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LA DISCIPLINA ANTIRICICLAGGIO ALLA LUCE DEL RECEPIMENTO DELLA IV DIRETTIVA Tratti generali della disciplina antiriciclaggio Contenuti a cura di E-CO e-learning studio srl. Diritti riservati. Vietata la loro diffusione, duplicazione e modifica. 1 di 26 1. Introduzione Il riciclaggio dei proventi illeciti minaccia l’integrità e la stabilità del sistema bancario e finanziario, deteriora il flusso di investimenti provenienti dall’estero e inquina vasti settori dell’economia di un Paese o addirittura di intere comunità di Stati, determinando una perdita di credibilità delle relative istituzioni. La globalizzazione dei mercati e le nuove tecnologie utilizzate nella comunicazione delle informazioni mostrano che le operazioni di riconversione dei profitti illeciti sfruttano spesso la transnazionalità dell’economia per far perdere le tracce dell’origine del denaro. In tal modo, è molto più complesso seguire il percorso fatto dai flussi finanziari e quindi anche l’individuazione e la punizione del colpevole. La dimensione mondiale dei fenomeni del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo ha portato a una serie di iniziative finalizzate a elaborare misure di prevenzione e di contrasto dei predetti fenomeni sia a livello internazionale sia sul piano legislativo dei singoli Stati. Si è inoltre ritenuto indispensabile prevedere delle strategie integrate da adottare in modo uniforme ed efficaci modelli di cooperazione e coordinamento tra autorità giudiziarie, strutture di polizia e organi di vigilanza finanziaria. In questo contesto, in attuazione della Direttiva europea numero 849 del 2015 o Quarta direttiva, il 19 giugno 2017 è stato adottato il D.lgs. n. 90, che ha ridefinito la disciplina in materia di antiriciclaggio e contrasto al finanziamento del terrorismo, apportando modifiche al D.lgs. 231 del 2007. In questa prima lezione pensiamo sia utile evidenziare i tratti generali della disciplina dell’antiriciclaggio.

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Tratti generali della disciplina antiriciclaggio

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1. Introduzione

Il riciclaggio dei proventi illeciti minaccia l’integrità e la stabilità del sistema bancario e finanziario, deteriora il flusso di investimenti provenienti dall’estero e inquina vasti settori dell’economia di un Paese o addirittura di intere comunità di Stati, determinando una perdita di credibilità delle relative istituzioni.

La globalizzazione dei mercati e le nuove tecnologie utilizzate nella comunicazione delle informazioni mostrano che le operazioni di riconversione dei profitti illeciti sfruttano spesso la transnazionalità dell’economia per far perdere le tracce dell’origine del denaro.

In tal modo, è molto più complesso seguire il percorso fatto dai flussi finanziari e quindi anche l’individuazione e la punizione del colpevole.

La dimensione mondiale dei fenomeni del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo ha portato a una serie di iniziative finalizzate a elaborare misure di prevenzione e di contrasto dei predetti fenomeni sia a livello internazionale sia sul piano legislativo dei singoli Stati.

Si è inoltre ritenuto indispensabile prevedere delle strategie integrate da adottare in modo uniforme ed efficaci modelli di cooperazione e coordinamento tra autorità giudiziarie, strutture di polizia e organi di vigilanza finanziaria.

In questo contesto, in attuazione della Direttiva europea numero 849 del 2015 o Quarta direttiva, il 19 giugno 2017 è stato adottato il D.lgs. n. 90, che ha ridefinito la disciplina in materia di antiriciclaggio e contrasto al finanziamento del terrorismo, apportando modifiche al D.lgs. 231 del 2007.

In questa prima lezione pensiamo sia utile evidenziare i tratti generali della disciplina dell’antiriciclaggio.

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Dunque, definiremo i concetti di riciclaggio e finanziamento del terrorismo, effettueremo una panoramica sulla normativa di riferimento sia internazionale sia nazionale e individueremo infine le Autorità deputate alla vigilanza e i soggetti obbligati all’applicazione della normativa.

INFOGRAFICA

Il riciclaggio del denaro sporco altera l’andamento del nostro sistema economico minando la credibilità delle istituzioni bancarie e finanziarie perché si basa su un sistema economico parallelo di carattere criminale. Ma come si sviluppa un tale sistema economico?

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2. Riciclaggio di denaro e finanziamento del terrorismo

Come probabilmente sai, con il termine riciclaggio ci si riferisce alla riutilizzazione dei proventi di attività criminali in attività legali.

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Lo scopo è quello di occultare la provenienza illecita della ricchezza, mediante una serie di operazioni dirette a ostacolare la ricostruzione (a ritroso) dei movimenti dei capitali fino all’evento delittuoso che li ha generati.

