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Scuola Primaria Statale “BALILLA” - Bari - Dispensa realizzata per il progetto europeo triennale “COMENIUS” sul tema : “ Bari: Natale e tradizioni locali” rivolto agli alunni delle classi quarte DOCENTI: ins. RANIERI Maria ins. CATALANO Angela

Anno scolastico - est.indire.itest.indire.it/upload/06-ITA01-S2C01-00185-1-prod-004.doc  · Web viewE’ stato utilizzato inoltre il mezzo informatico, con l’utilizzo del programma

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Scuola Primaria Statale“BALILLA”

- Bari -

Dispensa realizzata per il progetto

europeo triennale

“COMENIUS”

sul tema : “ Bari: Natale e tradizioni locali”

rivolto agli alunni delle classi quarte

DOCENTI:ins. RANIERI Maria

ins. CATALANO Angela

Anno scolastico

2006 / 2007

Presentazione

La presente dispensa, è stata il prodotto di 12 incontri pomeridiani, effettuati dalle docenti Ranieri Maria e Catalano Angela, con gli alunni delle classi quarte. Tale progetto è stato articolato in tre momenti :

Teorico : fase cognitiva con uso del p.c.;

Ricognitivo: fase itinerante (visite guidate);

Pratico: fase laboratoriale (lab. di gastronomia).

La parte teorica ha previsto una ricerca bibliografica con successiva sintesi dei contenuti e la rappresentazione grafica dei luoghi previsti nelle due visite guidate nella zona di Bari vecchia.

E’ stato utilizzato inoltre il mezzo informatico, con l’utilizzo del programma “Word”, per la realizzazione dei testi del presente opuscolo.

Sono stati effettuati tre laboratori :uno sulle specialità gastronomiche

natalizie;un secondo su alcuni piatti tipici;un terzo su canti e filastrocche della

tradizione barese.

A completamento di tale percorso didattico è stato realizzato un ricettario di specialità natalizie gastronomiche locali ed internazionali ed un DVD con le foto che documentano le fasi del percorso effettuato.

BariNatale :

Tradizioni e quant’altro……

Ad alcuni interesserà saperne di più…. Per altri sarà come fare un tuffo nel passato e … Rivivere le emozioni che la tradizione ci trasmette

Incontriamo….

San Nicola(Santa Claus)

La religiosità dei baresi

Definire la religiosità dei baresi è semplice: paura della punizione, risveglio delle coscienze. Invocazioni e preghiere sono numerose, originali, genuine, dettate dall’immediatezza. I Santi perdono la loro soprannatura-lità per diventare amici, confidenti, entità da rispettare, da avvicinare per sentirsi protetti, per essere più forti nell’affrontare le angosce quotidiane. L’esclamazione più frequente, indice di sconforto, stupore, rassegnazione è : Sanda Necòle bèdde, Sanda Necòle granne, che è il simbolo di Bari e fa grande la città ed i suoi abitanti intimamente devoti, quasi abbandonati al Santo più onorato al

mondo, infatti prende il nome di “Santa Claus” – (Babbo Natale).

La storia di San Nicola (Santa Claus)

San Nicola, patrono di Bari, è un Santo di fama internazionale. E’ utile conoscere come ciò sia potuto accadere visto che questo Santo nacque nell’anno 255 d.c., a Patara, una città dell’attuale Turchia. Si sa di lui, che i genitori erano molto ricchi, e che lo ebbero in età avanzata. Era un giovane buono e generoso. Divenne vescovo di Mira e , quando morì, a circa 70 anni, fu sepolto lì. I suoi molti miracoli crearono la sua fama in Oriente ed in Occidente.

Si racconta che nell’anno 1087 un sacerdote sognò San Nicola che lo pregava di portarlo via da Mira, ormai dominata dai saraceni. I baresi organizzarono così un viaggio per trafugare le ossa del Santo.

Partirono da Bari 62 marinai accompagnati da due preti, su tre

caravelle. Questi, dopo aver venduto del frumento nel porto di Antiochia, giunsero a Mira. Travestiti da pellegrini raggiunsero la chiesa dove erano custodite le ossa del Santo e chiesero ai monaci del monastero di indicare loro la tomba, spacciandosi per inviati dal Papa. Quindi, legati i monaci, Matteo, il marinaio più ardito sollevò la lastra di marmo : subito un misterioso profumo si diffuse nell’aria. Egli raccolse le ossa del Santo che erano immerse nel liquido che da esse trasudava (la Santa Manna). Il gruppo raggiunse l’imbarcazione che prese subito il largo: Giunsero a Bari ed attraccarono al vicino porto di San Giorgio.

