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Ognissanti e festa dei Morti. Nel calendario celtico, l'anno incomincia il 1° novembre e in questo giorno, la mentalità primitiva immagina che ritornino sulla terra tutti gli esseri dell’al di là. La festa di Ognissanti ,1° novembre, è stata istituita da Papa Gregorio II, nelI 'VIII secolo, al posto di una precedente festa pagana; la festa dei morti è stata istituita nel 998 da Odilo abate di Cluny.; 2 NOVEMBRE:La FESTA DEI MORTI E' tradizione siciliana “ festeggiare” i defunti. E una festa dei sapori,di colori di gioia,per i piccoli,un modo felice di ricordari i propri carii. Affonda le sue radici nella storia antica: egiziana e romana. In Egitto i morti vivevano nella tomba e a Roma erano i protettori del focolare domestico.. grandi. Noi diciamo la festa dei morti e non la commemorazione dei defunti, quindi non è un giorno di lutto, ma una giornata felice: i cimiteri si riempiono di fiori,soprattutto crisantemi, e di gente che si 1

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Ognissanti e festa dei Morti.

Nel calendario celtico, l'anno incomincia il 1° novembre e in questo giorno, la mentalità primitiva immagina che ritornino sulla terra tutti gli esseri dell’al di là. La festa di Ognissanti ,1° novembre, è stata istituita da Papa Gregorio II, nelI 'VIII secolo, al posto di una precedente festa pagana; la festa dei morti è stata istituita nel 998 da Odilo abate di Cluny.;

2 NOVEMBRE:La FESTA DEI MORTI

E' tradizione siciliana “ festeggiare” i defunti. E una festa dei sapori,di colori di gioia,per i piccoli,un modo felice di ricordari i propri carii.

Affonda le sue radici nella storia antica: egiziana e romana. In Egitto i morti vivevano nella tomba e a Roma erano i protettori del focolare domestico.. grandi. Noi diciamo la festa dei morti e non la commemorazione dei defunti, quindi non è un giorno di lutto, ma una giornata felice: i cimiteri si riempiono di fiori,soprattutto crisantemi, e di gente che si

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ferma persino a pranzare e a parlare con il caro estinto. Il giorno della "festa dei morti" le tavole e le credenze di ogni casa,

si riempiono di ceste pdi frutta dmartorantutta colora

iene i

a

ta, di

mandorle,

ato,

il

e

È una festa soprattutto di sapori e di colori,

alano

ei

una scai

tino, e il

dolci, cioccolcaramelle enon può mancare "Pupo di Zucchero"“Le ossa dei morti”.

le pasticcerie si riempiono di colori e tutti comprano la frutta di martorana, ma c'è anche chi la prepara in casa e tutta la famiglia collabora, grandi e piccini. Per la “festa dei morti”, i genitori regai bambini dolci e giocattoli, dicendo loro che sonostati portati in dono dalle anime dparenti defunti. perciò essi la sera appendevano alla finestra o al lettorecitando una preghiera alle anime sante Di solito per i maschiettsono armi: pistole a tamburo. Per le bimbe: bambole ricciolute,

passeggini, assi da stiro, fornelli e pentolame. I piùfacoltosi regalano tricicli e biciclette fiammanti. Al matmiracolo! Bisogna trovarregalo nascosto in un punto insolito della casa, nella notte tra l'1 e il 2 novembre. La sera prima si nasconde la grattugia

rpetta o un cestello,

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perché si pensa che i defunti, a chi si fosse comportato male, sarebbero andati a grattare i piedi !!!

Per questa festa si allestiscono anche le fiere: la fiera dei

La festa ha un origine e un significato che si collegano certamente

, dopo

E' stato osservato che il significato della strenna dei morti è

anime

E' da tener presente che in Sicilia, fino a qualche anno, fa non ste

ta

morti

ad antichi culti pagani e al banchetto funebre, un tempo comune a tutti i popoli indo-europei, di cui si ha ancora un ricordo nel "consulu siciliano" (era il pranzo che i vicini di casa offrivanoche il defunto era stato tumulato, ai parenti che avevano trascorso).

duplice: offerta alimentare alle anime dei defunti e offerta simbolica, nei dolci a forma umana, come assicurazione alledei defunti in maniera che, cibandosi di essi, è come se ci si cibassedei trapassati stessi.

esisteva ancora l'usanza di scambiarsi doni in occasioni delle fedi Natale, per cui questa tradizione si è mantenuta viva. Per noi siciliani la festa dei morti è più importante del Natale perché è nain Sicilia e non è stata importata dal nord Europa come il Natale

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11 Novembre: San Martino

La leggenda

Era l'11 novembre: il cielo era coperto, piovigginava e tirava un ventaccio che penetrava nelle ossa; per questo il cavaliere era avvolto nel suo ampio mantello da guerriero . Ma ecco che lungo la strada c'è un povero vecchio coperto soltanto di pochi stracci, spinto dal vento, barcollante e tremante per il freddo.

