sinh x) = Dom(cosh x) = R, inoltre e immedia-to che sinh x risulta funzione pari mentre cosh x funzione dispari. Sipuo inoltre provare che il punto di coordinate (coshx, sinh x) giacesull’iperbole equilatera x2−y2 = 1 (da qui il nome) ovvero vale l’identita

cosh2x− sinh2

x = 1, ∀x ∈ R.

Per definizione si ha Im(sinhx) = R mentre Im(cosh x) = [1,+∞).

Page 65: AppuntI ANALISI Uno

1. QUALCHE RICHIAMO 65

O

1 O

Grafico di f(x) = coshx e f(x) = sinhx

Al concetto di funzione inversa premettiamo alcune definizioni.Una funzione f : X → Y e detta iniettiva se per ogni x1, x2 ∈ X taliche x1 �= x2 risulta f(x1) �= f(x2) o equivalentemente, se f(x1) = f(x2)allora x1 = x2. E detta suriettiva se Imf = Y , e detta bijettiva se risultainiettiva e suriettiva. Osserviamo che se f : X → Y e bijettiva alloraf determina una corrispondenza uno-uno tra gli insieme X e Y .

Ad esempio, non risulta iniettiva la funzione cosh x in quanto funzionepari, risulta invece bijettiva da R in R la funzione sinh x.

Osserviamo che ogni funzione f : X → Y potra considerarsi suriettivarestringendone il codominio all’immagine Imf . L’iniettivita e invecelegata alla possibilita di definire la funzione inversa. Difatti, se f(x)e funzione iniettiva allora ad ogni y ∈ Imf corrisponde uno ed un solox ∈ Domf tale che f(x) = y. Quindi, l’applicazione che ad ogniy ∈ Imf fa corrispondere quell’unico x ∈ Domf tale che f(x) = y euna funzione. Tale funzione viene detta funzione inversa di f e vieneindicata con f−1:

y ∈ Imf, f−1(y) = x ⇐⇒ x ∈ Domf, f(x) = y

Diremo anche che la funzione f e invertibile sulla sua immagine. Dalladefinizione segue inoltre che Domf−1 = Imf e Imf−1 = Domf e chevalgono le seguenti leggi di cancellazione:

f−1(f(x)) = x, ∀ x ∈ Domf e f(f−1(y)) = y, ∀ y ∈ Imf

Osserviamo infine che se f(x) e funzione iniettiva sul suo dominio allorail grafico della funzione inversa f−1(x) risulta il simmetrico del graficodi f(x) rispetto alla bisettrice y = x:

{(x, f(x)) | x ∈ Domf} = {(f−1(y), y) | y ∈ Domf−1}.

Ad esempio, la funzione f(x) = x3 risulta iniettiva nel suo dominioDomf = R, dunque risulta invertibile sulla sua immagine Imf = R e lasua funzione inversa e (per definizione di potenza frazionaria) f−1(x) =3√x = x

13 .

Page 66: AppuntI ANALISI Uno

66 3. FUNZIONI REALI

O

Grafici di f(x) = x3 e f−1(x) = 3√x

Valgono quindi le leggi di cancellazione3√x3 = x e ( 3

√x)3 = x per ogni x ∈ R.

Come ulteriore esempio, consideriamo la funzione f(x) = x2 che nonrisulta iniettiva in tutto R ma risulta iniettiva se la consideriamo ri-stretta al dominio Domf = [0,+∞). Dunque risulta invertibile sullasua immagine Imf = [0,+∞) e la sua funzione inversa e (per defi-nizione di potenza frazionaria) f−1(x) =

√x = x

12 . Si osservi che

Domf−1 = Imf = [0,+∞) e quindi che√x risulta definita solo per

x ≥ 0.

O

Grafici di f(x) = x2 e f−1(x) =√x

Valgono inoltre le leggi di cancellazione√x2 = x e (

√x)2 = x per ogni x ∈ [0,+∞).

Si osservi che, dalla definizione di valore assoluto, risulta invece√x2 = |x| per ogni x ∈ R.

Page 67: AppuntI ANALISI Uno

1. QUALCHE RICHIAMO 67

Come ulteriore esempio notevole consideriamo la funzione esponenzialef(x) = ax con a > 0 che risulta iniettiva in tutto il suo dominio R pera �= 1. La funzione risulta allora invertibile sulla sua immagine Imf =(0,+∞) e la sua inversa e la funzione logaritmica f−1(x) = log

ax.

Si osservi che Domf−1 = Imf = (0,+∞) e quindi che logax risulta

definita solo per x > 0.

O 1

1

O 1

1

Grafici di f(x) = ax e f−1(x) = loga x per a > 1 e 0 < a < 1

Valgono inoltre le leggi di cancellazione

loga(ax) = x , ∀x ∈ R, e a

loga x = x per ogni x ∈ (0,+∞).

Consideriamo le funzioni sinh x e cosh x. Abbiamo che sinh x risultainvertibile in R e la sua funzione inversa e detta settore seno iperbolicoe viene denotata con settsinhx:

settsinhx = y ⇐⇒ sinh y = x

Risulta allora Dom(settsinh x) = Im(sinh x) = R e Im(settsinhx) =Dom(sinh x) = R. Dalla precedente definizione si puo provare cherisulta

settsinhx = log(x+√x2 + 1) per ogni x ∈ R.

La funzione cosh x risulta invece invertibile in [0,+∞) e la sua funzioneinversa e detta settore coseno iperbolico e viene denotata con settcoshx:

settcosh x = y ⇐⇒ cosh y = x

Si ha quindi che Dom(settcosh x) = Im(cosh x) = [1,+∞) mentreIm(settcoshx) = Dom(cosh x) = [0,+∞). Si puo inoltre provare cherisulta

settcosh x = log(x+√x2 − 1) per ogni x ≥ 1.

Page 68: AppuntI ANALISI Uno

68 3. FUNZIONI REALI

O 1

O

Grafici di f(x) = settcoshx e y = settsinhx

Infine, ricordiamo le funzioni arcoseno (arcsin x), arcocoseno (arccos x)e arcotangente (arctan x) definite rispettivamente come le inverse dellefunzioni sin x in [−π

2 ,π

2 ], cosx in [0, π] e tan x in (−π

2 ,π

2 ). Risulta allora

Dom(arcsin x) = [−1, 1] e Im(arcsin x) = [−π

2 ,π

2 ],

Dom(arccos x) = [−1, 1] e Im(arccosx) = [0, π],

Dom(arctan x) = R e Im(arctan x) = (−π

2 ,π

2 ).

O 1-1

!/2

-!/2O 1-1

!

Grafici di f(x) = arcsinx e f(x) = arccosx

O

!/2

-!/2

Grafico di f(x) = arctanx

Page 69: AppuntI ANALISI Uno

2. LIMITI DI FUNZIONI 69

2. Limiti di funzioni

Data una funzione f(x) definita in un intervallo I ⊂ R eccetto al piunel punto x0 ∈ I, si dice che f(x) ha limite pari ad � ∈ R per x chetende a x0, e si scrive lim

x→x0

f(x) = �, se per ogni ε > 0 esiste δ > 0 tale

che se x ∈ I verifica 0 < |x− x0| < δ allora |f(x)− �| < ε. Utilizzandoi quantificatori scriveremo che lim

x→x0

f(x) = � se e solo se

∀ ε > 0 ∃ δ > 0 / |f(x)− �| < ε ∀x ∈ I, 0 < |x− x0| < δ

Diremo anche che f(x) tende o converge al limite � ∈ R per x che tendea x0 e scriveremo f(x) → � per x → x0.

Come nel caso di limite di successione, possiamo provare che se unafunzione ammette limite questo e unico.

Verifichiamo ad esempio che limx→0

x2 = 0. Per ogni ε > 0 sia δ =

√ε.

Avremo che se |x| < δ allora x2 < δ2 = ε.

Un esempio di funzione che non ammette limite in un punto e la fun-zione segno, poiche non esiste lim

x→0sgn(x). Difatti per ogni x > 0 risulta

sgn(x) = 1 mentre per x < 0 risulta sgn(x) = −1. Preso allora ε > 0e un qualunque δ > 0 avremo che non esiste alcun � ∈ R tale che|sgn(x)− �| < ε per ogni 0 < |x| < δ.

Proviamo ora che la funzione di Dirichlet non ammette limite in alcunpunto x0 ∈ R. Difatti, preso comunque ε > 0 e preso comunque δ > 0,se 0 < |x−x0| < δ e x ∈ Q avremo D(x) = 1 mentre se 0 < |x−x0| < δ

e x �∈ Q avremo D(x) = 0 e dunque, dalla proprieta di densita deinumeri razionali non potra esistere � ∈ R tale che |D(x)− �| < ε.

Si dice invece che f(x) ha limite pari ad +∞ per x che tende a x0, e siscrive lim

x→x0

f(x) = +∞, se per ogni M > 0 esiste δ > 0 tale che se x ∈ I

verifica 0 < |x− x0| < δ allora f(x) > M . Utilizzando i quantificatoriscriveremo lim

x→x0

f(x) = +∞ se e solo se

∀M > 0 ∃ δ > 0 / f(x) > M ∀x ∈ I, 0 < |x− x0| < δ

Diremo anche che f(x) tende o diverge a +∞ per x che tende a x0 escriveremo f(x) → +∞ per x → x0.

Analogalmente, diremo che f(x) ha limite pari ad −∞ per x che tendea x0, e si scrive lim

x→x0

f(x) = −∞, se per ogni M > 0 esiste δ > 0 tale

che se x ∈ I verifica 0 < |x − x0| < δ allora f(x) < −M . Scriveremo

Page 70: AppuntI ANALISI Uno

70 3. FUNZIONI REALI

limx→x0

f(x) = −∞ se e solo se

∀M > 0 ∃ δ > 0 / f(x) < −M ∀x ∈ I, 0 < |x− x0| < δ

Diremo anche che f(x) tende o diverge a −∞ per x che tende a x0 escriveremo f(x) → −∞ per x → x0.

Se limx→x0

f(x) = ±∞, la retta x = x0 e detta asintoto verticale per f(x).

Ad esempio limx→0

1x2 = +∞, l’asse delle ordinate x = 0 e asintoto verticale

per 1x2 .

O

Grafico di f(x) = 1x2

Vale il seguente risultato che ci permette di mettere in relazione ilconcetto di limite di funzione con il concetto di limite di successione.

Teorema 3.1. (di caratterizzazione sequenziale del limite)

Sia f(x) una funzione definita in un intervallo I ⊂ R eccetto al piu nel

punto x0 ∈ I e sia � ∈ R ∪ {±∞}. Sono allora equivalenti le seguenti

affermazioni:

(A) limx→x0

f(x) = �,

(B) per ogni successione (xn)n∈N ⊂ I \ {x0} tale che xn → x0 per

n → +∞ risulta f(xn) → � per n → +∞.

Dim. Proviamo il risultato solo nel caso � ∈ R, la dimostrazione del caso� = ±∞ e analoga.Proviamo che (A) ⇒ (B). Sia (xn) ⊂ I \ {x0} tale che xn → x0. Presocomunque ε > 0, proviamo che esiste ν ∈ N tale che |f(xn)− �| < ε per ognin ≥ ν. Poiche per ipotesi f(x) → � per x → x0, avremo che esiste δ > 0 taleche risulta |f(x) − �| < ε per ogni x ∈ I \ {x0} con |x − x0| < δ. Essendoxn → x0 per n → +∞, avremo che esiste ν ∈ N tale che |xn − x0| < δ per

Page 71: AppuntI ANALISI Uno

2. LIMITI DI FUNZIONI 71

ogni n ≥ ν. Allora, per ogni n ≥ ν avremo xn ∈ I \ {x0} e |xn − x0| < δ edunque |f(xn)− �| < ε.

Proviamo ora che (B) ⇒ (A). Per assurdo, supponiamo che esista ε0 > 0 taleche per ogni δ > 0 esiste x ∈ I \{x0} tale che |x−x0| < δ ma |f(x)−�| ≥ ε0.Per ogni n ∈ N consideriamo δn = 1

ne sia xn ∈ I \{x0} tale che |xn−x0| < 1

n

e |f(xn) − �| ≥ ε. Avremo allora che (xn) ⊂ I \ {x0} e per il Teoremadel confronto, xn → x0. Da (B) si ha che f(xn) → � per n → +∞, incontraddizione con |f(xn)− �| ≥ ε0 per ogni n ∈ N.

�Dal precedente risultato e dai limiti notevoli per le successioni nume-riche si ottengono i seguenti limiti notevoli per le funzioni:

limx→0

sin x = 0, limx→0

cos x = 1, limx→0

sin x

x= 1 e lim

x→0

1− cos x

x2=

1

2,

limx→0

ex = 0, lim

x→0log(1 + x) = 0, lim

x→0

ex − 1

x= 1 e lim

x→0

log(1 + x)

x= 1

e per ogni α ∈ R

limx→0

(1 + x)α = 1 e limx→0

(1 + x)α − 1

x= α.

Inoltre, per ogni x0 ∈ R e α ∈ R, risultalimx→x0

ex = e

x0 , limx→x0

log x = log x0 e limx→x0

xα = x

α

0 (se x0 > 0).

Risultera inoltre utile introdurre le seguenti definizioni. Data una fun-zione f(x) definita in un intervallo I ⊂ R eccetto al piu nel puntox0 ∈ I, si dice che f(x) ha limite pari ad � ∈ R per x che tende a x0

da destra, e si scrive limx→x

+0

f(x) = �, se per ogni ε > 0 esiste δ > 0 tale

che se x ∈ I verifica x0 < x < x0 + δ allora |f(x)− �| < ε. Scriveremolimx→x

+0

f(x) = � se e solo se

∀ ε > 0 ∃ δ > 0 / |f(x)− �| < ε ∀x ∈ I, x0 < x < x0 + δ.

Diremo anche che f(x) tende o converge al limite � ∈ R per x chetende a x0 da destra e scriveremo f(x) → � per x → x

+0 .

Analogalmente, si dice che f(x) ha limite pari ad � ∈ R per x che tendea x0 da sinistra, e si scrive lim

x→x−0

f(x) = �, se per ogni ε > 0 esiste δ > 0

tale che se x ∈ I verifica x0− δ < x < x0 allora |f(x)− �| < ε. Dunquelim

x→x−0f(x) = � se e solo se

∀ ε > 0 ∃ δ > 0 / |f(x)− �| < ε ∀x ∈ I, x0 − δ < x < x0

Diremo anche che f(x) tende o converge al limite � ∈ R per x chetende a x0 da sinistra e scriveremo f(x) → � per x → x

−0 .

Page 72: AppuntI ANALISI Uno

72 3. FUNZIONI REALI

Analoghe definizioni si danno per limx→x

±0

f(x) = ±∞. In tal caso la retta

x = x0 e detta asintoto verticale destro, rispettivamente sinistro.

Ad esempio, per ogni a > 1 e p > 0 risulta

limx→π

2∓tan x = ±∞, lim

x→0+log

ax = −∞, lim

x→0+

1

xp= +∞.

potremo provare tali limiti utilizzando la definizione oppure la caratte-rizzazione sequenziale (ed i limiti notevoli per le successioni): avremolim

x→x±0

f(x) = � ∈ R ∪ {±∞} se e solo se

∀(xn) ⊂ I \ {x0} tale che xn → x±0 si ha f(xn) → �.

Segue inoltre immediatamente

Lemma 3.1. Sia f(x) una funzione definita in un intervallo I ⊂ Reccetto al piu nel punto x0 ∈ I. Risulta lim

x→x0

f(x) = � ∈ R ∪ {±∞} se

e solo se limx→x

+0

f(x) = � e limx→x

−0

f(x) = �.

Ad esempio, osserviamo che limx→0+

sgn(x) = 1 mentre limx→0−

sgn(x) =

−1. Dunque non esiste limx→0

sgn(x). Osserviamo inoltre che essendo

limx→x

+0

[x] = x0 mentre limx→x

−0

[x] = x0 − 1, non esiste il limite limx→x0

[x] in

ogni x0 ∈ Z.Diremo che una funzione f(x) e limitata in un sottoinsieme A ⊆ Rove risulta definita se esistono m,M ∈ R tali che m ≤ f(x) ≤ M perogni x ∈ A. Utilizzando la caratterizzazione sequenziale del limite edil risultato gia provato per le successioni, possiamo provare che

Lemma 3.2. Siano f(x) e g(x) funzioni definite in un intervallo I ⊆ Reccetto al piu nel punto x0 ∈ I. Se f(x) risulta limitata in I \ {x0} e

limx→x0

g(x) = 0 allora limx→x0

f(x)g(x) = 0.

Allo stesso modo possiamo provare il seguente risultato

Proposizione 3.1. (Algebra dei limiti)

Siano f(x) e g(x) funzioni definite in un intervallo I ⊆ R eccetto al

piu nel punto x0 ∈ I. Risulta

1. se limx→x0

f(x) = � ∈ R e limx→x0

g(x) = m ∈ R allora limx→x0

f(x) +

g(x) = �+m;

2. se limx→x0

f(x) = � ∈ R e limx→x0

g(x) = ±∞ allora limx→x0

f(x) +

g(x) = ±∞;

Page 73: AppuntI ANALISI Uno

2. LIMITI DI FUNZIONI 73

3. se limx→x0

f(x) = ±∞ e limx→x0

g(x) = ±∞ allora limx→x0

f(x) +

g(x) = ±∞;

4. se limx→x0

f(x) = � ∈ R e limx→x0

g(x) = m ∈ R allora limx→x0

f(x)g(x)

= �m;

5. se limx→x0

f(x) = � ∈ R dove � �= 0 e limx→x0

g(x) = ±∞ allora

limx→x0

|f(x)g(x)| = +∞;

6. se limx→x0

f(x) = ±∞ e limx→x0

g(x) = ±∞ allora limx→x0

|f(x)g(x)| =+∞;

7. se limx→x0

f(x) = � ∈ R e se limx→x0

g(x) = m ∈ R \ {0} allora

limx→x0

f(x)

g(x)=

m

8. se limx→x0

f(x) = � ∈ R e limx→x0

g(x) = ±∞ allora limx→x0

f(x)

g(x)= 0;

9. se limx→x0

f(x) = � ∈ R e limx→x0

g(x) = ±∞ allora limx→x0

| g(x)f(x)

| =+∞;

10. se limx→x0

f(x) = � ∈ R, � �= 0, e limx→x0

g(x) = 0 allora limx→x0

|f(x)g(x) | =

+∞;

Come nel caso di limiti di successioni risultano esclusi dal Teorema leseguenti forme indeterminate

∞−∞, 0 ·∞,∞∞ ,

0

0.

Vale inoltre

Proposizione 3.2. (limite di funzioni composte)

Sia f(x) una funzione definita in un intervallo I ⊂ R, eccetto al piu

nel punto x0 ∈ I, tale che

1. limx→x0

f(x) = y0 e

2. esiste δ > 0 tale che f(x) �= y0 per ogni x ∈ I con 0 <

|x− x0| < δ.

Sia g(y) una funzione definita in un intervallo J ⊂ R, contenente f(I),eccetto al piu nel punto y0 e tale che lim

y→y0

g(y) = �. Allora, la funzione

composta gof(x) ammette limite per x → x0 e

limx→x0

gof(x) = limx→x0

g(f(x)) = limy→y0

g(y) = �.

Dim. Usiamo il teorema di caratterizzazione sequenziale e proviamo che perogni successione (xn) ⊂ I \ {x0} con xn → x0 risulta g(f(xn)) → �.

Page 74: AppuntI ANALISI Uno

74 3. FUNZIONI REALI

Poiche limx→x0

f(x) = y0, avremo che yn = f(xn) → y0. Inoltre, poiche xn →x0, dalla condizione 2. avremo che esiste ν ∈ N tale che per ogni n ≥ ν,0 < |xn − x0| < δ e dunque f(xn) = yn �= y0. Ne segue che per ogni nsufficientemente grande risulta (yn) ⊂ J\{y0} e dunque, essendo lim

y→y0g(y) =

�, dal Teorema di caratterizzazione concludiamo che g(f(xn)) = g(yn) → �.�Ad esempio, per calcolare lim

x→0ecosx, osserviamo che posto f(x) = cos x e

g(y) = ey, avremo che ecosx = g(f(x)). Poiche limx→0

f(x) = limx→0

cos x = 1

e limy→1

g(y) = limy→1

ey = e, essendo f(x) = cosx �= 1 in (−π, π) \ {0},

avremo

limx→0

ecosx = lim

x→0g(f(x)) = lim

y→1g(y) = lim

y→1ey = e.

Diremo che nel limite abbiamo operato la sostituzione y = g(x).

Osserviamo che la condizione 2. e essenziale. Si pensi ad esempio alleseguenti funzioni:

f(x) =

�x2 − 1, se |x| > 1

0, se |x| ≤ 1e g(y) =

�y, se y �= 0

1, se y = 0

Allora risulta limx→0

f(x) = 0 e limy→0

g(y) = 0 mentre essendo

g(f(x)) =

�f(x), se f(x) �= 0

1, se f(x) = 0=

�x2 − 1, se |x| > 1

1, se |x| ≤ 1

avremo limx→0

g(f(x)) = 1 �= limy→0

g(y).

Valgono, come per i limiti di successioni, i seguenti Teoremi di confronto

Teorema 3.2. (della permanenza del segno)

Sia f(x) una funzione definita in un intervallo I ⊂ R eccetto al piu

nel punto x0 ∈ I. Se limx→x0

f(x) = � > 0 allora esiste δ > 0 tale che

f(x) > 0 per ogni x ∈ I, 0 < |x− x0| < δ.

Dim. Per definizione di limite, dato ε = �

2 esiste δ > 0 tale che se x ∈ I,0 < |x− x0| < δ allora |f(x)− �| < ε e dunque in particolare f(x) > �− ε =�

2 > 0. �

Teorema 3.3. (del confronto tra limiti finiti ed infiniti)

Siano f(x), g(x) e h(x) funzioni definite in un intervallo I ⊂ R, eccettoal piu nel punto x0 ∈ I, tali che f(x) ≤ g(x) ≤ h(x) per ogni x ∈I \ {x0}. Risulta

Page 75: AppuntI ANALISI Uno

2. LIMITI DI FUNZIONI 75

(i) se limx→x0

f(x) = limx→x0

h(x) = � ∈ R, allora limx→x0

g(x) = �,

(ii) se limx→x0

f(x) = +∞, allora limx→x0

g(x) = +∞,

(iii) se limx→x0

h(x) = −∞, allora limx→x0

g(x) = −∞.

Dim. (i) Per ogni ε > 0, poiche limx→x0

f(x) = �, sia δ1 > 0 tale che se x ∈ I,

0 < |x−x0| < δ1 allora |f(x)−�| < ε e analogalmente, poiche limx→x0

h(x) = �,

sia δ2 > 0 tale che se x ∈ I, 0 < |x−x0| < δ2 allora |h(x)− �| < ε. Ne segueche se x ∈ I, 0 < |x− x0| < δ = min{δ1, δ2} allora

�− ε < f(x) ≤ g(x) ≤ h(x) < �+ ε

e dunque che limx→x0

g(x) = �.

(ii) Per ogni M > 0, poiche limx→x0

f(x) = +∞, sia δ > 0 tale che se x ∈ I,

0 < |x−x0| < δ allora f(x) > M . Ne segue allora che M < f(x) ≤ g(x) perogni x ∈ I, 0 < |x− x0| < δ e dunque che lim

x→x0g(x) = +∞.

(iii) Analoga a (ii). �Diamo ora la seguente definizione. Una funzione f(x) definita in unintervallo I ⊂ R e detta monotona se verifica una delle seguenti condi-zioni:

- per ogni x, y ∈ I con x < y risulta f(x) ≤ f(y); oppure- per ogni x, y ∈ I con x < y risulta f(x) ≥ f(y).

Nel primo caso la funzione viene detta crescente, nel secondo decrescen-te. Se le precedenti diseguaglianze risultano strette, la funzione vienedetta strettamente monotona, rispettivamente strettamente crescente estrettamente decrescente.

Sono esempi di funzioni monotone crescenti le funzioni f(x) = x3 edf(x) = ex. Sono invece decrescenti le funzioni f(x) = 1

x3 e f(x) = e−x.

Data una funzione f(x) definita in un intervallo I ⊂ R, diremo estremosuperiore di f(x) in I l’estremo superiore dell’insieme f(I):

supx∈I

f(x) = supI

f(I) = sup{f(x) | x ∈ I}

Analogalmente, diremo estremo inferiore di f(x) in I l’estremo inferioredell’insieme f(I):

infx∈I

f(x) = infI

f(I) = inf{f(x) | x ∈ I}

In modo analogo a quanto provato per le successioni monotone, pos-siamo provare il seguente risultato.

Teorema 3.4. (Limite delle funzioni monotone crescenti)

Sia f(x) funzione definita e crescente nell’intervallo (a, b) ⊆ R. Allora

Page 76: AppuntI ANALISI Uno

76 3. FUNZIONI REALI

per ogni x0 ∈ (a, b) esistono finiti i limiti limx→x

−0

f(x) e limx→x

+0

f(x) e

precisamente

limx→x

−0

f(x) = supx∈(a,x0)

f(x) e limx→x

+0

f(x) = infx∈(x0,b)

f(x).

Inoltre, esistono i limiti limx→a+

f(x) e limx→b−

f(x) e precisamente

limx→a+

f(x) = infx∈(a,b)

f(x) e limx→b−

f(x) = supx∈(a,b)

f(x).

Dim. Proviamo che per ogni x0 ∈ (a, b) risulta

limx→x

−0

f(x) = sup{f(x) | a < x < x0}

Osserviamo che essendo f(x) crescente, risulta f(x) ≤ f(x0) per ogni a <x < x0 e dunque che risulta finito sup{f(x) | a < x < x0} = m ≤ f(x0).Proviamo che lim

x→x−0

f(x) = m. Preso comunque ε > 0, dalla caratterizzazio-

ne di estremo superiore abbiamo che f(x) ≤ m < m+ε per ogni a < x < x0.Inoltre, abbiamo che esiste x1 con a < x1 < x0 tale che f(x1) > m − ε.Poiche la funzione e crescente, avremo che per ogni x1 < x < x0 risultaf(x) ≥ f(x1) > m − ε. Ne segue che posto δ = x0 − x1 avremo che sex ∈ (a, b) e x0 − δ < x < x0 allora m − ε < f(x) < m + ε. Dunquelim

x→x−0

f(x) = m.

In modo analogo si puo provare che limx→x

+0

f(x) = inf{f(x) |x0 < x < b}.

Proviamo ora che

limx→b−

f(x) = sup{f(x) |x ∈ (a, b)}.

Se sup{f(x) |x ∈ (a, b)} = m ∈ R potremo procedere esattamente comesopra. Se invece sup{f(x) |x ∈ (a, b)} = +∞, proviamo che lim

x→b−f(x) =

+∞. Preso comunque M > 0, sia x1 ∈ (a, b) tale che f(x1) > M . Poichef(x) e crescente avremo che f(x) ≥ f(x1) > M per ogni x1 < x < b. Sceltoallora δ = b− x1 > 0 avremo che se b− δ < x < b allora f(x) > M e quindiche lim

x→b−f(x) = +∞.

Allo stesso modo si puo provare che limx→a+

f(x) = inf{f(x) |x ∈ (a, b)}. �

Nel caso di funzione monotona decrescente, si puo in modo analogoprovare il seguente risultato

Teorema 3.5. (Limite delle funzioni monotone decrescenti)

Sia f(x) funzione definita e decrescente nell’intervallo (a, b) ⊆ R. Al-

lora per ogni x0 ∈ (a, b) esistono finiti i limiti limx→x

−0

f(x) e limx→x

+0

f(x) e

Page 77: AppuntI ANALISI Uno

2. LIMITI DI FUNZIONI 77

precisamente

limx→x

−0

f(x) = infx∈(a,x0)

f(x) e limx→x

+0

f(x) = supx∈(x0,b)

f(x).

Inoltre, esistono i limiti limx→a+

f(x) e limx→b−

f(x) e precisamente

limx→a+

f(x) = supx∈(a,b)

f(x) e limx→b−

f(x) = infx∈(a,b)

f(x).

Ad esempio, essendo logax funzione crescente in (0,+∞) risulta

infx∈(0,+∞)

logax = lim

x→0+log

ax = −∞.

Sia f(x) una funzione definita in un intervallo illimitato I = [a,+∞).Si dice che f(x) ha limite pari ad � ∈ R per x che tende a +∞, e siscrive lim

x→+∞f(x) = �, se per ogni ε > 0 esiste N > 0 tale che se x ∈ I

verifica x > N allora |f(x)− �| < ε:

limx→+∞

f(x) = � ⇔ ∀ ε > 0 ∃M > 0 / |f(x)− �| < ε ∀x ∈ I, x > M.

Diremo anche che f(x) tende o converge al limite � ∈ R per x che tendea +∞ e scriveremo f(x) → � per x → +∞.

In tal caso diremo che la retta y = � e un asintoto orizzontale perx → +∞.

Ad esempio, la funzione f(x) = 2x+1x

ammette come asintoto orizzon-tale per x → ±∞ la retta y = 2

O

Grafico di f(x) = 1x2

Diremo invece che f(x) ha limite pari ad +∞ per x che tende a +∞, esi scrive lim

x→+∞f(x) = +∞, se per ogni M > 0 esiste N > 0 tale che se

Page 78: AppuntI ANALISI Uno

78 3. FUNZIONI REALI

x ∈ I verifica x > N allora f(x) > M :

limx→+∞

f(x) = +∞ ⇔ ∀M > 0 ∃N > 0 / f(x) > M ∀x ∈ I, x > M.

Diremo anche che f(x) tende o diverge a +∞ per x che tende a +∞ escriveremo f(x) → +∞ per x → +∞.

Analogalmente, diremo che f(x) ha limite pari ad −∞ per x che tendea +∞, e si scrive lim

x→+∞f(x) = −∞, se per ogni M > 0 esiste N > 0

tale che se x ∈ I verifica x > N allora f(x) < −M :

limx→+∞

f(x) = +∞ ⇔ ∀M > 0 ∃N > 0 / f(x) < −M ∀x ∈ I, x > M.

Diremo anche che f(x) tende o diverge a −∞ per x che tende a +∞ escriveremo f(x) → −∞ per x → +∞.

Se f(x) e una funzione definita in un intervallo illimitato I = (−∞, a],potremo in modo analogo definire i limiti lim

x→−∞f(x) = � ∈ R∪ {±∞}.

Se limx→±∞

f(x) = ±∞, diremo che la retta y = mx + q e un asintoto

obliquo per x → ±∞ se

limx→±∞

f(x)

x= m e lim

x→±∞f(x)−mx = q.

Ad esempio, la funzione f(x) = 2x2+3x+1x

ammette come asintoto obli-quo per x → ±∞la retta y = 2x+ 3 essendo

limx→±∞

2x2+3x+1x

x= lim

x→±∞

2x2 + 3x+ 1

x2= 2

e

limx→±∞

2x2 + 3x+ 1

x− 2x = lim

x→±∞

3x+ 1

x= 3.

O

Grafico di f(x) = 2x2+3x+1x

Page 79: AppuntI ANALISI Uno

2. LIMITI DI FUNZIONI 79

Per i limiti per x → ±∞ valgono le seguenti caratterizzazioni sequen-ziali: lim

x→±∞f(x) = � ∈ R ∪ {±∞} se e solo se

∀(xn) ⊂ I tale che xn → ±∞ risulta f(xn) → �.

Con tale caratterizzazione proviamo ad esempio che sinx non ammettelimite per x → +∞. Abbiamo difatti che per xn = nπ → +∞ risultasin(xn) = 0 mentre per yn = π

2 + 2nπ → +∞ risulta sin(yn) = 1.

Dai limiti notevoli sulle successioni otteniamo allora

limx→+∞

xb =

�+∞ se b > 0

0 se b < 0

Per ogni a > 1

limx→+∞

ax = +∞ e lim

x→−∞ax = 0.

ed anche

limx→+∞

logax = +∞

Infine, per ogni p > 0 e a > 1 risulta

limx→+∞

logax

xb= lim

x→+∞

xb

ax= lim

x→+∞

ax

xx= 0

Anche per tali limiti potremo provare i risultati sull’algebra dei limiti,il Teorema della permanenza del segno, i Teoremi del confronto e sullimite delle funzioni monotone:

Teorema 3.6. (Limite delle funzioni monotone)

Sia f(x) funzione definita e monotona nell’intervallo (a,+∞) ⊂ R.Allora esiste il limite lim

x→+∞f(x) e precisamente

limx→+∞

f(x) = sup{f(x) | x ∈ (a,+∞)} se f(x) e crescente

mentre

limx→+∞

f(x) = inf{f(x) | x ∈ (a,+∞)} se f(x) e decrescente.

Ad esempio, come applicazione di quest’ultimo risultato abbiamo cheper ogni a > 1 risulta

supx∈R

ax = lim

x→+∞ax = +∞ e inf

x∈Rax = lim

x→−∞ax = 0

ed anche

supx∈(0,+∞)

logax = lim

x→+∞log

ax = +∞.

Page 80: AppuntI ANALISI Uno

80 3. FUNZIONI REALI

3. Relazione di asintotico e simboli di Landau

Come per i limiti di successioni risulta utile introdurre la relazionedi asintotico tra funzioni. Nel seguito, dato x0 ∈ R, considereremofunzioni definite in un intervallo I ⊂ R contenente x0, eccetto al piuin x0. Se x0 = ±∞, considereremo funzioni definite in un intervalloillimitato I della forma I = [a,+∞) se x0 = +∞ oppure I = (−∞, a]se x0 = −∞.

Due funzioni f(x) e g(x) sono dette asintotiche per x → x0 ∈ R∪{±∞},e si scrive f(x) ∼ g(x) per x → x0, se

limx→x0

f(x)

g(x)= 1.

Come per la relazione di asintotico tra successioni, si possono provarele seguenti proprieta:

(i) se limx→x0

f(x) = � ∈ R \ {0} allora f(x) ∼ � per x → x0.

(ii) Se f(x) ∼ g(x) per x → x0 e limx→x0

g(x) = � ∈ R∪ {±∞} allora

limx→x0

f(x) = �.

(iii) Se f(x) ∼ g(x) e g(x) ∼ h(x) per x → x0 allora f(x) ∼ h(x)per x → x0.

(iv) Se f(x) ∼ g(x) per x → x0 allora per ogni funzione non nulla

h(x) si ha

f(x)h(x) ∼ g(x)h(x),f(x)

h(x)∼ g(x)

h(x),

h(x)

f(x)∼ h(x)

g(x)per x → x0.

Dai limiti notevoli visti risulta in particolare che per x → 0 si ha

sin x ∼ x, 1−cos x ∼ x2

2, e

x−1 ∼ x, log(1+x) ∼ x e (1+x)α−1 ∼ αx

Come per le successioni, la sostituzione in un limite di una funzionecon una asintotica ad essa puo essere effettuata in prodotti e quozientima non in somme e differenze. Difatti, se f(x) ∼ g(x) per x → x0

avremo che f(x) = g(x)+r(x) dove il resto r(x) non e necessariamenteinfinitesimo e dunque si potrebbe incorrere in errore “trascurandolo”.L’unica informazione che abbiamo su tale resto e che r(x)

g(x) → 0 per

x → x0, ovvero, secondo la definizione che segue, il resto r(x) risultatrascurabile rispetto a g(x) per x → x0.

Date due funzioni f(x) e g(x), si dice che f(x) e trascurabile rispetto ag(x) per x → x0 ∈ R ∪ {±∞}, e si scrive f(x) = o(g(x)) per x → x0,

Page 81: AppuntI ANALISI Uno

3. RELAZIONE DI ASINTOTICO E SIMBOLI DI LANDAU 81

se

limx→x0

f(x)

g(x)= 0.

Ad esempio, dai limiti notevoli per x → +∞ risulta logax = o(xp),

xp = o(ax), ax = o(xx) e xn = o(xm), per ogni n < m, a > 1 e p > 0.

Per quanto osservato sopra, abbiamo che se f(x) ∼ g(x) per x → x0

allora f(x) = g(x) + r(x) dove r(x) = o(g(x)) per x → x0 e viceversa.Dunque risulta

f(x) ∼ g(x) per x → x0 ⇐⇒ f(x) = g(x) + o(g(x)) per x → x0

In particolare, se limx→x0

f(x) = � ∈ R \ {0} allora f(x) = � + o(1)

per x → x0 (dove o(1) sta ad indicare una funzione infinitesima perx → x0). Dalle precedenti implicazioni e dai limiti notevoli visti, per

x → 0 risulta

sin x = x+ o(x), cos x = 1− x2

2+ o(x2),

ex = 1+x+ o(x), log(1+x) = x+ o(x) e (1+x)α = 1+αx+ o(x)

Valgono poi le seguenti proprieta:

(i) se f(x) = o(h(x)) e g(x) = o(h(x)) allora f(x) ± g(x) =o(h(x)), ovvero

o(h(x))± o(h(x)) = o(h(x));

(ii) se f(x) = o(g(x)) allora k ·f(x) = o(g(x)), k ∈ R\{0}, ovverok · o(g(x)) = o(g(x));

(iii) se f(x) = o(g(x)) allora h(x) · f(x) = o(h(x) · g(x)), ovveroh(x) · o(g(x)) = o(h(x) · g(x));

(iv) se f(x) = o(g(x)) e h(x) = o(k(x)) allora f(x) ·h(x) = o(g(x) ·k(x)) ovvero

o(g(x)) · o(k(x)) = o(g(x) · k(x));(v) se f(x) = o(h(x)) e h(x) = o(g(x)) allora f(x) = o(g(x)),

ovveroo(o(g(x))) = o(g(x));

(vi) se f(x) = g(x)+o(g(x)) e h(x) = o(f(x)) allora h(x) = o(g(x))ovvero

o(g(x) + o(g(x))) = o(g(x));

Page 82: AppuntI ANALISI Uno

82 3. FUNZIONI REALI

(vii) Principio di cancellazione dei termini trascurabili:

limx→x0

f(x) + o(f(x))

g(x) + o(g(x))= lim

x→x0

f(x)

g(x).

Vediamo qualche esempio

• Calcolare limx→0

√1 + x− cos x

sin x+ log(1 + x). Dagli sviluppi notevoli per x → 0,

si ha√1 + x− cos x = (1 +

x

2+ o(x))− (1− x2

2+ o(x2)) =

x

2+ o(x)

essendo x2 = o(x) e quindi o(x2) = o(x), mentre

sin x+ log(1 + x) = 2x+ o(x)

Allora

limx→0

√1 + x− cos x

sin x+ log(1 + x)= lim

x→0

x

2 + o(x)

2x+ o(x)= lim

x→0

x

2

2x=

1

4

• Calcolare limx→0

ex − cos x3√1 + x− 1 + x

. Dagli sviluppi notevoli per x → 0, si

ha

ex − cos x = (1 + x+ o(x))− (1− x2

2+ o(x2)) = x+ o(x)

essendo x2 = o(x) e quindi o(x2) = o(x), mentre

3√1 + x− 1 + x =

1

3x+ o(x) + x =

4

3x+ o(x)

Allora

limx→0

ex − cos x3√1 + x− 1 + x

= limx→0

x+ o(x)43x+ o(x)

= limx→0

x

43x

=3

4

• Calcolare limx→0

e1−cosx − 1− sin2x

log(1 +√x+ x)

. Ponendo y = cos x − 1, dallo

sviluppo di ey per y → 0 e dallo sviluppo di cos x per x → 0, otteniamo

e1−cosx − 1 = e

y − 1 = y + o(y) = 1− cos x+ o(1− cos x) =x2

2+ o(x2)

mentresin2

x = (x+ o(x))2 = x2 + o(x2)

da cui

e1−cosx − 1− sin2

x = −x2

2+ o(x2).

Page 83: AppuntI ANALISI Uno

4. ORDINE DI INFINITESIMO 83

Inoltre, posto y =√x+ x, otteniamo

log(1 +√x+ x) = log(1 + y) = y + o(y) =

√x+ x+ o(

√x+ x)

=√x+ o(

√x)

essendo x = o(√x). Allora

limx→0

e1−cosx − 1 + sin2x

log(1 +√x+ x)

= limx→0

−x2

2 + o(x2)√x+ o(

√x)

= limx→0

−x2

2√x

= 0

• Calcolare limx→0+

e−x

2 − cos√x

xαal variare di α ∈ R.

Dallo sviluppo di ey e di cos y per y → 0, per x → 0 abbiamo e−x

2 =1− x

2 + o(x) e cos√x = 1− x

2 + o(x) e dunque che ex2 − cos

√x = o(x).

Ne segue che se α ≤ 1 allora, dalla definizione di “o” piccolo,

limx→0+

e−x

2 − cos√x

xα= lim

x→0+

o(x)

xα= lim

x→0+

o(x)

xx1−α = 0

mentre nulla possiamo ancora dire se α > 1. Proveremo, utilizzandogli sviluppi di Taylor, che e

−x2 − cos

√x = 5x2

24 + o(x2) e quindi che

limx→0+

e−x

2 − cos√x

xα=

0 se α < 2524 se α = 2

+∞ se α > 2

4. Ordine di infinitesimo

Sia x0 ∈ R ∪ {±∞} e siano f(x) e g(x) due funzioni tali che

limx→x0

f(x) = limx→x0

g(x) = 0

Si dice che f(x) ha ordine di infinitesimo maggiore di g(x) per x → x0 escriveremo ord(f) > ord(g) per x → x0, se f(x) = o(g(x)) per x → x0

ovvero se

limx→x0

f(x)

g(x)= 0.

Si dice che f(x) ha ordine di infinitesimo uguale a g(x) per x → x0 e

scriveremo ord(f) = ord(g) per x → x0, se esiste � ∈ R \ {0} tale chef(x) ∼ �g(x) per x → x0 ovvero se

limx→x0

f(x)

g(x)= � ∈ R \ {0}.

Possiamo dare un valore numerico all’ordine di infinitesimo di una fun-zione confrontandola con gli infinitesimi campione nel seguente modo

Page 84: AppuntI ANALISI Uno

84 3. FUNZIONI REALI

• se x0 ∈ R, il campione e gb(x) = |x− x0|b con b > 0, e si poneord(gb) = b per x → x0. Avremo allora che f(x) ha ordine diinfinitesimo pari a b > 0 per x → x0 se

limx→x0

|f(x)||x− x0|b

= � ∈ R \ {0}.

Ad esempio, dai limiti notevoli visti abbiamo che per x → 0 risulta

ord(ex − 1) = ord(sin x) = ord(log(1 + x)) = ord((1 + x)α − 1) = 1

mentreord(1− cos x) = 2

• se x0 = ±∞, il campione e gb(x) =1

|x|b con b > 0, e si pone

ord(gb) = b per x → ±∞. Avremo allora che f(x) ha ordinedi infinitesimo pari a b > 0 per x → ±∞ se

limx→x0

|f(x)|1

|x|b= � ∈ R \ {0}.

Ad esempio, per x → +∞ risulta ord(e1x − 1) = 1 essendo e

1x − 1 ∼ 1

x.

Valgono le seguenti implicazioni per x → x0:

ord(f) = b ⇐⇒ ∃ � ∈ R \ {0} tale che f(x) ∼ �gb(x)

⇐⇒ ∃ � ∈ R \ {0} tale che f(x) = �gb(x) + o(gb(x))

Esempi

• Determinare l’ordine di infinitesimo per x → 0 della funzione f(x) =sin x log(1 + x) + 1− cos x.

Essendo per x → 0, sin x = x+o(x), log(1+x) = x+o(x) e 1−cos x =12x

2 + o(x2) otteniamo che

f(x) = (x+ o(x))(x+ o(x)) +1

2x2 + o(x2).

e quindi, utilizzando le proprieta di “o” piccolo,

f(x) = x2 + o(x2) +

1

2x2 + o(x2) =

3

2x2 + o(x2)

Dalla definizione di ordine di infinitesimo abbiamo allora che ord(f) =2.

• Data la funzione f(x) = e1−cosx −√1 + x2, provare che per x → 0 si

ha ord(f) > 2.

Page 85: AppuntI ANALISI Uno

4. ORDINE DI INFINITESIMO 85

Essendo√1 + y = 1+ 1

2y+ o(y) per y → 0, ponendo y = x2 otteniamoche per x → 0 risulta

√1 + x2 = 1 +

1

2x2 + o(x2).

Essendo y = 1 − cos x → 0 per x → 0, dallo sviluppo di ey per y → 0otteniamo

e1−cosx = 1 + (1− cos x) + o(1− cos x)

Ora abbiamo che

1− cos x =1

2x2 + o(x2)

e quindi, utilizzando le proprieta di “o” piccolo si ottiene

e1−cosx = 1 +

1

2x2 + o(

1

2x2 + o(x2)) = 1 +

1

2x2 + o(x2)

Quindi

f(x) = e1−cosx −

√1 + x2 = 1+

1

2x2 + o(x2)− 1− 1

2x2 − o(x2) = o(x2)

e dunque, dalla definizione, ord(f) > 2.

• Determinare il comportamento di f(x) = (x+ sin(x2))2 − x2 per x →0.

La funzione e infinitesima per x → 0. Poiche sin y = y + o(y) pery → 0, per x → 0 otteniamo sin(x2) = x2 + o(x2) per x → 0. Dunque

(x+ sin(x2))2 = (x+ x2 + o(x2))2

= (x+ x2)2 + 2(x+ x

2)o(x2) + o(x2)o(x2)

= x2 + 2x3 + x

4 + o(x3) + o(x4) + o(x4)

= x2 + 2x3 + o(x3)

essendo x4 = o(x3) e quindi o(x4) = o(x3). Allora

f(x) = (x+ sin(x2))2 − x2 = x

2 + 2x3 + o(x3)− x2 = 2x3 + o(x3).

Ne segue che ord(f) = 3 e che f(x) ∼ 2x3 per x → 0.

• Sia f(x) funzione infinitesima di ordine 2 per x → 0. Abbiamo alloraper definizione che esiste � ∈ R \ {0} tale che f(x) ∼ �x2 e dunque,essendo 1− cos x ∼ x

2

2 per x → 0,

f(x)

1− cos x∼ �

2∈ R \ {0},

da cui

limx→0

f(x)

1− cos x∈ R \ {0},

Page 86: AppuntI ANALISI Uno

86 3. FUNZIONI REALI

Avremo invece che

limx→0+

f(x)

x(log(1 +√x) + sin x)

= 0,

essendo x(log(1 +√x) + sin x = x(x+ o(x)) + x+ o(x) = x+ o(x) ∼ x

e quindi

f(x)

x(log(1 +√x) + sin x)

∼ �x → 0.

5. Ordine di infinito

Preso x0 ∈ R ∪ {±∞}, siano f(x) e g(x) tali che

limx→x0

f(x) = limx→x0

g(x) = ±∞

Si dice che f(x) ha ordine di infinito minore di g(x) per x → x0 escriveremo Ord(f) < Ord(g) per x → x0, se f(x) = o(g(x)) per x → x0

ovvero se

limx→x0

f(x)

g(x)= 0.

Si dice che f(x) ha ordine di infinito uguale a g(x) per x → x0 e scri-

veremo Ord(f) = Ord(g) per x → x0, se esiste � ∈ R \ {0} tale chef(x) ∼ �g(x) per x → x0 ovvero se

limx→x0

f(x)

g(x)= � ∈ R \ {0}.