Il riciclaggio è considerato tale anche se le attività che hanno generato i beni da riciclare si sono svolte fuori dai confini nazionali.

Ma qual è l’entità dei capitali riciclati a livello nazionale e internazionale?

Il Fondo Monetario Internazionale (o FMI) ha stimato a livello mondiale che il riciclaggio sia pari a circa il 5% del PIL.

Le stime in ambito domestico sono ancora più pessimistiche, indicando dimensioni nella media superiori al 10% del PIL, che crescono in correlazione all’apertura internazionale dei mercati e del ricorrere delle crisi economiche.

Di fatto, le modalità con le quali può essere riciclata la ricchezza di provenienza illecita sono innumerevoli, ma l’esperienza giudiziaria ha permesso di individuare tre fasi caratteristiche del riciclaggio: Placement stage o Collocamento, Layering o Lavaggio e Integration o Integrazione.

La prima fase comporta l’introduzione dei proventi nel sistema dei pagamenti, la seconda è data dall’insieme di operazioni finalizzate a impedire il collegamento tra il denaro e la sua origine criminale e la terza fase è costituita dall’investimento dei mezzi finanziari nel sistema economico legale.

L’art. 2 del D.lgs. 231 del 2007, unitamente alla definizione di riciclaggio, reca anche quella di “finanziamento del terrorismo”.

Analogamente a quello che avviene per il riciclaggio, anche per le tecniche di finanziamento del terrorismo è possibile individuare tre differenti fasi: Collection o Raccolta, Trasmission/Dissimulation o Trasmissione/Occultamento, Use o Impiego.

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Nella prima fase i fondi, di natura e origine sia lecita sia illecita, raggiungono un collettore principale; durante la seconda fase i terroristi nascondono le finalità ultime dei movimenti di capitale utilizzando sistemi di pagamento “sotterranei” o “paralleli”, alternativi al circuito bancario tradizionale. Infine, durante la terza fase il denaro e gli altri beni vengono materialmente impiegati per il compimento degli atti terroristici.

Nonostante i punti di contatto tra i due fenomeni siano innumerevoli, la differenza tra il riciclatore e il finanziatore del terrorismo è data dal fatto che quest’ultimo non sempre occulta o trasforma le risorse che intende destinare allo scopo, ma agisce per nascondere/dissimulare il fine ultimo che intende perseguire.

GLOSSARIO

Sicuramente non è la prima volta che ti trovi ad affrontare i temi del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo. Eppure… sei sicuro di conoscere la definizione di questi due fenomeni, così com’ è indicata dall’art. 2 del D.lgs. 231/2007, modificato dal D.lgs. 90/2017?

Riciclaggio Da un punto di vista strettamente giuridico, per “riciclaggio”, ai sensi dell’art. 2 D.lgs. 231/2007, si deve intendere:

• la conversione o il trasferimento di beni, effettuati essendo a conoscenza che essi provengono da un’attività criminosa o da una partecipazione a tale attività, allo scopo di occultare o dissimulare l’origine illecita dei beni medesimi o di aiutare chiunque sia coinvolto in tale attività a sottrarsi alle conseguenze giuridiche delle proprie azioni;

• l’occultamento o la dissimulazione della reale natura, provenienza, ubicazione, disposizione, movimento, proprietà dei

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beni o dei diritti sugli stessi, effettuati essendo a conoscenza che tali beni provengono da un’attività criminosa o da una partecipazione a tale attività;

• l’acquisto, la detenzione o l’utilizzazione di beni essendo a conoscenza, al momento della loro ricezione, che tali beni provengono da un’attività criminosa o da una partecipazione a tale attività;

• la partecipazione ad uno degli atti di cui alle lettere a), b) e c) l’associazione per commettere tale atto, il tentativo di perpetrarlo, il fatto di aiutare, istigare o consigliare qualcuno a commetterlo o il fatto di agevolarne l’esecuzione.

Finanziamento del terrorismo

L’art. 2 del D.lgs. 231/2007, unitamente alla definizione di riciclaggio, reca anche la definizione di “finanziamento del terrorismo”. È da intendersi come qualsiasi attività diretta, con ogni mezzo, alla fornitura, alla raccolta, alla provvista, all’intermediazione, al deposito, alla custodia o all’erogazione, in qualunque modo realizzate, di fondi e risorse economiche, direttamente o indirettamente, in tutto o in parte, utilizzabili per il compimento di una o più condotte, con finalità di terrorismo secondo quanto previsto dalle leggi penali ciò indipendentemente dall’effettivo utilizzo dei fondi e delle risorse economiche per la commissione delle condotte anzidette (art. 2, comma 6, D.lgs. 231/2007, così come modificato dal D.lgs. 90/2017).

