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parla come pensi performance con letture ragionate La vostra parola sia sì sì, no no chi l'ha detto? Difficile in questo caso non dire quello che si pensa...

Parla come pensi

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Parla come pensi, riflessione di Maria Rosa Panté sulla libertà di parola e sull'uso di tale libertà, attraverso un percorso poetico.

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parla come pensiperformance con letture ragionate

La vostra parola sia sì sì, no no

chi l'ha detto?

Difficile in questo caso non dire quello che si pensa...

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Gianni Rodari (Omegna, 23 ottobre 1920 – Roma, 14 aprile 1980)

Giacomo di cristalloUna volta, in una citta' lontana, venne al mondo un bambino trasparente. Attraverso le sue membra si poteva vedere come attraverso l'aria e l'acqua. Era di carne e d'ossa e pareva di vetro, e se cadeva non andava in pezzi, ma al piu' si faceva sulla fronte un bernoccolo trasparente. Si vedeva il suo cuore battere, si vedevano i suoi pensieri guizzare come pesci colorati nella loro vasca. Una volta, per isbaglio, il bambino disse una bugia, e subito la gente pote' vedere come una palla di fuoco dietro la sua fronte: ridisse la verita' e la palla di fuoco si dissolse. Per tutto il resto della sua vita non disse piu' bugie. Un'altra volta un amico gli confido' un segreto, e subito tutti videro come una palla nera che rotolava senza pace nel suo petto, e il segreto non fupiu' tale. Il bambino crebbe, divento' un giovanotto, poi un uomo, e ognuno poteva leggere nei suoi pensieri e indovinare le sue risposte, quando gli facevano una domanda, prima che aprisse bocca. Egli si chiamava Giacomo, ma la gente lo chiamava "Giacomo di cristallo", e gli voleva bene per la sua lealta', e vicino a lui tutti diventavano gentili.

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Purtroppo, in quel paese, sali' al governo un feroce dittatore, e comincio' un periodo di prepotenze, di ingiustizie e di miseria per il popolo. Chi osava protestare spariva senza lasciar traccia. Chi si ribellava era fucilato. I poveri erano perseguitati, umiliati e offesi in cento modi. La gente taceva e subiva, per timore delle conseguenze.

Ma Giacomo non poteva tacere. Anche se non apriva bocca, i suoi pensieri parlavano per lui: egli era trasparente e tutti leggevano dietro la sua fronte pensieri di sdegno e di condanna per le ingiustizie e le violenze del tiranno. Di nascosto, poi, la gente si ripeteva i pensieri di Giacomo e prendeva speranza. Il tiranno fece arrestare Giacomo di cristallo e ordino' di gettarlo nella piu'buia prigione. Ma allora successe una cosa straordinaria. I muri della cella in cui Giacomo era stato rinchiuso diventarono trasparenti, e dopo di loro anche i muri del carcere, e infine anche le mura esterne. La gente che passava accanto alla prigione vedeva Giacomo seduto sul suo sgabello, come se anche la prigione fosse di cristallo, e continuava a leggere i suoi pensieri. Di notte la prigione spandeva intorno una grande luce e il tiranno nel suo palazzo faceva tirare tutte le tende per non vederla, ma non riusciva ugualmente a dormire. Giacomo di cristallo, anche in catene, erapiu' forte di lui, perche' la verita' e' piu' forte di qualsiasi cosa, piu' luminosa del giorno, piu'terribile di un uragano.

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Sempre la libertà va oltre le parole. È libertà di pensare. Ma anche questa si cerca di togliere nei regimi totalitari.

Ecco cosa disse l'avvocato che voleva che Antonio Gramsci, filosofo, uomo politico, fondatore del Partito Comunista Italiano, arrestato durante il fascismo e morto in carcere, venisse condannato al carcere...

«Per vent'anni dobbiamo impedire a questo cervello di funzionare»

Quindi prima di tutto deve esserci possibilità di pensiero, libertà di pensiero.

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Antonio Gramsci (Ales, 22 gennaio 1891 –Roma, 27 aprile 1937)

« Non ho mai voluto mutare le mie opinioni, per le quali sarei disposto a dare la vita e non solo a stare in prigione [...] vorrei consolarti di questo dispiacere che ti ho dato: ma non potevo fare diversamente. La vita è così, molto dura, e i figli qualche volta devono dare dei grandi dolori alle loro mamme, se vogliono conservare il loro onore e la loro dignità di uomini »

Lettera alla madre

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Ma la LIBERTA’ DI PENSIERO, da cosa è insidiata tra di noi, dove pure esiste, sancita dalla Costituzione, la libertà diparola?

Da questi fattori:

• società

• pressione di conformità, cioè la tendenza a pensare tutti allo stesso modo…

Facciamo un esempio concreto: cosa pensate di questo?