Da allora Bari divenne meta di pellegrinaggi. Per questo Bari è divenuta un ponte ideale verso la chiesa Ortodossa.

San Nicola è stato trasfigurato dalla tradizione nordica nel buon vecchio che porta doni ai bambini, prendendo il nome, ora di “Santa Claus”, ora di “Saint Nicolaus”, ora di “Pere Noel”.

“Avresti mai immaginato che Babbo Natale, importato nella nostra recente tradizione, altri non è che il Santo Patrono di Bari?

Tra storiae

Leggenda….

San Nicola

Molti episodi testimoniano la grande generosità e religiosità di San Nicola, ma uno è particolarmente famoso.

Le tre fanciulle

Si racconta che, quando il Santo era ancora giovane, poco distante dalla sua casa, viveva una famiglia ridotta in grande miseria, composta dal padre e da tre fanciulle in età da marito. Nessuno avrebbe sposato le ragazze senza dote. Allora il giovane Nicola legò in un sacchettino alcune monete d’oro e durante la notte le lanciò nella casa di quella famiglia attraverso una finestra. Immaginate la gioia delle ragazze quando trovarono le monete. La somma permise di mettere su la dote per una delle tre, che trovò subito marito.

Un’altra notte San Nicola lanciò un altro sacchettino dalla solita finestra, così un’altra delle tre sorelle potè maritarsi.

A questo punto il padre delle fanciulle decise di trascorrere le notti accanto ala finestra per scoprire chi fosse l’autore di questo gesto. Quando anche un terzo sacchettino fu lanciato nella stanza, corse in strada, raggiunse il giovane e lo afferrò per ringraziarlo. Riconobbe così Nicola, il futuro

vescovo di Mira, che gli chiese di mantenere il silenzio. Ma la fama della sua generosità presto si diffuse e, una volta Santo, divenne il protettore delle ragazze da marito.

Questo episodio ha dato origine, in molti paesi, all’usanza secondo la quale San Nicola porta doni ai bambini nella notte che precede la sua festa o nella notte di Natale.

Un’altra curiosità: San Nicola è rappresentato sempre con un libro nella mano, sormontato da tre sfere

d’oro. Esse rappresentano i tre sacchetti di monete.

La colonna miracolosa

Si racconta che, alla vigilia dell’arrivo del Papa Urbano II° a Bari per la consacrazione della cripta, quest’ultima non fosse ancora ultimata: mancava un colonna e, al suo posto, l’abate Elia, fece inserire un pilastro. La

notte precedente l’arrivo del Papa, le campane della cattedrale della basilica e di tutte le altre chiese di Bari cominciarono a suonare all’impazzata.

Tutti i baresi scesero in strada e si accorsero che le porte della cripta erano spalancate e dalla chiesa usciva una gran luce. Entrarono e videro San Nicola inserire la colonna mancante al posto del pilastro e poi scomparire. La gente gridò subito al miracolo.

Sordi, ciechi, paralitici guarirono toccando la colonna. In seguito giunsero a Bari, da Mira alcuni pellegrini che riconobbero in quella colonna una del tempio di Mira.

La leggenda dei buoi

Si racconta che, le ossa di San Nicola furono portate in città su un carro trainato da due buoi. Vi erano intanto molte discussioni tra i Baresi sul luogo dove dovessero essere riposte. Quando il carro giunse presso il palazzo del Catalano, i buoi si inginocchiarono e non ci fu più verso di farli rialzare.

Per i baresi fu un chiaro segno divino: era lì che doveva sorgere una grande chiesa dedicata al santo.

A ricordo dell’episodio, due buoi furono scolpiti davanti all’altare maggiore.

San Nicola? Un Santo Natalizio

In diversi paesi la sentita devozione verso il Santo di Mira ha dato origine a tradizioni che si intrecciano con la grande festa della natività di Cristo.

Pare che lo stesso Santa Claus (San Nicola) americano, sia di derivazione olandese.