INFOGRAFICA

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Il riciclaggio non è certo un fenomeno solo dei nostri giorni. È possibile, infatti, analizzare la sua evoluzione a partire dagli anni ‘60-’70 individuando diverse fasi, ciascuna con specifiche connotazioni?

FOCUS DI APPROFONDIMENTO

L’utilizzo delle valute virtuali sta determinando pericolose infiltrazioni criminali nelle migliaia di trattative che avvengono giornalmente in rete. Si tratta di un fenomeno che sta evolvendo piuttosto velocemente e la cui caratteristica principale è quella di consentire connessioni criptate e anonime da parte di utenti che dispongono di adeguati hardware e software e di ottime conoscenze informatiche. Tra le valute più diffuse vi è sicuramente il bitcoin.

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Scopri maggiori dettagli sull’impiego di questa moneta virtuale leggendo questo approfondimento.

I bitcoin I “bitcoin” sono una moneta virtuale senza supporto fisico (senza banconote in sostanza) non legalmente riconosciuta in nessuno Stato al mondo. Le transazioni effettuate con i bitcoin non sono illegali, ma nemmeno tutelate da alcuna legge. Si basano sul fatto che le persone che scambiano una merce per bitcoin riconoscano la moneta, ne accettino il valore e soprattutto abbiano fiducia nella possibilità di poterla scambiare e ricevere contropartite in merci. Il bitcoin è nato tra fine 2008 e inizio 2009. È la moneta virtuale che si è affermata e imposta negli ultimi anni ma non è l’unica. Il bitcoin, essendo immateriale, non è governato da una banca centrale, ma si autogoverna, essendo aperto alla partecipazione di chiunque, senza la possibilità che qualcuno ne prenda il controllo. Non avendo natura fisica, ma digitale, i bitcoin sono creati, memorizzati e utilizzati su dispositivi elettronici (ad esempio smartphone), nei quali vengono conservati in "portafogli elettronici" (c.d. wallet) e sono pertanto liberamente accessibili e trasferibili dal titolare, in possesso delle necessarie credenziali, in qualsiasi momento, senza bisogno dell’intervento di terzi. I bitcoin vengono emessi e funzionano grazie a dei codici crittografici e a dei complessi calcoli algoritmici.

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Lo scambio dei codici criptati tra gli utenti, operatori sia economici sia privati, avviene grazie a una applicazione software open source. Ogni bitcoin, che ha un cambio alquanto volatile, si ottiene a mezzo di ricompensa tramite bonus programs su determinati siti che premiano le azioni compiute dall’utente tra cui fare recensioni, provare nuovi software, guardare della pubblicità e tante altre iniziative. Le monete si possono trasferire tra qualsiasi “nodo” del network, circolando tra chi possiede il software in grado di gestire le transazioni, che sono irreversibili e immediate.

3. Quadro normativo di riferimento

Per contrastare i fenomeni del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo, vengono costantemente emanate disposizioni normative a livello internazionale e nazionale che rappresentano la normativa primaria del settore.

La cornice normativa internazionale è costituita da un’articolazione di fonti: in particolare, convenzioni internazionali, raccomandazioni del GAFI e norme europee.

Le 49 raccomandazioni del GAFI (ovvero del Gruppo d’azione finanziaria internazionale contro il riciclaggio di capitali), pur non essendo obbligatorie dal punto di vista giuridico, hanno finito per imporsi sul piano internazionale.

Esse definiscono le misure che un Paese deve adottare per combattere efficacemente il riciclaggio di capitali e il finanziamento del terrorismo.

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Nel 2016, è stata pubblicata la versione aggiornata della Raccomandazione GAFI n. 8 e della relativa nota interpretativa in materia di rischio di finanziamento del terrorismo con riferimento al settore no-profit.

Per quanto riguarda le regole comunitarie, queste hanno recepito, nel tempo, l’evoluzione dei princìpi internazionali, con l’obiettivo di realizzare un ambiente normativo armonizzato tra gli Stati membri.

La direttiva UE 2015/849 (c.d. Quarta Direttiva antiriciclaggio) è stata elaborata per combattere il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo impedendo l’utilizzo improprio dei mercati finanziari a tali scopi e per rafforzare la normativa dell’Unione europea e garantirne la coerenza con gli standard globali stabiliti nelle raccomandazioni internazionali adottate dal GAFI.

Tale direttiva ha modificato il Regolamento UE sugli strumenti derivati over the counter, le controparti centrali e i repertori di dati sulle negoziazioni e abrogato la Direttiva 2005/60, c.d. Terza direttiva, e la Direttiva 2006/70.

Esaminiamo ora il quadro normativo nazionale.

Il 19 giugno 2017 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il D.lgs. 25 maggio 2017, n. 90, in attuazione della Quarta direttiva, relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo.

Si tratta di un intervento atteso, annunciato con la legge di delegazione europea per il 2017.

