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1 Diocesi di San Benedetto – Ripatransone – Montalto “Andate ora ai crocicchi della strade” (Mt 22,9) Vieni chiunque tu sia

Vieni chiunque tu sia - WebDiocesi – la tua diocesi sul web Indicazioni Finalità: Uniti a Gesù possiamo aprire con coraggio nuove strade di evangelizzazione e promozione umana

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Diocesi di San Benedetto – Ripatransone – Montalto

“Andate ora ai crocicchi della strade” (Mt 22,9)

Vieni chiunque tu sia

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Premessa Il BASTONE DEL PELLEGRINO E LA BISACCIA DEL CERCATORE Il presente testo, non vuole sostituirsi ai cammini parrocchiali, vuole essere uno strumento per gli

animatori dei gruppi dei ragazzi e dei giovanissimi e giovani per programmare il cammino

quaresimale.

Esso è un’appendice del sussidio diocesano dell’animazione della quaresima 2014 al quale fare

riferimento per l’animazione della liturgia parrocchiale e per la programmazione pastorale in

genere.

Ripartiamo da quanto abbiamo vissuto nel tempo di Avvento/Natale. Nelle nostre Chiese nei pressi

del presbiterio, è comparso un tavolo che di domenica in domenica abbiamo apparecchiato

mettendo dei lumi, il libro della Parola, i fiori, il pane che poi è diventato una culla per Gesù.

Il Verbo si è fatto carne ed è venuto in mezzo a noi per invitare tutti al banchetto che Dio prepara

per i suoi figli.

Forse non tutti hanno accolto l’invito, magari proprio coloro che ritengono di essere gli amici del

Signore, dunque è tempo di andare ‘dalle Chiese ai crocicchi’ per poter chiamare tutti, buoni e

cattivi, perché la sala si riempia di commensali e si celebri la Pasqua.

Questa è la nostra missione: chiamati per chiamare! Per non dimenticarlo in questo tempo di

quaresima possiamo mettere in Chiesa due segni, magari realizzati dai giovani, in un luogo ben

visibile: un bastone e una bisaccia.

Ha scritto don Tonino Bello : “ Se io fossi un contemporaneo di Gesù, se fossi uno degli Undici ai

quali Gesù, nel giorno dell'Ascensione, ha detto: "Lo Spirito santo verrà su di voi e riceverete da

lui la forza per essermi miei testimoni in Gerusalemme e in tutta la Giudea, la Samaria e fino

all'estremità della terra" (At 1,8), nell'atto di congedarmi dai fratelli, sapete cosa avrai preso con

me? Innanzitutto il bastone del pellegrino e poi la bisaccia del cercatore . Me ne andrei così per le

strade del mondo, col carico di questi simboli intensi, non tanto come souvenir della mia

esperienza con Cristo, quanto come segnalatori di un rapporto nuovo da instaurare con tutti gli

abitanti, non solo della Giudea e della Samaria, non solo dell'Europa, ma di tutto il mondo: fino

agli estremi confini della terra. Ecco, io prenderei queste cose. Ma anche il credente che voglia

obbedire al comando missionario di Gesù dovrebbe prendere con sé queste stesse cose” (La

bisaccia del cercatore, ediz. La meridiana).

Anche noi prendiamo il bastone della fede e mettiamo dentro la bisaccia quanto abbiamo ricevuto

nei sacramenti per andare verso questo mondo “desertificato”, come ha scritto Papa Benedetto XVI,

e invitare a fare Pasqua.

In questo cammino fino alla fine delle strade ci sosterrà la Parola di Dio che, nelle domeniche di

quaresima dell’Anno A, ci porta a riscoprire il dono e la bellezza del Battesimo.

Nelle ultime tre domeniche poi, uscendo dall’Eucaristia, insieme ai ragazzi prendiamo l’invito da

portare in gruppo, con qualche amico o da soli a chi ormai non frequenta più il gruppo o l’oratorio e

invitiamo tutti a ritrovarci attorno al banchetto pasquale.

Buon cammino.

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Indicazioni

Finalità: Uniti a Gesù possiamo aprire con coraggio nuove strade di evangelizzazione e

promozione umana (Cfr. Messaggio per la quaresima di papa Francesco). Con bisaccia e bastone,

incamminiamoci per andare anche noi verso i crocicchi!

Strumenti : Bisaccia, bastone, inviti.

Domanda : Quali punti di riferimento per il cammino?

- Una freccia (scelta)

- Una perla (bellezza)

- Un pozzo (presenza)

- Una lanterna (Essenziale)

- Un faro (Speranza)

Iniziativa

Nel tempo di quaresima è bene evidenziare maggiormente la centralità della Parola di Dio. Ecco un suggerimento per coinvolgere durante il tempo di quaresima gli adolescenti e lore famiglie. Oltre all’incontro in parrocchia, si possono proporre centri di ascolto. Sono “un modo di fare catechesi” uscendo dallo stile scolastico e alle volte troppo rigido, che assumono gli incontri, pieni spesso di tante parole teoriche, per far incontrare i ragazzi con l’unica Parola, quella del Vangelo anche attraverso la testimonianza dei loro genitori. Si possono organizzare incontri nelle case dei ragazzi gestiti dagli educatori insieme alle famiglie. È sicuramente necessario che il parroco, i catechisti e qualche genitore si vedano prima e vivano in prima persona l’incontro con il Vangelo domenicale facendolo, innanzitutto, risuonare nella propria vita (utile strumento potrebbe essere la Scrutatio). Ogni settimana, verrà indicato il luogo dell’incontro: in un posto adatto della casa si collocherà un leggio o un cuscino con il Vangelo aperto e accanto un cero, da accendere al momento della lettura del Vangelo, per ricordare che la Parola di Gesù è luce e guida sempre in sapienza e verità. La modalità di svolgimento di ogni incontro (della durata massima di 60 minuti) è bene sia sempre la stessa in modo da dare una sorta di bella ritualità. Se per motivi organizzativi i centri di ascolto nelle famiglie non possono essere proposti ogni settimana, si possono realizzare in parrocchia seguendo il medesimo schema - Accoglienza (5 min.). È il tempo dedicato a mettere a proprio agio i presenti per rompere il

ghiaccio, invitandoli a prendere posto “come fossero a casa loro”. - Due parole per iniziare (3 min.) Sono alcuni suggerimenti concreti che serviranno ai

genitori e ai catechisti per preparare il clima adatto all’incontro. - Lettura del brano del Vangelo (15 min.) I ragazzi sono attratti dalla narrazione ed è bene

che un genitore o educatore narri brevemente ciò che poi verrà letto. Dopo la lettura del testo evangelico da parte di un adulto a cui segue un momento di silenzio precedentemente annunciato, i ragazzi sono invitati ad aprire il loro Vangelo (è opportuno evitare l’uso di fogli) per rileggere il brano con le loro voci e/o per lasciare del tempo per la lettura personale durante la quale ciascuno può segnare una parola/frase che l’ha colpito.

- Due parole per riflettere (25 min.). I genitori o gli animatori invitano i ragazzi a condividere riflessioni e domande sulla Parola meditata. Poi - a partire da quanto raccolto nell’incontro con i catechisti e il parroco, oltre che da quanto riportato nel commento biblico – faranno alcune aggiunte utili a capire di più la Parola e a tradurla dentro la vita dei ragazzi.

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- Due parole per agire (5 min.). Sempre confrontandosi con la Parola ascoltata, gli educatori presentano proposte concrete da vivere durante la settimana.

- Due parole per pregare (10 min.). Sollecitati da quanto emerso, anche a partire dai suggerimenti riportati, i ragazzi vengono invitati a scrivere una preghiera dei fedeli (o una breve preghiera penitenziale) e a visualizzarla con un segno.

Programma

I Domenica di Quaresima - “…fu condotto dalla Spirito nel deserto”

Obiettivo: Resistere alle tentazioni e osare il coraggio di scegliere Parola chiave : Scelta

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Dal vangelo secondo Matteo (Mt 4, 1-11) In quel tempo, Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo. Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame. Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ che queste pietre diventino pane». Ma egli rispose: «Sta scritto: “Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”». Allora il diavolo lo portò nella città santa, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù; sta scritto infatti: “Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo ed essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra”». Gesù gli rispose: «Sta scritto anche: “Non metterai alla prova il Signore Dio tuo”». Di nuovo il diavolo lo portò sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria e gli disse: «Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai». Allora Gesù gli rispose: «Vàttene, satana! Sta scritto infatti: “Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto”». Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco degli angeli gli si avvicinarono e lo servivano

COMMENTO AL VANGELO La Scrittura ci presenta spesso un interessante rapporto tra vocazione per un servizio di testimonianza e conseguente tentazione da parte di Dio. Questa “tentazione” si presenta sempre come un “essere messi alla prova”. Tutti ricordiamo il caso di Abramo che, dopo aver ricevuto la berit (promessa-patto di Alleanza - cfr. Gen 12, 1-4), deve affrontare la prova della “legatura” di Isacco, figlio attraverso il quale Dio stesso ha garantito una discendenza (così viene chiamato nella tradizione ebraica il sacrificio non compiuto di Isacco che, di fatto, viene legato ma non immolato, segno dunque che Dio è colui che mette alla prova ma non vuole sacrifici). E così è successo anche al popolo di Israele liberato dalla schiavitù d’Egitto e più volte messo alla prova nel deserto per vagliare le intenzioni del cuore; è il motivo per cui Mosè, dopo aver ricevuto le dieci parole, si rivolge al popolo dicendo di non avere paura, poiché è soltanto per metterlo alla prova che il Signore è venuto. È in quest'ottica che proviamo ad affrontare le tentazioni di Gesù, nel deserto dopo aver ricevuto il battesimo nel fiume Giordano. Come primo passo proviamo a scoprire, nella lingua ebraica, il significato del verbo “tentare mettere alla prova”. Il verbo è espresso nella radice “nsh”, che l'interpretazione rabbinica del testo collega con la parola “nes”, “segno, vessillo”: “Dio mise alla prova Abramo, lo rese grande nel mondo come il vessillo di una nave” (cfr.Genesi Rabbah LV,6). La messa alla prova serve dunque per far diventare chi è già chiamato e riscattato da Dio luogo di riferimento e segno di testimonianza per il mondo. Gesù viene condotto dallo Spirito nel deserto, cioè la dove si possono sperimentare sia la tentazione e la prova, sia la prossimità di Dio. È qui che Gesù è chiamato a mostrare la sua fedeltà e la sua scelta radicale nei confronti del Padre. Dalle risposte che dà alle parole tentatrici di Satana, emerge con forza il suo essere punto di riferimento, vessillo di una nave, si mostra a tutti come “via, verità e vita”. Il superamento della prova, a cui non si sottrae, sta nell'affermare e testimoniare con forza sia la grandezza di Dio, che la centralità di una “parola-insegnamento” che va vissuta senza compromessi. Proviamo dunque a pensare alle tentazioni come a delle prove che possono provocare ad una rinnovata e più radicale testimonianza, che richiede una continua conversione (“teshuvah”) nel senso di un ritorno a Dio e alle sue parole, che deve passare e si realizza attraverso

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relazioni autentiche, gesti concreti di pace e di riconciliazione. Lasciamoci guidare dalla sua Parola attraverso tutti quegli eventi di fronte ai quali andare controcorrente non è assolutamente facile, ma costituisce l’unica scelta autentica possibile.

IL SEGNO : una freccia

LA STORIA

Pre-adolescenti

Link youtube:

Http://www.youtube.com/watch?v=eaz94a4cewo

Alice e lo stregatto

Alice: ma lei è un gatto?

Stregatto: no,uno stregatto astratto

Alice: volevo soltanto chiederle che strada devo prendere?

Stregatto: beh, tutto dipende da dove vuoi andare! Se io cercassi il bianconiglio lo chiederei al cappallaio matto.

Alice: al cappellaio matto? O no no,io no….

Stregatto: oppure al leprotto bisestile, in quella direzione!

alice: oh grazie! Credo che lo chiederò a lui.

Adolescenti

Video youtube: Jovanotti e i puntini: http://www.youtube.com/watch?v=-qpb_xsdksg

ATTIVITA’

Pre-adolescenti

In riferimento alla storia, realizzare un disco di cartoncino suddiviso in due parti (a sinistra il Leprotto Bisestile e a destra il Cappellaio Matto) e posizionarvi la freccia al centro trattenuta da un fermacampione. Si chiede poi: cosa ci spinge a scegliere?

Adolescenti

Dopo aver proposto il video, consegnare a ogni ragazzo un foglio bianco e due colori: uno blu e uno rosso. Il ragazzo è invitato a disegnare con la matita un obiettivo importante per lui ( successo scolastico, traguardo sportivo....) e con la tecnica del puntinismo dovrà riempire il disegno stesso, utilizzando il blu per indicare i successi e il rosso le rinunce.

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Laboratorio adolescenti

1)Due parole per iniziare Nella stanza si prepara il Vangelo aperto posto su un leggio o un cuscino in un luogo ben preciso così da diventare il centro dell’attenzione dei ragazzi. Accanto si metterà una candela accesa dentro un bicchiere di vetro trasparente. É bene dire due parole sulla quaresima (Cfr la storia della quaresima sul sussidio diocesano pag. 8/9). Lettura del brano del Vangelo, secondo le indicazioni date in premessa (Mt 4,1-11) 2)Due parole per riflettere Dopo aver letto e compreso il brano del Vangelo assieme ai ragazzi e ascoltato le loro osservazioni o considerazioni si può aggiungere questo commento con il relativo gesto. Gesù sa bene quanto preziose e fragili siano nella nostra vita la gioia, la serenità e la pace. È paradossale che proprio per difenderle nel cuore degli uomini si aprano strade che portano invece alla disfatta totale. Come se qualcuno ci suggerisse delle soluzioni che sono delle sonore bugie. È come avere una candela accesa. La fiamma si muoverà e rischierà di spegnersi per ogni soffio di vento entrato dalla finestra aperta, per ogni spostamento d’aria provocato dalle persone che passano accanto, soprattutto quelle che corrono senza considerarla. Senza contare quelli che apposta, per dispetto o solo per divertirsi, cercheranno di soffiare sulla fiamma. Difenderla non è affare da poco (si possono fare le prove con la candela accesa accanto alla Parola). Qualcuno un giorno ha pensato di provvedere a questo mettendoci sopra un bel bicchiere di vetro, capace di contenere persino il vento più forte e soprattutto di far vedere ugualmente quella fiamma. Si potrà notare che la fiamma sotto quel vetro si spegnerà ugualmente e subito. Gesù con il suo atteggiamento ci invita a non cadere nella tentazione di chiuderci in noi stessi, rifiutando ogni ascolto di Dio e contatto con gli altri. Ci mette in guardia dalla tentazione di voler stare sotto un bicchiere di vetro perché così facendo, a spegnere la fiamma della nostra gioia, della serenità e della pace, non saranno gli altri, ma noi stessi e ci impediremo così di diventare grandi. Mettere un bicchiere per difendere la candela non è una soluzione, è una bugia...una tentazione. Occorre aprirsi, uscire, andare….uscire anche dalla Chiesa fino ai crocicchi delle strade. Ora si tratta solo di scegliere... tu cosa scegli? 3)Due parole per agire Nella bisaccia cosa dobbiamo mettere di essenziale per poterci orientare e saper scegliere quale strada percorrere ( il Vangelo, il Pane ...). Occorre aiutare i ragazzi a tradurre in concreto queste scelte: preghiera, ascolto, partecipazione all’Eucarestia feriale.... 4)Due parole per pregare La preghiera dei fedeli (o penitenziale) di questa domenica può raccogliere le parole o frasi che i ragazzi hanno sottolineato sul brano del Vangelo.

