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14 Anno XI • luglio settembre 2006 5,00 Benessere organizzativo, modello partecipativo, sistemi di ricompensa

Benessere organizzativo, modello partecipativo, …...FOCUS: IL BENESSERE ORGANIZZATIVO Roberto De Santis, Presidente dell'Apq, ci presenta un'indagine sui benefit presenti nella categoria

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Anno XI • luglio settembre 2006

€ 5,00

Benessere organizzativo, modello partecipativo, sistemi di ricompensa

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si sta trasformando

in

Anno XI • luglio settembre 2006 numero quattordici

L’economia

psicologia

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BENESSERE ORGANIZZATIVO ISTRUZIONIPER L'USO - GLI ACCORDI DI CLIMAL’Oms (Organizzazione Mondiale della Sanità)definisce la salute uno "stato di completobenessere fisico, mentale e sociale, e non solol’assenza di malattia o infermità". Unadimensione, quindi, quella della saluteindividuale, che necessita, per essere tale, diuna componente collettiva (sociale), e che nonè un oggetto dato, una condizione, ma unacombinazione di elementi. Un individuo“sano” è, pertanto, un individuo che non solovive in un contesto sociale, ma che è chiamatoa con-vivere con tale contesto, a farsipermeare da questo, a far interagire,armonizzando, le diverse componenti che locostituiscono. A fronte di questo, CinziaFrascheri - Responsabile nazionale Salute eSicurezza sul lavoro Cisl ci presenta gliAccordi di Clima.

EDITORIALE"…Questo è in definitiva il benesserelavorativo: trasformare la minaccia inpromessa, la paura in speranza. Il buon lavoronon ci basta più: abbiamo desiderio di un bellavoro che dia il segno della rivoluzionesoggettiva e della trasformazionedell'economia in psicologia. Anche questa"piccola" utopia può diventare presto una"grande" realtà." Termina così l'editoriale diEnzo Spaltro sull'idea di benessere lavorativo.

18-IL COUNCELING QUESTO SCONOSCIUTOChe cosa è il counseling? E perché si staparlando tanto di questa professione?Intervista a Sergio Stranieri, Ad S.I.Co.

IL QUADRO FRA CRESCITA E SVILUPPOIl vice presidente dell'Apq Andrea Pastacaldinel suo articolo si sofferma su quantoSchumpter sosteneva in una sua analisi dovediceva che solo l’imprenditore con qualità dileadership poteva farsi motore di innovazionee quindi di sviluppo. Pastacaldi sostiene che:“..noi come sindacato e come AssociazioneQuadri abbiamo la voglia di tentare questascommessa per cambiare la cultura del lavoro,per promuovere lo sviluppo delle imprese edel Paese, per cambiare infine le tendenze inatto della ricordata società dei due terzi, manon possiamo farlo da soli, abbiamo bisognodi partner affidabili, abbiamo bisogno diimprenditori con qualità di leadership e nondi pseudocapitani di impresa che alla luce deifatti si rivelano solo furbetti del quartierino”.

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FOCUS: IL BENESSERE ORGANIZZATIVORoberto De Santis, Presidente dell'Apq, cipresenta un'indagine sui benefit presentinella categoria dei lavoratori a fortecompetenza.Attraverso questi benefici sipossono rendere meno difficili le condizionidi lavoro e, di conseguenza, contribuire peruna parte ad un clima aziendale normale enon anaffettivo, come ci capita spesso diregistrare.

Terza Corsia organo ufficialedell’Associazione Progetto Quadri e Alte Professionalitàaffiliata alla CislApq CislViale Castro Pretorio, 11600185 RomaTel. +39 06 44701884/6Fax +39 06 44701885

Numero 14 - Anno XINuova edizioneluglio settembre 2006

Direzione:Costantino Corbari (responsabile),Roberto De Santis,Enzo Spaltro

RedazioneElisabetta Biliotti,Cristiana Buratti,Angela Cappuccini,Sabrina Rovidotti,Emiliana Alessandrucci,Luisa Chiomenti.

Comitato scientificoAglieri Leandro, AmicucciFranco, Barnabò Livio,Becchetti Enzo Alfredo, BerriniAlberto, Cornacchia Michele,Deiana Angelo, Di Marco Luigi,Famà Fabrizio, FattoriniEmanuela, Guarriello Silvia,Rossi Cinzia, Russo Carmine,Sapelli Giulio, SerpieriRoberto, Spaltro Vincenzo,Stanzani Claudio, Volpe Vito,Zanuzzi Walter

Progetto graficoSabrina Mossetto

ImpaginazionePunto di vista - Torino

StampaMariogros - Torino

Registrazione tribunaleMonza n. 1202 17/10/1996

EditoreCisl Lombardiaviale Italia, 220099 Sesto San Giovanni(Milano)telefono 02 2410111fax 02 241011604

Edizioni lavoro

Chiuso in tipografia20 settembre 2006

Tiratura5.000 copie

Abbonamenticosto rivista € 5,004 numeri all’anno € 15,00.Per abbonarsi: Punto di vistacorso G. Agnelli, 3810137 Torinotel. 011 [email protected]

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sommario6 EDITORIALE

L’IDEA DI BENESSERE LAVORATIVOdi Enzo Spaltro

8 SISTEMI DI RICOMPENSA E BENEFIT:NUOVI BISOGNI E DESIDERIdi Rosanna Gallo

10 UN MODELLO COLLABORATIVO PERBANCA INTESAdi Mario Mocci

12 UN PASSO AVANTI?di Isabella Nuboloni

14 GLI ACCORDI DI CLIMAdi Cinzia Frascheri

16 DAL CELLULARE ALLA LAVANDERIA, ILVALORE DEI BENEFITdi Cinzia Frascheri

18 IL COUNSELING QUESTO SCONOSCIUTOdi Sergio Stranieri

20 BENE COMUNE CONDIVISO FATTORE DISUCCESSOdi Fiorella Morelli

23 COMPETENZEBENESSERE ED ORGANIZZAZIONE: ACHI GIOVA?di Annamaria Felici

24 RIFLETTENDO LIBERAMENTE CONPASCAL E L’UOMO RAGNOdi Domenico Trombino

26 VITA APQCAMBIARE IL LAVORO SENZADIMENTICARE IL QUOTIDIANOdi Roberto De Santis

27 SE IL BENESSERE NON VIENE DA QUIdi Fiorenzo Colombo

29 INASINAIL: RIVALUTATE, PER IL 2006, LEPRESTAZIONI ECONOMICHE

30 COOPERAZIONE: STRUMENTO DISVILUPPOdi Giuseppe Giurlanda

32 CONVENZIONILE AZIENDE PUNTANO ALLAMOTIVAZIONE GLOBALE

34 LEGALEOBBLIGO DI FEDELTÀ E NUOVETIPOLOGIE CONTRATTUALIdi Maurizio Bellucci, Silvia De Santis

35 IL QUADRO FRA CRESCITA E SVILUPPOdi Andrea Pastacaldi

36 FORMAZIONEUNA COMUNITÀ INTERATTIVA PERAPPRENDERE IN RETEdi Federica Cochi

38 QUALITÀ ALIMENTAREI NOSTRI ALIMENTI SONO SICURI?di Claudio Malagoli

40 SOLIDARIETÀBIRMANIA, UN PAESE IN GABBIAdi Gianni Italia

41 RIUSCIRE AL FEMMINILEdi Danilo Crovella

42 IL LIBROAUTONOMIA E CONTRATTIdi Monica Roberti

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aumento degli uomini sul pianetaterra ha portato ad equilibri com-plessi tra i bisogni ed i desideri dauna parte e le risorse naturali ed

umane dall'altra. Oggi la scarsità, che hafunzionato sinora come valore fondamentaleper lo sviluppo dell'umanità, sta lasciandoquesta funzione all'abbondanza. Ed il benes-sere che ne deriva a poco a poco si sta alli-neando in questo senso. Perciò, quando si parla di benessere lavorati-vo, non si può dimenticare il ruolo declinan-te della scarsità ed emergente dell'abbon-danza. L'associazione tra scarsità e potere éoggi giunta ad un momento di svolta. Il lavo-ro si sta trasformando da strumento di sotto-missione connesso alla fame (chi non lavoranon mangia), a strumento di produzione diricchezza e benessere soggettivo e diffuso(sta bene chi si sente bene). A questo punto ci chiediamo cosa sia il be-nessere lavorativo. Il lavoro produce ricchez-za e la ricchezza consiste nel benessere (sog-gettivo e diffuso) per chi la produce. Ciò valesia per l'imprenditore che per il manovale.Se il lavoro produce benessere, occorre chechi lo svolge ne riceva degli effetti positivied anche ne comprenda i meccanismi di pro-duzione di ricchezza e di benessere (soggetti-vo e diffuso). Questa è la base della granderivoluzione in corso nel mondo del lavoro: larivoluzione della soggettività. Il lavoro pro-duce ricchezza e benessere perché chi lavo-ra sente che questo deriva da lui e che a luireca vantaggio. Perché così si esce dalla mi-naccia della scarsità e l'abbondanza diventacom-patibile con lo sviluppo, abolendo laconflittualità tra abbondanza e benessere. Ilpotere è stato nei millenni strettamente lega-to alla sopravvivenza ed alla fame. Oggi, cominciando dal mondo del lavoro,qualcosa sta cambiando, soprattutto mental-mente e la soggettività sta aprendo le portedel benessere e del bellessere. Bontà e bellez-za confluiscono nella soggettività. Non ci siconcentra più solo su due fattori oggettivi: ilcapitale ed il lavoro. Viene oggi controllatala modalità con cui il malessere è stato usatocome indispensabile premessa ad ogni con-trollo dello sviluppo umano. E viene propostoil benessere come incentivo alla produzionedi ricchezza e di benessere soggettivo e dif-fuso. Paura e minaccia non bastano più: oc-corre promessa e speranza. La minaccia per-mane come paura di prelievi fiscali o di car-cerazioni preventive. Ma i premi e gli incenti-vi stanno diffondendosi sempre più veloce-mente. Nel mondo del lavoro i benefit stannodiventando più importanti delle retribuzioni.

Quando si parla di benessere oggi nel mondodel lavoro ci si pone la domanda: cosa si puòfare per migliorare il ben essere lavorativo?Mi ritornano alla mente gli inizi degli anni

sessanta, quando Mattei aveva sviluppatol'Eni ed il suo centro a San Donato, Metano-poli. Piscine e campi di tennis, ristoranti eluoghi di villeggiatura. Pieve di Cadore e Pu-gnochiuso; ed il ristorante a Metanopoli incui nell'estate del 1960 Milano andava amangiare Agip. E poi gli ostelli ed i ristorantiin giro, i Jolly e gli autogrill per l'Italia e tan-te polemiche, critiche, accuse di paternali-smo, corruzione, interclassismo. La ricercadel benessere era cominciata. Poi è venutal'epoca del consumismo, ultima resistenzacontro il desiderio di star bene. E' venuto ilcolpo di coda di quella che possiamo consi-derare l'ideologia del malessere: il senso dicolpa e la criminalizzazione del benessere.Certo la ricerca del benessere porta ad unosviluppo spasmodico dei consumi e spesso ilnecessario viene sostituito dal superfluo. Maquesto può essere considerato un costo dapagare per potere star meglio senza esserepuniti per questo. Siamo comunque in viag-gio e la ricerca del benessere non è arresta-bile. E c'è un solo modo per bloccare il desi-derio degli uomini verso il benessere: laguerra, ed è quello che continuamente vieneproposto per tornare all'uso del malessere edella scarsità come mezzo per assoggettarele maggioranze ai voleri delle minoranze. Sela gente sta male tende ad essere dipenden-te, mentre se sta bene raggiunge una mag-giore libertà. Ed é il benessere che ci fa libe-ri. Per fare in modo che questo succeda oc-corre usare un diverso modo di pensare. Perdecriminalizzare il benessere occorre segui-re un modo di pensare soggettivo. Non ba-sandosi solo sulla realtà oggettiva, ma anchesu quella soggettiva.

Anche nel mondo del lavoro e nelle categoriea professionalità complessa, come nei quadriintermedi, occorre costruire una mentalitàsoggettiva. I benefit non possono essere solooggettivi. Occorrono incentivi psichici, cioèsoggettivi, migliori. Oggi nel mondo del lavo-ro l'idea di benessere é infatti strettamenteconnessa a tre elementi fondamentali: il de-siderio, l'espressione ed il potere. Quindi pos-siamo dire che il benessere costituisce il mo-do con cui gli uomini vivono e costruiscono leproprie relazioni. Star bene apre il proble-ma quindi del vivere bene (o meglio) assiemeagli altri, del lavorare con gli altri. Con loropossiamo e dobbiamo negoziare e con-corda-re per lo meno le seguenti cose:a come si soddisfano i desideri, a possibile

soddisfazione e non solo i bisogni a quasiimpossibile soddisfazione;

b come ci si esprime e come si riceve l'e-

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L’

Enzo Spaltro

L’idea di ben

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spressione altrui;c come si vive con gli altri scambiando be-

nessere; come cioè si esercita il potere, lacapacità di produrre od impedire cambia-menti.

Desideri, espressioni e potere sono aspettifondamentali per realizzare benessere. Perquesto nel mondo del lavoro occorre svilup-pare la consuetudine ai desideri, all'espres-sione ed al potere. Così si può anche concludere questa somma-ria idea del benessere lavorativo, dicendoche ogni benessere é soggettivo e diffuso,cioè si basa su un soggetto che però tende adiffondere a tutti gli altri la propria idea dibenessere. Da questo deriva una costruzione(o ri-costruzione) del soggetto: anche e so-prattutto nel mondo del lavoro. Il benesserequindi sta nella soggettività, quindi nel pre-sente. Se si declina nel passato, la soggettivi-tà crea bontà e benessere. Se si declina nelfuturo crea bellezza e bellessere. Così avvie-ne il passaggio dal benessere etico al belles-sere estetico. Il benessere è infatti basato sul-la bontà, mentre il bellessere sulla bellezza.Così si costruisce la mentalità soggettiva cheoggi sta rivoluzionando il mondo del lavoro.

Il benessere (ed ancor più il bellessere) o ésoggettivo e diffuso o non esiste. Lo si vedemolto bene nel mondo del lavoro, almenoquello che consideriamo nel mondo cosiddet-to occidentale. Il concetto di benessere orga-nizzativo è un "ossimoro" cioè un non sensocome il ghiaccio bollente od il giorno scuro.Perché l'organizzazione é uno stato d'animoe quindi non può pretendere di essere unconcetto oggettivo, un'origine di benessereoggettivo plurale in contrasto con il benesse-re soggettivo individuale. Il soggetto orga-nizzativo porta ad un confluire tra benesse-re soggettivo individuale e benessere sogget-tivo organizzativo. Questo confluire è peròlento ed occorre gestire dei punti di passag-gio caratteristici. Per esempio come conflui-sce la nostra idea personale di benessere conquella che noi crediamo sia l'idea altrui (l'or-ganizzazione da cui è composta) di benesse-re e di bellessere? Come i nostri desideri so-no sentiti come condivisi o rifiutati dagli al-tri? Che parte ha nel benessere il sentirsiparte di desideri altrui e non in contrastocon loro?

Star male significa essenzialmente sentirsimale. E sentirsi male rende gli uomini menoliberi e più assoggettati. Però tra malessere(concetto sinora dominante e considerato og-

gettivo) e benessere (concetto invece conside-rato sinora utopistico e considerato soggetti-vo specie nel mondo del lavoro) esiste unadifferenza fondamentale. Che il malessereesiste e quindi va scoperto, mentre il benes-sere non esiste e quindi va inventato. Alla domanda "quali cose sono fondamentaliper il benessere organizzativo si può rispon-dere molto chiaramente: "aumentare l'e-spressione, esprimere i desideri, negoziarlicon gli altri, studiare bene i rapporti tra ifatti (come per esempio le relazioni tra climaorganizzativo e soddisfazione dei clienti!),vedere dove il benessere aumenta l'efficien-za e il successo dell'azienda, e come si possaaumentare il benessere soggettivo e diffusodei clienti interni ed esterni di un 'organizza-zione".

Qui di seguito elenco dieci idee semplici percostruire una cultura utopistica del benesse-re: 1 È meglio star bene che star male 2 Si sta meglio in compagnia che da soli 3 Benessere e malessere si alternano 4 L’oggettività è la soggettività dei potenti 5 Il malessere esiste e va scoperto, il benes-

sere non esiste e va inventato 6 Le cose che piacciono riescono meglio di

quelle che non piacciono 7 Si sta meglio ad andar d’accordo che a

vincere 8 La qualità produce la quantità: le donne

vivono più degli uomini 9 La bellezza produce più benessere della

bontà 10 Di solito il passato è ricordato come buo-

no, il futuro come bello.Pensare a queste dieci cose permette di co-struire una piccola utopia del benessere ed atenere in tensione questa soggettiva ricercadel benessere, del bellessere e della rivolu-zione in corso della soggettività nel mondodel lavoro. Questo mondo sta cambiando. Illavoro sta cambiando. La fatica si sta tra-sformando in gioia. Il dominio in parità, ilmalessere in benessere, la paura in speran-za, la minaccia in promessa. Ci vuole tempo.Veniamo da millenni di malessere e di pau-ra. Ma cominciamo a desiderare, esprimerci,cambiare a modo nostro. Questo è in defini-tiva il benessere lavorativo: trasformare laminaccia in promessa, la paura in speranza.Il buon lavoro non ci basta più: abbiamo de-siderio di un bel lavoro che dia il segno dellarivoluzione soggettiva e della trasformazio-ne dell'economia in psicologia. Anche questa"piccola" utopia può diventare presto una"grande" realtà.

editoriale

nessere lavorativo

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Sistemi di ricompensa

nuovi bisognie benefit:e desideri

Rosanna Gallo

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benessere organizzativoa ricerca sul Total Reward effettuata da OD & M e daJob 24 evidenzia numerosi spunti di riflessione suibisogni ed i desideri del middle management ed of-fre opportunità di perfezionamento di uno stru-mento retributivo e incentivante riconosciuto da

tutti gli intervistati come indispensabile, sia che ne godano omeno. Se i “sostenitori” della retribuzione variabile sono il 21%circa degli intervistati, si deve riflettere sul fatto che un altro73% lo sarebbe, ma a patto di una miglior gestione. Tale popola-zione viene classificata come “negoziatori”, cioè sostenitori del-la retribuzione variabile, ma che lamentano, insieme a oltre il50% degli intervistati, poca trasparenza, chiarezza, equità e me-ritocrazia dei sistemi incentivanti. Questi quattro elementi so-no ricorrenti nelle ricerche sul benessere organizzativo e sonocorrelate al benessere o, come in questo caso, al malessere inazienda.La ricerca sostiene che “La poca chiarezza sugli orizzonti pro-fessionali ha impatto sulle motivazioni e sulla performance, ol-tre che sulla fedeltà” e aggiunge che “Al crescere dell’età au-menta l’insoddisfazione rispetto ai sistemi di retribuzione va-riabile”. Ancora troppe persone non hanno una retribuzione va-riabile (20%) o percepiscono un bonus discrezionale (oltre il34%), per cui si ipotizza che in quelle realtà aziendali non ci siagestione della prestazione né un’assegnazione di obiettivi indi-viduali. Infine, un dato da non sottovalutare viene dalla dichia-razione della maggior parte degli intervistati che i sistemi in-centivanti non favoriscono il gioco di squadra e ciò potrebbeaumentare il livello di competizione interna a discapito delteam.Gli obiettivi incentivanti sono collegati a quattro prospettive:quella economico-finanziaria, su cui è concentrata la maggio-ranza delle richieste, quella dei processi interni, quella deiclienti e quella delle risorse umane, su cui si concentra un 16%circa, di attribuzione di obiettivi. Allargare alle quattro prospet-tive o bilanciarle, potrebbe essere maggiormente incentivante evedrebbe vantaggi a 360° per tutti: per l’azienda, per le perso-ne, per i clienti e per gli azionisti.Il dato che colpisce maggiormente è il bassissimo investimentosulla formazione e lo sviluppo delle persone, peraltro coerentecon i dati appena commentati.Oltre il 70% delle persone nell’ultimo anno non ha partecipato apercorsi di formazione e il rimanente ne ha usufruito per po-chissime giornate. Se poi andiamo a vedere il tipo di formazio-ne maggiormente erogata dalle aziende verifichiamo che èstrettamente legata alle tecnologie e al Mercato e solo in piccolaparte (dal 6 al 16%, a seconda delle dimensioni aziendali) desti-nati allo sviluppo di capacità personali. Sembra che si faccia laformazione “obbligatoria” o legata all’utilizzo degli strumentitecnologici, senza pensare che l’innovazione passa, non solodai macchinari, ma dalle persone sempre più competenti.Eppure la formazione e lo sviluppo sono un forte incentivo mo-tivazionale per le persone, oltre che un investimento sul kno-whow aziendale, quindi sulla competitività dell’impresa; poi-ché le aziende non possono più garantire il lavoro “a vita”, pos-sono almeno rinforzare il contratto psicologico garantendo unacrescita professionale continua che consenta alle persone, incaso di uscita dall’azienda, di poter essere ricollocabili nel mer-cato. Inoltre persone competenti fanno aziende competenti, ingrado di far fronte alla concorrenza internazionale.Un altro dato che colpisce è che esiste ancora un divario fra i si-stemi di ricompensa percepiti dagli uomini e dalle donne; que-ste ultime, pur avendo recuperato, almeno in parte, l’enormegap che esisteva dieci anni fa, ancora oggi, non godono di unuguale trattamento. Guardando ai benefit, la mobilità è soddisfatta dalla maggior

