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Gli Ingredienti Dell'Amore Perf - Kate Jacobs

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Titolo dell’opera originale Comfort FoodTraduzione di Valentina Daniele

Questo romanzo è un’opera di fantasia. Personaggi e situazioni sono invenzioni dell’autore ehanno lo scopo di conferire veridicità alla narrazione e sono quindi utilizzati in modo fittizio.Qualsiasi analogia con fatti, eventi, luoghi e persone, vive o scomparse, è puramente casuale.

© 2008 by Kathleen Jacobs© 2010 EDIZIONI PIEMME Spa, Milano

Edizione Mondolibri S.p.A., Milano

su licenza EDIZIONI PIEMME Spa, Milanowww.mondolibri.i

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Parte Prima

PANE E BURRO1

Febbraio 2006

Gus Simpson adorava le torte di compleanno.Cioccolato, cocco, limone, fragola, vaniglia: i classici erano la sua passione. Anche se

sperimentava sempre nuovi gusti e glasse, spruzzava sciroppi e inventava decorazioni elaborate conpetali di ibisco, di solito pre feriva la via della tradizione: fiori disegnati con la sac à poche epezzetti di frutta candita.

Perché una torta di compleanno - Gus ne era convinta - parla la lingua della nostalgia, è unperfetto ricordo dell’infanzia fatto rivivere dai sensi.

Dopo dodici anni come conduttrice di Cooking Channel e con tre programmi di successoall’attivo, Gus aveva preparato mille dessert nella sua cucina trasformata in studio televisivo, dallasoffice mousse di cioccolato bianco alla golosa torta alle pesche, dalla dolcissima crostata di mele alcaramello alla classica torta alla vaniglia e noci pecan. Era una cuoca autodidatta, mai passata per lescuole di cucina; il suo obiettivo era comunicare una calda eleganza senza scadere nel rustico:voleva che i suoi piatti fossero completi senza essere difficili.

Ma le torte di compleanno erano una cosa assolutamente diversa: ogni fetta nutriva lo spiritotanto quanto il corpo. Gus adorava quel trionfo assoluto.

Le piacevano così tanto che dava feste di compleanno per le sue figlie Aimee e Sabrina, ormaiadulte, perla sua vicina e amica Hannah, per Porter, il suo produttore esecutivo (nonchévicepresidente di Cooking Channel), e per la sua storica assistente in cucina, che però, dopo anni dicollaborazione, era andata in pensione e si era trasferita in California.

Gus tuttavia non si limitava a questo. Organizzava feste meravigliose anche per il Quattro luglio,cosa non insolita per un’americana, e per Natale, cosa non insolita considerando la sua educazionecattolica.

Poi però si scatenava anche per San Valentino e San Patrizio, in occasione del compleanno diLincoln (12 febbraio), di Julia Child (genio dell’arte culinaria, 15 agosto), di Henry Fowle Durant(fondatore di Wellesley, l’università di Gus, 22 febbraio) e di Isabella Mary Beeton (autrice delcelebre Mrs Beeton s Book of Household Manage ment, un manuale di economia domestica, 12marzo). Il fatto che gli ospiti d’onore non potessero essere presenti perché defunti non era affatto unproblema.

Alcuni amano dare feste perché amano stare al centro dell’attenzione. Gus, invece, trovava il suopiacere massimo nel creare un piccolo mondo in cui ci fosse posto per tutti, un mondo in cui ognunosi sarebbe sentito speciale.

«Ti preparo qualcosina» diceva alle figlie, agli amici, ai colleghi, agli spettatori. Amava davverol’idea di nutrire, di accudire. Specialmente quegli ospiti che sembravano avere qualche difficoltà ainserirsi: per loro Gus aveva un occhio di riguardo.

C’era solo un compleanno che Gus si era stancata di festeggiare: il suo. Perché di lì a poco, il 25marzo, Augusta Adelaide Simpson avrebbe compiuto cinquant’anni.

Il problema, naturalmente, era che non si sentiva affatto quell’età. Per niente. Semmai, si sentivauna venticinquenne (ignorando, come faceva spesso, un piccolo particolare: l’età delle sue figlie.Aimee, la maggiore, aveva ventisette anni, mentre Sabrina, la minore, venticinque). Per questo era

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stata colta del tutto alla sprovvista, sorpresa che gli anni si fossero accumulati fino al fatidicotraguardo del mezzo secolo.

Mezzo secolo di Gus.«Usate lo sherry migliore che potete permettervi per fare la vinaigrette» aveva consigliato di

recente durante una puntata, prima di rendersi conto che quel liquore aveva quasi la sua età.“Potrei essere imbottigliata e messa su uno scaffale” aveva poi scherzato fra sé e sé.Intanto, però, nella sua testa aveva cominciato a farsi strada un fastidioso tarlo. Quarantasei,

quarantasette, quarantotto, quarantanove... tutte feste favolose. Quando l’anno prima aveva spento lecandeline sulla torta (carota e zenzero, con glassa alla cannella), e il suo produttore, Porter, avevagridato: «Meno uno al giro di boa!», Gus aveva riso insieme agli altri. E si era sentita benissimo. No,davvero, proprio bene. Non aveva prenotato nessuna applicazione di botox, non portava ancorasciarpe per nascondere il collo. Cinquant’anni, si diceva, non erano niente di speciale. Finché,svegliandosi un giorno, si era resa conto di non aver organizzato nulla. Lei, che non perdevaoccasione per festeggiare.

E allora aveva capito che non aveva nessuna voglia di farlo.Il problema, pensò una mattina mentre si lavava i capelli castano dorati con uno shampoo

riflessante, era spuntato tra le varie riunioni per definire il palinsesto della stagione e la notizia cheCooking Channel stava tagliando il budget, commissionando meno puntate del solito del suoprogramma.

«Tutti i canali via cavo stanno perdendo quote di mercato» le aveva spiegato Porter. «Dobbiamosuperare la crisi.» Lui lavorava in televisione da molto tempo, da prima di Gus, e il suo successo eradavvero invidiabile: era uno dei pochi afroamericani nel mondo dei programmi di cucina, dominatodai bianchi. Girava anche voce che sarebbe stato promosso direttore del palinsesto. Gus si fidava dilui ciecamente.

Di recente Cooking Channel aveva assunto una consulente d’immagine, la quale aveva informatoGus che “dopo una certa età” alcune donne devono prendere qualche chilo per distendere il viso(«Sei meravigliosa mente snella, ma riempire un po’ le rughe non farebbe male, sai» le aveva detto,senza troppa cattiveria. «Le luci aiutano, ma fino a un certo punto.»).

Una sera, mentre era a cena con Sabrina, Gus prese a scrutare due donne al tavolo di fronte: unasplendida ragazza dai capelli neri con un abito rosa confetto e la sua arcigna accompagnatrice, piùvecchia, con un caschetto color mou e un tailleur pantaloni di lino beige. Ebbe un sussulto quando sirese conto che nella parete di fronte c’era uno specchio e che quella commensale accigliata era leistessa. «Tutto bene, mamma?» le chiese Sabrina, facendo cenno al cameriere di portare altra acqua.

«Sembri un po’ pallida.»Gus non era più giovane.Sulle prime aveva messo da parte questa nuova consapevolezza insieme alle scarpe bianche alla

fine del l’estate. Ma la verità non ne voleva sapere di starsene nascosta: faceva capolino a ogninuova ruga, si presentava ogni volta che le sue ginocchia facevano crac quando si piegava a tirarefuori una padella. O quando la sua storica vicechef, dopo anni di collaborazione, aveva annunciatoche andava in pensione. Un fulmine a ciel sereno. Effettivamente aveva l’età per farlo! Davveroallarmante.

Significava che erano passati dodici lunghi anni da quando Gus aveva condotto il suo primoprogramma su CookingChannel, Pausa pranzo, nel 1994. La giovane mamma con i riccioli colorcaramello raccolti in una crocchia morbida, rigorosamente senza grembiule, che scodellava piattisemplici e gustosi, ora aveva due figlie grandi, con un lavoro, una vita e una cucina propria. Ormai

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Aimee e Sabrina erano diventate donne.Più o meno.Non erano adulte, non nel vero senso della parola. Dopotutto però, all’età di Sabrina, Gus aveva

già due figlie e un marito. Per non parlare dell’avventura come volontaria per un anno nei Corpi dipace.

Le ragazze, invece, erano ben lontane dall’autosufficienza. Aimee non aveva mai nessunarelazione importante; Sabrina cambiava i fidanzati con le stagioni. Buffo: le dodicenni di oggisembravano molto più sofisticate che ai tempi di Gus, mentre le venticinquenni vivevano in uno statodi adolescenza sospesa. Gus passava più tempo a preoccuparsi per le sue figlie adesso di quandoerano bambine.

Insomma, era facile stare al passo con la vita quoti diana e non pensare alla vecchiaia come aqualcosa che potesse riguardarla direttamente. Poi, però, anche le piccole cose (il commento di unestraneo, un’occhiata allo specchio) turbavano l’immagine che Gus si era costruita. All’improvviso,suo malgrado, la realtà veniva a galla.

Gus Simpson stava per compiere cinquant’anni.Non che fosse un fatto rilevante in se stesso. Succede a tutti prima o poi. Eppure Gus aveva

tranquillamente dato per scontato che a lei, invece, non sarebbe mai capitato. In fondo era magra(be’, non proprio una fan della palestra), aveva una brillante carriera, un bel gruzzolo in banca (benamministrato da David Fazio, un consulente finanziario che le aveva raccomandato tempo prima AlanHolt, il presidente del network), un armadio pieno di abiti costosi (il suo tipico look prevedeva unospolverino di seta senza collo, comodo ed elegante, portato sopra un top morbido e pantaloni larghiin georgette di seta), e una decappottabile nel garage. Cavoli. E poi ascoltava la “Top 40”, usava unafotocamera digitale, aveva un cellulare minuscolo, sapeva mandare SMS e a Halloween si travestivaancora per distribuire dolcetti. Tutto questo non bastava per tenere alla larga la mezza età?

I quarantanove avevano un certo brio; i cinquanta le facevano venire il dubbio di dover correre acomprare un paio di scarpe ortopediche.

«Di questi tempi non si capisce mai come ci si deve comportare» aveva detto a Porter, piùvecchio di lei di parecchi anni. «Alla mia età mia madre era già nonna. Oggi, però, ci sono donne cherimangono incinte a cin quant’anni. Ti rendi conto?»

«Vuoi un bambino, Gus?» aveva chiesto lui prendendola in giro.«No! Voglio solo capire la differenza tra un numero ì come mi sento. Ma lo sai che le ex trentenni

rampanti adesso hanno cinquant’anni? E non li dimostrano, oltre tutto. Pensa a Michelle Pfeiffer, aMeryl Streep. E Jane Seymour? E Oprah? Dicono che i cinquanta sono i nuovi trenta.»

«Allora che problema c è? Stai benissimo.»«E invece no, un problema c’è. Sono piena di rughe.Rughe vere, non quelle pieghine di cui mi lamentavo a quarantanni. Porter, ho una nostalgia

tremenda dei quaranta! Non riesco a smettere di chiedermi come sono arrivata fino a qui.»«Dov’è scappato il tempo?»«Esatto. Dove?» ripetè Gus. «E dov’è il tasto “pausa”?»E così, rifletté Gus quella mattina, non era poi tanto strano che avesse sorvolato sulla sua festa di

compleanno. Rinviare era stato facile.Era sua abitudine cominciare i preparativi subito dopo il giorno del Ringraziamento, decidendo

per prima cosa la torta, poi il menu, quindi gli inviti da spedire per posta (a Gus Simpson nonpiacevano gli inviti via e-mail, così informali. No, grazie. Erano dettagli come quelli che facevanosentire gli ospiti più a loro agio). Poi sceglieva un tema (la melagrana, l’orchidea, il color prugna)

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attorno al quale costruire tutta la festa. Era così brava a intrattenere e decorare da essere con vintache, come lei, chiunque potesse spargere del prezzemolo tritato facendolo sembrare una decorazioneartistica.

Ma questa volta no. Non quest’anno. All’improvviso le appariva tutto troppo faticoso: GusSimpson, una delle più celebri icone di stile della televisione, non aveva voglia di dare una festa.Anzi, avrebbe preferito cancellare del tutto quella data.

Versò il caffè alla nocciola in una grossa tazza a righe bianche e blu, poi si spostò al bancone digranito grigio e nero, e si mise a sedere sullo sgabello. Bevve un piccolo sorso facendo un po’ dirumore (tanto non c’era nessuno in casa) per non scottarsi la lingua, e cominciò a sfogliare il «NewYork Times».

Cercava di risollevarsi dal suo umore cupo. Ma l’abitudine (era lunedì, giorno del supplemento«Media», e lei amava essere informata sul suo mondo) le fece posare lo sguardo su un lungo articoloappena sopra la metà del giornale. I VOLTI NUOVI DEI PROGRAMMI DI CUCINA lesse Gus, conuna stretta di ansia al petto. LA CUCINA È DI MODA E I NUOVI CONDUTTORI SONOAPPETITOSI QUANTO I LORO PIATTI.

Digrignò i denti, come faceva sempre quando era nervosa, ed esaminò la grande foto con tutte lenuove leve: c’erano quel giovane chef surfista, sempre in calzoni corti e con una perenne aria daliceale, la giovane casalinga del Midwest che cucinava solo piatti con al massimo sei ingredienti, ela giovane Miss Spagna che aveva trasformato uno spot per le olive del suo paese in un video diculto che spopolava su YouTube. Gus apprese che, grazie a quella pubblicità, Miss Spagna si eraguadagnata un programma di dieci minuti, Un salto in cucina, e che, qualche settimana prima, avevapubblicato un libro di ricette già campione di vendite on-line.

L’articolo continuava a pagina due del supplemento; si apriva con una foto della stupenda MissSpagna, con la corona sui capelli neri e decisamente troppo mascara, commentata da una grandedidascalia. CARMEN VEGA: DA REGINETTA DI BELLEZZA A REGINA DEI FORNELLI.

«Scommetto che non sa nemmeno cucinare» annunciò Gus alla tazza di caffè, pronta a chiudere ilgiornale disgustata. Poi le cadde l’occhio su qualcosa di familiare e ricominciò a leggere conattenzione.

« “Immaginiamo di avere a disposizione solo un certo numero di ingredienti e nient’altro” diceGus Simpson, famosa conduttrice di Cooking Channel e star del noto Cucina con gusto!, in unarecente intervista con Rachael Ray. “Bene, nessuno di noi creerà la stessa ricetta. Per ciò non si trattadi cosa metti nel piatto, quanto del sapore che ottieni. Non ha importanza il procedimento, ma lasensazione che il cibo ti trasmette. La cucina come la vita, è interessante se puoi sperimentare semprenuove cose.”

I nuovi conduttori sembrano gli ingredienti a cui le tv via cavo intendono ricorrere per tratte neregli spettatori, visto il calo di ascolti su tutti i canali...»

Bla bla bla. L’articolo si dilungava ancora su questi nuovi nomi del panorama dei programmi dicucina, tutti apparentemente approvati (grazie a un uso accorto delle citazioni) da Gus Simpson inpersona. Oh, quanto odiava i giornalisti! Rilasciavi un’intervista e dopo un anno ritrovavi le tuestesse parole in ogni articolo sulla cucina. Ormai aveva imparato la lezione: mai dire nulla, né digentile né di sgarbato, a meno che tu non voglia sentirtelo rinfacciare per il resto della vita.

Pensò di accartocciare il quotidiano e di buttarlo nel cestino, ma tanto non c’era nessunospettatore. Era con vinta che non valesse la pena sprecare energie in un gesto teatrale che nessunoavrebbe visto. La televisione era stata un’ottima scuola in questo senso. Sospirò e lasciò lo sgabelloper una postazione più comoda. Cacciò via Sale, la sua gatta bianca, da una poltrona enorme nel

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bovindo e la guardò accomodarsi in uno spicchio di sole insieme a Pepe, che era nero e aveva un belcaratterino.

Si sistemò sulla poltrona foderata di robusto tessuto spigato bianco (aveva una fiduciaincrollabile nella pro pria capacità di non rovesciare il caffè e... nello smacchiatore). La grandecucina era il luogo in cui si sentiva più a suo agio; era lì che rifletteva sulle cose più impor tanti, peresempio una nuova ricetta, o come venire a capo della vita infinitamente complicata delle figlie. Daquella poltrona, che Aimee aveva soprannominato molto tempo prima “il pensatoio”, Gus potevagodersi i colori del suo splendido giardino pronto per la prima vera (al momento qualche residuo dineve e fanghiglia ricordava ancora l’inverno di Westchester), e la vista della sua cucina scintillante.La posizione della poltrona le dava quella che lei definiva sempre “la prospettiva dello spettatore”,perché era così che la sua casa compariva in televisione.

La sua era davvero una cucina da sogno: una stufa in ghisa blu scuro marca Aga, un piano dilavoro di marmo, ripiani in granito, un grande lavello bianco a due vasche, i pensili scompagnati adarte e disposti in modo da sembrare aggiunti uno dopo l’altro nel tempo (ammesso che si potessecredere che ogni mercatino delle pulci o negozio d’antiquariato avesse miracolosa mente adisposizione mobili di legno della stessa altezza e con le stesse rifiniture) e, lungo una parete, unaserie di frigoriferi e congelatori. Il pezzo forte? L’isola rettangolare con piano cottura a otto fornellie paraschizzi rialzato, ampio piano d’appoggio e un’appendice laterale da usare come tavolo per lacolazione (un po’ spostata rispetto al piano cottura, naturalmente, in modo da non rovinarel’inquadratura). L’isola era la parte della cucina più familiare agli spettatori di Gus.

L’idea di registrare in casa sua le puntate di Cucina con gusto!, la sua terza trasmissione perCooking Channel, del 1999, era stata davvero geniale. Anzitutto aveva azzerato i tempi per glispostamenti e, soprattutto, Gus aveva potuto detrarre dalle tasse i costi di ristrutturazione della casa.

Nonostante la sua brillante carriera, era una risparmiatrice coscienziosa. Non si poteva maisapere.

Difficoltà improvvise, la pensione... malgrado le fosse sempre sembrata un’eventualità molto,molto remota, perché lei era terribilmente, eternamente, divinamente giovane. Insomma, la vecchiaiapoteva essere una cosa a cui pensare in prospettiva, non certo subito. Era troppo occupata, lei. Neiprimi anni in cui lavorava in televisione, molto prima degli assegni sostanziosi e del merchandising,Gus aveva condotto un programma di mezz’ora intitolato Pausa pranzo, basato sulle specialità cheserviva nel suo piccolo ristorante, il Luncheonette. La trasmissione veniva registrata a Manhattan, inuno studio che lei raggiungeva in treno dalla villetta con due camere da letto in cui viveva con Aimeee Sabrina. Era la stessa casa di Westchester in cui si era trasferita con Christopher, subito dopoessere tornati dal loro anno nei Corpi di pace, quando, appena sposati, avevano deciso di non viverein città. Quando lui si arrabbiava ogni volta che Gus bruciava la cena; quando lei gli preparava ilpranzo in sacchetti di carta marrone, in cui nascondeva bigliettini piccanti. Quando erano troppoingenui per capire che le cose brutte accadono. Che sarebbero accadute.

In quella stessa casa erano nate le bambine. Gus aveva provato un’infinità di lavori diversi:fotografa per un giornale di provincia, operatrice part-time per una tv locale, produttrice di candeleartigianali.

Intanto sfornava dolci per le merende delle bambine e scarrozzava i figli dei vicini,permettendosi ancora il lusso di pensare a ciò che avrebbe voluto fare.

L’incidente di Christopher aveva cambiato tutto, spronandola a fare qualcosa. Così aveva apertoil Luncheonette, e attirato l’attenzione di Alan Holt e della sua rete. Il piccolo locale di Gus nellacontea di Westchester, poco a nord di New York, era specializzato in spuntini veloci e tè

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pomeridiani. Era abbastanza vicino alla stazione perché i pendolari facessero un salto per una bibitao qualcosa da mangiare prima di prendere il treno. L’arredamento, chiaro e vivace con tavoli anticatibianco sporco e poltroncine imbottite a strisce bianche e rosse, era stato pensato per attirare lesupermamme durante le pause tra le mille attività extrascolastiche dei figli. La piccola ma accurataselezione di specialità, invece, doveva servire ad attrarre le cuoche più avventurose, una tipologiatrasversale sia alla categoria dei pendolari sia a quella delle supermamme.

Aprirlo era stato una scommessa, con due figlie piccole e la polizza sulla vita di Christopher chesi estingueva in un conto in banca. Eppure le era sembrato che avviare un’attività propria le avrebbegarantito il genere di flessibilità necessaria per crescere le bambine. E poi le era sempre piaciutocucinare. Amava sperimentare sapori e cucine del mondo, e presentare i suoi piatti in modo perfetto.

Gli amici, anche se con le migliori intenzioni, avevano disapprovato la scelta, incoraggiandolainvece a investire il denaro e a vivere di rendita. In realtà i soldi non sarebbero mai bastati. E poiGus in quel momento aveva voglia di rischiare. Dare una scossa alla sua vita.

Il rischio non l’aveva resa meno prudente. No davvero. L’incontro con Alan Holt si era rivelatouna straordinaria opportunità che non poteva permettersi di mandare all’aria. Gli aveva già servitodolci e tramezzini un’infinità di volte, senza mai sospettare che fosse qualcosa di più di un semplicecliente abituale. Finché un giorno lui le aveva dato il suo biglietto da visita dicendole che non glisarebbe dispiaciuta una cena casalinga per discutere una proposta d’affari. Gus aveva speratoardentemente che potesse fare pubblicità al ristorante.

Ricordava ancora benissimo la sera in cui, nella primavera del 1994, Alan era venuto a cena.Aimee e Sabrina erano adolescenti, mentre Gus era una mamma single e indaffarata, che ancorasentiva la mancanza del marito nonostante fosse scomparso già da sei anni. Era come se, dopo lamorte di Christopher, Gus avesse messo la propria vita in stand-by, in attesa di qualcosa che neanchelei riusciva a individuare, qualcosa che avrebbe reso la sua esistenza migliore. E così aveva riempitole sue giornate con il lavoro e le ragazze. Non le restava molta energia, giusto quel tanto che bastavaper sperare di riuscire a dare alle sue figlie la vita che il loro papà avrebbe voluto.

Il giorno fissato per la cena, Gus non aveva chiesto che di essere lasciata sola in cucina, cosìaveva spedito le ragazze a raccogliere un po’ di fiori. Qualcosa di allegro e colorato da mettere in unvaso. La maggiore, Aimee, era prontamente uscita sul retro e si era seduta su una delle poltrone divimini a braccia conserte; Sabrina, invece, si era allontanata con un’espressione che Gus non erariuscita a decifrare, tra l’imbronciato e il pensieroso.

Gus si aspettava che le ragazze tornassero a mani vuote e aveva preparato un centrotavola oreprima, lavorando alacremente mentre le figlie dormivano tranquille in uno splendido sabato mattinadi sole.

Aveva messo la sua composizione su un ripiano sopra la lavatrice. La richiesta di raccoglierefiori era stata solo un trucco per spedirle fuori dai piedi mentre lei trafficava in cucina.

E invece eccolo lì: sette sassi e una piuma.Ecco quello che Sabrina aveva sistemato al centro del lucido tavolo di palissandro.«Che ne pensi, mamma?» aveva chiesto la tredicenne, scostandosi dagli occhi la frangia nera eindicando una fila di pietre di fiume lisce, disposte in ordine di grandezza, e una bizzarra piuma

grigia che da lontano assomigliava più a una striscia di garza che a qualcosa che un tempo avevavolato.

Gus Simpson si era morsa il labbro, valutando il con tributo della figlia; aveva osservato iltavolo, con le tovagliette di lino color avorio, pulite e stirate, le porcellane preziose (anche quellespaiate ad arte, raccolte alle aste e nei mercatini, e di tanto in tanto nei negozi), i calici di vero

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cristallo e i bicchieri che aveva comprato in Irlanda anni prima. Vino rosso, vino bianco, acqua: unafollia costata più di tre mesi di mutuo. Gus si sentiva allo stesso tempo colpevole ed euforica quandoli vedeva. Ogni boccone, perfino l’acqua del rubinetto, aveva un gusto migliore con quel servizio.

Quella in Irlanda era stata l’ultima vacanza insieme a Christopher, un viaggio romantico senza lebambine. La sera tornavano sempre in camera presto, ansiosi di restare soli. Avevano riso guidandolungo la costa mozzafiato, in difficoltà con il cambio manuale, e per di più sul lato sbagliato dellastrada. Però ce l’avevano fatta. E questo rendeva ancor più incomprensibile l’incidente: Christopherpercorreva la Hutchinson Parkway tutti i santi giorni. Ma quella mattina aveva commesso un errore.

Ecco cosa succede quando abbassi la guardia.Gus non lo faceva mai: sapeva che ogni istante, ogni dettaglio aveva importanza. Persino una

tavola ben apparecchiata.L’argenteria appena lucidata splendeva sulle tovagliette di lino: il servizio di posate da sedici

era della sua bisnonna. Ogni famiglia ha la propria storia (quell’inverno in cui si è sopravvissuti astento, la lunga e impossibile traversata dal Vecchio Mondo) e anche la famiglia di Gus aveva la sua,naturalmente. Nel suo caso quella storia si intitolava Alla ricerca del Bello. Il servizio d’argento (unpo’ fuori moda, forse, perché troppo lavorato) era stato acquistato da Tiffany a prezzo di grandisacrifici, al ritmo di un coperto all’anno. Per questo veniva usato solo nelle grandi occasioni -Natale, Pasqua e Ringraziamento - anche dalle generazioni successive. La leggenda narrava che avolte ci si poteva permettere solo un cucchiaio, e coltelli e forchette dovevano aspettare tempimigliori. E così il servizio era passato, non senza causare tensione in famiglia, dalla madre alla figliamaggiore, per arrivare fino a Gus. Lei sì che lo aveva messo alla prova. Senza dubbio le sue nonneavrebbero

considerato frivolo il compiacimento con cui lei tirava fuori quei piatti e quelle posate,disapprovando un uso così frequente. “Tienilo da parte per il futuro.” Quello era stato il loro motto.“Metti via le cose belle e usale solo quando ne hai bisogno.” Il fatto era che Gus sentiva di avernedavvero bisogno.

Ma, vista l’occasione, era convinta che anche le sue nonne avrebbero approvato quella tavolaapparecchiata con tanto lusso, pronta per la deliziosa cena che ancora bolliva e borbottava in

cucina.Vellutata di asparagi, costata di agnello alle erbe, patate novelle al forno, pane fatto in casa e

cotto nel forno con un mattone bagnato per creare vapore (un consiglio di Julia Child in una copiaconsunta del più famoso manuale di cucina francese, Mastering thè Art of French Cooking, volumesecondo). E, per chiudere, una ricca, burrosa financière con sorbetto di lampone.

Quella cena doveva essere deliziosa. Casalinga, accogliente. Non capitava certo tutti i giorni cheil presidente di Cooking Channel venisse a casa tua portando con sé la possibilità di un futurodiverso.

«Mamma? Allora?» aveva insistito Sabrina.Ah, sì, la tavola. Quel centrotavola era l’unico elemento dissonante in un insieme altrimenti

perfetto.Era chiaramente inaccettabile.Gus era già sul punto di urlare alla figlia di ripulire quel disastro, correre di sopra a cambiarsi e

mettersi qualcosa di decente. E andare a cercare sua sorella e dirle di prepararsi.Le parole erano pronte a uscire a precipizio. Anche senza specchiarsi, Gus sentiva di avere

un’espressione truce. Quante volte aveva ripreso Sabrina e Aimee? Cambiati quella maglietta,abbassa la musica, metti in ordine la stanza, non lasciare gli asciugamani bagnati in giro. Come tutte

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le madri di adolescenti, Gus aveva risentito profondamente del fatto di essere diventata un clichéambulante: tutte quelle piccole cose che da giovane le sembravano stupide e trascurabili eranodivenute questioni di vitale importanza. Una vedova con due figli, niente di meno. Spegneva la luceogni volta che usciva da una stanza, indossava un maglione in più invece di alzare il riscaldamento.Usava i sottobicchieri per non macchiare il tavolo, mangiava gli avanzi. Tutta colpa dei conti dapagare: sono in grado di cambiare la prospettiva di una persona e, all’improvviso, ogni cosa diventafondamentale. Ogni singola cosa.

Anche una tavola apparecchiata. Gus sentiva di doverla sistemare.Poi, però, si era accorta dello sguardo carico di aspettative della figlia minore. Gli occhi

sgranati, la bocca un po’ aperta da cui si intravedeva il metallo dell’apparecchio. A Gus era balzatoil cuore in gola: aveva dato per scontato che quella triste decorazione fosse il modo in cui Sabrina lecomunicava che non le interessava il suo futuro professionale. E se invece avesse davvero cercato diaiutarla?

In quel preciso istante, Aimee era entrata nella stanza trascinando i piedi; senza dubbio era statamessa in allerta dai radar che avvisano tutti i ragazzi nel momento in cui un fratello o una sorella staper cacciarsi nei guai. Cos’è che rende una famiglia una formazione compatta di fronte alle minaccedall’esterno, ma che allo stesso tempo permette ai suoi componenti di attaccarsi impunemente inprivato? Più magra e cinque centimetri più alta di Sabrina, la frangia castana tinta di rosa con ilmascara per capelli, la quindicenne Aimee aveva guardato sua madre con un sorriso

compiaciuto.«Davvero carino» aveva detto, incrociando lo sguardo della sorella e indicando i sassi. «Mamma

le butterà via subito. Non è perfetto. E Gus Simpson non fa niente che non sia perfetto. Vero?» Poiaveva spostato il peso del corpo su un fianco, come se stare dritta fosse troppo faticoso. Era in attesalì anche Sabrina.

Gus esitò: la mamma che era in lei stava facendo a botte con la donna in carriera.«Secondo me la composizione di Sabrina è un amore» aveva dichiarato alla fine. «È moderna ed

essenziale. Resta dov’è.»Aimee aveva alzato gli occhi al cielo.«Vedi, Aimee, è uno stile molto karma. Quindi piantala» aveva esclamato Sabrina.«Credo che si dica zen, tesoro.»Gus sorrise ricordando la felicità sul volto di Sabrina, con l’apparecchio che scintillava e i teneri

occhi azzurri spalancati e brillanti. Aveva fatto la scelta giusta. Certo, si era sentita stringere lostomaco quando Holt aveva guardato la tavola con aria interrogativa. Ma non si era scusata; alcontrario, aveva lodato la creatività di Sabrina, ben sapendo che la figlia pendeva dalle sue labbra.«Essere una buona padrona di casa significa far sentire a tutti di aver contribuito» gli aveva dettosicura di sé, quella primavera di tanti anni prima.

Holt, padre divorziato, aveva annuito perplesso, per poi annunciare: «Lei è proprio la personache sto cercando».

E alla fine del dolce Gus Simpson, la sconosciuta titolare di una piccola tavola calda senzanemmeno un libro di ricette al suo attivo, aveva ricevuto la proposta di con durre alcune puntate di unprogramma su un canale appena nato.

La composizione di Sabrina era stata davvero un karma, in fondo.Et voilà! Era bastato qualche anno su Cooking Channel: Gus ebbe un immediato e strepitoso

successo.Sì, il problema con i successi immediati è che richiedono un lunghissimo lavoro preliminare.

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Ed eccola ora, nel 2006, la regina dei programmi di cucina. Aveva venduto il locale ormai datempo e viveva in una splendida villa a Rye, nella contea di Westchester, poco lontano da New York.Era proprio il genere di casa che Christopher avrebbe desiderato: tre piani, bianca con le persianenere, una grande sala da pranzo a sinistra dell’ingresso, un giardino d’inverno, un salottino che Gusaveva trasformato nella sua tana, una biblioteca con le pareti rivestite di legno, un angolo per lacolazione circondato da vetrate e un comodo salottino. Più tutto lo spazio necessario per la troupe.Appena fuori dalla portafinestra della cucina si apriva un ampio patio che dava su un soffice pratobordato di fiori; completa vano il tutto un laghetto ornamentale e una piccola cascata che gorgogliavadolcemente, tenendole compagnia quando era fuori nel roseto.

C’erano fin troppe camere da letto per una donna sola (le ragazze stavano facendo i bagagli per ilcollege durante la trattativa per l’acquisto, ma lei aveva com prato lo stesso), e decisamente pochibagni per una casa moderna. Aveva in programma di ristrutturare i piani superiori, ma in tutti questianni aveva avuto sempre troppo da fare.

Quella casa era la prova del suo successo. Le era piaciuta subito, soprattutto per i suoi piccolidifetti; era la sua lunga storia ad averla, in qualche modo, resa imperfetta. Gus l’aveva compratamentre stava preparando Cucina con gusto!, la sua terza trasmissione, quella di maggior

successo, sia di pubblico sia di critica. Ogni settimana ospitava uno chef famoso nella suameravigliosa cucina (già ristrutturata due volte), e insieme preparavano un pranzo con i fiocchi,chiacchierando e bevendo buon vino; raccontavano aneddoti sui ristoranti più celebri e facevano delloro meglio per convincere le telespettatrici che anche loro erano in grado di cucinare in quel modo.

Gus Simpson era sempre stata una brava cuoca, ma non era una chef, e lo sapeva. Si eradiplomata in foto grafia, sviluppando un occhio infallibile per le inquadrature, e con il Luncheonetteaveva avuto l’idea giusta al momento giusto. Il suo dono (perché di un dono si trattava) era la suacapacità di dare vita a un’esperienza indimenticabile. Era una padrona di casa eccezionale: facevasentire importante ogni singolo ospite, anche al di là di uno schermo televisivo, e la sua joie de vivredonava un gusto particolare a ogni piatto. Il prodotto principale di Gus era lei stessa, e si vendevabene-madre, figlia, migliore amica, anima della festa. E poi era bella. Non tanto da risultareinsopportabile al telespettatore medio, ma innegabilmente bella, con quei grandi occhi castani e ilsorriso aperto.

Insomma, era un piacere guardare Gus Simpson. Il pubblico e, di conseguenza, i produttori laadoravano. Gli amici, le figlie, i colleglli: tutti cercavano la sua compagnia. E lei, da parte sua, erafelicissima di potersi prendere cura di loro.

Eppure adesso sentiva che l’incantesimo stava per finire.Va bene, non aveva voglia di dare una festa per il suo compleanno. Dove stava scritto che doveva

farlo per forza? Gus cominciò a camminare su e giù per la cucina, contando tutte le persone chesarebbero rimaste deluse se non avesse organizzato nulla, a ogni passo più nervosa. Sempre a fare,fare, fare.

Forse compiere cinquant’anni significava soltanto che era arrivato il momento di cambiare un po’di cose.

«Toc toc...» Hannah Levine, sua amica e vicina, aprì la portafinestra. Nei sette anni della loroamicizia, ave vano sempre condiviso una sorta di intimità disinvolta. Ma non subito. Nell’estate del1999, la stessa domenica in cui si era trasferita alla villa, Gus aveva bussato a ogni porta delvicinato con una torta di lamponi appena sfornata per esprimere tutta la sua gioia di trovarsi lì. Untocco da maestra in puro stile Simpson, ricambiato con una serie di inviti a cena e l’inizio di moltirapporti cordiali. Nel giro era inclusa anche Hannah, che abitava proprio accanto, in una casetta

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bianca ricavata da quella che un tempo era la rimessa delle carrozze della villa di Gus. Hannahaveva aperto con un pigiama grigio sbiadito e i capelli rossi legati in una coda; aveva la pelle chiarae senza trucco, e uno sguardo sospettoso dietro gli occhiali spessi.

«Che torta è?» aveva chiesto, in parte nascosta dalla pesante porta di mogano. A quei tempi eraancora più magra, clavicole sporgenti e polsi ossuti. E nervosa, molto nervosa. Naturalmente Gus siera intenerita subito: Hannah sarebbe stata senz’altro aggiunta alla sua collezione di persone care daaccudire e nutrire. Come le sue figlie, i loro amici, i colleghi: erano tutti creta nelle sue mani.

Quell’estate Gus fu particolarmente invadente: bussò alla porta di Hannah con dolci e biscotti diogni tipo. La sua determinazione a fare amicizia era diventata ancora più salda quando si era accortache la gentile ma diffidente signorina in pigiama non sembrava ricevere altre visite. Hannah, cheall’epoca sfiorava ormai i trenta, era troppo vecchia per essere una figlia adottiva, perciò Guspreferiva pensare a lei come a una sorella minore.

Alla fine Gus e Hannah avevano scoperto di avere molto in comune: l’amore per il giardinaggio,i ritmi di lavoro non convenzionali, l’impegno nella ricerca del biscotto al cioccolato perfetto,l’abitudine ad alzarsi pre sto. Da tutto questo era nata un’amicizia vera.

Quando il corpo si sveglia prima dell’alba, come accadeva a Gus, può esistere un lungo lasso ditempo in cui sembra che al mondo non ci sia nessun altro. Per alcuni è un momento di pace; per leino: con la casa buia, le stanze delle ragazze vuote, i gatti che sonnecchiavano, si sentivatremendamente sola.

Per fortuna, era molto probabile che verso le sette Hannah stesse già attraversando il confine trale loro proprietà. Appena assodato che Gus non aveva intenzione di demordere, Hannah avevaaccettato la sua amicizia in tutta naturalezza. Fin dall’inizio aveva preso la bizzarra abitudine di nonbussare mai alla porta, ma di chiamare da fuori ed entrare. Fatto da chiunque altro, sarebbe stato ungesto maleducato; con Hannah, invece, sembrava perfettamente normale. E così se ne stavano seduteinsieme nel bovindo di Gus, su quelle poltrone troppo imbottite, intingendo biscotti nei cappuccini eparlando delle stesse cose di cui avevano parlato il giorno prima. Questo era il bello della loroamicizia: l’importante era stare insieme, non fare qualcosa di particolare. Era un’amicizia pocoesigente, insomma.

E d era un’amicizia preziosa: Hannah era la prima vera amica di Gus da quando era diventata unpersonaggio pubblico. Non esistevano manuali per imparare a gestire il passaggio a “quasi VIP” (o,per lo meno, Cooking Channel non le aveva dato niente del genere). In una società affamata dicelebrità, non ci vuole molto a trasformare una madre di famiglia con il pallino dell’ospitalità in unaicona dell’alta cucina. Sul finire degli anni Novanta Gus si era conquistata un certo seguito, grazieanche ai libri e alle agende di rito. Fantastico: Sabrina e Aimee ave vano potuto frequentare ottimescuole. Ma lo status di semicelebrità era diventato un ostacolo nei rapporti sociali: la gente la“conosceva” dalla tv, e sarebbe rima sta terribilmente delusa scoprendo che forse la vera Gus era unpo’ diversa dalla sua immagine televisiva. In parole povere, era difficile fare amicizia. Certo,chiunque avrebbe fatto carte false per poter dire di essere amico intimo della conduttrice di Cucinacon gusto! Molto più complicato era conoscere qualcuno che avesse voglia di sapere chi fossedavvero Gus Simpson.

Hannah Levine, però, era completamente diversa dagli altri.Tanto per cominciare non guardava la tv. Be’, non proprio. Hannah seguiva vari canali di notizie

non-stop: CNN, NBC, Fox News. Ma telefilm, sit com, programmi di cucina o di arredamento...quelli assolutamente no. Si rintanava in casa, nel suo studio pieno di libri e con due televisorienormi, e scriveva un articolo dopo l’altro per diverse riviste femminili. A volte in jeans ma più

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spesso in pigiama, con tanto di pantofole di pelouche ai piedi e una ciotola di M&M’s a portata dimano. Hannah era una giornalista free-lance specializzata in temi legati alla salute, cosa che larendeva un tantino ossessiva sull’argomento. Però lo era in modo benevolo, altruistico; per esempiosi preoccupava molto se un estraneo si schiariva la gola in modo strano (tosse asinina?), ma non davanessun peso alle proprie potenziali malattie. E avere internet come unica compagnia durante lagiornata non faceva che incoraggiare la sua cybercondria.

L’aria sospettosa con cui Hannah aveva guardato la torta ai lamponi veniva da un articolo cheaveva appena scritto su un’epidemia di Escherichia coli provocata dai frutti di bosco. Non sembravaparticolarmente impressionata dal fatto che Gus fosse famosa. In tutti quegli anni, dunque, Hannahnon aveva guardato una sola puntata dei programmi di Gus. Lei la adorava per questo.

Gus fece cenno a Hannah di entrare, nonostante fosse già a metà strada verso la caffettiera. Gus leaveva lasciato una tazza sul bancone, con il cucchiaino sul tovagliolo e qualche fetta di ciambellaalla banana su un piattino. «Ieri sera ho finito un articolo sui rischi che derivano dal trascurare i piedidoloranti» disse Hannah dopo

aver bevuto il primo sorso di caffè caldo. «Tu stai sempre in piedi durante la trasmissione?Perché avrei qual che idea per renderti la vita più semplice...»

«Non ti preoccupare, tanto d’ora in poi condurrò il programma su una sedia a rotelle» risposeGus, scuotendo la testa davanti allo sguardo preoccupato di Hannah. Le indicò il «New York Times».«A quanto pare sono pronta per la pensione.»

Hannah scorse l’articolo. «Be’, almeno ci sei. Lo sai come funziona: se i giornalisti parlano di tesignifica che sei ancora importante.» Fece una smorfia per farle capire che stava scherzando.

«Mi sento un po’... così... Hai presente?»«E per questo che non ho ancora ricevuto l’invito per il tuo compleanno?» chiese Hannah. «Con

chiunque altro avrei pensato di essere fuori dalla lista. Ma visto che sei tu, ho immaginato che cifosse qualcosa che non andava. Il tuo compleanno è tra poche settimane e devo ancora decidere cosamettermi.»

Ora fu il turno di Gus di sorridere. «Che ne dici del vestito grigio?» suggerì.Hannah lo indossava ogni anno; lo aveva comprato in uno dei rari pomeriggi di shopping con

Gus.Hannah odiava lasciare la sua tana, e odiava indossare abiti che non fossero comodi e sportivi.«Credo proprio che metterò quello» rispose annuendo. Non si offendeva mai alle prese in giro

dell’amica.Rimasero per un po’ in silenzio, in totale relax, mangiando il dolce e sorseggiando il caffè,

intenzionate a rimandare il più possibile il momento di mettersi al lavoro. Lo facevano tutte lemattine.

Squillò il telefono. Erano solo le 7:08.«Chi può essere?» Gus non aveva riunioni in programma e la trasmissione si registrava di

mercoledì.Che fosse successo qualcosa a Sabrina? Di sicuro Aimee dormiva ancora.Prese il cordless e rispose.«Certo, certo, senz’altro» disse, saltando in piedi e quasi versando il caffè sulla poltrona bianca.

Poi riagganciò.«Be’, grazie al cielo» esclamò. «Era il produttore esecutivo. La cattiva notizia è che devo essere

in città, pronta per la diretta, in meno di due ore; quella buona è che Gus Simpson non è una minestrariscaldata.»

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2Dalla finestra della camera da letto, Gus vide la berlina nera percorrere il vialetto in mezzo alla

neve.Puntualissima. Prese in fretta il beauty case e un assortimento di sciarpe di seta, nel caso le

venisse voglia di cambiare look, poi uscì per andare incontro all’autista. Era un uomo basso, con icapelli grigi corti e una cravatta rossa.

«Buongiorno!» lo salutò Gus in agitazione. «Dobbiamo sbrigarci.»«Buongiorno» rispose educatamente lui aiutandola a salire in macchina. «Ho già ricevuto

istruzioni.Allacci la cintura.»Lei lo liquidò con un cenno. Non la metteva mai se al volante c’era qualcun altro, un’abitudine

che nascondeva alle figlie e ai suoi produttori. Odiava quel senso di costrizione, la sensazione dellacintura che le passava sulla gola.

L’autista allacciò la propria, poi si voltò a guardarla con aria interrogativa. «Se non la mette, laresponsabilità sarà mia. E non possiamo permettercelo, vero?» chiese sempre sorridendo.

Christopher aveva la cintura allacciata. Così almeno aveva detto la polizia. Nessun segnale inquel giorno del 1988, nessuna minaccia nell’aria, nessun presentimento avvertì Gus che stava persuccedere qualcosa di brutto.

In seguito si era chiesta spesso se aveva tralasciato qual che indizio importante, se avevaignorato qualche segno premonitore. Ma, per quanto si sforzasse, non era mai riuscita a ricordareniente di significativo.

In una giornata qualsiasi Christopher era uscito per andare al lavoro, e poi, più tardi, mentre leipreparava le lasagne ai funghi, un agente di polizia si era presentato alla porta. Ecco tutto. Si chiesese i poliziotti facessero ancora così, se comparissero ancora a casa della gente a portare cattivenotizie.

Non riusciva nemmeno a ricordare le parole esatte dell’agente. Le era rimasto impresso solo ilparticolare della cintura di sicurezza e lo sguardo mesto del poliziotto. La sua vicina, la signora

Clarkson, era venuta a stare con le bambine; non si conoscevano molto bene, ma non aveva esitato adaccettare la sua richiesta. Era stata veramente gentile. E così si era ritrovata in ospedale, davanti aChristopher ridotto a un ammasso livido e tumefatto. I medici continuavano a ripeterle cose senzasenso tipo “encefalogramma piatto”.

«Ehi, c’è nessuno là dentro? Encefalogramma piatto?» Così diceva spesso Gus al marito,soprattutto quando le bambine erano piccole ed era arrabbiata per ché lui sosteneva di non esserecapace di vestirle. «Non potresti farlo tu visto che sei così brava?»

E allora Gus le vestiva, le portava a scuola, e poi lo puniva con battute sarcastiche. Lui non eracerto da meno. Non era stato un matrimonio perfetto il loro.

Però si erano amati profondamente, con quell’intensità che nasce da una grande passione e da unafiducia incondizionata. Avevano visto tanta disperazione men tre erano nei Corpi di pace, e laricordavano abbastanza bene da apprezzare ciò che possedevano prima di lasciarsi trascinare dadettagli insignificanti. Mai, nemmeno una volta, Gus aveva temuto che le frustrazioni della routinequotidiana potessero incrinare il loro rap porto. Anche quando era al massimo dell’irritazione e dellastanchezza, quando si infuriava ogni volta che Christopher pranzava fuori per lavoro (mentre a leitoccava restare a casa a guardare i cartoni animati). Poi lui si faceva sempre perdonare, anche se nonce n’era davvero bisogno, e portava Aimee e Sabrina al parco di sabato mattina perché Gus potesse

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dormire un po’ di più. «Ti chiudo dentro» diceva. «Non osare alzarti prima del nostro ritorno.»Quante notti erano rimasti svegli in quel letto a par lare a bassa voce, a volte stanchi dopo aver

fatto l’amore, a volte sfiniti dalle due piccole pesti. «Dammi quei ghiaccioli» sussurravaChristopher, simulando un lamento appena Gus appoggiava i piedi, sempre gelati, sotto le sueginocchia. Si raggomitolavano e parlavano di tutti i posti in cui volevano portare Sabrina e Aimee,dei cambiamenti che volevano fare in casa, della mossa successiva nella carriera di Christopher, deisogni di Gus. Il futuro sembrava affascinante ed entusiasmante, un dono misterioso che avrebberopotuto scartare con calma.

Il medico di turno aveva insistito sul fatto che Christopher non provasse dolore. Strano, con tuttiquei lividi. Poi, in quei primi momenti, lei stessa si era sentita stranamente insensibile, con tutte ledecisioni da prendere, e così anche dopo, fra le condoglianze e le visite dei vicini. Fra tutti glisguardi di approvazione per come stava affrontando bene le cose.

«Riesco sempre a capire quando qualcuno ha sofferto» le aveva detto una donna, una sconosciuta,alla presentazione del suo primo libro di cucina a metà degli anni Novanta. «In televisione lei èsempre allegra, ma io riesco a vedere la sua aura. La tristezza la circonda come una nuvola. Vorreitanto poterla abbracciare.»

Gus si era tirata indietro, ringraziando comunque per quelle attenzioni.Dentro di sé, però, aveva temuto che anche altri potessero leggerle così nel profondo.«La cintura di sicurezza, per favore.» L’auto nera non si era spostata di un millimetro.Gus fece un cenno all’autista e afferrò la cintura.«Mi scusi, mi ero distratta» rispose, con un pallido facsimile di sorriso. Era la cosa che le

piaceva di più dei viaggi in macchina: la possibilità di stare sola con se stessa. Di solito si trattavadi tragitti brevi, così non doveva preoccuparsi se i pensieri si facevano troppo tristi. A casa eradiverso; lì preferiva tenersi sempre occupata per non rischiare di cedere alla malinconia. Era piùfacile quando le ragazze erano piccole e rallegravano l’ambiente con i loro litigi e le porte sbattute.Con loro le distrazioni non mancavano. Anche adesso Sabrina e Aimee le richiedevano uno sforzomentale spropositato; non aveva nemmeno il sollievo di poterle finalmente mettere a letto la sera. Inun certo senso era strano quanto fosse più in ansia per loro da quando erano andate via di casa.

Aimee era sempre stata la più forte delle due, seria e capace. Persino la sua fase adolescenzialeera durata poco. Più che altro era sembrato un esperimento prima di scegliere il suo ruolo. Si potevasempre contare su di lei: studentessa brillante, tesoriera del consiglio studentesco, strada spianataper gli studi di economia. Davvero intelligente quella ragazza. Per non parlare del grande aiuto che leaveva dato nei giorni “d.C.” (dopo Christopher), quando l’unica cosa che Gus desiderava era restalea letto giorno e notte a pensare e ripensare al momento in cui l’aveva abbandonata e a come avrebbepotuto salvarlo. Avrebbe potuto convincerlo a darsi malato, togliendolo dalla strada, o suggerirgli diprendere il treno. Sì, avrebbe dovuto fare così.

Invece di quel poliziotto, alla porta avrebbe trovato Christopher, che bussava perché aveva persole chiavi e moriva dalla voglia di assaggiare le lasagne ai funghi. Solo quando il suo piano disalvataggio di Christopher sembrava perfetto in ogni dettaglio, solo quando era abbastanza calmadopo aver analizzato e rivissuto gli eventi di quel giorno nella nuova prospettiva, riusciva a provareun momento di sollievo. Molto breve, prima che la realtà della morte di Christopher prendesse ilsopravvento aprendo di nuovo la strada al dolore.

E poi c’era Aimee. Di ritorno dall’ospedale Gus l’aveva trovata sulle scale, in pigiama, adaspettarla.

Aimee era entrata nella sua stanza in piena notte, guardinga e con gli occhi sgranati, prima che

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Gus cominciasse a piangere nella doccia per coprire il rumore.«Va tutto bene» aveva detto. «Ho coperto le orecchie di Sabrina.»Gus era stata costretta a riprendersi. Non aveva scelta, giusto? A se stessa avrebbe pensato in un

altro momento. Non avrebbe deluso Christopher: ciò che contava di più erano le loro figlie.Eppure adesso Gus si sentiva più distante che mai dalle ragazze. Aimee la chiamava di rado, e,

quando si vedevano, Gus trovava molto difficile entrare in sintonia con quella figlia sempre piùsuscettibile.

Pareva che quella ragazza sentisse il peso del mondo sulle spalle.Sabrina d’altro canto era sempre stata piuttosto incostante, persino un po’ eccentrica. Benvoluta

da tutti ma ingenua: Gus non si sarebbe sorpresa di scoprire che la figlia aveva spedito soldi inNigeria dopo aver ricevuto un’e-mail. Sabrina si fidava troppo, troppo. Si tuffava a corpo morto inogni cosa senza guardare, per poi tornare dalla mamma perché rimettesse insieme i pezzi.

Quando era partita per il college (il primo, perché ne aveva frequentati due), Gus si era svegliatain piena notte, sconvolta: aveva sognato che una banda di rapi tori le aveva portato via la suabambina e aveva cercato di annegarla nel WC.

A volte faceva ancora quel sogno.«La città la rende nervosa?» chiese l’autista accendendo la radio.Gus alzò la testa; si rese conto di avere un’espressione corrucciata.«No, ci vado spesso» tagliò corto, cercando di dissuadere l’uomo dal fare conversazione. Ahimè,

non ebbe fortuna.«Splendida casa la sua» continuò lui.«Grazie.»«E da molto che ci vive?»«Sì» rispose lei. Poi aggiunse per non sembrare sgarbata: «Da sette anni».«Quante stanze ha?»«Diciannove.»«Ma è pazzesco, sono troppe!»Gus fissò l’autista: avrebbe voluto mantenere un atteggiamento sostenuto, poi però vide il suo

largo sorriso nello specchietto retrovisore e scoppiò a ridere.«Ha ragione, sono troppe. Una volta avevo una casa molto più piccola in realtà. Ma si vince in

questo quiz?»«Lo sapevo!» esclamò l’autista.«Cosa?»«Le ci voleva solo un po’ di incoraggiamento. Mi piace chiacchierare mentre guido, e ho un certo

fiuto per le persone. Sapevo che sotto sotto lei è un tipo simpatico.»«Al contrario. Sono una pessimista di professione.»«Anche io. Il mondo va a rotoli» disse allegramente l’autista, immettendosi sulla superstrada. Un

SUVrosso rallentò proprio mentre stava per cambiare corsia. «E quella macchina ne è la prova. Ma

non è un buon motivo per non farsi due risate ogni tanto.»Attaccò a fischiettare, mentre si avvicinavano a passo d’uomo all’ingorgo.«Ecco la ricompensa dell’autista» continuò lui guardando nello specchietto. «Ore e ore in mezzo

ai gas di scarico. E lei cosa fa?»«Cucino.»«Ha un ristorante?»

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«No, cucino e basta.»«Ah, è una casalinga! Detto così però suona moltomeglio.»«Ecco, non proprio una casalinga, una specie. Una volta lo ero, comunque. Adesso mi pagano per

cucinare. Sono brava a organizzare feste.» Gus si sporse in avanti, quel tanto che la cinturapermetteva, e respirò a fondo. «Lei sa chi sono?»

L’autista le lanciò una breve occhiata; vista la velocità a cui procedevano, più che su unasuperstrada sembrava di stare in un parcheggio.

«Non ne ho la più pallida idea» rispose. «Non si offenda, non conosco tutti i miei clienti. Lasettimana scorsa ho portato Angelina Jolie e Colin Farrell. Non insieme, non sto insinuando nulla.»

«Certo che no» disse Gus rilassandosi. Era tanto che non scambiava qualche parola con unestraneo. A quel l’uomo avrebbe potuto raccontare che era un’astro nauta e per lui non sarebbecambiato nulla.

Negli ultimi dieci anni aveva vissuto la strana e inaspettata transizione dallo stato di personaqualsiasi a persona che deve badare a quello che dice, per evitare che un commento casuale finissesui tabloid. Il titolo GUS SIMPSON

ODIA I PISELLI aveva scatenato un’ondata di proteste della lobby dei piselli (!) indirizzate adAlan Holt, a cui erano seguite severe note di produzione di Porter e un mea culpa ufficiale culminatoin una puntata dedicata alla zuppa di piselli. E tutto perché al ristorante Jean-Georges Gus avevaordinato un’insalata senza piselli

«Io odio i piselli» esclamò Gus d’impulso.L’autista dai capelli grigi sembrò prendere la dichiarazione come la cosa più naturale del mondo.

«Io non ho molta simpatia per gli asparagi, ma mia moglie li adora. E che li trovo sempre cosìmolli.»

«Oh no, basta una veloce cottura a vapore» spiegò Gus. «Riempia con poca acqua il fondo di untegame e li lasci cuocere con il coperchio per pochi minuti. Poi li rimette sul fuoco senza acqua e licondisce con un po’ di limone e pepe.»

«Allora è proprio una cuoca. E famosa sul serio? Come si chiama? Io sono Joe.»Lei esitò. «Augusta.» Poi, sentendosi un po’ meschina, confessò: «Però tutti mi chiamano Gus. Da

sempre».«Gus? E un nome adatto a un meccanico sporco di olio, non a una bella signora come lei.»«E stata mia cugina a chiamarmi così, come il topino grasso di Cenerentola» rispose Gus. Perché

non se ne stava zitta una buona volta? No, quella conversazione era troppo piacevole. «Sa... ilcartone animato. Mia madre non amava il soprannome, ma mio padre lo trovava carino. Così mi èrimasto addosso.»

«Ora non è affatto grassa» disse l’autista in tono di apprezzamento. «Se posso permettermi.»Gus arrossì. Non si sentiva più molto a suo agio con gli uomini dopo Christopher. Anche un

commento innocente come quello di Joe la imbarazzava. Già prima di conoscere suo marito avevaqualche difficoltà a gestire i tentativi di abbordaggio, e, dopo l’incidente, be’, dopo non c’era statopiù il tempo. E non era mai il momento giusto. Poteva contare sulle dita di una mano le volte in cuiera stata in un bar, ai tempi dell’università. Aveva sempre pensato di essere un disastro a flirtare. Eracapace di preparare un pollo alla francese in un batter di ciglia, dare un ricevimento per centopersone con un solo giorno di preavviso, ma di rado riusciva a rispondere a tono, a meno di nonavere una settimana di tempo per rifletterci. (“Se può permetterselo?” avrebbe potuto dire. “Icomplimenti non hanno calorie.” E poi avrebbe buttato indietro la testa ridendo di cuore: “Ah ah ah!

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”.)La cosa più vicina al civettare per Gus erano i teneri, occasionali complimenti di Porter, che

però era felice mente sposato. A volte Gus sospettava che fosse proprio la moglie a incoraggiarlo. Itre erano buoni amici da dieci anni.

«Diciamo che ero un po’ paffuta» replicò lei. "All’università ho provato a farmi chiamareAugusta, ma mi sembrava di indossare un vestito troppo largo.»

Joe premette appena sull’acceleratore, ma senza esagerare a causa della neve. «Non si preoccupi,arriveremo in tempo. Conosco un paio di scorciatoie.»

«Le piace il suo lavoro?» chiese lei.«Guidare è faticoso, non c’è dubbio. La gente pensa che sia facile, ma non esistono lavori facili.

Lo stress c’è ovunque. E a stare tanto tempo seduti fa male la schiena.»«Dovrebbe sgranchirsi le gambe dopo ogni corsa» Buggeri Gus.Scuotendo la testa, Joe le spiegò che con i suoi orari non era possibile. «Ho capito che tipo è lei,

Augusta detta Gus. Lei è di quelli che danno consigli.»«Ebbene sì» ammise Gus. Esitò un istante. «Non riesco a trattenermi. Vedo una cosa storta e devo

rimetterla a posto!»«Conosco il genere: ne ho sposata una. Vuole sempre parlare, parlare, parlare, soprattutto quando

io avrei voglia di guardare la tv.» L’autista abbandonò la Frank lin D. Roosevelt Drive e svoltò sullaNovantasettesima per poi fermarsi a un semaforo rosso.

«Odio quando gli altri sbagliano. Sento quasi un dolore fisico. Forse è la stessa cosa per suamoglie.»

«Be’, sicuramente anche lei avrà commesso qualche errore.»«Troppi, direi» rispose Gus. «E per questo che ora so cosa fare.»Rimasero in silenzio per un po’ mentre la macchina percorreva Second Avenue. Gus vide la

lavanderia a secco, la palestra, il fiorista. «Una volta abitavo qui, con mio marito.» Joe annuì. «Sichiamava ancora Yorkville allora.»

«Prima di fare carriera, eh?»Le agenzie immobiliari avevano ribattezzato quel quartiere Carnegie Hill alla fine degli anni

Novanta, appena i prezzi erano saliti. Ma quando lei e Christopher, freschi di laurea, dopo l’annopassato a scavare pozzi in Africa, avevano affittato un monolocale nel palazzo tra laNovantacinquesima e Madison, quella zona era decisamente troppo a nord per essere di moda.Allora era così eccitante l’idea di condividere una casa, vivacizzare una stanza con vasi di vetro dapoco prezzo pieni di acqua colorata verde, rossa e blu! Dormivano in un divano letto, di certo moltopiù comodo di quello che usavano in Africa.

Christopher sognava di diventare giornalista, e scriveva per chiunque lo pubblicasse; Guscorreggeva i suoi articoli e stava sveglia con lui fino a tardi per preparargli il caffè e offrirgliun’opinione esterna. Ma l’entusiasmo e la speranza non pagavano i conti.

Alla fine lui aveva accettato di lavorare con il padre, che vendeva strumenti chirurgici; si eranotrasferiti a Westchester per essere più vicini alla sua area di vendita e alla famiglia di Gus. Unafortuna, perché aveva avuto bisogno di aiuto quando Aimee e Sabrina erano arrivate in rapidasuccessione. Non si sarebbe mai immaginata che fosse così dura.

Guardò la sottile fede d’oro che portava al mignolo della mano destra. Era l’anello di sua madre,l’aveva fatto adattare dopo la sua morte. A quell’epoca anche suo padre se n’era già andato. “Sonoufficialmente orfana” pensò. Orfana e vedova. Due al prezzo di una.

Dal finestrino vide il Food Emporium, la libreria Barnes&Noble, il ristorante Heidelberg e la

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pasticceria tedesca, gli ultimi resti di quella che una volta si era chiamata Germantown. Yorkville,poi Germantown: ogni manciata di edifici testimoniava un diverso mondo, una diversa comunità, unadiversa cucina.

«Tutto cambia» sospirò Gus.«In un certo senso è un bene» replicò Joe.«Una volta mi piaceva il cambiamento» disse leilasciando uscire le parole quasi fosse una confessione. «Ora invece mi rende nervosa. Per questo

mi sento un po’ bloccata.»Non frequentava la chiesa da anni; aveva smesso quando aveva deciso che Dio non aveva

bisogno di un’altra miscredente, una che lo cercava solo quando le cose andavano male. E poi avevail forte sospetto che Dio non esistesse. O, almeno, crederlo rendeva tutto più semplice. Così sitrovava improvvisamente ad aprire il suo cuore a un gentile autista di una Lincoln nera.

«La gente deve raccontarle le cose più incredibili» aggiunse Gus, con una punta di imbarazzo.«Già. E c’è anche chi fa follie sul sedile posteriore. Ma il rapporto tra autista e passeggero esige

la massima riservatezza, quindi non posso rivelarle nulla» ridacchiò lui svoltando verso ilRockefeller Center.

Gus osservò le affollate strade del centro, tutti quegli uomini e quelle donne che si affrettavanoverso le loro destinazioni. Quello era il bello della città: l’energia, l’elettricità nell’aria. Forse,pensò, aveva bisogno di catturarle di nuovo. Forse era il momento di dare alle persone intorno a leigli ingredienti necessari perché si costruissero una vita di successo, per poi, finalmente, dedicarsi areinventare un po’

se stessa. L’aveva già fatto in passato, ed era riuscita a trovare la strada per un’esistenza e unacarriera completamente nuove.

«Ci siamo quasi» annunciò Joe. «Ma lei è di nuovo seria.»«Abitudine.»«Le abitudini sono fatte per essere cambiate, lo ripeto sempre.»«Non quelle buone.»«Gus, le auguro una splendida giornata» disse Joe accostando. «Però devo ammettere che lei mi

sembra proprio una catastrofista.»«Come potrei non esserlo?» rispose lei raccogliendo le sue cose. «Ho due figlie.»Aimee guardò l’orologio con aria stanca. Aveva puntato la sveglia cinquantacinque minuti prima

del solito con l’idea di andare in palestra. Anche se aveva deciso di cominciare un nuovo programmadi fitness il giovedì precedente, aveva aspettato il lunedì per iniziare.

Prima di abbandonare il tepore delle lenzuola di cotone color ambra (saldi di gennaio da Macy’s:sconto del 25%, più un 10% con i buoni), lanciò una rapida occhiata alla finestra spoglia (nientescuri, niente tendine, nemmeno una mantovana): non riusciva neppure a distinguere la sagoma delgrattacielo di fronte. Non vedeva altro che bianco. Aaah! Neve! E, come tutti sanno, alle ragazze èpraticamente vietato andare in palestra quando nevica. “A volte i vantaggi di vivere a New York infebbraio sono imperdibili” pensò.

Si tirò il piumone fin sopra la chioma castano chiaro, folta e spettinata, e finse che la sveglia nonavesse suonato. Ma, proprio mentre stava ricadendo nel sonno, fu svegliata bruscamente da una seriedi forti colpi in corridoio.

Sabrina. Di sicuro era Sabrina.Aimee uscì dalla sua camera e vide la sorella minore che cercava di raccogliere in una pila

ordinata alcuni bozzetti sparsi sul tavolo. Come sempre era vestita in modo impeccabile, in tailleur

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lilla con la gonna appena svasata. Niente a che vedere con il pigiama sformato e sbiadito di Aimee.«Credevo che avessi dormito da Billy» disse Aimee affacciandosi alla porta. Abitare insieme a

una sorella che gioca a moglie e marito con il fidanzato di turno ha il grande vantaggio di lasciarti unsacco di spazio a disposizione. Aimee sentì il richiamo del letto, vuoto ma caldo, morbido einvitante. Il cuscino aveva ancora l’impronta della sua testa.

«Infatti, ma ho una riunione tra mezz’ora e sono dovuta venire fin qui perché ho dimenticato idisegni!»

Sabrina smise di agitarsi per un millisecondo e lanciò un’occhiataccia alla sorella. «Mi dai unamano o no?»

«Mm, no» biascicò Aimee. «Io mi occupo di economia... mi impegno per evitare disastri globali,non individuali.»

«Aimee! Se non ottengo questo lavoro non posso pagare la mia parte di affitto.» Sabrina non simosse, confidando che il potere del denaro (o della mancanza di denaro) spingesse Aimee all’azione.

«Vuoi qualche suggerimento, sorellina?»«Basta che non mi dici come devo vivere. Ho solo bisogno che mi aiuti per trenta secondi a

trovare la mia cartella.»«Okay.»«L’hai vista?»«Sì, ti ho lasciato un messaggio ieri sera per avvertirti che era sul divano e che l’avrei buttata

via.»«Cosa? Non ho avuto tempo di ascoltare la segrete ria» piagnucolò Sabrina. «Non ci posso

credere! Hai buttato la mia presentazione!»Una volta, tanto tempo prima, in quel periodo con fuso tra la morte del padre e l’inizio della

carriera televisiva della madre, Aimee si era talmente infuriata per il disordine che Sabrina lasciavain giro da infilare il tema di storia di sua sorella giù per il tritarifiuti. Ciao ciao, Isabella di Castiglia.Poi era stata punita in qualche modo - forse le era stato vietato di uscire o di guardare la tv - ma neera valsa la pena, eccome.

In seguito Aimee si era chiesta come mai a sua madre non fosse venuto in mente un castigo un po’più “personalizzato”, per esempio mettere in disordine il suo lato della stanza o impedirle dimangiare le verdure in ordine alfabetico. Qualcosa che avesse davvero un impatto su di lei, insomma.

