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Compendio di DIRITTO INTERNAZIONALE PRIVATO A cura del dott. Marco De Stasio www.studiodestasio.it

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Compendio di diritto internazionale privato

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Diritto Internazionale Privato

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Compendio di

DIRITTO INTERNAZIONALE PRIVATOA cura del dott. Marco De Stasiowww.studiodestasio.itSeconda edizione, gennaio 2006Principi generali

Il Diritto Internazionale Privato (D.i.p) indica il complesso delle norme giuridiche dello Stato che regolano quei rapporti privatistici che presentano elementi di estraneit rispetto ad esso. Rapporti giuridici di questo tipo sono ad esempio un matrimonio celebrato in Italia tra cittadini francesi o la compravendita di un immobile stipulata in Italia ma avente ad oggetto beni situati in Germania.

Non si tratta di una disciplina analoga al vero e proprio diritto internazionale, ma, piuttosto, di norme che, pur essendo destinato a disciplinare rapporti e fattispecie che hanno punti di contatto con altri paesi, fanno parte dellordinamento giuridico di un determinato Stato ed hanno valore esclusivamente in esso.

Il D.i.p., differentemente da quanto possa supporsi, un settore del diritto interno e si caratterizza rispetto agli altri rami del diritto per il suo specifico oggetto (sarebbe preferibile infatti parlare di diritto interno in materia internazionale per evidenziare che tali norme, interne dal punto di vista della fonte di produzione e dellambito di applicazione, sono per destinate a regolare rapporti e fattispecie che sono in qualche modo collegati ad una pluralit di Stati).

Il diritto internazionale privato dalle origini al XX secolo

Dal punto di vista scientifico di D.i.p. si comincia a parlare soltanto nel secolo scorso, grazie al contributo di giuristi come lo Story, il Savigny e litaliano Stanislao Mancini. Ci non toglie che lesigenza di predisporre una disciplina giuridica speciale per quei rapporti economico sociali che coinvolgono soggetti e/o beni collocati nellambito di comunit politiche diverse si fosse gi manifestata anche in epoche molto remote.

Dopo la parentesi delle invasioni germaniche, caratterizzate dallapplicazione contemporanea di pi leggi in funzione della stirpe di chi ne invocava lapplicazione, la funzione propria del D.i.p. viene svolta dallo ius comune inteso come sistema giuridico tendenzialmente universale risultante dalla rielaborazione, ad opera dei giuristi medievali, del diritto romano giustinianeo e, in particolare, del Corpus iuris civilis. proprio grazie a tale rielaborazione che vengono risolti i problemi di coordinamento tra gli statuti locali. Con la locuzione statutum si designava, a partire dallXI secolo, ogni norma giuridica emanata dallorgano dotato del potere legislativo.

In altre parole i giuristi, soprattutto italiani, tra i quali si ricordano Carlo Tocco, Accursio e Bartolo da Sassoferrato, individuarono le norme per risolvere i conflitti tra i diversi statuti del sistema del Corpus iuris civilis, fatto oggetto, per loccasione, di interpretazioni assai libere e creative.

soltanto in epoca moderna, per effetto anche del fenomeno della codificazione giuridica, che il D.i.p. acquista, anche dal punto di vista scientifico dogmatico, specificit ed autonomia rispetto agli altri settori del diritto. Tra i giuristi che hanno contribuito in maniera decisiva allo sviluppo degli studi internazionalprivatistici, spiccano su tutti, i nomi di Story, Savigny e Mancini.

Ad essi si riconducono tre diverse ricostruzioni del fenomeno del D.i.p.:

posizione di Story: il giurista americano individua il fondamento del di quella applicazione di norme straniere, che caratterizza il funzionamento del D.i.p., nella c.d. comity ovvero nel rispettoreciproco, da parte degli stati, delle proprie leggi in considerazione dei vantaggi che ciascuna nazione pu trarne. Si tratta, dunque, di una concezione estremamente pragmatica, tipica della cultura anglosassone;

contributo del Savigny: nella sua opera fondamentale Sistema del diritto romano odierno c il tentativo di individuare un complesso di regole di validit universale grazie al quale risolvere ogni problema di coordinamento tra le diverse leggi nazionali. Invece di determinare la sfera di applicazione di tutte le diverse norme di un ordinamento, il Savigny ritiene pi utile determinare, in riferimento alle diverse tipologie di rapporti, a quale legge essi debbano ricollegarsi. Occorre, cio, stabilire il criterio in funzione del quale i vari tipi di rapporto possono essere ricondotti ad un sistema giuridico piuttosto che ad un altro;

la scuola italiana (Mancini): anche per Mancini, padre della scuola italiana del D.i.p., il problema fondamentale della disciplina consiste nella ricerca di principi in base ai quali agevolmente si pu decidere quale legislazione debba applicarsi a ciascuna specie di rapporti di diritto.

Mancini, in particolare, individua tre fondamentali criteri:

il criterio della nazionalit, per la disciplina dei rapporti di famiglia, della condizione delle persone e delle successioni;

il criterio di libert, per la disciplina di tutte le fattispecie rispetto alle quali il legislatore riconosce di non avere interesse ad introdurre, con proprie leggi, limitazioni allesercizio della libert lecita ed inoffensiva dello straniero;

il criterio di sovranit, che opera quando gli stranieri, al pari dei cittadini, vengono assoggettati, ad esempio, alle leggi penali, di ordine pubblico ed a tutto il diritto pubblico dello Stato.

Il sistema italiano di diritto internazionale privato stato costituito per lungo tempo, e fino alla approvazione della legge 31 maggio 1995, n. 218, da un numero piuttosto esiguo di disposizioni contenute in varie fonti normative. La legge, che si compone di 74 articoli, si pone come un vero e proprio codice, per la prima volta raccolto in un unico testo di legge, del diritto internazionale privato e processuale italiano.

La struttura della legge fondamentale del nuovo diritto internazionale privato italiano si articola in quattro gruppi funzionali di norme:

il primo (Titolo I, artt. 1 2) stabilisce e delimita la sfera di operativit della legge che, fermo restando il rispetto delle eventuali diverse regole sancite da convenzioni internazionali alle quali lItalia aderisce o aderir, disciplina in modo organico ed esaustivo sia il diritto internazionale privato propriamente detto che il diritto processuale civile internazionale. Complementare a tale finalit di coordinamento e sintesi della materia la disposizione dellart. 73 che prevede labrogazione di norme preesistenti sparse tra le preleggi, il codice civile e di procedura civile;

il secondo gruppo di norme (Titolo II, artt. 3 12) costituisce il nuovo sistema del diritto processuale civile internazionale. Tali disposizioni, cio, disciplinano lo svolgimento del processo civile allorquando lo stesso coinvolge persone, fatti, atti, beni o provvedimenti che presentano elementi di estraneit ovvero punti di contatto con ordinamenti giuridici diversi da quello in cui si svolge il processo.A tale gruppo devono funzionalmente ricondursi anche le disposizioni transitorie dellart. 72, 2 comma, sulla disciplina dei procedimenti gi pendenti. Proprio in riferimento al diritto transitorio, rispetto al quale sono sorti i primi problemi applicativi ed interpretativi della nuova legge, la Suprema Corte ha avuto modo di precisare che le norme del nuovo sistema di diritto internazionale privato trovano applicazione in tutti i giudizi iniziati successivamente allentrata in vigore della legge n. 218 del 1995 se se riferiti a rapporti giuridici di fatto sorti prima di tale epoca (purch non si tratti di situazioni giuridiche esaurite che si identificano in quelle definitivamente accertate in sede giurisdizionale o in quelle che abbiano gi compiutamente realizzato tutti i loro effetti Cass. 12538 del 1999).

Al D.i.p. possono essere affiancate altre discipline giuridiche.

Vengono in considerazione, principalmente:

il diritto penale internazionale;

il diritto amministrativo internazionale;

il diritto processuale civile internazionale.

Tutte queste discipline, insieme al D.i.p., costituiscono il c.d. diritto statale esterno o, come anche si suole dire, il diritto interno in materia internazionale.

Nellambito di tale insieme una particolare considerazione deve essere riservata al diritto penale internazionale, ovvero a quelle norme del diritto penale interno che regolano le fattispecie criminose connotate da elementi di estraneit e la collaborazione processuale penale tra pi Stati.In primo luogo, questa particolare attenzione pu dirsi giustificata dallallarmante sviluppo della criminalit organizzata la cui attivit sempre pi spesso si sviluppa su scala internazionale o, addirittura, mondiale.

Inoltre, nel nostro paese, il sistema di diritto penale processuale internazionale ha ricevuto un nuovo e pi moderno assetto con lentrata in vigore del nuovo codice di procedura penale che, con le norme degli artt. 696 e segg. del c.p.p. ha regolato le materie della estradizione, delle rogatorie e dellesecuzione in Italia e di sentenze di condanne straniere. Il principio fondamentale cui si ispirato il legislatore del nuovo codice rimasto quello della prevalenza sulle norme del codice, delle norme di origine internazionale. Lart. 696 c.p.p. stabilisce, infatti che le norme del codice trovano applicazione soltanto in via sussidiaria, quando cio la materia non regolata da norme contenute in trattati internazionali o di diritto internazionale generale. In effetti nellambito del diritto penale internazionale possibile individuare due aree omogenee. Da un lato si pongono le norme che delimitano lambito di applicazione della legge penale sostanziale, definendo i criteri in base ai quali individuare la normativa (nazionale o straniera) applicabile ad attivit criminose che presentano elementi di estraneit (es. omicidio di un italiano commesso da un francese in america).

Dallaltro si possono raccogliere le disposizioni pi strettamente processuali penali, che regolano la cooperazione tra gli Stati nella repressione dei reati.A questultimo gruppo debbono ricondursi le norme in materia di estradizione, rogatorie internazionali, riconoscimento di efficacia di sentenze pronunciate da giudici stranieri. Il principio fondamentale al quale si ispirano le norme del diritto penale internazionale sostanziale italiano quello della territorialit, in forza del quale la legge penale nazionale si applica a tutti coloro, cittadini o stranieri, che commettono reati nel territorio dello Stato (art. 6 c.p.).

Tale principio, che appare espressione dellidea di sovranit territoriale dello Stato, viene per derogato, in alcuni casi, in ossequio ai principi della difesa dello Stato e dei suoi cittadini nonch delle altre comunit.

Cos, ad es., lart. 10 c.p. consente la punizione secondo la legge italiana, a condizione che lautore del fatto si trovi nel territorio dello Stato, del cittadino straniero che, al di fuori del territorio italiano, abbia commesso un delitto in danno di un cittadino italiano punito con la pena dellergastolo o della reclusione non inferiore nel minimo ad un anno.