Martino lo guarda e sente una stretta al cuore. "Poveretto, - pensa - morirà per il gelo!" E pensa come fare per dargli un po' di sollievo.

Basterebbe una coperta, ma non ne ha. Sarebbe sufficiente del denaro, con il quale il povero potrebbe comprarsi una coperta o un vestito; ma per caso il cavaliere non ha con sé nemmeno uno spicciolo.

E allora cosa fare? Ha quel pesante mantello che lo copre tutto. Gli viene un'idea e, poiché gli appare buona, non ci pensa due volte. Si toglie il mantello, lo taglia in due con la spada e ne dà una metà al poveretto. "Dio ve ne renda merito!", balbetta il mendicante, e sparisce.

San Martino, contento di avere fatto la carità, sprona il cavallo e se ne va sotto la pioggia, che comincia a cadere più forte che mai, mentre un ventaccio rabbioso pare che voglia portargli via anche la parte di mantello che lo ricopre a malapena. Ma fatti pochi passi ecco che smette di piovere, il vento si calma. Di lì a poco le nubi si diradano e se ne vanno. Il cielo diventa sereno, l'aria si fa mite.

Il sole comincia a riscaldare la terra obbligando il cavaliere a levarsi anche il mezzo mantello. Ecco l'estate di San Martino, che si rinnova ogni anno per festeggiare un bell'atto di carità ed anche per ricordarci che la carità verso i poveri è il dono più gradito a Dio. Ma la storia di San Martino non finisce qui. Durante la notte, infatti,

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Martino sognò Gesù che lo ringraziava mostrandogli la metà del mantello, quasi per fargli capire che il mendicante incontrato era proprio lui in persona.

San Martino avea un mantello

Ne donò metà al poverello

Ora freddo non c’è più

Per volere di Gesù

In particolare, in Sicilia, il fatto che tale festa cada nel periodo della svinatura, dette luogo, con la massima "A San Martino spilla la botte eassaggia il vino", a tutto un rituale tra i contadini, i quali scambievolmente, una volta, si recavano nelle case vicine per confrontare i prodotti delle cantine, centellinando il vino, corroborato da pane casereccio, fette di salame o salsiccia e pezzi di formaggio. Un tempo gli ospiti trovavano, accanto al ciocco del focolare, la pignatta di coccio, in cui cuocevano le castagne, altro frutto di stagione. Le "caldarroste" ben si accoppiavano al vino nuovo, e prolungavano in allegria le fredde serate d'autunno.

A Pachino la Sagra di S. Martino è una tipica festa popolare del gusto, ove è possibile degustare specialità locali in un'atmosfera calda e divertente. Gli stand allestiti nella Piazza offrono le tipiche "crispelle" e la salsiccia arrostita, mentre il vino è rigorosamente il "Nero d'Avola".

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A scuola lo

festeggiamo così:

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Dall’Agricoltura –all’Intercultura

PACHINO – NUCET parlano la stessa lingua

Progetto linguistico Comenius 1 accordo n°05-ITA01-S2C02-00060-1

Tradizioni natalizie

All’inizio fu il verbo. Questo è il modo per spiegare il termine”Natale”

Per i linguisti,questa parola, amata e familiare,è un termine oscuro.

Qualcuno sostiene che derivi dal latino “creationem” “ cretie-nastere”

Altri sostengono che si tratta di un’altra parola molto antica “tracia”, prima del processo di romanizzazione della Dacia. Altri dicono che è un termine slavo. Il termine “Natale” ha ,in lingua romena, più di 8 significati.

Nelle varie località della Romania esistono modi propri di aspettare e di festeggiare il Natale. In una zona la Vigilia di Natale i bravi lavoratori riprendono i soldi prestati. In Mehedinti il giorno di Natale i genitori mettono i soldi nelle tasche dei ragazzi come augurio di ricchezza.

In tale periodo si mette il pane sotto il tavolo per portare fortuna e sotto la tovaglia si pone il grano come prosperità.

In ogni luogo della Romania il Natale comincia con il “postul”che dura 6 settimane : dal 15 novembre

fino al 24 dicembre. Il “postul” consiste nel non mangiare carne, uova e latte che i nonni chiamano “dolci”.