A ogni modo, la storia del tema triturato era diventata un ricordo di famiglia, uno di queglianeddoti che si raccontano spesso ingigantendoli ogni volta, fino a dipingere Aimee come una sortadi gelido cetriolo e Sabrina come... Cosa? Un pomodoro maturo? No, qual cosa che aveva bisogno dicure e attenzioni. Una pesca.

Sì, ecco cos’era Sabrina: una pesca.Aimee la stava guardando con distacco, ma nel profondo si stava divertendo da matti. Non

importa quanti anni hai, c’è qualcosa di meraviglioso nel tormentare una sorella, un sensoinspiegabile di potere. Ancora meglio farlo in presenza di un genitore, ma anche così andavabenissimo. «Dovresti badare un po’ di più alle tue cose» biascicò Aimee, tornando nella sua stanzamentre Sabrina cominciava ad agitarsi sul serio.

«Risparmiami le tue prediche» urlò Sabrina seguendo la sorella per continuare a litigare.Sospirando esasperata, Aimee indicò l'armadio. Sabrina si voltò e vide la sua cartella appoggiata

a un’anta aperta, la afferrò per le maniglie e uscì dalla stanza; poi, con uno sforzo studiato, cercò disbattere la porta d’ingresso. Quasi impossibile visto che era fatta apposta per non chiudersi di colpo.Aimee apprezzò comunque il tentativo.

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Aspettò che la porta si richiudesse, poi girò la chiave e andò a guardarsi allo specchio del bagno.«Sei un po’ stronza, sai?»La sua immagine le rispose con una linguaccia.

Miracolo. Sabrina aveva trovato un taxi. Alle prime gocce di pioggia, ai primi fiocchi di neve, i

newyorkesi si lanciavano sui taxi, guardando poi dai finestrini i poveri fessi ancora sui marciapiedi.La spruzzata di neve di quella mattina aveva fatto il deserto tra le auto gialle, ma Sabrina, appostataal solito angolo, ebbe fortuna. Molti sceglievano punti strategici che, per istinto o esperienza,sapevano essere buoni.

Il primo comandamento della religione tutta particolare di Sabrina le vietava di prendere i mezzipubblici («Non mi piace viaggiare sottoterra» aveva spiegato mille volte ad Aimee). Quando sisvegliava nell’appartamento a Tudor City che condivideva con la sorella le bastava percorrere apiedi tre isolati fino al suo angolo fortunato. Se invece era da Billy, nell’Upper East Side, andavaall’incrocio tra la Novantaseiesima e Second Avenue; l’anno prima, quando stava con Troy,camminava dal suo appartamento di NoLita fino all’angolo tra Mercer e Houston. Ottimo postoquello.

I taxi erano uno dei motivi per cui abitava con Aimee, invece di affittare un monolocale tutto persé: a Sabrina serviva un reddito che le garantisse il margine per i taxi. Nei primi anni dopo ilcollege, durante il tirocinio, aveva a malapena i soldi per l’abbonamento alla metropolitana. Ma,dopo un paio di buoni ingaggi come arredatrice, aveva assaporato il piacere di farsi scarrozzare, enon sarebbe mai tornata indietro. E suo sogno, nemmeno tanto segreto, era di riuscire un giorno adavere una mac china con autista personale. Un’ambizione molto snob, certo, ma che valeva tuttequelle ore di lavoro. Billy, con cui stava insieme da quattro mesi, spesso si lamentava del fatto chelei lavorasse troppo. Chissà cos’avrebbe detto Aimee se l’avesse saputo... “Tu che lavori troppo?C’è davvero qualcuno che lo pensa?” E poi Aimee avrebbe riso, con quella sua aria di superiorità.

Era stato sempre così tra loro? Sabrina aveva il ricordo, o meglio la sensazione, di giorni piùfelici. Sua madre diceva sempre che un tempo erano inseparabili, ma lei ricordava solo litigi, capellitirati e Aimee che a scuola faceva finta di non conoscerla. Anche se Sabrina aveva molti amici, lainfastidiva, ora come allora, che la sorella la considerasse un peso in presenza di altri. Bastava unniente per farle perdere le staffe, come quella volta che aveva buttato il suo tema di storia neltritarifiuti. Isabella di Castiglia ridotta in poltiglia. Così aveva detto.

Gus non l’aveva punita duramente. Aveva cercato di appianare le cose, come sempre. Per lei eraimportante che tutto filasse liscio. Si aspettava molto dalle sue ragazze.Sabrina aprì in fretta la cartella per assicurarsi che ci fosse tutto. Magari Aimee aveva davvero

buttato via il suo lavoro, magari l’aveva messo nel forno o nel frullatore. Tastò l’interno con le dita,sollevando appena la copertina: ogni cosa era al suo posto. C ’erano delle penne in un taschino che ilgiorno prima era vuoto, e... e quello cos’era? Una barretta ai cereali e una bustina di Cheerios.

Aimee, ovviamente.Ce li aveva messi Aimee.“E segreto per preparare delle squisite uova strapazzate è cuocerle in una padella con una noce di

burro e mescolarle di continuo con un cucchiaio di legno, a fuoco medio-basso. Bisogna resisterealla tentazione di alzare la fiamma e chiudere il tutto in due minuti. Solo con la pazienza le uova siaddensano rimanendo soffici e molto, molto leggere” si disse Aimee. Tracciò degli scarabocchiimmaginari nel composto fluido, attenta a non sporcarsi. Il piatto, con un ricciolo di ketchup, erapronto accanto al fornello, la forchetta sul tovagliolo piegato. Una fetta di pane era già ad

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abbrustolire nel tostapane di acciaio inox.«Mescola, mescola, mescola» ripetè a voce alta, ricordando le istruzioni della madre quando

insisteva perché la aiutasse a preparare la colazione.«Mescola... e non te ne pentirai!» esclamo allegra mente Gus.Aimee si voltò di scatto facendo quasi cadere la padella.«Mamma?»Silenzio.Buffo come la pazzia possa coglierti all’improvviso.Un conto è ricordare, un altro è sentire davvero la voce di tua madre fuori dalla tua testa. Qual è

la procedura standard in caso di follia? Ti dai malata? Vai al pronto soccorso? Aimee aspettò unsecondo prima di riprendere a mescolare, certa che si fosse trattato solo di uno di quei momenti incui un rumore qualsiasi pare un suono familiare.

Poi la sentì di nuovo. Gus, che parlava lentamente e con chiarezza. Oddio, che fosse mortadurante la notte e avesse iniziato a perseguitarla? Una volta l’aveva visto in un film, anche se in quelcaso il defunto cercava di svelare un importante segreto che avrebbe salvato l’in tera famiglia da unamaledizione.

«Mamma, se sei tu, di’ qualcos’altro.»«Non mi sognerei mai di mettere il ketchup sulle uova!» rispose la voce di Gus. Risate. Dalla

camera da letto.Cucchiaio alla mano, Aimee abbandonò le uova e si avvicinò alla stanza con il cuore in gola. E

allora la vide. Sua madre, in camicetta turchese e pantaloni kaki, la solita paletta blu in mano.Di là dallo schermo.Gus era in tv, stava preparando la colazione per gli ospiti del programma Today. Tutti

mangiavano e ridevano. «Quindi sei tu la conduttrice più longeva di Cooking Channel?» chiese MattLauer, il presentatore, con un sorriso. Ovviamente conosceva già la risposta.

Gus sorrise debolmente.«Ho letto che sei considerata la grande dame dei programmi di cucina, in mezzo a tutte queste

emergenti» cinguettò Ann Curry prima di cambiare argomento. «Questo french toast al Grand Marnierè meraviglioso. Mettiamo la ricetta sul sito? Fantastico.»

E giù con le chiacchiere. Aimee aveva il telecomando in mano, pronta a spegnere ma incapace difarlo.

Come chiunque altro, trovava che la conduttrice di Cucina con gusto! fosse simpatica, divertente,piacevole. Peccato che fosse sua madre. Era strano. Era sempre stato strano. Anche se era una donnada ammirare.

Senza alcuna formazione professionale, Gus aveva trasformato la passione per la cucina in unlavoro di successo. Sapeva cucinare, sapeva organizzare feste stupende. “E non si stanca mai diparlare” pensò Aimee. Tra Gus e Sabrina, era quasi impossibile dire una parola in casa Simpson.

«Sei molto diversa da come ti ricordavo» aveva ammesso il produttore di sua madre, PorterWatson, due mesi prima alla festa di Natale. Erano partiti con un goffo scambio di convenevoliattorno al punch del tipo “Che piacere vederti”;poi, grazie a una battuta improv visata sullabeneficenza, erano arrivati a parlare del lavoro di Aimee alle Nazioni Unite. Porter sembravasinceramente incuriosito.

«Credo che questa sia la prima volta che parliamo davvero» aveva risposto piano Aimee.Lui l’aveva guardata con serietà, come se avesse voluto replicare, poi però Gus gli aveva fatto

cenno di avvicinarsi; era a metà della scala ad ammirare le ghirlande verdi e rosse di Sabrina.

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«Siamo un bel po’ lontani dai sette sassi sul tavolo» aveva riso Gus. La prima cena di Alan Holt acasa Simpson e il misero centrotavola di Sabrina erano un aneddoto noto a tutti. Gus aveva sollevatoil bicchiere e gli invitati avevano fatto altrettanto.

Al momento del brindisi e della torta (sempre la torta!), Aimee era sgattaiolata fuori in giardino -era freddo come solo un dicembre a Westchester sapeva essere - per defilarsi almeno finché la suauscita non fosse sembrata una scortesia. Di tanto in tanto guardava dalla finestra, solo una rapidaocchiata per non dover ammettere nemmeno a se stessa che sperava di cogliere lo sguardo di suamadre che la cercava.

Il volume della tv aumentò mentre partiva la pubblicità, e Aimee tornò di colpo alla colazione.Corse a controllare le uova: non proprio perfette. Gettò nella spazzatura quell’ammasso gommoso,sciacquò il piatto e lo mise nella lavastoviglie; addentò il pane tostato, ormai freddo e rinsecchito,poi buttò via anche quello prima di iniziare la giornata.

Sabrina scese dal taxi tra la Quarantanovesima e la Sesta, e atterrò direttamente in unapozzanghera di neve sciolta. “Grazie al cielo non sono più di moda i sandali d’inverno” pensò, felicedi aver scelto un paio di stivali alti di cuoio marrone e un caldo cappotto di cachemire. Salì sulmarciapiede, si infilò i guanti destreggiandosi con la cartella e s’incamminò verso il RockefellerCenter. Il suo nuovo potenziale cliente, insieme a una tazza di caffè fumante, la stava aspettando allacaffetteria Dean & DeLuca. Non vedeva l’ora di incontrarli, caffè e cliente. Vide una folla di curiosidavanti allo studio da cui trasmettevano Today, a pochi metri dal locale, e valutò se aggirare la ressaattraversando la strada.

Impossibile: una coda di auto scure e taxi ostruiva il passaggio. Argh! Rassegnata, Sabrinacominciò a farsi strada tra la gente che squittiva di fronte al VIP di turno.

«E stupenda!»«Così naturale!»«Vorrei tanto invitarla a cucinare a casa mia!» L’ultimo commento fece voltare Sabrina verso la

parete trasparente dello studio televisivo. Lo stomaco le si annodò.Era lei, lì dietro il vetro, sui monitor. Sorridente come al solito, salutava la folla. Proprio nel

momento in cui Sabrina doveva incontrare un cliente, il primo trovato con le sue forze. Eccola.Sua madre. Sempre lei.Carmen Vega si grattò braccia e gambe, e guardò il mini televisore nell’elegante angolo cottura

del suo costosissimo monolocale di Tribeca. Ciò che vide le fece quasi dimenticare il prurito. Lì, nelposto che il suo addetto stampa aveva tanto faticato a garantirle (in concomitanza con l’uscita di unarticolo sul «New York Times» che la incoronava stella nascente dei programmi di cucina) c’eraGus Simpson. Uno scandalo! Gus Simpson era ovunque, con la sua linea di coltelli, la sua marca dispezie, i suoi libri di cucina da milioni di copie. Per non parlare dell’appuntamento quotidiano conCucina con gusto! su Cooking Channel, o delle repliche di Pausa pranzo e di Un boccone tra amici,le sue vecchie trasmissioni degli anni Novanta (perché poi la gente riguar dasse quelle puntate con laSimpson in jeans colorati e gilet di broccato, Carmen non se lo spiegava. Non c’era niente di peggiodi una moda superata).

Si mormorava perfino che a Gus fosse stato proposto di avere una rivista. Carmen, per esempio,aveva già il nome pronto per la sua; aveva anche comprato uno spazio in rete per il sito. Se soloavesse trovato il capitale... Il titolo di Miss Spagna 1999 poteva attirare qualche fan, ma purtropponon faceva accorrere masse di investitori.

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E così non aveva ancora raccolto soldi a sufficienza (nonostante gli stessi potenziali investitori,

uomini e donne, l’avessero invitata spesso fuori, cosa che l’aveva infastidita non poco). Quello chepiù la irritava era che, malgrado il suo passato di reginetta di bellezza, aveva un diplomadell’Institute of Culinary Education. Gus Simpson invece no.

In quel momento Gus stava preparando una colazione che qualsiasi americano era in grado dimettere insieme. Eppure Matt Lauer scodinzolava come se non avesse mai visto un uovo in vita sua.

Cavoli, era impossibile liberarsi di quella donna! Nel l’ambiente girava voce che Gus fossemolto esigente. Probabile: tutti gli chef famosi che Carmen aveva conosciuto erano persino peggiodelle aspiranti miss che frequentava un tempo. Almeno quelle ragazze si rilassa vano un po’ quandosi spegnevano i riflettori e potevano staccarsi il nastro biadesivo dalle tette.

I cuochi, al contrario, non posavano mai il coltello.II pensiero di qualcosa di appuntito era davvero invitante... Carmen si contorse nel tentativo di

raggiungere un punto nella schiena che prudeva da morire.Non ti grattare! La varicella lascia i segni. Pensa al viso! le aveva scritto il suo addetto stampa

sul BlackBerry.“Chi si prende la varicella la sera prima di andare a Today? Carmen Vega, ecco chi! ” pensò

tristemente, strofinando la schiena contro il bancone per trovare un po’ di sollievo, senza maistaccare gli occhi dalla televisione.

Se voleva la sua rivista, una linea di pentole e un conto in banca molto più sostanzioso, dovevaalzare il tiro. E ammalarsi prima di un’importante apparizione televisiva non aiutava certo. Carmensarebbe andata lo stesso (un po’ di fondotinta in più e il gioco è fatto), ma il suo addetto stampa nonvoleva rischiare di diventare persona non gradita facendo ammalare tutti gli ospiti del programma.

Carmen non aveva nemmeno idea che gli adulti potessero prendere la varicella, quindi non si eraallarmata quando, due settimane prima, aveva notato diversi bambini a pois in occasione di una visitapomeridiana in una scuola elementare. (Un’altra acrobazia della mente creativa del suo addettostampa, sempre più costoso.) L’evento aveva attirato qualche fotografo e le aveva procurato degliincontri con alcuni imprenditori. Ma la maggior parte dei commenti, come sempre, era venuta dagliimmancabili blogger, i veri pilastri della carriera di Carmen, partecipavano alle sue dimostrazioni dicucina nei centri commerciali, filmavano l’evento e poi lo postavano su YouTube. Li adorava. Eranostati i fan della rete a lanciarla; la seguivano assiduamente e poi si scambiavano opinioni su di lei.Molto postmoderno. E poi amavano parlare tanto del suo aspetto fisico quanto delle sue ricette.

Sei bellissima! le scriveva sempre qualcuno. Carmen Vega era una di quelle poche fortunate a cuiera toccata in sorte ben più di una equa razione di buoni geni: la sua pelle olivastra era liscia eluminosa, aveva una figura snella e gambe tornite, i capelli neri erano lucidi e folti, e aveva grandiocchi castani e ciglia scure. Sapeva di essere meno bella di sua madre e di sua sorella maggioreMarisol, che vivevano tranquille a Siviglia, ma Carmen aveva avuto il buonsenso di sfruttare quelpatrimonio di famiglia a vantaggio della sua carriera, prima partecipando a vari concorsi di bellezza,poi con una breve esperienza come modella.

E piano originario aveva come obiettivo Hollywood. Un piccolo inconveniente durante lapartecipazione a Miss Universo (un problema con la spallina durante la sfilata in costume da bagno,ed era diventata in un baleno la concorrente più famosa) le aveva portato un ruolo in un film dicassetta in cui parodiava se stessa, e un flirt con il cantante ossigenato di una famosa boy-band. Ma,all’inizio del 2002, l’ugola d’oro aveva già un nuovo trofeo e Carmen non aveva ottenuto altri ruoli.Perfino un tamponamento a Beverly Hills non aveva attirato nemmeno un paparazzo. I suoi quindici

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minuti di celebrità erano scaduti: Miss Spagna era diventata Miss Lagna.E così, annoiata e frustrata, e un bel po’ fuori di testa, Carmen si era rinchiusa nella sua casa in

affitto, pensando alla mossa successiva. Dormiva fino a mezzo giorno senza nessun piano per ilpomeriggio, e cucinava piatti che le ricordavano casa: paella, gazpacho, frittura di pesce. Di serasedeva sul divano a bere vino, satolla di cibo e autocommiserazione, con la tv accesa su CookingChannel. E si lasciava cullare in un sonno agitato dalla voce di Gus Simpson.

Finalmente un giorno, mentre tagliava le verdure in preda ai postumi di una leggera sbronza, tutti itasselli si ricomposero in un’idea coerente: Carmen voleva lavo rare in tv e amava cucinare. Lamattina dopo, per la prima volta da mesi, si alzò presto e chiamò tutte le scuole di cucina del paeseper informarsi sulle domande di ammissione. Carmen Vega avrebbe fatto arrosto tutto ciò che simetteva tra lei e il successo.

Quattro anni dopo si era guadagnata un reddito fisso diventando la testimonial del maggiorimportatore di olive nere spagnole Empeltre, e il suo programma di dieci minuti su internet, Un saltoin cucina, faceva furore. Da idolo di nicchia stava per diventare una stella.

A essere sinceri, parecchi suoi fan erano più interessati alla sua marca di rossetto preferita chealla sua cucina. E, tanto per mantenere l’equilibrio dell’uni-55

verso, aveva anche un discreto seguito di detrattori. Ogni tanto si degnava di leggere le ultimefarneticazioni su CarmenVegaFaSchifo.com, il blog di un autore anonimo che massacravaregolarmente la sua trasmissione. Si ripeteva sempre che non le importava, eppure, dopo ogniaggiornamento del sito, chiamava sua madre, inca pace di esprimere la sua rabbia in inglese con lastessa efficacia con cui le riusciva in spagnolo.

«¿Mamá? Tengo otro día malo...»Riso parboiled stracotto, braciole di maiale secche, fagioli in scatola e lattuga iceberg avvizzita.Questa era la risposta di Gus ogni volta che un giornalista le chiedeva come avesse iniziato a

cucinare. Recitava il menu che sua madre preparava spesso, di solito più di una volta a settimana; incerte occasioni aggiungeva un po’ di salsa di mele confezionata, in altre proprio niente.

I suoi genitori sedevano uno di fronte all’altro e lei nel mezzo. Passami il sale, passami il pepe.Masticavano lentamente senza dire una parola, cercando di mandare giù i bocconi indigesti.«Non credete a chi vi racconta che i Cinquanta e i Sessanta sono stati gli anni del trionfo della

cucina casalinga» disse Gus ad Al Roker, uno dei conduttori di Today. Quante volte aveva ripetutoquella frase. «Allora come oggi, tantissima gente non sapeva nemmeno far bollire l’acqua, e nonaveva la minima idea di come pre parare un pasto decente. Mia madre era una di quelle.»

Poi si lanciò nella versione sintetica (ma ben rodata) di quando andava in biblioteca a cercarelibri di cucina, o metteva da parte la paghetta per comprarsi finalmente il testo fondamentale di JuliaChild sulla cucina francese, passando poi i fine settimana a fare esperimenti costringendo gliamichetti del vicinato ad assaggiare i suoi intrugli.

«Volevo solo mangiare qualcosa di buono!» concluse con una risata.«Be’, questa colazione è meravigliosa» disse Ann Curry. «Grazie a Gus Simpson, conduttrice diCucina con gusto!, per averci regalato queste ricette fantastiche! Noi ci vediamo domani.»«E... stop!» esclamò una voce fuori campo.Uno dei produttori entrò sul set. «Grazie per essere venuta così all’ultimo momento, Gus. Siamo

rimasti di sasso quando abbiamo scoperto che Carmen Vega aveva la varicella. Eravamo propriofritti, se mi perdoni la battuta.»

Toccandole appena il braccio, la accompagnò sorridendo fuori dal set, quasi fossero duecospiratori pronti a salvare Today dal disastro (che comunque non ci sarebbe stato, come Gus sapeva

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bene dopo anni di televisione).«Oh, è stato un piacere... un vero piacere» ripetè con il sorriso stampato sulle labbra, dirigendosi

verso il camerino. Carmen Vega? La reginetta dei fornelli sul web? Il piccolo particolare che Gusdovesse rimpiazzare proprio lei era stato sfacciatamente trascurato da chi l’aveva chiamata comeospite di emergenza.

In effetti era stata così contenta di quella telefonata che non aveva nemmeno chiesto chi avevadato forfait. La verità era che da quasi un anno non partecipava a un programma del mattino; ormaierano tutti concentrati sulle gare di cuochi in stile Top chef o sull’ultimo gourmet alla moda.Finalmente se ne era resa conto: dal giorno alla notte si era trasformata da icona sexy dell’arteculinaria a vecchia colonna affidabile nei casi di emergenza. Niente di eccitante, insomma. Certo nonuna regi netta di bellezza.

E alla fine cosa aveva fatto? Aveva cucinato delle uova strapazzate in diretta. «Avrei potutopreparare un’omelette, almeno» disse, a nessuno in particolare.

Forse avevano ragione.Sedette davanti allo specchio per togliersi il pesante trucco di scena, applicò un velo di crema

idratante, un po’ di rossetto chiaro e un tocco di mascara. Controllò rapidamente di non essersimacchiata la camicetta di fondotinta poi si alzò, lisciandosi i pantaloni. «Sembro proprio GusSimpson» sospirò.

Si guardò i capelli castano dorati raccolti dietro la testa con qualche ciocca libera per addolcireil viso, osservò le linee morbide degli abiti e la collana pesante che ricadeva appena sopra il seno.La solita eleganza rassicurante. Spettatori e produttori, tutti sapevano cosa aspettarsi da lei. Forse eradavvero ora di cambiare. Di rubare qualche segreto a Carmen Vega.

Diede una rapida occhiata all’orologio: erano solo le dieci e venti. Invece di tornare subito aWestchester avrebbe potuto fare due passi dagli studi della NBC fino da Saks e comprarsi qualcosadi nuovo.

Chiuse la lampo della borsa e accese il cellulare. Per prima cosa chiamò Porter.«Ciao, Gus, hai ricevuto il mio messaggio? Senti, visto che sei in città, potresti passare di qui?

Quelli del marketing ci hanno appena consegnato gli ultimi dati di ascolto. Secondo me dovremmoragionarci insieme.»

«Oh, Porter! Brutte notizie, vero?» rispose Gus pre occupata. «So che l’audience non è statogranché ultimamente, ma...»

«Parliamone a quattr’occhi. Ci vediamo fra poco.» E riattaccò.Fine della tranquilla giornata di shopping.

Parte Seconda

ROMPERE LE UOVA NEL PANIEREEra stata Hannah a suggerire di contattare Troy per una consulenza. Era giovane, brillante e

pensava con la sua testa. E Gus aveva davvero bisogno di aiuto.Non era rimasta proprio sorpresa dalle notizie del suo produttore: gli ascolti erano in calo e dai

sondaggi si era scoperto che gli spettatori preferivano programmi in diretta. Quello che non siaspettava di sentire, però, era che la stagione di Cucina con gusto! sarebbe stata accorciata,addirittura interrotta, per essere sostituita da qualcos’altro. Così. Dodici anni a Cooking Channel e,all’improvviso, come una qualsiasi, si trovava di fronte a un ultimatum: prendere o lasciare.

«Chiamerò Alan e sistemerò tutto» aveva detto a Porter risoluta. «Sarà anche il presidente, ma tu

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e io siamo con lui fin dall’inizio. Ci deve essere un errore.»Porter era rimasto in silenzio mentre Gus chiamava dal telefono dell’ufficio, tamburellando le

dita scure sulla scrivania, ed evitando volontariamente di incrociare il suo sguardo. Per discrezione,nonostante fossero a pochi centimetri di distanza.

Alan era in riunione, le aveva ripetuto più volte la sua assistente. Una riunione che sarebbe duratatutta la settimana, a quanto pareva. Gus rimase ferma con la cornetta in mano anche dopo chel’assistente ebbe riattaccato. Gli affari possono sembrare una cosa molto personale quando si brindainsieme all’ultimo successo. E invece gli affari sono solo affari.

A Gus Simpson potevano cancellare la trasmissione come a chiunque altro. E faceva male.Porgendole un pezzetto di cioccolato svizzero della sua scorta personale, Porter le aveva esposto

la nuda verità: l’apparizione a Today era stata un caso. Carmen Vega aveva la varicella e RachaelRay, la loro prima scelta, stava girando ad Albany il suo primo film sulla cucina. Gus era l’unicaabbastanza vicina da arrivare in tempo per la diretta. E poi era una garanzia. Affidabile. Ecco tutto.

Tutti i nomi più noti, le aveva spiegato Porter, stavano svecchiando le loro trasmissioni: l’ingleseNigella Lawson preparava una serie in tredici puntate sul barbecue, decisamente poco britannico, cheavrebbe condotto indossando solo un tankini (nientemeno). La vecchia rivale di Gus, l’incomparabileIna Garten (meglio nota come Barefoot Contessa, la Contessa Scalza) stava tra sformando il suoprogramma in un musical, con le ricette cantate.

«Stai scherzando?»«Gus, Ina Garten ha ascolti pazzeschi. Tutti hanno un piano di riserva tranne te. Il buon cibo

preparato come si deve è una noia mortale. Non interessa più a nessuno.»«Ma ho un contratto...» aveva balbettato lei.«I contratti possono essere infidi. Hai presente quella parte in cui c’è scritto che hai diritto a un

bonus se gli ascolti salgono del dieci per cento? Bene, c’è anche una clausola per la quale il contrattopuò essere rescisso se gli ascolti calano della stessa percentuale.»

«Non l’ho più letto da quando l’ho firmato.» Non avrebbe mai pensato che le cose potesseroandare in quel modo.

Porter si era tenuto il meglio per il finale: il budget del programma era stato dimezzato. ECarmen, la favolosa reginetta dei fornelli, era stata vista uscire dall’ufficio di Alan la settimanaprima. Porter non era riuscito a farsi raccontare niente da nessuno, però.

Gli occhi di Gus mandavano lampi di rabbia.«Pensavo che avremmo avuto più tempo per rimetterci in carreggiata, e invece le cose non vanno

affatto bene, per nessuno di noi due» aveva concluso Porter con un debole sorriso. «Dammi qualcosadi nuovo, Gus. Solo così potrò salvare il tuo programma.»

Da quando froy si era trasferito dall’Oregon a Manhattan, oltre dieci anni prima, ne eranosuccesse di cose strane, ma mai avrebbe immaginato che sarebbe stato mollato dalla donna dei suoisogni restando in rapporti più che ottimi con sua madre. Quando mai capita una cosa del genere? Nonè normale. E invece...

Troy Park aveva trovato un’amica molto più sincera in Gus Simpson che nella sua volubile figliaSabrina. La favolosa, sexy Sabrina, con i suoi capelli d’ebano, gli occhi azzurri e i vestiti colorcaramella. Era una calamita quella ragazza, il tipo di donna che entrava in una stanza e attirava tuttigli sguardi senza dire una parola. La giovane Simpson possedeva una sorta di dolce vulnerabilità,una tenerezza irresistibile. Ballava bene ed era allegra. Era diversa da tutte le altre.

Cosa tanto più ironica, dal momento che Troy si era quasi fatto un punto d ’onore della suaabitudine di reagire con un’alzata di spalle ogni volta che un amico gli confidava, dopo la quinta o

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sesta birra, di essersi innamorato.Poi era successo, proprio a lui.Aveva appena lasciato il suo lavoro come pubblicitario per dedicarsi a tempo pieno al suo

progetto imprenditoriale. Un po’ prima di quanto avesse programmato; non era nemmeno prontissimo.Ma era il momento giusto per il prodotto che aveva in mente e suo padre l’aveva incoraggiato adandare avanti. «È sempre meglio lavorare in proprio. Solo così puoi sempre fidarti del capo.»

I genitori di Troy lavoravano fianco a fianco, coltiva vano mele e pere nel loro frutteto. La terradell’Oregon era buona, ripeteva sempre suo padre; per questo, subito dopo il matrimonio, si eranotrasferiti là dalla Corea del Sud. Avevano lavorato in un ristorante gestito da un’altra famiglia diimmigrati finché non erano riusciti a dare l’anticipo per quel terreno che desideravano tanto.

Troy aveva cinque anni quando la famiglia Park si era trasferita nella piccola fattoria, maricordava ancora molto bene la felicità di sua madre mentre apriva gli scatoloni, con la sorellinaAlice nel seggiolone perché non gattonasse tra la polvere. Non aveva smesso di sorridere nemmenomentre lavava i pavimenti.

Suo padre l’aveva portato a vedere ogni singolo albero quella sera stessa, prendendolo inbraccio dopo che le sue gambette paffute si erano rifiutate di continuare a camminare. «Concentrati suquello che vuoi,» gli aveva detto «e non perdere mai di vista il tuo obiettivo. A quel punto, rischia.»

E così Troy aveva fondato FarmFresh, un’azienda specializzata nella fornitura di distributoriautomatici di acqua minerale, frutta fresca e yogurt. Un modo per portare avanti la tradizione dellafamiglia Park.

Avendo preso dalla madre, aveva deciso di rimodernare gli uffici. Non si poteva negare chefosse rimasto incantato da Sabrina nell’istante stesso in cui aveva messo piede nel suo studio.

Aveva sentito parlare benissimo di lei dalla moglie di un conoscente (Sabrina aveva appenariarredato il loro appartamento), che lo aveva quasi rimbambito raccontandogli delle persiane edell’importanza della scelta dei sanitari. «Sabrina ha un grande talento. E ha appena cominciato,perciò fa un ottimo prezzo» gli aveva detto la donna. «Sai, è la figlia di quella che conduce i programmi di cucina in tv.

Solo che Sabrina non si occupa di cucine.»Nessun problema. Troy non ne aveva in ufficio. L’entusiasmo, invece, non gli mancava: in quanto

giovane imprenditore che vede arrivare il primo introito massiccio e regolare, era pronto adadeguare lo stile del posto di lavoro alla filosofia dell’azienda, con spirito e ottimismo. Aveva inmente una combinazione di design scandinavo e colori caldi, sedie ergonomiche, un cane e uncanestro da basket montato sulla parete. Magari anche lo stendardo della sua squadra del college, gliOregon Ducks, sul muro dietro la scrivania.

«Assolutamente splendido» aveva detto Sabrina con un sorriso, mentre Troy snocciolava la sualista dei desideri. Lei aveva uno smalto color corallo e mostrava un bel po’ di gambe lisce sottol’abito di tweed color lime. Quel tessuto irregolare quasi lo implorava di accarezzarla. Le piace ilverde, aveva scritto Troy sul palmare (appuntava sempre i dettagli sulle donne che gliinteressavano).

Poi lei aveva tirato fuori un campionario di legni e stoffe, assumendo un’aria moltoprofessionale. «Ho in mente qualcosa di innovativo e non vedo l’ora di mostrar telo» aveva aggiunto,senza mai smettere di sorridere.

Sabrina era diversa da tutti gli altri newyorkesi che Troy aveva conosciuto: sembrava contenta,anziché seria e determinata. E non possedeva nemmeno un capo di abbigliamento scuro. Anche la sua

camminata sprizzava felicità. Quella ragazza faceva sembrare tutto più... leggero.

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Quasi senza programmarlo, i loro incontri si erano trasformati in appuntamenti (all’insaputa diSabrina, s’intende. Troy si era inventato ogni possibile pretesto per vederla, fingendo interesse perscrivanie e tappeti, e accompagnandola sempre negli acquisti, a cui poi segui vano caffè, cena ecinema). In breve erano diventati inseparabili: l’asiatico-americano con le spalle larghe e lanewyorkese sorridente, con i capelli neri e gli occhi chiari.

Troy incassò umilmente, perfino con gioia, le prese in giro degli amici che lui stesso avevasfottuto in tutti que gli anni. Lasciò che Sabrina vendesse il suo divano di pelle nera e le staccò unassegno per arredare anche il suo costosissimo appartamento nel Meatpacking District. Iniziò apassare del tempo con le altre Simpson, godendosi pigri pomeriggi domenicali a casa di Gus aWestchester, mentre lei preparava sontuosi arrosti per cena. Arrivò persino a organizzare unasfortunata uscita a quattro con il suo socio in affari e la sorella di Sabrina. Secondo Troy, Aimee eral’anti-Sabrina, arcigna e severa. A sorpresa, però, il suo socio aveva continuato a uscire con lei perparecchie settimane prima che si lasciassero da ottimi amici. I gusti sono gusti.

Ma tutto questo era solo un dettaglio. L’obiettivo di Troy era rendersi indispensabile: voleva cheSabrina avesse bisogno di lui. Ma con tutta la sua allegria, restava misteriosamente diversa dallealtre ragazze. Non reagiva se lui tardava a chiamarla, per esempio. Potevano trascorrere insieme unintero fine settimana e poi non sentirsi più fino al mercoledì successivo, nemmeno se lui le scrivevaun messaggio del tipo E stato bellissimo. Questa cosa lo mandava fuori di testa.

Ovviamente si erano raccontati le rispettive storie d’amore precedenti (in breve, senza dilungarsisui particolari), e Troy, convinto com’era della natura speciale del loro legame, non aveva battutociglio sentendo che era stata fidanzata e sul punto di sposarsi con più di un uomo negli ultimi tre anni.Quei rapporti non funziona vano, gli aveva spiegato, così li aveva troncati. Naturale, pensava Troy.Stava aspettando lui.

Perciò non era scattato nessun campanello d’allarme quel giorno in cui Sabrina l’aveva chiamatoda casa di Gus e gli aveva proposto di vedersi in città, nel loro caffè preferito, per un brunch. Si erasentito un po’ confuso quando lei gli aveva detto di essere passata da casa a recuperare lo spazzolinoe gli abiti di lui. Si era sentito stordito quando lei gli aveva consegnato una busta di carta del negoziodi prodotti biologici con le sue magliette ben piegate e lo spazzolino in cima, avvolto in un fazzoletto.Il sacchetto aveva un vago odore di frutta.

Poi era arrivata la fatidica frase.«Sei un uomo fantastico, Troy. Vorrei che restassimo amici.»E per tutto il tempo lei non aveva mai smesso di sorridere.Da quel giorno Troy aveva deciso di dire addio a tutte le Simpson. Mai, nei suoi trentaquattro

anni di vita, era stato mollato (Eleni Dicoupolous in terza liceo non faceva testo). Non che fosse undongiovanni: era uscito con un certo numero di ragazze molto carine con cui aveva avuto

relazioni molto carine che poi avevano tranquillamente fatto il loro corso.Ma con Sabrina era stato tutto diverso, profondo. Come se quelle stupide canzoni d’amore

avessero improvvisamente trovato un senso.C’era però un piccolissimo ostacolo al suo progetto di tagliare i ponti con tutto ciò che aveva a

che fare con Sabrina. Gus Simpson si era convinta che un’impresa di distributori di frutta fresca peraeroporti, scuole e uffici fosse un’idea geniale. Così, qualche mese prima che loro due si lasciassero,quando ancora immaginava che Sabrina sarebbe presto diventata la signora Park, Gus avevacomprato una quota di azioni della società.

Dopotutto stava investendo nel futuro di sua figlia. E poi quale imprenditore avrebbe rifiutato unpo’ di capi tale fresco e l’appoggio di una popolare conduttrice televisiva?

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Appunto. Adesso Troy manteneva contatti regolari con Gus; poco prima lo aveva chiamato peravvertire che stava arrivando da lui. Non si sarebbe mai aspettato un simile interesse da parte sua. Enon solo per l’azienda.

Aprì il cassetto di sinistra e afferrò una palla di gommapiuma, una delle tante che teneva nellascrivania. Prese la mira e la tirò verso il canestro. Dopo l’uscita di scena di Sabrina, Troy ne avevainstallato uno in ogni ufficio, come pure un tavolo da ping pong nella sala riunioni. Con un’asse dilegno sopra era perfetto per i meeting.

Seguì con lo sguardo la palla che cominciava la fase discendente della parabola... per atterrareproprio sul l’acconciatura perfetta di Gus Simpson.

«Ahi!»«Oddio, Gus, scusami.» Sorrise. «Ottima difesa però. Facciamo due tiri liberi?»Lei avanzò verso la scrivania e posò la borsa, si tolse il cappotto e scrollò qualche fiocco di

neve. «No, grazie» rispose squadrandolo, ancora in piedi. «Mi sembri dimagrito.»«Lavoro un po’ sulla pancetta da birra.»«Be’, quelle borse sotto gli occhi non sono esatta mente lo specchio della salute.»«Sto lavorando molto.»«Dovresti venire a cena. Facciamo domenica?»Troy si alzò e girò attorno alla scrivania; tirò fuori una sedia e Gus si accomodò.«Verrei, Gus, ma ho il presentimento che ci sarà anche Sabrina, come le ultime due volte.»«Oh, te l’ho già detto: è stato un errore.»«Errare è umano, perseverare diabolico... secondo me.»«Una madre se ne accorge. Tra voi due c’è qualcosa di speciale.»Troy incrociò le braccia e si avvicinò a lei con le mascelle contratte.«Non sono dell’umore adatto, Gus. C’è in ballo un grosso affare e non ho tempo di stare a sentire

le meravigliose cronache della vita sentimentale di Sabrina Simpson.»«M a Troy! Quel Billy non va assolutamente bene per lei...»«Non è un problema mio.»«Invece sì. Tu sei perfetto per Sabrina. E la ami.»«Ho smesso di amare tua figlia quando mi ha dato un calcio nel culo sotto forma di sacchetto di

carta.»Gus sembrò sconcertata, poi rise. «Troy, sei un pessimo attore.» Lo guardò per qualche istante in

silenzio.«Allora? Vieni a cena o no?»«No.»Con un sospiro, Gus alzò le mani in segno di resa. «Okay, per oggi basta. In realtà sono qui

perché ho biso gno del tuo aiuto.»«Gus!»«Non per Sabrina.»Troy tornò a sedersi dietro la scrivania. «Allora sono a tua disposizione. Che cosa ti serve?»«Devi mettere in moto il tuo cervello da pubblicitario e reinventare il mio programma.»Troy sospirò. «Ora sono un imprenditore. E tu sei un’icona della tv, signora Simpson.»«Che sta per essere buttata fuori a calci se non si inventa qualcosa di nuovo, a quanto dice il mio

produttore.»«Mi prendi in giro.»Sul volto di Gus non c’era traccia della costante allegria della figlia, solo un cipiglio

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preoccupato. Era evi dente che la graziosa signora seduta nel suo ufficio fosse molto turbata.Troy espirò. Aprì un cassetto miracolosamente privo di palle di gomma, e tirò fuori un blocchetto

giallo.«Partiamo con il brainstorming. Spuntini veloci?»«Già fatto.»«Ingredienti strani?»«C’è Iron Chef.»«Va bene, forse non c’è bisogno di essere tanto originali. Basta un pizzico di novità, un ritocco»

sbuffò Troy. «Che ne dici di andare in diretta, Gus?»«Emeril Lagasse va in diretta.»«E con lui ha funzionato. Ha anche quel famoso slogan... “Shazam!”»«Quello era Capitan Marvel. Emeril dice “Barn!”»Troy annuì pensieroso. «E il tuo slogan qual è?»Gus parve contrariata. «Non ce l’ho.»«Ecco il primo problema, allora.»«Quindi secondo te gli spettatori aumenteranno per ché vado in diretta e urlo “Bum!” invece di

“Barn! ”?»Troy scosse la testa. «Non devi sempre prendere tutto così sul personale. Nessuno sta dicendo

che c’è qualcosa di sbagliato in Gus Simpson come persona. E problema è Gus Simpson comepersonaggio.»

Lei sembrò sul punto di piangere. «Io sono solo me stessa!»Troy sorrise. «No che non lo sei. Sei la tua parte migliore, sei troppo perfetta.»«Non capisco cosa mi stai suggerendo.»«Dobbiamo aggiungere un po’ di rischio, un pizzico di novità. Devi metterti in gioco, si deve

vedere almeno un capello fuori posto ogni tanto.»«Novità? Ho capito dove vuoi andare a parare. E non mi piace.»«La gente si annoia facilmente. Si annoia sul lavoro, si annoia guardando la tv... Pensa ai classici

cali di ascolti nelle seconde stagioni delle sit com. E, anche se ora ti sembrerà che alluda alla minoree più crudele delle tue figlie, si annoia nelle relazioni sentimentali.»

«E quindi?»«E quindi torna dal tuo produttore e digli che vuoi la diretta.»«Ma io non voglio!»«E basta con quegli chef che preparano piatti complicati. A meno che non abbiano già il loro

reality show con ascolti alle stelle.»«Non ti seguo.»«Quello che ti serve sono piatti cool e ospiti piccanti. O magari il contrario... ospiti cool e piatti

piccanti. Sì, ecco quale potrebbe essere il tuo slogan! “Cucina con gusto! Piatti piccanti, ospiticool”.»

Cominciò a scrivere sul blocchetto, ma la penna non funzionava.«Ma così non è più il mio programma» insistette Gus.«Esatto.» Troy aprì e chiuse in fretta i cassetti in cerca di una penna, prima che l’idea gli

passasse di mente. Senza pensare cercò a tastoni nel cassetto di sinistra e tirò fuori una palla digommapiuma arancione.

«Ehi,» disse «a te piace la pallacanestro?»Gus prese il telecomando e si sistemò davanti alla tv nel suo grande salone, insieme ai suoi gatti,

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Sale e Pepe. Non aveva mai guardato una partita di basket prima di quel pomeriggio nell’ufficio diTroy, alcune settimane prima. Sì, sapeva dell’esistenza di un campionato, così come sapeva chi fosseKelly Clarkson anche senza aver mai visto una puntata di American Idol (Gus si poteva definire unafan dei Beatles, con qualche incursione nella disco). I dettagli sullo sport o sulla musica popfluttuavano da qualche parte, nei titoli dei notiziari e sulle copertine delle riviste in edicola.

Buffo, ma si aspettava una reazione diversa da Porter all’idea di Troy (“Tu e le star dell’NBAche preparate stuzzichini prima di guardare le partite in tv? E un’idea ila pazzi! ”). Invece avevaavvicinato la punta delle dita, iniziando a batterle le une contro le altre.

«E tu indosserai un costume da cheerleader?» aveva chiesto inarcando un sopracciglio.«Santo cielo, no!» Gus era scandalizzata.«Ci ho provato» aveva risposto lui facendole l’occhiolino.«Lo dirò a Ellie» aveva sibilato Gus con un tono di falsa minaccia. Porter era felicemente

sposato da trent’anni e i suoi apprezzamenti verso di lei erano soltanto di natura professionale. «Sulserio, però...»

Porter parlava lentamente, rigirando i pensieri in testa. «Mi piace questo approccio fuori daglischemi: un taglio netto con la vecchia Gus Simpson... Dovrebbe portarci un po’ di attenzione deimedia. Forse ci aliene remo qualche spettatore, ma potremmo attirare un pub blico più giovane,magari anche qualche maschio tra i diciotto e i ventiquattro.» Poi aveva cominciato ad annuire conforza.

«E quello che piace agli inserzionisti piace ad Alan Holt» aveva concluso Gus. «Grazie, signorWatson.»

«A lei, signora Simpson.»Erano fiduciosi, ma anche consapevoli dell’emergenza. La puntata doveva andare bene: sarebbe

stata la loro ultima possibilità, almeno finché il programma non avesse raggiunto un audience piùalto.

La diretta sarebbe partita il giorno del compleanno di Gus, nientemeno. Non avrebbe potutotrovare una scusa migliore per non dare una festa... Non ne aveva il tempo ! Per il momento nonpoteva pensare ad altro che alla trasmissione. Troy era stato davvero prezioso: aveva colmato tutte lelacune di Gus su tiri liberi e tiri da tre punti. Era rimasta piacevolmente sorpresa, in tutto questo, delfatto che prepararsi alla diretta sembrasse più un divertimento che un lavoro. Era gratificante avereuna nuova sfida.

Stimolante.Gus Simpson non si era mai tirata indietro di fronte alle difficoltà. Non si era lasciata andare

(non per molto) alla morte di Christopher, e non aveva permesso che qualche ostacolo intralciasse gliaffari del suo locale; si era schierata dalla parte del centrotavola di Sabrina quando Alan Holt eravenuto a cena nel 1994. Certo, allora non avrebbe mai immaginato che Alan sarebbe diventato unostronzo sleale. Avrebbe potuto concederle un’altra stagione, lasciandole il tempo per aumentare gliascolti, giusto? Invece no: Gus aveva solo quella puntata in diretta per dimostrare di essere degna diCooking Channel. Dopo dodici anni! E il presidente della rete non era l’unico ad aver mollato Gus:la sua ultima vice chef, Maggie Dennis, se l’era squagliata appena aveva sentito che il programmanavigava in cattive acque.

In quanto produttore esecutivo, Porter aveva la responsabilità del quadro generale, ma unprogramma di cucina di un certo livello non poteva esistere senza un vicechef, il quale aveva ilcompito di garantire che la dispensa fosse sempre ben fornita e che la cucina fosse pronta. Insomma,il braccio destro di Gus. Non che lei potesse biasimare Maggie, cuoca di talento con una famiglia e

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dei conti da pagare.Grazie agli anni di esperienza, Maggie aveva ottenuto quasi immediatamente un altro lavoro in un

programma di cucina per bambini. Non sarebbe stato facile trovare un sostituto non avendo altro daoffrire che una puntata forse l’ultima di Cucina con gusto!

Tuttavia Gus non ebbe nemmeno bisogno di provarci: Porter le aveva comunicato che le era giàstato assegnato. Uno a caso, d’ufficio. Il tipo si chiamava Oliver Cooper, si era diplomato qualcheanno prima all’Institute of Culinary Education di New York e lavorava come vicechef all’ElevenMadison Park.

«Ma ho sempre scelto io chi dovesse affiancarmi in cucina» aveva protestato Gus.«Il nome è venuto direttamente da Alan Holt» aveva risposto Porter. «E visti i tagli al budget,

Cooper dovrà barcamenarsi tra il ruolo di vicechef e factotum.»Ed ecco il risultato: nuovo format, nuovo aiutante senza alcuna esperienza televisiva e tanto, tanto

stress.Non c’era da meravigliarsi, quindi, che Gus non riu scisse a dormire bene. Ma non era la paura a

tenerla sveglia. Tutte le notti si accoccolava tra le morbide lenzuola di raso color porpora, con icapelli ben pettinati sparsi sul cuscino, e fissava il soffitto ripassando nella mente i piatti dacucinare. Si spremeva le meningi in cerca di slogan accattivanti e frasi a effetto. Persino tutte quelleore passate a guardare lo sport diventavano entusiasmanti. E assumevano anche un senso diverso:all’improvviso ogni cosa diventava una questione di vita o di morte. Non poteva permettersi disbagliare: Gus Simpson era un osso duro, cinquant’anni o no.

“Dio, ti prego,” pensò osservando l’ennesima palla arancione che rimbalzava sul campo “posa latua mano su tutti i rilevatori auditel quando sono in onda. Fai schizzare gli ascolti alle stelle.”

E così Gus restava sveglia fino a tardi a guardare pro grammi sportivi; cominciò persino asondare fra tutti i conoscenti quale fosse il loro giocatore di pallacanestro preferito.

«Una domanda al volo: conosci LeBron James?» chiese al ragazzo che metteva la spesa nellebuste al supermercato (aveva fatto un salto per comprare il gorgonzola in vista di una tranquillacenetta a base di gnocchi).

Il ragazzo, un sedicenne che dimostrava meno della sua età, scoppiò a ridere.«Che domanda, certo! Però preferisco Steve Nash.»«Chi?» chiese, prendendo mentalmente nota del nome.Parlava di basket con chiunque (quanto poco ne sapeva! ), dal ragazzo dei giornali alla signora

che veniva a fare le pulizie, da Hannah (che non era stata di grande aiuto) a Troy e alle ragazze,finché non fu certa di aver individuato quelli che sperava sarebbero stati degli ottimi ospiti.

Seguì con attenzione le interviste del dopopartita e lesse gli articoli della stampa specializzata.Con sua grande frustrazione scoprì che la data stabilita da CookingChannel per la puntata avrebbecoinciso con le partite fuori casa dei New York Knicks e dei Nets: sarebbe stata costretta a pescaretra i giocatori di squadre minori, i Trail Blazers, per esempio, oppure i Rockets o i Pistons.

Su sua richiesta, l’ufficio stampa di Cooking Channel si mise in contatto con gli agenti e iprocuratori sportivi; alla fine Gus ottenne la sua lista di stelle del basket disponibili: TracyMcGrady, Yao Ming e Rasheed Wallace.

Si consultò con Porter e con il nuovo vicechef, Oliver, un uomo incredibilmente alto con la testarasata.

Come poi rivelò in segreto a Porter, a prima vista le metteva un po’ di soggezione. Non era unprincipiante come aveva temuto (era chiaramente vicino ai quaranta), ma poteva rivelarsi unelemento destabilizzante. Però aveva delle buone idee; per esempio propose di aprire uno spazio sul

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sito della rete in modo che i tifosi potessero caricare i loro video girati in occasione delle partite dimarzo, le più importanti per il destino del campionato. Negli ultimi minuti della diretta, Gus avrebbepresentato alcuni filmati scelti da Porter e dai suoi collaboratori.

Tutti e tre insieme stabilirono un menu ad hoc per assistere agli incontri: tortini al salmone(sferici, simili al pallone), tagliata di manzo Kobe su crostini e patatine fritte all’aglio e peperoncino.Inoltre avrebbero pro mosso una selezione di bevande analcoliche prodotte artigianalmente in tutto ilpaese.

Gus invitò anche Troy ad assistere alla puntata per conoscere i giocatori, un’offerta che luiaccolse con entusiasmo, senza pensare che ci sarebbe stata anche Sabrina (Gus non era certo il tipoda lasciarsi sfuggire un’occasione). Per Gus era fondamentale avere un pubblico, anche se avevapromesso alle ragazze, a Troy e a Hannah che sarebbero rimasti lontani dalle telecamere. Soprattuttoper Hannah era fondamentale non comparire in tv, e Gus non si sarebbe mai sognata di metterla adisagio, ma aveva bisogno del supporto della sua amica.

«Ormai è solo una guerra di ascolti» le spiegò Gus durante un altro caffè delle sette del mattino.Aveva nevicato di nuovo, e dal loro angolino del bovindo il giardino appariva come un silenziosopaesaggio da fiaba nordica. «Prima ci provano con lo chef surfista, poi con l’ultima star dalGiappone. Adesso tocca a noi.»

«Almeno hai un’altra possibilità» osservò Hannah.«La cosa frustrante è che è tutto così precario; stiamo solo rimandando l’inevitabile. Siamo

ancora a rischio cancellazione. Porter sostiene che il programma con gli ascolti migliori avrà laprima serata della domenica. A quanto pare il caro Alan sta pensando di chiedere agli spettatori divotare la trasmissione preferita chiamando un numero verde. Come in quello show con i VIP cheballano.»

«Allora lasciati andare. Fai in modo che tutti conoscano la scatenata e caffeinomane Gus Simpsoncome la conosco io.»

Gus la fulminò con lo sguardo.«È proprio questo il problema. Abbiamo fatto qual che prova: il cibo funziona, gli ospiti anche.L’unica nota stonata è la conduttrice. Secondo Porter sono troppo formale.»«Concordo, ultimamente sei diventata un po’ troppo seria. Devi liberare la buffona che è in te.»Gus era perplessa.«Magari basta un nuovo look» continuò Hannah toccandole appena i capelli. Era davvero una

delle poche persone al mondo che potesse permettersi una confidenza simile. «Perché non te li lascicrescere un po’?»

«Perché poi ci sarebbe troppo da colorare!»Hannah scoppiò a ridere. Con i suoi trentasei anni, era anagraficamente più vicina all’età di

Sabrina e Aimee, ma pareva molto più grande di loro. Senza dubbio era cresciuta parecchio più infretta delle ragazze, al punto da sembrare molto più vicina alla generazione di Gus. In lei si avvertivauna certa gravità, una punta di tristezza negli occhi. Le due amiche condividevano un profondorispetto per le reciproche esperienze di vita, ed erano entrambe indipendenti, un tratto che nascevadall’abitudine di passare tanto tempo da sole, immerse nei propri pensieri.

«No, i capelli non si toccano» ribadì Gus in tono perentorio gettando la testa all’indietro.«Voglio dimostrare ad Alan Holt, a tutti quanti, che vado bene così come sono.»

Gus era prontissima la mattina della storica diretta di Cucina con gusto! I pantaloni di seta nera,il top rosa scuro e la giacca nera (un look in puro stile Gus) aspettavano nell’armadio, perfettamentestirati.

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Balzò giù dal letto; era ancora buio, così scese di sotto a preparare un po’ di caffè alla nocciola.La cucina splendeva, pronta per l’assalto della troupe e degli ospiti. Senza neanche uno scialle percoprirsi, aprì la portafinestra e uscì fuori sul patio, a piedi nudi, inspirando a pieni polmoni. La nevefresca ricopriva i mobili del giardino, le piante e gli alberi: era caduta per tutta la notte. Guardò ilcielo dell’alba e ammirò la bellezza di una nevicata di marzo. Sembrava aver ripulito ogni cosa. Eraun segno: poteva farcela. Avrebbe rimesso in sesto il suo programma, la sua carriera, la sua vita.Tutto era possibile.

Qualche ora dopo Gus malediceva la neve e sgridava tutti. Porter, Oliver e la scenografa eranoarrivati con diverse ore di ritardo; ora correvano come matti per sistemare il set. Gli ingredientierano già stati preparati e messi da parte. Oliver e la food stylist avevano riordinato l’interno delfrigorifero in modo che sembrasse perfettamente credibile ma allo stesso tempo impeccabile, prontoper le scene in cui Gus avrebbe preso il burro o la panna. Le telecamere erano in posizione, lì doveuna ristrutturazione accorta della cucina le aveva destinate; il pubblico fuori scena era già seduto:Aimee, Sabrina e Hannah da un lato e Troy, furioso, in un angolo.

«Possibile che non ti aspettassi di trovare Sabrina?» gli aveva detto Gus appena era arrivato,bagnato e nervoso dopo la corsa in treno ritardata dalla neve.

Ma niente aveva davvero importanza in confronto al problema più grande: gli aeroporti dellecittà erano stati chiusi e le strade erano inzuppate di fango e ghiaccio, con i taxi che scivolavanodappertutto.

I bambini se ne stavano incollati davanti alla tv in attesa della conferma della chiusura dellescuole.

Insomma, tutta New York si stava preparando a una giornata di neve.Tutti tranne Gus Simpson. Mancavano novantasette minuti alla diretta del suo superpubblicizzato

programma pieno di star del basket e stuzzichini irresistibili.Peccato che non ci fosse nessuno.Cucina con gusto! non aveva nemmeno un ospite. Il suo esordio sarebbe stato un lamento

funebre.«Ultimo aggiornamento» annunciò Porter nel gabinetto di guerra messo in piedi in tutta fretta nella

biblioteca di Gus. Aveva appena risposto a un’altra chiamata sul cellulare. «Alan Holt ha appenalasciato la sua casa di campagna e sta venendo qui. Insieme alla fidanzata di turno.»

Gus lo ascoltava a malapena, ancora sotto shock all’idea che una nevicata improvvisa potessesommergere la sua carriera.

«Perché non mandiamo in onda una replica?» chiese con un sospiro, tenendosi la testa fra lemani.

«Gus, stammi a sentire.» La voce di Porter si era fatta stridula. «Hai capito di cosa sto parlando?Alan sta arrivando con la sua ragazza, Carmen Vega. E stanno venendo per fare un programma indiretta dalla tua cucina.»

«Cosa? ! In casa mia? Io quella non la faccio entrare!» urlò Gus.«Non puoi. Hai firmato un contratto che autorizza Cooking Channel a girare qui.»Gus era pronta a minacciare di chiamare il suo avvocato o qualcosa del genere, quando la testa

calva di Oli ver si affacciò alla porta.«Quindici minuti alla diretta» disse. «I cameraman fremono.»Nel giro di un istante Gus si ritrovò ad abbaiare ordini a Oliver: «I piatti sono pronti? Le

padelle? E vino?».Lui annuì.

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«Porter, non me ne starò ferma a guardare mentre quella ragazza si prende tutto ciò per cui holavorato, solo perché è giovane e va a letto con Alan.» Per la prima volta da un’ora, Gus eracalmissima.

«Andremo in diretta, io condurrò il programma e sarà una festa per i miei meravigliosi ospiti.»«Non hai ospiti, Gus.»«Ho Sabrina, Aimee, Troy e Hannah. E poi c’è Oli ver. Se riesco a dare una festa con una banda

così male assortita, ogni spettatore sentirà di poter fare lo stesso.»Il telefono di Porter squillò di nuovo. «L’autista di Alan ha bisogno di indicazioni» disse rivolto

a Gus.«M a certo, subito !» rispose lei, a voce abbastanza alta perché la persona all’altro capo della

linea sentisse. Poi su un foglio di carta scrisse: Che vadano a quel paese!Porter annuì e le prese la matita di mano. Vai così! scrisse a sua volta.In un lampo Gus corse nella sua stanza per una spazzolata ai capelli e un tocco di rossetto, poi

tornò a ordinare, pretendere, scongiurare amici e parenti di partecipare al programma.Sabrina non stava nella pelle, Aimee era riluttante, Hannah quasi in lacrime e Troy già sulla

soglia per uscire.«Tu,» abbaiò Gus verso Sabrina «vai a metterti un po’ di rossetto e pettinati. Poi pettina tua

sorella.»«Tu,» apostrofò Aimee «sono tua madre e ti ho pagato gli studi, quindi non voglio sentire una

parola.»«Tu,» disse a Hannah «fai quello che ti pare, ma ho davvero bisogno di te.»«E tu,» urlò a Troy «sai benissimo perché devi tornare subito qui e andare in onda. E se anche

non lo sai, sono sicura che gli azionisti di FarmFresh apprezzeranno un po’ di pubblicità gratuita.»Poi, rivolgendosi a Oliver: «Possiamo aggiungere al menu qualche spiedino di frutta?».«La dispensa è piena.»«Allora siamo a posto.»«Cinque minuti!» gridò un operatore.Porter entrò di corsa. «Abbiamo circa mezz’ora prima che arrivi tu-sai-chi. Il sito è già pieno di

video. Spostati dagli spettatori. Non ho la minima idea di come ce la caveremo.»«Semplice,» rispose Gus «farò quello che ho sempre fatto: mostrerò al mio pubblico come si

riceve con stile e semplicità. E per aiutarli a immedesimarsi, avrò con me un gruppo di persone chenon sa un accidente di cucina.»

Iniziò il conto alla rovescia e Gus si stampò un gran sorriso in faccia.«Salve a tutti e benvenuti a Cucina con gusto! Questa sarà una puntata di esordi. È la prima volta

che andiamo in diretta, la prima volta che potremo interagire con voi attraverso il nostro sito web, laprima volta che cucinerò con le mie figlie e... la prima volta che gli ospiti previsti sono stati trattenutidalla neve. Ma non preoccupatevi, perché tenteremo di raggiungere le nostre star dell’NBA altelefono. Vi mostrerò come far riuscire una festa anche quando tutto sembra andare storto.»

Porter fece cenno di mandare la pubblicità e alzò il pollice. «Sei strabiliante, ragazza!»«Ripetilo tra cinquantasette minuti» rispose Gus, prima di dare istruzioni a Oliver su come

disporre i presenti intorno all’isola.«Una delle sfide più ardue che si presentano a chi riceve» disse Gus alla telecamera appena

tornarono in onda «è che gli ospiti, di solito, vogliono sentirsi utili, mentre, diciamo la verità, cistanno solo tra i piedi. Il trucco è dar loro dei compiti semplici...»

Certo le papere si sprecarono: Hannah continuava a distogliere lo sguardo quando la telecamera

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si avvicinava troppo, e per poco Aimee non si amputò un pollice. Troy fece commenti sarcastici sulragazzo di Sabrina, e Sabrina si mise a civettare con Oliver, che invece era concentrato solo sul cibo.

«Per anni» proseguì Gus guardando l’obiettivo «ho spiegato in televisione come preparare unacena per fetta. In realtà, però, la mia vita è piena di questi personaggi.» Allargò le braccia perindicare il gruppo. «E visto che come al solito non mi ascoltano, posso confessarvi che sono benlontani dalla perfezione... ma con loro non ci si annoia mai.»

Gus continuò a parlare, anche mentre metteva a marinare il manzo, anche quando Troy fececadere a terra il salmone crudo, per poi recuperarlo immediatamente gridando: «Basta soffiarcisopra e si può mangiare!».

Assurdo, ridicolo: due chef professionisti e quattro principianti assoluti che cercavano dipreparare una cena. Ma Gus si stava divertendo un mondo. Non riusciva a smettere di sorridere.

La neve fuori dal finestrino era spettacolare, imbiancava il mondo.«Metti la cintura, non voglio che succeda qualcosa alla mia nuova stella.» Alan batté piano sul

ginocchio di Carmen. Lei scostò la stola quel tanto che bastava per agganciare la cintura. Era ancoravestita per la cena, con un tailleur di shantung turchese e una stola di cachemire color lavanda. Alanaveva detto che non c’era tempo di cambiarsi, bisognava correre a casa di Gus e salvare ilprogramma!

Così erano usciti di corsa, e adesso Carmen si stava congelando i piedi con quei ridicolisandaletti di metallo.

L’invito era arrivato all’improvviso. Un fine settimana nella casa di campagna di Alan Holt;l’addetto stampa di Carmen l’aveva quasi obbligata ad accettare. A quanto pareva, il presidente di

CookingChannel amava instaurare rapporti personali con la sua squadra. Alla fine Alan si erarivelato un ottimo padrone di casa, attento a tutte le sue (infinite) esigenze. Eppure Carmen si sentivaa disagio.

Aveva lo stomaco annodato: sapeva che il momento di andare in tv sarebbe arrivato, ma non siaspettava che fosse addirittura prima degli antipasti.

Alan guardò l’orologio e si rivolse all’autista: «Ha le indicazioni, vero?».Anche se la casa di Gus non aveva tutte le attrezzature di un vero studio televisivo, fu comunque

possibile mandare in onda le telefonate dei campioni di basket bloccati negli aeroporti del Midwest.E, grazie a inter net, Gus poté girare le domande degli spettatori agli atleti; la trasmissione neguadagnò in leggerezza, e riuscì a essere all’altezza delle aspettative (più o meno).

Porter ne rimase stupito, ma quel presunto rottame di programma era davvero piacevole. Mai, neidodici anni in cui aveva lavorato con Gus, l’aveva vista così rilassata e divertita. Sembrava davverodi partecipare a una delle sue famose feste con la sua famiglia strampalata. Per la prima volta Gusstava veramente... cucinando con gusto.

Fino a quel momento Porter non si era reso conto di quanto il programma potesse esseremigliorato.

Poi arrivò Alan, frustrato e infreddolito, con una terrorizzata Carmen Vega al seguito. A Porterfece quasi pena.

Quasi.Alan Holt comincio a parlare appena partì la pubblicità; mancavano solo venti minuti alla fine.

Era furioso. «Che diavolo sta succedendo qui?» gridò quando vide la cucina sottosopra, le macchiesul bancone e quel gruppo improbabile.

«Un eccellente esempio di tv-verità» rispose Porter in tono secco.«Questo lo vedremo...» replicò Alan. «Ma, visto lo spirito, tanto vale che entri anche Carmen.»

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«Perché?» chiese Hannah. Fu una delle poche parole che pronunciò nella serata, occupatacom’era a fingere di cercare qualcosa nei pensili per schivare la telecamera.

«Perché lo dico io» rispose Alan. «Chi è quella?» «Una mia amica» rispose Gus.«Allora eccone un’altra.» Alan spinse Carmen incucina, poco prima che finisse l’ultimo spot.«Salve» salutò lei.«La tua giacca scricchiola» intervenne bruscamenteGus, toccando lo shantung di seta. Le stoffe rumorose creavano problemi di audio con il

microfono.Una vera professionista l’avrebbe saputo.Carmen esitò: sotto indossava solo un minuscolo top. «Dieci... nove... otto...» contò Porter.Carmen si sbottonò in fretta la giacca. «Che ne dite se mostriamo un po’ di pelle?» Proprio in

quel momento si accese la luce rossa.«Bentornati! Guardate chi è arrivato» disse Gus. «Come voi, anche io ogni tanto ho un

graditissimo ospite a sorpresa. E questa sera è Carmen Vega.»«Non è stata Miss Europa?» chiese Troy.«Miss Spagna» lo corresse Carmen a denti stretti. «Miss Spagna.»«Fico. Le piace il basket? Dopo il programma guarderemo la partita tutti insieme.»Carmen non sapeva un accidenti di pallacanestro, ma non per nulla era stata una reginetta di

bellezza.«Oh,» esclamò dolcemente «secondo me lo sport ci fa tornare tutti un po’ bambini, tutti a gridare

e fare il tifo. È meraviglioso. Qual è il menu?»Gus stava finendo di preparare il chutney di frutta per i tortini di salmone quando Carmen si

avvicinò per sussurrarle: «Sperimentiamo un po’».«Gus e io abbiamo appena deciso di mescolare un po’ gli ingredienti» disse Carmen alla

telecamera.Gus fece appello a tutte le sue energie per reprimere un’occhiataccia. Con un rapido gesto del

polso, Carmen caricò il chutney di spezie: ancora un po’ di silantro, pepe e un tocco di menta, quindiintinse un cucchiaio pulito per assaggiare. Invece di portarselo alla bocca, lo porse a Gus.

«Mm» mugugnò lei con un’espressione collaudata, senza prestare davvero attenzione. Dopotuttoil momento dell’assaggio è il clou di ogni programma di cucina. Poi, però, sentì davvero il saporesulla lingua: il piccante del pepe, la freschezza della menta. «Ma è divino!» esclamò in tuttasincerità.

Troy, Aimee e Sabrina si precipitarono come una banda di ragazzini che aspetta la torta dicompleanno.