PREGHIERA Signore, pur se giovani e fragili, dacci la grazia di andare controcorrente e di scegliere sempre le strade che ci portano alla crescita dell’amore verso Te

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e verso il prossimo. Amen IMPEGNO

Realizzare in maniera originale alcune frecce che indichino le diverse possibilità individuate nel laboratorio ( preghiera, ascolto, servizio...), scegliendo percorsi personali o familiari. Un giovane animatore riflette

Basta scegliere…..tu cosa scegli? “Un cartello di sei metri dice: “Tutto è intorno a te, ma ti guardi intorno e invece non c'è niente”.

Niente? Tutto deve partire dal niente? Forse è bene fermarsi un attimo, staccare la spina e capire

qual è la scelta più giusta da fare. Nessuno è nato per caso: tutti dobbiamo scoprire la missione che

ci è stata affidata, qual è il progetto di Dio su ciascuno di noi. Da tener conto che non sempre si

trovano istruzioni per l’uso. Nel silenzio, scegliendo a volte di andare ‘nel deserto’, si riesce a

sentire la voce del cuore ed è proprio quella che ci fa fare la SCELTA più giusta.

Scriveva Giovanni Paolo II:

“Non abbiate paura della vostra giovinezza e di quei profondi desideri che provate

di felicità, di verità, di bellezza e di durevole amore!

Non abbiate paura e non stancatevi mai di ricercare le risposte vere

alle domande che vi stanno di fronte. Cristo, la verità, vi farà liberi!

Non abbiate paura di andare controcorrente!

Non abbiate paura, perché Gesù è con voi!

Non abbiate paura di dire “sì” a Gesù e di seguirlo come suoi discepoli. Allora i vostri cuori si

riempiranno di gioia e voi diventerete una Beatitudine per il mondo. Ve lo auguro con tutto il mio

cuore. Non abbiate paura di aprire le porte a Cristo! Sì, spalancate le porte a lui! Non abbiate

paura!”

GIOCHI La battaglia Tutti gli elementi di ogni squadra si mettono in fila indiana e vengono bendati, tranne l’ ultimo che può vedere e funge da “pilota”. Questo guida la propria corazzata stringendo con le mani le spalle del compagno che ha davanti (che trasmette il segnale a sua volta avanti) con semplici gesti : una stretta a destra o a sinistra indica di voltare, una stretta con entrambe le mani indica di fermarsi, due strette con entrambe le mani indicano di andare avanti, un colpo col palmo nella schiena indica di lanciare il pallone. Il pallone sarà posto al centro del campo ; le squadre dovranno recuperarlo e affondare gli avversari colpendoli (solo il primo può lanciare, su segnale del pilota, altrimenti perde tutta la parte che va dalla testa al giocatore colpito. Vince l’ ultima corazzata che resta “a galla”.

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CANZONE LA VERITÀ È UNA SCELTA di Ligabue

Ogni passo è una scelta ogni passo fa l’impronta quante cose spegne la prudenza. Ogni passo è in avanti e ti porti tutto quanto che lì dietro non rimani niente è dura non essere al sicuro e vedere sempre un pò più piccolo il futuro. E conosci tutti i santi tutti i nomi dei potenti e sai che fine fanno gli innocenti. La verità è una scelta la verità è già pronta di giorno sempre un occhio chiuso di notte uno aperto la verità è una scelta la verità è un'impresa di notte sempre un occhio aperto di giorno un occhio sempre sempre chiuso. Ogni bacio è una scelta ogni riga di giornale ogni cosa che non vuoi sentire. Ogni tanto non ci pensi non pensarci è già una scelta ogni tanto non ce la vuoi fare è dura non essere al sicuro ed avere tutto quel bisogno di futuro

quanto più è profondo il pozzo meno arrivano gli spruzzi quanto più ristagna il tuo disprezzo. La verità è una scelta la verità è già pronta di giorno sempre un occhio chiuso di notte uno aperto la verità è una scelta la verità è un'impresa di notte sempre un occhio aperto di giorno un occhio sempre sempre chiuso. Ogni battito è una scelta

ogni sguardo mantenuto ogni nefandezza che hai scordato. Ogni tanto non ci pensi vuoi soltanto andare avanti e schivare tutti gli incidenti. La verità è una scelta la verità è già pronta di giorno sempre un occhio chiuso di notte uno aperto la verità è una scelta la verità è un'impresa di notte sempre un occhio aperto di giorno un occhio sempre sempre chiuso.

Gruppi Giovanissimi – giovani

1) Le tentazioni Dopo aver letto in gruppo il brano del Vangelo di Matteo sulle tentazioni di Gesù, l’educatore (se necessario o possibile il sacerdote) spiega il senso della pericope evangelica, cercando di tener come punto di riferimento l’introduzione qui sopra proposta, sottolineando il significato di “prova” e “tentazione”, di “deserto” e di “superamento” della stessa. L’educatore mostra ora ai giovani un cartellone che rappresenta il deserto (è facilmente realizzabile un effetto “sabbia” cospargendo il cartellone di colla vinilica diluita per poi spolverarvi sopra granelli di sabbia –o nel caso anche farina gialla-.) e elenca le condizioni tipiche del deserto: solitudine, prova, silenzio, fatica, essenzialità... Dopo di che chiede ai giovani di pensare e scrive sul cartellone del deserto, una loro prova, una loro fatica concernente il loro essere credenti... Si invita ognuno a narrare (non più di tre minuti a testa) un evento nel quale per loro “andare contro corrente” non è assolutamente facile, nel quale la loro fede e i valori che da essa scaturiscono sono messi a dura prova. Nella seconda parte dell’incontro si posso scegliere alcune situazioni e assieme a tutto il gruppo indagare alla luce della Parola proclamata quale dovrebbe essere l’atteggiamento che più marcatamente dice una autenticità cristiana.

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2) Diventare uomini di profonda interiorità: la parabola del deserto Provochiamo i giovani con la lettura della testimonianza che segue. Dopo aver letto insieme il testo chiediamo loro di raccontare quale spazio occupa il deserto nella loro vita, che esperienza ne fanno e se riescono ad assumersi l’impegno durante la quaresima di vivere un’esperienza simile. “La ricerca sul «deserto» è affiorata come una esigenza improvvisa, espressa in intuizioni confuse, sollecitata da mille differenti segnali. Risuonava sommessa e incerta, quando veniva meditata con calma; ritornava prepotente e esigente, appena tentavo di rimuoverla. Ho resistito a lungo. Mi frenava la paura del nuovo, le incertezze di chi incespica lungo il sentiero che percorre per la prima volta. E mi inquietava il sospetto di rimettere in primo piano problemi e prospettive che una spiritualità della vita quotidiana cercava giustamente di ridimensionare. L'eco della voce del profeta mi è ritornata spesso, però, come uno di quei ritornelli che ti martellano dentro senza sapere il perché e che ti viene di canticchiare a mezza voce, senza speciali ragioni: «Un giorno, io, il Signore, riconquisterò Israele, il mio popolo. Lo porterò nel deserto e gli dirò parole d'amore. Gli restituirò le vigne che aveva e trasformerò la valle della disgrazia in una porta di speranza. Lì, mi risponderà come al tempo della sua giovinezza quando uscì dall'Egitto» (Os 2,16-17). E se il deserto fosse davvero il luogo in cui Dio dice parole d'amore al suo popolo, anche oggi, in un tempo che sembra avvolto nel suo silenzio? Ho cominciato così a pensare al «deserto», come ad una dimensione indispensabile anche per la spiritualità della vita quotidiana. Mi sono guardato d'attorno. E ho scoperto un panorama inquietante e affascinante. Molti cristiani hanno amato e cercato il deserto. Qualcuno l'ha fatto proprio in termini fisici. Chi è stato in Terra Santa ha certamente visitato le «laure» del deserto di Giuda. Ti restano negli occhi, come uno squarcio abbagliante di luce. Le «laure» sono grotte scavate nella roccia, rudimentali costruzioni arroccate su strapiombi. Lì vivevano, in solitudine e in austerità, i primi monaci nella storia della Chiesa. Anche oggi, è un'impresa raggiungere quei posti, sprofondati tra le gole dei torrenti e le pietraie, lontani qualche ora di jeep dai centri abitati. Questi uomini sceglievano il deserto come casa per confessare meglio che solo Dio è il Signore. La loro esperienza non si è spenta nello scorrere del tempo. Qualcuno ha continuato lo stesso modello di vita; e abita oggi le stesse grotte, con la stessa passione e per la stessa causa. Altri - moltissimi altri - si sono costruiti il deserto in casa nelle loro celle, trasformate in luoghi di silenzio e di vita dura. Monasteri e conventi punteggiano le nostre regioni, come piccoli frammenti di una grande pervasiva ricerca di deserto. Non sono l'ultimo resto di una gente strana, fuori dal tempo e dalla storia. Chi studia con serietà il cammino della nostra cultura è costretto a far strada sempre con qualcuno di questi uomini grandi. Rintanati nel deserto delle loro celle, hanno scritto la storia dell'Europa. Oggi, la loro presenza preziosa continua per la crescita in umanità anche degli uomini distratti e affannati. Molti hanno sostituito agli strumenti con cui dissodavano le terre incolte e curavano gli infermi, le pagine di una produzione letteraria, pensosa e sapiente. E non sono isolati. Un grande credente del nostro tempo ha gridato, un giorno non lontano, a mille giovani che ascoltavano affascinati la sua testimonianza: «Quando attraverso queste nostre città, convulse e dissacrate, ho bisogno di un giorno di deserto per poter tornare a pregare». Il deserto continua a fiorire, perché ci sono dei cristiani che lo scelgono come loro dimora. Dove noi ci vediamo solo vuoto e tristezza, loro sperimentano gioia e compagnia. Danno con i fatti ragione al profeta: «Lì farò un'alleanza con gli animali feroci, con gli uccelli e con i rettili, perché non diano fastidio al mio popolo. Spezzerò l'arco e la spada, eliminerò la guerra da questa terra. Farò vivere il mio popolo in pace. Israele, ti farò mia sposa, e io sarò giusto e fedele. Ti dimostrerò il mio amore e la mia tenerezza. Sarai mia per sempre» (Os 2,20-22).

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Il panorama ci presenta anche aspetti inquietanti.

1. Noi, la gente della fretta, dell'azione e della comodità a prova di tutto, abbiamo abbandonato il deserto. Ci fa paura: quello fisico, fatto di pietre, di sole e di sabbia, nelle lunghe distanze indecifrabili; e quello piccolo, più programmabile, ma continuo e ossessivo, del silenzio, dell'isolamento, della contemplazione. Abbiamo cercato una vita cristiana senza deserto. L'abbiamo fatto con mille ragioni e tanti pretesti. Volevamo riscattarla dai modelli antropologici e teologici ingiusti e disumani. Ma ci siamo, spesso, trovati lontani dal Signore, con gli altari pieni di idoli, costruiti con le nostre mani sapienti.

2. Volevamo essere più uomini, per essere davvero cristiani; e qualche volta ci siamo

scoperti soltanto gente dagli ideali bassi, sedotta dalle nostre stesse cose, distratti e dissipati.E così la dimensione spirituale dell'esistenza è naufragata. Mi mette in crisi invece la testimonianza di tanti cristiani, impegnati nella dura lotta per la liberazione dell'uomo, sulle frontiere dell'America Latina. Hanno riscoperto il «deserto» senza abbandonare la lotta e l'impegno. L'hanno riscoperto come momento di libertà, di solitudine e di solidarietà, per vivere l'impegno di liberazione da uomini spirituali. Ce lo ricorda, tra le tante voci, quella di un testimone qualificato: «Il pellegrinaggio avviene nella povertà e nelle privazioni imposte dalla terra inospitale che il popolo deve attraversare. Esso non si sposta portandosi sulle spalle la propria casa; ma va in cerca di una nuova abitazione. Lo assalgono i timori e si moltiplicano le minacce alla sua vita. Per questo si presenta ripetutamente la tentazione del ritorno, del passo indietro. (...)

3. La marcia nel deserto è un andare continuo ed esigente. (...) Nel deserto non esiste una pista tracciata in precedenza. Lì, come nel mare, le tracce non si conoscono. Il cammino spirituale è libertà permanente e creatrice sotto la guida dello Spirito. La rotta è tracciata nella massima solitudine. La solitudine non è il ripiegamento egoista, è un fatto centrale di tutta l'esperienza di Dio: Dio ci parla nel deserto. La solitudine prepara la comunione, dispone con autenticità ad essa. Senza l'esperienza della solitudine non c'è comunione, né unione con Dio, né vera condivisione con gli altri» (G. Gutiérrez).”

Per facilitare il confronto, suggeriamo, al termine di una lettura globale del brano, di formare tre gruppi e distribuire in ogni gruppo una delle tre parti evidenziate. I giovani saranno invitati a rileggerlo e

confrontarsi con quella provocazione.

II Domenica di Quaresima - Un bastone per andare: correre il rischio dell’esodo

Obiettivo specifico : aprirsi al mistero e riscoprire la forza della vita. Parola chiave: bellezza

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Dal vangelo secondo Matteo Mt 17, 1-9 In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli stava ancora parlando, quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Ed ecco una voce dalla nube che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo». All’udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. Ma Gesù si avvicinò, li toccò e disse: «Alzatevi e non temete». Alzando gli occhi non videro nessuno, se non Gesù solo. Mentre scendevano dal monte, Gesù ordinò loro: «Non parlate a nessuno di questa visione, prima che il Figlio dell’uomo non sia risorto dai morti».