Per evitare che le norme di D.i.p. predisposte da ogni ordinamento statale contrastino tra di loro, accade che tra pi stati vengano stipulati veri e propri trattati internazionali aventi lo scopo di unificare, in un determinato settore, le norme di D.i.p. degli stati parti di tale accordo internazionale che hanno lobbligo di emanare nel proprio ordinamento le norme del D.i.p. concordate. il caso, ad esempio, delle numerose convenzioni dellAja in materia di adozione, testamento, divorzio, protezione dei minori ed adozione internazionale, della Convenzione di Roma sulle obbligazioni contrattuali.

nozione, oggetto e funzione del diritto internazionale privato

Oggetto delle norme di D.i.p. la regolamentazione dei fatti che presntano, rispetto allo Stato, elementi di estraneit. In considerazione di questo oggetto specifico, pu apparire giustificato il qualificativo internazionale che compare nella locuzione diritto internazionale privato. Invero, i fatti regolati dalle norme in questione hanno carattere di internazionalit nel senso che appaiono collegati, oltre che con lo Stato in cui si pone il problema di regolarli con uno o pi Stati stranieri. Il qualificativo non si giustifica, invece, se con esso si intende riferirsi alla natura delle norme di D.i.p. attribuendosi tali norme al diritto internazionale in senso stretto ovvero alle norme che regolano i rapporti tra gli Stati. Le norme di D.i.p. restano, infatti, sotto ogni punto di vista, norme di diritto interno. Ci non toglie, peraltro, che possono esistere un diritto internazionale privato convenzionale, adottato, cio, sulla base di accordi internazionali, e quindi norme del diritto internazionale vero e proprio, in materia di D.i.p.. Anche in tal caso, comunque, il trattato impegna lo Stato ad emanare tali norme piuttosto che porsi esso stesso, direttamente, come fonte di D.i.p..Le fonti del Diritto Internazionale Privato

Ferma la natura di diritto interno, le fonti del diritto internazionale privato si individuano nelle normali fonti di produzione del diritto proprie di ciascun ordinamento giuridico. Le norme di d.i.p, al pari di qualunque altra norma gerarchicamente subodinata, deve dunque conformarsi alla Costituzione e non essere in contrasto con la legislazione comunitaria.Nel nostro ordinamento la fonte principale del D.i.p., come gli altri rami del diritto rappresentata dalla legge.

La Legge 31 maggio 1995 n 218

La L. 218/1995 (intitolata Riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato), con i suoi 74 articoli, si pone come un vero e proprio codice, per la prima volta raccolto in un unico testo di legge, del diritto internazionale privato e processuale italiano. Contiene la disciplina della giurisdizione italiana, dellefficacia in Italia delle sentenze e dei provvedimenti stranieri, una parte dedicata ai principi generali del diritto internazionale privato e una parte con le norme di conflitto previste per le singole categorie. Essa ha determinato labrogazione delle norme delle preleggi, del codice civile, del codice di rito (giurisdizione e procedimento di delibazione) incompatibili con essa facendo salva lapplicazione delle convenzioni internazionali di d.i.p. e, in particolare, della Convenzione di Roma in materia di obbligazioni contrattuali.

Per quanto concerne il ruolo del diritto non scritto, ovvero della consuetudine, va evidenziato come, nel nostro ordinamento, essa abbia, nel D.i.p. come negli altri settori del diritto, una rilevanza piuttosto modesta a causa della presenza di un sistema di norme scritte notevolmente sviluppato.

Convenzioni internazionali d.i.p.

Sono le convenzioni stipulate tra Stati con la funzione di dettare norme di conflitto coerenti per un insieme di Paesi al fine di evitare che vi siano discipline difformi. Le norme di d.i.p. di origine convenzionale prevalgono su quella di origine nazionale: attualmente, questa prevalenza sancita espressamente dall art. 2 della legge 218/1995. Si parla, con riferimento a questo tipo di disposizioni, di D.i.p. convenzionale o speciale.Convenzione di Roma del 1981

Entrata gi da tempo in vigore, la Convenzione di Roma del 1981 aveva abrogato lart. 25 delle preleggi ponendo una disciplina articolata ed organica delle obbligazioni contrattuali. La legge di riforma del 1995 lha richiamata espressamente quale testo normativo fondamentale cui demandata la disciplina della materia, salva lapplicabilit di altre convenzioni.

La Convenzione di Roma stata stipulata con il duplice fine di completare ulteriormente il procedimento di integrazione giudiziaria ex art. 220 Trattato CEE e di rendere meglio applicabile la precedente Convenzione di Bruxelles sulla giurisdizione e il riconoscimento delle decisioni in materia civile e commerciale che lasciava spazi aperti alla pratica c.d. del forum shopping.Il diritto comunitario

noto che gli organi della Comunit Europea hanno facolt di adottare atti normativi, alcuni dei quali, come i regolamenti, le decisioni e le direttive hanno efficacia giuridica vincolante per gli Stati membri. Nellambito degli stessi una forza cogente pi diretta ed immediata deve essere riconosciuta ai regolamenti che hanno portata generale, sono obbligatori in tutti i loro elementi e sono direttamente applicabili nel territorio di tutti gli Stati dellUnione europea. I diritti da essi sanciti sono, in altri termini, azionabili da ogni persona e tutelabili in sede giurisdizionale al pari di quelli sanciti dalle leggi statali. Orbene, negli ultimi anni, come gi ricordato, i competenti organi comunitari (Consiglio o Commissione) hanno adottato numerosi regolamenti in materia di diritto internazionale privato e processuale. Tali disposizioni, sa pure con esclusivo riferimento ai rapporti riconducibili agli ordinamenti di Stati aderenti alla UE, proprio per il loro valore cogente diretto, che le colloca a pieno titolo tra le fonti del diritto di ciascun paese, entrano a far parte del nostro sistema di diritto internazionale privato prevalendo, in virt del principio di specialit, su quelle, eventualmente incompatibili, della legge 218/1995.

La prassi

sempre frequente, in dottrina, linserimento nel panorama delle fonti del diritto internazionale private regole di diritto consuetudinario. Ci si riferisce, in particolare alla lex mercatoria. Tale espressione definisce un sistema di norme e regole nate spontaneamente per regolare, in alcuni settori commerciali (es. crediti, trasporti, assicurazioni), i rapporti economici con elementi di internazionalit.La funzione delle norme di diritto internazionale privato

Secondo un primo orientamento, poich le norme del D.i.p. hanno lo scopo di determinare la legge applicabile ad una fattispecie concreta poich tale legge pu tanto essere quella nazionale quanto quella di uno Stato estero, la funzione delle norme di D.i.p. duplice consistendo:

nel delimitare lambito di applicazione del diritto interno;

nel richiamare, se del caso, norme del diritto straniero.

In altri termini, lefficacia delle norme di diritto internazionale privato pu spiegarsi tanto in direzione interna, determinando lapplicazione della lex fori, cio della legge nazionale, quanto in direzione esterna, giustificando lapplicazione di norme di altri Stati.

Questa concezione, detta bilaterale, delle norme di D.i.p. condivisa da vasti settori della dottrina recente (Conforti, Vitta) ed appare inoltre pi coerente al tenore delle codificazioni moderne di D.i.p. che appaiono largamente ispirate al principio delluguaglianza tra diritto statale e diritto straniero.

Secondo unaltra concezione c.d. unilaterale, la funzione della norma di D.i.p. unica, nel senso che lefficacia di tali norme si esplica esclusivamente in una direzione.

A questo proposito occorre distinguere due ulteriori posizioni dottrinali:

in una prima prospettiva (Morelli) si sostiene che, poich lapplicazione del diritto interno non ha bisogno di una particolare giustificazione avendo luogo di per s stessa in virt di un principio di naturale effettivit dellordinamento, lunica funzione della norma di D.i.p. consiste nel richiamo o rinvio agli ordinamenti stranieri per la disciplina delle fattispecie con elementi di estraneit (concezione unilaterale estroversa);

una differente articolazione della concezione unilateralistica offerta dal Quadri secondo il quale le norme di D.i.p. avrebbero la funzione non gi di rinviare al diritto straniero ma, al contrario, di delimitare lambito di applicazione dellordinamento interno (concezione unilaterale introversa).

Secondo Quadri, quindi, lapplicazione del diritto straniero a determinati rapporti non sarebbe il risultato del funzionamento delle norme di D.i.p. ma di un principio generale di coordinamento con gli ordinamenti stranieri ovvero di un principio fondamentale, fondato sulla buona fede, la cui ratio consiste nella necessit di garantire la continuit ed uniformit della vita giuridica. Sviluppando tale impostazione fino alle sue estreme conseguenze Quadri giunge ad affermare che nella scelta dellordinamento straniero linterprete non deve sentirsi vincolato dal criterio di collegamento contenuto nella norma di D.i.p.. Tale criterio opera solo allorquando si tratta di decidere lapplicabilit o meno del diritto interno, ma non in sede di scelta del diritto straniero nella quale occorre fare riferimento essenzialmente alla volont dello stesso ordinamento straniero di essere applicato a quel determinato fatto (c.d. autocollegamento).Non agevole stabilire quale ricostruzione sia preferibile, certo , per, che in termini di diritto positivo le tesi unilaterali sono contraddette dalla formulazione tipicamente bilaterale delle nostre norme di D.i.p.. N si pu trascurare come anche in Stati (es. Francia), in cui talune norme di D.i.p. erano state legislativamente congegnate in modo unilaterale, la giurisprudenza abbia finito, in sede applicativa, per bilaterizzarle tutte. Da ultimo va sottolineato come il nostro legislatore pur eliminando il divieto assoluto di tenere conto delle norme di diritto internazionale privato dellordinamento straniero, gi contenuto nellart. 30 delle preleggi (divieto del rinvio oltre o indietro), non sempre tiene conto del criterio di collegamento prescelto dal cittadino straniero richiamato.In definitiva, anche in considerazione del pi comune atteggiamento giurisprudenziale, appare preferibile la concezione bilaterale che porta a identificare la funzione delle norme di D.i.p. nella scelta della disciplina applicabile alla fattispecie con elementi di estraneit attuata attraverso lapplicazione dello stesso diritto interno, o, in alternativa, grazie al rinvio agli ordinamenti stranieri.La struttura della norma di D.i.p.La struttura di ogni norma di D.i.p. si articola in due elementi costanti:

1. una categoria che consiste nell'insieme dei fatti e dei rapporti oggetto della norma di conflitto;2. un criterio di collegamento, che determina la legge da applicare. Il principale criterio di collegamento rimasto, anche con la legge di riforma, quello della legge dello Stato cui appartiene il soggetto coinvolto nel rapporto (criterio della cittadinanza).Il problema delle qualificazioni

Lanalisi del primo dei due elementi della tipica struttura della norma di D.i.p. ovvero, lindicazione, per categorie, dei rapporti che si intendono con quella norma disciplinare introduce in tema delle qualificazioni che rappresenta una delle pi tradizionali problematiche internazionalprivatistiche.