LLOpportunità per la motivazionee la retention dei collaboratori

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on la firma del “Protocollo sullo svilupposostenibile e compatibile del sistemabancario italiano” si è avviato un percor-so sindacale finalizzato a realizzare del-le iniziative che traducessero l’importan-

te intesa in pratica della responsabilità so-ciale d’impresa. Il tema delle pressioni sullevendite, ed il conseguente confronto traBanca Intesa ed il Sindacato hanno creato ipresupposti per la stipula un’importante ac-cordo per la corretta gestio-ne dell’attività commerciale. In un mercato in forte com-petizione come quello delcredito, Banca Intesa (trenta-mila dipendenti, circa il 10%del settore) prova a fare conil sindacato una scelta di re-sponsabilità sociale attra-verso la ricerca di una mag-gior qualità: nella colloca-zione dei prodotti finanziaricon attenzione al profilodella clientela, nella forma-zione mirata degli operatorinei settori commerciali, nel-l’attenzione a creare e man-tenere un adeguato climaaziendale. Ovviamente l’ac-cordo darà i suoi frutti nella concreta attua-zione, ma le potenzialità dello stesso sononotevoli. Va riconosciuta all’Azienda ed ai Sindacati lavolontà di sperimentare su questo tema, neiprossimi due anni, un modello collaborativo

con l’obiettivo di rendere l’operato dellaBanca socialmente più attento e responsabi-le. La pratica concreta dei contenuti dell’ac-cordo dovrà rendere compatibile la competi-zione sul mercato con la crescita dell’atten-zione alla qualità del rapporto interno all’A-zienda e nei confronti della clientela.Un’intesa di questo tipo sarebbe necessariain tutte le Imprese bancarie, infatti nell’inte-ro sistema creditizio sono stati da tempo

adottati dei sistemi di incen-tivazione del personale, perla vendita di prodotti finan-ziari, che richiedono un at-tento monitoraggio e talvol-ta degli adeguati correttivi.Nello specifico, sul versantedei dipendenti, tutto ciò ètanto più indispensabile alfine di evitare gli eccessi disollecitazione alla venditache creano deperimento delclima lavorativo, stress cre-scente negli addetti ed un’i-nadeguata valutazione dellaqualità della prestazioneprofessionale. Sul versante della clientelal’effetto negativo dei sistemi

incentivanti, quando non attentamente pro-gettati e gestiti, sono da registrare sul ver-sante della scarsa qualità della vendita intermini di adeguatezza del prodotto vendu-to alle attese ed al profilo dell’utente.L’accordo, nella parte iniziale, esprime i pro-

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Mario Mocci

Credito: prove di responsabilità sociale

parte delle aziende e desiderata da chi non ne gode anco-ra, mentre emerge il bisogno/desiderio di estendere lecoperture assistenziali alla famiglia. I nuovi desideri, espressi soprattutto dai giovani e dalledonne, sono relativi al benessere e al tempo libero, oltreche a forme di finanziamento. Questi ultimi sono copertisolo dalle aziende di credito, mentre potrebbe essere unaformula incentivante per i giovani con contratti flessibilio a tempo determinato che hanno difficoltà ad ottenerefinanziamenti attraverso le abituali modalità.Esigenza in ascesa ed espressa maggiormente da under30 e donne sono quelle legate al tempo libero e al benes-sere, con cui intendiamo un buon equilibrio fra vita lavo-rativa e non. Da qui emerge l’esigenza di bilanciare la fa-

tica intellettuale del lavoro con un allenamento sportivoo cure legate al corpo. Anche il tempo libero chiede il suospazio cercando convenzioni con hotel, case vacanza ecentri benessere, convenzioni con impianti sportivi o ri-chiedendo periodi sabbatici.Un altro dato interessante riguarda la “propensione al ri-schio”, cioè la disponibilità ad aumentare la percentualedel variabile. Le persone meno propense al rischio sonole donne e gli over 50, ma tra questi ultimi è molto im-portante notare che ben il 32% sarebbe disponibile ad unelevato variabile (fra il 30 e il 45%), evidentemente con-tando sulla propria esperienza e professionalità; non-ostante questo, perdiamo dalle aziende, sempre piùspesso, proprio questa fascia di popolazione che potreb-

L’accordo afferma

che l’obiettivoprimario

da ricercare è il

miglioramentodel climaaziendale

Un modello collaborativoper Banca Intesa

CC

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cultura organizzativa improntata al rispettodelle persone, responsabilità, fiducia, inte-grità e trasparenza.Anche in altri settori, ciascuno con le pro-prie specificità, si potrà perseguire una con-creta pratica della responsabilità socialed’impresa, secondo una logica attenta allamolteplicità dei portatori d’interesse, in co-erenza con la politica confederale della Cisl.Il testo completo dell’accordo è reperibilesu www.fiba.it/verbale-accordo.pdf e per in-formazioni ed approfondimenti [email protected].

pri fondamenti riguardo ad elementi di eticaaziendale ed in particolare sottolinea “lacentralità della redditività sostenibile, laqualità della relazione con la clientela, la va-lorizzazione delle persone e l’attuazioneconcreta della responsabilità sociale”. Vieneevidenziato come “la deontologia professio-nale nei confronti della clientela ed il rispet-to della professionalità e della dignità dellepersone costituiscono valori condivisi”.Nel testo è ribadita l’attenzione al rapportocon la clientela che va fondato su valori eticiquali la dignità delle persone, la responsabi-lità, la fiducia, l’integrità e la trasparenza.Viene inoltre affermato come il migliora-mento continuo del clima aziendale, caratte-rizzato dal dialogo e la fiducia tra Banca, Or-ganizzazioni sindacali e Personale sia l’o-biettivo primario da riaffermare.L’orientamento ai valori accennati si attua an-che attraverso una formazione mirata di tuttigli addetti favorendo così una corretta politi-ca commerciale, lo sviluppo delle competen-ze degli operatori, la qualità di servizio resoalla clientela anche attraverso un’adeguatainterazione tra il dipendente ed il cliente.Tra gli strumenti per monitorare la correttaapplicazione dell’accordo si realizzeranno alivello periferico dei focus group trimestralicon l’obiettivo di sviluppare un costante dia-logo fra Azienda e Sindacato atto a favorireil miglioramento continuo della qualità dellerelazioni interne alla Banca e ad affermare iprincipi etici condivisi.I previsti incontri “semestrali” tra l’Aziendaed i Sindacati permetteranno il confronto di-retto sulle soluzioni da adottare per riporta-re su un piano fisiologico eventuali iniziati-ve rilevate come inadeguate a perseguire icontenuti, principi e valori etici contenutinell’accordo.Attraverso un Osservatorio globale azienda-le la parti firmatarie dell’accordo potrannomonitorare la convergenza, nella prassiaziendale, ai contenuti dell’accordo, propor-re soluzioni da adottare, promuovere ade-guati interventi al fine di pervenire ad una

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Anno XI • luglio settembre 2006 numero quattordici

benessere organizzativo

be costare meno e rendere di più. I più giovani, gli under30, emergono con maggior propensione al rischio, fino al45% di variabile e questo sembra un dato nuovo, di nes-suna consapevolezza per le aziende. Anche la mobilitàall’estero potrebbe essere considerata come una propen-sione al rischio, ma la richiesta di giovani e donne, al67%, non è soddisfatta se non in minima parte.

Il confronto con la ricerca europea sul TotalReward di Watson WyattWatson Wyatt annualmente, effettua una ricerca simile,per cui possiamo confrontare alcuni dati. L’Italia è allinea-ta con i risultati europei; si differenzia per una maggiorerigidità dei sistemi, per una grande sensibilità alla sicu-

rezza del posto di lavoro e per una percezione più eleva-ta dell’importanza della retribuzione fissa per trattenerele risorse.Anche dalla ricerca di WW emerge che il 48% dei dipen-denti non conosce il valore del proprio pacchetto retribu-tivo e una buona comunicazione interna potrebbe valo-rizzare meglio questo strumento.I fattori di motivazione emersi dalla ricerca WW sono: lasoddisfazione del lavoro, lo sviluppo e le opportunità dicarriera, l’incentivazione a breve termine, la retribuzionebase e la formazione e lo sviluppo. Questi dati, ci induco-no a riflettere sull’attribuzione del valore che le personedanno alla propria crescita personale e professionale edal riconoscimento di essa; infatti gli elementi che influi-

Banca toscana: intesa per lamigliore qualità’ delle relazioniinterne ed esterne

Orientare l’evoluzione delle impresebancarie verso lo sviluppo socialmentesostenibile e compatibile è l’obiettivodel protocollo firmato dalle parti socia-li (Fiba Fisac Uilca Dircredito Falcri eAbi) e che a sua volta fa da cornice alrinnovo contrattuale del credito del12.02.2005. Ora il tema è di massimaattualità e gli accordi di clima sono l’o-biettivo del settore. In un certo sensofa da apripista Banca Toscana con “l’ac-cordo per la migliore qualità delle rela-zioni interne ed esterne”. Firmato nel-l’aprile del 2005, l’accordo prevede, tral’altro, per tutte le attività connesse al-la commercializzazione di prodotti eservizi l’adozione di norme deontologi-che e principi etici; regole chiare edesaurienti sui comportamenti che ilpersonale deve seguire nella relazionecon la clientela, anche per quello cheattiene alla valutazione – in particolareper la vendita di prodotti finanziari –della “propensione al rischio” del clien-te in rapporto alle caratteristiche delprodotto; formazione; trasparenza deisistemi incentivanti; pari opportunità.

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osa ne è stato dell’Accordo di clima invigore dal 1 febbraio 2001 tra Atm, Satti(le due aziende di trasporto torinese) esindacati dei trasporti Cgil Cisl Uil? Ve-diamo i punti salienti dell’accordo e

successivamente un’analisi dello “stato dell’ar-te” tracciata di recente da Gabriele Bonfanti,Direttore Risorse umane del Gruppo torinesetrasporti (Gtt) nato qualche anno fa dalla fusio-ne di Atm e Satti.

I punti salienti dell’accordo Tra i principi generali enunciati nel 2001, quel-lo per cui l’accentuarsi dell’eterogeneità cultu-rale e di genere dell’organico delle due aziende“impone il consolidamento in Atm e Satti di unclima di mutuo rispetto e di corrette relazioniinterpersonali. Ogni dipendente è tenuto a ri-spettare la personalità e la dignità di ogni altrolavoratore ed ha diritto ad essere rispettatonella propria personalità e dignità. Atm e Sattisi impegnano a contrastare molestie sessuali,mobbing e discriminazioni”. Nell’accordo, siafferma che costituisce violazione degli obbli-ghi contrattuali ogni comportamento ricondu-cibile a molestie sessuali; mobbing e discrimi-nazioni. Viene chiaramente affermato che co-stituisce “molestia sessuale” ogni atto o com-portamento indesiderato, anche verbale, aconnotazione sessuale, recante offesa alla di-gnità o alla libertà della persona che lo sub-isce. Per “mobbing” ci si riferisce ad ogni com-portamento, reiterato nel tempo, che abbia co-me finalità l’annientamento psicologico di chilo subisce. Infine, viene vietato ogni atto checostituisca discriminazione per motivi di raz-za, religione, sesso ed ogni altra discrimina-zione.Quando, nel caso singolo, un intervento perso-nale della persona offesa è senza successo op-pure impraticabile, questa può rivolgersi per-sonalmente al Superiore aziendale, al ServizioRisorse Umane per Atm e Direzione del Perso-

nale per Satti, ad un componente della Rsu ealla Commissione Pari opportunità. Questihanno il dovere immediato, se ricorrono le cir-costanze di cui ai punti precedenti, al massi-mo entro una settimana dalla conoscenza delcaso, di assistere l’interessato nella proposi-zione dell’azione, previo consenso dell’interes-sato, avanti la Commissione di Clima, costitui-ta presso ciascuna Azienda, affinché sia attiva-ta la procedura formale.La Commissione di Clima, unica per Atm e Sat-ti, è composta da 3 componenti di designazio-ne aziendale e 3 di designazione dei sindacatiche sottoscrivono l’Accordo; i 6 componentidesignati, all’unanimità, nominano un Presi-dente scelto tra Magistrati in quiescenza. LaCommissione, in considerazione delle circo-stanze del singolo caso, decide sulle opportu-ne convocazioni. Le persone offese e la perso-na che si presume abbia posto in essere la con-dotta, appartenenti alle aziende, possono inogni caso e fase del procedimento richiederel’assistenza di persone di loro fiducia. La Com-missione di Clima istruisce ogni caso, redigecomunque, ed invia alla rispettiva Azienda,una relazione finale che può contenere propo-ste di provvedimenti/interventi. La Commis-sione può richiedere alla rispettiva Azienda,su casi particolari, la consulenza di uno spe-cialista (psicologo, etc.). La Commissione deli-bera a maggioranza. Ogni suo componente cheesprima posizione difforme dalla maggioranzaè tenuto a motivarla per iscritto. Sulle informa-zioni e sugli eventi, sui dati personali e collo-qui, è da mantenere l’assoluta riservatezza.L’Accordo prevede anche sanzioni: le Aziendehanno il potere di adottare tutti i provvedi-menti necessari e di applicare, ove ne ricorra-no i presupposti, le sanzioni disciplinari previ-ste dalla normativa vigente per violazioni dellepresenti norme ovvero false accuse ed ha ildovere di motivare ogni decisione assunta indifformità dalle proposte della Commissione

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Anno XI • luglio settembre 2006 numero quattordici

Isabella Nuboloni

Gtt: dall’accordo di clima al centro di ascolto

Un passo avanti?

CC

scono sulla motivazione, secondo la ricerca, sono le pro-spettive di promozione, la flessibilità retributiva e l’em-powerment.

Le opportunità per il futuroLe principali opportunità nascono dalla situazione, anco-ra indifferenziata, di gestione dei sistemi di ricompensa,che risultano uguali per tutti, e dagli interventi migliora-tivi che si possono attuare, a cominciare dalla comunica-zione chiara e trasparente dei sistemi, tale da far percepi-

re l’equità e la pari opportunità per tutti, tenendo contodegli obiettivi dei team, oltre a quelli individuali. Il futurodel reward, infatti, andrà verso una forte focalizzazionesul raggiungimento dei risultati individuali e sulla perso-nalizzazione del pacchetto retributivo; secondo WW sipasserà da una gestione della retribuzione fissa, indipen-dente dagli altri elementi del reward, al Total Reward,con una differenziazione media che passerà dal 9% di og-gi al 50% in futuro.Sarebbe opportuno almeno targettizzare le esigenze del-

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di Clima. Viene anche preso l’impegno da parte di Atm eSatti di istituire un servizio per l’assistenza delpersonale, nei casi di cui ai punti precedenti,mediante convenzione con qualificata struttu-ra esterna. Nel quadro dei piani di formazionela problematica delle molestie sessuali, delmobbing e della discriminazione sarà oggettodi specifici interventi. Per la diffusione capilla-re dei principi affermati a tutto il personale,particolare attenzione sarà dedicata alla sensi-bilizzazione del management e della linea in-termedia di comando. Infine, la “CommissionePari Opportunità” organizzerà interventi/azio-ni che abbiano un preciso orientamento alle te-matiche.Per una completa campagna d’informazione echiarimento tra i dipendenti, verranno resedisponibili le linee di condotta fondamentaliche saranno diffuse tra tutto il personale inservizio ed a tutti i neo assunti.

Analisi critica dei dati attuali sullo“Stato dell’arte”“L’accordo di clima non basta”, ha esordito nellasua relazione introduttiva Gabriele Bonfanti.“L’armamentario delle esperienze di disagio èpiù ampio di quanto previsto dall’accordo. Ildisagio è crescente in azienda, perché cresce ildisagio collettivo. Viene coinvolta la strutturagerarchica dell’organizzazione, che non ha ri-sposte aziendali a fronte di problemi che inve-stono la dimensione familiare e o sociale. Fral’altro, in questi casi possono sussistere ulterio-ri problemi che investono la circolazione deidati sensibili. Può essere la situazione del di-pendente che arriva tardi perché il figlio assu-me sostanze stupefacenti. Non si sa come, macircolano dati sensibili, con una violazione gra-ve delle norme sulla privacy”. Per tutte questeragioni, ha detto Bonfanti, si è reso necessariocreare un Centro d’Ascolto, che opera attraver-so un lavoro di squadra interdivisionale e cheha predisposto un progetto pilota replicabile,cioè esportabile presso altre aziende. Promuoveil dialogo sociale interno, così che la contratta-zione sia “a somma positiva”, ed il dialogo so-ciale esterno, con la Città e con l’Università –specificamente con la Facoltà di Psicologia, inmodo da non fare solo interventi a spot ed èaperto al territorio. Quali sono i principi sulla

cui base opera il Centro d’Ascolto? Il rispettodella privacy, dunque la riservatezza, la volon-tarietà, cioè la persuasione (si pensi al lavorato-re che non è consapevole di avere problemipersonali e che viene aiutato a prendersene cu-ra), la professionalità (ci si avvale di psicologiprovenienti dall’università) l’istituzionalità, at-traverso la collaborazione con l’Università, l’in-cisività “esterna”, attraverso la valorizzazionedelle risorse sul territorio e l’incisività “interna”,attraverso il link con il medico competente.Fin qui tutto sembra abbastanza quadrare.Tuttavia, c’è un dato che potrebbe lasciare so-spesi qualora non si valutasse il peso deterren-te che un accordo di clima può avere proprioper il suo portato. Cioè quello dei casi di viola-zione dell’accordo di clima – molestie sessuali,mobbing e discriminazioni – che sembranopressoché inesistenti. Non ci sono stati casi incui si è giunto a contenzioso tra lavoratore edazienda. Se è vero che si è reso necessariocreare un Centro d’Ascolto per via dell’aumen-to del disagio in azienda, non si può che sup-porre che tanto disagio non ha dato luogo inmisura significativa a comportamenti comemolestie sessuali, mobbing e discriminazioni,perché la vigilanza segnalata dall’accordo daparte di tutti gli attori del lavoro ha bloccato ivessatori. L’accordo chiaramente bandiscel’impunità e sollecita relazioni corrette, chenon intacchino l’impegno verso il benessereorganizzativo.Certo, sarà necessario sottoporre fra qualchetempo a ulteriore e nuova verifica la precisio-ne e l’efficacia degli strumenti utilizzati per lavalutazione del clima in azienda. Anche le va-riabili qualitative individuate a suo tempo peraccertare la presenza di molestie sessuali,mobbing e discriminazioni in azienda potreb-bero essere sottoposte a verifica sia in terminidi attendibilità che di efficacia rispetto alla va-lutazione che si vogliono effettuare. Infine, po-trebbe essere utile predisporre strumenti valu-tativi degli interventi realizzati nel Centro d’A-scolto. Gli strumenti scientifici infatti non so-no infallibili e necessitano di perfezionamentoe validazione periodica. Come affermato daPopper, gli assunti scientifici sono validi in ter-mini assoluti, ma lo sono fino a quando nonvengono confutati da nuove e successive sco-perte.