«Fammi assaggiare!»«Oh, ma è uno spettacolo!»«Io ho tagliato la frutta! Allora è anche un po’ merito mio.»Anche se la composizione dei piatti fu piuttosto (be’, parecchio) approssimativa, alla fine il

gruppo riuscì a comporre un buffet dignitoso.«È pura gioia!» gridò Sabrina, leggermente brilla.«Esatto» disse Gus, lo sguardo fisso all’obiettivo. Che quelle fossero le sue ultime parole agli

spettatori dopo dodici lunghi anni di tv? Respirò a fondo, prese un tortino di salmone con la sinistra eun bicchiere di vino rosso con la destra.

«Amici,» disse «mangiate, bevete e... siate felici.» Diede un morso al tortino, e non smise di

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sorridere fin ché non si spensero le telecamere.“Addio, pubblico” pensò. “Addio, carriera. Salve, cinquant’anni. Tanti auguri a me.”

Gus rimase a letto tra le lenzuola di raso tutta la mattina successiva, facendo finta di dormire.

Ignorò il telefono, sicura che fossero giornalisti, rivali, Alan.Si tirò la pesante trapunta sopra la testa.«Siamo chiusi per neve!» urlò, la voce attutita dalle piume. Riemerse soltanto quando iniziò a

sentire troppo caldo. Riluttante, allungò la mano verso il telefono e scorse le chiamate perse. Porterl’aveva cercata più volte, così, rassegnata, compose il suo numero.

Il produttore andò dritto al punto: Cucina con gusto! era ufficialmente defunto. Kaputt.Gus sentì un groppo alla gola.Poi Porter sganciò la bomba. Cooking Channel aveva richiesto sette puntate di un programma

tutto nuovo, in diretta. Titolo: Mangia, bevi e... Condotto da Gus Simpson. E Carmen Vega.

Parte Terza

OLIO E ACQUA

Gus avrebbe desiderato tanto una settimana di vacanza in un comodo bungalow con vistasull’oceano: un’occasione per rilassarsi e assaporare la vittoria nella battaglia degli ascolti. E ancheper venire a capo di quel casino: era costretta ad avere Carmen Vega come co-conduttrice! Nonaveva mai dovuto dividere la scena con nessuno, nemmeno agli esordi quando si limitava asnocciolare nervosamente la ricetta base per la quiche.

Ma non c’era tempo per le vacanze! Bisognava pre parare il nuovo programma e gestire il budgetprevisto per un numero limitato di puntate tra la fine di aprile e settembre. L’idea di Alan era dicontinuare a sperimen tare nuove trasmissioni pilota per tutta l’estate, alternando le dirette diMangia, bevi, e... ai vecchi pro grammi registrati, come quello dello chef surfista.

Con tutto questo, però, la possibilità di scomparire era ancora molto concreta; a tale proposito,Porter aveva messo bene in chiaro che non si sentiva in alcun modo obbligato a prendere le parti diGus con Alan riguardo alla presenza di Carmen. Piuttosto fastidioso.

A quanto pareva Gus non riusciva a far capire le sue ragioni. Forse immaginando la suacontrarietà, Alan la invitò a un pranzo delizioso da Craft, durante il quale ascoltò, con pazienza e unacerta dose di paternalismo, tutti i motivi per cui a Gus non piaceva Carmen, e per i quali non avrebbelavorato con lei.

«Lo so» disse Alan versandole dell’altro pinot nero. «Ma è proprio quello che diverte glispettatori: la ten sione fra voi due rende tutto più... saporito.»

Gus rimase spiazzata. «Mi stai usando, Alan?»Alan si sporse in avanti e la guardò con curiosità. «Non più di quanto tu stia usando me, Gus.»

Posò coltello e forchetta sul piatto e fece un cenno al cameriere. «Non fingo di essere diverso dacome sono: uno che si è fatto in quattro per ritagliarsi un posto in tele visione. Non sono un cuoco, mami piace mangiare. Mi piace il cibo buono, come a tanti altri. Vedo un mercato e il modo di vendereun prodotto. E ora vedo il potenziale di un altro buon prodotto.»

«Il Gus & Carmen Show?»«Qualcosa del genere.»«Quindi è solo una questione di soldi?»

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Alan aggrottò la fronte e bevve un altro lungo sorso di vino; si pulì la bocca con il tovagliolo espinse un po’ indietro la sedia, appoggiandosi allo schienale.

«Gus, ci conosciamo da tanto tempo. Se dovessi romperti una gamba sarei il primo a portarti ilbrodino di pollo. Mi piaci, e ti considero una cara amica.» Si schiarì la voce. «Eppure ho lasensazione che tu ti sia convinta di avermi fatto un favore in tutti questi anni. Ma, visto che sono io afirmare il tuo sostanzioso com penso, direi che ho un ruolo ben diverso.»

Seguì un silenzio imbarazzato.«E dunque...» tentò Gus.«E dunque credo che tu e Carmen farete scintille insieme. A nome di tutto lo staff di Cooking

Channel voglio dirti che non potremmo essere più felici per il nuovo show. Andiamo?» Posò iltovagliolo e fece per alzarsi.

In qualsiasi altra occasione, dopo una conversazione di tutt’altro genere, avrebbero diviso un taxifino agli studi, dove Gus era attesa per una riunione informale con Porter e Oliver. Ma, viste lepremesse, sarebbe stato impossibile sedersi accanto a lui in macchina a chiacchierare del sole diaprile.

«Ho una commissione da sbrigare» rispose Gus fredda, pensando rapidamente a cosa fare pernon dire una bugia. Lei non mentiva mai. Alle sue figlie aveva insegnato che la credibilità e le buonemaniere sono fondamentali.

Perciò ringraziò Alan per il pranzo, anche se aveva rischiato di strozzarsi a ogni parola.Hannah Levine sedette alla scrivania e si rovesciò mezzo sacchetto di caramelle direttamente in

bocca.Crunch, crunch, crunch. Meglio la cioccolata, ma poteva andare. La cucina, tirata a lucido ogni

settimana da una diversa Miss Pulizia (Hannah le chiamava tutte così) serviva solo da dispensa per ipacchetti di M&M’s, gomme, fondenti e marshmallow.

«Mangi troppe schifezze» le ripeteva sempre Gus presentandosi con panini al gruyère ecrescione, o con una sogliola al vapore con pepe e limone, e contorno di fagiolini. Prima di Gus, conle sue sorprese serali e le colazioni a base di caffè e muffin, Hannah si nutriva solo di dolci e pizza adomicilio, ogni volta terrorizzata che il ragazzo delle consegne pronunciasse le temute parole: “Manon l’ho già vista da qualche parte?”,oppure: “Ehi, ma lei non è quella che...”.

«La mia vita ha bisogno di un po’ di dolcezza» rispondeva Hannah.Adesso ordinava le sue scorte di caramelle su internet, e la pizza gliela portavano a casa,

surgelata, insieme a cereali, latte, pane e, a volte, un po’ di formaggio. Andare al supermercato erafuori discussione: ogni corsia nascondeva il rischio di essere riconosciuta. Questo l’aveva imparato:passare inosservati era molto più facile se si restava nascosti. E così ormai non usciva più di casa;percorreva soltanto i pochi passi fino a casa di Gus tutte le mattine. Non scendeva nel suo stessogarage da anni, figuriamoci mettersi al volante della sua Miata rossa. Ma era così che funzionava ilsuo personale

“Programma di Protezione”, del quale era presidente e unico membro.«Ma non se lo ricorderà più nessuno» aveva detto una volta Gus, cercando di convincerla ad

accompagnarla alla festa per la presentazione di un libro di cucina a Manhattan.«Nessuno dimentica uno scandalo» aveva insistito Hannah. Chi non ha mai subito una pubblica

umiliazione fatica a capire quanto possa bruciare anche dopo tanto tempo. Hannah riusciva a godersiun giorno dopo l’altro solo se seguiva le sue regole: stare in disparte, mai attirare l’attenzione, maiscrivere articoli di sport, firmarsi sempre con le iniziali (H.J. Levine) e mai con il nome per esteso.

Una volta la pensava come Gus, era convinta che nessuno avrebbe ricordato. Poi si era ritrovata

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in uno di quei programmi del tipo “Chi si ricorda di...?”. A cosa aveva rinunciato per la privacy?Agli uomini (anche se non aveva mai avuto molto tempo per cose del genere, nemmeno nella sua vitaprecedente), allo shopping (aveva sempre comprato i vestiti per corrispondenza, e nemmeno daragazzina era stata una fanatica dei centri commerciali) e alle amicizie (Gus era l’unica eccezione).In cambio, però, poteva respirare.

Nonostante ciò partecipava sempre alle feste di Gus, confidando nella capacità dell’amica diproteggerla, e sicura che nessuno avrebbe osato dire che aveva un’aria familiare. Sarebbe stato dicattivo gusto commentare pubblicamente i suoi guai del passato. E dai suoi ospiti Gus riusciva atirare fuori solo il meglio.

La devozione di Hannah nei confronti dell’amica era tale che aveva rischiato tutto (la sua pace, lasua sicurezza) per aiutarla a salvare il programma. Che cosa le era venuto in mente?

Con trepidazione si collegò alla rete; il cuore le saltava in gola a ogni risultato di Google.Parecchie notizie su Gus... Bene, bene. Niente su Hannah Joy Levine. Ancora meglio. Si appoggiò aicuscini grigi della sua poltrona da ufficio, attenta a non rovesciarsi all’indietro come già era capitatopiù di una volta. E pavimento era ancora quello originale di quercia rossa durissima, consumato inalcuni punti e coperto di tappeti non coordinati.

Quella stanza era stata progettata come sala da pranzo, ma Hannah non aveva mai investito intavoli e sedie. Aveva comprato solo una lunga scrivania a L all'IKEA, più di dieci anni prima, e duetelevisori che aveva poi installato alla parete. «Molto meglio guardare il telegiornale, mia cara»aveva detto a Gus la prima volta che le aveva permesso di entrare in casa sua. Hannah non volevarinunciare al mondo, voleva solo osservarlo da dietro uno schermo.

La casa era stata il suo primo e unico acquisto impor tante, fatta eccezione per un’auto sportivarossa che riposava in garage sotto un telo, con la batteria staccata. Quel delizioso cottage era stato uninvestimento. Aveva attirato la sua attenzione un giorno, mentre faceva pratica di guida, e cosìl’aveva comprato. Diciotto anni prima, ancora ragazzina, non poteva immaginare che avrebbe varcatoquella soglia poco dopo, con una valigia e poco altro in mano. In tutto quel tempo aveva conosciutosolo Gus nel vicinato. Ma non le dispiaceva, anzi.

Pensare al passato la rendeva sempre nervosa, e il nervosismo le faceva venire fame. Aprìl’ultimo cassetto della scrivania senza nemmeno guardare (aveva memorizzato la posizione dellecaramelle).

Non riusciva a staccare gli occhi dalla pagina del forum sul sito di Cooking Channel.CHI È PIÙ SEXY: CARMEN VEGA O GUS SIMPSON? recitava il titolo di uno degli argomenti

indiscussione. Hannah sorrise. Prese il cellulare e compose il numero di Gus, aprendo allo stesso

tempo un sacchetto di M&M’s alle arachidi. Il suo debole per i dolci non aveva mai avutoconseguenze drammatiche sulla linea: grazie al cielo aveva un metabolismo efficiente, anche atrentasei anni. E poi c’era il tapis roulant che aveva installato nella stanza degli ospiti al posto delletto. Tanto non veniva mai a trovarla nessuno.

«Ehi, a quanto pare hai incendiato il mondo della cucina in tv» disse appena Gus rispose. «Ormaisei un sex symbol.» Con precisione chirurgica iniziò a separare le praline di colore blu dalle altre,

un’abitudine rimasta dai tempi in cui coltivava piccole, sciocche fissazioni. In verità per leiavevano tutte lo stesso sapore.

«Meno male che sei tu... Sono così furiosa che cave rei gli occhi ad Alan Holt» disse Gus. «Haipranzato?»

«Sì.»

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«Ne sono sicura. Prima o poi ti verrà il diabete con tutti quegli zuccheri. Non te lo permetterò.»Hannah rimase in silenzio. Una volta, solo una, Gus aveva cercato di fare piazza pulita dei suoi

dolci.Risultato: il loro unico litigio. Hannah, isterica, era rimasta a piangere seduta sul pavimento della

cucina. Gus non riusciva proprio a trattenersi: doveva correggere, correggere, correggere, finché,secondo lei, non andava tutto bene.

Per fortuna Gus si lanciò nel resoconto dettagliato ilei pranzo con Alan, partendo dalle pieghe deitovaglioli e finendo con gli abiti che Carmen avrebbe indossato per il programma.

«E tra due ore devo incontrare Miss Spagna. Dovevo scappare, così mi sono inventata unacommissione. Ho comprato del salame ungherese, un po’ di provolone affumicato e un barattolo

di olive nere pugliesi da portare alle ragazze.»«Pessima idea.» Hannah si mise un confetto in bocca, solo per sentire il gusto della copertura.

Non masticava mai mentre parlava con Gus.«Invece è un’ottima idea. Chi non vorrebbe tornare a casa e trovare queste delizie nel frigo?» Il

respiro di Gus si era fatto un po’ affannato per colpa della combinazione letale tra la camminataveloce, la busta delle leccornie e il cappotto pesante in una giornata primaverile.

«Gus, quando una madre entra in casa delle figlie senza preavviso non succede mai niente dibuono.»

«Non è vero. E poi a Sabrina non dà fastidio.»«Ma ad Aimee sicuramente sì.»«Ormai sono già davanti al portone» disse Gus intono trionfale. «Forse avrò anche il tempo di preparare qualche brownie. Non sarebbe carino?»

Hannah la conosceva abbastanza bene da sapere che era una domanda puramente retorica.Era stata una mattina bellissima, limpida e soleggiata. Almeno così le era sembrato guardando

dalla finestra. Sabrina non era mai scesa dal letto, se non per una discreta spedizione in bagno. Il suorapporto, agli inizi, era ancora in quella fase in cui si finge di non aver bisogno di bagni e deodoranti.Si era lavata i denti e depi lata, ma non aveva fatto la doccia per evitare che il suo ragazzo pensasseche quella linea inguinale così liscia e perfetta non fosse naturale.

Poi era sgattaiolata di nuovo a letto senza far rumore, e aveva iniziato a stuzzicarlo con piccolimorsi e baci sulle dita, le labbra, le palpebre e i lobi. Chi non avrebbe saltato il lavoro per questo?Avevano bevuto un po’ di succo di frutta, quindi erano tornati in camera per un lungo pisolino che siera protratto fino al pomeriggio.

Sabrina si voltò sul fianco destro e osservò il petto del suo fidanzato che si sollevava con ilrespiro.

Accostò una ciocca dei suoi capelli neri alla peluria bionda di lui, ammirando il contrasto. Erabello.

Loro erano belli.L’inizio di un rapporto era il momento che Sabrina amava di più, quando ogni attimo si carica di

luminose possibilità, prima che obblighi e aspettative si facciano strada. Posò delicatamente unamano sulla pelle chiara di Billy, studiando il diamante taglio princess che splendeva sul suo anulare.Le aveva chiesto di sposarlo la sera prima. Presto si sarebbero ritrovati a cercare casa e a scegliereil modello di forchetta più adatto a una mano maschile.

Sabrina ci era già passata: aveva ricevuto altri tre anelli di fidanzamento. Tutti restituiti,ovviamente.

Due erano praticamente uguali, due solitari che brillavano alla luce. Erano una sorta di “buoni

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regalo”, da cambiare appena lei e il fidanzato di turno avessero avuto il tempo di scegliere qualcosache le piaceva di più. Il terzo, invece, era un anellino d’argento con un lapislazzulo, un regalo del suoprimo ragazzo, Stephen Campbell. Non avevano nemmeno ventun anni e si conoscevano fin dai tempidel liceo. Lui aveva insistito perché lo tenesse, ma Gus aveva fatto il diavolo a quattro per ché lorestituisse.

Adesso le sarebbe piaciuto averlo. Non che volesse tornare con Stephen, no. Desiderava soloritrovare una parte del suo cuore di allora, qualcosa da tenere in mano per dire: ecco, una voltaquesto era importante per me. Un modo per ricordare ciò che voleva a quel tempo.

Troy Park, invece, non le aveva mai regalato nessun anello. Sabrina se lo aspettava, lodesiderava. Ma lui era diverso. Pretendeva qualcosa che gli altri non le avevano mai chiesto. Sabrinaguardò Billy, osservò l’ombra sotto la mascella, le sue labbra. Amava quella bocca? Amavaquell’uomo?

«Sono felice?» sussurrò. Lui non si mosse. Tipico.«Sono felice?» ripeté. La stessa domanda le saliva alla mente ogni volta che si svegliava nel

cuore della notte con i sudori freddi e il batticuore, in una stanza buia e silenziosa, senza sapere benedove si trovava. Se rimaneva sola con i suoi pensieri, non era in grado di esprimere quella gioia chetutti sembravano esigere da lei. In quelle ore di quiete si chiedeva cosa avrebbe pensato suo padre diciò che era diventata. Quale dei suoi fidanzati gli sarebbe piaciuto di più?

«Sono una monogama seriale» aveva spiegato ad Aimee, dopo averle annunciato che Troy era“fuori dal quadro” e che stava con Billy. Proprio così aveva detto:

fuori dal quadro. Come se escludere qualcuno dalla sua vita fosse semplice quanto togliere omettere un oggetto nell’inquadratura di una foto.

«Sei un’idiota» aveva risposto sua sorella scuotendo la testa. Pareva voler aggiungere qualcosa,ma, per una volta, non lo aveva fatto.

“Meno male” aveva pensato Sabrina. Anche ora non aveva nessuna voglia di dare goffespiegazioni su come aveva conosciuto William Angle. Erano stati presentati da un suo compagnodella scuola di design che lavorava come grafico insieme a Billy in una società di multimedia. Billy,dirigente con ottime prospettive, poteva garantire a Sabrina molti contatti con potenziali clienti,nonché inviti a feste esclusive. Proprio questo l’aveva attirata all’inizio; uscire con lui rientrava nelsuo programma di pubbliche relazioni. Lui aveva un modo di parlare meravigliosamente calmo, cherallentava ogni cosa; sembrava così sicuro di sé. Sabrina era rimasta molto sorpresa quando, al loroprimo appuntamento, le aveva detto che non poteva fare tardi perché il giorno successivo avrebbeaccompagnato il fratello minore a giocare a golf.

Pareva così diverso da tutti gli altri uomini che aveva conosciuto. Ne era rimasta affascinata. Epoi le piace vano le novità. Ovviamente non era successo nulla subito: non era certo quel tipo diragazza. Si era limitata a flirtare e a scrivere qualche e-mail, finché non si era sentita sicura che traloro ci fosse qualcosa (Sabrina non faceva un passo senza sapere chi aveva di fronte). Alla fineaveva raccolto tutte le cose di Troy in un sacchetto di carta.

«Non lo so» aveva detto a sua madre, quando le aveva chiesto cosa fosse andato storto.«Non lo so» aveva risposto ad Aimee quando le aveva chiesto se amava Troy.«Non lo so» aveva sospirato quando ciascuno dei suoi ex fidanzati, a turno, le aveva chiesto che

cosa voleva.Guardò la sua stanza: le pareti erano dipinte di un azzurro grigiastro, un colore freddo, simile al

cielo attraverso un velo di nebbia. Il letto, che la sera prima era stato un’esplosione di cuscini,bastava a malapena per due. Non avevano in programma di fermarsi, ma Sabrina voleva prendere un

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cambio, per poi andare da Billy. Alla fine, però, si erano lasciati deliziosamente trasportare. Nonavevano mai dormito da lei prima.

«Restiamo a letto» aveva sussurrato lei, cercando di convincere Billy a darsi malato. «Facciamofinta di essere naufraghi, che il letto sia una zattera e che nessuno ci possa trovare.» Era uno dei suoigiochi preferiti.

Sabrina si era appena appisolata di nuovo quando sentì un fruscio in cucina. Rumori in una cucinanewyorkese vuota non portano mai niente di buono. Diede di gomito a Billy per svegliarlo.

«C’è un topo» sussurrò.«Anche qui ce n’è una...» farfugliò lui attirandola a sé. «Dai, Billy, davvero.»Lui rimase un momento in silenzio. «Io non sento nulla.»Ma Sabrina era già in piedi e si stava infilando una maglietta; gli passò i boxer. «Andiamo a

vedere.»«Ma non vivi con tua sorella?»«È pomeriggio, è al lavoro.»«Va bene, va bene.» Billy si sgranchì pigramente prima di infilarsi le mutande. Poi prese un

ombrello di fianco al comò e lo tenne alto sulla testa, continuando a guardare Sabrina mentre aprivala porta con un gesto teatrale, e si avviava a grandi passi verso la cucina.

«Vado a caccia di conigli» cantilenò, aspettando che Sabrina ridesse.«Oh mio Dio!» gridò lei arrossendo. Billy guardò avanti, serio e all’erta. In cucina, con il

cappotto ancora indosso e un vasetto di olive nere in mano, c’era la cuoca più famosa della tv: GusSimpson.

«Mamma! Che cavolo ci fai qui?» Sabrina si sentì nuda nonostante la maglietta.«Lei vada subito a mettersi qualcosa addosso!» esclamò Gus indicando Billy.«No.» Billy posò un braccio attorno alle spalle di Sabrina, ma lei si divincolò. «Lei è

invadente.»«Io invadente? È lei l’intruso!» Ora Gus stava urlando sul serio. «Io posso venire a casa di mia

figlia tutte le volte che voglio.»«E invece no» ribadì lui. E rimase semplicemente lì, in mutande.Gus cambiò tattica. «Vai a vestirti immediatamente» disse a Sabrina. «Io e te dobbiamo parlare.»«Signora Simpson... Gus... questa situazione è imbarazzante per tutti» riprese Billy compiaciuto

della propria maturità. Non era così che aveva pensato di dare la notizia alla sua futura suocera, macredeva fermamente che le situazioni andassero sempre affrontate di petto. Sorrise a Sabrina, anchese

percepiva lo sguardo fulminante di Gus. «Credo che dovrebbe calmarsi. Sua figlia e io cisposiamo.»

«Oh, Gesù» esclamò Gus, sbattendo il barattolo di olive sul piano con una forza tale da farlorotolare via fino a infrangersi sul linoleum. Gus seguì con lo sguardo la salamoia che si spandeva sulpavimento.

«Dovrei dire congratulazioni ma, Dio mi aiuti, non è la prima volta.»

Anche se le riprese di Mangia, bevi e... sarebbero avvenute nella villa di Gus, le riunioni sitenevano allo studio di New York. Era più comodo... per gli altri. Circa due stagioni prima, Guscredeva di essere sul punto di poter chiedere che anche le riunioni fossero convocate a casa sua. Delresto aveva già una sua linea di coltelli, pentole, padelle e centrifughe per l’insalata... Non lesembrava affatto giusto che per colpa degli ascolti dovesse lottare per difendere tutto ciò che si era

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costruita. Oltretutto senza Gus Simpson non ci sarebbe mai stata una Carmen Vega: avrebbe fatto inmodo che quella sciacquetta non lo dimenticasse.

Quando Gus entrò nel quartier generale di Cooking Channel aveva i piedi doloranti per colpadegli stivali di pelle: aveva camminato troppo, e con i tacchi troppo alti. Incredibile: la rabbia ti faaccelerare l’andatura e così ti ritrovi coperta di vesciche e ancora più frustrata di prima. Speravasolo che quel Billy ci si strozzasse con il provolone! La giornata era stata un disastro: prima Alan,poi Sabrina con quel suo mostruoso fidanzato. E doveva ancora vedere Porter. Non era da Gusarrivare in ritardo; anzi, per lei la puntualità era sempre stata un motivo d’onore. Ma adesso la suavita sembrava molto diversa da quando era semplicemente Gus. Per essere Gus Simpson, la famosaconduttrice tv, doveva comunque sottostare a certe regole. E la prima era sorridere a comando.

«Carmen, che sorpresa!» esclamò, tranquilla e cordiale, entrando nell’ufficio di Porter. «Sono inritardo?» «Mai» disse Porter osservandola con attenzione. «Carmen è in anticipo. Stava giustodicendomi quanto è felice di lavorare con te.»

«Ho studiato le puntate del tuo programma come un manuale» confermò Carmen con un gransorriso. «Ho imparato così tanto da te, sabes?»

«Come no» disse Gus. «Sono proprio contenta di aver rivisto Eva contro Eva ieri sera. Mi sentomolto più preparata.»

«Bene, signore, andiamo a sederci a quel tavolo. Voglio mostrarvi una selezione di video arrivatidopo la diretta. Ne caricheremo alcuni sul sito... il successo del l’iniziativa è stato strepitoso.»Porter accese il portatile, posizionandolo esattamente al centro tra Gus e Carmen, e fece partire unfilmato con un gruppo di ventenni.

«Gus Simpson, benvenuta a casa mia! Una volta pensavo che fosse impossibile essere come te»disse una ragazza di origine asiatica. «Ma ora sento che è diverso... anche la tua cucina può essere uncasino! Senti, chi è quel tipo carino con la testa rasata?»

«Quello te lo puoi tenere!» gridò un’altra donna sullo sfondo. «Io mi prendo l’altro!» Poi unragazzo grassoccio le tirò in testa un guanto da forno, e schizzò nell’in quadratura aprendo unostriscione su cui era scritto CARMEN TI AMO.

«Forza, Gus!» urlò il gruppo in coro alla fine del video.Porter mise via il computer e porse a Carmen e Gus alcuni appunti.«Ne abbiamo a quintali di video così... Un gruppo ha cucinato insieme a voi in tempo reale.

Esilarante. E incredibile la risposta del pubblico alla diretta, alla verità della prima puntata.»«Sono così contenta» squittì Carmen. «Adoro la gente vera.»«Già,» borbottò Gus seccata «anch’io.» Accennò appena un gesto verso Carmen e aggiunse:

«Allora, cosa hai in mente di fare, Porter?».«Ecco il mio piano.» Porter camminava su e giù. «Riporteremo tutti in onda: Troy, Hannah,

Aimee e Sabrina. E seguiremo lo stesso copione, questa volta organizzandoci un po’ meglio,ovviamente.»

«A quanto pare Sabrina si è fidanzata di nuovo» puntualizzò Gus. Porter conosceva Gus e leragazze da molto tempo, e sapeva quanto Sabrina fosse volubile in amore.

«Di nuovo fidanzata?» ripeté Carmen. Gus fece finta di non aver sentito.«Dev’essere un bel tipo, conoscendo Sabrina» commentò Porter. «Potremmo chiamare anche

lui.»«No, non possiamo» rispose Gus freddamente.Porter si fermò e la guardò negli occhi. «Okay, come non detto. A proposito, dov’è Oliver? Non

pensavo che sarebbe arrivato in ritardo alla nostra prima riunione.»

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«Ops!» disse Carmen «Ecco io... gli ho chiesto di farmi un piccolissimo favore. Pensavo che nonsarebbe dispiaciuto a nessuno.»

Gus aprì la bocca e poi la richiuse. Porter afferrò il messaggio: le dispiaceva eccome. Ma nonavrebbe mai ceduto alla tentazione di arrabbiarsi.

Cerca di non farti mai bloccare in ascensore: lo diceva sempre l’insegnante preferito di Oliver, ilprofessor Randall. Solo che non lo intendeva in un senso così letterale.

Oliver Cooper distese le braccia: solo di poco non toccava le pareti dell’ascensore. Le suebraccia, come le gambe, erano lunghe e muscolose, e aveva la pelle un po’ abbronzata dopo un finesettimana sugli sci. Con il suo metro e novantacinque di altezza e la testa rasata con cura (un modoper nascondere la temuta stempia-tura incipiente), Oliver non passava certo inosservato. Per fortunaera solo: almeno non aveva la sensazione che le pareti si richiudessero su di lui, né sentiva la mancanza delle chiacchiere tipiche di una situazione simile (“Pazzesco, eh?”). Premette il pulsante diemergenza diverse volte, e il trillo acuto gli fece fischiare le orecchie. Cercò il cellulare, poi siricordò di averlo lasciato a casa (proprio oggi!). Si appoggiò alla parete e scivolò a terra, sedendosisui tacchi dei mocassini marroni.

Diede un’occhiata allo Swatch: le quattro e cinque. Era in trappola da undici minuti; avrebbe giàdovuto trovarsi neU’ufficio di Porter. Se solo fosse stato capace di dire di no... Non ci riusciva mai.

8«Oliver, sono così felice di vederti!» aveva detto lei nell’atrio, squadrandolo dalla testa ai piedi

con quei suoi grandi occhi scuri. Carmen. Sempre carina, sempre dolce, sempre a fingere di essereindifesa... «Devo por tare di sopra tutta questa roba, ma non c’è nessuno che mi aiuti.»

«Non potevi farti dare un carrello dal portiere?»Carmen scrollò le spalle, come se l’idea non l’avesse minimamente sfiorata.«Per te non sono pesanti.» Aveva toccato lievemente il braccio di Oliver. Si era appena

comprato un cappuccino, una piccola trasgressione (stava cercando di ridurre la caffeina), e ilbicchiere era quasi pieno. «Da sola non ce la faccio.» Carmen aveva piegato la testa da una parte -un gesto collaudato - lasciando che la domanda implicita aleggiasse nell’aria. La camicetta di setaporpora spiccava sulla carnagione olivastra, così come le labbra rosse facevano risaltare i denticandidi e perfetti.

Oliver bevve un lungo sorso e gettò il resto nella spazzatura. Solo dopo si accorse che era uncontenitore per la raccolta differenziata. Oh, be’, non c’è da meravigliarsi che la terra vada a rotolise nessuno si prende mai il disturbo di leggere un simbolo. Oliver fece per recuperare il bicchiere,poi pensò che sarebbe stato di pessimo gusto. Allora si voltò verso Carmen.

«Dunque, che cosa abbiamo qui?» chiese, cercando di sembrare allegro. Ovviamente l’avrebbeaccontentata: solo un bastardo senza cuore avrebbe lasciato un esserino delicato come lei

nell’atrio di Cooking Channel in mezzo agli scatoloni.Carmen ringraziò appena; non pareva affatto sorpresa. Quella mancanza di gratitudine lo

infastidì: sapeva già che lui avrebbe detto di sì, anche se non ne aveva voglia, anche se fingeva dipensarci su. È socialmente inaccettabile che un uomo si rifiuti di aiutare una donna, una delle piccoleincongruenze della vita che, a essere sinceri, lo facevano diventare matto. È scontato che una donnapossa chiedere a un uomo un lavoro di fatica, ma non il contrario.

«Prego, Carmen, non c’è di che» rispose lui a voce forzatamente alta, e si arrotolò le manichedella camicia Oxford azzurra. Avrebbe portato le scatole di Carmen al piano superiore perché lei erabella e divertente, e, per quanto lo irritasse, non gli dispiaceva affatto essere apprezzato per la sua

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forza. E poi le doveva qualcosa di più di un semplice servizio da facchino. Carmen sapeva che ilcibo gli aveva salvato la vita, che aveva nutrito il suo spirito quando aveva guardato dentro se stessoscoprendo che mancava qualcosa; condivideva con lui lo stesso rispetto per il potere della cucina. Inpiù, quando si era trattato di trovare un nuovo vicechef per la trasmissione, aveva suggerito il suonome ad Alan Holt.

Oliver conosceva Carmen da anni: l’aveva conquistata mostrandole l’autentico jamón serranoche aveva portato di nascosto da Barcellona; per un po’ erano anche usciti insieme, poi avevanodeciso di comune accordo che fosse meglio restare solo amici. E l’ex Miss Spagna non era davveroniente male come amica.

Ma bisognava comunque imparare a tollerare alcuni lati del suo carattere: la recita da bambolina,le moine, le pretese. Carmen era abituata a ottenere tutto ciò che voleva. Forse per lei era semprestato così, da quando era la cocca di sua madre, a Siviglia; poi era cresciuta tra i concorsi dibellezza, attirando i paparazzi e conquistandoli con panini gustosi quando si appostavano fuori casaper rubarle uno scatto insieme al suo fidanzato famoso. Questo genere di attenzioni può cambiare unapersona, nello stesso modo in cui un’enorme quantità di soldi aveva cambiato lui. Iniziò atamburellare con le dita sugli scatoloni di Carmen: quando era a Wall Street, non doveva portare levaligie di nessuno.

«Pochi grilli per la testa e fai quello che devi» gli aveva detto suo padre il giorno in cui erapartito per l’università.

«Tu farai strada» gli aveva pronosticato Marcus, suo fratello maggiore, che appena finiti gli studiera tornato a lavorare nell’impresa di famiglia.

«Non dimenticarti di noi quando sarai ricco e famoso» aveva scherzato Peter, il primogenito,contabile in un’azienda.

Oliver non pensava che avrebbe dimenticato da dove veniva, né immaginava che il successoavrebbe avuto un effetto simile su di lui. Credeva di essere più forte.

Sua madre gli ripeteva sempre che aveva la testa sulle spalle, ed era vero. Da piccolo, quandoancora viveva in una cittadina dell’Indiana, lo chiamavano Ollie. Era stato il terzo in famiglia afrequentare l’università dopo Marcus e Peter, ma era stato il primo a vincere una borsa di studio, ilprimo ad andarsene via, il primo a conseguire un master in business administration. E anche il primoa trasferirsi a New York e a ottenere una promozione dopo l’altra. A fare soldi. Ecco cosa avevafatto lui: soldi.

I primi tempi a Wall Street erano stati davvero proficui; il nuovo guardaroba, le mete delle suevacanze, la nuova sensibilità del suo palato (conservava bellissimi ricordi del primo boccone ditrippa, del tour gastronomico in Italia, del viaggio in bici tra i vigneti della Napa Valley) erano tutti amisura del suo conto in banca. Ricordava bene il senso di disagio quando si era reso conto che con ilsuo primo vero lavoro stava guadagnando più del padre, un meccanico che riparava trattori eautomobili.

I regali costosi che comprava per portare un po’ di lusso nella vita dei suoi (la Cadillac che suopadre aveva sempre desiderato, un viaggio ad Aruba per tutta la famiglia) non facevano chesottolineare la sua nuova posizione. Era difficile fare il piccolo di casa con il portafogli gonfio e unBulova al polso.

Era difficile continuare a fingere.II piano originario, deciso il giorno stesso del suo arrivo a Manhattan con la valigia consumata e

la bici, prevedeva di guadagnare una bella somma per fare qualcosa che amava veramente. Nonvoleva certo occuparsi di investimenti bancari per sempre.

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Non aveva mai avuto intenzione di rimanere a lungo in città.«Questi sono i miei anni di capitalizzazione» aveva detto a Peter quando compì ventotto anni.«Cercherò di tirarne fuori il meglio. Non mi lascerò distrarre.»E infatti. Lavorava molto, moltissimo. Era davvero bravo in ciò che faceva. Eppure a fine

giornata evitava di tornare nel suo appartamento a Tribeca. Preferiva stare in mezzo alla gente,mantenendo però sempre un certo distacco. Concentrava tutte le sue notevoli energie extralavorativenel provare nuovi ristoranti, assaggiando le novità e le delizie segrete di cuochi emergenti. Mangiareda solo non gli dispiaceva affatto: non portava nemmeno un libro dietro cui mascherarsi, lasciandoche fosse il cibo a fargli compagnia.

Li provava tutti, dal più piccolo bistrot di quartiere alle vette di Le Bernardin. La più grandestoria d’amore di Oliver Cooper era con il cibo (con l’ovvia conseguenza di essersi dichiaratoschiavo a vita del suo personal trainer).

La sua esistenza corrispondeva esattamente alle aspettative: lavoro ben pagato e buon cibo. Ognitanto c’era una ragazza, carina e piacevole; la sua famiglia (che vedeva di rado ma che amavaprofondamente) era in buona salute. Andava tutto bene, meglio di quanto si fosse aspettato.

Poi la novità e l’entusiasmo si erano esauriti. E così era cominciata la sua gradualetrasformazione da serio, onesto ragazzo del Midwest a navigato e multimilionario Re dell’Universo.Era ancora capace di scambiare qualche parola con la cassiera del negozio, o aprire la porta a unavecchietta senza sforzarsi troppo: erano questi momenti a fargli credere di essere ancora una bravapersona, lo stesso Ollie Cooper che giocava a calcio con le lattine nei caldi pomeriggi estivi eandava a scuola in bicicletta. Quando aveva ancora tanti capelli, e la calvi zie era una cosa checapitava solo agli altri.

Quando divi deva la gente tra buoni e cattivi.A poco a poco, però, aveva perso le sue buone maniere. Tagliava la strada alle auto cambiando

corsia quando, la domenica sera, tornava dalla sua casa di campagna, con tanto di dito medio alzatonel saluto universale. Insultava i camerieri se tardavano un millisecondo a portargli l’acqua. Avevasmesso di salutare l’interlocutore alla fine di una telefonata, limitandosi a riattaccare quando avevadetto tutto ciò che lui aveva da dire. Non chiedeva più “Come stai?” a quelle ragazze carine con cuiusciva; parlava soltanto di sé e di quanto fosse stressato. Lavoro, lavoro, lavoro. La parola d’ordinedella gente importante.

Aveva riso insieme ai genitori quel giorno di Natale in cui aveva annunciato di aver fatto piùsoldi nell’ultimo anno che suo padre in tutta una vita. Pensava che ne sarebbero stati orgogliosi. Esenza dubbio lo erano, ma sembravano anche imbarazzati. Allora aveva fatto finta di non sapere ilperché.

Era andata avanti così per anni. L’ambizioso Oliver si era trasformato in un uomo più vecchio emolto meno interessante. Lui era il solo a non accorgersene, però.

L’unico aspetto entusiasmante della sua vita era il cibo, dal tartufo nero più pregiato alla torta dimele appena sfornata del negozio all’angolo, con il profumo di cannella che filtrava dal vetro delbancone.

Tutto il resto era solo routine. Indifferenza. Oliver passava lunghe giornate nel suo grande ufficio,guadagnava un sacco di soldi, e così via. Si era imbarcato in un viaggio infinito, senza mai pensare,nemmeno una volta, di abbandonare la nave.

Ci aveva messo un po’ a rendersi conto che i vecchi amici ormai si limitavano a spedirgli auguriper Natale (anzi, erano le mogli a farlo, firmando poi Joe e Cindy o Gorde Rick. Ogni volta Oliverdoveva concentrarsi per ricordare se lei l’aveva conosciuta, se aveva detto alla segretaria di

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mandare un regalo per le nozze, per poi scoprire di non essere stato invitato). I suoi fratelli sifacevano sentire di rado, solo quando i nipoti lo ringraziavano per i tardivi ma stravaganti regali dicompleanno. Ogni anno Oliver lasciava una buona dose di denaro e sensi di colpa nei negozi digiocattoli.

«Per te siamo tutti dei poveracci» gli aveva detto Marcus in una delle loro rare conversazionitelefoniche. «Ti sei convinto che vivere a Manhattan ti renda migliore.»

«Perché, non è così?» Oliver l’aveva presa per una battuta.«Cazzo, ma cosa ti è successo?»«In che senso?»«Quand’è che sei diventato uno stronzo egocentrico?» «Come, scusa?»«Mamma ha compiuto settantacinque anni e tu non c’eri. Sei diventato uno di quelli che mandano

alla madre un enorme mazzo di fiori, ma non trovano il tempo di andarla a trovare più di una voltaall’anno.»

«Avevo da fare.»«Ha pianto, Oliver.» Marcus era chiaramente furioso. «Per tutta la sera ha creduto che le avresti

fatto una sorpresa e ti saresti presentato.»«L’avevo avvertita che non sarei venuto.»«Cosa avevi da fare?»«Dovevo lavorare.»«Hai sempre detto che saresti tornato, e poi avrestifatto altro.» Un sospiro. «Sarò sincero: ti dai tante arie, ma sei tu il poveraccio.»«Vaffanculo.»«Quand’è stata l’ultima volta che hai fatto un bel gesto senza motivo? Quand’è stata l’ultima volta

in cui ti sei sentito felice?»«Ieri sera, bevendo un pinot del ’95 con un filetto di maiale in salsa di sciroppo d’acero» aveva

risposto Oliver in tono solenne. «Ecco quando.»Marcus era rimasto a lungo in silenzio.«Sono contento che ami tanto il cibo. Sul serio. Per ché, per come la vedo io, è l’unica cosa che ti

rimane.» Come quando una spezia risveglia le papille gustative e scalda il fondo del palato, Oliverera stato brusca mente riportato alla realtà dalle parole del fratello.

Quello era stato l’inizio. Una debole consapevolezza cominciava a ronzare in un angolino del suocervello. Voleva... altro. Voleva essere qualcosa di più di un uomo che sembra avere tutto e invecenon ha niente. Aveva perso la stima di Marcus e Peter. E di se stesso.

Sapeva già che il cibo lo rendeva felice più di ogni altra cosa. Gli piaceva mangiare, certo, maanche passare ore nei migliori negozi di Manhattan a scegliere tranci di tonno, pesche e melanzane.Non solo: Oliver cominciava a rendersi conto di non aver mai davvero creduto di potersi realizzaresolo nel lavoro. Il piano originario poteva essere ancora valido dunque, ma solo se avesse capitoquando era il momento di mollare tutto. Solo se non si fosse fatto intrappolare dall’inerzia e dallacontemplazione degli zeri sul conto in banca.

Aveva seguito un corso base sui coltelli, giusto qual che sera, quindi un ciclo di lezioni sulbrunch. E ancora: introduzione alla pasticceria, i must della cucina natali zia. Alla fine, un giorno, eratornato a casa e aveva pre parato per la sua famiglia un sontuoso tacchino arrosto ripieno disalsiccia, patate dolci glassate e mostarda di pesche, pere e ananas con un pizzico di curry.

«Lascio il lavoro» aveva annunciato portando in tavola la tarte-tatin alle mele. «Mi sono iscrittoa una scuola di cucina.»

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«Una notizia... inaspettata» aveva commentato cauto suo padre. «Ti senti bene?»«Vuol dire che lavorerai di meno, tesoro?» era inter venuta sua madre zittendo il marito.«Non proprio, ma di sicuro sarò più felice.» «Grazie al cielo» aveva sospirato sua madre.«E sarai anche meno stronzo?» aveva domandato Marcus.«Speriamo» aveva detto Oliver versando il caffè. Erano passati solo quattro anni da quando era

entrato alla scuola di cucina, ma i suoi ritmi, il suo atteggia mento, il suo guardaroba (e lanciòun’occhiata ai mocassini marroni che non avrebbe mai indossato nella sua vita precedente) erano giàcambiati radicalmente. Si era liberato di quasi tutti i completi scuri, preferendo un look più sportivo.L’ultima volta in cui si era ritrovato in ascensore tra gli scatoloni era stata quando aveva sgomberatoil suo ufficio sotto gli sguardi di compatimento dei colleghi. Pensavano che non avesse retto allapressione. Ma lui sapeva di aver già dato fin troppo di sé. Per questo aveva accolto con piacere (e unpo’ di sconcerto) il rigore dell’Institute of Culinary Education.

Lì aveva conosciuto Carmen. Oliver era più avanti di un semestre (ma era anche più vecchio); sierano ritrovati a lavorare insieme in un laboratorio di pasticceria. Lui l’aveva aiutata a nascondereun disastro con la crema al cocco, quando le fruste avevano trasformato il soffice composto giallinoin un orrore grigiastro. Avevano buttato tutto nel lavello e lui le aveva passato metà della sua crema.

Naturalmente era contro le regole, ma gli era sembrato giusto così. Oliver voleva essere di nuovouna brava persona.

E adesso, quattro anni dopo, si ritrovava miracolosa mente a lavorare per Cooking Channel,l’inizio di una carriera completamente nuova a trentanove anni.

Guardò l’orologio di plastica colorata che aveva al polso. Si era convinto di aver davvero chiusocon la vecchia vita nel momento in cui aveva riposto il suo costoso orologio in una scatola(indossare oggetti preziosi in cucina è rischioso), sostituendolo con un modello che gli mettevasempre allegria. Ecco, non proprio sempre: in quel momento, per esempio, gli stava comunicandoche era in un ritardo spaventoso per la riunione.

Un po’ per curiosità, frustrazione e noia, strappò via il nastro adesivo dallo scatolone più grande.Perché non dare un’occhiata? Era un vero ficcanaso.Dentro, avvolte con cura in fogli di plastica a bolle, c’erano undici paia di scarpe: basse per

cucinare e tac chi alti per... Chissà per fare cosa.Tirò fuori un paio di scarpe dorate a stiletto, e infilò le mani dentro. «Ciao, io sono Carmen»

disse in falsetto con un ridicolo accento spagnolo. «Portami su le scarpe, così ti posso calpestaremeglio.» Mimò una camminata sullo scatolone, poi un cancan.

«Tiratemi fuori di qui!» si lagnò, portandosi le mani o, meglio, le scarpe dorate alla testa.Le porte dell’ascensore si aprirono all’improvviso.«Uhm... Oliver?» Porter stava fissando quel cuoco alto e affascinante accovacciato tra gli

scatoloni, con le dita delle mani che spuntavano da un paio di sandali da donna. «Tutto bene?»Centoventotto minuti dopo Porter era meno divertito. Appallottolò il settimo foglio di carta.«Dico solo che secondo me dovremmo stupire il pubblico» insistette Carmen. «Non so,

prepariamo qualcosa con il nero di seppia. Il menu deve essere straordinario e accattivante.»«Andrebbe bene per un ristorante, Carmen, ma in tv non funziona allo stesso modo» intervenne

Gus.«Anzi, devi far sembrare facile ciò che è spettacolare.»«Ho già condotto un mio programma, non è la prima volta» ribatté Carmen.«Non ho dubbi» replicò Gus. «Ma qui non si tratta di una puntata di dieci minuti su internet.» Gus

era piuttosto stanca di quel tira e molla sui prossimi menu; non aveva mai avuto tante difficoltà a

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pianificare le sue trasmissioni prima. L’idea di presentare piatti complicati non le piaceva: comemadre, aveva più rispetto per le sue simili perennemente indaffarate.

La scoraggiava anche il fatto che Alan li costringesse a una ministagione di prova: stavapraticamente sostenendo un provino per il posto che aveva da dodici anni. Roba da matti. «Un saltoin cucina era molto seguito» aggiunse Carmen gelida.

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9«Tra i ragazzini, forse» ribatté Gus. «Che diavolo facevi in dieci minuti? Maionese? Salse per le

patatine? Insalata?» Gus si stava innervosendo, nonostante i suoi sforzi per controllarsi. L’ultimacosa che voleva era sembrare un’isterica. Si schiarì la voce e sfoderò il suo tono più professionale.«Quello che intendo dire, Carmen, è che lo spettatore medio vuole essere divertito e ispirato, nonsopraffatto.

Cerchiamo di usare ingredienti facili da trovare, che siano familiari al pubblico.»«La novità è sempre interessante» disse Carmen. «E, tra parentesi, non ho mai fatto la maionese.»«A me piace... be’, in realtà preferisco l’aioli, ma sono d’accordo con lei.» Oliver non aveva

aperto bocca per quasi tutta la riunione, a disagio per il ritardo, seccato con Carmen, intimidito daGus e preoccupato per il giudizio di Porter. «Potremmo preparare del pesce con l’aioli.»

Gus e Carmen gli lanciarono un’occhiataccia. Oh, santo cielo. Oliver sprofondò nella sedia di unpaio di millimetri.

«Allora sa parlare!» esclamò Porter squadrandolo. «Sentite, è ovvio che Carmen e Gus hannoidee diverse. Per questo voglio che voi tre andiate a fare la spesa insieme e poi cuciniate. Senzatelecamere, senza pressioni. Vedete cosa riuscite a mettere insieme qui in studio, osservate irispettivi stili.»

«Ma se non riusciamo a trovare un accordo nemmeno sulle basi...» intervenne Carmen. «Unadelle donne qui presenti non rispetta il mio punto di vista.»

«Ascolta, Carmen,» riprese Porter «tu hai dalla tua l’in novazione e il brio, Gus lo stile e unasolida esperienza. E io ho prodotto programmi di successo. Che vi piaccia o no, farò in modo chequesto sia il mio show migliore.»

«Quando si comincia?» chiese Oliver.«Subito» rispose Porter. «Ecco cosa ho in mente: un concorso. Un fortunato telespettatore vincerà

un’ora in onda insieme alla squadra di Mangia, bevi e...»«Cosa?» Gus aveva l’impressione che ogni cosa le stesse sfuggendo di mano. E non le piaceva

affatto.«Raccoglieremo domande, video, prove di cucina, quello che volete. Qualsiasi cosa possa

giustificare la fortuna di cucinare con voi due. Il pubblico di Carmen fa riferimento a internet, e inostri telespettatori farebbero carte false per entrare nella tua cucina, Gus.»

«Stai trasformando il mio programma in un gioco a premi!»«E anche il mio programma, Gus.» Carmen batté le mani. «E secondo me è un’idea geniale.»«Bene» disse Porter. «Abbiamo già un promo per il concorso pronto a essere trasmesso.»A un centinaio di chilometri di distanza, nel Nord del New Jersey, Priya Patel si collegò a

internet per la quarta volta in quindici minuti. Sullo sfondo, come sempre, il brusio di CookingChannel; le piaceva quel canale, anche se seguiva con attenzione solo le repliche di Cucina congusto!, a mezzogiorno e alle cinque. E resto era solo un riempitivo. Quel giorno Gus Simpsonavrebbe preparato scones all’arancia e albicocca, con glassa di buccia d’arancia, limone e zuccheroa velo. Gnam!

Meglio delle repliche erano solo le puntate nuove, in occasione delle quali Priya imponeva ildivieto assoluto di essere disturbata. Solo in caso di braccia rotte. Non che l’avessero ascoltata,ovvio. L’ultima puntata, quella in diretta, le era sembrata un bel po’ caotica; Gus pareva così tesa,come chi fa buon viso a cattivo gioco. Priya conosceva perfettamente quella sensazione.

Era rimasta molto delusa quando aveva visto i promo del nuovo programma che avrebbe

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sostituito il suo amatissimo Cucina con gusto! I tempi della vecchia trasmissione erano perfetti,rassicuranti, mentre lo show in diretta le era parso un po’ confuso.

Preoccupata, aveva scritto diverse e-mail negli ultimi giorni, spiegando punto per punto il motivoper cui la diretta non era il modo migliore per sfruttare il talento di Gus Simpson. Nessuno si erapreso il disturbo di risponderle. Non che se lo fosse aspettato... be’, forse ci aveva sperato. Sperarenon fa mai male.

Priya aveva l’abitudine di discutere i suoi punti di vista sull’argomento con suo marito Raj, che avolte simulava interesse, altre voleva soltanto dormire. Lei sapeva che non avrebbe dovutooffendersi, ma era così irritante. A differenza di Priya, arrivata negli Stati Uniti a due anni, Raj eracresciuto in India, ed era venuto in America dopo il loro fidanzamento. Naturalmente si erano giàvisti prima: i genitori di lei erano stati premurosi in quel senso.

Il matrimonio era stato la condizione per poter continuare a studiare. Oltretutto Priya eraprontissima ad andarsene di casa. All’epoca le era sembrato uno scambio equo, una richiestaragionevole. Ora, quasi venti anni e tre figli dopo, Priya avrebbe tanto desiderato tornare indietro ecambiare la sua decisione: avrebbe dovuto restare vergine e vivere a casa di sua madre. Avrebbelavorato alla reception dell’albergo Days Inn che i suoi gestivano nel Nord del New Jersey,regalando sorrisi ai viaggiatori stanchi reduci dall’autostrada.

“Un momento che controllo la sua prenotazione, prego” avrebbe detto con gentilezza nella hallcon l’aria condizionata. “Ecco, per rendere il suo soggiorno più piacevole.” E i clienti avrebberosorriso e mormorato ringraziamenti, apprezzando la fruttiera piena di mele, lavate e pronte damangiare, che teneva sul bancone. Priya andava molto fiera della sua cura per i dettagli.

Non tutti capivano quanto fosse difficile, però.«Dovresti essere felice,» le diceva suo marito «guarda che bella casa abbiamo. Sai quanto costa

quella tv al plasma?» «Dovresti essere felice» le ripeteva sua suocera quando arrivava in visita,fermandosi ogni volta più a lungo. «Quando mi sono sposata non avrei mai sperato in tanta ricchezza,Jo . » E

ancora: Dovresti trattare meglio tuo marito. Guardi troppa televisione. Sei pigra e scontrosa. Semio figlio non fosse così buono ti avrebbe già cambiata con un’altra.

Priya si divertiva a immaginare se stessa come la figurina di un album, con la sua fotografia suldavanti e i dati fondamentali sul retro. Altezza: 1,62. Peso: fatti gli affari tuoi. Età: vedi sopra.Hobby: preparare conserve di frutta, marmellate e guardare Gus Simpson su Cooking Channel (“Nonsono passatempi adatti a una donna indiana” avrebbero osservato i collezionisti, confrontandola conle varie Lakshmi, Maya e Indirà. “Infatti Priya è una figurina molto rara... ma vale di più o dimeno?”). Livello di felicità (la categoria preferita di Priya): mm... Livello di felicità: fatti gli affarituoi.

Adorava quella frase: fatti gli affari tuoi. Così rispondeva sempre a suo marito quando lechiedeva cosa avesse fatto tutto il giorno per essersi dimenticata di comprare pomodori, peperoncinie coriandolo fresco per il pranzo. Oppure il methi, il fieno greco, per fare le thepla. A Raj piacevatanto, mentre alla loro figlia sedicenne no, e nemmeno ai due maschi. E più piccolo aveva appenacompiuto sei anni e l’autunno successivo avrebbe cominciato la scuola.

Al piccolo piaceva la pasta di semola. Così Priya la cucinava spesso, quando erano soli,facendogli poi pro mettere il silenzio. Anche questo poteva stare sulla figurina. Cattive abitudini:segreti. E ancora: si nasconde in bagno a piangere.

«Devi essere contenta che Kiran vada in prima elementare» le aveva detto sua madre, che venivaa trovarla spesso. «Avrai più tempo per fare quello che vuoi. Pensa a come sarà pulita la casa.»

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“Fatti gli affari tuoi” diceva fra sé e sé Priya sorridendo. Ma, a voce alta, fingeva di essered’accordo.

«E proprio una buona cosa.»Ora, mentre Kiran giocava al piano di sopra dopo una scorpacciata di pasta pronta Kraft, Priya si

collegò di nuovo a internet. Sullo schermo comparve un avviso. VINCI UNA PARTECIPAZIONE AMANGIARE, BERE E... CLICCA QUI PER LE REGOLE DEL CONCORSO. E Priya cliccò.

“Che male c’è a partecipare?” si disse. Sarebbe stato divertente conoscere Gus e parlare con leidi spezie. Priya sapeva tutto di lei (anni prima aveva letto un’intervista su «People»); sapeva che erarimasta vedova con due figlie piccole e che aveva messo in piedi dal nulla un ristorantino perspuntini veloci e specialità gastronomiche.

“Decisamente la ristorazione non fa per me” pensò Priya. Chi vuole il panino senza pomodoro,chi con più lattuga, e il pane non è croccante, e perché non sei andata al negozio indiano per lacipolla fresca...

Si sentiva solidale con Gus, con il suo lavoro, ed era molto felice del suo successo.E poi Gus era bravissima a organizzare feste.Anni prima Raj invitava spesso a casa gli amici del tempio, ma aveva smesso dopo che Priya gli

aveva più volte fatto notare quanto spendeva per il cibo. «Non mi importa,» aveva replicato lui«sono felice che i miei amici vengano qui e si divertano.» A Priya, invece, sembrava di stare dietroun bancone a servire, così aveva sottilmente cercato di dissuaderlo dall’idea.

«A te piace cucinare» le aveva detto sua madre. «Quindi dov’è il problema? Secondo me guarditroppa televisione.»

In tv le feste erano divertenti, e Gus così ospitale. Sapeva cosa voleva dire cucinare in unnanosecondo, lavare pavimenti anche con la febbre, dare, dare e dare. Sapeva cosa significavaessere moglie e madre, eppure conduceva il suo programma con un sorriso.

«Accomodatevi» aveva detto Gus in una puntata di Cucina con gusto!, molto tempo prima. «Vipreparo qualcosina.»

«Sì, grazie» aveva risposto Priya allo schermo, sola nella sua grande casa. «Molto volentieri.»

10«Una parte di me crede davvero che dovrei provare a farmi piacere Carmen» disse Gusinginocchiandosi davanti a un vaso e facendo un buco nel terriccio con la paletta. Passato il

rischio gelo, poteva iniziare a piantare il suo orticello di erbe aromatiche: timo, aneto, basilico,issopo, dragoncello e finocchio, sapori e aromi squisiti da aggiungere ai suoi piatti.

«Forse dovrei essere più comprensiva. E quello che si aspettano tutti. Quello che Alan e Portervogliono.»

«Lo so» disse Hannah. «Ma per loro è facile. E proprio il peso delle aspettative che tischiaccia.» Era raggomitolata su una sedia da giardino, intenta a esaminare le piantine di unsemenzaio che teneva in grembo.

«Il fatto è che appena la vedo mi sale il sangue agli occhi. Si pavoneggia, fa i capricci... leinteressa soltanto sfoggiare la sua abilità in cucina.» Gus si appoggiò ai talloni, cercando le parolegiuste.

«Assorbe tutta l’attenzione in una stanza.»«Tipico delle dive» commentò Hannah, che indossava quello che Gus definiva il suo “pigiama da

esterni”: pantaloni della tuta e felpa blu con il cappuccio. «E tu non puoi permetterle di scoprire chesotto quelle camicette inamidate batte un cuore di burro, vero?»

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«Porter ha detto una stupidaggine» esclamò Gus agitando la paletta. «Secondo lui ho dei problemia lasciar correre.»

«Mm.»«Lo pensi anche tu?»Hannah si limitò a un gesto vago, poi ricacciò indietro una ciocca di capelli sfuggita alla coda di

cavallo, sporcandosi appena il viso di terra.«Là» disse Gus indicando un punto sul volto di Hannah. «Ti sei sporcata.»«Magari Porter un po’ di ragione ce l’ha» rise lei. «Un problemino forse c’è...»«Forse. È che mi sento in colpa per il fatto che Carmen non mi piace. Sono cresciuta negli anni

Settanta, credo nell’emancipazione e nella solidarietà tra donne. Ho persino frequentato un’universitàfemminile.»

«Pensieri nobili, ma non sono un po’ ingenui?»«So che Carmen vuole soffiarmi il posto, poi però mi chiedo: dovrei aiutarla?»«Essere donne non significa automaticamente essere solidali l’una con l’altra. Forse eri così

presa a superare il ruolo della casalinga che quella parte te la sei persa.»«Però sono convinta che sia importante la collaborazione tra generazioni diverse» replicò Gus

seria.«Ottimo. Allora trova qualche ragazzina che voglia il tuo aiuto. Ma non credere che dare una

mano a qualcuno significhi farsi calpestare in silenzio.»«Carmen ha solo qualche anno in più di Aimee.»«Le cattive ragazze conquisteranno il pianeta. E allora sarà già troppo tardi.»«E diverso da quello che hai passato tu.»«Sì, ma se mi fossi fatta sentire, se fossi stata più forte o semplicemente più accorta non mi sarei

ritrovata a guardare il mondo da fuori. O meglio, a nascondermi dal mondo. Non puoi sentirti incolpa per una rivale, soprattutto per una che non ha dimostrato di meritarsi la tua fiducia. Ho scrittoqualcosa a proposito dei rap porti di lavoro di questo tipo.»

«Forse dovrei essere davvero più comprensiva, avere più fiducia in Cooking Channel.»«Oh, Gus» la implorò Hannah. «Quella donna ti è stata imposta, e ora conduce con te il

programma. Il tuo programma. Ci hai lavorato per anni, ti sei costruita un pubblico, e ora consegniquasi tutto nelle mani di Carmen Vega. Non è giusto. Arrabbiati!»

Gus esitò. «No,» replicò un po’ perplessa «non mi piace arrabbiarmi.»«E invece devi! Concentra la tua frustrazione su un obiettivo. Rivolgi la tua rabbia all’esterno,

non all’interno.» Hannah si alzò in piedi. «Stammi a sentire, io so cosa significa avercela con sestessi. E

non serve a niente. Devi agire d’astuzia.»«E quindi...»«Sii professionale, gioca al tuo meglio. Ma quando sta a te servire, colpisci duro. Senza pietà.»Il cielo era un po’ coperto quando Oliver, Carmen e Gus si incontrarono al mercato di Union

Square, qual che giorno dopo. Il trio s’incamminò in silenzio tra la folla di giovani gourmet allamoda in cerca di pomodori locali e di universitari in cerca di... qualsiasi cosa, pur ché a pocoprezzo.

Le bancarelle erano disposte in un’ampia area di cemento in prossimità di un parco (in realtàpoco più di un gruppo di alberi e qualche panchina) tra Broadway e Park Avenue. Di tanto in tanto sisentiva il rombo della metropolitana nella stazione sottostante, e un flusso continuo di passeggerisaliva e scendeva dalle scale.

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Gus respirò a fondo, godendosi il profumo meraviglioso delle erbe fresche, scorse con losguardo l’esposizione di tulipani gialli e rossi, porri selvatici, asparagi, acetosa, erba cipollina efunghi. Più avanti vide le croccanti insalate di stagione, la romana, gli spinaci e la lollo di unostraordinario colore rosso. Le venne voglia di mordere delle carote baby, dopo una scottata velocecon burro e prezzemolo.

Gnam! Le sarebbe piaciuto vagare tra la folla, cercando gli ingredienti per una zuppa di verdureprimaverili, poi gustare una tazza di tè guardando il viavai.

Oliver era venuto preparato: aveva portato con sé tre borse di tela in cui riporre le preziosemerci, e le aveva distribuite a Gus e Carmen. «Una per ciascuno» aveva detto allegramente.

Gus notò, quasi inconsciamente, le occhiate che gli avventori del mercato rivolgevano al suogruppo.

Ormai era abituata al suo status di personaggio pubblico. C ’erano momenti in cui la sua vitaprecedente sembrava un sogno, mentre questo mondo, il suo lavoro, parevano l’unica realtà che

avesse mai conosciuto. Non tutti sapevano chi fosse (grazie a Dio non era una star del cinema), mamolti passanti le prestavano un’attenzione tale da attirare gli sguardi di altri, che aggrottavano lafronte chiedendosi come mai il viso di quella donna fosse tanto familiare. Un’ex compagna di liceo?No, aspetta, assomiglia proprio a...

«Gus Simpson!» Una donna squittì alle sue spalle. «Non è stupenda?»Gus gongolò fra sé e guardò intensamente Carmen, sperando che avesse sentito. Poi un’idea

orribile le attraversò la mente: e se il complimento fosse stato per la miss?«Dunque eccoci qua» esclamò Carmen interrompendo i suoi pensieri. «Certo che fa un freddo

terribile per essere la fine di aprile.»Non avendo nessuna voglia, né la pazienza di stare ad ascoltare Carmen, Gus fece ciò che le

riusciva meglio: prendere decisioni. «Separiamoci, facciamo la spesa e tra venti minuti ci vediamonel parco per confrontare gli acquisti» suggerì. Il cellulare di Carmen suonò, ma Gus fece finta diniente e continuò a parlare. «Porter non ha detto di restare attaccati come gemelli siamesi.»

«Sincronizziamo gli orologi?» domandò Oliver con un gran sorriso. “Carine quelle piccole rugheattorno alla bocca. E bel sorriso” pensò Gus.

Carmen si allontanò di qualche passo per rispondere alla chiamata.«Mi prendi in giro?» chiese Gus tornando alla realtà.«No» rispose Oliver, ancora sorridente. «Però posso restare con te e portarti la spesa.»Era un riferimento velato alla sua età? (Sentì la voce di Hannah urlarle “Sei tu l’unica a essere

ossessionata dagli anni!”) O magari Oliver era l’ultimo gentiluomo rimasto a New York.Era tanto tempo che Gus non andava in missione “sul campo”; si sentiva impreparata e vestita in

modo inappropriato, con il suo cardigan di cachemire azzurro e i pantaloni di gabardine, grigi comel’impermeabile. Oliver portava un berretto da baseball, un paio di jeans e una polo di cotone verdesotto il giubbotto di pelle. Carmen invece indossava una tunica turchese su un paio di leggings; icapelli, raccolti mollemente dietro la nuca, erano perfetti e il trucco applicato ad arte perchésembrasse naturale. Era casual, senza alcuno sforzo. Davvero brava: era praticamente impossibilecapire dove finiva il fondotinta sul collo.

«Mi piacerebbe scoprire quali sono le tue verdure preferite» insistette Oliver. «Insomma, gliortaggi di tuo Gus...to!»

«Le mie figlie facevano quella battuta quando erano piccole.»«Hai delle figlie» commentò Oliver. «Devi essere molto occupata, allora.»Gus gli lanciò uno sguardo interrogativo. «Vivono da sole da parecchio tempo.»

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«Vanno all’università?»«Sono già laureate e adesso lavorano.» Come si faceva a smettere di pensare all’età con questo

idiota in circolazione?«Le hai avute da ragazzina, suppongo.» Oliver alzò una mano. «Scusami: ho il vizio di dire tutto

quello che mi passa per la testa.»«No, non ero una ragazzina» rispose Gus sfidandolo in silenzio a chiederle quanti anni avesse.«Sai, non sembri proprio una Gus.»«In che senso?» chiese lei, visibilmente seccata.«E solo che è un nome molto informale, e tu invecesei una persona molto formale. Non ti corrisponde.» In quel momento Carmen li raggiunse di

nuovo.«Ci sono novità» annunciò rimettendo il cellularenella borsetta. «Devo andare.»«Non puoi!» protestò Gus, con evidente fastidio.«Siamo obbligati a fare la spesa insieme, l’ha detto Porter.»«E tutto a posto, Gus. Il grande capo è d’accordo.» Gus ci mise qualche istante a capire.«Era Alan. Ti ha chiamato Alan.»«Gli avevo promesso di vederci per un brunch, sai com’è...» Carmen piegò la borsa di tela che le

aveva dato Oliver e gliela porse, poi rivolgendosi a Gus aggiunse: «Chiedi a Oliver, sa comedimentico facilmente le cose. Ho... Com’è che si dice? Ho la testa fra le nuvole?».

«Non mi pare un comportamento corretto» insistette Gus. «Abbiamo tutti preso l’impegno divenire qui oggi. Non mi sembra molto professionale che tu te la squagli.»

Gus credeva fermamente nelle regole, nel fare ciò che si deve. Solo in questo modo era riuscita acavarsela nella vita.

«Senti, niente di personale,» la liquidò Carmen «ma adesso devo andare. Ci vediamo più tardiagli studi.» E così se ne andò, mentre Gus bolliva di rabbia. Era come essere piantati in asso nel belmezzo di una seratina romantica.

«Rimango sempre io» disse Oliver, quasi le avesse letto nel pensiero. «Dai, andiamo a fare laspesa.»