Possiamo dare un valore numerico all’ordine di infinito di una funzioneconfrontandola con gli infiniti campione nel seguente modo

• se x0 ∈ R, il campione e gb(x) =1

|x−x0|b con b > 0, e si pone

Ord(gb) = b per x → x0. Avremo allora che f(x) ha ordine diinfinito pari a b > 0 per x → x0, Ord(f) = b, se

limx→x0

f(x)1

|x−x0|b= � ∈ R \ {0}.

• se x0 = ±∞, il campione e gb(x) = |x|b con b > 0, e si poneOrd(gb) = b per x → ±∞. Avremo allora che f(x) ha ordinedi infinito pari a b > 0 per x → ±∞, Ord(f) = b, se

limx→x0

f(x)

|x|b = � ∈ R \ {0}.

Page 87: AppuntI ANALISI Uno

5. ORDINE DI INFINITO 87

Si osservi che valgono le seguenti implicazioni per x → x0

Ord(f) = b ⇐⇒ ∃ � ∈ R \ {0}f(x) ∼ �gb(x)

⇐⇒ ∃ � ∈ R \ {0}f(x) = �gb(x) + o(gb(x))

Esempi

• Calcoliamo l’ordine di infinito della funzione f(x) = sinx

log(1+x2) per

x → 0. Essendo sinx ∼ x e log(1 + x2) ∼ x2 per x → 0, risulta

f(x) =sin x

log(1 + x2)∼ x

x2=

1

x

e dunque Ord(f) = 1 per x → 0.

• Determiniamo il comportamento della funzione f(x) = log x1−cos(x3) per

x → 0+. Poiche limx→0+

log x = −∞ e limx→0

1 − cos(x3) = 0, abbiamo

che f(x) e un infinito per x → 0+. Vediamo di determinarne l’ordine.Essendo 1− cos y ∼ y

2

2 per y → 0, abbiamo che

f(x) =log x

1− cos(x3)∼ log x

12x

6

per x → 0+. Allora

limx→0+

f(x)1xb

= limx→0+

log xx6

2xb

= −2 limx→0+

log( 1x)

1xb−6

= −2 limy→+∞

log y

yb−6=

�0 se b > 6

−∞ se b ≤ 6

da cui deduciamo che per x → 0+ si ha Ord(f) < b per ogni b > 6 equindi che Ord(f) < 6.

Page 88: AppuntI ANALISI Uno

88 3. FUNZIONI REALI

6. Esercizi

Calcolare i seguenti limiti:

1. limx→0+

(cosx)tanx [1]

2. limx→+∞

cos(1 + 2x)

x2[0]

3. limx→+∞

log2(x+ log2 x)

log2 x[1]

4. limx→0+

x+√x

sinx[+∞]

5. limx→+∞

x arctanx3√x5 + 2x+ 1

[0]

6. limx→0+

sin(3x)

2 3√x+ x2 + 3x3

[0]

7. limx→3+

(x− 3)1−cos(x−3) [1]

8. limx→0

3x2 + ex

2x3 + log(x2)[0]

9. limx→+∞

(x+ 1) log(1 + 1x)

x[0]

10. limx→+∞

log2(ex + 1)

x+ sinx[log2 e]

11. limx→0

ex sin(e−x sinx)

x[1]

12. limx→+∞

x sin(�1 + x2 − x) [12 ]

13. limx→0

sin(π cosx)

x sinx[π2 ]

14. limx→0

log(cosx)

x2[−1

2 ]

15. limx→+∞

3�2 + x3 − 3

�1 + 2x2 + x3 [−2

3 ]

16. limx→0

log(cosx) + tan2 x

x3[+∞]

17. limx→0

x(ex − 3√1 + x)

cosx− 1[−4

3 ]

18. limx→0

log(1 + x2) + tanx√1 + 2x−

√1 + x+ x2

[2]

19. limx→+∞

e1x − 1√

x2 + 2−√x2 + 1

[2]

20. limx→0

ex2 − cosx

sinx(log(1 + x) +√x)

[0]

21. limx→0

log(1 + x2)− sin2 x√1 + 2x−

√1 + x+ x2

[0]

Page 89: AppuntI ANALISI Uno

6. ESERCIZI 89

22. limx→0

log(1 + x2)− sin2 x√1 + x−

√1 + x+ x2

[?]

23. limx→0

cos(sinx)− 1

x2[−1

2 ]

24. limx→0

1− cos(tan2 x) + x5

5√x4 + 1− 1

[52 ]

25. limx→0

etan3x − 1

cosx− ex2 [0]

26. limx→0

(1 + |x|)1x − e

|x|x [0]*

Calcolare al variare di α ∈ R i seguenti limiti:

1. limx→0+

sinx− tanx

xα[0 se α < 3, −1

2 se α = 3 e +∞ se α > 3]

2. limx→1+

cos(π2x)

(x− 1)α[0 se α < 1, −π

2 se α = 1 e +∞ se α > 1]

3. limx→0

αx2 + 2x3

log(cosx)[−2α per ogni α]

4. limx→0

sin(αx3)

log( 3√1 + x3)

[3α per ogni α]

5. limx→1+

x− 1

x1α − 1

, α �= 0 [α per ogni α]

6. limx→0+

ex − e−x

xα[0 se α < 1, 2 se α = 1 e +∞ se α > 1]

7. limx→0

eαx −√1− x

arcsinx[α+ 1

2 per ogni α]

8. limx→0

(x+ sin(x2))α − xα

x3, α �= 0 [2 se α = 2, 0 se α > 2 e

sgn(α)∞ se α < 2]

9. limx→+∞

α�x2 + x− α

�x2 + 1, α > 0 [12 se α = 2, 0 se α > 2 e +∞

se 0 < α < 2]10. lim

x→+∞

√xα + x−

√xα + 1, [12 se α = 2, 0 se α > 2 e +∞ se α < 2]

Determinare l’ordine di infinitesimo per x → 0 delle seguenti funzioni

1. log(1 + x2)− x2 sinx [2]

2. sinx(√1 + x3 − cosx) [3]

3. sin2 x−√1 + 2x+ 1 [> 2]

4.3�1 + sin2 x− cosx [2]

5. (esinx − 1)2(log(1 + 2x+ x2)− tanx) [3]

6. sin2 x log(1 + 2x) [3]

7. log(cosx)−√1 + x2 + 1 [2]

Page 90: AppuntI ANALISI Uno

90 3. FUNZIONI REALI

8. (ex − 3√1 + x2) log(1 + x2) [3]

9. esin x2 − cos

√x [> 2]

10. (√1− x− cos

√x)2(log(1 +

√x)− sinx) [> 5

2 ]

Data f(x) funzione infinitesima di ordine 2 per x → 0, stabilire se iseguenti limiti risultano finiti non nulli, nulli o infiniti:

1. limx→0

f(x)

sin2 x− x[0]

2. limx→0

sin2 x− log(1 + x2)

f(x)[0]

3. limx→0

f(x)√cosx− ex2 [� ∈ R \ {0}]

4. limx→0

f(x)�1 + log(1 + x2)− ex

[0]

5. limx→0+

esinx −√1 + x2

f(x)[∞]

6. limx→0

f(x)

sin(x2)− log(1 + x)[0]

7. limx→0

f(x)√x sinx

[0]

8. limx→0

f(x)

log(1 + 2x2)[� ∈ R \ {0}]

Page 91: AppuntI ANALISI Uno

CAPITOLO 4

Funzioni continue

Sia f(x) una funzione definita in un intervallo I ⊂ R e sia x0 ∈ I.Si dice che f(x) e continua in x0 se lim

x→x0

f(x) = f(x0) ovvero se per

ogni ε > 0 esiste δ > 0 tale che se x ∈ I verifica |x − x0| < δ allora|f(x)− f(x0)| < ε.

Osserviamo che dal teorema di caratterizzazione sequenziale del limite,abbiamo

Proposizione 4.1. (Caratterizzazione sequenziale delle funzio-

ni continue)

Sia f(x) funzione definita nell’intervallo I e sia x0 ∈ I. Allora, f(x)e continua in x0 se e solo se per ogni successione (xn) ⊂ I tale che

xn → x0 per n → +∞ risulta f(xn) → f(x0) per n → +∞.

Utilizzando i limiti da destra e da sinistra abbiamo inoltre

Lemma 4.1. Sia f(x) funzione definita nell’intervallo I e sia x0 ∈ I.

Allora, f(x) e continua in x0 se e solo se limx→x

+0

f(x) = limx→x

−0

f(x) =

f(x0).

In particolare, considerata la funzione definita a tratti

f(x) =

�g(x) se x ≥ x0

h(x) se x < x0

avremo che f(x) risulta continua in x0 se e solo se

limx→x

+0

g(x) = limx→x

−0

h(x).

Una funzione f(x) definita nell’intervallo I e detta continua nell’in-tervallo I0 ⊆ I se risulta continua in ogni x0 ∈ I0 e scriveremo f ∈C(I0).

Dai limiti notevoli visti, essendo limx→x0

ex = e

x0 per ogni x0 ∈ R, avremo

che la funzione ex risulta continua in R. Ne segue che per ogni a > 0,

91

Page 92: AppuntI ANALISI Uno

92 4. FUNZIONI CONTINUE

a funzione ax e continua in R in quanto

limx→x0

ax = lim

x→x0

ex log a = e

x0 log a = ax0

per ogni x0 ∈ R. Dai limiti notevoli del logaritmo, abbiamo chelimx→x0

log x = log x0 per ogni x0 > 0 e dunque che la funzione log x

risulta continua in (0,+∞). Se a > 0, a �= 1, per ogni x0 > 0 abbiamoche

limx→x0

logax = lim

x→x0

log x logae = log x0 loga e = log

ax0

e quindi che logax e continua in (0,+∞). Inoltre, se α ∈ R e x0 > 0

allora limx→x0

xα = x

α

0 e quindi la funzione xα risulta continua nel suo

dominio.

Riguardo alle funzioni trigonometriche, avremo che sin x e cos x risul-tano continue in x0 = 0 essendo lim

x→0sin x = 0 e lim

x→0cos x = 1.

Proviamo che risultano continue in ogni x0 ∈ R. Difatti, utilizzando leformule di addizione ed i limiti ora richiamati, si ottiene:

limx→x0

sin x = limx→x0

sin((x− x0) + x0)

= limx→x0

sin(x− x0) cosx0 + sin x0 cos(x− x0) = sin x0

e analogalmente

limx→x0

cos x = limx→x0

cos((x− x0) + x0)

= limx→x0

cos(x− x0) cosx0 − sin x0 sin(x− x0) = cos x0

Dai precedenti limiti e dall’algebra dei limiti otteniamo che anche lafunzione tan x risulta continua nel suo dominio.

Proviamo infine che la funzione |x| risulta continua in ogni x0 ∈ R.Difatti, dalla diseguaglianza triangolare risulta −|x−x0| ≤ |x|− |x0| ≤|x−x0| e poiche lim

x→x0

|x−x0| = 0, dal teorema del confronto deduciamo

che limx→x0

|x| = |x0|.

Abbiamo quindi provato che tutte le funzioni elementari risultano con-tinue sul loro dominio. Dal risultato sulle operazioni tra limiti abbiamoinoltre

Proposizione 4.2. Siano f(x) e g(x) funzione definite in un intervallo

I e continue in x0 ∈ I. Allora risultano continue in x0 le funzioni

f(x)± g(x), f(x)g(x) e f(x)g(x) , purche g(x0) �= 0.

Riguardo alla continuita della funzione composta abbiamo

Page 93: AppuntI ANALISI Uno

1. CLASSIFICAZIONE DELLE DISCONTINUITA 93

Teorema 4.1. (Continuita della funzione composta)

Sia f(x) funzione definita nell’intervallo I e continua in x0 ∈ I. Sia

g(y) funzione definita in un intervallo J , contenente f(I), e continua

in f(x0). Allora la funzione gof(x) = g(f(x)) risulta continua in x0

ed in particolare

limx→x0

g(f(x)) = limy→f(x0)

g(y) = g(f(x0)).

Dim. Utilizzando la Proposizione 4.1, proviamo che per ogni successione(xn) ⊂ I con xn → x0 risulta g(f(xn)) → g(f(x0)). Difatti, essendo f(x)continua in x0 avremo che f(xn) → f(x0) e quindi, posto yn = f(xn), risulta(yn) ⊂ f(I) ⊂ J e yn → f(x0). Essendo g(y) continua in f(x0) avremo cheg(yn) → g(f(x0)) ovvero che g(f(xn)) → g(f(x0)). �Dai precedenti risultati otteniamo quindi che somma, prodotto e com-posizione di funzioni elementari risultano continue ove definite. Adesempio, la funzione f(x) =

√x2−1+e

sin x

log(x−2) risulta continua nel suo domi-

nio, ovvero nell’insieme D = {x ∈ R | x > 2, x �= 3}.

Per esercizio, stabilire ove risulta continua la funzione definita a tratti:

f(x) =

�ex2−cosx

x log(1+x) se x > 0,12

√1 + 2x se x ≤ 0.

Stabilire per quali valori di α > 0 risulta continua la funzione:

f(x) =

�esin x−

√1+αx

log(1+√x) se x > 0,

0 se x ≤ 0.

1. Classificazione delle discontinuita

Vediamo ora qualche esempio di funzione non continua. Risulta noncontinua in x0 = 1 la funzione

f(x) =

�x se x �= 1

2 se x = 1

essendolimx→1

f(x) = limx→1

x = 1 �= f(1).

Un altro esempio di funzione non continua nel suo dominio e la funzione[x] che non risulta continua in ogni x0 ∈ Z essendo

limx→x

+0

[x] = x0 = [x0] mentre limx→x

−0

[x] = x0 − 1.

La funzione di Dirichlet D(x) e invece un esempio di funzione noncontinua in ogni x0 ∈ R. Infatti, abbiamo provato che per ogni x0 ∈ R

Page 94: AppuntI ANALISI Uno

94 4. FUNZIONI CONTINUE

non esiste il limite limx→x0

D(x). Il grafico di queste funzioni presentano

dei “salti”, dei “buchi”, delle discontinuita. Possiamo classificare talidiscontinuita nel seguente modo.

Sia f(x) funzione definita in un intervallo I ⊆ R e sia x0 ∈ I taleche f(x) non risulti continua in x0, in tal caso x0 e detto punto didiscontinuita per f(x). Si danno le seguenti definizioni:

(a) x0 e detto punto di discontinuita eliminabile se esiste finito illimite lim

x→x0

f(x) = � ∈ R ma � �= f(x0). Osserviamo che in tal

caso, la funzione

F (x) =

�f(x) se x �= x0

� se x = x0

risulta continua in x0 (abbiamo eliminato la discontinuita).(b) x0 e detto punto di discontinuita di prima specie se esistono

finiti i limiti limx→x

+0

f(x) e limx→x

−0

f(x) ma sono diversi.

(c) x0 e detto punto di discontinuita di seconda specie se almeno unodei limiti lim

x→x+0

f(x) e limx→x

−0

f(x) non esiste oppure e infinito.

Ad esempio, la funzione [x] presenta una discontinuita di prima speciein ogni x0 ∈ Z. La funzione

f(x) =

�1x

se x > 0

0 se x ≤ 0

presenta una discontinuita di seconda specie in x0 = 0 mentre la funzio-ne di Dirichlet presenta discontinuita di seconda specie in ogni x0 ∈ R.La funzione

f(x) =

�sinx

xse x �= 0

0 se x = 0

presenta una discontinuita eliminabile in x0 = 0. Mentre la funzione

f0(x) =

�sin( 1

x) se x > 0

0 se x ≤ 0

presenta discontinuita di seconda specie in x0 = 0.

Page 95: AppuntI ANALISI Uno

2. IMMAGINE DI UNA FUNZIONE CONTINUA 95

0

1

0

Grafici di y = sinx

xe y = sin 1

x

In generale, si ha che la funzione

fα(x) =

�xα sin( 1

x) se x > 0

0 se x ≤ 0

risulta continua in R se e solo se α > 0.

0 0

Grafici di y = x sin 1xe y = x2 sin 1

x

Osserviamo inoltre che dal Teorema sul limite delle funzioni mono-tone, se f(x) e funzione monotona in un intervallo [a, b], e quindi inparticolare limitata, allora per ogni x0 ∈ (a, b) esistono finiti i limiti

limx→x

±0

f(x)

e dunque f(x) potra presentare al piu discontinuita di prima specie.

2. Immagine di una funzione continua

Utilizzando il metodo di bisezione proviamo il seguente fondamentalerisultato

Teorema 4.2. (di esistenza degli zeri)

Sia f(x) funzione continua nell’intervallo [a, b] tale che f(a)f(b) < 0.Allora esiste x0 ∈ (a, b) tale che f(x0) = 0.

Dim. Supponiamo f(a) < 0 e f(b) > 0 e consideriamo il punto medioc = a+b

2 . Potranno verificarsi tre casi(i) se f(c) = 0, il teorema e provato con x0 = c,

Page 96: AppuntI ANALISI Uno

96 4. FUNZIONI CONTINUE

(ii) se f(c) > 0 poniamo a1 = a e b1 = c,

(iii) se f(c) < 0 poniamo a1 = c e b1 = b,

Se (i) non si verifica, dalla scelta fatta avremo definito un intervallo [a1, b1] ⊂[a, b] tale che

A1) f(a1) < 0 e f(b1) > 0;

B1) a ≤ a1 ≤ b1 ≤ b;

C1) b1 − a1 =b−a

2 .

Consideriamo in questo caso il punto medio c1 = a1+b12 e ripetiamo il pro-

cedimento. Potranno verificarsi tre casi(i) se f(c1) = 0, il teorema e provato con x0 = c1,

(ii) se f(c1) > 0 poniamo a2 = a1 e b2 = c1,

(iii) se f(c1) < 0 poniamo a2 = c1 e b2 = b1,

Se (i) non si verifica, avremo definito un intervallo [a2, b2] ⊂ [a1, b1] tale che

A2) f(a2) < 0 e f(b2) > 0;

B2) a1 ≤ a2 ≤ b2 ≤ b1;

C2) b2 − a2 =b1−a1

2 = b−a

22 .

Ripetendo il procedimento, se il caso (i) non risulta mai verificato, avremodefinito due successioni (an)n∈N e (bn)n∈N in [a, b] tali che per ogni n ∈ Nrisulta

An) f(an) < 0 e f(bn) > 0;

Bn) an−1 ≤ an ≤ bn ≤ bn−1;

Cn) bn − an = bn−1−an−1

2 = b−a

2n .

Dalla proprieta Bn) ne segue che le successioni (an) e (bn) sono successionimonotone in [a, b] e quindi limitate. Dal teorema di regolarita delle succes-sioni monotone otteniamo allora che tali successioni risultano convergenti epoiche da Cn) risulta lim

n→+∞bn − an = 0, avremo che

limn→+∞

an = supn∈N

an = limn→+∞

bn = infn∈N

bn = x0 ∈ [a, b]

Essendo per ipotesi f(x) continua in [a, b] ne deduciamo che

limn→+∞

f(an) = limn→+∞

f(bn) = f(x0)

Infine, poiche f(an) < 0 per ogni n ∈ N, dal Teorema della permanenza delsegno otteniamo f(x0) ≤ 0 ed allo stesso modo, poiche f(bn) > 0 per ognin ∈ N, si deduce che f(x0) ≥ 0. Ne segue allora che f(x0) = 0. �Dalla dimostrazione risulta anche un metodo per determinare delleapprossimazioni dello zero x0 in quanto essendo

supn∈N

an = x0 = infn∈N

bn,

Page 97: AppuntI ANALISI Uno

2. IMMAGINE DI UNA FUNZIONE CONTINUA 97

risulta

an ≤ x0 ≤ bn, ∀n ∈ N

dove an e bn sono determinate con il metodo di bisezione come nellaprecedente dimostrazione. Con tali approssimazioni, essendo an− bn =b−a

2n , potremo stimare con quanta precisione si desidera lo zero x0.

Ad esempio, volendo ottenere una stima di√2, consideriamo la funzio-

ne continua f(x) = x2 − 2 nell’intervallo [1, 2]. Abbiamo che f(1) < 0mentre f(2) > 0 e che x0 =

√2 e l’unico zero di f(x) in [1, 2] (la funzio-

ne e difatti strettamente crescente in tale intervallo). Abbiamo allorache

an ≤√2 ≤ bn, ∀n ∈ N,

dove an e bn sono definite utilizzando il procedimento di bisezione. Sevolessimo dare un’approssimazione di

√2 con un errore inferiore a 10−1

dovremo valutare an e bn dove n ∈ N e tale che b−a

2n = 12n <

110 . Sara

allora sufficiente ripetere il procedimento sino ad n = 4 ottenendo:

a4 =11

8= 1, 375 ≤

√2 ≤ b4 =

23

16= 1, 4375

dove b4 − a4 =124 = 0, 0625.

Se invece volessimo un’approssimazione di√2 a meno di un erro-

re inferiore a 10−2 dovremo ripetere il procedimento fino ad n = 7ottenendo

a7 =181

128= 1, 4140625 ≤

√2 ≤ b7 =

91

64= 1, 421875

dove b7 − a7 =127 = 0, 0078125.

Il teorema puo inoltre essere utilizzato per provare l’esistenza di solu-zioni di equazioni trascendenti. Ad esempio, consideriamo l’equazio-ne log x + 1

3√x= 0. Posto f(x) = log x + 1

3√x, osserviamo che f(x)

e continua nel suo dominio (0,+∞). Poiche f(1) = 1 > 0 mentref(18) = −3 log 2 + 2 < 0, dal teorema di esistenza degli zeri ottenia-mo che esiste x0 ∈ (18 , 1). Sempre utilizzando il teorema di esistenzadegli zeri si puo provare che tale equazione ammette un secondo zerox1 ∈ ( 1

125 ,164).

Page 98: AppuntI ANALISI Uno

98 4. FUNZIONI CONTINUE

00

xx

0

1

Confronto tra i grafici di y = − log x e y = 13√xe grafico di y = log x+ 1

3√x

Come immediata conseguenza del Teorema di esistenza degli zeri ab-biamo

Teorema 4.3. (dei valori intermedi, primo)

Sia f(x) funzione continua nell’intervallo [a, b]. Allora f(x) assume

tutti i valori compresi tra f(a) e f(b).

Dim. Consideriamo il caso in cui f(a) ≤ f(b) e proviamo che per ogni y0 ∈[f(a), f(b)] esiste x0 ∈ [a, b] tale che f(x0) = y0. Se y0 = f(a) prenderemox0 = a e analogalmente, se y0 = f(b) prenderemo x0 = b. Se invece y0 ∈(f(a), f(b)), consideriamo la funzione g(x) = f(x) − y0. Avremo allora cheg(x) e continua in [a, b] e che g(a) = f(a)−y0 < 0 mentre g(b) = f(b)−y0 >0. Dal Teorema di esistenza degli zeri avremo allora che esiste x0 ∈ (a, b)tale che g(x0) = 0 ovvero tale che f(x0) = y0. �Dal precedente risultato otteniamo

Teorema 4.4. (dei valori intermedi, secondo)

Sia f(x) funzione continua in un intervallo I ⊂ R. Allora f(x) assume

tutti i valori strettamente compresi tra infI

f(x) e supI

f(x).

Dim. Sia y0 ∈ (infI

f(x), supI

f(x)) e proviamo che esiste x0 ∈ I tale che

f(x0) = y0. Poiche y0 > infI

f(x), dalla caratterizzazione dell’estremo infe-

riore abbiamo che esiste a ∈ I tale che f(a) < y0. Analogalmente, poichey0 < sup

I

f(x) si ha che esiste b ∈ I tale che f(b) > y0. Supponiamo che

a < b. Essendo f(x) continua nell’intervallo [a, b] ⊂ I e y0 ∈ (f(a), f(b)),dal primo teorema dei valori intermedi segue che esiste x0 ∈ (a, b) ⊂ I taleche f(x0) = y0. �Ne segue che se f(x) e funzione continua in un intervallo I allora

(infI

f(x), supI

f(x)) ⊆ f(I).

In particolare si ottengono le seguenti caratterizzazioni dell’immaginedelle funzioni elementari: Im(ex) = (0,+∞), Im(xα) = (0,+∞) se

Page 99: AppuntI ANALISI Uno

2. IMMAGINE DI UNA FUNZIONE CONTINUA 99

α < 0 mentre Im(xα) = [0,+∞) se α > 0 essendo 0 valore assunto.Im(sin x) = Im(cos x) = [−1, 1] essendo ±1 valori assunti.

Rimane dunque dubbio se i valori (nel caso finiti) inf f(x) e sup f(x)risultano assunti. Diamo allora le seguenti definizioni.

Sia f(x) funzione definita in un insieme A ⊆ R. Diciamo che M ∈ R emassimo (assoluto) per f(x) in A se M e il massimo dell’insieme f(A),e scriveremo M = max

A

f(x).

Dalla definizione di massimo di un insieme avremo allora che M =maxA

f(x) se f(x) ≤ M per ogni x ∈ A ed esiste xM ∈ A tale che

f(xM) = M . Diremo che xM ∈ A e un punto di massimo (assoluto) perf(x) in A se f(xM) = max

M

f(x) e dunque se per ogni x ∈ A risulta

f(x) ≤ f(xM).

Analogalmente, si dice che m ∈ R e minimo (assoluto) per f(x) in A sem e il minimo dell’insieme f(A), e scriveremo m = min

A

f(x).

Avremo che m = minA

f(x) se f(x) ≥ m per ogni x ∈ A ed esiste

xm ∈ A tale che f(xm) = m. Diremo che xm ∈ A e un punto di minimo(assoluto) per f(x) in A se f(xm) = min

A

f(x) e dunque se per ogni

x ∈ A risulta f(x) ≥ f(xm).

Ad esempio, abbiamo che maxR

sin x = 1 e che x0 = π

2 e un punto di

massimo assoluto per sin x in R mentre minR

sin x = −1 e x0 = −π

2 e

un punto di minimo assoluto per sinx in R.

Vale il seguente fondamentale risultato

Teorema 4.5. (di Weierstrass)

Sia f(x) funzione continua nell’intervallo chiuso e limitato [a, b]. Allo-ra f(x) ammette massimo e minimo in [a, b]: esistono xm, xM ∈ [a, b]tali che f(xm) ≤ f(x) ≤ f(xM) per ogni x ∈ [a, b].

Dim. Poniamo

inf{f(x) |x ∈ [a, b]} = � ∈ R ∪ {−∞}

e consideriamo il punto medio c = b+a

2 . Siano

m = inf{f(x) |x ∈ [a, c]} e M = inf{f(x) |x ∈ [c, b]}

Se m ≤ M poniamo a1 = a e b1 = c, mentre se m > M poniamo a1 = c eb1 = b. Avremo che a ≤ a1 ≤ b1 ≤ b, b1 − a1 =

b−a

2 e

inf{f(x) |x ∈ [a1, b1]} = inf{f(x) |x ∈ [a, b]} = �

Page 100: AppuntI ANALISI Uno

100 4. FUNZIONI CONTINUE

Consideriamo nuovamente c1 =b1+a1

2 e siano

m1 = inf{f(x) |x ∈ [a1, c1]} e M1 = inf{f(x) |x ∈ [c1, b1]}

Se m1 ≤ M1 poniamo a2 = a1 e b2 = c1, mentre se m1 > M1 poniamo a2 =c1 e b2 = b1. Avremo che a ≤ a1 ≤ a2 ≤ b2 ≤ b1 ≤ b, b2 − a2 =

b1−a12 = b−a

4e

inf{f(x) |x ∈ [a2, b2]} = inf{f(x) |x ∈ [a1, b1]} = �

Ripetendo il procedimento determineremo due successioni (an)n∈N e (bn)n∈Ntali che per ogni n ∈ N risulta a ≤ an ≤ bn ≤ b, bn − an = b−a

2n e

inf{f(x) |x ∈ [an, bn]} = inf{f(x) |x ∈ [an−1, bn−1]} = �

Avremo allora che (an)n∈N e successione crescente in [a, b] mentre (bn)n∈Ne successione decrescente in [a, b] e quindi, essendo limitate, dal Teoremadi regolarita delle successioni monotone, essendo limitate tali successionirisultano convergenti. Essendo inoltre bn − an = b−a

2n → 0 avremo che

limn→+∞

an = limn→+∞

bn = xm ∈ [a, b]

Proviamo che f(xm) = � = inf{f(x) |x ∈ [a, b]} e quindi che xm e puntodi minimo. In particolare seguira che � ∈ R e dunque che f(x) risultainferiormente limitata in [a, b].Poiche f(x) e continua in xm, per ogni ε > 0 esistera δ > 0 tale che |f(x)−f(xm)| < ε per ogni x ∈ (xm − δ, xm + δ) ∩ [a, b]. Essendo an → xme bn → xm, avremo che esiste n0 ∈ N tale che per ogni n ≥ n0 risultaxm − δ < an ≤ bn < xm + δ. Quindi avremo f(xm)− ε < f(x) < f(xm) + εper ogni x ∈ [an, bn], n ≥ n0 e dunque che

f(xm)− ε ≤ � = inf{f(x) |x ∈ [an, bn]} ≤ f(xm) + ε ⇐⇒ |f(xm)− �| < ε

Data l’arbitrarieta di ε > 0, ne deduciamo che f(xm) = �.Allo stesso modo si procedera per provare l’esistenza del punto di massimoxM . �Osserviamo che dal precedente risultato segue in particolare che unafunzione continua in un intervallo chiuso e limitato e funzione limitata.

Dal precedente risultato ad esempio otteniamo che la funzione f(x) =x2 ammette massimo in ogni intervallo chiuso e limitato [a, b]. Os-serviamo pero che tale funzione non ammette massimo nell’intervallolimitato ma non chiuso [0, 1) (infatti x2 < 1 per ogni x ∈ [0, 1) ma nonesiste x0 ∈ [0, 1) tale che x2

0 = 1) e nemmeno nell’intervallo chiuso maillimitato [1,+∞) essendo sup

[1,+∞)x2 = +∞.

Osservato che, se esistono,

min[a,b]

f(x) = inf[a,b]

f(x) e max[a,b]

f(x) = sup[a,b]

f(x),

Page 101: AppuntI ANALISI Uno

2. IMMAGINE DI UNA FUNZIONE CONTINUA 101

dal Teorema di Weierstrass e dal secondo Teorema dei valori intermedisi deduce immediatamente il seguente risultato

Teorema 4.6. (dei valori intermedi, terzo)

Sia f(x) funzione continua nell’intervallo chiuso e limitato [a, b]. Al-

lora f(x) assume tutti i valori compresi tra min[a,b]

f(x) e max[a,b]

f(x).

Dalla definizione di massimo e di minimo segue che se f(x) funzionecontinua nell’intervallo [a, b], allora

f([a, b]) = [min[a,b]

f(x),max[a,b]

f(x)].

In particolare si ottiene

Teorema 4.7. (continuita delle funzioni monotone)

Sia f(x) funzione crescente (risp. decrescente) nell’intervallo [a, b] al-lora f(x) e continua se e solo se f([a, b]) = [f(a), f(b)] (risp. f([a, b]) =[f(b), f(a)]).

Dim. Supponiamo f(x) crescente. Osservato che in tal caso risulta

min[a,b]

f(x) = f(a) e max[a,b]

f(x) = f(b),

dal terzo Teorema dei valori intermedi avremo che se f(x) risulta continuain [a, b] allora f([a, b]) = [f(a), f(b)].Per provare il viceversa, sia x0 ∈ (a, b) e proviamo che lim

x→x0f(x) = f(x0).

Dal Teorema sul limite delle funzioni monotone, essendo la f(x) limitata in[a, b], abbiamo che esistono finiti i limiti

limx→x

−0

f(x) = sup{f(x) | a < x < x0} = �−

limx→x

+0

f(x) = inf{f(x) |x0 < x < b} = �+

e risulta f(a) ≤ �− ≤ f(x0) ≤ �+ ≤ f(b). Se per assurdo �− < f(x0) avremoche f(x) non assume alcun valore compreso tra �− e f(x0) contro l’ipotesiche f([a, b]) = [f(a), f(b)]. Dunque �− = f(x0). Analogalmente si prova che�+ = f(x0). Ne segue allora che lim

x→x0f(x) = f(x0).

Proviamo ora che f(x) e continua in x0 = a. Dal Teorema sul limite dellefunzioni monotone, essendo f(x) limitata in [a, b], abbiamo che esiste finitoil limite

limx→a+

f(x) = inf{f(x) | a < x < b} = �

se per assurdo f(a) < � avremo che f(x) non assume alcun valore compresotra f(a) e �, contro l’ipotesi che f([a, b]) = [f(a), f(b)]. Analogalmente siprova che lim

x→b−f(x) = f(b). �

Page 102: AppuntI ANALISI Uno

102 4. FUNZIONI CONTINUE

3. Continuita della funzione inversa

Abbiamo visto che le funzioni strettamente monotone sono esempidi funzioni iniettive. Non e pero generalmente vero il viceversa. Lafunzione

f(x) =

�x se 0 ≤ x < 1

3− x se 1 < x ≤ 2

e funzione iniettiva ma non monotona. Il seguente risultato prova che lamonotonia stretta e invece condizione necessaria affinche una funzionecontinua risulti iniettiva.

Teorema 4.8. (invertibilita delle funzioni continue)

Sia f(x) funzione continua nell’intervallo [a, b]. Allora f(x) e iniettiva

in [a, b] se e solo se f(x) e strettamente monotona in [a, b].

Dim. Dalla definizione segue immediatamente che una funzione strettamen-te monotona e iniettiva. Per provare il viceversa, per assurdo supponiamoche esistano x1 < x2 < x3 in [a, b] tali che

i) f(x1) < f(x2) ma f(x2) > f(x3), oppure

ii) f(x1) > f(x2) ma f(x2) < f(x3).

Supponiamo verificata la prima condizione. Avremo allora che

f(x2) > max{f(x1), f(x3)}.

Se f(x1) > f(x3), allora preso y0 = f(x1), essendo f(x3) < y0 < f(x2), dalTeorema dei valori intermedi avremo che esiste x0 ∈ (x2, x3) tale che f(x0) =y0 = f(x1), in contraddizione con l’iniettivita di f(x). Analogalmente, sef(x1) < f(x3).In modo analogo si procede se risulta verificata la seconda condizione. �Siamo ora in grado di provare che l’inversa di una funzione continua econtinua.

Teorema 4.9. (continuita della funzione inversa)

Sia f(x) funzione continua e iniettiva in [a, b]. Allora la funzione

inversa f−1(x) e funzione continua nell’intervallo di estremi f(a) e

f(b).

Dim. Dal precedente risultato abbiamo che f(x) e funzione strettamentemonotona. Consideriamo il caso in cui risulti strettamente crescente. Avre-mo allora che la funzione inversa risulta strettamente crescente e poichef([a, b]) = [f(a), f(b)] otteniamo

f−1([f(a), f(b)]) = f−1(f([a, b])) = [a, b].

Quindi dal Teorema sulla continuita delle funzioni monotone, avremo chef−1(x) risulta continua in [f(a), f(b)]. �

Page 103: AppuntI ANALISI Uno

4. FUNZIONI UNIFORMEMENTE CONTINUE 103

Utilizzando il precedente risultato otteniamo ad esempio che le funzioniarcsin x e arccos x risultano continue in [−1, 1] e che la funzione arctan xe continua in R. In particolare si hanno i seguenti limiti

limx→0

arcsin x = 0 e limx→0

arcsin x

x= lim

y→0

y

sin y= 1

4. Appendice: Funzioni uniformemente continue e Teoremadi Heine-Cantor

Una funzione f(x) si dice uniformemente continua nell’insieme A ⊆ Rse per ogni ε > 0 esiste δ > 0 tale che per ogni x, x0 ∈ A tali che|x− x0| < δ risulta |f(x)− f(x0)| < ε.

E evidente che una funzione uniformemente continua in un insiemeA ⊆ R risulta continua in A. Il seguente risultato prova che le duecondizioni sono equivalenti in intervalli chiusi e limitati.

Teorema 4.10. (Heine-Cantor)

Sia f(x) funzione continua nell’intervallo chiuso e limitato [a, b]. Al-

lora f(x) risulta uniformemente continua in [a, b].

Dim. con il Metodo di Bisezione

Per assurdo, supponiamo che la funzione non risulti uniformemente continua.Avremo allora che esiste ε0 > 0 tale che per ogni δ > 0 esistono x, x ∈ [a, b]tali che |x− x| < δ ma |f(x)− f(x)| ≥ ε0. Avremo allora in particolare che

sup{|f(x)− f(x)| |x, x ∈ [a, b]} ≥ ε0

Sia c = a+b

2 , avremo allora che

sup{|f(x)− f(x)| |x, x ∈ [a, c]} ≥ ε0 o sup{|f(x)− f(x)| |x, x ∈ [c, b]} ≥ ε0

e poniamo

(i) a1 = a e b1 = c se sup{|f(x)− f(x)| |x, x ∈ [a, c]} ≥ ε0, oppure(ii) a1 = c e b1 = b se sup{|f(x)− f(x)| |x, x ∈ [c, b]} ≥ ε0.

Avremo allora che

sup{|f(x)− f(x)| |x, x ∈ [a1, b1]} ≥ ε0,

a ≤ a1 < b1 ≤ b e a1 − b1 =b−a

2 .

Ripetendo il ragionamento sull’intervallo [a1, b1] , posto c1 =a1+b1

2 , avremoche

sup{|f(x)− f(x)| |x, x ∈ [a1, c1]} ≥ ε0oppure

sup{|f(x)− f(x)| |x, x ∈ [c1, b1]} ≥ ε0e poniamo

(i) a2 = a1 e b2 = c1 se sup{|f(x)−f(x)| |x, x ∈ [a1, c1]} ≥ ε0, oppure

Page 104: AppuntI ANALISI Uno

104 4. FUNZIONI CONTINUE

(ii) a2 = c1 e b2 = b1 se sup{|f(x)− f(x)| |x, x ∈ [c1, b1]} ≥ ε0.

Avremo quindi che

sup{|f(x)− f(x)| |x, x ∈ [a2, b2]} ≥ ε0,

a ≤ a1 ≤ a2 < b2 ≤ b1 ≤ b e a2 − b2 =b1−a122 .

Procedendo per induzione, otterremo due successioni (an)n∈N e (bn)n∈N taliche per ogni n ∈ N risulta

sup{|f(x)− f(x)| |x, x ∈ [an, bn]} ≥ ε0,

a ≤ an−1 ≤ an < bn ≤ bn−1 ≤ b e an − bn = bn−1−an−1

2 = b−a

2n .Osservato che le successioni (an)n∈N e (bn)n∈N sono monotone e limitate, dalTeorema di regolarita delle successioni monotone avremo che tali successionirisultano convergenti. Essendo inoltre an − bn = b−a

2n → 0 per n → +∞, illimite delle due successioni sara lo stesso. Sia allora

x0 = limn→+∞

an = limn→+∞

bn,

avremo che x0 ∈ [an, bn] per ogni n ∈ N. Essendo la funzione continua inx0 ∈ [a, b], esistera δ > 0 tale che |f(x) − f(x0)| < ε0

2 per ogni x ∈ [a, b]

tale che |x − x0| < δ. Scelto n ∈ N tale che bn − an = b−a

2n < δ, avremoche per ogni x, x ∈ [an, bn] si avra |x − x0| < δ e |x − x0| < δ e dunque|f(x) − f(x0)| < ε0

2 e |f(x) − f(x0)| < ε02 . Quindi |f(x) − f(x)| < ε0, per

ogni x, x ∈ [an, bn], in contraddizione con

sup{|f(x)− f(x)| |x, x ∈ [an, bn]} ≥ ε0.

Dim. con il Teorema di Bolzano-Weierstrass

Per assurdo, supponiamo che la funzione non risulti uniformemente continua.Avremo allora che esiste ε0 > 0 tale che per ogni δ > 0 esistono x, x ∈[a, b] tali che |x − x| < δ ma |f(x) − f(x)| ≥ ε0. Per ogni n ∈ N, sceltoδn = 1

navremo allora che esistono xn, xn ∈ [a, b] tali che |xn − xn| < δ

ma |f(xn) − f(xn)| ≥ ε0. Essendo le successioni (xn) e (xn) limitate, dalTeorema di Bolzano-Weierstrass, abbiamo che tali successioni ammettonosottosuccessioni estratte convergenti che per semplicita denoteremo ancoracon (xn) e (xn). Essendo |xn − xn| < 1

nper ogni n ∈ N avremo che il limite

di tale estratte sara lo stesso. Sia allora

x0 = limn→+∞

xn = limn→+∞

xn.

Osservato che x0 ∈ [a, b], essendo f(x) continua in x0 avremo che

f(x0) = limn→+∞

f(xn) = limn→+∞

f(xn).

in contraddizione con |f(xn)− f(xn)| ≥ ε0 per ogni n ∈ N. �

Page 105: AppuntI ANALISI Uno

5. ESERCIZI 105

5. Esercizi

Stabilire dove risultano continue le seguenti funzioni:

1. f(x) =

sinx−x

log(1+x) se x > 0

0 se x = 0cosx−1

xse x ≤ 0

[R]

2. f(x) =

ex−

√1+x

xse x > 0

0 se x = 0log(1−x)

x2 se x ≤ 0

[R \ {0}]

3. f(x) =

sinx(ex2−1)

x3 se x > 0

1 se x = 0log(1+x

2)x2+x3 se x ≤ 0

[R \ {−1}]

4. f(x) =

√1+2x− 3√1+x

xse x > 0

23 se x = 0sinhx

coshx−1 se x ≤ 0

[R \ {0}]

5. f(x) =

log(1+√x)+sinx√x

se x > 0

1 se x = 0e2x−1

log(1+2x) se x ≤ 0

[R]

Stabilire per quali valori del parametro α ∈ R le seguenti funzionirisultano continue in x0 = 0:

1. f(x) =

�α√cosx−e

x2

√1+x−

√1−x

se x > 0

0 se x ≤ 0[α = 1]*

2. f(x) =

�√x2+α2−α

xse x > 0

sinx se x ≤ 0[α > 0]*

3. f(x) =

�x sinx−cosx+α

arctanxse x > 0

e2x − 1 se x ≤ 0[α = 1]*

4. f(x) =

�e

α−1x se x > 0

x+ α se x ≤ 0[α = 1]

5. f(x) =

�cos(x2)−cos2(αx)

x2 se x > 0√1− x se x ≤ 0

[α = ±1]

6. f(x) =

�x√1+αx−sinx

xse x > 0

1−cosxx2 se x ≤ 0

[nessun α]

Page 106: AppuntI ANALISI Uno
Page 107: AppuntI ANALISI Uno

CAPITOLO 5

Funzioni derivabili

1. Definizione di derivata

Sia f(x) una funzione definita in un intervallo aperto I ⊆ R. Si diceche f(x) e derivabile nel punto x0 ∈ I se esiste finito il limite per x → x0

del rapporto incrementale f(x)−f(x0)x−x0

. Tale limite viene detto derivata dif(x) nel punto x0 e viene denotato con f �(x0) o alternativamente coni simboli Df(x0) e

df

dx(x0):

f�(x0) = lim

x→x0

f(x)− f(x0)

x− x0

Inoltre, diremo che f(x) e derivabile nell’intervallo I se risulta derivabilein ogni x0 ∈ I.

Dal punto di vista cinematico, la derivata puo essere interpretata comela velocita istantanea di un corpo puntiforme che si muove di moto retti-lineo. Se denotiamo con p(t) la posizione al tempo t, la velocita mediasostenuta dal corpo per muoversi dalla posizione p(t0) alla posizionep(t) e data dal rapporto p(t)−p(t0)

t−t0. Se ora si pensa di far tendere t a t0

(il che corrisponde a calcolare la velocita media su intervalli di tempovia via piu brevi) il limite

limt→t0

p(t)− p(t0)

t− t0,

se esiste finito, indichera la velocita istantanea al tempo t0 e lo indiche-remo con v(t0). Secondo la precedente definizione, risulta v(t0) = p�(t0).

Dal punto di vista geometrico, consideriamo una funzione f(x) deriva-bile nel punto x0 ed osserviamo che risulta

f�(x0) = lim

x→x0

f(x)− f(x0)

x− x0= lim

h→0

f(x0 + h)− f(x0)

h

107

Page 108: AppuntI ANALISI Uno

108 5. FUNZIONI DERIVABILI

Dato h ∈ R, consideriamo la retta secante rh per i punti P0(x0, f(x0))e Ph(x0 + h, f(x0 + h)). Tale retta avra equazione

rh : y = f(x0) +f(x0 + h)− f(x0)

h(x− x0)

ed osserviamo che il coefficiente angolare di tale retta non e altro che ilrapporto incrementale f(x0+h)−f(x0)

h. Se ora pensiamo di far tendere h

a 0 avremo che x0 + h → x0 e quindi, supponendo f(x) continua in x0,avremo che f(x0 + h) → f(x0) e dunque che Ph tendera al punto P0

lungo il grafico di f(x). La retta secante rh tendera alla retta “limite ”

r0 : y = f(x0)+limh→0

f(x0 + h)− f(x0)

h(x−x0) = f(x0)+f

�(x0)(x−x0)

Tale retta e detta retta tangente al grafico di f(x) nel punto x0 edosserviamo che il suo coefficiente angolare corrisponde alla derivataf �(x0). Possiamo dunque pensare alla derivata come ad una misuradella “pendenza” del grafico di f(x) nel punto P0.

P

P

0

h

r

r

0

h

Vediamo ora qualche esempio di funzione derivabile. Consideriamoinnanzitutto le funzioni costanti, f(x) = c ∈ R. Per tali funzionirisulta f(x)−f(x0)

x−x0= 0 per ogni x �= x0 e quindi che f �(x0) = 0 per ogni

x0 ∈ R. Consideriamo ora una funzione lineare, f(x) = ax + b cona �= 0. Per ogni x0 ∈ R avremo

limx→x0

f(x)− f(x0)

x− x0= lim

x→x0

ax− ax0

x− x0= a

e quindi che f �(x0) = a.

Risultano derivabili nel loro dominio tutte le funzioni elementari. Pro-viamo che D(xα) = αxα−1 per ogni α ∈ R e ogni x > 0. Difatti, dal

Page 109: AppuntI ANALISI Uno

1. DEFINIZIONE DI DERIVATA 109

limite notevole limy→0

(1+y)α−1y

= α, per ogni x > 0 otteniamo

limh→0

(x+ h)α − xα

h= lim

h→0xα−1 (1 +

h

x)α − 1h

x

= αxα−1

In particolare otteniamo ad esempio che D(x2) = 2x per ogni x ∈ R,che D(

√x) = 1

2√xper ogni x > 0 e che D( 1

x) = − 1

x2 per ogni x �= 0.

Proviamo ora che D(ex) = ex per ogni x ∈ R. Difatti, dal limitenotevole lim

y→0

ey−1y

= 1, per ogni x ∈ R otteniamo

limh→0

ex+h − ex

h= lim

h→0exeh − 1

h= e

x

Risulta inoltre D(log x) = 1xper ogni x > 0. Difatti, dal limite notevole

limy→0

log(1+y)y

= 1, per ogni x > 0 risulta

limh→0

log(x+ h)− log x

h= lim

h→0

log(1 + h

x)

h= lim

h→0

1

x

log(1 + h

x)

h

x

=1

x

Infine, proviamo che D(sin x) = cos x e che D(cos x) = − sin x per ognix ∈ R. Dai limiti notevoli di seno e coseno e dalle formule di addizionesi ha infatti

limh→0

sin(x+ h)− sin x

h= lim

h→0

sin x cosh+ sinh cos x− sin x

h

= limh→0

sin xcosh− 1

h+ cosx

sinh

h= cosx

e

limh→0

cos(x+ h)− cos x

h= lim

h→0

cos x cosh− sinh sin x− cos x

h

= limh→0

cos xcosh− 1

h− sin x

sinh

h= − sin x

Sara utile inoltre introdurre il concetto di derivata destra e sinistra. Siaf(x) funzione definita in un intervallo aperto I e sia x0 ∈ I. Diremoderivata destra di f(x) in x0 il limite, se esiste finito,

limx→x

+0

f(x)− f(x0)

x− x0

e denoteremo tale limite con f �+(x0). Diremo derivata sinistra di f(x)

in x0 il limite, se esiste finito,

limx→x

−0

f(x)− f(x0)

x− x0

Page 110: AppuntI ANALISI Uno

110 5. FUNZIONI DERIVABILI

e denoteremo tale limite con f �−(x0).