Osservare il posto significa non fare l’amore,non bere alcolici,non fare debiti nè crediti. Nei villaggi, durante il postul, non si ascolta né la radio ne la televisione né si festeggia.Il postul termina la notte di

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Natale dopo le Litanie. Dal 15 novembre fin quando termina il “postul” dopo le messe e le “vecernie” nei villaggi romeni si inizia a cantare le “Colinde”.

In una parte del paese esiste una tradizione chiamata “Viaggio con l’icona” che significa la nascita di Gesù. Nel nord della Moldavia si prepara il pranzo un giorno prima di Natale con il cibo consentito per il ”postul”.

Nessuno può vedere la tavola imbandita, prima dell’arrivo del prete.

Il prete benedice la tavola, assaggia per primo i cibi e dopo iniziano a mangiare gli altri. Quando si ammazza il maiale,il giorno “del l’Ignat”, c’è un’abitudine romena, che risale alla cristianizzazione durante il medioevo.

Esistono leggende che spiegano queste tradizioni. La leggenda di Ignat dice che un ragazzo, di nome

Ignat, quando cercò di sacrificare un maiale, per sbaglio uccise suo padre con un colpo di scure in testa.

Ajunul Craciunului incepe cu: Buna dimineata La Mos Ajun, La Mos Ajun

Ne dati, ne dati, Ne dati ori nu ne dati, Ne dati, ne dati, Ne dati ori nu ne dati.

Buna dimineata La Mos Ajun Ne dati ori nu ne dati, Ne dati ori nu ne dati.

Am venit si noi odata La un an cu sanatate, Domnul sus sa ne ajute La covrigi si la nuci multe.

L’arivo del Natale incomincia con: Buon giorno,Natale è arrivato Il Natale è arrivato Dateci, dateci, Ce li date o non ce li date,dateci dateci Ce li date o non celi date Buon giorno,Natale è arrivato Ce li date o non ce li date Ce li date o non ce li date Siamo venuti e abbiamo ascoltato…..

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Il vecchio è morto, è stato seppellito, e il figlio, sconvolto dagli eventi, è rimasto in balia di nessuno Secondo gli altri, Ignat è la divinità solare che ha ripreso il nome e la data della celebrazione del Santo

Ignatie Teofanul. La festa di Ignat è il 20 dicembre.In questo giorno la gente, in cucina, non può fare niente altro che tagliare e preparare il maiale.La tradizione dice che i poveri, se non hanno maiale, devono tagliare un altro animale. Gli anziani credono chela notte prima del giorno di Ignat, il maiale sogna il suo coltello.Quelli che hanno pietà non devono partecipare all’ucicsione del maiale, perchè così il maiale muore difficilmente e la carne non è buona. Il giorno di Ignat i bambini sono segnati in fronte col sangue dell’animale. Di solito i nonni fanno il segno della croce sulla fronte dei bambini perchè questi siano sani. Il giorno di Ignat è dedicato alla preparazione e alla conservazione della carne.Le donne e gli uomini cominciano a tagliare e preparare il lardo, la salsiccia. In alcuni luoghi, come a Nucet, una grande parte della carne si frigge e si mette il sale e poi si conserva in burro sciolto. Adesso cominciano le preparazioni per la cena di Natale. Le donne di casa

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mettono da una parte la carne per sarmale, quella per l’arrosto e quello che serve per fare i dolci.

Tutto è quasi pronto per Natale. Una volta si davano ai bambini covrigi ( cimbelline di pane salato econ sesamo), noci e mele. Oggi...oggi soldi e dolci. Per la vigilia,nei piccoli villaggi, i bambini e gli adulti vanno a cantare le colinde.La sera prima di Natale , le case sono decorate e prefettamente pulite e ricevonoi “colindatori”.La Colinda è un rituale composto da testi cerimo niali, formule magiche, balli e gesti. Le

colinde trasmettono auguri di salute, richezza, desideri per il nuovo anno. La colina è la più difusa e rispettata tradizione romena. In Ardeal, nell’attesa delle colinde le

tavole sono colme di cibo. I cantatori di colinde iniziano all’alba e finisconoal tramonto. In Maramures i colindatori chiedono: “Desiderate una colinda?” Dop o aver cantato nel giardino due o tre canzoni si termina con gli auguri, i giovani sono invitati ad entrare, e ricevono cibo e bibite. Il giorno della vigilia è per i romeni una

buona occasione per visitare gli amici , i parenti e vicini. Dopo aver v isitato i parenti, gli amici, i romeni ricevono dal prete il permesso di poter bere tuica di prugne, vino e mangiare cozonac.