«Quella donna è una palla al piede» sibilò Gus, con lo sguardo ancora fisso nella direzione in cuiCarmen si era allontanata.

«Che ne dici di un po’ di pisellini primavera?» chiese Oliver, nel tentativo nemmeno tanto velatodi cambiare argomento.

«Odio i piselli.»«A uno chef non è permesso odiare un ortaggio» rispose lui, ignorando palesemente il

nervosismo di Gus. «Io non sono uno chef, Oliver. Sono una conduttrice televisiva. Posso odiarequello che mi pare, basta che non lo dica in pubblico.»

«Mi piacciono le sfide. Potrei comprare i piselli e prepararti qualcosa da farti leccare le dita.»«Non lo assaggerei nemmeno» ribatté Gus. Ma ormai non era più accigliata. Respirò a fondo,

tentando di eliminare ogni traccia di Carmen dai polmoni. A pochi passi una giovane mamma cercavadi tranquillizzare due bambine vestite con lo stesso maglioncino rosa e aran cione; una delle due, lapiù piccola, era chiaramente furiosa. Gus ebbe un senso di déjà vu.

«Neanche a me piace proprio tutto» continuò Oliver in tono cospiratorio, avviandosi verso ibanchi e incoraggiando Gus a seguirlo. «E non mangio foie gras per ragioni etiche, anche se èsquisito.»

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Era chiaro che non gli stava prestando alcuna attenzione; aveva lo sguardo perso tra la folla.«Una volta ho assaggiato un kebab con carne di elefante» continuò lui.Gus fissava ancora le bambine, in uno slancio di solidarietà per la madre che cercava di tenerle

occupate. Neanche l’ombra di un papà. Forse era a casa. Forse, semplicemente, non c’era.«E anche un soufflé di zampe di tigre frullate» aggiunse Oliver, pensando a un elenco di cibi

improponibili. «Ho apprezzato molto i pulcini di pinguino in salsa di sesamo.»Lentamente le sue parole fecero presa su Gus che si voltò a guardarlo.«Ho sempre trovato il pinguino un po’ stopposo» disse lei abbozzando un sorriso. «Lo puoi fare

solo brasato.»«Sai qual è un alimento davvero assurdo?»Gus fece segno di no.«I kumquat. Una volta ho visto una pubblicità in tv in cui una donna incinta chiede dei kumquat in

un negozio di frutta e verdura, e il negoziante ripete più volte “Kumquat?”, come se fossero unasostanza illegale.» Scoppiò a ridere. «Avrò avuto sette, otto anni. Dopo quello spot ho creduto peruna vita che solo le donne potessero mangiarli. Li ho assaggiati per la prima volta solo alla scuola dicucina.»

«Credevi che mangiando mandarini cinesi si potesse restare incinta?»«Più o meno. Ero un bambino stupido.»Gus gli lanciò un’occhiata cercando un residuo di quel bambino dietro un uomo affascinante in

jeans e giacca di pelle... e con due caldi occhi color nocciola, per di più.I due vagarono per il mercato finché, quasi si fossero messi d ’accordo, si fermarono a un banco

carico di porri e cipolle.«Potremmo preparare un sugo per la pasta con i porri selvatici» suggerì Oliver. «Qualcosa di

rustico e semplice.» «Una torta ai porri, un po’ di vichyssoise» aggiunse Gus, finalmente entrata nellospirito giusto. Dopotutto nel pomeriggio avrebbero dovuto cucinare qualcosa insieme: faceva partedel programma di socializzazione di Porter.

«In genere tendo ad avere gusti tradizionali» ammiselei soppesando un cespo di lattuga. «Oliver,» disse all’improvviso, ricordando un commento

della ex reginetta «perché Carmen ha detto che tu sai quanto lei dimentichi facilmente le cose?»«Abbiamo frequentato insieme la scuola di cucina» rispose lui evitando di guardare Gus,apparentemente molto preso dalla lattuga. Non era un idiota. Sapeva che un rapporto troppo

personale sarebbe stato poco apprezzato dal nuovo capo. «Ma non è che siamo amici per la pelle.»«Non pensavo che foste coetanei.»«Infatti, io sono molto più giovane.» Oliver le fece l'occhiolino. «Questa è la mia seconda vita.»«Be’, tecnicamente anche per lei è così, considerando i suoi trascorsi da miss e tutto il resto.»Oliver annuì. «Io lavoravo a Wall Street. Ramo investimenti.»«Non ti piaceva?»«Ero bravo, ma non faceva per me.» L’ultima cosa di cui Oliver aveva voglia era parlare del suo

passato.«Allora, qual è il tuo stile preferito in cucina?» tagliò corto.«Oh, non dirmi che sei uno di quelli! Odio le mode in fatto di cibo» ribatté Gus allegra.

«Topinambur, melagrane, limoni Meyer, fichi, spume... Ogni anno tutti impazziscono per qualcosa dinuovo che poi puntualmente finisce nel dimenticatoio. È un modo irresponsabile di trattare il palato.»

«Mi piacciono i limoni Meyer.»«Anche a me, ma mi rifiuto di farmi schiavizzare dalle mode.»

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«Allora qual è la tua parola d’ordine?»«Freschezza. E l’unica cosa che conta» rispose Gus, con gli occhi che le brillavano. Prese un

carciofo.«Cosa si può fare con questo?»«Un condimento per la pasta con i cuori, un po’ di panna e un’ombra di noce moscata. Oppure

una torta salata con scaglie di fontina.»«Sembra squisito. Questa è il punto, Oliver: ti piace più il cibo o la cucina?»Quell’uomo alto con il berretto guardò intensamente la donna snella con il golfino azzurro.

Rifletté a lungo prima di rispondere.«Domanda complicata, Simpson.»«Molto complicata, Cooper.»«Mi piace il cibo» rispose alla fine. «Amo cucinare, ma sono gli ingredienti che mi conquistano.»«In questo caso, tu e io andremo d’accordo. Anche se ho il sospetto che una certa persona sia più

ansiosa di mostrare le sue abilità tecniche.»«Non nego che Carmen ami stare al centro della scena, ma non è solo una bella statuina che finge

di saper cucinare.»«Siamo d’accordo che non siamo d’accordo, allora» scherzò Gus. «Ma non userò la tua amicizia

con Carmen contro di te. Non sempre almeno.» Sorrise.«Parliamo dei pomodori di serra: necessità o crimine contro il palato?»«Tutti e due.»«Risposta giusta» disse Gus, riempiendo la sua sporta. Appena sentì quanto pesava passò un po’

della spesa a Oliver. «Potrei portarla io, ma voglio che ti senta utile.»«Naturalmente. È un piacere, Gus.»Una cosa era dichiarare la propria totale disponibilità in qualsiasi momento, pensò Carmen,

un’altra esserlo davvero. Stava imparando alla svelta che Alan poteva essere molto esigente.“Attenta a ciò che desideri, perché potresti ottenerlo”: questo proverbio americano diceva una

grande verità. Proprio la sera prima aveva chiamato Oliver per lamentarsi.«Devi proteggermi da Gus. Quella donna mi odia.»A Carmen piacevano le persone curate e gentili, ma in Gus c’era qualcosa di troppo formale e

distante: si agghindava perfino per fare la spesa. Era come se volesse starsene sempre un po’ indisparte, come se volesse sempre distinguersi dagli altri.

L’esordio in tv di Carmen non stava andando affatto come previsto. Chi vuole mezzo show? Erastata un’idea di Alan e, visto che ne sembrava molto compiaciuto, Carmen si era ritrovata intrappola: non aveva osato rifiutare.

Ma perché doveva essere tutto così ingiusto? Aveva lavorato sodo nel mondo della moda, su egiù in bikini perle passerelle. Agli inizi aveva avuto qualche difficoltà, poi esibire il suo corpo eradiventato parte di una routine. Era stata una lunga ascesa da Carmen di Siviglia, la figlia di Diego eMercedes, fino a Carmen Vega, Miss Spagna 1999. Sapeva quando veniva il momento di sfruttare ilsuo fascino. Sapeva recitare, era ben allenata.

Ma la cucina... quello era il regno di Carmen di Sivi glia. Era la sua verità, la sua dichiarazioneal mondo. E non le importava di dover usare i suoi trucchi da miss per convincere la gente adassaggiare... perché una volta provato il gusto dell’aglio, dell’olio d’oliva e del pimentón, avrebberocapito.

Carmen Vega non era solo un altro bel faccino. Era un’artista.

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11E sabato pomeriggio si apriva davanti a loro, luminoso e soleggiato. “Una giornata perfetta per

dedicarmi al giardino e ai miei delphinium” pensò Gus. Dopotutto non avevano concordato conPorter un orario preciso per incontrarsi agli studi, ed era praticamente sicura che Carmen non sisarebbe fatta vedere. Insomma, non le sarebbe dispiaciuto finire lì la giornata e riprendere E trenoper Westchester.

Però c’era Oliver che aspettava pazientemente, carico di ortaggi.«E ora?» chiese tutto allegro.«Sei un tipo accomodante» disse Gus. «Non ti dà un po’ fastidio il limbo in cui siamo sospesi?»«Qualche anno fa ho trasformato radicalmente la mia vita. Ho superato parecchie delle cose che

mi infastidivano, e adesso sono molto più tranquillo.»«Sono sicura che lo sei sempre stato.»«No, in realtà no.» Sorrideva ancora; Gus non riuscì a capire se stesse scherzando. «A quel

tempo avrei deciso con largo anticipo tutte le mosse della giornata.»«E ora te ne stai in disparte e lasci che siano gli altri a decidere.»Oliver rise. «No, non è così. Ora so quando devo prendere una decisione e quando invece è il

momento di lasciare spazio agli altri. È una cosa completamente diversa.»«E quindi...?»«E quindi sono al tuo servizio.»«Allora possiamo tornare agli studi a giocare.» Gusindicò le verdure. «Potrei chiamare le mie figlie e invitarle a pranzo.»Oliver annuì. «Magari possiamo insegnare loro qual che trucco prima della prossima puntata.»«Non me ne parlare!» Gus annuì con forza. «Credo di non aver mai condotto una trasmissione

così caotica dal mio primo giorno in tv. Quelle ragazze non distinguono un cucchiaio da una spatola!»«Secondo me quello è parte del divertimento: un gruppo squinternato che non sa nemmeno

rompere un uovo. Presenti esclusi, naturalmente.»«Ovvio. E inquietante come sia riuscita a crescere due fighe così poco dotate per la cucina, non

trovi?»«Credo che la più alta, quella con i capelli più chiari, abbia qualche punto in più.»«Dici? Quella è Aimee. Sta attenta anche quando pensi che non stia guardando.»«Sembra una ragazza interessante.»Gus si voltò verso Oliver e lo osservò con aria peri sierosa: bel fisico, rughe simpatiche attorno

a due ocelli sornioni... Nella sua mente si formò spontaneamente un pensiero.«Aimee è molto interessante.» Prese nota di chiedere a Porter l’età di Oliver. «Lavora per le

Nazioni Unite, è un’economista.»«Sono sicuro che lei e io potremmo divertirci a par lare di numeri» replicò Oliver. «Ma sono

anche sicuro che tu e io ci divertiremo di più a cucinare.»«Giusto» disse Gus ascoltando con un orecchio solo.Chiamò Aimee sul cellulare per chiederle di raggiungerla agli studi.«Ci vediamo lì, è già in centro» riferì a Oliver mentre salivano su un taxi, con le buste della

spesa sul sedile in mezzo a loro.Dopo aver tagliato tre delle dieci patate di Oliver, Aimee decise che aveva bisogno di una pausa

o si sarebbe affettata un dito.Di solito non passava il sabato pomeriggio a cucinare. In effetti, la sua routine prevedeva il

bucato nella lavanderia condominiale e, tra un viaggio in ascensore e l’altro, la visione di tutte le

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puntate della Ruota della Fortuna registrate durante la settimana. I quiz erano la sua ossessionesegreta, il suo vizio più nascosto; non sapeva nemmeno se preferiva immaginare se stessa nei pannidel vincitore o se le bastava godere della felicità dei con correnti. Seduta sul piumone, con il cestodella bianche ria ai piedi del letto e il detersivo nella credenza, cedeva alla profonda soddisfazioneche accompagnava ogni vincita, al nodo allo stomaco che le prendeva ogni volta che sulla ruotacolorata usciva BANCAROTTA, facendo sfumare il montepremi accumulato. I momenti migliori,però, erano quelli in cui i concorrenti piangevano dopo la vittoria, con il sollievo e la commozionestampati in ogni ruga del viso.

«Oh! Deve avere davvero bisogno di quei soldi» diceva Aimee a nessuno in particolare, vistoche era sempre sola. «Possono fare la differenza.»

A volte si commuoveva anche lei e piangeva con loro in preda a un caldo senso di felicità.Metteva in pausa la registrazione e immaginava tutte le cose meravigliose che i vincitori avrebberofatto con il denaro: i viaggi, il tavolo per quella sala da pranzo vuota, il college per i figli. Riusciva avedere i loro sogni ed era felice per loro. Soprattutto se qualcuno vinceva i centomila dollari delsuperpremio.

E poi, dopo ore e ore di quiz, come per riportare se stessa alla dura realtà, metteva in guardia ilvincitore al di là dello schermo: «Guarda che poi ci dovrai pagare le tasse su quei soldi!».

Di notte, quando faticava ad addormentarsi, si chiedeva come mai nessuno avesse mai pensato auna rivista sui quiz, con articoli ricchi di aggiornamenti sui vinci tori del Milionario, della Ruotadella fortuna e di Affari tuoi. Certo, le domande astruse di alcuni programmi la divertivano, ma ciòche toccava davvero il suo cuore era la gente comune, la sua tensione di fronte a un’opportunità chela vita quotidiana non poteva offrire.

L’ossessione di Aimee per i quiz era iniziata l’estate successiva alla morte di suo padre, quandolei e Sabrina avevano le mattine libere dopo il nuoto. Passavano molto tempo in casa, mentre lamadre si occupava dei conti, chiusa nella stanzetta che era stata lo studio del papà. A quanto parevac’erano un sacco di scartoffie da controllare.

Lei e Sabrina, che allora andavano alle elementari, erano fan devote di Ok il prezzo è giusto:avevano imparato a memoria i prezzi dei detersivi e della pasta, pro gettando un viaggio coast tocoast quando, maggiorenni, avrebbero potuto partecipare al gioco. Avrebbero conosciuto BobBarker, il conduttore, e, con un po’ di astuzia, si sarebbero aggiudicate tutti i premi. Sabrina volevauna macchina, un camion e un camper enorme, mentre Aimee non desiderava altro che mobili nuoviper il salotto, qualcosa di allegro, con dei fiori magari, che avrebbe convinto Gus a uscire dallostudio.

Aimee posò il coltello e si guardò intorno in cerca di sua madre. Gus aveva trascorso quasi tuttoil pomeriggio a fingere di cercare cose nella dispensa; Aimee, che conosceva bene la sua tendenza afarle da agenzia matrimoniale, sospettava che ci fosse qualcosa sotto. Si allontanò di qualche passo ela trovò appena fuori dalla cucina.

«Mamma, non ti va di stare con noi?»«Aimee, mi hai fatto paura» esclamò Gus. Sembrava molto concentrata a esaminare un barattolo

di pelati.«Ti servono dei pomodori?»«No, perché?»Aimee indicò la lattina.«Oh, no, stavo solo... leggendo gli ingredienti. Può essere molto istruttivo.»«Senza dubbio, mamma. Contiene pelati.»

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«Ti stai divertendo con Oliver? È un bell’uomo. Ed è anche simpatico.»«Allora chiedigli di uscire.»«Non dire sciocchezze» protestò Gus. Sua figlia sapeva bene che non aveva più frequentato

nessuno dopo la morte di Christopher. Era sempre troppo pre sto, c’era sempre troppo da fare, troppapaura. Ed era troppo facile evitarlo. Anche se a volte si sentiva sola, era convinta che restare singlefosse la cosa migliore per le sue figlie. E per se stessa.

«Che cosa c’è, mamma? Speri in un doppio matrimonio?»«Se ti riferisci a quel Billy e a tua sorella, no.» Gus rimise i pelati sullo scaffale. «A proposito,

la settimana scorsa ti ho lasciato diversi messaggi, ma non mi hai mai risposto. Vorrei parlarne conte.»

«Ultime notizie. È Sabrina quella fidanzata, non io.»Una sera aveva passato un’oretta con Billy, costretto ad aspettare (a lungo) che Sabrina si

cambiasse.Sembrava totalmente impermeabile alle stupidaggini di sua sorella: nel frattempo aveva letto E

giornale, chiacchierando con Aimee delle elezioni di metà mandato. Si era perfino offerto discendere a comprare il caffè e, ogni volta che Sabrina si presentava con una nuova mise, le facevasempre dei complimenti. Non che lui e Aimee fossero diventati amici per la pelle, ma non le erasembrato affatto male.

«Primo, lo sapevo già. Secondo, non rivolgerti a me in questo modo» la rimproverò Gus. «Non ènecessario essere sempre così sarcastici.» Si sporse verso Aimee e sussurrò: «Aiutami a farrimettere insieme Sabrina e Troy».

«E la sua vita, mamma. Non devi gestirla tu. Ma per ché devi sempre...» Aimee si portò le manial collo come per strozzarsi.

«Cerco solo di aiutarla. Tua sorella si beve fidanzati come fossero acqua fresca.»«Lascia che se la cavi da sola, mamma.»«Non riesco a immaginare niente di peggio. Sai cosa mi terrorizza? L’idea che un giorno Sabrina

mi chiami dicendomi di aver abbandonato un marito e due bambini perché aveva bisogno di ritrovarese stessa.»

«Non succederà, mamma. Alla fine non ne ha mai sposato nessuno.»«Un giorno o l’altro lo farà. E poi?»«E poi avrò la casa tutta per me.»«Smettla di dire stupidaggini. Dobbiamo unire le nostre forze, adesso, e prendere questa cosa

molto sul serio.»«Ha solo venticinque anni!» esclamò Aimee. «Ci sono ancora tanti ragazzi da mollare prima di

fare sul serio.»«Sai com’è fatta. Sabrina ha sempre avuto bisogno di qualcuno accanto, e secondo me Troy era

quello giusto. Tu sei diversa, puoi stare per conto tuo. Come me.»Aimee sospirò. «La ragazza più tosta del mondo. Senti, non sono venuta qui per parlare di mia

sorella o per nascondermi in una dispensa. Pensavo almeno di ottenere una cena.»«Aimee, è importante. Mi serve il tuo aiuto.»«Cosa vuoi che faccia, mamma?» Aimee la guardò intensamente.«Sabrina non risponde alle mie telefonate.»«E io che pensavo che volessi sentire me un po’ più spesso» bisbigliò Aimee. Non sembrava che

Gus avesse sentito.«Troy non era carino?» chiese Gus.

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«Sì, ma non è il principe azzurro. Nessuno è perfetto.»«Infatti, è un uomo normale. E credo che tenga molto a lei.»«Forse. O magari ti piace solo un po’ più degli altri.» «Voi due non avete idea di cosa succede se

le cose vanno male. Non avete mai dovuto pagare per i vostri errori.»«Allora lasciaci sbagliare in pace» replicò Aimee. «Hai pensieri così profondi solo quando non

facciamo quello che vorresti tu.»«Voi non sapete cosa significa lottare.» Gus si stava arrabbiando; aveva le guance rosse. «Io ho

fatto di tutto per voi.»«Allora smettila» disse piano Aimee. «Magari non abbiamo dovuto lottare quanto te, ma anche

noi abbiamo avuto la nostra parte.»«Ehi, famiglia Simpson» gridò Oliver affacciandosi dalla porta. «La zuppa è sul fuoco.»«E non può cucinarsi e basta?»«Sì, ma mi sentivo solo. Vieni fuori a dare una mano.»Gus lo fulminò con un’occhiata.«Ehm, volevo dire vieni fuori e fatti dare una mano» si corresse Oliver con un sorriso.Gus si avviò verso la cucina.«Oliver, ci hai sentite litigare, vero?» chiese Aimee tirandolo piano per la manica.«Noi vicechef siamo tombe. E poi Carmen mi ha appena chiamato: non riesce a venire. Suppongo

che tua madre abbia finito la sua riserva di pazienza, e speravo di conservarne un po’ per la prossimapuntata.»

Parte Quarta

TROPPI CUOCHI

Otto giorni dopo la squadra al completo era riunita nella cucina di Gus: Oliver in divisa da cuoco

viola, Carmen con un abito a portafoglio color mirtillo, Sabrina in gonna e pullover verde salvia,Aimee in camicia bianca e pantaloni antracite. Troy aveva appuntato alla sua camicia blu scuro unaspilla con la scritta SABRINA ERA LA MIA RAGAZZA. “Non male per un gruppo che ha rifiutatole indicazioni della costumista” pensò Porter.

Erano tutti seduti tra le telecamere (con grande fasti dio della troupe), in attesa di Gus: a quantopareva era ancora in camera sua con Hannah a prepararsi. Porter stava rivedendo la scaletta dellapuntata, senza la minima preoccupazione che Gus potesse piantarlo in asso. Non l’aveva mai fatto intutti quegli anni, perché iniziare proprio adesso?

Un piano sopra la cucina, seduta sull’orlo di una sedia imbottita davanti alla finestra, Gusaspettava in compagnia di Hannah, stando bene attenta a non sgualcire la camicetta di seta verdesmeraldo e i pani aloni scuri, o a scompigliarsi il famoso caschetto. Hannah, in tuta grigia, era stesasul letto. Non aveva voluto unirsi agli altri.

«Riusciresti a passare un po’ più inosservata se non ti vestissi sempre da atleta» osservò Gus.«Prova a metterti una gonna.»

«Magari una minigonna bianca?» scherzò Hannah. Afferrò un cuscino e finse di soffocarsi.«Sarebbe meglio che non andassi in televisione.»

«So che ti piace l’halibut» tentò Gus in tono sua dente. «Hannah, oggi sarà una passeggiata:halibut in crosta di zucchine, fagiolini e patate in casseruola, sangria bianca.»

Gus adorava parlare di cibo. Di notte, se non riusciva a dormire, leggeva libri di cucina a voce

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alta per rilassarsi. «Sangria? Non è spagnola?» La voce di Hannah arrivò attutita da sotto il cuscino.«Anche Carmen, no?»

«Contrariamente alle voci che girano, a me piace molto la cucina spagnola. Ho qualche problemasolo con lei. Ma questo non significa che ogni tanto non possa scendere a compromessi. Oggi usiamoacciughe di Santona e paprika piccante.»

«Acciughe? Io le odio.»«Dicono tutti così.» Gus tolse via il cuscino dalla faccia di Hannah. «Ma è solo perché nessuno

sa che sapore hanno. Bisogna sempre assaggiare prima di schierarsi contro qualcosa.»«Stiamo parlando ancora di cucina?»«Se non vuoi partecipare al programma, per me va bene. Però preferirei che ci fossi.»«Non so cosa fare, ecco il problema. Non sai quanto vorrei andare a casa e rimettermi E pigiama.

Ma odio mollare.»Gus fece un’espressione strana.«Cosa c’è?»«No... niente» rispose Gus.«Odio arrendermi. Mio padre lo diceva sempre: “Se molli una volta, molli sempre”.»«Hannah, tu stai chiusa in casa tutti i giorni e tutte le notti. Sempre. E tuo padre? Non farmi

cominciare...»Hannah si appoggiò su un gomito. «Nascondersi non significa mollare. Credevo che l’avessi

capito.»«Be’, almeno sarai d’accordo che è uno stile di vita insolito!»«Non per le suore di clausura, gli eremiti e le stelle dello sport cadute in disgrazia.»«Non puoi lasciare che il passato condizioni il tuo futuro.»«Si chiama istinto di sopravvivenza» replicò Hannah seria. «Secondo te qualcuno potrebbericonoscermi?»Gus pensò di bluffare, ma solo per un istante.«Si» ammise. «Io ti ho riconosciuta E giorno in cui ti ho vista per la prima volta. Non sei

cambiata molto in quindici anni. Una volta la tua immagine campeggiava su tutti i cartelloni di TimesSquare.»

«Già, la zuppa! La zuppa di verdure energetica. Grazie a quella pubblicità ho comprato la casa.»«Hai mai mangiato quella roba? Me lo sono sempre chiesto.»«Certo. Pensavo che non fosse professionale pro muovere un prodotto senza prima assaggiarlo.»

Sentì il solito nodo allo stomaco, come ogni volta che la storia dello scandalo tornava a galla.«Oh, Hannah. Questo rende tutto quello che ti è successo ancora più stupido.»«Lo so. Ma l’ho fatto per mio padre, credo.»«E strano quello che si fa per i genitori.»«O quello che loro ci chiedono di fare» aggiunseHannah. Rotolandosi sul letto aveva ripreso il cuscino e se lo premeva contro la pancia. Era il

suo modo per sof focare i cattivi pensieri. A volte funzionava.«Ho paura.»«È normale.»«Non voglio rovinare la tua trasmissione, Gus. Che succederebbe se qualcuno chiamasse Cooking

Channel chiedendo: “Ma è lei?”.»«Risponderemmo che sei la mia migliore amica e una persona meravigliosa» insistette Gus.

«Tutti commettiamo degli errori.»

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«Tu no.»«Oh, smettila! Tu sai meglio di chiunque altro che di errori ne faccio, eccome. E solo che cerco

di valorizzare ciò che mi riesce meglio.»Gus guardò quella donna magra in tuta, con la fronte aggrottata e un po’ imperlata di sudore.«Dai, non pensarci più» disse, sdraiandosi accanto a Hannah, senza più badare alla piega dei

capelli.«Grazie per non avermi abbracciata» piagnucolò Hannah. «Odio il contatto umano.»«Non ti preoccupare. Mi metterò un giubbotto di teflon per proteggermi dalla pugnalata alle

spalle di Carmen.»«Kevlar, non teflon. Lo so perché ho dovuto portare un giubbotto antiproiettile per un po’.»«Il tennis ha dei fan intransigenti.»«Già.» Hannah aveva gli occhi pieni di lacrime. A volte si sentiva una matta, paralizzata com’era

dal terrore del giudizio altrui. «La gente non perdona facilmente. So che mi capisci, Gus: anche da teci si aspetta tanto. La verità è che è tutto uno schifo.»

«Non sempre il successo rende la vita più semplice» ammise Gus. «Anzi, può portarecomplicazioni impreviste.»

«E la persona che conta» disse Hannah. «Ma sembra troppo facile per essere vero.»Gus sapeva bene che, per quanti programmi conducesse, per quanti libri di cucina pubblicasse, i

dubbi e le insicurezze restavano. E nessun conto in banca le avrebbe mai riportato Christopher.«Una strizzata te la do lo stesso» scherzò abbracciando Hannah di sfuggita. «Questo era per me,

non per te.»«Di sotto staranno impazzendo. Si chiederanno cosa fai quassù» osservò Hannah soffiandosi il

naso.«Porter starà guardando l’orologio tamburellando le dita sulla cartellina.»«Ci sarò, come sempre.»«Un’immagine pubblica può essere una trappola mortale. Può anche sopraffarti.»«Io so chi sono.»«Non è questo il punto: è ricordarsi di esserlo.» «Qual è E verdetto, allora?» chiese Gus.Hannah tolse l’elastico daEa coda di cavaHo, poi raccolse i capelli rossi e li legò di nuovo.

Quando era nervosa giocava sempre con i capelli, una sua vecchia abitudine.«Sei in assoluto la mia unica amica, Gus Simpson. Il resto del mondo mi ha abbandonata, ma non

mi ha per donata.»«L’unica persona che manca ancora all’appello sei tu.»«Magari anche la ragazza tedesca che è caduta dalle scale a Wimbledon!»«Giusto, avevo dimenticato quel particolare sgradevole.»«La mia vita è un disastro.» Hannah fece un sospiro, poi un altro. «Parteciperò al programma se

hai davvero bisogno di me. Ma so che non è così. La scorsa puntata è stata piuttosto difficile. Perfavore, non chiedermelo.»

«Non costringerei mai nessuno a fare qualcosa. Sabrina e Aimee ne sono la prova.»Gus si stese sul letto accanto a Hannah; tornò con la mente alla settimana precedente, alle riunioni

con Porter, Carmen e Oliver per stabilire il menu della puntata che sarebbe iniziata di lì a mezz’ora.Ripensò alla telefonata di Sabrina, la sera tardi: pretendeva che Troy lasciasse il programma, ma

si era ben guardata dal rinunciare lei stessa. Poi ripensò ad Aimee: la loro unica conversazione dopoquel litigio in studio era stata secca e sarcastica. A quanto pareva, E mondo perfetto di Gus si stavasfasciando come un casteHo di carta, e proprio a causa della nuova trasmissione.

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Sapeva che non tutte le decisioni si dimostrano giuste. L’idea di una puntata sul basket erasembrata divertente, così come quella di invitare tutti a conoscere le star. Poi per colpa del cattivotempo, dell’apparizione improvvisa di Carmen e di una decisione dell’ultimo secondo, Gus avevacoinvolto le persone a lei care in un mondo che non era E loro. Non tutti vogliono apparire in tv:credono solo di volerlo.

La cosa più semplice sarebbe stata dare a ciascuno un po’ di respiro. Un po’ di spazio. Dire aHannah che non doveva partecipare per forza, chiedere a Troy di andarsene per mettere Sabrina asuo agio.

Ma secondo lei non era di quello che avevano bisogno. Era ora di liberare i suoi piccolini dallabambagia.

«Vieni giù almeno ad assistere» disse a Hannah, che la seguì a testa china.Gus stava per entrare in cucina quando Oliver le corse incontro in corridoio.«Gus, devo dirti una cosa» esclamò lui piuttosto con citato.«Gus!» gridò nello stesso istante Porter dalla stanza accanto. «Vieni qui.»Gus alzò un dito. «Non te ne dimenticare» disse a Oliver. «È meglio che andiamo ai nostri posti,

ora. Me 10 dirai durante la pubblicità.»Porter le faceva gesti strani; con la mano destra teneva 1cellulare, con la sinistra si copriva

l’altro orecchio per isolarsi dalla confusione. “Forse si è accorto che ho i capelli un po’ indisordine” pensò.

Se li ravviò in fretta con le mani e scrollò le spalle. Meglio essere ottimisti.«Non ti preoccupare, Porter» esclamò quasi urlando. «Stiamo benissimo!»«Tutti ai vostri posti!» urlò uno della troupe. «Andiamo in onda tra un minuto.»Gus si sistemò dietro l’isola centrale; gli altri assunsero le posizioni concordate: Troy al lavello,

a pulire fagiolini; Sabrina in un angolo del bancone di granito, con una ciotola di patate novelle datagliare e un guanto di gomma sulla mano sinistra (per coprire l’anello). Gus inarcò un sopracciglioincrociando lo sguardo della figlia minore, poi lanciò una rapida occhiata ad Aimee che, lentamentee con metodo, affettava arance e limoni per la sangria.

Hannah, sentendosi in colpa per la sua richiesta di restare in disparte, sedette fuoridall’inquadratura con l’aria triste e una gran voglia di andarsene. Ma la lealtà verso Gus era troppogrande per

abbandonarla senza un sostegno morale. La salutò con un cenno. Carmen, dando per scontato chefosse rivolto a lei, ricambiò.

Oliver, teso, si posizionò davanti alla cucina Aga. Era stato impegnatissimo a preparare il set,disponendo sale, pepe, spezie, olio d’oliva, verdure, coltelli e scodelle. Era compito suo fare inmodo che ogni cosa fosse al suo posto.

Gus e Carmen erano una accanto aU’altra dietro l’isola a ritoccarsi il rossetto. Porter scattò inavanti i con un tovagliolo di carta piegato e lo porse a Gus.

«Ottimo servizio» s’intromise Carmen, strappando glielo di mano e tamponandosi le labbra.«Grazie infinite, Porter. Farò in modo che Alan lo sappia.»

Iniziò il conto alla rovescia e i rossetti sparirono in un ripiano. Si accese la luce rossa e la direttapartì.

«Salve a tutti,» disse Gus «e benvenuti a una nuova puntata in diretta di Mangia, bevi e... Comesempre cercheremo di celebrare la vita mangiando e bevendo. Con me ci sono Carmen Vega e ilnostro meraviglioso gruppo di amici e parenti. Oggi prepareremo alcuni piatti straordinari esemplici... con un tocco spagnolo.» Fece un ampio gesto con il braccio. «In onore di Carmen,

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naturalmente.»«Oh, grazie, Gus!» squittì Carmen, spostandosi un po’ in modo che la sua acconciatura coprisse

appena l’inquadratura di Gus. In tutta risposta lei si scostò e camminò verso la telecamera,continuando a parlare.

«Lasciate che vi prepari qualcosina» disse, tirando fuori un piatto da un ripiano dell’isola.«Abbiamo un ottimo halibut, freschissimo, che Oliver ha già provveduto a pulire.»

Ma, al posto dell’halibut, sul piatto giaceva una massa di lunghi tentacoli. Gus continuò asorridere alla luce rossa: era ancora in onda. «Oh santo cielo!» esclamò guardando sempre latelecamera. «Be’, supponete di essere convinti di aver comprato mezzo chilo di halibut, poi tornate acasa e scoprite che invece è... un polpo!» Risatina nervosa. «Sarà capitato anche a voi qualche volta,ne sono certa.»

Poi a Carmen chiese con calma: «Hai qualche idea su come cucinarlo?».«Sì, Gus, certo. Che ne dici di un’insalata calda? Una delle regole della cucina spagnola è

esaltare i sapori di pesci e molluschi nella maniera più semplice.»«Fantastico!» disse Gus scorgendo con la coda del l’occhio Sabrina che si voltava a guardare.«Io quello non lo tocco» protestò.«E da tanto che voglio assaggiare il polpo» intervenne Troy.«Speriamo di avere tutti gli ingredienti necessari» riprese Gus, vedendo che Porter faceva cenno

di andare in pubblicità. “Grazie a Dio” pensò tra sé. «Ora diamo un’occhiata veloce in frigo etorniamo tra poco per preparare l’insalata di Carmen. Sarà molto divertente.»

Fuori onda.Porter inspirò ed espirò lentamente. «Sei stata grande, Gus!»«Questa non è una gara. Non amo sorprese in fatto di ingredienti.»«Non è successo niente» disse Carmen.«Oh, non credere che non me ne sia accorta! Non ti sei minimamente scomposta all’apparizione

di Mister Polpo» replicò Gus. Senza neanche girarsi si rivolse a Oliver, alle sue spalle accanto aifornelli.

«E immagino che sia stato tu a pulirlo?»«L’ho solo sciacquato. L’hanno consegnato poco prima della trasmissione.»Gus rimase in silenzio; stava decidendo quale tecnica di omicidio scegliere.«In onda fra due minuti» urlò Porter. «E ricordatevi di citare spesso il concorso: un fortunato

spettatore parteciperà al programma. Parlate di quanto sarà divertente,»«Oh, una meraviglia» esclamò Sabrina. «Magari invitiamo anche gli ex fidanzati.»«Piantala con questa lagna!» sbottò Aimee. «Perché devi fare sempre la bambina?»Porter attese che Gus intervenisse, ma lei non aprì bocca.Le si avvicinò. «Tutto bene?» chiese a bassa voce. «Ho cercato di avvertirti.»Gus aveva uno sguardo torvo. «Ormai dovresti saperlo che io sto sempre bene, Porter. In vita mia

ho avuto sorprese ben peggiori di un polpo su un piatto.»Si spostarono in un angolo, il più lontano possibile dagli altri.«Stai andando benissimo» la rincuorò lui, ripetendo il tipico mantra del produttore per tenere

calma la star. «Nuovo taglio di capelli?»«Non cambiare discorso. Allora, cosa sta succedendo?»«Carmen ha portato il polpo: ha detto che Alan voleva un colpo di scena.»«Ridicolo. Ti sembra una cosa da Alan?»«Non lo so.» Porter sospirò. «Sta con il fiato sul collo a tutti per via degli ascolti. Credo che sia

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un po’ disperato.»«E perché non ti ha avvertito?»«Ho perso una sua chiamata oggi pomeriggio, ma quando ho richiamato non c’era. Lo sanno tutti

che lui e Carmen stanno insieme. È il segreto peggio custodito di Cooking Channel,»«Ma non abbiamo mai lavorato in questo modo!»«Non siamo nemmeno mai andati in diretta. Le regole stanno cambiando.»Porter guardò l’orologio, le batté suHa mano e la riaccompagnò alla sua postazione. «E ora.»Gus allargò le braccia e si rivolse al cast e alla troupe: «Fingete di divertirvi. E, per l’amor di

Dio, sorridete!». Nell’ora successiva Oliver lessò il polpo e Carmen mostrò come pulirlo. Era unaprocedura laboriosa che implicava un gran lavoro di coltello nonché la rimozione dell’occhio.

«Oddio, è disgustoso!» esclamò Sabrina, che guardava da sopra la spalla di Carmen e si coprivagli occhi con le mani. «Assomiglia a uno dei personaggi di Alla ricerca di Nemo»

Perfino Aimee, solitamente stoica, sembrava inorridita. «Che razza di programma di cucina èquesto se tutti abbiamo paura di toccare E piatto principale?» sussurrò a Troy, senza pensare che Emicrofono amplificava ogni parola. «A me le proteine piacciono solo avvolte nel cellophane etagliate in rettangoli anonimi. Non avrei mai immaginato che avremmo macellato degli animali.»

«Perché a me toccano i fagiolini?» si lamentò Troy. «Potrei dare un colpo di mannaia a quelcoso, tanto per sfogare le mie frustrazioni.»

Intanto Gus saltellava da una postazione all’altra, spiegando ciò che ognuno stava facendo, erivolgendosi agli spettatori come fossero vecchi amici. Essendo la sola non impegnata a tagliare,

cuocere e affettare pareva che fosse lei l’unica conduttrice, e che tutti gli altri, Carmen compresa,fossero lì ad assisterla.

L’assaggio si rivelò difficoltoso: Aimee e Sabrina continuavano a sorseggiare sangriarifiutandosi di provare anche solo un pezzettino di polpo. Troy, invece, ne prese una forchettata e lamise in bocca con entusiasmo.

«È duro» cominciò a dire, poi deglutì in fretta sotto le occhiatacce di Carmen. «Ma squisito!»Gus gli rivolse un sorriso dolce.«Insomma, il menu di stasera era un tantino complicato, non proprio la tipica cena

infrasettimanale»disse alla telecamera mentre Porter segnalava che stavano per chiudere. «Ma a volte è divertente

provare cose nuove dopo una domenica rilassante come la nostra. La prossima volta faremo qualcosadi più semplice: prepareremo alcuni classici del brunch. Chi non adora E brunch della domenica?Allora alla prossima puntata! E nel frattempo: mangiate, bevete e siate felici! Giusto, Carmen?»

Carmen, distrutta e un po’ più che semplicemente imperlata di sudore, rivolse un debole sorrisoalla tele camera. Era finita, almeno fino alla settimana successiva. Gus non aveva assaggiato niente.

«Non ricordo di essere stata consultata sul prossimo menù» disse Carmen tamponandosi la fronte,mentre la troupe raccoglieva le attrezzature.

«Infatti» rispose Gus seccata.

13Né Sabrina né Aimee si erano mai poste il problema di chi lavasse i piatti dopo la trasmissione.

Erano sicure che ci fosse qualche assistente di studio destinato a quel genere di cose. O no? Dopo laloro prima volta in video erano talmente sollevate ed euforiche che non avevano prestato attenzione achi facesse le pulizie.

«Visto che ve ne state sedute lì a elencare pregi e difetti della puntata di stasera,» disse Gus «mi

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aspetto che vi rendiate utili. In fondo questa è casa mia.»«Non credo che fosse negli accordi» replicò Sabrina. «Ah sì? Hai letto le clausole in piccolo?»Sabrina rimase in silenzio: aveva davvero firmato anche per i piatti? Le avevano fatto vedere

alcune carte, ma non si era certo presa la briga di leggerle.«Ma non è giusto! Carmen e Hannah se ne sono già andate» protestò.«Dubito che ci sia una postilla del tipo “Siccome Carmen se n’è andata non devo prendermi

nessuna responsabilità”. Sono sicura che Oliver sarà più che felice di darvi istruzioni.»Detto questo Gus uscì dalla cucina, lasciando Oliver, Troy, Aimee e Sabrina a gingillarsi con le

stoviglie. L’idea era di salire di sopra a fare un lungo bagno caldo, così caldo che la pelle pizzica aentrarci dentro. Prima, però, decise di parlare in privato con il suo produttore.

«Prendiamoci un brandy nello studio» disse a Porter, guidandolo verso la stanza rivestita dipannelli di legno. Sembrava arredata da un uomo, quasi metteva soggezione; a Christopher sarebbepiaciuto avere uno spazio così per lavorare o per parlare a cuore aperto con una figlia che usciva conil ragazzo sbagliato. Non che ne avesse mai avuto l’occasione.

Le pareti erano tappezzate di libri di ogni forma e dimensione; uno scaffale era riservato aimanuali di cucina scritti da Gus. Si sedette proprio davanti a quei volumi, su una poltrona di pellerugosa ma morbida.

Negli ultimi dodici anni il compito di Porter era stato far apparire Gus Simpson al meglio.Sempre. Ma quella sera, con la sorpresa del polpo, l’aveva messa in una posizione quanto maiscomoda.

«Alan ha risposto al mio messaggio» iniziò Porter, prima che fosse Gus a parlare. «Secondo luila puntata di stasera è stata entusiasmante. Più tardi ci aggiornerà sugli ascolti.»

«Quindi si tratta solo di questo.»«Ovvio! Sono gli ascolti che hanno creato il tuo impero, mia cara» ribattè lui sedendosi su

un’altra poltrona di pelle. Gus ripensò al consiglio di Hannah: libera le tue frustrazioni. Quante voltesi era arrotolata su se stessa come un pretzel per accontentare tutti? Quante volte aveva abbozzato,per Alan, per Cooking Channel? “Arrabbiati!” urlava la voce di Hannah. “Indignati! ”

«Cosa sta succedendo?» chiese piano Gus. «Se Alan mi vuole fuori dal programma, non devefare altro che licenziarmi. Adiós. Divorzio professionale.»

«Gus, devi credermi, sono preoccupato quanto te. Se te ne vai tu, me ne vado anch’io. Ma nonsiamo ancora fuori gioco.»

«E stata una vera follia» disse Gus coprendosi il viso con le mani. «E se mi fosse venuta unacrisi isterica in diretta?»

«Alan ha scommesso sul contrario.»«Certo, perché non mi sognerei mai di fare una cosa del genere.» Gus non riusciva a liberarsi

dalla preoccupazione che la opprimeva, una sensazione familiare e allo stesso tempo inconsueta. «Dichi potrò fidarmi d’ora in poi?» “Fin troppo spesso” si rese conto irritata “non sai cosa aspettarti dalprossimo.” A cinquant’anni aveva ancora molto da imparare.

«Per quanto non mi piaccia ammetterlo è stato divertente» riprese Porter. «Avevi un’energiafantastica.»

Gus si appoggiò allo schienale e chiuse gli occhi. «Dio ci dà solo ciò che possiamo sopportare,giusto?»

«Esatto.»Gus aprì di scatto i suoi occhi castani. «Me l’hanno detto anche al funerale di Christopher»

replicò tagliente. « “Dio ci dà solo ciò che possiamo sopportare.” Una frase idiota che la gente ti

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ripete per evitare che crei problemi. Agli altri.»Porter scosse la testa. «Sei una ragazza tosta. Molti crollano nei momenti di crisi.»Gus lo guardò quasi incuriosita.«Porter, non ti ci mettere anche tu» sospirò. «Non avrei mai pensato che mi avresti propinato un

discorsetto compassionevole.»Si alzò dalla poltrona. «Non credere che per me sia più facile solo perché ho attraversato molte

tempeste. Abbiamo tutti un punto di rottura.»«Nessuno ti spezzerà, Gus. Farò in modo che non ci siano altre sorprese. Ma in fin dei conti

dobbiamo entrambi rispondere ad Alan. È dura in tv di questi tempi e dobbiamo agire d’astuzia. Iodevo pensare anche a Ellie.»

Gus lo capiva: prima la famiglia. Nonostante i loro discorsi battaglieri, nessuno dei due volevaperdere il lavoro. Lei stessa non aveva sempre fatto tutto il possibile per proteggere Aimee eSabrina?

«Andrà tutto bene» la rassicurò Porter.«Ma certo.» Gus annuì, la sua reazione naturale, quasi inconscia, per mettere gli altri a proprio

agio. In realtà era molto spaventata.«Lo sai che ai piatti può pensarci la produzione, vero?» disse Porter per alleggerire l’atmosfera.«Io sì» rispose Gus, facendo un cenno in direzione della cucina. «Ma loro no.»Le spatole, le forchette, i cucchiai e i coltelli sporchi erano ammucchiati accanto al lavello; le

pentole, invece, dovevano essere ancora radunate. Aimee era davanti all’isola, e guardavatristemente l’insalata di polpo che si rapprendeva, tenendosi i capelli castani fra le mani.

Oliver le arrivò alle spalle. «Guarda che è così che sono diventato calvo» disse toccandolaappena.

«Ma gli avanzi si conservano?»«Puoi darli ai gatti» rispose Oliver facendole l’occhiolino.«Sono vegani» ribatte Aimee con un sorriso. «Al massimo possiamo finire la sangria.»Oliver riempì quattro bicchieri, avendo cura di aggiungere qualche fetta di arancia e di limone.«Bene, all’opera!» esclamò Troy fregandosi le mani. «Voglio pulire tutto e tornare in città.» Si

rivolse a Sabrina. «Possiamo prendere E treno insieme.»«Ehm, no, non possiamo» rispose stizzita. «Non devi seguirmi dappertutto! È ridicolo!» Agguantò

il bicchiere che Oliver le stava porgendo.«Io non ti sto seguendo... Lavoriamo nello stesso programma.»«Piantala, Troy! Se mia madre non fosse una tale impicciona, non ci vedremmo più» ribattè

Sabrina, con gli occhi azzurri che mandavano lampi di rabbia. Si tolse i guanti di gomma che avevaindossato per nascondere il diamante. «E... a proposito, sono fidanzata.»

Aimee lanciò un’occhiata a Oliver, facendo il verso alla sorella: «E a proposito...». Risero pianoe senza allegria, sentendosi a disagio per Troy.

«Cosa?» domandò Troy.«Mi sembra di essere stata abbastanza chiara. Sto per sposarmi.»Troy guardò la bella ragazza bruna che aveva di fronte. «Ci siamo appena lasciati. So che la

matematica non è il tuo forte, ma se vuoi il mio parere qui vedo sommare “troppo presto” e “unacazzata enorme”.»

Aimee si mise tra loro mimando il gesto del time-out. «Qui ci sono dei minorenni! Non poteteandare a discutere altrove? Questa casa ha un miliardo di stanze.»

«Io non vado da nessuna parte con quello.» Sabrina incrociò le braccia.

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«Un momento...» intervenne Aimee guardandosi il palmo della mano e fingendo di sfogliare unregistro immaginario. «A me risulta di sì. Perché ti ho appena cacciato dalla cucina. Non voglio

fare la mammina severa, ma se non potete stare insieme nella stessa stanza, abbiate il buonsenso diandarvene. Insieme, ognuno per conto suo, non mi interessa.»

«Sei molto sgarbata, sai?» disse Troy.«Sono solo sincera» ribattè Aimee. «È diverso. E devo lavare i piatti.»Sabrina uscì a grandi passi verso il corridoio, con Troy alle calcagna. «Non credere che la cosa

finisca qui.»Aimee accese il lettore CD che sua madre teneva sotto il piano di lavoro, nella speranza che un

po’ di musica riuscisse a soffocare le voci sempre più alte di Troy e Sabrina.«Musica d’ambiente» disse Oliver. «La adoro mentre strofino le pentole.»«Oliver, tu che ci guadagni?»«Come, scusa?»«Ti ho cercato su Google» rispose Aimee rovistando nei cassetti per trovare un paio di guanti di

gomma. «E ho chiesto di te a un paio di ex compagni di università. A quanto pare sei una specie dileggenda di Wall Street, un uomo da milioni di dollari.»

Oliver raschiò via un’incrostazione da un coperchio, e rifiutò con un gesto l’offerta dei guanti.«Ognuno di noi ha un talento particolare: il mio è cucinare. Ma sono anche fortunato. Ho fatto

fare un bel po’ di soldi a tante persone, e molti ne avevano bisogno quanto di un buco in testa.»«Pensavo che gli uomini come te credessero che E denaro non basta mai.»«Una volta, forse. Non sarai una di quelle ragazze ricche che fa finta di odiare i soldi. Non ti si

addice.»«Oh, io non odio i soldi. Solo preferirei che fossero meglio distribuiti nel mondo.»«Di cosa ti occupi?»«Economia dello sviluppo agricolo.»«E come ci sei arrivata?»«I miei genitori erano volontari nei Corpi di pace;sono stati insieme in Africa a lavorare con i coltivatori di zucchero. Adoravo guardare le vecchie

diapositive di quando erano in Burkina Faso.»«Non sapevo che Gus avesse fatto anche questo.»«A quei tempi era una vera rivoluzionaria, pronta a salvare E mondo.»«E ora insegna a una massa di telespettatori pigri a piegare i tovaglioli e a sopravvivere

all’insalata di polpo di Carmen Vega» aggiunse Oliver. «E tu disapprovi.»Aimee gli prese un piatto dalle mani, afferrando un canovaccio bianco e blu. Si guardò intorno, lo

stato della cucina progrediva. Ogni tanto arrivava la voce di Sabrina, acuta e un po’ stridula. Aimeeiniziò ad asciu gare in silenzio, poi riprese a parlare.

«No, non disapprovo. A mia madre piace quello che fa. E non c’è niente di male in un lavoro benfatto.

Mio padre lo ripeteva sempre.» Fece una pausa. «A cena si lanciava sempre in una serie dibattute a raffica.»

«Gus non mi sembra E tipo da apprezzare» azzardò Oliver.Aimee aprì la bocca, pronta a difendere la madre. Reazione istintiva.«E molto elegante,» si corresse lui «raffinata.» Aimee abbassò le difese.«Già, è come se avesse una specie di aura intorno»«O di armatura.»

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«Non è sempre stata così. Una volta era più tenera.»«Tenera? Gus?»«Quando eravamo piccole la casa era un macello.»Aimee sentì un’eccitazione insolita mentre raccontava, come se stesse svelando un segreto.

«Mamma era una casalinga tremenda.»«Ora invece è tutto così perfetto.» Oliver continuò a lavare i piatti. «Non mi sognerei mai di

lasciare questo posto meno che immacolato.»«Ovviamente ha una persona che fa le pulizie, ma adesso è più ordinata. E molto organizzata.

Questo mi piace di lei... il disordine mi faceva diventare matta. Me e anche papà.»C’era qualcosa di incredibilmente piacevole, pensò, nel poter parlare con tanta disinvoltura di

suo padre. Era una cosa che faceva di rado con la madre o la sorella. A volte, con qualche amicointimo, condivideva la sua raccolta di ricordi di quando suo padre era vivo, di un momento in cui nonera fondamentale che lei fosse buona, giudiziosa e tranquilla. Non era stata una transizione indolore,e ora la sua affidabilità le dava un senso di soffocamento. Molto più spesso, però, Aimee teneva isuoi pensieri per sé. Come molte altre cose del resto. Era più semplice, per tutti.

Eppure chiacchierare con Oliver la divertiva. Gli raccontò del piccolo villino in cui avevanovissuto prima che Gus comprasse quella specie di castello, di come lei e Sabrina dividevano con ilnastro adesivo il pavimento della loro stanza. Di quando lavoravano al Luncheonette dopo la scuolae di come, dopo tutti quegli anni, lei vivesse ancora con sua sorella.

«Lei non potrebbe mai permettersi un affitto» spiegò. «Io mi mantengo da sola fin dai tempidell’università, ma ho il sospetto che mamma paghi ancora le carte di credito di Sabrina.»

Oliver rise. «Quelle dei miei genitori le pago io.» «Non è la stessa cosa.»«Allora vorresti che tua madre desse dei soldi anche a te?»«Oh no, non è questo.»«E allora cosa?»Aimee guardò la propria immagine riflessa nella finestra accanto a Oliver; fuori era buio, così il

vetro si era trasformato in uno specchio.«Sei astuto» disse. «Di solito non parlo così tanto.»«Io invece sto imparando ad ascoltare.»«Una terapia?»«Un obiettivo personale» rispose Oliver. «Nutrimento per lo spirito.»«Impegnativo. O folle.»«Malnutrizione non significa solo mancanza di cibo.» Aimee arrossì, improvvisamente a disagio

per tutta quella intimità.«Hai mollato tutto e basta?» chiese, riportando il discorso su di lui.«Mollato proprio no. Anzi, mi sono portato via ognicosa. Più soldi di quanti servano in una vita. Mi sono lasciato alle spalle solo lo stress e la

mentalità dell’accumulo.»«Allora non hai bisogno di lavorare in questo programma.»«Al contrario. Ne ho bisogno come dell’aria.»

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14Per la seconda volta quella sera la biblioteca era occupata, e le pesanti porte chiuse. Sabrina si

era sistemata sulla sedia imbottita dietro la grande scrivania di ciliegio. Aveva sperato di mettereTroy in soggezione, o quanto meno, di apparire sicura di sé. Invece sembrava ancor di più unabambina che gioca a fare la grande.

Troy si sedette di fronte a lei, alzandosi ogni tanto per passeggiare, ma soprattutto per urlare.«Mia madre sta dormendo» lo ammonì Sabrina. «Puoi abbassare la voce? Sei entrato in questoprogramma e invece dovresti essere fuori dalla mia vita!»«Tu non c’entri con la mia presenza qui» gridò Troy. «No, aspetta. Non voglio raccontarti bugie.

Sì, è vero: mi fa piacere vederti. Ma il mio obiettivo è dare una spinta, una grossa spinta, alla miaazienda.

Sto solo cercando di farmi un po’ di pubblicità.»«E come?»«Ho stretto un accordo con Porter: dalla prossima puntata indosserò magliette con il logo di

FarmFresh.Perciò fattene una ragione.»«Non dovresti pagare per una cosa del genere?»«Gus è uno dei miei investitori, ricordi?» ribattè lui tagliente. L’azienda stava andando bene, ma

un’iniezione di capitale lo avrebbe tranquillizzato. Mettersi in proprio gli aveva portato più stress diquanto aveva pre visto: realizzare E proprio sogno causa più problemi di quanti ne risolva.

«Ma sì, ma sì» disse Sabrina. Ostentava esasperazione. Cercò di fingere uno sbadiglio annoiato,anche se in realtà il cuore le batteva all’impazzata. Era eccitante vederlo così arrabbiato: la colleragli aveva arrossato le guance, proprio come quando facevano l’amore.

Troy era decisamente bravo a letto. Forte, intenso e instancabile, studiava il corpo di Sabrina conla stessa serietà con cui gestiva la sua azienda. Era un uomo guidato daEa passione. Tutti gli altri,compreso Billy, non avevano mai preteso molto da lei, né a letto né altrove.

«Che cosa vuoi?» le aveva chiesto Troy una volta, di notte. Un invito al gioco. Le avevano fattoquella domanda tante altre volte, un sussurro tra i baci, ma nessuno aveva mai preteso davvero unarisposta.

«Che cosa vuoi?» aveva insistito, per poi attendere che lei desse voce ai suoi desideri.«Parlami» aveva sussurrato.

Spaventoso. Era stata una delle ragioni per cui l’aveva lasciato.Sabrina fissava l’indice che Troy le puntava contro. Solo pochi mesi prima quella stessa mano

l’aveva accarezzata. Buffo come cambiano le cose.«Da quanto tempo stai con quel tizio?»«Da un po’. Non era mia intenzione ferirti.»Lui fece un gesto disgustato.“Non era mia intenzione. ” Possible pronunciare una frase più stupida? Allora qual era la sua

intenzione? si chiese Troy. Mandare un bigliettino su carta intestata per comunicargli il lieto evento?E lui come avrebbe dovuto reagire? Piegare la letterina e riporla in un cassetto, sentirsi triste ma conuna punta di felicità per la fortuna di Sabrina? Mai! No, lei non gli avrebbe mai detto niente: luiavrebbe scoperto che si sposava leggendo un trafiletto sul «New York Times». Prima di conoscerlanon sapeva che esistesse una rubrica simile, (così come non aveva mai letto l’inserto «Style»).Sabrina invece la leggeva sempre con attenzione, spesso a voce alta, condividendo con lui i dettagli

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sulla coppia di sposi, per esempio l’occupazione dei genitori, e magari un aneddoto divertente sucome si erano conosciuti. Per un po’

Troy aveva provato tenerezza per quella strana sua ossessione per i matrimoni. Era parte del suofascino, come E suo sorriso e la sua allegria.

Troy aveva capito di esserci dentro fino al collo quando si era ritrovato a mormorare fra sé, sottola doccia o in palestra, un annuncio immaginario per il giorno delle loro nozze. In maniera quasiautomatica, ricordò le parole: “Sabrina Simpson, arredatrice emergente e figlia minore di GusSimpson, conduttrice di Cooking Channel, e del defunto Christopher Simpson, si è unita oggi inmatrimonio con Troy Park. Park, laureato con lode all’Università dell’Oregon, è amministratoredelegato di FarmFresh, azienda leader nella fornitura di frutta fresca per i distributori automatici discuole, aeroporti e ospedali. I genitori JineSoo Park, originari della Corea, sono proprietari di unfrutteto a Hood River, Oregon. Park ha una sorella, Alice. I due si sono conosciuti quando Park haassunto la signorina Simpson per arredare la sede di FarmFresh. ‘Io avevo la creatività,’ dichiara ilsignor Park ‘ma lei aveva stile.’”.

«Troy?»«Sai cosa vorrei?» disse lui, offeso dal comporta mento di Sabrina e infastidito per essere stato

strappato ai suoi pensieri. «Una spiegazione.»«Cosa?»«Voglio che mi spieghi, nella maniera più sintetica possibile visto che domattina ho una riunione

impor tante, che cazzo è successo.» Girò attorno alla scrivania e si appoggiò sul piano, con la testaallungata in avanti. I muscoli del collo erano ben tesi; Sabrina ricordò quanto gli piacesse farsibaciare sul collo... e quanto a lei piacesse accontentarlo.

«Dovevo andare avanti» rispose lei.«Che cosa ti ho fatto?» Troy sembrava davvero ferito. Per lasciare il suo primo ragazzo Sabrina

si era inventata una scusa: “Ti puzzano i piedi”. In seguito si era sentita in colpa per aver mentito,così aveva giurato a se stessa che d’ora in poi avrebbe usato semplici luoghi comuni: “E colpa mia,non tua. Vorrei che le cose fossero diverse. E difficile da spiegare”.

Il problema era che Sabrina credeva davvero a quelle parole.Tra gli uomini che aveva frequentato, Troy era unico. Aveva iniziato a bere frullati a colazione

solo perché voleva assaggiare tutto quello che piaceva a lei; una volta aveva proposto di passare lanotte a guardare film e mangiare popcorn senza fare sesso (anche se alla fine lo avevano fattocomunque).

Aveva cominciato a leggere la posta del cuore sul giornale, quando lei gli aveva detto che era trale sue pagine preferite.

«Voglio solo sapere come la pensi» le aveva spiegato lui. «Non ti sembra giusto che vogliasaperne di più sui tuoi interessi?»

Sabrina aveva cercato di reagire al senso di terrore che sentiva, di superare la familiaresensazione di essere inseguita e messa all’angolo.

Ricordava E momento esatto in cui aveva capito che doveva lasciare Troy: era sabatopomeriggio, erano seduti sul divano di casa sua, facendo finta di non sentire Aimee che applaudivanella sua stanza davanti a uni settimana di quiz arretrati. Manteneva i segreti di Aimee quanto suasorella manteneva i suoi.

Insomma, erano stravaccati sul divano, Sabrina aveva allungato le gambe sul grembo di Troy,esausta dopo un giro pomeridiano in bicicletta.

«Prendiamocela comoda» aveva suggerito lui. E consigliere. E terapeuta. Potevano esser soli e

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stare insieme, secondo Troy. Un’orchestra e due solisti. «Mettiamo a nudo la nostra anima» avevadetto.

Sabrina aveva riso, dando per scontato che stesse scherzando.«Credevo che la psicanalisi fosse solo per i veri newyorkesi, mentre tu sei solo un ragazzo

coreano dell’Oregon.»Guardandola intensamente, Troy le aveva preso le mani, e le aveva parlato con una dolcezza che

nessuno fino a quel momento, e neanche dopo, le aveva mai dimostrato: «Fatti conoscere».La cosa più preoccupante, pensò Sabrina, era avergli fatto credere che tutto ciò che desiderava

era essere capita. Che qualcuno la comprendesse e l’amasse peri quello che era.No, non voleva essere costretta a quel tipo di intimità. E se lui non fosse stato capace di stare al

suo fianco? L se non fosse riuscito ad amarla per ciò che era? Nel cuore sentiva un ritornellomartellante: la fiducia fa male. La fiducia fa male.

C’era un’unica soluzione: Troy doveva uscire dalla sua vita. Come tutti gli altri, del resto.Mollare Troy, però, era stato molto più difficile.

Se sua madre non lo avesse trascinato nel programma, sarebbe stato come con tutti i suoi ex: sisarebbe limitata a un’e-mail di auguri per Natale (in ritardo) con un aggiornamento in tre paragrafi ditutte le ultime novità. Ma Gus, come sempre, si era messa in mezzo. E adesso Troy era lì che

camminava su e giù nella biblioteca in una fresca domenica sera di maggio.«Dimmi soltanto cosa ci trovi in lui» gridò Troy. A Sabrina piaceva quel modo di fare: accurato,

metodico, interessato. Era decisamente fuori di sé, ma non era per nulla patetico.«Non lo so» rispose. Era difficile mentirgli: aveva sempre la sensazione che lui riuscisse a

leggerle dentro. «E un bravo ragazzo.»«Anche io.»«Il tuo è soltanto desiderio di possesso!» Sabrina si accorse solo in quel momento di quanto la

sua voce suo nasse stridula.Troy la squadrò da capo a piedi.«No,» replicò dolcemente «io desidero solo amarti.» Fece il giro della scrivania, posò le mani

sui braccioli della sedia, e si chinò verso di lei.«Ti amo, Sabrina Simpson.»«Perché?» Lei cominciò a singhiozzare, travolta dal senso di colpa e dai rimorsi. «Perché?» Troy

era troppo vicino; l’odore era quello che ricordava, una miscela inebriante di shampoo al pompelmoe colonia speziata. Inspirò profondamente. Le piaceva quel profumo.

«Ehi» sussurrò Troy. «Ehi.»Il suo volto era così vicino... Quasi senza accorgersene, Sabrina si allungò verso di lui.«Non c’è bisogno di piangere» mormorò lui, con le labbra che quasi sfioravano le sue.

«Possiamo sistemare tutto.»Sabrina sentiva un grosso peso sul petto, come se Troy le stesse rubando il respiro. Si avvicinò

ancora di più come per riprenderselo, e così la bocca di lui catturò la sua. Troy appoggiò le manialla spalliera della poltrona, circondandola.

Lei aprì ancora di più la bocca mentre lui la stuzzicava con la lingua. Ricordò il suo sapore.Ancora.

Gli gettò le braccia al collo e si alzò in piedi; lui la attirò a sé, poi la spinse verso la scrivania,stringendola e baciandola. Le piaceva sentire il contatto con il suo corpo, forte e saldo. Si sentì alsicuro, piena di vita, bella. Ma, soprattutto, si sentì molto bene.

Si sedette sulla scrivania e tirò la camicia di Troy, per avvicinarlo ancora di più, e cominciò a

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spogliarlo.«Lo sapevo» mormorò lui. «Lo sapevo.»Sabrina sentiva il suo calore, e la piacevole sensazione di esserne avvolta. Le piaceva E

movimento della sua mano che saliva lungo la gamba, sulla pancia. Lo desiderava, come una volta.Troy si bloccò. «Aspetta.»Con la testa che le girava, come se stesse guardando la scena al rallentatore, Sabrina vide Troy

prenderle la mano sinistra, sfilarle l’anello e lanciarlo dalla parte opposta della stanza, dove colpìuna delle poltrone di cuoio rimbalzando infine a terra. Poi lui ricominciò a baciarla, con urgenza; lesue mani erano dappertutto, la gonna era arrotolata fin quasi sui fianchi.

«Spogliati» disse Troy.Sabrina iniziò a togliersi i vestiti, finché lo sguardo non le cadde sulla mano, nel punto esatto in

cui fino a un istante prima si trovava l’anello di Billy. Immaginò di fare sesso con Troy, pensò aquanto le sarebbe piaciuto. Lo desiderava quasi da star male.

Poi esitò.«Dimmi che cosa vuoi» la incalzò lui, premendosi la mano di Sabrina sulla guancia.«Non lo so» sussurrò lei, e ritrasse la mano. «Sono fidanzata con Billy.»Lo sguardo di Troy divenne gelido, una vena si gonfiò sulla mascella tesa.«Per una volta voglio fare la cosa giusta» disse Sabrina, scoppiando di nuovo a piangere. Adesso

sentiva freddo; si guardò: era in uno stato terribile, con la gonna tirata su e il golfino indossato solo ametà.

Il reggiseno pendeva mollemente dalle spalle.«Non ti sembra un po’ tardi?» chiese Troy, infilandosi in fretta la camicia nei pantaloni.Si avviò a grandi passi verso la porta, poi si voltò e tornò da lei. Istintivamente Sabrina si

ritrasse, anche se nessuno l’aveva mai presa a schiaffi. Troy la guardò con un misto di confusione epena, poi, scuotendo la testa, la fece voltare e l’aiutò a riallacciarsi il reggiseno. Con cura, le rimisea posto il golfino mentre lei continuava a singhiozzare; la fece scendere dalla scrivania e controllòche anche la gonna fosse a posto. Prese dei fazzolettini di carta da una scatola su uno scaffale vicino,e glieli porse.

Senza dire un’altra parola la baciò sulla testa e uscì.Gus non aveva fatto che pensare a Sabrina dall’ultima puntata del programma. Pensava a lei

vagando scalza per casa nel cuore della notte, a controllare che porte e finestre fossero chiuse; sichiedeva se fosse a casa del fidanzato o dove. Le parlava a voce alta mentre setacciava la farina, unadomanda per ogni movimento del polso, anche se Sabrina non c’era e gli unici interlocutori erano isonnacchiosi quadrupedi Sale e Pepe.

«Non so proprio cosa fare con Sabrina» confessò a Hannah in cucina, in una tranquilla mattina disole.

«Non l’ho più sentita dalla sera del polpo. Aimee si mette sempre in mezzo.»«In che modo?»«Mi chiama e poi si lascia sfuggire che Sabrina lavora fino a tardi su un grosso progetto, cose del

genere. Faceva la stessa cosa quando io ero in giro a promuovere un libro e Sabrina combinavaqualche guaio.»