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Situazione

Dite che 21 anni di galera per lo stragista di Utoya sono pochi. Premesso che una vita umana è incalcolabile, quanto è giusto farstare una persona in carcere? Tutta la vita? E se non crediamo nella possibilità di ricollocazione sociale allora non è meglio ucciderlo subito?

La signora Ellen Bjerce, portavoce del carcere dove è rinchiusoBreivik:

«L’isolamento non deve essere una tortura. Anche lui è un essere umano e ha i suoi diritti».

Reazione: siete d’accordo con quel tipo di condanna all’uomo che ha ucciso in Norvegia un gran numero di giovani indifesi? O è troppo mite?

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Altri elementi che insidiano la libertà di pensiero:

• Tv, social network

• miseria

• lavoro (in fabbrica; ma anche i manager? Es. Il diavolo veste Prada...)

Simone Weil (Parigi, 3 febbraio 1909 – Ashford, 24 agosto 1943) testimonia di come il lavoro in fabbrica possa portare la persona a non pensare. Simone Weil francese, di famiglia ebrea, fu filosofa, insegnante, mistica, poetessa.

Lavorò in fabbrica per alcuni periodi ed ecco di seguito cosa scrisse su quell’esperienza.

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Simone Weil (Parigi, 3 febbraio

1909 – Ashford, 24 agosto 1943)

Per me, personalmente, lavorare in fabbrica ha voluto dire, che tutte le ragioni esterne sulle quali si fondavano la coscienza della mia dignità e il rispetto di me stessa, sono state radicalmente spezzate, in due o tre settimane, sotto i colpi di una costrizione brutale e quotidiana. E non credere che ne sia conseguito in me qualche moto di rivolta. No; anzi, al contrario, quel che meno mi aspettavo da me stessa: la docilità. Una docilità di rassegnata bestia da soma. mi pareva d’essere nata per aspettare, per ricevere, per eseguire ordini – di non aver mai fatto altro che questo – di non dover mai far altro che questo. Non sono fiera di confessarlo.

E’ quel genere di sofferenza di cui nessun operaio parla; fa troppo male solo a pensarci. Quando la malattia mi ha costretto a smettere, ho assunto piena coscienza dell’abbassamento nel quale stavo cadendo e mi sono giurata di subire questa esistenza fino al giorno in cui fossi giunta, mio malgrado, a riprendermi.

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Ho mantenuto la promessa. Lentamente, soffrendo, ho riconquistato, attraverso la schiavitù, il senso della mia dignità di essere umano, un senso che questa volta non si fondava su nulla di esterno, sempre accompagnato dalla coscienza di non aver diritto a nulla e che in ogni istante libero dalle sofferenze e dalle umiliazioni doveva essere ricevuto come una grazia, come unico risultato di favorevoli circostanze casuali.

Due fattori essenziali entrano in questa schiavitù: la rapidità e gli ordini.

La rapidità: per “farcela” bisogna ripetere un movimento dopo l’altro a una cadenza che è più rapida del pensiero e quindi vieta non solo la riflessione, ma persino la fantasticheria. Mettendosi dinnanzi alla macchina, bisogna uccidere la propria anima, i propri pensieri, i sentimenti, tutto per otto ore al giorno. Irritati, tristi o disgustati che si sia, bisogna inghiottire, respingere in fondo a se stessi irritazione, tristezza o disgusto: rallenterebbero la cadenza. Per la gioia, è lo stesso.

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Gli ordini: dal momento in cui si timbra per l’uscita, si può ricevere qualsiasi ordine in qualunque momento. E bisogna sempre tacere e obbedire. L’ordine può essere penoso o pericolosa da eseguire, o anche ineseguibile; oppure due capi possono dare ordini contradditori; non fa nulla: tacere e piegarsi. Rivolgere la parola a un capo, anche per una cosa indispensabile, anche se è una brava persona (le brave persone hanno pure i loro momenti di cattivo umore) vuol dire rischiare di farsi strapazzare. E quando capita, bisogna ancora tacere. Per quanto riguarda i propri impulsi di nervi o di malumore, bisogna tenerseli; non possono tradursi né in parole né in gesti, perché i gesti sono, in ogni momento, determinati dal lavoro. Questa situazione fa sì che il pensiero si accartocci, si ritragga, come la carne si contrae dinnanzi al bisturi.

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Non c'è dissolutezza peggiore del pensare.

Questa licenza si moltiplica come gramigna

su un'aiuola per le margheritine.

Nulla è sacro per quelli che pensano.

Chiamare audacemente le cose per nome,

analisi spinte, sintesi impudiche,

caccia selvaggia e sregolata al fatto nudo,

palpeggiamento lascivo di temi scabrosi,

fregola di opinioni - ecco quel che gli piace.