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benessere organizzativo

le persone al lavoro, sulla base dell’età, del genere, delleesigenze legate allo studio, alla famiglia, alla salute e altempo libero e chiedere alle persone stesse quali reali in-teressi, bisogni e desideri abbiano. Contemporaneamen-te si rende necessario un investimento su piani di svilup-po che valorizzino l’esperienza e la professionalità dellepersone, garantendo l’aggiornamento professionale, enon solo tecnologico, e rinforzando la motivazione e ilcontratto psicologico fra persone e organizzazione.Se confrontiamo queste ricerche con le più recenti sul be-

nessere organizzativo vediamo che un ripensamento delTotal Reward è in linea con buona parte degli indicatori edelle strategie del benessere che rispondono al desideriodi essere contributivi, di comprendere il senso del pro-prio lavoro, di sentire di esistere anche attraverso la valu-tazione e il riconoscimento del proprio contributo, dipartecipare con un solido gioco di squadra, ad un comu-ne impegno con valori condivisi legati alla trasparenza eall’equità.

senior consultant watson wyatt

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indubbio come in questi anni il concettodi benessere, in senso ampio, ma sen-z’altro in ambito lavorativo, abbia occu-pato un significativo, sempre crescente,spazio nel dibattito di contesto, nei luo-ghi sensibili ai temi legati alla persona,

nelle riflessioni del mondo della gestione dellerisorse umane o della gestione del lavoro se-condo un approccio complesso e sistemico. Pa-role e valori da tempo non più così presenti inun linguaggio e dibattito attuale, sono ri(emer-se) prepotentemente stimolando non solo l’a-nalisi e l’interesse sul piano scientifico di stu-dio, analisi e confronto tra “teorici”, ma più dif-fusamente coinvolgendo e divenendo patrimo-nio culturale collettivo. Etica, responsabilità,centralità della persona nel lavoro, motivazio-ne, benessere, se un tempo non trovavano cit-tadinanza nella produttività, nel mondo del la-voro, oggi lo permeano, a partire dal livello de-gli obiettivi a cui tendere, alla definizione dipolitiche, per divenire (in modo lento, ma cre-scente), principi identitari aziendali, da “mo-strare”, preservare e mantenere.Ma se ogni processo evolutivo culturale si svi-luppa necessariamente per fasi, e l’anticipare itempi non porta alcunché se non immaturità dicontesti, il passaggio dallo stato enunciativo dialti valori, allo stato di concretizzazione in un“vissuto” aziendale collettivo, è parte essenzia-le (e necessaria) di un cammino che volge inavanti. E se i tempi sono maturi, le condizionidell’esistente lo richiedono.L’Oms (Organizzazione Mondiale della Sanità)definisce la salute uno "stato di completo be-nessere fisico, mentale e sociale, e non solol’assenza di malattia o infermità". Una dimen-sione, quindi, quella della salute individuale,che necessita, per essere tale, di una compo-nente collettiva (sociale), e che non è un ogget-to dato, una condizione, ma una combinazionedi elementi. Un individuo “sano” è, pertanto,un individuo che non solo vive in un contestosociale, ma che è chiamato a con-vivere con ta-le contesto, a farsi permeare da questo, a farinteragire, armonizzando, le diverse compo-nenti che lo costituiscono. A fronte di una presa di coscienza collettiva,sociale, di un bisogno diffuso di salute che èben-essere nel vivere quotidiano, sia esso neltempo di vita che di lavoro, il processo nonpuò fermarsi (limitarsi), pertanto, all’enuncia-zione di principi, alle dichiarazioni di intenti edi senso, alla stipula di affermazioni e manife-sti (leggi anche codici) teorici. L’etica aziendale,come la responsabilità sociale delle imprese, la

valorizzazione delle risorse umane o l’afferma-zione di uno stato di benessere organizzativo,non possono/devono rimanere a mero stadiodi manifesto pubblico, dichiarazione di princi-pi, auspicio, ma occorre intraprendere, apriread una nuova fase del percorso evolutivo cul-turale, occorre far crescere e sviluppare in mo-do diffuso e permeato, a partire dal contestolavorativo, una dimensione che potremmo sin-tetizzare con il concetto del “farsi carico”.Il passaggio che oggi necessita e che deve esse-re prospettato è pertanto quello di puntare aduna dimensione finale di status, promuovendoed alimentando un modus, un processo dina-mico e pro-attivo nel quale nessuno può consi-derarsi o mettersi fuori, dove nessuno può per-mettersi il solo “dire”; dove ciascuno è chiama-to, perché parte di un tutto, a “farsi carico”. Occorre, per questo, far crescere e sviluppareuna condizione nella quale è patrimonio collet-tivo la consapevolezza che ogni gesto produceconseguenze derivanti dalla propria condottache vanno inevitabilmente oltre il proprio rag-gio di azione e di interesse. L’appartenere aduna dimensione comune, il contribuire ad unradicamento del benessere (lavorativo e socia-le), ad uno sviluppo collettivo, non possono es-sere condizione (elitaria o onirica) di mera rap-presentazione, devono di-venire patrimonioacquisito. Occorre favorire la con-fusione (inte-sa nella sua originaria accezione e non nel si-gnificato che oggi ha preso snaturando il con-cetto di fondo. Dal latino: c_m – nel significatodi insieme; f_ndere – nel significato di versare,di mettere insieme, mescolare senza distinzio-ne). Occorre far interagire i “mondi”, i linguag-gi, le esperienze, contribuendo in prima perso-na al processo. Così, quali oggi stakeholders(cioè “portatori di interessi”, perché al contem-po utenti, cittadini, lavoratori, azionisti, geni-tori, cittadini…), occorre non solo rispettarsi,ma com-parteciparsi. Ciascuno, per questo, èchiamato nei differenti ruoli che si trova asvolgere, nell’arco della sua giornata/vita, al-l’interno del contesto in cui opera, a contribui-re ad un processo di responsabilità globale ri-spondendo non solo delle sue scelte, ma di un“farsi carico”, del suo contribuire ad un cammi-no di sviluppo con-diviso e co-determinato,sentendosi parte di un tutto del quale l’appar-tenere non può essere scelta di “volontarietà”,ma un “voluto”.Il benessere organizzativo, pertanto, come l’e-tica aziendale, la responsabilità sociale nonpossono che essere frutto di un apporto collet-tivo, nel rispetto dei ruoli, in una dimensione

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Gli Accordi di climaBenessere organizzativo: istruzioni per l’uso

Cinzia Frascheri

EE

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L’affermazione concreta di un stato di benesse-re organizzativo aziendale, oggi può, pertanto,trovare, nello strumento negoziale dell’accor-do di clima, una via di operatività d’eccellenzaad obiettivo di efficacia. Lo strumento, difatti,si pone non tanto quale risposta ad un proble-ma, ma quale soluzione adeguata in un percor-so compartecipato negoziale. Se la risposta ri-solve il problema, spesso non garantendo l’e-ventuale prodursi di altri. La soluzione, di con-tro, per il suo scarso tecnicismo, ma per la suaintrinseca declinabilità, (frutto della combina-zione di elementi tipici diversi, a partire dall’e-sperienza che promana dalla conoscenza diret-ta delle fonti del problema), interviene sul pro-cesso mutandone i diversi effetti, giungendo atrovare la “terza via”. La potenzialità dello stru-mento dell’accordo di clima sta, in sintesi, nel-la sua “assenza” di struttura e di vincolaritàche lo rende strumento duttile e adattabile, uti-lizzabile dalle parti a reciproco interesse, libe-ro da scadenze contrattuali. Il cammino verso il radicamento di un benesse-re organizzativo diffuso, superata la faseenunciativa di mero livello valoriale teorico eastratto, chiama quindi ad un impegno fattivotutti gli “appartenenti” all’azienda, stimolandol’apporto collettivo, la dimensione sociale, ilconfronto diretto e la partecipazione delle e al-le priorità aziendali, al fine di giungere noncerto ad un modello organizzativo co-deciso,ma senz’altro ad un processo gestionale con-diviso e partecipato volto alla valorizzazionedi ciascuno nel proprio ambito e ruolo di azio-ne, nel rispetto delle diverse tipicità.

resp. nazionale cisl salute e sicurezza sul lavoro

Progetto: “Con-fondere e la sua Via dei Valori”Nella piena consapevolezza che le nuove sfide dellaglobalizzazione, dell’economia e del mercato del lavorodebbano essere affrontate attraverso una forte sintonia traorganizzazioni, motivazioni e coinvolgimento delle risorseumane, tenendo in prioritario conto l’importanza che ilcontesto culturale comporta in una analisi di climaorganizzativo interno all’ambiente di lavoro, si è ritenutoessenziale lavorare al fine di dotarsi di modelli di rilevazionee adeguati strumenti di analisi tipici e locali, individuando iprincipali indicatori aziendali. A partire, da quelle che sonogià oggi le esperienze che gli ambienti di lavoro possonofornire e offrire alla riflessione e allo studio.Il progetto, nato all’insegna di un’intesa che vede impegnatenon solo la Cisl nazionale (Dipartimento salute e sicurezzasul lavoro), l’Apq, ma anche l’Aidp e Federmanagement,sarà volto ad individuare specifici strumenti di rilevazionedel clima organizzativo tipici delle nostre realtà aziendalipartendo dalle dinamiche relazionali e di ruolo, avvalendosidell’apporto sia degli attori del processo produttivo che dellaprofessionalità di esperti a carattere ed approccio multi-disciplinare. Determinante, a valle dello studio, sarà lasperimentazione dei modelli e degli strumenti di rilevazionein specifiche realtà aziendali già oggi resesi disponibili acollaborare alla piena riuscita del progetto, giungendo apromuovere la stipula di specifici Accordi di clima.

aziendale che non appartiene (solo) all’impren-ditore o all’azionista, ma a tutti coloro che la“vivono” e la “fanno essere”.Se il miglior prodotto che oggi la pubblicitàvende non è più la qualità dell’oggetto (es.:gliingredienti del tortellino), se non gli basta piùla fiducia profusa dall’imprenditore (es.:il “si-gnor Rana”), ma è la serenità del dipendente(es.:“meno banca, più Silvia”) che diviene indi-catore di qualità, efficienza ed efficacia delprodotto, allora su questo non possono checonvergere non solo le politiche aziendali e letavole dei principi enunciati, ma occorre un at-to con-diviso, di impegno concreto nel traccia-re le linee dell’agire, del gestire, del coordinare.Occorre, cioè, coerenza e impegno da parte ditutti .“Farsi carico” quindi, in un sistema azienda og-gi, non vuol dire salire sulla propria collina adannunciare solo buoni intenti, o aspettare(brandendo pretese) che il “dovuto” arrivi. E’ ilsentirsi co-involti in un processo (oggi più chemai) complesso che vede l’azienda interamentechiamata a quotidiane sfide che il mercato letende e spesso con-tende in un processo mute-vole, rapido e convulso quale è (oggi) il mondoeconomico-finanziario, snaturato da un siste-ma che risponde a delle regole, delle quali ap-pare incerta la paternità, ma l’affiliazione sem-bra inevitabile, all’insegna di parole d’ordinequali competizione, globalizzazione, nuovimercati, frenetico sviluppo.La via da promuovere e percorrere sta, quindi,in un favorire un agire contrattuale e negozialedialogante, a dimensione aziendale, locale.L’acquisizione di un modello partecipativo (ca-ro al nostro sindacato) non travolge, difatti, leregole del confronto, non necessariamente di-luisce il contrasto, ma ne modifica radicalmen-te l’essenza del rapporto bilaterale. A mutarenon è l’azione, ma la considerazione dell’altronel processo di confronto. Nel modello parteci-pativo negoziale è la considerazione dei sog-getti dialoganti a modificarsi. A divenire parte-cipativo è il considerare l’altro soggetto coin-volto nel processo al proprio pari, di pari digni-tà e di pari valore. E’ nel riconoscere un ruolo,non il solo permettere di svolgerlo. In questomodo la “centralità” della persona nel lavoroacquista il profondo valore di coinvolgimentototale nel processo, senza che questo porti astravolgere i livelli, i ruoli, le responsabilità.L’agire contrattuale, difatti, nasce da un istanzavolontaria, ma non è frutto di volontarietà indi-viduale, occasionale, spontanea. E’ atto “volu-to” dalla collettività che prende corpo con ilcontributo negoziato di tutti, alla luce di unconsolidato, non solo rispetto vicendevole, main particolare di un essenziale riconoscimentoreciproco della titolarità al confronto e al raf-fronto, quali titolari e portatori di interessi anatura con-divisa. E un atto partecipato è, persua natura, un atto rispettato perché “anche”proprio.

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benessere organizzativo

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le prime due tipologie sono quelle maggior-mente garantite dalle aziende e sono anchequelle più desiderate da chi non ha questecoperture;acquista grande importanza la categoria be-nessere e tempo libero, i cui benefit sonopoco concessi dalle aziende, ma molto desi-derati dai quadri intervistati;il bisogno di protezione si allarga dall’indivi-duo alla famiglia intera; non c’è però corri-spondenza nei pacchetti aziendali, mentresembra costituire un plus per le persone;l’altra categoria poca utilizzata e sulla qualeriflettere per soddisfare i desideri dei propridipendenti, è quella relativa agli acquisti, fi-nanziamenti e prestiti;

i benefit relativi alla ristorazione sono consi-derati poco interessanti dai quadri, mentrele aziende le forniscono diffusamente;non sono ritenuti utili i servizi di pubblicautilità ed i servizi professionali.

Fra i più diffusi ed i più desiderati si trovano ilcellulare aziendale, il PC portatile e l’autovet-tura aziendale, mentre i meno diffusi e più de-siderati sono gli asili nido, fitness e palestra e ipiani di protezione famiglia.Buoni pasto, la mensa, bar aziendale ristoranti,consulenza fiscale e dichiarazione redditi, so-no i benefici più diffusi e meno desiderati. Ul-timi, ovvero meno diffusi e meno desiderati ri-sultano i servizi di prenotazione (stadi, teatri,ecc) servizio lavanderia, contributo adozionefigli.I primi vantaggi (cellulare, PC, autovetturaaziendale) vanno intesi come strumenti per losvolgimento dell’attività che segnalano l’esi-

Il focus di questo numero, benessere orga-nizzativo, ci ha suggerito un’indagine su ibenefit presenti nella categoria dei lavora-tori a forte competenza. Attraverso questibenefici si possono rendere meno difficili

le condizioni di lavoro e, di conseguenza, con-tribuire per una parte ad un clima aziendalenormale e non anaffettivo, come ci capitaspesso di registrare.Odm – Organization Design & Management, ciha messo a disposizione i dati di una sua sur-vey, alla quale hanno partecipato 1609 quadridel commercio, credito, industria e servizi. Sitratta di 250 (15,5%) donne e 1359 uomini(84,5%) delle seguenti famiglie professionali:marketing e vendite (499) industrial operation

(242) area tecnica/R&S (197) staff (671). Quattro le domande formulate e precisamente:quali benefit posseduti e quali quelli desidera-ti, il loro peso rispetto alla retribuzione totalee se essi possono essere scelti o meno a paritàdi valore.Agli intervistati è stata proposta una lista dibenefit (41) riconducibile ad otto tipologie diparticolare rilievo.1-Mobilità2-Assistenza e previdenza3-Servizi di pubblica utilità4-Ristorazione5-Famiglia6-Benessere e tempo libero7-Servizi professionale8-Acquisti, finanziamenti e prestitiComparando i dati relativi alle categorie, sopraindicate, di vantaggi posseduti e desiderati, sirileva che:

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Dal cellulare alla lavanderiail valore dei benefit

II

Roberto De Santis

Aziende e sindacatodovrebberosviluppare

una riflessionesulle tipologie

di benefit e la loro

attribuzione

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genza di mobilità in ambito lavorativo e la ne-cessità delle imprese di facilitarla. Non possia-mo, quindi, che catalogarli come mezzi per la-vorare meglio, che danno il senso di esseredentro un sistema aziendale adeguatamenteattrezzato, ma che non soddisfa la sfera relati-va alla persona e alla vita sociale e familiare.Nella categoria della mobilità si trovano piùpersone che appartengono alla famiglia pro-fessionale del marketing e vendite, per i qualiquesti benefit costituiscono uno strumento dilavoro fondamentale. In sintesi, è una conve-nienza aziendale, più che della persona. Indirettamente una conferma di questa chiavedi lettura viene offerta dalla seconda batteriadi risposte (asili nido, fitness e piani di prote-zione familiare) che indicano un desiderio dimaggiore copertura in ambito familiare e dicura di sé e del proprio benessere.Nell’ambito della protezione alla famiglia si de-siderano vantaggi tipo piani di protezione incaso del decesso del dipendente, coperturemediche per tutti i familiari, borse di studioper i figli, campus estivo. Lo scarto fra coper-tura (4-7%) e desideri (19-20%) su questa cate-goria è significativa.Le politiche aziendali e quelle sindacali do-vrebbero sviluppare una riflessione su questetipologie di benefit e sulla loro attribuzione.Questa riflessione può essere aiutata anchedalla considerazione che si ha per alcuni bene-fit, quali ristorazione e buoni pasto, che rien-trando fra quelli meno desiderati ma più diffu-si, indicano una propensione all’indipendenzada parte dei beneficiari e, quindi della mancan-za di necessità, su questa tipologia di vantag-gi, di supporto aziendale. Una rivisitazione dell’insieme dei benefici po-trebbe, senza alterare significativamente i co-sti, raggiungere il risultato della maggiore sod-disfazione, ovvero di corrispondere al signifi-cato vero che sottende l’ideazione dell’istitutodei benefit.Tra i meno diffusi e meno desiderati si registrail servizio di lavanderia aziendale (la mattinasi porta in ufficio la biancheria sporca e alla se-ra la si ritira pulita). Sicuramente lo scopo èquello di far risparmiare tempo ai lavoratori dielevata qualifica, ma se questo risparmio è in-teso o preteso a vantaggio del lavoro e non delvivere meglio scende il livello di gradimento.Analizzando, poi, per dimensioni i benefit pos-seduti e desiderata dai quadri, si evidenzia chesono le grandi aziende che coprono relativa-mente di più i benefit più desiderati e relativiall’assistenza e previdenza rispetto alle azien-de di altre dimensioni. L’analisi invece per set-tori rileva che nel commercio più del 50% deibenefit riconosciuti sono nella categoria dellamobilità, mentre questi hanno una bassa diffu-sione nel credito, dove sono più diffusi quellilegati a finanziamenti e prestiti, all’assistenzae previdenza e alla famiglia.Non esistono differenze significative per fami-

glie professionali, segnale che il pacchetto be-nefit non segue politiche particolarmente dif-ferenziate e mirate. Alla terza domanda, qual è il valore percepitodei vantaggi aziendali, il primo dato che emer-ge è che il loro peso varia in funzione della po-litica retributiva aziendale, ma è interessantesottolineare che circa il 10% degli intervistatinon ha alcun benefit, contro il 5,5% che ha be-nefit per un valore oltre il 20 per cento dellaretribuzione totale annua (rta); che circa il 35%percepisce benefit per un valore inferiore al 5per cento della rta; che poco più di un quintopossiede uno o più benefit la cui incidenzasulla rta ha un valore compreso tra il 5 ed il10%. Se si tiene poi conto che il 16 % del cam-pione non è in grado di stimare il peso dei be-nefit in godimento, si ha l’indicazione di quan-ta poca cura viene dedicata al raggiungimentodegli obiettivi in essere nella politica dei van-taggi aziendali. Non c’è una comunicazionechiara e anche la somma di denaro più signifi-cativa influisce sul peso percepito in modo po-co apprezzabile.Ai 1609 partecipanti è stato chiesto di indicarese esiste in azienda la possibilità di scegliere ilproprio pacchetto benefit.I risultati sono che:

nel 94,1% dei casi il pacchetto benefit èuguale per tutti i dipendenti di una stessafascia;al 4,3% degli intervistati viene concesso discegliere il proprio pacchetto benefit, a pari-tà di valore, in base al proprio interesse;l’1,6% può optare per l’equivalente in dena-ro.

Va infine aggiunto che dall’indagine non si è ri-levata una particolare differenza tra benefitposseduti dalle diverse classi di età del cam-pione, segnale indicativo della scarsa conside-razione delle esigenze specifiche dovute ap-punto all’età.Sotto i trent’anni si pone, fra i benefit deside-rati, l’accento sulla categoria della mobilità,del benessere e tempo libero; sopra i trenta efino ai cinquant’anni prevalgono i temi dellamobilità e dell’assistenza e previdenza. In conclusione possiamo dire che tendenzial-mente i benefit sono uguali per tutti gli appar-tenenti ad una stessa posizione aziendale e at-tribuiti secondo criteri gerarchici. Non si tieneconto delle peculiarità di ciascun individuo,massificando, non solo per ragioni economi-che, anche la soddisfazione di bisogni, che do-vrebbero contribuire ad una identificazione efidelizzazione aziendale. Ci sono ampi margi-ni di miglioramento di questo strumento.Vanno scosse le abitudini e alcune convenien-ze dei fornitori dei servizi, nonché le convin-zioni personali dei preposti all’organizzazio-ne dei benefit che non hanno riscontro nei de-siderata dei beneficiari e, quindi, non soste-nute da un’attenta, periodica analisi di climaaziendale.

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benessere organizzativo

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bbiamo accettato molto volentieri la possi-bilità che ci è stata offerta di essere ospita-ti con un nostro articolo su questa rivista,per poter dare risposte a quesiti di ordinegenerale sul counseling, materia della qua-

le si sente parlare molto, ma in modo troppoconfuso.Iniziamo dalle domande più frequenti:Che cosa è il counseling?La traduzione italiana di questa parola è “con-siglio da un consigliere-consulente”.E’ evidente che è una definizione insostenibile,sia sotto il profilo linguistico che come presen-tazione professionale.Neppure possiamo abbreviare però questa de-finizione ed usare solo la parola consigliere oconsulente, Perché daremmo una informazio-ne errata ed inoltre entreremmo in un campoche non è di competenza del counselor. (Con-sigliere comunale, consulente tecnico, ecc).In varie occasioni, sono state coniate definizio-ni diverse, facendo una serie di traduzioni del-le parole counseling e counselor nel tentativodi far meglio comprendere cosa queste parolepotessero significare. In alcuni casi però sonostate create definizioni, seppur rispettabili, al-quanto fantasiose e non identificanti il veroruolo di questa figura professionale.Il primo passo che si è dovuto fare dunque, èstato quello di affermare che le parole Counse-lor e Counseling non sono traducibili e vannoacquisite nella loro forma originale.Per motivi linguistici abbiamo scelto Counse-ling e Counselor secondo la forma statuniten-se con una sola elle. Per noi italiani è più faciledire counseling che non counselling che è in-vece il termine anglosassone. E’ però altrettan-to corretto dire Counselling e Counsellor La figura professionale del counselor nasce ne-gli anni trenta in America e risponde, riportan-do una definizione di Rollo May, a tutte quellepersone che pur non “desiderando diventarepsicologi o psicoterapeuti svolgono un lavoroche richiede una buona conoscenza della per-sonalità umana”.Dunque il counselor ha un suo ruolo ben defi-nito e non deve essere confuso con un consu-lente esperto di comunicazione né con unesperto in Problem Solving.Operando per differenze possiamo definire:Il Consulente è la figura professionale che at-traverso le proprie conoscenze esprime unproprio parere di competenza su un quesito diordine tecnico.Il Counselor, invece, è la figura professionale

che attraverso le proprie conoscenze e compe-tenze è in grado di favorire la soluzione di unquesito che crea disagio esistenziale e/o rela-zionale ad un individuo o un gruppo di indivi-dui.Per comprendere meglio, prendiamo in consi-derazione un sistema aziendale.Lo psicologo del lavoro si occupa della selezio-ne del personale o della gestione delle risorseumane mettendo a disposizione dell’aziendale sue conoscenze tecniche relative alla strut-tura della personalità, ed in base a test psi-coattitudinali, proiettivi, colloqui ecc., selezio-na il miglior elemento che possa ricoprire undeterminato ruolo in base alle esigenze speci-fiche dell’azienda in questione.Il counselor aziendale è un professionista alquale tutti i dipendenti dell’azienda (compresolo psicologo del lavoro addetto alla selezione)si possono rivolgere in caso di difficoltà rela-zionali tra colleghi o difficoltà esistenziali chepossono compromettere la propria attività la-vorativa e dunque la propria vita.La competenza del counselor dunque è nellarelazione. Si tende spesso a fare confusione tra la figuradell’Operatore e quella del Counselor.Qual è la differenza tra un Operatore Psicope-dagogico ed un Counselor Operatore Psicope-dagogico? Il secondo ha nella propria formazione un per-corso di sviluppo personale individuale e/o digruppo, che gli consente di operare, come det-to sempre da Rollo May, “un counseling liberoda propri, più o meno rigidi, pregiudizi”.Durante questi anni di lavoro, attraverso con-fronti, dibattiti, verifiche, condivisioni ed ov-viamente opposizioni e contrasti, abbiamoportato a compimento molti obiettivi, tra iquali riporto i più importanti:

Sono stati fissati i programmi formativi mi-nimi di un Counselor. Sono stati fissati i criteri di accreditamentodei singoli Counselor. E' stato redatto, condiviso e attuato il CodiceEtico e Deontologico, al quale fare riferimen-to per una corretta applicazione dell’attivitàprofessionale.Abbiamo creato il “Registro Italiano dei Co-unselor S.I.Co.”, presso la Sede Nazionale.