Le due amiche stavano gustando degli enormi muffin alla mora e limone, con una spolverata dizucchero semolato e un velo di burro soffice che Gus comprava appositamente alla centrale del

latte di New York.Hannah era già al secondo giro, nonostante fosse arrivata da pochi minuti: Gus aveva già previsto

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che la sua golosità avrebbe preso il sopravvento. Le sembrava più magra del solito, e la guardavacon una certa preoccupazione mentre tamburellava nervosamente le dita sul bracciolo della sedia.

«Devi lasciarle un po’ di spazio» osservò Hannah con la bocca piena. «Qualsiasi cosa tu decidadi fare, almeno evita le visite a sorpresa.»

«In una famiglia non dovrebbero esserci segreti. Altrimenti tutto va a rotoli e si finisce percommettere degli errori.»

Hannah cominciò a tossire; le era andato di traverso un pezzetto di dolce.«Una famiglia» disse cercando di deglutire «non è altro che un gruppo di persone che si tengono

le cose nascoste a vicenda. A chi altro importa così tanto di quello che fai?»La famiglia di Hannah era lontana, in ogni senso. Non li vedeva da tanto tempo, anche se a volte

riceveva un’e-maE da una cugina. Spesso si divertiva a fantasticare su tutte le vite che avrebbepotuto vivere se non avesse dovuto nascondersi in quella casetta bianca.

«Sapere troppo non mi ha mai aiutato» concluse. “Verissimo” pensò Gus. In effetti, aveva speratoche coinvolgere le persone a lei care nel programma avrebbe avuto un effetto positivo su di loro:Hannah sarebbe uscita dal suo guscio, Sabrina e Troy avrebbero potuto riavvicinarsi e Aimeesarebbe stata un po’ più spensierata. Ora si rendeva conto di aver preteso un po’ troppo da unasemplice trasmissione televisiva, a maggior ragione adesso che sembrava aver ottenuto l’effettocontrario. Tutte le persone a cui teneva di più erano arrabbiate con lei, e questo la turbava non poco.

Andò a prendere la caffettiera per riempire di nuovo la tazza dell’amica, aggiungendo un po’ dipanna.

«Tu e Porter siete venuti a capo della faccenda?» chiese Hannah versando due belle cucchiaiatedi zucchero nel caffè. Gus notò con piacere che si voltava verso E bancone in cerca di altri dolci.

«Le cose stanno come stanno» rispose con un tono indifferente.Hannah aspettò il seguito, ma visto che non arrivò si diresse verso la teglia carica di soffici

delizie, prese due muffin e iniziò a imburrarli con entusiasmo.«E Oliver?»«Continua con la sua sfilza di scuse quotidiane» disse Gus. «Le ultime erano in versi liberi.»«Quindi è tutto a posto?»«Mi fa abbastanza piacere che si senta in colpa. Ma lui non c’entra. Il problema è Carmen e il suo

piano di conquista della cucina.»«E aUora cosa intendi fare?»«La ucciderò con gentilezza. Mi sono svegliata sta mattina e ho deciso che le sorriderò a morte.

Ho intenzione di accecarla con i miei denti candidi finché non tornerà in Spagna a gambe levate. O,almeno, finché non migrerà nel programma di qualcun altro.»

«A proposito, come vanno gli ascolti?»«Molto bene.» Gus sorrise vedendo Hannah che attaccava i dolci; le piaceva guardarla mangiare.

A dire il vero, le piaceva guardare chiunque mangiare il cibo preparato da lei. «Pare chel’esperimento di Alan abbia avuto successo: i miei battibecchi con Carmen piacciono molto aglispettatori. Certo che il livello di buon gusto del pubblico sta scendendo in picchiata.»

«Rissa in cucina» commentò Hannah.«E c’è di più. Le frecciatine tra Sabrina e Troy stanno conquistando uno zoccolo duro di fan. Sul

sito non si parla d’altro che dell’epopea di “SaTroy”.»«Lui è carino. Sexy ed esotico, alto e bruno. Un bel ragazzo.»«Non sei la sola a pensarla così. Troy mi ha detto che ha un incontro in una scuola del Nebraska,

perché la preside ha visto la trasmissione.»

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«E l’ha chiamato per chiedergli di uscire?»«No, vuole che rifornisca i distributori automatici dell’istituto con arance e banane» rispose Gus

scuotendo la testa. «Troy ha solo trentaquattro anni!»«E la moda del momento: donne più grandi con uomini giovani. Hanno più esperienza in camera

da letto. Lo so perché ho appena scritto un articolo per “More” sull’argomento.»Gus fece finta di nascondere la sua sorpresa. «Proprio tu scrivi di queste cose?»Hannah fece una smorfia. «Per scrivere quella roba non c’è bisogno di provare di persona, Gus.

Trovi qual che sedicente esperto e riporti quello che dice. Nessuno mi ha mai chiesto niente dellamia storia sessuale.»

«No, certo» disse Gus sentendosi un po’ sciocca. Cercò di cambiare discorso. «Ho paura cheSabrina stia organizzando E suo matrimonio senza di me.»

«Forse è per questo che si fidanza così spesso» scherzò Hannah. «Sa quanto ti piace pianificare.»«Billy è un bel ragazzo» concesse Gus. «Ovvio, se ti piace il genere Ken.»Si alzò e mise tazze e piattini nella lavastoviglie, vuota a eccezione di una ciotola che la sera

prima aveva usato per la zuppa. Gus si preoccupava che Hannah non si nutrisse a sufficienza, maultimamente anche lei aveva lo stomaco sottosopra. Troppo stress. Ecco cosa succede se mantienitanti segreti.

«Gli ho telefonato» annunciò Gus, bisognosa di confessare.«A chi?»«A Billy. Una specie di persecuzione telefonica: ho riattaccato appena ho sentito la segreteria.

Per tre volte.»«Oddio, Gus ! Finirai in uno di quei film di serie B del tipo “Mia suocera la serial killer”.»«Non sono riuscita a resistere. Che c’è di male a voler proteggere una figlia da se stessa?»«Niente, entro certi limiti però.»«Ogni volta che componevo il numero mi ripetevo: “Voglio solo parlare con Sabrina”. In realtà

volevo fare un bel discorsetto con lui. Per esempio, perché ha chiesto a una ragazza che è stata giàfidanzata così tante volte di sposarlo?»

«Che tradotto significa: perché l’ha fatto dal momento che io voglio che Sabrina torni insieme aTroy?» la corresse Hannah.

«Non avrei mai detto una cosa del genere. Sarebbe scortese. Non voglio fare del male a Billy... èsolo che non la conosce.»

«Sicura?»«L’unica cosa di cui sono sicura è che, se non ci fosse Aimee a controllare Sabrina, non saprei

come fare.»«Magari E concorso di Porter lo vincerà un uomo stupendo con cui Sabrina scapperà.»«Non è divertente» protestò Gus. «Anche se con un’estrazione a sorte può succedere di tutto.

Avrei pre ferito fare qualche prova prima, ma nessuno mi ha ascoltato.»

Era permesso inviare solo una richiesta al giorno. “Giustissimo” pensò Priya Patel compilando ilmodulo on-line. Chissà quante altre donne in quel momento se ne stavano sedute, proprio come lei, asperare nella possibilità di conoscere Gus Simpson per sottoporle tutti i loro dubbi sulla crostata diprugne o i pasticcini al pistacchio. Forse era un comportamento un po’ stupido per una casalinga diquarantaquattro anni del New Jersey, però Priya trattenne il fiato e cliccò su INVIA.

I bambini avevano già fatto colazione ed erano andati a scuola con i sacchetti del pranzo in mano.I due più piccoli avevano insistito per un panino al burro d’arachidi e marmellata, come i loro

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compagni di classe, e per un succo di frutta in brick (un’abitudine che Raj disapprovava, ma su cuiPriya chiudeva un occhio). La figlia adolescente, invece, mangiava a mensa con le amiche, per lo piùbianche. Priya ricordava ancora lo sguardo sospettoso di sua madre quando, durante il primosemestre all’università, lei non voleva altro che spaghetti: temeva che fosse il sintomo di un profondorifiuto delle proprie radici indiane.

«Mi piace la pasta. Fine» rispondeva Priya. Vero, ma era vero anche che moriva dietro a unragazzo italo-americano del corso di fisica. Era quello il problema con genitori e famigliari: eranopiù indiani degli abitanti del l’India, in allerta costante per paura che la vita in Ame rica depredasse iloro figli della consapevolezza delle proprie origini. Raj aveva sviluppato paure simili.

Non che Priya non amasse cucinare: preparava phul-kas per il pranzo del marito, e pakoras perguardare il football la domenica sera. (Strano, però, che il tifo sfe gatato di Raj per i Giants nonmettesse a rischio la sua identità culturale; a lei e ai bambini non aveva mai dato spiegazioni inmerito.) Priya aveva una particolare predilezione per i dolci tipici indiani; spesso smangiucchiavabundi ladoo pieni di uvetta, pulendosi poi le dita per non ungere la tastiera del computer. Cucinarenon le pesava, anzi le piaceva sentire lo sfrigolio delle verdure e il profumo del curry. Quello chepiù la infastidiva era che nessuno si fermasse mai ad ammirare la sua opera. Tutti si lanciavano suipiatti come lupi affamati, perfino Raj. Chissà com’era bello essere nei panni di Gus, poter guardareuna replica e ammirare le tue creazioni.

L’anno prima, durante la festa del Diwali, Priya aveva proposto di immortalare con lavideocamera i piatti di cholafali, il ghooghra fritto, i dolcetti al khandvi cosparsi di cocco e lepalline di churma na ladoo che aveva preparato con tanta cura. Erano scoppiati tutti a ridere aUarichiesta, quasi fosse uno scherzo; lei aveva fatto finta di niente.

Cucinare è una cosa strana: basta un attimo e non c’è più niente da mostrare. “E squisito” magaricommenta qualcuno con la bocca piena. Alla fine, però, di un piatto resta solo il ricordo. Non si puòcerto conservare una porzione deUa tua miglior crema di lenticchie al curry ed esporla con uncartellino che dice: FATTO DA PRIYA. Prima di avere i bambini, quando progettava componentimeccaniche, era molto diverso.

E poi una ricetta non riesce mai due volte allo stesso modo; per questo non può essere la provadefinitiva deUa tua abilità di cuoca. Perché, se fosse così, chiun que in grado di leggere un libro dicucina potrebbe pre parare un pranzo da guida Michelin. No, cucinare bene richiede creatività,tecnica, stile. E amore.

Priya amava la sua famiglia, amava Raj e Bina, Chitt e Kiran. Davvero. Certo, sapeva cheavrebbe dovuto essere più felice, anzi sentire la felicità come una musica costante in sottofondo(aveva letto un sacco di libri sul l’argomento, e visto i programmi in tv), ma era così difficile. Sisentiva stanca. E grassa. Negli ultimi anni aveva accumulato un bel p o ’ di ciccia attorno alla vita,che non riusciva a eliminare in nessun modo.

«Adoro la tua pancetta» diceva Raj pizzicandole i rotolini. Se c’è un aspetto positivo in unmatrimonio combinato con un uomo nato e cresciuto in India, è che a lui non dispiace che tu sia unpo’ grassottella.

Così Raj non la rimproverava quando la trovava sul divano con una ciotola di turn tum che poiripuliva fino all’ultima briciola. Era davvero carino. Quasi sempre. Era Priya a sentirsi impantanata.

“Ma se conoscessi Gus cambierebbe tutto” pensò. Come avrebbe potuto essere altrimenti?Quando aveva annunciato che nella puntata successiva si sarebbe parlato di brunch, Gus non

aveva considerato il piccolo particolare che la trasmissione sarebbe andata in onda di domenicasera. Porter le aveva comunicato che ai piani alti girava una certa preoccupazione: temevano che il

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programma stesse andando alla deriva.«Dopo una puntata?» chiese Gus poco convinta.«La tv si sta trasformando radicalmente» disse Porter. «Alcune sit com chiudono dopo il primo

episodio se i numeri non sono buoni.»«Ma credevo che i nostri lo fossero.»«Vanno molto meglio, ma non siamo ancora fuori pericolo.»«Be’, sarebbe utile che Alan la smettesse di farci fare i galli da combattimento. Mi meraviglio

che ci sia ancora qualcuno che ci guarda.»«I sondaggi vanno alla grande, in realtà. Abbiamo conquistato la fascia degli universitari maschi,

che seguono Carmen, e quella dei venti-trentenni presi dalla telenovela di “SaTroy”. E poi ci sonosempre i tuoi fan irriducibili.»

«Cioè le vecchiette?»Porter rise. «Anche tu hai un bel seguito di giovanotti, te lo assicuro. Mai sentito parlare di

Mammepiccanti.com?»«Oddio, non voglio neanche saperlo.» Bugia. Era molto curiosa di scoprirlo. Avrebbe dato

un’occhiata al sito.Poco dopo arrivarono anche Carmen e Oliver (questa volta con lo stesso ascensore), e tutti e

quattro si misero a ragionare sulle possibili combinazioni per il menu, dalle frittate ai budini di riso.«Ci sono!» esclamò Oliver. «Perché non fare delle puntate a tema? Per esempio: avete passato

tutto il giorno a letto, che ne so... con la vostra ragazza, e ora volete sorprenderla con una bellacolazione a letto, anche se è notte fonda.»

Carmen ridacchiò. «Mi piace!»«Il sesso non è proprio nel mio stile» precisò Gus. «L’idea non mi dispiace, ma non sono

nemmeno del tutto convinta.»«Pensa al successo dell’accoppiata Sabrina-Troy» intervenne Porter. «Oliver, è un’ottima idea.Preparate dei pancake e chiamateli “focaccine sexy”, o come vi pare.»«Io pensavo più a qualcosa del tipo “assaggini da colazione”» disse Gus.«Benissimo. Ma restate sul sesso. Cioè, sull’amore. Addolcite il tutto e fatene una colazione

romantica.»Stabilirono di evitare gli ingredienti a sorpresa (anche se Gus ancora non si fidava) e

concordarono su un menu a base di pancake con composta di frutta e panna montata, tortilla spagnolae un profumato cocktail mimosa all’arancia sanguinella.

A Gus piaceva l’idea di una puntata di piatti classici, e sentì rinascerle l’entusiasmo. Ormai siera addirittura rassegnata al concorso di Porter, accettando di annundare la vincitrice in diretta. Sichiamava Priya Patel, del New Jersey.

La verità era che a Gus piaceva stare davanti alle telecamere. E quella domenica sera non facevaeccezione.

«Tutti ai vostri posti!» esclamò Gus, come se stesse dirigendo una recita scolastica.Troy si era presentato con una maglietta blu che annunciava: FARMFRESH NELLA TUA

SCUOLA! (davanti e dietro). Carmen indossava una camicetta con lo scollo a V, come al solito unpo’ troppo profondo, mentre Oliver una giacca da chef blu scuro (“Ma quante ne ha?” si domandòGus). Lei, invece, aveva scelto un lungo cardigan, portato sopra una maglietta aderente, e un paio dijeans blu.

Gus non metteva mai abiti sportivi in onda, ma, dopo una visita al sito che le aveva segnalatoPorter, era rima sta piuttosto lusingata dalla supplica di un telespettatore di poter vedere “il culo di

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Gus”. Era passato molto tempo dall’ultima volta in cui qualcuno aveva fatto una richiesta simile.Certo, il cardigan che aveva scelto era piuttosto ampio, ma bastava il pensiero. Si sentiva sexy, equesto la divertiva.

La puntata si stava rivelando una delle migliori, grazie anche aUa vistosa assenza di Sabrina.Come l’ultima volta, Hannah assisteva appollaiata su una cassa con le attrezzature, aEe spalle deicameraman.

Uno strano crepitio attirò l’attenzione di Gus.«Porta altre patatine, Oliver» gridò Carmen, aprendo un sacchetto e cominciando a

sgranocchiare.«Una sola per me» disse aEa telecamera. «Il resto è per il tocco finale a un meraviglioso piatto

tradizionale del mio paese, la tortilla de patatas. Okay, ancora una e poi basta.»Carmen indicò la sua bocca piena e Gus prese la parola.«Bene. Evitate le patatine aromatizzate e scegliete un gusto classico. Sbriciolatele e...» Pum! Uno

scoppia improvviso la fece trasalire. Rivolse al pubblico uno sguardo navigato. «Prima disbriciolarle aprite il sacchetto» riprese indicando Troy, che aveva fatto esplodere una busta dipatatine sul piano di lavoro.

«Oops» disse lui con un sussurro ben udibile. «Scusate.»«Mescolate le uova alle patatine» intervenne Carmen, con un tono meno sgarbato del solito.«Lasciate riposare il composto per qualche minuto,» continuò Gus «poi chiedete al gigante pelato

nella vostra cucina di scaldare dell’olio in una padella.»«Cominceremo a cucinare durante la pubblicità, e quando torneremo vi accorgerete di quanto è

semplice» disse Carmen. «Non perdetevi neanche un minuto del nostro sexy brunch della domenicasera.»

«Perfetto, ragazzi!» esclamò Porter. «E grandioso vedervi lavorare insieme.»La trasmissione filava liscia, solo qualche piccolo intoppo, e fu molto meno caotica delle

precedenti.Nel primo quarto d’ora Aimee aggiunse per sbaglio il sale allo sciroppo di frutta, e ripetè lo

stesso errore poco dopo, rovinando un’altra ricetta.«Non ti preoccupare» la rassicurò Oliver. «L’abbiamo fatto tutti almeno una volta.»«Ma fa schifo!» si lamentò lei, dopo aver intinto il cucchiaio nello sciroppo.«Di solito cerchiamo di non dire queste cose in diretta, tesoro» la rimproverò Gus, continuando a

sorridere al pubblico. «E questo il motivo per cui adoro cucinare per la mia famiglia e non con lamia famiglia.»

Aggirò l’isola come per avvicinarsi ai telespettatori. «Ora inizieremo a preparare i pancake piùsoffici e leggeri che abbiate mai mangiato, e se non avremo la salsa di frutta useremo il buon vecchiosciroppo d’acero.»

«Scegliete il tipo A, color ambra scuro» consigliò Oliver. «È il più ricco e vellutato.»«Ed è ottimo per intingere le mele» aggiunse Troy, indicando la scritta sulla maglietta.Gus porse a Carmen delle uova. «Separami i tuorli. Quando preparo i pancake monto sempre gli

albumi a parte, poi li unisco al composto già mescolato...»«In questo modo si mantengono soffici e leggeri» intervenne Carmen. «Ottima idea, Gus.»«E mentre i pancake si cuociono, possiamo sorseggiare i nostri favolosi cocktail mimosa

all’arancia preparandoci una sorpresa» continuò Gus. «Solo perché stiamo facendo colazione nonsignifica che non possiamo avere il dessert.» Si accorse che Porter gesticolava neHa sua direzione.«E intendo... un dessert sexy.»

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Dietro le telecamere, Porter appoggiò amichevolmente un braccio intorno alle spalle di Hannah.Voleva soltanto condividere la soddisfazione. «Ci siamo, ragazza mia. Finalmente ci siamo.»Hannah, che odiava essere abbracciata e toccata in generale, finse di doversi allacciare una

scarpa e scivolò via in un lampo.«Pronti per il gelato al caffè?» chiese Oliver.«Ho già messo il bollitore sul fuoco» rispose Aimee. Ovviamente Gus possedeva una caffettiera

per l’espresso, ma voleva dimostrare agli spettatori che era possibile preparare un ottimo dessert inpochi minuti anche con il caffè istantaneo.

Il bollitore era la seconda responsabilità di Aimee della serata: avendo già rovinato lo sciroppodi frutta, almeno una cosa voleva farla bene. L’idea di sua madre era di servire una pallina di gelatoalla vaniglia in un bicchiere per E vino, versando sopra il caffè caldo appena dolcificato. Questavolta con lo zucchero, ovvio.

Aimee, Oliver, Carmen e Troy erano raccolti intorno all’isola, intenti a osservare Gus cheserviva il gelato come se non avessero mai visto qualcuno farlo prima.

Mancavano solo quattro minuti alla fine del programma, giusto il tempo per gli ultimi ritocchi el’assaggio finale. Il cameraman allargò un poco l’inquadratura per includere tutto il cast, escludendoperò E resto della cucina. Porter fece un cenno per comunicare che stava andando tutto bene. Poi,però, arricciò appena il naso. Che odore strano...

«Adoro il gelato alla frutta!» esclamò Troy attirando l’attenzione di Porter. Era divertente vedereun ragazzo dall’aspetto così tranquillo diventare tanto disinvolto davanti alle telecamere.

«Oggi però prepariamo quello al caffè» ricordò Gus a tutti. «Quindi prendiamo la nostra miscelaistantanea e un po’ di acqua bollente...»

Si voltò e si rese conto che la spina del bollitore elettrico non era stata inserita.«Aimee, non avevi attaccato il bollitore?» chiese Gus, quasi in preda al panico. E adesso? Come

aveva fatto sua figlia a sbagliare un’altra volta?«Sì, certo» rispose Aimee, chiaramente infastidita. «E allora perché non ha ancora fischiato?»Si voltarono tutti in cerca del bollitore. Carmen fu la prima a vederlo.«Oh mio Dio, l’ha messo sul fuoco!» gridò. Scattarono tutti contemporaneamente. «Sta

bruciando!» Fiamme e scintille salivano dalla plastica bianca: Aimee aveva messo un bollitoreelettrico sul fornello a gas! Appena il gruppo si disperse, il cameraman riuscì finalmente ad avereuna panoramica della cucina. Si chiese se la telecamera fosse leggermente fuori fuoco, prima direndersi conto che la stanza si stava riempiendo di fumo.

«Al fuoco!» urlò Carmen. Afferrò una scatola di bicarbonato dall’armadietto e la gettò sullefiamme, ma non fece altro che renderle ancora più alte e vive. Con un canovaccio in mano, Oliver laallontanò, finendo per far incendiare anche a quello.

«A terra, buttalo a terra!» Troy agguantò Oliver per un polso per fargli lasciare lo strofinaccio,poi cominciò a saltarci sopra.

Erano passati solo quindici secondi da quando Gus aveva chiesto del bollitore, e ora la suacucina era piena di urla, confusione e cameraman che si spintonavano l’un l’altro per un primo piano.

«Siamo ancora in onda» gridò Porter, sperando che qualcuno lo sentisse in quel caos.«Ricordatevi che siamo in diretta.»

E allora, senza pensare ad altro se non a proteggere la sua amica, Hannah si buttò nella mischia eprese da sotto il lavello l’estintore che lei stessa aveva portato dopo aver scritto un articolo sugliincidenti domestici.

Il bollitore cominciava a fondere e le fiamme erano quasi arrivate al soffitto.

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«State indietro!» urlò Hannah, spruzzando la schiuma bianca sul fornello. «Toglietevi di torno.»Per sicurezza spruzzò una seconda volta, con l’obiettivo puntato in pieno volto, poi respirò con

forza, cercando di calmarsi.«Stavamo per morire» esclamò Carmen. «Grazie, Hannah.»Hannah provò un istante di felicità (le piaceva rendersi utile) prima di accorgersi delle

telecamere. «Non ti avevo riconosciuta» disse Troy. «Ero un tuo grande fan.»Gli occhi di Hannah incontrarono quelli di Gus. In un attimo tutto fu chiaro: Hannah Joy Levine,

star del tennis caduta in disgrazia quindici anni prima per una storia di partite combinate, era stataappena ritrovata nella cucina di Gus Simpson.

Cazzo.

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16Nel giro di un secondo il forum sul sito di Cooking Channel fu invaso dai messaggi dei

telespettatori: la donna con la felpa rossa era davvero Hannah Joy Levine, ex campionessa diWimbledon poi bandita per sempre dai campi da tennis?

Fu la prima domanda che Alan fece quando chiamò, circa due minuti dopo la fine della diretta.Non chiese se stavano tutti bene, né confortò Gus per i danni. No, andò dritto alla domandona: comemai nessuno gli aveva comunicato che Hannah Joy Levine faceva parte del cast?

«Infatti non lavora per noi, Alan.»«Sarebbe fantastico averla nel programma.»«Eh, ma non lavora per noi.»«Non capisco» disse Alan, con la voce un po’ tremante. Forse era in macchina. «Non può essersi

nasco sta nella credenza di Gus Simpson per più di dieci anni!»«No, sono vicine di casa.»«Be’, avere Hannah Joy Levine a Cucina con gusto! avrebbe fatto miracoli quando gli ascolti

erano in cantina.»«Stanno tutti bene, grazie. Riferirò» disse Porter per tranquillizzare Gus.«Sì, sì, certo» tagliò corto Alan. «Ti rendi conto? È come scoprire che Elvis è vivo o che fine

hanno fatto i protagonisti di Arnold. Come ritrovare E tesoro di Al Capone! E fantastico!»«No, no, nessuno è rimasto intossicato dal fumo.» Porter simulò una risata, come se stesse

davvero rassicurando E suo capo.Alan lo ignorò. «La cosa importante ora è giocare bene questa carta. Falle firmare qualcosa, poi

comincia a girare dei promo sull’ospite misteriosa. E lei o non è lei? Io intanto controllo gli indicid’ascolto.»

Hannah sembrò scossa quando Porter le riferì l’“invito” di Alan a far parte della trasmissione, eguardò Gus con aria mesta.

«Sta diventando un manicomio!» strillò Carmen prima che Gus potesse aprir bocca, sbattendo lepentole per aumentare l’enfasi. «No, no e no! Non accetto nessun altro in questo maledettoprogramma. Alan mi ha promesso di farmi fare la tv, e invece mi ritrovo mezza conduzione e ungruppo di idioti che non sa dove mettere le mani!»

«Ti sbagli, mia cara» ribattè Gus. «Sono io quella che si è ritrovata un’idiota fra i piedi.Ovviamente ti hanno affiancata a me perché non saresti mai capace di con durre uno show da sola.»Abbassò la voce e parlò lentamente. «Nessuno con un po’ di cervello cucinerebbe un polpo nellaprima puntata di una nuova serie.»

«Non mi interessano le vie di mezzo. Io voglio essere creativa.»«Una cosa è la creatività, un’altra gli esperimenti» la ammonì Gus. «Apri un ristorante e

sperimenta quello che ti pare, ma non nel mio programma. Siamo fortunati che qualcuno abbiacontinuato a guardarci dopo la tua trovata.»

«Be’, ottima scelta guardarci stasera» gridò Carmen. «Era quasi una puntata perfetta, per unavolta tanto non stavi rovinando tutto! Poi è arrivata quella musona di tua figlia e ha dato fuoco allacasa.»

Si precipitò verso Aimee e l’afferrò per il bavero, trascinandola verso Porter per diversi passiprima che lei riuscisse a liberarsi e a rifilarle un calcio negli stinchi facendola cadere.

«La voglio fuori dal programma» urlò Carmen, dal pavimento dove era atterrata sbattendo sulsedere.

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«Subito!»“Però, è forte per essere così piccola” pensò Aimee, cercando di riprendere fiato. Il collo della

camicetta era strappato.«Non se ne parla!» si oppose Gus, pur sapendo che Aimee sarebbe stata felicissima di tirarsi

fuori. «Tu siediti» ordinò alla figlia, quasi spingendola contro una delle poltrone del bovindo. Nonaveva nessuna intenzione di permettere alla reginetta di bellezza di prendersela con la sua bambina.

«Se tocchi di nuovo mia figlia ti friggo nell’olio bollente» disse piano, avvicinando il viso aquello di Carmen. «E stai tranquilla: userò olio d’oliva spagnolo.»

«Stai lontano da me, zorral» Carmen cominciò a piangere e gridare. «Via, via!»Gus iniziò a parlare, senza però rivolgersi a nessuno in particolare. «Avevo un bel programma.

Ho lavorato tanto. Dodici anni senza mai fermarmi. E come vengo ripagata? Con Carmen Vega. Unastupida primadonna che se la prende con tutti ma non sopporta le critiche.»

«Vattene!» sibilò Carmen.«No» ribattè Gus, fingendosi calma, anche se le orecchie paonazze tradivano la sua rabbia. «E

non solo per ché questa è la mia cucina, e credimi, Carmen, ogni spettatore sa che questa è la miacucina, ma perché questa è casa mia. Perciò ora ti butterò fuori di qui a calci sul tuo bel sederino.Naturalmente a meno che non voglia farlo Aimee. Che ne dici, tesoro?»

Una volta tanto senza parole, Aimee rimase in poltrona a guardare sua madre con gli occhisgranati.

«Non c’è bisogno di litigare» intervenne Hannah a bassa voce. «Non ho nessuna voglia dicomparire in tv. Sul serio, è stato solo un incidente.»

«E invece no» replicò Carmen, ancora sul pavimento. «E stata Gus a dire ad Aimee di farlo.»«Credi che abbia cercato intenzionalmente di dare fuoco alla mia cucina?» gridò Gus. «Tu sei

completamente pazza. Squilibrata. Fuori di testa.»«Secondo me dovremmo andare tutti a casa e dormirci su» suggerì Oliver in tono pungente,

tenendo Carmen per le spalle. Era almeno trenta centimetri più alto di lei: non doveva fare una granfatica per tenerla ferma.

«Lasciami» piagnucolò Carmen.«Basta, calmiamoci» disse Oliver. «E stata una serata folle. Domani sarà tutto dimenticato.»E invece il lunedì successivo l’ufficio stampa di Cooking Channel era al lavoro nel tentativo di

sfruttare l’improvvisa apparizione di Hannah a vantaggio del network.Lei e Gus sedevano in poltrona davanti al bovindo, con Sale e Pepe in grembo, e osservavano la

squadra di pulizia mandata da Porter al lavoro sui fornelli e sul soffitto.«Ormai sono là fuori, nel mondo esterno» sospirò Hannah.E una liberazione quando accade la cosa che più temi? Ti senti forse una stupida per l’agitazione

e le nottiInsonni, quasi fossero state solo fatica sprecata? “No,” pensò Hannah “per niente.” Al contrario,

le sembrava di essere stata punita per la sua scarsa prudenza. Aveva passato la notte a leggere leultime notizie su internet e a guardare telegiornali, pronta a veder rivangare il suo passato.

«A volte la sofferenza è solo sofferenza» disse a Gus. «Non ti rende più forte, non migliora Ecarattere.

Fa male e basta.»«Lo so» mormorò Gus.Hannah desiderò abbracciare l’amica, anche se naturalmente non lo fece.Sorseggiarono E caffè mentre gli operai pulivano il soffitto bianco, raschiando via la fuliggine e

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facendolo tornare immacolato. Nessuna traccia del guaio, tutto pulito.Hannah si chiese se suo padre seguiva Cooking Channel, se vedendo la puntata si sarebbe

rimesso in contatto con lei, se le avrebbe scritto una lettera o un’e-mail. Improbabile. E non soloperché non aveva il suo indi rizzo.

Porter spinse quelli dell’ufficio stampa a manipolare l’incidente, facendolo passare per unmomento dedicato alla sicurezza antincendio.

«È una follia» disse Gus a Porter quando la chiamò per avvertirla di non rispondere alletelefonate dei giornalisti. «Abbiamo quasi distrutto la cucina!»

«Se il pubblico la beve, noi gliela offriamo» replicò lui. «Stiamo ricevendo una marea dichiamate: un bollitore in fiamme e il tuo programma ha l’attenzione di tutti, da EntertainmentTonight alla CNN. Per non par lare di YouTube: è il filmato più visto.»

«Wow, dev’essere successo ben poco nel mondo. Sono proprio felice che tutti i miei anni ditelevisione mi abbiano portato a questo. La mia reputazione è rovinata.» «No, Gus, non capisci.Questo farà impennare il tuo indice di gradimento.»

«Ne ho bisogno?»«Oh, sì. Ne abbiamo tutti bisogno. Tu, Carmen e gli altri state diventando famosi per la vostra

stupidità.» Gus rimase senza parole.«Infatti sarete ospiti del Regis and Kelly Show, e parlerete dell’importanza di tenere un estintore

in cucina» spiegò Porter. «Tu e Carmen ci andrete. E, aggiungo, sarete anche felici della reciprocacompagnia. E brillanti. A chiunque vi chiederà se la donna con l’estintore era Hannah Joy Levinerisponderete con un sorriso enigmatico in stile Gioconda.»

In una sola settimana Carmen e Gus parteciparono a programmi del mattino e chat notturne, efurono costrette a scrivere articoli ampiamente emendati sui “dietro le quinte” per il blog di CookingChannel (“Carmen è unica” scrisse Gus, con Hannah alle sue spalle che le dava una mano mangiandorotelle di liquirizia).

Alan le aveva anche informate che sarebbero state neUa giuria di II Regno del gusto, una sfidatra due chef impegnati a cucinare un piatto con un ingrediente insolito, per vincere la corona di Redegli chef.

Non era certo il programma preferito di Gus, ma tenne discretamente per sé quel particolare.«Immagino che l’ingrediente segreto sarà il polpo...» aveva detto a Porter, riuscendo persino a

sembrare divertita.«Posso inoltrare una richiesta speciale al produttore, se vuoi.»«No, grazie. Già sto usando gran parte mia della mia considerevole energia per tenere lontano il

malocchio di Carmen. Ci vorrà un po’ prima che riesca di nuovo a gustare un polpo.»Durante la puntata di II Regno del Gusto le due conduttrici sedettero fianco a fianco, incollate

come lo erano state per tutta la settimana. Restavano in silenzio e con la faccia scura finché una delledue non scorgeva la telecamera spostarsi verso il tavolo della giuria, e allora batteva sul ginocchiodell’altra. A quel punto alza vano la testa sfoderando sorrisi a trentadue denti, e fingevano di essereintente in una brillante conversazione. Per E resto, non si rivolsero mai la parola.

A un certo punto Jeffrey Steingarten, critico gastronomico del «New York Times», si sporse daltavolo della giuria e iniziò a fissare quel “dialogo” silenzioso. Definì Carmen e Gus stravaganti, cosache irritò la prima e mise in imbarazzo la seconda. Gus gli rispose che risparmiava la voce per ladiretta.

Quella sera il vincitore della puntata precedente, che aveva un ristorante a Chicago, sfidava uncelebre chef spagnolo, Karlos Arguinano.

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«Non votare contro di lui solo perché è spagnolo» sibilò Carmen coprendo il microfonoagganciato al vestito, quando arrivò il momento di scrivere i voti.

«Quello che non capisci, Carmen, è che io sarei ben felice di assaggiare le tue creazioni se nondovessi né vederti né parlarti. Solo perché tu non mi piaci, e questo mi sembra evidente, nonsignifica che non mi piaccia la tua cucina.»

Quella commedia divenne estenuante: Gus era seccata più che mai per la costante presenza diCarmen che, dal canto suo, aveva messo bene in chiaro che non le avrebbe reso la vita facile.Sabrina continuava a latitare, mentre Aimee era mortificata dalla serie infinita di e-mail che stavaricevendo da vecchi compagni di liceo che ave vano visto il video su internet. Gus era furiosa epreoccupata: tutte le persone a cui teneva erano arrabbiate con lei. Solo Troy era vagamente feliceper l’aumento del numero di contatti sul sito di FarmFresh, ma era evidente che soffriva ancora perSabrina; Gus se ne era accorta dal suo tono di voce, e dal modo in cui si rifiutava di parlarne.

Gus cominciò a piangere nella doccia, E luogo in cui si sentiva più al sicuro. Restava svegliafino a notte fonda a preparare torte al cioccolato, croccante ai cereali e biscotti, incapace di prenderesonno.

Sale e Pepe si godevano la sua compagnia notturna, poi Hannah arrivava puntualmente ognimattina ad assaggiare le sue produzioni di mezzanotte.

Esausta e nervosa, Gus si ritrovò a desiderare che qualche VIP investisse un paparazzo o che unastella del cinema, una qualsiasi, si facesse vedere con una maglietta larga per innescare il solitoteatrino “incinta sì, incinta no”. Qualsiasi cosa, purché i rotocalchi avessero qualcos’altro di cuiparlare oltre che di lei, di Carmen e del loro meraviglioso programma. Ridicolo. Kelly Ripa, delRegis and Kelly Show, aveva perfino dichiarato che erano un grande esempio di girl power.

«Girlpower?» le aveva fatto eco Gus. «Interessante.»«Gus non è precisamente una ragazza» aveva puntualizzato Carmen, con una dolcezza

stucchevole.Ogni intervista insieme a lei era davvero estenuante.«Ma perché si sono fissati tutti con questa storia del l’incendio?» chiese Gus qualche giorno più

tardi, trascinandosi negli studi di Cooking Channel per girare dei promo. Alan aveva cominciato abombardare di pubblicità tutto il palinsesto giornaliero; aveva perfino com prato spazi pubblicitarisu altri canali.

«Perché è divertente se nessuno si fa male» le fece notare Oliver. «E poi Carmen è carina e tu seiuna bomba.»

«Ah!» esclamò Gus, prima di rivolgersi a Porter. «Ma perché Mastro Lindo qui è esonerato daqualsiasi intervista?»

«Non preoccuparti, lo sfrutteremo a tempo debito» rispose Porter. «Ora i fan vogliono solo te eCarmen. Be’, anche Hannah, ma quella è un’altra storia.»

«Non accetterà mai» disse Gus. Aveva già chiamato Alan per tentare di convincerlo a lasciarperdere.

«Ragazza intelligente» sibilò Carmen a denti stretti, esibendo il suo solito finto sorriso datelecamera.

«Tutti amano la buona televisione» disse Porter ad Alan più tardi nel suo ufficio. «Però tutti sifermano a guardare un incidente lungo la strada. E con Mangiare, bere e... sta succedendo la stessacosa.»

«Cambiare E menu a sorpresa è stata un’ottima tattica» aggiunse Alan, come se non fosse statauna sua idea. «Ha costretto Gus a liberarsi della sua corazza.»

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«È stata stupenda» esclamò Porter. «Brillante e acuta come ai vecchi tempi. Mi è piaciuta.»«Quando funziona, funziona. Faccio il tifo per lei, anche se non lo sa.»«E non avremmo potuto inventarci una scena migliore del bollitore in fiamme.»«L’attenzione dei media ha fatto bene a Cooking Channel.»«Sì, ma non voglio che diventi una trasmissione piena di disastri, intenzionali o meno. Dobbiamo

trovare un ritmo. E poi Carmen e Gus...» Porter lasciò morire la frase.«Sta per scoppiare la terza guerra mondiale, vero?»«Il gruppo deve imparare a lavorare insieme» suggerì Porter. «Altrimenti l’ultima puntata della

stagione finirà a pesci in faccia. Letteralmente.»Anche se il cast completo di Mangiare, bere e... noni si incontrava mai tra una puntata e l’altra,

fu convocai a una riunione speciale per il lunedì sera. Carmen, Oliver, Troy, Sabrina e Aimee eranoraccolti attorno a un lungo! tavolo, mentre Hannah, corteggiata da Alan (in senso! strettamenteprofessionale) era presente in vivavoce seduta accanto a Gus in biblioteca, con cestini di dolciumivari a portata di mano.

«Ottime notizie» annunciò Porter, posizionato vicino al telefono in modo che lo sentissero. «Alanvi ha invitati a passare un fine settimana insieme, tutto compreso, Sarà meraviglioso!»

Nessuno di loro sembrò neanche lontanamente felice all’idea.Come una scolaretta, Aimee alzò in silenzio la mano. Porter la interruppe prima che potesse

aprire bocca.«Chiarisco subito una cosa: la partecipazione è obbligatoria. E se Alan si è convinto a non

portarvi in campeggio, dovete ringraziare me.»

Parte Quinta

LA PATATA BOLLENTE

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17E limpido lago azzurro scintillava quando la monovolume che trasportava Oliver, Carmen,

Sabrina, Aimee e Troy si avviò per il viale in direzione dell’imponente resort immerso in un bosco.Era stato un viaggio lungo fino alla Hudson Valley, in quel caldo, umido fine settimana di maggio,rallentato dal traffico del venerdì; in auto regnava il silenzio, rotto solo dal ronzio dell’ariacondizionata.

Carmen, dopo aver valutato le due opzioni a sua disposizione, sedersi dietro con gli altri omettersi accanto all’autista, scelse la seconda. Aimee, esaudendo una muta preghiera della sorella, siera sistemata vicino a Troy, in fondo. Sabrina era passata attraverso innumerevoli fidanzati, rotture,riconciliazioni e rimorsi del giorno dopo, e Aimee era sempre stata lì per lei; per questo sua sorellanon aveva avuto bisogno di spiegarle che cosa fosse successo la famosa “Notte del Polpo”. E nonaveva nemmeno importanza. Aimee non aveva niente di personale contro Troy. “E compito miotenere mia sorella insieme con gli spilli” pensò.

Oliver, seduto accanto a Sabrina, tentò più volte di fare conversazione («Ehi, non è che ci stannoportando in galera?» fu tra le uscite meno felici, ispirata dalla lettura di una brochure sulle attivitàdisponibili al resort, dagli sport acquatici alla pallavolo, al croquet). Ma lo stato d’animo generalenell’abitacolo era così cupo che sembrava impossibile far parlare chiunque.

Perciò quando il pulmino si fermò davanti all’ingresso dell’albergo, tutti piombarono giù dicorsa; Aimee e Sabrina restavano attaccate come calamite. Porter era già arrivato, e così Gus,accompagnatali direttamente da Westchester.

«Okay, gente» esclamò Porter. «Sistematevi nelle vostre stanze.»La buona notizia (se di buona notizia si poteva par lare), pensò Gus seguendo E facchino con i

bagagli, era che ognuno aveva la sua camera. Aveva temuto di doverla dividere con Carmen. Opeggio, di dover dividere con lei lo stesso letto, finendo poi per litigarsi la coperta e azzuffarsi perdecidere se tenere la finestra aperta o chiusa. Gus aveva evocato proprio questo scenario perconvincere Hannah a venire.

Ma lei, masticando pensierosa orsetti di gomma, era stata irremovible.La cosa più fastidiosa del disfare i bagagli è scoprire quante cose hai dimenticato. Dopo anni di

viaggi, Carmen era ormai esperta neU’arrotolare i vestiti in modo che non si sgualcissero e aimpacchettare i cosmetici in sacchetti di plastica per evitare pericolose fuoriuscite. Eppure, si dissesedendosi sul pavimento per aprire la valigia, ogni volta sbagliava qualcosa, dimenticava lospazzolino, il profumo, la metà di un tailleur. Ce n’era sempre una. Rovistò nel bagaglio lanciandoun’occhiata infastidita alle istruzioni che Porter aveva inviato per e-mail a tutti, qualche giornoprima.

Attenzione a tutto il cast! Non dimenticate di portare: JeansPulloverPantaloni comodi (tuta)MaglietteCostume da bagno!!!!Scarpe da ginnastica!p.s. Per la cena è richiesto l’abito scuro

Quel weekend sarebbe stato fallimentare, Carmen ne era sicura. Prese mutande e reggiseni per

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metterli nel cassetto del comò, non prima di aver steso un asciuga mano sul fondo. Lo faceva daquando aveva lasciato la casa dei suoi, ancora adolescente, per fare la modella. Sua madre le avevadato una grande quantità di asciugamani per rivestire i cassetti: non si poteva mai essere sicuri dellapulizia (o della mancanza di pulizia) dei luoghi che avrebbe frequentato nel vasto mondo. Quell’abitudine era poi sopravvissuta ai concorsi di bellezza, alle passerelle e al breve passaggio sulgrande schermo, il suo debutto a Hollywood.

Aveva sempre cercato di fare quello che avrebbe voluto sua madre. Quasi sempre... La storiad’amore con il cantante della boy-band non aveva certo raccolto l’approvazione dei suoi.

Casa. Erano anni che non passava più di qualche settimana a Siviglia; probabilmente non se losarebbe mai immaginato a sedici anni, quando metteva in valigia i fermacapelli a fiore, gli orecchinienormi e gli stivali PanamaJack, fiduciosa nelle mille avventure che l’attendevano. «Ecco fatto»diceva a sua sorella, sedendosi sulla valigia per chiuderla. Allora si sentiva spavalda, fiera e un po’più che compiaciuta. Lei era speciale, no? Unica.

Aveva più coraggio a sedici anni, pensò. Allora non aveva quasi idea delle seccature che la vitapuò portare.

Vedeva solo il trionfo imminente, ed era entusiasta. Non ne sapeva abbastanza per avere paura.Con un unico rapido movimento tolse la trapunta dal letto e la appallottolò in fondo all’armadio.

Non dormiva mai con le coperte dell’albergo, per quanto lussuoso; a differenza delle lenzuola, eraimprobabile che venissero lavate tutti i giorni. Uno dei tanti trucchi che aveva imparato lungo lastrada.

Un altro era bloccare l’inserviente del negozio di gastronomia prima che imbottisse il panino conventi fette di prosciutto. Una delle strane abitudini degli americani; a lei ne bastava una sola, perchéle piaceva sentire il sapore del pane.

Si acciambellò sulle lenzuola bianche e guardò la valigia mezza disfatta. «Voglio tornare a casa»disse, anche se non c’era nessuno ad ascoltarla. «Mi manca...»Non finì nemmeno la frase.Aveva più nostalgia di casa ora che in tutta la sua vita. Aveva superato lo shock per i prezzi

assurdi dei pomodori americani e per i caffè serviti in tazze gigantesche; si era abituata al buio dellestrade di notte, meno illuminate che in Spagna. Ma non era questo il problema. Ora si rendeva contodi ciò a cui aveva rinunciato per realizzare i suoi sogni, e invidiava segretamente sua sorella Marisolche viveva così vicina ai genitori.

«Tu vida es tan glamurosa, carino» le ripeteva sua madre quando Carmen tornava a casa perNatale o per qualche compleanno. Per la sua famiglia era facile credere che avesse una vitaeccitante, ma a lei non sembrava affatto così. A volte era un po’ surreale, forse, durante le feste piùeleganti, ma per lo più era stata piena di lavoro e di notti passate alla finestra (dopo unappuntamento, la discoteca, una lunga sessione fotografica) a chiedersi cosa facevano gli altri aSiviglia.

Erano le feste a esserle mancate di più negli anni: ogni Noche vieja, il battesimo di sua nipoteMaria e poi la prima comunione, il matrimonio della sua amica d’infanzia, le bodas depiata dei suoizii. Per non parlare degli interminabili pranzi del sabato con la famiglia al completo, a gustarecalamares, gazpacho, pescaito frito, ceviche, solomillo al queso (filetto con crema di formaggioalle erbe) e arroz con leche.

Tutti capivano quanto era impegnata; nessuno la criticava perché non riusciva a tornare spesso.Però al funerale della nonna era riuscita ad andare.Marisol l’aveva presa in giro quando, davanti a una dolce e croccante torta de aceite e dopo vari

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bicchieri di Jerez, Carmen le aveva confessato che secondo lei era Marisol la fortunata.«Tu puoi stare molto di più con la famiglia» le aveva spiegato Carmen. Marisol era scoppiata a

ridere a crepapelle per l’uscita della sua sorellina famosa.«Non rinunceresti alla tua vita per nulla al mondo» aveva risposto. «Qui non c’è lusso.»Nessuno capiva. Il lusso non ti riempie, non ti nutre l’anima. Quella volta era rimasta in silenzio,

perché era più facile che spiegare a sua sorella o a sua madre come stavano davvero le cose. Carmenaveva rinunciato a tutto, alla sua famiglia, agli amici, alla sua terra per una cosiddetta carriera, cheaveva già dovuto reinventare più di una volta dopo aver fallito la scalata a Hollywood.

La sua unica possibilità era quel maledetto programma di cucina, altrimenti sarebbe stato tuttoinutile.

Gli anni lontano da casa, i compleanni mancati, le notti solitarie. In cuor suo era convinta che nonne sarebbe mai valsa la pena, anche se scherzava con la famiglia sul l’incidente del bollitore, erispondeva alle e-mail dei vecchi amici. Tutti si comportavano come se la sua vita fosse favolosa, ecome se, anche loro, beneficiassero in qual che modo del suo successo. Ma lei sapeva di averrinunciato a troppe cose, di aver fatto troppi sacrifici; c’erano momenti (sempre più frequenti) in cuirimpiangeva di aver fatto quella valigia a sedici anni. Non poteva tornare a casa e basta: il ritornodoveva avvenire a certe condizioni, o sarebbe sembrato un fallimento. Ai suoi occhi, e a quelli dichiunque altro. E poi, la sua famiglia aveva imparato a funzionare bene in sua assenza.

Davvero un pessimo affare che le era costato più di quanto avesse immaginato.Chiamò la reception e chiese la stanza di Oliver. «Vieni a bere qualcosa. Ho bisogno di una

spalla.»La cena fu piuttosto piacevole. Porter aveva per messo a Gus e alle sue figlie di avere un tavolo

tutto per loro, mentre lui cenava insieme a Oliver, Carmen e Troy.«Voglio solo andare a letto» mugugnò Sabrina, quando alla fine uscirono dalla sala da pranzo in

direzione degli ascensori.«Ehi, truppa!» esclamò un uomo basso, rosso di capelli, in piedi nella hall.Per una frazione di secondo Gus pensò che fosse un ammiratore, poi vide la cartellina che teneva

sottobraccio e la determinazione con cui Porter si avvicinò a lui.«Chi è quello? Il capo scout?» sussurrò Oliver nel l’orecchio di Gus.«Temo di sì. Questo potrebbe essere il peggior fine settimana della nostra vita.»Nonostante il tizio portasse una camicia hawaiana a maniche corte, aveva E viso paonazzo, e

sbuffava come se avesse appena finito di fare ginnastica. Per qualche motivo che Gus non capì,cominciò a battere le mani mentre E gruppo si raccoglieva a semicerchio attorno a lui.

«Bello il vostro programma» disse l’uomo annuendo convinto. «Benvenuti.»La “truppa” lo guardò.«Benvenuti a cosa, esattamente?» chiese Aimee. “Ecco una ragazza su cui si può sempre contare”pensò Gus.«A due giornate molto speciali dedicate al team building, alla costruzione del gruppo.» L’uomo

sorrise mostrando un po’ troppe gengive.«Team building?» ripetè Troy diffidente.«Venite, sediamoci» disse l’uomo, indicando alcune poltrone. «Voglio darvi un’idea di quello

che accadrà domani, poi vi mando a letto.»«Ma lei, di preciso, chi è?» Gus era cortese ma decisa.«Giusto, giusto, prima le presentazioni.» L’uomo alzò le braccia come per zittire un pubblico da

stadio.

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«Io sono Gary Rose, ma potete chiamarmi Gare.»«Gare?» fece eco Aimee, per niente colpita. «Perché abbreviare un nome che ha solo due

sillabe?»«Lei chi è?» ripetè Gus.«Il vincitore del concorso?» domandò Troy.«No, si chiama Priya Patel del New Jersey» intervenne Oliver. «L’abbiamo annunciato nella

puntata scorsa. A meno che questo qui non sia Priya.»«No, sono solo Gare, il facilitatore che vi trasformerà in un team» rispose, sottolineando con

particolare enfasi la parola “facilitatore”.«Che fortuna» mormorò Sabrina, scambiandosi un’occhiata con sua sorella. Andavano molto più

d’accordo se avevano un nemico comune.«Allora, questo è il programma del weekend» riprese Gary. «E, accidenti, abbiamo preparato un

sacco di cose divertenti per voi!»«Abbiamo?» chiese Carmen. «Ce n’è un altro come lei in giro?»Gary rise di cuore, con la fronte rosa imperlata di sudore. «Buona questa» ridacchiò. Guardò la

cartellina. «Tu sei Carmen, vero? Okay, truppa, domattina alle sette si parte con lo sport di gruppo.»«Io ho un impegno a quell’ora» saltò su Sabrina.«Buona anche questa» disse Gary. «Ma non è facoltativo.» Cominciò a distribuire dei fogli. «Non

odiatemi ma stasera vi do dei compiti.»Troy guardò scoraggiato il fascicoletto. «Ma che c...?»«Ottima domanda, Oliver» lo interruppe Gary, a voce un po’ troppo alta.«Io sono Troy, il coreano con un sacco di capelli. Oliver è lui, quello molto bianco e molto

calvo.»«Oh, giusto, giusto. Scusatemi. All’inizio dovrete un po’ aiutarmi con i nomi.»«Non hai mai visto la trasmissione?» chiese Carmen.«Uno dei motivi per cui Alan ha scelto Gary è che non è un vostro fan» spiegò Porter. «Un occhio

imparziale, per così dire.»«Parte del compito consiste nel rispondere a un questionario su voi stessi» spiegò Gary,

passando in giro una scatola di matite. «E poi a un altro sui vostri compagni. E non risparmiate idettagli gustosi. Forza, squadra!»

«Ma noi non siamo una squadra» fece notare Aimee. «Lo so» disse Gary. «Per questo sono qui.»Carmen si era infilata un négligé rosa e si era messa a letto, senza prendersi la briga di

rispondere ai questionari di quell’idiota di Gary. Non era nemmeno sicura di avere ancora la matita.Doveva restituirgliela? Pensò di chiamare il suo addetto stampa per lamentarsi di quella situazioneridicola, poi si rese conto che sarebbe stato inutile. Oltretutto erano le undici di sera di un venerdìfestivo. Anche Carmen Vega non poteva arrivare dappertutto, giusto?

Aveva chiamato Oliver diverse volte, sia in camera sia al cellulare, ma non aveva mai risposto.Lui e Troy erano andati in sala giochi dopo che Gary li aveva congedati; immaginava che fosseroancora lì a giocare a Pac-Man o quel che era. Nel suo salotto a Tribeca, Oliver aveva una consoleper videogiochi, un regalo che si era con cesso dopo il diploma alla scuola di cucina.

Carmen si infilò un paio di pantaloni di cotone, un cardigan e le scarpe da ginnastica e uscì dallastanza.

Venti minuti dopo era fuori dall’albergo: la sala giochi era già chiusa e non c’era traccia né diTroy né di Oliver (che ancora non rispondeva al telefono).

«Un po’ d’aria fresca, signora?» chiese il ragazzo della reception. Carmen lo salutò con un

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cenno, abbottonandosi il cardigan e preparandosi a un calo di temperatura, ma l’aria era ancoratiepida dopo E caldo della giornata.

Rimase fuori per un po’ prima di avventurarsi verso il giardino. Era sola, e più che compiaciutaper il coraggio di andarsene in giro in un posto sconosciuto. Dopo qualche minuto arrivò ai campi datennis, una distesa di cemento verde. Là, seduta su una panchina, con la fronte appoggiata alleginocchia, c’era una persona in tuta grigia; aveva un’aria vagamente familiare. Ai suoi piedi giacevauna racchetta da tennis.

«Allora sei uscita dalla tana?» chiese Carmen a quel l’involto di felpa.«Non proprio» rispose Hannah alzando la testa. «Per il momento sono arrivata fino qui.»«Non ti sei registrata?»«No.»Carmen sedette accanto a lei. «Come hai fatto a venire fino a qui?»«In macchina. Con la Miata rossa del 1990 che ho comprato dopo aver vinto gli US Open. Ho

pure la patente scaduta.»«Tranquilla, non lo dirò a Gus. Sono sicura che non approverebbe.»«Mi ha chiamata lei, stasera, per dirmi che ero fortunata a non esserci. Pare ci sia un ometto che

ha intenzione di coinvolgere tutti in qualche gioco.»«E non hai saputo resistere?» chiese Carmen inarcando le sopracciglia. «Questo fine settimana

sarà un’enorme perdita di tempo.»«Ho pensato che forse Gus aveva bisogno del mio aiuto. In realtà non lo so... non sono brava a

fare previsioni.»«Ma tu non sei una specie di eremita?» domandò Carmen stringendosi i lacci delle scarpe. «Non

ho seguito le ultime notizie. Di solito mi interessano solo quelle che parlano di me.»«Grazie a Dio.»«Essere famosi non è questo granché, eh?»«Già» mormorò Hannah.«Allora, cosa fai quando non spegni incendi a casa di Gus?»«Scrivo. Articoli sulla salute, per lo più, a volte anche su rapporti di coppia e bambini. Niente

sport.»«Geniale! Una donna che vive nel terrore di essere scovata dai giornalisti diventa una

giornalista?»«Non ci avevo mai pensato.» Hannah soppesò la racchetta. «Nessuno mi ha mai difeso in

pubblico, sai? Ma in privato, qualcuno mi ha aiutato. È così che ho avuto il primo incarico: unreporter mi doveva un favore.»

«Un articolo sul tennis?»«No, sulle vacanze last minute. Chiamavo le agenzie e mi informavo sulle offerte. Ho lavorato

quasi gratis, dieci centesimi a parola.»«Però era un lavoro.» Carmen ripensò alla sua vita in quella dépendance in California, quando

non sapeva dove sbattere la testa.«Infatti. Ho imparato a scrivere scrivendo. Ed è stata un’ottima cosa, perché non sono mai andata

all’università.»«Io invece mi sono diplomata alla scuola di cucina, ma dopo i concorsi di bellezza e cose del

genere. Non come Gus, con la sua laurea e tutto il resto.»«Forse lavorando si cresce prima» osservò Hannah con una scrollata di spalle.«Vorrei aver portato la racchetta. Un po’ so giocare.»

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«Ah sì?» Hannah fissò il campo. «Io non gioco da anni.»«Hai ancora la racchetta, però.»«Ne ho diciassette nell’armadio della stanza degli ospiti. Non sono riuscita a buttarle. Ho persino

paura di toccarle.»«Giochiamo! Dai, coraggio!» la incalzò Carmen costringendola ad alzarsi.«Ma non hai la racchetta. E nemmeno una palla.»«Facciamo finta, immaginiamo.» Carmen si posizionò al di là della rete, finse di lanciare in aria

una pallina con la destra, e la colpì di sinistro.Hannah la guardò senza muoversi.«Punto mio!» esultò Carmen. «Se non provi nemmeno a rispondere, vincerò di sicuro.»Carmen servì di nuovo.«Ace!» gridò. «Accidenti, sono brava.»In pochi passi rapidi, Hannah si mise in posizione.«L’arbitro c’è?»«Certo. Non lo vedi seduto lassù? Però mi danno fastidio quei tizi sugli spalti, fanno troppo

casino. Devono essere tuoi fan.»«Non credo proprio.» Hannah si sincronizzò mentalmente con il servizio di Carmen. Ogni

muscolo del suo corpo sembrava risvegliarsi da un lungo sonno senza sogni, ogni passo ravvivava unricordo.

«I fan sono tutti qua» urlò Carmen allungandosi per colpire. «Mancata. A te il servizio.»«È una follia...» Hannah inarcò la schiena per lanciare in aria la pallina invisibile. Servì, per la

prima volta dopo quindici anni. «Aaaah!» gridò avvertendo una fitta di dolore per lo sforzo.«Presa. Angolo destro.»Hannah corse, sentendo il peso della racchetta e ribattendo istintivamente di rovescio. «Vai!»

urlò alla pallina.Carmen corse sotto rete. «Smash» disse, praticamente ballando sul terreno verde.«Sinistra, ti è rimbalzata sopra la testa» esclamò Hannah, mentre Carmen si dirigeva a fondo

campo.«Dentro. Punto tuo.»Hannah rimase immobile, con le lacrime che le scorre vano sul viso. Un grido emerse dal

profondo: «Fanculo!».Carmen intanto si affrettava verso di lei. «Fanculo tutti!»Rimasero a lungo sedute sulla panchina del campo.«So cosa significa essere forti» disse Hannah. «Non sono sempre stata una lagna.»«Certo che no. Due volte campionessa a Wimbledon, una agli Open d’Australia e una agli US

Open.Non è male.»«Ma non sono mai arrivata al Grande Slam.»«Faccio anch’io così, mi butto giù. “Questa salsa non sa di niente, Carmen” mi dico. “La

croqueta non è croccante.” Solo critiche, critiche, critiche.»«Sono convinta che parlare chiaro sia la cosa migliore: secondo me la storia del polpo è stata un

colpo basso.»«Era uno scherzo.»«Non si fanno scherzi in un programma in diretta. A nessuno piace finire in una specie di candid

camera. Chi sostiene E contrario mente.»

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«In cucina tutto è permesso.»«Ah sì?» Hannah non era convinta. «Si fa presto a esagerare, credimi.»Carmen incrociò le braccia. «Il polpo è buonissimo, sabes? Ricci, anguille, esistono un sacco di

pesci e crostacei che qui non si usano. Mia madre fa una zuppa di pesce da far venire l’acquolinasolo a sentirne l’odore.»

«Buona...» esitò Hannah, prima di ammettere la verità. «Ma io odio provare cose nuove. Noncredo che la mangerei mai.»

«Solo perché un sapore è diverso da quelli a cui sei abituata non significa che sia cattivo. Io, peresempio, non avrei mai scelto la sangria per quella puntata.»

«Sai com’è, tutti sentono paella e sangria e pensano alla Spagna. Secondo me Gus è stata moltocarina a preparare qualcosa di spagnolo.»

«Ma è solo un luogo comune! La sangria è per le feste degli adolescenti. E in vita mia non ho maivisto una sangria bianca.»

«Tu cosa avresti preparato?»«Niente. Avrei semplicemente servito un buon vino, magari un Albarino.»«Devi creare qualcosa davanti alle telecamere» replicò Hannah. «Non puoi versare e basta.»«Be’, allora avrei preparato una merienda molto popolare, come chocolate con churros. È come

mangiare cioccolato fuso con il cucchiaio.»«Questo mi piace!»«Lo sapevo!» esclamò Carmen, fingendo di darle un pugno sul braccio. «Uno di questi giorni te

lo faccio e vedrai.»«Credevo che non mi volessi nel programma.»«Infatti. Se fossi una presenza fissa ti avrei giù chiuso in una cella frigorifera.» Carmen sorrise

per farle capire che scherzava. «Okay, prometto che non ti ucciderò. Solo perché non voglio cheun’altra persona mi rubi l’attenzione guadagnata con tanta fatica, non significa che tu non mi siasimpatica.»

«Invece tu non sei così carina» disse Hannah. «Sei troppo competitiva.»« “Carino” va bene per i cocktail e le feste di nozze.» Carmen piegò il braccio per mostrare i

muscoli.«Nella vita bisogna essere toste e sveglie. Secondo me le americane sono strane.»«Perché?»«Gestiscono la casa con il pugno di ferro, ma sul lavoro si fanno calpestare da chiunque. Non è

così che funziona.»«Forse vogliono solo essere gentili.»«Permettere agli altri di calpestarti non c’entra con la gentilezza. Avere te nel programma

distrarrà ancora di più il pubblico dal mio marchio.»«Il tuo marchio?»«Quello per cui sono qui. La cucina di Carmen Vega.»«Nel senso che vorresti vedere i tuoi antipasti surge lati al supermercato?»«No, cerco investitori per un ristorante. Voglio partecipare a lron Chef, essere la cuoca migliore

del mondo.»«Ma è su un canale concorrente!»«Tu saresti rimasta con un allenatore che non ti faceva vincere?»«Mio padre era il mio allenatore. Non ho avuto molta scelta.»«E guarda dove ti ha portato. Tranquilla, non ho intenzione di spifferare nulla ai giornali.

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L’ultima cosa di cui ho bisogno è che mi rubi l’attenzione.»«Mio padre era prima di tutto un giocatore d’azzardo» disse amaramente Hannah. «Gli piaceva il

brivido.»«E tua madre cosa ne pensava?» Carmen fece cenno a Hannah di seguirla. «Sto congelando,

entriamo.»«E morta quando ero ancora molto piccola. Mio padre si è risposato con una specie di vipera,

tipo la matrigna delle fiabe.»«E il tennis era la tua via di fuga.»«Non proprio.» Ora stavano attraversando in fretta il giardino. «Dovevo allenarmi tutti i giorni.

Mio padre voleva una campionessa.»«Non tutti possono esserlo, però. Lo so bene.»« E incredibile quanto sia faticoso» continuò Hannah. «Però io avevo davvero talento. Anche mio

padre era stato un bravo tennista da ragazzo, ma gli mancava la disciplina.»«E tu eri la sua possibilità di rivincita.»«Più che altro ero il suo buono pasto. Le voci sul l’evasione fiscale sono iniziate dopo la mia

seconda vittoria a Wimbledon. Avevo diciotto anni.»«Siete stati indagati entrambi?»«Era lui a gestire tutto il mio patrimonio» rispose Hannah battendosi piano la racchetta sul palmo

della mano. «Io giocavo e basta. Mi allenavo e giocavo. Ci sono voluti circa due anni per montare leaccuse.»

«Quindi era vero?»«Sì, aveva preso quasi tutti i miei soldi e li aveva nascosti.»«Per investirli?»«Per giocarseli. E quando è arrivato il momento di pagare il conto, ha iniziato a scommettere su

di me.»«Dev’essere stata una pressione tremenda per te» disse Carmen, che faticava un po’ a stare dietro

ai lunghi passi di Hannah.Hannah la guardò incuriosita. «Davvero non hai letto i giornali? Sono sorpresa.»«Ho da fare, sai» rispose Carmen. «E, come ti dicevo, leggo solo le recensioni che mi

riguardano.»Fece un gran sorriso.«Giusto» disse Hannah, mentre entravano nella hall. Il concierge lanciò loro un’occhiata per poi

tornare al suo computer. Hannah abbassò la voce.«Mio padre scommetteva contro di me, Carmen. Contro sua figlia.»«È terribile! Quindi pensava che avresti perso?»«Mi disse di perdere.» Hannah si guardò intorno per controllare che non ci fosse nessuno, poi

continuò. «Non era una richiesta. Capisci?»«E perché hai acconsentito?»«Ero solo una ragazzina, e lui era mio padre. Che importava se scendevo al settimo posto delle

teste di serie? I problemi veri sono iniziati quando mi sono rifiutata di rifarlo.»«Perché? Cosa è successo?»«Mio padre scommise contro la mia più grande rivale, Heidi Mueller, la giocatrice tedesca che

allora era la numero uno.»Carmen aprì la porta della sua camera ed entrò in fretta, facendo cenno a Hannah di seguirla, poi

saltò sul letto pronta ad ascoltare il seguito.

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«Erano le semifinali di Wimbledon, il mio torneo preferito» riprese Hannah. «Ero decisa avincere e attaccare la scalata al primo posto. Perciò mio padre decise che doveva mettere un po’ dipaura a Heidi.»

«La minacciò?»«Peggio. Pagò un tizio per ottenere un accredito stampa e lo passò a uno squilibrato che

perseguitava Heidi.»Carmen, ai piedi del letto, rimase a bocca aperta. Anche lei aveva avuto qualche fan un po’

troppo caloroso quando era Miss Spagna.«Quell’uomo riuscì a entrare nello spogliatoio e scoppiò l’inferno. Heidi si spaventò a morte: lo

riconobbe perché aveva già cercato di introdursi in casa sua qualche anno prima. Lei scappò fuorimentre lui la inseguiva urlando che l’amava. Alla fine Heidi cadde e si ruppe un braccio.»

«Oh merda!» esclamò Carmen. «Almeno non le è successo di peggio.»«Si aprì un’indagine interna, tutti gli indizi conduce vano a mio padre» proseguì piano Hannah.

