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CORSO DI DIRITTO INTERNAZIONALE – Prof. Stefano Amadeo ([email protected]) L’ADATTAMENTO AL DIRITTO INTERNAZIONALE La nozione di adattamento del diritto interno al diritto internazionale Le norme del diritto internazionale (consuetudinario e convenzionale) devono essere adempiute dagli Stati e dalle organizzazioni internazionali che ne sono vincolati (v. principio della «consuetudo est servanda» e analogo principio del «pacta sunt servanda»). Se l’attuazione delle norme internazionali richiede la modifica dell’ordinamento interno (introduzione, modifica o rimozione di disposizioni interne) le autorità statali sono tenute a provvedervi. Il diritto internazionale, salvo sistemi convenzionali particolari (per es. il diritto dell’Unione europea) non si cura dei modi di ricezione sul piano statale degli obblighi internazionali, purché questi siano rispettati. Il legislatore è dunque tenuto ad assumere le misure legislative di trasposizione (di adattamento) necessarie, che saranno applicabili dall’autorità amministrativa e giudiziaria e dovranno essere rispettate dai soggetti del diritto interno (persone fisiche e giuridiche). La nozione di adattamento Le prospettive teoriche: dualismo e monismo I procedimenti di adattamento L’adattamento al diritto consuetudinario L’adattamento agli accordi e alle fonti previste da accordo 1

L’ADATTAMENTO AL DIRITTO INTERNAZIONALE

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CORSO DI DIRITTO INTERNAZIONALE – Prof. Stefano Amadeo ([email protected])

L’ADATTAMENTO AL DIRITTO INTERNAZIONALE

• La nozione di adattamento del diritto interno al diritto

internazionale

• Le norme del diritto internazionale (consuetudinario e convenzionale)

devono essere adempiute dagli Stati e dalle organizzazioni

internazionali che ne sono vincolati (v. principio della «consuetudo est

servanda» e analogo principio del «pacta sunt servanda»). Se

l’attuazione delle norme internazionali richiede la modifica

dell’ordinamento interno (introduzione, modifica o rimozione di

disposizioni interne) le autorità statali sono tenute a provvedervi.

• Il diritto internazionale, salvo sistemi convenzionali particolari (per es.

il diritto dell’Unione europea) non si cura dei modi di ricezione sul

piano statale degli obblighi internazionali, purché questi siano

rispettati.

• Il legislatore è dunque tenuto ad assumere le misure legislative di

trasposizione (di adattamento) necessarie, che saranno applicabili

dall’autorità amministrativa e giudiziaria e dovranno essere rispettate

dai soggetti del diritto interno (persone fisiche e giuridiche).

La nozione di adattamento

Le prospettive teoriche: dualismo e

monismo

I procedimenti di adattamento

L’adattamento al diritto consuetudinario

L’adattamento agli accordi e alle fonti

previste da accordo

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L’ADATTAMENTO AL DIRITTO INTERNAZIONALE

• Se lo Stato non assume le misure di adattamento i vincoli suddetti, pur

efficaci sul piano internazionale, non possono produrre effetti

nell’ordinamento nazionale. Si può determinare allora una situazione

di illecito internazionale (una situazione di patologia internazionale

dell’ordinamento interno, e relative conseguenze giuridiche).

• Ciascun ordinamento statale determina in autonomia i procedimenti di

produzione giuridica necessari per l’attuazione della consuetudine e

dell’accordo, articolati con un grado di minore o maggiore «apertura»

al diritto internazionale in ragione della prospettiva teorica

(prevalentemente dualista o prevalentemente monista: infra) cui

s’ispira.

• L’ordinamento italiano è connotato dal modello (moderatamente)

dualista. È dunque sempre necessaria una norma o un atto interno di

adattamento (o di riconoscimento o di «contatto») per conferire

efficacia al diritto internazionale. Ne consegue che il grado della fonte

interna (legge costituzionale, legge ordinaria, atto amministrativo)

utilizzata per l’adattamento determina altresì la posizione della fonte

internazionale nella gerarchia interna delle fonti.

La nozione di adattamento

Le prospettive teoriche: dualismo e

monismo

I procedimenti di adattamento

L’adattamento al diritto consuetudinario

L’adattamento agli accordi e alle fonti

previste da accordo

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L’ADATTAMENTO AL DIRITTO INTERNAZIONALE

• L’adattamento alla consuetudine internazionale è disciplinato dalla

stessa Costituzione (art. 10, primo comma). Si deve ritenere che

l’adattamento così realizzato concerna, in principio, qualsiasi

consuetudine internazionale (anche la consuetudine c.d. imperativa),

che assume, pertanto, sul piano interno, rango di fonte costituzionale.

• L’adattamento al diritto convenzionale o alle fonti derivate da accordi

non è invece disciplinato dalla Costituzione. Esso avviene mediante

procedimenti di produzione giuridica di competenza del Parlamento

(o, in rari casi, attraverso procedimenti di produzione giuridica di

livello sub-legislativo). I procedimenti utilizzati sono il procedimento

speciale e, più raramente, il procedimento ordinario di adattamento

• La Costituzione tuttavia (in particolare il suo art. 117, par. 1) prevede

talune disposizioni di garanzia o protettive dell’integrità dei trattati

debitamente ratificati e trasposti nell’ordinamento italiano. Tali

garanzie conferiscono ai trattati, a seconda della loro identità e

oggetto, una garanzia di livello quasi costituzionale (art. 117, par. 1) o

addirittura costituzionale (art. 11 Cost.).

La nozione di adattamento

Le prospettive teoriche: dualismo e

monismo

I procedimenti di adattamento

L’adattamento al diritto consuetudinario

L’adattamento agli accordi e alle fonti

previste da accordo

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L’ADATTAMENTO AL DIRITTO INTERNAZIONALE

• Da ultimo è importante tenere presente che l’immissione nel

diritto italiano di consuetudine e accordo, in attuazione di

obblighi internazionali, non può avere come effetto quello di

pregiudicare l’efficacia degli elementi fondamentali e identitari

dell’ordinamento costituzionale: in particolare i principi

caratterizzanti e i diritti fondamentali del nostro ordinamento.

• La Corte costituzionale svolge in modo accentrato la verifica di

costituzionalità degli effetti delle fonti internazionali:

disattivando, all’occorrenza (o annullando) la norma interna

che veicola nel diritto interno l’obbligo internazionale

costituzionalmente incompatibile.

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Le prospettive teoriche: dualismo e

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I procedimenti di adattamento

L’adattamento al diritto consuetudinario

L’adattamento agli accordi e alle fonti

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L’ADATTAMENTO AL DIRITTO INTERNAZIONALE

• Le prospettive teoriche: dualismo e monismo

• Due modelli teorici si sono storicamente affermati (agli inizi del

900) nella ricostruzione dei rapporti di sistema fra diritto

internazionale e diritto interno. Sono il modello dualista (o

pluralista) e il modello monista (o unitario).

• Il modello dualista (autori: Triepel, Anzilotti, Perassi, Rigaux)

afferma che il diritto internazionale e i diritti statali sono ciascuno

originari, autonomi e separati (principio di separazione degli

ordinamenti giuridici), si rivolgono a soggetti diversi e perseguono

un proprio specifico oggetto. Ne consegue che le valutazioni

giuridiche di un ordinamento sono per l’altro ordinamento un puro

fatto. Il diritto internazionale assegna obblighi di risultato agli Stati,

che vi conformano discrezionalmente con i propri procedimenti

interni.

• I procedimenti nazionali di adattamento stabiliscono, sul piano

nazionale, l’efficacia e il rango gerarchico della disciplina

internazionale immessa: così la norma internazionale trasposta con

legge ordinaria ha il rango di legge ordinaria nel diritto interno

(«nazionalizzazione delle fonti internazionali»).

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• Il modello monista (Verdross; Scelle; Kelsen) afferma, all’opposto, che il

diritto internazionale e i diritti statali sono diverse componenti di un

medesimo sistema normativo (prospettiva di tipo «federalista»). Non v’è

dunque «trasformazione» né incorporazione del diritto internazionale nel

diritto interno. L’ordinamento interno, in particolare, è tenuto a garantire e

ad applicare (nel suo proprio ambito) il vincolo internazionale.

• Il modello enfatizza la coerenza normativa fra ordinamenti, a prezzo però

dell’autonomia e dell’integrità di ciascun ordinamento. Anche nel modello

monista è consentita la previsione di procedimenti di adattamento, purché

essi riconoscano la natura internazionale della norma azionata sul piano

interno (procedimenti «per rinvio»).

• Il modello dualista è ampiamente prevalente negli ordinamenti degli Stati

occidentali, pur con variazioni. Il modello monista ispira, in particolare,

l’ordinamento dell’Unione europea per quanto concerne i rapporti fra

norme dell’Unione e diritti nazionali e, in minor misura, per quanto

concerne l’adattamento del diritto dell’Unione al diritto internazionale (v.

Corso dedicato)

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Le prospettive teoriche: dualismo e

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I procedimenti di adattamento

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L’ADATTAMENTO AL DIRITTO INTERNAZIONALE

• I procedimenti di adattamento

• I procedimenti («modelli») di adattamento del diritto statale al diritto

internazionale sono il procedimento ordinario (riformulazione e

nazionalizzazione in un atto normativo interno, in genere di competenza

legislativa); il procedimento speciale (adozione di una norma «di rinvio»); il

procedimento «misto» (atto interno di rinvio + specificazione delle norme

necessarie da parte dell’organo competente).

• Nel procedimento ordinario, il legislatore interno adotta un normale atto

normativo.

• Si tratta in genere un atto legislativo completo, che non si distingue in nulla da

una legge interna comune se non perché la sua “giustificazione” (ratio) risiede

nell'adempimento di un obbligo internazionale (l’origine internazionale

dell’obbligo a fondamento della legge non è avvertibile dall’amministrato).

• Può trattarsi anche di un atto amministrativo: per es. i regolamenti tecnici

ENAC che attuano gli «allegati tecnici» della Convenzione sull’aviazione

civile internazionale (ICAO), ai sensi dell’art. 690 codice della navigazione.

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• Il procedimento ordinario è impiegato di rado in Italia. In sintesi, è utilizzato

quando un’attività normativa materiale è necessaria a specificazione di norme

internazionali facoltizzanti (potere di scelta che si rivolge al legislatore), o

per l’individuazione di organi o lo stanziamento di fondi per l’esecuzione del

vincolo internazionale; o quando l’atto legislativo di specificazione è

richiesto dal diritto costituzionale (per esempio quando i settori materiali

interessati dal trattato siano sottoposti a riserva di legge). Talora è utilizzato

per la disciplina organica di una materia su cui incidono anche vincoli

internazionali o europei (per es. il codice del processo amministrativo: infra).