Anche l’Olanda ha dato il suo contributo attraverso il trasferimento delle proprie tradizioni verso il Nuovo Mondo per mezzo del suo Sinter Klaus (Santa Claus) con l’abito rosso, la barba bianca e la mitra vescovile sul capo, adottato come portatore di doni per i più piccoli.

Col passare del tempo il suo aspetto è mutato, la mitra si è trasformata in cappuccio a punta, l’abito pur rimanendo rosso, è diventato giacca e pantaloni ornati di

pelliccia bianca, mantenendo la folta barba bianca, ma un po’ ingrassato.

Dall’America è ritornato in Europa come “Babbo Natale”, sorridente ed instancabile nel distribuire doni ai bambini.

Raccontiamo il Natale…. a Bari :ieri ed oggi.

La natività di Gesù Cristo è considerata una delle più solenni ed importanti ricorrenze religiose dell’umanità.

Non è facile risalire all’epoca in cui è iniziata la celebrazione di tale evento, si pensa che essa risalga all’epoca del Concilio ecumenico di Nicea (325 d.c.).

Nei paesi settentrionali d’Europa si usa addobbare l’albero di Natale, un abete o un pino, usanza che si è diffusa anche in Italia, dove si era soliti fare il presepe. Nel medioevo, per rendere ancora più splendida questa festa, il popolo cantava dei natali, cioè piccoli canti accompagnati dall’organo che ricordavano i canti dei pastori alla

nascita del Salvatore. Tali costumi ormai sono scomparsi.

Qual’era l’atmosfera in questo periodo? Mentre nelle città vi è un gran viavai di gente, traffico impazzito, negozi ricolmi di merci, nella città vecchia l’atmosfera forse è ancora quella del buon tempo antico.

Infatti un tempo a Bari la prima aria di Natale si avvertiva il giorno di San Nicola, quando la mattina, molto presto, si andava a partecipare alla messa nella Basilica di San Nicola (cosa che avviene ancora oggi), ed in chiesa si suonava la “ninna nanna”. Gli zampognari provenienti dall’Abruzzo o dal Molise, eseguivano per le strade noti motivi natalizi, creando un clima di tenerezza che esaltava i valori della famiglia e strappava qualche soldino ai passanti.

Con la festività dell’Immacolata in ogni casa si preparava il presepe e si recitava la novena. Il giorno della Vigilia, sul tardi, dopo l’abbondante cena, si celebrava una specie di funzione religiosa e si faceva nascere

Gesù Bambino, che il più piccolo della famiglia portava in processione all’interno della casa, cantando il famoso canto “Tu scendi dalle stelle”, le cui parole furono scritte da Sant’Alfonso. Non si faceva a meno degli immancabili “tric e trac” (piccoli botti natalizi) e delle stelle filanti.

Il giorno di Natale gli adulti si recavano ad ascoltare la messa, mentre i ragazzi si recavano in casa di parenti per ottenere leccornie; gli amici, invece, si scambiavano piatti dolci ed assaggi, mentre molti continuavano a finire i giochi iniziati la vigilia.

Il giorno di Santo Stefano, la festa continuava, ma attenuandosi. La leggenda vuole che Santo Stefano sia nato così: la sera della vigilia, quando incominciò a spargersi la voce che Gesù era nato, tutte le donne sposate potevano recarsi a far visita alla Madonna. C’era una ragazzina che voleva essere tra le visitatrici, ma per il fatto di essere minorenne non sposata,

non poteva partecipare. Allora che fare? La fanciulla prese una pietra, la raccolse con stracci e se la pose in braccio come se si trattasse di un bimbo in fasce, così entrò nella grotta. Si avvicinarono a lei due guardiani della Sacra Famiglia per vedere chi ci fosse sotto gli stracci. La Madonna, che seguiva la scena, s’accorse del turbamento della ragazzina, così, mentre i guardiani cercavano di scostare gli stracci per controllare, si sentì il pianto di un bimbo: la pietra si era trasformata in un essere umano, nacque Santo Stefano.

Bari:

Cultura e civiltà

nella tradizione

La parola tradizione, deriva dal latino traditionem, che deriva da tradere: tramandare, consegnare. Da cui il significato attuale: trasmettere e conservare nel tempo, verbalmente o per iscritto, usi e costumi, che si sono consolidati negli anni.