Vale allora il seguente risultato

Lemma 5.1. Sia f(x) funzione definita in un in intervallo aperto I ⊆ Re sia x0 ∈ I. Allora f(x) e derivabile in x0 se e solo se esistono e sono

uguali le derivate f �±(x0) ed in tal caso f �(x0) = f �

±(x0).

Usando il precedente risultato proviamo che la funzione valore assolutof(x) = |x| non e derivabile in x0 = 0. Difatti, risulta

f�+(0) = lim

x→0+

|x|x

= 1 mentre f�−(0) = lim

x→0−

|x|x

= −1

e dunque la funzione ammette derivata destra e derivata sinistra inx0 = 0 ma queste non sono uguali. Il punto x0 = 0 e un esempio dipunto angoloso per la funzione |x|.

0

In generale, data una funzione f(x) continua in x0, diremo che x0 e unpunto angoloso per f(x) se esistono f �

±(x0) ma sono diverse.

Consideriamo ora la funzione f(x) =�

|x|, continua in tutto R ederivabile in ogni x0 �= 0 con

f�(x) =

�1

2√x

se x > 0

− 12√−x

se x < 0

mentre non risulta derivabile in x0 = 0 essendo

limx→0+

f(x)− f(0)

x= lim

x→0+

√x

x= lim

x→0+

1√x= +∞

e

limx→0−

f(x)− f(0)

x= lim

x→0−

√−x

x= lim

x→0−− 1√

−x= −∞

parleremo in questo caso di una cuspide.

Page 111: AppuntI ANALISI Uno

1. DEFINIZIONE DI DERIVATA 111

0

In generale, data una funzione f(x) continua in x0, diremo che x0 euna cuspide per f(x) se esistono i limiti

limx→x

±0

f(x)− f(x0)

x− x0

ma sono infiniti di segno discorde.

Come ultimo esempio consideriamo la funzione f(x) = 3√x, continua

in tutto R e derivabile in ogni x0 �= 0 con

f�(x) =

1

3 3√x2

mentre non risulta derivabile in x0 = 0 essendo

limx→0

f(x)− f(0)

x= lim

x→0

3√x

x= lim

x→0

13√x2

= +∞.

Parleremo in questo caso di un punto a tangente verticale.

0

Data una funzione f(x) continua in x0, diremo che x0 e un punto atangente verticale per f(x) se esiste il limite

limx→x0

f(x)− f(x0)

x− x0

Page 112: AppuntI ANALISI Uno

112 5. FUNZIONI DERIVABILI

ma e infinito.

Le precedenti funzioni sono un classico esempio di funzioni continue manon derivabili in un punto. Vale pero il seguente risultato che provache ogni funzione derivabile risulta continua.

Teorema 5.1. (sulla continuita delle funzioni derivabili)

Sia f(x) una funzione definita in un intervallo aperto I ⊂ R e deriva-

bile nel punto x0 ∈ I. Allora f(x) e continua in x0.

Dim. Difatti, poiche limx→x0

f(x)−f(x0)x−x0

= f �(x0) ∈ R risulta

limx→x0

f(x)− f(x0) = limx→x0

f(x)− f(x0)

x− x0(x− x0) = 0

e quindi limx→x0

f(x) = f(x0). �

Vediamo come ultimo esempio il caso il cui non esiste il limite da destrae/o da sinistra del rapporto incrementale. La funzione

f(x) =

�x sin 1

xse x > 0

0 se x ≤ 0

e funzione continua ma non e derivabile in x0 = 0 in quanto non esisteil limite

limx→0+

f(x)− f(0)

x= lim

x→0+sin

1

x

La funzione

f(x) =

�xα sin( 1

x) se x > 0

0 se x ≤ 0

risulta in generale derivabile in R se e solo se α > 1 e la retta tangentein x = 0 risulta y = 0.

Sia f(x) una funzione definita in un intervallo aperto I ⊆ R. Si diceche f(x) e differenziabile nel punto x0 ∈ I se esiste una costante A ∈ Rtale che

f(x) = f(x0) + A(x− x0) + o(x− x0) per x → x0.

In tal caso la funzione lineare ϕ(h) = A · h, h ∈ R, e detta differenzialedi f(x) in x0 e viene denotata con df(x0) e potremo scrivere

f(x) = f(x0) + df(x0)(x− x0) + o(x− x0) per x → x0.

Il concetto di funzione differenziabile e strettamente legato al concettodi funzione derivabile. Abbiamo difatti il seguente risultato

Page 113: AppuntI ANALISI Uno

1. DEFINIZIONE DI DERIVATA 113

Teorema 5.2. (del differenziale)

Una funzione f(x) definita in un intervallo aperto I ⊆ R e differen-

ziabile nel punto x0 ∈ I se e solo se e derivabile in x0 e df(x0)(h) =f �(x0) · h per ogni h ∈ R.Dim. Se f(x) e derivabile in x0 allora

limx→x0

f(x)− f(x0)

x− x0= f �(x0)

ovvero

limx→x0

f(x)− f(x0)− f �(x0)(x− x0)

x− x0= 0.

Ricordando la definizione di o piccolo, per x → x0 possiamo scrivere

f(x)− f(x0)− f �(x0)(x− x0) = o(x− x0)

e dunquef(x) = f(x0) + f �(x0)(x− x0) + o(x− x0).

Segue che f(x) risulta differenziabile in x0 con df(x0)h = f �(x0)h.Viceversa, se f(x) risulta differenziabile in x0, esiste una costante A ∈ Rtale che

f(x) = f(x0) +A(x− x0) + o(x− x0) per x → x0.

Allora, dalla definizione di o piccolo si ottiene

limx→x0

f(x)− f(x0)

x− x0= lim

x→x0

A(x− x0) + o(x− x0)

x− x0= lim

x→x0A+

o(x− x0)

x− x0= A

Ne segue che f(x) e derivabile in x0 con f �(x0) = A. �In particolare si ottiene che se f(x) e derivabile in x0 vale la seguenteformula

f(x) = f(x0) + f�(x0)(x− x0) + o(x− x0), per x → x0,

detta formula degli incrementi finiti. Tale formula puo essere lettadicendo che la funzione lineare T (x) = f(x0) + f �(x0)(x − x0), che haper grafico la retta tangente al grafico di f(x) in x0, approssima f(x)a meno di un errore trascurabile rispetto a x− x0.

Ad esempio, abbiamo visto che D(ex) = ex per ogni x ∈ R. Dallaformula degli incrementi finiti avremo allora che per ogni x0 ∈ R risulta

ex = e

x0 + ex0(x− x0) + o(x− x0), per x → x0,

ed in particolare per x0 = 0 riotteniamo il limite notevole ex = 1 +x + o(x) per x → 0, essendo y = 1 + x la retta tangente in x = 0.Analogalmente, essendo D(log x) = 1

x, per ogni x0 > 0 otteniamo

log x = log x0 +1

x0(x− x0) + o(x− x0), per x → x0,

Page 114: AppuntI ANALISI Uno

114 5. FUNZIONI DERIVABILI

ed in particolare per x0 = 1 otteniamo nuovamente log x = x − 1 +o(x− 1), per x → 1, essendo y = x− 1 la retta tangente in x = 1.Infine, essendo D(sin x) = cos x, per ogni x0 ∈ R otteniamo

sin x = sin x0 + cosx0(x− x0) + o(x− x0), per x → x0,

ed in particolare per x0 = 0 otteniamo sin x = x + o(x), dove y = x ela retta tangente in x = 0.

2. Regole di derivazione

Vediamo ora come determinare la derivata della somma, prodotto equoziente di funzioni derivabili

Proposizione 5.1. Siano f(x) e g(x) funzioni definite in un intervallo

aperto I ⊆ R e derivabili nel punto x0 ∈ I. Allora

1. la funzione (f ± g)(x) e derivabile in x0 e risulta

(f ± g)�(x0) = f�(x0)± g

�(x0),

2. la funzione (f · g)(x) e derivabile in x0 e risulta

(f · g)�(x0) = f�(x0)g(x0) + f(x0)g

�(x0),

3. se g(x0) �= 0, la funzione (fg)(x) e derivabile in x0 e risulta

�f

g

��

(x0) =f �(x0)g(x0)− f(x0)g�(x0)

g2(x0).

Dim. 1. Dalla definizione

limx→x0

(f(x)± g(x))− (f(x0)± g(x0))

x− x0=

= limx→x0

f(x)− (f(x0x− x0

± g(x)− g(x0)

x− x0= f �(x0)± g�(x0)

e quindi f ± g e derivabile in x0 con (f ± g)�(x0) = f �(x0)± g�(x0).

2. Essendo g(x) continua in x0, risulta

limx→x0

f(x)g(x)− f(x0)g(x0)

x− x0=

= limx→x0

f(x)g(x)− f(x0)g(x) + f(x0)g(x)− f(x0)g(x0)

x− x0=

= limx→x0

g(x)f(x)− f(x0)

x− x0+ f(x0)

g(x)− g(x0)

x− x0=

= f �(x0)g(x0) + f(x0)g�(x0)

e dunque f · g e derivabile in x0 con (f · g)�(x0) = f �(x0)g(x0)+ f(x0)g�(x0).

Page 115: AppuntI ANALISI Uno

2. REGOLE DI DERIVAZIONE 115

3. Usando nuovamente la continuita di g(x) in x0, si ottiene

limx→x0

f(x)g(x) −

f(x0)g(x0)

x− x0=

= limx→x0

1

g(x)g(x0)

f(x)g(x0)− f(x0)g(x)

x− x0=

= limx→x0

1

g(x)g(x0)

f(x)g(x0)− f(x0)g(x0) + f(x0)g(x0)− f(x0)g(x)

x− x0=

= limx→x0

1

g(x)g(x0)

g(x0)(f(x)− f(x0))− f(x0)(g(x)− g(x0))

x− x0=

=f �(x0)g(x0)− f(x0)g�(x0)

g2(x0)

quindi la funzione f

ge derivabile in x0 con

�f

g

��(x0) =

f�(x0)g(x0)−f(x0)g�(x0)

g2(x0).

�Ad esempio dalle precedenti regole otteniamo

D(tan x) = D(sin x

cos x) =

cos2 x+ sin2x

cos2 x=

1

cos2 x= 1 + tan2

x

ed anche

D(ex + x2

x cos x) =

(ex + 2x)x cos x− (ex + x2)(cos x− x sin x)

x2 cos2 xUtilizzando il Teorema del differenziale proviamo

Teorema 5.3. (di derivazione della funzione composta)

Sia f(x) funzione derivabile nel punto x0 e sia g(y) funzione deriva-

bile nel punto y0 = f(x0). Allora la funzione composta gof(x) risulta

derivabile in x0 con

(gof)�(x0) = g�(f(x0))f

�(x0)

Dim. Poiche f(x) risulta derivabile in x0, per x → x0 abbiamo

f(x) = f(x0) + f �(x0)(x− x0) + o(x− x0).

Analogalmente, essendo g(y) derivabile in y0, per y → y0 abbiamo

g(y) = g(y0) + g�(y0)(y − y0) + o(y − y0).

Osservato che, essendo f(x) continua in x0, risulta f(x) → f(x0) = y0 perx → x0, dai precedenti sviluppi e dalle proprieta di ”o” piccolo otteniamoche per x → x0 si ha

g(f(x)) = g(f(x0)) + g�((f(x0))(f(x)− f(x0)) + o(f(x)− f(x0))

= g(f(x0)) + g�((f(x0))(f�(x0)(x− x0) + o(x− x0))

+ o(f �(x0)(x− x0) + o(x− x0))

= g(f(x0)) + g�((f(x0))f�(x0)(x− x0) + o(x− x0)

Page 116: AppuntI ANALISI Uno

116 5. FUNZIONI DERIVABILI

Dal Teorema del differenziale otteniamo allora che la funzione gof(x) risultaderivabile in x0 con (gof)�(x0) = g�((f(x0))f �(x0). �Ad esempio, se a > 0 abbiamo

D(ax) = D(ex log a) = ex log a log a = a

x log a

mentre se a > 0, a �= 1, ricordando che logax = log x log

ae abbiamo

D(logax) = D(log x log

ae) =

logae

x

Abbiamo inoltre che

D(sinh x) =ex + e−x

2= coshx e D(cosh x) =

ex − e−x

2= sinh x

Infine, osserviamo che se g(y) non e derivabile in y0 = f(x0) non e dettoche risulti tale anche g(f(x)) in x0. Ad esempio, la funzione | sin x| nonrisulta derivabile in x = 0 essendo

limx→0

| sin x|x

= ±1

mentre la funzione | sin3x| risulta derivabile in x = 0 essendo

limx→0

| sin3x|

x= lim

x→0

|x3|x

= 0

Vediamo la derivata della funzione inversa

Teorema 5.4. (di derivazione della funzione inversa)

Sia f(x) funzione continua ed iniettiva nell’intervallo aperto I ⊆ R.Se f(x) e derivabile in x0 ∈ I e f �(x0) �= 0 allora f−1(y) e derivabile

in y0 = f(x0) e

(f−1)�(y0) =1

f �(x0)=

1

f �(f−1(y0)

Dim. Dall’ipotesi di continuita di f(x) in I segue che f−1(y) risulta continuain f(I) ed in particolare in y0 = f(x0). Otteniamo allora che se y → y0 alloraf−1(y) → f−1(y0) = x0. Allora, ponendo y = f(x), otteniamo

limy→y0

f−1(y)− f−1(y0)

y − y0= lim

x→x0

x− x0f(x)− f(x0)

=1

f �(x0)=

1

f �(f−1(y0))

�Osserviamo che se f �(x0) = 0 allora la funzione inversa non risultaderivabile in x0. Come esempio consideriamo la funzione f(x) = x3

che risulta iniettiva e derivabile in R con f �(x) = 3x2. Dal precedente

Page 117: AppuntI ANALISI Uno

3. TEOREMI FONDAMENTALI DEL CALCOLO DIFFERENZIALE 117

risultato la funzione inversa, f−1(y) = 3√y, risulta derivabile in R \ {0}

con

(f−1)�(y) =1

f �(x)=

1

f �(f−1(y))=

1

3( 3√y)2

=1

3y23

ma abbiamo visto che non risulta derivabile in y = 0.Determiniamo ora le derivate delle funzioni trigonometriche inverse.Ricordando che cos2 x+sin2

x = 1 otteniamo che cos2(arcsin x) = 1−x2

ed essendo cos(arcsin x) > 0 per ogni x ∈ (−1, 1) ne segue

D(arcsin x) =1

cos(arcsin x)=

1√1− x2

Analogalmente, per ogni x ∈ (−1, 1) si ottiene che

D(arccos x) = − 1√1− x2

Osserviamo che D(arcsin x+ arccosx) = 0 per ogni x ∈ (−1, 1).Per determinare la derivata dell’arcotangente, essendo D(tan x) = 1 +tan2 x, dalla precedente formula per ogni x ∈ R otteniamo

D(arctan x) =1

1 + tan2(arctan x)=

1

1 + x2

Osserviamo che per ogni x ∈ R \ {0} risulta

D(arctan x+ arctan1

x) =

1

1 + x2+

1

1 + 1x2

(− 1

x2) = 0

Vediamo ora la derivata delle funzioni iperboliche inverse. Ricordandoche cosh2

x− sinh2x = 1 abbiamo

D(settsinh x) =1

cosh(settsinhx)=

1√x2 + 1

, ∀x ∈ R,

mentre

D(settcosh x) =1

sinh(settcoshx)=

1√x2 − 1

, ∀x > 1.

3. Teoremi fondamentali del calcolo differenziale

Sia f(x) funzione definita in un intervallo I, x0 ∈ I e detto punto diminimo relativo per f(x) in I se esiste δ > 0 tale che per ogni x ∈(x0 − δ, x0 + δ) ∩ I risulta f(x0) ≤ f(x). Analogalmente, diremo chex0 ∈ I e punto di massimo relativo per f(x) in I se esiste δ > 0 tale cheper ogni x ∈ (x0 − δ, x0 + δ) ∩ I risulta f(x0) ≥ f(x).

Vale il seguente risultato che ci fornisce una condizione necessariaaffinche un punto risulti di massimo o di minimo relativo.

Page 118: AppuntI ANALISI Uno

118 5. FUNZIONI DERIVABILI

Teorema 5.5. (di Fermat)

Sia f(x) funzione definita in un intervallo [a, b]. Se x0 ∈ (a, b) e punto

di massimo o di minimo relativo per f(x) e se f(x) e derivabile in x0

allora f �(x0) = 0.

Dim. Sia x0 punto di massimo relativo. Allora, per definizione esiste δ > 0tale che per ogni x ∈ (x0 − δ, x0 + δ) ∩ I risulta f(x0) ≥ f(x). Poichex0 ∈ (a, b), (x0 e interno ad [a, b]) potremo scegliere δ > 0 tale che (x0 −δ, x0+δ) ⊂ (a, b). Avremo allora che se x0−δ < x < x0 allora

f(x)−f(x0)x−x0

≤ 0e quindi, dal Teorema della permanenza del segno, essendo f(x) derivabilein x0, avremo

f �−(x0) = lim

x→x0

f(x)− f(x0)

x− x0≤ 0

Analogalmente, se x0 < x < x0 + δ allora f(x)−f(x0)x−x0

≥ 0 e quindi

f �+(x0) = lim

x→x0

f(x)− f(x0)

x− x0≥ 0

Poiche f �(x0) = f �±(x0) ne segue che f �(x0) = 0. �

Osserviamo che la condizione che x0 sia un punto interno all’intervallo[a, b] e condizione necessaria per poter calcolare f �

±(x0) e dunque essen-ziale nella dimostrazione. Il risultato difatti non vale se viene a mancaretale condizione. Ad esempio, la funzione f(x) = x nell’intervallo [0, 1]ha un massimo relativo in x0 = 1 ma f �(1) = 1.

Un punto x0 ∈ (a, b) ove f(x) e derivabile con f �(x0) = 0 e detto puntostazionario o punto critico per f(x).

Secondo questa definizione, il Teorema di Fermat afferma che ogni pun-to di massimo o di minimo relativo per f(x) in [a, b], interno ad [a, b],e un punto stazionario. Cio vuol dire che andremo a cercare i puntidi massimo e di minimo relativo interni al dominio di una funzionederivabile tra i suoi punti stazionari.

Ad esempio, consideriamo la funzione f(x) = sin x in [−π, π]. Abbiamoche f �(x) = cos x = 0 in (−π, π) se e solo se x = ±π

2 . Dunque, gli unicicandidati punti di massimo e di minimo relativi in (−π, π) sono i punti±π

2 . Osserviamo che x = π

2 e punto di massimo (assoluto) mentrex = −π

2 e punto di minimo (assoluto). Osserviamo inoltre che i puntix = −π e x = π sono rispettivamente punti di massimo e di minimorelativo per f(x) in [−π, π] ma non sono punti stazionari.

Osserviamo infine che la condizione fornita dal Teorema di Fermate condizione necessaria ma non sufficiente. Ad esempio la funzionef(x) = x3 e funzione derivabile in R e f �(x) = 3x2 = 0 se e solo sex = 0 ma x = 0 non e punto ne’ di massimo ne’ di minimo.

Page 119: AppuntI ANALISI Uno

3. TEOREMI FONDAMENTALI DEL CALCOLO DIFFERENZIALE 119

Dai prossimi risultati vedremo di dedurre delle condizioni sufficientiall’esistenza di punti di massimi e di minimi relativi.

Teorema 5.6. (di Rolle)

Sia f(x) funzione continua in [a, b] e derivabile in (a, b). Se f(a) = f(b)allora esiste x0 ∈ (a, b) tale che f �(x0) = 0.

Dim. Essendo f(x) continua nell’intervallo chiuso e limitato [a, b], dal Teo-rema di Weierstrass abbiamo che esistono xm, xM ∈ [a, b] rispettivamentepunto di massimo e di minimo per f(x) in [a, b].Se xm ∈ (a, b) oppure xM ∈ (a, b) allora, dal Teorema di Fermat, avremorispettivamente che f �(xm) = 0 oppure f �(xM ) = 0. Altrimenti, xm, xM �∈(a, b) e quindi xm, xM ∈ {a, b}. Poiche per ipotesi f(a) = f(b) avremo allorache f(xm) = f(xM ) ed essendo f(xm) ≤ f(x) ≤ f(xM ) per ogni x ∈ [a, b] nesegue che f(x) e costante in [a, b] e dunque che f �(x) = 0 per ogni x ∈ (a, b).�Si osservi che l’ipotesi di continuita in [a, b] e necessaria: la funzione

f(x) =

�x se x ∈ (0, 1]

1 se x = 0

e derivabile in (0, 1) ma non e continua in [0, 1], f(0) = f(1) = 1 manon esiste alcun x0 ∈ (0, 1) tale che f �(x0) = 0 essendo f �(x) = 1 perogni x ∈ (0, 1).

L’ipotesi di derivabilita in tutto (a, b) e necessaria, difatti la funzionef(x) = |x − 1

2 | e continua in [0, 1], derivabile in (0, 1) eccetto che inx0 = 1

2 e f(0) = f(1) = 12 ma non esiste alcun x0 ∈ (0, 1) tale che

f �(x0) = 0 essendo |f �(x)| = 1 per ogni x ∈ (0, 1) \ {12}.

Osserviamo infine che il Teorema di Rolle afferma che nelle ipotesi dicontinuita e di derivabilita, se f(a) = f(b) allora esiste x0 ∈ (a, b) taleche f �(x0) = 0, altrimenti detto, esiste x0 ∈ (a, b) tale che la rettatangente al grafico di f(x) nel punto (x0, f(x0)) risulta parallela allaretta passante per i punti (a, f(a)) e (b, f(b)).

Il Teorema di Lagrange generalizza il Teorema di Rolle al caso in cui nonnecessariamente f(a) = f(b), affermando che nelle ipotesi di continuitae di derivabilita esiste x0 ∈ (a, b) tale che la retta tangente al graficodi f(x) nel punto (x0, f(x0)) risulta parallela alla retta passante per ipunti (a, f(a)) e (b, f(b)).

Teorema 5.7. (di Lagrange)

Sia f(x) funzione continua in [a, b] e derivabile in (a, b). Allora esiste

x0 ∈ (a, b) tale che f �(x0) =f(b)−f(a)

b−a.

Page 120: AppuntI ANALISI Uno

120 5. FUNZIONI DERIVABILI

Dim. Osservato che la retta passante per i punti (a, f(a)) e (b, f(b)) ha

equazione y = f(a) + f(b)−f(a)b−a

(x − a), ci si riconduce al Teorema di Rollemediante la funzione ausiliaria

g(x) = f(x)−�f(a) +

f(b)− f(a)

b− a(x− a)

Risulta infatti che g(x) e continua in [a, b], derivabile in (a, b) e che g(a) =g(b) = 0. Dal Teorema di Rolle abbiamo allora che esiste x0 ∈ (a, b) tale cheg�(x0) = 0 ed essendo

g�(x) = f �(x)− f(b)− f(a)

b− a, ∀x ∈ (a, b)

segue la tesi. �Utilizzando il Teorema di Lagrange potremo ricavare informazioni sul-l’incremento di una funzione f(x) nell’intervallo [a, b] una volta notoil segno di f �(x) in (a, b): se f �(x) > 0 per ogni x ∈ (a, b) avre-mo che f(a) < f(b), se invece f �(x) < 0 per ogni x ∈ (a, b) avremoche f(a) > f(b) mentre se f �(x) = 0 per ogni x ∈ (a, b) avremo chef(a) = f(b). Usando tali considerazioni si provano i seguenti risultati.

Teorema 5.8. (di caratterizzazione delle funzioni costanti)

Una funzione f(x) e costante in [a, b] se e solo se e continua in [a, b],derivabile in (a, b) e f �(x) = 0 per ogni x ∈ (a, b).

Dim. Se f(x) e funzione costante in [a, b] allora f(x) e continua in [a, b],derivabile in (a, b) e f �(x) = 0 per ogni x ∈ (a, b).Viceversa, sia f(x) funzione continua in [a, b], derivabile in (a, b) e talef �(x) = 0 per ogni x ∈ (a, b). Proviamo che per ogni x ∈ (a, b] risultaf(x) = f(a). Preso comunque x ∈ (a, b], risulta applicabile il Teoremadi Lagrange nell’intervallo [a, x], ottenendo che esiste x0 ∈ (a, x) tale che

f �(x0) =f(x)−f(a)

x−aed essendo f �(x0) = 0 ne segue che f(x) = f(a). �

Dal precedente risultato segue immediatamente

Corollario 5.1. Siano f(x) e g(x) funzioni continue in [a, b] deriva-bili in (a, b) e tali che f �(x) = g�(x) per ogni x ∈ (a, b). Allora esiste

c ∈ R tale che f(x) = g(x) + c per ogni x ∈ [a, b].

Ad esempio, essendo D(arccos x + arcsin x) = 0 per ogni x ∈ (−1, 1),risulta

arccosx+ arcsin x =π

2per ogni x ∈ [−1, 1]

mentre, essendo D(arctan x + arctan 1x) = 0 per ogni x �= 0, avre-

mo arctanx + arctan 1x

= π

2 per ogni x > 0 e arctan x + arctan 1x

=−π

2 per ogni x < 0.

Dal Teorema di Lagrange segue inoltre

Page 121: AppuntI ANALISI Uno

3. TEOREMI FONDAMENTALI DEL CALCOLO DIFFERENZIALE 121

Corollario 5.2. (Criterio di monotonia)

Sia f(x) funzione continua in [a, b] e derivabile in (a, b). Allora

(i) f(x) e crescente in [a, b] se e solo se f �(x) ≥ 0 per ogni x ∈(a, b);

(ii) f(x) e decrescente in [a, b] se e solo se f �(x) ≤ 0 per ogni

x ∈ (a, b).

Dim. Proviamo solo la prima affermazione.Supponiamo innanzitutto f(x) funzione crescente e proviamo che f �(x) ≥ 0per ogni x ∈ (a, b). Essendo la funzione crescente, per ogni x0 ∈ (a, b) e

ogni a < x < x0 risulta f(x) ≤ f(x0) e quindi f(x)−f(x0)x−x0

≥ 0. Dal Teoremadella permanenza del segno otteniamo allora f �

−(x0) ≥ 0 ed essendo f(x)derivabile, ne segue che f �(x0) = f �

−(x0) ≥ 0.Per provare il viceversa, supponiamo che f �(x) ≥ 0 per ogni x ∈ (a, b)e proviamo che f(x) risulta crescente. Presi comunque x, y ∈ (a, b) conx < y proviamo che f(x) ≤ f(y). Osserviamo allora che la funzione risultacontinua in [x, y] e derivabile in (x, y), dal Teorema di Lagrange otteniamo

allora che esiste ξ ∈ (x, y) tale che f �(ξ) = f(y)−f(x)y−x

. Poiche f �(ξ) ≥ 0 ey − x > 0 ne segue che f(y)− f(x) ≥ 0 ovvero f(x) ≤ f(y). �Ad esempio la funzione f(x) = x3e−x e funzione derivabile in tutto Rcon f �(x) = 3x2e−x−x3e−x = x2e−x(3−x). Risulta allora f �(x) ≥ 0 perogni x ≤ 3 e f �(x) ≤ 0 per ogni x ≥ 3. Dal precedente criterio si ottieneallora che la funzione e crescente in (−∞, 3] e decrescente in [3,+∞).Il punto x = 3 e punto stazionario per f(x) e poiche f(x) e crescente in(−∞, 3] ne deduciamo che f(x) ≤ f(3) per ogni x ≤ 3. Essendo f(x)decrescente in [3,+∞) otteniamo che f(3) ≥ f(x) per ogni 3 ≤ x. Nesegue allora che per ogni x ∈ R risulta f(x) ≤ f(3) e quindi che x = 3e punto di massimo (assoluto) per f(x) e che f(3) = 27e−3 e massimo(assoluto).

-2 -1 0 1 2 3 4 5 6 7

-3

-2

-1

1

2

Grafico di y = x3e−x

Page 122: AppuntI ANALISI Uno

122 5. FUNZIONI DERIVABILI

Ragionando come nell’esempio possiamo provare il seguente criterio perl’esistenza di un punto di massimo e di minimo relativo.

Corollario 5.3. Sia f(x) funzione derivabile in (a, b) e sia x0 ∈ (a, b)tale che f �(x0) = 0.

(i) Se esiste δ > 0 tale che f �(x) ≤ 0 per x0 − δ < x < x0 e

f �(x) ≥ 0 per x0 < x < x0 + δ allora x0 e punto di minimo

relativo per f(x);(ii) Se esiste δ > 0 tale che f �(x) ≥ 0 per x0 − δ < x < x0 e

f �(x) ≤ 0 per x0 < x < x0 + δ allora x0 e punto di massimo

relativo per f(x);

Dal Criterio di monotonia e dal Teorema di caratterizzazione dellefunzioni costanti abbiamo inoltre

Corollario 5.4. (criterio di monotonia stretta)

Sia f(x) funzione continua in [a, b] e derivabile in (a, b). Allora

(i) f(x) e strettamente crescente in [a, b] se e solo se f �(x) ≥ 0per ogni x ∈ (a, b) ed f �(x) non e identicamente nulla in alcun

intervallo in (a, b);(ii) f(x) e decrescente in [a, b] se e solo se f �(x) ≤ 0 per ogni x ∈

(a, b) ed f �(x) non e identicamente nulla in alcun intervallo in

(a, b).

Dim. Proviamo la prima affermazione. Dal criterio di monotonia sappia-mo che, essendo f(x) crescente, risulta f �(x) ≥ 0 per ogni x ∈ (a, b). DalTeorema di caratterizzazione delle funzioni costanti abbiamo inoltre che sef �(x) = 0 per ogni x ∈ (x1, x2) ⊂ (a, b), f(x) risulterebbe costante in [x1, x2],contro l’ipotesi di monotonia stretta.Viceversa, se f �(x) ≥ 0 per ogni x ∈ (a, b), dal criterio di monotonia ab-biamo che f(x) risulta crescente in [a, b]. Per assurdo, supponiamo che lafunzioni non risulti strettamente crescente. Avremo allora che in tal casoesisterebbero x1 < x2 in [a, b] tali che f(x1) = f(x2). Poiche f(x) risultacrescente per ogni x ∈ (x1, x2), avremo f(x1) ≤ f(x) ≤ f(x2) e dunqueche f(x) risulterebbe costante in [x1, x2]. Quindi f �(x) = 0 in (x1, x2) incontraddizione con l’ipotesi. �Osserviamo che se f �(x) > 0 in (a, b) allora f(x) e strettamente cre-scente in (a, b) mentre ad esempio la funzione f(x) = x3 e strettamentecrescente ma f �(0) = 0.

Come applicazione notevole del precedente risultato otteniamo che adesempio la funzione f(x) = ax risulta strettamente crescente se a > 1mentre risulta strettamente decrescente se 0 < a < 1 essendo f �(x) =log a ax e log a > 0 se a > 1 mentre log a < 0 se 0 < a < 1.

Page 123: AppuntI ANALISI Uno

4. FUNZIONI CONVESSE 123

4. Funzioni convesse

In questo paragrafo vedremo la definizione di funzione convessa persole funzioni derivabili anche se tale definizione puo essere data pergeneriche funzione (si veda ad esempio [PS]).Sia f(x) funzione derivabile in un intervallo aperto I ⊆ R. Diremo chef(x) e funzione convessa in I se per ogni x0 ∈ I risulta

f(x) ≥ f(x0) + f�(x0)(x− x0), per ogni x ∈ I.

Altrimenti detto una funzione risulta convessa in I se il suo grafico sisvolge al di sopra delle rette tangenti.

0

Diremo invece che f(x) e funzione concava in I se −f(x) e funzioneconvessa, ovvero se per ogni x0 ∈ I risulta

f(x) ≤ f(x0) + f�(x0)(x− x0), per ogni x ∈ I

Esempi

• La funzione f(x) = x2 e convessa in tutto R. Infatti, per ogni x0 ∈ Rsi ha

0 ≤(x− x0)2 = x

2 − 2xx0 + x20 = x

2 − 2xx0 + 2x20 − x

20

=x2 − 2x0(x− x0) + x

20

e dunque x2 ≥ x20 + 2x0(x − x0) per ogni x ∈ R, cioe f(x) ≥ f(x0) +

f �(x0)(x− x0) per ogni x ∈ R.

Page 124: AppuntI ANALISI Uno

124 5. FUNZIONI DERIVABILI

0

f(x) = x2

• La funzione f(x) = ex e convessa in tutto R. Infatti, preso comunquex0 ∈ R, proviamo che

ex ≥ e

x0 + ex0(x− x0) ∀x ∈ R

A tale scopo consideriamo la funzione g(x) = ex − ex0 + ex0(x − x0) eproviamo che g(x) ≥ 0 per ogni x ∈ R. Osserviamo allora che g(x) efunzione derivabile su tutto R con g�(x) = ex − ex0 . Allora g�(x) > 0se e solo se x > x0. Ne segue che g(x) e strettamente decrescente in(−∞, x0), e strettamente crescente in (x0,+∞) e che x0 e punto diminimo assoluto per g(x) su R con g(x0) = 0. In particolare si ha cheg(x) ≥ 0 per ogni x ∈ R.

0

f(x) = ex

Osserviamo che ogni funzione lineare f(x) = ax + b e sia concavache convessa in R. Infatti f(x) coincide con la sua retta tangente inogni punto. Viceversa, e immediato che ogni funzione sia concava checonvessa in un intervallo aperto I e funzione lineare su I.

Page 125: AppuntI ANALISI Uno

4. FUNZIONI CONVESSE 125

Vediamo ora un criterio, conseguenze del Teorema di Lagrange, che cipermettera di stabilire che una funzione risulta convessa.

Teorema 5.9. (criterio di convessita)

Sia f(x) funzione derivabile sull’intervallo aperto I ⊆ R. Allora f(x)e convessa in I se e solo se f �(x) e crescente in I.

Dim. Proviamo innanzitutto che se f(x) e convessa in I allora f �(x) ecrescente in I. Presi x1, x2 ∈ I con x1 < x2 proviamo che f �(x1) ≤ f(x2).Essendo f(x) convessa, dalla definizione per ogni x ∈ I risulta

f(x) ≥ f(x1) + f �(x1)(x− x1) e f(x) ≥ f(x2) + f �(x2)(x− x2).

In particolare, ponendo x = x2 nella prima disequazione e x = x1 nellaseconda, otteniamo

f(x2) ≥ f(x1) + f �(x1)(x2 − x1) e f(x1) ≥ f(x2) + f �(x2)(x1 − x2)

da cui, essendo x2 > x1,

f �(x1) ≤f(x2)− f(x1)

x2 − x1≤ f �(x2)

e quindi f �(x1) ≤ f �(x2).Per provare il viceversa, supponiamo f �(x) crescente in I e proviamo chef(x) e convessa in I. Preso comunque x0 ∈ I, consideriamo innanzituttox ∈ I con x < x0. Dal Teorema di Lagrange esiste ξ ∈ (x, x0) tale che

f(x)− f(x0)

x− x0= f �(ξ)

ed essendo f �(x) crescente ne segue che

f(x)− f(x0)

x− x0= f �(ξ) ≤ f �(x0)

e quindi, essendo x < x0, f(x) ≥ f(x0) + f �(x0)(x− x0). Analogalmente, sex ∈ I e x > x0. Ne segue allora che per ogni x ∈ I risulta

f(x) ≥ f(x0) + f �(x0)(x− x0)

e dunque che f(x) e convessa in I. �Sia f(x) funzione derivabile in un intervallo I ⊆ R. Diremo che f(x) ederivabile due volte in x0 ∈ I se la funzione derivata f �(x) e derivabilein x0. In tal caso il limite

limx→x0

f �(x)− f �(x0)

x− x0

viene detto derivata seconda di f(x) in x0 e viene denotato con f ��(x0)ed anche con f (2)(x0) e D2f(x0). Diremo inoltre che f(x) e derivabiledue volte in I se risulta derivabile due volte in ogni x0 ∈ I.

Page 126: AppuntI ANALISI Uno

126 5. FUNZIONI DERIVABILI

Dal precedente risultato e dai criteri di monotonia per le funzioni de-rivabili, nel caso la funzione risulti derivabile due volte in I, si ottieneimmediatamente il seguente criterio

Corollario 5.5. Sia f(x) funzione derivabile due volte nell’intervalloaperto I ⊆ R. Allora f(x) e convessa in I se e solo se f ��(x) ≥ 0 per

ogni x ∈ I.

Analoghi criteri si hanno per le funzioni concave.

Infine, un punto x0 ∈ I tale che esiste δ > 0 per cui f(x) risultaconvessa in (x0−δ, x0)∩I e concava in (x0, x0+δ)∩I o viceversa, vienedetto punto di flesso per f(x). Si osservi che dal precedente criterio, sef(x) e derivabile due volte in I allora f ��(x0) = 0.

Esempi

• La funzione f(x) = ex abbiamo gia provato essere funzione conves-sa in R. Difatti risulta f �(x) = ex funzione crescente in R ed anchef ��(x) = ex > 0 per ogni x ∈ R. Osserviamo che in particolare risulta

ex ≥ x+ 1, ∀x ∈ R.

• La funzione f(x) = log x e funzione concava in (0,+∞). Difattirisulta f �(x) = 1

xfunzione decrescente in (0,+∞) ed anche f ��(x) =

− 1x2 < 0 per ogni x ∈ (0,+∞). In particolare osserviamo che si ha

log x ≤ x− 1, ∀x > 0.

• La funzione f(x) = arctan x e funzione convessa in (−∞, 0) e concavain (0,+∞). Infatti, abbiamo

f�(x) =

1

1 + x2e f

��(x) =−2x

(1 + x2)2

quindi f ��(x) > 0 per x < 0 e f ��(x) < 0 per x > 0. Il punto x = 0 e unpunto di flesso per f(x) con f �(0) = 1, dunque a tangente obliqua.

• La funzione f(x) = x3 e funzione convessa in (0,+∞) e concava in(−∞, 0), in quanto f ��(x) = 6x e quindi f ��(x) > 0 se x > 0 e f ��(x) < 0se x < 0. Il punto x = 0 e punto di flesso con f �(0) = 0, dunque atangente orizzontale.

• La funzione f(x) = 3√x e funzione concava in (0,+∞) e convessa in

(−∞, 0), in quanto

f�(x) =

1

3x− 2

3 e f��(x) = −2

9x− 5

3

Page 127: AppuntI ANALISI Uno

5. APPLICAZIONI DEL CALCOLO DIFFERENZIALE 127

e quindi f ��(x) < 0 se x > 0 e f ��(x) > 0 se x < 0. Il punto x = 0 epunto di flesso. In tale punto la funzione non e derivabile, difatti x = 0e un punto di flesso a tangente verticale.

5. Applicazioni del calcolo differenziale

Risoluzione di equazioni trascendenti

Vediamo come i precedenti risultati ci permettono di risolvere equazionitrascendenti.

• Torniamo a considerare l’equazione log x + 13√x= 0. Abbiamo pro-

vato, utilizzando il Teorema di esistenza degli zeri che tale equazioneammette almeno due soluzioni x0 ∈ (18 , 1) e x1 ∈ ( 1

125 ,18). Proviamo

che tali soluzioni sono le uniche. A tale scopo consideriamo la funzionef(x) = log x + 1

3√xe studiamone la monotonia. f(x) e derivabile in

(0,+∞) con

f�(x) =

1

x− 1

3x43

=3x

13 − 1

3x43

Avremo che f �(x) > 0 se e solo se 3x13 > 1 ovvero x >

127 . Dai criteri

visti abbiamo allora che f(x) e strettamente decrescente in (0, 127 ], e

strettamente crescente in [ 127 ,+∞) e x = 1

27 e punto di minimo assolutoper f(x) con f( 1

27) = −3 log 3 + 13 < 0. Ne segue allora che la funzione

ammette un unico zero in (0, 127) (x1 ∈ ( 1

125 ,127)) e un unico zero in

( 127 ,+∞) (x0 ∈ (18 , 1)).

0x0

x

x1

!0

grafico di f(x) = log x+ 13√x

• Determinare il numero di soluzioni dell’equazione log x + 13√x= α

al variare di α ∈ R. A tale scopo andiamo a studiare l’immagine dif(x). Dallo studio fatto sopra abbiamo che x = 1

27 e punto di minimo

Page 128: AppuntI ANALISI Uno

128 5. FUNZIONI DERIVABILI

assoluto per f(x) con f( 127) = −3 log 3 + 1

3 = α0. Studiamo ora ilcomportamento della funzione agli estremi del dominio. Abbiamo

limx→0+

f(x) = +∞ e limx→+∞

f(x) = +∞

Ne segue allora che sup f(x) = +∞ mentre min f(x) = α0. Dal Teo-rema dei valori intermedi abbiamo allora che f(x) assume tutti e solii valori α ∈ [α0,+∞). Precisamente, dalla monotonia di f(x), essen-do f(x) strettamente decrescente in (0, 1

27 ] e strettamente crescente in[ 127 ,+∞), deduciamo che l’equazione ammette:- due soluzioni per ogni α > α0,- una sola soluzione per α = α0

- nessuna soluzione per α < α0.

• Determinare il numero di soluzioni dell’equazione log x + 1xα = 0 al

variare di α > 0. Consideriamo la funzione fα(x) = log x+ 1xα , definita

in (0,+∞). Risulta

limx→0+

fα(x) = limx→+∞

fα(x) = +∞, ∀α > 0.

fα(x) e derivabile in (0,+∞) con

f�α(x) =

1

x− α

xα+1=

xα − α

xα+1

Avremo che f �α(x) > 0 se e solo se xα > α ovvero x > α

1α . Dai criteri

visti abbiamo allora che fα(x) e strettamente decrescente in (0,α1α ],

e strettamente crescente in [α1α ,+∞) e x = α

1α e punto di minimo

assoluto per fα(x) con

fα(α1α ) =

1

αlogα +

1

α=

1

α(1 + logα).

Avremo allora che fα(α1α ) < 0 se e solo se logα < −1 ovvero se α < e−1.

Quindi, dalla monotonia di fα(x) e dal Teorema di esistenza degli zerideduciamo che l’equazione fα(x) = 0 ammette- due soluzioni per ogni 0 < α <

1e,

- una sola soluzione per α = 1e

- nessuna soluzione per α >1e.

Page 129: AppuntI ANALISI Uno

5. APPLICAZIONI DEL CALCOLO DIFFERENZIALE 129

00<!<1/e

x

!=1/e

!>1/e

grafico di f(x) = log x+ 1xα al variare di α > 0

Ricerca di valori estremi

• Determinare le dimensioni piu economiche di una scatola a base ret-tangolare avente altezza pari a 1m e volume pari a 2m3. Detti � e L ilati della base, poiche vogliamo minimizzare la superficie esterna dallascatola, cerchiamo il minimo di S = 2� ·L+ 2�+ 2L. Avendo richiestoche il volume risulti pari a 2m3 dovremo avere che � ·L · 1 = 2 e quindiche L = 2

�. Cerchiamo quindi il minimo della funzione S(�) = 4+2�+ 4

per � > 0. Abbiamo che S(�) e derivabile con S �(�) = 2 − 4�2

= 2 �2−2�2

.

Dunque S �(�) > 0 se e solo se � >√2. Ne segue che S(�) e decrescente

in (0,√2], crescente in [

√2,+∞) e quindi �0 =

√2 e punto di minimo

assoluto. In corrispondenza L0 =2�0

=√2 e quindi le dimensioni mini-

me della scatola sono√2×

√2× 1. La scatola piu economica ha base

quadrata.

• Determinare tra tutti i triangoli isosceli inscritti in una circonferenzadi raggio 1 quello di area massima. Detta b la base del triangolo e h lasua altezza, essendo il triangolo isoscele inscritto in una circonferenza diraggio 1 dal Teorema di Pitagora, posto x = h−1, risulta b

2 =√1− x2

e dunque che l’area del triangolo e data da

A(x) = h× b

2= (1 + x)

√1− x2.

Cerchiamo quindi il massimo della funzione A(x) per x ∈ [0, 1]. Lafunzione risulta derivabile con

A�(x) =

√1− x2 − x(1 + x)√

1− x2= −2x2 + x− 1√

1− x2.

Dunque A�(x) > 0 in (0, 1) se e solo se x <12 . A(x) risulta allora

crescente in [0, 12 ], decrescente in [12 , 1] e x0 = 12 e punto di massimo

Page 130: AppuntI ANALISI Uno

130 5. FUNZIONI DERIVABILI

assoluto per A(x). In corrispondenza avremo che il triangolo di areamassima avra base pari a b0 = 2

�1− x2

0 =√3 e altezza h0 = 1+x0 =

32 . Dunque il lato sara �0 =

�h20 +

b204 =

√3. Il triangolo e equilatero.

Studi di funzione

Vediamo ora come, utilizzando i risultati sin ora ottenuti, e possibiletracciare il grafico qualitativo di una data funzione f(x). Lo schemache seguiremo e il seguente.

1. Determinare il dominio della funzione.2. Determinare, se possibile, il segno di f(x) e l’esistenza di even-

tuali zeri di f(x).3. Determinare le eventuali simmetrie di f(x).4. Determinare il comportamento agli estremi del dominio e l’e-

sistenza di eventuali asintoti. Ricordiamo a tale scopo chey = � ∈ R e un asintoto orizzontale per f(x) se lim

x→±∞f(x) = �.

x = x0 e un asintoto verticale per f(x) se limx→x0

f(x) = ±∞.

Infine, se limx→+∞

f(x) = ±∞ e se esistono m, q ∈ R, m �= 0, tali

che

limx→+∞

f(x)

x= m e lim

x→+∞f(x)−mx = q

allora y = mx+ q e asintoto obliquo per f(x).5. Studiare la monotonia e l’esistenza di eventuali punti di mas-

simo e di minimo relativi per f(x).6. Studiare la convessita e l’esistenza di eventuali punti di flesso

per f(x).7. Tracciare un grafico qualitativo della funzione.

Vediamo qualche esempio

• Studiamo la funzione f(x) = arctan( x

x−1).

1. Dom(f) = R\{1} e la funzione risulta continua in tutto il suodominio.

2. Essendo arctan y > 0 se e solo se y > 0, avremo che f(x) > 0se e solo se x

x−1 > 0 e dunque per x ∈ (−∞, 0) ∪ (1,+∞).Quindi f(x) > 0 per x ∈ (−∞, 0) ∪ (1,+∞), f(x) < 0 perx ∈ (0, 1) e f(x) = 0 solo per x = 0.

3. La funzione non presenta simmetrie.4. Essendo x

x−1 → 1 per x → ±∞, avremo

limx→±∞

f(x) = arctan 1 =π

4

Page 131: AppuntI ANALISI Uno

5. APPLICAZIONI DEL CALCOLO DIFFERENZIALE 131

mentre, essendo x

x−1 → ±∞ per x → 1±, abbiamo

limx→1±

f(x) = ±π

2.