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IL PRESEPE

Il presepe, rappresentazione con statue della natività di Gesù, che viene allestita secondo le usanze in occasione del Natale e viene mantenuta sino all'Epifania ,.è una tradizione molto seguita, non c’è famiglia che non allestisce il presepe nella propria abitazione .L’origine di tale tradizione si fa risalire a Francesco d'Assisi, che realizzò un presepe a Greccio nel 223.Elementi tipici del presepe sono la grotta o capanna in cui venne alla luce il Messia, e al suo interno il Bimbo nella mangiatoia, la Vergine con san Giuseppe, il bue e l'asino che scaldarono l'aria col tepore dei loro aliti, i pastori adoranti, gli angeli osannanti e la cometa che indicò la via ai Magi d'Oriente; i personaggi raffiguranti i tre re vengono aggiunti alla scena soltanto il giorno dell'Epifania.

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La realizzazione di presepi e dei loro singoli componenti – personaggi scenari – costituisce uno dei settori più ricchi dell'arte popolare italiana, rappresentato da una

vasta tipologia di oggetti e allestimenti, dai presepi in legno intagliato dell'Alto Adige a quelli in ceramica, in particolare napoletani, ai grandiosi presepi animati, perlopiù itineranti. Tipica di molte località è la rappresentazione natalizia del presepe vivente.

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DA SAN NICOLA A BABBO NATALE STORIA E LEGGENDA

Per i bambini romeni “Mos Craciun” viene dal lontano nord e porta i regali a chi è stato bravo. I regali che smettono sotto l’albero di natale. La figura

di “Mos Cracium” si rifà a San Nicola(270-310 a.C.) protettore dei bambini. A 30 anni divenne episcopo di Myra, una città porto sul mar mediterraneo, che adesso fa parte del l’attuale Turchia. San Nicola apparteneva ad una ricca famiglia ed era conosciuto per l’aiuto che dava ai più bisognosi. Si vedeva vestito quasi sempre di rosso e bianco con i vestiti da vescovo, sopra un asino che distribuiva doni ai bambini.

i

Nel medioevo molte chiese furono costruite in onore di San Nicola. Nel secolo XI le sue reliquie furono portate a Bari. Si racconta che i primi crociati visitarono la città di Bari e portarono con loro i racconti sulla vita di Nicola. L’anniversario della sua morte, il 6 dicembre, è diventato il giorno in cui si fanno i regali.

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Ai tempi della riforma protestante, Martin Lutero cercò di fermare il culto di venerazione dei Santi, cosicché la festa di San Nicola fu abolita in alcuni stati europei. Chi porta i regali è chiamato anche con altri nomi. In Germania è diventato “ Der Weinachtsmann” in Francia “ Pier Noel” In Gran Bretagna e nelle colonie “Santa Claus. I danesi ,così come i romeni e i francesi hanno conservato l’abitudine di festeggiare San Nicola il 6 dicembre. I bambini danesi chiamano San Nicola “Sinter Klaas”. I danesi , guidati da Peter Stuyvesand hanno fondato New York chiamata inizialmente Nuova Amsterdam. Con loro portarono la festa di Sinter Klass- Santa Claus con la pronuncia americana. Così è nato il nome con cui il mondo anglosassone chiama di Babbo Natale. Nel 1773 “St. Clauss” fu menzionato dalla stampa americana. Nel 1809 Washington Irving, autore di Storie della caverna che dorme,scrisse riguardo Sinter Klaas in “Una storia di New York” . Irving descrisse Sinter Klass come un ometto grassoncello con un costume tipico danese,stivali fino alle ginocchia e un cappello con grandi bon bon, che esce a cavallo la notte di San Nicola. Nel 1822 Clement Clark Moore, poeta e professore teologia pubblicò il poema “Visita di San Nicola” conosciuto anche come “Notte prima di Natale”.Per Moore Babbo Natale è un vecchio spiritoso e allegro che vola su una slitta in miniatura con 8 minuscole renne Moore diede il nome alle rene con cui sono ancora oggi conosciute ed il metodo con il quale Babbo Natale entra nelle case dal comignolo.