Possiamo parlare di tradizioni popolari, culturali e gastronomiche.

Partiamo dal presupposto che la città gode della vicinanza del mare, che ne ha sempre condizionato la storia e le tradizioni.

Perché? Perché il barese ha sempre respirato la sua brezza e goduto della sua vista che hanno alimentato la sua fantasia nel formulare leggende, celebrare feste e preparare piatti tipici.

Col tempo però alcune tradizioni sono rimaste, altre sono scomparse ed altre ancora si sono evolute, trasformate.

Possiamo parlare della famiglia come veicolo di questi costumi. Una volta, quando la televisione non era ancora presente, le famiglie che erano molto più numerose, usavano riunirsi d’inverno intorno al “braciere”, per raccontarsi delle storie, che spesso contenevano realtà e fantasia, passato e presente. Ciò contribuiva trasmettere, attraverso le proprie emozioni ed i propri vissuti, realtà scomparse ed altre ancora consuete.

Ogni sera si programmava cosa mangiare il giorno successivo: era uno degli immancabili argomenti che dominavano le conversazioni serali.

Tuttavia anche oggi è ancora presente questo argomento, soprattutto nelle famiglie dove lavora solo il capo famiglia. Dopo aver faticosamente trovato l’intesa sul primo piatto, finiscono sempre col chiedersi: “E cos’altro?”.

Si pensi alle discussioni che sorgono in merito e che si concludono, quasi sempre con un: “E va bene! Fa quello che credi!”.

Se poi il marito torna dal lavoro e trova qualcosa che non è di suo gradimento l’ora dei pasti può trasformarsi in un’ora di accese discussioni.

Bari fin dai tempi più remoti era nota per la pescosità del suo mare. In passato la città non disponeva ancora di barchette, paranze, motopescherecci, di cui oggi è ricca anche se possedeva degli ottimi marinai. Erano talmente esperti nell’arte della navigazione che una volta fecero un lunghissimo viaggio, molto avventuroso, per andare a trafugare le spoglie del vescovo di

Mira, l’attuale San Nicola, quasi mille anni fa.

Le acque del suo mare ospitano il pesce migliore: pesce bianco (dentici, orate, saraghi), pesce azzurro (cefali, sarde, alici, sgombri) e poi cernie, pescatrici, calamari, seppie, polpi ecc…; ma mentre il pesce è abbondante, quando lo si compra, si paga a caro prezzo.

Per questo a volte il barese si adatta ad acquistare pesce adatto per la frittura, che pur costando meno, rende ugualmente la fragranza del mare.

Con esso i bare si divertono a preparare mille piatti tipici:

- frittura di alici, cotolette di alici, cozze indorate e fritte, polpi cotti nel loro sugo, seppiette appena cotte, cozze al gratin, cozze aperte al fuoco, baccalà fritto, zuppa di baccalà.

Natale a Bari VecchiaTra culto e antiche tradizioni

Bari Vecchia durante il Natale si illumina di nuovi colori, si arricchisce di odori che fuoriescono dalle case e dalle botteghe, espressione di tradizioni antiche fortemente vissute dall’intera popolazione che partecipa al rito sin dal 6 Dicembre, giorno in

cui si celebra la festività di San Nicola, e si respira la “prima aria di Natale” .Le donne cominciano a distribuire in

casa i “chiacune” (fichi secchi), i ragazzi cominciano a risparmiare per giocare a carte durante le feste. Iniziano le vigilie dell’Immacolata, di Santa Lucia, di Natale con i piatti tipici: teglie di “castagnedde”, di ciambelle, di “iècchie di Santa Lucia” (occhi di santa Lucia). In ognuna di esse non mancano mai

i panzarotti e le cime di rapa. A Dicembre inizia l’anno liturgico e le 29 chiese di Bari Vecchia si preparano alla liturgia di eccezione della notte di Natale che ha il suo culmine nella cattedrale.

LaNostra

“Bari”Gastronomia in

rima……

Dù fasule, egghhi’e lemonefascene sende com’a lione.Ce ng’azzuppe zzule de mmiiere cambe biate, senza penziiere.

Sott’o uarche le chemmarestonn’a ffa le strascenatec’honne fatte chessa Bbarejind’o munne renomate.