In pieno giorno o a notte fonda

si uniscono in coppie, triangoli e cerchi.

Poco importa il sesso e l'età dei partner.

I loro occhi brillano, gli ardono le guance.

L'amico travia l'amico.

Figlie snaturate corrompono il padre.

Il fratello fa il ruffiano per la sorella minore.

Preferiscono i frutti

dell'albero vietato della conoscenza

alle natiche rosee dei rotocalchi,

a tutta questa pornografia in definitiva ingenua.

Wislawa Szymborska , poetessa polacca, Nobel per la poesia

(2 Luglio 1923 – 1 Febbraio 2012)

Anche l’IGNORANZA ostacola la libertà di pensiero

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I libri che li divertono non sono illustrati.

Il loro unico svago - certe frasi

segnate con l'unghia o la matita.

E' spaventoso in quali posizioni,

con quale sfrenata semplicità

l'intelletto riesca a fecondare l'intelletto!

Posizioni sconosciute perfino al Kamasutra.

Durante questi convegni solo il tè va in calore.

La gente siede sulle sedie, muove le labbra.

Ognuno accavalla le gambe per conto proprio.

Un piede tocca così il pavimento,

l'altro ciondola libero nell'aria.

Solo ogni tanto qualcuno si alza,

va alla finestra

e attraverso una fessura delle tende

scruta furtivo in strada

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La porta bianca… La porta che, dalla trasparenza, porta nell’opacità…

La porta condannata…

La porta cieca, che reca dove si è già, e divelta resta biancomurata e intransitiva…

Giorgio Caproni (Livorno, 7 gennaio 1912 –Roma, 22 gennaio 1990)

Alla libertà di pensiero dovrebbe associarsi la libertà di parola: perché la parola è la chiave per capire la realtà, ogni realtà…

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L’amorfa porta che conduce ottusa e labirintica (chiusa nel suo spalancarsi) là dove nessuna entrata può dar àdito

Dove nessuna stanza o città s’apre all’occhio, e non muove - nel ristagno del vago –ramo o pensiero una sola parvenza…

Una sola cruna di luce (o d’ago) nella mente…

la porta morgana: la Parola.

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La parola è dunque anche strumento, forma di opposizione!

In un regime totalitario, a scuola, sul posto di lavoro?

Libertà di parola è un diritto da chiedere a qualunque costo?

Fino a che punto si è disposti ad arrivare?

Essere come Giordano Bruno, filosofo che per le sue idee fu bruciato vivo nel 1660 o come Galileo, che di fronte agli strumenti di tortura abiurò alle sue scoperte scientifiche?

Io credo che farei come Galileo Galilei

ma NON HO RISPOSTE certe né per me né per gli altri

Come scrive Montale nella poesia: Non chiederci la parola

Giordano Bruno

Galileo

Galilei

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Non chiederci la parola che squadri da ogni latol'animo nostro informe, e a lettere di fuocolo dichiari e risplenda come un crocoperduto in mezzo a un polveroso prato.

Ah l'uomo che se ne va sicuro,agli altri ed a se stesso amico,e l'ombra sua non cura che la canicolastampa sopra uno scalcinato muro!

Non domandarci la formula che mondi possa aprirti,sì qualche storta sillaba e secca come un ramo.Codesto solo oggi possiamo dirti,ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.

Eugenio Montale

(Genova, 12 ottobre 1896 –

Milano, 12 settembre 1981)

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Il caso di Brodskj (poeta russo 1940-1996)

Nel 1964 fu arrestato con l'accusa di parassitismo e condannato, dopo un processo che scatenò violente reazioni nell'opinione pubblica mondiale, a cinque anni di lavori forzati. Rilasciato dopo diciotto mesi, tornò a vivere a Leningrado

« Giudice: Qual è la tua professione?,Brodskij: Traduttore e poeta.Giudice: Chi ti ha riconosciuto come poeta? Chi ti ha arruolato nei ranghi dei poeti?Brodskij: Nessuno. Chi mi ha arruolato nei ranghi del genere umano?»

(Atti del processo del 1964)

Josiph Brodskij

(Leningrado, 24 maggio 1940 –New York, 28 gennaio 1996)

... la poesia non da risposte sul parlare come pensi, ma certo ... la poesia non da risposte sul parlare come pensi, ma certo parla chiaro così chiaro che i poeti vengono da sempre parla chiaro così chiaro che i poeti vengono da sempre perseguitati e uccisi o ridicolizzati o ignorati.perseguitati e uccisi o ridicolizzati o ignorati.