• Il procedimento ordinario viene utilizzato anche (ma non è, in senso proprio,

un’ipotesi di adattamento a «obblighi» internazionali) per la trasposizione di

raccomandazioni, standard o linee guida, con carattere esortativo o di

indirizzo, promananti da organizzazioni internazionali (per es. in materia di

standard sanitari o del trasporto aereo di cose e persone: v. ad es. le misure di

contrasto all’emergenza epidemiologica «Coronavirus») intervenute nel

febbraio 2020 e le linee guida del Coronavirus Disease adottate dall’OMS /

WHO nello stesso periodo: misure preventive e di contenimento).

• Nel procedimento speciale, al contrario, il legislatore interno non formula

materialmente le norme applicabili dai singoli, dalle amministrazioni e dai

giudici. Esso dispone o ordina il rispetto delle norme internazionali che sono

oggetto di richiamo o di rinvio.

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• Il rinvio di cui al procedimento speciale può essere aperto (e

permanente), e concernere tutte le norme internazionali interessate,

man mano che vengono in essere (es. art. 10, comma primo,

Costituzione).

• Al contrario può trattarsi di rinvio chiuso (o ad hoc) con riferimento

allora ad una specifica norma, strumento o fonte internazionale (è il

metodo dell’ordine di esecuzione per i trattati internazionali e per le

fonti previste da accordi).

• Il rinvio operato mediante procedimento speciale ha natura di rinvio

formale (e mobile) piuttosto che materiale o «recettizio». L’effetto è

comunque di mettere in contatto l’operatore con la disciplina

internazionale, nei modi e con gli effetti (temporali, soggettivi) con cui

questa si presenta nel momento critico. Nella prevalenza di tale

procedimento risiede il dualismo «moderato», o connotato da notevole

apertura, del nostro ordinamento.

• Nel rinvio formale, infatti, la norma rinviante apre l'ordinamento alla

norma o alla fonte internazionale, in senso dinamico e mobile, poiché

quest'ultima è applicabile nella misura determinata dall'ordinamento di

origine.

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L’ADATTAMENTO AL DIRITTO INTERNAZIONALE

• Nel rinvio materiale o recettizio, invece, vi è una cesura tra il disposto

normativo oggetto di rinvio e l'ordinamento di origine, giacché la norma

rinviante si limita ad appropriarsi del contenuto della norma richiamata e lo

rende immune dalle vicende giuridiche che essa attraversa nel suo proprio

ordinamento (quali l’interpretazione estensiva o riduttiva, l’abrogazione,

l’invalidità, l’estinzione).

• Effetti dei due procedimenti.

• Il procedimento ordinario implica trasposizione dell’obbligo internazionale

o della facoltà internazionale attraverso norme interne «rigide» che non

seguono le vicende del diritto internazionale. Se il legislatore interpreta

l’obbligo internazionale in modo scorretto (alla luce, per es., di una

soluzione giudiziaria internazionale) occorrerà un nuovo intervento

legislativo di modifica. Il procedimento ordinario è normalmente utilizzato

negli Stati di orientamento rigidamente dualista: implica certezza del

diritto, ma minore «convergenza» sulle esigenze del diritto internazionale.

• Il procedimento speciale, persegue lo stesso risultato ponendo l’operatore

interno (l’interprete) a contatto diretto con l’obbligo internazionale e con

l’ordinamento da cui promana.

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L’ADATTAMENTO AL DIRITTO INTERNAZIONALE

• Diversi negli effetti sostanziali, i due procedimenti non si

differenziano quanto alle loro conseguenze sul piano formale: il

diritto internazionale (recepito o rinviato) per il tramite del

diritto interno assume il valore che ha quest’ultimo

nell’ordinamento nazionale.

• È, questa, conseguenza del principio dualista seguito dal nostro

ordinamento, che implica una sorta di «nazionalizzazione»

della norma internazionale, ovvero la sua (ri-)collocazione

nella gerarchia interna delle fonti (Costituzione, legge, atto sub-

legislativo).La nozione di adattamento

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• L’adattamento alla consuetudine internazionale

• L’adattamento è disposto con procedimento speciale (aperto), sancito

da norma costituzionale. L’art. 10, comma 1, Costituzione recita:

«L'ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto

internazionale generalmente riconosciute».

• La norma corrisponde alle tradizioni costituzionali di altri Stati

occidentali.

• Ispirata alla Costituzione di Weimar del 1919, trova corrispondenza

nella Costituzione tedesca del 23.5.1949 (Article 25 - International

law and federal law – “The general rules of international law shall be

an integral part of federal law. They shall take precedence over the

laws and directly create rights and duties for the inhabitants of the

federal territory”). Una analoga norma (non scritta) è riconosciuta

negli ordinamenti di common law (secondo cui “International law is

a part of the Law of the Land”): ciò vale anche nell’ordinamento

britannico (le corti britanniche applicano il diritto internazionale

consuetudinario).

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L’ADATTAMENTO AL DIRITTO INTERNAZIONALE

• Le norme generali oggetto di rinvio da parte dell’art. 10, primo

comma, Cost., sono «le norme internazionali generalmente

riconosciute».

• Il tenore dell’art. 10, comma primo, Cost. indica che oggetto di

rinvio sono solo le norme internazionali che trovano «generale

riconoscimento», ossia le consuetudini e i principi generali la cui

esistenza è incontestata sul piano internazionale. Come è stato

affermato: «Quando si parla di norme generalmente riconosciute si

vuole semplicemente indicare le norme la cui esistenza è

generalmente ammessa. Si lascia assolutamente al di fuori della

Costituzione ogni richiamo a questioni di ordine teorico sul

fondamento della obbligatorietà delle norme internazionali»)

(Tomaso Perassi, in Costituzione e lavori preparatori, Roma, 1948,

p. 40 ss.).

• Vi sono comprese le consuetudini che sorgono tra gruppi di Stati

appartenenti a una certa regione geografica (c.d. consuetudini

regionali: Corte cost., sentenza n. 315 del 2002) e le consuetudini

che posseggono natura inderogabile o imperativa (di diritto cogente:

art. 53 e 64 CVDT).

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L’ADATTAMENTO AL DIRITTO INTERNAZIONALE

• Secondo parte della dottrina (Ronzitti, 2019, 257 ss.) le

consuetudini imperative avrebbero in Italia un valore equiparabile ai

principi costituzionali. Esse non sarebbero dunque suscettibili di

modifica o abrogazione neppure per effetto di revisione

costituzionale (ma solo per effetto di evoluzione della consuetudine

cogente sul piano internazionale).

• L’art. 10, comma primo, Cost. svolge un adeguamento automatico e

costante a tutte le norme consuetudinarie vigenti in un dato

momento nell’ordinamento internazionale. Per suo effetto

nell’ordinamento italiano hanno efficacia (immediata) le

disposizioni non scritte a mano a mano che si formano sul piano

internazionale. Analogamente nell’ordinamento interno cessano di

avere efficacia le norme internazionali cadute in desuetudine.

• L’art. 10 ha dunque un effetto normativo: opera come un

«trasformatore permanente» del diritto internazionale generale in

diritto interno, convertendo la consuetudine internazionale in diritto

nazionale, con gli adattamenti richiesti per la sua applicazione da

parte dell’operatore e del giudice.

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• Vale ricordare che l’art. 10, primo comma, s’appropria della norma

internazionale quale essa vige nell’ordine internazionale per portata

ed efficacia, e dunque secondo l’interpretazione sancita da tale

ordinamento. Si tratta di un esempio della natura formale del rinvio

operato dalla norma. È la norma internazionale, con le sue

caratteristiche sostanziali, a operare in Italia. Il suo contenuto e le sue

vicende non vengono scisse dall’ordinamento che ne è all’origine.

• Coerentemente la Corte costituzionale ha affermato che la disciplina

consuetudinaria rilevante va interpretata, nell’ordinamento italiano,

come essa è ricostruita nella giurisprudenza internazionale. In Italia

opera la «norma di diritto internazionale, dunque esterna

all’ordinamento giuridico italiano, la cui applicazione da parte

dell’amministrazione e/o del giudice, in virtù del rinvio operato nella

specie dall’art. 10, primo comma, Cost., deve essere effettuata in base

al principio di conformità, e cioè nell’osservanza dell’interpretazione

che ne è data nell’ordinamento di origine, che è l’ordinamento

internazionale» (sentenza n. 238 del 2014, S.F., A.M. ed altri e B.D.).

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• L’art. 10, comma primo, Cost. è dunque una norma di particolare

apertura dell’ordinamento interno verso i principi e i valori di origine

internazionale. Essa veicola in Italia il diritto consuetudinario come

risulta dall’interpretazione degli organi internazionali qualificati a tale

scopo.

• È stato affermato quanto segue: «sul piano del diritto internazionale,

l’interpretazione da parte della Corte internazionale di giustizia della

norma consuetudinaria sull’immunità degli Stati dalla giurisdizione

civile degli altri Stati per atti ritenuti iure imperii è un’interpretazione

particolarmente qualificata, che non consente un sindacato da parte di

amministrazioni e/o giudici nazionali, ivi compresa questa Corte. Lo

stesso principio è stato con chiarezza affermato già nelle sentenze n.

348 e n. 349 del 2007 con riguardo all’interpretazione delle norme

della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà

fondamentali (CEDU) resa dalla Corte di Strasburgo» (sentenza n. 238

del 2014, S.F., A.M. ed altri e B.D., punto 3.1 del considerato in

diritto).

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L’ADATTAMENTO AL DIRITTO INTERNAZIONALE

• Conseguenze dell’adattamento realizzato dall’art. 10, primo

comma, Cost.

• L’art. 10, comma primo, Cost. produce due importantissime

conseguenze nell’ordinamento italiano:

• i) vi introduce norme (esterne) che sono immediatamente applicabili

dall’amministrazione e dal giudice nazionale (con riserva di quanto

precisato oltre, circa i limiti dell’adattamento).

• Ne consegue che le norme consuetudinarie immesse potranno

costituire il fondamento di diritti e obblighi per i soggetti

dell’ordinamento, immediatamente azionabili in giudizio; o potranno,

alternativamente, costituire parametro per l’interpretazione della legge

in senso «internazionalmente orientato». Per un esempio dell’effetto

indicato v. sentenza Cass., Pen., n. 6626 del 20.2.2020, Procedimento

penale a carico di Rackete Carola (caso Sea Watch 3), reperibile on

line, in cui la Cassazione ritiene direttamente applicabile la norma

generale corrispondente all’ 98, par. 1, lett. a), Convenzione delle

Nazioni Unite sul diritto del mare, Montego Bay, 10.12.1982, che

obbliga il comandante della nave a prestare soccorso a «chiunque sia

trovato in mare in condizioni di pericolo».

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L’ADATTAMENTO AL DIRITTO INTERNAZIONALE

• L’interessata era accusata di aver condotto la nave Sea Watch 3

nel porto di Lampedusa in violazione delle disposizioni nazionali

sulla «chiusura dei porti» e resistendo alla forza pubblica (alla

guardia costiera).