Poich le norme di D.i.p. nel descrivere le fattispecie che intendono regolare utilizzando categorie tecnico giuridiche (es. obbligazioni, successioni), ci si domanda, visto che la norma di D.i.p. pu richiamare altri ordinamenti, se il significato e la comprensivit di tali categorie debbano essere individuati alla luce dellordinamento interno, cui appartengono le norme di D.i.p., o alla stregua degli ordinamenti straneri cui si fa rinvio.

Il problema delle qualificazioni viene risolto, in dottrina, in modo diverso:

secondo un primo orientamento, che pu essere considerato sicuramente maggioritario a livello internazionale, il significato e lambito di comprensione delle espressioni tecnico giuridiche utilizzate nella struttura delle norme di D.i.p. andrebbe chiarito alla luce delle norme e degli istituti della lex fori ovvero dellordinamento cui appartengono le stesse norme di D.i.p. (Morelli, Ballarino, Vitta); di diverso avviso sono coloro che sostengono che i criteri in base ai quali stabilire in quale categoria (obbligazioni, successioni) debbano ricomprendersi i diversi rapporti giuridici andrebbero desunti dalla c.d. lex causae cio dalle norme dellordinamento straniero che la stessa norma di D.i.p. indica come competente a disciplinare la fattispecie (Pacchioni);

di parla, invece, di teoria comparatistica per designare coloro che, sostenendo la completa autonomia del sistema di D.i.p. dallordinamento statale cui appartengono, affermano che il senso delle locuzioni adoperate da tali norme andrebbe ricostruito, a conferma del carattere internazionale della disciplina, attraverso unanalisi comparativa, sino a giungere ad una sorta di minimo comune denominatore, del significato che tali categorie rivestono in tutti gli ordinamenti dei paesi civili (Meriggi).

La teoria della lex fori sostanzialmente condivisa anche dalla giurisprudenza che in passato ha avuto modo di osservare, con riferimento allart. 26 disp. prel. c.c. in tema di legge regolatrice della forma degli atti, che la nozione di forma va desunta dalla legge italiana (Cass. 690/1961; Cass. 3966/1965).Nei confronti della teoria della lex fori vengono, tuttavia, sollevate due obiezioni fondamentali:

1. in primo luogo, la qualificazione del rapporto con elementi di estraneit alla stregua dei canoni della lex fori potrebbe condurre a risultati pratici poco accettabili in considerazione della possibile eterogeneit o addirittura incompatibilit tra la sistematica dellordinamento nazionale e quella dellordinamento straniero;

2. in secondo luogo, il problema della qualificazione degli istituti giuridici del tutto sconosciuti in alcuni ordinamenti (es. bigamia o il ripudio del diritto ebraico).

Per superare tali inconvenienti sono stati suggeriti due correttivi:

in primo luogo, stato chiarito che, allorquando le norme di D.i.p. utilizzano parole come obbligazioni, fatti illeciti etc., non intendono fare riferimento agli istituti dellordinamento interno cos come disciplinati e regolati dalla lex fori, ma a concetti e categorie giuridiche che sono patrimonio comune di moltissimi sistemi normativi, sia pure con sfumature diverse, e che, quindi, vanno interpretati con una certa larghezza ed elasticit;

in secondo luogo stato osservato (teoria della doppia qualificazione) che lordinamento straniero, richiamato dalla norma di D.i.p., non pu che essere considerato globalmente senza limitare lindagine ad un determinato settore in nome di un velleitario parallelismo con lordinamento statale. Ne consegue che una volta individuato, sulla base di una qualificazione del rapporto svolta alla stregua della sistematica dello.g. nazionale, la norma di D.i.p. cui fare riferimento e quinsi, il sistema giuridico stereo al quale questa fa rinvio, si individueranno nellambito dellordinamento straniero (seconda qualificazione), le norme giuridiche nel cui ambito di applicazione il rapporto in esame si colloca.

Alla luce della disposizione dellart. 15 della nuova legge fondamentale del diritto internazionale privato italiano pu senzaltro affermarsi che la c.d. teoria della doppia qualificazione ha finito per trovare riconoscimento normativo. La norma in questione stabilisce, infatti, che dopo il richiamo, il diritto straniero deve essere interpretato secondo i criteri interpretativi e di successione nel tempo che sono a lui propri esattamente come farebbe il giudice estero.

Il criterio di collegamento

Tutte le fattispecie di rapporti regolati dalle norme di D.i.p. si caratterizzano per la presenza di un elemento di estraneit cio una qualche circostanza che pone in collegamento la vicenda, oltre che, naturalmente con lordinamento nazionale, con uno o pi stati esteri. Tale circostanza si identifica con il criterio di collocamento.

Il criterio di collegamento indica quellaspetto del rapporto che il legislatore ritiene determinante ai fini dellindividuazione dellordinamento straniero da richiamate. In questo senso il criterio di collegamento uno degli elementi caratteristici della struttura tipica della norma di D.i.p..Il criterio della cittadinanza in particolare

Il criterio della cittadinanza rimane il criterio fondamentale del nostro sistema di d.i.p.. La legge di riforma si premurata di cercare di risolvere le difficolt relative alla presenza di soggetti con pi cittadinanze, di soggetti senza alcuna cittadinanza e di rapporti giuridici coinvolgenti soggetti aventi diverse cittadinanze: Soggetto con doppia nazionalit: nei casi di doppia nazionalit del soggetto la nuova legge ha disposto che nel caso in cui una delle cittadinanze sia italiana si applica la legge nazionale, non dovendosi considerare straniero un soggetto fornito della cittadinanza italiana; nel caso invece in cui il soggetto abbia due cittadinanze delle quali nemmeno una italiana si applica la legge del Paese con il quale la persona presenta il collegamento pi stretto.

Apolidi o rifugiati: nel caso degli apolidi o dei rifugiati si applica la legge dello Stato in cui essi hanno il domicilio o, in mancanza, la residenza.

Rapporti coinvolgenti soggetti con differente nazionalit: nel caso in cui nel rapporto oggetto di regolamentazione internazionalprivatistica siano coinvolti pi soggetti aventi differente nazionalit si apre, in linea di principio, il problema della legge da applicare. Tale problema solitamente risolto volta per volta e con soluzioni man mano diverse dalla legge di riforma: per la promessa di matrimonio previsto che, in caso di soggetti con differente nazionalit, si applichi il diritto italiano; per i rapporti personali tra coniugi invece prevista lapplicazione della legge dello Stato in cui la vita matrimoniale prevalentemente localizzata; infine, per i requisiti per contrarre matrimonio prevista lapplicazione di entrambe le leggi richiamate rispetto al proprio cittadino.In alcune materie al criterio della cittadinanza sono stati preferiti criteri di collegamento diversi. Cos, per la regolamentazione delle questioni relative alle obbligazioni non contrattuali , lart. 62 della legge 218 del 1995 individua come criterio di collegamento quello del luogo in cui avvenuto il fatto dal quale esse derivano. Analogamente, in materia di possesso, di propriet e di diritti reali in genere, si fa riferimento alla legge del luogo in cui le cose si trovano.

Altri criteri di collegamento alternativi a quello della cittadinanza sono:

quello del luogo in cui deve essere eseguita lobbligazione. Tale criterio era gi stato adottato, in materia di titoli di credito, da talune convenzioni internazionali recepita anche in Italia ed stato poi accolto dallart. 59 della legge 218/95 come criterio generale di diritto comune per la disciplina della cambiale, del vaglia cambiario e dellassegno. Per gli altri titoli di credito la medesima disposizione da riferimento al luogo di emissione; quello della volont manifesta delle parti. Lart. 57 della legge 218/95 stabilisce, infatti, che tutte le obbligazioni contrattuali sono disciplinate esclusivamente dalle regole adottate dalla Convenzione di Roma del 19 giugno 1980. ed proprio tale Convenzione che fissa nella volont comune delle parti il criterio principale e dominante della regolamentazione giuridica dei contratti.Le modalit di acquisto, perdita e riconoscimento della cittadinanza italiana hanno formato oggetto di una nuova disciplina organica attraverso la legge n. 91 del 1991 che ha sostituito lormai anacronistica normativa della legge 555 del 1912 pi volte modificata.

Concorso di criteri di collegamento

Non infrequente che nellambito della stessa norma di D.i.p. siano indicati pi criteri di collegamento. Il significato di questo concorso di pi criteri di collegamento pu essere diverso potendosi avere:

concorso successivo, quando il rapporto tra i diversi criteri indicati nella norma di sussidiariet di guisa che soltanto quando quello indicato per primo non , per qualsiasi motivo, in grado di funzionare, ci si rivolge al secondo e cos via. Questo tipo di concorso si realizza nellambito dellart., 26 della legge 218 del 1995 secondo cui la promessa di matrimonio e le conseguenze della sua violazione sono regolate dalla legge nazionale comune dei nubendi o in mancanza dalla legge italiana;

concorso alternativo, nellipotesi in cui non viene stabilito tra i diversi criteri di collegamento indicati dalla norma di D.i.p. un rigoroso ordine di preferenza, avvenendo la scelta tra di essi in funzione dei risultati pratici cui essa conduce. Cos, ad esempio, lart. 48, in relazione alla forma del testamento, individua tre criteri di collegamento alternativi nellambito dei quali, in omaggio ad un pi generale principio di conservazione dellefficacia dellatto, la scelta cadr su quello che richiama la legge rispetto alla quale latto pu considerarsi formalmente valido;

concorso cumulativo, allorquando pur essendo il criterio di collegamento formalmente unico, esso finisce di fatto per funzionare richiamando due o pi ordinamenti diversi. il caso ad esempio, della disciplina relativa al riconoscimento del figlio naturale (art. 35) allorquando avviene tra persone di nazionalit diversa.Nei casi in cui il problema non sia espressione risolto dal legislatore con lindicazione dellunica legge applicabile, la giurisprudenza tende a ritenere la legittimit di una qualche forma di richiamo coordinato alle diverse leggi cui il criterio fa rinvio.

funzionamento della norma di diritto internazionale privato

Il risultato pratico del loro funzionamento consista nel rinvio o richiamo, per la regolamentazione di una fattispecie con elementi di estraneit, ad un determinato ordinamento giuridico. Nei casi in cui il criterio di collegamento non conduca allapplicazione della stessa legge italiana, il richiamo o il rinvio ha per oggetto norme del diritto straniero. Il fenomeno del rinvio ovvero il fenomeno per cui un ordinamento attribuisce valore giuridico a norme appartenenti ad un ordinamento diverso che, di per s stesso, non avrebbero nel primo alcun valore, non esclusivo del D.i.p. e pu essere inteso in modo diverso.