I fagioli con olio e limoni rendon forti come leoni.Se poi, bevi boccali di vinovivi beato, al cielo vicino

Sotto l’arco stan donnettesol intente in orecchietteche han reso questa Barie i baresi al mondo cari

Jind’o queste nzemuatevonne solde sparagnate.Ce verdure astepà vuène le pegnate l’ada tenè.

Che scamorze cozz’è lemoneno diviidde mà gremone;sembe u gardiidde puete face ne mange tande assà.

Si nel coccio è rinserratoIl denaro risparmiato,tal in cocci dovrai serrarele verdure da conservare.

I molluschi con limoninon rendon mai vecchioni.Sempre arzillo rimarrai se tanti ne mangerai.

Sta ddò u ppane casaruleca iè àssà croccand’e bedde,quand’è bbuene sì assule ca cu uegghie a cialdedde.

Casereccio è questo pane che dal forno vien croccanteesso è buono sì all’istante che a cialda l’indomani.

“Le grandi ricorrenze”

“Le feste terribile”

Vigilia “vescigghie” Natale “Natal” Santo Stefano “Sande Stèfene”

San Silvestro “Sande Selvestre”

Capo d’anno “Cape d’anne”

“ A Natale cè se mange?..“

La cucina alla barese è una cucina semplice, niente affatto sofisticata. E’ una cucina genuina, saporita, tuttavia non mancano i piatti alquanto elaborati che si preparano solo nei giorni di festa, “le feste terribili”, come si chiamano a Bari. Nei giorni delle solenni ricorrenze tutti si affaccendano intorno ai tegami, alle casseruole, per preparare ciò che la tradizione esige. Il barese, come per il pasto quotidiano, sa adattarsi e cerca di risparmiare quanto più è possibile, ma nelle grandi ricorrenze, non bada a spese pur di fare bella figura.

Dal giorno della festa di San Nicola, alla vigilia di Natale, una volta, le mamme con le nonne conviventi, preparavano dolci tipici natalizi: “carteddate”, “castagnedde”, “iecchie de Santa Lecì” (glassati o con il miele), “pecciuatèddre” (taralli di farina

scaldati con o senza anice), “pastrial”, “torrone”, “mustazzul”, “marzapane” (arricchiti con code di topo), “chiacune” (fichi secchi farciti con mandorle).

Oggi, tempo nel quale è quasi scomparsa del tutto la famiglia patriarcale, queste tradizioni si sono ridimensionate, anche a causa della produzione e commercializzazione di prodotti industriali. Tutto sembra attenuarsi in una dimensione più consumistica e meno religiosa.

La sera dell’antivigilia, tutt’oggi la famiglia si reca al mercatino rionale per l’acquisto di viveri necessari per il cenone, il pranzo natalizio e quello del giorno di Santo Stefano:verdure crude, che serviranno anche cotte, sedano, finocchi, cicorie e rape; frutta secca mista, datteri e prugne secche; capitone, anguille, frutti di mare di ogni genere; arance, manderini ecc….

Il giorno della vigilia, si praticava, e tuttora si conserva questa tradizione, il digiuno di un giorno, interrotto da

stuzzichini a base di “pettole ripiene di baccalà” (palline di massa farcite di baccalà, fritte in olio bollente) o frittelle cosparse di sale. Il resto del tempo si dedica alla preparazione e cottura dei cibi che si consumeranno la sera, oltre alla preparazione dell’antica “fornacetta” (oggi detto “barbecue”) per l’arrosto del capitone o dell’anguilla.

Una volta, si allestiva la tavola con la tovaglia più bella e le posate più nuove. La famiglia si allarga, si ricevono parenti e amici, che arrivano un po’ di tempo prima del cenone.

In passato, esclusivamente le donne provvedevano alla cottura dei cibi ed all’allestimento della tavola, mentre gli uomini con i bambini giocavano a carte: poste, primiera, sette e mezzo, piattino ciuccio, tappo.

Arrivata l’ora di mettersi a tavola, si recitava una preghiera di benedizione, cosa che oggi avviene meno.