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Testimonianza della moglie:

« Siamo saliti al secondo piano, dove erano gli uffici amministrativi e, in un lungo corridoio, ho trovato il corpo di Víctor in una fila di una settantina di cadaveri. La maggior parte erano giovani e tutti mostravano segni di violenze e di ferite da proiettile. Quello di Víctor era il più contorto. Aveva i pantaloni attorcigliati alle caviglie, la camicia rimboccata, le mutande ridotte a strisce dalle coltellate, il petto nudo pieno di piccoli fori, con un’enorme ferita, una cavità, sul lato destro dell’addome, sul fianco. Le mani pendevano con una strana angolatura e distorte; la testa era piena di sangue e di ematomi. Aveva un’espressione di enorme forza, di sfida, gli occhi aperti. »

Victor Jara San Ignacio, 28/ 09/1932 –Santiago del Cile, 16 /09/ 1973

Il caso di Victor Jara ucciso dalla dittatura cilena (nel 1973) torturato e ucciso gli ruppero le mani perché era cantautore...

Dopo averlo ucciso, i militari cileni non solo proibiscono la vendita dei suoi dischi, ma ordinano la distruzione delle matrici.

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Anna Achmatova

Odessa 23, Giugno 1889 – San Pietroburgo 5, Marzo 1966,

I poeti attraverso il loro “parlare come pensano” veicolano delle idee e spesso si fanno voce del popolo.

Donna e poeta...

La poetessa russa Anna Achmatova, cui arrestarono il figlio durante lo stalinismo, si trovava davanti alle carceri con altre donne in attesa di notizie, ecco cosa scrive:

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“Ho passato 17 mesi in fila davanti alle carceri di Leningrado. Una volta qualcuno mi “riconobbe” allora una donna dalle labbra livide che stava dietro dietro di me e che, sicuramente, non aveva mai sentito il mio nome, si riscosse dal torpore che era caratteristico di noi tutti e mi domandò in un orecchio (lì tutti parlavano sussurrando):

Ma questo lei può descriverlo?

E io dissi:

Posso.

Allora una sorta di sorriso scivolò lungo quello che un tempo era stato il suo volto”.

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Proprio la Achmatova ha iniziato così un’altra sua poesia:

“Io sono la vostra voce, il calore del vostro fiato,

il riflesso del vostro volto,

i vani palpiti di vane ali...

fa lo stesso, fino alla fine io sono con voi.”

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Ruolo della parola in una società democratica e libera è fondamentale.

Quando però è meglio non parlare come si pensa?

• per non offendere qualcuno (tu puzzi! Si può dire a un collega,compagno ecc.?)

• per non compromettere rapporti (Vangelo)

• per non mettere in pericolo altri: ad esempio che pensare diWikileaks e di Assange?

•Per non offendere la sensibilità religiosa....

Assange

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perché si pensa che non si sarà creduti,

capiti,

presi sul serio

Al lavoro, in famiglia, a scuola…

allora è meglio tacere o dire quel che dicono gli altri...

non così ha fatto Cassandra:

Cassandra era una delle figlie del re di Troia, Priamo.

Poiché non volle cedere al dio Apollo questi le diede il dono della profezia, ma la disgrazia di non essere mai creduta. Quando la città cadde Cassandra fu data come schiava al capo dei greci, Agamennone, e con lui morì.

Mai cessò di dire quel che vedeva, la verità…

Page 25: Parla come pensi

Sono io, parole senza voce, voce senza parole, Cassandra. Nessuno ascolta le mie profezie. Tutti atterriti dall’urlo che mi squassa. Nessuno ascolta la mia voce, avvinto ognuno dal mistero preveggente. Dono del dio, somma beffa! Chi ode le sue parole non ode Cassandra. Chi invoca il vaticinio crede a un dio non a Cassandra. Duplice dilemma il mio: delirio e ragione. Delirio e follia, l’amore rifiutare di Febo saettante, essere del dio non amante, ma voce inascoltata, perseverare nel dono tra i roghi. Ragione, la profezia che della mia bellezza percorre ogni fibra, brucia feroce incendio, vibra la voce fuori di me senza di me. Nessuna delle figlie d’Ilio tanto patì: già presentivo la morte in me, nei figli bambini, nell’uomo che mi possedette schiava e amante. Già sapevo il sangue sparso, già prima di salpare per la rocca di Micene regina.

Condannata alla vita condannata alla morte: condannata al silenzio, esausta di parole senza voce e voce senza parole.

Maria Rosa Panté

Cassandra

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La libertà di parola passa dal senso delle parole

non è dare fiato al proprio io...

questa potrebbe essere una bella regola,

anzi una autoregolamentazione.

PARLA COME PENSI, MA IMPARA ANCHE AD ASCOLTARE

Alda Merini, poetessa