COMMENTO AL VANGELO

Molti ci dicono che il nostro tempo è un “inferno”, ci sono guerre infinite, c’è competizione in ogni ambito, angoscia di vivere, aggressività. Ci dicono che “questa è la vita”. Chi accetta questa visione a senso unico passa per saggio e uomo moderno. Dio però non è moderno e non si è mai rassegnato a questo dilagare del male nella vita delle sue creature. Cacciati dall’Eden, si sono sentiti privi di dignità, espropriati della loro umanità. Il peggio che poteva capitare è accaduto: quel sentirsi sbagliati dentro, un peso per gli altri, un eterno pericolo anche per le persone che si crede di amare. Quel “sarai una benedizione” che Dio dice ad Abramo ha il sapore di una nuova storia, lo svelarsi di un destino nascosto. Certo Dio, in Abramo, si crea un “suo” popolo, ma perché sia “luce per le nazioni”, perché sia riscatto e vita per tutti. Con Abramo, nostro padre nella fede, tutti gli uomini sono chiamati ad uscire dal male, dalla paura, dal fallimento, ad uscire dalla loro terra per ritornare ad abitare la terra che il Signore ci dona. Ogni uomo può diventare portatore di vita e di bellezza, può essere paradiso per i fratelli, cioè "benedizione” e non più “inferno”, ma ad una condizione: noi, di solito, vorremmo la salvezza servita come un hamburger del Mc Donald’s, Dio dice invece che bisogna “uscire dalla propria terra”, abbandonare quella cultura che ci sembra ovvia e naturale, lasciare usi e consuetudini che ci sembrano tanto scontati. Ad Abramo e a noi Dio chiede il coraggio di ascoltare e credere alla sua chiamata, di compiere un cammino sotto il suo sguardo. Dove ci condurrà questo strano e meraviglioso invito? Per essere benedizione bisogna uscire dagli schemi abituali, bisogna diventare stranieri alla propria patria... Le prospettive non sono quelle di una passeggiata su un prato pianeggiante, si profilano fatiche, difficoltà e sofferenze. Gesù è stato molto leale con noi quando ci ha invitato nelle beatitudini a attuare il nostro esodo; ha descritto quasi con minuzia le fonti di fatica che avremmo incontrato. Compiere il proprio esodo significa assumersene anche i rischi di sentirsi “disadatto” nel mondo, di non avere difese, di essere “venduto per trenta denari” e di pendere tra cielo e terra. Di fronte a ciò Gesù offre una sola risposta: la “trasfigurazione”. Quasi a dire che c’è una bellezza nell’intimo di ogni uomo che niente è nessuno potrà cancellare. Bellezza che esplode quando si diventa trasparenti alla vita, quando ci si apre al mistero e ci si lega a quella verità dell’amore di

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Dio che ha cura di ogni suo figlio. Trasfigurazione e risurrezione contengono un unico messaggio: l’ultima parola è la vita, è Dio che custodisce ogni vita, è la vita che sorge anche dalla morte, il paradiso che fiorisce anche nei nostri inferni. Ce ne accorgiamo ogni giorno: per noi discepoli di Gesù c'è una sola domanda radicale, sapere se c'è o non c’è risurrezione dai mille abissi di morte; se la rassegnazione o la speranza devono dirigere il mondo. Di una risposta a queste domande abbiamo bisogno, di una risposta che sia anche testimonianza.

IL SEGNO

STORIA

Pre-adolescenti

link youtube: http://www.youtube.com/watch?v=0quv2mhb5ho

La bella e la bestia

Tanto tempo fa, in un paese lontano lontano, un

giovane principe viveva in un castello splendente.

Benché avesse tutto quello che potesse desiderare era

viziato,egoista e cattivo. Accadde però che una notte

una vecchia mendicante andò al castello e offrí al

principe una rosa in cambio del riparo dal freddo

pungente. Lui che provava repulsione verso quella

vecchia dal misero aspetto rise del dono e la cacciò.

Ma lei lo avvertí di non lasciarsi ingannare dalle

apparenze, perché la vera bellezza si trova nel cuore. Il principe la respinse di nuovo e in quel

momento la bruttezza della mendicante si disssolse e apparve una bellissima fata.Il principe si scusò

ma era troppo tardi perché lei ormai aveva visto che non c’era amore nel suo cuore e per punirlo lo

tramutò in un’ orrenda bestia e gettò un incantesimo sul castello e su tutti gli abitanti.

Vergognandosi del suo aspetto mostruoso la bestia si nascose nel castello, con uno specchio magico

come unica finestra sul mondo esterno.

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Adolescenti

Film: Nient’altro che noi di Angelo Antonucci

Nei suoi vari aspetti e nelle sue molteplici dinamiche, l’adolescenza costituisce spesso l’ esemplificazione della difficoltà a coniugare differenti spinte evolutive talvolta conflittuali : la costruzione di una propria identità e al contempo il bisogno di riconoscersi nell’appartenenza al gruppo, la ricerca di indipendenza e la fragilità emotiva ecc... Si è in continua ricerca di sè, nell’ attesa che prima o poi questo traguardo si avveri. Il film "Nient'altro che noi" è stato diretto da Angelo Antonucci e affronta un tema molto attuale e tristemente noto: il bullismo nelle scuole. La storia vede come protagonista Marco, un giovane che si trasferisce in una nuova classe e subito fa amicizia con nuovi studenti, tra cui Sara, Elisa e Federico. Il ritmo del film è

scandito da ricordi del passato e da pagine del diario che Sara pubblica on line sul suo blog. Ad un certo punto il giovane è preso di mira da Miki, il bullo della classe, un ragazzo problematico che vive con profondo disagio i suoi problemi familiari e i rapporti con i compagni. I due ragazzi sono molto diversi ma hanno problemi di abbandono simili, solo un brutto episodio che li toccherà entrambi riuscirà a far emergere una speranza in Miki, riuscendo a tirare fuori tutta la rabbia che aveva sempre covato, facendo pace con la sua vita e con i suoi amici.

ATTIVITÁ

Pre-adolescenti

1. In riferimento alla storia, i ragazzi divisi a piccoli gruppi

disegneranno i particolari che li hanno colpiti e attraverso il laboratorio, approfondiranno i temi più importanti.

2. In un cartellone scriviamo attraverso la tecnica del brainstorming tutto ciò che i ragazzi accostano alla bellezza. Condividere poi i momenti in cui hanno vissuto queste situazioni

Adolescenti

L’attività sarà un confronto a coppie: in circa 30 minuti dovranno conoscersi il più possibile, come in un confessionale, scoprendo informazioni relative alla famiglia, amici, caratteristiche personali, idee, esperienze, passioni ecc.. A ognuno vengono consegnati alcuni cartoncini ritagliati a forma di perla, su cui si dovrà scrivere le caratteristiche principali che si sono scoperte dell’ altra persona e quelle che hanno colpito di più. Alla fine ogni ragazzo raggrupperà tutte le proprie perle che ha fatto scrivere all’ amico e sceglierà fra tutte il suo sè.

Laboratorio adolescenti

Due parole per iniziare La Parola di Dio scopre quanto siamo preziosi per Lui. Nascosti alla vista dei ragazzi, si prepareranno due vasi trasparenti pieni d’acqua. In uno l’acqua sarà torbida con delle pietre

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di quarzo o perle luccicanti nel fondo che non si dovranno vedere, nell’altra l’acqua sarà limpida e sul fondo ci saranno delle pietre o perle luccicanti che si vedranno. Lettura del brano del Vangelo, secondo le indicazioni date in premessa (Mt 17,1-9) Due parole per riflettere Dopo aver letto il Vangelo e averlo compreso assieme ai ragazzi, chi guida l’incontro mette sul tavolo il vaso pieno di acqua torbida. Poi mette sul tavolo il vaso pieno di acqua limpida dove sul fondo si possono notare alcune pietre di quarzo luccicanti (o perle o bigiotteria). Si chiede ai ragazzi che cosa vedono sul fondo del vaso con l’acqua trasparente e che cosa intuiscono ci sia sul fondo di quello con l’acqua torbida. In un secondo momento li si invita a mettere le mani dentro l’acqua torbida per scoprire che cosa ci sia. L’educatore continua dicendo che spesso succede di incontrare dei compagni, delle persone in cui si vedono prima i difetti che i pregi. Si chiede ai ragazzi se non è mai capitato loro di stupirsi nel vedere che inaspettatamente qualcuno che non pensavano è stato capace di cose molto belle. Se questo non avviene si può capovolgere la domanda: a voi è mai capitato di stupire qualcuno che pensavano non foste all’altezza di una situazione? 3)Due parole per agire Si può proporre ai ragazzi un’escursione in collina o in campagna...e con l’aiuto del ‘bastone del pellegrino’, invitarli a cercare le ‘bellezze’ nascoste nella natura, rivelazione del mistero di Dio e della vita. 4)Due parole per pregare Nella celebrazione di gruppo o domenicale si può portare quanto raccolto nell’escursione e formulare preghiere di lode al Dio della vita.

Un giovane animatore riflette

Essere autentici è sinonimo di essere perfetti? “Nessuna perla è uguale all’altra. Nessuna perla è mai perfettamente simmetrica. E nelle cose di questo mondo meglio tenersi lontani dalla perfezione: la luna quando è piena comincia a calare, la frutta quando è matura cade, il cuore quando è felice già teme di perdere quella gioia, l’amore quando raggiunge l’estasi è già passato. Solo le mancanze assicurano la bellezza, solo l’imperfezione aspira all’eternità (Alessandro D’Avenia – “Cose che nessuno sa”) . La bellezza del mostrarsi così come siamo, comporta anche lo svelare parti nascoste, vizi, difetti, debolezze. E’ segno di grande umiltà e di amore per la vita, così come ci è stata donata e di amore per l’altro che sarà sicuro di avere al suo fianco una persona vera. Essere autentici è sinonimo, non di perfezione, ma di libertà, infatti ‘è la verità che vi renderà liberi’.

PREGHIERA Signore, aiutami, anche nella mia giovane età, a vedere oltre gli occhi, oltre i miei sensi, a guardare là, nel profondo dove ognuno di noi è se stesso e nulla più. Aiutami a vedere ciò che di buono e di vero è in chi mi è accanto, perché anch’io voglio essere amato per quello che sono e voglio amare allo stesso modo mio “fratello”. Amen

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IMPEGNO Realizzare tante perle quanti sono i componenti della famiglia e scriverci segni di bellezza per ognuno …si possono utilizzare durante la settimana per la preghiera prima dei pasti.

GIOCHI Cipolla: una squadra deve comporsi a cipolla, cioè i suoi componenti dovranno legarsi il più possibile con mani, braccia, e gambe. Un’ altra deve “sfogliare” la cipolla, staccandone tutti gli elementi, nel minor tempo possibile. Vince chi impiega meno tempo. Mi ami tu? Si fa un cerchio con le sedie. Un giocatore è al centro e non ha posto a sedere. Questi deve andare da un altro (seduto) e chiedergli : “Mi ami tu?”. L’ altro risponderà : “No!”. Allora gli chiederà : “Allora chi ami?”. Risponderà : “ Amo tutti quelli con...” e indichierà una caratteristica ( ad esempio gli occhi azzurri, le scarpe da ginnastica, la felpa ecc..). Chi ha la caratteristica indicata dovrà alzarsi dalla seggiola e cercare posto fra quelli lasciati liberi. Anche chi era in mezzo deve cercare di accaparrarsi un posto. Chi rimane in piedi dovrà ripetere la procedura. Si possono anche stabilire penitenze per chi resta sotto più volte.

Canzone “Atto di fede” di Luciano Ligabue

Ho visto belle donne

spesso da lontano

ognuno ha il proprio modo

di tirarsele vicino

e ho visto da vicino

chi c'era da vedere

e ho visto che l'amore

cambia il modo di guardare

ho visto film di guerra

e quelli dell'orrore

e si vedeva bene che non erano invenzione

ho visto mari calmi

e mari tempestosi

e ho visto in sala parto

la potenza delle cose

è tutto scritto

ed è qui dentro

e viene tutto via con me

tu che cosa vedi

tu che cosa vedi

c'è ancora un orizzonte lì con te

di tutta la vita passata questo è il momento

di tutta la vita davanti questo è il momento

vivere è un atto di fede

mica un complimento

questo è il mio atto di fede

questo è il tuo momento

Ho visto tanti giuda

tutti in buona fede

e ho visto cani e porci fatturare a chi gli crede

ho visto la bellezza

che ti spacca il cuore

e occhi come il mare nel momento del piacere

è tutto scritto

ed è qui dentro

e viene tutto via con me

tu che cosa vedi

tu che cosa vedi

c'è ancora un orizzonte lì con te

di tutta la vita passata questo è il momento

di tutta la vita davanti questo è il momento

vivere è un atto di fede

mica un complimento

questo è il mio atto di fede

questo è il tuo momento

E come la vedi la vedi

ma è tutto come la vedi

c'è chi vuol solo passare ad un altro rimpianto

ho visto tanti pezzi per un mosaico solo

e certi giorni ho visto che c'è niente da capire

ho visto solo per come io sapevo

che c'era luce anche nelle notti più cattive

è tutto scritto

ed è qui dentro

e viene tutto via con me

tu che cosa vedi

tu che cosa vedi

c'è ancora un orizzonte lì con te

vivere è un atto di fede

mica un complimento

questo è il mio atto di fede

questo è il tuo momento

e come la vedi la vedi

ma è tutto in come la vedi

c'è chi vuol solo passare ad un altro rimpianto

vivere è un atto di fede

nello sbattimento

questo è il mio atto di fede

questo è un giuramento

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PROGRAMMA GIOVANISSIMI GIOVANI

Linea d’ombra Ascoltando e riflettendo sulla canzone “La linea d’ombra” di Jovanotti, album “L’Albero”, 1997

, i ragazzi sono invitati a riflettere sul concetto di chiamata, di responsabilità e di fiducia.

LA LINEA D’OMBRA – JOVANOTTI

La linea d'ombra

la nebbia che io vedo a me davanti

per la prima volta nella vita mia mi trovo

a saper quello che lascio e a non saper immaginar quello che trovo

mi offrono un incarico di responsabilità

portare questa nave verso una rotta che nessuno sa

è la mia età a mezz'aria

in questa condizione di stabilità precaria

ipnotizzato dalle pale di un ventilatore sul soffitto

mi giro e mi rigiro sul mio letto

mi muovo col passo pesante in questa stanza umida

di un porto che non ricordo il nome

il fondo del caffè confonde il dove e il come

e per la prima volta so cos'è la nostalgia la commozione

nel mio bagaglio panni sporchi di navigazione

per ogni strappo un porto per ogni porto in testa una canzone

è dolce stare in mare quando son gli altri a far la direzione

senza preoccupazione

soltanto fare ciò che c'è da fare

e cullati dall'onda notturna sognare la mamma... il mare.

Mi offrono un incarico di responsabilità

mi hanno detto che una nave c'ha bisogno di un comandante

mi hanno detto che la paga è interessante

e che il carico è segreto ed importante

il pensiero della responsabilità si è fatto grosso

è come dover saltare al di là di un fosso

che mi divide dai tempi spensierati di un passato che è passato

saltare verso il tempo indefinito dell'essere adulto

di fronte a me la nebbia mi nasconde la risposta alla mia paura

cosa sarò? dove mi condurrà la mia natura?

La faccia di mio padre prende forma sullo specchio

lui giovane io vecchio

le sue parole che rimbombano dentro al mio orecchio

"la vita non è facile ci vuole sacrificio

un giorno te ne accorgerai e mi dirai se ho ragione"

arriva il giorno in cui bisogna prendere una decisione

e adesso è questo giorno di monsone

col vento che non ha una direzione

guardando il cielo un senso di oppressione

ma è la mia età

dove si guarda come si era

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e non si sa dove si va, cosa si sarà

che responsabilità si hanno nei confronti degli esseri umani che ti vivono accanto

e attraverso questo vetro vedo il mondo come una scacchiera

dove ogni mossa che io faccio può cambiare la partita intera

ed ho paura di essere mangiato ed ho paura pure di mangiare

mi perdo nelle letture, i libri dello zen ed il vangelo

l'astrologia che mi racconta il cielo

galleggio alla ricerca di un me stesso con il quale poter dialogare

ma questa linea d'ombra non me la fa incontrare.

Mi offrono un incarico di responsabilità

non so cos'è il coraggio se prendere e mollare tutto

se scegliere la fuga od affrontare questa realtà difficile da interpretare

ma bella da esplorare

provare a immaginare come sarò quando avrò attraversato il mare

portato questo carico importante a destinazione

dove sarò al riparo dal prossimo monsone

mi offrono un incarico di responsabilità

domani andrò giù al porto e gli dirò che sono pronto a partire

getterò i bagagli in mare studierò le carte

e aspetterò di sapere per dove si parte quando si parte

e quando passerà il monsone dirò "levate l'ancora

diritta avanti tutta questa è la rotta questa è la direzione

questa è la decisione."