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Conosci l'origine della storia di

San Valentino? Il tentativo della Chiesa cattolica di porre termine ad un popolare rito pagano per la fertilità ,è all’origine di questa festa degli innamorati . Fin dal IV secolo A.C. i romani pagani rendevano omaggio,con singolare rito annuale, al Dio Lupercus. I nomi delle donne e degli uomini che adoravano questo Dio venivano messi in un’urna opportunamente mescolati, quindi un bambino sceglieva a caso alcune coppie che per un intero anno avrebbero vissuto in intimità affinchè il rito della fertilità fosse concluso. L’anno successivo sarebbe poi ricominciato nuovamente con altre coppie. Determinati a metter fine a questa primordiale vecchia pratica,i padri precursori della Chiesa cercarono un “ Santo degli innamorati” da sostituire a Lupercus. Così trovarono il sostituto in San Valentino,un vescovo che era stato martirizzato duecento ani prima.

La legenda narra dell'abitudine di San Valentino di regalare, ai ragazzi ed alle ragazze che attraversavano il suo giardino, qualche fiore. Fu così che due giovani s'innamorarono e vissero una felice vita matrimoniale. Da allora, accadde spesso che le coppie in procinto di sposarsi ed i fidanzati si recassero dal Santo, tanto che egli fu ben presto costretto a riservare una giornata dell'anno per la benedizione nuziale generale. Ma è per aver celebrato il matrimonio tra una giovane cristiana ed un legionario pagano che divenne il protettore degli innamorati. Il giorno stabilito fu il 14 febbraio, poiché, si narra che in quel giorno egli si recò in Paradiso, per celebrare le sue nozze. Inizialmente il 14 di ogni mese venne riservato a questa celebrazione, ma con il passare del tempo, si è ristretta al solo 14 di febbraio questa ricorrenza. La leggenda si diffuse in tutto il mondo allora abitato, ed il 14 febbraio divenne una delle feste più amate dell'anno.

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Si accompagnò poi, al rito religioso, anche l'usanza di scambiarsi bigliettini, fiori e doni. La storia racconta che a Roma, nel 270 D.C. il vescovo Valentino di Interamma,(Terni),amico dei giovani amanti, fu invitato dall’imperatore pazzo Claudio II e questi tentò di persuaderlo a convertirsi nuovamente al paganesimo.San Valentino, con dignità, rifiutò e,imprudentemente, tentò di convertire ClaudioII al Cristianesimo.IL 24 febbraio 270 , Valentino fu lapidato e poi decapitato. La storia inoltre sostiene che, mentre era in prigione in attesa dell’esecuzione, si fosse innamorato della figlia cieca del guardiano,Asterius,e che con la sua fede avesse ridato miracolosamente la vista alla fanciulla e che, in seguito, le avesse mandato il seguente messaggio di addio “Dal Vostro Valentino”,una frase che visse lungamente anche dopo la morte del suo autore.

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DRAGOBETE

Il figlio di Baba Dochia, Dragobete era festeggiato il 24 febbraio.La festa di Dragobete e’ l’equivalente romeno della festa di San Valentino, la festa dell’amore. Probabilmente il 24 febbraio significava per l’uomo arcaico l’inizio della primavera, il giorno quando la natura si sveglia, l’orso esce dalla sua tana, gli uccelli cercano i loro nidi, e l’uomo doveva

partecipare anche lui alla gioia della natura. Entità mitologica simile a Eros o Cupido, il Dragobete si differenzia dalla tradizione di San Valentino della tradizione cattolica, essendo un uomo bello, inquieto e impetuoso. Ripreso dagli antichi daci, per i quali Dragobete era un ricco protettore degli animali, i romeni hanno trasformato il Dragobete nel protettore dell’amore, per coloro che si incontrano il giorno di Dragobete, l’amore che durerà tutto l’anno, così come gli uccelli si “fidanzano” in questo giorno. In questo giorno i paesi romeni risuonavano della gioia dei giovani e dal detto: Il Dragobete bacia le ragazze. Sono tante le credenze popolari con riferimento al Dragobete. Per cui si diceva che chi partecipava a questa festa era protetto dalle malattie dell’anno e sopratutto dalla febbre e che il Dragobete aiutava la gente ad avere un anno ricco. Vestiti a festa, le ragazze e i ragazzi si incontravano davanti alla chiesa e andavano a cercare nelle foreste e colline fiori di primavera. Nel sud della Romania ( Mehedinti) , le ragazze tornavano nel paese correndo, tradizione chiamata “zburatorit”, ognuna seguita da un ragazzo a cui lei piaceva. Se il ragazzo era veloce e arrivava da lei e alla ragazza piaceva, lo baciava davanti a tutti. Questo bacio significava il fidanzamento dei due per un anno o forse di più, il Dragobete era