«Lui indisse una conferenza stampa per smentire tutte le accuse.»«E allora sei crollata.»«Ho saputo dell’accredito stampa solo in seguito. Ma un giornalista continuava a chiedermi

perché da un po’ giocavo così male. Alla fine ho confessato.»«Il mio polpo ti fa un baffo» commentò Carmen. «Ora sì che non ti voglio nel programma.

Potresti uccidermi.»«Non scherzare. Sono stata bandita per sempre dai campi da tennis. La mia vita è finita a ventun

anni.»«E tuo padre è andato in prigione?»«Per un nanosecondo. Si accordò per un patteggia mento. Non era l’unico a scommettere, così se

l’è cavata con una pena lieve. Adesso lui e la vipera hanno un altro figlio. Un piccolo campione digolf.»

«Mi prendi in giro?»«No. Ho un fratello che nemmeno conosco. Fare la cosa sbagliata ti ferisce solo se hai dei

sentimenti.»Si alzò e si stirò, poi si riaccomodò sulla poltrona. «Sono stanca morta.»«Sì, dormiamo un po’» concordò Carmen lanciandole un cuscino. «Non è stata colpa tua,

Hannah.»«Tutti commettiamo degli errori. Come andare a letto con Alan per arrivare al programma di

Gus.»«Come andare a letto con Alan» ripetè piano Carmen.Hannah, che stava scivolando nel sonno, non capì se era un’affermazione o una domanda.

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18Gus svegliò Sabrina con una telefonata, poi Sabrina chiamò Aimee. «Mamma non sa cosa

mettersi»annun ciò, prima di riagganciare e riaddormentarsi all’istante.Cinque minuti dopo Aimee, con un paio di pantaloni blu della tuta e una maglietta bianca, stava

bussando alla stanza della sorella. «Alzati, ti aspetto da mamma. Se non vieni subito, butto giù laporta.»

Aimee non era certo un tipo mattiniero, ma non voleva arrivare per ultima alla lezioncina dieducazione fisica di Gary.

Trovò Gus davanti al portatile, che controllava pigra mente la posta e l’andamento dei suoiinvestimenti.«Che strano,» disse Gus «non riesco ad accedere a uno dei miei conti correnti, e nell’altro mi

sembra che le cifre non tornino.»«Forse sa che non sei a casa» commentò Aimee, che non stava davvero ascoltando, presa

com’era a scegliere per la madre una mise migliore della tuta larga e sformata che indossava.«Perché hai chiamato Sabrina?» chiese. «Tanto sapevi che avrebbe detto a me di scendere.»«Cosa?» Gus era intenta a leggere qualche cifra sullo schermo. «Oh, pensavo solo che di vestiti

ne capisce più di te.» Poi guardò la figlia. «Però sono contenta che sia venuta tu.»«Prova questi» suggerì Aimee lanciandole un paio di pantaloni capri elasticizzati e una camicetta.Riluttante, Gus si cambiò in fretta, con lo sguardo fisso sul computer; nel frattempo cercò di

contattare il suo consulente finanziario sulla linea privata.Sabrina, fasciata in una tuta di ciniglia, comparve prima che Gus potesse lasciare un messaggio

nella segreteria telefonica, poi Aimee le spinse tutte e due verso l’ascensore, dove si imbatterono inPorter.

Sembrava irritato.«Qualcuno ha visto Carmen?» chiese affrettandosi verso la hall.Ad aspettarli c’erano già Troy, in pantaloncini e maglietta con il marchio di FarmFresh (che altro

se no?), e Oliver, vestito allo stesso modo.«Vi hanno separato alla nascita?» disse Gus. Oliver aveva un paio di ciabatte ai piedi, davvero

ben curati notò lei. Odiava gli uomini con le unghie trascurate.«Voglio tornare a letto» borbottò Sabrina ancora assonnata. Troy fece istintivamente per toccarla,

ma lasciò ricadere la mano.«Sediamoci» disse Aimee, guidando la sorella verso alcune sedie.Aspettarono in silenzio; erano tutti stanchi tranne Gus, che adorava le prime ore del mattino.

Guardò con affetto il gruppo di addormentati finché, finalmente, Carmen non comparve al braccio diPorter: indossava solo un bikini rosso e un pareo.

«Wow!» esclamò Troy, ammirando il corpo di Carmen ma ancora più compiaciutodell’occhiataccia che Sabrina gli stava lanciando.

Accanto a Carmen, a disagio, c’era Flannah, in tuta grigia. Sorrise timidamente a Gus, che le andòsubito incontro.

«Sei una pazza a essere venuta. Ma sono felice che tu l’abbia fatto.»Mezz’ora dopo si erano già tutti pentiti di aver accettato di partecipare. Gary aveva organizzato

una specie di prova: dovevano accovacciarsi sul prato in cerchio e fingere di essere semi checrescevano lentamente fino alla completa fioritura, per poi terminare con un salto.

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«Allungatevi, fiori!» urlava Gary saltando insieme a loro. «Forza, Porter, anche tu.»«Porter, ti voglio più convinto» mormorò Gus, e poi, rivolta alla figlia: «Aimee, più fiore e meno

rovo». Gus scosse la testa per farle capire che stava scherzando. “Visto?” pensò. “Sono capace didivertirmi come tutti gli altri.”

Carmen invece si stava divertendo davvero. A ogni saltello praticamente schizzava fuori dalreggiseno del costume.

«Difficile non guardare» bisbigliò Troy a Oliver, che annuì.«E come stare all’asilo» commentò Sabrina. Essendo la più giovane del gruppo si sentivaparticolarmente offesa. «Sembriamo bambini piccoli.»«Brava, è proprio così!» esclamò Gary. «E ricordate quanto allora era importante condividere?»

Saltò un’al tra volta, anche se il resto del gruppo era ormai pronto alla rivolta.«Io credo che siamo tutti cresciuti al massimo del nostro potenziale» disse Gus tagliente.Ma Gary era solo all’inizio; li costrinse a giocare a rubabandiera, a un due tre stella e a una

variante di guardie e ladri, nella quale l’unico modo per essere liberati era che un giocatorestrisciasse fra le gambe del pri gioniero. «Oh cavoli!» mormorò Gus, con l’autoironia in cadutalibera. «Mi costringono a rivivere l’infanzia di Sabrina e Aimee.» E così correva come una pazza pernon farsi catturare.

«Non ci stiamo divertendo un mondo, truppa?» chiese Gary mentre tutti si dimenavano da unaparte all’altra del prato. Con la coda dell’occhio Gus vide che il facilitatore prendeva appunti.

Sabrina pareva inseguire Troy con particolare insistenza. “Sviluppo interessante” pensò Gus.Aimee catturò Carmen, poi cercò di bloccare Oliver che tentava di liberarla.«Fermo lì!» gli intimò mentre lui le sfuggiva. Scoppiò una piccola rissa, e finirono per buttare a

terra Carmen, che non ne fu affatto contenta, quindi caddero tutti insieme.Gus corse a vedere se Aimee si fosse fatta male.«Accidenti» disse, mentre Hannah ne approfittava per catturarla. «Sei matta?»Ma Hannah era troppo felice di correre all’aria aperta: niente a che vedere con le sue corse

quotidiane sul tapis roulant. Tutti gli altri brontolavano, ma per Hannah fu un momento di autenticagioia. Aveva dimenticato quanto le piaceva la sensazione del corpo in movimento, gambe e bracciache si flettevano, l’aria fresca nei polmoni.

Gus cercò di svignarsela.«Sei stata catturata!» gridò Carmen, ancora a terra. «Torna qui.»«Non ti preoccupare, mamma» disse Aimee, strisciando sull’erba fra le gambe della madre.

«Insieme ne usciremo. Sei libera, corri!»Gus ne aveva abbastanza. Si avvicinò a Gary e annunciò che era stata al gioco fino al limite

ragionevole e che la cosa finiva lì. Se ne andava. Gus Simpson non perdeva tempo con questestupidaggini.

«Mm» mugugnò Gary, prendendo freneticamente appunti.Hannah era dalla parte opposta del prato; stava ancora correndo nonostante non ci fosse più

nessuno intorno. Ci volle più di un minuto per attirare la sua attenzione.«Okay, gente, è ora di mettersi in circolo» disse Gary, accostando la mano all’orecchio per

sentire meglio il grugnito di protesta del suo pubblico. «Sono sicuro che sarà un fine settimanafavoloso.

Aspettate solo il momento dell’abbraccio di gruppo!»Gli altri arrancarono verso di lui, nel tentativo di rimandare l’inevitabile.«Io sto congelando» protestò Carmen. «L’erba è umida.»

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«Hai solo un bikini...» commentò Gus.«Ma noi siamo flessibili» concesse Gary. «Spostiamoci dentro, vi va? Ah, e se qualcuno pensa di

svignar sela saremo costretti a prendere dei provvedimenti. Giusto, Porter?»«Eh? Sì» rispose Porter poco convinto. «Più tardi Alan sarà qui: vorrà sapere come stiamo

andando.»«Stiamo andando malissimo» intervenne Aimee. Non stava reagendo solo perché sua madre

avevaespresso molto chiaramente la sua volontà di avere entrambe le figlie nel programma. «Avrei

dovuto documentarmi di più, ma ho il sospetto che un campo estivo forzato violi i diritti deilavoratori.»

Gary ridacchiò. «Sei davvero uno spasso, Aimee» disse, per poi concedere a tutti una brevepausa per tor nare nelle proprie stanze a recuperare i compiti.

«Compiti?» fece eco Hannah, con un senso di panico crescente. Non riusciva a fare per benenemmeno una cosa così semplice come un ritiro aziendale. Era difficile uscire di casa. Complicato.

«Niente paura» disse Gary. «Ho già molte informazioni su ognuno di voi.»Gus aveva quasi varcato la soglia della hall quando sentì E commento. In un attimo girò sui tacchi

e tornò indietro.«E chi ti avrebbe dato queste informazioni? Alan? Porter?»Gary scosse la testa. «è confidenziale, Gus. E adesso vai, o non avrai il tempo per un caffè prima

di riunirci di nuovo.»«Non mi piace il caffè.»Gary diede una sbirciata alla cartellina che sembrava una sua appendice naturale. «Sì che ti

piace» ribattè, con un tono un po’ troppo sdolcinato. «Se vuoi te ne porto una tazza.»Alle nove di mattina E cast di Mangiare, bere e... aveva già giocato a guardie e ladri, si era

allungato come una piantina al sole e si era seduto su sedie durissime disposte più o meno a cerchio,in attesa del ritorno di Gary dalla macchinetta del caffè. L’umore generale era pessimo.

«Non ho mai dovuto fare niente del genere da quando lavoro a Cooking Channel» stava dicendoGus.

«Secondo me dovremmo protestare.»«È una stupidaggine e una perdita di tempo» con venne Carmen. «Dovremmo parlare di menu.»«Perché non facciamo una richiesta formale a Porter, e gli diciamo che preferiremmo stare tra di

noi invece che con questo Gary?» propose Oliver. «Potrebbe essere ben disposto. Tutti d’accordo?»Si levò un mormorio di approvazione.«Avrei molte altre cose da fare stamattina» rifletté Gus, che durante la pausa aveva di nuovo

cercato di contattare la sua banca. Cominciava a sentire una certa ansia.«Tutti noi abbiamo cose più importanti da fare, Gus» sbottò Carmen. «Non solo tu.»«Ehi truppa, cosa sono quelle facce?» chiese Gary tornando con un caffè in mano. «Tutto a

posto?»Gus, autoproclamatasi portavoce del gruppo, si alzò in piedi.«Gary, abbiamo deciso di mollare. Apprezziamo il tuo entusiasmo, ma ci sentiamo in dovere di

comunicarti che non ci piace.»«E siete tutti d’accordo?»«Sì, all’unanimità.»Gary sorrise, raggiante, e batté le mani. «Oh, ma è fantastico !» Aveva il viso rosso quanto i

capelli, e si dondolava sui tacchi. «Credo di non essere mai riuscito a unire un gruppo così in fretta.»

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«Non siamo “uniti”,» chiarì Gus «siamo solo d’accordo sul fatto di non voler più lavorare con te.Senza offesa, Gary, sono convinta che tu sia un validissimo facilitatore per altri gruppi.»«Sono il migliore, Gus» disse Gary, sempre sorridendo. «Altrimenti non vi avrei fatto arrivare a

un accordo in così poco tempo. Eccellente.»«Gary, mi stai fraintendendo...»«Devo dire che vi trovo tutti quanto mai affascinanti.» Gary smise di sorridere. «Ma non ci sono

disertori nei programmi di Gary Rose. Siamo qui per vincere.» Tirò fuori dalla tasca un fazzoletto esi asciugò la fronte, poi si sedette.

«Siediti, Gus» ordinò con E tono di uno che non scherza. «E ora di fare sul serio.»Gus si guardò intorno in cerca di alleati, ma tutti fissavano Gary in attesa della sua prossima

mossa.Lui finse di passare in rassegna il suo pubblico. «Carmen, com’è stato rimanere prigioniera così

a lungo durante il gioco?»«Fastidioso» rispose lei.«Ti ha dato fastidio che Aimee volesse tenerti ferma?»«Non mi ha sorpreso. Lei mi odia. Tutti mi odiano.»«Macché» sbuffò Aimee. «Ti conosco appena.»«Molto interessante» commentò Gary. «Aimee pensa di non conoscere Carmen, eppure Carmen

sente di non piacerle.» Poi fu interrotto da due inservienti in uni forme che gli sussurrarono qualcosaall’orecchio.

«Perfetto,» disse «stavo proprio aspettando la lavagna.»Gli inservienti portarono due cavalletti enormi, su cui piazzarono una lavagna bianca altrettanto

grande.Gary estrasse una scatola di pennarelli dal suo sacchetto di tela.«Faremo due elenchi» spiegò dividendo a metà la lavagna con un pennarello verde. «Da una

parte scriviamo le cose che ci piacevano dell’essere bambini, e dall’altra quello che preferiamodell’età adulta.»

A Gus pareva che ogni secondo passasse con una lentezza esasperante. Il facilitatore parlava eparlava; quasi senza prestare ascolto, Gus osservava gli altri alzare la mano e rispondere; di tanto intanto qualcuno rideva. Non scherzava quando aveva detto a Gary che non amava i giochi: una seratapassata con Scarabeo non era proprio il suo ideale di divertimento. Se ben ricordava, quando lebambine erano piccole, aveva giocato con loro a vestire le bambole e ad arredare la casa di Barbie,ma quella era un’altra vita, più spensierata. Prima che il suo nome finisse su una batteria di pentole.

«Gus?» Gary la stava chiamando davanti a tutti. «Qui c’è qualcuno che sogna a occhi aperti,gente.»

Gus cercò di sembrare concentrata e professionale. Odiava essere colta impreparata.«Stavamo dicendo che ripetere i giochi dell’infanzia serve in parte a rientrare in contatto con la

libertà e l’allegria di un tempo» spiegò Gary, apparentemente per la seconda volta. «Prima chel’ambizione e lo stress cancellassero a poco a poco E nostro spirito di gruppo e la nostra lealtà.»

«Non tutti i bambini amano fare parte di una squadra» ribattè Gus. Da piccole Sabrina e Aimeenon face vano che litigare.

Gary annuì. «Forse è perché vorrebbero giocare in un ruolo diverso. Ed è quello che stiamocercando di fare qui: scoprire come trovare il nostro ruolo in cucina. Cominciamo condividendo ilnostro ricordo d’infanzia più bello.»

Gus serrò le labbra.

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«Preparare il gazpacho con la mia abuela» disse Carmen, guardando intensamente Gus con ariadi sfida.

«E il tuo, Gus?»«Non lo so. È passato molto tempo.»«Non cercare di rifilarmi la storia del “sono troppovecchia”, Gus» la rimproverò Gary. «Non sei ancora da casa di riposo.»«Mi piaceva l'Andy Griffith Show» rispose Gus alla fine. «Lo guardavo insieme a mia cugina che

mi faceva da baby sitter.»«Qual era E tuo episodio preferito?»«Quando zia Bea finisce a condurre un programma di cucina in tv, e Opie e Andy tentano di

cucinare da soli.» Aggrottò la fronte. «Ma poi zia Bea rinuncia a quel lavoro perché in realtàpreferisce stare a casa.»

Aimee sbuffò.«Hai sempre voluto condurre una trasmissione di cucina?» chiese Troy.«No, da giovane volevo fare la fotografa e viaggiare per il mondo. Il mio idolo era Margaret

Bourke-White. Però mi è sempre piaciuto cucinare, e mi sono sempre piaciuti i sapori esotici.»«Grazie per il tuo contributo» la interruppe Gary, con grande scorno di Gus. «Troy, qual è il tuo

ricordo più caro? E basta con gli aneddoti televisivi. Non vogliamo scoprire che ciò che ciaccomuna è la passione per La famiglia Brady.»

«Mi piaceva la stagione del raccolto delle mele nella fattoria dei miei» rispose Troy. «Be’, unmomento... Mi piaceva mangiarle, non raccoglierle.»

Gary consultò i suoi appunti. «E ora hai un’azienda che vende frutta» osservò battendo sullacartellina con il pennarello. «Vediamo tutti il collegamento?»

«Io avevo un kit ristorante da costruire con la plastilina» intervenne garrulo Oliver. Gus era quasisicura che stesse prendendo in giro Gary.

«Ecco!»«Il mio videogioco preferito era Pong» squittì Hannah arrossendo. Mai stata brava a mentire lei.«Tombola!» esclamò Gary.«Ti aspetti che dica che mi piaceva contare i soldi del Monopoli o vendere limonata?»Aimee era apertamente ostile e Gus si sentì in imbarazzo. Nemmeno a lei piaceva Gary, ma, santo

cielo, un po’ di discrezione. Di solito la sua figlia maggiore non le dava preoccupazioni in quelsenso.

«Io sono un’economista» continuò Aimee a Gary. «E mia sorella, la casinista che non mettevamai a posto i vestiti (e ancora non lo fa) è diventata un’arredatrice con il pallino per il designminimalista. Mi sa che abbiamo appena buttato all’aria la tua teoria, eh Gare?»

«Sei d’accordo, Sabrina?»«Non lo so.»Sabrina aveva a malapena aperto bocca. Non che Gus la biasimasse per questo: per tutta la

mattina le era sem brato di trovarsi in una puntata di Ai confini della realtà, con Gary comeprotagonista.

«Credo che da bambina mi piacesse stare con mio padre. Giocava spesso con noi.»«Che giochi facevate?» chiese Gary.«Carte, giochi da tavolo. Teneva una ciotola di caramelle sulla scrivania.»Aimee era furiosa. «Quello era il nonno, idiota. Papà te lo ricordi a malapena.»Si rivolse al resto del gruppo. «Aveva sette anni quando è morto. Praticamente non l’ha

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conosciuto, le è passato tutto sopra la testa.»«Non è vero!» Sabrina udì la propria voce: quanto suonavano infantili le sue parole. Si sentiva

sminuita, come sempre quando sua sorella la affrontava; le venne da piangere per la rabbia. Odiava ilmodo in cui per deva il controllo quando si sentiva frustrata. Era umiliante.

«Oh no, ecco che apre i rubinetti» sbraitò Aimee. «Questa sceneggiata l’ho vista migliaia divolte. Sei sempre stata iperemotiva e in tutta sincerità mi hai rotto. Consumi tutto l’ossigeno dellastanza. C’è altra gente che deve respirare, sai?»

«Mi manca papà» piagnucolò Sabrina, ormai tradita dalle guance umide. «É un delitto?»«È morto quasi vent’anni fa! Mi vedi piangere? No!» Aimee si batté sulle guance. «Asciutto.

Niente lacrime. Perché quello che è stato è stato, e si va avanti.»«Se tu fossi dawero così brava ad andare avanti, non saresti sempre così arrabbiata» puntualizzò

Sabrina.«Tu invece svolazzi avanti e indietro come vuoi, non è vero? La piccola dolce Sabrina, sempre

felice, sempre bisognosa di coccole.»«A me non sembra tanto felice» osservò Carmen.Oddio. Il leggero senso di imbarazzo che aveva accompagnato Gus per tutta la mattina si stava

rapidamente trasformando in orrore puro. Gli affari privati dovevano restare tali: privati.«Basta così, ragazze» intervenne. «Questo non ha niente a che fare con la trasmissione, e sono

certa che non interessa a nessuno.» I volti concentrati dei suoi col leghi esprimevano l’esattocontrario, ma erano tutti troppo educati per protestare.

«Problemi in famiglia, Gus?» chiese Gary pensieroso. Gus fissò la sua penna, sfidandolo aprendere appunti anche su quello.

«No, stiamo bene. Forse un po’ stanche e indolenzite, ma stiamo bene.»«Io no» ribattè Sabrina fissando la sorella.«Il dolore non è una tua esclusiva» mormorò Aimee. «Non è successo solo a te.»«Aimee, smettila di tormentare tua sorella» la rimproverò Gus, con un tono più tagliente di

quanto avrebbe voluto.«Smettila tu di difenderla. Se proprio vuoi saperlo, secondo me siamo state troppo protettive nei

suoi con fronti.»«Nessuno te l’ha chiesto» rispose Gus. Come sempre, non sopportava di vedere piangere la più

sensibile delle sue figlie, e scattò il solito riflesso di provare a pacificare le cose. «Sabrina, tesoro,perché non fai cambio di posto con tua sorella e vieni a sederti vicino a me?»

Desiderava più che mai riportare le cose alla normalità: perché Gary non li faceva giocare anascondino o a qualsiasi altra cosa?

«No» disse Aimee. Il resto del gruppo, perfino Carmen che godeva nel tormentare Gus, si agitavasulle sedie. Aimee sapeva che non era da lei comportarsi così, ma era davvero stanca di rendere lecose facili a Sabrina. Tutti siamo capaci di essere felici e contenti se c’è sempre qualcuno che allafine raccoglie i cocci. E non si vince nemmeno un premio per averlo fatto.

«Aimee!» sibilò Gus. Sentì un rumore di carta strappata: Hannah stava aprendo una busta dicaramelle. Dal suono pareva che la droga del giorno fossero le caramelle mou.Quel siparietto stava rendendo tutti nervosi.«Mi sposto io» si offrì Troy, seduto accanto a Gus. Era già quasi in piedi.«Fermo!» urlò Gus, con un tono che non lasciava spazio a repliche. «Voglio che siano Aimee e

Sabrina a scambiarsi il posto.» Sentì un rumoroso respiro collettivo, poi il suono furtivo dei dolci diHannah.

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Troy rimase immobile per un istante, poi sedette, poi si alzò di nuovo. Gus ignoròintenzionalmente Gary, cosciente del fatto che non si stava perdendo una sola delle sue mosse.

«Non glielo cedo il mio posto» s’impuntò Aimee «Mi rifiuto.»«Che cosa pensi di ottenere comportandoti così?» chiese Gus ad Aimee a bassa voce, senza

neanche vol tarsi verso di lei.«Mi piace questa sedia. Non mi guardi nemmeno in faccia, mamma.»Sembrava offesa; non era da lei. «Sei una donna adulta.»«Anche Sabrina.»«Aimee, piantala, cambia posto. Non mi sembra una tragedia.»«No!» gridò Aimee alzandosi. «No! Ma perché fai sempre così? Cosa ti è successo?»«Potete scusarmi?» intervenne Troy in imbarazzo. «Ehm... devo andare... in bagno.»«E io ho bisogno di un po’ d’aria» disse Oliver.«Anche io» bofonchiò Hannah, con la bocca piena di mou.«Idem.»“Be’, deve essere proprio grave se perfino Carmen non resta a godersi lo spettacolo” pensò Gus

mortificata.«Okay, gente, c’è parecchia carne al fuoco qui» disse Gary, mimando il gesto del time-out.

«Facciamo una pausa. Ci vediamo alle due nella sala conferenze. Pranzate, fate una passeggiata, duechiacchiere. Anche più di due.»

Oliver si avvicinò a Gus con aria preoccupata. «Vieni con me a fare due passi?»Lei scosse la testa. «No, non posso. A quanto pare è ora di una riunione di famiglia. Vado di

sopra con le ragazze.»In ascensore, Gus e le sue figlie non si rivolsero la parola; salirono in un silenzio di tomba.

Aimee e Sabrina seguirono la madre nella sua camera; se prima era sembrata tanto spaziosa, orapareva scomoda e soffocante. Il cellulare di Gus, che aveva lasciato nella stanza durante i giochi delmattino, cinguettò per annunciare un messaggio in arrivo. Lo ignorò.

«Sedetevi» disse. «Possiamo ordinare qualcosa al servizio in camera.»Ma Aimee camminava su e giù davanti al bagno.«Aimee, per favore, siediti» la implorò Gus.«Mamma, smettila di dirmi cosa devo fare! Se voglio sedermi, mi siedo.»«Cosa significa?» chiese Gus sinceramente confusa. «Vi ho sempre lasciato fare tutto ciò chevolevate.»«Lasciato. È proprio questo il problema.» Aimee si passò le dita fra i capelli castani e sbuffò

frustrata.«Non siamo bambine. Almeno, non io.»«Ma perché sei così incazzata? Sono io quella soffocata dalla mamma.» Sabrina era seduta sul

letto, con braccia e gambe incrociate. «Sei sempre la solita stronza musona, Aimee. Sei la negazionedell’allegria.»

«No, sei tu che corri sempre dalla mamma per avere tutta la sua attenzione. Succhi via l’ariadalla stanza. Io non ne posso più. E tu?» Si voltò verso la madre; Gus continuava a lanciare occhiateal cellulare che trillava ancora. Strano: quasi tutte le persone che avevano il suo numero privatoerano in quella stanza.

«Io non capisco. Perché questa storia viene fuori proprio ora?» chiese Gus. «È per colpa delprogramma?»«Io non ho mai voluto andare in televisione» rispose Aimee. «Sei stata tu a costringermi. Tu,

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sempre tu.»«Non è facile avere una madre famosa» convenne Sabrina.«Sciocchezze. Non è mai stato un problema per voi.»«Per te» ribattè Sabrina. «Non immagini nemmeno quanta gente vuole conoscermi solo per

arrivare a Gus Simpson.»«Ma tu sei una ragazzina deliziosa.»«Non sono una ragazzina, mamma» piagnucolò Sabrina. «Ho venticinque anni.»«Certo, tesoro.»«Non usare quel tono condiscendente, per favore» insistette Sabrina. «Davvero, non sono più una

bambina.»«Non ti comporti nemmeno da adulta, però» replicò trionfante Aimee.«Perché, tu sì?» Sabrina afferrò un cuscino e se lo strinse in grembo. «Diversamente da te, io non

credo che essere adulti significhi trasformarsi nel buco nero della felicità.»«Tu non sei felice. Fai solo finta.»«Be’, allora siamo tutti una massa di bugiardi» disse Sabrina indicando la madre.«Di che diavolo state parlando?» Gus era tesa, e aveva la mascella contratta. «Non mi piace

questo battibecco infantile. Ma che cosa volete, santo cielo?»«Io voglio te» mormorò Aimee. «Chiamami ogni tanto, e non chiedermi sempre di Sabrina.»«Io lo faccio, tesoro» ribattè Gus. «Sei tu che non vuoi mai parlare.»«Non è vero. C’è sempre qualcos’altro di più importante.»«Aimee, tu sei sempre stata così autonoma. Indipendente. Per questo ho sempre contato su di te.»«Aaaah!» Aimee gridò e cominciò a piangere. A Gus girava la testa per la confusione e l’ansia.

«Lo sai cosa voglio? Voglio papà. Voglio che tutto torni come prima, quando eravamo felici.»«Le cose allora andavano meglio» sussurrò Sabrina. «Tu eri diversa.»«Eravamo tutte diverse» disse Gus. «Non credete che anch’io rivoglia vostro padre?» Percepì il

tremito delle labbra, poi le paure e i ricordi che riaffioravano. “Reprimi,” si disse “reprimi.” Losapeva fin troppo bene: una volta lasciato scorrere, il dolore poteva non fermarsi più. Non potevarischiare. Corse a confortare Aimee, soprattutto per distrarsi dalle proprie emozioni. Così avevasempre fatto: prendersi cura degli altri.

«Erano tutti gentili con noi solo perché papà era morto.» Sabrina guardò preoccupata sua sorella,come se temesse di essere rimproverata per aver svelato i loro segreti. “Non dirlo mai a mamma,” leaveva sempre ripetuto Aimee “non c’è bisogno che sia ancora più triste. Tu devi essere sempreallegra, e io farò la brava.” Questo diceva a Sabrina di notte, quando le parole fluttuavano oltre ilnastro adesivo sul pavimento. “Andrà tutto bene,” sussurrava “se tu ti fai vedere contenta e io facciola brava.”

Gus accompagnò Aimee sul letto e la fece sedere accanto a Sabrina. Certo, vedeva che eranofisicamente cresciute, ma quello era solo un involucro. Distingueva molto più chiaramente le

bimbette paffute che erano una volta. Le stesse che avevano aspettato sulle scale la notte dopol’incidente, molto dopo che la baby sitter le aveva messe a letto, con Sabrina che sonnecchiavaabbracciata alla sorella e Aimee che faceva la dura. Era tutto nascosto da qualche parte, là dentro.

«Poi gli altri hanno iniziato a trattarci in modo diverso perché tu lavori in tv» continuò Sabrina.«È strano avere una madre famosa. Vorrei che fossimo ancora una famiglia normale.»

«Noi siamo normali» disse Gus. «E uniche.»«Non abbiamo avuto un solo giorno di normalità da quando papà è morto» aggiunse Aimeesinghiozzando un po’. «Non parliamo quasi mai di lui, te ne rendi conto?»

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«Ti sbagli, Aimee! Abbiamo seguito tutte la terapia di sostegno.»«Non è la stessa cosa. Abbiamo parlato con un estraneo pagato per ascoltarci.»«Non potevamo farti sapere che stavamo male» sussurrò Sabrina. «Dovevamo essere sempre su

di morale.»Gus si sentiva fisicamente a pezzi. Era un’esperta di ginocchia sbucciate, domande di ammissione

all’univer sità e fidanzati fedifraghi, e si sentiva piuttosto orgogliosa del modo in cui aveva sostenutola famiglia dopo la morte di Christopher. Ma vedere piangere le sue bellissime figlie era davverotroppo.

«Non è vero» replicò Gus. «Tutto il mio mondo gira attorno a voi due.»«No,» disse cupamente Sabrina «siamo noi a essere bloccate nella tua orbita. Ti avevo detto che

non volevo rivedere Troy, ma non mi hai ascoltato.»«Invece sì» ribattè Gus. «Proprio per questo gli ho chiesto di partecipare. Tu lo ami, lo so.»«Tu parli tanto, mamma» continuò Sabrina. «Bla bla bla. Dici a tutti cosa fare, come se avessi

una ricetta segreta per la felicità. Be’, io non posso essere sempre felice. E non mi è facileconfidarmi con te se qualcosa non va.»

«Allora, cosa volete da me?» gridò Gus. Dentro si sentiva morire. Di tutte le cose che l’avevanoferita negli anni, le critiche delle sue figlie erano quelle che facevano più male. Aveva passato tuttala vita a cercare di non deluderle. “Che strano,” pensò “sono famosa per le attenzioni e le cure chededico agli altri, eppure non riesco a confortare le mie stesse figlie.” Si sentiva nuda. Delusa.

L’istinto le diceva di chiudere la discussione, cambiare argomento, e fare qualcosa con le maniper tenersi occupata. Se fossero state a casa avrebbe esclamato: “Facciamo una torta!”. Chi non amala ciambella alla banana? Così avrebbero superato la cosa. Si sarebbero fatte scivolare via iproblemi.

Così si faceva a casa Simpson, così facevano tutte loro. Ora capiva.«Credevo che andasse tutto bene» disse alla fine allungando le mani per stringere quelle delle

figlie.«D’accordo, ragazze» continuò prendendo un pro fondo respiro, quasi senza accorgersi di

piangere.«Rico minciamo, e verremo a capo anche di questo. Non so come, ma ci riusciremo.»Rimasero sedute sul letto, tenendosi per mano e tirando su col naso: le parole spingevano per

uscire, ma non sapevano da che parte iniziare. Sulla scrivania il cellulare di Gus attaccò a suonare;contemporaneamente qualcuno bussò alla porta. Una voce chiamava Gus.

Alan.

Nell’ultima ora non aveva fatto che provare e riprovare il discorso. Avrebbe detto che c’eranobuone notizie, e poi avrebbe colpito duro con quelle cattive. O magari era meglio tirarle fuori subito.Alan aveva licenziato e assunto, ma non aveva mai dovuto fare niente del genere. Per la miseria, a luinon era mai successa una cosa simile prima.

«Salve, ragazze» esclamò entrando nella stanza appena Aimee aprì la porta. «Scusate, ma devoparlare un minuto con vostra madre.» Era evidente che avevano pianto: che l’avessero già saputo daqualcun altro?

«Dobbiamo risolvere alcune questioni di famiglia al momento, anche se è sempre un piacerevederti.»

Gus era gentile ma fredda. Da quando avevano pranzato insieme, quasi due mesi prima, i lorocontatti erano stati solo sporadici. E l’“incidente” del polpo non aveva fatto che peggiorare i loro

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rapporti.«Devo parlarti subito.»«Alan, se è per il gioco di stamattina, ti assicuro che nessuno ce l’aveva con Carmen. Qualsiasi

cosa possa averti raccontato.»«Ah, bene. Non l’ho ancora vista ma senza dubbio me ne parlerà. Non sono qui per questo, però.»

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19Gus guardò Aimee, poi Sabrina e infine Alan, che la fissavano in attesa; ebbe una forte

sensazione di déjà vu. «Una famiglia non dovrebbe avere segreti» dichiarò infine. «Puoi parlaredavanti alle ragazze.»

«Come preferisci.»Fu allora che le venne in mente: Alan era lì per licenziarla. Carmen si prendeva tutto il

programma per cucinare i suoi piatti complicatissimi. Carmen andava a letto con Alan e ora lui laincoronava reginetta dei fornelli di Cooking Channel. Be’, che importava? Gus era più che sistemata,grazie. Aveva messo da parte i suoi soldi con cura. E adesso avrebbe raccolto le ragazze, Hannah, eavrebbe detto un sonoro addio a Gary Rose e alle sue stupide pseudoterapie.

«So cosa stai per fare,» continuò Gus «perciò non preoccuparti.»«Davvero?» Alan era visibilmente sollevato. «Hai ricevuto la telefonata?»«Allora era per questo che E mio telefono continuava a suonare?» Gus prese E cellulare e sul

display lesse: 18 CHIAMATE PERSE.«Non vedevi l’ora, eh?»«Non potevo certo lasciarti un messaggio.»«Sarebbe stato di cattivo gusto» ribattè Gus. «Non credi?»«Sì, infatti. Senti, mi dispiace davvero. Mi sento responsable in qualche modo.»«In qualche modo?» Gus non credeva alle sue orecchie. «Questa sì che è buona.»Alan rise amaramente. «E successo anche a me.» «Oh, per favore, Alan. Non credo proprio che

sia la stessa cosa.»«No, infatti. Il network è ancora mio, e questo ha attutito il colpo.»Gus lo fissò negli occhi. «Posso dimettermi se vuoi, rendere tutto più facile.»«Cosa? Tanto per cominciare abbiamo un contratto. E poi di cosa vivrai?» Alan si guardò

intorno, poi prese il secchiello del ghiaccio e lo passò a Sabrina, facendole cenno di riempirlo.Aimee accompagnò la sorella per lasciare alla madre un po’ di privacy.

«Sarà lo shock» riprese Alan. «Ti preparo qualcosa da bere.»Dopo aver rovistato nel minibar tirò fuori un assorti mento di bottigliette.«Quale veleno preferisci?»«Non dire scemenze. Quegli affari costano milioni di dollari.»«Offre Cooking Channel» ribattè Alan con un gesto teatrale. «Dai, te lo faccio doppio.»«Pensavo che almeno mi spettasse una festa d’addio, una torta» sbottò Gus. «Dopo dodici anni mi

merito solo un drink dal minibar e poi mi dai il benservito?»«Lo faccio triplo.» Sabrina intanto era tornata con il ghiaccio. «Per tutti.»«Stiamo festeggiando» annunciò Gus alle figlie. La testa le girava anche senza aver bevuto.

«Sono stata licenziata, ma io me ne vado prima.»«Cosa?» esclamarono all’unisono Sabrina e Aimee.«Ma che diavolo...? Gus, hai visto il notiziario stamattina?»«No, Alan» rispose Gus in tono sostenuto. «Stamattina correvo su un prato con un paio di

pantaloni capri. Su tuo ordine.»«Ho solo insistito perché partecipassi a un ritiro aziendale, Gus. I pantaloni corti erano

facoltativi.»«Ho sempre pensato che avrei scritto una lettera di dimissioni piuttosto sdolcinata» stava dicendo

Gus, più a se stessa che agli altri. «Un bigliettino scritto a mano in cui avrei raccontato quanto avevo

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amato Cooking Channel e quanto mi aveva cambiata, ma che ormai era ora di andare avanti. Baci eabbracci a tutti e ciao.»

«Tua madre ha battuto la testa?» chiese Alan a Sabrina. «E stata solo una giornataccia»intervenne Aimee. «Avremmo potuto fare una puntata speciale con tutte le papere del programma.Anche con l’incendio del bollitore» proseguì Gus. «Sarebbe stato divertente.»

«Concentrati, Gus, concentrati!» gridò Alan. Le porse un bicchiere alto pieno di un liquido colorambra. «Ecco, bevi un sorso di whisky.»

«Perché no, eh?» Gus piegò indietro la testa e vuotò il bicchiere d’un fiato.«Santa pazienza, piano ragazza mia» borbottò Alan.«Non hai più il diritto di dirmi cosa fare. Non sei il mio capo. Non più.»«Invece sì» disse Alan. Afferrò il telecomando e accese la tv su un canale di notizie.«A quanto pare molte delle nostre star preferite di Hollywood e del piccolo schermo hanno perso

un bel po’ di soldi» stava dicendo la conduttrice, una bionda leziosa con il caschetto. «Il notoconsulente finanziario David Fazio era un artista della truffa. Gli agenti federali...» Alan tolsel’audio.

«Non hai perso il lavoro, Gus.» Le versò con aria solenne un altro whisky. «Hai perso un saccodi soldi. E anche io.»

«Che cosa?»Aimee fece comparire i sottotitoli per poter leggere cosa diceva la conduttrice. Stando agli ultimi

aggiorna menti, il consulente finanziario di sua madre aveva derubato una lunga lista di celebrità, perpoi sparire con il malloppo.

«In breve: David Fazio si è preso tutti i nostri soldi e ora si trova su una spiaggia del Brasileinsieme a qual che bionda in perizoma.» Alan aggiunse altro ghiaccio nel bicchiere.

«Cosa?»«Magari è mora e sono in Costa Azzurra. In entrambi i casi, Fazio è scappato con la cassa.»«Aspetta, frena» balbettò Gus sprofondando in una poltrona. «Sono sicura che ti sbagli. L’anno

scorso mi ha fatto guadagnare un interesse del venti per cento.»«Come un sacco di altre persone. Ma quella non era la rendita del tuo investimento» le spiegò

Alan.«Erano semplicemente soldi rubati ad altri idioti che si sono affidati al consulente delle star.»«Io...» Gus si ritrovò senza parole. Aimee andò a massaggiarle le spalle.«I tuoi soldi non sono in qualche banca, Gus, e nemmeno i miei. Non ci sono mai stati. Li ha spesi

lui, fin dall’inizio.»«Ma gli estratti...»«Falsi» la interruppe Alan riempiendo di nuovo i bicchieri.«Alan, sono cliente di David da quando ci hai presentati. E in tutti questi anni ha sempre fatto

degli ottimi investimenti per me. Stamattina non sono riuscita a contattarlo, ma... tutto questo non haalcun senso» sospirò Gus.

«Fazio ci ha preso in giro. Usava i nostri fondi per organizzare feste e cene di lusso con cuiattirare nuovi clienti, e poi si prendeva i loro soldi.»

«Non riesco a crederci. Come l’hai scoperto?»«La notizia è uscita stamattina. Un giornalista mi ha chiamato per confermare. E ti assicuro che

nella trappola di quell’uomo sono caduti nomi ben più grossi del tuo e del mio.»Alan si accovacciò per guardare Gus negli occhi. «Chiama immediatamente il tuo avvocato»

disse

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scor rendo una lista immaginaria. «Aimee, voglio che aiuti tua madre a fare un inventario di cosaavete e dove. Aiutala con i documenti. La cosa positiva è che hai ancora la casa. E E programma.»

«Mancano solo poche puntate alla fine di questa ridi cola ministagione di prova» disse Gus. «Edopo?»

«E dopo puoi fare quello che vuoi» rispose Alan. «Sei una donna brillante, Gus. Usa questarabbia per spedire gli indici d’ascolto a vette finora inesplorate.»

«In che modo?»«Ehi, io sono solo il presidente del canale» rispose Alan alzandosi. «Sei tu la creativa.»«E Carmen?»«Aggiunge un po’ di pepe al programma, non credi? Di errori ne ho fatti tanti, ma non credo che

lei lo sia.»«Allora fai sul serio?»Alan scrollò le spalle. «Credo di sì. Ora però devo concentrarmi su quello che è successo.

Abbiamo appena perso una vagonata di zeri, e ne vorrei un po’ indietro.»Il Gioco dell’Oca. Era quello il gioco che Sabrina aveva cercato di ricordare quella mattina. Vai

avanti di una, due, tre caselle e poi... oops, ritorni indietro.L’immagine di Christopher che giocava con le bambine le tornò alla mente di colpo, come una

scintilla. Gus aprì gli occhi: era sotto le coperte, le tende erano chiuse. Che fosse notte? Guardòl’orologio: solo le quattro del pomeriggio. Si sentiva un lieve odore di whisky provenire dalbicchiere mezzo vuoto sul comodino. E allora si ricordò di Alan, deHa notizia, di aver bevuto astomaco vuoto.

Aimee e Sabrina l’avevano messa a letto. Era stato bello sentirsi accudita. La riportava indietronel tempo.

La testa le pulsava.A Christopher piaceva molto il Gioco dell’Oca; tutte le volte faceva in modo di tornare al punto

di partenza poco prima del traguardo, così da lasciar vincere le bambine. «Non intendo insegnarealle mie ragazze a perdere» replicava alle proteste di Gus. «Voglio che imparino a essere sicure dise stesse.»

Christopher desiderava la stessa cosa anche per lei. Si sarebbe stupito di vederla in televisione?All’inizio Gus pensava di sì, poi, invecchiando, aveva cominciato a sospettare che forse non ne

sarebbe rimasto affatto sorpreso. Aveva sempre creduto profondamente in lei, nonostante tutte le suefalse partenze, quando ancora si sforzava di trovare la sua strada.

Christopher aveva trasformato parte della cantina in una camera oscura in modo che lei potessesviluppare le sue foto; una volta era rimasto in piedi tutta la notte per aiutarla a mettere gli

stoppini nelle candele multicolori che preparava in cucina e poi vendeva a un negozio della zona.“Già allora pensavo a una mia linea di pro dotti per la casa” si disse sarcastica, senza la minimaintenzione di alzarsi dal letto.

E tutto questo nonostante lui avesse accantonato le sue ambizioni da giornalista per mantenere lafamiglia. «Quello che va fatto va fatto» ripeteva sempre.

Gus aveva apprezzato quel gesto - doveva pur man giare, dormire e comprare le scarpe allebambine -, ma dentro di sé l’aveva giudicato per aver rinunciato così facilmente alle proprieaspirazioni. Ora si rendeva conto di non aver dimostrato un briciolo di compassione.

Nelle settimane successive alla sua morte, si era con centrata su tutti i piccoli difetti del marito:spesso tornava tardi dal lavoro, e poi aveva l’abitudine di interrom perla quando pensava che avesseparlato troppo.

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In un certo senso, odiarlo per averla abbandonata aveva reso tutto più semplice. Quello che Gusproprio non sopportava era la certezza, che sentiva fino nelle ossa, che lui si fosse portato via granparte della sua felicità. Anche nei momenti di gioia assoluta, come quando Aimee aveva vinto unapartita di calcio, o quando Sabrina era arrivata prima in un torneo, sentiva un nodo allo stomaco e uninevitabile senso di colpa. Lo odiava per averla lasciata, e odiava se stessa per tutti i momenti in cuiera stata meschina ed egoista con lui.

Lo detestava perché non avrebbe più potuto perdonarla. Perché non avrebbe più potuto farla staremeglio, perché l’aveva lasciata sola a prendere tutte le decisioni. Gus non era riuscita a scorgere lastrada per il futuro; incespicava in avanti alla cieca, perché non c’era altra direzione.

Quando studiava fotografia a Wellesley non sognava certo di vendere panini. Ma gestire il localele piaceva e la famiglia aveva comunque bisogno di mangiare, dormire e comprare scarpe. L’ironiadella cosa era che, da quel momento, aveva iniziato a vedere Christopher da una prospettiva diversa.Lui era sempre stato molto bravo a parlare e le avrebbe dato ottimi consigli su come affrontare la suastessa perdita.

Alla fine era diventato veramente difficile ricordare le cose brutte. Niente di ciò che lui avevafatto sembrava più così terribile. Era persino riuscita a perdonargli la sua morte.

Era diventata una madre migliore, più organizzata, efficiente e capace di quanto non fosse maistata prima. Aveva giurato a Christopher che avrebbe mantenuto le ragazze felici e al sicuro. Aqualsiasi costo.

Peccato che ora non lo fossero più.E i soldi erano spariti.Era come se fosse scivolata indietro fino al punto di partenza, vent’anni prima, con due figlie

piccole, problemi finanziari, e niente altro che domande e incertezza. Lavaggio, risciacquo, poi dacapo: la sua vita era un ciclo continuo.

«Oh Signore, aiutami» pregò ad alta voce. «Siamo al verde.»

Parte SestaLATTE VERSATO

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20Dopo che Gus salì in camera con le ragazze, il resto del gruppo rimase per un po’ a ciondolare

nella hall. L’imbarazzo aleggiava nell’aria.Hannah, con il cappuccio della felpa sulla testa, tirò fuori un pacchetto di gomme alla frutta.

Aveva portato con sé un intero corredo di caramelle e affini, nel caso avesse dovuto fermarsi per ilweekend.

Nel caso avesse dovuto restare nascosta nella sua stanza.Oliver accettò l’offerta di un chewing gum; cercò per sino di applicarsi il tatuaggio temporaneo

incluso nell'incarto. Carmen invece rifiutò, annunciando che sarebbe andata a cercare delle carote.Troy esitò un istante.«No, grazie» rispose aEa fine. «Sono contrario per principio ai dolci. Questione di concorrenza

commerciale.»«Certo, naturalmente» disse Hannah, pensando a tutte le delizie che l’aspettavano in camera.Si mise in bocca due gomme. «La tua la prendo io, allora» aggiunse rivolta a Troy.«Accidenti, stavo proprio per cambiare idea.»Oliver esibì E suo tatuaggio, una zebra. «Mi piace vano di più quando dentro c’erano le

barzellette»commentò.«Non farti sentire da Gary o ci costringerà a condividere i nostri ricordi sulle gomme» scherzò

Troy.«E stata dura, oggi» osservò Oliver. «Troppe cose da gestire.»«Ti preoccupi per Gary Rose?» Hannah tentò di fare un pallone.«Assolutamente no» rispose lui. «Ma immagino che di sopra i discorsi siano piuttosto seri.»«Povera Sabrina» sospirò Troy.«Povera Gus» aggiunse Hannah.«E povera Aimee» concluse Oliver. «Avranno passato momenti terribili tutte e tre.»Guardò di nuovo il suo tatuaggio. «Quanto dura questa roba?» chiese a Hannah.«Se non lo bagni forse un giorno. Magari anche due.»«Ottimo. Ne voglio uno anche sull’altra mano. Chissà se qualcuno lo nota.»«Certo che sei strano, amico» scherzò Troy.«No,» rispose Oliver «sono solo uno spirito libero.»Andò a prendere qualcosa da mangiare al buffet, salutando con la mano.«Restiamo solo noi» disse Troy. «Non so se al ristorante servano gomme da masticare, ma

potremmo man giare qualcosa. Mi piacerebbe un po’ di compagnia. Sabrina è ancora su con suamadre.»

«No, non posso entrare là dentro. C’è troppa gente.» «Ma siamo già nell’atrio. Non seiinvisibile.»

«E più difficile riconoscermi con il cappuccio.» «Questo è vero solo nella tua testa. Senti, ioodio mangiare da solo. Ora entro, recupero qualche panino e ce ne andiamo fuori, troviamo un belnascondiglio e mangiamo.»

Hannah accettò. Aveva una gran voglia di stare aU’aperto e, con Gus impegnata, non avevanessuno con cui parlare. Carmen non era certo diventata la sua amica del cuore in una notte, anche sele aveva regalato il suo spazzolino di riserva. Carino da parte sua.

Troy tornò con un panino al tacchino e uno all’insalata di pollo, e un vasto assortimento di frutta.

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«Non sono caramelle!» protestò Hannah. «Io sono allergica a quella roba.»«Ti ho portato anche qualcosa di buono.» Indicò le lattine di bibite gassate che spuntavano dalle

tasche degli shorts.«Come puoi bere la Coca-Cola? Anche quella ti fa concorrenza nei distributori.»«Sst» sibilò Troy avviandosi verso il giardino. «Mi piacciono le bollicine. È un viziaccio, lo

so.»Hannah sorrise fra sé.«Preferisco bevande biologiche con zucchero di canna e cose del genere. Ma sono anche un vero

uomo io.»«Stiamo ancora parlando di bibite?»«Okay, okay» disse lui sedendosi sotto un albero. «Gus ti avrà raccontato tutto di me e Sabrina.»«No... insomma, qualcosa, non molto. È brava a man tenere i segreti.» Hannah si tolse la felpa

per prendere un po’ di sole sulle braccia. «Come ben sai.»«Accidenti, se mi ricordo di te!» esclamò Troy. «Da ragazzino andavo matto per il tennis. E tu eri

su tutte le pagine dei giornali.»«Ehm... dovrei dire grazie?» Hannah si appoggiò al tronco. «Non credere che mi sia dimenticata

che sei stato tu a tradirmi in diretta.»«Mi dispiace, ma non ci potevo credere. E come scoprire che la tua postina è Martina

Navratilova.»«Spiritoso.»«Quanti anni avrai ora? Trentaquattro?»«E a te la buona educazione chi l’ha insegnata?»Hannah fece una smorfia. «Trentasei. Puoi controllare su Wikipedia.»«Sembri più giovane. Tutti quegli zuccheri ti stanno mantenendo in un perfetto stato di

conservazione. Io invece ne ho trentaquattro, li dimostro?»«No. Ne dimostri quaranta.» Hannah addentò il panino.«Non è vero. Gioco molto a pallacanestro. Volevo diventare un campione dell’NBA.»Hannah strinse gli occhi e lo guardò. «Quanto sei alto, esattamente?»«Uno e ottanta. Avrei potuto farcela se fossi stato più bravo.»Hannah sorrise.«E basket è ancora nel mio cuore.»«Lo divide con Sabrina?»«Lei lo odia. Incredibile, no?»«Si dice che gli opposti si attraggano» osservò Hannah. «Ti piaceva davvero il tennis?»«Da matti» disse lui masticando E panino. «D ’estate frequentavo un corso intensivo di una

settimana, dopo quello di pallacanestro.»«Davvero?»«Lo adoravo. Mi è sempre piaciuto stare all’aperto, muovermi.»«Anche a me.»«II mio idolo era John McEnroe. Ma in camera avevo un tuo poster. Eri carina, ma sapevi anche

picchiare duro.»«Okay, accetterò i complimenti, credo.»«All’epoca ero molto diverso. Non sono cresciuto fin quasi a diciotto anni, e ho portato

l’apparecchio per una vita.»«Hai denti perfetti. E buone gengive. La settimana scorsa ho scritto un articolo sull’importanza

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delle gengive sane.»«Ti manca lo sport?»«Mi piace scrivere, ma il tennis mi manca, certo. Era tutta la mia vita.»«E rendeva bene.»«Ah, sì» convenne Hannah. «Ho dedicato tutto il mio tempo ad allenarmi per arrivare fin dove

sono arrivata. Non è facile diventare professionisti. Mai toccata una caramella quando giocavo.»«E ora mantieni da sola l’industria dolciaria.»«Senti, ho dovuto restituire tutti i soldi che ho vinto, ogni centesimo era sospetto... Non è stato

facile.Se un po’ di zucchero serve a mandare giù la pillola, che sia.» Si pulì le labbra con un

tovagliolino. «Lo sai che se spifferi tutto ai giornali Gus farà in modo che tu non veda mai piùSabrina?»

«Ricevuto, non ti preoccupare. Oltretutto devo molto a Gus. Ha investito in FarmFresh quandopraticamente non esisteva ancora. Opero con un capitale minimo.»

«È una brava persona.»«Devi esserlo anche tu se Gus ti è così affezionata. Ed eri un’ottima tennista. Ti ammiro.»«Ma ti stai chiedendo come ho potuto truccare gli incontri, vero?»«Tuo padre ti ha chiesto di farlo.»«È perché non mi sono rifiutata?» Hannah passò la mano sulla corteccia dell’albero. «Scommetto

che è quello che vuoi sapere.»«Era tuo padre e te l’ha chiesto. Fine della storia. È l’unica cosa di te che non trovo strana.»Hannah lo guardò con sospetto.«Okay, la faccenda della ragazza tedesca è stata una follia, sono d’accordo» continuò Troy

raccogliendo i tovaglioli usati. «Ma ubbidire a tuo padre no. È quello che fa un bravo figlio. Io fareiqualsiasi cosa per il mio vecchio.»

«Davvero?»«Certo. Ogni anno torno in Oregon per dare una mano con il raccolto, e allo stesso tempo gestisco

un’azienda a New York che può sparire da un momento all’altro. Sai qual è il tasso di fallimento perle imprese in fase di avvio? Però voglio lo stesso aiutare i miei, perciò, quando arriva il momentodel raccolto, sono il primo. Ecco, magari sono più un caposquadra, ma ci sono.»

«Buon per te. La famiglia è importante.»«E i tuoi?»«Io ho solo Gus. In fondo tutto quello di cui abbiamo bisogno è un buon amico. Poi possiamo

conquistare il mondo.»«Un amico» ripetè Troy. «È difficile prevedere come andranno le cose, no? Per esempio, quando

hai vinto per la prima volta a Wimbledon, chi avrebbe potuto immaginare che sarebbe finita così?»«Dovresti tenere corsi di tatto e galateo, davvero. Sei sprecato come fruttivendolo.»«Scusami, ho la tendenza a parlare senza riflettere. È colpa di tutti i brainstorming dei tempi in

cui facevo il pubblicitario.»«Pensavo che fossi mister Freshfruit.» «FarmFresh» la corresse. «FarmFresh.» «Lo so, ho visto

le magliette.»«Se vuoi te ne regalo una.»«Volentieri. La metterò per correre sul tapis roulant.»«Ti alleni ancora?» Troy era sorpreso. «Sì, insomma, hai un aspetto fantastico, ma non fai che

mangiare.»

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«Metabolismo da record. E corro per un’ora tutti i giorni.»«Ma dai! E dove lo trovi il tempo?»Hannah piegò all'indietro la testa e rise, una risata roca e profonda. «Scoop in arrivo, caro il mio

ortolano.» Scandì bene le parole per aumentare l’enfasi. «Io-non- esco-mai-di casa.»«Be’, ora non sei in casa» disse Troy saltando in piedi. «Facciamo qualcosa. Che ne dici di un

giro in canoa?»«Che ne dici di una gara di canoa?»«Dovresti sapere che gli uomini hanno le braccia più forti. E io gioco a pallacanestro.»«E tu dovresti sapere che faccio cinquanta flessioni quando scendo da quell’accidenti di tapis

roulant.Tosta, intelligente e smilza...» aggiunse lei aspettando la conclusione.«...è Hannah Joy Levine!» esclamò Troy.Corsero insieme verso il lago, gridando come matti. Hannah non si fermò nemmeno a tirarsi su il

cappuccio.I giochi ricominciarono subito nel pomeriggio. Dopo la scenata di quella mattina Aimee e

Sabrina parevano stranamente affiatate con il resto del gruppo. Si sedettero una accanto all’altra nelcircolo, anche se Sabrina badò di mettersi accanto a Troy, che si allungò per dirle qualcosaall’orecchio. Era chiaro che lei aveva pianto ancora.

«Dov’è Gus?» chiese Carmen. Non era da lei arrivare tardi. Non che Carmen fosse preoccupata;semplicemente non voleva che ricevesse trattamenti di favore.

«Non c’è» rispose Gary. «Ora smettela di impicciarti.»Sabrina e Aimee si scambiarono un’occhiata: Alan aveva raccontato qualcosa?«Voglio solo sapere se è alla spa dell’albergo» insistette Carmen.Gary la ignorò. «Buone notizie: nel pomeriggio ci raggiungerà anche Porter, così non saremo

troppo pochi per giocare.»«Non potremmo scrivere qualcosa, non so... una relazione, e basta?» Aimee, esausta per gli

avvenimenti della giornata, non aveva nessuna voglia di giocare. «Mi sono già riconnessa abbastanzacon la mia infanzia.»

«Tra poco ci ritroveremo a giocare al telefono senza fili» brontolò Sabrina.«Ehi truppa, Sabrina ha appena suggerito un gioco» esclamò Gary. «Facciamole sentire che la

teniamo in considerazione e facciamolo!»«No, non volevo dire questo...» piagnucolò Sabrina frustrata. «Non posso fare nemmeno un

commento senza che lo usi contro di me?»«Lo sto usando contro di te, Sabrina? Oppure ti sto ascoltando?» Gary mosse la testa su e giù per

sottolineare la domanda.«Io ci sto» intervenne Troy. «Se posso giocare con Sabrina.» Fece l’occhiolino a Hannah.«Vai così, tigre!» lo incoraggiò lei emettendo uno strano suono con i mocassini. Non si era

ancora asciugata del tutto dopo l’avventura in canoa, ma non si sentiva così bene da anni.«Fammi stare vicino a Oliver» miagolò Carmen.«E arrivato anche Alan» sbottò Aimee. «Magari tienilo presente.»«Davvero?» disse Carmen. «E perché sono l’ultima a saperlo? E alla spa?»«Basta, basta» urlò Gary. «Ora formate delle coppie... Aimee e Sabrina, voi dividetevi.

Giocheremo un po’ con alcune ricette.»«Perfetto,» intervenne Oliver «ma Carmen e io non siamo troppo avvantaggiati?»«Giusto» rispose Gary. «Separatevi anche voi, allora. Giocheranno Aimee e Oliver, Sabrina e

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Hannah, Carmen e Troy.»«Facciamo un ceviche» suggerì Carmen. «Forza Troy, andiamo in cucina.»«No, no, truppa. Non dobbiamo cucinare.» Gary esibì diversi fogli. «Adesso taglio a pezzetti

queste ricette e le mescolo in questa busta. Ogni squadra deve rimetterne insieme una. Quando avetefinito, gridate Bon appétit!»

«Oh mio Dio» sospirò Aimee. «Non avrei mai pensato che potessimo fare qualcosa di piùstupido di sta mattina, ma credo che siamo sulla buona strada.»

Oliver le sussurrò qualcosa all’orecchio e la fece ridere. «Tutto a posto?» chiese Gary.«A postissimo» rispose lei.Sembrava davvero un esercizio semplice: bisognava solo lasciarsi cadere all’indietro fra le

braccia di qualcuno, e immaginare (o sperare) di essere afferrati. Gary spiegò le regole conl’entusiasmo di un bambino di quattro anni a una festa di compleanno.

«È peggio di un castigo» sibilò Aimee a Sabrina.«Allora non ci sei mai stata in castigo» rispose Sabrina. «A me sembra più un inferno.»Dopo un pomeriggio infinito trascorso a compiere le attività più disparate (tra le quali spiegare

che tipo di ortaggio ci si sentiva e perché), nemmeno l’arrivo di Alan, Gus e Porter servì arisollevare l’atmosfera. Aimee e Sabrina osservarono con attenzione la madre che entrava esitando, esi sedeva senza fare commenti. Il fatto che persino Gary fosse rimasto in silenzio non fece chesottolineare ancora di più la sua improvvisa apparizione.

Hannah si scambiò di posto con Carmen per sedere vicino all’amica, e Carmen non protestò.«Divento nervosa quando Carmen non fa la stronza» sussurrò Aimee alla sorella.«Allora, truppa, tutti in piedi» urlò Gary interrompendo i suoi pensieri. «È l’ultimo gioco di

oggi.»«Ci sto, se poi ce ne possiamo andare...» disse Oliver. «Qualcuno mi prenda. Chiunque.»«Non vuoi sapere chi c’è dietro di te, Oliver?» chiese Gary.«Chi se ne importa. Voglio solo andarmene.»Il gruppo ridacchiò mentre Gary si portò il dito alle labbra. «Non c’è da scherzare. Con questa

attività impareremo a fidarci l’uno dell’altro.»«Lasciarsi cadere fra le braccia di qualcuno non ha niente a che fare con la fiducia» osservò

Hannah.«È solo che nessuno ti lascerebbe cadere davanti a tutti. È molto diverso.»Gary indicò Carmen, Gus e Porter, e fece cenno di avvicinarsi. «Aspetta E tuo turno, Oliver»

disse.«Bene, Carmen, chiudi gli occhi e quando te lo dico io lasciati cadere all’indietro fra le braccia

accoglienti di Porter e Gus.» Si fregò le mani gongolante. «Tutti gli altri le stiano intorno e laincoraggino.»

Alan si sporse in avanti.«Puoi farcela, Gus» disse.«Forse volevi dire “Puoi farcela, Carmen”» protestò Carmen mettendo un broncio seducente.«Ma certo. Sarete bravissime tutte e due.»«Non sono sicura che questo sia necessario» commentò Aimee.«Coraggio, coraggio» mormorò Gary. «Avanti, Carmen, vai.»Nella mente di Carmen presero forma scenari diversi: finivano tutti con lei che crollava a terra

con una gran botta.«Questa gente non mi ha liberato per ore quando giocavamo a guardie e ladri» si lamentò. «Ed

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era solo sta mattina. E adesso dovrei caderle in braccio? Sei matto, Gary. Un ingenuo.»«Porter, lasceresti cadere Carmen?» chiese Gary. «No, è troppo importante per il programma»

rispose.«Gus, lasceresti cadere Carmen?»«Assolutamente no. Sarebbe sconveniente.»«Ecco a lei, miss Vega» disse Gary. «Gus e Porter si impegnano a offrirle un atterraggio sicuro.»

Carmen si voltò verso Gus.«Sicura?»«Ti prenderò, Carmen.»«Perché dovrei crederti?»Per la prima volta nella sua vita, Carmen non voleva essere guardata. Stare lì, in mezzo a quella

gente che aspettava solo di vederla cadere era decisamente troppo. Non riusciva a sopportarlo. Piùdi chiunque altro, Gus non aveva motivo di volere che lei riuscisse. Tutti, persino i telespettatori,avvertivano la tensione fra loro. Doveva essere davvero matta a fidarsi suUa base di una vagapromessa. Non era arrivata dov’era lasciandosi andare.

«Se sostituisci Gus con Oliver, lo faccio» tentò.«Oh no» replicò Gary. «Questa non è una trattativa. Niente negoziati.»«Che succede se non lo fa?» Sabrina non vedeva l’ora di andarsene. Billy aveva chiamato, e si

era innervosito quando lei si era lasciata sfuggire la presenza di Troy. Billy si arrabbiava di rado,doveva ammetterlo, ma non era stato per niente contento di quella piccola omissione.

«Restiamo qui finché non lo fa» rispose Gary.«Non è giusto» protestò Hannah. «Non lo farà, ha troppa paura di scompigliarsi i capelli.»Carmen pensò che mai, in tutta la sua vita, aveva ceduto alla paura. E non avrebbe cominciato in

quel momento.«Madre mia» gemette coprendosi le orecchie con le mani. Non voleva sentire il botto. «Voglio

un chiropratico, un medico!» strillò. Iniziò a respirare velocemente chiamando a raccolta ognibriciolo di coraggio e disciplina che aveva dimostrato in altre occasioni (i primi tentativi inpasserella, la telefonata all’ufficio di ammissione alla scuola di cucina, la soggezione che era riuscitaa vincere entrando nell’enorme casa di Gus, quando le sembrava che il cuore le balzasse fuori dalpetto). E si lasciò cadere.

Si aspettava di percepire un fruscio, la sensazione del l’aria sulle guance. Invece nulla. Per unafrazione di secondo si sentì meravigliosamente fuori controllo, consapevole di non poter più tirarsiindietro. «Ay, Dios mio» mormorò piano fra sé, le parole più vicine a una preghiera che avessepronunciato in tanti anni.

Poi sentì Porter e Gus che l’afferravano, la loro presa salda, il piccolo passo indietro che furonocostretti a fare trascinati dal peso della caduta, prima di rimetterla in piedi. Un’ondata di sollievo eadrenalina la solleticò e la fece sentire... potente. Quasi meglio del sesso.

«/ Genial!» gridò, iniziando a correre in giro e toccando tutti quanti sulle spalle. «Ce l’ho fatta!»Carmen alzò le braccia al cielo come un pugile. «Io, io, io!»

«Mi hai visto?» gridò rivolta ad Alan. «Sono una forza!»Porter circondò le spalle di Gus in un abbraccio. «Ben fatto, ragazza» disse.Gus era stranamente compiaciuta ed eccitata, e soprattutto sorpresa dalla sensazione di calore che

le dava la vista di Carmen così felice. Quello sì che era un effetto inaspettato.Gary si stava asciugando le lacrime. «Voi ragazzi mi date tante soddisfazioni. Che ne dite di un

bell’abbraccio collettivo?»

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«Assolutamente no» protestò Troy indietreggiando.«Okay, Troy» rispose Gary. «Ora tocca a te. Lasciati andare fra le braccia di Sabrina e Hannah.

Appena siete pronti.»«Lei non mi prenderà perché l’ho battuta alla gara di canoa» disse Troy con un sorriso. «Sta a te

salvarmi.» Guardò Sabrina negli occhi. «Conto su di te.»Sabrina annuì e si ravviò i lunghi capelli neri dietro le orecchie. Hannah piegò le ginocchia e si

dondolò sui talloni, come in attesa di un servizio.«Vai!» urlò, mentre Troy incrociava le braccia al petto come una mummia egiziana. Chiuse gli

occhi e s’inclinò all’indietro, stringendo forte le gambe per combattere l’impulso di fare un passo.Aveva lo stomaco in gola, ma rimase impassibile, sicuro.

Aveva una grande fiducia in Sabrina. L’aveva sempre avuta.Sabrina non si sentiva ancora pronta: le sue braccia volevano ritrarsi, le sentiva tirare indietro.