Spunti per la discussione in gruppo …

Il messaggio della canzone è evocato attraverso molte metafore e immagini. Uno spunto per un lavoro di gruppo può essere quello di individuare, insieme ai giovani, le immagini che più li hanno colpiti e discutere insieme i significati che vi attribuiscono. Alcune immagini utili possono essere: La linea d’ombra: cosa rappresenta per i giovani? Dalle parole dell’autore, capiamo che è il confine tra ciò che conosco e l’ignoto. Cosa c’è oltre quella linea? Cosa vuol dire “uscire dalla propria terra”? L’interrogativo mi attrae e mi spaventa? E mi chiama a prendere una decisione su cosa fare: aspettare senza far nulla, fantasticando, o prendere il timone e partire verso l’ignoto? La rotta: ogni nave ha una rotta, cioè un itinerario da seguire e un luogo da raggiungere. Qual è la mia rotta? Dove sta andando la mia vita? Cosa può darmi la felicità? Come raggiungerla? Dio ci chiede il coraggio di ascoltare e credere alla sua chiamata: dove ci condurrà questo meraviglioso viaggio? Il bagaglio: sono le cose che ci portiamo nel viaggio: le speranze, le domande, i timori. Per l’autore, molti di questi oggetti possono rallentare o ostacolare il nostro viaggio. Quali sono i timori, le paure, ma anche i sogni e le speranze che hanno i giovani verso il futuro? La scacchiera: alcune volte la vita sembra una partita a scacchi. Ogni mossa, ogni azione ha una conseguenza su se stessi e sugli altri.

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Le carte: indicano la rotta. Sono lo strumento principale per il comandante. Quali carte possiamo consultare per conoscere l’itinerario della nostra vita? Decido di procedere a caso o rileggo i fatti della vita cercando un aiuto per interpretarli? Il comandante: è colui che guida la nave, conosce i mari, legge le carte. È colui che si prende la responsabilità del viaggio e delle decisioni da prendere. Quando mi sento chiamato a prendere delle decisioni? Alcune frasi del testo offrono analogie tra il viaggio in mare e il correre il rischio dell’esodo, in particolare al passaggio tra l’età della giovinezza e l’età adulta. Possono diventare oggetto di discussione in coppia o nel grande gruppo. Alcuni esempi: “Saper quello che lascio e a non saper immaginar quello che trovo”. “una nave c'ha bisogno di un comandante mi hanno detto che la paga è interessante e che il carico è segreto ed importante”. “un senso di oppressione ma è la mia età dove si sa come si era e non si sa dove si va, cosa si sarà che responsabilità si hanno nei confronti degli esseri umani”. “non so cos'è il coraggio se prendere e mollare tutto se scegliere la fuga od affrontare questa realtà”. 2) Brano estratto da “Spiritualità sulla strada” di Giorgio Basadonna Perché si esce di casa? Perché si affronta l'ignoto e si abbandona una sicurezza? Perché ci si mette in una situazione precaria? C'è un richiamo, un invito: qualcuno o qualcosa ci ha stimolato, ci ha fatto sentire una voce che chiama, ci ha fatto venire la voglia di uscire e di metterci in cammino verso nuovi orizzonti. C'è una intuizione, un desiderio, un sogno; c'è quel fascino dell'ignoto che batte al nostro cuore e lo seduce; c'è quella attrattiva che viene da lontano e vince le nostre riluttanze. C'è una sintonia misteriosa che conduce verso realtà diverse e apparentemente contrastanti con le nostre comodità e il nostro benessere, e ci fa superare le ultime resistenze. All'inizio di una route1 c'è sempre una chiamata: non è solamente l'invito organizzativo, né il dovere legato alla propria partecipazione a questa o quella associazione. Anche se queste occasioni burocratiche hanno la loro importanza e di fatto danno origine all'esperienza della strada, la chiamata viene da più lontano e dal più profondo: è una chiamata che risuona nel di dentro di noi, è una voce diversa dalle solite che scaturisce nel nostro spirito e che difficilmente si riesce a soffocare. È in fondo la voce di Dio, è quella stella che misteriosamente è brillata in oriente e ha mosso i sapienti a venire fino a Gerusalemme e a Betlemme: "Abbiamo visto la stella, e siamo venuti". Sembra una logica assai semplice e determinante, eppure è la logica della più grande libertà e, nel medesimo tempo, della più grande razionalità: se senti una voce straordinaria, se vedi un fatto nuovo, non puoi restare come prima, non puoi fingere di ignorare, ma devi partire e andare a vedere. La tua libertà, sollecitata da questo richiamo forte e deciso, deve rispondere: solo così sei libero, cioè solo così vivi tutte le tue esperienze e non elimini nulla, non lasci da parte neppure una briciola della tua personalità. La voce della tua fantasia, dei tuoi sogni, dei tuoi desideri più coraggiosi, dei tuoi ideali più alti ti chiama e ti invita a metterti per strada: è la voce di Dio, di quel Dio che ti abita dentro e che ti vuole fare più grande, ti vuole più libero, e ti porta fuori. Come per Abramo, Dio ti conduce fuori e ti dice. "Alza gli occhi e conta le stelle del cielo, se puoi. Così sarà la tua posterità" (Genesi 15,5). È Dio che ti vuole fare capire il senso profondo della tua vita, di questa tua esistenza che troppo spesso ti appare stupida o assurda, inutile per te e per gli altri: è Dio che vuole aiutarti a capire la tua fede, il tuo rapporto con Lui. E non c e modo migliore che "uscire", mettersi in cammino, abbandonando le sicurezze e le abitudini troppo pesanti, che soffocano il tuo slancio e ti chiudono nella tua povertà quotidiana. Mettersi per strada è, allora, anche un modo per verificare la propria fede, per accorgersi realmente del valore del credere, per toccare con mano che cosa significa "cercare", cioè sapere e non ancora vedere, sentire la mancanza di qualcosa che preme e di cui si ha bisogno, avvertire un vuoto che non può restare ed esige di essere colmato. Il coraggio di uscire, di abbandonare ripari e difese troppo spesso limitanti, di rinunciare a quanto già si ha per ottenere ciò di cui si avverte il bisogno: questo è mettersi per strada. E non è facile. C'è sempre qualche scusa, qualche motivo che appare come buono e serio per restare dove si è, per continuare come si è, per non partire. Ma è paura, è vigliaccheria, è falsità, perché vero invece è il nostro estremo bisogno di cambiare, di crescere, di conoscere, di rispondere agli interrogativi più urgenti che battono dentro di noi.

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Bisogna uscire, mettersi per strada, abbandonando il solito, le abitudini, anche le più sacre, e mettersi a disposizione di Dio, della verità tutta intera, dell'amore, della gioia che sono il vero nostro destino. Ci vuole una buona dose di coraggio: ma per fortuna c’è qualcuno che ci invita, ci accompagna, che almeno inizia con noi la nuova strada. Ci vuole una comunità che inviti, che organizzi, che faccia venire la voglia: ci vuole qualcuno più esperto e più coraggioso, più amante del rischio, che trascini con se. […] Ma poi, appena si comincia, appena la strada si snoda sotto i nostri passi, ci si accorge che, come le nebbie del mattino, la paura si dilegua e adagio adagio sorge il sole. Di fatto vivere la vita come un viaggio può avere il rischio di continuare a viaggiare, vedere senza mai fermarsi, ma soprattutto senza mai ritornare al punto di partenza. Vivere la vita come un pellegrinaggio forse, vuol dire che una volta arrivato alla meta sento l’esigenza di tornare indietro per dire agli altri ciò che ho visto. La mia vita è un pellegrinaggio? Mi sento più un viaggiatore con la valigia, esigente, che richiede tutti i comfort o un pellegrino che con semplicità affronta zaino in spalle la strada che si apre davanti a sé? (G. Basadonna)

Si potrebbe far provare ai giovani l’esperienza del mettersi in cammino su di una strada non conosciuta (o poco conosciuta). Gli educatori dovrebbero, alla “partenza leggere il brano della chiamata di Abramo e poi, al termine del percorso, leggere la pericope evangelica della Trasfigurazione di Gesù con un commento alla Parola prendendo spunto dall’introduzione proposta per questa domenica del cammino di Quaresima giovani. Lungo il tragitto si potranno creare delle tappe in cui i giovani possono leggere stralci del testo di Basadonna e trovare qualche segno evocativo del cammino.

III Domenica di Quaresima - Una borraccia per dissetare: una donna, le cose del cielo, quelle della terra

Obiettivo specifico : Ho sete: accogliere l’altro attravreso il dialogo e l’attenzione ai suoi bisogni. Parola chiave: incontro

Dal vangelo secondo Giovanni Gv 4, 5-42 (forma breve: Gv 4,5-15.19-26) [ In quel tempo, Gesù giunse a una città della Samarìa chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: qui c’era un pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno. Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere». I suoi discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi. Allora la donna samaritana gli dice: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani. Gesù le risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere!”, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva». Gli dice la donna: «Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest’acqua viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?». Gesù le risponde: «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna». «Signore – gli dice la donna –, dammi quest’acqua, perché io non abbia più sete e non continui a

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venire qui ad attingere acqua». ] Le dice: «Va’ a chiamare tuo marito e ritorna qui». Gli risponde la donna: «Io non ho marito». Le dice Gesù: «Hai detto bene: “Io non ho marito”. Infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero». Gli replica la donna: «Signore, [ vedo che tu sei un profeta! I nostri padri hanno adorato su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare». Gesù le dice: «Credimi, donna, viene l’ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma viene l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità». Gli rispose la donna: «So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli verrà, ci annuncerà ogni cosa». Le dice Gesù: «Sono io, che parlo con te». ] In quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliavano che parlasse con una donna. Nessuno tuttavia disse: «Che cosa cerchi?», o: «Di che cosa parli con lei?». La donna intanto lasciò la sua anfora, andò in città e disse alla gente: «Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia lui il Cristo?». Uscirono dalla città e andavano da lui. Intanto i discepoli lo pregavano: «Rabbì, mangia». Ma egli rispose loro: «Io ho da mangiare un cibo che voi non conoscete». E i discepoli si domandavano l’un l’altro: «Qualcuno gli ha forse portato da mangiare?». Gesù disse loro: «Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera. Voi non dite forse: ancora quattro mesi e poi viene la mietitura? Ecco, io vi dico: alzate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura. Chi miete riceve il salario e raccoglie frutto per la vita eterna, perché chi semina gioisca insieme a chi miete. In questo infatti si dimostra vero il proverbio: uno semina e l’altro miete. Io vi ho mandati a mietere ciò per cui non avete faticato; altri hanno faticato e voi siete subentrati nella loro fatica». [ Molti Samaritani di quella città credettero in lui per la parola della donna, che testimoniava: «Mi ha detto tutto quello che ho fatto». E quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregavano di rimanere da loro ed egli rimase là due giorni. Molti di più credettero per la sua parola e alla donna dicevano: «Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo». ]

COMMENTO AL VANGELO

Bellissimo e avvincente il dialogo tra Gesù e la donna al pozzo. Si resta affascinati dalla presenza di queste due logiche: una molto terrena, quotidiana, legata alle faccende domestiche, l'altra teologica, ideale, centrata sulle cose di Dio. A prima vista pensiamo che la donna samaritana che conversa con l’uomo di Nazaret sia una che comprende solo le cose legate alla sopravvivenza, all’immediato, al concreto; mentre l’uomo che parla sia tutto e solo rivolto alle cose di Dio: egli ne conosce la volontà, conosce la vera acqua che spegne la sete per sempre. In realtà è proprio il contaminarsi di queste due prospettive che rende unico l’incontro e significativo per la vita di tutti. In un mondo come il nostro in cui Dio non è più evidente, in cosa questo dialogo può esserci di aiuto per una vita più bella? Le risposte alle nostre domande di vita crescono nello stesso terreno abitato dalle domande della donna samaritana. È attraverso gli incontri quotidiani, la ricerca della soddisfazione dei

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bisogni anche elementari, la condivisone concreta della terra e dell’acqua, la lotta alla violenza, le relazioni affettive tra le persone che la vita domanda salvezza. È di quest’acqua storica, concreta, fisica che le nostre esistenze hanno sete. Perché oggi, come ieri, la sete è sete di acqua, di giustizia, di libertà, sete di rispetto per le donne e i giovani, per i ragazzi e gli anziani... Avere oggi questa sete è cercare pozzi è la “lezione umana” che possiamo apprendere da quest’incontro. Gesù, il quale non si ritrae al dialogo anche con noi oggi, ci invita a comprendere che la “salvezza” tocca questa terra e non sfugge dall’occuparsi con dignità dei vissuti di ciascuno di noi. Oggi è da questa donna che impariamo ad avere sete di cose buone e a cercare pozzi concreti di acqua viva da cui bere. Oggi è grazie a lei che crediamo che i piccoli gesti di amore sono gesti di salvezza che centrano con la proposta di vita che Gesù ci offre. È grazie a questi incontri che Gesù ha vissuto che il cammino della fede è sempre cammino di solidarietà e vita piena.

IL SEGNO

STORIA

Pre-adolescenti

Link youtube: http://www.youtube.com/watch?v=i06xkkornf8

La sirenetta

Ariel: io non vedo le cose nel modo in cui le vede lui, non capisco come un mondo che crea delle cose tanto meravigliose, possa essere cattivo.

Guardate un po’, quello che ho, e’ una raccolta preziosa lo so. vi sembrera’ che io sia una che ha tutto ormai.

Che tesoro, che ricchezze, chi mai al mondo ne ha quanto me, se guardi intorno dirai “oh,che meraviglie”.

Ho le cose piu’ strane e curiose, non ho nulla da desiderar, ma lassu’ cosa mai ci sara’?

Adolescenti

Nessuna persona è inutile, l’incontro con gli altri riesce a mettere in luce i doni che ciascuno non immaginava neppure

di avere. E’ quanto succende nell’incontro con Gesù. Siamo tutti pieni di ferite e screpolature, come la samaritana, ma

se lo vogliamo, Dio sa fare meraviglie con le nostre ímperfezioni. Con i ragazzi si può analizzare una delle due storie

proposte.

1. La storia: L'anfora imperfetta- Bruno Ferrero, La vita è tutto quello che abbiamo

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Ogni giorno, un contadino portava l'acqua dalla sorgente al villaggio in due grosse anfore che legava sulla groppa

dell'asino, che gli trotterellava accanto. Una delle anfore, vecchia e piena di fessure, durante il viaggio,

perdeva acqua. L'altra, nuova e perfetta, conservava tutto il contenuto senza perderne neppure una goccia. L'anfora

vecchia e screpolata si sentiva umiliata e inutile, tanto più che l'anfora nuova non perdeva l'occasione di far notare la

sua perfezione: "Non perdo neanche una stilla d'acqua, io!". Un mattino, la vecchia anfora si confidò con il padrone:

"Lo sai, sono cosciente dei miei limiti. Sprechi tempo, fatica e soldi per colpa mia. Quando arriviamo al villaggio io

sono mezza vuota. Perdona la mia debolezza e le mie ferite". Il giorno dopo, durante il viaggio, il padrone si rivolse

all'anfora screpolata e le disse: "Guarda il bordo della strada". "E' bellissimo, pieno di fiori". "Solo grazie a te", disse il

padrone. "Sei tu che ogni giorno innaffi il bordo della strada. Io ho comprato un pacchetto di semi di fiori e li ho

seminati lungo la strada, e senza saperlo e senza volerlo, tu li innaffi ogni giorno...".