• La Cassazione conferma l’ordinanza con cui il Giudice per le

indagini preliminari (GIP) di Agrigento aveva rigettato la richiesta

di convalida dell’arresto della comandante della nave (Carola

Rackete), ritenendo che il reato presupposto trovasse

giustificazione (art. 51 codice penale) nell’obbligo

internazionalmente sancito a carico del comandante della nave

(art. 98 Convenzione cit.). In sostanza la Corte suprema ritiene,

correttamente, che la condotta del comandante della nave,

conforme all’obbligo internazionale di soccorso in mare, non

possa essere criminalizzata in base al diritto penale interno.

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L’ADATTAMENTO AL DIRITTO INTERNAZIONALE

• In punto di diritto la Cassazione ha così argomentato:

• «Proprio le citate fonti pattizie in tema di soccorso in mare e,

prima ancora, l'obbligo consuetudinario di soccorso in mare,

norma di diritto internazionale generalmente riconosciuta e

pertanto direttamente applicabile nell'ordinamento interno, in

forza del disposto di cui all'art. 10 comma 1 Cost. - tutte

disposizioni ben conosciute da coloro che operano il salvataggio

in mare, ma anche da coloro che, per servizio, operano in mare

svolgendo attività di polizia marittima -, sono il parametro

normativo che ha guidato il Giudice [delle indagini preliminari]

nella valutazione dell'operato dei militari per escludere la

ragionevolezza dell'arresto della Rackete, in una situazione nella

quale la citata causa di giustificazione era più che

"verosimilmente" esistente» (sentenza cit., punto 9 del considerato

in diritto).

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L’ADATTAMENTO AL DIRITTO INTERNAZIONALE

• ii) La seconda importante conseguenza dell’art. 10, primo comma,

Cost. è che esso introduce nell’ordinamento norme (esterne)

provviste del rango di norme costituzionali. Infatti, per conseguenza

della prospettiva dualista accolta nel nostro ordinamento, la norma

internazionale beneficia, sul piano interno, della «forza» (del rango

gerarchico) che appartiene alla norma che ha operato l’adattamento.

• L’art. 10 Cost. «trasmette» dunque alla consuetudine forza

costituzionale. Tale conseguenza rileva nel caso in cui la norma

consuetudinaria attribuisca posizioni giuridiche in conflitto con la

legge interna (preesistente o sopravvenuta). La norma legislativa

interna dovrà essere rimossa mediante i procedimenti

costituzionalmente previsti (es. incidente di costituzionalità) prima

che il giudice possa farne applicazione.

• Va sottolineato che non potrà essere il giudice ordinario ad

applicare immediatamente la consuetudine, rimuovendo o lasciando

inapplicata la disposizione normativa in conflitto. Egli dovrà

previamente rivolgersi all’organo competente (la Corte

costituzionale), dopo aver constatato l’impossibilità di

un’interpretazione della legislazione interna in senso

internazionalmente (e costituzionalmente) conforme.

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L’ADATTAMENTO AL DIRITTO INTERNAZIONALE

• Nel linguaggio della Corte costituzionale, la legge interna può

essere dichiarata incostituzionale perché viola (sebbene

indirettamente) l'art. 10, comma primo, Costituzione. Vi è dunque

un fenomeno di interposizione normativa: l’art. 10, comma 1, Cost.

risulta violato in quanto è violata la norma consuetudinaria cui esso

rinvia (e che costituisce il parametro materiale per l’accertamento

del conflitto con la disposizione legislativa).

• Analoga garanzia si proietta sulla legge che attua una consuetudine

internazionale non auto-applicativa (infra), ovvero sulla legge

d’esecuzione (infra) della convenzione internazionale che codifica il

diritto consuetudinario (v. in proposito Corte cost., sentenza n. 262

del 2009, Baraldini, punto 7.3 del considerato in diritto).

• Numerosa casistica costituzionale conferma quanto su affermato:

es. Corte cost., sentenza n. 131 del 2001, A.P. (è incostituzionale la

legge interna che assoggetta a servizio militare il soggetto che ha

perso la cittadinanza italiana avendo acquisito cittadinanza

straniera);

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I procedimenti di adattamento

L’adattamento al diritto consuetudinario

L’adattamento agli accordi e alle fonti

previste da accordo

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L’ADATTAMENTO AL DIRITTO INTERNAZIONALE

• Corte cost., sentenza n. 306 del 2008, S. T. c. l'Istituto nazionale

della previdenza sociale (INPS) (è incostituzionale, in quanto

incompatibile con la consuetudine sul divieto di discriminazione

degli stranieri regolarmente soggiornanti, la legge interna che

subordina l'indennità di accompagnamento per disabili stranieri

alla titolarità della carta di soggiorno dello straniero, la quale

presuppone requisiti (aggiuntivi) di reddito rispetto al cittadino).

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L’ADATTAMENTO AL DIRITTO INTERNAZIONALE

• I limiti dell’adattamento realizzato dall’art. 10, primo comma, Cost.

• È molto importante chiedersi se l’apertura dell’ordinamento italiano al

diritto consuetudinario, sancita dall’art. 10, primo comma, Cost. sia

incondizionata oppure se incontri (seppure eccezionalmente) dei limiti.

• Non si tratta invero di un’apertura incondizionata.

• Sul piano teorico-pratico la giurisprudenza costituzionale (soprattutto

recente) ha individuato taluni limiti all’adattamento operato da tale

disposizione.

• Si tratta di limiti i) derivanti dal modo di essere della norma

consuetudinaria o ii) inerenti all’oggetto disciplinato dalla norma

consuetudinaria o, infine, iii) derivanti dalle conseguenze «conflittuali»

che la norma consuetudinaria produce nel diritto interno (rispetto ai

principi fondamentali dell’ordinamento costituzionale: v. anche infra,

convenzioni internazionali).

• i) Il primo limite all’adattamento prodotto dall’art. 10 Cost. concerne le

norme consuetudinarie che rivolgono agli Stati obblighi formulati in

modo incompleto, o che sanciscono facoltà (statali) di scelta.

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L’ADATTAMENTO AL DIRITTO INTERNAZIONALE

• Qualora la disposizione internazionale non risulti sufficientemente

determinata nel suo contenuto, e richieda dunque interventi di

specificazione normativa, l’art. 10, comma primo, non può ovviare di

per sé a tale lacuna. È necessario invece l’intervento sussidiario del

legislatore interno.

• La prassi fornisce diversi esempi di norme consuetudinarie

«claudicanti» o non idonee a essere direttamente applicate dal giudice o

dall’amministrazione interne (si tratta delle norme consuetudinarie dette

non self-executing).

• a) Così la consuetudine internazionale di diritto marittimo prevede due

possibilità alternative cui gli Stati possono ricorrere per il calcolo della

linea di base del mare territoriale, ossia della linea costiera a partire

dalla quale le 12 miglia marine del mare territoriale sono calcolate. Si

tratta della linea di bassa marea o del sistema delle linee rette (v. art. 5 e

7 della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, Montego

Bay, 10.12.1982).

• Ne consegue che il tracciamento della linea di base non può essere

effettuato, sul piano interno, per la semplice vigenza della norma

consuetudinaria.

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L’ADATTAMENTO AL DIRITTO INTERNAZIONALE

• È invece necessaria una normativa interna d’attuazione che specifichi

«quale metodo» è applicabile nell’ordinamento italiano. L’art. 2 codice

della navigazione provvede a tale scopo, scegliendo il metodo della

linea di bassa marea e precisando la facoltà internazionalmente

prevista in una disciplina interna applicabile dagli operatori e dai

giudici interni.

• b) Un ulteriore esempio di norme consuetudinarie inapplicabili per

effetto del rinvio operato dall’art. 10, primo comma, è costituito dalle

consuetudini di diritto internazionale penale, in particolare le norme

codificate dalle Convenzioni di Ginevra, che impongono agli Stati di

punire le gravi violazioni delle consuetudini di guerra, senza precisare

l’entità e la natura delle relative sanzioni; o, ancora, la consuetudine

che consente agli Stati l’esercizio della loro potestà punitiva penale nei

confronti di individui-organi di Stato responsabili di gravi crimini

contro la persona (crimini contro l’umanità): si tratta dell’istituto della

«giurisdizione universale» degli Stati, esercitabile anche in assenza di

un collegamento territoriale o personale del reo con lo Stato che

esercita la sua potestà punitiva (altrimenti generalmente richiesto).

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L’ADATTAMENTO AL DIRITTO INTERNAZIONALE

• L’obbligo di sanzione penale o la facoltà giudiziaria d’accertamento e di

sanzione penale stabilite da tali consuetudini richiedono un previo intervento

normativo dello Stato, non potendosi affidare al giudice interno la definizione,

in via interpretativa, dei contenuti penali di cui tali norme sono carenti. In

particolare, l’impiego del procedimento ordinario d’adattamento (supra) è

imposto, sul piano interno, dal principio costituzionale fondamentale della

certezza del diritto, declinato nell’esigenza di «determinatezza della legge

penale» (art. 25 Cost.), che non può essere derogato neppure al fine di dare

effetto a norme internazionali, quand’anche di rango costituzionale (v. da

ultimo, pur con riguardo a obblighi convenzionali di diritto dell’Unione

europea, Corte cost., ordinanza n. 24 del 26.1.2017, M.A.S.; sentenza n. 115 del

31.5.2018, M.A.S.: reperibili al link https://www.cortecostituzionale.it/).

• ii) Un secondo limite all’adattamento derivante dall’art. 10, primo comma,

Cost. inerisce all’oggetto disciplinato dalla norma consuetudinaria richiamata.

Secondo la Corte cost. le norme consuetudinarie che disciplinano formazione

ed efficacia dei trattati (il diritto dei trattati, sopra) non sono oggetto di

richiamo da parte dell’art. 10, comma 1, Cost. e conseguentemente non

operano, come regole giudiziariamente applicabili, nell’ordinamento

nazionale.

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L’ADATTAMENTO AL DIRITTO INTERNAZIONALE

• Si tratterebbe infatti di norme con funzione «strumentale» e non

materiale (Corte cost., sentenze n. 323 del 1989 e n. 348 del 2007).

La motivazione di tale giurisprudenza restrittiva (e di dubbia

applicabilità odierna) risiede nell’esigenza di evitare che attraverso il

principio consuetudinario secondo cui gli accordi devono essere

rispettati (art. 26 CVDT) sia introdotta nell’ordinamento italiano una

garanzia costituzionale, sebbene indiretta (ossia fondata sull’art. 26

CVDT, a sua volta richiamato dall’art. 10, comma 1), a beneficio dei

trattati stipulati e eseguiti dall’Italia, che permetterebbe di contestare

le leggi con essi contrastanti.

• Con la riforma del Titolo V della Costituzione e la garanzia di cui

l’art. 117, par. 1, circonda i trattati internazionali stipulati dall’Italia,

le ragioni di tale approccio interpretativo sono venute meno.