Tale decreto ha apportato significative modifiche alla disciplina, riscrivendo una parte consistente del D.lgs. 21 novembre 2007, n. 231, introdotto in precedenza in attuazione della Terza direttiva antiriciclaggio, nonché ai fini di una sistemazione organica alla materia.

In estrema sintesi, in attuazione della Quarta direttiva sono rimodulati e ampliati i compiti e le responsabilità sia del Ministero dell’economia e delle finanze sia dell’UIF (Unità di Informazione Finanziaria per l’Italia).

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Sono ridisegnati anche i compiti e le attribuzioni delle altre autorità pubbliche interessate.

In ossequio alla linea tracciata dalla direttiva, che si muove rafforzando il c.d. risk based approach (approccio basato sul rischio), il decreto ha riscritto l’intero Titolo I del D.lgs. 231/2007, modificando le definizioni, le finalità, i principi e l’elenco dei soggetti obbligati ad adempiere alle prescrizioni.

Sono stati resi più stringenti gli obblighi di adeguata verifica (Titolo II), sia nella forma semplificata, eliminando le esenzioni precedenti, sia in quella rafforzata, e sono state introdotte norme specifiche in relazione all’attività dei c.d. money transfer.

Nel Titolo IV sono state introdotte nuove norme indirizzate al settore, particolarmente critico per il rischio riciclaggio, dei servizi di gioco.

Il D.lgs. n. 231/2007, nell’attuale configurazione, si compone di 74 articoli, racchiusi in questi 5 Titoli.

In più, sempre per effetto della Legge di delegazione europea è stato adottato anche il D.lgs. 25 maggio 2017, n. 92 - Disposizioni per l’esercizio dell’attività di compro oro.

La normativa nazionale, infine, si arricchisce anche di regolamenti, comunicazioni e circolari interpretative adottate delle Autorità di vigilanza che costituiscono la normativa secondaria.

FOCUS DI APPROFONDIMENTO

Nell’ambito della disciplina comunitaria è sopraggiunta anche una proposta di Quinta direttiva della Commissione Europea che modifica la Quarta, con lo scopo di rafforzare ulteriormente l’azione di contrasto e prevenzione del riciclaggio e del finanziamento al terrorismo. Tra le principali tematiche oggetto della proposta di V Direttiva ci sono:

1. Regolamentazione delle valute virtuali 2. Restrizioni alle carte prepagate 3. Facoltà delle FIU di accedere alle informazioni 4. Istituzione del registro centrale dei conti bancari 5. Approccio comune ai Paesi Terzi ad alto rischio

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6. Accesso alle informazioni sulla titolarità effettiva. In particolare, tale proposta mira a estendere i poteri e le attribuzioni delle Financial Intelligence Units o FIU statali, valorizzando la loro rete europea, potenziando gli strumenti di accesso alle informazioni rilevanti e incrementando il ruolo (e i doveri) di prevenzione e controllo decentrato dei soggetti obbligati. Ma cos’è una FIU? Scopri di più leggendo il seguente approfondimento.

FIU Una FIU è un’Unità centrale nazionale incaricata di ricevere e analizzare segnalazioni di operazioni sospette e altre informazioni rilevanti in materia di riciclaggio, finanziamento del terrorismo e connessi reati presupposto, nonché della disseminazione dei risultati di tale analisi. In base alla scelta compiuta dal singolo legislatore nazionale, la FIU può assumere la natura di autorità amministrativa, di struttura specializzata costituita all’interno delle forze di polizia o incardinata nell’ambito dell’Autorità giudiziaria. In alcuni Stati sono stati adottati modelli misti fra i precedenti.

FOCUS DI APPROFONDIMENTO

In considerazione della Comunicazione della Banca d’Italia del 9 febbraio 2018 in materia di obblighi antiriciclaggio per gli intermediari bancari e finanziari, sul piano della regolamentazione, trovano applicazione sino al 31 marzo 2018 e comunque fino all’entrata in vigore della nuova normativa di attuazione della Banca d’Italia i seguenti provvedimenti:

• Provvedimento della Banca d’Italia del 10 marzo 2011; • Provvedimento della Banca d’Italia del 3 aprile 2013.

Scopri di più sul contenuto dei suddetti provvedimenti leggendo questo approfondimento.