2. Le due sorgenti - Tomás Spidlík, Il professor Ulipispirus e altre storie

La montagna si eleva verso il sole. Ma la montagna pesa. E' fatta di sassi. In qualche recesso delle sue viscere nacquero

un giorno due piccole sorgenti d'acqua limpida, che cercavano di uscire all'aperto. Ma la montagna non cedeva: le

opprimeva, le soffocava.

Dopo un bel po' di tempo le sorgenti, facendosi largo a poco a poco, riuscirono a venire alla luce ai piedi della

montagna.

Com'erano stanche! Ma non c'era tempo per riposarsi.

Erano appena scaturite dalla terra quando sentirono delle grida provenienti dal muschio, dall'erba, dai fiorellini, dalle

rose alpine: "Dateci da bere! Dateci da bere!"

"Fossi matta!", disse la prima sorgente. "Ho faticato tanto senza sosta laggiù, sottoterra, mentre voi, pigri, ve ne stavate

al sole. Non vi darò proprio niente!"

"Non ci darai niente?", disse il muschio piccato. "E allora noi non ti lasceremo passare."

"Ti sbarreremo la strada con le nostre numerose radici", dichiarò l'erba.

"Ti copriremo così nessuno ti troverà", minacciarono i cespugli di rose alpine e di rovi.

La seconda sorgente fu condiscendente: "Bevi, sorella erba, però fatti da parte perché io possa proseguire il mio

cammino!" Bevvero un poco anche i cespugli ma si tennero fuori dalla corrente e così il muschio e la rosa alpina.

La sorgente correva. Dava da bere a tutte le piante e tutte le cedevano il passo.(...) La sua acqua era fresca e limpida

come cristallo. (Lei stessa non sapeva come. Le piante l'amavano e lasciavano che altre sorgenti si unissero a lei.(...)

Alla fine arrivò al mare. Quando giunse alla foce, l'azzurro padre Oceano la prese fra le braccia e la baciò sulla fronte.

"E dov'è tua sorella sorgente?le chiese."

"Ah, Padre! Purtroppo è diventata paludosa, marcia e puzzolente."

"Così è la vita, figliola mia", disse padre Oceano.

"Tua sorella non voleva dare agli altri ciò che ha ricevuto. Vedi? Anch'io oggi ti ricevo in restituzione del vapore che da

me è salito verso la montagna. La vita è dare. Tenere per sè è la morte."

ATTIVITÁ

Pre-adolescenti

Possiamo dividere il gruppo a coppie di ragazzi e ragazze e cercare di farli conversare per trovare dei punti in comune….come Gesù con la donna al pozzo potremmo riflettere sul fatto che la diversità non deve essere un ostacolo ma una ricchezza.

laboratorio adolescenti

Accoglienza Questa settimana è bene che l’incontro inizi con la merenda in cui si offriranno solo cibi salati (magari anche con una piccola aggiunta di sale). 1)Due parole per iniziare Il brano del Vangelo ci aiuta a desiderare Gesù più di ogni cosa nella nostra vita. È questo il desiderio di ognuno che vuol diventare cristiano, discepolo di Gesù. Nascosti alla vista dei ragazzi, si prepareranno un vassoio con una caraffa piena d’acqua e dei bicchieri, tanti quanti sono i ragazzi. Lettura del brano del Vangelo, secondo le indicazioni date in premessa (Gv 4,5-42)

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2)Due parole per riflettere Dopo aver letto e compreso il Vangelo insieme ai ragazzi, si offrono loro altri salatini e si chiede se vogliono qualcos’altro. Con questo gesto si fa prendere coscienza che ora si ha sete; ci sta proprio bene un bicchiere d’acqua! e si pensi se fosse caldo...come nel deserto...come sarebbe grande il desiderio d’acqua! A questo punto si scopre la caraffa d’acqua e si spiega che si verserà a ciascuno un bicchiere, che berranno lentamente, gustandolo e pensando a Gesù che ha detto di sé di essere un’acqua che toglie la sete per sempre... abbiamo bisogno di Lui come la terra arida ha bisogno dell’acqua... Abbiamo bisogno del suo amore! Bevendo, adagio, ognuno pensa a cosa vorrebbe dire o gridare o sussurrare a Gesù... 3)Due parole per agire La sete della Samaritana rappresenta tutte le nostre seti... anche quelle di tanti ragazzi e bambini..cosa possiamo fare? Individuiamo alcune persone ‘assetate’ e andiamo personalmente o in gruppo ad incontrarle. 4) Due paole per pregare Si conclude l’incontro con la preghiera spontanea ed ogni ragazzo esprime a voce alta cosa ha pensato di voler dire a Gesù, mentre beveva il suo bicchiere di acqua.

Un giovane educatore riflette

Pensando all’acqua mi viene in mente la scritta che Madre Teresa

di Calcutta ha volouto mettere vicino al Crocifisso in ogni

cappella delle sue case: “Ho sete”. Ha scritto Papa Giovanni

Paolo II: «Mi è caro, in questo momento di preghiera, ricordare

la cara sorella, Madre Teresa di Calcutta... Missionaria della

Carità. La sua missione cominciava ogni giorno, prima dell'alba,

davanti all'Eucarestia. Nel silenzio della contemplazione, Madre

Teresa di Calcutta sentiva risuonare il grido di Gesù sulla croce:

"Ho sete". Questo grido, raccolto nel profondo del cuore, la

spingeva sulle strade di Calcutta e di tutte le periferie del mondo,

alla ricerca di Gesù nel povero, nell'abbandonato, nel

moribondo. (Giovanni Paolo II all'Angelus di domenica 7

settembre). Impegniamoci anche noi il bisogno di andare nelle

nostre periferie perchè non ci siano più persone che ‘muoiono di

sete’

PREGHIERA

Signore, dammi la forza di esserci, di essere con Te, ma nello stesso tempo essere quello che sono, di non aver bisogno di mettere maschere alla mia vita, perché Tu mi ami così come sono, poiché Tu mi hai plasmato affinchè io fossi

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e mi conosci come nessun altro. Soddisfa la sete che è nel mio cuore, la sete che forse neanch’io conosco fino in fondo, perché voglio giocarmi bene questa vita che tu, con fiducia, mi hai affidato. Amen

IMPEGNO

Prendere in Chiesa al termine della Celebrazione Eucaristica l’invito che verrà consengato e

portarlo a qualche persona ‘assetata’ dell’Acqua viva che è Gesù.

GIOCHI Candela

1. Questo è un gioco che lascia senza fiato, nel vero senso della parola. Poni al centro di una

stanza un pò comoda un candeliere con una candela accesa. Se non hai un candeliere a

portata di mano puoi prendere anche una bottiglia vuota ed infilare la candela nel suo collo. A

questo punto chiama uno dei tuoi amici.

2. Bendalo accuratamente, fagli compiere due giravolte. Il tuo amico bendato, avrà il compito

di spegnere la candela soffiandoci sopra, senza aiutarsi con le mani che sarà rigorosamente

obbligato a tenere dietro la schiena. Mentre il concorrente girerà sbuffando per tutta la

stanza, gli altri amici spettatori dovranno informarlo su eventuali ostacoli.

3. Per rendere il compito molto più difficile al tuo amico bendato, ti consiglio di lasciare le luci

accese. Questo gioco dovrete poi ripeterlo a turno. Nel momento in cui il tuo amico riesce a

spengere la candela, spetterà a lui scegliere il suo successore. Ci saranno grandi risate e

passerete delle ore divertenti e spensierate..

Staffetta Slalom Con in bocca un cucchiaio contenente una pallina da pin pong, fare lo slalom attraverso un percorso a ostacoli. Se la mpallina cade si ricomincia. Spegnere una candela Sputando acqua con una cannuccia da due metri di distanza si deve riuscire a spegnere una candela accesa. CANZONE - E DA QUI NEK

Gli amici di sempre

Gli abbracci più lunghi

la musica, i libri, aprire i regali

i viaggi lontani che fanno sognare

i film che ti restano impressi nel cuore

gli sguardi e quell’attimo prima di un bacio

le stelle cadenti il profumo del vento

la vita rimane la cosa più bella che ho..

Una stretta di mano

tuo figlio che ride

la pioggia d’agosto

e il rumore del mare

un bicchiere di vino insieme a tuo padre

aiutare qualcuno a sentirsi migliore

e poi fare l’amore sotto la luna

guardarsi e rifarlo più forte di prima

la vita rimane la cosa più bella che ho

E’ da qui

non c’è niente di più naturale che

fermarsi un momento a pensare

che le piccole cose son quelle più vere

e restano dentro di te

e ti fanno sentire il calore

ed è quella la sola ragione

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per guardare in avanti e capire

che in fondo ti dicono quel che sei

è bello sognare di vivere meglio

è giusto tentare di farlo sul serio

per non consumare nemmeno un secondo

e sentire che anche io sono parte del mondo

e con questa canzone dico quello che da

sempre so che la vita rimane

la cosa più bella che ho

E’ da qui

non c’è niente di più naturale che fermarsi

un momento a pensare che le piccole cose

son quelle più vere le vivi le senti e tu

ogni giorno ti renderai conto che sei vivo

a dispetto del tempo

quelle cose che hai dentro

le avrai al tuo fianco

e non le abbandoni più

e non le abbandoni più

dicono chi sei tu

Giovanissimi e giovani

1) Mentori: i nostri maestri Come la Samaritana, che ha incontrato Gesù in un contesto di vita quotidiana, anche i giovani hanno sicuramente incontrato persone significative durante la loro vita. Sono invitati a rileggere la propria vita a partire dagli incontri che hanno lasciato un segno. Il termine mentore ha ormai più di tremila anni e prende origine dalla mitologia greca, con Atena dea della saggezza. Atena, travestita da uomo e facendosi chiamare Mentore, si occupò della crescita di Telemaco, figlio di Ulisse. Ulisse infatti, incaricò Atena/Mentore di educare il figlio Telemaco, mentre egli stava affrontando la guerra contro la città di Troia, per prepararlo a diventare re di Itaca e suo successore. Il ruolo di Mentore era di educare attraverso la guida e l'incoraggiamento. Da questa figura mitologica traspare una prima immagine di mentore, da cui emergono alcune caratteristiche: infatti egli era più anziano e saggio di Telemaco, e il suo ruolo era soprattutto di esempio e modello, piuttosto che di semplice insegnante. Difatti egli fu per Telemaco una guida, un maestro e ricoprì in parte anche un ruolo genitoriale, ma non nel senso generativo del termine, quanto piuttosto come colui che trasformò un ragazzo in un uomo, in grado di prendersi le proprie responsabilità ed affrontare la vita. Dal mito alla nostra storia Sono per noi mentori, maestri, tutti coloro che ci hanno insegnato a divenire uomini ricoprendo nella nostra vita un ruolo magisteriale. I mèntori non appartengono soltanto alla nostra giovinezza; laddove infatti si vive una vita ricca di mutamenti e di nuove esperienze, queste figure d’appoggio e di stimolo al contempo, certo talvolta ridimensionate rispetto agli anni cruciali, riappaiono. Può trattarsi anche di personaggi, scrittori, artisti, pensatori le cui idee ci rinnovano. Il mèntore – questa è la tradizione omerica – è umano e sovraumano, è reale e irreale. Frugate dentro la vostra storia e andate alla ricerca sia dei mèntori, dei maestri abbandonati e sostituiti con altri, sia di quelli che continuano a essere presenze silenziose fondamentali. CHI TIPO DI RELAZIONE DONO RICEVUTO AMMIRAZIONE PER NB: questa animazione centrata sull’incontro con le persone può essere riformulata a partire dai luoghi che sono stati significativi per i giovani, analogamente a ciò che rappresenta il pozzo per la samaritana.

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DOVE DONO RICEVUTO

Per i giovani più grandi proponiamo un “incontro” col testo biblico della Samaritana con alcune domande guida. Dopo un congruo tempo per la riflessione personale si può fare una condivisione in gruppo. 1. "Arrivò intanto una donna di Samaria ad attingere acqua" (v. 7) Ci sono dei "pozzi" (incontri, luoghi, persone, avvenimenti…) a cui vai ad attingere acqua ogni giorno per dissetare la tua sete di dialogo, per trovare risposta ai tuoi interrogativi inespressi, per superare la solitudine che ti fa tanto male, per soddisfare la tua voglia di cose autentiche, il tuo desiderio di realizzarti, la tua nostalgia di vita vera. · Che nome daresti a questi "pozzi"? · Prova ad elencare sia i pozzi che ti aiutano a crescere, sia quelli che ti lasciano scontento/a, ti costringono ad essere diverso/a dal quello/a che sei, ti chiedono di far finta di… 2. "Gesù le disse: Dammi da bere!" Gesù si manifesta come colui che ha bisogno chiedendo da bere. Dentro di te c'è una grande paura di manifestarti debole, fragile, piccolo/a, quindi fai di tutto per mostrarti forte, grande, potente, senza bisogno di dover chiedere niente a nessuno. · Cos'è che ti costringe a tenere in piedi questa facciata fatta di apparenza? · Se tu ti mostrassi come sei, cosa pensi succederebbe? 3. La donna lasciò la brocca, andò in città e disse alla gente: "Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia forse il Messia?" (v. 28) Questa donna lascia il secchio che era tutta la sua ricchezza per attingere acqua, ma che era anche la sua arma di difesa per tenere distante Gesù che era per lei uno sconosciuto. · Come si chiama ciò che ti tiene distante da Gesù e che ora lasci per entrare in relazione con Lui? · Ti sembra che Gesù ti abbia rivelato qualcosa di nuovo di sé e di te, per cui oggi puoi continuare il tuo cammino con una nuova speranza? Che cosa?