(Per poter essere iscritti a questo Registro, oc-corre aver frequentato un corso di formazionealmeno triennale in counseling, o assimilabileal counseling, e successivamente sostenere unesame valutativo esterno alla propria scuola di

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AA

Il Counselingquesto sconosciuto

Sergio Stranieri

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gere potenzialità, insite nell’individuo verso lapropria realizzazione.Oppure controllare quelle fasi disfunzionalidella vita, che si possono verificare in presen-za di cambiamenti organizzativi: da quelli ap-parentemente più semplici, come il cambio ol’acquisto di una casa, a quelli legati a perditeaffettive, come la morte o le separazioni, ecc.,fino a quelli più complessi, come ad esempiola perdita del lavoro, ecc. A questo proposito è da sottolineare la cre-scente richiesta di counseling aziendale, chepuò essere attuato in modalità differenti.Una si struttura nel caso in cui l’organizzazio-ne interna di un’azienda metta a disposizioneuno sportello di counseling, al quale ogni di-pendente può rivolgersi per risolvere specifi-che difficoltà personali, con un duplice benefi-cio, sia per il dipendente che ritrova la suatranquillità esistenziale, sia per l’azienda chepuò così far conto su un dipendente che svol-ge il proprio lavoro con una maggiore presen-za, responsabilità e soddisfazione.Un’altra modalità prevede la figura del counse-lor inserita direttamente nell’organico azien-dale con il compito di aiutare a trovare le mi-gliori soluzioni, ad esempio per il riposiziona-mento di figure professionali, come avvienenel caso di ristrutturazioni oppure per dare so-luzione a difficoltà relazionali tra dipendentidi uguale o di differente livello, ecc.Dunque il counselor non si occupa di patolo-gia, non cura, se diamo a questa parola l’acce-zione di curare una malattia, una patologiaspecifica, un malessere psicologico profondo,né tanto meno malesseri fisiologici.Per le patologie ci sono gli psicologi, gli psico-terapeuti, i medici e gli psichiatri.Il counselor piuttosto si prende cura di unapersona, nell’accezione di accompagnarla nelriconoscere le possibilità, che le consentirannodi esprimere al meglio le proprie capacità e po-tenzialità interiori.

ad s.i.co. - www.sicoitalia.it

formazione. I Counselor iscritti al Registro si impegnano alrispetto del Codice Deontologico. La violazione agli articoli del Codice e del Re-golamento Interno implica la possibile denun-cia, fino all’espulsione del Socio dal Registro).

E’ stata resa obbligatoria per i Counseloriscritti al Registro un’assicurazione RC Pro-fessionale (Responsabilità Civile) a tuteladell'utenza. Ma, l’obiettivo più importante è stato l’inse-rimento del Certificato di competenza e del-l’obbligo di aggiornamento professionale. (IlCertificato di competenza ha validità trien-nale e per il suo rinnovo occorre dimostraredi aver effettuato un aggiornamento profes-sionale e di svolgere effettivamente l’attivitàdi counselor). Sono stati fissati inoltre i criteri di base perl'accreditamento delle Scuole di formazionein Counseling. (Criteri che saranno in segui-to sempre più definiti per garantire, anchein questo caso, una sempre più elevata for-mazione professionale).

Risale ormai al 2000 la definizione formaledella figura professionale del Counselor, cheriportiamo di seguito:"Il Counselor è la figura professionale che,avendo seguito un corso di studi almeno trien-nale, ed in possesso pertanto di un diploma ri-lasciato da specifiche scuole di formazione didifferenti orientamenti teorici, è in grado di fa-vorire la soluzione di disagi esistenziali di ori-gine psichica che non comportino tuttavia unaristrutturazione profonda della personalità.L'intervento di Counseling può essere definitocome la possibilità di offrire un orientamentoo un sostegno a singoli individui o a gruppi, fa-vorendo lo sviluppo e l'utilizzazione delle po-tenzialità del cliente.All'interno di comunità: ospedali, scuole, uni-versità, aziende, comunità religiose, l'interven-to di Counseling è mirato da un lato a risolverenel singolo individuo il conflitto esistenziale oil disagio emotivo che ne compromettono unaespressione piena e creativa, dall'altro può in-serirsi come elemento facilitante il dialogo trala struttura e il dipendente".La professione è denominata Counseling.Il professionista è denominato Counselor.Questa definizione è stata trasmessa al Cnel ea tutte le istituzioni con le quali la nostra asso-ciazione si trova ad avere rapporti.Ma perché si sta parlando tanto di questa pro-fessione?Forse perché il ritmo della società modernacrea, più che in passato, delle difficoltà esi-stenziali, nei vari contesti lavorativo, familia-re, scolastico, ecc.Il counselor attraverso le sue competenze puòintervenire, nelle situazioni di crisi, oltre chenella prevenzione, affinché la persona ritroviun suo corretto equilibrio, infondendo nuovafiducia dopo piccole sconfitte, facendo riemer-

Il servizioCounceling vieneofferto presso l’ApqLiguria il giovedìpomeriggio, ed è gestito da Simonetta FolliTel. 010/2472541.A breve sarà apertoanche a Milano e verrà gestito dalla dott.ssa Daniela Franzoni

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benessere organizzativo

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egli ambienti di lavoro si incomincia a par-lare di benessere organizzativo anche senon abbiamo ancora una percezione com-pleta di come affrontare una diversa orga-nizzazione del lavoro per poter incidere sui

processi di cambiamento.La capacità di perseguire il miglioramento delbenessere organizzativo nelle sue molteplicicomponenti, rappresenta un aspetto determi-nante per lo sviluppo e l’efficacia organizzati-va in quanto è la qualità della relazione esi-stente tra le persone e il contesto lavorativoche facilitano tale processo. Questo strumentodi cambiamento organizzativo è parte inte-grante delle politiche delle risorse umane, fa-vorisce una partecipazione attiva del persona-le e suggerisce soluzioni diverse legate al con-testo lavorativo.

L’organizzazione del lavoro nonpuò trascurare che all’interno delprocesso lavorativo non vi è solola componente tecnica, ma vi è lacomponente umana rappresenta-ta dalla popolazione lavorativanel suo complesso. Lo stato di ef-ficienza, pertanto, raggiungibileportando i processi tecnici ad ec-cellenza, deve necessariamentecomprendere anche il fattoreumano. L’importanza di occupar-si di queste tematiche con inter-venti preventivi e di cambiamen-to organizzativo, deve rientrarenel tessuto culturale delle rela-zioni tra le parti sociali e la so-cietà.Quando si rilevano condizioni di

scarso benessere organizzativo si determina-no , sul piano concreto, fenomeni quali la di-minuzione di produttività, l’assenteismo, bas-si livelli di motivazione, ridotta disponibilità allavoro, carenza di fiducia, mancanza di impe-gno. Questi e altri, sono segnali di malessere edi disagio della qualità della vita lavorativa.Si inizia a studiare questo disagio nel corso de-gli anni ’70 negli Stati Uniti. E’ questo un perio-do caratterizzato da diverse ricerche su tali te-matiche. Vengono progettati e realizzati am-bienti di lavoro più sicuri e l’attenzione si foca-lizza principalmente sui cosiddetti aspetti psi-cosociali del lavoro. Negli anni ‘80/90 avvieneil passaggio da un’ottica basata sulla cura deirischi del lavoro ad un’ottica della prevenzionedegli stessi. Si assiste ad azioni e studi perproteggere quante più persone possibile dalle

minacce alla loro salute , si afferma la sicurez-za sui luoghi di lavoro trasformandola in prin-cipio universalmente riconosciuto. La saluteorganizzativa cessa di essere intesa comesemplice assenza di malattia nei luoghi di la-voro e si affermano nuovi approcci che consi-derano anche lo stato di benessere psicofisico. Studi recenti , ma ormai abbastanza consolida-ti, hanno consentito di individuare le dimen-sioni che fondano il benessere organizzativo,nello specifico queste sono :

Le caratteristiche dell’ambiente nel quale illavoro si svolge, cioè creare un ambiente chegarantisca le fondamentali regole di igiene,di confortevolezza, di accoglienza anche dalpunto di vista estetico;La chiarezza degli obiettivi organizzativi ecoerenza tra enunciati e prassi operative,cioè costruire una direzione strategica chia-ra con obiettivi da perseguire attraverso l’u-tilizzazione di comunicazioni non ambigue;Il riconoscimento e la valorizzazione dellecompetenze, cioè riconoscere le caratteristi-che individuali e le diversità degli apporti diognuno: chiedendo al lavoratore richiestecongrue rispetto al suo ruolo, alle sue com-petenze, alle sue qualifiche, promuovendo ilsapere attraverso l’aggiornamento, la condi-visione e la circolazione delle conoscenze;La comunicazione intraorganizzativa circo-lare, cioè ascoltare le richieste e le propostedei dipendenti come elementi che contribui-scono al miglioramento dei processi orga-nizzativi;La circolazione delle informazioni, cioè met-tere a disposizione le informazioni pertinen-ti al lavoro consentendo l’accesso all’infor-mazione e alla loro diffusione;La prevenzione degli infortuni e dei rischiprofessionali, cioè rispettare e assolve agliobblighi legislativi e contrattuali in materiadi sicurezza al fine di tutelare la salute deilavoratori;Il clima di relazione franco e collaborativo, ela scorrevolezza operativa, la rapidità di de-cisione a supporto dell’azione verso gliobiettivi comuni, cioè favorire la comunica-zione sia a livello orizzontale che verticale ecreare uno stile di lavoro caratterizzato dal-la franchezza e dalla collaborazione;L’equità di trattamento a livello retributivo,l’assunzione di responsabilità, la promozio-ne del personale, cioè definire percorsi chia-ri per responsabilità, carriere, premi dando

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cisl lombardia

Bene comune condivisofattore di successo

NN

Fiorella Morelli

L’organizzazionedel lavoro non può

trascurare il valore dellacomponente

umana nel processo

produttivo

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possibilità a tutti di concor-rervi;I fattori di stress e conflit-tualità, cioè ponendo atten-zione al livello di fatica fisi-ca e mentale e di stress deipropri collaboratori e cer-care di mediare e gestire lesituazioni di conflittualità

L’attenzione al benessere si-gnifica quindi mettere in pri-mo piano l’importanza dellapersona, delle sue condizionidi vita intrecciate con quellesul posto di lavoro, dei suoiriflessi nell’ambito sociale efamiliare, pertanto una condi-zione di disagio lavorativo e/o di stress croni-co rappresenta causa di danno certo. Lo stresscronico e il disagio psico-fisico nei luoghi di la-voro non possono essere considerati un pro-blema occasionale o individuale. I danni chene derivano hanno costi estremamente rile-vanti per le aziende private e pubbliche quindila prevenzione, la diagnosi e la cura vanno vi-sti come fondamentali interventi per l’efficien-za aziendale del paese.Molte condizioni di qualità del lavoro sonoignorate dalle aziende ed è ora che le relazionisindacali mettano in primo piano tutto ciò cheè legato alla tutela e alla valorizzazione dellapersonaE’ importante che il sindacato sia dentro que-sto processo di cambiamento; provvedimenti emisure che favoriscono il benessere e la salute

sul lavoro non vanno lasciatialla sola volontarietà delleaziende ma devono far partein maniera più decisa dellacontrattazione.La contrattazione deve poteressere lo strumento operativoefficace per la diffusione e losviluppo della conoscenza delfenomeno, deve saper creareregole condivise e trovarepunti di accordo favorendo unbenessere organizzativo diffu-so e praticabile.Il disagio lavorativo non vieneancora affrontato come meritanelle relazioni industriali. Mol-te imprese inseguono la certi-

ficazione di responsabilità sociale per i van-taggi che ne derivano ma non fanno vera prati-ca di responsabilità. Bisogna affrontare tuttoquesto innalzando il ruolo delle parti socialialla ricerca di percorsi condivisi per inserirenell’organizzazione aziendale la valorizzazio-ne della persona in tutte le sue potenzialità,includendo sicurezza e creatività, partecipa-zione e giusti ritmi produttivi. Ci sono quindi buoni motivi affinché il benes-sere organizzativo diventi un bene comunecondiviso tra le forze sociali portando la capa-cità dell’organizzazione stessa ad adattarsi aimutamenti di contesto non dimenticando che itemi legati alla dimensione umana diventanofattori di successo o insuccesso nella strategiadi un’azienda.

segretario regionale cisl lombardia

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benessere organizzativo

Attenzione al benessereorganizzativo

vuol dire mettere

in primo pianol’importanza

della persona

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competenze

uante volte ci siamo chiesti: cui pro-dest?A che serve quello che stiamo facen-do? Perché lo stiamo facendo e, so-

prattutto, cosa ci guadagniamo?Sembrano domande retoriche ma tutti noi nonlavoriamo solo per la Gloria. Tante sono le moti-vazioni che ci spingono. Un mio amico diceva :dobbiamo lavorare, come se questo fosse l’unicoobiettivo della nostra vita.Io dico che il lavoro, come tutto d’altra parte, èqualcosa che si compra in cambio di un compen-so. Questo può essere un salario, può essere l’oc-cupazione del nostro tempo, se non sappiamocos’altro farne, può essere la soddisfazione diavere il nostro nome su una rivista sotto un arti-colo….Ci vuole sempre un compenso, che come tale pe-rò non dà diritto a chiunque di comprare anchela nostra dignitàMi spiego meglio.Quando compero la frutta considero la fruttiven-dola come una controparte con cui magari fareun negoziato, quindi quando offro la mia ‘pre-stazione d’opera’ considero chi mi paga una con-troparte.L’altra parte vuole da me qualcosa che è l’insie-me della mia “forza fisica” , della mia capacità edel mio skill, cioè di tutto quello che fino ad og-gi ho imparato, da utilizzare per il raggiungi-mento dei suoi obiettivi. Ma poiché io non sonouna mela c’è anche la parte motivazionale cheserve ad ottenere da me il massimo della presta-zione e gli strumenti di lavoro tra cui l’ambientedi lavoro. Faccio notare però che l’ambiente è fatto di arre-di e di altre persone che agiscono secondo le po-litiche e lo stile di vita dettato dall’Azienda.Guardiamo ora come la reale situazione si abbi-na a quella descritta sopra.Se mi guardo intorno oggi vedo molte situazioniche non mi piacciono proprio, cioè vedo l’utiliz-zo che viene fatto delle risorse come se fossero‘schiavi’. Gli orari di lavoro sono ignorati, la pia-nificazione delle attività è un’utopia, il saltabec-care da una cosa all’altra è la normalità. Non dicoche si può pianificare tutto, ma se l’urgenza di-venta la normalità dov’è la normalità?

“Fermati, rifletti, dividi le cose importanti ed ur-genti da quelle solo urgenti, valuta cosa deve es-sere fatto prima e cosa dopo e soprattutto, quan-do cominci un’attività portala a fine; se la lasciincompiuta è come se non l’avessi neanche ini-ziata.”Sembra il decalogo dell’ultimo corso di time ma-nagement fatto, da cui tutti siamo usciti dicen-

do, da domani ci provo…. E considerato il giornodopo come un bel sogno.Purtroppo se mi guardo intorno vedo personenon motivate e stressate per cui tutto quello cheabbiamo finora detto si risolve nel conteggio deltempo intercorrente per andare in pensione. So-lo che quando ci arriveremo saremo troppo stan-chi e troppo soli per godercela.

Leggo sul sito www.cantieripa.it“Utilizzando i diversi approcci sul tema della sa-lute organizzativa la facoltà di Psicologia 2 LaSapienza di Roma ha messo a punto una meto-dologia che ha consentito di individuare le di-mensioni che fondano il benessere organizzati-vo, nello specifico queste sono:

Caratteristiche dell’ambiente nel quale il lavo-ro si svolge.Chiarezza degli obiettivi organizzativi e co-erenza tra enunciati e pratiche organizzative(sob!).Riconoscimento e valorizzazione delle compe-tenze.Comunicazione intraorganizzativa circolare(sic!). (sic!)Circolazione delle informazioni. Prevenzione degli infortuni e dei rischi profes-sionali.Clima relazionale franco e collaborativo (sic!).Scorrevolezza operativa e supporto verso gliobiettivi (sic!).Giustizia organizzativa (sic!)Apertura all’innovazione (sic!). (sic!) (sic!)Stress (sic!).Conflittualità (sic!).”

Io aggiungerei in chiaroRispetto per la persona

Dove la persona è intesa nella sua interezza, coni suoi diritti e con i suoi doveri, con il diritto adavere una vita privata e con il dovere di rispetta-re le regole della comunità, con il diritto di avereun’opinione e con il dovere di mettere da partela sua individualità per il raggiungimento di unobiettivo comune condiviso, con il diritto diprendere la sua parte dei meriti e con il doveredi condividere con chi lavora per lui, insommacon il diritto di essere un uomo anche se parte diuna team.Se guardo indietro il mio percorso lavorativo pe-rò non credo di aver vissuto spesso in una situa-zione che mi permettesse di vivere una situazio-ne idilliaca quale quella sopra descritta: sonoforse stata particolarmente sfortunata?Lascio al lettore la risposta.

Benessere ed Organizzazione:a chi giova?