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La regolamentazione secondaria

Il provvedimento della Banca d’Italia del 10 marzo 2011 recante “Disposizioni attuative in materia di organizzazione, procedure e controlli interni volti a prevenire l’utilizzo degli intermediari e degli altri soggetti che svolgono attività finanziaria a fini di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo ai sensi del [previgente] art. 7 comma 2 del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231” è, in linea generale, compatibile con il nuovo quadro normativo primario ed è pertanto applicabile. Il provvedimento della Banca d’Italia del 3 aprile 2013 reca invece “Disposizioni attuative in materia di adeguata verifica della clientela, ai sensi del [previgente] art. 7, comma 2, del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231”. Gli articoli da 17 a 30 del D.lgs. n. 231 del 2007, come modificato dal D.lgs. 90/2017 disciplinano in maniera significativamente diversa rispetto al passato:

• le modalità di adempimento degli obblighi di adeguata verifica; • i criteri per la determinazione della titolarità effettiva di clienti

diversi dalle persone fisiche; • le misure semplificate e, per taluni aspetti, quelle rafforzate di

adeguata verifica della clientela; • le regole in materia di esecuzione da parte di terzi dell’adeguata

verifica. Le nuove disposizioni di legge risultano molto analitiche, avendo incorporato aspetti in precedenza rimessi alla normativa di attuazione delle Autorità di vigilanza. Pertanto, gli intermediari devono applicare direttamente gli obblighi di adeguata verifica come previsti dalle nuove

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norme di legge. Le previsioni contenute nel Provvedimento della Banca d’Italia del 3 aprile 2013 si applicano solo nella misura in cui precisano aspetti che le nuove disposizioni di legge disciplinano in linea di continuità con quelle abrogate. Risultano interamente inapplicabili perché incompatibili con le nuove disposizioni di legge le seguenti parti del Provvedimento del 3 aprile 2013:

• “Parte terza: misure semplificate di adeguata verifica”; • “Allegato 1: individuazione del titolare effettivo sub 2”.

4. Autorità di vigilanza

Chi vigila sul sistema antiriciclaggio?

La vigilanza è rimessa a diverse autorità.

Vediamo intanto di quali si tratta, poi approfondiremo i loro compiti.

Il Ministro dell’Economia e delle Finanze è responsabile delle politiche di prevenzione dell’utilizzo del sistema finanziario ed economico per fini di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo.

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze (o MEF), invece, cura i rapporti con le istituzioni europee e gli organismi internazionali deputati all’elaborazione delle politiche e degli standard da seguire, assicurando gli adempimenti degli obblighi derivanti dalla partecipazione dell’Italia alle istituzioni e ai suddetti organismi.

Il Comitato di sicurezza finanziaria esercita i poteri e le funzioni previsti dal decreto legislativo del 22 giugno 2007, n. 109, e successive modificazioni.

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Tale decreto reca le misure per prevenire, contrastare e reprimere il finanziamento del terrorismo e l’attività dei Paesi che minacciano la pace e la sicurezza internazionale. Elabora, dunque, le strategie di prevenzione del riciclaggio e di finanziamento del terrorismo e coordina le misure di contenimento del relativo rischio da parte delle autorità.

L’Unità di Informazione Finanziaria per l’Italia (UIF), istituita presso la Banca d’Italia dal d.lgs. n. 231/2007, è dotata di piena autonomia operativa e gestionale, con funzioni di contrasto del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo.

È incaricata di acquisire i flussi finanziari e le informazioni attraverso le segnalazioni di operazioni sospette.

Banca d’Italia, CONSOB e IVASS, sono invece le autorità di vigilanza del settore che sovrintendono.

Secondo le rispettive competenze, vigilano sul rispetto della disciplina da parte dei soggetti obbligati, verificando l’adeguatezza degli assetti organizzativi e procedurali.

La Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo svolge delle funzioni di coordinamento delle indagini e di impulso investigativo ad essa attribuite dalla normativa vigente.

Il Nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di finanza, nel quadro degli obiettivi e priorità strategiche individuati annualmente dal Ministro dell’economia e delle finanze con la Direttiva generale per l’azione amministrativa e la gestione, esegue i controlli sull’osservanza delle disposizioni da parte dei soggetti obbligati non vigilati dalle Autorità di vigilanza di settore nonché gli ulteriori controlli effettuati, in collaborazione con la UIF che ne richieda l’intervento a supporto dell’esercizio delle funzioni di propria competenza.

La Direzione investigativa antimafia, infine, accerta e contesta ovvero trasmette alle autorità di vigilanza di settore, le violazioni degli obblighi antiriciclaggio riscontrate nell’esercizio delle sue attribuzioni ed effettua gli approfondimenti investigativi, attinenti alla criminalità organizzata, delle segnalazioni di operazioni sospette, trasmesse dalla UIF.

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FOCUS DI APPROFONDIMENTO

Adesso che sai quali sono le autorità incaricate della vigilanza in materia di antiriciclaggio; scopri qui di seguito quali compiti svolgono nello specifico.