Quindi la funzione ammette y = π

4 come asintoto orizzontaleper x → ±∞.

5. La funzione risulta derivabile in tutto il suo dominio e quindiper studiare la monotonia e l’esistenza di eventuali punti dimassimo e di minimo relativi per f(x), studiamo il segno delladerivata prima. Abbiamo

f�(x) =

1

1 + x2

(x−1)2

−1

(x− 1)2= − 1

(x− 1)2 + x2

e quindi che f �(x) < 0 per ogni x ∈ Dom(f). Ne segue chela funzione risulta strettamente decrescente in (−∞, 1) e in(1,+∞) e che non ammette punti di massimo e di minimorelativi.

6. La funzione risulta derivabile due volte nel suo dominio e quin-di studiamo la convessita di f(x) mediante lo studio del segnodi f ��(x). Abbiamo

f��(x) =

2(x− 1) + 2x

((x− 1)2 + x2)2= 2

2x− 1

((x− 1)2 + x2)2

e quindi che f ��(x) > 0 se e solo se x >12 . Ne segue che f(x)

e concava in (−∞,12), e convessa in (12 , 1) e in (1,+∞), infine

x = 12 e punto di flesso a tangente obliqua (y = arctan 1

2 −2(x− 1

2)).

-2 -1 0 1 2 3

x

!/4

Grafico di f(x) = arctan( x

x−1)

• Studiamo la funzione f(x) = | log(x− 1)|− 2x.

Page 132: AppuntI ANALISI Uno

132 5. FUNZIONI DERIVABILI

1. Dom(f) = (1,+∞) osserviamo inoltre che la funzione risultacontinua in tutto il suo dominio.

2. Non e per il momento possibile studiare il segno e gli zeri dif(x) poiche la disequazione f(x) ≥ 0 e trascendente.

3. La funzione non presenta simmetrie.4. Abbiamo che lim

x→1+f(x) = +∞ e dunque che x = 1 e un asin-

toto verticale (destro) per f(x), mentre, limx→+∞

f(x) = −∞.

Controlliamo se la funzione ammette un asintoto obliquo. Ab-biamo

limx→+∞

f(x)

x= −2 ma lim

x→+∞f(x) + 2x = +∞

dunque la funzione non ammette asintoti obliqui.5. Osservato che la funzione risulta derivabile in ogni x ∈ (1,+∞)

con x �= 2, per studiare la monotonia e l’esistenza di eventualipunti di massimo e di minimo relativi per f(x), studiamo ilsegno della derivata prima. Abbiamo

f(x) =

�log(x− 1)− 2x se x ≥ 2

− log(x− 1)− 2x se 1 < x < 2

e quindi

f�(x) =

�1

x−1 − 2 = 3−2xx−1 se x > 2

− 1x−1 − 2 = 2x−1

1−xse 1 < x < 2

Per x > 2 abbiamo f �(x) ≥ 0 se e solo se 3 − 2x ≥ 0 ovverose e solo se x ≤ 3

2 < 2. Ne segue che f �(x) < 0 per ognix > 2 e quindi che f(x) e strettamente decrescente in [2,+∞).Per 1 < x < 2 abbiamo f �(x) ≥ 0 se e solo se 2x − 1 ≤ 0ovvero se e solo se x ≤ 1

2 < 1. Ne segue che f �(x) < 0 perogni 1 < x < 2 e quindi che f(x) e strettamente decrescentein (1, 2]. La funzione non ammette quindi punti di massimo edi minimo relativi.Osserviamo inoltre che x = 2 e un punto angoloso per f(x)essendo

f�+(2) = lim

x→2+

f(x)− f(2)

x− 2= lim

x→2+

log(x− 1)− 2x+ 4

x− 2

= limx→2+

(x− 2) + o(x− 2)− 2(x− 2)

x− 2= −1

Page 133: AppuntI ANALISI Uno

6. TEOREMA DI DE L’HOPITAL 133

mentre

f�−(2) = lim

x→2+

f(x)− f(2)

x− 2= lim

x→2+

− log(x− 1)− 2x+ 4

x− 2

= limx→2+

−(x− 2) + o(x− 2)− 2(x− 2)

x− 2= −3

2. Possiamo ora studiare segno e zeri di f(x). Osservato chef(2) = −4 < 0 e che f(x) e strettamente decrescente in[2,+∞) otteniamo che f(x) < 0 per ogni x > 2. Osserva-to inoltre che f(2) < 0 e che lim

x→1+f(x) = +∞, dal teorema dei

valori intermedi esiste x0 ∈ (1, 2) tale che f(x0) = 0. Poiche lafunzione e strettamente descrescente in (1, 2) avremo che talezero e unico.

6. La funzione e derivabile due volte in ogni x ∈ (1 + ∞) conx �= 2, studiamo la convessita di f(x) mediante lo studio delsegno di f ��(x). Abbiamo

f��(x) =

�− 1

(x−1)2 se x > 21

(x−1)2 se 1 < x < 2

Ne segue che f ��(x) < 0 per ogni x ∈ (2,+∞) e f ��(x) > 0per ogni x ∈ (1, 2) e dunque che f(x) e concava in (2,+∞) econvessa in (1, 2).

0 1

Grafico di f(x) = | log(x− 1)|− 2x

6. Teorema di De l’Hopital

Consideriamo due funzioni f(x) e g(x) continue nell’intervallo [a, b] esia x0 ∈ (a, b) tale che f(x0) = g(x0) = 0. Il limite

limx→x0

f(x)

g(x)

Page 134: AppuntI ANALISI Uno

134 5. FUNZIONI DERIVABILI

presenta una forma indeterminata del tipo 00 ed in tali situazioni potra

essere utile il Teorema di De l’Hopital. Per averne un’idea, supponiamoche f(x) e g(x) risultino derivabili in x0 con g�(x0) �= 0. Allora

limx→x0

f(x)

g(x)= lim

x→x0

f(x)−f(x0)x−x0

g(x)−g(x0)x−x0

=f �(x0)

g�(x0)

Il Teorema di De l’Hopital generalizza il risultato al caso in cui f(x)e/o g(x) non sono derivabili in x0. Per provare tale teorema avremobisogno della seguente generalizzazione del Teorema di Lagrange

Teorema 5.10. (di Cauchy)

Siano f(x) e g(x) funzioni continue in [a, b] e derivabili in (a, b). Se

g�(x) �= 0 per ogni x ∈ (a, b), allora esiste x0 ∈ (a, b) tale che

f(b)− f(a)

g(b)− g(a)=

f �(x0)

g�(x0).

Dim. Basta applicare il Teorema di Rolle alla funzione F (x) = f(x)(g(b)−g(a))−g(x)(f(b)−f(a)) ed osservare che essendo g�(x) �= 0 per ogni x ∈ (a, b)avremo che g(a) �= g(b). �Osserviamo che i Teoremi di Cauchy, di Rolle e di Lagrange sono difatto equivalenti.

Possiamo ora provare

Teorema 5.11. (di De L’Hopital)

Siano f(x) e g(x) funzioni derivabili in (a, b) ad eccezione eventual-

mente di x0 ∈ (a, b). Se limx→x0

f(x) = limx→x0

g(x) = 0, g�(x) e non nulla

in (a, b) \ {x0} ed esiste

limx→x0

f �(x)

g�(x)= � ∈ R ∪ {±∞},

allora

limx→x0

f(x)

g(x)= �

Dim. Osserviamo innanzitutto che essendo f(x) e g(x) derivabili in (a, b) \{x0}, risulteranno continue in (a, b)\{x0} e poiche lim

x→x0f(x) = lim

x→x0g(x) =

0, potremo estenderle con continuita in x0 ponendo f(x0) = g(x0) = 0. Persemplicita denoteremo ancora con f(x) e g(x) tali estensioni.Sia ora (xn)n∈N ⊂ (a, b) \ {x0} tale che xn → x0. Per il Teorema di Cau-chy, essendo le funzioni continue nell’intervallo chiuso di estremi x0 e xn e

Page 135: AppuntI ANALISI Uno

6. TEOREMA DI DE L’HOPITAL 135

derivabili nell’intervallo aperto di estremi x0 e xn, per ogni n ∈ N esiste ξncompreso tra x0 e xn tale che

f(xn)

g(xn)=

f(xn)− f(x0)

g(xn)− g(x0)=

f �(ξn)

g�(ξn)

Poiche xn → x0 avremo che ξn → x0 e quindi, poiche esiste limx→x0

f �(x)

g�(x)= �,

avremo

limn→+∞

f(xn)

g(xn)= lim

n→+∞

f �(ξn)

g�(ξn)= �

e dal Teorema di caratterizzazione sequenziale del limite segue che

limx→x0

f(x)

g(x)= �.

�Il Teorema di De l’Hopital si puo provare anche in ciascuna delleseguenti situazioni:

- quando si considerano i limiti destri e sinistri (x → x±0 );

- quando limx→x0

f(x) = limx→x0

g(x) = ±∞ ed anche quando la sola g(x)

diverge a ±∞;

- quando f(x) e g(x) risultano derivabili in intervalli illimitati e siconsidera il limite per x → +∞ o x → −∞.

Osserviamo che dal Teorema di De l’Hopital vale l’uguaglianza

limx→x0

f(x)

g(x)= lim

x→x0

f �(x)

g�(x)

purche il secondo limite esista, parleremo in questo caso di uguaglianzacondizionata e scriveremo

limx→x0

f(x)

g(x)H= lim

x→x0

f �(x)

g�(x)

Ad esempio, consideriamo le funzioni f(x) = x2 sin 1xe g(x) = x.

Abbiamo che

limx→0

f(x)

g(x)= lim

x→0x sin

1

x= 0

mentre non esiste il limite

limx→0

f �(x)

g�(x)= lim

x→02x sin

1

x− cos

1

x

Esempi

Page 136: AppuntI ANALISI Uno

136 5. FUNZIONI DERIVABILI

• Calcolare il limite limx→0

sin x

e2x − cos x. Sono soddisfatte le ipotesi del

Teorema di De l’Hopital e

limx→0

sin x

e2x − cos xH= lim

x→0

cos x

2e2x + sin x=

1

2Osserviamo che per calcolare il limite era sufficiente osservare che dailimiti notevoli per x → 0 risulta sin x ∼ x mentre e2x − cos x = 2x +o(x) ∼ 2x.

• Calcolare il limite limx→0

sin2x

sin x− log(1 + x). Sono soddisfatte le ipotesi

del Teorema di De l’Hopital e

limx→0

sin2x

sin x− log(1 + x)H= lim

x→0

2 sin x cos x

cos x− 11+x

per calcolare il secondo limite possiamo osservare che dai limiti notevoli,per x → 0 risulta 2 sin x cos x ∼ 2x mentre cos x− 1

1+x= x+ o(x) ∼ x

e dunque che

limx→0

2 sin x cos x

cos x− 11+x

= 2

oppure potremo applicare nuovamente il Teorema di De l’Hopital:

limx→0

2 sin x cos x

cos x− 11+x

H= lim

x→0

2 cos2 x− 2 sin2x

− sin x+ 1(1+x)2

= 2.

• Calcolare il limite limx→0

e−x2

2 − cos x

x3. Sono soddisfatte le ipotesi del

Teorema di De l’Hopital e

limx→0

e−x2

2 − cos x

x3,H= lim

x→0

−xe−x2

2 + sin x

3x2

per calcolare il secondo limite applichiamo nuovamente il Teorema diDe l’Hopital:

limx→0

−xe−x2

2 + sin x

3x2

H= lim

x→0

x2e−x2

2 − e−x2

2 + cosx

6x= 0.

dove, per calcolare l’ultimo limite, possiamo osservare che x2e−x2

2 −e−x2

2 + cosx = x2 + o(x2) oppure applicare nuovamente il Teorema diDe l’Hopital:

limx→0

x2e−x2

2 − e−x2

2 + cosx

6xH= lim

x→0

3xe−x2

2 − x3e−x2

2 + sin x

6= 0

Page 137: AppuntI ANALISI Uno

6. TEOREMA DI DE L’HOPITAL 137

Segue inoltre

Corollario 5.6. Sia x0 ∈ (a, b) e sia f(x) continua in (a, b) e deri-

vabile in (a, b) \ {x0}. Se limx→x0

f�(x) = � ∈ R allora f(x) e derivabile in

x0 e f �(x0) = �. Se limx→x0

f�(x) = ±∞ allora f(x) non e derivabile in

x0.

Dim. Applichiamo il Teorema di De l’Hopital per calcolare il limite delrapporto incrementale

limx→x0

f(x)− f(x0)

x− x0

H= lim

x→x0f �(x) = � ∈ R ∪ {±∞}

Allora, se � ∈ R avremo che f(x) e derivabile in x0 e f �(x0) = � mentre se� = ±∞ allora f(x) non risulta derivabile in x0. �

Osserviamo che nel caso in cui non esiste il limite limx→x0

f�(x) non si puo

dire nulla sulla derivabilita in x0. Ad esempio la funzione

f(x) =

�x2 sin 1

xse x �= 0

0 se x �= 0

risulta derivabile in x = 0 ma non esiste il limite

limx→0

f�(x) = lim

x→02x sin

1

x− cos

1

x.

Osserviamo inoltre che il risultato potra applicarsi solo quando f(x) econtinua in x0, poiche se non lo fosse potremo immediatamente con-cludere che f(x) non e derivabile in x0, pur eventualmente avere cheesiste finito il limite lim

x→x0

f�(x).

Il risultato si puo provare anche nel caso in cui si considerino i limiti perx → x

±0 . In tal caso otteremo delle informazioni sulle derivate destra e

sinistra, f �±(x0).

Come ulteriore esempio, consideriamo la funzione f(x) = | log(1+x3)|.Abbiamo che la funzione risulta derivabile in (−1,+∞) \ {0} con

f�(x) =

�3x2

1+x3 se x > 0

− 3x2

1+x3 se − 1 < x < 0

Inoltre, limx→0±

f�(x) = 0 e quindi dal precedente risultato f(x) e deriva-

bile in x = 0 con f �(0) = 0.

Page 138: AppuntI ANALISI Uno

138 5. FUNZIONI DERIVABILI

Ad esempio, consideriamo la funzione f(x) = | log(x − 1)|. Abbiamoche la funzione risulta derivabile in (1,+∞) \ {2} con

f�(x) =

�1

x−1 se x > 2

− 1x−1 se 1 < x < 2

Inoltre, limx→2+

f�(x) = 1, lim

x→2−f�(x) = −1. Quindi esistono f �

+(2) = 1 e

f �−(2) = −1 e dunque f(x) non risulta derivabile in x = 2.

Osserviamo infine che dal precedente risultato si ottiene che la funzionederivata f �(x) potra presentare al piu discontinuita di seconda specie(esiste f �(x0) ma non esiste lim

x→x+0

f�(x) oppure lim

x→x+0

f�(x)).

7. Formula di Taylor

Abbiamo visto che se f(x) e funzione definita in (a, b) e derivabile inx0 ∈ (a, b) allora vale la formula degli incrementi finiti:

f(x) = f(x0) + f�(x0)(x− x0) + o(x− x0), per x → x0

Abbiamo quindi che f(x) puo essere approssimata mediante il polino-mio di grado minore o uguale a 1

P1,f (x) = f(x0) + f�(x0)(x− x0)

commettendo un errore trascurabile rispetto a (x− x0) per x → x0:

r1,f (x) = f(x)− P1(x) = o(x− x0), per x → x0

Abbiamo inoltre visto (Teorema del differenziale) che P1,f (x) e l’unicopolinomio di grado minore o uguale a 1 tale che P1,f (x0) = f(x0) e cheapprossima f(x) a meno di un errore trascurabile rispetto a (x − x0)per x → x0. Vogliamo ora determinare con piu precisione l’ordine diinfinitesimo del resto r1,f (x). A tale scopo supponiamo che f(x) risultiderivabile in (a, b) e calcoliamo

limx→x0

r1,f (x)

(x− x0)2

utilizzando il Teorema di De l’Hopital. Abbiamo

limx→x0

r1,f (x)

(x− x0)2= lim

x→x0

f(x)− P1,f (x)

(x− x0)2

= limx→x0

f(x)− f(x0)− f �(x0)(x− x0)

(x− x0)2H= lim

x→x0

f �(x)− f �(x0)

2(x− x0)

Page 139: AppuntI ANALISI Uno

7. FORMULA DI TAYLOR 139

ed il limite a secondo membro esiste finito se e solo se f(x) risultaderivabile due volte in x0. Quindi, se f(x) e derivabile due volte in x0

avremo che

limx→x0

r1,f (x)

(x− x0)2= lim

x→x0

f(x)− f(x0)− f �(x0)(x− x0)

(x− x0)2=

1

2f��(x0)

e quindi che ord(r1(x)) ≥ 2. Per x → x0 risulta inoltre

f(x) = f(x0) + f�(x0)(x− x0) +

1

2f��(x0)(x− x0) + o((x− x0)

2)

e dunque che f(x) puo essere approssimata mediante il polinomio digrado minore o uguale a 2

P2,f (x) = f(x0) + f�(x0)(x− x0) +

1

2f��(x0)(x− x0)

2

commettendo un errore trascurabile rispetto a (x− x0)2 per x → x0:

r2,f (x) = f(x)− P2(x) = o((x− x0)2), per x → x0

Iterando il precedente ragionamento e supponendo che la funzione risul-ti derivabile fino ad un certo ordine n > 2, potremo pensare di ottenereun’approssimazione migliore di f(x) mediante un polinomio Pn,f (x) digrado minore o uguale a n commettendo un errore rn,f (x) trascura-bile rispetto a (x − x0)n. La formula di Taylor ci assicura che taleragionamento e corretto. Andiamo innanzitutto a definire la derivatan-esima.

Dato n ∈ N, supponiamo di aver definito la derivata (n − 1)-esimaf (n−1)(x). Se f(x) risulta derivabile (n− 1)-volte in (a, b), diremo chef(x) e derivabile n-volte in x0 ∈ (a, b) se esiste finito il limite

limx→x0

f (n−1)(x)− f (n−1)(x0)

x− x0.

Denoteremo tale limite con f (n)(x0) e lo chiameremo derivata n-esimadi f(x) in x0. Vale allora

Teorema 5.12. (Formula di Taylor con resto di Peano)

Per ogni n ∈ N, se f(x) e derivabile n-volte in x0 ∈ (a, b) allora il

polinomio di grado minore o uguale a n

Pn,f (x) = f(x0)+f�(x0)(x−x0)+

f ��(x0)

2(x−x0)

2+...+f (n)(x0)

n!(x−x0)

n,

(detto polinomio di Taylor di ordine n centrato in x0) approssima f(x) ameno di un errore trascurabile rispetto a (x− x0)n per x → x0:

rn,f (x) = f(x)− Pn(x) = o((x− x0)n), per x → x0.

Page 140: AppuntI ANALISI Uno

140 5. FUNZIONI DERIVABILI

Dim. La dimostrazione procede per induzione. Abbiamo provato che ilrisultato vale per n = 1. Supponiamo che il risultato sia valido per n eproviamo che risulta valido per n+1. Dobbiamo quindi provare che se f(x)e funzione derivabile (n+ 1)-volte in x0 ∈ (a, b) allora il polinomio

Pn+1,f (x) = f(x0) + f �(x0)(x− x0) +1

2f ��(x0)(x− x0)

2 + ...+

+1

n!f (n)(x0)(x− x0)

n +1

(n+ 1)!f (n+1)(x0)(x− x0)

n+1,

approssima f(x) a meno di un errore trascurabile rispetto a (x−x0)n+1 perx → x0. Verifichiamo quindi che

limx→x0

f(x)− Pn+1,f (x)

(x− x0)n+1= 0

utilizzando il Teorema di De l’Hopital. Osserviamo a tale scopo che

P �n+1,f (x) = f �(x0) + f ��(x0)(x− x0) + ...+

f (n)(x0)

(n− 1)!(x− x0)

n−1

+f (n+1)(x0)

n!(x− x0)

n = Pn,f �(x)

e che, dall’ipotesi induttiva,

f �(x) = Pn,f �(x) + o((x− x0)n), per x → x0.

Allora

limx→x0

f(x)− Pn+1,f (x)

(x− x0)n+1H= lim

x→x0

f �(x)− P �n+1,f (x)

(n+ 1)(x− x0)n

= limx→x0

f �(x)− Pn,f �(x)

(n+ 1)(x− x0)n= 0

e dunque la tesi. �Dal precedente teorema abbiamo allora che vale la seguente formula,detta sviluppo o formula di Taylor con resto di Peano per f(x) di ordinen centrata in x0:

f(x) = f(x0) + f�(x0)(x− x0) +

1

2f��(x0)(x− x0)

2 + ...+

+1

n!f(n)(x0)(x− x0)

n + o((x− x0)n), per x → x0.

Nel caso particolare in cui x0 = 0, la formula di Taylor si scrive come

f(x) = f(0)+f�(0)x+

1

2f��(0)x2+...+

1

n!f(n)(0)xn+o(xn), per x → 0.

e prende il nome di sviluppo o formula di mcLaurin.

Osserviamo che risulta

Pn,f (x0) = f(x0), P�n,f

(x0) = f�(x0), ..., P

(n)n,f

(x0) = f(n)(x0),

Page 141: AppuntI ANALISI Uno

7. FORMULA DI TAYLOR 141

e diremo che Pn,f (x) e f(x) hanno un contatto di ordine n in x0. Si puoprovare che Pn,f (x) e l’unico polinomio di grado minore o uguale a n

avente un contatto di ordine n con f(x) in x0 e che approssima f(x) ameno di un errore trascurabile rispetto a (x − x0)n per x → x0. Valein altri termini il seguente risultato

Proposizione 5.2. Se f(x) e derivabile n-volte in x0 ∈ (a, b) e per

x → x0 vale

f(x) = a0 + a1(x− x0) + a2(x− x0)2 + ...+ an(x− x0)

n + o((x− x0)n),

allora a0 = f(x0), a1 = f �(x0), a2 =f��(x0)2 , ... , an = f

(n)(x0)n! .

Vediamo lo sviluppo di Taylor centrato in x0 = 0 di alcune funzionielementari.

• Consideriamo la funzione esponenziale f(x) = ex. Osservato chef (n)(x) = ex per ogni n ∈ N e ogni x ∈ R, per x0 = 0 otteniamof (n)(0) = 1 e quindi

ex = 1 + x+

x2

2+

x3

3!+ ...+

xn

n!+ o(xn), per x → 0.

• Per f(x) = (1 + x)α, α ∈ R, abbiamo

(1 + x)α = 1 + αx+α(α− 1)

2x2 +

α(α− 1)(α− 2)

3!x3 + ...+

+α(α− 1)(α− 2)...(α− n+ 1)

n!xn + o(xn) per x → 0

essendo f (n)(x) = α(α−1)(α−2)...(α−n+1)(1+x)α−n. In particolarese α = k ∈ N, otteniamo che f (n)(x) = 0 per ogni n > k e quindi ilbinomio di Newton

(1 + x)k = 1 + kx+k(k − 1)

2x2 +

k(k − 1)(k − 2)

3!x3 + ...+ x

k =

=k�

n=1

k(k − 1)...(k − n+ 1)

n!xk−n =

k�

n=1

k!

n!(k − n)!xk−n

Se α = −1 otteniamo invece1

1 + x= 1− x+ x

2 + ...+ (−1)nxn + o(xn) per x → 0 (10)

ed osservato che per D(log(1 + x)) = 11+x

dalla Proposizione 5.2 otte-niamo

log(1 + x) = x− x2

2+

x3

3+ ...+ (−1)n+1x

n

n+ o(xn), per x → 0

Page 142: AppuntI ANALISI Uno

142 5. FUNZIONI DERIVABILI

Inoltre, sempre da (10), risulta

1

1 + x2= 1− x

2 + x4 + ...+ (−1)nx2n + o(x2n) per x → 0

Essendo 11+x2 = D(arctan x), sempre dalla Proposizione 5.2 ne segue

che

arctan x = x− x3

3+

x5

5+ ...+ (−1)n

x2n+1

2n+ 1+ o(x2n+2) per x → 0.

Infine osserviamo che si ha1

1− x= 1 + x+ x

2 + ...+ xn + o(xn) per x → 0.

• Per f(x) = sin x, essendo f (2n+1)(x) = (−1)n cos x mentre f (2n)(x) =(−1)n sin x, otteniamo che f (2n)(0) = 0 mentre f (2n+1)(0) = (−1)n.Quindi

sin x = x− x3

3!+

x5

5!+ · · ·+ (−1)n

x2n+1

(2n+ 1)!+ o(x2n+2) per x → 0

0

Polinomi di Taylor di f(x) = sinx fino all’ordine 15

Analogalmente, si ottiene

cos x = 1− x2

2+

x4

4!+ · · ·+ (−1)n

x2n

(2n)!+ o(x2n+1) per x → 0

• Per f(x) = sinh x, essendo f (2n+1)(x) = cosh x mentre f (2n)(x) =sinh x, otteniamo che f (2n)(0) = 0 mentre f (2n+1)(0) = 1. Quindi

sinh x = x+x3

3!+

x5

5!+ · · ·+ x2n−1

(2n− 1)!+ o(x2n) per x → 0.

Page 143: AppuntI ANALISI Uno

7. FORMULA DI TAYLOR 143

Analogalmente,

cosh x = 1 +x2

2+

x4

4!+ · · ·+ x2n

(2n)!+ o(x2n+1) per x → 0.

Utilizzando il Teorema di Lagrange, si puo dare una stima piu precisadell’errore rn,f (x) e precisamente, se f(x) risulta derivabile (n + 1)-volte in (a, b) (eventualmente ad eccezione di x0) allora per ogni x ∈(a, b) \ {x0} esiste ξ compreso tra x e x0 tale che

rn,f (x) =1

(n+ 1)!f(n+1)(ξ)(x− x0)

n+1

e quindi vale la seguente formula di Taylor con resto di Lagrange

f(x) = f(x0) + f�(x0)(x− x0) +

1

2f��(x0)(x− x0)

2 + ...+

+1

n!f(n)(x0)(x− x0)

n +1

(n+ 1)!f(n+1)(ξ)(x− x0)

n+1.

particolarmente utile per la tabulazione di funzioni.

Ad esempio vediamo di determinare un’approssimazione di√e a meno

di un errore trascurabile rispetto a 10−3. Dallo sviluppo di Taylor diex con resto di Lagrange centrato in x0 = 0 e applicato in x = 1

2 si ha√e = 1 + 1

2 +12(

12)

2 + 13!(

12)

3 + ...+ 1n!(

12)

n + 1(n+1)!e

ξ(12)n+1

= 1 + 12 +

12

122 +

13!

123 + ...+ 1

n!12n + e

ξ

2n+1(n+1)!

per qualche ξ ∈ (0, 12). Poiche 0 < eξ < 2 per ogni ξ ∈ (0, 12), avremo

che l’errore eξ

2n+1(n+1)! <1

2n(n+1)! < 10−3 per n ≥ 4. Dunque√e =1 + 1

2 +12

122 +

13!

123 +

14!

124 + r

= 1 + 12 +

18 +

148 +

1384 + r = 1, 6484 + r

dove |r| < 10−3.

Vediamo ora alcune applicazioni degli sviluppi visti.

Esempi

• Determinare lo sviluppo di Taylor di ordine 3 centrato in x0 = 0 dellafunzione f(x) = ex sin x.

1o metodo. Calcoliamo le derivate fino al terzo ordine. Abbiamo

f�(x) = e

x(sin x+cosx), f��(x) = 2ex cos x, f

���(x) = 2ex(cos x− sin x)

e quindi f(0) = 0, f �(0) = 1, f ��(0) = 2, f ���(0) = 2. Ne segue che

ex sin x = f(0)+f

�(0)x+f ��(0)

2x2+

f ���(0)

6x3+o(x3) = x+x

2+x3

3+o(x3)

Page 144: AppuntI ANALISI Uno

144 5. FUNZIONI DERIVABILI

2o metodo. Utilizziamo gli sviluppi di ex e di sin x. Per x → 0 abbiamoex = 1 + x + x

2

2 + x3

6 + o(x3) e sin x = x− x3

6 + o(x3). Dalle proprietadi o piccolo otteniamo

ex sin x = (1 + x+

x2

2+

x3

6+ o(x3))(x− x3

6+ o(x3))

= x− x3

6+ x

2 +x3

2+ o(x3) = x+ x

2 +x3

3+ o(x3)

• Determinare lo sviluppo di Taylor di ordine 2 centrato in x0 = 0della funzione f(x) = e

√1+x−1. Utilizzando direttamente gli sviluppi

notevoli, ricordando che√1 + x = 1 + x

2 − x2

8 + o(x2) per x → 0 e

ponendo y =√1 + x − 1 nello sviluppo ey = 1 + y + y

2

2 + o(y2) pery → 0, per x → 0 otteniamo

e

√1+x−1 = 1 + (

√1 + x− 1) +

(√1 + x− 1)2

2+ o((

√1 + x− 1)2)

= 1 +x

2− x2

8+ o(x2) +

(x2 −x2

8 + o(x2))2

2+

+ o((x

2− x2

8+ o(x2))2)

= 1 +x

2− x2

8+

x2

8+ o(x2) = 1 +

x

2+ o(x2)

• Calcolare l’ordine di infinitesimo della funzione f(x) = log(1+sin x)+3√1− 3x− 1 per x → 0.

Abbiamo log(1+y) = y− y2

2 +o(y2) per y → 0 e quindi, posto y = sin x,

per x → 0 otteniamo log(1 + sin x) = sin x− sin2 x2 + o(sin2

x). Essendosin x = x+ o(x2), ne segue che

log(1 + sinx) = x− x2

2+ o(x2)

Ricordando inoltre che 3√1 + y = 1+ 1

3y −29y

2 + o(y2) posto y = −3x,per x → 0 otteniamo

3√1− 3x− 1 = −x− 2x2 + o(x2)

e dunque

f(x) = −x2

2− 2x2 + o(x2) = −5

2x2 + o(x2)

ne segue che f(x) ha ordine di infinitesimo pari a 2.

Page 145: AppuntI ANALISI Uno

7. FORMULA DI TAYLOR 145

• Calcolare l’ordine di infinitesimo della funzione f(x) = ex2−sin2

x−1per x → 0.Ricordando che ey = 1+y+ y

2

2 +o(y2) per y → 0, per x → 0 otteniamo

ex2= 1 + x

2 +x4

2+ o(x4)

D’altra parte essendo sin x = x− x3

6 + o(x4) per x → 0, si ha

sin2x = (x− x3

6+ o(x4))2 = x

2 − x4

3+ o(x4)

e dunque otteniamo

f(x) =x4

2+

x4

3+ o(x4) =

5

6x4 + o(x4)

e quindi che ord(f(x)) = 4.

• Calcolare al variare di α ∈ R l’ordine di infinitesimo della funzionefα(x) = sin x− x

√1 + αx per x → 0. Abbiamo che

fα(x) = sin x− x√1 + αx = x− x3

3!− x(1 + αx− α2

8x2 + o(x2))

= −αx2 + (

α2

8− 1

6)x3 + o(x3)

e dunque che fα(x) ha ordine di infinitesimo pari a 2 se α �= 0 mentreha ordine di infinitesimo pari a 3 se α = 0.

• Calcolare al variare di α > 0 l’ordine di infinitesimo della funzionefα(x) = cos(xα)−

√1− x2 per x → 0+. Abbiamo

fα(x) = 1−x2α

2+o(x2α)−(1−x2

2+o(x2)) = −x2α

2+x2

2+o(x2α)+o(x2).

Se α < 1, risulta x2 = o(x2α) da cui deduciamo che fα(x) = −x2α

2 +o(x2α) e dunque che ord(fα(x)) = 2α. Se invece α > 1 allora x2α =o(x2) e quindi fα(x) = x

2

2 + o(x2) da cui ord(fα(x)) = 2 . Se infineα = 1 dal precedente sviluppo otteniamo che fα(x) = o(x2) e quindiche ord(fα) > 2. Utilizzando gli sviluppi di Taylor di ordine superioreper α = 1 otteniamo

fα(x) = 1− x2

2+

x4

4!+ o(x4)− (1− x2

2− x4

8+ o(x4)) =

x4

6+ o(x4)

da cui ord(fα(x)) = 4.

• Calcolare limx→0

sin2x

sin x− log(1 + x). Ricordando che sin x = x+ o(x2) e

che log(1+x) = x− x2

2 +o(x2) per x → 0 otteniamo sin2x = x2+o(x2) ∼

Page 146: AppuntI ANALISI Uno

146 5. FUNZIONI DERIVABILI

x2 mentre sin x− log(1 + x) = x2

2 + o(x2) ∼ x2

2 e dunque

limx→0

sin2x

sin x− log(1 + x)= lim

x→0

x2

x2

2

= 2.

• Calcolare limx→0+

11−x

− ex

arctan x− sin x. Risulta 1

1−x= 1 + x + x2 + o(x2)

mentre ex = 1 + x+ x2

2 + o(x2) per x → 0 da cui

1

1− x− e

x =x2

2+ o(x2) ∼ x2

2

Mentre, essendo sinx = x− x3

6 + o(x3) e arctan x = x− x3

3 + o(x3) perx → 0 otteniamo

arctan x− sin x = −x3

6+ o(x3) ∼ −x3

6Quindi

limx→0+

11−x

− ex

arctan x− sin x= lim

x→0+

x2

2

−x3

6

= −∞.

• Calcolare limn→+∞

sin 1n− log(1 + 1

n)

( 3√n3 + n− n)

. Ricordando che sinx = x+ o(x2)

e log(1+ x) = x− x2

2 + o(x2) per x → 0 otteniamo sin x− log(1+ x) =x2

2 + o(x2) ∼ x2

2 . Quindi, per n → +∞ risulta

sin1

n− log(1 +

1

n) ∼ 1

2n2

mentre3√n3 + n− n = n( 3

�1 +

1

n2− 1)

e dal limite notevole 3√1 + x− 1 ∼ 1

3x per x → 0, otteniamo

3√n3 + n− n = n( 3

�1 +

1

n2− 1) ∼ n

1

3n2=

1

3n

Quindisin 1

n− 1

n

( 3√n3 + n− n)

∼1

2n2

13n

=3

2n→ 0

• Calcolare limn→+∞

en

(1 + 1n)n2 . Abbiamo

en

(1 + 1n)n2 =

en

en2 log(1+ 1

n )= e

n−n2 log(1+ 1

n ).

Page 147: AppuntI ANALISI Uno

7. FORMULA DI TAYLOR 147

Poiche

n− n2 log(1 +

1

n) = n− n

2(1

n− 1

2n2+ o(

1

n2)) = −1

2+ o(1) → 1

2

ne segue che en

(1+ 1n )n2 → e

12 =

√e.

• Calcolare limn→+∞

cos 1n−

�1− 1

n2

n−�

n2 + 1n

. Dagli sviluppi notevoli di cosx e

√1 + x per x → 0, per n → +∞ otteniamo

cos1

n= 1− 1

2n2+

1

24n4+ o(

1

n4)

e �1− 1

n2= 1− 1

2n2− 1

8n4+ o(

1

n4)

da cui

cos1

n−

�1− 1

n2=

1

6n4+ o(

1

n4) ∼ 1

6n4

Inoltre

n−�

n2 +1

n= n(1−

�1 +

1

n3) ∼ −n

1

2n3= − 1

2n2

Ne segue allora che

cos 1n−

�1− 1

n2

n−�n2 + 1

n

∼1

6n4

− 12n2

= − 1

3n2

e dunque che limn→+∞

cos 1n−�

1− 1n2

n−�n2 + 1

n

= 0.

• Calcolare al variare di α ∈ R il limite limn→+∞

nα(e

1n (

1

n− 1)+1). Dallo

sviluppo notevole dell’esponenziale per n → +∞ otteniamo

nα(e

1n (

1

n− 1) + 1) = n

α((1 +1

n+

1

2n2+ o(

1

n2))(

1

n− 1) + 1)

= nα(

1

2n2+ o(

1

n2)) ∼ nα−2

2

Page 148: AppuntI ANALISI Uno

148 5. FUNZIONI DERIVABILI

Ne segue che

limn→+∞

nα(e

1n (

1

n− 1) + 1) =

0 se α < 212 se α = 2

+∞ se α > 2

• Calcolare limn→+∞

sin 1n2

log(1 + 1nα )− 1

n

al variare di α > 0.

Si osservi innanzitutto che, dai limiti notevoli, per n → +∞ risultasin 1

n2 ∼ 1n2 . Inoltre, essendo α > 0, risulta 1

nα → 0 e ricordando che

log(1 + x) = x− x2

2 + o(x2) per x → 0 otteniamo

log(1 +1

nα)− 1

n=

1

nα− 1

2n2α+ o(

1

nα)− 1

n

e dunque, se α < 1 allora 1n= o( 1

nα ) e

log(1 +1

nα)− 1

n=

1

nα+ o(

1

nα) ∼ 1

Mentre se α = 1 allora

log(1 +1

n)− 1

n= − 1

2n2+ o(

1

n2) ∼ − 1

2n2

e se α > 1 allora 1nα = o( 1

n) e dunque

log(1 +1

nα)− 1

n= − 1

n+ o(

1

n) ∼ − 1

n

Ne segue che

sin 1n2

log(1 + 1nα )− 1

n

1n2−α se α < 1

−2 se α = 1

− 1n

se α > 1

e quindi

limn→+∞

sin 1n2

log(1 + 1nα )− 1

n

=

�0 se α �= 1

−2 se α = 1

• Studiare, al variare di α ∈ R, la continuita e la derivabilita in x = 0della funzione

f(x) =

�eαx−1

xse x > 0

cos x se x ≤ 0

Ricordando che ey = 1 + y + o(y) per y → 0, si ha che

limx→0+

f(x) = limx→0+

eαx − 1

x= lim

x→0+

αx+ o(x)

x= α, ∀α ∈ R.

Page 149: AppuntI ANALISI Uno

7. FORMULA DI TAYLOR 149

Essendo limx→0−

f(x) = 1 = f(0), concludiamo che la funzione risulta

continua solo se α = 1.Supponendo α = 1, studiamo la derivabilita di f(x). Osserviamo chef(x) risulta derivabile in x < 0 con f �(x) = − sin x e dunque che f(x)ammette derivata sinistra in x0 = 0 con

f�−(0) = lim

x→0−f�(x) = lim

x→0−− sin x = 0.

Inoltre essendo f(0) = 1, dallo sviluppo di Taylor ex = 1+x+ x2

2 +o(x2)si ottiene

limx→0+

f(x)− f(0)

x= lim

x→0+

ex−1x

− 1

x=

= limx→0+

ex − 1− x

x2= lim

x→0+

x2

2 + o(x2)

x2=

1

2

e dunque che f(x) ammette derivata destra in x0 = 0 uguale a 12 . Ne

concludiamo che f(x) non risulta derivabile in x0 = 0.

• Studiare, al variare di α, β ∈ R, la continuita e la derivabilita inx0 = 0 della funzione

f(x) =

�√1+x2+cosx−α

x2 se x > 0

sin βx se x ≤ 0

Abbiamo che limx→0−

f(x) = limx→0−

sin(βx) = 0 = f(0) mentre, essendo

per x → 0,√1 + x2 = 1+ x

2

2 +o(x2) e cos x = 1− x2

2 +o(x2), otteniamo

che√1 + x2 + cosx− α = 2 + o(x2)− α , da cui

limx→0+

f(x) = limx→0+

√1 + x2 + cosx− α

x2= lim

x→0+

2 + o(x2)− α

x= 0

se e solo se α = 2. Ne segue allora che la funzione risulta continua inx0 = 0 solo per α = 2. Supponendo α = 2, studiamo la derivabilita dif(x) in x0 = 0. Osserviamo che f(x) risulta derivabile in x < 0 conf �(x) = β cos(βx) e dunque che f(x) ammette derivata sinistra in x0 =0 con f

�−(0) = lim

x→0−f�(x) = lim

x→0−β cos(βx) = β. Inoltre, dallo sviluppo

di Taylor√1 + x2 = 1 + x

2

2 − x4

8 + o(x4) e cos x = 1− x2

2 + x4

12 + o(x4)

si ottiene√1 + x2 + cosx = 2− x

4

24 + o(x4) da cui

limx→0+

f(x)− f(0)

x= lim

x→0+

√1 + x2 + cosx− 2

x3= lim

x→0+

−x4

24 + o(x4)

x3= 0

e concludiamo che f(x) ammette derivata destra in x0 = 0 pari a 0.Ne segue allora che f(x) risulta derivabile in x0 = 0 solo se β = 0.

Page 150: AppuntI ANALISI Uno

150 5. FUNZIONI DERIVABILI

8. Esercizi

Studiare le seguenti funzioni

1. f(x) = x+ log(1− x) *

2. f(x) = x4ex *

3. f(x) = x(log x− 1) *

4. f(x) =x

log |x| *

5. f(x) =x

e|x2−1| *

6. f(x) =√x2 − 1 + x *

7. f(x) =α+ log x

1− log x, α ∈ R *

8. f(x) = (1− x) log(1− x) + αx, α ∈ R *

9. f(x) = eαxx−1 *

10. f(x) = log |x− 1|+ αx *

Determinare il numero di soluzioni delle seguenti equazioni trascendential variare dell’eventuale parametro α ∈ R

1. e−x|x2 − 1| = 1 [3]*

2. arcsin√x =

√1− x2 [1]*

3. log x = α(x− 1) [2 se α > 0, α �= 1, 1 se α ≤ 0 e α = 1]*

4. log(x+ 1) = x2 + α [2 se α < α0, 1 se α = α0, 0 se α > α0 dove

α0 = log( 1+√3

2 )− 1 +√32 ]*

5. |x|αex = 1 [3 se α > e, 2 se α = e, 1 se α < e]*

6. log |x| = αx [1 se |α| > 1e , 2 se α = ± 1

e e α = 0, 3 se 0 < |α| < 1e ]*

7. log |x| = α

x3 [1 se |α| > 13e , 2 se α = ± 1

3e e α = 0, 3 se 0 < |α| < 13e ]*

8. eαx = x *

9. log(x2 − 1) = x2 + α[0 se α > −2, 2 se α = −2 e α = 0, 4 se α < −2]*

10. αx2 = log(1 + x2) [1 se α ≤ 0 e α ≥ 1, 3 se 0 < α < 1]*

11. eαx2= x2 con α > 0 [0 se α > 1

e , 2 se α = 1e , 4 se 0 < α < 1

e ]*

12. x− arctanx+ 1

x− 1= α [1 se |α− 1| ≥ π

2 , 2 se |α− 1| < π2 ]*

13. log(1 +1

x) =

α

x+ 1[1 se α �= 1, 0 se α = 1]*

14. arctan(αx) = x [1 se α ≤ 1, 3 se α > 1]

15. e−|x2−1| = α [2 se 0 < α < 1e e α = 1, 3 se α = 1

e , 4 se 1e < α < 1, 0 se

α ≤ 0 e α > 1]*

16. | log x| = αx2, α > 0 [1 se α > 12e , 2 se α = 1

2e , 3 se 0 < α < 12e ]*

17. log x = αx2 [1 se α ≤ 0 e α = 12e , 0 se α = 1

2e , 2 se α > 12e ]*

Page 151: AppuntI ANALISI Uno

8. ESERCIZI 151

Risolvere i seguenti problemi:

1. Determinare il massimo raggio del cilindro circolare retto inscritto

in una sfera di raggio 1. [�

23 ]*

2. Determinare l’area massima tra tutti i rettangoli inscritti in unellisse di equazione x

2

4 + y2 = 1. [4]*

3. Determinare l’area massima tra le aree di tutti i triangoli isosceli

inscritti in una circonferenza di raggio 1. [3√3

4 ]*

4. Determinare la distanza minima tra il grafico della funzione f(x) =

e−x2e l’origine del piano [

�12(1 + log 2)]*

5. Determinare le dimensioni della scatola a base quadrata di volumepari a 8m3 avente superficie esterna minima. [2× 2× 2]*

6. Determinare l’area massima tra tutti i rettangoli inscritti in unellisse di semiassi a e b. [2ab]*

7. Determinare il valore massimo del prodotto di due numeri nonnegativi aventi somma pari ad a [a2 ]*

8. Se la somma di due numeri non negativi e a, determinare il valoremassimo della somma dei loro quadrati. [a2]*

Calcolare i seguenti limiti al variare di α ∈ R

1. limn→+∞

n2(e1n2 − (cos

1

n)α [1 + α

2 ]*

2. limn→+∞

log(1 + 1n)− sinα 1

n

3√n4 + 1− 3

√n4 − 1

[+∞ se α > 1, −∞ se α ≤ 1]*

3. limn→+∞

n2

��1 +

α

n− cos

1√n

�[∞ se α �= −1, − 1

6 se α = −1]*

4. limn→+∞

sin( 1√n)− 1√

n

(√n+ nα −

√n)

[−∞ se α < −1, − 13 se α = −1, 0 se α > −1]*

5. limn→+∞

�(1 +

1

n)e−

1n − 1

�[−∞ se α > 2, − 1

2 se α = 2, 0 se α < 2]*

6. limn→+∞

n√nα − 1

sin lognn

− log(1 + 1n)

[α]*

7. limn→+∞

n log(1 + nα)− n2 sin1

n[−∞ se α ≤ 0, +∞ se α > 0]*

8. limn→+∞

√1 + nα − 1

sin 1n− log(1 + 1

n

[+∞ se α > −2, 1 se α = −2, 0 se α < −2]*

Determinare l’ordine di infinitesimo per x → 0+ delle seguenti funzionial variare dell’eventuale parametro α ∈ R

1. f(x) =

√1− x2 − cosx

x3[1]

Page 152: AppuntI ANALISI Uno

152 5. FUNZIONI DERIVABILI

2. f(x) = esin2x − 2

√1 + x2 + 1 [4]*

3. f(x) = e2 sinx −√1 + 4x [2]*

4. f(x) = e−x sinx− x cos√2x [> 2]*

5. f(x) = ex cosx− 11−x

[2]*

6. f(x) = ex2 − sin2 x− 1 [4]*

7. f(x) = log(1 + x)ex − sinx√1 + 2x [2]*

8. f(x) = (x+ 1)x − cosx [2]*

9. f(x) = ex sinx− x√1 + αx [2 se α �= 2, 3 se α = 2]*

10. f(x) = cos(xα)−√1− sinx, α > 0 [1 se α > 1

2 , 2 se α = 12 , 2α se

α < 12 ]*

11. f(x) = e√1+x−1 −

√1 + x [2]*

12. f(x) = x

1−x− log(1 + arctanx) [2]

13. f(x) = x

1−x− sin(arctanx), α > 0 [2]*

14. f(x) = log(1 + sinx)− α sinx [1 se α �= 1, 2 se α = 1]*

15. f(x) =√cosx− 1− α(cosx− 1) [2 se α �= 1

2 , 4 se α = 12 ]*

16. f(x) = esin2x −

�cos(αx) [2 ∀α ∈ R]*

17. f(x) = log(cos(αx)) + sin2 x [2 se α �= ±√2, 4 se α = ±

√2]*

18. f(x) = sin2 x+ cos(αx2)− ex2

[4 ∀α]*19. f(x) =

√cosx− eαx

2[2 se α �= −1

4 , 4 se α = −14 ]*

20. f(x) = x2

1+x− α log(cosx) [2 se α �= −2, 3 se α = −2]*

21. f(x) = sinx− x cosx+ α log(1 + x2) [2 se α �= 0, 3 se α = 0]*

22. f(x) = cos2 x−√1− 2xα, α > 0 [2 se α > 2, α se α < 2, 4 se

α = 2]*

23. f(x) = sin2 x− log(1 + xα), α > 0 [2 se α > 2, α se α < 2, 4 seα = 2]*

Stabilire per quali valori di α, β ∈ R le seguenti funzioni risultanoderivabili in x0 = 0:

1. f(x) =

�xα+1ex

2 se x > 0

1 se x ≤ 0[α = 1]*

2. f(x) =

�π

2 − arctan α

xse x > 0

eαx − e−αx se x ≤ 0[α = 1√

2]*

3. f(x) =

�sin(αx)− x

x−1 se x ≥ 0

e−1x2 se x < 0

[α = −1]*

4. f(x) =

�1x2 e

− 1x se x > 0

αex − 1 + β sinx se x ≤ 0[α = 1, β = −1]*

Page 153: AppuntI ANALISI Uno

8. ESERCIZI 153

5. f(x) =

�xα(1− cosx) se x > 0

β se x ≤ 0[α = −2, β = 1

2 ]*

6. f(x) =

x2 log(1 + 1x) + 1 se x > 0

1 se x = 0

αe1x + β arctan 1

xse x < 0

[nessun α,β]*

7. f(x) =

�x−log(1+x)

x3 − 12x se x > 0

α se x ≤ 0[α = −1

3 ]*

8. f(x) =

�cos2(x)−cos(x2)

x2 se x > 0

cos(x+ α) se x ≤ 0[απ + 2kπ, k ∈ Z]*

9. f(x) =

�√1+x2+cosx−β

xse x > 0

eαx − 1 se x ≤ 0[α = 0, β = 2]*

10. f(x) =

�log(1+x)√1+αx−1

se x > 0

β se x ≤ 0[α = 2, β = 1]*

11. f(x) =

�xα log(sinx+ 1) se 0 < x < π

2

β se x ≤ 0[α = −1, β = 1]*

12. f(x) =

�eαx−1x

se x > 0

β se x ≤ 0[α = β = 0]*

13. f(x) =

�β−arcsin(1−x)

xα se 0 < x < 2

0 se x ≤ 0[continua per 0 < α < 1

2 ,

β = π

2 ]*

14. f(x) =

�ex−

√cosx+αx

log(1+x) se 0 < x < 2

arctan(βx) se x ≤ 0[α = −1, β = 3

4 ]*

15. f(x) =

x log(1+x)+ex2−α√

1+2x−1se 0 < x < 2

sin(βx) se x ≤ 0[α = 1, β = 2]*

16. f(x) =

�xα(1−cosx)√x−

√sinx

se 0 < x ≤ π

sin(βx) se −π ≤ x ≤ 0[α > 3

2 e β = 0, α = 32 e

β = 6]*

17. f(x) =

�x−

√log(1+x2)

log(1+xα) se 0 < x ≤ π

eβx2 − 1 se −π ≤ x ≤ 0

, α > 0 [0 < α < 2, ∀β]*

18. f(x) =

�√1+x2−e

αx

xse x > 0

cos(βx) se x ≤ 0[α = −1, ∀β]*

19. f(x) =

�sin2(αx)−sin(x2)

x2 se x > 0√1 + βx− 1 se x ≤ 0

[α = ±1, β = 0]*

Page 154: AppuntI ANALISI Uno

154 5. FUNZIONI DERIVABILI

20. f(x) =

�ex cos x−cosx+αx

2

xse x > 0

(1 + x2)β se x ≤ 0[α = −1, ∀β]*

21. f(x) =

�xe

x−α log(1+x)x

se x > 0

eβx − e−βx se x ≤ 0[α = 1, β = 3

4 ]*

22. f(x) =

�α arctanx−x sinx

xse x > 0√

1 + βx se x ≤ 0[α = 1, β = −2]*

Page 155: AppuntI ANALISI Uno

CAPITOLO 6

Funzioni integrabili

1. Integrale di Riemann

Data una funzione f(x) limitata e non negativa sull’intervallo [a, b],vogliamo determinare, se possibile, l’area della regione del piano com-presa tra il grafico di f(x) e l’asse delle ascisse nell’intervallo [a, b].Intuitivamente, per calcolare tale area potremo pensare di approssi-marla mediante l’area di “plurirettangoli” inscritti e circoscritti in taleregione. Tale procedimento, noto sin dai tempi dei matematici ellenicie conosciuto come metodo di esaustione.Per formalizzazzare tale procedimento introduciamo le seguenti defi-nizioni. Dato un intervallo chiuso e limitato [a, b], una partizione Pdi [a, b] e un insieme ordinato di un numero finito di punti distinti{x0, x1, · · · , xn}, n ∈ N, tali che

a = x0 < x1 < · · · < xn−1 < xn = b

Data una funzione f(x) limitata sull’intervallo [a, b] e una partizio-ne P = {x0, x1, · · · , xn} dell’intervallo [a, b], per ogni k = 1, · · · , nponiamo

mk = inf{f(x) | x ∈ [xk−1, xk]} e Mk = sup{f(x) | x ∈ [xk−1, xk]}.