• iii) Il terzo e più rilevante limiti all’adattamento effettuato dall’art.

10, primo comma, Cost. sorge in presenza di un «conflitto» fra la

consuetudine internazionale richiamata e i principi e i valori

costituzionali inderogabili o assoluti.

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L’ADATTAMENTO AL DIRITTO INTERNAZIONALE

• Infatti, sebbene la norma consuetudinaria richiamata goda di rango

costituzionale (supra e Corte cost. n. 48 del 1979, Russel; Cassazione, n. 530

del 2000, FILT/CGIL Trento c. Stati Uniti d’America; Corte cost. n. 238 del

2014, S.F., A.M. ed altri e B.D.), essa non può pregiudicare i valori e i principi

supremi dell’ordinamento, né i diritti inviolabili protetti dalla Costituzione

repubblicana, operando l’art. 10 Cost. «in un sistema che ha i suoi cardini

nella sovranità popolare e nella rigidità della Costituzione» (Corte cost. n.

48/1979, Russel).

• Pertanto il sindacato di costituzionalità è azionabile dal giudice nazionale

ogniqualvolta egli ritenga che consuetudine immessa nell’ordinamento ex art.

10 Cost. entri in conflitto con detto super-parametro costituzionale (è la c.d.

dottrina dei controlimiti costituzionali).

• La casistica in materia è limitata a una ricorrente ipotesi di conflitto: quello fra

la consuetudine internazionale («secolare») che esclude la giurisdizione

(italiana) esercitata in fattispecie che vedono convenuti agenti diplomatici

stranieri o Stati stranieri (v. la disciplina delle immunità dalla giurisdizione), da

un lato, e le norme-principio della Costituzione che sanciscono il diritto di tutti

i soggetti di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi

(art. 24 Cost.).

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L’ADATTAMENTO AL DIRITTO INTERNAZIONALE

• È chiaro infatti che l’assenza di giurisdizione italiana nei riguardi dei soggetti

beneficiari dell’immunità (agenti diplomatici, organi di Stato estero, Stati

esteri) svuota di contenuto la garanzia prevista dall’art. 24 Cost. a sfavore dei

privati controinteressati (che pretendono d’azionare in giudizio un diritto nei

confronti dei primi).

• La Corte cost. ha avuto due occasioni di pronunciarsi sul conflitto.

• Nel primo caso (c.d. Russel) di trattava di un agente diplomatico straniero (di

nazionalità canadese) che eccepiva il difetto di giurisdizione del Tribunale di

Roma a conoscere di un’azione per l’ adempimento di contratto di locazione e

per il pagamento del canone di locazione dovuto dall’agente. La Corte

costituzionale veniva investita della questione della compatibilità, con gli art.

3 e 24 Cost., della regola sulle immunità diplomatiche. La questione sollevata

verteva sulla «compatibilità, con gli invocati principi costituzionali, della

norma interna di adeguamento alla consuetudine internazionale generale.

Infatti, già da lungo tempo, ad essa si è conformato, come è pacifico secondo

dottrina e giurisprudenza, l'ordinamento italiano, per effetto del principio di

adeguamento automatico alle norme di diritto internazionale generalmente

riconosciute, ora espressamente previsto dall'art. 10, primo comma, della

Costituzione».

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L’ADATTAMENTO AL DIRITTO INTERNAZIONALE

• Secondo la Corte il contrasto denunciato è, tuttavia, solo apparente, in quanto

risolvibile tramite il principio di specialità, che circonda le norme

consuetudinarie e nel permette la prevalenza, se precedenti alla Costituzione

repubblicana, anche rispetto alle norme principio della Costituzione.

• La Corte ha sancito sul punto quanto segue: «Ritiene la Corte che il denunciato

contrasto sia soltanto apparente e risolubile applicando il principio di

specialità. Invero le deroghe alla giurisdizione derivanti dall'immunità

diplomatica non sono incompatibili con le norme costituzionali invocate, in

quanto necessarie a garantire l'espletamento della missione diplomatica,

istituto imprescindibile del diritto internazionale, dotato anche di garanzia

costituzionale, come risulta dall'art. 87 della Costituzione, secondo cui il

Presidente della Repubblica "accredita e riceve i rappresentanti diplomatici"».

• Secondo tale approccio, le consuetudini preesistenti rispetto all’entrata in

vigore della Costituzione (note al costituente) prevarrebbero dunque sulla

Costituzione e sui suoi principi fondamentali.

• Per converso le consuetudini di recente formazione dovrebbero cedere dinanzi

a detti principi costituzionali. La Corte ha affermato, sebbene obiter, che:

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L’ADATTAMENTO AL DIRITTO INTERNAZIONALE

• «Occorre comunque affermare, più in generale, per quanto attiene

alle norme di diritto internazionale generalmente riconosciute che

venissero ad esistenza dopo l'entrata in vigore della Costituzione, che

il meccanismo di adeguamento automatico previsto dall'art. 10 Cost.

non potrà in alcun modo consentire la violazione dei principi

fondamentali del nostro ordinamento costituzionale, operando in un

sistema costituzionale che ha i suoi cardini nella sovranità popolare e

nella rigidità della Costituzione (art. 1, secondo comma e Titolo VI

della Costituzione)» (sentenza n. 48 del 18.6.1979, Russel, punto 3

del considerato in diritto).

• Nel caso di specie il conflitto è stato dunque risolto, sul piano

interpretativo, a favore dell’efficacia della norma consuetudinaria e a

pregiudizio del diritto alla tutela giurisdizionale della società che

rivendicava il canone di locazione all’agente diplomatico. La Corte

omette peraltro di evocare che il diritto di azione sancito dall’art. 24

Cost. è suscettibile di deroga per esigenze importanti sancite dal

diritto interno (v. es. le immunità parlamentari).

• Più recentemente l’approccio della Corte sembra mutato.

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previste da accordo

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L’ADATTAMENTO AL DIRITTO INTERNAZIONALE

• La notissima sentenza n. 238 del 22.10.2014, S.F., A.M. ed altri e B.D.

(in documentazione) ha, in effetti, fatto applicazione dei controlimiti

costituzionali (ossia dei limiti all’ingresso in Italia delle norme

consuetudinarie in conflitto coi principi inviolabili della Costituzione),

accertando un contrasto tra la regola dell’immunità dalla giurisdizione

degli Stati esteri, da un lato, e il diritto alla difesa in giudizio dei diritti

fondamentali della persona (art. 2 e 24 Cost.) dall’altro.

• Il caso origina dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione (a partire

dalla sentenza 11.3.2004, n. 5044/04, Ferrini c. Repubblica federale

tedesca) che aveva riconosciuto una deroga alla consuetudine

sull’immunità dalla giurisdizione degli Stati stranieri, in casi in cui

l’immunità sia invocata dallo Stato straniero per sottrarsi

all’accertamento della violazione di norme imperative del diritto

internazionale, a lui imputabile, e alla relativa tutela risarcitoria a

beneficio delle vittime private.

• Il caso sorgeva infatti dall’azione condotta dinanzi al Tribunale di

Firenze dal Ferrini contro la Germania per il risarcimento dei danni

subiti a seguito della sua cattura e deportazione in Germania, dove era

stato adibito a detenzione e a lavoro forzato, dal 4.8.1944 al 20.4.1945.

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L’ADATTAMENTO AL DIRITTO INTERNAZIONALE

• La deroga all’immunità, riconosciuta a più riprese dalle giurisdizioni

civili italiane, sebbene in una prospettiva di sviluppo del diritto

internazionale, andava a pregiudizio della Germania e dei suoi interessi

patrimoniali. Ciò induceva tale Stato a investire della controversia la

Corte internazionale di giustizia (sentenza 3.2.2012, sul caso delle

Immunità dello Stato dalla giurisdizione (Germania c. Italia), cit.).

• La CIG si pronunciava, come già visto, a favore della persistenza della

regola dell’immunità della giurisdizione dello Stato per atti di guerra

(atti iure imperii, ossia assunti nell’esercizio del potere pubblico statale),

anche qualora detti atti avessero implicato la commissione, da parte dello

Stato straniero, di crimini di guerra o di crimini contro l’umanità (quali

la deportazione di civili e la loro sottoposizione a lavoro forzato nei

campi di concentramento e di sterminio del Terzo Reich). In base alla

ricostruzione della prassi internazionale la CIG nega il consolidarsi di

una deroga limitativa del campo d’azione delle immunità.

• In esecuzione di tale pronuncia (ex art. 94 Carta ONU) l’Italia adotta

diverse misure normative (che implicano, fra l’altro, la paralisi dei

procedimenti risarcitori in corso dinanzi alle giurisdizioni civili italiane).

La nozione di adattamento

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previste da accordo

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L’ADATTAMENTO AL DIRITTO INTERNAZIONALE

• La Corte costituzionale è investita dal Tribunale di Firenze proprio della

legittimità costituzionale della consuetudine internazionale sulle immunità,

come ricostruita dalla Corte internazionale, e come «attuata» normativamente

in Italia nel rispetto dei vincoli internazionali.

• La Corte s’assume il compito (per il quale è esclusivamente competente) di

svolgere «una verifica di compatibilità costituzionale, nel caso concreto, che

garantisca l’intangibilità di principi fondamentali dell’ordinamento interno

ovvero ne riduca al minimo il sacrificio» (sentenza cit., punto 3.1 e 3.2 del

considerato in diritto). E ricorda che «Una simile verifica si rivela, peraltro,

indispensabile alla luce dell’art. 10, primo comma, Cost., il quale impone a

questa Corte di accertare se la norma del diritto internazionale generalmente

riconosciuta sull’immunità dalla giurisdizione degli Stati stranieri, come

interpretata nell’ordinamento internazionale, possa entrare nell’ordinamento

costituzionale, in quanto non contrastante con principi fondamentali e diritti

inviolabili».

• «Il verificarsi di tale ultima ipotesi, infatti, «esclude l’operatività del rinvio

alla norma internazionale» (sentenza n. 311 del 2009), con la conseguenza

inevitabile che la norma internazionale, per la parte confliggente con i principi

ed i diritti inviolabili, non entra nell’ordinamento italiano e non può essere

quindi applicata» (punto 3.4 del considerato in diritto).

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Page 35: L’ADATTAMENTO AL DIRITTO INTERNAZIONALE

L’ADATTAMENTO AL DIRITTO INTERNAZIONALE

• Secondo la Corte costituzionale la norma internazionale sulle immunità, nella

configurazione che ne ha dato la Corte internazionale, confligge insanabilmente

con gli art. 2 e 24 Cost..: e non può fare ingresso nell’ordinamento

repubblicano.

• Le motivazioni che sorreggono tale conclusione sono le seguenti (v. punto 3.4

del considerato in diritto).