IV Domenica di Quaresima - Un lume per illuminare: Cecità dei vedenti, vista dei ciechi

Obiettivo Specifico: Superare le cecità degli inganni, riscoprendo la vista del cuore Parola chiave: l’ essenziale

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Dal vangelo secondo Giovanni Gv 9, 1-41 (forma breve: Gv 9,1.6-9.13-17) [ In quel tempo, Gesù passando vide un uomo cieco dalla nascita ] e i suoi discepoli lo interrogarono: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?». Rispose Gesù: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio. Bisogna che noi compiamo le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può agire. Finché io sono nel mondo, sono la luce del mondo». Detto questo, [ sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: «Va’ a lavarti nella piscina di Sìloe», che significa “Inviato”. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva.Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, perché era un mendicante, dicevano: «Non è lui quello che stava seduto a chiedere l’elemosina?». Alcuni dicevano: «È lui»; altri dicevano: «No, ma è uno che gli assomiglia». Ed egli diceva: «Sono io!». ] Allora gli domandarono: «In che modo ti sono stati aperti gli occhi?». Egli rispose: «L’uomo che si chiama Gesù ha fatto del fango, me lo ha spalmato sugli occhi e mi ha detto: “Va’ a Sìloe e làvati!”. Io sono andato, mi sono lavato e ho acquistato la vista». Gli dissero: «Dov’è costui?». Rispose: «Non lo so». Condussero dai farisei quello che era stato cieco: era un sabato, il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come aveva acquistato la vista. Ed egli disse loro: «Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo». Allora alcuni dei farisei dicevano: «Quest’uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato». Altri invece dicevano: «Come può un peccatore compiere segni di questo genere?». E c’era dissenso tra loro. Allora dissero di nuovo al cieco: «Tu, che cosa dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?». Egli rispose: «È un profeta!». ] Ma i Giudei non credettero di lui che fosse stato cieco e che avesse acquistato la vista, finché non chiamarono i genitori di colui che aveva ricuperato la vista. E li interrogarono: «È questo il vostro figlio, che voi dite essere nato cieco? Come mai ora ci vede?». I genitori di lui risposero: «Sappiamo che questo è nostro figlio e che è nato cieco; ma come ora ci veda non lo sappiamo, e chi gli abbia aperto gli occhi, noi non lo sappiamo. Chiedetelo a lui: ha l’età, parlerà lui di sé». Questo dissero i suoi genitori, perché avevano paura dei Giudei; infatti i Giudei avevano già stabilito che, se uno lo avesse riconosciuto come il Cristo, venisse espulso dalla sinagoga. Per questo i suoi genitori dissero: «Ha l’età: chiedetelo a lui!». Allora chiamarono di nuovo l’uomo che era stato cieco e gli dissero: «Da’ gloria a Dio! Noi sappiamo che quest’uomo è un peccatore». Quello rispose: «Se sia un peccatore, non lo so. Una cosa io so: ero cieco e ora ci vedo». Allora gli dissero: «Che cosa ti ha fatto? Come ti ha aperto gli occhi?». Rispose loro: «Ve l’ho già detto e non avete ascoltato; perché volete udirlo di nuovo? Volete forse diventare anche voi suoi discepoli?». Lo insultarono e dissero: «Suo discepolo sei tu! Noi siamo discepoli di Mosè! Noi sappiamo che a Mosè ha parlato Dio; ma costui non sappiamo di dove sia». Rispose loro quell’uomo: «Proprio questo stupisce: che voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi. Sappiamo che Dio non ascolta i peccatori, ma che, se uno onora Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta. Da che mondo è mondo, non si è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. Se costui non venisse da Dio, non avrebbe potuto far nulla». [ Gli replicarono: «Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?». E lo cacciarono fuori. Gesù seppe che l’avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse: «Tu, credi nel Figlio dell’uomo?». Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?». Gli disse Gesù: «Lo hai visto: è colui che parla con te». Ed egli disse: «Credo, Signore!». E si prostrò dinanzi a lui. ] Gesù allora disse: «È per un giudizio che io sono venuto in questo mondo, perché coloro che non vedono, vedano e quelli che vedono, diventino ciechi». Alcuni dei farisei che erano con lui udirono queste parole e gli dissero: «Siamo ciechi anche noi?». Gesù rispose loro: «Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: “Noi vediamo”, il vostro peccato rimane».

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COMMENTO AL VANGELO

Se la quaresima è il cammino verso la risurrezione, uscire dalla cecità diventa un indice di salvezza, un segno di una vita veramente nuova, uscita dal buio. Il Vangelo ci racconta una vicenda strana. Parla di un uomo che viene alla luce, di gente che lo vuole inchiodare alla sua cecità, di presunti vedenti che si ostinano a ritenersi a posto e rimangono in una inguaribile tenebra. Impressiona il fatto che Gesù identifichi la sua missione di salvezza con la dimensione del “vedere”: “sono venuto in questo mondo per provocare una crisi: perché quelli che non vedono vedano, e quelli che vedono diventino ciechi”. E impressiona la resistenza della gente comune, come quella dei farisei professionisti del sacro, alla liberazione di un uomo dalle sue tenebre. Portare alla luce, ridare prospettive di vita, sembra essere una fatica improba perché gli uomini di una luce “altra” non ne vogliono sentire parlare: basta la loro propria, anche se si rivela fitta di tenebre. La durezza di cuore, la rigidità, in questo caso sotto finte motivazioni religiose, uccidono ogni senso di tenerezza umana ed ogni esultanza, perchè un uomo finalmente è uscito dalle tenebre e da una situazione umiliante. Questo siamo noi quando mettiamo e vediamo tante cose prima dell'uomo: le cose - appunto - i soldi, la legge, il perbenismo, il nostro tornaconto, l'onore, il prestigio. Spesso ciò che non vediamo è la nostra disumanità, e per questo restiamo ciechi. “Il vostro peccato rimane”, dice con amarezza Gesù. Difficile dire se la nostra cultura ci fa ciechi che sanno di esserlo oppure che credono di avere “occhi penetranti”; certo è una fatica essere “vedenti”, accorgersi delle nostre condizioni. Costa vedere. Come restare lontani da certa “luce” che si è rivelata tenebra? Come essere come quel “cieco-vedente” che ebbe il coraggio di testimoniare che l’unica luce per lui rimaneva il Signore Gesù, maestro di tenerezza, compagno di strada per ogni uomo in ricerca di luce? Come aprire con Gesù, ogni giorno, i nostri occhi, perché di questa notte non ne possiamo proprio più ed abbiamo una grande voglia di vedere il mondo veramente nuovo?

IL SEGNO

STORIA

Pre-adolescenti

link youtube: http://www.youtube.com/watch?v=mjka3jis2dy

Il libro della giungla

Baghera: e posso sapere come credi che riuscira’ a sopravvivre?

Baloo: come credi che riuscira’? come sarebbe come credi che riuscira’? E’ con me si o no? Gli insegnero’ tutto quello che so!

Baghera: beh per questo non ci vorrà molto…

Baloo: senti, le cose stanno così soldo di cacio, basta solo che ti ricordi che… ti basta poche briciole, lo stretto indispensabile e i tuoi malanni puoi dimenticar. In fondo, basta il minimo, sapessi quanto è facile,

trovar quello che occorre per campar…

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Adolescenti

Film Le chiavi di casa è un film del 2004 diretto da Gianni Amelio, liberamente tratto dal libro autobiografico Nati due volte di Giuseppe Pontiggia.

Trama

Gianni (Kim Rossi Stuart) è un giovane padre che ha abbandonato il figlio Paolo subito dopo la

nascita. Il bambino (Andrea Rossi) è nato affetto da handicap, mentre la giovane compagna di

Gianni è morta di parto. Quindici anni dopo l'uomo decide di fare la conoscenza del figlio:

l'occasione è data da un viaggio per portare il ragazzo in una clinica di Berlino per seguire alcune

terapie. Durante il soggiorno nella città tedesca, Gianni farà la conoscenza di Nicole (Charlotte

Rampling), una donna matura con una figlia affetta da handicap, che gli farà capire la grandezza

dell'impegno che lo attende. Anche grazie a Nicole, Gianni e Paolo impareranno a conoscersi a

fondo e a confrontarsi, ma la parte più commovente è alla fine quando Paolo conforta il padre.

Riflessione :

Il titolo del film rappresenta simbolicamente il momento di passaggio dall’infanzia all’adolescenza,

quando i genitori consegnano le chiavi di casa ai propri figli, ritenendoli ormai sufficientemente

autonomi. Qui il passaggio avviene in un ragazzo disabile che aspira a un minimo grado di

emancipazione nella vita di tutti i giorni e lotta per conquistarlo. Le chiavi sono anche metafora

dell’ accesso a un luogo intimo, come la casa, nel quale Paolo si difende dal mondo esterno. Il

talento del regista consiste nell’ efficacia di un’ analisi che può estendersi a ogni rapporto tra sano

e malato, normale e diverso, forte e debole, ricordando che il dolore fa parte della vita, ma che le

relazioni e l’ amore consentono sempre una riconciliazione.

ATTIVITÁ

Pre-adolescenti

Si può far disegnare ai ragazzi una serie di oggetti che ritengono indispensabili. Si potrebbe fare anche una classifica delle dieci cose che si utilizzano di più durante la giornata e delle quali non possono fare a meno. L’educatore può stimolare i ragazzi portando qualche oggetto. Cos’è realmente indispensabile? Si possono ricordare esperienze dove si è provato a vivere il valore dell’essenziale come il camposcuola.

Adolescenti

In riferimento al film, promuovere la riflessione e aiutare i ragazzi a scoprire il proprio essenziale, ciò che li caratterizza di fronte agli altri. Terminato il dibattito, ogni ragazzo è chiamato a riflettere su di sè e a individuare le proprie caratteristiche essenziali. Dovrà poi realizzare con la creta un oggetto che lo simboleggi e lo rappresenti ( richiamando magari qualche sua passione o peculiarità caratteriale). Al termine del lavoro questi dovranno essere presentati agli altri membri del gruppo, spiegando le scelte operate.

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Laboratorio adolescenti

1)Due parole per iniziare Si introduce l’incontro ricordando ai ragazzi che si sta procedendo insieme nel cammino verso la Pasqua e che la prossima sarà la quarta domenica di Quaresima. Il viaggio nella Quaresima è iniziato scoprendo che ogni giorno si è chiamati a confrontarsi con le tentazioni di non amare Dio e i fratelli, davanti alle quali però c’è sempre la possibilità di dire no, come ha fatto Gesù. Subito dopo si è vissuta la gioia di scoprire che si è chiamati ad ascoltare la Parola di Gesù per trasfigurarci come Lui. La settimana scorsa, infine, c’è stata la scoperta di come sia importante desiderare Gesù per dissetarci di Lui, del suo amore, come acqua viva per la propria vita. Veramente bello, il viaggio fin qui: ed anche oggi la Parola di Dio regala un’altra indicazione preziosa e speciale. Lettura del brano del Vangelo, secondo le indicazioni date in premessa (Gv 9,1-41) 2)Due parole per riflettere Dopo aver letto e compreso il Vangelo, assieme ai ragazzi e ascoltato le loro osservazioni e considerazioni, se lo si ritiene opportuno, si può aggiungere anche questo commento. Il Vangelo letto porta persino un lato comico, cioè il cieco riesce a vedere Gesù, nel senso che lo riconosce, mentre chi dovrebbe vedere, perché non ha mai avuto problemi agli occhi, non lo vede e non lo riconosce. Chissà quante cose accadono nella vita di ciascuno e non se ne accorge nessuno perché troppo impegnati a fare qualcos’altro o a pensare a qualcos’altro o ad aspettare qualcos’altro come i personaggi del Vangelo! Gesù non è un’idea, un racconto o qualche cosa, ma è qualcuno che capita nella vita, che si incontra, che offre la possibilità di vedere la vita con occhi diversi, nuovi, con gli occhi di chi ha visto tutto l’amore con cui Dio ha inondato il mondo. Gesù non è neppure una sensibilità del cuore, magari la sensibilità può aiutare a stare attenti, ma Gesù viene, accade, ti incontra, per questo bisogna avere gli occhi bene aperti. Si può allora chiedere ai ragazzi che pensino ad un luogo o un esperienza in cui abbiano visto o incontrato Gesù. Serve un bello sforzo di memoria, ma quel giorno è tanto importante... Si condividono i luoghi e le esperienza personali. 3)Due parole per agire Anche noi oggi conosciano delle persone che credono di vedere ma non vedono o cercano la luce ma non sanno come trovarla: cerchiamo di individuarle tra i nostri amici per poterli incontrare e proporre qualche esperienza di fede. 4)Due parole per pregare La preghiera dei fedeli (o penitenziale) di questa domenica può raccogliere le parole o frasi che i ragazzi hanno sottolineato sul brano del Vangelo e aprirsi alla realtà locale

Un giovane educatore riflette Quanto motivo di riflessione in queste poche parole di Alessandro D’Avenia! “Chi paga la dittatura relativista sono quelli che per essenza sono fatti per la verità: i giovani. Le loro passioni tristi sono la nostra mancanza di vita interiore e di tempo, il nostro attaccamento alle cose prima che alle persone, la nostra fatica a donare, la nostra ebbrezza di carriere e consumi. Valgano le parole del rabbino di un romanzo di S.Zweig: «È più forte chi si aggrappa all’invisibile di chi confida nel percepibile, perché questo è effimero, quello permanente». Avremo il coraggio di tornare ad aggrapparci all’invisibile?” (Alessandro D’Avenia) Un suggerimento: proviamo a leggere un bellissimo libro di quest’autore: “Cose che nessuno sa”( ed. Mondandori).

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PREGHIERA Aiutami, Signore, a sceglierTi come unico modello della mia vita. Non per essere ripiegato e triste sulla tua croce, ma per abbracciare la tua croce e venire dietro a Te, lasciando ogni cosa che mi impedisce di volare alto, di mettere ali d’aquila perché ho capito chi tu sei… SEI IL MIO SIGNORE. Amen

IMPEGNO

Accendere ogni sera prima di cena una candela e ricordare nella preghiera l’incontro della giornata che ha portato un po’ di luce nella nostra o altrui vita.

Impegniamoci a portare loro l’invito alla celebrazione della Pasqua ricevuto al termine dell’Eucaristia domenciale a qualche amico che sappiamo in cerca di ‘Luce’

GIOCHI

VICINI… VICINI..(cuore) Un ragazzo e una ragazza per squadra pescheranno da un mazzo un biglietto che indica due parti del corpo ( es. mano-mano; orecchio-naso, caviglia-ginocchio); dovranno inserire il biglietto tra queste due

parti del corpo senza farlo cadere. Successivamente pescheranno un altro biglietto… Vince la coppia che riesce a tener subito il maggior numero possibile di biglietti. Quando cada un biglietto, il gioco finisce. LETTERE D’AMORE(cuore) La squadra ha 5 minuti di tempo per scrivere una lettera d’amore ad un proprio educatore. Verrà premiata l’originalità della lettera …..

Cuore Recuperare più cuoricini possibili a forma di cioccolatino immersi in una ciotola di farina L’ altra metà Vengono preparati dei cartoncini contenenti i nomi dei personaggi appartenenti a coppie famose ( ad esempio Rome e Giulietta, Minnie e Topolino, Lilli e il vagabondo..). A ogni giocatore ne viene consegnato uno. Al via dovranno andare in cerca della propria metà facendo domande generali agli altri ( sei un animale?..) e comunque senza rivelare la propria identità finchè non viene scoperta con l’ intervista. Canzone: L’essenziale di Tiromancino

Nella vita comunque paghi per le scelte sbagliate

per quelle occasioni mancate

che non ti fanno dormire

ma ti sanno ferire

con ostinazione

attraverso i ricordi

di fatti e persone.

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Ogni giorno ci porta notizie del tempo passato

e accende le luci su un volto che hai amato.

E' l'eterna ripresa di una scena sospesa.

L'essenziale è riuscire ad avere qualche cosa di buono da fare

o almeno da dire

per non restare a guardare.

L'essenziale è provare a dare il meglio

perchè a dare il peggio c'è sempre tempo.

E infatti come vedi è tornato l'inverno...

Cosa stava per succedere, cosa stavo per prendere

ma ormai non accadrà

no, non succederà

e non saprò mai come sarebbe stato se quel giorno d'estate

io non mi fossi fermato,

se quell'amore negato non si fosse perduto.

Ogni giorno mi porta notizie di quanto ho sbagliato

e accende le luci su un volto che ho odiato.

E' l'eterna ripresa di una scena sospesa.

L'essenziale è provare a fare in modo di avere sempre qualcosa in cui credi

da inseguire

per non restare a piedi.

L'essenziale è riuscire a dare forma anche a quello che ti sembra assurdo

e se pensi al futuro

non tutto è perduto.