Q

Annamaria Felici

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uando stiamo bene, ci do-mandiamo con meravigliacome faremmo se fossimomalati; quando poi lo sia-mo, ci pieghiamo di buo-na voglia a prendere le

medicine (…) [278]. “Noi sia-mo così disgraziati che pos-siamo provar piacere di unacosa solo a patto di dolerci seva male: ciò che può accaderedi mille cose, e accade di con-tinuo. Chi trovasse il segretodi rallegrarsi del bene senzaaffliggersi del male opposto,avrebbe risolto la difficoltà;ma è come trovare il motoperpetuo” [279]. (Blaise Pa-scal, Pensieri, trad. it. a curadi Paolo Serini – Einaudi Edito-re 1967). L’Organizzazione Mondialedella Sanità, nel ribadire che"il possesso del migliore statodi salute costituisce uno deidiritti fondamentali di ogniessere umano", ha definito lasalute "benessere fisico, psi-chico e sociale, non consisten-te soltanto in un'assenza dimalattia o d’ infermità". Tale impostazione concettua-le è consolidata nel nostro or-dinamento giuridico. La per-sona è fatta depositaria di va-lori fondamentali che trovanoconsacrazione nella guarenti-gia generale di cui all’art. 2della Costituzione, ove sonoriconosciuti i “diritti inviolabi-li dell’uomo sia come singolosia nelle formazioni sociali”,fra i quali il diritto alla salute,sancito all’art. 32. Peraltro, giàla legge 300 del 1970, lo Sta-tuto dei lavoratori, all’art. 9,teneva chiaramente distin-tala salute del lavoratore dallasua integri-tà fisica. Si tende, dunque, verso unatutela del benessere fisico epsichico, in senso ampio inte-so. La riflessione è dunque liberadi spaziare: vogliamo darviimpulso, con l’osservazione,

nizzative e il coinvolgimentodegli utenti dei servizi e dellepolitiche pubbliche, cresce lacapacità delle amministrazio-ni di produrre politiche effica-ci e di erogare servizi efficien-ti…” Altrove [“L’ascolto per il be-nessere organizzativo e l’effi-cienza dei servizi pubblici. Ledirettive del Dipartimentodella Funzione Pubblica del24 marzo 2004” in L’Ammini-strazione Italiana- Barbieri,Noccioli & C.- Empoli] le ab-biamo raffigurate come “ge-melle monozigote”, pensandoalla suggestiva ipotesi chespiega tale tipologia di gene-razione biologica con l’istintodi sopravvivenza: lo sdoppia-mento avverrebbe soltantoper accrescere le possibilità dipermanenza in vita delle duecreature. Analogamente, ciascuna delledue direttive vive di vita pro-pria. Restano divise solo al fi-ne di risultare più incisive ri-spetto ai soggetti diversi cuisi riferiscono: il lavoratore edil destinatario finale dell’azio-ne della P.A..Di là dal preambolo che dimo-stra come detti provvedimentisegnano l’evoluzione di unpercorso già tracciato da soli-di riferimenti normativi, en-trambi si sviluppano intornoad una funzione fondamenta-le, sia nel rapporto tra supe-riore e dipendente, che tra la-voratore pubblico e cittadino-utente: l’ascolto. Non mero atteggiamento re-cettivo ma necessario presup-posto di un’azione conse-guente, nella logica di unoscambio dialettico che, en-trando nel merito delle que-stioni, giunge a soluzioni con-divise, fra parti che si rispet-tano, perché assumono la loropari dignità sostanziale.In questo senso, l’ascolto èuno degli antidoti più efficaci

sia pur non approfondita, delcontesto di nostro interesse.E’ qualcosa di più di un luogocomune quello che descrive ilcittadino a menar lamento neiconfronti della Pubblica Am-ministrazione, prevenuto alpunto di essere irritato ancorprima di varcar la soglia di unufficio.E’ qualcosa di più di un luogocomune quello che rappresen-ta il pubblico dipendente co-me un parassita, un fannullo-ne, un incompetente, un arro-gante dai modi sgarbati, pron-to a scaricare su altri qualsiasiresponsabilità, anche quelleche nessuno pensa di addebi-targli.Ciononostante, la PubblicaAmministrazione sta cam-biando e lo sta facendo piùvelocemente della percezioneche se ne ha, al suo interno edal suo esterno.Intendiamoci, siamo ben con-sci delle sue criticità, ma nonsarebbe responsabile negarnele evoluzioni in melius e nonvedere che queste tendonosempre di più verso la perso-na che, ovunque si collochi ri-spetto a quella soglia, dentroo fuori, lavoratore o cittadino-utente, assurge a parametrodi riferimento di detti cambia-menti. Benessere lavorativo e soddi-sfazione degli utenti di unservizio afferiscono alla me-desima categoria concettualedella valorizzazione della per-sona. La consapevolezza di quest’o-rigine ha determinato anchela contemporanea emanazio-ne delle due direttive del Di-partimento della FunzionePubblica del 24 marzo 2004,su tali materie. Nel comunicato stampa dipresentazione era espressa-mente dichiarato l’intento:“…attraverso il miglioramentodelle proprie condizioni orga-

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Domenico Trombino

II

Il benessere nella pubblica amministrazione: ascolto,

Riflettendo liberamente con

««

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contro le tentazioni ricorrentidi svilimento del valore per-sona. Benessere lavorativo e custo-mer satisfaction insieme: starbene per far stare bene. “Il tacco della scarpa. «Oh, co-m’è tornito bene! Che abileoperaio! Com’è coraggiosoquel soldato!»: ecco l’originedelle nostre vocazioni e dellascelta di un mestiere. «Comebeve, il tale! E come beve pocoil tal’altro!»: ecco quel che pro-duce le persone sobrie e i beo-ni, i soldati, i codardi, ecc.”[284]Pensieri. Tutto è uno, tutto èdiverso. Quante nature nellanatura umana! Quante voca-zioni! E per quale caso ognunosegue di solito quel che hasentito apprezzare! Tacco benlavorato. [285] (Blaise Pascal,cit.)Senza voler ricorrere a quelloche viene definito in dirittoamministrativo “rapportod’immedesimazione organi-ca”, per effetto del quale gliatti posti in essere dalla per-sona fisica preposta ad un or-gano od ufficio di un dato en-te si considerano posti in es-sere dall’ente, anzi la personaè l’ente stesso, possiamo af-fermare che, di fatto, nel rap-porto con il cittadino-utente,la P.A. è il dipendente.Siamo portati a riconoscereautorevolezza a chi ci “fa (un)piacere”, a prescindere dalsuo ruolo.Quel tale collega di front offi-ce, cortese, puntuale e precisonel rendere le informazioni,ha acquisito il titolo di “dotto-re” sul campo (con il qualeviene ormai regolarmente ap-pellato), ben prima di quantonormalmente richieda un cor-so di studi universitario.Niccolò Tommaseo, nel suoDizionario, spiega la voce“soddisfare”, ricorrendo allelocuzioni “appagare” e “con-

quelle cose…credeva fossetua responsabilità farle. Noncercare d’essere qualcos’altro,d’essere meno di quel che sei.Succederanno grandi cose nel-la tua vita, Peter, grandi cose.E queste cose comporterannograndi responsabilità…” [dia-logo tra Zio Ben a Peter Parker(alias L’Uomo Ragno) in Identi-tà segreta – Testi di BrianM.Bendis e Bill Jemas. Tradu-zione di Pier Paolo Ronchetti –da I classici del fumetto di Re-pubblica – Serie oro]Sono presenti negli Enti pub-blici lavoratori dota-ti di forte competen-za, sviluppata conl’esperienza lavorati-va e/o precedente-mente acquisite:giardinieri, idraulici,geometri, architetti,commercialisti, av-vocati ecc. Di rado sono postinelle condizioni dimettere a disposi-zione dell’ammini-strazione tale lorocompetenza.Talora per sciagura-ta superficialità de-gli enti stessi, taloraper restrizioni contrattuali odivieti normativi che non han-no ragione d’essere, specie inuna P.A. che tende ad organiz-zarsi su modello telocratico. Ritorneremo su questo tema,che richiama direttamentequello del protezionismo lob-bistico di certe categorie (rec-tius ordini) professionali. L’impegno di tutti deve andareverso la libertà dai vincoli, divaria natura, che possono im-brigliare le competenze e,quindi, per quanto detto, pos-sono pregiudicare il benesse-re individuale e collettivo.Talento principale che regolatutti gli altri [286] (Blaise Pa-scal, cit.).

politiche pubblico impiego

tentare” e rileva che l’espres-sione vale anche “Piacere”.Dare soddisfazione accresceindubbiamente il prestigiopersonale e quello dell’ente.La misura di questo esito ten-de a valori alti in dipendenzadell’entità del bisogno che vie-ne soddisfatto e della naturadello stesso. La P.A., benché il suo ambitodi competenza sia stato erosodai processi di privatizzazio-ne, resta un riferimento fon-damentale per il cittadino-utente. Questo rende vieppiù prezio-sa l’opera del lavoratore pub-blico e conferisce al medesi-mo un ruolo “sostanzialmen-te” importante. Il riconoscimento di valore so-ciale, nondimeno, consegnaresponsabilità, presupponen-do competenza.Recepiamo quest’ultima anco-ra in un’illuminante definizio-ne di Tommaseo: “Autorità neldire o fare alcunché”La consapevolezza di ciò por-ta benessere, l’esplicazione inconcreto porta soddisfazione.Entrambe fanno il professioni-sta: quello che sa ben lavorareil tacco. Nel nostro caso, il professio-nista della P.A..Si stimola così l’apprezzamen-to dell’utenza verso il lavoropubblico.S’innesca un processo d’eleva-zione professionale e, conte-stualmente, d’ emulazione.Il lavoro diventa “bello” e…ben lavorato il tacco.“Tuo padre aveva una filosofiaa cui si atteneva rigidamente,e che gli è servita molto…cre-deva che se c’erano delle coseche potevi dare al mondo, sesapevi fare bene certe co-se…meglio di chiunque al-tro…per aiutare la gente o perfarla stare meglio …be’, crede-va che non fosse semplice-mente una buona idea fare

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merito, competenza…

Pascal e l’Uomo Ragno

La pubblicaamministrazione

resta unriferimento

fondamentale peril cittadino-utente

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a nascita di Terza Corsia News ci con-sente di far evolvere la rubrica VitaApq. L’idea è di utilizzare questo spazio

del trimestrale, per compiere, seppur brevemen-te, alcuni commenti in relazione all’attività del-l’associazione.Vorrei, allora, richiamare alcune discriminantiche delineano i nostri percorsi, al fine di offrireun quadro di riferimento a cui ispiriamo il no-stro lavoro. Ciò dovrebbe consentire una letturapiù puntuale della vita associativa e nel contem-po sgomberare il campo da malintesi, generatoridi difficoltà e di incomprensioni.L’Apq in questa fase è orientata a cambiare la po-litica del lavoro, senza dimenticare il quotidia-no, le difficoltà che si incontrano nell’operativitàe nel mercato del lavoro.Siamo, perciò, orgogliosi della nostra Conferen-za annuale e delle sue ridondanze culturali, maaltrettanto orgogliosi siamo del servizio gratuitodi consulenza professionale offerto ai nostri as-sociati sia in crescita sia in crisi occupazionale.Dall’analisi funzionale di queste due attività, sirileva però che la loro comunicazione interna edesterna va migliorata. C’è chi utilizzando il servi-zio segnala di non conoscere l’organizzazioneed il portato della conferenza e viceversa.Il problema della comunicazione è confermatoda chi chiede all’ Apq di interloquire con il Go-verno, con le federazioni di categoria, con laconfederazione. Tante sono le iniziative Apq incui la Cisl, nella segreteria confederale in quelleregionali e territoriali, è coinvolta; le federazionihanno propri rappresentanti negli organi deci-sionali dell’associazione con ampia possibilità diincidere sulle iniziative. Numerosi sono i percor-si di aggiornamento e studio organizzati dal-l’Apq e aperti a tutti, soci e responsabili associa-tivi. Abbiamo sempre tentato di chiarire che ilruolo negoziale (quello con il governo è dellaconfederazione) rientra nella titolarità delle fe-derazioni di categoria. L’Apq è, oltre a rappresen-tare questa categoria e a curare lo sviluppo el’aggiornamento professionale dei propri asso-ciati, invece proiettata a determinare solo valoreaggiunto. È sussidiaria all’esperienza sindacaletradizionale.Tutto questo però sembra non basti perché,qualche volta, alcuni sono portati a richiederci disvolgere un ruolo che non possiamo e non vo-gliamo assumere. Snaturerebbe i motivi della co-stituzione dell’Apq e per la verità, pur apprez-zando il coraggio di volare, modificare linea

strategica condannerebbe l’Apq alla fine di Icaro.In questo caso, forse, serve più coraggio a mar-care il solco dell’innovazione organizzativa e l’e-laborazione culturale, che percorrere una stradasicura e consolidata.Non possiamo, nemmeno, accontentarci di riba-dire che tutto quello che ci viene richiesto è giàesplicato direttamente dall’Apq o dalle federa-zioni di categoria. C’è, invero, bisogno di trovare un modalità chechiarisca in modo netto questo aspetto. Non soloper non costituire elementi di delusione. Preten-dere di acquistare libri in una macelleria non facrescere la professionalità dell’addetto e lasciainsoddisfatta la richiesta.La rappresentazione delle attese di chi sa corret-tamente cosa produce l’ Apq assume un valoreinestimabile per la sua iniziativa, in quanto im-pone un’analisi costante del rapporto fra bisogniveri, ancorché latenti, dei propri associati e ini-ziativa associativa. E, di norma, è più facile tro-vare soddisfazione delle proprie esigenze.

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vita apqRoberto De Santis

Cambiare il lavorosenza dimenticare il quotidiano L

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personali e famigliari di lavo-ratori e lavoratrici? Perchésiamo in presenza di elevatitassi di formazione linguisti-ca, specialistica, manageria-le, con interventi estesi di as-sestment e development suigiovani (e meno giovani)laureati?Le domande esemplificativepotrebbero continuare all’in-finito, comprese le speri-mentazioni di servizi a dis-posizione dei lavoratori perla spesa telematica al super-mercato tramite le reti azien-dali; tutto ciò, nella maggio-ranza delle imprese, eviden-zia un elevato tasso di inve-stimento sul clima organiz-zativo interno, sugli aspettirelazionali, sulla spinta al-l’integrazione tramite il teamwork, su politiche retributivesofisticate, sulla individua-zione di feed back tra la pro-clamazione dei valori azien-dali e i tassi di coerenza neicomportamenti organizzativiformali ed espressi.Le direzioni aziendali di HRinvestono attenzioni, energiee investimenti consistentinei confronti delle altre fun-zioni di management, peruniformare e omogeneizzaremetodi e comportamenti ri-feriti ad una unità d’intentiaziendale: momenti convi-viali, convention, manifesta-zioni di fabbriche aperte afamiglie e cittadini.Un marchio distintivo per leimprese farmaceutiche è al-tresì determinato dal fatto dioperare in mercati che cura-no la vita, la salute ed il be-nessere delle persone, ri-comprendendo nelle variedimensioni dell’impresa learee della ricerca e sviluppo,di certificazione della quali-

ve internazionali per poteresportare prodotti in alcuniPaesi (la F.D.A. americana vi-sita periodicamente tutti i si-ti adibiti a prodotti che en-trano sul suolo americano,rilasciando i permessi o re-vocandoli), tradizione di ele-vata professionalità degli ad-detti in quanto il farmaco de-

ve rispondere a norme diperfezione tecnologica, chi-mico-fisica, di confeziona-mento, ecc. ma anche model-li di marketing sui generis emolto particolari nonché so-fisticati, in quanto si operasul cliente finale (il paziente)attraverso le figure mediche(e quindi il cliente finale ri-schia di essere il medico!).Ma per andare più a fondo,scavando nelle politiche digestione delle risorse umane,perché nella maggioranzadelle imprese le comunica-zioni “alle maestranze” defi-niscono formalmente i di-pendenti con il termine col-laboratori? Perché in questiluoghi di lavoro la tipologiadegli orari generalmente èflessibile, rispettando vincoli

gni qualvolta ci ac-cingiamo a realizza-re contratti collettiviche riguardano ilsettore della scienza

della vita ovvero il mondofarmaceutico, nelle sue di-verse tipologie produttive edi mercato, oltre che di clas-sificazione terapeutica, sievidenzia una situazione….paradossale: i delegati sinda-cali aziendali, a prescinderedalle appartenenze, spessomanifestano posizioni e ap-procci di dissenso su alcunitemi, in particolare sulle ma-terie retributive, in quanto leaziende, con i risultati nego-ziali realizzati, “risparmiano”notevoli risorse economiche.Il convincimento (in parteveritiero) nasce dal fatto chei margini a disposizione so-no, nella media, rilevanti equindi le soluzioni di media-zione tra i molteplici settoridella chimica, con i diversivalori aggiunti, risultano es-sere penalizzanti nei con-fronti dei lavoratori dipen-denti da imprese che realiz-zano risultati di bilancio am-piamente positivi: non abbia-mo ancora visto un’impresafarmaceutica con bilanci ne-gativi!Ma se nelle imprese farma-ceutiche, secondo un detto“nazionalpopolare”, si sta be-ne, le retribuzioni sono alte,i benefit molteplici ed estesiin termini di coinvolgimentodi numero di addetti, un tas-so di femminilizzazione ele-vato (parità occupativa tradonne e uomini), anche nellefigure di management, am-bienti di lavoro soft ed eccel-lenti (anche per normativeministeriali e internazionalimolto cogenti in termini diclassi di pulizia ed igiene),allora quali sono i fattori chedeterminano un clima inter-no improntato ad una socia-lità e vivibilità più elevata ri-spetto ad altri settori?Sicuramente sussistono fat-tori esogeni e di macro-di-mensione: presenza rilevan-te di multinazionali, siti pro-duttivi a forte internaziona-lizzazione, norme prescritti-

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Fiorenzo Colombo

OOLife scienze and Health Care

Se il benesserenon viene da qui

Nel settore sono noti i successi

del managementsotto il profilo

del clima, ma si conoscono

anche moltiinsuccessi

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tà, dell’eccellenza e dellaconformità delle formulenelle materie prime, negli in-termedi, nelle varie fasi pro-duttive ed in quella finale delprodotto, nella direzione me-dica, nella funzione di far-macovigilanza: la “vicinanza”con la condizione umana tra-scina, aldilà delle scelte poli-tico sindacali, investimentiimmateriali sui collaboratoriche mirano a rendere il lavo-ro e la dipendenza dall’im-presa un fattore centrale nelricercare tassi elevati di po-sitività negli approcci al/nellavoro stesso.Siamo in presenza di “fabbri-che delle coccole” ? In alcunicasi la risposta ha riscontriaffermativi nei numeri verdi adisposizione 24 ore su 24 peri dipendenti, a cui ricorrereper problemi personali, psi-cologici, di adattamento, ecc. Stiamo parlando di articoliapparsi su riviste per passa-re il tempo dal parrucchiere? No, sono esperienze pre-senti nelle mega aziende del-l’hinterland milanese e dellaparte a sud della capitale ita-liana, dove sono concentratesedi, siti produttivi e centridi ricerca del settore.Ma…. c’è sempre un “ma” cherappresenta la variabileesterna improvvisa, non con-trollata e controllabile dalmanagement locale, dalle le-ve gerarchiche sempre piùappiattite dalla lean organi-zation: è esperienza storica econcreta che una mattina,nonostante le rassicurazionidella sera precedente, i colla-boratori leggono sui propripc, sul quotidiano economicofinanziario che va per la mag-giore, su un sito web specia-lizzato del settore, che lapropria azienda è stata cedu-ta, comprata, smembrata, cheaccanto al proprio stabili-mento certo e perenne, ancheper gli investimenti realizza-ti, te ne trovi un altro nelnuovo perimetro aziendalemaggiormente efficiente, anorma internazionale certifi-cata, più flessibile, con servi-zi e funzioni no core esterna-lizzati e affidati non alla soli-

insuccessi sono caratterizza-ti da un management che,per arroganza ed autosuffi-cienza, ha pensato di fare dasolo, con una visione limita-ta, in quanto, per avere vi-suali ampie sull’orizzonte,devi dotarti e collaborarecon altri “presìdi” sociali,quali un sindacalismo chesta sul pezzo, senza fughedifensivistiche, spesso carat-terizzate dalla pretesa di ri-solvere i problemi negandoli.Da soli i manager non ce lafanno!Io auspicherei che qualcheHR Manager, sfogliando eleggendo queste e altre note,decida di sottoporre al pro-prio A.D. la necessità di ana-lizzare e implementare nuo-vi e più partecipati approcciorganizzativi, affinché i pro-pri lavoratori e le proprie la-voratrici assumano semprepiù la dimensione del colla-boratore e della collaboratri-ce, anche con il concorsocreativo e innovativo dellerappresentanze sindacali.Da soli non ce la fanno: mipermetto di insistere, nelleconclusioni, in quanto le im-prese, operando in campi emercati caratterizzati dall’e-tica della vita, spesso fini-scono sulle prime pagine deimedia di tutto il mondo perl’ennesimo scandalo, permazzette, regali, corruzioni,falso e truffa allo Stato, conmanager e informatori scien-tifici del farmaco che finisco-no nelle patrie prigioni, que-sti secondi quasi sempre conscarse responsabilità indivi-duali, per ordini e direttiveaziendali imposte, anche aifini di poter continuare adavere una occupazione ed unreddito.Gli informatori coinvolti, ma-gari, sono anche iscritti aisindacati confederali e ad es-si si rivolgono per le neces-sarie tutele ed iniziative delcaso. E, quindi, come la mettiamo,a proposito di coerenza e diben-essere organizzativo?La risposta al quiz ad altri oalla prossima puntata.

segretario nazionale femca cisl

ta cooperativa promossa del-l’ex dirigente dei servizi ge-nerali (in pensione) ma a so-cietà specializzate e interna-zionalizzate, con la presenzadel security manager che in-terfaccia la società di globalservice appaltatrice o che haricevuto i rami aziendali tra-mite l’acquisto dei rami stes-si e realizzata rispettandoformalmente l’art 47 dellalegge, ecc., ecc., ecc.Sarebbe interessante analiz-zare le rivoluzioni organiz-zative indotte nelle imprese,nei numerosi e frequenti casidi acquisizioni, fusioni emerger che stanno caratte-rizzando da tempo il settoree che, essendo globali, inte-ressano numeri consistentiin termini di fatturati, porta-foglio prodotti, quote di mer-cato e addetti; interventistrutturali su siti, localizza-zioni organizzative e reti difield force (con riduzioni oc-cupazionali consistenti) cheimpegnano le Organizzazio-ni Sindacali e le RSU in tratta-tive complesse e con solu-zioni non facilmente a porta-ta di mano, si accompagnanoa nuovi e successivi investi-menti immateriali, adeguatia ricreare un clima internopositivo nelle “nuove” azien-de, per favorire processi diintegrazione culturale e or-ganizzativa tra gli addetti.Non citiamo casi aziendalicon nomi e cognomi ma sipotrebbero classificare, neiloro successi ed insuccessi,attraverso una griglia in cuiinserire, come metro di para-gone, le relazioni sindacali eil loro concorso (o meno, inpresenza di multinazionalino union) alla definizione dipiattaforme utili ai lavoratorie alle imprese; le soluzionioccupazionali adottate; le po-litiche di sostegno e rifonda-zione tra aziende diverse perestrazione, cultura, naziona-lità, approcci al mercato.Nel settore, i successi deimerger, sotto il profilo delclima organizzativo interno,sono noti ma sono noti an-che gli insuccessi; sarà unacoincidenza casuale, ma gli

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on recente delibera, l'Inail ha dato ilvia, a partire dal 1° luglio 2006, allarivalutazione degli importi delle ren-dite Inail, nella percentuale dell’1,7%:

- Settore industriale: la retribuzione media gior-naliera passa da euro 60,84 per il 2004 a euro61,06 (Minimale: euro 12.882,60; Massimale: eu-ro 23.813,40) - Settore agricolo: la retribuzioneconvenzionale annua è pari a euro 19.351,59 -Marittimi: per comandanti e capi macchinisti, ilmassimale retributivo è euro 34.291,30; per pri-mi ufficiali di coperta e macchina, il massimaleretributivo è euro 29.052,35; per gli altri ufficia-li, il massimale retributivo euro 26.432,87. An-che gli assegni continuativi mensili saranno rili-quidati, nella stessa misura percentuale dellerendite. Inoltre, dal 1° luglio 2006 saranno riva-lutati anche l’assegno per assistenza personalecontinuativa, il cui importo mensile è elevato aeuro 422,19, nonchè l’assegno una tantum in ca-so di morte, che passa a euro 1.691,62

Luogo di lavoro insalubre e pocosicuroLavoro in un’azienda privata, in condizionilavorative a dir poco pietose: il riscaldamen-to mal funzionante d’inverno, d’estate invecesi soffoca perché manca l’aria, l’illuminazio-ne è scarsa, mancano alcune protezioni sullavoro… Per di più, mi sono infortunato aduna mano, riportando un danno cronico altendine. Che posso fare? E’ possibile chiedereun controllo? (25.3.2005)

Per le condizioni del posto di lavoro, Le consi-gliamo di prendere contatto con i responsabilidella sicurezza (RLS) della sua azienda, per otte-nere il rispetto delle regole imposte dalla legge(Dlgs 626/94). Per quanto riguarda invece il dan-no al tendine, dovrà presentare all’Inail una de-nuncia di malattia professionale: l’Inail infattieroga un indennizzo in capitale se accerta undanno permanente tra il 6 ed 15%, ed un inden-nizzo in rendita se il danno è superiore al 15%.