Si parla infatti di rinvio formale o non recettizio nellipotesi in cui lordinamento richiamante riconosce direttamente allordinamento straniero la competenza ad emanare norme giuridiche in un determinato settore con la conseguenza che tali norme esplicano direttamente la loro efficacia anche nel territorio dello Stato richiamante man mano che vengono prodotte senza necessit di essere precedentemente inglobate nellordinamento giuridico del quale proviene il rinvio.

Il rinvio si definisce, invece materiale o recettizio, quando la norma straniera si intende incorporata nella norma di richiamo, concepita quale norma in bianco, e, quindi, recepita e riprodotta nellordinamento nazionale.Nella difficolt di qualificare il rinvio operato dalle norme di D.i.p. come formale o materiale, la dottrina pi recente (Morelli, Peragassi), ha elaborato una terza ricostruzione del meccanismo di richiamo realizzato con le norme di D.i.p. che pu essere sinteticamente definita del rinvio di produzione (Ballarino). Il nucleo essenziale di questa teoria pu essere correttamente individuato nellidea secondo cui le norme di D.i.p. sono vere e proprie norme sulla produzione giuridica.Le norme di D.i.p. funzionerebbero come norme sulla produzione giuridica nel senso che attribuirebbero valore di fatti di produzione giuridica cio di fonti del diritto alle stesse fonti che hanno tale valore nellordinamento straniero richiamato.

La tesi del rinvio di produzione sembra ulteriormente confermata dal tenore della norma dellart. 15 della legge 218 del 1995 che sottolinea come il rinvio si estende allordinamento giuridico straniero complessivamente e dinamicamente inteso. Pur permanendo, talvolta, difficolt di ordine pratico difficilmente superabili, il giudice italiano dovrebbe applicare le norme straniere richiamate esattamente come farebbe, in quel momento particolare, il giudice straniero e tenendo conto, per di pi, di tutte le altre norme o atti stranieri che in qualunque modo potessero specificare o integrare il contenuto della singola norma richiamata.Interpretazione ed applicazione del diritto straniero richiamato

Una volta individuato, grazie al criterio di collegamento, il diritto straniero richiamato sorgono i problemi connessi alla sua interpretazione ed applicazione da parte del giudice nazionale.

La prevalente dottrina concorda nel ritenere che le norme straniere richiamate da quelle di D.i.p. debbano essere considerate come norme giuridiche a tutti gli effetti con la conseguenza che:

lerrata applicazione del diritto straniero pu costituire motivo di ricorso per cassazione in quanto rappresenta violazione o falsa applicazione di norme di legge (art. 360 c.p.c.);

vale anche per le norme straniere il principio iura novit curia nel senso che spetta al giudice, anche in mancanza di indicazione delle parti, recepire la norma giuridica applicabile al caso concreto.Tale impostazione ha ricevuto consacrazione nellart. 14 della legge 218 del 1995 che stabilisce che fermo restando il lecito ausiliario e di stimolo delle parti interessate, laccertamento del contenuto della legge straniera individuata come applicabile al caso concreto, spetta, come dovere dufficio, al giudice. Nessun dubbio pu sussistere, quindi, in ordine allesperibilit del ricorso per Cassazione per violazione o falsa applicazione di norme di legge straniere richiamate dalle disposizioni di conflitto italiane (Cass. 6646 del 2001; Cass. 2791 del 2002).

Lart. 15 precisa, inoltre, che il diritto straniero dovr essere inteso in maniera organica e dinamica e, dunque, alla luce dei criteri interpretativi suoi propri.

Mancata individuazione del diritto stranieroNon si pu escludere, peraltro, che, nonostante i suoi sforzi personali e leventuale collaborazione delle parti, il giudice nazionale non riesca ad individuare la norma straniera espressamente applicabile alla fattispecie sottoposta alla sua cognizione. In tal caso in passato, secondo un primo orientamento dottrinale (Morelli e Micheli), il giudice avrebbe dovuto rigettare la domanda. Tale tesi veniva criticata per un duplica ordine di motivi:

in primo luogo perch conduceva alliniquo effetto, con il passaggio in giudicato della sentenza di rigetto, della perdita del diritto da parte dellistante;

in secondo luogo, perch si collegava ad una concezione delle norme straniere come elementi di fatto.Vi stato allora chi (Vitta) ha affermato lapplicabilit, in tali circostanze, della lex fori sulla base del rilievo che, in mancanza del diritto straniero richiamato, la legge nazionale, cui si deroga in relazione alle fattispecie che presentano elementi di estraneit, si riespande, acquistando la sua pienezza applicativa. Tale tesi era condivisa dalla prevalente giurisprudenza.

Altri ancora (Ballarino) ipotizzavano che, allorch non risultasse possibile accertare con precisione la norma straniera richiamata, il giudice dovesse fare riferimento ai principi di D.i.p. italiano. Ci in quanto non pu non riconoscersi lefficacia, anche in tale settore, della generale disposizione dellart. 12 delle preleggi in base alla quale, in caso di lacune dellordinamento, si ha riguardo alle disposizioni che regolano casi simili o materie analoghe (analogia legis) ovvero, se ci non sia sufficiente, ai principi generali dellordinamento giuridico dello Stato (analogia iuris).

Proprio tale ultima ricostruzione teorica sembra direttamente ispirata la disposizione dellart. 14, comma 2, della legge 218 /1995. Il legislatore ha previsto, infatti, che qualora il giudice non riesca ad accertare la legge straniera richiamata, potr applicare quella indicata da altri criteri di collegamento previsti, per le medesime ipotesi o per ipotesi simili, dalle norme del diritto internazionale privato. Soltanto in caso di fallimento di questo ulteriore sforzo di indagine di tipo internazional privatistico, si potr fare ricorso alla lex fori ovvero alla legge italiana.

Ordinamento straniero plurilegislativo

Pu anche accadere che lordinamento straniero richiamato non sia unitario, ma, al contrario, risulti composto da pi sistemi o sottosistemi giuridici. In tal caso lart. 18 della legge 218/1995 prevede che la legge concretamente applicabile dovr essere determinata secondo i criteri propri dellordinamento straniero, ivi compresi quelli suggeriti dalla dottrina o elaborati dalla giurisprudenza. (Teoria della competenza straniera).

Adattamento

Per adattamento si intende, invece, la delicata operazione di coordinamento cui viene chiamato linterprete allorquando la norma di D.i.p., per difetto tecnico di formulazione o per volont esplicita del legislatore, finisce per richiamare, in relazione alla medesima fattispecie concreta, norme giuridiche appartenenti a sistemi normativi diversi. In tutte queste ipotesi, siano essse il frutto di una scelta consapevole del legislatore o di una sua svista nella strutturazione del criterio di collegamento, linterprete, posto di fronte ad un vero e proprio richiamo cumulativo di norme straniere, costretto ad un tipo di intervento che, oltre ad incontrare enormi difficolt, presenta un inevitabile tasso di discrezionalit creativa. Non sorprende, dunque, che, secondo una parte della dottrina, sarebbe pi corretto ed opportuno risolvere le questioni collegate allapplicazione cumulativa di norme straniere diverse con la scelta di una sola tra esse ovvero con lapplicazione della legge nazionale. Questultima soluzione si impone nel caso in cui il contenuto delle norme straniere richiamate contemporaneamente sia del tutto reciprocamente incompatibile.funzionamento della norma di diritto internazionale privato e i limiti allapplicazione della norma straniera richiamataPortata del rinvio: rinvio "oltre" e rinvio "indietro"Come gi evidenziato, allorquando la norma di D.i.p. rinvia ad un ordinamento straniero, questo deve intendersi richiamato nel suo complesso, senza poter artificiosamente limitare il richiamo ad una singola norma interpretativa separatamente dal sistema cui si iscrive.

I principi fondamentali relativi allapplicazione delle norme di d.i.p. sono contenuti nelle disposizioni da 13 a 19 del titolo III della legge di riforma, raccolte nel capo I Disposizioni generali, posto immediatamente prima delle singole norme di d.i.p.; tali disposizioni in parte disciplinano aspetti gi regolati in precedenza, cambiandone anche radicalmente la disciplina (come nel caso del rinvio), altre volte risolvono problemi precedentemente non disciplinati, come la necessit o meno della prova in giudizio del diritto straniero.

Per quanto riguarda la portata del rinvio, occorre esaminare il problema che pu derivare dall' esistenza, nell'ordinamento richiamato, di una norma di rinvio per lo stesso rapporto: si potrebbe ritenere che il rinvio operi meccanicamente richiamando tutte le norme dell'ordinamento straniero compresa una eventuale norma di d.i.p. che contenga un ulteriore rinvio con la conseguenza che questo dovrebbe ritenersi operante. In questi casi si potrebbe avere il c.d. rinvio indietro, quando cio viene richiamata la legge italiana, o il c.d. rinvio oltre, quando viene richiamata la legge di un altro paese.

La legge 218/1995 ha completamente mutato la disciplina previgente ammettendo, sia pure entro certi limiti, sia il rinvio indietro sia il rinvio oltre. La regola di massima quella per cui il rinvio indietro ordinariamente consentito, mentre invece quello oltre lo solo se lordinamento ulteriormente richiamato accetta il rinvio cio non fa un ancora ulteriore rinvio ad un altro ordinamento. Sono poi stati previsti diversi limiti sia al rinvio indietro che al rinvio oltre sia in riferimento al tipo di criterio di collegamento funzionante nel caso concreto, sia alla materia che viene disciplinata, sia al risultato che si produrrebbe ammettendo il rinvio. In particolare:

Scelta delle parti. Innanzitutto il rinvio oltre o indietro escluso quando la legge stata scelta dalle parti (come ad es. nel caso delle obbligazioni contrattuali): qui il rispetto della volont delle parti, chiaramente orientata a che il loro rapporto fosse disciplinato dalla legge di un determinato paese, prevale sulle eventualmente diverse norme di d.i.p. dell ordinametno richiamato.

Forma degli atti e obbligazioni contrattuali. In secondo luogo il rinvio oltre e il rinvio indietro sono esclusi per determinate materie: la forma degli atti e le obbligazioni non contrattuali (tra cui il fatto illecito).