Vigilia: menù tipico

Antipasto: frutti di mare crudi, anguilla marinata(comacchio), alici marinate (mignetti), finocchiettilessi con acciughe, rape lesse con limone e olio;

1° piatto : spaghetti con sugo di anguille, o capitone, o con frutti di mare o seppie;

2° piatto: capitone arrostito alla brace con foglie dialloro, frittura di pesce;

Contorni: cicoria, finocchi, sedano, ravanelli;

Formaggi misti: cacio cavallo, provolone, mozzarelle;olive al sale o in salamoia;

Frutta secca e frutta di stagione;

Dolci: cartellate, castagnelle, paste reali,

occhi di Santa Lucia, torrone.

Liquore di limone, mandarino, amaro, anisetta, strega, caffè.

Le famiglie più benestanti, consumavano panettone e spumante, cosa che oggi avviene comunemente.

Dopo il cenone, si giocava e si gioca sino all’alba, a tombola, una volta usando sulle cartelle fagioli o bucce di manderino, oggi invece si usano le tombole dotate già di copri caselle; con le carte il gioco delle poste, primiera, sette e mezzo, mercante in fiera e piattino. Tutto ciò alla presenza di un presepe che in passato era sostenuto da una struttura in legno, rivestita con carta ricavata da sacchetti del cemento, o da imballaggio; statuine in terracotta colorata, ed una stella di cartone con polvere brillante argentata. Il presepe alloggiava su di un tavolo coperto da una lunga tovaglia ricamata a mano, in

un a stanza di rappresentanza. Esso era addobbato con rami di pino, ai quali erano appesi, manderini, arance, piccoli pacchetti con sorprese, fiocchi di ovatta per simulare la neve.

Oggi, invece il presepe è spesso un’alternativa all’albero : un abete vero o finto, ricchissimo di ogni genere di addobbi, anche molto costosi, infatti anch’esso è diventato un genere di consumo. Tanti e tanti pacchi dono vengono accumulati alla sua base, che in genere si aprono dopo la mezzanotte.

Fuori dalle abitazioni, esplosioni e botti di ogni genere e tipo concludono la celebrazione di questo evento.

Naturalmente il giorno del Santo Natale ci si sveglia tardi, e si partecipa alla Santa messa.

A mezzogiorno si pranza con i parenti.

Natale: menù tipico

Antipasto: frutti di mare crudi, anguilla marinata(comacchio), alici marinate (mignetti), salumi, e formaggi;

1° piatto : pasta all’uovo fatta in casa, in brodo di tacchino o di pollo; 2° piatto: pollo o tacchino (in brodo), con contorno di carciofi fritti, e/o lamponi (lampascioni) indorati e fritti, verdure crude;

Frutta secca e frutta fresca di stagione;

e, tutto il resto come la sera della vigilia.

Santo Stefano: menù tipico

Antipasto: salumi, e formaggi misti;

1° piatto : timballo al forno;

2° piatto: carne al ragù, agnello alla brace o al forno con patate;

Frutta secca e frutta fresca di stagione;

e, tutto il resto come i giorni precedenti

Bari:

tra passato

epresente

La Cattedrale

Passeggiando per la città vecchia, è facile imbattersi in un gran numero di chiese.Sono tutte molto antiche, anche se alcune nel tempo, hanno subito modifiche e ristrutturazioni. Nel Medioevo, infatti, intorno ala chiesa si svolgeva tutta la vita di una comunità. Partiamo da Piazza Odegitria, una delle Cattedrali romaniche sorte in Puglia, dopo l’anno mille, quando

iniziò un periodo di rinascita economica.In alto possiamo notare il rosone, una finestra tonda decorata. Sul portale maggiore, quello centrale, ci sono le statue dei tre protettori di Bari: San Nicola, la Madonna e San Sabino. All’interno notiamo un soffitto molto alto sostenuto da travi. Una porta, sul fianco della navata sinistra, conduce alla sacrestia della Cattedrale. Tra la seconda e la terza colonna della navata destra, noterai l’ ambone, il luogo da cui il sacerdote leggeva le Sacre Scritture. Da esso, la notte di Pasqua, venivano srotolati gli Exultet, che sono rotoli di pergamena, illustrati, che riportano un canto liturgico della notte di Pasqua. Essi sono conservati nel Museo Diocesano. Scendiamo nella cripta, che si trova sotto l’altare maggiore, ed è il luogo dove si conservano le reliquie del Santo a cui la chiesa è dedicata.