Boom!Troy sarebbe caduto. Avrebbe urlato? Non lo sapeva. Ma la tentazione di non afferrarlo era

troppo grande. “Nessuno mi ha chiesto se volevo farlo” pensò. “Io non ho mai detto che dovevifidarti di me, Troy.” Ancora prima di rendersene conto si spostò di lato, facendo perdere l’equilibrioa Hannah.

«No!» Troy udì il grido di Hannah nello stesso istante in cui una fitta di dolore gli attraversò lespalle e la testa. «Oh merda!» esclamò Gary correndo verso di lui.

«Non mi è mai successa una cosa del genere.»Gus era già accanto a Troy, e gli teneva E capo sollevato assicurandosi che stesse bene.«Tutto a posto?» chiese Porter. Aveva un’espressione confusa e distante.Troy agitò debolmente una mano, poi gemette e si girò su un fianco.«Credo che sia ora di chiudere» suggerì Porter.Gary non ebbe nulla da obiettare. Gus, nonostante fosse preoccupata per Troy e allarmata per il

comportamento di Sabrina, accolse la notizia con sollievo. Non sarebbe mai stata capace di cadereall’indietro a occhi chiusi. Quella giornata le aveva davvero insegnato qualcosa.

Non si sarebbe fidata mai più di nessuno.Circa tre ore dopo Sabrina bussò alla porta di Troy. “La luce è ancora accesa” si disse. “Non

dovrei svegliarlo.” Sentì dei passi che si avvicinavano alla porta, vide lo spioncino oscurarsi.«Sei venuta ad avvelenarmi?» domandò lui senza aprire.«Fammi entrare. Voglio chiederti scusa.»Troy si affacciò nel corridoio. «Credo di avere una com mozione cerebrale. Devo restare sveglio

per diverse ore.»«Sei solo?»«No.»«Dai, davvero.» Sabrina cercò di sbirciare all’interno.«Posso entrare?»«No.»«Voglio solo parlarti» lo blandì lei. «Credo di essere un po’ confusa.»«Che novità!» esclamò Troy prima di richiudere la porta. Esitò un istante, poi, trattenendo il

respiro, girò la chiave.

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21Sabrina vagò per un po’ nei corridoi trascinando i piedi sulla moquette; alla fine si abbandonò su

una panca accanto agli ascensori. Sorrise appena alle coppie felici che passavano. In effetti era unascena abbastanza volgare a cui assistere se non eri tu a sbaciucchiare. Tutte quelle lingue in vista.

Parlare con Troy l’avrebbe fatta sentire meglio. Era rimasta sorpresa che non l’avesse lasciataentrare.

E aveva anche mentito dicendo di non essere solo.Ecco. Si crede di conoscere una persona e invece...Tornare nella sua stanza era fuori discussione: di sicuro Billy l’aveva chiamata. Il cellulare era

rimasto in camera, spento. Era improbabile che il suo fidanzato avesse apprezzato di trovare ognivolta la segreteria. Billy ripeteva sempre che la cosa più importante in un rapporto era il rispettoreciproco; senza dubbio non doveva sentirsi molto rispettato in quella circostanza. Meglio evitarlo,quindi.

Sabrina non era mai stata molto brava a gestire le aspettative.Non sarebbe comunque tornata nella sua stanza: non c’era nessuno.Dormire era sempre stato difficile, da quando aveva memoria. Appisolarsi era semplice, ma

dopo poche ore si svegliava, sola. Sabrina odiava la notte.C’era un solo posto dove andare, sempre lo stesso. Le vecchie abitudini erano rassicuranti. Si

avviò lungo il corridoio, ripetendo fra sé il suo solito mantra: “Io sto bene”. In meno di un minutoarrivò nella camera dove già sapeva che sarebbe finita.

«Io sto bene» ripetè a voce alta.Sua sorella, che indossava una maglietta e i pantaloni del pigiama, aprì la porta come a un

segnale prestabilito. Rimase in silenzio e si limitò a tornare alla scrivania, zeppa di fogli edocumenti. Stava lavorando, così riprese a con centrarsi sul computer senza dire una parola.

«Sto bene» ripetè di nuovo Sabrina togliendosi le scarpe e salendo sul letto. «Troy non ha volutoparlare con me.»

Aimee scrollò le spalle.«Non so neanche perché sono andata da lui. Tu cosa fai? Stai guardando le carte della mamma?»«Già.»«La situazione è così brutta?»«Bella non è.»«Allora non credo sia il caso di chiederle di occuparsi del mio matrimonio» disse Sabrina.

«Anche se forse le servirebbe a distrarsi.»Aimee non rispose. Dopo qualche istante di silenzio, Sabrina accese la tv. Trasmettevano il

notiziario delle undici; ovviamente uno dei servizi principali era dedicato al consulente finanziarioscappato con i soldi dei suoi clienti famosi.

«Forse dovremmo chiamare la mamma» suggerì Sabrina.«Voleva fare un bagno e andare a dormire. L’ho sentita qualche ora fa.»«Ah, bene.»«È ora che riduci le spese. Devi stringere un po’ la cinghia anche tu.»«Va bene.» Sabrina era abituata alle critiche di Aimee.«No, davvero.»«Ti va una maschera per il viso? Ho tutto in camera mia.»«No.»

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«Io la vado a prendere comunque.» Sabrina corse alla porta e lasciò aperto il chiavistello inmodo che non si richiudesse alle sue spalle. «Così non devi alzarti un’al tra volta.»

Aimee la guardò uscire. Nel giro di venti minuti si sarebbe ritrovata la faccia ricoperta di polpadi cetriolo; poi Sabrina avrebbe fatto un test su una rivista per scoprire quale fosse l’uomo ideale diAimee. Facevano sempre così quando c’erano troppe cose di cui parlare.

Sabrina riaprì la porta spingendola con la schiena. «Ho anche portato l’impacco per i capelli.Saremo bellissime.»

«No, ti prego» piagnucolò Aimee. Era un copione consolidato. Per anni Sabrina avevaoltrepassato nel cuore della notte il nastro adesivo sul pavimento della loro stanza. “Torna adormire” borbottava Aimee, anche se poi le faceva posto nel letto. “Non puoi restare qui.” Manaturalmente la lasciava fare: Sabrina era la piccola di casa. Al mattino Aimee la trascinava dinuovo nel suo letto, prima che Gus aprisse la porta per svegliarle. “Buongiorno mamma” diceva.“Stiamo bene, stiamo benissimo.”

Aimee non staccò gli occhi dal computer neanche quando Sabrina cominciò a rovistare nella suavaligia. «Hai una felpa in più?» chiese, anche se l’aveva già in mano. «Ho portato solo il pigiama.»

Che nervi. Sabrina era così viziata. Aveva un’incrollabile capacità di pensare solo a se stessa. Avolte Aimee si sorprendeva dell’odio che covava dentro di sé, della rabbia che montava quando Gusfaceva mille moine per l’ennesimo peccatuccio di Sabrina. Eppure con la stessa intensità sipreoccupava per la sorella, per come si faceva trascinare dalle emozioni, senza mai riflettere,fidandosi di chiunque fosse gentile con lei.

Quando erano ragazzine Aimee la sorvegliava come un falco: temeva che Sabrina potessedistrarsi e allontanarsi, perdersi o farsi rapire da qualche sconosciuto. E poi?

«Davvero consumo tutto l’ossigeno della stanza?» chiese Sabrina aprendo barattoli. Aimeeavvertì un’ondata di senso di colpa.

«Non l’ho mai detto» mormorò arrendendosi al freddo della maschera verde sul viso, felice diavere una scusa per tacere.

«Invece sì. E forse hai anche ragione. Chi vorrebbe intorno una come me?»Continuò a parlare (di Billy, di Troy, della discussione con Gus) mentre si occupava di Aimee; le

aveva coperto i capelli con una cuffia da doccia, in modo che assorbissero le proteine e i nutrientiche li avrebbero resi morbidi e lucenti.

«Credi sia possibile amare un uomo e desiderarne un altro?» chiese Sabrina.«Immagino di sì» rispose Aimee. «Ma devi smetterla di fare confronti tra i tuoi fidanzati. Non

sono interscambiabili, sai.»«L’inizio di un rapporto è sempre uguale» disse Sabrina. «L’eccitazione del conoscersi, il sesso

con una persona nuova.»«Risparmiami i dettagli. Quello che non capisco è come fanno a sopportarti.»«Billy dice che gli piaccio perché sono creativa e coraggiosa» annunciò Sabrina con orgoglio.

«M i sostiene molto.»«Be’, io no. Cosa stai facendo ai miei capelli?»Sabrina finse di non sentire. Le piaceva coccolare la sorella; alle medie le aveva perfino

decorato la cartella con paillette arancioni e oro per vivacizzarla. Il gesto non era stato apprezzato.«Secondo te io ispiro amore?» chiese.Aimee non poté rispondere con la faccia paralizzata dalla maschera indurita. E comunque non leavrebbe mai dato una risposta diretta. Per nessuna ragione. Anzi, avrebbe rimproverato Sabrina

per essere sempre a caccia di complimenti. Essere gentili sapeva troppo di debolezza. E lei aveva

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lavorato a lungo per diventare forte.Andò in bagno a sciacquarsi; quando tornò Sabrina era già a letto. Si era presa quasi tutti i

cuscini, lasciandone solo uno per lei.«Tipico» borbottò spegnendo la luce. Il portatile era ancora acceso.«Sei felice che sia qui, vero?» chiese Sabrina. «No. E non russare. Mi dà fastidio.»

22Domenica mattina. A Gus sembrò che fosse passata una vita da quando avevano giocato a guardie

e ladri, e invece erano trascorse solo ventiquattro ore. Non era quasi riuscita a chiudere occhio,tormentata dalle preoccupazioni per le sue figlie, le sue finanze, il suo futuro.

“Va tutto bene, va tutto bene” pensò. Un ritornello familiare che si ripeteva sempre alla fine diuna lunga giornata al Luncheonette, mentre faceva le pulizie. Allora la faccia gonfia nello specchiodiceva il contrario.

Si vestì in fretta, o almeno ci provò, visto che si presentò per ultima nella hall. Gli altribighellonavano senza meta, finché non comparve Gary Rose agitando la sua cartellina. Lo seguiva davicino una donna paffuta dalla pelle scura, con i capelli raccolti in uno chignon.

«Vedo che ci hai trovato un’istruttrice di yoga» osservò Troy. A parte l’enorme bernoccolo sullatesta, stava bene.

«Quale istruttrice di yoga?» chiese la donna.«Non è lei?»«No, no, io sono Priya Patel» rispose con un largosorriso. «La più grande fan di Gus Simpson.»«È la vincitrice del concorso» intervenne Porter. «La prossima ospite del programma. Visti i

nostri sforzi di rendere meno complicato il lavoro sul set, Alan e io abbiamo deciso che sarebbestato meglio farvi conoscere Priya prima della puntata. Non vogliamo problemi in diretta.»

Carmen trattenne una risata.Porter si schiarì la voce. «Benvenuta, Priya...» «Ciao, Priya» intonò il gruppo in coro. Dopo un

giorno con Gary erano ben allenati.«Suppongo che tu sia un asso del karaté» disse Priya a Troy. Lui la guardò in modo strano. «Hai

dato per scontato che io fossi un’istruttrice di yoga e io sto dando per scontato che tu sia bravo nelkaraté.»

«Ma è una stupidaggine!» osservò lui.«Esatto.»«Messaggio ricevuto. Allora possiamo fare insieme del pessimo yoga. Io non l’ho mai fatto.»«Oh no, io sono davvero brava» lo corresse Priya.«Nella palestra che frequento è gratuito con l’abbonamento.»«Ma hai appena detto...»«Che non bisogna mai dare niente per scontato.»«Ho la sensazione che ti divertirai con noi» intervenne Gus avvicinandosi a Priya e Troy.

«Secondo me ti troverai benissimo.»Dopo aver assunto le posizioni più disparate, Gary spedì la “truppa” con un istruttore a fare una

passeggiata in una bellissima parte del bosco.«Dovete sempre sapere dov’è E vostro compagno» spiegò. «Non vogliamo che qualcuno si

perda.»Priya, elettrizzata, vide che Gus la salutava con la mano. Sarebbero diventate amiche? Non

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riusciva a immaginare niente di più splendido. “E poi siamo andate a fare una passeggiata insieme”avrebbe raccontato.

«E adesso sei una casalinga?»«Sì. E un lavoro importante, necessario e quindi gratificante.» Aveva un tono neutro, come se

stesse recitando un copione.«Be’, sembri davvero... felice» disse debolmente Hannah.«Come sei arrivata nel programma?» chiese Priya tagliando corto.«Sono la vicina di casa di Gus.»«Davvero?» Priya si fermò. «Dev’essere meraviglioso abitare accanto a lei. Partecipi alle sue

famose feste?»«Non so quanto siano famose, ma qualche volta ci sono stata. Non esco molto, in realtà.»Più avanti, Oliver stava indicando a Gus un uccello rosso su un albero; la risata di Gus echeggiò

fino alle retrovie, passando sopra le teste di Carmen e Aimee, Sabrina e Porter, Troy e Gary. Eccoquello che le ci voleva, pensò Priya, un po’ della joie de vivre di Gus da mettere in bottiglia eriportare nel New Jersey, per spruzzarla in giro quando si sentiva triste. Non si aspettava che stare acasa sarebbe stato tanto più difficile che lavorare in un ufficio. Niente promozioni, né aumenti, néferie. Solo un gruppo di persone che pretendeva continuamente qualcosa. Nessuno le aveva maichiesto se voleva essere “l’anima del focolare”. Lo era per diritto di nascita; o, almeno, così leaveva spiegato sua madre.

Gus, invece, sapeva come rendere felice una famiglia: chiunque poteva accorgersene guardandolain tv.

Priya stessa si era sorpresa del fatto che Gus le piacesse così tanto: fino al giorno in cui avevascoperto il suo programma aveva strenuamente evitato le trasmissioni con quelle conduttrici lezioseintente a preparare dolcetti. Ma lei era diversa.

Era stata colpa di Raj, in realtà. Un giorno aveva lasciato la televisione accesa pensando chepotesse darle conforto, dopo averla trovata stesa a terra nella cabina armadio a piangere disperata.«Non so cosa c’è» aveva piagnucolato lei. Raj le si era seduto accanto tenendole la mano erassicurandola. «Non preoccuparti. Passerà. Penseremo positivo e la tristezza andrà via.»

«Dobbiamo avere un po’ di pazienza» lo aveva poi sentito dire a sua madre, al telefono.«Aspettiamo e vediamo.»

Ma i brutti pensieri non se ne andavano. Anzi, si erano induriti in un groppo che solo Priyapercepiva e che assorbiva tutta l’allegria che sapeva di dover provare. Perché non riusciva a goderedi ciò che aveva? Qualsiasi donna avrebbe guardato la sua grande casa, pulita e ordinata, e leavrebbe detto di piantarla. Si era ripetuta le stesse cose allo specchio un milione di volte. Il conflittotra ciò che sentiva nel profondo del cuore e ciò che la ragione le suggeriva la lasciava esausta,distrutta.

«Sei fortunata» sospirò rivolta a Hannah «ad avere un’amica come Gus.»«Se corriamo, possiamo raggiungerla» suggerì Hannah, che desiderava solo godersi quell'ultima

possibilità di stare all’aria aperta. Si sentiva divisa tra l’impulso di tornare alla solita routinedomestica e la rabbia per aver sprecato tanto tempo a nascondersi. «Muoviamoci» gridò,continuando a correre sul posto.

«Oh, sì» disse Priya, contenta di aver messo le scarpe da ginnastica. Quella mattina avevapassato ore a scegliere cosa indossare, con Raj che brontolava mentre lei si toglieva il tailleur blu evalutava se mettere un sari. Certo l’e-mail di Porter Watson parlava chiaramente di abiti comodi, mavisto che sarebbe rimasta al resort solo un giorno, e che lì avrebbe conosciuto Gus, doveva

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assolutamente vestirsi in modo appropriato. «Non è una tua amica» le aveva detto Raj. «Non leimporta niente di quello che indossi.» (“Un commento inutilmente sgarbato” aveva pensato Priya.)«Certo che no,» aveva risposto lei «ma solo perché Gus ancora non mi conosce.»

Alla fine aveva optato per un paio di pantaloni di cotone e un cardigan lungo, proprio comequello di Gus nell’ultima puntata del programma. Aveva capito subito che stava cercando uno stile unpo’ diverso, e voleva sostenerla.

«Muoviamoci» ripetè, anche se ormai Hannah era già molto, molto avanti.Carmen guardò Hannah sfrecciarle accanto, con la coda di cavallo che oscillava mentre superava

il gruppo. Dietro di lei, non proprio vicinissima, c’era la vincitrice del concorso; i pantaloni letiravano un po’ sul didietro ben imbottito.

«Non è una gara!» urlò Carmen. Con un tacito accordo, lei e Aimee avevano deciso di sforzarsi ilmeno possibile. Non avrebbero corso per un solo centimetro.

«Hannah starà correndo da mia madre» disse Aimee. «Come al solito.»«Non so tu, ma io non vedo l’ora che questo weekend finisca» aggiunse Carmen.Alan se n’era andato subito dopo cena, e lei e Oliver erano rimasti fino a tardi al bar, davanti a

una buona bottiglia di cabernet, a parlare dei vecchi tempi. Gli aveva proposto una seconda bottiglia,ma lui aveva rifiutato ed era andato a letto. Da solo.

«Stai perforando la nuca di Oliver con lo sguardo» disse Aimee. «Non ho deciso io di farecoppia con te.»

«Piantala» ribattè Carmen stizzita. Poi si avvicinò ad Aimee. «Tu, piuttosto, come mai guardicosì tanto Oliver? Ti piace?»

«Sì, è simpatico. Credo che potrebbe funzionare con una persona di mia conoscenza.»«Ah!» Carmen le diede una gomitata piuttosto forte. «Ti interessa? Io e lui abbiamo avuto dei

trascorsi.»«No. Non è proprio il mio tipo.»«È carino, sa cucinare. E a letto gli piace sperimentare.» Aimee la guardò sorpresa. «Niente

dettagli, prego.»«Allora qual è il tuo tipo?»«Chiunque non sia un ammiratore di mia madre o uno innamorato di mia sorella. E siccome

questo esclude un buon numero di newyorkesi, sono single da un po’. È ben felice di esserlo.»«Come no. Felicità: vedi alla voce Aimee.»«In realtà so essere molto simpatica se qualcuno si prende un po’ di tempo per conoscermi»

sbuffò.«Ho solo un sacco di responsabilità.»« All’ONU?»«Tra le altre cose. Ma è grazie al mio lavoro se so che la Spagna produce il trentasei percento di

tutto l’olio d’oliva del mondo. Lavoro nel settore commercio e sviluppo.»«Ottimo. Devi essere l’unica sveglia in questo muc chio di idiotas.»«E parlo anche spagnolo.»«¿Ahora si entiendes lo que digo?»«Sì, e ti capisco anche quando borbotti in cucina. Come quella volta che hai dato a mia madre

della...» Carmen alzò una mano per bloccarla.«Non pensavo che bestemmiassi come un marinaio» concluse Aimee.«Be’, cosa ti aspettavi da una che ha passato anni nei camerini dei concorsi di bellezza?»In testa al gruppo, subito alle spalle dell’istruttore, c’era Gus, con il berretto di Oliver in testa. Si

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era accorto che il sole le dava fastidio (aveva dimenticato gli occhiali scuri), così le avevaprontamente offerto il berretto. Gus apprezzava sempre le persone preparate per ogni evenienza.

«Rallenta» le disse Oliver. «La domenica è giorno di riposo.»Ma Gus non riusciva a fermarsi; doveva continuare a correre per scrollarsi di dosso tutte le paure

e le preoccupazioni che si erano infiltrate fin dentro le sue ossa la notte precedente.“Avanti,” si diceva “non voltarti indietro.” Era così che aveva sempre fatto. E funzionava,

giusto?Sul momento si era arrabbiata con Alan per averle presentato quel maledetto consulente

finanziario, poi, però, l’idea che lui fosse nella stessa barca l’aveva calmata. Aimee le aveva fatto unquadro della situazione: non tutto era perduto, era solo molto meno di quello che possedeva fino aqualche giorno prima. Senza dubbio per il suo ex consulente era solo una faccenda di numeri, ma perGus essere truffata era una questione molto personale.

C’erano ancora la casa e alcuni investimenti che Gus aveva fatto in autonomia (più comeesperimento che altro), poi un libretto di risparmi e parte del premio assi curativo che avevaaccantonato per i matrimoni delle ragazze, aumentato pian piano negli ultimi diciotto anni.

Un colpo di fortuna: quante volte aveva pensato di riscuotere il premio e affidare anche quello aFazio.

«Andrà tutto bene, mamma» l’aveva rassicurata Aimee. «Altrimenti verrai a vivere nella miastanza.»

Erano scoppiate a ridere, mentre Sabrina si era sentita esclusa, si vedeva.«Lascia che ti aiuti anch’io» aveva insistito Sabrina, ma Gus aveva sottolineato l’abilità di

Aimee con i numeri. Sapeva di sentirsi molto meno a suo agio a par lare di certe cose con la figliaminore. «Non devi preoccuparti» aveva detto. In qualche modo era necessario che Sabrina restasseuna bambina innocente.

«Ho visto i giornali stamattina» disse Oliver tenendo il passo. Indicò un uccellino rosso chesaltellava su un ramo. «Allora ho chiesto a quel ragazzetto lì di cavare gli occhi al tizio.» Fischiettò el’uccello volò via.

«Ecco, messaggio inviato. Il nostro amico è volato alle Isole Cayman per trovare Fazio etorturarlo» sentenziò serissimo. Gus rise; non le sarebbe dispiaciuto affatto se fosse capitatoqualcosa al serpente velenoso che le aveva rubato tutti i soldi.

«Questa storia è piuttosto imbarazzante» ammise Gus. «Non sono intelligente come pensavo.»«Mai sentirsi in colpa se si viene truffati. Quelli sono professionisti.»«Anche tu gestivi i risparmi altrui. Sei mai stato tentato?»«No, non era roba mia. Devi essere disturbato per volere qualcosa che non è tuo.»«H o perso tutto il mio potere contrattuale con Alan» confidò Gus avvertendo una piacevole

sensazione di indolenzimento alle gambe. Sperava di riuscire a dormire quella notte, e chel’esercizio fisico della giornata la mettesse ko. «Ora non posso più minacciare di lasciare ilprogramma.»

«Tanto non ci credeva nessuno» disse lui offrendole un sorso d’acqua. «Vai troppo fiera del tuolavoro.»

«Prima della rovina viene l’orgoglio, e prima della caduta lo spirito altero.» Cominciava asentirsi accaldata.

«Però sei ancora in piedi.»«Ma non c’è nessuno ad afferrarmi se cado.»«Non deve essere per forza così.»

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«Non sono sicura di aver capito.»«Sì che hai capito. Ti sto chiedendo di uscire.»Gus si accigliò. «Ma sono il tuo capo.»«Okay, allora mi licenzio. Anche se ho controllato il regolamento di Cooking Channel. Non c’è

niente che lo vieti.»«Nessuno mi ha avvertito.»«Io ho molte qualità» proseguì Oliver. «Una di queste è la pazienza. Quando voglio qualcosa mi

prendo tutto il tempo del mondo.»«Be’, io no. Ora stanno succedendo troppe cose nella mia vita. Oltretutto non sarebbe

appropriato. Fine.»«Non ripetermi la solita solfa. Vedo come sei dietro le quinte, e francamente la vera Gus mi

piace di più. È altrettanto carina ma molto meno formale.» Le si avvicinò di più, cosa che innervosìGus mettendola in all'erta. Fece alcuni passi per allontanarsi, ma lui la raggiunse. “Zitta” si disse.

“Nemmeno una parola.”«Dunque vuoi la vera Gus?» L’aria fresca e la mancanza di sonno le stavano dando alla testa,sciogliendole la lingua prima che E cervello trasmettesse l’ordine di tacere. «E cosa ne sai tu

della vera Gus? Questa non è proprio la vita che mi ero immaginata, sai?»Piantala, Gus! Cammina e zitta. Cuciti la bocca.«Non avevo programmato di restare vedova a poco più di trent’anni» sbottò. Oh mio Dio, stava

ancora parlando. «Non avevo programmato di diventare una star della televisione, né di trasformarminel buono pasto di Carmen Vega, né di partecipare alle follie di Gary Rose. E non avevoprogrammato di farmi rubare l’uovo dal nido! Contento?»

“Ah, sì, la cura del silenzio. Mi riesce sempre benissimo” pensò sarcastica.« C’è la vita che sogniamo, quella che ci meritiamo e quella che abbiamo. Preferisco quello che

ho a quello che merito» sentenziò Oliver.«Ecco il nostro vicechef filosofo. Molto saggio. Non voglio incoraggiarti oltre o tra poco vorrai

anche tu un programma tutto tuo. Ho già abbastanza concorrenti, grazie.»«È solo che apprezzo quello che ho nel piatto» precisò lui. «Magari aggiungere una relazione, per

dare un po’ di sapore.»«Temo che la situazione sia piuttosto insipida, al momento. La mia credenza è vuota.»«D’accordo, fine della storia. Per ora. Però potrei darti una mano con la faccenda dei soldi.

Posso metterti in contatto con alcune persone. Non lasciare che questo tizio ti porti via più di quelloche ha già rubato. Non perdere la fiducia, Gus.»

«Perché naturalmente andrà tutto bene.»«Certo.»«Odio quando la gente me lo dice. Non mi solleva per nulla il morale. Ma non temere, sono un

asso nel rigirare il malumore. È quello che mi riesce meglio.» E suo tono era venato di sarcasmo.«Non sto cercando di minimizzare quello che hai passato, ma affronti tutto con una tale

leggerezza.Un’altra persona al tuo posto sarebbe in lacrime. Invece tu sei qui a fare yoga, a correre e a darmi

il benservito. Ti ammiro.»«Anche dopo la scenata di ieri con Aimee e Sabrina? L’ho affrontata talmente bene che per poco

non mi è scoppiata una vena.» Fece una pausa. «Scusami se sono sgarbata. È stato un weekend daincubo.»

«Sei perfetta. Quale famiglia non ha i suoi problemi? Pensa che mio fratello non mi ha nemmeno

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chiamato dopo l’undici settembre.»«Ma è terribile!»«Ha telefonato a mia madre e basta. Allora mi aveva più o meno cancellato dalla sua vita, poi ci

siamo riavvicinati.»«Conoscevi un sacco di gente, da quelle parti.» Non era una domanda.«Certo, è normale. Lavoravo a Wall Street.»«È per questo che poi ti sei dedicato alla cucina? Per uno nella tua posizione sarebbe stato più

ovvio aprire un ristorante che studiare da chef.»«Cucinare mi è sempre piaciuto. Ma forse hai ragione.»«A volte mi viene un’idea strana» ammise Gus. «Penso che quelli che muoiono giovani sfuggono

al dolore e lasciano noialtri a raccogliere i cocci.»«Mi dispiace per tuo marito, ma non è la sua morte a definirti. La discussione di ieri è stata un

po’ imbarazzante, ma hai cresciuto due fighe adorabili.»«Non proprio perfette, temo.»«Come tutti, no?»«Gus? Chiedo scusa.» Era Priya, che li raggiunse un po’ affannata. Gus conosceva fin troppo

bene quello sguardo, con gli occhi spalancati, quasi in attesa che lei impartisse qualche segretosull’esistenza. Aveva già avuto a che fare con ammiratrici come Priya, natural mente, ma non eranosolo gli estranei a osservarla in quel modo. Aveva scorto quella stessa espressione negli occhi diAimee e Sabrina, sedute sulle scale ad aspettare che lei riportasse a casa il loro papà, poi negli occhidi Hannah, quell’estate in cui la tampinava con le sue torte, e perfino sul viso di Troy, dopo cheSabrina aveva cal pestato il suo cuore. “Mi salverai?” diceva quello sguardo. “Puoi sistemare tutto?”

La cosa buffa era la facilità con cui aveva assunto quel ruolo, quando in realtà era sempre statoChristopher a prendersi cura di lei. Era stata viziata e nemmeno lo sapeva. Poi, senza neanche un po’di allenamento o un corso di formazione, si era ritrovata con Christopher in un letto d’ospedale, e daquel momento ogni decisione spettava a lei. Alla fine era arrivata ad accogliere quasi con gioia lesfide e i problemi, grandi e piccoli, nelle vite delle persone a lei care. Era molto brava a darsi dafare per affrontarle; da giovane non lo avrebbe mai creduto possibile. Aveva imparato a prendersicura degli altri. Peccato che ci fosse voluta la morte di Christopher per capire la sua vera natura. Eaveva passato anni a nasconderla proprio a lui.

Si era sempre lamentata del fatto che si dicessero poche volte “Ti amo”. Non era vero,ovviamente.

Adesso avrebbe tanto desiderato un’altra parola, un’al tra notte, anche solo un altro minutoinsieme a lui. Gus era cambiata da allora, sia nelle piccole cose (non lasciava più le scarpe sparsenello sgabuzzino, ma usava la scarpiera che Christopher aveva comprato), sia nelle cose importanti,restando fedele al suo lavoro anche quando l’eccitazione per la novità si esauriva. Aveva presovagamente in considerazione la possibilità di frequentare di nuovo qualcuno a un certo punto... maquando?

«Quando sarai pronta lo capirai» le diceva spesso sua madre nei primi anni dopo la morte diChristopher. E se invece non l’avesse capito? Se non l’avesse capito mai? Stare con Christopher lemancava, le mancavano le sue mani. E, in tutta sincerità, l’idea di essere toccata da un altro uomo laterrorizzava e la eccitava allo stesso tempo.

Così aveva cercato in tutti i modi di soddisfare il suo bisogno di contatto accudendo gli altri. Perun po’ aveva funzionato, ma dopo diciotto anni di solitudine non era più così appagante. E tuttaviasapeva che tante persone ormai contavano su di lei.

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«Sono molto contenta che tu sia qui, Priya» disse Gus accarezzando il braccio della donna, ericevendo in cambio un balenio di denti candidi. «Hai uno splendido sorriso.» Salutò Oliver con lamano e si avvicinò a Priya.

Dopo più di due ore di cammino finalmente tornarono all’albergo.«Grazie a Dio siete qui» esclamò il direttore del resort. «Abbiamo un’emergenza assoluta. Il

nostro chef si è infortunato e ci sono duecento ospiti per un congresso. Hanno prenotato un menùspeciale di assaggi, ma lui non ha lasciato scritto nulla.»

«Cosa gli è successo?» chiese Gus sinceramente pre occupata.«Si è rotto una gamba cadendo da un trampolino elastico» rispose il direttore.«Be’,potrebbe dare istruzioni da una sedia»suggerì lei.«No, l’hanno portato via in ambulanza. So che le sembrerò sfacciato, ma visto che è ospite qui,

signora Simpson, speravo che potesse fare qualcosa per noi...»«I vicechef ci sono?»«Certo» confermò il direttore. «Possono occuparsi del pranzo degli altri clienti. Ma per i

partecipanti al congresso... Sarò sincero: hanno pagato per qualcosa di speciale.»Gus si rivolse a Oliver: «Bisogna vedere cosa c’è in cucina, ma credo che possiamo aiutarli».Fece cenno a Gary di avvicinarsi. «Che piani hai per il pomeriggio?»«Corsa dei sacchi.»«Sì, Oliver e io saremo felici di cucinare per voi» annunciò in fretta Gus. Sulla sua agenda non

c’era posto per altri giochi. «Hannah, vai a cercare Carmen. Lei e Aimee stanno ancora gironzolandosul sentiero.

A tutti gli altri auguro un piacevole pomeriggio in compagnia di Gary.»Quattro ore dopo, Gus, Carmen e Oliver festeggiavano con una bottiglia il miglior pranzo che

avessero mai pre parato senza preavviso. Tra le varie portate il banchetto comprendeva: risotto instile paella con vongole, trota in crosta di sale al finocchio, straccetti di manzo Wagyu con burro altimo e un tris di bignè alla crema aromatizzata allo zenzero, tè verde e cioccolato al peperoncino.Esauste, Gus e Carmen lasciarono Oliver a giocarsi con Troy la finale del loro torneo di videogiochi,e si diressero verso l’ascensore, troppo stanche anche per battibeccare.

Era stato illuminante osservare Carmen mettersi finalmente all’opera, senza interruzionipubblicitarie e senza telecamere. Il broncio aveva lasciato il posto a un’espressione concentrata;aveva tagliato e mescolato spezie per creare straordinarie esplosioni di gusto. Il sorito spagnolo cheaveva preparato, con cipolla, pomodoro, aglio e olio d ’oliva aveva trasformato il pollo arrosto in unpiatto indimenticabile.

I cuochi dell’albergo erano rimasti alquanto spiazzati all’entrata dei tre, poi però si erano rimessitutti al lavoro, come una vera squadra. Dopotutto c’erano clienti paganti da sfamare.

A essere sinceri, era la prima volta che Gus lavorava con Carmen e non solo accanto a lei. Larivalità restava, eccome, ma, tra un assaggio e l’altro, non fecero che darsi suggerimenti l’un l’altraper migliorare le proprie creazioni. Per una volta, la cucina aveva avuto la precedenza. In fondo nonc’era nessuno a guardarle: né Alan, né Porter, né i milioni di occhi dall’altra parte della telecamera.

L’ascensore arrivò e le porte si aprirono. Gus e Carmen entrarono in silenzio, stanche dopo unagiornata di yoga, trekking e cucina. All’interno c’era un uomo sulla trentina, piuttosto malfermo sullegambe, che teneva il braccio attorno alle spalle di una bionda, anche lei con qualche problema diequilibrio.

«Siete qui per il congresso?» biascicò la donna chiaramente brilla.«No, anche se sono sicura che sia molto interessante» rispose Gus spostandosi di lato. Carmen

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fissava il pavimento: desiderava soltanto il proprio letto.«Ehi, non siete quelle due che fanno quel programma di cucina?» L’uomo diede di gomito alla

donna, come a richiamare la sua attenzione. «Guarda! Sono Gus Simpson e Carmen Vega.»«Oh mio Dio!» esclamò la donna osservandole meglio, mentre Carmen cercava di sottrarsi allo

sguardo indagatore. «È proprio lei» concluse la bionda rivolgendosi al fidanzato/marito/collega oquel che era.

«Gus è in televisione da una vita; invece quella Carmen è insopportabile» commentò l’uomo.«Con quell’accento spagnolo, poi. Come se non sapessimo che è finto.»

«Io sono di Siviglia» lo corresse Carmen scaldandosi. La coppia, però, continuava a blaterareignorando la loro presenza.

«E quelle tette di gomma» aggiunse la bionda. «Gli manca solo la parola.»«Sono l’unica cosa che mi piace» disse lui.La donna sbuffò. «Che maiale.» In realtà non sembrava minimamente contrariata. «Scommetto che

non sa nemmeno cucinare.»Gus si schiarì la voce. «Vi siete accorti che siamo qui?»«Tanto è solo una balla» riprese l’uomo, come se stesse guardando Gus alla tv.«Ehi, gente!» tentò di nuovo Gus. «Siamo qui!»«Non sopporto quando mischiano gli ingredienti, e poi due secondi dopo tirano fuori dal forno il

piatto pronto. Lo sanno tutti che preparano in anticipo.»«Esatto!» esclamò lui. «Chiunque potrebbe condurre un programma di cucina in questo modo.

Perfino io che non so fare niente!»La donna si rivolse direttamente a Carmen e Gus. «Voi due dilettanti dovreste lavorare sul serio

in una cucina, come lo chef di questo albergo. La cena era fantastica.»«Mi lasci indovinare...» disse freddamente Gus. «Avete mangiato il granchio marinato con mela

verde e vuzu.»«Sì» rispose l’uomo. «Come fa a saperlo?»«Perché siamo state noi a cucinarlo» rispose Gus alzando la voce. «Abbiamo tagliato e condito

fino all’ultimo boccone del vostro banchetto.»«Gus ha preparato i fichi al forno con porto e cannella» intervenne Carmen. «Avete mangiato

anche quelli?»«Sì» balbettò la donna indietreggiando un po’. «Erano buoni.»«No, erano ottimi. Ammettetelo» urlò Carmen puntandole il dito in faccia. Gus le posò

rapidamente la mano sulla spalla, e la tirò indietro proprio mentre le porte dell’ascensore siaprivano.

«Certo che i VIP sono proprio stronzi» commentò l’uomo uscendo di corsa. «Si faceva solo perparlare.»

«E le sue tette non sono finte!» gridò Gus ai due mentre l’ascensore si richiudeva. Poi si giròverso Carmen. «Vero?»

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23La mezzanotte era passata da un bel po’ quando un foglio di carta scivolò sotto la porta di Gus.

MUOVITI! c’era scritto in grandi caratteri verdi.Un altro gioco? Quel Gary Rose era insopportabile. Come si permetteva di pretendere che tuttifacessero quello che voleva lui? E passare bigliettini sotto le porte, poi!Gus pensò di ignorarlo, ma non voleva essere l’unica a non presentarsi.Così, senza nemmeno indossare una vestaglia sopra la camicia da notte color smeraldo, si avviò

in fretta per raggiungere il gruppo. Perché questa attività non compariva sul programma?Gus attraversò i giardini accanto all’edificio principale, poi i campi da tennis, e arrivò al lago.«Ho dimenticato di mettere le scarpe» disse a Hannah, che stava facendo roteare alcune palline

da tennis come un giocoliere. Lei si limitò a un’alzata di spalle, concentrata nel suo gioco.«Mamma!» La voce di Aimee sembrava concitata, ma lontana. Infatti era dall’altra parte del lago,

che si sbracciava. «Ho perso Sabrina.»Senza esitare, Gus trascinò nell’acqua (gelata!) una canoa abbandonata, cercando di tirarsi giù la

camicia da notte ormai fradicia. Con un grande sforzo riuscì a saltare a bordo, e prese a remarefuriosamente nonostante il lago fosse increspato.

L’acqua gorgogliò sui fianchi della canoa, spaventandola. All’improvviso la testa di Oliverspuntò tra le onde.

«Ciao, Gus,» disse «ti va di fare una nuotata con me?»«Ma non ho il costume.»«Che problema c’è?» Oliver tese la mano per tirarla in acqua. «A me non dispiace...»Uff! I quasi sei chili del gatto Pepe atterrarono sulla pancia di Gus. Stava sognando.«Sei meglio di una sveglia, lo sai?» disse al gatto. Pepe miagolò, una richiesta neanche tanto

velata di avere la sua colazione.«Come? Vuoi anche del latte?» Gus gli diede una grattatina dietro le orecchie. S’infilò una

vestaglia e scese al piano di sotto a piedi nudi, poi tornò indietro e prese le pantofole. Sale, chesonnecchiava sul pianerottolo, si stiracchiò pigramente e li seguì in cucina.

Gus aveva collo, spalle e sedere decisamente doloranti: lo yoga, la passeggiata e il tour de forcein cucina domenica sera l’avevano messa a dura prova, ma non erano niente in confronto ai ventiminuti sul sedile passeggeri della Miata rossa di Hannah, la mattina prece dente, durante il viaggio diritorno. Dopo l’ennesima curva spericolata (per non parlare della sorprendente incapacità di Hannahdi leggere i segnali stradali con l’auto in movimento) Gus aveva preteso che accostasse e la lasciasseguidare.

«Ma sono capace!» aveva protestato lei. Gus però era stata inamovibile, e si era posizionata alposto di guida; Hannah si era placata solo quando Gus le aveva spiegato come abbassare il tettuccio.«Venerdì ho azionato i tergicristalli quattro volte nel tentativo di chiuderlo» aveva detto.

Ma nemmeno con Gus al volante era stato un viaggio tranquillo: erano più di vent’anni che nonusava un’auto con il cambio manuale.

«Ricordami di non chiederti lezioni di guida» aveva scherzato Hannah, agitando i capelli alvento, mentre si godeva il paesaggio della Hudson Valley.

Gus cercò un’aspirina nell'armadietto, bevve un po’ d’acqua dal rubinetto, poi guardò fuori dallafinestra, aspettandosi di vedere le sue viole del pensiero. Invece vide Hannah, in maglietta epantaloncini, che faceva oscillare le braccia indietro sopra la testa, con le dita intrecciate.

Gus batté sul vetro prima di aprire la finestra. «Sei arrivata presto» disse. Hannah la salutò con

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la mano e continuò i suoi esercizi per diversi minuti prima di entrare in casa.«Veramente sei tu che ti sei alzata tardi, Gus. Sono le otto passate. Sono già andata a correre.»«Cosa?»«Ho fatto jogging, fuori, come le persone normali. Senza berretto, né occhiali da sole, nemmeno

un cappuccio.»«Ottimo. Devo dedurre che sei rimasta anche tu vittima dell’incantesimo di Gary Rose e del suo

spirito d’iniziativa.»«No.» Hannah prese un’arancia dalla fruttiera. «Ho solo ristabilito i contatti con Hannah Joy

Levine.»«Basta con la dieta di caramelle?»«Questa è solo un’integrazione» rispose Hannah, ammucchiando le bucce d’arancia sul piano di

lavoro.Poi andò a sbirciare in frigo. «Mm... salmone affumicato. Non starebbe benissimo sulle uova?»«Certo. Vuoi prepararmi la colazione?»Hannah finse di essere confusa. «Magari se ti guardo imparo qualcosa.»Gus prese una ciotola e una frusta, continuando a osservarla con sospetto. «Va bene, Hannah Joy

Levine, vedo le tue carte. Cos’è questo improvviso interesse per la cucina?»«Voglio accettare l’offerta di Alan. Ho deciso di partecipare al programma.»«Sicura? Ti sfrutteranno fino all’osso.»«Mi sono sentita così... viva in questi due giorni» disse Hannah, prendendo una tazza di caffè.

«Ho pensato: ho trentasei anni, voglio restare chiusa in casa per sempre?»«Anche qualche settimana fa avevi trentasei anni, eppure ti faceva paura persino scendere le

scale fino in cucina. Ma se mi stai dicendo che intendi dare una svolta alla tua vita, sono con te.» Gussbadigliò.

«Non riesco a credere di aver dormito così tanto... Di solito sono io che preparo tazze e caffè pertutte e due. È strano vedertelo fare da sola.»

«Non ti preoccupare. Non sei obbligata. Non vogliamo certo restare prigioniere dei ruoli, vero?»Hannah prese una seconda tazza, versò il caffè e lo macchiò appena di latte, poi lo porse alla sua

amica. «Siediti e sputa il rospo» continuò. «In questo fine settimana ti ho visto a malapena, e alritorno era impossibile parlare con il rumore del traffico.»

«Che cosa c’è da raccontare?» chiese Gus, sentendosi quasi sul punto di piangere.«Senti, la faccenda dei soldi è su tutti i notiziari. Se poi aggiungi l’incendio del bollitore di

qualche settimana fa, sei davvero sulla bocca di tutti.»«Non sono l’unica a essere stata truffata.»«No, certo sei in ottima compagnia. E non mi riferisco solo ad Alan.»«I miei indici d’ascolto avranno sfondato il soffitto. E se tu parteciperai davvero alla

trasmissione, si parlerà ancora di più di noi.» Gus bevve un sorso di caffè. «Ricordi quando ero solouna vecchia signora che conduceva un programma di cucina? Be’, ora sono la capo banda di un circocompletamente fuori di testa.»

«Qualsiasi cosa tu faccia, Gus, cammina sempre a testa alta. Non hai nulla di cui vergognarti. Ecomunque nascondersi non ha senso.»

«Allora è proprio vero...» Gus porse a Hannah un piatto di salmone affumicato e uova. «Un finesettimana fuori e sei rinata?»

«Se fosse così, organizzerei ritiri per agorafobici ovunque. Potrei fare un sacco di soldi.» Hannahprese a mangiare di gusto. «In realtà sono ancora terrorizzata» confessò. «Ma lo sono altrettanto di

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finire da sola a novant’anni. Diciamoci la verità, Gus, tu per quel l’epoca probabilmente sarai giàmorta e io non avrei nessuno che mi dà da mangiare.» Ripulì E piatto e si asciugò le labbra con untovagliolo.

«Non c’è niente di male a stare da soli» disse Gus ammucchiando nel lavello le stovigliesporche, la padella e il tagliere. «Insomma, anche se non c’è un uomo nella tua vita non significa chetu abbia qualcosa che non va.»

Hannah per poco non si strozzò con il caffè e cominciò a tossire.«Non c’è un uomo nella mia vita? Santo cielo, non esco con un uomo da quindici anni!» gracchiò.«Non tutti hanno delle relazioni stabili, sai? Oltretutto, chi ha parlato d’amore? Speravo solo di

farmi qualche altra amica. Carmen e io abbiamo passato un po’ di tempo insieme. È stato carino.»«Temo che tu stia sbagliando obiettivo. Quella è il genere di amica che passerebbe sopra il tuo

cadavere pur di arrivare in cima.»«Ho solo detto che è stata gentile con me» mormorò Hannah. «Non le ho certo offerto un

braccialetto dell’amicizia o i miei dischi dei Toto. Che cavolo!»«Scusa, sono un po’ nervosa.»«Perché all’improvviso pensi agli uomini? Molto strano. È molto interessante.»«Non è affatto interessante e non c’è nulla da dire.» Gus non aveva nessuna intenzione di

raccontarle il suo sogno, il modo in cui l’acqua scivolava sulle spalle larghe di Oliver e il suosguardo disarmante, che la invitava ad avvicinarsi sempre di più...

«Sicura?» chiese Hannah interrompendo i suoi pensieri. «Per caso questo fine settimana èsuccesso qual cosa che vorresti raccontarmi? Con Gary Rose, ci scommetto. Dai, a me puoiconfessarlo...»

«No, Hannah, l’unico uomo che ho in mente adesso si chiama David Fazio. E a quest’ora se la staridendo alle mie spalle.»

Si avvicinò al computer portatile per controllare se fosse arrivato qualche aggiornamento di Alansulla situazione. Niente. «Che ne pensi della vincitrice del concorso?» chiese.

«Un po’ depressa. O magari è solo un tantino ossessiva. Non ha smesso un attimo di parlare dite.»

«A me è sembrata simpatica, un po’ stanca, forse. Ma con tre figli... E stata molto dolce,davvero.»

«A proposito di figli... cosa è successo con le ragazze?»«Ah, giusto. Anche tu hai assistito alla mia pubblica umiliazione. Sono ufficialmente una cattiva

madre.»«Non è vero, Gus. Volevo solo chiederti come va con loro.»«Ci stiamo provando. Parliamo molto, cerchiamo di tirar fuori certe cose. Aimee si sente troppo

sotto pressione, mentre Sabrina è troppo protetta. O qualcosa del genere.» In realtà le conversazionicon le sue figlie (l’ultima, molto lunga, domenica sera) erano state estenuanti, perciò era difficileelaborare tutto quello di cui avevano parlato. Gus si sentiva colpevole e preoccupata. Le ragazze,invece, erano sembrate così piene di speranza, come se, anche mentre chiedevano alla madre dilasciarle in pace, lei avesse potuto sistemare tutto come al solito.

Le vecchie abitudini sono dure a morire. E a volte non esistono soluzioni semplici.Ormai era chiaro che Gus aveva bisogno di un addetto stampa: dopo il fine settimana al resort il

telefono non aveva fatto altro che squillare. Erano tutti giornalisti che speravano di ottenere unadichiarazione sulla truffa. Gus aveva abbassato la suoneria e ignorato il lampeggiare continuo deldisplay, fingendo di non essere in casa. Neanche quella mattina aveva acceso il cellulare. Si era

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messa un paio di pantaloni comodi e una camicia di jeans sbiadita (la sua tenuta da giardinaggio), edera uscita aE’aperto a passare un po’ di tempo con le sue rose. Mal grado le spine, loro non silamentavano, non rispondevano mai male, né la rimproveravano in pubblico. «Come farete quandonon potrò più permettermi il vostro costoso fertilizzante?» mormorò. «Mi amerete ancora?» Portò unmazzetto di boccioli al lavello della lavanderia per tagliare i gambi, e si lavò le mani prima diandare nel soggiorno a scegliere un vaso adatto dalla vetrina delle porcellane. Ci mise molto piùtempo del necessario a decidere: aveva bisogno di distrarsi, e poi le piaceva ripensare alla storianascosta dietro ogni pezzo. Aveva appena optato per un vaso di cristallo lavorato della sua bisnonna(in realtà intendeva prendere quello fin dall’inizio), quando suonò il campanello.

Guardò l’orologio sulla parete: le quattro passate. Per un newyorkese medio la giornatalavorativa era ancora in pieno svolgimento, E che escludeva la maggior parte dei suoi amici e deifamiliari. Le ragazze non avrebbero mai suonato, e Hannah di solito entrava dalla veranda. Non era ilgiorno di paga del ragazzo dei giornali, e per la lettura del contatore del gas non c’era bisogno divenire fino alla porta.

“Un altro giornalista in cerca di uno scoop” si disse. Strano, quando era immersa nella lettura diun articolo non pensava mai alle persone coinvolte, non si chiedeva mai se avessero davvero vogliadi rilasciare una dichiarazione o se il cronista avesse dovuto inseguirle.

Driin! Driin! Driin! Driin! “Santo cielo” si disse “sono intrappolata nel mio salotto.” Cercò disbirciare dalla finestra, ma riuscì solo a distinguere una figura alta e, quando quella si voltò nella suadirezione, si abbassò

immediatamente. “Oddio, mi sto trasformando in Hannah.” Non c’era da stupirsi che la sua amicasi fosse nascosta in tutti quegli anni: la sensazione di essere braccata era insostenibile.

«Gus, ci sei?» chiamò una voce attutita al di là della porta. «Sono Oliver. Mi fai entrare?»Oliver? All’inizio si sentì sollevata, ma subito dopo avvertì un moto di stizza. Che cavolo ci

faceva lì a metà pomeriggio?«Ciao, Oliver» disse aprendo la porta. «Un uomo paziente non suona il campanello quattro

volte.»«Certo che sì» rispose lui. «Lo suona con pazienza finché non gli aprono.»«A cosa devo la sorpresa?»«Sono passato per invitarti a nuotare.»Gus arrossì. «Ma non ho il costume...»Oliver rifletté per un attimo su quella risposta, poi scrollò le spalle. «Secondo me hai bisogno di

distrarti da tutta questa storia. Fermare un po’ i motori.»Ah, ecco. Era venuto a fermarle i motori. Ma certo, nessuno sarebbe andato a nuotare.«Guarda che sto bene» replicò lei.«Non m’inviti nemmeno a entrare?»In imbarazzo, Gus fece un passo indietro e lui entrò; in mano aveva una grossa scatola.«Che cos’è?»«La cena. Stamattina ho preparato della pasta fresca, poi ho comprato un po’ di pane croccante,

un chilo di vongole e due bottiglie di Fumé Blanc. Ed ecco pronto il nostro banchetto.»«Ho già mangiato» mentì Gus. In realtà aveva appena assaggiato la colazione sostituendo poi i

soliti caffè con un’infinità di tazze di tè. Se Hannah aveva la sua dieta a base di zuccheri, leidipendeva dalla caffeina.

«Gus, sono le quattro e mezzo del pomeriggio» osservò lui. Di tutti i newyorkesi che conosceva,e ne conosceva tanti, non ce n’era uno che cenasse prima delle otto. Lavoravano tutti fino a tardi.

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Appoggiò la scatola sul bancone della cucina, così familiare dopo le puntate in diretta, e cominciò asvuotarla.

«Non puoi irrompere qua dentro e metterti a cucinare» protestò Gus, innervosita dalla presenza diOliver. Erano secoli che non restava da sola con un uomo.

«Non ho forzato la porta. Mi hai fatto entrare tu.»«Solo per cortesia. In realtà non volevo. Ora è meglio che tu vada.» Prese un pomodoro che lui

aveva appena messo sul tagliere e lo infilò di nuovo nella scatola.«Okay, mi sembra piuttosto chiaro.»«Non è il momento giusto, Oliver. Non sono... ancora pronta per questo genere di cose.»«Un conto è non essere pronti, un altro è scappare. Va bene aspettare l’uomo giusto, però devi

saperlo riconoscere quando arriva.»«Ma sai quanti anni ho? Potrei essere tua... la tua sorella maggiore.»«Io non ho sorelle. Ho solo due fratelli.»«Hai capito cosa intendo» disse lei, rimettendo nella scatola una testa d’aglio. «Sono più vecchia

di te.»«Be’, siamo tutti e due entro la quarantina. Che differenza fa?»Gus si sentì lusingata e, per un istante, considerò l’ipotesi di lasciargli credere che la sua età

cominciasse ancora con il quattro.«Ho cinquant’anni» disse in tono neutro. «Adesso come la mettiamo?»«Cinquanta è un numero fantastico» azzardò lui. «Cinquanta è la metà di cento. Insomma, è solo

un numero. E sai cosa? A Oliver Cooper non importa niente.»«A me sì. E sconveniente.»«Gus, sono un uomo adulto, non un liceale con una cotta per l’insegnante. Tu sei la donna più

interessante e di classe che abbia conosciuto negli ultimi... facciamo m tutta la mia vita.»Posò la mano su quella di Gus, ancora ferma dentro la scatola, e la costrinse dolcemente a

mollare l’aglio. «E ci piace cucinare insieme. Non vedo dove stia il problema.»Incerta, Gus si spostò dalla parte opposta dell’isola mettendo una barriera tra loro.«Non lo so...» esordì. «Tanto per dirne una, ci sono le ragazze.»«Certo, le ragazze. Una forse si sposerà a breve, e l’altra è impegnata a salvare l’economia del

pianeta. Capisco perfettamente perché il fatto che tu esca con qualcuno potrebbe distruggere E loromondo.»

« E poi devo risolvere la questione delle mie finanze.»«Mi avevi detto di non avere tempo per uscire con un uomo, allora sono venuto io. Cucinerò e

laverò anche i piatti, così tu potrai startene seduta a fare i conti con il pallottoliere.»«È stato un colpo terribile per me. E se il programma venisse cancellato?»«Preoccuparsi in anticipo non serve a niente.» Oliver si avvicinò all'isola e si allungò verso di

lei.Abbassò la voce fino a un sussurro. «Senti, io leggo i forum sul sito di Cooking Channel e so di

non essere affatto male. “Appetitoso” per citare la mia fan pentola a pressione.»Suo malgrado, Gus scoppiò a ridere.«Non sto scherzando. Ho stampato il suo commento e l’ho attaccato al frigorifero. Mi fa sentire

meglio quando sto per cedere a un’altra fetta di brie. A proposito, anche tu hai un bel gruppetto diaffezionati.»

«Va bene, allora prepari la cena e basta.»«E un bacio. Uno solo. È tutto quello che ti chiedo. Poi ti lascio in pace e non ne parliamo più.»

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Era una situazione così sciocca, ma tutte quelle attenzioni le facevano bene. Cosa c’era di male inuna cena?

«Va bene» si arrese Gus. «D ’accordo.»«Allora togliamoci subito E bacio, così poi non dobbiamo preoccuparci dell’odore di aglio.»

Scivolò attorno all’isola per raggiungerla.«Va bene» ripetè Gus, un po’ a corto di fiato. Occhi aperti o chiusi? Doveva reclinare un po’ la

testa all’indietro o aspettare che lui le prendesse E viso tra le mani?Oliver si avvicinò, molto lentamente, e lei abbassò le palpebre. Riusciva a malapena a restare

ferma, l’attesa era insopportabile... e poi lui aveva un odore così buono.Lui le sfiorò appena la guancia con le labbra. Un istante e via.«Oh!» esclamò Gus, aprendo gli occhi di scatto e arrossendo di delusione e imbarazzo.

«Credevo...»Oliver rise e la attirò rapidamente a sé, poi posò le labbra sulle sue, aumentando dolcemente la

pressione.«Ancora una cosa» mormorò respirando dentro di lei. «Forse avrei dovuto avvertirti che sono un

osso duro nelle trattative.»

Parte Settima

DUE GOCCE D’ACQUA

24Era davvero bravo a forzarle la mano quell'Oliver. Non che a Gus dispiacesse naturalmente.

Aveva raddoppiato la posta del bacio con una splendida cena, una serata al cinema il giovedì (soloun’occasione in più per pomiciare al buio), un pomeriggio di giardinaggio il lunedì successivo, unamissione al Culinary Institute of America il mercoledì, e un altro giro al mercato di Union Square ilsabato.

«Siamo in giugno,» disse lui «il che significa quintali di mirtilli del New Jersey. E se siamofortunati ancora qualche fragola.»

«Già» replicò lei. «Stasera è un’occasione molto importante per me.»Oliver annuì, come se gliel’avesse sentito dire per la prima volta. In realtà erano giorni che Gus

non parlava d’altro che della cena di quella sera con Aimee e Sabrina. Dopo il weekend al resortaveva sentito spesso le sue figlie, cercando di non esagerare per non sembrare insistente. Avevachiesto a entrambe, una alla volta, di andare da lei e di restare a dormire la notte prima della puntatadi domenica, una nuova occasione per dimostrare che il gruppo poteva davvero lavorare insiememettendo su uno show coinvolgente ma non confusionario. A Priya Patel, in quanto vincitrice delconcorso, era stato assegnato il ruolo di aiutante nella scelta del menu, così in omaggio al suo paesed’origine avrebbero preparato solo piatti

vegetariani. Nemmeno il pesce era ammesso, particolare che Carmen non aveva preso troppobene.

Ma quella sera, sabato, Gus non aveva nessuna voglia di pensare alla trasmissione. Le sue figliesarebbero venute a cena ed era l’occasione per un nuovo inizio.

Aimee e Sabrina arrivarono a distanza di pochi minuti l’una dall’altra, ciascuna su un taxi presoin stazione. Senza saperlo avevano viaggiato sullo stesso treno in carrozze diverse. Fu con una certairritazione che scoprirono la rispettiva presenza.

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«Mamma sa che sei qui?» chiese Aimee quando si trovarono sulla soglia. Si era convinta, anchese sua madre non l’aveva specificato, che volesse passare un po’ di tempo da sola con lei.

«Dobbiamo parlare del matrimonio» rispose Sabrina. «E tu perché sei qui?» Le era sembrato chesua madre volesse discutere di abiti e inviti...

Gus aprì la porta proprio in quel momento; aveva dei cucchiai in mano.«Ma quanto siete carine!» esclamò, nonostante le ragazze fossero in perfetto stile da relax

domenicale.Aimee indossava una semplice maglietta bianca e un paio di jeans, mentre Sabrina una camicettaturchese aderente e un paio di pantaloni capri di una tonalità cioccolato. Gus, invece, aveva

scelto una camicetta color argento allacciata sul fianco, una gonna stretta di seta verde chiaro, e unpaio di favolose scarpe Jimmy Choo; i capelli, appena più chiari del solito, erano stati acconciatiquel pomeriggio.

«Sei stupenda, mamma» dissero in coro Aimee e Sabrina, mentre Gus si faceva da parte per farleentrare. Il lampadario della sala da pranzo era acceso, ma la luce era soffusa; il tavolo di palissandroera apparecchiato per quattro con la tovaglia delle grandi occasioni e il servizio migliore.

«Wow, mamma! Hai fatto le cose in grande» osservo Sabrina, posando la borsa di tela piena diriviste per spose e guardando la sala con un’espressione un po’ triste. Aimee appoggiò la borsa sultavolino dell’ingresso e rimase a bocca aperta.

«Certo» disse Gus sistemando i cucchiai a tavola. «È una cena importante. Volevo che tutto fosseperfetto.»

Ad Aimee venne quasi da piangere. «Chi hai invitato?»«Voi due, ovviamente» rispose Gus. «Ora andiamo in cucina, devo farvi vedere una cosa.»Ma in cucina non c’era nessun altro a parte Sale e Pepe sulle poltrone del bovindo; una

sonnecchiava e l’altro si puliva con impegno le zampe. Il profumo del l’arrosto, intenso e invitante,riempiva l’aria, e una pentola bolliva sul gas. Patate, forse.

«Allora, che ve ne pare?» domandò Gus aspettando una reazione.«Di cosa?»«Di questo. Una cena di famiglia, come una volta.» Gus indicò ad Aimee e Sabrina il piano di

lavoro: c’erano scodelle colme di cacao, avena, scaglie di cioccolato, farina e uova.«Faremo una torta di compleanno» spiegò. «Per vostro padre.»«Ha compiuto gli anni mesi fa» osservò Aimee.«Vuol dire che siamo un po’ in ritardo. Di diciotto anni e qualche mese.»«I morti non mangiano torte» obiettò Sabrina.«Vero, ma i vivi sì.» Gus porse a ciascuna un cucchiaio di legno. «Festeggiamo, per una volta.»«Tipo... in ricordo dei bei tempi?» chiese Sabrina.«Esatto. Festeggeremo vostro padre e anche noi stesse.»«E tutte le cose brutte?» intervenne Aimee. «E il nostro litigio?»«Festeggeremo anche quelle» rispose Gus. «È tutto ciò che ci ha portate qui stasera. Compresi i

miei errori.» Tutte e tre insieme, come una vera famiglia, mescolarono gli ingredienti e imburraronogli stampi, misero l’impasto in forno, e poi prepararono una semplice glassa con burro, zucchero avelo e bacche di vaniglia.

Nessuna telecamera, nessun bisogno di lanciarsi freccia tine, nessuno che potesse rubare adAimee e Sabrina l’attenzione della madre. Per tutto il tempo la pentola con l’arrosto continuò asobbollire, facendo venire a tutte l’acquolina in bocca.

«Era il piatto preferito di vostro padre» disse Gus. «Ormai è quasi pronto. C’è un’ultima cosa,

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però.»Portò le ragazze in sala da pranzo, aprì una bottiglia di champagne e, dopo averlo versato

rapidamente in quattro flute di cristallo, ne passò due alle figlie e ne mise uno davanti al quartocoperto.

«Papà ha sempre avuto un posto alla nostra tavola, e lo avrà sempre» riprese Gus. «Anche se glialtri non possono vederlo, noi sappiamo che c’è, vero?»

Aimee e Sabrina annuirono.«Vorrei fare un brindisi» proseguì. «Ad Aimee, per la tua bontà e la tua serietà. Ho sempre dato

per scontato che sapessi quanto ti apprezzo. Ma voglio che tu sappia anche quanto sono orgogliosa dite.»

Bevve un piccolo sorso di champagne. « E a Sabrina, che non è più una bambina, ma una donnacon una creatività meravigliosa e un potenziale infinito. Sei cresciuta, stai per sposarti e non ti hoancora fatto gli auguri.»

«Mamma,» intervenne Aimee «mi dispiace di averti messo in imbarazzo al resort.»«Non posso certo dire di essermi divertita. Ma nella vita esistono anche i momenti critici.»«Grazie di tutto» aggiunse Sabrina. «Ho portato qualche rivista da sfogliare insieme a te, però ne

ho par lato con Billy: pagheremo noi le spese del matrimonio.»Tornata dal fine settimana, Sabrina si era sorpresa di scoprire quanto fosse ansiosa di rivedere

Billy per raccontargli tutte le sue avventure. Le cose tra loro andavano ancora meglio da quandoavevano iniziato a pensare a una data, fantasticando sul loro futuro insieme. Sarebbero rimasti a NewYork, magari trasferendosi a Brooklyn, dove Sabrina avrebbe preso uno studio tutto per sé. Lei avevagiurato di cominciare a giocare a golf, mentre lui aveva promesso di tingersi i capelli appena fosserodiventati grigi. Erano davvero sulla stessa lunghezza d’onda.

«Non è necessario» disse Gus. «Non sono proprio al verde. E non vedo l’ora che tu venga quicon Billy, così potrò conoscerlo meglio... Oppure posso venire io a New York. Ovviamente vichiamo prima.»

«Grazie ancora, mamma. Ma voglio dare una mano dopo tutto quello che è successo. E per primacosa devo smettere di chiedere, a cominciare da adesso.»

«Ti aiuterò a pianificare un budget per le nozze» si offrì Aimee.«E io preparerò la torta» disse Gus. «Perché questa cosa la facciamo insieme, anche se voi due

state crescendo.»«Siamo già cresciute» puntualizzò Sabrina.«Be’, almeno lascia che mi abitui all’idea.» Gus osservò la sua bella tavola apparecchiata. «Oh

guarda, manca un centrotavola. Aimee, qui dovresti entrare in azione tu.»«Casomai Sabrina.»«No, credo che dovresti provarci tu» la incalzò Gus. «Coraggio, sorprendimi.» E andò in cucina

per controllare l’arrosto portando con sé il bicchiere.«E adesso cosa faccio?» chiese Aimee alla sorella. «Sei tu la creativa.»«Mamma non ha chiesto a me di fare il centrotavola.»«Magari dei fiori? Potrei andare in giardino. O no, aspetta, spargeremo delle perline.»«Perline? E dove le trovi le perline?»«Non lo so. Non tieni roba del genere nella borsa?»«In caso di emergenza? Ehm, mi sa proprio di no.»Aimee corse su per le scale a cercare qualcosa in camera da letto; tornò con una manciata di

graffette, un orsacchiotto e una scatola di fazzolettini di carta.

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«Ora capisco perché fai l’economista» rise Sabrina.Aimee posò tutto sul tavolino dell’ingresso e respirò a fondo.«Pronte?» urlò Gus dalla cucina.Allora le venne l’idea. Mise al centro della tavola una vecchia foto sciupata, in cui due bimbe in

costume da bagno - Sabrina senza i denti davanti e lei con le sue gambette magre - correvano sotto ilgetto di un idrante insieme al padre. Gus non era nell’inquadratura, ma solo perché stava scattando lafoto.

Dopo cena, e dopo enormi fette di torta al cioccolato, iniziarono a guardare vecchi album difamiglia.

Li ave vano già visti migliaia di volte, ma improvvisamente parevano acquisire un nuovosignificato.

Gus raccontò tutte quelle storie che fino a quel momento erano state troppo tristi da ricordare,perché rendevano l’assenza di Christopher ancora più dolo rosa. Mostrò alle ragazze le fotodell’Africa, con i volti dei loro genitori bruciati dal sole ma sorridenti; parlò di quanto si era sentitautile e motivata, e di come E loro papà riuscisse a scavare pozzi più velocemente di chiunque altro.

Poi tirò fuori l’album del matrimonio; risero di quella volta in cui a Natale erano esplosi i tubidell’acqua (Sabrina non aveva ancora tre mesi) e a Gus era toccato ripulire il disastro; o, ancora, diquando Christopher aveva insistito per portare le bambine piccole e un gatto a fare un giro inmacchina in un giorno di un agosto eccezionalmente caldo.

«Siamo arrivati a Philadelphia e mi sono ribellata» ricordò Gus. «La macchina non avevanemmeno l’aria condizionata!»

«Smetteremo mai di sentire la sua mancanza?» chiese all’improwiso Sabrina. Era una delledomande che la teneva sveglia di notte.

«No» rispose Gus con assoluta e profonda onestà, mostrando un nuovo rispetto verso le suefiglie.