Osserviamo che essendo f(x) limitata in [a, b] avremo che mk, Mk ∈ Rper ogni k = 1, · · · , n. Diremo somma integrale inferiore relativa allapartizione P della funzione f(x) in [a, b] la somma

sf (P) =n�

k=1

mk(xk − xk−1)

e analogalmente, diremo somma integrale superiore relativa alla parti-zione P della funzione f(x) in [a, b] la somma

Sf (P) =n�

k=1

Mk(xk − xk−1).

155

Page 156: AppuntI ANALISI Uno

156 6. FUNZIONI INTEGRABILI

0a bx x x x1 2 3 4

Somma integrale superiore ed inferiore

Osserviamo che essendo mk ≤ Mk per ogni k = 1, · · · , n, risultasf (P) ≤ Sf (P). Si puo inoltre provare che prese comunque due parti-zioni P e Q di [a, b] tali che Q ⊂ P (diremo che P e un raffinamento diQ) risulta

sf (Q) ≤ sf (P) ≤ Sf (P) ≤ Sf (Q).

In particolare, considerata la partizione banale Q = {a; b}, avremo cheper ogni partizione P di [a, b] risulta

m(b− a) ≤ sf (P) ≤ Sf (P) ≤ M(b− a)

essendo m = inf{f(x) | x ∈ [a, b]} e M = sup{f(x) | x ∈ [a, b]}. Nesegue in particolare che gli insiemi

{sf (P) | P partizione di [a, b]} e {Sf (P) | P partizione di [a, b]}

risultano limitati in R e dunque che esistono finiti l’estremo superiore

s(f) = sup{sf (P) | P partizione di [a, b]},

che chiameremo integrale inferiore di f(x) in [a, b], e l’estremo inferiore

S(f) = inf{Sf (P) | P partizione di [a, b]},

che chiameremo integrale superiore di f(x) in [a, b].

Per quanto precedentemente osservato risulta

m(b− a) ≤ s(f) ≤ S(f) ≤ M(b− a).

Diremo allora che la funzione f(x) limitata sull’intervallo [a, b] e inte-grabile secondo Riemann sull’intervallo [a, b] se s(f) = S(f). Il valorecomune viene denotato con

�b

a

f(x) dx

Page 157: AppuntI ANALISI Uno

1. INTEGRALE DI RIEMANN 157

e detto integrale di Riemann di f(x) nell’intervallo [a, b]. f(x) e dettafunzione integranda, a e b sono detti estremi di integrazione.

Osserviamo che secondo la costruzione, se f(x) ≥ 0 in [a, b] allora

l’integrale�

b

af(x) dx indica l’area della regione del piano compresa tra

il grafico di f(x) e l’asse delle ascisse in [a, b].

Ad esempio, ogni funzione costante f(x) = α risulta integrabile in ogniintervallo [a, b] ⊂ R, difatti per ogni partizione P = {x0, x1, · · · , xn} di[a, b] risulta

mk = inf{f(x) | x ∈ [xk−1, xk]} = Mk = sup{f(x) | x ∈ [xk−1, xk]} = α

e quindisf (P) = Sf (P) = α(b− a).

Ne segue che

s(f) = S(f) =

�b

a

α dx = α(b− a).

Un esempio di funzione non integrabile in qualunque intervallo [a, b] ⊂R e dato dalla funzione di Dirichlet D(x). Difatti, per ogni partizioneP = {x0, x1, · · · , xn} di [a, b], dalla densita dei numeri razionali risulta

mk = inf{D(x) | x ∈ [xk−1, xk]} = 0

eMk = sup{D(x) | x ∈ [xk−1, xk]} = 1.

Ne segue che

sD(P) = 0 mentre SD(P) = b− a

e quindi che s(D) = 0 �= S(D) = b− a .

Vale il seguente risultato

Teorema 6.1. (Criterio di integrabilita)

Una funzione f(x) limitata nell’intervallo [a, b] risulta integrabile (se-

condo Riemann) in [a, b] se e solo se per ogni ε > 0 esiste una partizione

Pε di [a, b] tale che

Sf (Pε)− sf (Pε) < ε

Dim. Supponiamo innanzitutto che per ogni ε > 0 esista una partizione Pε

di [a, b] tale che sf (Pε)− sf (Pε) < ε e proviamo che f(x) e integrabile. Perdefinizione di somma integrale superiore ed inferiore abbiamo che

sf (Pε) ≤ s(f) ≤ S(f) ≤ Sf (Pε)

Ne segue allora che

0 ≤ S(f)− s(f) ≤ Sf (Pε)− sf (Pε) < ε

Page 158: AppuntI ANALISI Uno

158 6. FUNZIONI INTEGRABILI

ed essendo ε > 0 arbitrario, dalla precedente diseguaglianza otteniamo cheS(f) = s(f) e dunque che f(x) risulta integrabile in [a, b].Supponiamo ora f(x) integrabile in [a, b] e proviamo che per ogni ε > 0esiste una partizione Pε di [a, b] tale che sf (Pε) − sf (Pε) < ε. Preso ε > 0,per definizione di somma integrale inferiore e di estremo superiore, esisteuna partizione Qε di [a, b] tale che

s(f)− ε

2< sf (Qε)

e analogalmente, esiste una partizione Rε di [a, b] tale che

S(f) +ε

2> Sf (Rε).

Considerata allora la partizione Pε = Qε ∪Rε, avremo che sf (Qε) ≤ sf (Pε)e Sf (Pε) ≤ Sf (Rε) e dunque

s(f)− ε

2< sf (Pε) ≤ Sf (Pε) < S(f) +

ε

2da cui, essendo per ipotesi f(x) integrabile e quindi s(f) = S(f), segue che

Sf (Pε)− sf (Pε) < ε.

�Utilizzando il precedente criterio proviamo il seguente risultato

Teorema 6.2. (di integrabilita delle funzioni monotone)

Ogni funzione f(x) monotona nell’intervallo [a, b] e integrabile in [a, b].

Dim. Supponiamo f(x) crescente ed osserviamo innanzitutto che f(x) ri-sulta limitata in [a, b]. Considerata ora una qualunque partizione P ={x0, x1, · · · , xn} di [a, b] risulta

mk = inf{f(x) |x ∈ [xk−1, xk]} = f(xk−1)

eMk = sup{f(x) |x ∈ [xk−1, xk]} = f(xk).

Sia δP = max{xk − xk−1 | k = 1, · · ·n}, allora

Sf (P)− sf (P) =n�

k=1

(Mk −mk)(xk − xk−1)

=n�

k=1

(f(xk)− f(xk−1))(xk − xk−1) ≤ δP

n�

k=1

(f(xk)− f(xk−1))

= δP(f(b)− f(a))

Se f(b) = f(a) allora avremo che la funzione risulta costante in [a, b] equindi, come gia osservato, integrabile. Se invece f(b) > f(a), per ogniε > 0 scegliendo una partizione Pε tale che δPε <

ε

f(b)−f(a) , da quanto sopraavremo che

Sf (Pε)− sf (Pε) ≤ δ(f(b)− f(a)) < ε

Page 159: AppuntI ANALISI Uno

1. INTEGRALE DI RIEMANN 159

e quindi, dal criterio di integrabilita, che f(x) risulta integrabile. �Dal precedente risultato segue ad esempio che risultano integrabili suogni intervallo chiuso e limitato di R le funzioni [x], ex e log x.

Sempre utilizzando il criterio di integrabilita si puo provare

Teorema 6.3. (di integrabilita delle funzioni continue)

Ogni funzione f(x) continua nell’intervallo [a, b] e integrabile in [a, b].

Dim. Sia ε > 0 e δ = ε

2(b−a) . Posto x0 = a definiamo

x1 = sup{x ∈ [x0, b] | supy∈[x0,x]

|f(y)− f(x0)| ≤ δ}.

Naturalmente x0 < x1 ≤ b ed essendo f(x) continua su [a, b] si ha che

|f(x1)− f(x0)| = δ.

Poiche sup[x0,x1] f(x) ≤ f(x0) + δ e inf [x0,x1] f(x) ≥ f(x0) − δ si ha ancheche

sup[x0,x1]

f(x)− inf[x0,x1]

f(x) ≤ 2δ.

Procedendo induttivamente, dato n ∈ N supponiamo di aver determinatox0 < x1 < . . . < xn−1 ≤ b di modo tale che

|f(xk)−f(xk−1)| = δ e sup[xk−1,xk]

f(x)− inf[xk−1,xk]

f(x) ≤ 2δ, ∀ k = 1, ..., n−1.

Se xn−1 < b definiamo

xn = sup{x ∈ [x0, b] / supy∈[xn−1,x]

|f(y)− f(xn−1)| ≤ δ}.

Vale naturalmente che x0 < x1 < . . . < xn−1 < xn ≤ b ed essendo f(x)continua su [a, b] si ha che

|f(xn)− f(xn−1)| = δ.

Essendo sup[xn−1,xn] f(x) ≤ f(xn−1) + δ e inf [xn−1,xn] f(x) ≥ f(xn−1)− δ nerisulta che

sup[xn−1,xn]

f(x)− inf[xn−1,xn]

f(x) ≤ 2δ.

Mostriamo che per un certo n0 ∈ N risulta xn0 = b.Infatti, se cio non fosse vero, tramite il procedimento induttivo introdottorisulta definita una successione crescente x0 < x1 < . . . < xn < xn+1 <. . . < b tale che

|f(xn+1)− f(xn)| = δ, ∀n ∈ N. (11)

Essendo (xn)n∈N successione monotona e limitata, tale successione risultaconvergente, sia x∞ ∈ (a, b] tale che xn → x∞. Essendo f(x) continua su[a, b] si ha allora f(xn) → f(x∞) per n → +∞ in contraddizione con lacondizione (11).

Page 160: AppuntI ANALISI Uno

160 6. FUNZIONI INTEGRABILI

L’insieme P = {x0 = a < x1 < . . . < xn0 = b} definisce allora una partizionedi [a, b] per la quale

Sf (P)− sf (P) =n0�

n=1

( supx∈[xn−1,xn]

f(x)− infx∈[xn−1,xn]

f(x))(xn − xn−1) ≤

≤ 2δn0�

n=1

(xn − xn−1) = 2δ(b− a) = ε

e quindi, dal Criterio di integrabilita, segue che f(x) risulta integrabile in[a, b]. �Dal precedente risultato otteniamo che tutte le funzioni elementari ri-sultano integrabili su ogni intervallo chiuso e limitato del loro dominio.Le funzioni continue e monotone non esauriscono pero l’insieme dellefunzioni integrabili. Ad esempio si puo provare che risultano integrabilile funzioni limitate con un numero finito di punti di discontinuita.

Si puo provare, attraverso la definizione, che valgono le seguenti pro-prieta elementari dell’integrale di Riemann.

1. Proprieta di additivita

Sia f(x) funzione integrabile secondo Riemann sull’intervallo

[a, b]. Se c ∈ (a, b) allora f(x) e integrabile in [a, c] e [c, b] evale

�b

a

f(x) dx =

�c

a

f(x) dx+

�b

c

f(x) dx

2. Proprieta di linearita

Siano f(x) e g(x) funzioni integrabili secondo Riemann sul-

l’intervallo [a, b] e sia α ∈ R. Allora le funzioni f(x) + g(x) eαf(x) sono integrabili in [a, b] e vale

�b

a

αf(x) dx = α

�b

a

f(x) dx

e�

b

a

f(x) + g(x) dx =

�b

a

f(x) dx+

�b

a

g(x) dx

3. Proprieta di monotonia

Siano f(x) e g(x) funzioni integrabili secondo Riemann sul-

l’intervallo [a, b]. Se f(x) ≤ g(x) per ogni x ∈ [a, b] allora�

b

a

f(x) dx ≤�

b

a

g(x) dx

Page 161: AppuntI ANALISI Uno

2. TEOREMA FONDAMENTALE DEL CALCOLO INTEGRALE 161

In particolare, se f(x) e funzione integrabile in [a, b] e se f(x) ≥ 0 per

ogni x ∈ [a, b] avremo che�

b

af(x) dx ≥ 0.

Inoltre, se f(x) e funzione integrabile in [a, b] allora si puo provareche |f(x)| e integrabile in [a, b] (non vale pero il viceversa, si pensi adesempio alla funzione f(x) = 1 se x ∈ Q e f(x) = −1 se x ∈ R \ Q).Inoltre, ricordando che −|f(x)| ≤ f(x) ≤ |f(x)| per ogni x ∈ [a, b],risulta

−�

b

a

|f(x)| dx ≤�

b

a

f(x) dx ≤�

b

a

|f(x)| dx

e dunque

|�

b

a

f(x) dx| ≤�

b

a

|f(x)| dx

Infine, sara utile definire�

b

af(x) dx anche se a ≥ b. Se b < a e f(x) e

funzione integrabile secondo Riemann in [b, a], poniamo�

b

a

f(x) dx = −�

a

b

f(x) dx

mentre se a = b poniamo�

b

a

f(x) dx = 0.

L’integrale sopra definito,�

b

af(x) dx con a, b ∈ R qualunque, viene

detto integrale definito di f(x) nell’intervallo di estremi a e b.

2. Teorema fondamentale del calcolo integrale

Data una funzione f(x) integrabile nell’intervallo [a, b], per ogni x ∈[a, b] risulta definita la funzione

F (x) =

�x

a

f(t) dt

detta funzione integrale di f(x) nell’intervallo [a, b]. Si osservi che

F (a) = 0 e F (b) =�

b

af(t) dt. Inoltre, vale

Teorema 6.4. (di continuita della funzione integrale)

Sia f(x) funzione integrabile nell’intervallo [a, b]. Allora la funzione

integrale F (x) =�

x

af(t) dt risulta continua in [a, b].

Dim. Per ogni x0 ∈ [a, b], proviamo che limx→x0

F (x) = F (x0) ovvero che

limx→x0

F (x)− F (x0) = limx→x0

�x

x0

f(t) dt = 0

Page 162: AppuntI ANALISI Uno

162 6. FUNZIONI INTEGRABILI

Essendo f(x) limitata in [a, b], siano m,M ∈ R tali che m ≤ f(t) ≤ M perogni t ∈ [a, b]. Allora, se a ≤ x0 < x < b, dalla proprieta di monotoniadell’integrale, risulta

m(x− x0) ≤�

x

x0

f(t) dt ≤ M(x− x0)

e dunque dal Teorema del confronto avremo che

limx→x

+0

�x

x0

f(t) dt = 0

Analogalmente, se a < x < x0 ≤ b si ha che

m(x0 − x) ≤�

x0

x

f(t) dt = −�

x

x0

f(t) dt ≤ M(x0 − x)

e quindi che

limx→x

−0

�x

x0

f(t) dt = 0.

Dunque limx→x0

F (x) = F (x0) e F (x) risulta continua in ogni x0 ∈ [a, b]. �

Nell’ipotesi in cui la funzione integranda risulti continua proveremo chela funzione integrale risulta non solo continua ma anche derivabile. Atale risultato premettiamo il seguente risultato

Teorema 6.5. (della media integrale)

Sia f(x) funzione continua in [a, b]. Allora esiste x0 ∈ [a, b] tale che

f(x0) =1

b− a

�b

a

f(x) dx

Dim. Poiche f(x) e funzione continua nell’intervallo [a, b], dal Teorema diWeierstrass abbiamo che esistono m = min

[a,b]f(x) e M = max

[a,b]f(x) e per ogni

x ∈ [a, b] risulta m ≤ f(x) ≤ M . Dalla proprieta di confronto per l’integralesegue allora che

m(b− a) ≤�

b

a

f(x) dx ≤ M(b− a)

da cui risulta che m ≤ 1b−a

�b

af(x) dx ≤ M . Dal Teorema dei valori interme-

di abbiamo che f(x) assume tutti i valori compresi tra m e M , in particolare

avremo allora che esiste x0 ∈ [a, b] tale che f(x0) =1

b−a

�b

af(x) dx. �

Utilizzando il precedente risultato proviamo che se l’integranda e fun-zione continua allora la corrispondente funzione integrale e derivabile.

Teorema 6.6. (fondamentale del calcolo integrale)

Sia f(x) funzione continua in [a, b]. Allora la funzione integrale F (x) =�x

af(t) dt e derivabile in (a, b) e F �(x) = f(x) per ogni x ∈ (a, b).

Page 163: AppuntI ANALISI Uno

2. TEOREMA FONDAMENTALE DEL CALCOLO INTEGRALE 163

Dim. Dato x0 ∈ (a, b) proviamo che

limh→0

F (x0 + h)− F (x0)

h= f(x0)

A tale scopo osserviamo che dalla proprieta di additivita, per ogni h taleche x0 + h ∈ (a, b) risulta

F (x0 + h)− F (x0)

h=

�x0+h

af(t) dt−

�x0

af(t) dt

h=

1

h

�x0+h

x0

f(t) dt.

Dal Teorema della media integrale abbiamo che esiste xh compreso tra x0e x0 + h tale che 1

h

�x0+h

x0f(t) dt = f(xh). Per h → 0 si ha che xh → x0 e

dunque, essendo f(x) continua in x0, avremo che f(xh) → f(x0). Otteniamoallora che

F �(x0) = limh→0

F (x0 + h)− F (x0)

h= lim

h→0

1

h

�x0+h

x0

f(t) dt

= limh→0

f(xh) = f(x0).

Ad esempio, la funzione F (x) =�

x

0 [t]dt risulta funzione continua inogni x0 ∈ R ma non risulta derivabile in ogni x0 ∈ Z.

Data una funzione f(x) definita in [a, b], una funzione G(x) continuain [a, b], derivabile in (a, b) e tale che G�(x) = f(x) per ogni x ∈ (a, b)e detta primitiva di f(x) in [a, b].

I precedenti risultati provano che se f(x) e continua in [a, b] la funzioneintegrale F (x) =

�x

af(t) dt e una primitiva di f(x) in [a, b]. Si osservi

inoltre che se F (x) e una primitiva di f(x) in [a, b] anche la funzioneG(x) = F (x) + c e una primitiva di f(x). Dalla caratterizzazione dellefunzioni costanti segue immediatamente che vale anche il viceversa.

Proposizione 6.1. (Caratterizzazione delle primitive)

Se F (x) e G(x) sono due primitive di f(x) in [a, b] allora esiste c ∈ Rtale che G(x) = F (x) + c per ogni x ∈ [a, b].

Osserviamo che il precedente risultato vale solo in intervalli della rettareale. Ad esempio, abbiamo che log x e una primitiva di 1

xin ogni

intervallo [a, b] ⊂ (0,+∞) mentre log(−x) e una primitiva di 1xin

ogni intervallo [a, b] ⊂ (−∞, 0) ma non esiste alcun c ∈ R tale chelog x = log(−x) + c.

Utilizzando i precedenti risultati possiamo provare il seguente risultato

Page 164: AppuntI ANALISI Uno

164 6. FUNZIONI INTEGRABILI

Teorema 6.7. (Formula fondamentale del calcolo integrale)

Sia f(x) funzione continua in [a, b] e sia G(x) una sua primitiva in

[a, b]. Allora�

b

a

f(x) dx = G(b)−G(a) = [G(x)]ba.

Dim. Considerata la funzione integrale F (x) =�x

af(t) dt, dal Teorema

fondamentale del calcolo integrale, abbiamo che F (x) e una primitiva di f(x)in [a, b]. Dal Teorema di caratterizzazione delle primitive, si ottiene allorache esiste una costante c ∈ R tale che G(x) = F (x) + c =

�x

af(t) dt+ c per

ogni x ∈ [a, b]. Ponendo x = a, essendo F (a) = 0, otteniamo che G(a) = ce dunque

G(x) =

�x

a

f(t) dt+G(a), ∀x ∈ [a, b].

Ponendo x = b otteniamo infine G(b) =�b

af(t) dt+G(a) e dunque che vale

G(b)−G(a) =

�b

a

f(t) dt.

�Ad esempio, osservato che G(x) = x

3

3 e una primitiva di f(x) = x2 in[0, 1] ⊂ R, dal precedente Teorema abbiamo che

� 1

0

x2dx =

�x3

3

�1

0

=1

3.

3. Integrali indefiniti

Dai risultati visti nel precedente paragrafo il problema del calcolo del-l’integrale definito ci porta alla ricerca delle primitive della funzioneintegranda. Diamo allora la seguente definizione.

Data una funzione f(x) continua nell’intervallo [a, b], si dice integraleindefinito di f(x) in [a, b] l’insieme di tutte le primitive di f(x) in [a, b].Indicheremo tale insieme con il simbolo

�f(x)dx = {F (x) |F (x) primitiva di f(x)}

dove viene sottointeso l’intervallo [a, b] in cui si cercano le primitive (edove f(x) risulta continua).

Osserviamo che dal Teorema di caratterizzazione delle funzioni costantiabbiamo che se G(x) e una primitiva di f(x) in [a, b] allora tutte e sole

Page 165: AppuntI ANALISI Uno

3. INTEGRALI INDEFINITI 165

le primitive di f(x) in [a, b] saranno della forma G(x) + c per qualchecostante c ∈ R. Scriveremo allora

�f(x) dx = G(x) + c, c ∈ R,

essendo G(x) una qualunque primitiva di f(x), omettendo le parentesiche indicano l’insieme.Quindi ad esempio abbiamo che

�x2dx =

x3

3+ c, c ∈ R

Ricordando le derivate delle funzioni elementari otteniamo i seguentiintegrali immediati.

1.

�xα dx =

xα+1

α+ 1+ c, α �= −1

2.

�1

xdx = log |x|+ c

3.

�ex dx = ex + c

4.

�sinx dx = − cosx+ c

5.

�cosx dx = sinx+ c

6.

�1

cos2 xdx = tanx+ c

7.

�sinhx dx = coshx+ c

8.

�coshx dx = sinhx+ c

9.

�1

1 + x2dx = arctanx+ c

10.

�1√

1− x2dx = arcsinx+ c

11.

�1√

x2 + 1dx = settsinhx+ c

= log(x+�x2 + 1) + c

12.

�1√

x2 − 1dx = settcoshx+ c

= log(x+�x2 − 1) + c

Osservato inoltre che dalla regola di derivazione della funzione com-posta, se G(x) e primitiva di g(x) allora (G(f(x))� = g(f(x))f �(x), nesegue che �

g(f(x))f �(x) dx = G(f(x)) + c.

Quindi, dai precedenti integrali immediati deduciamo i seguenti inte-grali riconducibili ad integrali immediati.

1.

�f(x)αf �(x) dx =

f(x)α+1

α+ 1+ c, α �= −1

2.

�f �(x)

f(x)dx = log |f(x)|+ c

3.

�ef(x)f �(x) dx = ef(x) + c

Page 166: AppuntI ANALISI Uno

166 6. FUNZIONI INTEGRABILI

4.

�sin f(x)f �(x) dx = − cos f(x) + c

5.

�cos f(x)f �(x) dx = sin f(x) + c

6.

�sinh f(x)f �(x) dx = cosh f(x) + c

7.

�cosh f(x)f �(x) dx = sinh f(x) + c

8.

�f �(x)

1 + f(x)2dx = arctan f(x) + c

9.

�f �(x)�1− f(x)2

dx = arcsin f(x) + c

10.

�f �(x)�f(x)2 + 1

dx = settsinh f(x)+c = log(f(x)+�f(x)2 + 1)+c

11.

�f �(x)�f(x)2 − 1

dx = settcosh f(x)+c = log(f(x)+�f(x)2 − 1)+c

Vediamo qualche esempio

•�

2xex2+1

dx = ex2+1 + c,

•�

sin x cos x dx =sin2

x

2+ c,

•�

1

2√x

1

1 + xdx = arctan

√x+ c.

Per ricondursi ad integrali del precedente tipo potremo usare la se-guente proprieta di linearita dell’integrale indefinito che segue dallaproprieta di linearita della derivata:

�αf(x) + βg(x) dx = α

�f(x) dx+ β

�g(x) dx, ∀α, β ∈ R

Vediamo qualche esempio.

•�

x2ex3+2

dx =1

3

�3x2

ex3+2

dx =1

3ex3+2 + c,

•�

tan x dx =

�sin x

cos xdx = −

� − sin x

cos xdx = − log | cos x|+ c,

•�

tan3x dx =

�tan x tan2

x dx =

�tan x(tan2

x+ 1)− tan xdx

=

�tan x(tan2

x+ 1)dx−�

tan x =1

2tan2

x+ log | cos x|+ c.

Page 167: AppuntI ANALISI Uno

3. INTEGRALI INDEFINITI 167

•�

1

x(x4 + 1)dx =

�1

x− x3

x4 + 1dx =

�1

x− 1

4

�4x3

x4 + 1dx

= log |x|− 1

4log |x4 + 1|+ c

Dalla regola di derivazione del prodotto di due funzioni (f(x)g(x))� =f �(x)g(x) + f(x)g�(x) si ottiene la seguente regola di integrazione per

parti �f(x)g�(x) dx = f(x)g(x)−

�f�(x)g(x) dx,

il termine f(x) nel primo integrale viene detto fattore finitomentre g�(x)viene detto fattore differenziale.

Vediamo qualche esempio notevole.

•�

xexdx = xe

x −�

exdx = xe

x − ex + c

•�

log x dx = x log x−�

dx = x log x− x+ c

•�

x2 sin x dx = −x

2 cos x+ 2

�x cos x dx

= −x2 cos x+2x sin x−2

�sin x dx = −x

2 cos x+2x sin x+2 cosx+c

• I =

�ex cos x dx = e

x cos x+

�ex sin xdx

= ex cos x+ e

x sin x−�

ex cos xdxx = e

x(cos x+ sin x)− I

da cui I = ex

2 (cos x+ sin x) + c

• I =

�sin x cos xexdx = e

x sin x cos x−�(cos2 x− sin2

x)exdx

= ex sin x cos x− e

x(cos2 x− sin2x)− 4

�sin x cos xexdx

= ex(sin2

x+ sin x cos x− cos2 x)− 4Ida cui I = 1

5ex(sin2

x+ sin x cos x− cos2 x) + c

• I =

� √1− x2 dx = x

√1− x2 +

�x2

√1− x2

dx

= x√1− x2 −

� √1− x2dx+

�1√

1− x2dx

= x√1− x2 − I + arcsin x

da cui otteniamo I = 12(x

√1− x2 + arcsin x) + c

Page 168: AppuntI ANALISI Uno

168 6. FUNZIONI INTEGRABILI

• I =

� √1 + x2 dx = x

√1 + x2 −

�x2

√1 + x2

dx

= x√1 + x2 −

� √1 + x2dx+

�1√

1 + x2dx

= x√1 + x2 − I + settsinh x

da cui I = 12(x

√1 + x2 + settsinh x) + c

= 12(x

√1 + x2 + log(x+

√1 + x2)) + c

Come ultimo esempio calcoliamo

�1

(1 + x2)2dx. Abbiamo

�1

(1 + x2)2dx =

�1

1 + x2dx−

�x2

(1 + x2)2dx

= arctan x+ 12

�x

−2x

(1 + x2)2dx

= arctan x+ 12

x

1 + x2− 1

2

�1

1 + x2dx

= 12 arctan x+ 1

2

x

1 + x2+ c

Procedendo con la medesima tecnica, si puo provare la seguente formularicorsiva

In =

�1

(1 + x2)ndx =

1

2(n− 1)

x

(x2 + 1)n−1+

2n− 3

2(n− 1)In−1, ∀n ∈ N,

essendo I1 = arctan x+ c.

Dalla regola di derivazione delle funzioni composte, si ottiene la se-guente regola di integrazione per sostituzione

�f(x) dx =

�f(ϕ(t))ϕ�(t) dt

Formalmente, tramite la sostituzione x = ϕ(t) i termini dell’integraledivengono f(x) = f(ϕ(t)) e dx = ϕ�(t) dt.

Esempi

Page 169: AppuntI ANALISI Uno

3. INTEGRALI INDEFINITI 169

•�

tan3x dx. Ponendo tanx = t da cui x = arctan t e dunque dx =

11+t2

dt otteniamo

�tan3

x dx =

�t3

1 + t2dt =

�t− 1

2

2t

1 + t2dt

=t2

2− 1

2log(1 + t

2) + c =tan2 x

2− 1

2log(1 + tan2 x) + c

=1

2tan2

x+ log | cos x|+ c

•�

1

2√x+ 1 + x+ 2

dx. Ponendo√x+ 1 = t, da cui x = t2 − 1 e

quindi dx = 2tdt, si ottiene

�1

2√x+ 1 + x+ 2

dx =

�2t

t2 + 2t+ 1dt

=

�2t+ 2

t2 + 2t+ 1− 2

(t+ 1)2dt

= log(t2 + 2t+ 1) +2

t+ 1+ c

= log(x+ 2 + 2√x+ 1) +

2√x+ 1 + 1

+ c

•�

sin2x cos x

1 + sin xdx. Posto t = sin x da cui dt = cosxdx otteniamo

�sin2

x cos x

1 + sin xdx =

�t2

1 + tdt =

�t− 1 +

1

1 + tdt

=t2

2− t+ log |t+ 1|+ c

=sin2

x

2− sin x+ log(sin x+ 1) + c

Page 170: AppuntI ANALISI Uno

170 6. FUNZIONI INTEGRABILI

•�

arctan√x dx. Posto t =

√x e quindi x = t2 e dx = 2tdt,

integrando per parti otteniamo�

arctan√x dx =

�2t arctan tdt = t

2 arctan t−�

t2

1 + t2dt

= t2 arctan t− t+ arctan t+ c

= x arctan√x−

√x+ arctan

√x+ c

•� √

1− x2 dx (gia incontrato). Ricordando che cos2 t + sin2t = 1,

ponendo x = sin t e dunque dx = cos t dt, otteniamo

I =

� √1− x2 dx =

� �1− sin2

t cos t dt =

�cos2 t dt

ed integrando per parti ne segue che

I =

�cos2 t dt = sin t cos t+

�sin2

t dt

= sin t cos t+

�(1− cos2 t)dt = sin t cos t+ t− I

da cui, essendo x = sin t,√1− x2 = | cos t| e t = arcsin x,

I =

� √1− x2 dx =

1

2(sin t cos t+ t) + c

=1

2(x√1− x2 + arcsin x) + c

•� √

x2 − 1 dx. Ricordando che cosh2t − sinh2

t = 1, ponendo x =

cosh t e dunque dx = sinh t dt, otteniamo

I =

� √x2 − 1 dx =

� �cosh2

t− 1 sinh t dt =

�sinh2

t dt

ed integrando per parti ne segue che

I =

�sinh2

t dt = sinh t cosh t−�

cosh2t dt

= sinh t cosh t−�

(sinh2t+ 1)dt = sinh t cosh t− t− I

Page 171: AppuntI ANALISI Uno

3. INTEGRALI INDEFINITI 171

da cui, essendo x = cosh t,√x2 − 1 = sinh t e t = settcoshx,

I =

� √x2 − 1 dx =

1

2(sinh t cosh t− t) + c

=1

2(x√x2 − 1− settcosh x) + c

=1

2(x√x2 − 1− log(x+

√x2 − 1)) + c

•�

1

(x+ 1)√x2 − 1

dx. Ponendo x = cosh t, dunque t = settcoshx (si

osservi che con tale posizione t > 0) e dt = 1√x2−1

dx, otteniamo�

1

(x+ 1)√x2 − 1

dx =

�1

cosh t+ 1dt

= 2

�et

(et − 1)2= − 2

et − 1+ c = − 2

x+√x2 − 1− 1

+ c

essendo settcosh x = log(x+√x2 − 1).

Vediamo infine il caso notevole di integrazione delle funzioni razionali.

Data una funzione razionale R(x) = P (x)Q(x) , con P (x) polinomio di grado

m e Q(x) polinomio di grado n. Osserviamo che se m ≥ n e possibiledecomporre R(x) nella forma:

R(x) = P0(x) +P1(x)

Q(x)

dove il polinomio P0(x) e detto parte intera di R(x) e P1(x) e polino-mio di grado m1 < n. Considereremo quindi nel seguito solo funzionirazionali R(x) = P (x)

Q(x) dove m < n.

Per quanto riguarda la determinazione di una primitiva di una funzionerazionale R(x) iniziamo a considerare il seguente caso

R(x) =αx+ β

x2 + bx+ c.

La tecnica di integrazione di tali funzioni risulta differente a secondadel segno del discriminante ∆ = b2 − 4c.

• ∆ > 0. In questo caso, dette x1 e x2 le due radici reali distinte delpolinomio x2 + bx+ c, potremo scrivere x2 + bx+ c = (x− x1)(x− x2)e si determinano due costanti A,B ∈ R tali che

αx+ β

x2 + bx+ c=

A

x− x1+

B

x− x2.

Page 172: AppuntI ANALISI Uno

172 6. FUNZIONI INTEGRABILI

Avremo allora�

αx+ β

x2 + bx+ cdx =

�A

x− x1dx+

�B

x− x2dx

= A log |x− x1|+B log |x− x2|+ c.

Vediamo un esempio.�

dx

x2 + x− 2. Abbiamo ∆ = 9 > 0 e x2 + x − 2 = (x + 2)(x − 1).

Cerchiamo allora due costanti A,B ∈ R tali che

1

x2 + x− 2=

A

x+ 2+

B

x− 1=

(A+B)x+ 2B − A

(x+ 2)(x− 1).

Le costanti A e B saranno date da�A+B = 0

2A− B = 1⇐⇒

�A = −1

3

B = 13

Allora�

dx

x2 + x− 2= −1

3

�dx

x+ 2+ 1

3

�dx

x− 1

= −13 log |x+ 2|+ 1

3 log |x− 1|+ c.

• ∆ = 0. In questo caso, detta x0 l’unica radice reale del polinomiox2+ bx+ c, potremo scrivere x2+ bx+ c = (x−x0)2. Si procede quindinel seguente modo. Se α = 0 otteniamo immediatamente

�β

x2 + bx+ cdx =

�β

(x− x0)2dx = − β

x− x0+ c.

Mentre se α �= 0 si procede come segue�

αx+ β

x2 + bx+ cdx =

α

2

�2x+ 2β

α

x2 + bx+ cdx

2

�2x+ b

x2 + bx+ cdx+

α

2

� 2βα− b

(x− x0)2dx

2log(x2 + bx+ c)−

β − αb

2

x− x0+ c.

In alternativa, si determinano due costanti A,B ∈ R tali che

αx+ β

x2 + bx+ c=

A

x− x0+

B

(x− x0)2

Page 173: AppuntI ANALISI Uno

3. INTEGRALI INDEFINITI 173

ottenendo�αx+ β

x2 + bx+ cdx =

�A

x− x0dx+

�B

(x− x0)2dx

= A log |x− x0|−B

x− x0+ c.

Un esempio e il seguente�

x+ 2

x2 − 4x+ 4dx. Abbiamo ∆ = 0 e x2−4x+4 = (x−2)2. Si procede

nel seguente modo�

x+ 2

x2 − 4x+ 4dx =

1

2

�2x+ 4

x2 − 4x+ 4dx

=1

2

�2x− 4

x2 − 4x+ 4dx+

1

2

�8

(x− 2)2dx

=1

2log(x2 − 4x+ 4)− 4

x− 2+ c.

In alternativa, si determinano A,B ∈ R tali che

x+ 2

x2 − 4x+ 4=

A

x− 2+

B

(x− 2)2=

Ax+B − 2A

(x− 2)2.

Le costanti A e B saranno date da�A = 1

2B − A = 2⇐⇒

�A = 1

B = 4

Allora�x+ 2

x2 − 4x+ 4dx =

�dx

x− 2+ 4

�dx

(x− 2)2= log |x− 2|− 4

x− 2+ c.

• ∆ < 0. In questo caso il polinomio x2+bx+c risulta indecomponibile(in R) e procediamo nel seguente modo. Se α = 0 otteniamo

�β

x2 + bx+ cdx = β

�1

(x2 + bx+ b2

4 ) + (c− b2

4 )dx

= β

�1

(x+ b

2)2 + (c− b2

4 )dx

=2β√

4c− b2

�2√

4c− b2

1

( 2x+b√4c−b2

)2 + 1dx

=2β√

4c− b2arctan(

2x+ b√4c− b2

) + c.

Page 174: AppuntI ANALISI Uno

174 6. FUNZIONI INTEGRABILI

Mentre se α �= 0 si procede come segue�

αx+ β

x2 + bx+ cdx = α

2

�2x+ 2β

α

x2 + bx+ cdx

= α

2

�2x+ b

x2 + bx+ cdx+ α

2

�2βα −b

x2+bx+cdx

= α

2 log(x2 + bx+ c) + (β − αb

2 )

�1

(x2 + bx+ b2

4 ) + (c− b2

4 )dx

= α

2 log(x2 + bx+ c) + (β − αb

2 )2√

4c−b2

�2√

4c− b2

1

( 2x+b√4c−b2

)2 + 1dx

= α

2 log(x2 + bx+ c) + 2β−αb√

4c−b2arctan(

2x+ b√4c− b2

) + c

Vediamo un esempio.�

x+ 2

x2 − 2x+ 2dx. Abbiamo ∆ = −4 < 0 e procediamo nel seguente

modo�

x+ 2

x2 − 2x+ 2dx =

1

2

�2x+ 4

x2 − 2x+ 2dx

=1

2

�2x− 2

x2 − 2x+ 2dx+

1

2

�6

x2 − 2x+ 2dx

=1

2log(x2 − 2x+ 2) + 3

�1

(x2 − 2x+ 1) + 1dx

=1

2log(x2 − 2x+ 2) + 3

�1

(x− 1)2 + 1dx

=1

2log(x2 − 2x+ 2) + 3 arctan(x− 1) + c.

Nel caso di funzioni razionali del tipo R(x) = P (x)Q(x) con Q(x) polinomio

di grado 3, si procedera come nei seguenti esempi che illustrano lediverse situazioni (a seconda degli zeri del polinomio a denominatoreQ(x)) che si possono incontrare in questo caso.

•�

x

(x− 1)(x− 2)(x− 3)dx. Determiniamo A,B,C ∈ R tali che

x

(x− 1)(x− 2)(x− 3)=

A

x− 1+

B

x− 2+

C

x− 3.

Page 175: AppuntI ANALISI Uno

3. INTEGRALI INDEFINITI 175

Si ottiene A = 12 , B = −2, C = 3

2 e quindi�

x

(x− 1)(x− 2)(x− 3)dx = 1

2

�1

x− 1dx− 2

�1

x−2dx+3

2

1

x− 3dx

=1

2log |x− 1|− 2 log |x− 2|+ 3

2log |x− 3|+ c

•�

x2 − x+ 1

x(x− 1)2dx. Determiniamo A,B,C ∈ R tali che

x2 − x+ 1

x(x− 1)2=

A

x+

B

x− 1+

C

(x− 1)2.

Si ottiene A = 1, B = 0, C = 1 e quindi�

x2 − x+ 1

x(x− 1)2dx =

�1

xdx+

�1

(x− 1)2dx = log |x|− 1

x− 1+ c

•�

x2 + x

(x+ 1)3dx. Determiniamo A,B,C ∈ R tali che

x2 + 2x

(x+ 1)3=

A

x+ 1+

B

(x+ 1)2+

C

(x+ 1)3.

Si ottiene A = 1, B = 0, C = −1 e quindi�

x2 + 2x

(x+ 1)3dx =

�1

x+ 1dx−

�1

(x+ 1)3dx = log |x+1|+ 1

2

1

(x+ 1)2+c

•�

x− 2

(x− 1)(x2 − 2x+ 2). Osservato che (x2 − 2x + 2) non ammette

radici reali, determiniamo A,B,C ∈ R tali che

x− 2

(x− 1)(x2 − 2x+ 2)=

A

x− 1+

Bx+ C

x2 − 2x+ 2.

Si ottiene A = −1, B = 1, C = 0 e quindi, per quanto visto neiprecedenti esempi

�x− 2

(x− 1)(x2 − 2x+ 2)dx = −

�1

x− 1dx+

�x

x2 − 2x+ 2dx

= − log |x− 1|+ 1

2log(x2 − 2x+ 2) + arctan(x− 1) + c

Nel caso di funzioni razionali del tipo R(x) = P (x)Q(x) con Q(x) polinomio

di grado maggiore di 3, le situazioni che si potranno incontrare saran-no chiaramente piu numerose. Tali casi si tratteranno essenzialmentecome negli esempi precedenti.

Page 176: AppuntI ANALISI Uno

176 6. FUNZIONI INTEGRABILI

Ad esempio, per calcolare

�x+ 2

(x− 1)2(x+ 1)xdx, determiniamo le co-

stanti A,B,C,D ∈ R tali che

x

(x− 1)2(x+ 1)x=

A

x− 1+

B

(x− 1)2+

C

x+ 1+

D

x.

Si ottiene A = −53 , B = 3

2 , C = −12 e D = 2 e quindi, per quanto visto

nei precedenti esempi

�x+ 2

(x− 1)2(x+ 1)xdx = −5

3

�1

x− 1dx+ 3

2

�1

(x− 1)2dx+

− 12

�1

x+ 1dx+ 2

�1

xdx

= −53 log |x− 1|− 3

2

1

x− 1+

− 12 log |x+ 1|+ 2 log |x|+ c

Fanno eccezione i casi in cui il polinomio Q(x) contiene un terminedella forma (x2 + 1)n, con n ≥ 2, o riconducibili a tale forma. In talisituazioni si utilizzera la seguente formula ricorsiva

In =

�1

(x2 + 1)ndx =

1

2(n− 1)

x

(x2 + 1)n−1+

2n− 3

2(n− 1)In−1, ∀n ≥ 2

osservato che

I1 =

�1

x2 + 1dx = arctan x+ c

Vediamo un esempio. Calcoliamo

�x2 + x

(x2 − 2x+ 5)2dx.

Osservato che x2 − 2x + 5 non ammette radici reali, si procede nelseguente modo. Determiniamo innanzitutto A,B,C,D ∈ R tali che

x2 + x

(x2 − 2x+ 5)2=

Ax+B

x2 − 2x+ 5+

Cx+D

(x2 − 2x+ 5)2

Si ottiene A = 0, B = 1, C = 3, D = −5. Inoltre, osservato che

x2 − 2x+ 5 = (x− 1)2 + 4 = 4[(

x− 1

2)2 + 1],

Page 177: AppuntI ANALISI Uno

3. INTEGRALI INDEFINITI 177

dalla precedente formula con n = 2 si ottiene�

1

(x2 − 2x+ 5)2dx = 1

8

�12

1�(x−1

2 )2 + 1�2dx

= 18

�12

x−12

(x−12 )2 + 1

+ 12 arctan(

x− 1

2)

�+ c

= 18

�x− 1

x2 − 2x+ 5+ 1

2 arctan(x− 1

2)

�+ c

Allora, utilizzando le tecniche gia sfruttate nei precedenti esempi con-cludiamo�

x2 + x

(x2 − 2x+ 5)2dx =

�1

x2 − 2x+ 5dx+

�3x− 5

(x2 − 2x+ 5)2dx =

= 12

�12

dx

(x−12 )2 + 1

+ 32

�2x− 2

(x2 − 2x+ 5)2dx− 2

�dx

(x2 − 2x+ 5)2

= 12 arctan(

x−12 )−

32

x2 − 2x+ 5− 1

4

�x− 1

x2 − 2x+ 5+ 1

2 arctan(x−12 )

�+ c

= 38 arctan(

x−12 )− 1

4

x+ 5

x2 − 2x+ 5+ c.