MEF - Ministro dell’Economia e delle Finanze

Fermi restando le attribuzioni e i poteri ispettivi e di controllo delle autorità di settore, il Ministero dell’Economia e delle Finanze, effettua proprie ispezioni, presso i soggetti obbligati, al fine di acquisire elementi utili allo svolgimento dei procedimenti rientranti nelle proprie competenze istituzionali in materia di prevenzione del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo. Nell’ambito dell’ispezione, gli ispettori chiedono o rilevano ogni notizia o risultanza esistente presso i soggetti ispezionati. Esercita, inoltre, anche il potere sanzionatorio, secondo i termini e le procedure di cui al Titolo V del D.lgs. n. 231/2007. Entro il 30 giugno di ogni anno, il Ministro dell’economia e delle finanze presenta al Parlamento la relazione sullo stato dell’azione di prevenzione del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo, elaborata dal Comitato di sicurezza finanziaria. Alla relazione è allegato un rapporto predisposto dalla UIF sull’attività svolta dalla medesima. Il Ministro dell’Economia e delle Finanze, su proposta del Comitato di sicurezza finanziaria, stabilisce l’esenzione dall’osservanza degli obblighi in materia antiriciclaggio, di taluni soggetti che esercitano, in modo occasionale o su scala limitata, un’attività finanziaria che implichi scarsi rischi di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo, in presenza di specifici requisiti (art. 4 D.lgs. 231/2007, così come modificato dal D.lgs. 90/2017).

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Comitato di sicurezza finanziaria

Il Comitato di sicurezza finanziaria: a. elabora l’analisi nazionale dei rischi di riciclaggio e di finanziamento del

terrorismo; b. propone al Ministro dell’Economia e delle Finanze le misure nazionali di

designazione e congelamento dei fondi e delle risorse economiche detenuti, anche per interposta persona, da persone fisiche, persone giuridiche, gruppi o entità che commettono, o tentano di commettere, atti di terrorismo;

c. propone al Ministro dell’economia e delle finanze l’esenzione di taluni soggetti dall’osservanza degli obblighi antiriciclaggio, al ricorrere di specifici presupposti;

d. formula i pareri e le proposte previsti dal presente decreto e fornisce consulenza al Ministro dell’Economia e delle Finanze in materia di prevenzione del riciclaggio e di finanziamento del terrorismo. Entro il 30 maggio di ogni anno, presenta al Ministro dell’Economia e delle Finanze, per il successivo inoltro al Parlamento, la relazione contenente la valutazione dell’attività di prevenzione del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo, dei relativi risultati e delle proposte dirette a renderla più efficace.

Unità di informazione finanziaria per l’Italia

Nel sistema di prevenzione del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo, la UIF è l’autorità incaricata di acquisire i flussi finanziari e le informazioni riguardanti ipotesi di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo principalmente attraverso le segnalazioni di operazioni sospette trasmesse da intermediari finanziari, professionisti e altri operatori.

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LA DISCIPLINA ANTIRICICLAGGIO ALLA LUCE DEL RECEPIMENTO DELLA IV DIRETTIVA

Tratti generali della disciplina antiriciclaggio

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Di dette informazioni effettua l’analisi finanziaria, utilizzando l’insieme delle fonti e dei poteri di cui dispone, e valuta la rilevanza ai fini della trasmissione agli organi investigativi e della collaborazione con l’autorità giudiziaria, per l’eventuale sviluppo dell’azione di repressione. Nel corso del 2017 sono state analizzate e trasmesse agli organi investigativi 94.018 segnalazioni di operazioni sospette.

Fonte: Rapporto annuale UIF per il 2017, n. 10 – 2018

La normativa stabilisce, a vantaggio della UIF, obblighi di informazione in capo alle autorità di vigilanza, alle amministrazioni e agli ordini professionali. L’Unità e gli organi investigativi e giudiziari collaborano ai fini dell’individuazione e dell’analisi di operazioni finanziarie anomale. L’Unità partecipa alla rete mondiale delle FIU per scambi informativi essenziali a fronteggiare la dimensione transnazionale del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo.

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Autorità di vigilanza di settore - Banca d’Italia, CONSOB e IVASS

Relativamente ai settori che sovraintendono, Banca d’Italia, CONSOB e IVASS: a. adottano nei confronti dei soggetti rispettivamente vigilati,

disposizioni di attuazione del presente decreto in materia di organizzazione, procedure e controlli interni e di adeguata verifica della clientela;

b. verificano l’adeguatezza degli assetti organizzativi e procedurali dei soggetti obbligati rispettivamente vigilati;

c. definiscono procedure e metodologie per la valutazione del rischio di riciclaggio e finanziamento del terrorismo cui gli intermediari rispettivamente vigilati sono esposti nell’esercizio della propria attività;

d. esercitano i poteri attribuiti dal presente decreto anche al fine di assicurare il rispetto delle norme tecniche di regolamentazione.

Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo

Nell’esercizio delle competenze e nello svolgimento delle funzioni di coordinamento delle indagini e di impulso investigativo ad essa attribuite dalla normativa vigente, la Direzione nazionale antimafia ed antiterrorismo, tra l’altro:

a. riceve tempestivamente dalla UIF per il tramite del Nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di Finanza ovvero, per quanto attinente alle segnalazioni relative alla criminalità organizzata, per il tramite della Direzione investigativa antimafia, i dati attinenti alle segnalazioni di operazioni sospette e relativi ai dati anagrafici dei soggetti segnalati o collegati, necessari per la verifica della loro eventuale attinenza a procedimenti giudiziari in corso;

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b. riceve dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli tutti i dati e le informazioni necessari all’individuazione di possibili correlazioni tra flussi merceologici a rischio e flussi finanziari sospetti, sulla base di protocolli tecnici, stipulati con la medesima Agenzia, volti a stabilire le modalità e la tempistica dello scambio di informazioni;

c. ferme le disposizioni vigenti in materia di tutela del segreto investigativo, fornisce alla UIF e all’Agenzia delle dogane e dei monopoli tempestivo riscontro in ordine all’utilità delle informazioni ricevute.

5. Soggetti obbligati

L’art. 3 del D.lgs. 231/2007 (così come modificato dal D.lgs. 90/2017) definisce l’ambito di applicazione soggettivo della disciplina antiriciclaggio, indicando come destinatari della stessa le persone fisiche o le persone giuridiche la cui attività è potenzialmente a rischio di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo.

I destinatari o “soggetti obbligati” sono in buona sostanza:

a. gli intermediari bancari e finanziari; b. gli altri operatori finanziari; c. i professionisti; d. gli altri operatori non finanziari; e. i prestatori di servizi di gioco (operatori di gioco on line, operatoti di gioco su rete fisica,

soggetti che gestiscono case da gioco).

Appare importante sottolineare come l’art. 16 del D.lgs. n. 231/2007 (così come modificato dal D.lgs. 90/2017) abbia evidenziato la necessità di assicurare un’adeguata formazione del personale.

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Conseguentemente, i soggetti obbligati devono adottare misure proporzionate ai propri rischi, alla propria natura e alle proprie dimensioni, idonee a rendere note al proprio personale gli obblighi in tema antiriciclaggio cui sono tenuti, ivi compresi quelli in materia di protezione dei dati personali.

A tal fine, devono garantire lo svolgimento di programmi permanenti di formazione finalizzati alla corretta applicazione delle disposizioni in materia antiriciclaggio, al riconoscimento di operazioni sospette e all’adozione dei comportamenti e delle procedure richieste.

In sostanza, il personale deve essere messo in condizione di conoscere al meglio gli obblighi imposti dalla disciplina e rendersi conto delle responsabilità.

Ai soggetti obbligati, ai sensi dell’art. 48 D.lgs. n. 231/2007 (così come modificato dal D.lgs. 90/2017) è inoltre imposta l’adozione di procedure per la segnalazione, al proprio interno, da parte di dipendenti o di persone in posizione comparabile di violazioni, potenziali o effettive, delle disposizioni dettate in funzione di prevenzione del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo.

Tale previsione è riconducibile nell’ambito dell’istituto di origine anglosassone del “whistleblowing”.

Tali procedure devono garantire:

a. la tutela della riservatezza dell’identità del segnalante e del presunto responsabile delle violazioni, ferme restando le regole che disciplinano le indagini e i procedimenti avviati dall’autorità giudiziaria in relazione ai fatti oggetto delle segnalazioni;

b. la tutela del soggetto che effettua la segnalazione contro condotte ritorsive, discriminatorie o comunque sleali conseguenti la segnalazione;

c. lo sviluppo di uno specifico canale di segnalazione, anonimo e indipendente, proporzionato alla natura e alle dimensioni del soggetto obbligato.

La presentazione della segnalazione non costituisce, di per sé, una violazione degli obblighi derivanti dal rapporto contrattuale con il soggetto obbligato.

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I soggetti interessati devono pertanto dotarsi di strumenti idonei alla gestione delle segnalazioni di whistleblowing che risultino adeguati alla circolazione dei flussi informativi anonimi e riservati.

FOCUS DI APPROFONDIMENTO

L’art. 3 del D.lgs. 231/2007 (così come modificato dal D.lgs. 90/2017) definisce l’elenco dei soggetti obbligati all’applicazione della disciplina. Tra questi rientrano gli intermediari bancari e finanziari e altri operatori finanziari.

Ma quali soggetti rientrano nello specifico tra gli intermediari bancari e finanziari e gli altri operatori finanziari? Scoprilo subito leggendo i seguenti approfondimenti.