Revisione per infortunio sul lavoroUn anno fa sono caduto sul posto di lavoro emi sono rotto un femore. L’Inail mi ha ricono-sciuto un’invalidità permanente (8%) e mi haliquidato. E’ vero che mi chiameranno a visi-ta per la revisione almeno quattro volte entro10 anni? (21.10.05)

Le norme in materia sono cambiate. Nel suo ca-so, essendo stato riconosciuto e liquidato in ca-pitale un danno dell’8%, sarà Lei a dover decide-re, nell’arco di 10 anni, se richiedere o meno l’a-

deguamento di tale capitale, valutando opportu-namente, con l’aiuto di un medico-legale, il mo-mento in cui effettuare la richiesta, consideratoche è prevista solo una possibilità di domandaper revisione nell’arco del decennio.

Rendita Inail e minore inaffidamentoSono titolare di rendita Inail (grado di inabi-lità 40%). Dal 2001 ho in affidamento la fi-glia di mio fratello (10 anni di età), quindi hochiesto all’Inail la quota integrativa ancheper lei, ma l’Istituto ha respinto la mia richie-sta. Chi ha ragione?(27.9.05)

Gli elementi da considerare sono due: il provve-dimento di affidamento deve essere definitivo, enon temporaneo. Inoltre, l’affidato deve essereiscritto nello stato di famiglia. Soltanto in pre-senza di entrambe le condizioni è possibile con-testare il provvedimento negativo dell’Inail.

Per la consulenza e l’assistenzanecessarie, ci si puòrecare presso la piùvicina sededell’Inas- Cisl (gliindirizzi si trovanosu www.inas.it,oppure chiamandoil numero verde 800001 303): ricordiamoche la consulenzaofferta dall’Inas è assolutamentegratuita.

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inas

Inail: rivalutate,per il 2006,le prestazioni economiche

C

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l dilemma che la coopera-zione vive da moltissimianni è frutto di diverseprassi valoriali non com-piutamente adeguate che

convergono a creare difficol-tà di sviluppo e di consolida-mento delle imprese coope-rative.Essi sono la rappresentanzaunita al controllo, la legisla-zione per lo più costruita adepisodi e la credenza popo-lare del genius dello stru-mento cooperativo.Lo stesso dibattito politicoprende spunto da alcuni epi-sodi caratterizzati da ele-menti scandalistici per svi-luppare pregiudizi che con-tribuiscono a creare orienta-menti giurisprudenziali e le-gislativi che rischiano dimettere in discussione il ge-nius storico e fondamentale,oltre agli elementi di valorepropri della cooperazione.Senza i valori della democra-zia, della solidarietà equili-brata dalla giusta remunera-zione dei capitali investitida parte dei soci, la coopera-zione perde la sua efficacianei settori dei servizi in ge-nerale, in cui l’interventodella risorsa umana ha unpeso economico rilevante. Per poter contrastare e mo-dificare questa situazione, èimportante porre all’ordinedel giorno la necessità diuna riflessione ed analisisulla reale situazione com-plessiva della cooperazionea partire dagli appalti pub-blici e privati, delle agevola-zioni da erogarsi non piùcon riferimento alla tipolo-gia della società bensì aglieffetti sociali, economici edoccupazionali che l’attivitàsviluppata ha generato nellasocietà.Ciò significa che bisognauscire dalla omologazionegenerale e generica che qual-

siasi tipologia di cooperativaè inquadrata nella coopera-zione.Battere alcune convinzionipolitiche e popolari che giu-dicano la cooperativa unaspecie di ente assistenziale epertanto senza vincoli dimercato e di compatibilitàfinanziaria. Fermo restando che la co-operativa è un’impresa a tut-

ti gli effetti e fermo restandoil grande valore della demo-crazia e della partecipazionedi tutti i soci, sembra ridut-tivo e fuorviante la praticadi una testa un voto. Essa vacorretta con voti in più inrapporto al capitale socialesottoscritto senza penaliz-zare la democrazia e la par-tecipazione ma per incenti-vare il risparmio investito. Per far acquistare alla coope-rativa un ruolo da protagoni-sta nello sviluppo modernoè necessario che l’analisi siasvolta da un soggetto politi-co socialmente forte e noninfluenzato nella gestionedel quotidiano e del control-lo. Questo soggetto può es-sere la Cisl. Complessiva-mente la Cisl ha esperienza,tradizione ed autorevolezzaper affrontare le problemati-

che e rendere la cooperazio-ne matura.Le altre questioni di impor-tanza decisiva sono :

la divisione netta nei ter-mini di rappresentanza,controllo, agevolazionetra le cooperative a mutua-lità prevalente e le altre.Queste ultime vanno con-siderate come delle vere eproprie società profit.La dicotomia netta tra l’or-ganizzazione di rappre-sentanza e quindi la pro-pria organizzazione di svi-luppo democratico dellarappresentanza e la que-stione della revisione chedetermina un potereorientativo e molte volteoppressivo dello sviluppodi una rappresentanza au-tentica. Tale potere di re-visione, per le cooperative

Cooperazione: strum

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Necessario porre all’ordine del giorno una riflessione

II

Senza i valori dellademocrazia

e della solidarietà

la cooperazioneperde la sua

efficacia

Giuseppe Giurlanda

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a mutualità prevalente, vadefinito da una authoritypubblica-privata che nedefinisca i parametriorientativi anche in rap-porto alla meritevolezzadella società cooperativa

circa gli obiettivi e le per-formance legate alla soli-darietà.

In questo senso gli obiettividella revisione dovrebberotendere all’incremento dellaqualità, alla certificazionedella competenza, in modoparticolare nei servizi allapersona e vincere la concor-renza delle società profitcon la qualità del lavoro e lapartecipazione attiva dei so-ci lavoratori.

Recuperare una pari digni-tà, giuridica e formale, neicontratti di appalto, inmodo tale da superare lagrande sudditanza dalleaziende committenti, chesono i veri beneficiari del-le insolvenze e non appli-cazioni contrattuali pro-dotte dalle ditte appalta-trici.

Liberalizzare con nuovenorme statutarie le condi-zioni di lavoro per i sociprivilegiando il rapportosocietario, anziché quellolavorativo, per le coopera-tive di piccola e media di-mensione in cui il rappor-to gestionale è veritiero econcreto, ampliando la li-bertà gestionale dell’im-presa per avere più margi-ne di investimento e liber-tà di impresa.

Una cooperazione fatta dipiccole e medie cooperativeorganizzate in rete, e/o indistretto, sono un’organiz-zazione flessibile e moder-na in grado di coprire in mo-do attivo e propositivo gliinterstizi del mercato globa-lizzato.

presidente del cenasca cisl piemonte

ento di sviluppo

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sul settore partendo da appalti e agevolazioni

E’ indispensabileampliare la libertà

gestionaledell’impresacooperativa per avere

più margini

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n buon ambiente lavorati-vo (in termini di motiva-zione, collaborazione, lea-dership, coinvolgimento,flessibilità e fiducia delle

persone) può aumentare la customer satisfac-tion fino al 47% e la produttività fino al27,8%” (Sole24Ore).Tradotto in due parole, si sta parlando di Be-nessere Organizzativo, la capacità di un’a-zienda, ma anche di una Pubblica Ammini-strazione, di promuovere e mantenere il be-nessere fisico, psicologico e sociale dei lavo-

ratori per tutti i li-velli e i ruoli.“Il concetto di benes-sere organizzativo siriferisce al modo incui una persona vivela relazione con l'or-ganizzazione in cuilavora. Tanto più

una persona sente di appartenere all'organiz-zazione, perché ne condivide i valori, le prati-che, i linguaggi, tanto più trova motivazionee significato nel suo lavoro. Non basta, per-ciò, che le imprese investano in innovazionetecnologica, in differenziazione dei prodot-ti/servizi e in immagine, ma diventa necessa-rio tenere conto delle differenti esigenze deldipendente e dell’evoluzione dei propri biso-gni. E’ per tali motivi che al fianco delle com-petenze tecniche diventa necessario svilup-pare competenze legate alla dimensione emo-zionale, ovvero al modo in cui le persone vi-vono e rappresentano l'organizzazione e, so-prattutto, tenere conto dell’ambiente, del cli-ma in cui i dipendenti si trovano a dover la-vorare ogni giorno”- Arianna Vincenti, Il Be-nessere Organizzativo: fantasia o realtà.Psicologi ed esperti di organizzazione vedonoil benessere come positiva interfaccia tra l’or-ganizzazione e le sue sole risorse “certe”, cioèle donne e gli uomini che la compongono.Ecco perché numerosi studi dimostrano cheinvestire per generare e mantenere un buonclima sul lavoro è fonte di profitti.Sicuramente lavorare in un ufficio in cui ci sisente valorizzati, i rapporti con i colleghi so-no sereni e ci si sente coinvolti nelle mansio-ni che si ricoprono può aiutare lo svolgimen-

to delle attività quotidiane e rende le personepiù disponibili, ad esempio, verso i clienti, adaffrontare i cambiamenti in modo propositi-vo, ad utilizzare passione ed impegno nelperseguimento degli obiettivi. Tutte le aziende mirano alla fidelizzazionedel cliente finale, con l’obiettivo di portarload “investire” (economicamente, ma ancheemotivamente) sempre di più in esse.Sempre di più si stanno rendendo conto che illoro primo cliente è il “cliente interno”: i di-pendenti.Un cliente si fidelizza e si soddisfa attraversoun servizio valido, cordiale, efficiente. Garan-tito solo da risorse pronte a riversare sforzisupplementari nelle mansioni quotidiane. Si va verso quindi la “Motivazione Globale”,mirata cioè a clienti, venditori, dipendenti,addetti ai servizi nel loro complesso e versoiniziative che vanno al di là del mero incenti-vo economico: a lungo termine meno efficacenel generare vera motivazione.Ma come stanno i dipendenti delle aziendeitaliane? Un’indagine del 2004 ha messo in lu-ce che solo l’11% di essi si sente coinvolto neiprocessi lavorativi, con un gap di oltre il 30%rispetto alla media europea. Oltre il 28% deilavoratori dichiara di essere stressato dal la-voro ed attribuisce a questa causa il suo statodi insoddisfazione.Ogni anno Great Place to Work® Institute Ita-lia stila, in collaborazione con Il Sole 24 Ore,la lista dei migliori ambienti di lavoro in Ita-lia: si tratta in genere di multinazionali. Leimprese italiane classificate sono ancora po-che: tra loro il Cefriel, Ict Center of ExcellenceFor Research, Innovation, Education and In-dustrial Labs partnership, lo Ieo, Istituto Eu-ropeo di Oncologia, e la Barbino&Partners, so-cietà di consulenza in strategie di comunica-zione.Le aziende italiane dedicano meno energie al-la qualità dell’ambiente lavorativo, benchél’importanza per l’azienda è provata su baseempirica.Le aziende che hanno garantito qualità dellavita sul posto di lavoro hanno incrementatomediamente del 20% il loro fatturato negli ul-timi 4 anni (fonte Great Place to Work, istitutodi ricerca che crea strumenti di valutazione efornisce servizi di formazione).

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Augusta Angelino

Le aziende puntanoalla motivazioneglobale

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Ecco perché alcune delle maggiori aziendeleader di mercato favoriscono rapporti diamicizia tra i dipendenti promuovendo semi-nari e workshop, rafforzano il tempo ricreati-vo, magari con una lunga pausa pranzo e conattività extra-ufficio. E poi si pensa ad assicu-razioni sanitarie integrative e a polizze pen-sionistiche, si creano convenzioni con pale-stre o asili e anche agevolazioni per adozioniinternazionali.“La chiave per avere successo è connessa al-l’abilità di individuare, mobilitare e concen-trare l’energia umana, puntando a far emerge-re la creatività più o meno esplicita di ciascuncollaboratore, anche gestendo in modo cor-retto il contesto ambientale in cui viene inse-rito”, sostiene Bianca Mutti, AmministratoreDelegato di Sint, società torinese specializza-ta in marketing relazionale e strategie di fide-lizzazione con programmi rivolti a clienti, di-pendenti, rete vendita, trade, associati, ecc.“Noi di Sint amiamo definirci come un team didonne e uomini disposti a condividere fino infondo gli obiettivi dell’azienda”, continuaMutti “Non a caso dico donne e uomini: trovoinfatti corretto cercare di favorire la presenzain azienda di donne, soprattutto nel manage-ment, perché i consumatori siamo noi, donnee uomini, e questo consente di interpretaremeglio i fabbisogni del mercato.”Donne e uomini che passano la maggior partedel tempo in azienda e che sicuramente sonomeno stressati se l’organizzazione adottastrumenti per conciliare vita privata e lavoro,volti a facilitare la soluzione di tanti piccoliproblemi ricorrenti, migliorando la qualitàdella vita. Fare la spesa, gestire la casa in tutte le formeche questa attività coinvolge (pagare le bollet-te, pensare alla manutenzione ordinaria estraordinaria), gestire i figli (scuola, doposcuola, compiti), tenere a mente le scadenzelegate all’auto (tagliando, revisione, bollo, as-sicurazione) e risolvere il problema, potersirivolgere ad uno specialista per una consu-

lenza immediata (legale, fiscale, medica): iltutto in ottica di risparmio di tempo, ma an-che di denaro. E’ la filosofia a cui si ispiraSint: proporsi come “risolutore di problemi”.Uno dei momenti cruciali alla base della defi-nizione del programma è il contatto con i de-stinatari stessi, attraverso il quale è possibileraccogliere dati, che, una volta analizzati etrasformati in informazioni, servono qualesupporto al processo di elaborazione e defi-nizione delle strategie da intraprendere.Un sito internet dedicato ed un call center at-tivo 24 ore su 24 sono strumenti di supporto,nonché di monitoraggio continuo, per recepi-re le richieste e rispondere al meglio, tramitel’erogazione diretta o attraverso il proprionetwork di Partner ed esercizi convenzionatisu tutto il territorio nazionale.La struttura di Customer Care è poi partico-larmente attiva nel proporre continuamentenuove opportunità ed agevolazioni mirate alterritorio di riferimento dell’organizzazioneed all’area di residenza del personale.In poche parole: un ambiente lavorativo sano,con rapporti equilibrati ed un occhio alle pro-blematiche di carattere personale che riguar-dano in modo trasversale tutto il team, dalmanagement all’impiegato di livello base,contribuisce a rendere tutta la struttura piùcoinvolta e produttiva.Ma attenzione a non esagerare: l’azienda nonè una famiglia e non bisogna mai sorpassarela sottile linea che porta alla “cultura dei dirit-ti, in cui ognuno si aspetta di avere una seriedi attenzioni e ha capito tutto al rovescio”,ammonisce Jack Welch, ex Ceo della Ge e oggiconsulente per i Ceo di un gruppo ristretto diaziende della classifica Fortune 500.La priorità dell’azienda è di vincere sul mer-cato, per continuare a crescere e offrire op-portunità alle persone che lavorano per essa.“Quando l’organizzazione è in salute graziealle performance delle persone che ci lavora-no, anche queste staranno bene, personal-mente e professionalmente, non il contrario”.

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re notizie di carattere riservato o tecniche pro-duttive in danno dell’utilizzatore, attraverso ilricorso alle norme relative all’obbligo di fedel-tà. A questa domanda sia il lavoratore che l’uti-lizzatore hanno un concreto interesse a chevenga data una risposta chiara. La dottrina, a riguardo, ha elaborato un concet-to evolutivo rispetto al semplice obbligo di fe-deltà: ritiene infatti che in capo al lavoratore visia un dovere di collaborazione (imposto dallalegge) volto ad evitare comportamenti che pos-sano pregiudicare gli interessi della aziendadatrice di lavoro (Marco Biagi, Michele Tirabo-schi).In tale ottica, viene posto l’interesse del som-ministratore al buon fine della prestazione eall’assolvimento degli obblighi contrattuali inessere verso l’utilizzatore. Tale interesse impo-ne ai dipendenti del somministratore stesso diassolvere ad un obbligo maggiormente estesorispetto a quello tradizionale di fedeltà. Questa analisi, ci consegna un insieme di ob-blighi a carico del lavoratore accresciuto ri-spetto al passato: Il lavoratore, infatti, dovràastenersi non solo dai comportamenti che le-dano il proprio datore di lavoro in senso stret-to, ma anche da quelli che contrastino con gliinteressi economici dell’impresa utilizzatrice.Invero si potrebbe osservare che l’interesse tu-telabile rimane quello del datore di lavoro ef-fettivo, legato – anche in materia di riservatez-za e a quanto altro connesso alla fedeltà- davincoli contrattuali con l’utilizzatore. Ma tan-t’è: nella sostanza si ampia il perimetro del-l’obbligo di fedeltà, paradossalmente nel mo-mento in cui la posizione del lavoratore si con-nota di maggiore precarietà. E’ un delicato gio-co di equilibri all’interno delle dinamiche dimercato, nel quale le norme – ovvero la giuri-sprudenza o i commentatori- tentano di aggiu-stare progressivamente il tiro (non sempre inmaniera efficace e cristallina).

e modificazioni in atto nell’ambitodelle tipologie contrattuali del mer-cato del lavoro, stanno innescandouna serie di reazioni, con ricadute

su istituti classici che, fino ad ora, hanno costi-tuito un punto di riferimento fermo nel settoregiuslavoristico. Tra le nozioni che si stanno sottoponendo a va-glio critico, può essere annoverata anche quel-la relativa all’obbligo di fedeltà. L’obbligo di fe-deltà, posto dal nostro ordinamento (art. 2105c.c.) a carico del lavoratore, comporta l’osser-vanza, da parte di quest’ultimo, del divieto ditrattare affari per conto proprio o di terzi inconcorrenza con l’imprenditore (divieto di con-correnza) e quello di divulgare notizie riguar-danti l’organizzazione e i metodi di produzio-ne, ovvero di farne uso in modo pregiudizievo-le per l’impresa (obbligo di riservatezza).Questo schema tradizionale di immediata per-cezione, rischia di essere messo in crisi da unarealtà nella quale il soggetto beneficiario dellaprestazione lavorativa e quella del datore di la-voro, non sono necessariamente coincidenti. Inparticolare, una delle figure introdotte dalD.Lgs 276/03 è quella della somministrazionedi lavoro.Come è noto, infatti, la somministrazione di la-voro (artt. 20 e ss D.Lgs. 276/03) è una fatti-specie complessa di rapporto di lavoro, cheprevede il coinvolgimento di tre soggetti: ilsomministratore, l'utilizzatore ed il lavoratore.Tra questi vengono stipulati due diversi con-tratti: il contratto di somministrazione di lavo-ro, concluso tra somministratore e utilizzato-re; e il contratto di lavoro concluso tra sommi-nistratore e lavoratore.Detta nuova tipologia contrattuale, per suastessa natura, non appare allineata con i para-metri della subordinazione di stampo tradizio-nale e consente di dubitare della applicabilitàdel dettato di cui all’art. 2105 sopra ricordato.La discussione non è affatto astratta e sterile: illavoratore è vincolato sotto il profilo della fe-deltà nei confronti della sola società di sommi-nistrazione o anche nei confronti della impresautilizzatrice?Pensiamo al caso relativo al lavoratore che ef-fettua una pluralità di prestazioni presso di-verse imprese dello stesso settore, con le qualiè legata la società somministratrice (caso tut-t’altro che infrequente nella pratica): come èpossibile limitare le conoscenze e le informa-zioni che il lavoratore ha avuto modo di acqui-sire attraverso le singole utilizzazioni?Ci si domanda, a questo punto, se al lavoratorepossa essere impedito di utilizzare o diffonde-