Filiazione in ipotesi di esclusione del rapporto. Infine loperativit del rinvio oltre e del rinvio indietro rimane esclusa nella regolamentazione dei rapporti di filiazioni tutte le volte che il rinvio oltre o il rinvio indietro porterebbero ad escludere il rapporto di filiazione: in questo caso evidente che ha assunto rilievo preponderante la tutela del minore.In ogni caso la disciplina in materia di ammissibilit del rinvio indietro ed oltre non vale quando in materia esiste una convenzione internazionale che prevede diversamente (13, comma 4, l. 218/95): in tali casi si segue la soluzione prevista dalla convenzione; la regola posta dalla legge quindi valida solo nel caso non sia disposto diversamente (tale impostazione coerente con la subordinazione della legge alle convenzioni internazionali di cui allArt. 2 della stessa legge).Interpretazione del diritto straniero

La legge 218/1995 non si limitata a stabilire il principio dellobbligo, per il giudice italiano, di conoscere il diritto straniero ma ha anche indicato i criteri che egli deve utilizzare nella sua interpretazione; pi in particolare, stato disposto che il giudice interpreta e applica la legge straniera secondo i propri criteri di interpretazione ed applicazione nel tempo. Il giudice italiano, quindi, potr, anzi dovr, fare ricorso agli strumenti ermeneutici previsti dagli ordinamenti da cui proviene il diritto applicabile e dovr considerare applicabile le norme richiamate secondo i principi valevoli nellordinamento di provenienza. Si tratta di una ulteriore apertura internazionalistica della legge di riforma.Limiti allapplicazione del diritto stranieroIl funzionamento delle norme di d.i.p. soggetto a diversi limiti: ordine pubblico e norme di applicazione necessaria sono previsti sia dalla legge fondamentale di riforma sia da altri testi fondamentali tra cui, segnatamente, la Convenzione di Roma sulle obbligazioni contrattuali. La dottrina poi ha enucleato altri limiti al funzionamento delle norme di d.i.p. nella incostituzionalit delle norme di d.i.p. o del diritto richiamato rispetto alla Costituzione vigente nellordinamento di origine. Limite dellordine pubblicoSecondo l' art. 16 della legge 218/1995 la legge straniera richiamata non applicata quando i suoi effetti sono contrari allordine pubblico. La Legge di riforma ha infatti mantenuto e ribadito il tradizionale limite dellordine pubblico allefficacia in Italia delle disposizioni straniere richiamate. Analoga disposizione poi rinvenibile nella Convenzione di Roma in materia di obbligazioni contrattuali.

La prevalente dottrina concepisce lordine pubblico internazionale come un limite, uneccezione al normale funzionamento del D.i.p. giustificata dalla necessit di impedire che, attraverso il varco del richiamo operato dalle norme di conflitto,possano fare ingresso e trovare applicazione in Italia norma ed istituti che si pongono in contrasto con quei fondamentali principi del nostro ordinamento che costituiscono le basi etiche della comunit nazionale. Si parla a proposito dellordine pubblico di limite successivo e negativo: successivo perch presuppone il normale funzionamento del sistema di D.i.p. e negativo perch lapplicazione della legge viene esclusa quando gli effetti che ne derivano sono in contrasto con i fondamentali principi interni.

Non mancato tuttavia chi (Quadri), riprendendo una impostazione pi antica, risalente al sistema del Mancini, ha elaborato una concezione positiva anche dellordine pubblico internazionale. In tale prospettiva lesclusione prodotta dla meccanismo dellordine pubblico altro non sarebbe che leffetto della sfera di vigore eccezionalmente ampio di taluni principi dellordinamento internazionale.

Assai controversi sono i rapporti tra il concetto di ordine pubblico internazionale, richiamato dagli artt. 16, 64 e 65 della legge 218/1995, e quello di ordine pubblico interno, richiamato, come limite allautonomia negoziale privata, degli artt. 1343 e 1418 c.c.. Nonostante le varie ricostruzioni operate dalla dottrina oramai opinione comune che lordine pubblico previsto e regolato dallart. 16 della legge abbia sempre e comunque carattere internazionale anche quando incide su atti negoziali privati, poich il riferimento a questi ultimi non si estende a tutti gli atti di autonomia privata ma soltanto a quelli caratterizzati da internazionalit per provenienza e disciplina giuridica. Si ritiene altres che lordine internazionale abbia un contenuto pi ristretto dovendo esso incidere su fattispecie rispetto alle quali, visto che presentano elementi di collegamento con altri ordinamenti, ragionevole pretendere un rispetto meno rigoroso dei principi propri dellordinamento nazionale. Pur senza adottare ufficialmente, almeno in termini di norma positiva, lespressione internazionale, non vi dubbio che il legislatore del 1995 abbia inteso privilegiare lidea di una specificit dellordine pubblico di cui allart. 16 della legge di riforma.

Il concetto di ordine pubblico presenta i caratteri della relativit: lordine pubblico suscettibile di profonde trasformazioni nello spazio e nel tempo;

della indeterminatezza: proprio per la sua variabilit nello spazio e nel tempo il contenuto dellordine pubblico non pu essere predeterminato in modo analitico e rigido dal legislatore.

Pertanto richiede una attenta valutazione del Giudice correlata alla fattispecie concreta posta al suo esame (a solo titolo di esempio considerata contraria allordine pubblico una norma che consenta il ripudio unilaterale della moglie). Occorre precisare che lart. 16 della legge 218/1995, infatti, sottolinea espressamente che il giudizio di eventuale contrasto con lordine pubblico non ha per oggetto la norma straniera ma i suoi effetti. opinione diffusa in dottrina e giurisprudenza che lintensit del meccanismo dellordine pubblico internazionale muti in funzione del tipo di atto straniero rispetto al quale si trova adoperare. In particolare si ritiene che il limite dellordine pubblico debba essere fatto valere in maniera meno rigorosa quando non si faccia questione dellapplicazione diretta delle leggi straniere ma, piuttosto, del riconoscimento di effetti gi prodotti, sulla base di tali leggi, allestero. Cos, ad esempio, non vi sono difficolt nellammettere la legittimit dei figli nati da un matrimonio poligamico celebrato allestero, mentre in nessun caso il giudice italiano consentirebbe, applicando le norme straniere sulla poligamia, la celebrazione in Italia, derogando, quindi, allart. 27, di un matrimonio poligamico tra cittadini stranieri. Le ragioni teoriche di questo funzionamento attenuato del limite dellordine pubblico in sede di delibazione di sentenze straniere o, comunque, di riconoscimento di effetti gi prodotti di norme straniere che il giudice italiano si rifiuterebbe di applicare direttamente, non sono state, in verit, particolarmente approfondite. In genere si tende a ritenere che tale fenomeno si giustifica in base allevidente differenza che c tra il fare direttamente qualcosa ed il limitarsi a riconoscere quanto gi stato fatto da altri.Non pu trascurasi che, su questo tema, di recente, la Cassazione, con sentenza n. 365 del 2003 in tema di accertamento giudiziale di filiazione naturale, ha statuito in tema di delibazione di sentenze straniere, il concetto di ordine pubblico processuale riferibile ai principi inviolabili posti a garanzia del diritto di agire e di resistere in giudizio, non anche alle modalit con cui tali diritti sono regolamentati o si esplicano nelle singole fattispecie. Per questa via risulterebbe ulteriormente ribadita la natura peculiare dellordinamento pubblico internazionale processuale rispetto a quello c.d. sostanziale che destinato ad operare come limite al richiamo del diritto straniero operato dalle norme di collegamento.

Prima della riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato ci si chiedeva quale disciplina, in caso di mancata applicazione del diritto straniero richiamato dovuta al limite dellordine pubblico, dovesse trovare la fattispecie concreta. In coerenza con quanto gi previsto dallart. 14, comma 2, per altre ipotesi di mancata applicazione del diritto straniero, lart. 16, comma 2, della legge 218 del 1995 ha accolto la tesi secondo la quale, a meno che non vi siano particolari e specifiche ragioni che consiglino lapplicazione di una norma italiana, limpossibilit di far funzionare la norma di D.i.p. per motivi di ordine pubblico determina una lacuna nel nostro ordinamento con successivo ricorso agli strumenti, predisposti dallart. 12 disp. prel. c.c., dellanalogia legis e, soprattutto, iuris ovvero ai principi generali del nostro ordinamento.Il legislatore ha quindi previsto che qualora la norma straniera richiamata produca effetti contrari allordine pubblico, il giudice potr applicare quella indicata da altri criteri di collegamento internazionale privato che regolano la stessa materia o materie affini. Soltanto anche in caso di fallimento anche di questo ulteriore sforzo di ricerca di tipo internazional privatistico, si potr fare ricorso alla lex fori ovvero alla legge italiana.

Norme di applicazione necessariaSono dette norme di applicazione necessarie quelle norme che in determinati settori sono dotate di una sfera di applicazione autonoma che prescinde dai normali criteri del D.i.p.. il caso ad esempio dellart. 116 c.c. laddove stabilisce che, anche per il matrimonio del cittadino straniero si applicano i divieti (precedente matrimonio, rapporti di parentela) stabiliti dagli artt. 86, 87 e 88 c.c. italiano. Possono raccogliersi in tale categoria anche le leggi che, per motivi sociali, fissano vincoli in materia di locazione di immobili (blocco degli sfratti, equo canone).Va chiarito che il fenomeno delle norme di applicazione necessaria riguarda pur sempre norme interne che regolano materie privatistiche , giacch, qualora si facesse riferimento a norme di matrice esclusivamente pubblicistica si uscirebbe automaticamente al di fuori dellambito di operativit dellintero sistema di D.i.p..

Lart. 17 della legge 218 del 1995, sotto la rubrica, per lappunto, di norme di applicazioni necessaria, sancisce il primato delle norme interne che, in considerazione del loro oggetto e del loro scopo, debbono essere considerate sempre applicabili, anche in presenza del richiamo, in virt di norme di diritto internazionale privato, a leggi straniere. Le norme di applicazione necessaria costituiscono un limite preventivo e positivo, perch, a differenza dellordine pubblico, prescindono dal funzionamento delle norme di conflitto.

Lidentificazione delle norme c.d. di applicazione necessaria non sempre agevole atteso che in diverse ipotesi tale qualificazione non viene formulata dal legislatore in maniera espressa. Autorevole dottrina (Ballarino) ha ritenuto di poter distinguere, ai fini dellindividuazione delle norme di questo tipo tre criteri:

criterio formale: con tale criterio si possono individuare quelle norme che contengono unautonoma e circostanziata definizione del proprio ambito applicativo spaziale e personale; criterio tecnico: si riferisce a norme che, pur non essendo contrassegnate, come quelle precedenti, da una esplicita definizione autonoma della propria sfera doperativit, possono ritenersi applicabili anche in deroga alle regole di D.i.p per il solo fatto di appartenere ad un complesso normativo che, per sua stessa natura, e dotato di efficacia territoriale assoluta;

criterio finalistico: si riferisce a norme che producono, alla luce della ratio che le ispira, una deroga al sistema di D.i.p..