• i) La Corte ammette che il diritto alla tutela giurisdizionale di cui all’art. 24

Cost., «annoverato tra i “principi supremi” dell’ordinamento costituzionale» (e

peraltro nel caso coniugato con la tutela di diritti fondamentali e assoluti, quali

quelli in gioco: v. anche Convenzione EDU sul punto), possa subire limitazioni,

ma solo a condizione che il limite sia giustificato «da un interesse pubblico

riconoscibile come potenzialmente preminente».

• ii) Ora nel caso di specie non si rinviene l’interesse pubblico a giustificazione

dell’immunità, e dunque della compressione del diritto-principio di cui all’art.

24 Cost. Il punto è decisivo. In effetti «il sacrificio del principio della tutela

giurisdizionale dei diritti inviolabili garantito dalla Costituzione» non è

ricollegabile «con la funzione sovrana dello Stato straniero, con l’esercizio

tipico della sua potestà di governo».

La nozione di adattamento

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L’adattamento agli accordi e alle fonti

previste da accordo

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Page 36: L’ADATTAMENTO AL DIRITTO INTERNAZIONALE

L’ADATTAMENTO AL DIRITTO INTERNAZIONALE

• Invero le attività coperte da immunità sono attività estranee all’attività

di governo, e inerenti piuttosto alla patologia di tale attività (trattandosi

di «atti quali la deportazione, i lavori forzati, gli eccidi, riconosciuti

come crimini contro l’umanità»).

• Manca dunque l’interesse pubblico giustificativo del limite imposto al

principio fondamentale dell’art. 24 Cost.: non «si ravvisa, nell’ambito

dell’ordinamento costituzionale, un interesse pubblico tale da risultare

preminente al punto da giustificare il sacrificio del diritto alla tutela

giurisdizionale di diritti fondamentali (artt. 2 e 24 Cost.), lesi da

condotte riconosciute quali crimini gravi».

• iii) Infine la rigidità delle regola sulle immunità non rispetta il

principio di proporzionalità e, dunque, non svolge un adeguato

bilanciamento fra interessi confliggenti: «la norma consuetudinaria

internazionale sull’immunità dalla giurisdizione degli Stati stranieri,

con la portata definita dalla CIG, nella parte in cui esclude la

giurisdizione del giudice a conoscere delle richieste di risarcimento dei

danni delle vittime di crimini contro l’umanità e di gravi violazioni dei

diritti fondamentali della persona, determina il sacrificio totale del

diritto alla tutela giurisdizionale dei diritti delle suddette vittime»; e

La nozione di adattamento

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previste da accordo

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Page 37: L’ADATTAMENTO AL DIRITTO INTERNAZIONALE

L’ADATTAMENTO AL DIRITTO INTERNAZIONALE

• «la circostanza che per la tutela dei diritti fondamentali delle vittime

dei crimini di cui si tratta, ormai risalenti, sia preclusa la verifica

giurisdizionale rende del tutto sproporzionato il sacrificio di due

principi supremi consegnati nella Costituzione rispetto all’obiettivo di

non incidere sull’esercizio della potestà di governo dello Stato,

allorquando quest’ultima si sia espressa, come nella specie, con

comportamenti qualificabili e qualificati come crimini di guerra e

contro l’umanità, lesivi di diritti inviolabili della persona, in quanto

tali estranei all’esercizio legittimo della potestà di governo».

• La Corte ne conclude che la norma sull’immunità, nei modi configurati

dalla CIG, non ha fatto ingresso nell’ordinamento italiano: «La

questione prospettata dal giudice rimettente con riguardo alla norma

«prodotta nel nostro ordinamento mediante il recepimento, ai sensi

dell’art. 10, primo comma, Cost.», della norma consuetudinaria di

diritto internazionale sull’immunità degli Stati dalla giurisdizione

civile degli altri Stati è, dunque, non fondata»,

La nozione di adattamento

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L’adattamento agli accordi e alle fonti

previste da accordo

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Page 38: L’ADATTAMENTO AL DIRITTO INTERNAZIONALE

L’ADATTAMENTO AL DIRITTO INTERNAZIONALE

• posto che «che la norma internazionale alla quale il nostro

ordinamento si è conformato in virtù dell’art. 10, primo comma,

Cost. non comprende l’immunità degli Stati dalla giurisdizione

civile in relazione ad azioni di danni derivanti da crimini di guerra

e contro l’umanità, lesivi di diritti inviolabili della persona, i quali

risultano per ciò stesso non privi della necessaria tutela

giurisdizionale effettiva» (punto 3.5).

• In sostanza: la conseguenza dell’accertato conflitto fra

consuetudine internazionale e principi supremi della Costituzione è

la «chiusura» del trasformatore permanente di cui all’art. 10, primo

comma, Cost.

• La prospettiva della Corte cost. appare tuttavia, e in principio,

aperta al diritto internazionale (v. la sentenza). La logica del

bilanciamento e della conciliazione fra esigenze internazionali e

interne, ben diversa dalla costruzione formalista della sentenza n.

48 del 1979, ne è dimostrazione.

La nozione di adattamento

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L’adattamento al diritto consuetudinario

L’adattamento agli accordi e alle fonti

previste da accordo

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Page 39: L’ADATTAMENTO AL DIRITTO INTERNAZIONALE

L’ADATTAMENTO AL DIRITTO INTERNAZIONALE

• Ciò, sebbene nel caso di specie la «soluzione di chiusura» discenda

dal carattere rigido, e «cieco» alla tutela dei diritti fondamentali dei

singoli, proprio della disciplina consuetudinaria in esame (che

«determina il sacrificio totale del diritto alla tutela giurisdizionale

dei diritti» delle vittime di gravi violazioni dei diritti umani

fondamentali).

• L’adattamento agli accordi e alle fonti previste da accordo

• Per i trattati la Costituzione non prevede una norma

sull’adattamento. L’adattamento alle convenzioni è dunque stabilito

con atto del legislatore (talora con atto sub-legislativo). Per il

principio dualista (o di separazione fra ordinamenti) è infatti

necessario in ogni caso un atto interno di «trasmissione» o

trasformazione dell’accordo internazionale in diritto interno.

• Il Parlamento gode in materia di discrezionalità: può scegliere il

procedimento speciale dell’ordine di esecuzione; ovvero il

procedimento ordinario e assumere, allora una legge che opera

trasposizione o ricezione materiale (attraverso norme dettagliate)

della disciplina convenzionale.

La nozione di adattamento

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L’adattamento al diritto consuetudinario

L’adattamento agli accordi e alle fonti

previste da accordo

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Page 40: L’ADATTAMENTO AL DIRITTO INTERNAZIONALE

L’ADATTAMENTO AL DIRITTO INTERNAZIONALE

• Il ricorso all’uno o all’altro metodo dipende dal tipo di trattato interessato. Se

il trattato contiene norme vaghe o implicanti scelte normative (v. infra,

problema dell’applicabilità diretta), il legislatore può ricorrere al

procedimento ordinario ovvero al procedimento misto (ordine di esecuzione e

norme integrative). Il diritto internazionale si disinteressa, come ricordato, dei

modi di adattamento del diritto interno ai trattati, purché il trattato sia

adempiuto in buona fede (art. 26 e 27 CVDT).

• Il procedimento ordinario non si differenzia in nulla dal procedimento

normalmente utilizzato dalle Camere per la produzione legislativa: unica

differenza risiede nella finalità della legge, che è quella di attuare

specificamente, attraverso una disciplina organica, un trattato internazionale;

o di rispettare vincoli convenzionali che incidono su un settore del diritto o

del processo interno oggetto di riforma legislativa.

• Si pensi, a tale ultimo riguardo a) alle norme della Convenzione europea dei

diritti dell’uomo recepite nella disciplina del processo penale italiano (la

legge di riforma del processo penale 1988 era soggetta al vincolo di

conformità alla CEDU sancito dall’art. 2 della legge delega del 16 febbraio

1987, n. 81, secondo cui il legislatore delegato deve «adeguarsi alle norme

delle convenzioni internazionali ratificate dall'Italia e relative ai diritti della

persona e al processo penale»);

La nozione di adattamento

Le prospettive teoriche: dualismo e

monismo

I procedimenti di adattamento

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previste da accordo

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L’ADATTAMENTO AL DIRITTO INTERNAZIONALE

• b) oppure ai principi processuali di diritto dell’Unione recepiti nella disciplina

italiana del processo amministrativo (v. decreto legislativo n. 104 del 2.7.2010

recante il codice del processo amministrativo, in attuazione dell'art. 44 della l. n.

69 del 18.6.2009 recante delega al governo per il riordino del processo

amministrativo).

• Per converso, il procedimento c.d. speciale consiste nell’adozione di un ordine

di esecuzione con cui il legislatore impone che sia data «piena e intera

esecuzione» (formula di rito) al trattato, che è riprodotto in allegato alla legge in

cui l’ordine d’esecuzione è contenuto. Il testo del trattato oggetto d’esecuzione

è, di solito, tradotto nella lingua italiana, anche se non ufficiale, autentica o

facente fede. La traduzione in italiano si giustifica con l’esigenza che la

disciplina rinviata sia pienamente conoscibile agli operatori italiani.

• Per esigenze di praticità e di economia normativa, l’ordine di esecuzione è dato

con la medesima legge che contiene anche l’autorizzazione alla ratifica del

Presidente della Repubblica (ex art. 80 Costituzione). Trattasi però di due

strumenti distinti, e che producono effetti distinti. Infatti, come già ricordato, la

legge di autorizzazione alla ratifica consente il perfezionamento del

procedimento di stipulazione del trattato (è la c.d. fase ascendente).

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previste da accordo

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L’ADATTAMENTO AL DIRITTO INTERNAZIONALE

• Per converso l’ordine di esecuzione consente e impone l’applicazione

interna del trattato, e dunque la sua «attuazione», che presuppone il

perfezionamento e la presa d’efficacia del vincolo internazionale (è la

c.d. fase discendente o attuativa).

• Mediante detto procedimento di rinvio le norme interne di

adattamento al trattato si producono automaticamente quando (e se) il

trattato entra internazionalmente in vigore. Ne consegue che la legge

che contiene l’ordine di esecuzione non è soggetta alla c.d. vacatio

legis (art. 10 preleggi: applicabilità della legge dopo 15 giorni dalla

pubblicazione).

• Il procedimento speciale, assai diffuso nella prassi, assicura taluni

vantaggi (rispetto al procedimento ordinario, infra): maggiore

flessibilità e aderenza al diritto internazionale, responsabilizzazione

dell’amministratore e del giudice interno. L’ordine di esecuzione

pone all’operatore un onere di documentazione (circa le riserve

apposte dall’Italia, i principi internazionali sull’interpretazione,

l’efficacia e la validità del trattato da applicare, l’esistenza di

sentenze o lodi arbitrali internazionali che ne hanno chiarito la

portata, ecc.) e di sensibilità «internazionale».