Infine, indicando con R una funzione razionale dell’argomento in pa-rentesi, si possono razionalizzare i seguenti integrali mediante le sosti-tuzioni indicate:

(i)

�R(x, n

�ax+b

cx+d) dx si pone t = n

�ax+b

cx+d(da cui x = dt

n−b

−ctn+ae dx =

ad−bc

(−ctn+a)2ntn−1 dt);

(ii)

�R(x,

√ax2 + bx+ c) dx, a > 0, poniamo

√ax+t =

√ax2 + bx+ c

e quindi x = t2−c

b−2√at;

(iii)

�R(x,

√ax2 + bx+ c) dx con a < 0, ci si riconduce al caso (i)

osservato che ax2+ bx+ c = a(x−α)(x−β) e quindi√ax2 + bx+ c =

√−a(x− α)

�β−x

x−α;

(iv)

�R(x,

√ax+ b,

√cx+ d) dx ci si riconduce al caso (ii) ponendo

t =√ax+ b, quindi x = t

2−b

ae dx = 2

at dt;

(v)

�R(sin x, cos x, tan x) dx ponendo t = tan(x2 ) si ottiene cos x =

1−t2

1+t2, sin x = 2t

1+t2, tan x = 2t

1−t2e dx = 2

t2+1 dt;

Page 178: AppuntI ANALISI Uno

178 6. FUNZIONI INTEGRABILI

(vi)

�R(sin2

x, cos2 x, tan x) dx, ponendo t = tan x si ottiene cos2 x =

1t2+1 , sin

2x = t

2

t2+1 e dx = 1t2+1 dt.

Vediamo un esempio di integrale della forma (v). Consideriamo l’in-

tegrale

�tan x

sin x− cos xdx. Utilizzando la sostituzione consigliata otte-

niamo �tan x

sin x− cos xdx =

�2t

1− t2

12t

1+t2− 1−t2

1+t2

2

1 + t2dt

= 4

�t

(1− t2)(t2 + 2t− 1)dt

e l’ultimo integrale si potra risolvere determinando A,B,C,D ∈ R taliche

t

(1− t2)(t2 + 2t− 1)=

A

1− t+

B

1 + t+

C

t+ 1−√2+

D

t+ 1 +√2

essendo t2 + 2t− 1 = (t+ 1−√2)(t+ 1 +

√2).

4. Calcolo di integrali definiti: aree e lunghezze

Torniamo agli integrali definiti di funzioni continue�b

af(x) dx. Dalla

formula fondamentale del calcolo integrale abbiamo visto che se G(x)

e una primitiva di f(x) in [a, b] allora�

b

af(x) dx = G(b) − G(a) =

[G(x)]ba. Ne segue allora che una volta determinato, utilizzando le

tecniche sviluppate nel precedente paragrafo, l’integrale�f(x) dx =

G(x)+ c, potremo applicare la formula fondamentale per il calcolo del-l’integrale definito. Ad esempio, per calcolare

� 2

1 log xdx, ricordandoche

�log x dx = x log x− x+ c, otteniamo� 2

1

log xdx = [x log x− x]21 = 2 log 2− 2 + 1 = 2 log 2− 1

In alternativa, potremo calcolare direttamente l’integrale definito notele primitive delle funzioni elementari e utilizzando le corrispondentiregola di integrazione per parti

�b

a

f(x)g�(x)dx = [f(x)g(x)]ba−

�b

a

f�(x)g(x) dx

e regola di integrazione per sostituzione

�b

a

f(x)dx =

�ϕ−1(b)

ϕ−1(a)

f(ϕ(t))ϕ�(t) dt

Page 179: AppuntI ANALISI Uno

4. CALCOLO DI INTEGRALI DEFINITI: AREE E LUNGHEZZE 179

Ad esempio, applicando la regola di integrazione per parti per l’inte-grale definito otteniamo

� 2π

0

cos2 xdx = [sin x cos x]2π0 +

� 2π

0

sin2x dx =

� 2π

0

(1− cos2 x) dx

= [x]2π0 −� 2π

0

cos2 x dx = 2π −� 2π

0

cos2 x dx

da cui� 2π

0 cos2 xdx = π (si noti che al risultato si poteva arrivare

direttamente osservato che per simmetria� 2π

0 cos2 x dx =� 2π

0 sin2x dx

e dunque� 2π

0 cos2 x dx = 12

� 2π

0 cos2 x+ sin2x dx = 1

2

� 2π

0 dx = π) .

Per calcolare l’integrale

� 1

0

arcsin x dx, potremo invece operare la so-

stituizione t = arcsin x da cui x = sin t = ϕ(t). Allora ϕ�(t) = cos t eϕ(t) = 0 se t = 0 e ϕ(t) = 1 se t = π

2 . Quindi� 1

0

arcsin x dx =

� π2

0

t cos t dt = [t sin t]π20 −

� π2

0

sin t dt

2+ [cos t]

π20 =

π

2− 1

Vediamo infine come applicare tali tecniche per il calcolo di aree diregioni piane. Ricordando che se f(x) ≥ 0 per ogni x ∈ [a, b] allora�

b

a

f(x) dx indica l’area della regione del piano compresa tra il grafico

di f(x) e l’asse delle ascisse in [a, b], calcoliamo l’area A di un disco diraggio r > 0. Abbiamo che

A = 2

�r

−r

√r2 − x2 dx = 2r

�r

−r

�1− x2

r2dx

e ponendo t = x

rotteniamo

A = 2r2� 1

−1

√1− t2 dt = r

2�t√1− t2 + arcsin t

�1−1

= πr2

Come ulteriore esempio, vogliamo determinare l’area A della regionedel piano compresa tra il grafico di f(x) = cosx e g(x) = sin x in[0, π]. Osserviamo allora che tale area si otterra in generale calcolandol’integrale

�b

a

|f(x)− g(x)| dx

Page 180: AppuntI ANALISI Uno

180 6. FUNZIONI INTEGRABILI

Allora, utilizzando la proprieta di additivita dell’integrale otteniamo

A =

�π

0

| cos x− sin x| dx =

� π4

0

cos x− sin x dx+

�π

π4

sin x− cos x dx

= [sin x+ cosx]π40 − [cosx+ sin x]ππ

4=

√2− 1− (−1−

√2) = 2

√2

Un’ulteriore applicazione degli integrali definiti si ha nel calcolo dellalunghezza di una curva. Difatti, considerata una funzione f(x) continuain [a, b] e derivabile in (a, b), abbiamo che la curva y = f(x) in [a, b] halunghezza pari a

L =

�b

a

�1 + (f �(x))2 dx

Ad esempio, si vuole calcolare la lunghezza L dell’arco di parabolay = x2 in [0, 1]. Abbiamo

L =

� 1

0

√1 + 4x2 dx

e ponendo t = 2x, otteniamo

L =1

2

� 2

0

√1 + t2 dt =

1

4

�t√1 + t2 + log(t+

√1 + t2)

�20

=1

4(2√5 + log(2 +

√5))

Per esercizio, verificare che l’area dell’ellisse x2

a2+ y

2

b2= 1 e abπ e la

lunghezza della circonferenza x2 + y2 = r2 e 2πr.

Page 181: AppuntI ANALISI Uno

5. ESERCIZI 181

5. Esercizi

Calcolare i seguenti integrali immediati

1.

�cosx sin3 x dx

2.

�1

x2e

1x dx

3.

�x2

x3 + 2dx

4.

�sinx

1 + cos2 xdx

5.

�x+ 1√1 + x2

dx

6.

�x3 cos(x4) dx

7.

�1

x(1 + log2 x)dx

8.

�sinh

√x√

xdx

9.

�sinx log(cosx) dx

10.

�x√

2− x2dx

Calcolare i seguenti integrali utilizzando la regola di integrazione perparti

1.

�x2 arctan

1

xdx *

2.

�log(x2 − 2x+ 2)

x2dx *

3.

�arctan(x− 1)

x2dx *

4.

� 2π

0|x− π| cosx dx *

5.

�π

0| sinx− 1

2| cosx dx *

6.

�1

x2arctan(

x− 1

x+ 1) dx *

7.

� 1

0x log(1 +

√x) dx *

8.

�π

0ex cosx sinx dx *

9.

� π4

π6

log(sinx)sinx

cos3 xdx *

10.

� 1

0x2 arctanx dx *

11.

� 1

0x arcsinx dx *

12.

� 1

0x arctan2 x dx *

Calcolare i seguenti integrali utilizzando la regola di integrazione persostituzione

1.

�x3

�1− x2 dx *

2.

� 1

0

x3√1 + x2

dx *

3.

� 1

0

log2(2x+ 1)

(2x+ 1)3dx *

4.

� 1

0x log2(x+ 1) dx *

5.

� 1

0arctan

√x dx *

6.

� 1

0x√1 + x2 log(1 + x2)dx

7.

� √8

√3

√x2 + 1

xdx *

8.

� π2

0cosx

�1− sinx

1 + sinxdx *

Page 182: AppuntI ANALISI Uno

182 6. FUNZIONI INTEGRABILI

Calcolare i seguenti integrali di funzioni razionali:

1.

�x2 − x

x+ 1dx

2.

�2x− 3

x2 − x− 2dx

3.

�x

(x− 2)2dx

4.

�x

x2 + x+ 1dx

5.

�1

x2 + 2x+ 2dx

6.

�3x+ 1

x2 − 5x+ 6dx

7.

� −x+ 2

(x+ 2)(x− 1)dx

8.

�x2 − 4

x2(x2 + 4)dx

9.

�1

x2(x2 + 1)dx

10.

�1

1− x4dx

11.

�x2 − 1

(x+ 2)(x2 + 1)dx

12.

�x

(x− 1)(x2 + 2x+ 5)2dx

13.

�1

(x− 2)2(x2 + 4)2

14.

�1

(x− 1)(x2 + 1)2dx

15.

�x2 + x− 1

(x2 + 2x+ 2)3dx

16.

� 1

−1/2

1

2x2 + 2x+ 5dx

17.

� 1

0

x

(2x+ 1)2dx

18.

� √3−1

0

x2+1

(x+1)(x2+2x+2) dx *

19.

� 1

0log(2x2 − 2x+ 1) dx

20.

� 1

0log(4x2 − 2x+ 1) dx

21.

� −3

−4arctan

x+ 3

x+ 5dx

22.

�1

ex(ex + 1)dx *

Calcolare i seguenti integrali utilizzando le sostituzioni consigliate

1.

�3

�2x+ 1

5x+ 2dx

2.

�x+ 3

√x+ 1

2x+ x2dx

3.

�1 + x

1−√2x+ 1

dx

4.

� �x

x− 1dx

5.

�x2

�2x

x+ 3dx

6.

�1−

√x2 + 1

1 + 2xdx

7.

�x−

�x(x+ 1)

x2 + 1dx

8.

� √x+ 1 + x

x+√2x− 1

dx

9.

�sinx+ cosx

2 sinx− 3 cosxdx

10.

�cos2 x− 2 sin2 x

(tan2 x+ 1)2dx

Page 183: AppuntI ANALISI Uno

CAPITOLO 7

Integrali impropri

Nel precedente capitolo abbiamo visto la definizione di integrale defi-nito per funzioni limitate in intervalli chiusi e limitati. In particolare,abbiamo visto che una funzione continua in un intervallo chiuso e li-mitato [a, b] risulta ivi integrabile. Vediamo ora di estendere tale de-finizione al caso di funzioni continue in intervalli non necessariamentechiusi e limitati, quindi in particolare anche al caso di funzioni nonnecessariamente limitate su tali intervalli.

1. Integrali impropri su intervalli limitati

Consideriamo innanzitutto il caso di funzioni continue in intervalli limi-tati non chiusi. Sia quindi f(x) funzione continua nell’intervallo [a, b)e notiamo che per ogni c ∈ (a, b), f(x) risulta continua, e dunque in-tegrabile, in [a, c]. Esiste dunque

�c

af(x) dx per ogni c ∈ (a, b) e viene

naturale chiedersi se esiste il limite per c → b− di tale integrale. Sipone allora la seguente definizione.

Data una funzione f(x) continua in [a, b), diciamo integrale impropriodi f(x) in [a, b) il limite, se esiste,

limc→b−

�c

a

f(x) dx

e denoteremo tale limite con�

b

af(x) dx. Se tale limite esiste finito,

l’integrale improprio si dice convergente e la funzione f(x) integrabile insenso improprio su [a, b). Se tale limite esiste ma e infinito, l’integraleimproprio si dice divergente.

Osserviamo che se f(x) risulta continua in [a, b] allora, per il Teorema dicontinuita della funzione integrale, esiste finito il limite lim

c→b−

�c

af(x) dx

e questo coincide con l’integrale di Riemann�b

af(x) dx, cio motiva

l’utilizzo della medesima notazione per indicare sia l’integrale improprioche l’integrale di Riemann.

Ad esempio, abbiamo

limc→1−

�c

0

1

1− xdx = lim

c→1−[− log(1− x)]c0 = lim

c→1−− log(1− c) = +∞

183

Page 184: AppuntI ANALISI Uno

184 7. INTEGRALI IMPROPRI

e dunque che esiste l’integrale improprio� 1

01

1−xdx ed e divergente.

Analogalmente, data una funzione f(x) continua in (a, b], diciamointegrale improprio di f(x) in (a, b] il limite, se esiste,

limc→a+

�b

c

f(x) dx

e denoteremo tale limite con�

b

af(x) dx. Se tale limite esiste finito,

l’integrale improprio si dice convergente e la funzione f(x) si dice inte-grabile in senso improprio su (a, b]. Se tale limite esiste ma non e finito,l’integrale improprio si dice divergente.

Vediamo un esempio. Calcolare, se esiste,� 1

0x√1−x2dx. Osserviamo che

la funzione integranda f(x) = x√1−x2 e continua in [0, 1). Per calcolare

l’integrale applichiamo la definizione:� 1

0

x√1− x2

dx = limc→1−

�c

0

x√1− x2

dx

= limc→1−

�−√1− x2

�c0= lim

c→1−1−

√1− c2 = 1

Quindi f(x) e integrabile in senso improprio in (0, 1].

Come esempio notevole consideriamo la funzione f(x) = 1xp con p > 0,

continua in (0, 1]. Abbiamo

� 1

ε

1

xpdx =

1− ε1−p

1− pse p �= 1

− log ε se p = 1.

Quindi

� 1

0

1

xpdx = lim

ε→0+

� 1

ε

1

xpdx =

1

1− pse p < 1

+∞ se p ≥ 1.

Dunque l’integrale improprio� 1

0dx

xp e convergente se p < 1 ed e diver-gente se p ≥ 1. In particolare, la funzione f(x) = 1

xp e integrabile insenso improprio su (0, 1] se e solo se p < 1.

Mediante una semplice sostituzione, dal precedente esempio si deduceche gli integrali

�b

a

dx

(x−a)p e�

b

a

dx

(b−x)p convergono se e solo se p < 1.

Una funzione f(x) continua in (a, b) si dice integrabile in senso impropriosu (a, b) se risulta integrabile in senso improprio su (a, c] e su [c, b) per

Page 185: AppuntI ANALISI Uno

1. INTEGRALI IMPROPRI SU INTERVALLI LIMITATI 185

qualche c ∈ (a, b). In tal caso poniamo�

b

a

f(x) dx =

�c

a

f(x) dx+

�b

c

f(x) dx

e l’integrale improprio sara convergente se risultano convergenti en-trambi gli integrali in cui e stato decomposto.

Infine, una funzione f(x) continua in [a, b] \{x0} (non necessariamentelimitata in [a, b] \ {x0}) si dice integrabile in senso improprio su [a, b] serisulta integrabile in senso improprio su [a, x0) e su (x0, b]. In tal casoponiamo

�b

a

f(x) dx =

�x0

a

f(x) dx+

�b

x0

f(x) dx

In particolare, l’integrale improprio sara convergente se convergonoentrambi gli integrali in cui e stato decomposto.

Come esempio consideriamo� 1

−11xdx. La funzione f(x) = 1

xe continua

in [−1, 1] \ {0} e risultera integrabile in senso improprio su [−1, 1] serisulta integrabile in senso improprio su [−1, 0) e su (0, 1]. Abbiamoche

� 1

01xdx e divergente e quindi che f(x) = 1

xnon e integrabile in

senso improprio su [−1, 1]. Osserviamo che risulta invece finito il valoreprincipale secondo Cauchy di 1

xin [−1, 1] definito come1

v .p.

� 1

−1

1

x= lim

ε→0+

� −ε

−1

1

xdx+

� 1

ε

1

xdx = lim

ε→0+[log |x|]−ε

−1 + [log |x|]1ε

= limε→0+

log ε− log ε = 0.

Vediamo ora dei criteri che ci permetteranno di stabilire la conver-genza di un integrale improprio anche nei casi in cui non e possibiledeterminare una primitiva esplicita delle funzione integranda. Nei se-guenti risultati si considerano funzioni continue nell’intervallo [a, b) maanaloghi risultati valgono per funzioni continue nell’intervallo (a, b].

1In generale, si dice valore principale secondo Cauchy di una funzione f(x)continua in [a, b] \ {x0} il limite, se esiste

limε→0+

�� x0−ε

af(x) dx+

� b

x0+εf(x) dx

e viene denotato con v .p.� ba f(x) dx. Tale concetto generalizza quello di inte-

grale improprio, in cui si chiede che esistano finiti separatamente i due limiti

limε→0+

� x0−ε

af(x) dx e lim

ε→0+

� b

x0+εf(x) dx.

Page 186: AppuntI ANALISI Uno

186 7. INTEGRALI IMPROPRI

Teorema 7.1. (Criterio del Confronto)

Siano f(x) e g(x) funzioni continue nell’intervallo [a, b) tali che

0 ≤ f(x) ≤ g(x) per ogni x ∈ [a, b).

Se�

b

ag(x) dx converge allora

�b

af(x) dx converge mentre se

�b

af(x) dx

diverge allora�

b

ag(x) dx diverge.

Dim. Consideriamo le funzioni integrali F (x) =�x

af(t) dt e G(x) =�

x

ag(t) dt ed osserviamo che, se esistono,

�b

a

f(x) dx = limx→b−

F (x) e

�b

a

g(x) dx = limx→b−

G(x). (12)

Per il Teorema fondamentale del calcolo integrale, le funzioni F (x) e G(x)risultano derivabili in (a, b) con F �(x) = f(x) e G�(x) = g(x) per ognix ∈ (a, b). Essendo 0 ≤ f(x) ≤ g(x) per ogni x ∈ (a, b), avremo allora cheF (x) e G(x) risultano monotone crescenti in (a, b) e dal Teorema sul limitedelle funzioni monotone, otteniamo che esistono i limiti

limx→b−

F (x) = supx∈[a,b)

F (x) e limx→b−

G(x) = supx∈[a,b)

G(x) (13)

Essendo f(x) ≤ g(x) per ogni x ∈ [a, b), dalla proprieta di monotonia del-l’integrale di Riemann, risulta inoltre che F (x) ≤ G(x) per ogni x ∈ [a, b).

La tesi segue allora osservando che se�b

ag(x) dx converge, da (13) risulta

supx∈[a,b)G(x) ∈ R ed essendo F (x) ≤ G(x) per ogni x ∈ [a, b), si ottiene che

supx∈[a,b) F (x) ∈ R. Quindi, da (12) e (13), segue che�b

af(x) dx converge.

D’altra parte, se�b

af(x) dx diverge, allora da (12) e (13), supx∈[a,b) F (x) =

+∞ e dunque, essendo F (x) ≤ G(x) per ogni x ∈ [a, b), che supx∈[a,b)G(x) =

+∞. Quindi, sempre da (12) e (13), che�b

ag(x) dx diverge. �

Si osservi che ragionando come nella precedente dimostrazione, si hache se f(x) e funzione continua e di segno costante in [a, b), allorala funzione integrale F (x) =

�x

af(t) dt e funzione monotona e quin-

di esiste l’integrale improprio�b

af(x) dx = lim

x→b−F (x), convergente o

divergente.

Se invece f(x) e funzione continua in [a, b) ma non ha segno costante,potremo usare il seguente risultato.

Corollario 7.1. (Convergenza assoluta)

Sia f(x) funzione continua in [a, b). Se�

b

a|f(x)| dx e convergente

allora�

b

af(x) dx e convergente.

Page 187: AppuntI ANALISI Uno

1. INTEGRALI IMPROPRI SU INTERVALLI LIMITATI 187

Dim. Per ogni x ∈ [a, b), consideriamo le funzioni f+(x) = max{f(x); 0}(parte positiva) e f−(x) = max{−f(x); 0} (parte negativa). Osserviamo chetali funzioni risultano non negative e che f(x) = f+(x)− f−(x) da cui

|f(x)| = f+(x) + f−(x) per ogni x ∈ [a, b),

quindi

0 ≤ f−(x) ≤ |f(x)| e 0 ≤ f+(x) ≤ |f(x)| ∀x ∈ [a, b).

Essendo�b

a|f(x)| dx convergente, dal criterio del confronto segue ha che�

b

af+(x) dx e

�b

af−(x) dx sono convergenti. Allora, dalla definizione di

integrale improprio essendo f(x) = f+(x)− f−(x) per ogni x ∈ [a, b), si

ottiene che anche�b

af(x) dx converge. �

Se l’integrale�

b

a|f(x)| dx converge, l’integrale

�b

af(x) dx si dice assolu-

tamente convergente. Il precedente corollario afferma che la convergenzaassoluta implica la convergenza, ma non vale in generale il viceversa.

Osserviamo che se f(x) e funzione continua e limitata in [a, b) alloraf(x) risulta integrabile in senso improprio in [a, b). Infatti, sia M > 0tale che |f(x)| ≤ M per ogni x ∈ [a, b). Allora, essendo g(x) = M

funzione integrabile in [a, b), dal criterio del confronto otteniamo che�b

a|f(x)| dx risulta convergente e dunque, dal precedente risultato, che�

b

af(x) dx converge.

Dalla precedente osservazione segue allora

Corollario 7.2. Se f(x) e continua su [a, b) ed esiste limx→b−

f(x) ∈ R

allora l’integrale�b

af(x) dx risulta convergente.

Dim. Per provare la tesi, dalle precedenti osservazioni e sufficiente verificareche la funzione risulta limitata in [a, b). Infatti, poiche lim

x→b−f(x) = � ∈ R,

dalla definizione di limite esiste δ ∈ (0, b − a) tale che per ogni x ∈ (δ, b)risulta � − 1 ≤ f(x) ≤ � + 1. Inoltre, essendo f(x) continua in [a, δ], dalTeorema di Weierstrass esistono m,M ∈ R tali che m ≤ f(x) ≤ M per ognix ∈ [a, δ]. Scelti allora M = max{�+ 1;M} e m = min{�− 1;m}, per ognix ∈ [a, b) risulta m ≤ f(x) ≤ M e dunque che f(x) risulta limitata in [a, b).�

Esempi

•� 1

0

sin x

xdx. La funzione f(x) = sinx

xe continua in (0, 1] e lim

x→0+f(x) =

1. Dal Corollario 7.2 segue che� 1

0sinx

xconverge.

Page 188: AppuntI ANALISI Uno

188 7. INTEGRALI IMPROPRI

•� 1

0

tan x

x3dx. La funzione f(x) = tanx

x3 e continua in (0, 1] e risulta

limx→0+

f(x) = +∞. Ricordando che tanx > x per ogni x ∈ (0, π2 ),

otteniamo

f(x) =tan x

x3>

x

x3=

1

x2∀x ∈ (0, 1]

ed essendo� 1

01x2 dx divergente, dal criterio del confronto si deduce che

anche l’integrale dato diverge.

•� 2

1

(log x)23

x− 1dx. La funzione f(x) = (log x)

23

x−1 e funzione continua e

positiva in (1, 2] e limx→1+

f(x) = +∞. Osservato che, essendo log x

funzione concava e y = x − 1 la retta tangente in x0 = 1, risultalog x ≤ x− 1 per ogni x > 0, per x > 1 otteniamo

f(x) =(log x)

23

x− 1≤ (x− 1)

23

x− 1=

1

(x− 1)13

∀x ∈ (1, 2].

Essendo� 2

11

(x−1)13dx convergente, dal criterio del confronto si deduce

che anche l’integrale dato e convergente.

•� 1

0

sin 1x√xdx. La funzione f(x) =

sin 1x√x

e continua in (0, 1] e ma

non esiste limx→0+

f(x). Ricordando che | sin 1x| ≤ 1 per ogni x ∈ (0, 1],

otteniamo

|f(x)| ≤ 1√x

∀x ∈ (0, 1]

ed essendo� 1

01√xdx convergente, dal criterio del confronto segue che

l’integrale dato converge assolutamente e dunque, dal Teorema sullaconvergenza assoluta, converge.

•� 1

0

e1x

xdx. La funzione f(x) = e

1x

xe continua e positiva in (0, 1] e

limx→0+

f(x) = +∞. Dal limite notevole limy→+∞

ey

y= +∞, abbiamo che

limx→0+

xe1x = +∞

In particolare ne segue che esiste δ > 0 tale che per ogni x ∈ (0, δ)si ha xe

1x > 1 da cui e

1x >

1xe quindi f(x) >

1x2 . Essendo

� 1

01x2 dx

divergente, dal criterio del confronto si deduce che anche l’integraledato diverge.

Dal criterio del confronto e dalla definizione di limite si ottiene

Page 189: AppuntI ANALISI Uno

1. INTEGRALI IMPROPRI SU INTERVALLI LIMITATI 189

Corollario 7.3. (Criterio del confronto asintotico)

Siano f(x) e g(x) funzioni continue e di segno costante in [a, b). Allora

1. se limx→b−

f(x)

g(x)= 0 e

�b

ag(x) dx e convergente allora

�b

af(x) dx

e convergente,

2. se limx→b−

f(x)

g(x)= ∞ e

�b

ag(x) dx e divergente allora

�b

af(x) dx

e divergente,

3. se limx→b−

f(x)

g(x)= � ∈ R \ {0} (in particolare, se f(x) ∼ g(x)

per x → b−) allora�

b

af(x) dx e

�b

ag(x) dx hanno il medesimo

carattere.

Dim. Possiamo limitarci a considerare il caso in cui f(x) e g(x) risultanonon negative in [a, b).

1. Dalla definizione di limite, poiche f(x)g(x) → 0 per x → b−, sia δ ∈ (0, b− a)

tale che |f(x)g(x) | ≤ 1 per ogni x ∈ (b − δ, b). Si ottiene quindi che 0 ≤ f(x) ≤

g(x) per ogni x ∈ (b − δ, b) e dunque, dal Criterio del confronto, essendo�b

ag(x) dx convergente, deduciamo che anche

�b

af(x) dx converge.

2. Essendo limx→b−

f(x)

g(x)= +∞, abbiamo che esiste δ ∈ (0, b − a) tale che

f(x)g(x) ≥ 1 per ogni x ∈ (b− δ, b). Allora, essendo le funzioni non negative, si

ottiene che 0 ≤ g(x) ≤ f(x) per ogni x ∈ (b− δ, b) e dunque, dal Criterio del

confronto, essendo�b

ag(x) dx divergente, deduciamo che anche

�b

af(x) dx

diverge.

3. Poiche limx→b−

f(x)

g(x)= � �= 0 e le funzioni sono non negative, dal Teorema

della permanenza del segno abbiamo che � > 0. Sia allora δ ∈ (0, b− a) taleche

2≤ f(x)

g(x)≤ 3�

2∀x ∈ (b− δ, b).

da cui, essendo le funzioni non negative, si ottiene che 0 ≤ �

2g(x) ≤ f(x) ≤3�2 g(x) per ogni x ∈ (b−δ, b) e dunque, dal Criterio del confronto,

�b

af(x) dx

risulta convergente se e solo se e tale�b

ag(x) dx. �

Dal precedente criterio abbiamo allora che se f(x) e funzione continuae di segno costante in [a, b) allora

limx→b−

f(x)1

(b−x)p=

0 con p < 1, allora�

b

af(x) dx converge

∞ con p ≥ 1, allora�

b

af(x) dx diverge

� ∈ R \ {0}, allora�

b

af(x) dx converge ⇐⇒ p < 1

Page 190: AppuntI ANALISI Uno

190 7. INTEGRALI IMPROPRI

Utilizzando il concetto di ordine di infinito per x → b−, possiamoaffermare

se Ord(f(x)) < 1 per x → b−, allora�

b

af(x) dx converge;

se Ord(f(x)) ≥ 1 per x → b−, allora�

b

af(x) dx diverge.

Analoghi criteri valgono nel caso di integrali di funzioni continue inintervalli del tipo (a, b].

Esempi

•� 1

0

e1x

xdx. La funzione f(x) = e

1x

xe continua in (0, 1] con lim

x→0+f(x) =

+∞. Dal limite notevole limy→+∞

ey

yα= +∞ per ogni α ∈ R, si ottiene

che per ogni p > 0 risulta

limx→0+

f(x)1xp

= limx→0+

e1x

1xp−1

= +∞.

Scegliendo p ≥ 1, il Criterio del confronto asintotico ci permette diconcludere che l’integrale dato diverge.Si osservi che dal precedente confronto otteniamo che Ord(f(x)) > p

per ogni p > 0 ed in particolare che Ord(f(x)) > 1.

•� 1

0

log x√xdx. La funzione f(x) = log x√

xe continua in (0, 1] e lim

x→0+f(x) =

−∞. Ricordando che limx→0+

xα log x = 0 per ogni α > 0, otteniamo che

se p >12 allora

limx→0+

f(x)1xp

= limx→0+

xp− 1

2 log x = 0.

Quindi, se 12 < p < 1, il Criterio del confronto asintotico ci permette

di concludere che l’integrale dato e convergente.Si osservi che dal precedente confronto abbiamo che Ord(f(x)) < 1

2 .

•� 1

0

arctan 3√x

sin x+√xdx. La funzione f(x) = arctan 3√

x

sinx+√x

e continua in (0, 1].

Per x → 0+ abbiamo arctan x = x + o(x) e sin x = x + o(x), quindisin x+

√x = x+

√x+o(x) =

√x+o(

√x) e arctan( 3

√x) = 3

√x+o( 3

√x).

Allora per x → 0+ otteniamo

f(x) =3√x+ o( 3

√x)√

x+ o(√x)

∼3√x√x=

16√x

Ne segue che limx→0+

f(x) = +∞ e che Ord(f(x)) = 16 e dal Criterio del

confronto asintotico ne deduciamo che l’integrale dato converge.

Page 191: AppuntI ANALISI Uno

2. INTEGRALI IMPROPRI SU INTERVALLI ILLIMITATI 191

• Stabilire per quali valori di α > 0 l’integrale

� 1

0

x− log(x+ 1)

sin(xα)dx

converge.La funzione f(x) = x−log(x+1)

sin(xα) e continua in (0, 1]. Ricordando che

log(x+1) = x− x2

2 + o(x) e sin x = x+ o(x) per x → 0, otteniamo che

x− log(x+ 1) ∼ x2

2 e che sin(xα) ∼ xα per x → 0. Allora

f(x) ∼x2

2

xα=

1

2

1

xα−2per x → 0.

Ne segue che limx→0

f(x) = +∞ se α > 2 e che in tal caso Ord(f(x)) =

α − 2. Dal Criterio del confronto asintotico deduciamo inoltre chel’integrale risulta convergente se e solo se α− 2 < 1 ovvero se α < 3.

2. Integrali impropri su intervalli illimitati

Consideriamo ora il caso di funzioni continue in intervalli illimitati.Consideriamo innanzitutto il caso di una funzione f(x) continua nel-l’intervallo [a,+∞). Allora, per ogni b ∈ (a,+∞), risulta definito

l’integrale�

b

af(x) dx e ne considereremo il limite per b → +∞. Diamo

allora la seguente definizione.

Data una funzione f(x) continua in [a,+∞), si dice integrale impropriodi f(x) in [a,+∞) il limite, se esiste,

limb→+∞

�b

a

f(x) dx

e denoteremo tale limite con� +∞a

f(x) dx. Se tale limite esiste finito,l’integrale improprio si dice convergente e la funzione f(x) si dice inte-grabile in senso improprio su [a,+∞). Se tale limite esiste ma e infinito,l’integrale improprio si dice divergente.Analogalmente, data una funzione f(x) continua in (−∞, b], si diceintegrale improprio di f(x) in (−∞, b] il limite, se esiste,

lima→−∞

�b

a

f(x) dx

e denoteremo tale limite con�

b

−∞ f(x) dx. Se tale limite esiste finito,l’integrale improprio si dice convergente e la funzione f(x) si dice inte-grabile in senso improprio su (−∞, b]. Se tale limite esiste ma e infinito,l’integrale improprio si dice divergente.

Una funzione f(x) continua in (a,+∞) si dice integrabile in senso im-proprio su (a,+∞) se lo e su (a, b] e su [b,+∞) per qualche b > a. In

Page 192: AppuntI ANALISI Uno

192 7. INTEGRALI IMPROPRI

tal caso poniamo� +∞

a

f(x) dx =

�b

a

f(x) dx+

� +∞

b

f(x) dx

In particolare, l’integrale improprio sara convergente se convergonoentrambi gli integrali in cui e stato decomposto.

Analoghe definizioni nei casi in cui l’intervallo di integrazione e dellaforma (−∞, b).

Infine, una funzione f(x) continua in R si dice integrabile in senso im-proprio su R se risulta integrabile in senso improprio su (−∞, c] e su[c,+∞) per qualche c ∈ R. In tal caso poniamo

� +∞

−∞f(x) dx =

�c

−∞f(x) dx+

� +∞

c

f(x) dx

e l’integrale improprio sara convergente se convergono entrambi gliintegrali in cui e stato decomposto.

Vediamo un esempio. Calcolare

� +∞

1

e1x

x2dx.

La funzione f(x) = e1x

x2 e continua in [1,+∞) e limx→+∞

f(x) = 0. Dalla

definizione abbiamo� +∞

1

e1x

x2dx = lim

b→+∞

�b

1

e1x

x2dx = − lim

b→+∞

�e

1x

�b1= − lim

b→+∞e

1b −e = e−1

Quindi f(x) e integrabile in senso improprio in [1,+∞).

Come esempio notevole consideriamo la funzione f(x) = 1xp continua

nell’intervallo [1,+∞). Abbiamo

�b

1

1

xpdx =

b1−p − 1

1− pse p �= 1

log b se p = 1.

e quindi

� +∞

1

1

xpdx = lim

b→+∞

�b

1

dx

xp=

1

p− 1se p > 1

+∞ se p ≤ 1.

Dunque l’integrale improprio� +∞1

1xp dx e convergente se p > 1 ed e

divergente se p ≤ 1. In particolare, la funzione f(x) = 1xp e integrabile

in senso improprio su [1,+∞) se e solo se p > 1. Mediante semplicesostituzione si ottiene che per ogni a > 0, l’integrale

� +∞a+1

1(x−a)p dx

converge se e solo se p > 1.

Page 193: AppuntI ANALISI Uno

2. INTEGRALI IMPROPRI SU INTERVALLI ILLIMITATI 193

Si osservi inoltre che per quanto provato, per ogni p > 0 la funzionef(x) = 1

xp non e integrabile in senso improprio in (0,+∞).

Come nel caso di integrali impropri su intervalli limitati si puo provareil seguente risultato.

Teorema 7.2. (Criterio del Confronto)

Siano f(x) e g(x) funzioni continue nell’intervallo [a,+∞) tali che

0 ≤ f(x) ≤ g(x) per ogni x ∈ [a,+∞).

Se� +∞a

g(x) dx e convergente allora� +∞a

f(x) dx e convergente.

Se� +∞a

f(x) dx e divergente allora� +∞a

g(x) dx e divergente.

Dal Criterio del confronto in particolare otteniamo

Corollario 7.4. (Condizione necessaria alla convergenza)

Sia f(x) funzione continua in [a,+∞). Se l’integrale� +∞a

f(x)dxconverge ed esiste il limite lim

x→+∞f(x), allora tale limite e nullo.

Dim. Per assurdo, supponiamo che limx→+∞

f(x) = � > 0. Allora, esistera

b > a tale che f(x) > �

2 per ogni x > b. Dal criterio del confronto otteniamo

allora che� +∞b

f(x) dx risulta divergente in contraddizione con l’ipotesi� +∞a

f(x) dx convergente. Se invece limx→+∞

f(x) = � < 0, bastera considerare

la funzione g(x) = −f(x) e procedere come sopra. �Osserviamo che la condizione e necessaria ma non sufficiente, ad esem-pio la funzione f(x) = 1

xe infinitesima per x → +∞ ma

� +∞1

1xdiverge.

Osserviamo inoltre che la funzione f(x) = cos(x2) non ammette limiteper x → +∞ ma che

� +∞1 cos(x2) dx risulta convergente, in quanto,

mediante la sostituzione t = x2 ed un’integrazione per parti, otteniamo�

b

1

cos(x2) dx =1

2

�b2

1

cos t√tdt =

�sin t

2√t

�b2

1

+1

4

�b2

1

sin t

t32

dt.

Dunque� +∞

1

cos(x2) dx = limb→+∞

�sin t

2√t

�b2

1

+1

4

�b2

1

sin t

t32

dt =1

4

� +∞

1

sin t

t32

dt

e l’ultimo integrale risulta convergente essendo | sin t

t32| ≤ 1

t32e� +∞1

1

t32dt

convergente. Vale infatti

Corollario 7.5. (Convergenza Assoluta)

Se� +∞a

|f(x)| dx e convergente allora� +∞a

f(x) dx e convergente.

Page 194: AppuntI ANALISI Uno

194 7. INTEGRALI IMPROPRI

Se l’integrale� +∞a

|f(x)| dx converge, l’integrale� +∞a

f(x) dx si diceassolutamente convergente. Il precedente corollario afferma quindi chela convergenza assoluta implica la convergenza.

Esempi

•� +∞

π2

cos x

x4dx. Si osservi innanzitutto che lim

x→+∞

cos x

x4= 0 essendo

cos x funzione limitata, quindi la condizione necessaria alla convergenzae soddisfatta. Abbiamo poi che

|cos xx4

| ≤ 1

x4∀x ≥ π

2.

Essendo� +∞

π2

1x4dx convergente, dal criterio del confronto risulta con-

vergente anche� +∞

π2

| cosxx4 |dx e dunque, dal corollario sulla convergenza

assoluta, che anche l’integrale proposto converge.

•� +∞

2

(log x)23

x(x− 1)dx. Osserviamo che, essendo log x ≤ x− 1 e x > x− 1

per ogni x ≥ 2 si ha

(log x)23

x(x− 1)≤ (x− 1)

23

x(x− 1)=

1

x(x− 1)13

<1

(x− 1)43

∀x ≥ 2.

Poiche

� +∞

2

1

(x− 1)43

dx converge, dal criterio del confronto deduciamo

che anche l’integrale proposto converge.

•� +∞

1

log x√x. La funzione f(x) = log x√

xe funzione continua su ([1,+∞)

e risulta limx→+∞

f(x) = 0, essendo limx→+∞

log x

xα= 0 per ogni α > 0.

Abbiamo inoltre che per ogni x > e risulta

log x√x

>1√x

ed essendo� +∞e

1√xdx divergente, dal criterio del confronto si ottiene

che� +∞e

log x√x

dx diverge e quindi anche l’integrale proposto essendo

� +∞

1

log x√x

dx =

�e

1

log x√x

dx+

� +∞

e

log x√x

dx

Page 195: AppuntI ANALISI Uno

2. INTEGRALI IMPROPRI SU INTERVALLI ILLIMITATI 195

• Come ultimo esempio, consideriamo l’integrale notevole

� +∞

sinx

xdx.

Per ogni b > 2π, integrando per parti otteniamo�

b

sin x

xdx =

�−cos x

x

�b2π

−�

b

cos x

x2dx

Allora� +∞

sin x

xdx = lim

b→+∞

�b

sin x

xdx

= limb→+∞

1

2π− cos b

b−

�b

cos x

x2dx

=1

2π−

� +∞

cos x

x2dx

e l’integrale dato risulta convergente essendo tale

� +∞

cos x

x2dx. Infatti

risulta ���cos x

x2

��� ≤1

x2∀x ≥ 2π

con� +∞2π

1x2 dx convergente.

D’altra parte, proviamo che

� +∞

����sin x

x

���� dx diverge. Infatti, per ogni

k ∈ N si ha� 2(k+1)π

2kπ

����sin x

x

���� dx ≥ 1

2(k + 1)π

� 2(k+1)π

2kπ

| sin x| dx =2

(k + 1)π

Ricordando che 1n< log(1 + 1

n) per ogni n ∈ N, otteniamo

� 2(k+1)π

2kπ

����sin x

x

���� dx ≥ 2

πlog(1 +

1

k + 1) =

2

πlog

�k + 2

k + 1

Allora� 2nπ

����sin x

x

���� dx =n−1�

k=1

� 2(k+1)π

2kπ

����sin x

x

���� dx

≥ 2

π

n−1�

k=1

log

�k + 2

k + 1

�=

2

π(log(n+ 1)− log 2)

Consideriamo ora la funzione integrale F (x) =�

x

�� sin t

t

�� dt. Talefunzione e monotona crescente e quindi

� +∞

����sin x

x

���� dx = limx→+∞

F (x) = supx∈[2π,+∞)

F (x) ≥ supn∈N

F (2nπ)

Page 196: AppuntI ANALISI Uno

196 7. INTEGRALI IMPROPRI

Per quanto provato sopra F (2nπ) =� 2nπ

�� sin t

t

�� dt ≥ 2π(log(n + 1) −

log 2) e quindi F (2nπ) → +∞ per n → +∞. Ne segue che l’integrale� +∞2π

�� sinx

x

�� dx diverge.

Il precedente esempio prova che un integrale improprio puo convergerema non convergere assolutamente.

Dal criterio del confronto abbiamo inoltre

Corollario 7.6. (Criterio del confronto asintotico)

Siano f(x) e g(x) funzioni continue e di segno costante in [a,+∞).

1. Se limx→+∞

f(x)g(x) = 0 e

� +∞a

g(x) dx converge allora� +∞a

f(x) dxconverge.

2. Se limx→+∞

f(x)g(x) = ∞ e

� +∞a

g(x) dx diverge allora� +∞a

f(x) dx

diverge.

3. Se limx→+∞

f(x)g(x) = � ∈ R \ {0}, in particolare se f(x) ∼ g(x)

per x → +∞, allora� +∞a

f(x) dx e� +∞a

g(x) dx hanno il

medesimo carattere.

Dal precedente criterio si ottiene in particolare che se f(x) e funzionecontinua di segno costante in [a,+∞) e se

limx→+∞

f(x)1xp

=

0 con p > 1, allora� +∞a

f(x) dx converge

∞ con p ≤ 1, allora� +∞a

f(x) dx diverge

� ∈ R \ {0}, allora� +∞a

f(x) dx converge ⇔ p > 1

Utilizzando il concetto di ordine di infinitesimo per x → +∞, possiamoallora affermare che

se ord(f(x)) > 1 per x → +∞, allora� +∞a

f(x) dx converge;

se ord(f(x)) ≤ 1 per x → +∞, allora� +∞a

f(x) dx diverge.

Analoghi criteri valgono nel caso di un intervallo del tipo (−∞, b].

Esempi

•� +∞

1

x2e−xdx. La funzione f(x) = x2e−x e funzione continua in

[1,+∞) e limx→+∞

f(x) = 0 essendo limx→+∞

ex= 0 per ogni α ∈ R. Dal

medesimo limite notevole deduciamo che

limx→+∞

f(x)1xp

= limx→+∞

xp+2

ex= 0

Page 197: AppuntI ANALISI Uno

2. INTEGRALI IMPROPRI SU INTERVALLI ILLIMITATI 197

per ogni p ∈ R e quindi in particolare per p > 1. Dal criterio delconfronto asintotico deduciamo allora che l’integrale dato converge.Si osservi che dal precedente confronto abbiamo ord(f(x)) > p per ognip > 0 e quindi che ord(f(x)) > 1.

•� +∞

2

dx

xα log xcon α > 0. La funzione fα(x) =

1xα log x e continua in

[2,+∞) e limx→+∞

f(x) = 0 per ogni α > 0. Abbiamo

limx→+∞

f(x)1xp

= limx→+∞

xp−α

log x=

�+∞ se p > α

0 se p ≤ α

Se α < 1, scegliendo α < p ≤ 1 nel primo limite, otteniamo dal criteriodel confronto asintotico che l’integrale diverge. Se α > 1, scegliendo1 < p ≤ α nel secondo limite otteniamo dal criterio del confrontoasintotico che l’integrale converge. Se α = 1 i confronti sopra non cipermettono di concludere ma in tal caso l’integrale si puo calcolaremediante la definizione

� +∞

2

dx

x log x= lim

b→+∞

�b

2

dx

x log x= lim

b→+∞[log log x]b2

= limb→+∞

log log b− log log 2 = +∞

Segue allora che l’integrale dato converge se e solo se α > 1.

•� +∞

2

(1− 1

x)x

2dx. La funzione f(x) = (1− 1

x)x

2e continua in [2,+∞).

Inoltre essendo

f(x) = (1− 1

x)x

2= e

x2 log(1− 1

x )

dallo sviluppo log(1 + y) = y − y2

2 + o(y2) per y → 0 ponendo y = − 1x

per x → +∞ otteniamo

x2 log(1− 1

x) = x

2(−1

x− 1

2x2+ o(

1

x2)) = −x− 1

2+ o(1)

da cui

f(x) = e−x− 1

2+o(1) =e−x

√eeo(1) ∼ e−x

√e

per x → +∞

L’integrale� +∞2 e−xdx risulta convergente (lo si puo calcolare utiliz-

zando la definizione), quindi dal criterio del confronto asintotico anchel’integrale dato risulta convergente. Osserviamo che dal confronto pre-cedente ord(f(x)) = ord(e−x) e dalla gerarchia degli infiniti si ha cheord(e−x) > p per ogni p > 0, in particolare ord(e−x) > 1.

Page 198: AppuntI ANALISI Uno

198 7. INTEGRALI IMPROPRI

•� +∞

1

arctan 1x− sin 1

x√x2 + x− x

dx. La funzione f(x) =arctan 1

x−sin 1x√

x2+x−xe continua

in [1,+∞), inoltre dagli sviluppi di Taylor di arctan y e sin y per y → 0si ha che per x → +∞ risulta

arctan1

x− sin

1

x=

1

6x3+ o(

1

x3) ∼ 1

6x3

mentre√x2 + x− x = x(

�1 +

1

x− 1) ∼ x

1

2x=

1

2.

Quindi per x → +∞ si ha

f(x) ∼1

6x3

12

=1

3x3

ed essendo� +∞1

1x3 dx convergente, dal criterio del confronto asintotico

l’integrale dato risulta convergente.

Vediamo infine qualche esempio di studio di funzione integrale.

• Studiamo la funzione notevole F (x) =

�x

0

e−t

2dt (pari alla funzione

degli errori di Gauss Erf(x) a meno di una costante: Erf(x) = 2√πF (x)).