Anche tale disputa stata risorta dalla legge di riforma, la quale allart. 17, nel fare richiamo alloggetto ed allo scopo delle norme individuabili come di applicazione necessaria, appare privilegiare il criterio finalistico.

Le norme di diritto internazionale privato materiale. Accanto alla categoria delle norme di applicazione necessaria vi stato chi (Ballarino) ha elaborato la teoria delle norme di diritto internazionale privato materiale. Tale espressione designerebbe quelle norme che, in presenza di un rapporto o fattispecie con elementi di internazionalit, provvedendo direttamente a disciplinare tali situazioni, nel caso in cui le normali regole di richiamo non si ritengono idonee a valorizzare gli aspetti di internazionalit della vicenda. In altri termini la differenza tra le norme di diritto internazionale privato materiale e quelle di applicazione necessaria e vere e proprie si individua, pi che nel funzionamento, nella direzione in cui le prime operano. Norme del genere non sono state individuate nel nostro ordinamento, ma esistono in altri ordinamenti giuridici: il caso, ad esempio, del codice di commercio internazionale cecoslovacco il cui art. 3 dispone: Se, conformemente al D.i.p., la legge cecoslovacca applicabile, specialmente se le persone interessate scelgono la legge cecoslovacca o designano il diritto cecoslovacco come applicabile alla disciplina di un rapporto giuridico, la presente legge sar applicata in via esclusiva, a condizione che si tratti di un rapporto nato nelle relazioni commerciali ai sensi della presente legge.Incostituzionalit

La prevalente dottrina e la pi recente giurisprudenza concordano nel ritenere che il giudice italiano abbia il potere-dovere di non applicare le norme straniere che, ancorch richiamate dal nostro sistema di d.i.p., si pongono in contrasto con la carta costituzionale. In effetti il potere del giudice italiano di non applicare norme straniere contrastanti con la legge fondamentale del nostro Stato trova il suo fondamento normativo nella disposizione dellart. 16 della legge 218 del 1995 che esclude lapplicazione di norme straniere, ancorch richiamate secondo i vigenti criteri di collegamento, i cui effetti si rivelano contrari allordine pubblico c.d. internazionale. Non vi dubbio che, in qualsiasi accezione si intenda lordine pubblico internazionale, in esso debbano senzaltro ritenersi compresi i principi fondamentali sanciti dalla Carta Costituzionale.Quanto, invece, alla prospettiva di un controllo di costituzionalit della norma straniera secondo i principi costituzionali dellordinamento di provenienza non c in dottrina il medesimo accordo:

secondo alcuni, infatti, occorre distinguere a seconda che nellordinamento di provenienza il sindacato di legittimit costituzionale sia del tipo c.d. diffuso o centralizzato. Soltanto se la norma straniera richiamata proviene da un sistema in cui il controllo del tipo diffuso, il giudice italiano potrebbe esercitarlo anchegli, in caso contrario, infatti, finirebbe per esercitare un potere non previsto nellordinamento di origine. Se il sindacato di costituzionalit accentrato il giudice italiano dovr tenere conto delle decisioni gi adottate, ma oltre a non potersi sostituire allorgano competente non sar neppure in grado di attivarlo chiedendogli di pronunciarsi sulla costituzionalit della disposizione; altri hanno ritenuto di dover distinguere a seconda che, nellordinamento straniero dorigine, la legge incostituzionale venga sanzionata dalla nullit o dalla sanzione pi tenue della annullabilit; non mancato infine chi in posizione estremistica, ha negato del tutto il sindacato del giudice italiano sulla legittimit costituzionale dorigine della norma straniera richiamata. La giurisprudenza, in una delle poche occasioni favorevole sulla base del principio che il giudice italiano deve applicare la legge straniera come se stesse allestero verificando, dunque, anche la legittimit costituzionale della norma richiamata.

Il rinvio fatto allordinamento estero si rivelerebbe, in sostanza, soltanto apparente, determinandosi di fatto una disciplina, difforme da quella che il medesimo rapporto avrebbe ricevuto nellordinamento richiamato.

Di ulteriore conforto a tale ricostruzione appare il contenuto della disposizione dellart. 15 della legge 218 del 1995 laddove ribadisce che la norma straniera richiamata non pu essere interpretata ed applicata in manovra avulsa dal pi ampio ed organico sistema normativo in cui si inserisce.

La reciprocit

Una particolare limitazione al normale funzionamento del sistema di D.i.p. pu essere, infine, individuata nellistituto della reciprocit ovvero nel meccanismo con il quale lefficacia del richiamo al diritto straniero operato dalla norma di D.i.p. viene subordinata alla verifica della reciprocit cio del fatto che, in analoghe circostanze, lordinamento straniero richiamato avrebbe fatto rinvio allo Stato richiamante. Lunico caso di reciprocit, nel sistema italiano di D.i.p. previsto dallart. 5, comma 2, delle preleggi al cod. della navigazione. Tale norma subordina, infatti, alla condizione di reciprocit loperativit del criterio di collegamento della legge nazionale della nave o dellaeromobile per la disciplina dei fatti e gli atti compiuti nel territorio sottoposto alla sovranit italiana.

Secondo la dottrina assolutamente prevalente non attiene alla reciprocit come limite al funzionamento della norma di richiamo la disposizione dellart. 16 delle preleggi al codice civile. Tale norma attiene esclusivamente al godimento dei diritti civili, cos come previsti e regolati dalle leggi italiane, da parte dello straniero residente nel nostro territorio e non pu, dunque, funzionalmente e strutturalmente, essere assimilata alle norme di diritto internazionale privato.La lex mercatoria

Un ulteriore fenomeno di limitazione al normale funzionamento della norma di diritto internazionale privato viene individuato da una sempre pi consistente dottrina dell'azione della cosiddetta lex mercatoria. Tale espressione definisce un sistema di norme e regole nate spontaneamente per regolare, in alcuni settori commerciali, i rapporti con elementi di internazionalit. Ci che caratterizza tale sistema normativo, rispetto a quello di diritto internazionale privato, l'origine non statale: si tratta di norme derivanti o dalla volont e ripetuta osservanza di determinate regole da parte della generalit degli operatori economici del settore, ovvero dalla codificazione espressa formulata dalle associazioni di categoria o da organizzazioni internazionali non statali. Tra le clausole di lex mercatoria pi diffuse si possono ricordare quelle relative al rischio di perimento delle merci durante il trasporto (cd. FOB) o sull'assicurazione del trasporto a carico del venditore (CIF). Pur senza sottovalutare l'ampiezza del fenomeno, parte della dottrina ha evidenziato come la lex mercatoria abbia un valore meramente contrattuale e come tale non possa sostituirsi integralmente al diritto internazionale privato vero e proprio nella disciplina dei rapporti commerciali internazionali.La normativa in particolare

Soggetti di diritto

Stato delle persone

Per stato di una persona si intende la posizione giuridica che questa occupa in una societ organizzata ad ordinamento giuridico con conseguente titolarit di diritti ed obblighi (Vitta).

Nel nostro ordinamento, come nella maggior parte degli ordinamenti giuridici continentali, la cittadinanza resta, anche con le limitazioni della legge 218 del 1995, il criterio di collegamento per eccellenza, valido per lindividuazione delle norme da applicare agli aspetti fondamentali della vita della persona.

Nel nostro ordinamento la cittadinanza ora disciplinata dalla legge n. 91 del 1992. Alla stregua di tale legge la cittadinanza italiana si pu acquistare:

per ius sanguinis ovvero per nascita da madre o padre italiani anche in caso di nascita avvenuta allestero;

ius soli: il figlio di genitori ignoti trovato in Italia, si presume, fino a prova contraria, cittadino Italiano;

per beneficio di legge: lo straniero diventa cittadino italiano se sussiste almeno un requisito di fatto (nascita in Italia origine italiana) ed un requisito di diritto (aver prestato servizio militare italiano assumere un pubblico impiego, anche allestero, alle dipendenze dellItalia la residenza legale in Italia da almeno due anni prima del compimento della maggiore et) tra quelli previsti dalla legge;

per ius communicatio: lo straniero o apolide che contrae matrimonio con un cittadino o cittadina italiana acquista, a sua volta,cittadinanza se risiede da almeno sei mesi in Italia prima del matrimonio ovvero se il matrimonio continua per almeno tre anni;

per naturalizzazione: la cittadinanza viene concessa, su domanda dello straniero o apolide, con decreto da parte del Capo dello Stato.Lart. 6 della legge prevede, come cause ostative allacquisto della cittadinanza, la commissione, da parte dello straniero di alcuni reati ovvero la sussistenza di comprovati motivi inerenti la sicurezza della Repubblica.

La legge disciplina anche le cause di perdita della cittadinanza italiana, che sono:

la rinuncia da parte del cittadino che, dopo aver acquisito la cittadinanza straniera, stabilisca la propria residenza allestero;

la mancata osservazione dellingiunzione proveniente dallautorit italiana di abbandonare un impiego, una carica o un servizio prestato a favore di uno Stato straniero;

accettazione o mancato abbandono di posizioni analoghe nelle ipotesi di stato di guerra tra lo stato straniero e lItalia;

rinuncia alla cittadinanza, con il compimento della maggiore et, da parte dei figli minori di stranieri che sono, in uno dei modi previsti dalla legge, divenuti cittadini italiani;

revoca delladozione nellipotesi di cittadino straniero adottato da cittadino italiano.

Nel sistema attuale il soggetto potr tranquillamente conservare la doppia cittadinanza, salvo avvalersi, se del caso, e della rinuncia di cui al primo punto. opportunamente, con una disposizione transitoria, il legislatore ha riconosciuto (art. 17) a coloro, che avevano in passato perso per tale motivo la cittadinanza italiana, la possibilit di riacquistarla presentando formale dichiarazione entro il 15 agosto 1995.Capacit giuridica e capacit di agire

La capacit giuridica delle persone, consistente nellidoneit ad essere titolari di posizioni giuridiche soggettive, viene regolata dalla legge nazionale della persona; la regolamentazione della capacit di agire invece pi complessa: in linea di principio anche il possesso della capacit di agire regolato dalla legge nazionale della persona, sono per introdotte alcune regole particolari che assegnano rilevanza alle regole del Paese in cui latto compiuto o da cui viene regolato il rapporto cui latto si riferisce: Atti per cui si capaci secondo il diritto del paese in cui si compie: innanzitutto previsto che, in ogni caso, quando un soggetto compie un atto per il quale sarebbe incapace secondo la sua legge nazionale ma capace secondo quella del paese in cui lo compie, lo compie validamente, salvo il solo caso in cui la controparte al momento della conclusione del contratto sapeva della sua incapacit secondo il diritto nazionale o avrebbe potuto conoscerla (23, comma 2, l. 218). Questo principio impedisce loperare del richiamo effettuato dalla norma di d.i.p. con lo scopo di tutelare laffidamento nella validit dei negozi presente in chi ha contratto con la persona di nazionalit estera; ovviamente questa tutela viene meno se il contraente conosce l incapacit della controparte o avrebbe potuto conoscerla agevolmente. Questa disposizione non si applica agli atti di diritto familiare, a quelli in materia di successioni e a quelli che hanno per oggetto beni che si trovano allestero.