Nella cripta, rivestita in marmo, si conservano: il quadro della Madonna Odegitria (significa “che indica la via”), e le ossa di San Sabino.

Leggenda

Secondo la leggenda, il quadro della Madonna Odegitria giunse a Bari il 1° Marzo 733. Era stato dipinto dall’evangelista Luca e portato da Gerusalemme a Costantinopoli, dove era venerato in una chiesa di monaci. L’imperatore Leone Isaurico, poiché riteneva esagerato il culto verso le icone, decise di distruggere tutte le immagini sacre.

Due monaci allora, travestiti da marinai, cercarono di mettere in salvo la sacra icona, imbarcandosi clandestinamente su una flotta di navi dirette a Roma. Durante il viaggio ci fu una tremenda tempesta, tutte le imbarcazioni colarono a picco, tranne

quella che trasportava il quadro, che approdò nel vicino porto di Bari. Allora due marinai convinsero i monaci a non proseguire verso Roma.

Il popolo in processione portò il quadro nella Cattedrale, dove oggi ancora si venera.

Basilica di San Nicola

Essa si erge su una piazza. Il portale maggiore è incorniciato da due colonne sorrette da due buoi. Accanto al portale di destra è scolpito il “braccio barese”, lungo 58,5 cm. . Serviva per misurare le stoffe di cui vi era un grande commercio nel Medioevo. Esso fu scolpito accanto al portale, perché nei cortili della Basilica vi erano le fiere, presiedute da un sacerdote che vigilava finchè le vendite avvenissero senza problemi ed in conformità a pesi e misure registrate nella Basilica. All’interno, alzando gli occhi verso il soffitto, noteremo che è tutto decorato con tele dipinte da Carlo Rosa di

Bitonto, sostenute da cornici di legno intarsiate e dorate.

Di fronte, in fondo, su una scalinata si erge il ciborio, costruito su dei capitelli molto antichi. Dietro di esso, su un pavimento a mosaico, si trova la cattedra dell’abate Elia, che è una sedia scolpita in un solo blocco di pietra.

Ma chi era l’abate Elia? Era uno dei più illustri baresi, abate del monastero benedettino, allora fuori delle mura della città, aveva fama di essere un uomo molto saggio. Egli ebbe un ruolo molto importante nella storia della Basilica, infatti le navi che portarono le ossa di San Nicola, non sbarcarono a Bari, ma nel vicino porto di San Giorgio, e non furono affidate al Vescovo, che voleva portarle in Cattedrale, ma all’abate Elia. Questi edificò la Basilica e, divenuto Vescovo, portò la città al centro della vita religiosa e politica del tempo.

Scendendo nella cripta, si trova un altorilievo raffigurante quattro filosofi che indossano una tunica greco-romana, con sopra un’ iscrizione: “questa è la tomba dell’abate Elia”.

Entrando all’interno, essa presenta 26 colonne. In essa sono custodite le ossa di San Nicola, dalle quali scaturisce un liquido, la “Manna”, ritenuto miracoloso. Esso si formava già nella tomba di Mira.

Ogni anno il 9 Maggio, la Manna, in tutto due o tre bicchieri, viene raccolta e mescolata ad altra acqua benedetta, per poi essere distribuita ai fedeli. Prima di lasciare la cripta, ci soffermiamo ad osservare una colonna conservata dietro a delle sbarre : è la “colonna miracolosa”, intorno alla quale sono fiorite molte leggende.

L’arco “della neve”

In piazza Odegitria (Cattedrale) sul lato destro c’è un arco, detto della neve, ciò che rimane di un’ antica torre medioevale. Si chiama così perché nel 1.700, sotto quest’arco era ubicato uno spaccio nel quale si vendeva la neve, per, e non solo per scopi terapeutici: mitigava la febbre e le infiammazioni. Essa arrivava dalla Murgia Barese, in alcuni casi dall’Alto Adige, era accatastata con paglia e sacchi di saggina che riuscivano a mantenerla solida, ed era conservata in locali chiamati neviere: riusciva a conservarsi per circa un anno. In alto a destra sull’arco è raffigurato un bellissimo bassorilievo,raffigurante San Nicola che aveva la funzione di fare da protezione al percorso che portava alla Basilica.