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legaleSilvia De Santis, Maurizio Bellucci

Obbligo di fedeltà e nuovetipologie contrattuali

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Studio Legale Pierotti-Bellucci

00192 Roma viale G. Cesare 71

telefoni063243546/0645438690

0645438691fax 063244644

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i avvicina ildecennale di ApqDi grande suggestione iltema della quarta Con-ferenza nazionale del-

l’Associazione Progetto Qua-dri: “Cambiare la cultura del la-voro per promuovere lo svi-luppo delle imprese e del pae-se”. Porre al centro di un dibat-tito sindacale temi come que-sto sarebbe stato quanto menovelleitario solo qualche annofa, anche se la nostra associa-zione ci aveva già abituati atrattare senza pregiudizi ilruolo dei quadri nel sindacatoe più in generale nel mondodella produzione. Se dovessipertanto indicare il meritoprincipale dell’Apq, avvicinan-dosi la data del compimentodel suo primo decennio di atti-vità, non avrei difficoltà nel-l’individuarlo nella creazionedella identità del quadro e nel-la sua proiezione all’esternocioè la immagine che ne vienepercepita tanto in aziendaquanto più in generale nellasocietà. La prima conferenza segnò l’i-nizio di un percorso di cono-scenza interiore e di confrontocon l’esterno che rispondevaall’esigenza di ogni nuova or-ganizzazione che nasce e ri-cerca la propria collocazione ela propria missione. Non fuquindi un caso che venne trat-tato il tema della “Identità” delquadro nella nostra cultura diimpresa, alla luce dei forticambiamenti in atto nella so-cietà. Alla seconda conferenzafu affidato il compito di allar-gare l’orizzonte all’Europa at-traverso il confronto con le al-tre realtà sindacali e produtti-ve. La terza conferenza affron-tò il tema della “Responsabilitàsociale della impresa” e dellaimportanza del quadro nel fa-cilitare e promuovere un cor-retto processo di responsabi-

no, o quantomeno l’indeboli-mento, dei nessi logici framansioni lavorative e compar-ti merceologici. Ieri il quadropossedeva competenze pro-fessionali saldamente legate alproprio settore economico,tanto da far risultare molto dif-ficile e, di fatto, insignificantela mobilità infrasettoriale. Forte è stato l’impatto anchesull’aspetto organizzativo. L’informatica ha dato l’avvio adun processo irreversibile didestrutturazione sia delle or-ganizzazioni aziendali, sia de-gli stessi ruoli lavorativi. Perqueste ragioni oggi si affermache vale più il savoir faire cheil know how, dove per savoirfaire si intende la capacità dioperare in contesti disciplinatida norme scritte e non, assu-mere responsabilità, saperecoinvolgersi e coinvolgere ilproprio gruppo verso obiettividi efficienza economica e diefficacia operativa. Ieri il quadro si sentiva forte sepossedeva le conoscenze pro-fessionali, specialmente quellederivanti dalla propria espe-rienza e spesso legate, non so-lo ad una cultura monosetto-riale, ma, addirittura in molticasi monoaziendale. In questocontesto di cambiamento, do-ve sono meno pressanti i vin-coli tecnologici e organizzativirispetto al passato, prevalgonoquelle competenze che atten-gono più alla vita personaledel lavoratore. Innanzitutto lecompetenze cognitive cioè ilsaper trovare soluzioni e pren-dere decisioni, poi quelle rela-zionali, cioè la capacità di inte-ragire con gli altri ed infinequelle affettive, cioè le abilitàdi saper gestire le emozioninon disgiunte da una buonadose di autostima personale. Iquadri, o nella definizione dialcuni, i lavoratori della cono-scenza, fanno un ampio e dif-

lizzazione delle aziende. Infine la quarta conferenza.Con questa si è compiuto unvero e proprio salto di qualitàrispetto al passato, ci siamoproiettati in un futuro, cheoramai è già presente, cercan-do di tracciare un camminocondiviso e coraggioso, chia-mando come compagno diviaggio l’azienda per realizza-re, insieme, lo sviluppo dell’in-tera nostra società. Per guarda-re al futuro/presente bisognaperò avere la capacità prima diguardare al passato con occhiocritico e con disponibilità a ca-pire, bisogna insomma posse-dere la capacità che era tipicadel dio romano Giano che eraraffigurato con due facce, unarivolta all’indietro (al passato)e l’altra rivolta in avanti (al fu-turo/presente).

I Pericoli e leOpportunità nel mondodel lavoro che cambiaGuardandosi indietro sembraproprio che nel mondo del la-voro il ventunesimo secolo ab-bia prodotto una profonda ce-sura con il tempo precedente.E’ definitivamente tramontatal’epoca del quadro che venivavalutato solamente sulla basedelle abilità professionali, oggiil quadro scambia con l’azien-da non solo la propria capacitàlavorativa, ma l’intera propriapersonalità, fatta di capacitàrelazionali e perché no, di ge-stione delle emozioni, tanto dafar dire ad alcuni sociologi cheil mercato del lavoro si è anda-to trasformando in mercatodella vita. A questa trasformazione hacontribuito in modo rilevantela rivoluzione informatica che,con il suo sapere generale etrasversale, fatto di capacitàlogiche e simboliche, ha pro-dotto modificazioni irreversi-bili. Prima fra tutte il venir me-

Il quadro fra crescitae sviluppo

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Andrea Pastacaldi

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fuso utilizzo di questi saperiimpliciti o taciti che, a diffe-renza dei saperi tradizionali,non si acquisiscono con un ap-profondimento di tipo forma-le. Di questi temi in associa-zione abbiamo ampiamentediscusso e si è aperto un con-fronto, in particolare sullecompetenze abbiamo svilup-pato un dialogo in comune conl’Aidp (l’Associazione dei diri-genti del personale) che haprodotto un documento conte-nente un linguaggio comunein fatto di competenze a cui ri-mando per gli approfondimen-ti del caso (Terza Corsia n.1aprile-giugno 2003).In questo contesto le opportu-nità sono facilmente intuibiliper il lavoratore qualificato, in-nanzi tutto quella di possede-re competenze svincolate dal-l’appartenenza ad un settore oad una azienda e quindi piùappetibili e spendibili in unmercato sempre più globale epermeabile. Per realizzarequesto è d’obbligo un cambia-mento culturale, anche in te-ma di garanzie e difese con-trattuali del lavoratore; questeinfatti dovranno spostarsi piùsulla difesa della spendibilitàprofessionale e quindi sul latodella formazione più che sulladifesa del posto di lavoro stes-so, in molti casi di difficileconseguimento.

I rischi delcambiamento Le tendenze in atto nel merca-to del lavoro sono orientateverso la contrazione ulterioredell’occupazione nel settoreprimario e secondario ed unacrescita esponenziale nel ramodei servizi, in particolare quel-li sociali e personali. La do-manda di questi ultimi è parti-colarmente forte, per tanti mo-tivi, fra i quali l’invecchiamen-to della popolazione, l’emer-genza di nuovi bisogni dellapersona, ivi compresi quelliculturali ed altri sempre legatialla società del benessere. Ilmodello europeo che tende alsoddisfacimento di buona par-te di questi servizi direttamen-te o indirettamente da partedel settore pubblico appare in

globalizzazione, nuove tecno-logie e liberalizzazione deimercati sono presenti, comeabbiamo visto, opportunità eminacce del tutto nuove, ri-spetto a periodi precedenti. Ilquadro si trova ad operare inambienti resi dinamici dalcambiamento e dovrà affinarecompetenze e conoscenzesempre più sofisticate, nuoveabilità cognitive e, soprattut-to, grande disponibilità a met-tersi in giuoco ed a mettere ingiuoco in particolare le pro-prie conoscenze. Il quadro do-vrà fare del proprio sviluppoprofessionale il punto di forzadel proprio successo in azien-da ed in generale nel mercatodel lavoro. Non è un caso per-tanto che la quarta conferen-za dell’Apq ha utilizzato la pa-rola sviluppo e non quella dicrescita che a prima vista po-trebbe sembrare un sinonimo.Abbiamo utilizzato svilupponel significato che ne dava ilgrande sociologo ed economi-sta Schumpeter . Questi spie-gava che la crescita è un feno-meno graduale, contraddistin-to da continui aggiustamenti,mentre lo sviluppo implicadiscontinuità in un processo,ad esempio nelle aziende lacreazione di nuovi prodotti,oppure nuovi modi di produr-re, o ancora l’apertura di nuo-vi mercati o l’utilizzo di nuo-ve fonti di approvvigionamen-to. Schumpeter concludeva lapropria analisi sostenendoche solo l’imprenditore conqualità di leadership potevafarsi motore di innovazione equindi di sviluppo. Noi comesindacato e come Associazio-ne Quadri abbiamo la vogliadi tentare questa scommessaper cambiare la cultura del la-voro, per promuovere lo svi-luppo delle imprese e del Pae-se, per cambiare infine le ten-denze in atto della ricordatasocietà dei due terzi, ma nonpossiamo farlo da soli, abbia-mo bisogno di partner affida-bili, abbiamo bisogno di im-prenditori con qualità di lea-dership e non di pseudocapi-tani di impresa che alla lucedei fatti si rivelano solo fur-betti del quartierino.

difficoltà di fronte a questanuova espansione della do-manda senza ricorrere ad im-probabili aumenti della tassa-zione. In questo settore vi èpertanto la previsione di unacrescita della componente pri-vatistica con il rischio dellacreazione di fasce di lavoratorimarginali, quanto a remunera-zione e garanzie contrattuali.Infine vi è la crescita tipica inmolti paesi europei, Italia in-clusa, dei servizi ricreativi, diquelli turistici, di ristorazione,di pulizia. Anche in questo set-tore vi è il rischio implicitodella creazione di fasce dimarginalizzazione, con il pro-liferare di lavori scadenti ca-ratterizzati dalla precarietà eda basso salario.In questo scenario è pertantoforte il pericolo della cosiddet-ta società dei due terzi, cioèquello di una società polariz-zata tra una fascia di lavorato-ri privilegiati e una maggioran-za formata da lavoratori mar-ginali.Gli ultimi dati statistici dispo-nibili, relativi al 2003, sembra-no avvalorare questi pericoliin particolare per il nostro pae-se. Infatti l’Italia si caratterizzaper l’alta percentuale di occu-pazione in attività marginalied un bassa presenza in attivi-tà intellettuali di elevata spe-cializzazione (fascia interessa-ta da quadri). Se per comoditàespositiva raggruppiamo inquattro aree le attività lavorati-ve: professioni intellettuali,professioni non manuali de-qualificate, professioni ma-nuali qualificate e professionimanuali non qualificate vedia-mo che l’Italia si caratterizzasoprattutto per le attività nonmanuali dequalificate (fasciadei servizi con scarso valoreaggiunto). Ciò ci distingue net-tamente, in negativo, dai paesieuropei leader, quali la GranBretagna, i Paesi Scandinavi,L’Olanda ed il Belgio che vedo-no una prevalenza delle attivi-tà intellettuali qualificate.

Quale futuro per iquadri?In questo contesto di cambia-mento, contraddistinto da

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l progetto Comunet, di cui l’associa-zione è partner si pone l’obiettivo dicreare una comunità apprenditiva edelle pratiche in un sistema integrato

di rete attiva e partecipata tra i soggetti dell’im-presa no profit e del terzo settore.La realizzazione di un network con tecnologieopen source è lo strumento principale per l’ac-cesso alla formazione di gruppi svantaggiati chevengono esclusi dalla possibilità di una crescitaprofessionale.La strategia di Comunet si propone, quindi, direalizzare azioni di formazione per la creazionedi nuove competenze pregiate in campo tecnolo-gico, con un’offerta di percorsi personalizzati eblended, attraverso la comunicazione, la condi-visione e il lavoro in rete. L’impiego dell’OpenSource s’integra agli stili di relazione offrendonuove potenzialità di condivisione: la rete vir-tuale, infatti, favorisce il dialogo e l’interscambioattraverso strumenti di lavoro collaborativi sin-croni e asincroni.L’intervento proposto ha lo scopo di migliorarela professionalità dei lavoratori delle impresenon profit tramite partecipazione a percorsi for-mativi blended per l’acquisizione di competenzenel campo delle TIC; migliorare le strutture delnon profit con l’acquisizione di strumenti e me-todologie di rete basate su software open source;migliorare la professionalità di strutture e lavo-ratori grazie alla progettazione e sperimentazio-ne di percorsi formativi basati su approcci inno-vativi quali, appunto, le comunità di apprendi-mento e di pratica.Le comunità di apprendimento e le comunità dipratica rappresentano una delle più diffuse mo-dalità di interazione apprenditiva in rete. Concomunità si intende un’entità formata da un in-sieme di persone unite da un legame associativo,che perseguono un obiettivo comune e condivi-dono valori, esperienze e idee; in altri termini èun tipo di rete sociale.Una comunità di apprendimento può essere defi-nita come una comunità in cui i soggetti sentonoreciprocamente coinvolti nel condividere e spe-rimentare una cultura dell’apprendimento e nel-la quale si lavora in vista della condivisione delleconoscenze acquisite (la così detta conoscenzadistribuita: ciascuno reca il proprio contributo alsapere). Presuppone un terreno culturale comu-ne, sul quale i componenti, mediante la fattivacollaborazione e la condivisione di conoscenze estrumenti, costruiscono il sapere del gruppo alfine di conseguire l’obiettivo formativo che si so-no prefissati. In una comunità apprenditiva,quindi, la conoscenza è il risultato di un proces-so sociale che aggiunge valore ai singoli appren-

dimenti.Un genere particolare di comunità è la comunitàdi pratica, descrivibile come insieme di personeche condividono professionalità, pratiche e stru-menti operativi e metodologici; gli obiettivi, inquesto caso, sono la condivisione del sapere, lasocializzazione delle esperienze, la discussionecomune delle problematiche e delle soluzioni,l’apprendimento tra pari, l’aiuto e sostegno reci-proco.Etienne Wenger, che per primo ha teorizzato iconcetti fondamentali sulle comunità di pratica,definisce la comunità di pratica attraverso tre di-mensioni principali:il suo oggetto (la comunità sicostituisce attorno a un interesse comune, cherappresenta il cardine delle sue attività e di cui imembri del gruppo condividono almeno la cono-scenza di base; l’oggetto diventa l’obiettivo del-l’impresa comune, compreso e costantemente ri-negoziato dai suoi membri); il suo funzionamen-to (la partecipazione e l’interazione fra i membri,assieme allo scambio e alla condivisione di in-formazioni, apprendimento e attività, permetto-no la costruzione dell’identità della comunità e ilsenso di appartenenza che la rende un’entità so-ciale); i suoi prodotti (i suoi membri sviluppano,attraverso il tempo, una pratica condivisa, più omeno consapevole, fondata su un repertoriocondiviso di risorse - esperienze, storie, stru-menti, strategie di problem solving, glossari, ar-tefatti, routines, ecc.).Le comunità come dispositivi sociali possono ge-stire l’accumulazione del sapere; lo sviluppo del-le reti permette di attuare questi processi concosti minori e per le imprese diventa fattibile lariorganizzazione dei propri processi in questadirezione. Su Internet le comunità virtuali si so-no sviluppate negli anni ’70, quando la rete eraancora riservata a organizzazioni accademiche edi ricerca. L’approccio virtuale, cambia la dimen-sione spazio-temporale in cui si collocano le co-munità di apprendimento e di pratica, una di-mensione caratterizzata dall’assenza di vincoli.Ciò fa sì che le comunità virtuali rispondano adalcune delle nuove esigenze formative: la forma-zione in quanto svincolata da luoghi e tempi, inquanto ricorrente e costante (Life Long Learning)e in quanto personalizzata.

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formazione Federica Cochi

Una comunità interattivaper apprendere in rete

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icurezza alimentare: quantitativa oqualitativa? Dipende! Per le societàmeno avanzate la sicurezza alimen-tare è un problema di quantità, men-

tre per quelle avanzate è, soprattutto, un proble-ma di qualità, ovvero la rispondenza del cibo adeterminate esigenze di tipo organolettico, com-merciale, tipologico e salutistico. In particolare,è quest’ultimo elemento che maggiormentepreoccupa la nostra società: la salubrità. Infatti,per quanto inconcepibile possa sembrare, recen-ti fatti di cronaca hanno dimostrato che il cibopotrebbe anche nuocere alla salute. A fronte de-gli straordinari progressi delle tecnologie, ri-schiamo di perdere una fondamentale certezzache riguarda un fattore basilare della nostra vita,l’alimentazione sana e sicura. Ciò non significache il cibo attuale sia meno sicuro di quello dis-ponibile nei primi anni del dopoguerra, ma vuo-le soltanto affermare che le frodi alimentari e ta-lune discutibili scelte tecnologiche tendono a di-minuirne la sicurezza. Da un lato i moderni si-stemi di lavorazione, di condizionamento e diconservazione hanno reso più sicuro il cibo, dal-l’altro, frodi alimentari, inquinamento diffuso,ampliamento dei commerci con Paesi che adotta-no sistemi produttivi discutibili e utilizzazionedi tecnologie non sufficientemente testate pos-sono compromettere la “sicurezza alimentare”. La sicurezza salutistica del cibo è una caratteri-stica universalmente riconosciuta come necessa-ria: è ovvio che il cibo non deve nuocere. Lo dob-biamo assumere in media tre volte al giorno, al-meno nei casi in cui non ve n’è carenza, e pertutto il corso della vita. Numerose sono le azioni che possono mettere in

discussione la salubrità del cibo: l’“adulterazio-ne”, ovvero la variazione, non dichiarata in eti-chetta, delle componenti di un alimento; l’“alte-razione”, vale a dire la modificazione delle carat-teristiche dell’alimento dovuta ad agenti di tipobatterico, fisico o chimico, in relazione soprat-tutto a una inadeguata conservazione; la “con-traffazione”, ossia un’azione fraudolenta, moltospesso di tipo commerciale, volta a far apparireun prodotto diverso da quello che è nella realtà;la “frode commerciale”, ovvero la descrizionenelle etichette che accompagnano i cibi di carat-teristiche che essi non hanno (aragostella peraragosta, totani per calamari, ecc.); la “frode sa-nitaria”, vale a dire un’adulterazione del cibo chelo rende nocivo alla salute (classici esempi, tri-stemente noti, sono il vino al metanolo e i polli ei maiali alla diossina); la “sofisticazione”, ossia lasostituzione di ingredienti pregiati negli alimen-ti con altri di minor valore (ad es. l’olio di semiaddizionato con specifici coloranti e venduto co-me olio extravergine di oliva).Tutte queste modificazioni della normale com-posizione degli alimenti hanno come comunedenominatore la ricerca del profitto. In particola-re, possiamo affermare che da quando sono ini-ziati i commerci, sono iniziate anche le frodi ali-mentari. La sete di ottenere in fretta il massimoguadagno con i minimi costi, anche attraversol’inganno e il disinteresse per i possibili dannisull’altrui salute, è sempre stata la molla che hamotivato tali comportamenti. Tuttavia, oggigior-no il problema della sicurezza alimentare è dive-nuto più complesso, poiché alla sofisticazionevolontaria operata da individui senza scrupoli siaggiunge un’esasperata applicazione delle tec-

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I nostri alimenti sono sicuri?

Claudio Malagoli

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nologie disponibili, finalizzate a ottenere a mi-nor costo alimenti “non convenzionali”, che van-no a sostituire quelli tradizionali. Ne sono esem-pi l’alimentazione dei bovini con proteine anima-li, attualmente vietate, che sembra all’originedella cosiddetta “mucca pazza”; l’allevamento dianimali con ormoni estrogeni, per accelerarnel’accrescimento muscolare (pratica vietata nelnostro Paese, ma ammessa in altri Paesi che fan-no parte dell’Organizzazione Mondiale del Com-mercio - WTO); l’uso di sostanze chimiche nell’al-levamento animale e nella coltivazione dellepiante, a volte non adeguatamente giustificato.Nel contesto odierno, l’insicurezza alimentare èfavorita anche dallo sfrenato processo di globa-lizzazione dei mercati e dall’esasperata ricercadel massimo profitto: “produrre di tutto ovun-que, ovvero laddove costa meno, per poi vende-re i prodotti dove ci sono le disponibilità econo-miche per acquistarli, al fine di ottenere il massi-mo profitto”. Ogni qual volta ci apprestiamo adacquistare un alimento proveniente dal “mercatoglobale”, diventa importante porre alcune do-mande riguardanti la sua sicurezza. Anzitutto, intempi di OGM, occorre esaminare se il prodottoproveniente dall’estero è stato ottenuto nel ri-spetto degli standard richiesti nel nostro Paeseper quanto riguarda le caratteristiche genetichedel materiale utilizzato, ma più in generale an-che l’uso di sostanze chimiche (antiparassitari,fitoregolatori, coloranti, concimi, ormoni, ecc.).Inoltre è importante la possibilità di seguire ilpercorso produttivo e distributivo _ tecnicamen-te definito “tracciabilità di filiera” _ e di verificar-ne l’adeguata conservazione durante il trasporto. Il mercato globale, purtroppo, pone talvolta deivincoli che ci “obbligano” a fare scelte che vannocontro la nostra stessa volontà. Prendiamo, ades., il caso della “carne agli ormoni”. Queste car-ni, nonostante il parere contrario di alcuni scien-ziati, secondo gli organismi internazionali chevigilano sul commercio mondiale, sono salubricome quelle non trattate, in quanto non ci sonosufficienti prove scientifiche che dimostrino ilcontrario. Pertanto, nessun Paese può vietarnel’importazione, pena ritorsioni commerciali. Talesituazione è basata sul concetto di “rischio accet-tabile”, utilizzato come criterio dagli organismiinternazionali, secondo cui per vietare il com-mercio di un alimento è necessario dimostrarnela nocività. Siamo agli antipodi del “principio diprecauzione”, in vigore nei Paesi dell’UE, che, al-meno nella sua versione più esigente, consentedi approvare il commercio di un nuovo alimentosolo se si dimostra che non nuoce alla salute. Dauna tale situazione discende una netta prioritàattribuita alla logica del mercato, che rinvia l’esa-me della sicurezza alimentare, eventualmente, almomento in cui sorgeranno problemi. I Paesidell’UE si trovano allora in stato di violazionedelle regole del commercio internazionale, poi-ché non intendono aprire le loro frontiere allaimportazione delle “carni agli ormoni”, finchénon si sarà appurata la loro rispondenza ai crite-ri di sicurezza alimentare.