Atti per il cui compimento la legge straniera richiede condizioni speciali: il criterio di collegamento della cittadinanza non vale quando esiste per latto che stato compiuto una specifica norma di d.i.p. che indica la legge regolatrice dello stesso e, al tempo stesso, la legge indicata prevede speciali condizioni di capacit per il compimento dellatto: in tal caso la legge che regola la capacit di agire non pi quella nazionale del disponente ma quella indicata come regolante il rapporto cui inerisce latto da compiere.Posizione degli incapaciPer quanto riguarda la posizione degli incapaci, occorre distinguere tra la situazione del minore e quella dei maggiori di et che per effetto di totale o parziale incapacit sono stati interdetti o inabilitati e di coloro che sono stati emancipati: la posizione del minore diversa a seconda che questo sia soggetto alla potest dei genitori o sia invece sottoposto a tutela: per il minore sottoposto alla potest dei genitori valgono i criteri di collegamento previsti in materia di rapporti tra genitori e figli e cio fondamentalmente quello della legge nazionale del minore; per il minore che, invece, sottoposto a tutela la legge di riforma ha richiamato la previgente Convenzione dellAja che prevede il criterio di collegamento del luogo di residenza del minore. Tale convenzione si applica anche quanto il minore non risiede in uno degli Stati contraenti (carattere universale).

gli istituti della tutela e curatela, previsti rispettivamente per interdetti e inabilitati ed emancipati, sono disciplinati dalla legge nazionale dell incapace (43 l. 218). La legge tuttavia dispone che, in via cautelare, il giudice italiano, quando necessario tutelare la persona o i beni dellincapace pu applicare le norme italiane adottando le relative misure; in questo modo le norme italiane si pongono come di applicazione necessaria ma limitatamente ai casi in cui necessario provvedere durgenza: al di fuori di casi di urgenza di provvedere si d invece luogo allapplicazione del diritto dello Stato cui appartiene l incapace.Scomparsa, assenza, morte presuntaLa scomparsa, lassenza e la morte presunta sono regolati dallultima legge nazionale della persona (22, comma 1, l. 218).CommorienzaListituto della commorienza regolato dalla legge indicata dalla norma di d.i.p valevole per il tipo di rapporto in relazione al quale necessario stabilire l ordine dei decessi: essendo tale rapporto ordinariamente quello successorio si applicher solitamente la norma in materia di successioni; la legge dispone infatti che quando occorre stabilire la sopravvivenza di una persona ad unaltra e non consta quale di esse sia morta per prima, il momento della morte si accerta in base alla legge regolatrice del rapporto rispetto al quale laccertamento rileva (21 l. 218); questa norma di d.i.p. non richiama quindi unaltra legge sostanziale ma unaltra norma di d.i.p. la quale indicher la legge applicabile: si tratta di una sorta di rinvio interno al sistema di d.i.p. che il legislatore ha utilizzato per individuare volta per volta, automaticamente, la disciplina pi consona.Persone giuridicheLe persone giuridiche e le organizzazioni collettive che, pur senza personalit giuridica, hanno natura di soggetti di diritto collettivi, sono regolati dalla legge dello Stato nel cui territorio si perfezionato il procedimento di costituzione, salvo che la sede dellente o loggetto principale della sua attivit si trovi in Italia, nel qual caso si fa luogo allapplicazione del diritto italiano (25, comma 1, l. 218). La legge di riforma, nel dettare questa disposizione, ha abrogato le vecchie disposizioni in materia di societ contenute nel codice civile, prevedendo nel contempo una disciplina di pi ampia applicazione della precedente, estesa a qualsiasi tipo di ente.Diritti della personalit

La legge nazionale del soggetto regola anche lesistenza ed il contenuto dei diritti della personalit. Possono definirsi diritti della personalit quelli che hanno ad oggetto alcuni attributi essenziali della persona umana: diritto alla vita, allintegrit fisica, alla riservatezza, allonore, al nome. Forma degli attiIn materia di forma degli atti la legge di riforma non contiene una disposizione di tipo generale, valevole per qualsiasi atto, come si aveva in precedenza con l art. 26 delle preleggi: sono invece previste specifiche disposizioni per ciascun tipo di atto come ad esempio in materia di testamento o di donazione; per tutti quegli atti per cui non espressamente disposto, deve ritenersi valida la regola per cui la forma dellatto regolata dalla stessa legge che regola il rapporto.La pubblicit degli atti

Lart. 55 della legge 218 del 1995, riproducendo sostanzialmente labrogato art. 26, comma 2, delle preleggi, disciplina espressamente le forme di pubblicit degli atti costitutivi, modificativi od estintivi di diritti reali stabilendo che esse devono essere regolate dalla legge del luogo in cui le cose che formano oggetto di tali diritti si trovano al momento dellatto; quindi, anche indicato il tempo dellindividuazione della lex rei sitae.

Per quel che riguarda, invece, le forme di pubblicit relative ad atti diversi da quelli che incidono su diritti reali sembra preferibile ritenere, in mancanza di unesplicita indicazione normativa, che esse debbano essere regolate, in considerazione della loro funzione di tutela dellaffidamento dei terzi dalla legge del luogo in cui pu essere radicato linteresse ad avere conoscenza dellatto stesso. Cos, ad esempio, per la pubblicit degli atti relativi alle vicende di una societ commerciale sar opportuno fare riferimento alla legge del luogo in cui la societ ha sede o, comunque, svolge la sua attivit.Analogamente per gli atti costitutivi, modificativi o estintivi di diritti relativi aventi ad oggetto beni si far rinvio alla legge del luogo in cui si trovano i beni.Rapporti di famiglia e diritti della personalitPromessa di matrimonioLa promessa di matrimonio e le conseguenze della sua violazione sono regolate dalla legge nazionale comune dei nubendi, ove vi sia, e in mancanza, cio nel caso in cui i nubendi abbiano differente nazionalit, da quella italiana (26 l. 218). In questo caso la legge di riforma ha risolto il possibile conflitto derivante dallesser coinvolti nel rapporto soggetti con diverse cittadinanze prevedendo lapplicazione del diritto italiano.MatrimonioLa regolamentazione internazionalprivatistica dellatto di matrimonio articolata in disciplina dei requisiti per contrarre matrimonio e forma della celebrazione:

requisiti per contrarre matrimonio: i requisiti per contrarre matrimonio sono disciplinati dalla legge nazionale di ciascuno dei nubendi; in questo caso, a differenza che nel precedente, si pu far luogo allapplicazione di due leggi nazionali diverse. In caso di nubendi con differente nazionalit occorrer fare una valutazione separata della sussistenza dei requisiti alla luce delle leggi nazionali di appartenenza. Loperativit del richiamo della legge nazionale dei coniugi limitata da due specifiche norme di applicazione necessaria: gli artt. 116 e 115 cod. civ: secondo il primo per la validit del matrimonio contratto dallo straniero in Italia comunque necessario il rispetto di alcune condizioni previste dal diritto italiano (libert di stato, assenza di legami di parentela); larticolo 115 cod. civ. prevede invece l obbligo di eseguire le pubblicazioni: tanto il cittadino italiano che intende contrarre matrimonio allestero quanto lo straniero che residente o domiciliato in Italia e intende contrarre matrimonio in Italia sono tenuti all obbligo delle pubblicazioni.

forma di celebrazione: in materia di forma della celebrazione del matrimonio la legge prevede 3 distinti criteri di collegamento: essi verranno applicati nellordine in cui sono previsti scartando successivamente quelli che eventualmente condurrebbero alla invalidit del matrimonio; questi tre criteri infatti sono stati previsti per la conservazione, il pi possibile, dell efficacia del matrimonio. Essi sono quello del luogo di celebrazione del matrimonio, quello della legge nazionale di almeno uno dei coniugi al momento della celebrazione e, infine, quello dello stato di comune residenza dei coniugi al momento della celebrazione (art. 28 della legge 218 del 1995).Il matrimonio concordatario

Ci si domanda, peraltro, se tra le forme matrimoniali previste dalla legge italiana possa essere utilizzata, da parte di cittadini stranieri che intendono contrarre matrimonio in Italia ovvero da cittadini italiani che vogliono sposarsi allestero, anche quella c.d. concordataria.Quanto allutilizzabilit del matrimonio concordatario da parte di cittadini italiani allestero, va preliminarmente chiarito che il problema non riguarda le ipotesi di matrimoni religiosi riconosciuti dallo Stato estero in cui vengono celebrati. In tal caso, infatti, i nubendi non fanno altro che utilizzare la legge del luogo in cui viene celebrato il matrimonio; facolt che loro senza dubbio concessa ai sensi dellart. 28 della legge 218 del 1995.

In problema si pone, invece, nellipotesi in cui i cittadini italiani intendono fare uso della disciplina sul matrimonio concordatario italiano come propria legge nazionale.

La prevalente dottrina internazionalprivatistica orientata in senso negativo sulla base del rilievo che le norme concordatarie avrebbero efficacia esclusivamente nellambito dello Stato italiano.

Altra parte della dottrina e, soprattutto, la giurisprudenza hanno, al contrario, riconosciuto la possibilit di far uso, da parte dei cittadini italiani che contraggono matrimonio allestero, della forma canonico concordataria con conseguente dichiarazione di validit ed efficacia, anche in Italia, di matrimoni concordatari celebrati tra cittadini italiani in Stati in cui (Francia Germania) i matrimoni religiosi non sono riconosciuti agli effetti civili.

La giurisprudenza considerando il matrimonio concordatario come una delle forma matrrimonialei previste dal diritto italiano accorda anche ai cittadini stranieri la facolt di farne uso come legge del luogo di celebrazione del matrimonio (art. 28, legge 218/95). Rapporto matrimonialeLa regolamentazione internazionalprivatistica del rapporto matrimoniale basata, come in passato, sulla distinzione tra rapporti personali e patrimoniali. Il criterio fondamentale previsto comunque quello della legge nazionale comune dei coniugi e, in mancanza di legge comune, quello della legge del luogo dove prevalentemente localizzata la vita matrimoniale.