L’arco “delle meraviglie”

Esso prende il nome dalla famiglia dei Conti Meraviglia che vennero a Bari, da Milano, al seguito di Isabella d’Aragona, verso la fine del 1.400. L’arco è conosciuto nel gergo popolare come l’arco della pietra amara, “u arche de la pete amare”.

Secondo la leggenda popolare l’arco fu costruito in una sola notte per consentire l’incontro di due innamorati: ne venne fuori una vera e propria “meraviglia”.

Pare che l’amore dei due ragazzi fosse contrastato, ostacolato, quindi un amore “amaro”, da cui è scaturito un antico detto barese :” quande u zite e

la zite ne volene, le parinde e tutte z’arrevogghiene” , ovvero : quando lo sposo e la sposa si vogliono, i parenti fanno finta di non esserne a conoscenza.

Inoltre, pare che, passando sotto questo arco, ci si debba meravigliare affinché la leggenda della meraviglia continui ad avverarsi.

U pertone de jesse e trase

Proseguendo dall’arco delle meraviglie, si arriva al mitico portone denominato u pertone de jesse e trase ( il portone esci ed entra).

Il suo nome nasce da un contrasto nato tra la famiglia Zeuli, originaria di

Faenza, e la popolazione, finita davanti al tribunale di Napoli. Tutto ciò perché ?

I coniugi Zeuli fissarono la propria dimora nel 1.723 nel bellissimo palazzo attiguo al portone e decisero di comprare lo spazio antistante il palazzo, creando un loro cortile privato e non consentendo il passaggio a nessuno. Pertanto, chi si recava da loro entrava ed usciva dallo stesso ingresso, da qui il nome del portone. Successivamente gli Zeuli, per le numerose proteste, furono costretti ad aprire una piccola stradina per consentire il passaggio a i contadini con i carri, ed ai pedoni. Nel 1.790 gli Zeuli, però, stanchi delle continue lotte con i passanti, decisero di ripristinare il vecchio accesso: lo aprivano la mattina, e lo chiudevano la sera, non consentendo il passaggio a i funerali e alle truppe militari.

La cape du turchie

Questa leggenda è legata alla tradizione popolare ed è tramandata da secoli. Essa contiene comunque un pizzico di verità. Sappiamo che Bari fu dominata dagli arabi a partire dall’ottocentoquaranta per trent’anni. La storia “de la cape du turchie” si riferisce proprio a quest’epoca e ad uno dei tre Emiri arabi di Bari, Mufarrag, che tentò di sostituire la fede cristiana con la religione musulmana.

A causa di ciò i baresi rifiutarono tale imposizione, togliendo la fiducia all’Emiro. Egli nell’intento di riconquistare il favore popolare, la notte del 5 Dicembre, quando si diceva che uscissero due befane: una buona, che regalava doni e dolci; l’altra cattiva, chiamata “Befanì de la morte” , che segnava con una croce, annuncio di morte, le porte delle case più sventurate, e tagliava la testa con un falcione a chiunque incontrasse sul suo cammino. Mufarrag, armatosi di corazza e scimitarra, scese nei vicoli

della città vecchia, avvertendo che avrebbe sfidato la “Befanì de la morte”, gridando ai baresi che erano una razza di fifoni.

Giunta la notte del 5 Dicembre, Muffarag scese nuovamente per affrontare la mortale Befanì, che incontrò all’improvviso, e che gli troncò di netto la testa.

La testa del turco rotolò per i vicoli e le corti della città vecchia, fino a conficcarsi nell’architrave di via Quercia n. 10.

Si ritenne d’allora che lo spirito inquieto del “turco” aleggiasse nella zona e se ne avvertisse la presenza.

Si decise allora di abbattere la casa su cui si vedeva la testa del turco e se ne costruì un’altra. Dopo molti anni, una sera d’estate, una vecchietta che abitava in un sottano, scorse un ragazzo sdraiato su un carro e gli chiese perché fosse ancora per strada fino a tardi. Quando il ragazzo si girò, la vecchia riconobbe di nuovo il “turco”, che andò a rioccupare con la testa il

suo posto di via Quercia n. 10, dov’è attualmente. Inutile dire che la donna morì di spavento e che, si narra, lo spirito del turco continuò a vagare, lì intorno.