La funzione e definita e continua in tutto R e risulta inoltre funzionedispari in quanto (posto s = −t) si ha

F (−x) =

� −x

0

e−t

2dt = −

�x

0

e−s

2ds = −F (x), ∀x ∈ R

Abbiamo che F (0) = 0 e che F (x) > 0 per ogni x > 0 essendo e−t2> 0

per ogni t ≥ 0.

Dal criterio del confronto asintotico risulta limx→+∞

F (x) =

� +∞

0

e−t

2dt =

� ∈ (0,+∞) essendo

limt→+∞

e−t2

1tp

= limt→+∞

tp

et2 = 0

per ogni p > 0. Utilizzando il concetto di integrale doppio si potraprovare che � =

√π

2 , al momento, per ottenere una stima del limite,

osserviamo che per ogni t > 1 risulta t2 > t, dunque e−t2< e−t e

� +∞

1

e−t

2dt ≤

� +∞

1

e−t = lim

b→+∞

�b

1

e−tdt = lim

b→+∞

�−e

−t�b1

= limb→+∞

e−1 − e

−b =1

e

Page 199: AppuntI ANALISI Uno

2. INTEGRALI IMPROPRI SU INTERVALLI ILLIMITATI 199

Ne segue che

� = limx→+∞

F (x) =

� +∞

0

e−t

2dt ≤

� 1

0

e−t

2dt+

1

e≤ 1 +

1

e

D’altra parte, essendo t2 < t per ogni t ∈ [0, 1], otteniamo che� 1

0

e−t

2dt ≥

� 1

0

e−tdt =

�−e

−t�10= 1− 1

e

e dunque che

� = limx→+∞

F (x) =

� +∞

0

e−t

2dt ≥

� 1

0

e−t

2dt ≥ 1− 1

e

Riguardo la monotonia, osserviamo che F (x) e derivabile in R conF �(x) = f(x) = e−x

2e dunque F �(x) > 0 per ogni x ∈ R. Ne segue che

F (x) e strettamente crescente in R e non ammette punti di massimo edi minimo relativi. Infine, riguardo alla convessita risulta

F��(x) = f

�(x) = −2xe−x2

e quindi F ��(x) ≥ 0 se e solo se x ≤ 0. Dunque F (x) e concava in(0,+∞), convessa in (−∞, 0) e x = 0 e punto di flesso con F �(0) =f(0) = 1.

0

-l

l

Grafico di F (x) =�x

0 e−t2dt

• Studiamo, senza valutarla esplicitamente (provare per esercizio), la

funzione F (x) =

�x

1

log t√tdt.

La funzione e definita e continua in (0,+∞). Osserviamo che F (1) = 0e che per ogni x > 1 essendo log t√

t> 0 per ogni t ∈ (1, x] avremo

che F (x) > 0. Mentre se 0 < x < 1 risulta log t√t

< 0 per ogni t ∈

Page 200: AppuntI ANALISI Uno

200 7. INTEGRALI IMPROPRI

[x, 1) e dunque avremo che F (x) = −� 1

x

log t√t> 0. Riguardo ai limiti

all’estremo del campo abbiamo

limx→0+

F (x) = −� 1

0

log t√tdt = � ∈ (0,+∞)

essendo, per il criterio del confronto asintotico,

limt→0+

log t√t

1tp

= limt→0+

tp− 1

2 log t = 0

per ogni 12 < p < 1. Inoltre, sempre dal criterio del confronto asintotico,

limx→+∞

F (x) =

� +∞

1

log t√tdt = +∞

poiche

limt→+∞

log t√t

1tp

= limt→+∞

tp− 1

2 log t = +∞

per ogni 1 > p >12 . Controlliamo se la funzione ammette un asin-

toto obliquo. Abbiamo, dal Teorema di De l’Hopital e dal Teoremafondamentale del calcolo integrale,

limx→+∞

F (x)

x

H= lim

x→+∞f(x) = lim

x→+∞

log x√x

= 0

dunque F (x) non ammette asintoto obliquo.Per la monotonia, osserviamo che F (x) e derivabile in (0,+∞) conF �(x) = f(x) = log x√

xe dunque F �(x) ≥ 0 se e solo se x ≥ 1. Ne segue

che F (x) e strettamente decrescente in (0, 1], strettamente crescente in[1,+∞) e x = 1 e punto di minimo assoluto con F (1) = 0. Riguardoalla convessita abbiamo

F��(x) = f

�(x) =1√x− log x

2√x

x=

2− log x

2x√x

e quindi F ��(x) ≥ 0 se e solo se log x < 2 ovvero x < e2. Dunque F (x)e convessa in (0, e2), concava in (e2,+∞) e x = e2 e punto di flesso conF �(e2) = f(e2) = 2

e.

Page 201: AppuntI ANALISI Uno

2. INTEGRALI IMPROPRI SU INTERVALLI ILLIMITATI 201

0

l

1

Grafico di F (x) =�x

1log t√

tdt

• Studiamo infine la funzione G(x) =

�x2

1

log t√tdt.

La funzione e definita e continua in R \ {0}. Osserviamo che G(1) = 0e che la funzione risulta funzione pari essendo G(−x) = G(x). Limi-teremo quindi il nostro studio all’intervallo (0,+∞). Per ogni x > 1essendo log t√

t> 0 per ogni t ∈ (1, x2] avremo che G(x) > 0 mentre

per 0 < x < 1 risulta log t√t< 0 per ogni t ∈ [x2, 1) e dunque avremo

che G(x) = −� 1

x2log t√

t> 0. Riguardo ai limiti all’estremo del campo

abbiamo, come nell’esempio precedente, si ha

limx→0+

G(x) = −� 1

0

log t√tdt = � ∈ (0,+∞)

mentre

limx→+∞

G(x) =

� +∞

1

log t√tdt = +∞

Osserviamo che la funzione risulta funzione composta G(x) = F (x2)essendo F (x) =

�x

1log t√

tdt la funzione studiata nel precedente esempio.

Dal Teorema di derivazione delle funzioni composte e dal Teorema fon-damentale del calcolo integrale abbiamo allora che la funzione G(x)risulta derivabile in R \ {0} con

G�(x) = 2xF �(x2) = 2x

log(x2)√x2

= 4x

|x| log |x|.

Controlliamo se la funzione ammette un asintoto obliquo utilizzandoTeorema di De l’Hopital:

limx→+∞

G(x)

x

H= lim

x→+∞G

�(x) = limx→+∞

4x

|x| log |x| = +∞

Page 202: AppuntI ANALISI Uno

202 7. INTEGRALI IMPROPRI

dunque G(x) non ammette asintoto obliquo per x → +∞.Studiamo ora la monotonia, da quanto sopra abbiamo che G(x) e de-rivabile in (0,+∞) e che G�(x) ≥ 0 in (0,+∞) solo per x ≥ 1. Nesegue che G(x) risulta strettamente decrescente in (0, 1], strettamen-te crescente in [1,+∞) e che x = 1 e punto di minimo assoluto conG(1) = 0.Infine, riguardo alla convessita, per ogni x > 0 risulta G��(x) = 4

x> 0

e quindi che G(x) risulta convessa in (0,+∞).

0

l

1

Grafico di F (x) =�x2

1log t√

tdt

Page 203: AppuntI ANALISI Uno

3. ESERCIZI 203

3. Esercizi

Calcolare i seguenti integrali impropri:

1.

� 1

0

dx

x+√x

[log 4]

2.

� 1

0log x dx [−1]

3.

� 1

14

dx√2−x−

√x

[√5− π

2 + arcsin 23 ]

4.

� 1

0x log(1 + 1

x) dx [12 ]

5.

� +∞

0

dx

1 + x2[π2 ]

6.

� +∞

2

dx

x log3 x[ 12 log2 2

]

7.

� +∞

0

1√xlog(1 +

1

x)dx [ 2π]

8.

� +∞

1

1

x2arctan

1

xdx [π4 −

12 log 2]

9.

� +∞

0e−xdx [1]

10.

�log(x2 − 1)

x2dx [32 log 3]*

11.

� +∞

2

1x2 arctan(

x−2x+2)dx [ 14 log 2]*

12.

� +∞

1

2x+ 1

x3 + xdx [12(π + log 2)]*

Stabilire il carattere dei seguenti integrali impropri.

1.

� 1

0

sinx

x43

dx [converge]

2.

� 1

0

√ex − 1

(x+ 1)x23

dx [converge]

3.

� π3

0

cosx

x√2dx [diverge]

4.

� 5

0

dx�x(x+ 2)

[converge]

5.

� π

0

cosx− 1

x3dx [diverge]

6.

� π/2

0

sin√x

xdx [converge]

7.

� 0

−π/3

2

tan3 xdx [diverge]

8.

� 1

0

log(cosx)

x3dx [diverge]

9.

� π/2

1

2 sinx

x− 1[diverge]

10.

� 1

0

dx

log(1 +√x)

[converge]

11.

� 1

−∞

dx√x2 + 1

[diverge]

12.

� +∞

1

x2+x+3(x2+1)(x2+2)dx [converge]

13.

� 2

−∞

x(x−3)(x2+4) dx [converge]

14.

� +∞

1

arctanx

x3dx [converge]

15.

� +∞

2

dx

ex sin 1x

[converge]

16.

� +∞

0

dx3√x log(1+

√x)

[diverge]

17.

� +∞

1

log x

xdx [diverge]

18.

� +∞

1

cosx√x

dx [integrare per parti,

converge]

19.

� +∞

2x tan x2+1

x4+cos2 xdx [diverge]

20.

� +∞

0

ex−1−sin xeπx−1−sin(πx) dx [converge]

21.

� 3

−∞

x(x−3)(x2+4) dx [diverge]

22.

� +∞

0

e−x

x2−1 dx [non converge]

Page 204: AppuntI ANALISI Uno

204 7. INTEGRALI IMPROPRI

Stabilire per quali valori di α ∈ R risultano convergenti i seguentiintegrali.

1.

� π2

0

sinx

(1− cosx)αdx [α < 1]

2.

� 1

0

cos√x− e

x2

(x+ 3√x)α

dx [α < 6]

3.

� 1

0

3 3√1+x2−3 3√1+x+xdx [α > 2]

4.

� 1

0

1√1 + xα − cosxα

dx [α < 1]

5.

� 1

0

ex2 −

√2x2 + 1

sinxα − xαdx [α < 5

3 ]

6.

� 1

0

arctan(xα)

sinx+√xdx [α > − 1

2 ]

7.

� 1

0

dx

xα log x[α < 1]

8.

� 1

0

log x

xαdx [α < 1]

9.

� 1

0

log x

(x(1− x))2α+1dx [α < 0]

10.

� 1

0

�| tanπx|

(1− x)αdx [α < 3

2 ]

11.

� 1

0

x

sinα(πx)dx [α < 1]*

12.

� 1

0

log(1 + αx)− x

ex2 − 1dx [α < 2]*

13.

� 1

0

1− cosx

xα log(1 + x)dx [α < 2]*

14.

� 1

0( 1x − 1)2α 1

1−x dx [α ∈ (0, 12 )]*

15.

� 1

0

exα−√1+2x

sin x−log(1+x) dx [α = 1]*

16.

� 1

0

√x

eαx −√1− x

dx [α �= − 12 ]*

17.

� 1

0

1√1+2xα−e

√x dx [α �= 1

2 ]*

18.

� +∞

2

dx

x logα x[α > 1]

19.

� +∞

2

x2n+1

(x2−1)3 dx, n ∈ N [n = 1]

20.

� +∞

1

sinxα

x2dx [∀α]

21.

� +∞

1

e1x − cos 1

x

x2dx [α > 0]

22.

� +∞

1

1

x log(1 + xα)dx [ � ∃α]

23.

� +∞

1

eαx − 1

x2 log(1 + xα)dx [α > −2]*

24.

� +∞

1

1�x(xα + 1)

dx [α > 1]

25.

� +∞

1

√1+xα−cos 1

xx2 dx [α < 2]*

26.

� +∞

2

π − 2 arctan(xα)

x2 log xdx [∀α]*

27.

� +∞

1

x√1 + xα + x2

dx [α > 4]*

28.

� +∞

0

log(1 + xα)

x2dx [α > 1]

29.

� +∞

1

sinx

(eαx + x)2dx [∀α]*

30.

� +∞

1

1

x(x− 1)αdx [0 < α < 1]

31.

� +∞

0

e2x − x− 1dx [∀α]*

32.

� +∞

0

√x

eαx−x−1 dx [α > 0, α �= 1]*

33.

� +∞

0

log x

x2 log(1 + xα)dx [α > 1]*

34.

� +∞

0

√x−sin(xα)

x2 dx, α > 0[α = 12 ]*

35.

� +∞

0

log(1 + x2)

xα(ex − 1)dx, [α < 2]*

36.

� +∞

0

log(1 + x)

xα(e√x − 1)

dx, [α < 32 ]*

37.

� +∞

0

log(1+xα)x+x2α dx, α > 0 [α > 1

2 ]*

38.

� +∞

0

arctan 1x

x+arctan(xα)dx, α > 0 [α < 1]*

Page 205: AppuntI ANALISI Uno

3. ESERCIZI 205

Studiare le seguenti funzioni integrali.

1.

�x

1

log t

t2dt

2.

�x

0

dt√1 + t4

3.

�x

0

et

tdt

4.

�x

1

√t log t dt

5.

�x

2

sin t

tdt

6.

�x2

1t�

1 + cos2 t dt

Page 206: AppuntI ANALISI Uno
Page 207: AppuntI ANALISI Uno

CAPITOLO 8

Serie numeriche

Sia (an)n∈N una successione di numeri reali, ci proponiamo di definirela somma degli infiniti termini di tale successione. A tale scopo, perogni n ∈ N, si considera la somma parziale o ridotta n-esima:

sn = a1 + a2 + ...+ an =n�

k=1

ak

La successione di tali somme parziali (sn)n∈N viene detta serie associataalla successione (an)n∈N o anche serie di termine generale an. Vieneallora naturale definire la somma degli infiniti termini della successione(an)n∈N come il limite per n → +∞ della successione delle sommeparziali. Denoteremo tale limite con

+∞�

k=1

ak = limn→+∞

sn = limn→+∞

n�

k=1

ak

e, con un abuso di terminologia, chiameremo tale limite serie o sommaper k che va da 1 a +∞ di ak. Se il limite esiste finito diremo che laserie e convergente, in tal caso

+∞�

k=1

ak = limn→+∞

sn = s ∈ R

ed il valore s viene detto somma della serie. Se il limite esiste ma einfinito diremo che la serie e divergente mentre se il limite non esiste laserie e detta indeterminata.

Accade spesso che invece di sommare la successione (an)n∈N a partiredall’indice 1 si cominci a sommare la successione a partire dall’indicen = 0 o da un qualunque altro termine successivo. Cosı ad esempiola serie geometrica associata alla successione (xn)n≥0 con x ∈ R dato(e detto ragione della serie), considera le somme a partire dall’indicen = 0:

s0 = 1, s1 = 1 + x, ..... sn = 1 + x+ ...+ xn

207

Page 208: AppuntI ANALISI Uno

208 8. SERIE NUMERICHE

Ricordando che per ogni x �= 1 e ogni n ∈ N ∪ {0} risulta

sn =1− xn+1

1− x

e che

limn→+∞

xn+1 =

0 se |x| < 1

+∞ se x ≥ 1

� ∃ se x ≤ −1

otteniamo che la serie�+∞

n=0 xn converge alla somma 1

1−xse |x| < 1,

diverge se x ≥ 1 ed e indeterminata se x ≤ −1.

Vale il seguente risultato.

Teorema 8.1. (Condizione necessaria alla convergenza)

Se la serie�+∞

n=1 an converge allora la successione (an)n∈N e infinitesi-

ma.

Dim. Denotate con sn le somme parziali e con s la somma della serie, dalladefinizione abbiamo che sn → s per n → +∞ e dunque che

limn→+∞

an = limn→+∞

sn − sn−1 = s− s = 0.

1. Serie a termini non negativi

Osserviamo che data una serie�+∞

n=1 an a termini non negativi, an ≥ 0per ogni n ∈ N, la successione delle somme parziali risulta crescente:

sn+1 =n+1�

k=1

ak ≥n�

k=1

ak = sn, ∀n ∈ N

e dunque, dal Teorema di regolarita delle successioni monotone, talesuccessione ammette limite. Ne segue che la serie risultera convergenteo divergente.

Ad esempio, dalla condizione necessaria per la convergenza delle serieotteniamo in particolare che la serie a termini non negativi

�+∞n=1 n

p conp > 0 risulta non convergente essendo np → +∞ e per quanto dettorisulta divergente. Per determinare il carattere della serie armonica

+∞�

n=1

1

n

Page 209: AppuntI ANALISI Uno

1. SERIE A TERMINI NON NEGATIVI 209

e piu in generale della serie armonica generalizzata+∞�

n=1

1

np, p > 0

utilizziamo il seguente criterio che lega il concetto di serie numericacon quello di integrale improprio.

Teorema 8.2. (Criterio del confronto integrale)

Sia f(x) una funzione continua, non negativa e decrescente in [1,+∞).Allora, posto f(n) = an per ogni n ∈ N, risulta

+∞�

n=1

an e convergente ⇐⇒� +∞

1

f(x) dx e convergente.

Dim. Osserviamo innanzitutto che essendo f(x) ≥ 0 per ogni x ≥ 1, l’inte-grale improprio

� +∞1 f(x) dx risultera convergente o divergente ed in parti-

colare, essendo an ≥ 0 per ogni n ∈ N la serie�+∞

n=1an risultera anch’essaconvergente o divergente.Dalla monotonia di f(x), per ogni k ∈ N, se k ≤ x ≤ k + 1 allora ak+1 =f(k + 1) ≤ f(x) ≤ f(k) = ak e dunque

ak+1 ≤�

k+1

k

f(x) dx ≤ ak

Dall’additivita dell’integrale otteniamo allora che

n+1�

k=1

ak−a1 = a2+a3+ ...+an+1 ≤�

n+1

1f(x) dx ≤ a1+a2+ ...+an =

n�

k=1

ak

e quindi, facendo tendere n → +∞, otteniamo che se l’integrale improprioconverge allora anche la serie converge mentre se l’integrale diverge alloraanche la serie diverge.Viceversa, dal medesimo confronto, se la serie converge risultera convergenteanche l’integrale improprio mentre se la serie diverge, risultera divergenteanche l’integrale improprio. �

Dal precedente criterio, ricordando che l’integrale� +∞1

1xpdx converge se

e solo se p > 1, otteniamo che la serie armonica generalizzata�+∞

n=11np

converge se e solo se p > 1.

Come per gli integrali impropri, per studiare il carattere di una seriepotremo utilizzare il seguente criterio

Teorema 8.3. (Criterio del confronto)

Siano (an)n∈N e (bn)n∈N successioni a termini non negativi tali che

an ≤ bn per ogni n ∈ N.

Page 210: AppuntI ANALISI Uno

210 8. SERIE NUMERICHE

Se la serie�+∞

n=1 bn converge allora anche la serie�+∞

n=1 bn converge.

Se la serie�+∞

n=1 an diverge allora anche la serie�+∞

n=1 bn diverge.

Dim. La dimostrazione e immediata osservato che per ogni n ∈ N risulta

sn =n�

k=1

ak ≤n�

k=1

bk = sn

e che, essendo le serie a termini non negativi, le successioni (sn)n∈N e (sn)n∈Nsono monotone crescenti. �Dal precedente criterio segue inoltre

Corollario 8.1. (Criterio del confronto asintotico)

Siano (an)n∈N e (bn)n∈N successioni a termini non negativi.

1. Se limn→+∞

an

bn= 0 e

�+∞n=1 bn converge allora

�+∞n=1 an converge.

2. Se limn→+∞

an

bn= +∞ e

�+∞n=1 bn diverge allora

�+∞n=1 an diverge.

3. Se limn→+∞

an

bn= � ∈ R \ {0}, in particolare se an ∼ bn per n →

+∞, allora�+∞

n=1 an e�+∞

n=1 bn hanno il medesimo carattere.

Vediamo alcuni esempi dove, come serie di confronto, considereremo laserie geometrica e la serie armonica generalizzata.

Esempi

• La serie+∞�

n=1

1

n!e convergente, difatti per ogni p > 1, per n → +∞

risulta1n!1np

=np

n!→ 0

e la serie�+∞

n=11np , essendo p > 1, e convergente.

• La serie+∞�

n=1

1

log ne divergente, difatti per ogni 0 < p ≤ 1, per

n → +∞ risulta1

logn1np

=np

log n→ +∞

e la serie�+∞

n=11np , essendo p ≤ 1, e divergente.

• La serie+∞�

n=1

sin1

n2e convergente, difatti per n → +∞ risulta sin 1

n2 ∼

1n2 e la serie

�+∞n=1

1n2 e convergente.

Page 211: AppuntI ANALISI Uno

1. SERIE A TERMINI NON NEGATIVI 211

• La serie+∞�

n=1

√1 + 2n − 2

n2

e1n! − cos 1

n

e convergente. Difatti, per n → +∞,

risulta

√1 + 2n − 2

n2 = 2

n2 (

�1

2n+ 1− 1) ∼ 2

n2

1

2n+1=

1

2n2+1

mentre

e1n! − cos

1

n=

1

n!+ o(

1

n!) +

1

2n2+ o(

1

n2) =

1

2n2+ o(

1

n2) ∼ 1

2n2

ne segue che √1 + 2n − 2

n2

e1n! − cos 1

n

∼ 1

2n22

n2+1 =

n2

(√2)n

e la serie�+∞

n=1n2

(√2)n

e convergente. Difatti, per ogni p > 1, dalla

gerarchia degli infiniti si ha chen2

(√2)n

1np

=np+2

(√2)n

→ 0

• La serie+∞�

n=1

e12n −

�1 +

1

2ne convergente. Difatti, per n → +∞,

e12n −

�1 +

1

2n=

1

2n− 1

2n+1+ o(

1

2n) =

1

2n+1+ o(

1

2n+1) ∼ 1

2n+1

e la serie geometrica�+∞

n=112n e convergente.

• La serie+∞�

n=1

n(sin1

n−log(1 +

1

n)) e divergente. Difatti, per n → +∞,

dagli sviluppi di Taylor di sinx e log(1 + x) per x → 0, si ha

sin1

n− log(1 +

1

n) =

1

n+ o(

1

n2)− 1

n+

1

n2+ o(

1

n2) =

1

n2+ o(

1

n2) ∼ 1

n2

quindi n(sin 1n− log(1 + 1

n)) ∼ 1

ne la serie

�+∞n=1

1ne divergente.

Valgono inoltre i seguenti criteri

Teorema 8.4. (Criterio del rapporto)

Sia (an)n∈N una successione a termini non negativi per cui esiste

limn→+∞

an+1

an= �.

Allora, se � < 1 la serie�+∞

n=1 an converge mentre se � > 1 la serie�+∞n=1 an diverge.

Page 212: AppuntI ANALISI Uno

212 8. SERIE NUMERICHE

Dim. Se � < 1, dal criterio del rapporto per successioni numeriche abbiamoche esistono ν ∈ N, A > 0 e 0 < b < 1 tali che an ≤ Abn per ogni n ≥ ν. Dalcriterio del confronto per le serie, osservato che la serie geometrica

�+∞n=1 b

n

converge, otteniamo che la serie data converge.Se invece � > 1, dal criterio del rapporto per successioni numeriche abbia-mo che an → +∞ per n → +∞ e dunque, non essendo infinitesima dallacondizione necessaria alla convergenza, segue che la serie diverge. �

Ad esempio, la serie+∞�

n=1

2n

n!e convergente, difatti per n → +∞ risulta

2n+1

(n+ 1)!

n!

2n=

2

n+ 1→ 0

mentre la serie+∞�

n=1

2n2

n!diverge, infatti si ha

2(n+1)2

(n+ 1)!

(n)!

2n2 =22n+1

n+ 1→ +∞.

Per ogni a > 1 e α ∈ R la serie+∞�

n=1

ane convergente. Difatti, per

n → +∞ si ha(n+1)α

an+1

an

=(1 + 1

n)α

a→ 1

a< 1.

Si ha inoltre

Teorema 8.5. (Criterio della radice)

Sia (an)n∈N una successione a termini non negativi tale che esiste

limn→+∞

n√an = �.

Allora, se � < 1 la serie�+∞

n=1 an converge mentre se � > 1 la serie�+∞n=1 an diverge.

Dim. Se � < 1, dalla definizione di limite, preso 0 < ε < � − 1 sia ν ∈ Ntale che 0 ≤ n

√an < � + ε per ogni n ≥ ν. Allora, posto b = � + ε, risulta

b ∈ (0, 1) e 0 ≤ an < bn per ogni n ≥ ν. Poiche la serie geometrica�+∞

n=0 bn

e convergente, dal criterio del confronto anche la serie data converge.Se invece � > 1, preso 0 < ε < � − 1, dalla definizione di limite sia ν ∈ Ntale che n

√an > �− ε per ogni n ≥ ν. Allora, essendo �− ε > 1 avremo che

an > 1 per ogni n ≥ ν e la successione (an)n∈N non sara infinitesima. Per lacondizione necessaria alla convergenza, essendo la successione a termini nonnegativi, la serie risultera divergente. �

Page 213: AppuntI ANALISI Uno

1. SERIE A TERMINI NON NEGATIVI 213

Ad esempio, la serie+∞�

n=1

np

2ne convergente, difatti per n → +∞ risulta

n

�np

2n=

n√np

2→ 1

2

cosı come la serie+∞�

n=1

nn

n2npoiche per n → +∞ risulta

n

�nn

n2n=

1

n→ 0

Si puo inoltre provare il seguente risultato

Teorema 8.6. Se (an)n∈N e serie a termini positivi, allora

limn→+∞

n√an = lim

n→+∞

an+1

an

purche la successione a secondo membro risulti regolare.

Ad esempio, considerata la successione an = 1logn risulta

limn→+∞

n

�1

log n= lim

n→+∞

log n

log(n+ 1)= 1

e dunque sia il criterio del rapporto che della radice non ci permettonodi concludere se la serie

�+∞n=2

1logn risulta convergente.

I precedenti criteri possono essere applicati solo a serie a termini non ne-gativi, nel caso di serie a termini di segno qualunque potremo utilizzareil seguente risultato.

Teorema 8.7. (Convergenza assoluta)

Se la serie�+∞

n=1 |an| converge allora la serie�+∞

n=1 an converge.

Dim. Osservato che per ogni n ∈ N risulta 0 ≤ an+ |an| ≤ 2|an|, dal criteriodel confronto otteniamo che la serie

�+∞n=1(an + |an|) converge. Ne segue

allora che la successione delle somme parziali

k�

n=1

an =k�

n=1

(an + |an|)−k�

n=1

|an|

risulta convergente e dunque che la serie�+∞

n=1 an converge. �Se la serie

�+∞n=1 |an| converge, la serie

�+∞n=1 an e detta assolutamente

convergente. Il precedente risultato afferma allora che la convergenzaassoluta implica la convergenza.

Page 214: AppuntI ANALISI Uno

214 8. SERIE NUMERICHE

Come applicazione notevole proviamo che la serie esponenziale+∞�

n=0

xn

n!

risulta convergente per ogni x ∈ R. Consideriamo la serie dei valoriassoluti

�+∞n=0

|x|nn! ed applichiamo il criterio del rapporto. Per ogni

x ∈ R abbiamo che

an+1

an=

|x|n+1

(n+ 1)!

n!

|x|n =|x|

n+ 1→ 0

per n → +∞. Dal criterio del rapporto otteniamo allora che la serieconverge assolutamente e dunque semplicemente per ogni x ∈ R.

2. Serie a termini di segno alterno

Data una successione positiva (an)n∈N, la serie+∞�

n=1

(−1)nan

e serie a termini di segno alterno. Per stabilire se tale serie convergepossiamo applicare il seguente risultato.

Teorema 8.8. (Criterio di Leibniz)

Sia (an)n∈N una successione a termini non negativi. Se

(i) limn→+∞

an = 0;

(ii) an+1 ≤ an per ogni n ∈ N.Allora la serie

�+∞n=0(−1)nan converge.

Dim. Osserviamo che per ogni n ∈ N, essendo an+1 ≤ an, risulta

s2n = a0 − a1 + ...+ a2n−2 − a2n−1 + a2n ≤ a0 − a1 + ...+ a2n−2 = s2n−2

s2n+1 = a0 − a1 + ...− a2n−1 + a2n − a2n+1 ≥ a0 − a1 + ...− a2n−1 = s2n−1

e dunque che la successione (s2n)n∈N risulta decrescente mentre la succes-sione (s2n+1)n∈N risulta crescente. Inoltre, essendo an ≥ 0 per ogni n ∈ Nsi ha che s2n+1 ≤ s2n e dunque che per ogni n ∈ N risulta

s1 ≤ s2n+1 < s2n ≤ s0

La successione (s2n)n∈N risulta allora decrescente e limitata e dunque am-mette limite finito �p. Analogalmente, la successione (s2n+1)n∈N risulta cre-scente e limitata e dunque ammette limite finito �d. Risulta �d = �p, difattida (i) abbiamo s2n − s2n+1 = a2n+1 → 0. Si ottiene allora che la succes-sione (sn)n∈N risulta convergente al limite � = �p = �d e quindi che la serieconverge. �

Page 215: AppuntI ANALISI Uno

2. SERIE A TERMINI DI SEGNO ALTERNO 215

Utilizzando tale risultato si prova che per ogni p > 0 la serie

+∞�

n=1

(−1)n

np

converge ma non converge assolutamente per p ≤ 1.Altro esempio di serie convergente ma non assolutamente convergen-te e dato dalla serie

�+∞n=2

(−1)n

logn , difatti la successione an = 1logn e

infinitesima e decrescente.

Consideriamo ora la serie�+∞

n=0(−1)n n+2n

che non soddisfa il criteriodi Leibniz in quanto, pur essendo la successione an = n+2

n= 1 + 2

n

decrescente, non risulta infinitesima. Osserviamo che la successionenon converge poiche essendo lim

n→+∞an = 1 �= 0 non esiste lim

n→+∞(−1)nan

e non risulta verificata la condizione necessaria alla convergenza.

In generale, osservato che (−1)nan → 0 se e solo se an → 0, possiamoaffermare che se la successione non negativa (an)n∈N non e infinitesi-

ma allora le serie�+∞

n=0(−1)nan non converge in quanto non risultaverificata la condizione necessaria alla convergenza.

Come ulteriori esempi vediamo alcune serie contenenti dei parametri.

• La serie+∞�

n=1

(α− 1)n

nnconverge assolutamente per ogni α ∈ R.

Difatti dal Criterio della radice

limn→+∞

n�

|an| = limn→+∞

|α− 1|n

= 0

• Studiamo il comportamento della serie+∞�

n=0

ααn al variare di α > 0.

Dal Criterio del rapporto abbiamo

limn→+∞

αα(n+1)

ααn= α

α

e dunque che la serie converge se αα < 1, ovvero se α < 1, e diverge seαα > 1, ovvero se α > 1. Infine, se α = 1 allora i termini della serierisultano costanti e pari a 1 e la corrispondente serie non converge.

• Studiamo il comportamento della serie+∞�

n=1

αn

nal variare di α ∈ R.

Controlliamo innanzitutto se converge assolutamente e dunque consi-deriamo la serie

�+∞n=1

|α|nn. Essendo la serie a termini non negativi

Page 216: AppuntI ANALISI Uno

216 8. SERIE NUMERICHE

potremo applicare a tale serie il criterio della radice:

limn→+∞

n√an = lim

n→+∞

|α|n√n= |α|.

Ne deduciamo che se |α| < 1 allora limn→+∞ n√an < 1 e dal criterio

dalla radice la serie�+∞

n=1αn

nconverge assolutamente e quindi sempli-

cemente. Se invece |α| > 1 allora la serie non converge assolutamentema non possiamo dire nulla sulla convergenza semplice. Osserviamopero che se α > 1 allora α

n

n→ +∞ e quindi la serie diverge, se α < −1

allora la successione (αn

n)n∈N non ammette limite e dunque la serie non

converge.Infine, se α = 1 allora la serie diventa

�+∞n=1

1nche risulta divergente

mentre per α = −1 la serie risulta�+∞

n=1(−1)n

nche risulta convergente

per il criterio di Leibniz.Riunendo quanto ottenuto, si ha che la serie converge se e solo se−1 ≤ α < 1.

3. Operazioni tra serie

Riguardo alle operazioni tra serie, utilizzando la definizione, si puofacilmente provare

Teorema 8.9. (Somma tra serie)

Se�+∞

k=1 ak e�+∞

k=1 bk sono serie convergenti rispettivamente alle som-

me a, b ∈ R, allora la serie�+∞

k=1(αak + βbk) per ogni α, β ∈ R risulta

convergente alla somma αa+ βb e scriveremo

+∞�

k=1

(αak + βbk) = α

+∞�

k=1

ak + β

+∞�

k=1

bk.

Dim. Denotate rispettivamente con sn, σn e Sn le somme parziali delle serie�+∞k=1 ak,

�+∞k=1 bk e

�+∞k=1(αak + βbk), risulta

Sn = αsn + βσn, ∀n ∈ Ne quindi, passando al limite per n → +∞, otteniamo che la serie

�+∞k=1(αak+

βbk) converge e converge alla somma αa+ βb. �Si puo inoltre provare

Teorema 8.10. (prodotto di serie)

Se�+∞

k=0 ak e�+∞

k=0 bk sono serie assolutamente convergenti rispettiva-

mente alle somme a, b ∈ R, allora la serie prodotto (secondo Cauchy)∞�

k=0

ck, dove ck =k�

n=0

anbk−n ∀k ∈ N∗, (14)

Page 217: AppuntI ANALISI Uno

3. OPERAZIONI TRA SERIE 217

converge (assolutamente) al prodotto ab e scriveremo

+∞�

k=0

ak ·+∞�

k=0

bk :=+∞�

k=0

ck

Infine vediamo il concetto di riordinamento di una serie. Sia (kn)n∈Nuna successione tale che l’applicazione n �→ kn risulti biunivoca da N adN. Data una serie

�∞n=1 an e posto an = akn , n ∈ N, la serie

�∞n=1 an e

detta riordinamento della serie�∞

n=1 an. Vale allora il seguente risultato

Teorema 8.11. (Riordinamento di una serie)

Se�∞

n=1 an e una serie assolutamente convergente, allora ogni suo

riordinamento�∞

n=1 an converge e converge alla medesima somma.

La convergenza assoluta e essenziale per provare la convergenza di ogniriordinamento alla medesima somma della serie data. Si puo ad esempioprovare che la serie

+∞�

n=0

(−1)n

n+ 1= 1− 1

2+

1

3− 1

4+

1

5− 1

6+

1

7− 1

8+

1

9− 1

10+ ...

risulta convergente (ma non assolutamente) alla somma log 2 mentre ilsuo riordinamento

1 +1

3− 1

2+

1

5+

1

7− 1

4+

1

9+

1

11− 1

6+ ...

converge alla somma 32 log 2. In effetti vale il seguente risultato

Teorema 8.12. Sia�∞

n=1 an una serie convergente ma non assoluta-

mente convergente. Allora per ogni σ ∈ R esiste un suo riordinamento�∞n=1 an convergente alla somma σ.

Page 218: AppuntI ANALISI Uno

218 8. SERIE NUMERICHE

4. Esercizi

Determinare il carattere delle seguenti serie numeriche.

1.+∞�

n=0

(�n2 + 1− n)3 [converge]

2.+∞�

n=1

2n+ 1

n4 + 2n2 + 7[converge]

3.+∞�

n=0

n3e−n [converge]

4.+∞�

n=1

log n

2n[converge]

5.+∞�

n=0

esinn

n3 + 2[converge]

6.+∞�

n=0

log(n+ 3

n+ 1) [diverge]

7.+∞�

n=1

log(1 + 12n )

3n[converge]

8.+∞�

n=1

nn

2nn![diverge]

9.+∞�

n=0

nn

3n![converge]

10.+∞�

n=1

(2n)!

(n!)2[diverge]

11.+∞�

n=0

log(n+ 1)3√n!

[converge]

12.+∞�

n=2

n−√n

n3 − 3n[converge]

13.+∞�

n=1

cos(en)

n2[converge]

14.+∞�

n=1

en

(2n)![converge]

15.+∞�

n=1

�1− 1

n

�n2

[converge]

16.+∞�

n=0

(�1 + 2−n − 1) [conver-

ge]

17.+∞�

n=1

e1n −

�1 + 2

n√n

[converge]

18.+∞�

n=1

log(1+ 12n )−sin( 1

2n )

arctan( 13n )

[conver-

ge]

19.+∞�

n=1

e1n − cos( 1

3n )

tan 1n!

[diverge]

20.+∞�

n=1

(−1)n�3

1n − 1

�[conver-

ge]

Stabilire per quali valori del parametro α > 0 risultano convergenti leseguenti serie

1.+∞�

n=1

log(1 + αn)

n![α > 0]

2.+∞�

n=1

log(1 + n)− log n

nα[α > 0]

3.+∞�

n=1

1√n+ nα

[α > 2]

4.+∞�

n=1

e−αn − cos 1√

n

sin 1n

[α = 12 ]

5.+∞�

n=1

nα(log(1+ 1n)− 1

n)[α < 1]

6.+∞�

n=1

sin 12n√

n2 + nα − n[α > 0]

Page 219: AppuntI ANALISI Uno

4. ESERCIZI 219

7.+∞�

n=0

1

3αn[α > 0]

8.+∞�

n=1

αn

n22n[α ≤ 2]

9.+∞�

n=1

αn

2n2 [α > 0]

10.+∞�

n=1

n!

αn2 [α > 0]

Page 220: AppuntI ANALISI Uno
Page 221: AppuntI ANALISI Uno

CAPITOLO 9

Serie di potenze

Consideriamo la serie geometrica di ragione x ∈ R:+∞�

n=0

xn = 1 + x+ x

2 + ...+ xk + ...

Da quanto visto, tale serie converge (assolutamente) per |x| < 1 e nonconverge per |x| ≥ 1. Inoltre, per ogni |x| < 1 risulta

+∞�

n=0

xn =

1

1− x

Se pensiamo alla ragione x ∈ R come ad una variabile indipendentepotremo vedere tale serie come serie di funzioni fn(x) = xn e dire chetale serie, per x ∈ (−1, 1), converge alla funzione somma S(x) = 1

1−x.

Piu in generale data una successione di numeri reali (an)n∈N e x0 ∈ R,si pone il problema di determinare i valori x ∈ R per i quali la serie difunzioni

+∞�

n=0

an(x−x0)n = a0+a1(x−x0)+a2(x−x0)

2+...+ak(x−x0)k+... (15)

risulta convergente e, quando possibile, determinarne la somma. Unaserie di funzione del tipo (15) viene detta serie di potenze di centro x0

e coefficienti an. Diremo inoltre insieme di convergenza della serie dipotenze (15) l’insieme I ⊆ R costituito da tutti i valori x ∈ R per iquali la serie risulta convergente.Riconosciamo la serie geometrica come particolare serie di potenze conan = 1 per ogni n ∈ N e x0 = 0. Per tale serie l’insieme di convergenzae l’intervallo I = (−1, 1).

Esempi

221

Page 222: AppuntI ANALISI Uno

222 9. SERIE DI POTENZE

•+∞�

n=0

xn

n!. Abbiamo gia provato, utilizzando il criterio del rapporto, che

la serie considerata converge (assolutamente) in ogni x ∈ R e quindil’insieme di convergenza e I = R.

•+∞�

n=0

n!xn. Osserviamo che la serie converge per x = 0 mentre per

x �= 0 risulta

limn→+∞

n!xn =

�+∞ se x > 0

� ∃ se x < 0

Quindi per x �= 0 non risulta soddisfatta la condizione necessaria allaconvergenza di una serie numerica e dunque la serie non converge perogni x �= 0. L’insieme di convergenza della serie data e I = {0}.

•+∞�

n=0

(−1)n

2nxn. Ponendo y = −x

2possiamo riscrivere la serie come

+∞�

n=0

yn. Tale serie converge per |y| < 1 e non converge per |y| ≥ 1.

Quindi, tornando alla variabile iniziale otteniamo che la serie data con-verge per |x| < 2 e non converge per |x| ≥ 2. L’insieme di convergenzae allora l’intervallo I = (−2, 2).

Negli esempi precedenti, l’insieme di convergenza e sempre un interval-lo, al piu ridotto ad un unico punto (il centro della serie) o coincidentecon R. Nei prossimi risultati proveremo che la proprieta e vera ingenerale per ogni serie di potenze.

1. Insieme di convergenza di una serie di potenze

Nel seguito ci limiteremo a considerare serie di potenze della forma

+∞�

n=0

anxn (16)

con centro in x0 = 0. Difatti a tale situazione ci si puo semprericondurre mediante la sostituzione y = x− x0.

Come primo risultato, notiamo che ogni serie di potenze della forma(16) risulta convergente nel suo centro, in quanto per x = 0 si ha�+∞

n=0 anxn = a0. Vale poi il seguente risultato

Page 223: AppuntI ANALISI Uno

1. INSIEME DI CONVERGENZA DI UNA SERIE DI POTENZE 223

Teorema 9.1. (di Abel di convergenza su intervalli)

Se la serie di potenze�+∞

n=0 anxn converge per x = r �= 0 allora la serie

converge (assolutamente) in ogni x ∈ (−|r|, |r|).

Dim. Per ipotesi la serie numerica�+∞

n=0 anrn risulta convergente e quin-

di, dalla condizione necessaria per la convergenza di una serie, avremo cheanrn → 0 per n → +∞ da cui, in particolare, che la successione (anrn)n∈Nrisulta limitata.Sia M > 0 tale che |anrn| ≤ M per ogni n ∈ N e sia x ∈ (−|r|, |r|). Essendor �= 0, otteniamo

0 ≤ |anxn| = |anrn||xn||rn| = |anrn|(

|x||r| )

n ≤ Mbn

dove b = |x||r| . La serie

�+∞n=0 b

n e serie geometrica di ragione b ∈ [0, 1),

essendo |x| < |r|, quindi convergente. Dal criterio del confronto per serienumeriche a termini non negativi deduciamo allora che la serie

�+∞n=0 anx

n

converge (assolutamente) per ogni x ∈ (−|r|, |r|). �Data la serie di potenze (16), poniamo

ρ = sup{|r| ∈ [0,+∞) |+∞�

n=0

anrnconverge}

Tale valore, eventualmente pari a +∞, e detto raggio di convergenzadella serie di potenze (16). Dal precedente risultato otteniamo

Teorema 9.2. (sul raggio di convergenza)

Data la serie di potenze�+∞

n=0 anxn, sia ρ ∈ [0,+∞] il suo raggio di

convergenza. Allora:

(i) se ρ = 0, la serie converge solo per x = 0;(ii) se ρ = +∞, la serie converge (assolutamente) in ogni x ∈ R;(iii) se ρ ∈ (0,+∞), la serie converge (assolutamente) per |x| < ρ

e non converge per |x| > ρ.

Dim. Poniamo

A = {|r| ∈ [0,+∞) |+∞�

n=0

anrn converge}

e ricordiamo che per definizione ρ = supA.

(i) Per assurdo, supponiamo che esista x ∈ R con x �= 0 tale che�+∞

n=0 anxn

risulti convergente. Allora |x| ∈ A e quindi, per definizione ρ ≥ |x| > 0,contro l’ipotesi ρ = 0.

(ii) Sia x ∈ R, x �= 0. Essendo supA = +∞, avremo che esiste |r| ∈ A taleche |x| < |r|. Essendo

�+∞n=0 anr

n convergente, dal Teorema di convergenzasugli intervalli avremo allora che la serie converge (assolutamente) in x.

Page 224: AppuntI ANALISI Uno

224 9. SERIE DI POTENZE

(iii) Sia x ∈ R con |x| < ρ. Dalla definizione del raggio di convergenza,avremo che esiste |r| ∈ A con |x| < |r|. Poiche

�+∞n=0 anr

n converge, dalTeorema di convergenza sugli intervalli avremo allora che la serie converge(assolutamente) in x. Infine, sia x ∈ R con |x| > ρ. Dalla definizione delraggio di convergenza, avremo allora che |x| �∈ A e quindi che la serie nonconverge in x. �Dal precedente risultato, riguardo all’insieme di convergenza I di unaserie di potenze

�+∞n=0 anx

n di raggio di convergenza ρ ∈ [0,+∞] avre-mo:

(i) se ρ = 0 allora I = {0};(ii) se ρ = +∞ allora I = R;(iii) se ρ ∈ (0,+∞) allora (−ρ, ρ) ⊆ I ⊆ [−ρ, ρ]. Rimane dubbio

il comportamento della serie nei punti x = ±ρ.

Esempi

• La serie+∞�

n=0

xn ha raggio di convergenza ρ = 1 e non converge per

x = ±1: l’intervallo aperto I = (−1, 1) e il suo insieme di convergenza.

• La serie+∞�

n=0

xn

(n+ 1)2nha raggio di convergenza ρ = 2. Per il criterio

di Leibniz converge per x = −2 mentre per il criterio del confronto nonconverge per x = 2. L’intervallo I = [−2, 2) e quindi il suo insieme diconvergenza.

• La serie+∞�

n=0

xn

n23nha raggio di convergenza ρ = 3 e converge (assolu-

tamente) per x = ±3. L’intervallo chiuso I = [−3, 3] e il suo insiemedi convergenza.

I seguenti risultati ci permetteranno di determinare il raggio di conver-genza di una data serie di potenze.

Teorema 9.3. (Metodo del rapporto o di D’Alembert)

Data la serie di potenze�+∞

n=0 anxn con an �= 0 per ogni n ∈ N. Se

esiste

limn→+∞

����an+1

an

���� = � ∈ [0,+∞]

allora il raggio di convergenza della serie e

ρ =

+∞ se � = 0

1/� se � ∈ (0,+∞)

0 se � = +∞

Page 225: AppuntI ANALISI Uno

1. INSIEME DI CONVERGENZA DI UNA SERIE DI POTENZE 225

Dim. Per x �= 0 si ha

limn→+∞

����an+1xn+1

anxn

���� = �|x|

Se � = 0 allora, dal criterio del rapporto la serie converge (assolutamente)per ogni x ∈ R e dunque ρ = +∞.Se � = +∞ allora la serie non converge assolutamente in ogni x �= 0 e quindi,dal Teorema di convergenza sugli intervalli, non converge in alcun x �= 0.Quindi ρ = 0.Se � ∈ (0,+∞), dal criterio del rapporto la serie converge assolutamente per�|x| < 1, ovvero per |x| < 1/�, e non converge assolutamente per �|x| > 1,ovvero per |x| > 1/�. Dal Teorema sulla convergenza sugli intervalli nededuciamo che in questo caso ρ = 1/�. �

Ad esempio, data la serie+∞�

n=1

xn

3nnrisulta

limn→+∞

|an+1

an| = lim

n→+∞

3nn

3n+1(n+ 1)=

1

3

quindi, dal precedente teorema, la serie ha raggio di convergenza ρ = 3.Osserviamo inoltre che per x = 3 risulta la serie

�+∞n=1

1ne dunque che

la serie diverge mentre per x = −3 si ha la serie�+∞

n=1(−1)n

nche risulta

convergente. L’insieme di convergenza di tale serie e allora l’intervallo[−3, 3).

Come ulteriore esempio consideriamo la serie+∞�

n=0

n!

nnxn. Abbiamo

limn→+∞

|an+1

an| = lim

n→+∞

(n+ 1)!

(n+ 1)n+1

nn

n!= lim

n→+∞

1

(1 + 1n)n

=1

e

e dunque il raggio di convergenza della serie e ρ = e. Osserviamo chela serie non converge in x = ±e. Infatti, essendo (1 + 1

n)n < e per ogni

n ∈ N, risultan!

nnen<

(n+ 1)!