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L’ADATTAMENTO AL DIRITTO INTERNAZIONALE

• Infine, l’eventuale errore interpretativo in cui incorra

l’amministratore o il giudice può essere tempestivamente corretto,

se rilevato da una parte in causa, nell'ambito del sistema interno dei

ricorsi (in appello o in cassazione).

• Esso conosce tuttavia dei limiti operativi. Come già accennato con

riguardo alle consuetudini internazionali, il meccanismo dell’ordine

di esecuzione (di rinvio) può funzionare solo con riferimento a

norme convenzionali auto-applicative («accordi self-executing»).

• In altri termini il rinvio opera efficacemente solo se le norme del

trattato sono sufficientemente determinate e univoche per essere

applicate dall’amministratore e dal giudice (in particolar modo dal

giudice penale) (v. per analogia quanto detto con riguardo

all’efficacia interna delle norme consuetudinarie rinviate dall’art.

10, primo comma, Cost.).

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L’ADATTAMENTO AL DIRITTO INTERNAZIONALE

• Il problema della diretta applicabilità delle norme di trattato

richiamato dall’ordine di esecuzione

• Il problema della «diretta applicabilità» delle norme convenzionali ai

fini della produzione di diritti e obblighi per i singoli, invocabili in un

giudizio interno, per solo effetto dell’ordine di esecuzione, è venuto in

rilievo tanto nella giurisprudenza di legittimità quanto nella

giurisprudenza costituzionale italiana.

• Le norme convenzionali qualificate come direttamente applicabili

producono diritti e obblighi a favore o a carico dei singoli e

corrispondenti regole di condotta a carico dell’amministrazione pubblica

e del giudice nazionale. Al contrario, le norme dei trattati ritenute non

direttamente applicabili non producono effetti costitutivi di diritti o di

obblighi individuali, né possono essere invocate in un procedimento

interno (civile, penale o amministrativo). Si tratterà di norme «ad

applicazione differita». I soggetti interessati dovranno in principio

attendere l’adozione di una normativa (interna) di specificazione.

• La Corte cost. ha affermato in proposito:

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L’ADATTAMENTO AL DIRITTO INTERNAZIONALE

• «l'atto del legislatore, in cui è contenuto un ordine di esecuzione,

sta con la sottostante disciplina pattizia in quel particolare nesso

funzionale, che è caratteristico della normazione prodotta mediante

rinvio al trattato. Le norme poste nell'accordo devono, perché

possa funzionare questo tipo di adattamento, essere suscettibili di

immediata applicazione: di guisa che da esse si estrae il contenuto

delle corrispondenti norme immesse nell'ordinamento interno, la

cui sfera di efficacia, soggettiva e temporale, dipende da quella

delle stesse statuizioni pattizie» (sentenza n. 295 del 1984 sul caso

Medusa Distribuzione, cit., punto 5 del considerato in diritto).

• La diretta applicabilità dei trattati, secondo le giurisdizioni interne,

è da accertare in base:

• i) alle caratteristiche generali del trattato, comprese le finalità

perseguite dalle Parti contraenti: la giurisdizione interna s’interroga

sul se il trattato abbia lo scopo di attribuire diritti ai singoli ovvero

si limiti a orientare l’azione legislativa interna (nel caso di norme

pattizie «programmatiche»):

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L’ADATTAMENTO AL DIRITTO INTERNAZIONALE

• v. caso Di Lazzaro, in cui la Corte cost. esclude che l'art. 6, par. 1, della

Convenzione europea sull’adozione dei minori, fatta a Strasburgo il 24

aprile 1967 nell’ambito del Consiglio d’Europa, fondi un diritto

individuale all’adozione dei minori (in assenza di previsioni legislative

interne in tal senso). Secondo detto art. 6, par. 1, «la legge permette

l'adozione di un minore solo da parte di due persone unite in

matrimonio... o da parte di un solo adottante»; la Corte ritiene che la

disposizione non può essere applicata direttamente a favore della sig.ra

Di Lazzaro, per fondare un diritto soggettivo all’adozione come

«single».

• Infatti la storia legislativa della Convenzione e il linguaggio di facoltà

utilizzato configurano una disciplina meramente programmatica, che

dev’essere attuata previamente dal legislatore italiano (Corte

costituzionale, sentenza n. 183 del 1994, Di Lazzaro);

• ii) al contenuto precettivo della norma convenzionale invocata: la

giurisprudenza esclude che norme redatte in modo vago o impreciso

(per es. norme principio) possano essere azionate in un giudizio interno

(non essendo soddisfatto il criterio di autosufficienza della norma).

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L’ADATTAMENTO AL DIRITTO INTERNAZIONALE

• Per es., secondo la Cassazione, la «Ecotassa» prevista

dall’ordinamento italiano, che deve essere versata dal gestore della

discarica di rifiuti, non può essere contestata con riguardo al principio

«chi inquina paga» (art. 191, par. 2, TFUE), poiché tale principio «ha

una funzione essenzialmente programmatica e non costituisce norma

direttamente applicabile, giacché esso non specifica dettagliatamente

il contenuto delle obbligazioni poste in capo ai responsabili» (Cass.,

Civile, sentenza n. 19326 del 2019, Ecologia Viterbo c. Regione

Lazio).

• Anche norme definite sono state tuttavia ritenute prive di applicabilità

diretta in ragione dell’assenza di una normativa legislativa di dettaglio:

così il diritto del lavoratore di mare al «congedo annuale retribuito»,

che non può essere inferiore a 30 giorni, sancito dalla Convenzione

OIL n. 146, ratificata e resa esecutiva in Italia con l. n. 159 del 1981,

non ha, secondo la Corte, «immediato valore precettivo nel nostro

ordinamento, in difetto dell’approvazione di una specifica norma

nazionale o della stipulazione di contratti collettivi che diano

attuazione alla norma indicata» (Cass., sez. lavoro, sentenza n. 1062

del 6.2.1999, Iacomino c. Tirrenia di navigazione Spa).

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L’ADATTAMENTO AL DIRITTO INTERNAZIONALE

• Anche in caso di norme pattizie generiche o imprecise (ai fini della

loro applicazione diretta interna), e fermo l’obbligo statale di assumere

le misure integrative necessarie, il giudice interno può, e deve, cercare

di dar loro efficacia in via interpretativa, ossia interpretando il

diritto interno in maniera conforme all’obiettivo e al contenuto della

garanzia internazionale.

• Ad esempio la Corte costituzionale (sentenza n. 10 del 1993,

Mujanovic Kasim (diritti di difesa dell'imputato straniero)) ha

interpretato l’art. 143, primo comma, c.p.p., che sancisce a beneficio

dell’imputato che non conosca la lingua italiana il diritto all’assistenza

gratuita di un interprete, alla luce degli art. 6, terzo comma, lettera a),

CEDU (secondo cui «ogni accusato ha diritto ( ..) a essere informato,

nel più breve spazio di tempo, nella lingua che egli comprende e in

maniera dettagliata, della natura e dei motivi dell'accusa a lui

rivolta») e dell’art. 14, terzo comma, lettera a), del Patto internazionale

relativo ai diritti civili e politici, oltre che alla luce del diritto

inviolabile di difesa di cui all’art. 24 e 2 Cost.

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L’ADATTAMENTO AL DIRITTO INTERNAZIONALE

• Ha dunque affermato: «Grazie al collegamento delle norme ora

richiamate con l'art. 143 c.p.p., che ad esse assicura la garanzia

dell'effettività e dell'applicabilità in concreto, il diritto dell'imputato

ad essere immediatamente e dettagliatamente informato nella lingua

da lui conosciuta della natura e dei motivi dell'imputazione

contestatagli dev'esser considerato un diritto soggettivo perfetto,

direttamente azionabile».

• Pertanto «il giudice è sottoposto al vincolo interpretativo di

conferire alle norme, che contengono le garanzie dei diritti di difesa

in ordine alla esatta comprensione dell'accusa, un significato

espansivo, diretto a render concreto ed effettivo, nei limiti del

possibile, il sopra indicato diritto dell'imputato» (punto 2 del

considerato in diritto).

• In conclusione, la garanzia di cui al codice di procedura penale

include la garanzia del diritto all’interpretazione, e quella (implicita)

del diritto alla traduzione degli atti scritti, in conformità all’oggetto

e allo scopo delle su citate norme internazionali.

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L’ADATTAMENTO AL DIRITTO INTERNAZIONALE

• Procedimenti di adattamento e fonti previste da accordi.

• L’ordine di esecuzione, secondo la prassi, immette

nell’ordinamento italiano gli obblighi derivanti dal trattato oggetto

di rinvio. Nel rinvio sono compresi, in principio, i procedimenti di

produzione giuridica previsti dal trattato, qualora provvisti di effetti

vincolanti nei confronti degli Stati membri (c.d. norme istituzionali

o strumentali).

• Ne consegue che se il trattato impone o vieta determinati metodi di

adattamento, questo vincolo sarà operante nell’ordinamento italiano

per effetto dell’ordine di esecuzione.

• Un (raro, ma fondamentale) esempio al riguardo è costituito

dall’art. 288 TFUE: detta norma implica compressione della

discrezionalità dell’ordinamento interno nello scegliere le modalità

di adattamento al diritto derivato dell’Unione europea.

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Page 51: L’ADATTAMENTO AL DIRITTO INTERNAZIONALE

L’ADATTAMENTO AL DIRITTO INTERNAZIONALE

• Secondo l’art. 288, par. 2, i regolamenti dell’Unione entrano in

vigore e sono (direttamente) applicabili in Italia per effetto

dell’ordine di esecuzione «originario» dato ai Trattati di Unione.

L’impiego ulteriore del procedimento ordinario o speciale con

riguardo a un regolamento adottato dalle Istituzioni europee è

dunque vietato (salvo eccezioni). Secondo la stessa logica, ma con

modalità invertita, l’art. 288, par. 3, TFUE impone che il legislatore

interno attui le direttive europee mediante procedimento ordinario,

recante una disciplina dettagliata (è dunque vietato il recepimento

interno delle direttive mediante ordine di esecuzione).

• Qualora il trattato eseguito in Italia con ordine di esecuzione non

contenga vincoli siffatti, resta in materia piena discrezionalità allo

Stato. Il Parlamento potrà optare per un’attuazione diretta (tramite

ordine di esecuzione ulteriore) degli atti derivati (fonti previste da

accordi) adottati sul piano internazionale, ovvero procedere a un

loro recepimento tramite procedimento ordinario e conseguente

legge di «incorporazione».