PREGHIERA Aiutami, Signore, a sceglierTi come unico modello della mia vita. Non per essere ripiegato e triste sulla tua croce, ma per abbracciare la tua croce e venire dietro a Te, lasciando ogni cosa che mi impedisce di volare alto, di mettere ali d’aquila perché ho capito chi tu sei… SEI IL MIO SIGNORE. Amen

Giovanissimi e giovani

1) L’accusa al cieco nato Proponiamo ai giovani di “mettere sotto processo” il cieco nato. Dividiamo i giovani in due gruppi: uno che interpreterà l’accusa e l’altro che interpreterà la difesa. Gli educatori saranno i giudici. Divisi nei due gruppi dovranno rileggere il brano e preparare chi l’accusa e chi la difesa del cieco nato (tempo 30 minuti). Ritornati in gruppo si terrà il processo (di

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solito l’attività si protrae e l’educatore “giudice” deve gestire bene i tempi…). 2) Cecità e vista Presentiamo alcuni passaggi per vivere con verità la preghiera e per verificarne la ricaduta nella nostra vita, perché la preghiera porta all’amore e l’amore vissuto sporcandosi le mani irrobustisce il rapporto con Dio. ATTEGGIAMENTI CHE ATTESTANO LE MIE RESISTENZE A DIO Proponiamo di metterci a confronto con alcuni personaggi biblici che hanno vissuto la cecità dei vedenti e la vista dei ciechi. Per verificare se nella nostra se vi sono delle resistenze che offuscano il rapporto con Dio.

1. Cecità per… interesse: Giuda Maria allora, presa una libbra di olio profumato di vero nardo, assai prezioso, cosparse i piedi di Gesù e li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì del profumo dell’unguento. Allora Giuda Iscariota, uno dei suoi discepoli, che doveva poi tradirlo, disse: «Perché quest’olio profumato non si è venduto per trecento denari per poi darli ai poveri?». Questo egli disse non perché gl’importasse dei poveri, ma perché era ladro e, siccome teneva la cassa, prendeva quello che vi mettevano dentro. (gv 12,3-6)

2. Cecità per… paura: Mosé Il grido degli Israeliti è arrivato fino a me e io stesso ho visto l’oppressione con cui gli Egiziani li tormentano. Ora va’! Io ti mando dal faraone. Fa’ uscire dall’Egitto il mio popolo, gli Israeliti!». Mosè disse a Dio: «Chi sono io per andare dal faraone e per far uscire dall’Egitto gli Israeliti?». Rispose: «Io sarò con te. Eccoti il segno che io ti ho mandato: quando tu avrai fatto uscire il popolo dall’Egitto, servirete Dio su questo monte». (es 3,9-12)

3. Cecità per… avarizia: Giovane ricco Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». Allora Gesù, fissatolo, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi». Ma egli, rattristatosi per quelle parole, se ne andò afflitto, poiché aveva molti beni. (mc 10,20-22)

4. Cecità per… tiepidezza: Chiesa di Laodicea All’angelo della Chiesa di Laodicèa scrivi: .Così parla l’Amen, il Testimone fedele e verace, il Principio della creazione di Dio: Conosco le tue opere: tu non sei né freddo né caldo. Magari tu fossi freddo o caldo! Ma poiché sei tiepido, non sei cioè né freddo né caldo, sto per vomitarti dalla mia bocca.. Tu dici: «Sono ricco, mi sono arricchito; non ho bisogno di nulla», ma non sai di essere un infelice, un miserabile, un povero, cieco e nudo. (ap 3,14-17)

5. Cecità per… essere come Dio: Adamo ed Eva Il serpente era la più astuta di tutte le bestie selvatiche fatte dal Signore Dio. Egli disse alla donna: «È vero che Dio ha detto: Non dovete mangiare di nessun albero del giardino?». Rispose la donna al serpente: «Dei frutti degli alberi del giardino noi possiamo mangiare, ma del frutto dell'albero che sta in mezzo al giardino Dio ha detto: Non ne dovete mangiare e non lo dovete toccare, altrimenti morirete». Ma il serpente disse alla donna: «Non morirete affatto! Anzi, Dio sa che quando voi ne mangiaste, si aprirebbero i vostri occhi e diventereste come Dio, conoscendo il bene e il male». (gen 3,1-5) L’identikit dei cristiani rimasti ciechi Così descrive Emmanuel Mounier, nel 1954, quei cristiani che vivono la propria fede con tiepidezza. «Questi esseri ricurvi che camminano nella vita di sbieco e con gli occhi bassi,

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queste anime sgangherate, questi calcolatori di virtù, queste vittime domenicali, questi teneri bebè, queste vergini sbiadite, questi vasi di noia, questi sacchi di sillogismi, queste ombre di ombre, possono forse essere l’avanguardia di Daniele in marcia contro la Bestia?». (E. Mounier, “L’avventura cristiana”, pag. 9) PER ANDARE OLTRE LA CECITÀ [cf. Ivan Rupnik, Il discernimento: come rimanere con Cristo] Il cammino spirituale dell’uomo si esplicita come una sempre maggiore adesione al Figlio di Dio che ci rende simili a Lui a condizione che eliminiamo le nostre resistenze e ci disponiamo in un atteggiamento di resa. Tre esercizi per verificare la nostra sempre maggiore adesione a Cristo. La verifica della mentalità ovvero sul pensare come Cristo Liberarsi dalla propria mentalità; verificare se il proprio modo di pensare rispecchia il Vangelo, se comincia ad aderire a quello di Cristo, ma non con un confronto formale, quanto sull’essere attenti se il nostro ragionamento ha un fondamento spirituale, di adesione a Cristo, o se il nostro fondamento è passionale, istintivo, opportunista. In altre parole la verifica della mentalità consiste nel vedere se sono davvero consapevole che la via che porta alla vera vita è il triduo pasquale del Signore, dunque un cammino sul quale incontrerò incomprensioni, subirò insulti, sarò giudicato male a causa di questo atteggiamento conforme a Cristo, che addirittura potrà essere ritenuto stupido e costarmi la povertà sia quella degli averi che quella degli affetti, dei sentimenti forti, consolanti. La verifica della mentalità sta dunque nel vedere se riesco a comprendere razionalmente che la croce -l’amore crocifisso- è la via alla risurrezione, oppure se penso ancora che nella vita, per realizzarsi, bisogna avere successo, potere, essere considerati, affermare le proprie idee, essere stimati da tutti e applauditi, essere sani, ricchi e garantiti dal punto di vista sociale ed economico. La verifica della volontà ovvero sul decidere come e per Cristo É la verifica del nostro attaccamento alle cose, ai propositi, ai progetti, anche buoni che impedisce una totale consegna a Dio. La persona sa precisamente di che cosa bisogna liberarsi, ma non è disponibile a lasciarsi spiazzare da Dio. Anche la vita di fede mi vede ingessato in quelle cose che mi danno sicurezza (cf. legalismo religioso). Per essere sicuri di non avere nessun legame e di essere veramente liberi, occorre fare delle vere offerte, dove nella preghiera si danno al Signore in modo sincero, reale, i doni attraverso i quali possiamo essere legati. E, se offriamo, il Signore può prendere. La verifica consiste esattamente nel mettere a nudo se la nostra volontà si sta sacrificando realmente, sta offrendosi a quella di Dio, sganciata da tutti i legami e gli attaccamenti alle cose e ai progetti di per sé buoni, in modo che questi si possano realizzare davvero solo se Dio li vuole. Se Cristo fosse al mio posto agirebbe così come agisco io? La verifica dell’amore ovvero sull’amare come e con Cristo Si tratta di verificare non solo quanto la persona conosce per esperienza il Signore come Messia pasquale, ma piuttosto quanto partecipa con Lui ai rifiuti, alla croce, alla morte. Questo avviene

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in chi comprende che il cristianesimo non è un discorso su Cristo, sui valori del Vangelo, ma adesione concreta e risposta all’amore folle di Dio. Solo per amore vogliamo consumare la nostra vita sulle orme del Signore, insieme a Lui, in modo da passare ciò che Lui ha passato.

V Domenica di Quaresima - Gesù torna in Giudea...per andare oltre la morte

Obiettivo specifico : comprendere il significato profondo della vita, proiettandosi oltre ... fino ai crocicchi. Parola chiave : Speranza

Dal vangelo secondo Giovanni (Gv 11, 1-45 (forma breve: Gv 11,3-7.17.20) In quel tempo, un certo Lazzaro di Betània, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella, era malato. Maria era quella che cosparse di profumo il Signore e gli asciugò i piedi con i suoi capelli; suo fratello Lazzaro era malato. [ Le sorelle mandarono dunque a dire a Gesù: «Signore, ecco, colui che tu ami è malato».All’udire questo, Gesù disse: «Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato». Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro. Quando sentì che era malato, rimase per due giorni nel luogo dove si trovava. Poi disse ai discepoli: «Andiamo di nuovo in Giudea!». ] I discepoli gli dissero: «Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?». Gesù rispose: «Non sono forse dodici le ore del giorno? Se uno cammina di giorno, non inciampa, perché vede la luce di questo mondo; ma se cammina di notte, inciampa, perché la luce non è in lui». Disse queste cose e poi soggiunse loro: «Lazzaro, il nostro amico, s’è addormentato; ma io vado a svegliarlo». Gli dissero allora i discepoli: «Signore, se si è addormentato, si salverà». Gesù aveva parlato della morte di lui; essi invece pensarono che parlasse del riposo del sonno. Allora Gesù disse loro apertamente: «Lazzaro è morto e io sono contento per voi di non essere stato là, affinché voi crediate; ma andiamo da lui!». Allora Tommaso, chiamato Dìdimo, disse agli altri discepoli: «Andiamo anche noi a morire con lui!».[ Quando Gesù arrivò, trovò Lazzaro che già da quattro giorni era nel sepolcro. ] Betània distava da Gerusalemme meno di tre chilometri e molti Giudei erano venuti da Marta e Maria a consolarle per il fratello. Marta dunque, come udì che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà». Gesù le disse: «Tuo fratello risorgerà». Gli rispose Marta: «So che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno». Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?». Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo». ]Dette queste parole, andò a chiamare Maria, sua sorella, e di nascosto le disse: «Il Maestro è qui e ti chiama».

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Udito questo, ella si alzò subito e andò da lui. Gesù non era entrato nel villaggio, ma si trovava ancora là dove Marta gli era andata incontro. Allora i Giudei, che erano in casa con lei a consolarla, vedendo Maria alzarsi in fretta e uscire, la seguirono, pensando che andasse a piangere al sepolcro. Quando Maria giunse dove si trovava Gesù, appena lo vide si gettò ai suoi piedi dicendogli: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!». Gesù allora, quando la vide piangere, e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, [ si commosse profondamente e, molto turbato, domandò: «Dove lo avete posto?». Gli dissero: «Signore, vieni a vedere!». Gesù scoppiò in pianto. Dissero allora i Giudei: «Guarda come lo amava!». Ma alcuni di loro dissero: «Lui, che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sì che costui non morisse?».Allora Gesù, ancora una volta commosso profondamente, si

recò al sepolcro: era una grotta e contro di essa era posta una pietra. Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli rispose Marta, la sorella del morto: «Signore, manda già cattivo odore: è lì da quattro giorni». Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?». Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato». Detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». Il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario. Gesù disse loro: «Liberàtelo e lasciàtelo andare».Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in lui. ]

COMMENTO AL VANGELO Il dolore e la morte fanno paura, appaiono come un muro… la fine della vita. Il Vangelo di questa domenica pone in evidenza la vittoria di Gesù sulla morte. In Cristo la morte non è più la fine della vita, ma un momento della vita, il passaggio verso la gloria di Dio. Il dolore diventa lo spazio d’incontro con un Dio che consola il pianto e mostra un senso nuovo al dolore e alla sofferenza. Nella morte-resurrezione di Cristo troviamo il richiamo ad un “oltre” che dona speranza.

SEGNO

STORIA

Pre-adolescenti

la storia: I bruchi- Bruno Ferrero, Il volo di Vel

C'era una volta un gelso centenario, pieno di rughe e di saggezza, che ospitava una colonia di

piccoli bruchi. Erano bruchi onesti, laboriosi, di poche pretese. Mangiavano, dormivano e, salvo

qualche capatina al bar del penultimo ramo a destra, non facevano chiasso.

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La vita scorreva monotona, ma serena e tranquilla. Faceva eccezione il periodo delle elezioni,

durante il quale i bruchi si scaldavano un po' per le insanabili divergenze tra la destra, la sinistra e il

centro. I bruchi di destra sostengono che si comincia a mangiare la foglia da destra, i bruchi di

sinistra sostengono il contrario, quelli di centro cominciano a mangiare dove capita. Alle foglie

naturalmente nessuno chiedeva mai un parere. Tutti trovavano naturale che fossero fatte per essere

rosicchiate.

Il buon vecchio gelso nutriva tutti e passava il tempo sonnecchiando, cullato dal rumore delle

instancabili mandibole dei suoi ospiti. Bruco Giovanni era tra tutti il più curioso, quello che con

maggiore frequenza si fermava a parlare con il vecchio e saggio gelso. "Sei veramente fortunato,

vecchio mio", diceva Giovanni al gelso. "Te ne stai tranquillo in ogni caso. Sai che dopo l'estate

verrà l'autunno, poi l'inverno, poi tutto ricomincerà. Per noi la vita è così breve. Un lampo, un

rapido schioccar di mandibole e tutto è finito".

Il gelso rideva e rideva, tossicchiando un po': "Giovanni, Giovanni, ti ho spiegato mille volte che

non finirà così! Diventerai una creatura stupenda, invidiata da tutti, ammirata...".

Giovanni agitava il testone e brontolava: "Non la smetti mai di prendermi in giro. Lo so bene che

noi bruchi siamo detestati da tutti. Facciamo ribrezzo. Nessun poeta ci ha mai dedicato una poesia.

Tutto quello che dobbiamo fare è mangiare e ingrassare. E basta".

"Ma Giovanni", chiese una volta il gelso, "tu non sogni mai?". Il bruco arrossì. "Qualche volta",

rispose timidamente. "E che cosa sogni?".

"Gli angeli", disse, "creature che volano, in un mondo stupendo".

"E nel sogno sei uno di quelli?". "...Sì", mormorò con un fil di voce il bruco Giovanni, arrossendo

di nuovo. Ancora una volta, il gelso scoppiò a ridere. "Giovanni, voi bruchi siete le uniche creature

i cui sogni si avverano e non ci credete!". Qualche volta, il bruco Giovanni ne parlava con gli amici.

"Chi ti mette queste idee in testa?", brontolava Pierbruco.

"Il tempo vola, non c'è niente dopo! Niente di niente. Si vive una volta sola: mangia, bevi e divertiti

più che puoi! "Ma il gelso dice che ci trasformeremo in bellissimi esseri alati...". "Stupidaggini.

Inventano di tutto per farci stare buoni", rispondeva l'amico. Giovanni scrollava la testa e

ricominciava a mangiare. "Presto tutto finirà...scrunch... Non c'è niente dopo...scrunch... Certo, io

mangio..scrunch, bevo e mi diverto più che posso...scrunch... ma...scrunch...non sono

felice...scrunch... I sogni resteranno sempre sogni. Non diventeranno mai realtà. Sono sono

illusioni", bofonchiava, lavorando di mandibole.