Un esempio emblematico, che mette in campo ri-cerca del profitto e affrettata adozione di tecni-che fortemente innovative, riguarda l’utilizza-zione delle farine proteiche di derivazione ani-male per l’alimentazione dei bovini (ripetiamo,al fine di non creare allarmismi, attualmente vie-tata). Alla base dell’infezione dell’encefalopatiaspongiforme bovina, che determina la perdita difunzionalità del cervello degli animali con effetticontagiosi anche per l’uomo, è il “prione”, unaproteina molto resistente, in grado di replicarsiautonomamente. Mediante l’impiego di questefarine, si è tentato di trasformare un materiale discarto, altamente inquinante e con elevati costidi smaltimento (i sottoprodotti della macellazio-ne, gli animali eliminati o morti per malattie,ecc.), in un “alimento” per altri animali, ottenen-do due risultati vantaggiosi con un’unica opera-zione: da un lato, risolvere il problema dellosmaltimento degli scarti di macellazione, dall’al-tro trasformare tali scarti in dena-ro. Ma prima dell’utilizzazionedelle farine animali, nessuno ave-va verificato gli effetti conseguen-ti dalla nutrizione di un erbivorocon proteine animali, ordinaria-mente assenti dalla sua dieta. Nes-suno, poi, aveva indagato sullapossibile trasmissione ad altri ani-mali delle stesse malattie da cuierano affetti quelli dalle cui car-casse si producevano le farineproteiche. Nessuno, infine, avevaesaminato la possibilità di conta-gio umano. Risultato: milioni dianimali abbattuti, vittime anchetra gli uomini, milioni di euro didanni e generalizzata “insicurezzaalimentare”.Il ritrovato più recente dell’innovazione tecnolo-gica in campo alimentare è rappresentato daglianimali transgenici (per il momento non ammes-si sui nostri mercati). Così come per le piante, al-cuni ricercatori hanno inserito negli animali geniprovenienti da altri organismi, al fine di far pro-durre loro più velocemente ciò che, col temponecessario, essi sono in grado di fare spontanea-mente. Presupposto fondamentale per lo sfrutta-mento economico della transgenesi animale è laclonazione, in quanto con la riproduzione ses-suata nelle successive generazioni verrebberopersi i caratteri vantaggiosi artificialmente intro-dotti. Negli Stati Uniti la produzione e la com-mercializzazione di animali transgenici è in cor-so di regolamentazione e a breve termine si puòprevedere l’introduzione sul mercato mondialedelle prime carni ottenute da “animali transgeni-ci clonati”. Le regole del commercio internazio-nale ci “obbligheranno” ad acquistare queste car-ni? La sicurezza alimentare ne sarà compromes-sa? Sono domande per le quali non abbiamo an-cora una risposta, ma che ci dobbiamo prepararead affrontare.professore di economia agraria università di bologna

e vicepresidente del consiglio dei diritti genetici

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qualità alimentare

In tempi di ogm è indispensabile

verificare che i prodottiesteri siano

ottenuti nel rispetto dei nostristandard

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otto la copertina del libro scrivere: Idiritti d’autore verranno devoluti alleorganizzazioni democratiche e alsindacato clandestino birmano

Primo esportatore di metanfetamine al mondo esecondo per il traffico di oppio, la Birmania è op-pressa da quasi mezzo secolo da una feroce dit-tatura che schiaccia il popolo con il lavoro forza-to, con violenze, stupri e deportazioni.Nel libro “il Pavone e i generali” (Baldini CastoldiDalai ed.), Cecilia Brighi del Dipartimento Inter-nazionale Cisl e componente del Consiglio d’am-ministrazione dell’Oil, porta fuori dal silenzio

una realtà troppo spesso occultata dalle crona-che: “ho cercato di raccontare la storia politicadella Birmania con gli occhi della gente che ne hapagato il prezzo più alto – spiega Cecilia Brighi -sono partita quindi dai sentimenti, dagli amori,dai desideri che tutti legittimamente hannoquando crescono. Questa sfera non emerge mainei libri di storia, negli articoli di giornale nei te-legiornali. Tutto viene appiattito da dati, da ci-fre. Io ho cercato di ribaltare l’approccio per arri-vare al risultato di far conoscere la storia politicadel paese e le scelte pagate a caro prezzo da co-loro che hanno voluto dire No.” Nel libro le vicende personali del giovane mu-sicista Tin Ko e di sua moglie Sanda , della74trenne parlamentare in esilio e leader dellaLega Nazionale per la democrazia San San, deidue coniugi sindacalisti clandestini Aye Ma eMyo Ang Than, del timido ragazzetto Naing Ko,di Ronni e Maung Maung si intrecciano con levicende di Ang San Suu Kyi figlia del padre del-la patria Aung San ed attuale leader Birmana ePremio Nobel per la Pace tuttora agli arrestidomiciliari.Attraverso il racconto delle avvincenti, spesso

tragiche, ma anche dolcissime storie di questepersone si viene a contatto con oltre 60 anni distoria di questo strano paese, ma si ha anchemodo di conoscere le sue bellezze, le sue tradi-zioni e di rimanere assolutamente affascinatidalla sua magia e quindi ancora più amareggiatiper il suo tragico destino. Cecilia Brighi ci spiega Perché la Cisl abbia “adot-tato” questo paese, in presenza, ahimè, ancora ditante altre situazioni drammatiche: “Per la Cisl laBirmania rappresenta una sfida straordinaria. Di-versi paesi sostengono la giunta militare di fron-te alle condanne internazionali. Perché tutti pen-sano che se oggi viene messo sotto accusa ilcomportamento della giunta militare, domanipotrebbe toccare ad uno di loro. La Birmania èun paese emblematico poiché è il primo e solopaese che ha subito sanzioni politiche ed è statosospeso da tutte le attività dell’Oil, a causa dellacontinuo utilizzo del lavoro forzato. ““Nella recente Conferenza dell’Oil – aggiungel’autrice del libro - nonostante un faticoso lavoronegoziale con i governi e con gli imprenditori,siamo riusciti a fare piccoli passi in avanti. Seentro novembre prossimo non avremo ottenutola liberazione delle persone che hanno denuncia-to il lavoro forzato l’Oil avrà il mandato di de-nunciare la Birmania alla Corte Internazionale diGiustizia per la violazione della Convenzione.Un parere politico e non vincolante che aprirà lastrada ad una discussione della questione birma-na al Consiglio di Sicurezza dell’Onu.” “La Cisl e il movimento sindacale internazionalesa bene che se perde questa sfida, paesi come laCina, il Pakistan lo Zimbabwe si sentiranno fortie in grado di fare come gli pare con i lavoratori,con il lavoro minorile, con le zone franche perl’esportazione dove milioni di giovani donne la-vorano per un pugno di soldi, lasciando spessosul posto di lavoro la propria salute. Quindi la Birmania è un po’ come la battagliacontro l’apartheid in Sud Africa. Una sfida per lademocrazia non solo per i lavoratori birmani,ma per milioni e milioni di altri lavoratori senzavoce. I governi occidentali e quelli asiatici dovrebberouscire dalle ottiche miopi degli interessi di qual-che azienda come la Total per guardare agli inte-ressi generali, che poi porterebbero frutti anchealle imprese. Un paese democratico e stabile po-liticamente, è un paese che cresce, che ha unmercato interno, dei consumatori etc. questo do-vrebbe essere l’obiettivo internazionale. Inveceoggi siamo ancora nella trappola della Total, del-le imprese coreane o dei governi autoritari comela Cina, o di quelli come l’India che guardano al-l’oggi e non al futuro.”

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solidarietàAngela Cappuccini

Birmania, un paese in gabbia

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sperimento riuscito? Ilconvegno, tenutosi aRoma presso l’“Univer-sità La Sapienza” il 14Giugno 2006, costitui-

sce l’esperienza di donne qua-dro, dirigenti, professori e au-torità a passeggio (non sem-pre agevole) per la flora delleopportunità e dei diritti. An-cora, il dizionario della linguaitaliana De Mauro presta di-verse definizioni del verbo Ri-uscire. Evidentemente, chi haoptato per il suo utilizzo (Fe-manet) nel titolo del kit e delconvegno avrà inteso sottoli-nearne l’attinenza con “farce-la”, “avere successo”. Una piùattenta osservazione, sospin-ta oltretutto, in questo caso,dalla curiosità del sottoscrittoevidenzia il primo dei signifi-cati elencati: “riuscire” ovvero“uscire nuovamente, special-mente da una parte diversa ri-spetto all’entrata”. Dal punto di vista figurativo siinstaurano forti isotopie, con-trapposizioni di genere che, amio avviso, meglio di qualsia-si altra analisi sono in gradodi riassumere la giornata svol-tasi in Aula Gini. Procederòper gradi, ma l’obiettivo finaleconsisterà nel convincervi chel’Esperimento del convegnoavrà creato un discorso pre-gno di valori etici ed estetici:una vera opera d’arte!Per cominciare, l’incontro haespresso davvero tanto. Nu-merosi sono stati gli interven-ti così come le presenze in au-la (a maggioranza femminiliovviamente). Non è mancatala pausa caffè né il buffet. Uncanale televisivo ha raccoltointerviste (a soli uomini pergiunta) e il Femanet kit è statodistribuito ai partecipanti. Semi limitassi ad elencare le sin-gole unità di manifestazionedel convegno o di qualsivogliaoggetto di analisi non avrei al-cuna possibilità di successo e

sulle emozioni, trasformandoFrida Kalo in eroina positiva,simbolo del coraggio che su-pera ogni sofferenza. A finipuramente giornalistici si se-gnala la breve seppur ricor-rente discussione sulla neces-sità o meno di ricorrere alla“quote rosa”.Il dono tangibile del convegnoè stato il “Femanet kit: Riusci-re al femminile”, un vero eproprio vademe-cum “per averesuccesso in ununiverso tuttoramolto maschilesenza rinunciarealla propriaidentità di don-ne” e strutturatoin schede chefanno riferimen-to alle diversetappe della vitaprofessionale.La nostra prota-gonista femmi-nile potrà“ascoltare” divolta in voltaconsigli circa l’ingresso inazienda, l’assunzione, l’inte-grazione, la partecipazione inrete, la formazione, la conci-liazione tra vita pubblica eprivata, la ricerca di altro la-voro, il congedo di maternitào per lunga malattia, il licen-ziamento, il pensionamento.Un piatto pronto in 5 minutida servire ancora caldo a tuttele donne quadro in attesa del-l’ascensore che le porti oltre ilsoffitto di cristallo. Ci siamo.Le donne “riescono”: lungo unsentiero androgino che gira intondo fanno squadra, spezza-no il cerchio e aprono nuovestrade. Esperimento riuscito?Se l’obiettivo posto in essereconsisterà nel fornire il mer-cato del lavoro di caratterifemminili allora sarà raggiun-ta la vera parità…in termini diopportunità.

l’evento in sé manterrebbe ca-ratteri asettici. Il passo suc-cessivo è essenziale. Bisognaricercare il senso del meeting,così che possa mantenere neltempo la promessa sulla basedi un’identità ben chiara e ri-conosciuta. Scopriamone itratti differenziali proseguen-do sul piano del contenuto el’opera sarà compiuta.Un programma ricco di inter-venti presuppone di solitoun’ampia varietà di argomen-ti. Carlo Parietti (Presidente diEurocadres) all’apertura dei la-vori ha invocato una giustiziaunisex in grado di ridipingerei contorni sbiaditi del mercatodel lavoro e di recuperarnel’interezza, Elisabetta Brusco-lini (Dirigente Centro Speri-mentale di Cinematografia) hasottolineato la necessità dipartecipazione a Reti benstrutturate per acquisire sem-pre maggiori competenze dicarriera così come ribadito daAnnamaria Parente del Coor-dinamento Donne Cisl. Le suc-cessive relazioni di docentiuniversitari della Facoltà diScienze della Comunicazionedella Sapienza avvalorano ilruolo che le isotopie già an-nunciate giocano sull’asse del-le contrapposizioni: le donneprogrediscono e gli uomini re-grediscono (prof. Renato Fon-tana), uomo di potere vs don-na di successo (prof. PatrizioDi Nicola). Nel pomeriggio sisono confrontante esperienzeimportanti sul binario indica-to inizialmente da Luisa Zap-pella (L'Orientale di Napoli), laquale ha ridestato una plateaparzialmente rimpinzata dalbuffet comunicando il 37° po-sto occupato dall’Italia nelMondo per parità di genere(subito prima del Messico edopo le Bahamas). EmilianaAlessandrucci (VicepresidenteApq) ha quindi chiamato ledonne a raccolta facendo leva

Femanetè una rete europeadi donne quadro edi appartenenti alleorganizzazionisindacali degli Statimembri dell’Unioneeuropea, il cuiobiettivo è lapromozione delledonne manager nelmondo aziendale.

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Riuscire al femminileSpezzare il cerchio nei percorsi di carriera

Danilo Crovella

EE

L’esperimento del convegno

ha creato un discorso

pregno di valorietici ed estetici:

una vera opera d’arte!

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il libro

utonomia e contratti” - curato da Gui-do Baglioni e Costantino Corbari - ri-unisce alcune interviste realizzate aduna quindicina di sindacalisti della

Cisl, che hanno operato in Lombardia dalla se-conda metà degli anni Quaranta (qualcuno nellaCgil unitaria) fino agli anni Ottanta.Sono i sindacalisti che si raccontano, che parla-no di esperienze importanti nel cammino condi-viso di nascita e crescita della Cisl, interpretan-dole secondo la propria percezione ed il perso-nale ricordo di quei momenti. Spesso le loro sto-rie si somigliano: si avvicinano al sindacato dagiovani, in particolare all’interno delle fabbrichedove sono occupati, e diventano militanti; poi,con il tempo, avviene il passaggio come membridei direttivi provinciali fino ad assumere allevolte posizioni a livello regionale e nazionale.Sono le storie di persone “comuni” che hannovoluto offrire un contributo determinante nell'o-pera di costruzione e di rafforzamento dellaCisl, in una delle regioni tra le più importanti delnostro panorama sindacale: la Lombardia. Il loroobiettivo è stato quello di far avanzare i dirittisindacali e le condizioni dei lavoratori, contri-buendo alla costituzione del “sindacato nuovo”.Gli intervistati rispecchiano il panorama produt-tivo e sindacale del tempo; sono quasi tutti diorigini contadine o provenienti da ambienti ope-rai. Quasi tutti hanno lavorato in fabbrica comeoperai, operai specializzati e tecnici. Tre sono glielementi che più di tutti hanno contribuito allacostruzione della loro figura: la famiglia, il mon-do cattolico e la formazione sociale e sindacale.Essi provengono da famiglie solide, con dei geni-tori che li orientano ad agire bene e dignitosa-mente, critici verso il fascismo e pronti a guar-dare con favore ai problemi sociali. La famiglia,ed in particolare il padre, sono esempi di rettitu-dine e stabilità sociale.Il mondo cattolico - parrocchie ed associazioni -rappresenta il primo ambiente dove ricevono isegnali che riguardano il sindacato ed è proprioda qui che iniziano a sentire la necessità di aiu-tarlo e dargli forza.Per questi intervistati, la formazione sociale esindacale risulta fondamentale. In questo senso,le Acli hanno svolto un ruolo cruciale fornendoai lavoratori le conoscenze di base per capire ilfunzionamento dello Stato, dell’ Economia e del-l’Impresa.Questi personaggi hanno colto il meglio dellaconcezione sindacale della Cisl, ossia che il mi-glioramento delle condizioni dei lavoratori pas-sa prima di tutto attraverso la negoziazione frale parti. Questa costituisce, infatti, la condizionenecessaria per parlare di autonomia e garantisceun contrappeso rispetto alle tentazioni centrifu-ghe, che spesso coinvolgono il sindacato.Sono storie di persone che hanno dedicato la loro

vita al sindacato e alla sua crescita. A questo pro-posito, vorrei citare solo una piccola parte del-l’intervista a Luigia Alberti che credo riassuma inpoche righe il senso di tutto il libro: “Ho dedicatola vita alla Cisl, ma in cambio ho ricevuto dellebelle soddisfazioni. Anche a distanza di tempo,come quando a Natale ti telefona l’operaio dellaFioravanti, ormai ottantenne, per gli auguri. L’im-pegno è stato totalizzante: ho vissuto momentiduri , difficili e altri straordinari, bellissimi. Hoavuto modo di conoscere persone di eccezionalevalore. Lavorare nel sindacato è un’esperienzaumana unica”. Sono parole che vogliono lasciareun segno, che vogliono offrire una testimonianzaautentica, soprattutto oggi in un contesto dove lebattaglie per il lavoro, i diritti, la giustizia socialee il riconoscimento del ruolo e della presenzadell’organizzazione sindacale reclamano un piùdi senso e di ragioni, per un operare che costa fa-tica e impegno. Tante storie unite da un unico fi-lo conduttore, la vita per e nel sindacato, capacidi portare con se un grande valore ed un signifi-cato profondo, di grande insegnamento soprat-tutto per noi giovani.

Costantino Corbari, giornalista e scrittore, si oc-cupa da molti anni di tematiche legate al mondodel lavoro e al sistema delle imprese, collaboran-do con quotidiani nazionali, periodici ed emitten-ti televisive. Tra le sue pubblicazioni ricordiamo:Lo sciopero di Giacomo (1995), Il beato fumatore(1998), Maria non balla (1999), Il ferro inutile(2002). Per Edizioni Lavoro ha collaborato allastesura dei volumi Lavorare di domenica (1987) eIl patto di Milano (2000)

Guido Baglioni è stato ordinario di Sociologia ge-nerale all’Università degli Studi di Milano-Bicoc-ca. Attualmente è presidente del Cesos, il Centrodi studi delle relazioni industriali promosso dallaCisl. Tra le sue numerose pubblicazioni: Demo-crazia impossibile? Il cammino e i problemi dellapartecipazione nell’impresa (il Mulino, 1995), La-voro e decisioni nell’impresa (il Mulino, 2001), Tu-tela e partecipazione per regolare il rapporto dilavoro (Franco Angeli, 2003)..

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Monica Roberti

«A

Autonomia e contratti

“Autonomia e contratti.

Storie di sindacalisti della Cisl

in Lombardia” di Costantino Corbari

e Guido BaglioniEditore: Edizioni Lavoro

Pagine: XXII + 194Anno: 2006

Prezzo: euro 12

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PREMIO ETICA & IMPRESAVincerlo è una questione di responsabilità

L’iniziativa è delle Associazioni di rappresentanza dei lavoratori di Alta ProfessionalitàAGENQUADRI CGIL, AIDP - Associazione Italiana per la Direzione del PersonaleAPQ CISL - Associazione Progetto QuadriCIQ UIL - Confederazione Italiana Quadri e FEDERMANAGEMENTin collaborazione con la Regione Toscana – progetto Fabrica Ethica

Al via la prima edizione del premio nazionale Etica & Impresaper i migliori accordi e le migliori pratiche di Responsabilità Sociale di Impresa

Un premio e al tempo stesso un osservatorio per valorizzare e promuovere i migliori accordi e le migliori esperienze di Responsabilità Sociale di Impresa attuate da aziende e sindacati a partire dal gennaio 2004 fino al 30 giugno 2006:col premio Etica & Impresa infatti si premieranno le aziendeitaliane che abbiano attivato un accordo significativo con unsindacato territoriale riguardo a una pratica di responsabilità socialed’impresa a forte impatto su persone, azienda o territorio

La certificazione SA8000 delle imprese - anche piccole o medie -non è requisito indispensabile all’ammissione: si desidera cheemergano e si rendano note anche le numerose buone praticherealizzate dalle imprese italiane all’interno e al di fuori dellacertificazione

E' possibile candidarsi entro il 12 ottobre 2006

Bando, scheda di partecipazione e ulteriori informazioni sul sitowww.eticaeimpresa.net

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