La nozione di adattamento

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L’adattamento agli accordi e alle fonti

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Page 52: L’ADATTAMENTO AL DIRITTO INTERNAZIONALE

L’ADATTAMENTO AL DIRITTO INTERNAZIONALE

• Quest’ultimo metodo è stato sistematicamente utilizzato, in passato, per

l’attuazione delle decisioni vincolanti adottate dal Consiglio di

Sicurezza dell’ONU ai sensi dell’art. 41 Carta. Si tratta di decisioni che

stabiliscono «sanzioni» nei confronti di Stati, o di organi di Stati

responsabili di aver minacciato l’uso della forza o di aver violato il

divieto di uso della forza armata internazionale. Detti atti hanno

implicazioni penali o comunque limitative dei diritti fondamentali delle

persone colpite dalle sanzioni. È stato dunque necessario ricorrere al

procedimento ordinario di adattamento per esigenze di certezza del

diritto (costituzionalmente tutelate e imposte).

• Il rango dei trattati nell’ordinamento italiano

• Attraverso i procedimenti ordinario o speciale i trattati sono dunque

immessi nell’ordinamento italiano tramite legge.

• Si tratta in genere di legge ordinaria. L’impiego della legge

costituzionale è stato riservato alla trasposizione di strumenti

internazionali che implicano revisione costituzionale parziale.

La nozione di adattamento

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L’ADATTAMENTO AL DIRITTO INTERNAZIONALE

• Esempi: con legge costituzionale sono stati attuati: la Convenzione

sulla prevenzione e la repressione del crimine di genocidio, entrata in

vigore il 12.1.1951 (ratificata ed eseguita dall’Italia con l. 11.3.1952,

n. 153; è poi ulteriormente intervenuta la l. cost. 21.6.1967, n. 1, sull’

estradizione per i delitti di genocidio, che ha modificato gli art. 10 e

26 Cost., consentendo l'estradizione del cittadino «ove sia

espressamente prevista dalle convenzioni internazionali»); e il Trattato

sulla stabilità, il coordinamento e la governance nell’Unione

economica e monetaria” (cd. Fiscal Compact), 1-2 marzo 2012, che ha

richiesto l’adozione della l. cost. 20 aprile 2012, n. 1, Introduzione del

principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale, che ha

modificato conseguentemente gli artt. 81, 97, 117 e 119 Cost.

• Per determinare il rango del trattato in Italia l’interprete deve –

secondo il principio dualista (sopra) – far riferimento allo strumento

normativo interno che ne ha disposto l’esecuzione o l’immissione: se

si tratta di legge ordinaria, il trattato godrà di forza di legge ordinaria,

se si tratta di legge costituzionale, il trattato godrà di forza

costituzionale.

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L’ADATTAMENTO AL DIRITTO INTERNAZIONALE

• Poiché la prassi è, come detto, sistematicamente orientata all’attuazione

dei trattati mediante legge ordinaria, la disciplina convenzionale è a

rischio d’essere contraddetta, o finanche abrogata, da leggi ulteriori,

incompatibili con la disciplina convenzionale. In tal caso l’Italia rischia

d’incorrere in responsabilità internazionale per violazione del trattato (e

degli art. 26 e 27 CVDT).

• Per rimediare a tale rischio, nell’ordinamento italiano vige, innanzitutto,

l’obbligo della interpretazione del diritto interno (anche sopravvenuto)

ai vincoli convenzionali dello Stato. In base al principio

dell’interpretazione conforme la legge sopravvenuta e in conflitto con

leggi di adattamento a trattati deve essere conformata in via

interpretativa, nei limiti del possibile, agli obblighi convenzionali dello

Stato (v. anche l’analogo istituto della «presunzione di conformità» del

diritto primario ai vincoli pattizi dello Stato, vincoli che il legislatore

non ha inteso disattendere, salvo manifesta prova contraria).

• L’opera di conciliazione tra fonti mediante interpretazione è affidata al

giudice ordinario (e costituzionale) e opera nei limiti in cui la legge gli

consenta margini di interpretazione.

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L’ADATTAMENTO AL DIRITTO INTERNAZIONALE

• La Costituzione repubblicana sancisce inoltre talune garanzie a

copertura dei trattati che vincolano l’Italia. Si tratta della garanzia

generale sancita dall’art. 117, par. 1, Cost. (dopo la riforma del Titolo

V Cost.: l. cost. n. 3 del 18 ottobre 2001); e delle garanzie specifiche,

sancite per tipologia di trattati, dagli art. 7, 10, comma 2, e 11 Cost.

• Vediamole distintamente nel testo e negli effetti (come chiariti dalla

giurisprudenza costituzionale).

• 1. L’art. 117, par. 1, Cost. nella sua versione attuale sancisce che «La

potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto

della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento

comunitario [dell’Unione europea] e dagli obblighi internazionali».

• La norma impone dunque al legislatore statale e regionale un vincolo

di conformità normativa agli impegni derivanti dal diritto

dell’Unione e, per quanto qui rileva, dal diritto internazionale, in

particolare convenzionale. Ciò è ulteriormente chiarito dal cit. d.lgs.

n. 131 del 2003.

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L’ADATTAMENTO AL DIRITTO INTERNAZIONALE

• Secondo l’art. 1, par. 1, di tale atto, costituiscono vincoli alla potestà

legislativa dello Stato e delle Regioni, ai sensi dell’art. 117, primo

comma, Cost. «quelli derivanti dalle norme di diritto internazionale

generalmente riconosciute, di cui all’art. 10 Cost, da accordi di

reciproca limitazione della sovranità, di cui all’art. 11 Cost.,

dall’ordinamento comunitario e dai trattati internazionali».

• Per quanto riguarda il contenuto, dunque, l’art. 117, par. 1, richiama

(o rinvia a) gli obblighi dello Stato, derivanti da trattati resi esecutivi

in Italia, e li assume come altrettanti «parametri» costituzionali della

legislazione statale (secondo il meccanismo dell’interposizione

normativa del diritto internazionale).

• Per l’effetto, ove la Corte costituzionale accerti, su sollecitazione del

giudice ordinario, che una disposizione interna è in contrasto

insanabile con un trattato, detta disposizione è dichiarata

incostituzionale (e rimossa, con effetti erga omnes e ex tunc) per

violazione (indiretta) dell’art. 117, par. 1, Cost.

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L’ADATTAMENTO AL DIRITTO INTERNAZIONALE

• La Corte costituzionale s’è occupata in varie occasioni delle

conseguenze del conflitto fra leggi interne e trattati internazionali

richiamati dall’art. 117, par. 1, Cost.

• La maggior parte della casistica concerne il conflitto fra leggi

interne e Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU).

• A partire dalle sentenze gemelle del 2007 (sentenza n. 348 del 2007,

redattore Silvestri, e n. 349 del 2007, redattore Tesauro) la Corte ha

attribuito ai trattati coperti dall’art. 117, par. 1, una posizione

preminente rispetto alla legge ordinaria, nei termini che seguono:

• i) l’art. 117, par. 1, produce un «rinvio mobile» al diritto

internazionale convenzionale da parte della Costituzione; l'ambito

d'applicazione della garanzia costituzionale riguarda i trattati

stipulati ed eseguiti nel rispetto del diritto interno (art. 1 e art. 80

Cost, in particolare); ne sono dunque esclusi i trattati stipulati dal

potere esecutivo (trattati c.d. informali o in forma semplificata), nel

rispetto del principio democratico sancito dall’art. 1 Cost.

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Page 58: L’ADATTAMENTO AL DIRITTO INTERNAZIONALE

L’ADATTAMENTO AL DIRITTO INTERNAZIONALE

• ii) la Convenzione europea, eseguita con l. ordinaria, assume, in Italia,

per effetto dell’art. 117, par. 1, Cost., una «copertura costituzionale

qualificata». In pratica, assume un rango superiore alla legge, ma

inferiore alla Cost. (ivi compresi, naturalmente, i suoi principi e diritti

fondamentali) o, se si preferisce, una posizione «intermedia» fra la

legge ordinaria e la Costituzione.

• iii) Va osservato che la copertura di cui all’art. 117, par. 1, Cost. opera a

beneficio dei trattati solo nel caso in cui questi siano contraddetti da

norme primarie interne; per il resto, il trattato conserva, nel diritto

interno, la forza giuridica che è propria alla legge che ha realizzato

l’adattamento (e può essere assoggettato a sua volta dunque, in caso di

contrasto con norme costituzionali, a sindacato di costituzionalità,

peraltro generalizzato, e non limitato ai principi e ai diritti inalienabili

della persona costituzionalmente garantiti: infra).

• 2. La Cost. prevede altre garanzie settoriali a favore di talune categorie

di trattati (secondo il principio della lex specialis). Vale accennarvi

brevemente:

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L’ADATTAMENTO AL DIRITTO INTERNAZIONALE

• i) godono di copertura costituzionale e, per l’effetto, di una forza di

resistenza speciale all’abrogazione o alla modifica da parte della legge

sopravvenuta i concordati, ossia i trattati che disciplinano i rapporti fra lo

Stato e la Chiesa cattolica.

• Ai sensi dell’art. 7 Cost. detti rapporti «rapporti sono regolati dai Patti

Lateranensi. Le modificazioni dei Patti, accettate dalle due parti, non

richiedono procedimento di revisione costituzionale». La norma va

intesa nel senso che leggi interne di modifica (unilaterale) dei Patti non

sono ammissibili, in quanto contrastanti con l’art. 7 Cost. cit.

• ii) godono altresì di una certa copertura costituzionale e resistenza

all’abrogazione o alla modifica per effetto della legge i trattati che

presidiano i diritti dello straniero: ai sensi dell’art. 10, secondo comma,

Cost., «la condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in

conformità delle norme e dei trattati internazionali». Ne deriva dunque

che l’accertata difformità fra la legge interna e un trattato avente a

oggetto la condizione giuridica dello straniero conduce alla caducazione

della legge medesima per violazione indiretta dell’art. 10, secondo

comma, Cost.

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L’ADATTAMENTO AL DIRITTO INTERNAZIONALE

• iii) godono infine di ampia copertura costituzionale i trattati «di

reciproca limitazione della sovranità, di cui all’art. 11 Cost». L’art.

11 Cost. è stato inserito in Costituzione per consentire (come norma

permissiva) l’assunzione di limitazioni della sovranità nazionale

mediante legge ordinaria, ossia la legge di adesione dell’Italia alle

Nazioni Unite (v. l’ordine di esecuzione «postumo» contenuto nella l.

n. 848 del 17.8.1957, che ha retroagito al momento in cui l’Italia è

divenuta membro delle Nazioni Unite, a decorrere dal 14.12.1955).

• Nella giurisprudenza costituzionale l’art. 11, seconda frase («L’Italia

…. consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle

limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la

pace e la giustizia fra le Nazioni») è stato tuttavia richiamato a

fondamento dei trattati di integrazione europea (oggi: TUE e TFUE),

come norma di garanzia.

• Questi si vedono attribuita piena forza costituzionale (sentenza n.

232 del 30.10.1975, ICIC, punto 8 del considerato in diritto).