Nel caso dei rapporti patrimoniali i coniugi possono tuttavia convenire, per iscritto, che i loro rapporti patrimoniali siano regolati dalla legge di un altro Stato, a condizione che scelgano un Paese di cui uno di essi cittadino o in cui almeno uno di essi vi risieda (convenzione matrimoniale) (30 ,comma 1, l. 218) sempre che laccordo sia ammesso e considerato valido dalla legge scelta o da quella del luogo in cui esso stipulato (30, comma 2, l. 218). La scelta della legge effettuata dai coniugi opponibile ai terzi solo se si dimostra che questi ne avevano avuto conoscenza ovvero se la hanno ignorato per loro colpa.

Nel caso di convenzioni patrimoniali coniugali su beni immobili lopponibilit a terzi presuppone il rispetto delle forme di pubblicit immobiliare previste dalla legge dello Stato in cui si trovano i beni. Le obbligazioni alimentari sono espressamente regolate dallart. 45.

Separazione personale e divorzio

La patologia della vita matrimoniale pu originare due vicende giuridicamente assai diverse: la separazione personale tra i coniugi ed il divorzio. La separazione si distingue dal divorzio perch non determina lo scioglimento del vincolo matrimoniale anche se determina significative trasformazioni del contenuto dei rapporti coniugali, sia personali che patrimoniali con carattere potenzialmente transitorio.La separazione personale dei coniugi regolata dalla legge nazionale comune al momento della domanda di separazione e, in mancanza, dalla legge del Paese nel quale la vita matrimoniale prevalentemente localizzata (31, comma 1, l. 218). Si tratta come evidente degli stessi criteri di collegamento individuati, per tutti i rapporti coniugali personali, dallart. 29 della legge 218 del 1995. I mezzi e le forme attraverso le quali giungere alla dichiarazione della separazione personale saranno regolati, ex art. 12 legge 218 del 1995, dalla legge del luogo in cui la domanda viene promossa.

La disposizione che prevede la regolamentazione internazionalprivatistica di separazione e divorzio ha per valore soprattutto perch qualifica le norme italiane che prevedono tali istituti come di applicazione necessaria in modo che tutte le volte che sono richiamati ordinamenti che non prevedono separazione e divorzio si applica il diritto italiano.Lart. 31 della legge ha espressamente affrontato il problema estendendo anche allistituto del divorzio loperativit dei criteri di collegamento fissati per tutti i rapporti coniugali personali e per la separazione. Il secondo comma della stessa disposizione prevede che nel caso in cui la separazione o il divorzio non siano per nulla previsti e regolati dalla legge straniera individuata come applicabile, trover applicazione la legge italiana. Il presupposto per lapplicazione della legge italiana lassenza delluno o dellaltro istituto nellordinamento straniero e non limpossibilit per la parte di avvalersene nel caso concreto.

Si discute se il divorzio possa essere pronunciato per motivi che, ancorch previsti dalla legge nazionale dei coniugi, non lo siano dalla legge italiana. Parte della dottrina si pronunciata in senso negativo argomentando che tale ulteriore limitazione si desume, nel sistema italiano di D.i.p., dellart. 2 della Convenzione dellAja del 1902. Altri (Morelli), invece, propendono per la soluzione positiva, atteso che lart. 3 della stessa Convenzione precisa che si deve osservarsi la sola legge nazionale se ci previsto dalle norme di D.i.p. dello Stato in cui si chiede la pronuncia del divorzio previsto, appunto dallordinamento italiano.

Resta in ogni caso fermo il limite dellordine pubblico.

Quanto al riconoscimento delle sentenze straniere di divorzio deve ritenersi, a seguito della legge 898 del 1970, consentita al giudice italiano lapplicazione diretta delle norme straniere sul divorzio richiamate dalle regole di D.i.p. essendo scomparso, nel nostro sistema, il principio dellindissolubilit del matrimonio. Ci non toglie il permanere delloperativit del limite dellordine pubblico (es. di norme straniere sul divorzio che ammettono, quale causa di scioglimento, il ripudio unilaterale del marito o che escludono qualunque obbligo alimentare tra i coniugi successivamente al divorzio).

Con il riconoscimento dellistituto del divorzio anche in Italia venuto meno lostacolo del riconoscimento di sentenze straniere di divorzio pronunciate nei confronti di cittadini italiani anche se hanno contratto matrimonio in Italia. Questa possibilit, inoltre, sussiste anche nel caso di matrimoni celebrati in forma concordataria atteso che lart. 2 della legge sul divorzio ha esplicitamente riconosciuto al giudice italiano la facolt di far cessare gli effetti civili dei matrimoni concordatari facendo venir meno cos la c.d. riserva di giurisdizione precedentemente riconosciuta, rispetto a tali matrimoni, in favore dei tribunali ecclesiastici. Rapporti tra genitori e figliLa regolamentazione internazionalprivatistica attuale dei rapporti tra genitori e figli distingue tra disciplina dei rapporti in senso stretto, cio dei diritti e doveri che legano genitori e figli, e disciplina degli status che i figli possono avere in seno alla famiglia. Mentre per i primi la disciplina semplice e si riduce ad un solo criterio di collegamento, per i secondi pi complessa e prevede una serie complessa di criteri con il fine di favorire lacquisto dello status di figlio legittimo, di consentire il riconoscimento del figlio naturale e di tutelare il minore nelle ipotesi delladozione.

Il criterio fondamentale di tutta la materia comunque quello della legge nazionale del figlio (art. 36 l. 218); la legge di riforma ha quindi ribaltato completamente la disciplina previgente, del resto gi colpita da incostituzionalit, che prevedeva il criterio di collegamento della legge nazionale del padre (art. 20 preleggi).Gli status dei figliIn materia di status dei figli la legge pone innanzitutto un criterio di collegamento fondamentale della materia stabilendo che lo stato di figlio determinato dalla sua legge nazionale al momento della nascita (art. 33, comma 1, l. 218); a tale criterio di collegamento se ne aggiungono altri con lo scopo di favorire l acquisto dello stato di figlio legittimo o riconosciuto. L istituto dell adozione oggetto di specifica disciplina. In dettaglio:

acquisto dello status di figlio legittimo: la legge regola distintamente lipotesi di acquisto dello status di figlio legittimo per effetto della nascita o per effetto di successiva legittimazione:

per quanto riguarda lacquisto al momento della nascita, considerato legittimo il figlio che sia considerato tale dalla sua legge nazionale o altrimenti dalla legge dello Stato di cui uno dei genitori cittadino al momento della nascita del figlio (art. 33, comma 2, l. 218);

per quanto riguarda invece lacquisto per successiva legittimazione e la legittimazione per susseguente matrimonio regolata dalla legge nazionale del figlio nel momento in cui essa avviene o dalla legge nazione di uno dei genitori nel medesimo momento (34, comma 1, l. 218).Di recente la Suprema Corte (Cass. 2791 del 2002) ha stabilito che tra i presupposti dellaccertamento (o disconoscimento) biologico della paternit, soggetti, ai sensi dellart. 33 della legge 218 del 1995, alla legge nazionale del figlio al momento della nascita, debba inserirsi anche la verifica dei requisiti di ammissibilit dellazione giudiziaria di riconoscimento (o disconoscimento). In precedenza tale profilo, in quanto eminentemente di natura processuale, era stato ritenuto soggetto alla lex fori. stata ritenuta ad esempio ammissibile, alla stregua della legge camerunese, lazione esperita da una cittadina del Camerun nellinteresse della figlia, della stessa cittadinanza della madre, per ottenere il riconoscimento della paternit naturale da un cittadino italiano ancorch promossa a distanza di oltre due anni dalla nascita.

riconoscimento del figlio naturale: le condizioni per il riconoscimento del figlio naturale sono regolate dalla legge nazionale del figlio al momento della nascita o, se pi favorevole, dalla legge nazionale del soggetto che fa il riconoscimento, nel momento in cui questo avviene (35, comma 1, l. 218).

adozione: in materia di adozione il principio fondamentale quello per cui quando essa diretta ad attribuire alladottato lo stato di figlio legittimo si applica il diritto italiano; il legislatore della riforma ha voluto quindi espressamente far salve le disposizioni della legge 184 in materia di adozione qualificandole come di applicazione necessaria; tale legge infatti contiene minuziose disposizioni in materia di adozione di minori stranieri da parte di italiani e di minori italiani allestero. In tutti i casi in cui ladozione non diretta allattribuzione dello stato di figlio legittimo si applica la legge nazionale degli adottanti, se comune, o in mancanza quella dello Stato di residenza comune degli adottanti o quello dello Stato in cui la vita matrimoniale prevalentemente localizzata (38, comma 1, l. 218). La disciplina internazionalprivatistica delladozione quindi opposta rispetto a quella dei rapporti tra genitori e figli: qui il criterio quello della legge del minore, nelladozione quello della legge degli adottandi.Lintera materia delladozione stata, nel nostro ordinamento giuridico, profondamente riformata con la legge 4 maggio 1983 n. 184. Si pu distinguere:

adozione di figli minori: essa si applica a tutti i minori, anche se hanno superato gli otto anni, che si trovano in condizione di abbandono morale o materiale, da parte dei genitori o dei parenti tenuti a provvedervi, non dovute a situazioni di forza maggiore di carattere transitorio. Il procedimento di adozione, che si svolge davanti al Tribunale dei minorenni, si articola in tre fasi: 1. dichiarazione di adattabilit; affidamento preadottivo, in cui viene verificata lidoneit dellinserimento delladottando nella famiglia degli adottanti; 3. dichiarazione di adozione ovvero il decreto con cui il Tribunale per i minorenni, decorso un anno dalla data dellinizio dellaffidamento preadottivo, dichiara, se ne sussistono le condizioni, ladozione.

Adozione dei maggiori di et: tale forma di adozione resta disciplinata dalle norme del codice civile che regolavano la vecchia adozione ordinaria.

Adozione in casi particolari: si applica ai minori che non si trovano in condizione di abbandono e rispetto ai quali, dunque, non ricorrono i presupposti delladozione vera e propria.

Affidamento dei minori: trattasi di uno strumento attraverso il quale ci si propone di risolvere situazioni di disagio familiare temporanee senza fare ricorso allingresso, certamente meno idoneo allaccoglienza in un ambito familiare, in istituti di assistenza.Adozione internazionale: regola ladozione di minori stranieri in Italia che ladozione allestero di minori italiani. Prima della legge del 1995 la materia delladozione era disciplinata, dal punto di vista internazionalprivatistico, dagli artt. 17 e 20, comma 2, delle preleggi sulla falsariga della materia della filiazione. Tale stato di cose era gi pro