Gli intermediari bancari e finanziari

Rientrano tra “intermediari bancari e finanziari” ai sensi della disciplina in esame:

a. le banche; b. Poste italiane S.p.a.; c. gli istituti di moneta elettronica (IMEL); d. gli istituti di pagamento (IP); e. le società di intermediazione mobiliare (SIM); f. le società di gestione del risparmio (SGR); g. le società di investimento a capitale variabile (SICAV); h. le società di investimento a capitale fisso, mobiliare e

immobiliare (SICAF); i. gli agenti di cambio;

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l. gli intermediari iscritti in un apposito albo tenuto dalla Banca d’Italia e previsto dall’articolo 106 TUB;

m. Cassa depositi e prestiti S.p.a.; n. le imprese di assicurazione che operano in Italia nei rami vita di

cui all’articolo 2, comma 1, CAP; o. gli intermediari assicurativi di cui all’articolo 109, comma 2,

lettere a), b) e d), CAP (agenti, broker, banche, ecc.), che operano nei rami vita di attività di cui all’articolo 2, comma 1, CAP;

p. i soggetti eroganti micro-credito; q. i confidi e gli altri soggetti di cui all’articolo 112 TUB; r. i soggetti di cui all’articolo 2, comma 6, della legge 30 aprile 1999,

n. 130, con riferimento alle operazioni di cartolarizzazione di crediti disciplinate dalla medesima legge;

s. le società fiduciarie iscritte nell’albo previsto ai sensi dell’articolo 106 TUB;

t. le succursali insediate di intermediari bancari e finanziari e di imprese assicurative, aventi sede legale e amministrazione centrale in un altro Stato membro o in uno Stato terzo;

u. gli intermediari bancari e finanziari e le imprese assicurative aventi sede legale e amministrazione centrale in un altro Stato membro, stabiliti senza succursale sul territorio della Repubblica italiana;

v. i consulenti finanziari di cui all’articolo 18-bis TUF e le società di consulenza finanziaria di cui all’articolo 18-ter TUF.

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Altri operatori finanziari

Rientrano invece tra “altri operatori finanziari” ai sensi della disciplina in esame:

a. le società fiduciarie di cui alla legge 23 novembre 1939, n. 1966; b. i mediatori creditizi; c. gli agenti in attività finanziaria; d. i soggetti che esercitano professionalmente l’attività di cambio

valuta, consistente nella negoziazione a pronti di mezzi di pagamento in valuta, iscritti in un apposito registro tenuto dall’Organismo previsto dall’articolo 128-undecies TUB.

L’art. 3 citato elenca i soggetti nei cui confronti si applicano i soli obblighi in materia di segnalazione di operazioni sospette e di comunicazioni oggettive. Ci si riferisce alle società di gestione accentrata di strumenti finanziari, alle società di gestione dei mercati regolamentati di strumenti finanziari e ai soggetti che gestiscono strutture per la negoziazione di strumenti finanziari e di fondi interbancari, alle società di gestione dei servizi di liquidazione delle operazioni su strumenti finanziari e alle società di gestione dei sistemi di compensazione e garanzia delle operazioni in strumenti finanziari.

GLOSSARIO

Adesso sai che il whistleblowing è un’espressione con cui si designa la segnalazione da parte del dipendente di attività illecite all’interno del proprio luogo di lavoro.

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Whistleblowing Col termine “whistleblowing” si indica la segnalazione di attività illecite nell’amministrazione pubblica o in aziende private, da parte del dipendente che ne venga a conoscenza. To blow the whistle significa “soffiare il fischietto”, come un tempo faceva il poliziotto nel tentativo di far cessare un’azione illegale (ne dettava una disciplina già la “Lincoln Law” del 1863, varata nel pieno della guerra civile americana per far fronte alle frodi negli approvvigionamenti). Il termine ”whistleblower” in lingua inglese, e più nello specifico negli Stati Uniti d’America, identifica un individuo che denuncia pubblicamente o riferisca alle autorità attività illecite o fraudolente all’interno del governo, di un’organizzazione pubblica o privata o di un’azienda. Le rivelazioni o denunce possono essere di varia natura: violazione di una legge o regolamento, minaccia di un interesse pubblico come in caso di corruzione e frode, gravi e specifiche situazioni di pericolo per la salute e la sicurezza pubblica. Tali soggetti possono denunciare le condotte illecite o pericoli di cui sono venuti a conoscenza all’interno dell’organizzazione stessa, all’autorità giudiziaria o renderle pubbliche attraverso i media o le associazioni ed enti che si occupano dei problemi in questione. Spesso i whistleblower, spinti da elevati valori di moralità ed altruismo, si espongono singolarmente a ritorsioni, rivalse, azioni vessatorie, da parte dell’istituzione o azienda destinataria della segnalazione o singoli

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soggetti ovvero organizzazioni responsabili ed oggetto delle accuse, venendo sanzionati disciplinarmente, licenziati o minacciati fisicamente.