Ben presto i tiepidi raggi del sole autunnale cominciarono ad illuminare tanti piccoli bozzoli bianchi

tondeggianti sparsi qua e là sulle foglie del vecchio gelso. Un mattino, anche Giovanni, spostandosi

con estrema lentezza, come in preda ad un invincibile torpore, si rivolse al gelso. "Sono venuto a

salutarti. È la fine. Guarda sono l'ultimo. Ci sono solo tombe in giro. E ora devo costruirmi la mia!".

"Finalmente! Potrò far ricrescere un po' di foglie! Ho già incominciato a godermi il silenzio! Mi

avete praticamente spogliato! Arrivederci, Giovanni!", sorrise il gelso. "Ti sbagli gelso.

Questo...sigh...è...è un addio, amico!", disse il bruco con il cuore gonfio di tristezza. "Un vero

addio. I sogni non si avverano mai, resteranno sempre e solo sogni. Sigh!".

Lentamente, Giovanni cominciò a farsi un bozzolo. "Oh", ribatté il gelso, "vedrai". E cominciò a

cullare i bianchi bozzoli appesi ai suoi rami. A primavera, una bellissima farfalla dalle ali rosse e

gialle volava leggera intorno al gelso. "Ehi, gelso, cosa fai di bello? Non sei felice per questo sole di

primavera?". "Ciao Giovanni! Hai visto, che avevo ragione io?"sorrise il vecchio albero.

"O ti sei già dimenticato di come eri poco tempo fa?".

Parlare di risurrezione agli uomini è proprio come parlare di farfalle ai bruchi. Molti uomini del

nostro tempo pensano e vivono come i bruchi. Mangiano, bevono e si divertono più che possono:

dopotutto non si vive una volta sola? Nulla di male, sia ben chiaro. Ma la loro vita è tutta qui. Per

loro, la parola risurrezione non significa nulla. Eppure non sono felici...

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adolescenti

In gruppo si può proporre un viedo di Nick Vujicic e poi confrontarsi insieme.

http://www.youtube.com/watch?v=CjeGuMBE2uQ

ATTIVITÁ

Il risorgere non è un’esperienza che tocca solo la fine della storia terrena dell’uomo. Tante sono le

situazioni in cui è necessario ‘risorgere’, basti pensare alle famiglie in difficoltà economiche, alle

schiavità dovute alle diverse dipendenze quali droga, alccol, gioco... Nella quinta domenica di

Quaresima la Caritas propone alla comunità di farsi carico delle tante situazioni di morte presenti

nel territorio. In gruppo si possono individuare situazioni in cui intervenire, perchè ‘i bruchi

diventino farfalle’. Imitiamo Gesù che si è fatto povero per arricchirci (Cfr Messaggio di Papa

Francesco per la Quaresima).

Per sostenere iniziative di solidarietà si possono preparare oin gruppo ramoscelli di ulivo per la

domenica della Palme.

Laboratorio adolescenti

1)Due parole per iniziare In un luogo visibile della stanza si metteranno anche due vasi: uno con una pianta viva, verde e fiorita, e uno con una pianta secca (apparentemente morta). Si può introdurre facendo vedere un cartellone con scritta al centro la parola “FINE” e facendo un brainstorming per far percepire ai ragazzi come questa parola che viene usate in tante situazioni è solo frutto di una superficialità estrema e di incuranza della vita. Prendere sul serio la relazione che Gesù aiuta a non avere paura dei momenti di buio, di scoraggiamento, di morte ma di affrontarli con speranza. Chi scommette su Gesù non perde mai. Lettura del brano del Vangelo, secondo le indicazioni date in premessa (Gv 11,1-45) 2)Due parole per riflettere Dopo aver letto e compreso il Vangelo assieme ai ragazzi, chi guida l’incontro farà notare i due vasi con le piante: una bella e fiorita, l’altra secca. Allora l’animatore dirà che per i superficiali quella è una pianta morta, perché vi è una verità nascosta ai superficiali. Se quella pianta si poterà, magari si cambierà la terra e si darà acqua si incontreranno nel tempo ancora i segni della vita. Basterà metterla in un ambiente più adatto di quel vaso e di quella incuranza e farà ancora foglie e addirittura fiori. Gesù con la Risurrezione di Lazzaro mostra una verità della vita nascosta ai superficiali: la vita è presente anche dopo la morte, è in un altro vaso, in un’altra condizione, nelle mani di Dio Padre che si prende cura sempre di lei. Chi entra in questo nuovo ordine di idee, chi acquista questo sguardo cambia non solo il modo di considerare ogni aspetto della vita, ma anche di viverlo. Cercherà sempre di ricreare quell’ambiente dove l’acqua rigenera, ridà la vita. Questo “ambiente” è il Vangelo, l’esperienza fatta con Gesù. Essere discepoli di Gesù porta a vedere in trasparenza la potenza della vita. Si fornisce allora ai ragazzi un mazzo di carte dove in ogni carta è disegnata e scritta una situazione particolare in cui la vita si presentava secca e senza speranza per il futuro (esempio: un bambino nato con una malattia, una famiglia che si è separata, un povero che non vuole farsi aiutare, un ragazzo che rimane sempre solo, un ragazzo violento e bullo, un carcerato, un nonno che non è più autosufficiente). I ragazzi ne sceglieranno una, quella di cui hanno fatto esperienza e la racconteranno. Man mano che vengono raccontate l’educatore la segna nel retro del cartellone iniziale (quello con la parola “FINE”) in cui è disegnata una pianta fiorita.

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3)Due parole per agire Si propone ai ragazzi dei gesti che possono aiutare le persone a rialzarsi, a risorgere….cfr l’iniziativa della Caritas per la quaresima di carità.

Un giovane educatore riflette Questa volta vorrei condividere con voi il seguente video http://www.youtube.com/watch?v=8oBoLCjSTIA

IMPEGNO Vivere il Sacramento della Riconciliazione preparando la celebrazione penitenziale.

Giovanissimi e giovani

Per il lavoro di gruppo

Obiettivo Scoprirsi chiamati a dare un nuovo senso al dolore e alla sofferenza, alla morte fisica ma anche alle tante “morti” interiori, per aprirci alla speranza di una Vita eterna in Cristo. 1. Viene letto il brano del Vangelo (Gv 11,1-45) L’animatore sottolinea come davanti alla morte, Gesù viene incontro con una speranza e un’apertura alla vita; provoca sulle tante e diverse esperienze di morte che anche oggi si vivono e sui diversi modi di affrontarla e significati che le vengono dati. 2. Provocazione e confronto Si presentano al gruppo dei post pubblicati su facebook dopo la morte del pilota Marco Simoncelli (it-it.facebook. com/58marcosimoncelli) o gocce di memoria (parrocchia Sacro Cuore - https://www. youtube.com/watch?v=cTqj6IbBkM8). Alcuni rileggono la morte come fine di tutto altri riescono a darle un senso e un’apertura di speranza. Si invitano i giovani ad esprimere quali sono gli elementi che caratterizzano le due esperienze viste, l’idea di vita e di morte che le contraddistingue. A. il muro della morte (it-it.facebook.com/58marcosimoncelli) • “Eri venuto per sostenere una causa che reputavi giusta...ma nella scelta che il destino ha fatto per te di giusto non c’è niente. Ciao...” • “La tua perdita mi ha lasciato il cuore pesante... la bilancia del bene si è alleggerita di molto da quando 6 volato via. un brivido lungo la schiena e ho sentito il male più vicino ora ke la tua presenza non si contrappone più a questo mondo negativo. NON DOVREBBERO ANDARSENE I MIGLIORI, se no cosa resta alla fine? solo il peggio e ora noi dovremmo andare avanti? Sarà fatica.”

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• “stomaco...da domenica che penso come sia stato ingiusto il destino con lui...era un pilota con tanto talento e un ragazzo semplice che avrebbe meritato veramente di coronare il sogno di qualsiasi pilota diventare campione del mondo nella top class...” B. una morte aperta alla vita (it-it.facebook.com/58marcosimoncelli) “Aiutaci a realizzare il primo progetto italiano della Fondazione Marco Simoncelli: La costruzione del centro diurno per disabili che avverrà proprio a Coriano, dove Marco è cresciuto”. 3. Condivisione La sofferenza, il dolore, la morte… toccano tutti, ma possono esserci modi diversi per affrontarla e viverla. Si invitano i giovani a ripensare alle proprie esperienze e a scrivere su dei foglietti il nome di persone conosciute decedute (due o tre); si lascia un tempo di silenzio per riflettere su come hanno vissuto queste esperienze (nel passato e nel presente), aiutati anche da qualche domanda. Li si invita a condividere, evidenziando gli aspetti di speranza, che possono essere testimonianza anche per gli altri. Alcune domande per la riflessione.

1. L’esperienza della malattia segna la vita dell’uomo. Quali esperienze di sofferenza hanno segnato la tua vita e come è cambiata?

2. La casa di Lazzaro è definita «casa di amicizia»: L’amico sincero ti è vicino nel momento della sofferenza: come si può condividere il dolore delle persone amiche? Come possiamo aiutarle?

3. Gesù si mette in cammino per incontrare la famiglia nel dolore, mentre i suoi discepoli temono per la vita: quali sono le paure che dobbiamo affrontare quando siamo di fronte al dolore degli altri?

4. L’incontro con Marta e Maria implica la preghiera. Crediamo nella potenza della preghiera e dell’intercessione? Sappiamo affidarci nel momento di prova al Signore con la forza interiore della preghiera e sappiamo affidarla alla comunità cristiana?

4. Preghiera finale Si può recitare a cori alterni il Salmo 107(106) - Segue un momento di silenzio in cui ciascuno ha il tempo di rileggere tutto il salmo e di cogliere la parola o la breve frase che lo ha toccato nel cuore – Condivisione della frase e rielaborazione in preghiera personale

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CELEBRAZIONE PENITENZIALE In luogo ben visibile è posta la croce e accanto il bastone del pellegrino e la bisaccia del cercatore. La celebrazione

inizia con un canto.

Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.

Amen.

Il Signore, che nel suo amore infinito vuole perdonarci e riconciliarci a sé, sia con tutti voi.

E con il tuo Spirito.

Preghiamo. La tua parola, Signore, scenda nel nostro cuore, perché accogliendo l’annuncio della

salvezza partecipiamo al mistero del tuo Figlio, morto e risorto per noi, e lo testimoniamo col

rinnovamento della nostra vita. Per Cristo nostro Signore. Amen.

LITURGIA DELLA PAROLA Canto al Vangelo

Dal Vangelo secondo Matteo ( 22,1-14)

Omelia

RITO DELLA RICONCILIAZIONE

Un lettore:

Signore, tu sei entrato per quaranta giorni nel deserto per lottare contro il tentatore e rinnovare la

tua fede al Padre. Ma noi abbiamo continuato a camminare nelle nostre strade, nelle tenebre, senza

impegno e coraggio, affidandoci al nostro buon senso più che alla tua Parola, senza dare spazio alla

preghiera e vivendo distrattamente la Celebrazione Eucaristica domenicale.

Tu che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi.

Signore, pietà! Cristo, pietà! Signore, pietà! (possibilmente in canto mentre l’assemblea canta “Signore, pietà” alcuni pongono delle ‘frecce’ ai piedi della croce.

Un lettore:

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Signore, prima di incamminarti verso Gerusalemme, ti sei trasfigurato davanti ai tuoi discepoli,

mostrando loro che solo attraverso la croce si può giungere alla novità della risurrezione. Ma noi

abbiamo cercato di costruire la novità e la gioia della vita diventando grandi davanti agli altri,

cercando di dominare e di essere primi ad ogni costo. Tu che togli i peccati del mondo, abbi pietà di

noi.

Signore, pietà! Cristo, pietà! Signore, pietà! Mentre l’assemblea canta “Signore, pietà” un giovane pone una ostrica/perla

Un lettore:

Signore, Tu ti sei rivelato come acqua viva alla donna di Samaria che attingeva al pozzo di

Giacobbe. Noi abbiamo preferito continuare a vivere col cuore riarso, abbiamo rifiutato l’acqua del

tuo amore e abbiamo vissuto per noi stessi, chiudendo le nostre porte, preoccupandoci degli altri

solo per un tornaconto. Tu che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi.

Signore, pietà! Cristo, pietà! Signore, pietà! Mentre l’assemblea canta “Signore, pietà” un giovane pone una brocca d’acqua ai piedi della croce.

Un lettore:

Signore, tu sei ti sei rivelato come luce al cieco nato. Noi abbiamo preferito continuare a vivere con

gli occhi chiusi, noi abbiamo perso la speranza durante il cammino di ogni giorno, ci siamo

scoraggiati davanti al male e non abbiamo saputo riconoscere i segni della tua presenza salvifica.

Tu che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi.

Signore, pietà! Cristo, pietà! Signore, pietà! Mentre l’assemblea canta “Signore, pietà” alcuni giovani pongono una lanterna ai piedi della croce.

Un lettore:

Signore, tu sei ti sei rivelato come vita per l’amico Lazzaro morto ormai da quattro giorni. Noi

abbiamo preferito continuare a vivere nella tomba della nostra tranquillità. Noi siamo insensibili

alle sofferenze dei vicini e dei lontani, incapaci di condividere nella gioia i nostri beni, gelosi di

ciò che possediamo. Tu che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi.

Signore, pietà! Cristo, pietà! Signore, pietà! Mentre l’assemblea canta “Signore, pietà” un giovane pone un vaso di fiori ai piedi della croce.

Fratelli, guardando alla Croce di Cristo, nostra salvezza, confessate i vostri peccati e pregate gli uni

per gli altri, per accogliere perdono e salvezza.

CONFESSO A DIO ONNIPOTENTE….

E ora, con le parole di Cristo nostro Signore, rivolgiamoci a Dio nostro Padre, perché rimetta i

nostri peccati e ci liberi da ogni male.

PADRE NOSTRO.

Guarda con bontà, O Signore, i tuoi figli che si riconoscono peccatori e fa’ che, liberi da ogni colpa

per il ministero della tua Chiesa, rendano grazie al tuo amore misericordioso. Per Cristo, nostro

Signore. Amen.

CONFESSIONE E ASSOLUZIONE INDIVIDUALE - RINGRAZIAMENTO

Dopo la confessione ciascun penitente riconciliato si può avvicinare alla croce e compiere un atto di

venerazione e una preghiera silenziosa di lode e ringraziamento. Quando tutti hanno terminato la confessione si può

intonare un salmo (o un altro inno o canto) di lode.

Il sacerdote conclude poi la celebrazione con la preghiera e la benedizione.

Preghiamo.

O Dio nostro Padre, che ci hai riconciliati a te con la remissione dei peccati, fa’ che impariamo a

perdonare l’un l’altro le nostre offese per divenire operatori di pace e messaggeri del tuo amore.

Per Cristo nostro Signore.

Amen.

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Hanno collaborato L’èquipe Diocesana Oratori, Don Pierluigi Bartolomei, Marco ed Anelide Mori, Chiara Verdecchia, Nicole Micheli, Edoardo Nico, Stefano Merli, Silvia Laurenzi, Marco Sprecacè, Lorenzo De Carolis, Andrea Amadio, Letizia Castelletti, Maria Pietropaoli, Luigina Zazzetta e tutti coloro che hanno dato il loro contributo per la realizzazione del sussidio. Il sussidio fa riferimento in qualche parte alle programmazioni del tempo di Quaresima delle Diocesi di Piacenza e Pordenone.