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un modo per la comunità per sapere i matrimoni che si preparavano per l’autunno. Nemmeno gli anziani stavano inattivi, il giorno del Dragobete essendo il giorno in cui dovevano avere cura dell’orto, ma anche degli uccelli del cielo. In questo giorno non si sacrificavano animali perchè cosi si sarebbe rovinato lo scopo degli accoppiamenti. Le donne usavano di toccare un uomo di un altro paese, per essere amate tutto l’anno. Le ragazze vergini raccoglievano la sera gli ultimi resti di neve, chiamata la neve delle fate, e l’acqua

sciolta dalla neve era usata durante l’anno per abbellimento e per togliere il malocchio d’amore. Un’altra tradizione dice che il Dragobete era stato trasformato in mal’erba, chiamata Navalnic, dalla Madre Immacolata, dopo che aveva osato di ingarbugliare anche le sue strade.

Dragobete la festa della gioventu e dell’amore!

Quando si cellebra il Dragobete? Una volta, il 1 marzo, spesso il 24 febbraio, la gente teneva o faceva il Dragobete ( Il giorno degl’Innamorati, Capo di Primavera, Il Fidanzamento degli Uccelli).Probabilmente il mese di febbraio era considerato il mese della primavera e il giorno di 24 era l’inizio dell’anno agricolo ( a volte il giorno dell’uscita dell’orso dalla tana).E’ il momento in cui la natura si sveglia, gli uccelli cercano i loro nidi e la gente, specialmente i giovani, entrano anche loro in sintonia con essa.

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Chi e’ il Dragobete?

Divinita’ mitologica simile a Eros e Cupidon, il Dragobete era considerato il figlio di Baba Dochia, era immaginato come un giovane bravo, forte, bello e grande amante,si poteva incontrare nei boschi; se qualche ragazza e donna voleva essere punita da Dragobete, quel giorno lavorava e poi si dirigeva verso il bosco e lì era “obbligate” a lasciarsi amare dal Dragobete.Anche se qualche volta “puniva” le donne, si pensava che il Dragobete portasse fortuna agli innamorati, ai giovani in generale, essendo considerato un vero Cupido romeno. Non temperato come San Valentino, ma impulsivo, egli era per i daci il dio che, come un “padrino cosmico”, officiava nel cielo, all’inizio della primavera, il matrimonio di tutti gli animali. Durante gli anni questa tradizione si è estesa anche agli uomini. Così che, a Dragobete, le ragazze e i ragazzi si incontrano perchè il loro amore duri tutto l’anno, come quello degli uccelli che si “fidanzano” in questo giorno. La motivazione della ripresa di questo costume degli uccelli era profonda, dato che gli uccelli erano visti come messaggeri degli dei, la parola greca “pasare” significando proprio “messaggio del cielo”. Il Dragobete è anche un dio della buona disposizione, nel suo giorno si festeggia ( senza le indecenze di oggi ) e da là iniziavano spesso i futuri matrimoni……

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Che tradizioni ci sono di Dragobete?

Prima dell’ evento dappertutto nel villaggio si sente il detto: “ Il Dragobete bacia le ragazze!” La credenza popolare romena dice che quelli che partecipano al Dragobete saranno protetti dalle malattie tutto l’anno. Per cui : il mattino , vestiti nei loro più bei vestiti, i giovani si incontravano nel centro del villaggio o di fronte alla chiesa. Se il tempo era favorevole, partivano cantando in gruppi verso la foresta o le colline nella ricerca di bucaneve e altre piante favolose,( usate per i malocchi di amore, se il tempo era brutto si incontravano nelle case e ballavano e

raccontavano favole. Per il Dragobete si facevano fidanzamenti simbolici per l’ anno successivo,a volte seguivano fidanzamenti veri o le ragazze e i ragazzi facevano fratellanze di sangue.Nel bosco, intorno ai fuochi accesi, i giovani ragazzi e ragazze

stavano a chiacchierare. Le ragazze raccoglievano violette che mettevano alle icone sacre, essendo usate poi per togliere il malocchio di amore. In alcuni posti, c’era il costume che le ragazze vergini raccogliessero l’acqua dalla neve sciolta o dai fiori.Questa acqua era conservata con grande cura perche’ aveva proprietà magiche ( si diceva che fosse “ nata dal sorriso delle fate”) e poteva fare le raggazze più belle e più’ desiderate. Se non c’erano neve e ghiaccio raccoglievano l’acqua dalla pioggia (per lavare i cappelli) o l’acqua di sorgente quando il Dragobete veniva celebrato nel mese di marzo. A ora di pranzo, le ragazze cominciavano a scendere nel villaggio correndo, nel sud della Romania questa fuga era chiamata “zburatorit”.Ogni ragazzo seguiva una ragazza che gli piaceva. Se il ragazzo era veloce e piaceva alla ragazza allora c’era un bacio più lungo tra di loro davanti a tutta la gente. Il pomeriggio c’era la festa, dove tutta la gente, in coppia o no, ballava, cantava, si sentiva bene perchè si