(n+ 1)n+1en+1

e dunque la successione ( n!nn e

n)n∈N, essendo strettamente crescente epositiva, non risulta infinitesima. Dalla condizione necessaria alla con-vergenza ne segue che la serie

�+∞n=0

n!nnx

n diverge in x = e mentrerisulta indeterminata in x = −e. Otteniamo allora che l’insieme diconvergenza della serie data e l’intervallo aperto (−e, e).

Utilizzando il criterio della radice per serie numeriche si puo provare,in modo analogo, il seguente risultato.

Page 226: AppuntI ANALISI Uno

226 9. SERIE DI POTENZE

Teorema 9.4. (Metodo della radice o di Cauchy-Hadamard)

Data la serie di potenze�+∞

n=0 anxn, se esiste

limn→+∞

n�

|an| = � ∈ [0,+∞]

allora il raggio di convergenza della serie e

ρ =

+∞ se � = 0

1/� se � ∈ (0,+∞)

0 se � = +∞

Ad esempio, data la serie+∞�

n=0

xn

3n2 risulta

limn→+∞

n�|an| = lim

n→+∞

1

3n= 0

quindi, dal precedente teorema, la serie ha raggio di convergenza ρ =+∞ e dunque l’insieme di convergenza e R.

I precedenti risultati si applicano, mediante semplice traslazione, anchea serie di potenze centrate in x0 �= 0:

+∞�

n=0

an(x− x0)n.

Ad esempio, vediamo di determinare l’insieme di convergenza della serie+∞�

n=0

(x+ 1)n

n2n. Dal criterio di D’Alembert abbiamo

limn→+∞

|an+1

an| = lim

n→+∞

n2n

(n+ 1)2n+1=

1

2

e dunque che la serie data ha raggio di convergenza ρ = 2. Ne segue chela serie converge (assolutamente) per |x+1| < 2 ovvero per −3 < x < 1e non converge per |x + 1| > 2. Per x = 1 la serie diventa

�+∞n=0

1n

e dunque diverge, mentre per x = −3, la serie risulta�+∞

n=0(−1)n

n,

convergente per il criterio di Leibniz. Ne segue allora che l’insieme diconvergenza della serie data e l’intervallo [−3, 1).

2. Derivata ed integrale di una serie di potenze

Data una serie di potenze�+∞

n−0 anxn di raggio di convergenza ρ > 0,

sappiamo che la serie risulta (assolutamente) convergente in ogni |x| <

Page 227: AppuntI ANALISI Uno

2. DERIVATA ED INTEGRALE DI UNA SERIE DI POTENZE 227

ρ e denotiamo con S(x) la sua somma:

S(x) =+∞�

n−0

anxn, ∀x ∈ (−ρ, ρ)

Nei prossimi risultati vedremo di stabilire le proprieta di tale somma e,se possibile, di determinarla esplicitamente. Osserviamo innanzituttoche per ogni n ∈ N i termini fn(x) = anx

n sono derivabili in R, edunque continui ed integrabili, con

f�n(x) = nanx

n−1 e

�x

0

fn(t) dt =an

n+ 1xn+1

e che le serie+∞�

n=1

nanxn−1 e

+∞�

n=0

an

n+ 1xn+1

sono serie di potenze, dette rispettivamente serie derivata e serie in-tegrata della serie

�+∞n=0 anx

n. Ci chiediamo dove tali serie risultanoconvergenti e quale relazione sussiste tra la somma di tali serie e lasomma S(x). Vale il seguente risultato

Teorema 9.5. (di derivazione ed integrazione delle serie di po-

tenze)

Sia�+∞

n=0 anxn serie di potenze di raggio di convergenza ρ > 0 e sia

S(x) =+∞�

n−0

anxn, ∀x ∈ (−ρ, ρ)

la sua somma. Allora

(i) S(x) e derivabile in (−ρ, ρ), la serie derivata�+∞

n=1 nanxn−1

ha raggio di convergenza ρ e somma S �(x):

S�(x) =

+∞�

n=1

nanxn−1

, ∀x ∈ (−ρ, ρ).

(ii) S(x) e integrabile in (−ρ, ρ), la serie integrata�+∞

n=0ann+1x

n+1

ha raggio di convergenza ρ e somma�

x

0 S(t) dt:

�x

0

S(t)dt =+∞�

n=0

an

n+ 1xn+1

, ∀x ∈ (−ρ, ρ).

Dim. (i) Proviamo innanzitutto che la serie derivata�∞

n=1 nanxn−1 ha

raggio di convergenza ρ. Infatti, sia ρ� il suo raggio di convergenza. Se

Page 228: AppuntI ANALISI Uno

228 9. SERIE DI POTENZE

|x| < ρ� allora dal Teorema sul raggio di convergenza la serie�∞

n=1 |nanxn−1|risulta convergente e poiche

|anxn| = |x||anxn−1| ≤ |nanxn−1|, ∀n ≥ |x|,

dal criterio del confronto segue che la serie�∞

n=0 anxn risulta convergente e

dunque che |x| ≤ ρ. Si ha allora che ρ� ≤ ρ.Viceversa, sia |x| < ρ, preso w ∈ R con |x| < |w| < ρ risulta

|nanxn−1| = n|an|���x

w

���n−1

|w|n−1 =

�n

|w|

���x

w

���n−1

�|anwn|.

Poiche, essendo�� xw

�� < 1, risulta n

|w|�� xw

��n−1 → 0 per n → +∞, avremo cheesiste ν ∈ N tale che

n

|w|

���x

w

���n−1

< 1 per ogni n ≥ ν.

Allora, per n ≥ ν risulta

|nanxn−1| < |anwn|

e poiche |w| < ρ, la serie�+∞

n=0 |anwn| risulta convergente e dunque, dalcriterio del confornto, sara tale anche la serie

�+∞n=1 nanx

n−1. Ne segueallora che |x| ≤ ρ� da cui ρ ≤ ρ�. Quindi ρ� = ρ.Proviamo ora che S(x) e derivabile e che la somma della serie derivata D(x)coincide con la derivata S�(x) per ogni |x| < ρ. Dato |x0| < ρ consideriamo

il rapporto incrementale S(x)−S(x0)x−x0

. Dalla definizione di somma della serieabbiamo

S(x)− S(x0)

x− x0= lim

k→+∞

1

x− x0(

k�

n=0

anxn −

k�

n=0

anxn

0 ) = limk→+∞

k�

n=0

anxn − xn0x− x0

Dalla formula di Taylor di ordine 1 con resto di Lagrange applicato allapotenza xn, per ogni n ∈ N abbiamo che esiste ξn compreso tra x e x0 taleche

xn = xn0 + nxn−10 (x− x0) +

n(n− 1)

2ξn−2n (x− x0)

2

dunque

S(x)− S(x0)

x− x0= lim

k→+∞

k�

n=0

nanxn−10 + (x− x0)

k�

n=0

n(n− 1)

2anξ

n−2n

Per ogni n ∈ N si ha che ξn risulta compreso tra x e x0 e quindi che |ξn| ≤ r =

max{|x|, |x0|} < ρ. Poiche la serie�+∞

n=0n(n−1)

2 anrn−2 risulta convergente

(difatti, per quanto sopra provato, la serie�+∞

n=0n(n−1)

2 anxn−2 e serie dipotenze di raggio di convergenza ρ), dal criterio del confronto deduciamo

Page 229: AppuntI ANALISI Uno

2. DERIVATA ED INTEGRALE DI UNA SERIE DI POTENZE 229

che la serie�+∞

n=0n(n−1)

2 anξn−2n converge ad una somma che denotiamo con

s0. Infine, essendo per definizione�+∞

n=0 nanxn−10 = D(x0) otteniamo

S(x)− S(x0)

x− x0= D(x0) + s0(x− x0)

e dunque che

S�(x0) = limx→x0

S(x)− S(x0)

x− x0= D(x0)

(ii) Da (i) e sufficiente osservare che la serie�+∞

n=0 anxn e la serie derivata

della serie�+∞

n=0ann+1x

n+1 e dunque, detta P (x) la sua somma risulta

P �(x) = S(x).

Dal Teorema fondamentale del calcolo integrale e dalla caratterizzazionedelle primitive si ottiene allora

P (x) = P (0) +

�x

0S(t) dt =

�x

0S(t) dt.

Ad esempio, consideriamo la serie geometrica�+∞

n=0 xn avente raggio

di convergenza ρ = 1 e somma S(x) = 11−x

per ogni x ∈ (−1, 1).

Dal precedente risultato otteniamo che la serie derivata�+∞

n=1 nxn−1

ha raggio di convergenza ρ = 1 e somma S �(x) = 1(1−x)2 :

+∞�

n=1

nxn−1 =

1

(1− x)2, ∀|x| < 1.

Analogalmente, la serie integrata�+∞

n=0xn+1

n+1 ha raggio di convergenza1 e somma

�x

0 S(t)dt = − log(1− x):

+∞�

n=0

xn+1

n+ 1= − log(1− x), ∀|x| < 1.

Applicando iterativamente il precedente risultato si ottiene

Teorema 9.6. Sia�+∞

n=0 anxn serie di potenze di raggio di convergenza

ρ > 0 e sia S(x) la sua somma:

S(x) =+∞�

n−0

anxn, ∀x ∈ (−ρ, ρ).

Page 230: AppuntI ANALISI Uno

230 9. SERIE DI POTENZE

Allora S(x) e funzione derivabile infinite volte in (−ρ, ρ) e per ogni

k ∈ N risulta

S(k)(x) =

+∞�

n=k

n(n− 1)(n− 2)...(n− k + 1)anxn−k

=+∞�

n=k

n!

(n− k)!anx

n−k, ∀x ∈ (−ρ, ρ).

In particolare, per ogni k ∈ N, risulta ak =S(k)(0)

k!e dunque vale

S(x) =+∞�

n=0

S(n)(0)

n!xn, ∀x ∈ (−ρ, ρ).

Generalizzando i precedenti risultati ad una generica serie di potenzedi centro x0, abbiamo che se S(x) e la somma della serie di potenze�+∞

n=0 an(x − x0)n di raggio di convergenza ρ > 0 allora S(x) risultaderivabile infinite volte in (x0 − ρ, x0 + ρ) e vale

S(x) =+∞�

n=0

S(n)(x0)

n!xn, ∀x ∈ (x0 − ρ, x0 + ρ).

Diremo che la funzione S(x) e sviluppabile in serie di Taylor con centrox0.

3. Serie di Taylor

Data una funzione f(x) derivabile infinite volte in (a, b), per ogni x0 ∈(a, b) e lecito considerarne la serie di Taylor con centro x0 definita come

+∞�

n=0

f (n)(x0)

n!(x− x0)

n.

E naturale chiedersi se tale serie (di potenze) risulta convergente in(a, b) e se la somma coincide con f(x). La risposta e in generalenegativa, si pensi ad esempio alla funzione

f(x) =

�e− 1

x2 se x �= 0,

0 se x = 0.

Tale funzione risulta derivabile infinite volte in R e risulta f (n)(0) = 0per ogni n ∈ N. La corrispondente serie di Taylor con centro x0 = 0

Page 231: AppuntI ANALISI Uno

3. SERIE DI TAYLOR 231

risulta quindi banalmente convergente a 0 e non a f(x):

+∞�

n=0

f (n)(0)

n!xn = 0, ∀x ∈ R.

Vale pero il seguente risultato che fornisce una condizione sufficientealla convergenza della serie di Taylor alla somma f(x).

Teorema 9.7. (di sviluppabilita in serie di Taylor)

Sia f(x) una funzione derivabile infinite volte in (a, b). Se esistono due

costanti M,L ≥ 0 tali che

|f (n)(x)| ≤ MLn ∀x ∈ (a, b), n ∈ N,

allora, per ogni x0 ∈ (a, b) si ha

f(x) =+∞�

n=0

f (n)(x0)

n!(x− x0)

n, ∀x ∈ (a, b).

Dim. Fissato x0 ∈ (a, b), per ogni k ∈ N poniamo

Rk(x) = f(x)−k�

n=0

f (n)(x0)

n!(x− x0)

n

e proviamo che per ogni x ∈ (a, b) risultaRk(x) → 0 per k → +∞. Osservato

che�

k

n=0f(n)(x0)n! (x−x0)n e il polinomio di Taylor di ordine k della funzione

f(x) centrato in x0, scrivendo il resto in forma di Lagrange abbiamo cheesiste ξ compreso tra x e x0 tale che

Rk(x) =f (k+1)(ξ)

(k + 1)!(x− x0)

k+1

Dalle ipotesi segue che

|Rk(x)| ≤MLk+1

(k + 1)!|x− x0|k+1

e dunque, dalla gerarchia degli infiniti, che Rk(x) → 0 per ogni x ∈ (a, b).�Le funzioni ex, sin x, cosx, sinh x e cosh x verificano le ipotesi del pre-cedente Teorema e risultano quindi sviluppabili in serie di Taylor nelloro dominio. Elenchiamo di seguito gli sviluppi di Taylor centrati inx0 = 0 di tali funzioni:

• ex =+∞�

n=0

xn

n!, x ∈ R (serie esponenziale)

Page 232: AppuntI ANALISI Uno

232 9. SERIE DI POTENZE

• sin x =+∞�

n=0

(−1)n

(2n+ 1)!x2n+1, x ∈ R

• cos x =+∞�

n=0

(−1)n

(2n)!x2n, x ∈ R

• sinh x =+∞�

n=0

1

(2n+ 1)!x2n+1, x ∈ R

• cos x =+∞�

n=0

1

(2n)!x2n, x ∈ R

Riguardo alla funzione logaritmica log x, abbiamo che per ogni |x| < 1risulta

log(1 + x) =∞�

k=0

(−1)n+1xn

n

Infatti, ricordando che

1

1− x=

+∞�

k=0

xk ∀|x| < 1,

sostituendo x con −x si ottiene

1

1 + x=

+∞�

n=0

(−1)nxn, ∀|x| < 1,

dal Teorema di integrazione delle serie di potenze deduciamo che

log(1 + x) =

�x

0

1

1 + tdt =

+∞�

n=0

(−1)nxn+1

n+ 1, ∀|x| < 1.

Per la funzione arcotangente, con ragionamento analogo al precedente,osservato che

D(arctan x) =1

1 + x2=

+∞�

n=0

(−1)nx2n ∀|x| < 1,

dal Teorema di integrazione delle serie di potenze otteniamo

arctan x =

�x

0

1

1 + t2dt =

+∞�

n=0

(−1)nx2n+1

2n+ 1, |x| < 1.

Page 233: AppuntI ANALISI Uno

3. SERIE DI TAYLOR 233

Riguardo infine la funzione (1 + x)α, si ha che per ogni α ∈ R e ogni|x| < 1 risulta

(1 + x)α =∞�

n=0

�α

n

�xn, (serie binomiale)

dove �α

n

�=

α(α− 1)(α− 2)...(α− n+ 1)

n!

Infatti, dal criterio del rapporto si puo provare che la serie a secondomembro ha raggio di convergenza ρ = 1 e dunque che la serie converge(assolutamente) per |x| < 1 mentre non converge per |x| > 1. Perprovare che la serie converge a (1 + x)α, detta S(x) la somma dellaserie, per |x| < 1 dal Teorema di derivazione otteniamo

S�(x) =

∞�

n=1

n

�α

n

�xn−1 =

+∞�

m=0

(m+ 1)

�α

m+ 1

�xm

da cui, osservato che

(n+ 1)

�α

n+ 1

�+ n

�α

n

�= α

�α

n

otteniamo

(1 + x)S �(x) =+∞�

n=0

(n+ 1)

�α

n+ 1

�xn +

∞�

n=1

n

�α

n

�xn

=∞�

n=1

((n+ 1)

�α

n

�+ n

�α

n

�)xn = α

+∞�

n=0

�α

n

�xn = αS(x).

Ne segue cheS �(x)

S(x)=

α

1 + x

ed integrando ambo i membri, essendo S(0) = 1, risulta

log(S(x)) =

�x

0

S �(t)

S(t)dt =

�x

0

α

1 + tdt = αlog(1 + x)

e dunque S(x) = (1 + x)α.

Come applicazione dei precedenti sviluppi notevoli e del Teorema diderivazione ed integrazione di serie di potenze, vediamo di determinarelo sviluppo in serie di potenze di una data funzione derivabile infinitevolte.

Page 234: AppuntI ANALISI Uno

234 9. SERIE DI POTENZE

Esempi

• Sviluppare in serie di potenze centrata in x0 = 0 la funzione f(x) =x log(1 + x). Per quanto ottenuto sopra risulta

log(1 + x) =+∞�

n=0

(−1)nxn+1

n+ 1, |x| < 1

da cui

x log(1 + x) =+∞�

n=0

(−1)nxn+2

n+ 1=

+∞�

m=2

(−1)mxm

m− 1, |x| < 1

Si osservi che la serie�+∞

n=0(−1)m xm

m−1 ha raggio di convergenza pari a1 e dunque lo sviluppo vale per |x| < 1. Si ha inoltre che per il criteriodi Leibniz la serie converge per x = 1 e si puo provare che la somma ef(2) = log 2 = limx→1 x log(1+x). Ne segue che lo sviluppo precedentevale per ogni x ∈ (−1, 1].

• Determinare lo sviluppo in serie di potenze centrata in x0 = 0 dellafunzione f(x) = x

(1+2x)3 . Dallo sviluppo

1

1 + y=

+∞�

n=0

(−1)nyn, |y| < 1

derivando due volte otteniamo

− 1

(1 + y)2=

+∞�

n=1

n(−1)nyn−1, |y| < 1

e2

(1 + y)3=

+∞�

n=2

n(n− 1)(−1)nyn−2, |y| < 1

Ponendo y = 2x otteniamo allora

2

(1 + 2x)3=

1

4

+∞�

n=2

n(n− 1)(−1)n2nxn−2, |x| < 1

2

da cui

f(x) =x

(1 + 2x)3=

1

8

+∞�

n=2

n(n− 1)(−1)n2nxn−1

=1

4

+∞�

m=1

(m+ 1)m(−1)m+12mxm, |x| < 1

2.

Page 235: AppuntI ANALISI Uno

3. SERIE DI TAYLOR 235

• Determinare lo sviluppo in serie di potenze centrata in x0 = 0 dellafunzione f(x) = (1 + x2) sin x. Per ogni x ∈ R abbiamo

sin x =+∞�

n=0

(−1)nx2n+1

(2n+ 1)!

e dunque

(1 + x2) sin x = sin x+ x

2 sin x

=+∞�

n=0

(−1)nx2n+1

(2n+ 1)!+

+∞�

n=0

(−1)nx2n+3

(2n+ 1)!

=+∞�

n=0

(−1)nx2n+1

(2n+ 1)!+

+∞�

n=1

(−1)n−1 x2n+1

(2n− 1)!

= x++∞�

n=1

(−1)n(1

(2n+ 1)!− 1

(2n− 1)!)x2n+1

= x++∞�

n=1

(−1)n1− 2n− 4n2

(2n+ 1)!x2n+1

Vediamo ora all’opposto come determinare la somma di una serie dipotenze e di alcune serie numeriche.

Esempi

• Determinare la somma S(x) della serie di potenze+∞�

n=0

5n

n!xn.

Ricordando che

ey =

+∞�

n=0

yn

n!, x ∈ R,

ponendo y = 5x otteniamo

S(x) =+∞�

n=0

5n

n!xn = e

5x, x ∈ R

• Determinare la somma S(x) della serie di potenze+∞�

n=0

xn

n+ 1.

Da1

1− x=

+∞�

n=0

xn, |x| < 1,

Page 236: AppuntI ANALISI Uno

236 9. SERIE DI POTENZE

integrando otteniamo che

− log(1− x) =+∞�

n=0

xn+1

n+ 1= x

+∞�

n=0

xn

n+ 1, |x| < 1

da cui, se x �= 0 segue che

S(x) = − log(1− x)

x,

mentre se x = 0, dal calcolo diretto otteniamo S(0) = 1.

• Determinare la somma S(x) della serie di potenze+∞�

n=1

xn

n(n+ 1).

Dallo sviluppo

1

1− x=

+∞�

n=0

xn, |x| < 1

integrando due volte otteniamo

− log(1− x) =+∞�

n=0

xn+1

n+ 1=

+∞�

m=1

xm

m, |x| < 1

e

(1− x) log(1− x) + x =+∞�

m=1

xm+1

m(m+ 1)= x

+∞�

m=1

xm

m(m+ 1), |x| < 1

Ne segue che se x �= 0 e |x| < 1 allora

S(x) =+∞�

m=1

xm+1

m(m+ 1)=

1− x

xlog(1− x) + 1

mentre S(0) = 0.

• Determinare la somma della serie numerica+∞�

n=0

n

2n.

Determiniamo innanzitutto la somma della serie�+∞

n=0 nxn. A tale

scopo osserviamo che derivando

1

1− x=

+∞�

n=0

xn, |x| < 1

otteniamo

1

(1− x)2=

+∞�

n=1

nxn−1 =

1

x

+∞�

n=0

nxn, |x| < 1, x �= 0,

Page 237: AppuntI ANALISI Uno

3. SERIE DI TAYLOR 237

da cuix

(1− x)2=

+∞�

n=0

nxn, |x| < 1.

Per x = 12 risulta allora

+∞�

n=0

n

2n=

12

(1− 12)

2= 2.

• Determinare la somma della serie numerica+∞�

n=0

(n+ 1)2

en.

Determiniamo a tale scopo la somma della serie�+∞

n=0 (n+ 1)2xn. Atale scopo osserviamo che procedendo come nel precedente esempioabbiamo

x

(1− x)2=

+∞�

n=0

nxn, |x| < 1.

Derivando otteniamo

1 + x

(1− x)3=

+∞�

n=1

n2xn−1 =

+∞�

m=0

(m+ 1)2xm, |x| < 1

e ponendo x = 1econcludiamo

+∞�

n=0

(n+ 1)2

en=

1 + 1e

(1− 1e)3

=e(e+ 1)

(e− 1)3.

• Determinare la somma della serie+∞�

n=0

n2 − 2

2n.

Vediamo innanzitutto di determinare la somma della serie�+∞

n=0(n2 −

2)xn. Osservato che il raggio di convergenza della serie e ρ = 1, perogni |x| < 1 abbiamo

+∞�

n=0

(n2 − 2)xn =+∞�

n=0

n2xn − 2

+∞�

n=0

xn =

x(1 + x)

(1− x)3− 2

1− x

=−x2 + 5x− 2

(1− x)3,

dove, per calcolare la somma della prima serie abbiamo derivato duevolte la serie

�+∞n=0 x

n = 11−x

ottenendo

+∞�

n=0

nxn =

x

(1− x)2

Page 238: AppuntI ANALISI Uno

238 9. SERIE DI POTENZE

da cui+∞�

n=0

n2xn =

x(1 + x)

(1− x)3.

Posto x = 12 nello sviluppo ottenuto, concludiamo che

+∞�

n=0

n2 − 2

2n= 2.

Page 239: AppuntI ANALISI Uno

4. ESERCIZI 239

4. Esercizi

Determinare l’insieme di convergenza delle seguenti serie di potenze.

1.∞�

n=0

2n

3n2 xn R

2.+∞�

n=0

n+ 1

2nxn (−2, 2)

3.∞�

n=0

en

n3 + 1xn [−1

e, 1e]

4.+∞�

n=1

3n

3√nxn [−1

3 ,13)

5.+∞�

n=1

2n2

n2xn {0}

6.+∞�

n=0

xn

log n[−1, 1)

7.+∞�

n=0

sin 1n

nxn [−1, 1]

8.+∞�

n=0

xn

nn log nR

9.+∞�

n=0

n2

nnxn R

10.+∞�

n=0

xn

2√n

[−1, 1]1

Determinare lo sviluppo in serie di potenze delle seguenti funzioni

1. f(x) = x sinhx

2. f(x) = e2x

x

3. f(x) = (1 + x) log(1 + x)

4. f(x) = x+ log(1− x2)5. f(x) = (1− x) sin(x2)6. f(x) = x− arctanx

Determinare il raggio di convergenza e la somma delle seguenti serie dipotenze

1.+∞�

n=0

x2n

n![ex

2]

2.+∞�

n=0

(−1)nx4n

(2n+ 1)![ sin(x

2)x2 ]

3.+∞�

n=0

xn

(n+ 1)![ e

x−1x

]

4.+∞�

n=1

(−1)nnxn [− x

(1+x)2 ]

5.+∞�

n=2

n(n− 1)x2n [ 2x4

(1−x2)3 ]

6.+∞�

n=1

(−1)nn2xn [−x(x−1)(1+x)3 ]

7.+∞�

n=0

(n+ 3)xn [ 3−2x(1−x)2 ]

8.+∞�

n=1

n(n+ 2)xn [x(3−x)(1−x)3 ]

1provare che la serie�+∞

n=01

2√

n converge confrontandola ad esempio con la serie�+∞

n=01n2

Page 240: AppuntI ANALISI Uno

240 9. SERIE DI POTENZE

Calcolare la somma delle seguenti serie numeriche

1.+∞�

n=0

1

2n(n+ 1)![2(

√e− 1)]

2.+∞�

n=0

1

2nn(n+ 1)[1− log 2]

3.+∞�

n=0

1

4n(2n+ 1)[2 arctan 1

2 ]

4.+∞�

n=0

(−1)nπ2n+1

(2n)![π]

5.+∞�

n=1

n2

2n[6]

6.+∞�

n=0

1 + n2

3n[3]

Page 241: AppuntI ANALISI Uno

CAPITOLO 10

Serie di Fourier

Sia f(x) funzione definita in R, periodica di periodo 2π ed integrabile(secondo Riemann) in [−π, π], vedremo piu avanti come passare al casogenerale di periodo T > 0 tramite dilatazioni. Diremo coefficienti diFourier di f(x) i numeri reali cosı definiti

a0 =1

π

�π

−π

f(x) dx,

ak =1

π

�π

−π

f(x) cos(kx) dx,

bk =1

π

�π

−π

f(x) sin(kx) dx,

dove k ∈ N. Si osservi che i coefficienti di Fourier di f(x) risultano bendefiniti. Infatti essendo f(x) periodica di periodo 2π e integrabile su[−π, π] allora per ogni funzione g(x) continua in R, la funzione f(x)g(x)risulta anch’essa integrabile su [−π, π].

Si dice invece serie di Fourier di f(x) la serie di funzioni

a0

2+

∞�

k=1

ak cos(kx) + bk sin(kx), x ∈ [−π, π].

1. Diseguaglianza di Bessel

Sia f(x) funzione periodica di periodo 2π e integrabile su [−π, π].Considerata la somma parziale n-esima della serie di Fourier

sn(x) =a0

2+

n�

k=1

ak cos(kx) + bk sin(kx), x ∈ [−π, π],

per ogni n ∈ N proveremo che

1

π

�π

−π

|f(x)−sn(x)|2 dx =1

π

�π

−π

f(x)2 dx− [a20

2+

n�

k=1

(a2k+ b

2k) ], (17)

241

Page 242: AppuntI ANALISI Uno

242 10. SERIE DI FOURIER

da cui in particolare segue

a20

2+

n�

k=1

(a2k+ b

2k) ≤ 1

π

�π

−π

f(x)2 dx, ∀n ∈ N.

Passando al limite per n → +∞ si ottiene la seguente diseguaglianza,nota come diseguaglianza di Bessel:

a20

2+

∞�

k=1

(a2k+ b

2k) ≤ 1

π

�π

−π

f(x)2 dx. (18)

Dalla diseguaglianza di Bessel in particolare si ha che la serie�∞

k=1 (a2k+

b2k) risulta convergente e quindi, dalla condizione necessaria alla con-

vergenza di una serie, che le successioni (ak)k∈N e (bk)k∈N risultano in-finitesime. Il risultato e noto (sotto ipotesi in realta meno restrittive)come Lemma di Riemann-Lebesgue

Teorema 10.1. (Lemma di Riemann-Lebesgue)

Sia f(x) funzione periodica di periodo 2π e integrabile su [−π, π] allora

limk→+∞

�π

−π

f(x) cos(kx) dx = limk→+∞

�π

−π

f(x) sin(kx) dx = 0. (19)

Proviamo ora che vale (17). Chiaramente risulta

1

π

�π

−π

|f(x)− sn(x)|2 dx =1

π

�π

−π

f(x)2 dx− 2

π

�π

−π

f(x)sn(x) dx (20)

+1

π

�π

−π

sn(x)2 dx.

Ricordando la definizione dei coefficienti di Fourier abbiamo

2

π

�π

−π

f(x)sn(x) dx =a0π

�π

−π

f(x) dx+2

π

n�

k=1

ak

�π

−π

f(x) cos(kx) dx

+2

π

n�

k=1

bk

�π

−π

f(x) sin(kx) dx

= a20 +2

π

n�

k=1

�π a2

k+ π b2

k

�= a20 + 2

n�

k=1

�a2k+ b2

k

Page 243: AppuntI ANALISI Uno

2. CONVERGENZA PUNTUALE DELLA SERIE DI FOURIER 243

Per valutare l’ultimo termine in (20) osserviamo che risulta

1

π

�π

−π

sn(x)2 dx =

1

π

�π

−π

(a02

+n�

k=1

ak cos(kx) + bk sin(kx))2 dx

=a202

+ a0

n�

k=1

�1

π

�π

−π

ak cos(kx) + bk sin(kx) dx

�+

+n�

k,j=1

akaj

�1

π

�π

−π

cos(kx) cos(jx) dx

�+

+n�

k,j=1

akbj

�1

π

�π

−π

cos(kx) sin(jx) dx

�+

+n�

k,j=1

bkbj

�1

π

�π

−π

sin(kx) sin(jx) dx

Il primo integrale nella precedente identita risulta nullo mentre per calcolaregli ultimi integrali si possono utilizzare le Formule di Werner1 da cui risulta

�π

−π

cos(kx) sin(jx) dx = 0

mentre�

π

−π

sin(kx) sin(jx) dx =

�π

−π

cos(kx) cos(jx) dx =

�0 se k �= j,

π se k = j.

Si ottiene allora che

1

π

�π

−π

sn(x)2 dx =

a202

+n�

k=1

�a2k+ b2

k

�,

da cui la (20) ci permette di concludere come si voleva che

1

π

�π

−π

|f(x)− sn(x)|2 dx =1

π

�π

−π

f(x)2 dx−�a202

+n�

k=1

(a2k+ b2

k)

�.

2. Convergenza puntuale della Serie di Fourier

Vedremo in questa sezione sotto quali ipotesi la serie di Fourier risultaconvergente alla funzione. Si osservi innanzitutto che se f(x) e funzio-ne periodica di periodo 2π ed integrabile su [−π, π] allora la sommaparziale n-esima della sua serie di Fourier e data da

sn(x) =1

π

�π

−π

f(x+ t)Dn(t) dt, x ∈ [−π, π]. (21)

1 cos(kx) sin(jx) = 12 (sin(k + j)x + sin(j − k)x), sin(kx) sin(jx) = 1

2 (cos(k −j)x− cos(k + j)x) e cos(kx) cos(jx) = 1

2 (cos(k + j)x+ cos(j − k)x).

Page 244: AppuntI ANALISI Uno

244 10. SERIE DI FOURIER

dove si e denotato con Dn(x) il nucleo di Dirichlet

Dn(x) =1

2+ cos(x) + cos(2x) + . . .+ cos(nx), x ∈ R, n ∈ N.

-! 0 !

Nuclei di Dirichlet D1, D2 e D3

Infatti, ricordando la definizione dei coefficienti di Fourier di f(x) (chedenotiamo ancora a0, ak, bk) otteniamo

sn(x) =a02

+n�

k=1

(ak cos(kx) + bk sin(kx))

=1

π

�π

−π

f(y)

�1

2+

n�

k=1

(cos(ky) cos(kx) + sin(ky) sin(kx))

�dy

=1

π

�π

−π

f(y)

�1

2+

n�

k=1

cos(k(y − x))

�dy

=1

π

�π

−π

f(y)Dn(y − x) dy

ed operando la sostituzione t = y − x ne segue che

sn(x) =1

π

�π+x

−π+x

f(x+ t)Dn(t) dt.

La (21) segue allora dal fatto che la funzione x ∈ R �→ f(x+ t)Dn(t) ∈ R eperiodica di periodo 2π e dunque che

�π+x

−π+x

f(x+ t)Dn(t) dt =

�π

−π

f(x+ t)Dn(t) dt.

Riguardo ai nuclei di Dirichlet, abbiamo

Page 245: AppuntI ANALISI Uno

2. CONVERGENZA PUNTUALE DELLA SERIE DI FOURIER 245

Lemma 10.1. Per ogni n ∈ N si ha che Dn(x) e una funzione continua,

pari, periodica di periodo 2π e tale che

� 0

−π

Dn(x) =

�π

0

Dn(x) =π

2. (22)

Inoltre

Dn(x) =

sin((n+ 12)x)

2 sin(x2 )se x ∈ [−π, π] \ {0},

n+ 12 se x = 0.

(23)

Dim. Come somma di funzioni continue, pari e periodiche di periodo 2π,anche il nucleo di Dirichelet gode delle stesse proprieta. Notiamo ora che,essendo sin(kπ) = 0 per ogni k ∈ N, si ha che

�π

0Dn(x) dx =

�π

0

1

2+

n�

k=1

cos(kx) dx =π

2+

n�

k=1

�sin(kx)

k

�π

0

2.

Si osservi infine che dalla formula di addizione otteniamo che per ogni k ∈{1, . . . , n} risulta

sin((k +1

2)x)− sin((k − 1

2)x) = 2 cos(kx) sin(

x

2).

Sommando tale uguaglianza per k = 1, . . . , n otteniamo che se x �= 0 allora

Dn(x) =1

2+

n�

k=1

cos(kx) =1

2+

1

2 sin(x2 )[

n�

k=1

sin((k +1

2)x)− sin((k − 1

2)x)]

=1

2+

1

2 sin(x2 )[sin((n+

1

2)x)− sin((

1

2)x)] =

sin((n+ 12)x)

2 sin(x2 ).

�Siamo ora in grado di provare il seguente risultato

Teorema 10.2. (convergenza puntuale della Serie di Fourier)

Sia f(x) funzione periodica di periodo 2π integrabile in [−π, π]. Se per

x ∈ (−π, π) esiste δ > 0 percui risulta verificata la condizione del Dini:�

δ

−δ,

|f(x+ t)− f(x)

t| dt < +∞, (24)

allora sn(x) → f(x) per n → +∞, ovvero la serie di Fourier converge

a f(x):

f(x) =a0

2+

∞�

k=1

ak cos(kx) + bk sin(kx).

Page 246: AppuntI ANALISI Uno

246 10. SERIE DI FOURIER

Dim. Da (21), (22) e (23) abbiamo che

sn(x)− f(x) =1

π

�π

−π

(f(x+ t)− f(x))Dn(t) dt

=1

π

�π

−π

(f(x+ t)− f(x))sin(2n+1

2 t)

2 sin t

2

dt

=1

�π

−π

f(x+ t)− f(x)

sin t

2

sin(2n+ 1

2t) dt

Posto

g(t) =

�f(x+t)−f(x)

sin t2

se t �= 0

0 se t = 0

dalla condizione (24) ed essendo f integrabile in [−π,π], otteniamo cherisulta tale anche g. Allora, poiche

sn(x)− f(x) =1

�π

−π

g(t) sin(2n+ 1

2t) dt,

dal Lemma di Riemann-Lebesgue, segue la tesi. �In modo analogo a quanto provato nel precedente teorema si puo pro-vare che data f(x) funzione periodica di periodo 2π ed integrabile in[−π.π], se per x ∈ (−π, π) esiste δ > 0 percui risulta verificata lacondizione del Dini:�

δ

0

|f(x+ t)− f(x+)

t| dt < +∞ e

� 0

−δ

|f(x− t)− f(x−)

t| dt < +∞

dove f(x±) = limt→x±

f(t), allora

a0

2+

∞�

k=1

ak cos(kx) + bk sin(kx) =f(x+) + f(x−)

2.

Osserviamo inoltre che l’ipotesi di continuita non e sufficiente per pro-vare la convergenza puntuale della serie di Fourier 2 avremo invece chela condizione (24) risulta verificata in x se la funzione risulta di classeC1 a tratti nel seguente senso.

Si dice che f(x) e C1 a tratti su (a, b) se esiste una partizione x0 =a < x1 < . . . < xn = b per la quale risulti che f(x) e derivabile conderivata continua su (xi−1, xi) ed esistono finite f �(x+

i−1), f�(x−

i) per

ogni i = 1, ..., n. Se f(x) e definita in R e risulta C1 a tratti su ogniintervallo (a, b) ⊂ R diremo che lo e su R. Notiamo che se f(x) e C1 atratti su (a, b) allora e integrabile su ogni intervallo [x0, x1] ⊂ (a, b).

2 Si puo provare che se f e funzione continua allora la successione dei polinomi diFejer, ottenuti come media aritmetica dei polinomi di Fourier di f , risulta ovunqueconvergente ad f .

Page 247: AppuntI ANALISI Uno

2. CONVERGENZA PUNTUALE DELLA SERIE DI FOURIER 247

Vediamo alcuni esempi notevoli.

Esempi

• Serie di Fourier dell’onda triangolare. Consideriamo la funzione con-tinua in [−π, π] f(x) = π

2 − |x| estesa per periodicita su tutto l’assereale. Tale funzione risulta pari e quindi risulta

bk =1

π

�π

−π

f(x) sin(kx) dx = 0 ∀k ∈ N

mentre

ak =1

π

�π

−π

f(x) cos(kx) dx =2

π

�π

0

2− x) cos(kx) dx

=

�0 se k e pari o nullo4

πk2se k e dispari

Si ottiene allora che la serie di Fourier di f(x) e

+∞�

k=0

4

π(2k + 1)2cos(2k + 1)x =

4

π

+∞�

k=0

cos(2k + 1)x

(2k + 1)2

-! 0 !

Essendo f(x) continua e di classe C1 a tratti in R dai precedenti risultatiabbiamo che tale serie converge a f(x) per ogni x ∈ R. In particolare,per x = 0 abbiamo

f(0) =π

2=

4

π

+∞�

k=0

1

(2k + 1)2

e dunque che+∞�

k=0

1

(2k + 1)2=

π2

8.

Page 248: AppuntI ANALISI Uno

248 10. SERIE DI FOURIER

• Calcoliamo la serie di Fourier della funzione f(x) = x2 in [−π, π],prolungata per periodicita su tutto l’asse reale. Tale funzione risultapari e quindi risulta

bk =1

π

�π

−π

f(x) sin(kx) dx = 0 ∀k ∈ N

mentre

ak =1

π

�π

−π

f(x) cos(kx) dx =2

π

�π

0

x2 cos(kx) dx

=

�2π2

3 se k = 0

(−1)k 4k2

se k ≥ 1

Si ottiene allora che la serie di Fourier di f(x) e

π2

3+ 4

+∞�

k=1

(−1)k

k2cos(kx)

Essendo f(x) di classe C1 a tratti in R dai precedenti risultati abbiamoche tale serie converge a f(x).

-2! -! 0 ! 2!

Se ne deduce in particolare che per x = π risulta

f(π) = π2 =

π2

3+ 4

+∞�

k=1

1

k2

e dunque che+∞�

k=1

1

k2=

π2

6.

Page 249: AppuntI ANALISI Uno

2. CONVERGENZA PUNTUALE DELLA SERIE DI FOURIER 249

mentre per x = 0 si ottiene

f(0) = 0 =π2

3+ 4

+∞�

k=1

(−1)k

k2

da cui+∞�

k=1

(−1)k

k2= −π2

12.

• Serie di Fourier dell’onda quadra. Nell’intervallo [−π, π] consideria-mo la funzione

f(x) =

�1 se x ∈ [0, π]

−1 se x ∈ [−π, 0)

estesa per periodicita su tutto R. Poiche la funzione risulta dispariavremo

ak =1

π

�π

−π

f(x) cos(kx) dx = 0 ∀k ∈ N∗

mentre

bk =1

π

�π

−π

f(x) sin(kx) dx =2

π

�π

0

sin(kx) dx

=2

kπ(1− cos(kπ)) =

�0 se k e pari4kπ

se k e dispari

Si ottiene allora che la serie di Fourier di f(x) e+∞�

k=1

4

π(2k − 1)sin((2k − 1)x) =

4

π

+∞�

k=1

sin((2k − 1)x)

2k − 1

Essendo f(x) di classe C1 in (−π, 0) e in (0, π), dai precedenti risultatiabbiamo che tale serie converge a f(x) e dunque

4

π

+∞�

k=1

sin((2k − 1)x)

2k − 1= 1 ∀x ∈ (0, π)

e4

π

+∞�

k=1

sin((2k − 1)x)

2k − 1= −1 ∀x ∈ (−π, 0)

Osserviamo invece che in x = 0 e x = ±π la serie risulta identicamentenulla. Abbiamo quindi che la serie converge alla somma

f(x) =

1 se x ∈ (0, π)

−1 se x ∈ (−π, 0)

0 se x = 0 e x = ±π

Page 250: AppuntI ANALISI Uno

250 10. SERIE DI FOURIER

coincidente con f(x) in (−π, 0) e (0, π). Notiamo che nei punti didiscontinuita di f(x) risulta

f(x0) =f(x+

0 ) + f(x−0 )

2.

La funzione f(x) e detta regolarizzata della funzione f(x).

-! 0 !

-1

1

Osserviamo che i polinomi di Fourier di tale funzione risultano essere

f2n−1(x) =4

π

n�

k=1

sin(2k − 1)x

2k − 1=

4

π

n�

k=1

�x

0

cos(2k − 1)t dt

=4

π

�x

0

n�

k=1

cos(2k − 1)t dt =2

π

�x

0

sin(2nt)

sin tdt

Si ottiene allora che

f�2n−1(x) =

2

π

sin(2nx)

sin x

e dunque che f2n−1(x) ammette punti di massimo relativo nei punti

(2k + 1)π

2n, k ∈ Z

Si puo provare che nel punto di massimo piu prossimo alla discontinuitadi f(x), π

2n , il polinomio di Fourier assume, per valori di n grande, unvalore strettamente maggiore di 1:

limn→+∞

f2n−1(π

2n) =

2

π

�π

0

sin x

xdx � 1, 18

Si presenta quindi un fenomeno di “sovraoscillazione” (detto fenomenodi Gibbs) nell’intorno della discontinuita di f(x).

Page 251: AppuntI ANALISI Uno

2. CONVERGENZA PUNTUALE DELLA SERIE DI FOURIER 251

0 !

1

Infine, osserviamo che i precedenti risultati potranno essere estesi afunzioni definite in R, periodiche di periodo T > 0 arbitrario ed in-tegrabili in [−T, T ]. Per tali funzioni potremo considerare la serie diFourier

a0

2+�

k∈N

ak cos(kωx) + bk sin(kωx)

dove si e posto ω = π

Te per k ∈ N ∪ {0}

ak =1

T

�T

−T

f(x) cos(kωx) dx e bk =1

T

�T

−T

f(x) sin(kωx) dx.

Page 252: AppuntI ANALISI Uno
Page 253: AppuntI ANALISI Uno

Indice analitico

Algebra dei limiti, 72infiniti, 34finiti, 32

asintotoobliquo, 78orizzontale, 77verticale, 70

Assioma di completezza, 10

Binomio di Newton, 141

coefficienti di Fourier, 241Condizione del Dini, 245Criteriodel confronto

integrale, 209per integrali impropri, 186, 193per serie, 209

del confronto asintoticoper integrali impropri, 189, 196per serie, 210

del rapporto, 48per serie, 211

della radice, 212di convessita, 125di integrabilita, 157di Leibniz, 214di monotonia, 121

stretta, 122cuspide, 111

derivata, 107destra e sinistra, 109seconda, 125

Diseguaglianzadi Bernoulli, 22di Bessel, 242

estremo superiore ed inferiore, 18

fenomeno di Gibbs, 250forme indeterminate, 36, 73Formuladegli incrementi finiti, 113di De Moivre, 26di McLaurin, 140di Taylorcon resto di Lagrange, 143con resto di Peano, 139, 140

fondamentale del calcolo integrale,164

funzioneascissa, 13concava, 123continua, 91convessa, 123degli errori di Gauss, 198derivabile, 107di Dirichlet, 61differenziabile, 112iniettiva, suriettiva e bijettiva, 65integrabile secondo Riemann, 156inversa, 65invertibile, 65limitata, 72mantissa, 61monotona, 75pari e dispari, 63parte intera, 61periodica, 63segno, 61seno e coseno iperbolico, 64trascurabile, 80uniformemente continua, 103valore assoluto, 61

253

Page 254: AppuntI ANALISI Uno

254 INDICE ANALITICO

funzioni asintotiche, 80

Identita di Gauss, 22insieme di convergenza, 221insieme superiormente e

inferiormente limitato, 16integraledefinito, 161di Riemann, 156improprio, 183, 184, 191indefinito, 164superiore e inferiore, 156

intervallo, 14

Leggi di cancellazione, 65Lemma di Riemann-Lebesgue, 242

maggiorante e minorante, 15massimo e minimo, 16

nucleo di Dirichlet, 244

ordinedi infinitesimo, 83di infinito, 86

parte reale e immaginaria, 24parte intera, 20partizione, 155primitiva, 163Principio di induzione, 21Proprieta Archimedea, 19puntoa tangente verticale, 111angoloso, 110critico o stazionario, 118di discontinuita

di prima specie, 94di seconda specie, 94eliminabile, 94

raggio di convergenza, 223Regola di integrazioneper parti, 167, 178per sostituzione, 168, 178

retta tangente, 108riordinamento di una serie, 217

seriearmonica generalizzata, 209binomiale, 233

derivata e integrata, 227di Fourier, 241dell’onda quadra, 249dell’onda triangolare, 247

di potenze, 221di Taylor, 230esponenziale, 214, 231geometrica, 207numerica, 207prodotto, 216

somma di una serie, 207somma integrale superiore e

inferiore, 155somma parziale o ridotta, 207successione, 29monotona, 39

successioni asintotiche, 51

Teoremadei valori intermediprimo, 98secondo, 98terzo, 101

del confronto tra limiti, 37, 39, 74del differenziale, 113della media integrale, 162della permanenza del segno, 37, 74di Abel, 223di Bolzano-Weierstrass, 55di caratterizzazione delle funzionicostanti, 120

di caratterizzazione delleprimitive, 163

di caratterizzazione sequenzialedel limite, 70

di Cauchy, 134di convergenza puntuale della seriedi Fourier, 245

di De L’Hopital, 134di derivazione della funzionecomposta, 115

di derivazione delle funzioneinversa, 116

di derivazione ed integrazione delleserie di potenze, 227

di esistenza degli zeri, 95di Fermat, 118di Heine-Cantor, 103di integrabilita

Page 255: AppuntI ANALISI Uno

INDICE ANALITICO 255

delle funzioni continue, 159delle funzioni monotone, 158

di Lagrange, 119di regolarita delle successioni

monotone, 40di Rolle, 119di sviluppabilita in serie di Taylor,

231di Weierstrass, 99fondamentale del calcolo integrale,

162Metodo del rapporto o di

D’Alembert, 224Metodo della radice o di

Cauchy-Hadamard, 226sul limite delle funzioni monotone,

75, 79sul limite di funzioni composte, 73sul raggio di convergenza, 223sull’invertibilita delle funzioni

continue, 102sulla continuita

della funzione composta, 93della funzione integrale, 161della funzione inversa, 102delle funzioni derivabili, 112delle funzioni monotone, 101

sulla convergenza assolutadi un integrale improprio, 186


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