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L’adattamento al diritto consuetudinario

L’adattamento agli accordi e alle fonti

previste da accordo

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L’ADATTAMENTO AL DIRITTO INTERNAZIONALE

• Inoltre le norme derivanti dai Trattati di integrazione europea (ivi

compreso il diritto derivato e i principi), se direttamente efficaci,

prevalgono immediatamente sulla legge interna in conflitto, essendo lo

stesso giudice ordinario (il giudice della controversia) tenuto a lasciare

inapplicata la disciplina interna incompatibile (sentenza n. 170

dell’8.6.1984, Granital).

• In tale ultima pronuncia la Corte costituzionale ha sancito: «la garanzia

che circonda l'applicazione di tale normativa [la normativa derivante

dai Trattati europei] è - grazie al precetto dell'art. 11 Cost., com'è

sopra chiarito - piena e continua. Precisamente, le disposizioni della

CEE, le quali soddisfano i requisiti dell'immediata applicabilità

devono, al medesimo titolo, entrare e permanere in vigore nel territorio

italiano, senza che la sfera della loro efficacia possa essere intaccata

dalla legge ordinaria dello Stato. Non importa, al riguardo, se questa

legge sia anteriore o successiva».

• Quanto alla competenza d’accertamento del conflitto fra il diritto

dell’Unione europea (protetto dall’art. 11 Cost.) e la normativa interna,

che è rimessa al giudice ordinario (e non alla Corte costituzionale, come

nella generalità dei casi), la Corte ha precisato:

La nozione di adattamento

Le prospettive teoriche: dualismo e

monismo

I procedimenti di adattamento

L’adattamento al diritto consuetudinario

L’adattamento agli accordi e alle fonti

previste da accordo

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L’ADATTAMENTO AL DIRITTO INTERNAZIONALE

• «Il regolamento comunitario va, dunque, sempre applicato, sia che

segua, sia che preceda nel tempo le leggi ordinarie con esso

incompatibili: e il giudice nazionale investito della relativa

applicazione potrà giovarsi dell'ausilio che gli offre lo strumento

della questione pregiudiziale di interpretazione, ai sensi dell'art.

177 del Trattato [oggi: art. 267 TFUE]» (sentenza n. 170/1984,

Granital, cit., punti 5 e 6 del considerato in diritto).

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Le prospettive teoriche: dualismo e

monismo

I procedimenti di adattamento

L’adattamento al diritto consuetudinario

L’adattamento agli accordi e alle fonti

previste da accordo

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L’ADATTAMENTO AL DIRITTO INTERNAZIONALE

• I limiti costituzionali all’adattamento ai trattati internazionali (e alle fonti

previste da accordi)

• I trattati internazionali (come la consuetudine internazionale) non possono

violare la Costituzione, in particolare i suoi principi fondamentali e i diritti

inalienabili da essa protetti, ossia i super-principi costituzionali che

caratterizzano «l’identità costituzionale» del nostro paese e che sono sottratti

anche ai procedimenti di revisione costituzionale.

• Il sindacato della Corte costituzionale va a presidio di tale intangibilità, come

riconosciuto sin dalla sentenza n. 98 del 1965, Acciaierie San Michele. La

giurisprudenza costituzionale in materia è assai ricca, e converrà richiamarla

brevemente (giurisprudenza sui c.d. controlimiti costituzionali all’efficacia

interna dei trattati).

• Nelle sentenze n. 54 del 1979, Cuillier e Ciamborrani, e n. 223 del 1996,

Venezia, la Corte ha ritenuto che il diritto alla vita presidiato dall’art. 2 Cost. e il

divieto di comminazione della pena di morte di cui all’ art. 27, comma 4, Cost.,

costituiscono «diritti assoluti»; essi ostano all’efficacia interna dei trattati

sull’estradizione, nella misura in cui detti trattati impongono al nostro Paese di

concedere l’estradizione verso Stati terzi, dove l’individuo estradato (cittadino o

straniero) rischia di subire la pena capitale.

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I procedimenti di adattamento

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L’ADATTAMENTO AL DIRITTO INTERNAZIONALE

• Nella sentenza n. 238 del 22.10.2014, S.F., A.M. ed altri e B.D., cit.,

la Corte qualifica gli art. 2 e 24 Cost., nella specie il diritto alla tutela

giurisdizionale effettiva dei diritti inviolabili costituzionalmente

protetti, come limiti invalicabili all’ingresso di norme convenzionali

con essi in contrasto (nella fattispecie, come limiti all’ingresso della

sentenza del 2012 con cui la Corte internazionale di giustizia ha

accertato, in modo vincolante per l’Italia ai sensi dell’art. 94 Carta

ONU, la violazione della regola consuetudinaria sulle immunità dello

Stato straniero dalla giurisdizione: v. sopra).

• Nell’ordinanza n. 24/2017, M.A.S. e M.B., cit. e nella sentenza n.

115/2018, M.A.S. e M.B., cit., la Corte considera il principio di

legalità in materia penale di cui all’art. 25, comma 2, Cost. (e di cui

all’art. 49 Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea), che

vieta l’effetto retroattivo di norme penali così come l’individuazione

giudiziaria delle norme punitive (in violazione del principio di

determinatezza della legge penale), un limite assoluto all’ingresso di

norme convenzionali con esso in contrasto (nel caso, di norme-

principio di elaborazione giurisprudenziale a opera del giudice

dell’Unione europea).

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I procedimenti di adattamento

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L’ADATTAMENTO AL DIRITTO INTERNAZIONALE

• Nell’ordinanza n. 117/2019, D. B. e Commissione nazionale per le

società e la borsa (CONSOB), punto 7.1, la Corte include fra i principi

costituitivi dell’identità costituzionale del nostro ordinamento il «diritto

al silenzio» di cui beneficia l’imputato o l’indagato ai sensi degli art. 6

CEDU e 24 Cost., entrambi sul diritto fondamentale a un processo

equo e imparziale. Detto diritto al silenzio garantisce all’indagato la

«facoltà di non rispondere alle domande del giudice o dell’autorità

competente per le indagini» ed è opponibile non solo all’autorità penale

inquirente, ma anche all’autorità amministrativa accertante (la

CONSOB) qualora il procedimento può sfociare nell’applicazione di

sanzioni pecuniarie severe, di carattere punitivo e, dunque, in senso lato,

di natura penale).

• Nota metodologica. L’approccio della Corte costituzionale italiana, che

limita l’ingresso di norme convenzionali, appartenenti a trattati ratificati

e vincolati per il nostro Paese, in ragione del loro conflitto coi principi e

i diritti fondamentali protetti dalla Costituzione (ma non solo di origine

costituzionale), è condiviso da altre Corti costituzionali europee.

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L’ADATTAMENTO AL DIRITTO INTERNAZIONALE

• Per un recente esempio v. sentenza del 5.5.2020 del Tribunale costituzionale

federale tedesco che accerta la violazione dei principi costituzionali tedeschi

(principio di democrazia e di identità costituzionale) da parte di una decisione

assunta dalla BCE nel 2015 a tutela della stabilità della moneta unica europea

(programma di acquisto del debito pubblico degli Stati della zona euro in

difficoltà di bilancio). La decisione, a giudizio del Tribunale costituzionale,

sarebbe stata assunta in violazione del principio delle competenze di

attribuzione e del principio di proporzionalità e le sue conseguenze potrebbero

interferire con i poteri riservati dalla Costituzione al Parlamento tedesco. In

conseguenza gli organi tedeschi non possono partecipare all’attuazione e al

sostegno finanziario dell’atto in questione (punto 235) (sentenza reperibile on

line:

https://www.bundesverfassungsgericht.de/EN/Homepage/home_node.html).

• Effetti dell’operare dei limiti costituzionali all’adattamento ai trattati

• Nella casistica citata la Corte costituzionale, se ritiene la norma convenzionale

in contrasto con i principi costituzionali inviolabili, dichiara

costituzionalmente invalido (non il trattato, bensì) la norma della legge di

esecuzione del trattato «nella parte in cui» introduce la norma convenzionale

censurata nel diritto italiano.

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L’ADATTAMENTO AL DIRITTO INTERNAZIONALE

• Così ad esempio, in esito alla sentenza n. 238 del 2014, S.F., A.M. ed altri e

B.D., la Corte ha annullato la legge di esecuzione della Carta ONU, nella

parte in cui rende operativo in Italia il vincolo dell’art. 94 Carta.

• Tale prassi costante è giustificata dalla teoria dualista in base alla quale,

rimossa la norma di esecuzione, il trattato, limitatamente alla parte in cui è

incompatibile con la Costituzione, non ha efficacia alcuna nell’ordinamento

italiano (resta confinato al piano internazionale).

• ******

• Questioni di auto verifica

• A quale concezione teorica sono informati i rapporti fra ordinamento

italiano e diritto internazionale?

• In cosa consiste il procedimento speciale di rinvio? Quale natura possiede il

rinvio operato dal diritto interno?

• Quale norme consuetudinarie sono oggetto di richiamo da parte dell’art. 10,

primo comma, Costituzione?

• Cosa si intende quando si afferma che l’art. 10 cit. ha un effetto normativo?

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L’ADATTAMENTO AL DIRITTO INTERNAZIONALE

• Qual è, secondo la dottrina, la collocazione del diritto consuetudinario

imperativo nella gerarchia interna delle fonti?

• Quali sono i limiti all’adattamento operato dall’art. 10, primo comma,

Cost.?

• In particolare, perché l’adattamento «per rinvio» non può operare ove

la consuetudine ponga obblighi o facoltà di rilevanza «penale»?

• Perché la Corte costituzionale ha ritenuto, nel 2014, che la regola

consuetudinaria sulle immunità dello Stato dalla giurisdizione estera,

come interpretata dalla Corte internazionale di giustizia, non ha

ingresso in Italia?

• Quali effetti produce l’ordine di esecuzione?

• Cosa s’intende quando si afferma che l’ordine di esecuzione (o

l’adattamento speciale, o per rinvio, che esso produce) è inidoneo a

operare se il trattato che ne è oggetto è privo di diretta applicabilità?

• Cos’è l’obbligo di interpretazione conforme e quali conseguenze

produce?

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Le prospettive teoriche: dualismo e

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L’ADATTAMENTO AL DIRITTO INTERNAZIONALE

• In quali ipotesi è necessario il ricorso al procedimento ordinario di

adattamento a un trattato?

• In quali ipotesi è necessario il ricorso al procedimento ordinario di

adattamento a un trattato?

• Quale rango hanno i trattati nel diritto italiano? Qual è la fonte di

riferimento per determinare la loro posizione gerarchica?

• Secondo la giurisprudenza costituzionale quale garanzia assicura ai

trattati l’art. 117, par. 1, Cost.? E gli art. 7, 10, comma secondo e 11

Cost.?

• È possibile differenziare la forza delle norme di adattamento ai

trattati in ragione della norma costituzionale di copertura?

• Quali sono i limiti costituzionali individuati dalla Corte

costituzionale all’efficacia del procedimento di adattamento (teoria

dei c.d. controlimiti)?

• Quali conseguenze determina l’operare del limite costituzionale?

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