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diceva che i giovani che non festeggiavano il Dragobete o quelli che non avevano visto nemmeno una persona di sesso opposto non avrebbero trovato l’anima gemella per tutto l’anno.Le donne usavano di toccare un uomo di un altro villaggio nel giorno di Dragobete per essere amate tutto l’anno e avevano grande cura di dare di mangiare agli uccelli da cortile, agli uccelli del cielo, nessun essere doveva essere sacrificato a Dragobete.Spesse volte, I giovani festeggiavano in pieno il Dragobete anche nei villaggi vicini, perché andasse bene l’estate. L’origine di questa festa è nei cicli della natura, soprattutto nel mondo degli uccelli. Non casualmente, l’uccello è considerato una delle più antiche dinività della natura e dell’amore. Quindi, i romeni chiamavano la festa Il Dragobete o il Fidanzato degli Uccelli, dicendo che adesso questi si accoppiano e fanno il loro nido, dagli uccelli deve essere preso il costume anche dagli uomini. Per tutti, la festa dell’amore era considerate di buon augurio anche per le piccole cose, non solo per le grandi. Infatti si credeva che il Dragobete aiutasse i contadini ad avere un anno migliore rispetto agli altri, nel giorno di Dragobete la gente non lavorava, così come nei giorni delle feste religiose, pulivano solo le case. Quelle che lavoravano erano le ragazze coraggiose che volevano veramente essere “punite” da Dragobete. In fine una domanda e un augurio. La domanda:”Perche’ non troviamo nel filo delle nostre feste il luogo adatto anche al Dragobete, piuttosto che imitare, la forma occidentale della stessa festa? L’augurio:ricordarci più spesso degli uccelli,degli animali e dei fiori e fare ai nostri giorni la festa dell’amore!Tanto più quando una delle funzioni essenziali delle feste tradizionali era la ritrovata armonia dell’uomo, della comunità con Dio econ l’Universo.

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MARTISOR Tradizione

multimillenaria Facendo una ricerca su internet riguardo la festa del 1 Marzo e martisor, avremo circa lo stesso risultato. Fra altre le cose, ci direbbe che i nostri antenati romani festeggiavano l’Anno Nuovo il 1 Marzo, cosa che hanno fatto più tardi anche i daci.

Niente di più falso. Esistono date storiche, fatti, documenti scritti, ecc. che dicono, senza alcun dubbio che i romani festeggiavano l’Anno Nuovo il 1 Gennaio, cominciando dall’anno 153 prima di Cristo e con il calendario attuale, con la celebrazione del anno nuovo il 1 gennaio è stato adottato dai tempi di Cesare, nell’ anno 46 prima di Cristo. Non è vero quindi che i romani nel 106, quando conquistarono la Dacia, festeggiavano l’Anno Nuovo il 1 MarzoDopo aver risolto questo problema, cerchiamo di trovare le origini antiche di martisor… Si accetta di solito l’idea che martisor sia il diminutive di Marzo o forse del più vecchio “mart”. Dal punto di vista etimologico, troviamo due errori. Ecco cosa dice il DEX ’98 per la parola marzo:” Marzo s.m. invariabile: il terzo mese dell’anno, che viene dopo febbraio; martisor, mart [Var: (inv. E pop.) mart, (pop.) marte s.m. invar.] – dal sl. Marti”. A questa parola si attribuisce una origine slava, dopo che menziona tra le parentesi la versione vecchia e popolare “mart” e quella popolare “marte”. Il DEX “ripara” in qualche modo lo sbaglio fatto alla parola “mart” (marzo, martisor), dicendo che viene dal latino “martis (mensis), cioè (il mese di) Marte.

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Siamo arrivati ora al Dio Marte, si crede che i daci l’abbiano preso dai romani. Di nuovo sbagliato. Una leggenda antica dice che il dio dei traci (poi greco) Ares sia nato sul territorio dago-geto. Gli etimologi attribuiscono al nome Ares una origine traco-dacica. Lo spirito guerriero dei daci è noto. Meno nota è la crudeltà dei daci verso i prigionieri di guerra e che per loro il dio della guerra era importantissimo. Lo storico Iordanes ci dice che costoro “lo hanno idolatrato sempre con un culto selvaggio,per calmare l’ira del dio , infatti i nemici venivano uccisi ed appesi agli alberi. Si sa che la mitologia romana somiglia a quella greca. Ares dai greci (preso dai traci) diventò Mars (Marte) a Roma. Ma il 1 Marzo non ha niente in comune con il dio Marte ; forse solo il nome. I daci hanno continuato a idolatrare il loro dio ma con un altro nome. Che le cose stiano così lo dimostra il fatto che i romani cambiarono la festa dell’anno nuovo il 1 gennaio – data in cui si insediavano i nuovi consoli, occasione che fu accompagnata da feste popolari e feste dedicate al dio sole Mitra – mentre i daco-geti continuarono a festeggiare l’anno nuovo il 1 marzo come la vecchia tradizione precedente l’occupazione romana. E vero, anche i romani, come tutti i popoli dell’antichità festeggiavano il nuovo anno in primavera, secondo il calendario lunare.Però dal momento della conquista della Dacia, la festa del 1 gennaio era già presente da circa 260 anni. Per la popolazione autoctona, tuttavia 1 Marzo è stato per molto tempo la festa più importante dell’anno, anche durante il periodo dell’occupazione romana, con auguri, canzoni, giochi, feste e regali, manifestando la gioia, la fiducia nel nuovo anno, la

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rinascita della natura, la speranza per la ricchezza e la fortuna. Ritorniamo al martisor... La Tradizione popolare dice che dopo aver portato per tutto il mese di marzo il martisor, quest’ultimo deve ritornare alla natura e deve essere aad un albero.

ppeso

Non ricorda un atteggiamento dei daci per calmare il dio della guerra? Quasi tutti riconoscono che prima il martisorul era un amuleto antichissimo ( si dice che e abbia più di 8000anni e che inizialmente erano pietre di fiume colorate di rosso e bianco). Inseguito vennero attribuiti al martisor poteri augurali di fertilità e di buon auspicio per le coppie ( il rosso rappresentava la bellezza femminile ed il bianco l’intelligenza maschile)in seguiti fu utilizzato per i riti agrari e per le feste della primavera e per l’inizio dell’anno nuovo ed anche nei riti per il dio Marte: dio della primavera, della fertilità, protettore dei campi e degli animali. E’ possibile che prima di avere significati agrari/erotici, questo amuleto abbia avuto un ruolo legato ai rituali per il dio della guerra. La moneta significa fondamentalmente un valore materiale, che poteva prendere il posto delle prede sacrificate al dio. In seguito il martisorul divenne una moneta legata con un cordoncino bianco-rosso (bianco simboleggiava la pace qui e il rosso il sangue e la guerra). Perchè rinunciare al significato iniziale, legato al regalo portato al dio traco della guerra, specialmente chè proprio il nome dell’amuleto rimandava a Marte il nuovo nome imposto dai romani sotto i quali i daco-

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geti idolatravano il loro dio? Ecco: la tradizione del martisor è nostra, autoctona, molto più profonda di quanto si creda e i romani, al di fuori del nome imposto ai daci, non hanno niente in comune con ciò, nemmeno con la data – 1 Marzo, come giorno dell’Anno Nuovo romano, preso dai daci?! – nemmeno per quanto riguarda la tradizione legata al dio della guerra.Il fatto ad un certo punto questa tradizione sia divenuta trans-balcanica, da una partesi può spiegare con la maggiore diffusione dei daco-geti di una volta, rispetto alla Romania attuale e d’altra parte perchè no? con un prestito fatto ai popoli balcanici. Come è un prestito la festa di Sa Valentino, che sembra aver “ucciso” per sempre il Dragobete autoctono ... Che una festa straniera per la primavera ci ruberà un giorno il nostro martisor? Il giorno del Santo Monan, scozzese? Il Giorno del Lavoro, australiano? Il Giorno della Birra, irlandese? Il Giorno in quale Nebraska è diventato il 37-essimo, Ohio il 17-essimo stato americano? Ogni giorno sempre più globalizzati, festegiamo Valentino, e Haloween, dimenticando che parlando di tradizioni, noi, i

romeni, possiamo insegnare ad altri popoli che hanno dimenticato le loro radici, che hanno preso le feste da altri o che hanno creato feste artificiali, alcune non più vecchie di 500 anni. Per fortuna, il nostro Martisor è ancora vivo, una tradizione multi mille

Come sarebbe se festeggiassimo con lo stesso vigore Dragobete, Rusalii, Arminden? le nostre feste .... Perchè dimentichiamo le tradizioni da cui il nostro popolo romeno ha preso la sua forza e ha creato la sua identità

naria.

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