«Non credo.»Le Simpson restarono in silenzio per un po’, finché una di loro non voltò un’altra pagina

dell’album e ricominciarono a ridere.Gus, però, scelse di tenere alcune cose per sé. Per esempio, decise di non raccontare che lei e

Christopher non erano sempre andati d’amore e d’accordo, che quando le bambine erano piccole siera sentita un po’ persa, cercando di crescerle e di trovare allo stesso tempo la sua strada, confusa suciò che voleva essere e ciò che voleva fare. Non rivelò che il loro papà non amava il suo lavoro: erabravo, ma lo trovava noioso e poco soddisfacente. Non disse che sapeva di non essere una personafacile con cui vivere (“Ma forse questo lo sanno già” pensò), o che sia lei sia Christopher avevanocommesso degli errori.

Forse un giorno avrebbe raccontato ogni cosa. O forse no. Perché anche se stava imparando adavere un rapporto da donne adulte con Aimee e Sabrina, lei era pur sempre la loro madre.

25«È ancora più bella di quanto immaginassi» commentò Priya entrando in casa di Gus, dopo che

Hannah le ebbe aperto. Qualcuno della rete era andato a prenderla a casa sua nel NewJersey peraccompagnarla a Rye. «Sembra più grande che in televisione.»

«Niente male, eh?» In occasione della diretta, Hannah aveva scelto la sua tuta migliore: uncompleto verde oliva con la zip. «Io vivo nella vecchia rimessa delle carrozze, qui dietro. Circa undecimo delle dimensioni di questa.»

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«E i pavimenti splendono!» esclamò Priya, con un cenno di approvazione. «Gus è davveroperfetta.»

«Già» disse Hannah. «Vieni con me in cucina, andiamo a rubare qualcosa a Oliver. Mi hapromesso di preparare qualcosa in più nel caso mi venisse fame.»

« È meglio che risparmi le calorie per E momento del l’assaggio.»«Sei a dieta?»«Non proprio. Be’, un po’. Il mio problema sono gli spuntini. Basta solo che guardi E cibo

perché mi finisca dritto sui fianchi.»In segno di rispetto Hannah pensò bene di non tirare fuori daEa tasca una tavoletta di cioccolato.«Chiunque altro metterebbe su un chilo, ma io ne prendo almeno tre» continuò Priya. «Una volta

ero più magra. Non proprio uno stecchino, ma nemmeno così paffuta.» Gonfiò le guance mimando unmuso da castoro.

«Non preoccuparti, in realtà non mangiamo mai dopo il programma. Di solito ogni puntata è undisastro, tutti si arrabbiano con tutti e alla fine se ne vanno.»

«Peccato, speravo che ci saremmo divertiti come al resort.»«Ehi, voi due!» urlò Gus, uscendo dalla biblioteca insieme a Oliver e Porter. «Sarà meglio che vi

diate un filo di trucco se volete andare in diretta. Niente nasi lucidi!»«Preferisco truccarmi da sola» rispose Priya. «Sono un po’ fissata con le sopracciglia. Non sono

più folte come una volta, così devo ritoccarle con la matita.»Hanna le si avvicinò. «Eh sì, hai ragione, si vede.»«Hannah!» la sgridò Gus. «Stai benissimo, Priya. Ma un velo di rossetto non guasterebbe. Mi

raccomando, non addentare nulla davanti alla telecamera o ti cadrà sul mento. Credimi, è un erroreterribile.»

In breve tutta la squadra fu riunita in cucina, pronta a preparare ratatouille, stufato di seitan insalsa di zen zero e torta vegan al caffè, con farina senza glutine e aceto al posto delle uova.

«Forza, ragazzi!» esclamò Porter. «Facciamolo per Gary Rose e Alan Holt. Lavoriamo insieme,divertiamoci e facciamo sembrare tutto una passeggiata.»

Gus notò lo scintillio negli occhi di Carmen e, con molta nonchalance, iniziò a sollevare icoperchi delle pentole sul fuoco.

«Cosa stai facendo?» le chiese Oliver. «Lì dentro c’è la salsa.»«Cercavo il polpo» sussurrò Gus muovendo appena le labbra.«Non credo che l’abbia portato stavolta. È tutto a posto.»«Spray al peperoncino nei guanti da forno?» insistette lei. «Ho sentito dire che è il classico

scherzo dei concorsi di bellezza.»«Carmen non è mai rimasta da sola in cucina. La tengo d’occhio. Fidati, Gus.»«Ai vostri posti» gridò un tecnico, mentre cominciava E viavai frenetico dell’ultimo minuto.Troy e Sabrina sembravano ancora in imbarazzo per la reciproca presenza, così lui fu spedito a

tagliare le carote insieme a Mya; Sabrina e Aimee, invece, sedettero su due sgabelli di fiancoall’isola e rimasero a guardare, pur restando nell’inquadratura.

«Grazie al cielo» sospirò Aimee. «Non ne potevo più di tagliare verdure.»Hannah, alla sua prima apparizione ufficiale come ospite del programma, era davanti tra Gus e

Carmen.«È solo per le presentazioni, Carmen» la rassicurò Porter, appena lei protestò. «Poi Hannah

andrà ad aiutare Priya e Troy.»«Cinque... quattro... tre...» disse un assistente di produzione, prima di mimare le ultime due cifre

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senza par lare. In onda.«Benvenuti dalla vostra Gus Simpson. Questa sarà una puntata assolutamente speciale di

Mangiare, bere, e... Sarà infatti con noi la vincitrice del concorso, Priya Patel - e ne approfitto perringraziare tutti quelli che hanno partecipato - , che ha ispirato il menù vegetariano di questa sera.Abbiamo anche un nuovo membro nella nostra piccola squadra.» Si voltò verso Hannah e l’abbracciòdavanti a tutto il mondo.

«Questa è la mia più cara amica, Hannah Joy Levine. E un’ex campionessa di tennis che haimparato molto da alcuni grossi errori. Non è assolutamente capace di cucinare, ma sapete che vidico? Chi se ne importa! Qui non ci interessa la bravura, ma la felicità. E quando avrete imparato aconoscerla, sono sicura che amerete Hannah quanto me. Perciò accomodatevi e buon divertimento.»

«E io sono sempre Carmen Vega» intervenne Carmen, temendo che Gus potesse “dimenticarsi” dilei.

«Hannah è molto simpatica anche a me. Forza, al lavoro!»E così fecero.«Stop!» gridò Porter quasi un’ora dopo. «È stata in assoluto la puntata migliore! Se continuiamo

così, nessuno potrà toccarci. Torneremo di sicuro per un’altra stagione.»Per una volta l’intero cast mangiò insieme dopo la diretta, riunendosi intorno al tavolo laccato di

bianco.«La salsa è ottima» disse Oliver, con la bocca piena di seitan.«Priya, sei una cuoca fantastica» aggiunse Gus. «Hai davvero talento.»«Oh, non lo so» balbettò Priya. «E solo quello che ho sempre fatto: un po’ di cardamomo qui, un

po’ di curcuma là.» Era raggiante per i complimenti di Gus, e guardò con orgoglio Oliver che siserviva un’altra porzione.

«La prossima volta facciamo una grigliata!» suggerì.«Ottima idea» convenne Porter. «Faremo E barbecue del Quattro luglio in diretta dal giardino di

Gus.»«Cosa c’è in programma per il prossimo menu?» chiese Troy. «Speravo che potessimo preparare

degli spiedini di frutta...»«Di solito questo viene deciso in una riunione privata» lo interruppe Carmen. «Ma tu non ti

preoccupare, Troy. Mettiti quell’accidenti di maglietta e lascia a noi la cucina.» Poi si voltò versoPriya. «La tua presenza è stata un rischio, però è un piacere conoscerti. Ti ringraziamo tutti peressere venuta.»

La delusione e il disappunto di Priya erano palpabili. «Ma certo,» replicò «non ho mai pensato diessere particolarmente speciale.»

«Questo non è vero» disse Gus trattenendosi dal prendere a calci Carmen sotto il tavolo. QuellaPriya aveva una capacità sconfinata di incassare le offese. «Tu sei davvero speciale, Priya. Unadonna adorabile e un’ottima cuoca.»

Gus guardò Porter negli occhi; lui sapeva bene dove stava andando a parare.«Sono molto contenta di essere stata qui con voi» disse Priya, alzandosi per andarsene. «Grazie

di avermi invitata.»«Ti andrebbe di partecipare alla mia festa per il Quattro luglio, Priya?» chiese Gus. «Puoi

portare anche la tua famiglia. Mi hai parlato così tanto di loro... sono sicura che si divertiranno.Trasmetteremo parte della festa, naturalmente, ma sarà soprattutto una magnifica giornata perrilassarsi con deU’ottimo cibo e persone splendide. Non potrei immaginare un’ospite migliore.»

Priya era sopraffatta dall’emozione. Era appena stata invitata a una delle famose feste di Gus

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Simpson, così, come se nuda fosse!«La famiglia Patel ne sarà onorata. Riempiremo la macchina di dolci tipici.»«Oh, a proposito!» esclamò Hannah. «Qualcuno di voi sa guidare con il cambio manuale?»«Io» rispose Troy. «Ho guidato un trattore.» «Fantastico, allora sarai tu.»«Eh?»«Sarai il mio istruttore di guida. Ho deciso di prendere la patente.»E così, la domenica successiva, Hannah e Troy si trovarono a girare a vuoto (letteralmente),

mentre lei cercava in tutti i modi di entrare nel parcheggio di una chiesa.«Punti a una protezione dall’alto?» chiese Hannah indicando l’edificio con un cenno della testa.

«Non so se hai scelto il posto giusto. Io sono ebrea.»«Piantala di tergiversare e molla la frizione» la ammonì Troy.Si era messo un casco in testa appena salito in mac china dicendo: «Ho sentito parlare del tuo

stile di guida da Gus. Come mi sta?».«Che spiritoso» aveva replicato lei. «Dovresti sapere che il sarcasmo mi lascia indifferente.

Adesso.»Per più di due ore aveva manovrato la piccola Miata rossa nel tentativo di fare pratica di

parcheggi in fila («Sterza!» gridava Troy. «No, dall’altra parte!»), a spina di pesce («Le righe!Occhio alle righe!»), e di mante nere una velocità costante («Un po’ di gas» la incoraggiava lui,prima di urlare: «Frena!»).

«Oh mio Dio» sospirò Hannah spegnendo infine il motore. Appoggiò la testa allo schienale echiuse gli occhi. «No, non era una battuta.» Si voltò a guardare Troy: aveva insistito per tenersi ilcasco appena aveva capito che le dava fastidio.

Lui sorrise. «Fai schifo.»«Ci puoi giurare. Ma ho solo bisogno di un po’ di esercizio.»«Secondo me ho preso E colpo di frusta per colpa tua. Hai mai scritto un articolo

sull’argomento?»Hannah sbuffò. «No, ma sono sicura che saresti un’ottima fonte. E adesso che si fa?»«Adesso vendi questa bestiola e prendi un’auto con il cambio automatico.»«Non posso andare in giro a comprare macchine, non so neanche da dove cominciare»

piagnucolò lei.«Ti accompagno io.»«Tu guidi un’automatica? Sembra quasi troppo facile, come se la patente non te la fossi meritata.»«Ehm, io vivo a Manhattan. Non tocco un’auto finché non torno nell’Oregon.»«Giusto. Dev’essere bello laggiù, con la tua famiglia. Sei fortunato.»«Lo so. Okay, scambiamoci di posto così usciamo da questo parcheggio e ti porto a casa.»Con Troy al volante non ci furono frenate brusche in mezzo agli incroci né scossoni, e il casco

finì sul sedile posteriore, cosa che irritò Hannah profondamente. Odiava il fatto di non essere capacedi guidare.

«Ferma!» gridò lei a un certo punto.«Che cavolo...?» Troy inchiodò, temendo di aver investito uno scoiattolo o cose del genere.«Laggiù.» Hannah indicò un parco pubblico dall’al tra parte della strada. « C’è un campo da

tennis.»«E mi fai frenare così per un campo da tennis?» Troy scosse la testa. «Non c’è niente da ridere,

potevamo provocare un incidente.»«Andiamo a giocare. Ti va?»

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«Hai una racchetta?»«Ne ho prese un paio, per ogni evenienza. Visto che eri un campione...»«Va bene che ora lavori in tv, ma giocare in un parco pubblico... E se qualcuno ti riconosce? Sei

pronta a questa possibilità?»«Scopriamolo.» Hannah non ne era del tutto con vinta, ma aveva troppa voglia di fare qualcosa in

cui era più brava di Troy.Lui proseguì fino al semaforo successivo. «Okay, mi hai convinto» disse, nonostante Hannah non

avesse aggiunto una parola. Fece inversione e tornò verso il campo. «Solo qualche palleggio, però»continuò chiudendo le portiere. «Devo tornare in città. Stiamo concludendo con un nuovoinvestitore.»

«Va bene. Però teniamo lo stesso E punteggio, altri menti non c’è gusto.»«Sai una cosa? Ho sempre sognato di sconfiggere Hannah Joy Levine.»«Scordatelo.» Hannah tirò fuori una custodia piena di racchette e se la mise in spalla.«Ma te li immagini i tifosi se ti battessi?» le chiese Troy.«Qui non vedo tifosi.»«E loro?» Troy indicò un gruppetto di sei o sette ragazzini, forse delle medie, che gironzolavano

sul campo.«Volete giocare?» gridò Hannah provando qualche servizio.I ragazzini fecero spallucce. Tra tutti quanti avevano solo una vecchia racchetta di legno sbilenca.«Venite qui, coraggio.»«Si vede che sei rimasta chiusa in casa negli ultimi quindici anni» scherzò Troy. «Non è più

accettabile par lare con dei ragazzini che non si conoscono.»Barn! Hannah servì di nuovo. Molto meglio di quanto avesse immaginato.«Cavoli, è velocissima» esclamò uno dei ragazzini avvicinandosi. «Come Venus.»«E una volta ero ancora più veloce!»«Wow.» Sembravano davvero colpiti.«Questo tizio qui sta per essere battuto» continuò lei indicando Troy.Troy scosse la testa. «Mai e poi mai.»«Lei ha un sacco di racchette» disse la bambina più piccola. «Come mai?»Hannah guardò prima i bambini, poi Troy, poi di nuovo i bambini.«Ve le presto» disse aprendo la borsa e tirandone fuori due. «Giocate a turno. Per te va bene?»

chiese a Troy.«Perfetto. Cominciamo a palleggiare. Tutti in fila sulla linea più vicina alla rete!»I ragazzini eseguirono, facendo più chiasso di quanto Troy avrebbe creduto possibile. Parevano

una piccola mandria di elefanti«Ruotate indietro il braccio, e colpite» li istruiva Hannah, camminando su e giù dietro di loro

come un sergente dei marines. Fece cenno a Troy di spostarsi nel l’altra metà campo.«Così» continuò appoggiando la mano su quella di una bambina. «Prendi la racchetta in questo

modo.E quando la palla supera la rete, colpisci come se volessi spaccare la faccia a qualcuno!»La ragazzina ridacchiò. «Lei fa ridere, lo sa?»«E so anche giocare a tennis» rispose Hannah. «Allora, chi è il prossimo? In fila, e ribattete!

Troy, servi!»Giocarono a lungo, finché persino Hannah, che da quando aveva messo piede su quel campo

aveva

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pensato che non ne avrebbe avuto mai abbastanza, ammise di essere esausta. I ragazzinirestituirono le racchette con riluttanza

«Grazie, signora.»«Troppo stanca per andare a comprare una macchina?» la sfottè Troy.«Non sono pronta a mollare la Miata» rispose lei rimettendo a posto le racchette. «Altre due

lezioni e avrò domato quella stronzetta. La settimana prossima alla stessa ora?»«Ci sarò. E stavolta porto la mia racchetta.»A bordo campo i “tifosi” salutarono con un’ovazione.

Gus sentì un clacson davanti a casa e corse fuori trascinando con sé una valigia. Indossava un

abitino blu e sul braccio teneva un leggero scialle di cotone; era stato difficile scegliere cosaindossare, vista la circostanza. Aveva chiesto consiglio a Sabrina, che le aveva suggerito di evitare ilverde e di preferire qualcosa di comodo.

«Non ne ho davvero idea, mamma. Non ho mai sentito di un codice di abbigliamento per parlarecon i federali.»

Già. La telefonata era arrivata solo qualche giorno prima: l ’FBl, a caccia di David Fazio, volevache Gus rilasciasse una dichiarazione e fornisse tutte le informazioni in suo possesso.

«Ma io non so nulla» aveva spiegato per l’ennesima volta all’agente al telefono. Ma lui avevainsistito, fissando un appuntamento e chiedendole di portare una serie di documenti. Oliver l’avevaincoraggiata ad andare, e Aimee si era offerta di raggiungerla al Federai Plaza, a New York, dovesarebbe avvenuto il colloquio.

«Questa cosa mi fa solo sentire peggio» si era lamentata Gus. «Non solo il mio denaro è sparito,ma il governo ripercorrerà passo dopo passo tutta la mia stupidità.»

«O magari prenderanno Fazio e tu riavrai qualcosa indietro» le aveva detto Aimee. «Devidifenderti, anche se è difficile.»

Gus chiuse la porta della villa mentre Joe, lo stesso autista che l’aveva accompagnata agli studidi Today, prendeva la valigia per riporla nel bagagliaio.

«È pesante. Che cosa c’è dentro, lingotti d’oro?»«Più o meno. Un sacco di carte.»Joe le tenne aperta la portiera, e Gus salì sul sedile posteriore allacciandosi la cintura.«Ben fatto» approvò Joe.Gus era molto nervosa, senza dubbio. Non aveva nemmeno preparato la colazione per Hannah

quella mattina.«Niente pappa?» aveva piagnucolato lei guardando con desolazione il piano di lavoro della

cucina, vuoto, quando si era presentata alle sette e mezzo. «La gente smette di nutrire i gatti randagiquando non li vuole più tra i piedi.»

«Non dire sciocchezze, Hannah» l’aveva ammonita Gus sentendosi però un po’ in colpa. Negliultimi tempi aveva passato molto tempo con Oliver, dimenticando spesso di portare la cenaall’amica. «Sono solo preoccupata.»

«Ti vedo bene, però. Sei più rilassata.»«Grazie. La tua tuta è impeccabile, come al solito.»«Sì, a proposito di questo... Stavo pensando che forse è ora di investire in un nuovo guardaroba.

Niente di sconvolgente, magari qualcosa che non sia anche adatto a una palestra.»«E il tuo completo grigio?» le aveva chiesto distrattamente Gus ricontrollando la borsa.«Hai tempo di accompagnarmi a fare spese? So che sei molto occupata, ma ci speravo.» Rimase

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in attesa, ma Gus non rispose.«Guido io» aveva tentato Hannah.Gus alzò la testa. «Oh, no, per carità.» Poi le era venuto in mente che Sabrina sarebbe stata

un’ottima consigliera.«Cibo finalmente!» esclamò Hannah vedendo che Gus metteva due fette di pane a tostare.«Avresti potuto farlo da sola. Non sei un’incapace.»Hannah aveva tirato fuori un vasetto di burro di arachidi. «Lo adoro sul pane tostato» aveva

detto, addentando una barretta di cioccolata nell’attesa. «Gnam!»«Vedi? Ce l’avevi in tasca la colazione.»«Sai, ho pensato spesso a Priya.»«Oddio, già Carmen mi ha fatto una testa così in proposito. Il volume delle riunioni a Cooking

Channel è piuttosto alto.»«Non mi riferivo alla sua presenza nel programma, ma alla sua salute. Credo di aver capito.»«Hannah, tu fai diagnosi a tutti, anche ai personaggi dei telefilm. Ma non sei un medico.»«Questa volta ho ragione» aveva insistito Hannah sicura. C’era qualcosa a proposito di Priya che

aveva continuato a ronzarle in testa dopo la puntata, ma fino a quel momento non era riuscita ametterlo a fuoco. «Sono le sopracciglia» spiegò.

«Priya Patel è solo una madre che ha passato i quaranta e che ha troppe cose da fare. Succedecosì quando metti su famiglia da giovane.»

«Touché. Ma non è quello il suo problema, te lo assicuro.»«Non puoi andare in giro a irrompere nelle vite degli altri» aveva replicato Gus. Accorgendosi

dell’espressione fin troppo eloquente sul viso dell’amica aveva aggiunto: «Niente commenti daimangiatori di burro di arachidi, grazie».

«Va bene, signora “io non mi intrometto mai”. Comunque Priya ha un problema di tiroide. E nonlo sa.»

«Spero che non ti stia venendo in mente di tenderle un agguato alla festa del Quattro luglio.»«Certo che no!» aveva esclamato Hannah, come se Gus avesse detto un’assurdità. «Ho chiesto a

Porter il suo indirizzo e-mail.»A quel punto era arrivato Joe, e Gus aveva lasciato Hannah con il suo toast, tirandosi dietro E

trolley pieno di estratti conto.L’ansia non aveva fatto che aumentare mentre percorreva in auto Franklin D. Roosevelt Drive,oltrepassando E palazzo deE’ONU, poi E policlinico universitario e infine E Williamsburg

Bridge. In mezzo al traffico, erano una delle tante macchine che si dirigevano a Manhattan. Chiandava al lavoro, chi a scuola... chi a parlare con I’FBI.

Joe accostò davanti al Federal Plaza. Aimee aspettava sul marciapiede; si era presa la giornatalibera per accompagnarla, e Gus le aveva manifestato tutta la sua gratitudine. Una lunga fila dipersone circondava quasi completamente l’edificio.

«Oh no!» disse Gus. «Arriveremo in ritardo.»«Quella è la fila per l’ufficio immigrazione, mamma» le spiegò Aimee prendendo la valigia.

«Noi entriamo di qua.»Dopo una breve attesa per i controUi di sicurezza (era come trovarsi aU’aeroporto) presero un

ascensore.«Salve.» Un uomo dai capehi castani le accolse nella sala d’aspetto. Era di corporatura media,

circa uno e ottanta; indossava un paio di occhiali wireless e un abito blu scuro. Avevaun’espressione seria, ma sembrava più giovane di quanto Gus si fosse aspettata parlandogli al

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telefono.«Jeremy Brewer, piacere» si presentò lui stringendole la mano. «Ci siamo sentiti al telefono,

signora Simpson.»Gus annuì.«Non c’è motivo di essere in ansia» continuò l’agente Brewer porgendo a entrambe il suo

biglietto da visita. «Sono un commercialista del tribunale. La mia arma preferita è la calcolatrice.»Aimee rise, Gus no.Entrarono in un piccolo ufficio, dove Gus passò molte ore a bere caffè e Illustrare i falsi estratti

conto ricevuti da Fazio, mentre l’agente prendeva appunti dettagliati. Aimee, che conosceva benequelle carte, inter veniva ogni tanto con un commento.

«Facciamo una pausa.» L’agente Brewer si alzò. «Mangiamo qualcosa e rivediamoci qui.»«Non credevo di avere tanto da dire» sospirò Gus.«Conosce quell’uomo da almeno dieci anni» osservò Brewer aprendo la porta. «Spesso non ci si

rende conto di quante cose si possono sapere sul conto di una per sona.»«Toc toc!» Una donna alta con un tailleur scuro com parve sulla soglia. «Ho visto che stavate per

finire così ho pensato che forse potevo salutare l’unica e sola Gus Simpson.» Estrasse uno dei libridi cucina di Gus da die tro la schiena. «E speravo...»

«Ma certo» esclamò Gus prendendo la penna che la donna le stava porgendo e tornando a sedere.«A chi lo dedico?»

«Questo la terrà occupata per qualche minuto» disse Aimee in tono affettuoso. «E forse la faràsentire meglio.»

«Ottimo» commentò l’agente Brewer. «Ma devo confessare di non avere mai visto un programmadi cucina.»

«Non conosceva mia madre?»«Senza offesa, ma... no.»«Quale offesa?» Aimee sorrideva raggiante.«Mi racconti del suo lavoro all’ONU» riprese l’agente. «Dev’essere interessante.» Tirò fuori

dalla tasca un biglietto da visita.«Ce l’ho già» disse lei.«Ah sì?» Brewer si finse sorpreso. «Be’, ne prenda un altro. Voglio essere certo che abbia E mio

numero.»«Davvero?» «Sissignora.»

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26Ogni anno da quando aveva cominciato a lavorare per Cooking Channel, Gus invitava tutto il cast

e la troupe per una festa di fine stagione. Ma, con il futuro del programma ancora incerto, non volevaaspettare oltre. Già immaginava i musi lunghi se fosse stato cancellato. No, meglio approfittaredell’occasione del Quattro luglio per ringraziare tutti per il loro lavoro e la loro dedizione, quandolo spirito era ancora allegro e pieno di speranza.

Tema della festa? Mangiare, bere ed essere se stessi. Il menu? Crostini di pane con sformato digranchio, bol los preñados (panini ripieni di chorizo) in omaggio alla Spagna, spiedini di pomodoroe cocomero e insalata di papaya verde.

Lavorare con Oliver adesso aveva un sapore diverso, ma anche se tra loro regnava l’euforia espesso si scambiavano carezze e baci in privato, in pubblico erano molto attenti ad apparire discretie professionali.

Alla festa erano state invitate anche le famiglie dei collaboratori e quella di Priya Patel; già Gusassaporava con gioia la prospettiva di avere sciami di bambini in giardino. Per l’occasione avevacomprato qualche barchetta radiocomandata da usare nel laghetto e una scatola di gessetti lavabiliper disegnare sulla veranda; aveva anche disposto diversi tavoli da picnic sul prato in modo che tuttipotessero rilassarsi. Non era sontuosa come altre feste che aveva organizzato, ma le era sembratogiusto così, vista l’incertezza sulle sorti della trasmissione. Soprattutto, però, quella festa era fattacol cuore. E Gus sapeva che era l’ingrediente più impor tante di tutti.

La villa era già quasi piena per metà quando giunsero i primi invitati: Sabrina e Aimee si eranofermate per il weekend, mentre Hannah, come d’abitudine, aveva salutato insieme a Gus l’arrivo delnuovo giorno con una tazza di caffè caldo e una chiacchierata. Diversamente dal solito, però, Hannahsi era sbarazzata della tuta e aveva indossato niente meno che una gonna color pru gna e una semplicecamicetta bianca, acquistate sotto la supervisione di Sabrina. Ai piedi, per la prima volta da decenni,calzava sandali metallizzati; aveva persino applicato uno smalto color corallo sulle unghie. I capellirossi, tenuti sciolti, splendevano (grazie anche a uno degli impacchi di Sabrina) in un taglio nuovo.

La casa sembrava tornare a vivere con tutte quelle voci; Gus adorava avere tanta gente intorno.Porter e sua moglie Ellie suonarono alla porta alle quattro in punto, con il più piccolo dei loro nipotial seguito, men tre Gary Rose (sì, aveva invitato anche lui) si presentò subito dopo; poi arrivarono icameraman, il fonico, l’elettricista, tutti accompagnati da mogli e fidanzate. Anche Alan Holt feceun’apparizione improvvisa con una bottiglia di champagne.

«Ho saputo da Porter che Sabrina si sposa» disse baciando Gus sulla guancia. «Congratulazioni!»Le porse la bottiglia, un pregiato Henri Giraud Fût de Chêne, e la guidò verso la sala da pranzo.«Senti, ora che abbiamo un minuto vorrei parlarti. Perché ho avuto un’idea fenomenale che

sarebbe per fetta per te...»Poi il campanello suonò di nuovo e giunsero altri ospiti, tra cui i membri dell’ufficio stampa e

l’editor del sito web. Poi arrivò Priya, in sari rosa scuro e bindi; orgogliosa, presentò a Gus la suaprole: Bina, Chitt e Kiran.

«Sei stupenda, Priya» disse Gus dimenticando per un istante l’irritazione. «E vestito è splendido,ma c’è qual cosa di diverso in te. Sembri più luminosa.»

«Tutto merito di Hannah» rispose Priya, spingendo avanti Kiran perché desse a Gus un piatto didolcissimi badam pista e di jalebi. «Con una semplice e-mail mi ha davvero cambiato la vita.»«E io ne sono molto felice» intervenne Raj oltrepassando la soglia per stringere la mano di Gus.

«Se non fosse stato per la sua trasmissione, signora Simpson, Priya non avrebbe mai conosciuto

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Hannah.Lei ancora non lo sa, ma è una grande amica della famiglia Patel.»«Una buona occasione per dirglielo, allora.» Gus li fece accomodare. Più tardi, pensò Gus,

avrebbe accompagnato Priya a fare il grand tour della casa: sapeva che questo piccolo gestol’avrebbe fatta sentire speciale. Per il momento, però, la indirizzò verso il laghetto, dove Hannahstava organizzando gare di barche radiocomandate.

Ma in una situazione del genere non tutto può filare liscio, è naturale.Sabrina aveva escogitato tattiche elaborate per evitare che Billy e Troy si incontrassero.

Riconosceva a Troy il diritto di partecipare alla festa e di divertirsi, ma non aveva nessuna voglia diuna scenata.

Ovviamente, anche Troy aveva tutte le intenzioni di stare alla larga dal fidanzato della sua ex.Eppure, il momento a cui Troy aveva cercato di sfuggire per tutta la sera arrivò. Ti presento

William Angle. Sulla porta del bagno.«Ciao» disse un uomo dalle spalle larghe. «Piacere, io sono Billy.»Troy sembrava un cervo sorpreso dai fari di un’auto, ma non indietreggiò.«Troy.»Nel silenzio carico di tensione che seguì entrambi rifletterono sulla mossa successiva. Alla fine

Troy fece una cosa di cui non si sarebbe mai creduto capace. «Congratulazioni» disse. E lo pensavasul serio.

«Grazie» rispose Billy, quasi si fosse tolto un peso dal cuore. «Sabrina è una ragazza fantastica.»Troy annuì pensieroso. «Sì, è vero.»Poi si allontanò con disinvoltura, a testa alta. Per lui bastava così: non aveva né la forza né la

voglia di diventare l’amichetto del cuore del fidanzato di Sabrina. Aveva cercato di riconquistarla,ma aveva perso. Insomma, non proprio. Sperava soltanto che, final mente, lei avesse fatto una sceltaa cui restare fedele. Credeva di poter vedere il suo futuro - con un altro - più chiaramente di quantolei stessa riuscisse a fare. E si augurava davvero che sarebbe stata felice. Durante quel fine settimanaal resort aveva capito che la sorprendente spontaneità di Sabrina era in realtà soltanto indecisione emancanza di controllo.

La amava. Ma non voleva stare con lei.I loro tempi non avevano coinciso, ecco tutto. Si muovevano in direzioni opposte e, per

inseguirla, lui si era quasi perso.Scrutando dalla finestra della cucina vide Sabrina nella veranda; stava raccontando qualche

aneddoto divertente a Priya ed Ellie, che ridevano. Sembrava più leggera e al tempo stesso più seriadel giorno in cui era entrata nel suo ufficio e aveva sconvolto la sua vita. Per puro caso Sabrinaguardò verso di lui e lui, per istinto, la salutò. Lei ricambiò il saluto, poi si voltò verso Billy che siera appena unito al gruppo.

Guardando la sua ex, i suoi bellissimi capelli neri raccolti in una crocchia sulla testa, il suoprendisole blu cobalto, Troy si chiese quando il suo nome non sarebbe più bastato per farsiriconoscere da Sabrina, quando avrebbe dovuto specificare anche il cognome se, telefonando a Gus,avesse risposto lei.

“Ciao,” avrebbe detto “sono Troy. Troy Park.”Poi una pausa, E calore nella sua voce, “Ciao, ciao, Troy”, a mano a mano che riaffioravano i

ricordi dei momenti speciali passati insieme.«Avvicinatevi, amici» disse Alan. Il cielo si faceva sempre più scuro; gli ospiti erano stanchi e

soddisfatti, pieni di cocomero, punch e dolce alle fragole con montagne di panna montata alla

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vaniglia. Tra un momento e l’altro della festa erano riusciti a mandare in onda una puntata in cuiOliver aveva spiegato come preparare una salsa dolce di yogurt e miele, Gus aveva impastato unatorta, e Carmen aveva descritto il meraviglioso gusto speziato del chorizo. Per il gruppo era unagioia avere finalmente le proprie famiglie presenti, e la disinvoltura e il buonumore dei protagonistiavevano reso lo show un vero piacere.

Perfino Alan si era divertito.«È stata una tale emozione prendere parte a una puntata» disse. «Il vostro lavoro in questa

stagione mi ha davvero colpito e sono sicuro che neEe due puntate che restano la vostra sarà unavolata vincente.»

Nessuno reagì al commento, troppo presi da ciò che il presidente avrebbe comunicato. Latrasmissione sarebbe ricominciata nella prossima stagione?

«Restano ancora due puntate. Gus mi ha già informato che l’ultima sarà una sorta di collage deimomenti più belli. Ho appena saputo che Sabrina sta per sposare il gentiluomo qui presente, Billy.Lo chiamo gentiluomo, ma in realtà lo conosco appena.»

Tutti risero con lui. Ovviamente, era il capo.«Ma quello che quasi nessuno di voi sa...» L’uditorio si avvicinò. «E che ho aggiunto un’altra

puntata» gridò Alan, sollevando il bicchiere di punch e versandosene qualche goccia sulla manica.Ignorò il mormorio di protesta. «Un vero colpo di genio, se posso dirmelo da solo: nella nostraultima puntata trasmetteremo un matrimonio in diretta. Gli ascolti andranno alle stelle!»

Sollevò il braccio e vuotò il bicchiere fino all’ultima goccia.

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27Finalmente tutto stava andando a posto. Una mentina per rinfrescare l’alito e via.Aveva ricevuto la telefonata tre giorni prima. Chissà perché si era dimenticata di dirlo a Gus,

anche se le aveva parlato per ben due volte nell’ultima puntata. Già da un po’ era costretta a dividerel’attenzione del pubblico. Adesso era venuto il momento di avere i riflettori puntati solo su di sé.

«Ciao, Carmen!» disse una donna bionda con una cuffia sulle orecchie. «Ti stavamo aspettando.Diane e Robin non vedono l’ora di conoscerti.»

Saltellando nelle sue Christian Louboutin rosso fuoco (che le regalavano dieci centimetri buoni),Carmen fece il suo ingresso trionfale negli studi di Good morning America. Prese un’espressionecompunta quando Robin le disse che era un vero peccato che Gus non fosse potuta venire, e unaassolutamente neutra quando Diane dichiarò che i guai finanziari di Gus Simpson l’avevano proiettatasulle prime pagine di tutti i giornali.

«E con tutta quella pubblicità i suoi libri di cucina stanno andando a ruba» aggiunse Diane.«Nella mia libreria di fiducia non riescono a riempire il magazzino. Lo so perché sono andata acercarne uno anch’io!»

«È proprio vero» intervenne una graziosa produttrice. «Sei veramente fortunata a imparare da unadelle migliori. Pronta per la diretta?»

«Gus?» Oliver la guardava dormire. «Sei sveglia?»Gus aprì gli occhi di soprassalto. Erano diciotto anni che non dormiva con un uomo e fu subito

vittima di ogni sorta di paranoia: aveva russato? Aveva i segni del cuscino sulla faccia? O, peggioancora, le rughe grida vano ai quattro venti quanti anni avesse davvero? Saggiamente, tenne la boccachiusa come barriera contro l’alito del mattino. Avrebbe voluto rinfrescarsi un po’, ma non eraancora pronta a sfilare davanti a Oliver in camicia da notte. Lui, al contrario, non avevapreoccupazioni simili: indossava solo un asciugamano legato in vita, con il torace nudo e moltoinvitante.

«Sei bellissima» disse avvicinandosi per baciarla.«Mm » mugugnò lei, sempre a labbra serrate. Se solo le fosse venuto in mente di alzarsi prima e

lavarsi i denti. Era stata colta alla sprovvista. La sera prima stavano guardando un film in salotto, suldivano; Gus aveva appoggiato le gambe sul grembo di Oliver. Lui ci sapeva proprio fare: lemassaggiava i piedi, le caviglie, poi si allungava per un bacio, poi tornava a massaggiarla. Gus si erapraticamente sciolta sotto le carezze di quelle mani forti, e non aveva nemmeno provato a resisterequando lui l’aveva attirata sulle sue ginocchia.

Non aveva avuto nessuna intenzione di resistere.Aveva sbottonato la camicia di Oliver cercando il contatto con la sua pelle; in quella urgenza

maldestra gli aveva persino strappato un bottone facendolo volare da qualche parte.«Oh!» aveva esclamato, imbarazzata per l’evidente mancanza di pratica.«Non preoccuparti» aveva detto Oliver, sfilandosi la camicia dalla testa e lanciandola sul

pavimento.«Che si fottano i bottoni.»Le accostò il viso al suo e la baciò con passione. «No, ripensandoci... Fotti me.»Allora Gus l’aveva spinto contro i cuscini. Non per prendere tempo, anzi. Non voleva perdersi un

solo dettaglio di quell’uomo, la linea della mascella, le rughe attorno agli occhi, lo sguardo di purodesiderio. Desiderio di lei.

E poi aveva fatto quello che lui le chiedeva.

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Erano saliti al piano di sopra, a provare il suo letto, e poi ancora la doccia.Aveva dimenticato quella sensazione di piacevole indolenzimento, quello strano languore che ti

fa sentire così desiderata, così femminile.Il sesso con Oliver era valso ogni giorno di attesa.«Ti ho portato il caffè» disse lui. «Ma c’è una cosa che devi assolutamente vedere.»Oliver accese la televisione sulla parete opposta della stanza; il jingle della pubblicità dei

detersivi stava terminando.«Eccoci di nuovo» annunciò Diane Sawyer «con una delle cuoche più amate della televisione.

Carmen Vega, co-conduttrice di Mangiare, bere e... su Cooking Channel, è qui per... prepararciqualcosina.»

«Ehi! Quella battuta è mia» protestò Gus dimenticando alito cattivo e camicia da notte, escalciando via le coperte. Saltò giù dal letto per avvicinarsi allo schermo, come se vedere Carmenda più vicino facesse la differenza.

«Non posso credere che si sia presa uno spazio tutto per sé» aggiunse camminando su e giù sullamoquette. «Perché fa sempre così? Mi manda fuori di testa.»

«È gelosa di te» Oliver si tolse l’asciugamano e si sdraiò di traverso sul letto. «Tu puoi metteresoggezione»

«Non è vero» disse Gus, cercando di non fissarlo apertamente ma godendosi comunque lospettacolo.

«E invece sì. Tu sei una forza della natura. E hai stile. E difficile competere con te.»Oliver tentò di afferrarla con un gesto pigro, ma Gus si divincolò.«Devo chiamare Porter.» Prese il cordless dal comodino.«Per dirgli cosa?»Gus inspirò ed espirò lentamente.«Non lo so. Magari niente.»«E un giorno spero di avere un mio ristorante» stava dicendo Carmen a Robin Roberts.

«Qualcosa che renda onore al mio paese, la Spagna, e alla cucina di mia madre.»Gus si mise una mano sul fianco e ascoltò con molta attenzione le chiacchiere di Carmen su

quanto le piaceva inventare nuovi piatti.«A casa adoro preparare la mousse di aragosta» dichiarò Carmen ridacchiando, come se fosse

una cosa normalissima. Gus era ipnotizzata. Carmen sapeva essere davvero carina e divertente se noneri costretta a lavorarci insieme.

«Secondo me è sincera» ammise rivolta a Oliver. «In fondo quella ragazza vuole solo cucinare.»«No, vuole anche diventare famosa. Diciamo che vuol essere famosa per la sua cucina.»Gus rimise E telefono sulla base e fece cenno a Oliver di tornare a letto. Non le ci volle molto

per convincerlo. Più tardi, senza nemmeno aver indossato una vestaglia, Gus scese in cucina. «Checos’è questo profumino?» gridò a Oliver, che era andato a farsi la doccia.

«Credo di aver sentito dei fagottini alla cannella urlare il mio nome.»Sale e Pepe miagolavano davanti a un piattino vuoto sul pavimento.«Qualcuno vi ha dato un po’ di latte?» disse lei, chinandosi a grattare le teste pelose.Proprio in quel momento Hannah bussò con forza alla porta deEa veranda, e Gus le aprì.«Non ci crederai mai...» esordì Hannah.«...Carmen è a Good morningAmerica» la interruppe Gus. «L’ho appena vista. Non lo sapevo.»«Questo si chiama avere una bella faccia tosta, se proprio vuoi saperlo» disse Hannah, con una

punta di ammirazione nella voce. «Un’avversaria così merita rispetto.»

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«Sai una cosa? Non ho intenzione di fare niente.»«Ma sono fagottini alla cannella?» chiese Hannah annusando l’aria. «I miei preferiti!» Si

precipitò lateralmente allo sgabello davanti aE’isola e si mise a sedere in attesa di essere servita.«Ti piacciono, eh?» disse Oliver entrando in cucina. «Sono su già da un po’, dovrebbero essere

quasi pronti.» Gli occhi di Hannah passarono da Oliver, che indossava solo i jeans, a Gus in camiciada notte, e viceversa. «Oh» mormorò arrossendo. «Non avevo capito... Insomma, sapevo che avetepassato molto tempo insieme, ma non credevo che fosse una cosa seria e... Wow!» Distolse losguardo. «Me ne vado. Non volevo interrompervi.»

«Hannah, tutto quello che hai interrotto è una colazione con Oliver» disse Gus. «Non proprio unacosa vietata ai minori.»

«Scusa...» balbettò Hannah. «È che sono un po’ spiazzata.»«Andiamo fuori a fare due chiacchiere» propose Gus incrociando lo sguardo di Oliver. Poi mise

un braccio intorno alle spalle di Hannah e uscirono.«Oh mio Dio, Oliver ha dormito qui!» gridò Han nah. «Ma tu lo sapevi?»Gus non potè fare a meno di sorridere. «Sì, e ho anche partecipato attivamente. È stata la prima

volta ma di certo non sarà l’ultima, te lo posso assicurare.»Hannah abbozzò un sorriso.«Che cosa c’è?» chiese Gus mentre passeggiavano verso il roseto.«Nulla. Ero convinta che fossimo uguali. Single. Donne che non fanno cose del genere, avere

relazioni, fare sesso.»«Per moltissimo tempo l’ho pensato anch’io» ammise Gus. Non aveva certo dimenticato

Christopher nel giro di una notte, né l’avrebbe mai fatto. Ma adesso era pronta a ricominciare quellaparte della sua vita. Era pronta a provare di nuovo quelle sensazioni.

«Ma ora ho cambiato idea» continuò. «Voglio qual cosa di nuovo. E poi sei stata proprio tu achiedermi se durante quel fine settimana al resort avevo conosciuto qualcuno!»

«Sì, ma non intendevo spingerti a partire in quarta con una cosa seria.»«Chi dice che è una cosa seria?»«Ti conosco, Gus. Camera degli ospiti o non camera degli ospiti, non avresti fatto restare un

uomo per la notte se non ti stessi innamorando di lui.»«Sst. Non farti sentire da Oliver.»«Ah!» esclamò Hannah, con il labbro che le tremava appena. «Dal modo in cui ti guarda, direi

che la cosa è reciproca.»Gus sentì un brivido lungo la schiena; fu con grande difficoltà che riuscì a rimanere seria e ad

ascoltare Hannah. Malgrado la sua nuova situazione, era sinceramente preoccupata per l’amica.«Ora sarò davvero sola» piagnucolò Hannah. «Nel migliore dei casi, una ruota di scorta. Voi

starete lì a chiamarvi con nomignoli romantici, e io non avrò nulla da dire. Non ho neanche mai avutoun ragazzo! E non ho mai... non so se capisci cosa intendo.»

«Un passo alla volta, Hannah» disse Gus accarezzandole la schiena. «Sono solo poche settimaneche sei uscita di casa.»

Insieme tornarono in cucina; Oliver stava sistemando i fagottini su un piatto. Ne offrì uno ancoracaldo a Han nah, strizzando allo stesso tempo l’occhio a Gus.

«Mi sono fatto perdonare, Hannah?» chiese, mentre lei affondava i denti nella glassa di zucchero.«Sì» rispose lei, a bocca piena. «Non sei poi così male, Oliver.»Se Hannah aveva reagito in quel modo alla notizia della sua relazione con Oliver, chissà cosa

avrebbero pensato Aimee e Sabrina. Gus non aveva voluto parlare con loro prima di essere sicura

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dei propri sentimenti, ma ora che era certa di voler continuare a vedere Oliver prefe riva fare tuttoalla luce del sole. Una famiglia, come ripeteva spesso alle sue figlie, non dovrebbe avere segreti.

«Sto vedendo un uomo. Oliver» confessò alle figlie al telefono. Era decisamente un po’ tropponervosa.

«Vedendo in che senso?» chiese Aimee.«State insieme?» domandò Sabrina.Gus si era preparata un bel discorso: avrebbe dettoche nessuno stava prendendo E posto di Christopher, che era stata sola per tanto tempo, ma

adesso era così felice. E poi si sentiva giovane, come se fosse tornata indietro ai tempidall’università, quando era innamorata e pronta a cambiare il mondo. Quando tutto sembravapossibile. Poi, però, aveva deciso che non era necessario spiegare ogni cosa, né razionalizzare i suoisenti menti. Doveva solo lasciarsi andare.

«Sono felice» ammise semplicemente. «E volevo che voi lo sapeste.»«Be’, è questo l’importante, no? Però mi sembra così strano...» disse Sabrina.«Oliver mi piace» dichiarò Aimee. «Ottima scelta, mamma.»Qualche giorno dopo andarono tutti e quattro a man giare in un nuovo ristorante spagnolo

nell’Upper East Side. Per qualche minuto regnò un certo imbarazzo, poi tutti si rilassarono e si reseroconto che erano sempre gli stessi, solo disposti in maniera diversa. Naturalmente brindarono aCarmen, perché era stata lei a raccomandare Oliver ad Alan, e poi al programma. Gli ascolti eranoancora alti, così come quelli delle altre trasmissioni della domenica sera, nonostante l’orgiatelevisiva che Alan aveva messo in piedi. Dopo la puntata del Quattro luglio, ne trasmisero un’altraincentrata sull’uso di prodotti biologici locali, provenienti da aziende distanti non oltre un centinaiodi chilometri dalla casa di Gus.

Quella del cibo locale era una tendenza che Gus sosteneva molto volentieri.Alla fine restavano solo due puntate, compresa quella del matrimonio di Sabrina all’inizio

dell’autunno, poi avrebbero finalmente saputo se Alan avrebbe riconfermato il programma o meno.«Al futuro» disse Gus. «E che tutto vada per il meglio.»

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28Priya cucinava da due giorni, e ce n’erano voluti quattro per mettere a punto il menu, con

frequenti visite al mercato indiano per trovare prodotti freschi e prendere spunti. Aveva spedito uninvito formale a Hannah Joy Levine perché fosse l’ospite d’onore a una cena della famiglia Patel.

«Era da tanto che non ti vedevo così presa da qual cosa» disse Raj molto compiaciuto, mentrePriya schiacciava semi di cumino.

«A te interessa solo mangiare e basta» ribattè lei mettendogli in bocca un pezzetto di cetriolo.«Vero, ma non sono solo contento di vederti cucinare. Mi fa anche piacere vederti così allegra.»In effetti Priya era davvero felice. Aveva portato gli articoli di Hannah al suo medico e gli aveva

spiegato come si sentiva. E da allora tutto era diverso. Era bastato qualche esame del sangue perconfermarlo: Hannah Joy Levine avrebbe potuto fare il dottore. Be’, non proprio visto che non eraandata all’università. Ma aveva interpretato correttamente i sintomi di Priya diagnosticandole unadisfunzione della tiroide. E, in questo modo, aveva riportato la gioia nella sua vita, com presi quei“settori” del suo rapporto con Raj che rientravano nell’ambito del “Fatti gli Affari Tuoi”. Ora Priyanon si sentiva più sopraffatta dalla stanchezza, non aveva più voglia di piangere senza nessunaragione. Il medico l’aveva rassicurata che, con E tempo, anche i capelli e le sopracciglia sisarebbero rinfoltiti. Com’era tutto semplice, visto dalla prospettiva opposta.

Incredibile a dirsi, ma il farmaco prescritto a Priya aveva fatto effetto in così poche settimane. Unpomeriggio, mentre guardava un’altra replica del vecchio programma di Gus, e Kiran e Binagiocavano al Gioco del l’Oca, aveva notato, quasi per la prima volta, la luce del sole che entravadalla finestra e si rifletteva sul parquet. Era così invitante che era andata a sedersi in quel tepore,chiudendo gli occhi e immaginando che tutte le energie negative stessero scivolando via. Quandoaveva riaperto gli occhi aveva guardato la sua casa, scoprendo che era davvero felice.

Per Hannah stava preparando una cena tradizionale, composta da bhaat, farsan, dal, curry,verdure, mostarda agrodolce, raita, chutney e tanto pane roti. E siccome sapeva quanto alla suanuova amica piacessero i dolci, aveva cucinato una gran quantità di specialità indiane e una enormevaschetta di tipico gelato alla vani glia americano su cui intendeva spargere cioccolato fuso, scagliedi cioccolato, noccioline, polvere di cocco e qualsiasi altra cosa zuccherosa le fosse venuta in mente.

I figli avevano ricevuto l’ordine di pulire le loro stanze (anche se Hannah non le avrebbe viste);Raj aveva persino comprato un televisore nuovo a schermo piatto, così dopo cena avrebbero potutoguardare insieme gli US Open. Se Hannah avesse voluto, se se la fosse sentita.

Sarebbe venuto anche un amico di Hannah, Troy; lei aveva insistito per usare la sua macchinasportiva, ma aveva soltanto il foglio rosa. Rispondendo all’invito, aveva chiesto a Priya se potevaportare qualcuno.

Naturalmente andava benissimo. Con un ospite la serata diventava una festa, con due un evento.All’inizio di settembre Gus partecipò a una riunione insieme a Porter, Oliver e Carmen per

definire le ultime due puntate del programma. Quella del matrimonio sarebbe stata la più semplice,anche se era stata allungata a novanta minuti, perché al pranzo avrebbe pensato uno chef amico diGus.

«Sono la madre della sposa» disse Gus. «Già è uno stress accompagnarla all’altare.» Erano tuttid’accordo per cucinare alcuni semplici antipasti nei primi cin quanta minuti; sarebbe poi seguita ladiretta della breve cerimonia e una parte del ricevimento.

«A tutti piacciono i matrimoni» dichiarò Porter. «I fan della coppia SaTroy sono sul piede diguerra e hanno bombardato il forum di messaggi. Insomma, si parla molto di noi. Ancora una volta.»

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«È stato bello lavorare a questa trasmissione» osservò Gus.«La cosa migliore che tu abbia mai fatto. È un esordio con i fiocchi per te, Carmen.»«Rimane fuori solo la penultima puntata» intervenne Oliver. «Abbiamo fatto il polpo, il brunch, il

pranzo vegetariano, la grigliata, il cibo biologico e finiamo con un matrimonio. Come mettiamoinsieme il tutto?»

«Che ne dite dei nostri piatti preferiti dell’infanzia?» propose Carmen. «Non era questo chedovevamo imparare al corso di team building, a ritrovare il nostro bambino esteriore?»

«Interiore» la corresse Porter. «Mi sembra una buona idea.»«Potremmo scegliere un piatto per tutti quelli che hanno partecipato al programma.»«Ambizioso» intervenne Oliver. «Non so se ci riusciremo.»«Proviamoci. Basta qualche suggerimento da parte di ognuno. Quando ero piccola mia nonna

faceva in casa del pane squisito. Non credo che ci sarà il tempo di pre pararlo in diretta, mapotremmo dare la ricetta e poi mostrarlo già cotto» spiegò Gus.

«E visto che siamo in autunno, potremmo lavorare sul tema del raccolto» suggerì Oliver. «Magaricon una torta di frutta con pere e mele, in omaggio alla famiglia di Troy.»

«Io adoro il polpettone» disse Porter. «Non ne hanno mai fatti su questo canale.»«E il tocco spagnolo?» protestò Carmen. «Voglio qualcosa che sia importante anche per me.»«Se il piatto preferito della tua famiglia è il polpo, allora sia» rispose Gus. «Questa puntata è per

tutti noi.»Gus andò direttamente al Royalton dopo la riunione con gli altri al Bar 44. Sabrina e Billy

stavano aspettando con ansia il suo arrivo. Ora che li frequentava più spesso era rimasta sorpresa diquanto fossero simpatici, e di quanto Billy fosse capace di interpretare gli umori di Sabrina.Sembrava ancora Ken con quella sua bellezza un po’ convenzionale, ma in lui c’era anche molto dipiù. Era un uomo sensibile e premuroso.

«Alla riunione abbiamo parlato del menu per il matrimonio» spiegò Gus. «Aragosta, filetto egamberi. E forse anche un po’ di tartufo.»

«Grazie, Gus» disse Billy. «Non ho parole. So che siamo partiti con il piede sbagliato, ma sonoveramente felice di entrare a far parte della tua famiglia.»

«Perfetto, perché se cancellano il programma dovrò cercarmi un altro posto in cui vivere» ribattèGus con una risata.

«Sei sempre la benvenuta a casa nostra» disse Billy.Bevvero una buona bottiglia di cabernet, mentre Sabrina mostrava con orgoglio l’abito che aveva

scelto per Aimee, sua damigella d ’onore, e i fiocchi che voleva imporre a Sale e Pepe.«Idea!» esclamò Gus. «Aimee sa che stiamo parlando del matrimonio, quindi perché non le

diciamo di raggiungerci?»«Certo» rispose Billy. «Volevo giusto parlare con lei di un articolo che ho letto sulla

coltivazione della cassava in Africa centrale. Aimee è un fenomeno.»«Bla bla bla. A volte voi due siete davvero noiosi» protestò Sabrina.Gus alzò la mano. «Aspetta, squilla.» Una lunga pausa.«Mi piacerebbe, mamma, ma ho un impegno» rispose Aimee.«Dille di smetterla con i quiz e di venire subito» s’intromise Sabrina, parlando verso il telefono.«Ah sì? Che impegno?» chiese Gus.«Ho conosciuto una persona. E per ora mi fermo qui.»La mente di Gus era un turbinio di domande: doveva sapere. Ma si trattenne. Stava imparando la

lezione.

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«Va bene. Non vedo l’ora di sentire tutti i particolari. Quando vorrai.»Era piuttosto tardi quando Carmen tornò nella cucina degli studi televisivi.Oliver era già arrivato e stava preparando alcuni piatti per la puntata. Si stava rialzando dopo

aver messo una teglia nel forno, quando Carmen gli arrivò alle spalle e lo cinse con le braccia.«Ciao» disse baciandolo sulle guance. «Ti va di divertirti un po’?»«Ehi, Carmen.» Oliver si liberò dall’abbraccio ma la guardò con trasporto. «No, grazie, mi sto

già divertendo.»«Ho un’ idea. Torniamo insieme.»«Siamo solo usciti un paio di volte, anni e anni fa. Tu ora stai con Alan. E poi sono innamorato.»«Vale, vale. Chi è?»«Una che di cognome fa Simpson.»«Aimee?»«Gus» la corresse Oliver.«Ma è più vecchia di te!»«Lo so. Fa parte del suo fascino. Lei sa bene chi è.» Carmen incrociò le braccia. E adesso? Nella

sua mente Oliver era sempre stato l’uomo di riserva, l’asso nella manica da tirare fuori quando lecose non andavano tanto bene.

«Non può più avere figli» replicò Carmen. «Io sì.»«I bambini non fanno per me. Un po’ indigesti.»«Tutti vogliono dei figli, Oliver.»«Io no. Mi bastano i miei nipoti. Zio Oliver di qui, zio Oliver di là. Mi sta benissimo così.»«E se a un certo punto non sei più felice? Che succede?»Lui scrollò le spalle.«Io non sono felice» ammise lei.«Stiamo parlando di te, dunque, non di me. Ora capisco.»«Perché non sono felice?»«Be’, se posso azzardare un’ipotesi, secondo me ti prendi troppo sul serio. E ho il forte sospetto

che la tua relazione con Alan abbia un secondo fine. È di questo che hai veramente bisogno nella tuavita?»

«Tutto ha un secondo fine, Oliver. Non trovo giusto dover dividere il programma con Gus.»«Infatti. Non è giusto verso di lei.»«Mi sento frustrata. Eppure mi impegno tanto!» «Ma sei felice? E questo che conta.»«Hai mai pensato di finanziare un ristorante?» Carmen si appoggiò al piano di lavoro e piegò la

testa, mettendosi in posa. «Il ristorante di Carmen Vega.»«Mi sarebbe piaciuto, ma ho appena fatto un grosso investimento in un’altra cosa.»«Li hai dati a Gus?» Carmen giocherellava con il guanto da forno che Oliver si era appena

sfilato.«Figurati, non li avrebbe mai accettati. Sono diventato il principale azionista di FarmFresh.»«Quella minuscola azienda di Troy?»«Qui viene il bello. Non credo che resterà minuscola ancora per molto.»«Tutti ottengono quel che vogliono tranne me.» Carmen buttò a terra il guanto. «Non capisco. Ho

fatto tanti sacrifici.»«Abbi pazienza.»«A volte faccio delle cose di cui non vado orgogliosa, Oliver» ammise lei, guardando il soffitto.

«Ma mi dico che va bene, perché quello che più desidero è arrivare in alto.»

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«Nella vita non si può solo salire» disse Oliver offrendole una scodella di brodo di pollo cheaveva appena preparato. «Potrebbe servire qualche scivolone per vedere le cose nella giustaprospettiva.»

Parte Ottava

CIBO PER L’ANIMA

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29L’atmosfera nella cucina di Gus era elettrizzata; Alan non aveva ancora annunciato il destino del

programma, ma aveva fatto sapere a Porter che sarebbe stato tra E pubblico della penultima puntata.«Si ricorda che il pubblico non c’è?» chiese Gus. «Finirà seduto su uno scatolone di fili elettrici

con Sale e Pepe addosso.»«Farò in modo che abbia una sedia» rispose Porter un po’ seccato. «Cerco di fare del mio meglio

quando arriva il capo.»Alan Holt si presentò in compagnia di una bionda che lo sovrastava dall’alto dei suoi tacchi.«Questa è Melanie» disse. «È una modella.»«Molto lieta» rispose Gus. «Il set è proprio in fondo al corridoio. Le posso rubare Alan per un

minuto?»Gus e Alan andarono in sala da pranzo.«E Carmen?» chiese lei.«Che c’entra Carmen?»«È la tua fidanzata» sibilò Gus. «O lo era. E adesso ne porti un’altra?»Alan la fissò come se fosse una pazza.«Melanie è la mia fidanzata. Da un po’, ormai. Da mesi.»«Cosa?»«Melanie, la mia fidanzata, quella a cui hai appena stretto la mano.» Alan le batté sulla spalla.

«Forse ti faccio lavorare troppo.»«Mi stai dicendo che tu e Carmen non state insieme?»«L’idea mi stuzzica, ma è un po’ troppo volubile anche per me.»«Tutti quanti vanno con i piedi di piombo con lei, perché pensano che sia il tuo tesoruccio.» Gus

stava progressivamente alzando la voce.«E da cosa l’hanno dedotto?»«Da tutto. L’hai portata nel mio programma direttamente da casa tua, poi lei ha detto a Porter che

tu avevi approvato il polpo, e ogni volta che qualcuno le fa un appunto lei butta lì il tuo nome.»Alan ridacchiò.«Mi ha preso in giro, vero?» Gus non era affatto divertita.«Devo ammettere che quella Carmen è una sorpresa continua.» Alan batté di nuovo sulla spalla di

Gus, ormai furibonda, e si allontanò.«Hai un programma da fare, mia cara. E io non vedo l’ora di assistere.» E andò a sedersi accanto

a Porter.«Dieci minuti!» urlò Porter. «Se dovete andare in bagno, fatelo ora.»Gus era così arrabbiata che praticamente si lanciò in cucina.«Carmen! In biblioteca. Adesso e da sola.»«Ho da fare» rispose lei asciugando il piano di lavoro. «Devo mettere in ordine.»Gus posò la mano sullo strofinaccio per bloccarla. «Da quando in qua ti preoccupi tanto

dell’ordine? Andiamo, dobbiamo fare due chiacchiere noi due.»Il resto del gruppo le fissò, poi finse di guardare altrove, quindi iniziò a lanciarsi occhiate

eloquenti.“Ma cosa succede?” Carmen, intanto, veniva spinta fuori a forza da Gus.«Le vecchie abitudini sono dure a morire» commentò Aimee ripensando alle varie occasioni in

cui lei e Sabrina, da piccole, erano state rimproverate per varie infrazioni.

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«Restate ai vostri posti, gente» gridò Porter, guardando Alan e la sua amica bionda, echiedendosi cosa avesse mai detto a Gus per farla arrabbiare tanto. Eppure il programma stavaandando così bene.

«Siediti» intimò Gus a Carmen appena entrarono in biblioteca.«Tu e Alan non state insieme?»«No.» Carmen guardava fuori dalla finestra, rifiutandosi di incrociare gli occhi di Gus.Gus inspirò a fondo, trattenne il fiato ed espirò lentamente.«Carmen,» riprese in tono calmo «voglio che tu sappia che sono rimasta molto colpita dal tuo

incredibile talento in cucina. Tu ami il cibo come pochi altri. È una cosa che abbiamo in comune.»Carmen restò immobile sulla poltrona, paralizzata da quelle parole.«Io credo che tu abbia un grande futuro davanti, e spero davvero tanto che arrivi presto il giorno

in cui avrai ciò che vuoi: un programma tutto tuo, la notorietà, il ristorante, i coltelli da formaggiocon il tuo nome.»

«Non dire bugie. Tu non vuoi che abbia successo. Avresti dovuto vedere la tua faccia il giorno incui sono entrata nella tua cucina. Avevi voglia di urlare, ma sei troppo educata, e non l’hai fatto.»

«Hai ragione. Ma, per ora, tutto ciò che abbiamo è questo programma. E ci resta ancoraun’occasione per imparare qualcosa. Non dobbiamo avere successo cal pestandoci a vicenda.»

Carmen si alzò e cominciò a camminare su e giù, guardando ogni tanto verso Gus. Era semprestata una solitaria, competitiva anche con se stessa, dai concorsi di bellezza ai programmi di cucinasu internet.

Non aveva mai preso in considerazione approcci diversi. Fino a ora.«Mi dispiace tanto, Gus.» La guardò dritto negli occhi. «Riesci a perdonarmi?»«Oh, non devi essere tanto male, Carmen» disse Gus toccandole appena il braccio. «Altrimenti

non avresti quell’aria colpevole.»Tornarono insieme in cucina, dove il resto del gruppo fremeva in attesa di un aggiornamento.«Devo fare un annuncio» disse Carmen entrando. «Voglio che sappiate che tra me e Alan non c’è

nulla, e non c’è mai stato. Ho inventato tutto per costringervi a rispettarmi.»Troy fece cadere la pera che stava tagliando. «Ma sei sempre stata così... difficile. Anzi, cattiva»

balbettò.«Mia madre è sotto pressione da sei mesi per colpa tua» gridò Aimee.«Hai mentito» mormorò Sabrina scioccata.«Ne hai di faccia tosta» commentò Hannah.«Oh, Carmen» sospirò Oliver.«E voglio anche dirvi che Gus e io ne abbiamo parlato, e che lei non è affatto una stronza»

aggiunse Carmen.«Cosa?»«No, un momento, mi è uscita male. Gus, mi aspettavo che saresti stata dura con me, e pensavo

che ti avrei battuta giocando d’anticipo. Ma mi hai sempre trattata più che bene. Ti chiedo scusa.»«Oh, questa poi» disse Hannah. «Ho bisogno di cioccolata.»Oliver si avvicinò e abbracciò Carmen, poi si voltò e diede un lungo bacio a Gus.Tutta la troupe applaudì.«Rossetto! Rossetto!» gridò Porter.«Okay, okay» disse Gus spingendo via dolcemente Oliver. «Andiamo in diretta tra... tra quanto,

Porter?»«Tre minuti!»

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«Tre minuti» ripetè lei. Fece cenno a tutti di avvicinarsi: Troy, Aimee, Sabrina, Hannah, Oliver e(quando vide che restava indietro) Carmen.

«Stasera cucineremo con amore» sussurrò. «Ora ci siamo detti tutto e dobbiamo solo lasciarcitutto alle spalle. Questo programma parla di cibo e di affetto, e anche se siamo un gruppo un po’squinternato, noi siamo una famiglia. E ora facciamogliela vedere!»

Quando si accese la luce rossa, Gus era cordiale e accogliente come al solito.«Buonasera e ben trovati a Mangiare, bere e... Io sono Gus Simpson, e questo» prese un panino

tondo appena uscito dal forno «è un panino, proprio come quelli che faceva mia nonna in casa.Quando lo assaggio mi sembra di tornare bambina. In questa puntata parleremo di tutti quei cibi perl’anima che ognuno di noi porta dentro di sé.»

«E io sono Carmen Vega, buonasera a tutti. Cosa pre pariamo stasera, Gus?» Per una voltaCarmen era deferente.

«Be’, tu ci farai il meraviglioso gazpacho di tua madre, giusto?»«Con piacere» rispose Carmen. Anche se pomodori, peperoni e cetrioli erano stati già preparati

prima, si era quasi aspettata che Gus la boicottasse. Lei lo avrebbe fatto al suo posto. “Questa” pensò“è la ragione per cui Gus è Gus.”

«Due minuti alla fine della pubblicità» annunciò Porter dopo una pausa. «Pronti con il polpettoneal chutney di pesca e albicocca.»

«Chutney? Non è un po’ strano con il polpettone?» chiese Aimee.«Ho mangiato qualcosa di simile a casa di Priya ed era una delizia» spiegò Hannah. «Così l’ho

raccontato a Gus.»«Credevo che avresti fatto il brodo di pollo» disse Sabrina.«Faccio anche quello.»«Non dimenticate che abbiamo anche il chili e le verdure d’autunno grigliate come contorno»

intervenne Oliver.«E la torta al cioccolato di mio padre» aggiunse Aimee. «C’è anche quella.»Dopo sessanta frenetici minuti, il gruppo era riuscito a esibire brevemente i propri piatti (ci

furono molti «Ecco, questo è già pronto!») e ad assaggiare un po’ di tutto.«Sul nostro sito web potete trovare le ricette» disse Carmen. «Tutti questi cibi sono semplici da

preparare e meravigliosi da offrire.»«Ricordate» aggiunse Gus «Il cibo è come la famiglia, la famiglia come il cibo.»Sorrise alla telecamera.«Il mio augurio è che possiate sempre gustare ciò che c’è nel vostro piatto. Buonanotte da tutti

noi, e mangiate, bevete e... siate voi stessi.» Addentò un boccone di crostata preparata con le pere ele mele di Troy, men tre Carmen prendeva una cucchiaiata di gazpacho da una tazzina. Erano squisitientrambi.

«Stop!» gridò Porter. «Ottimo! La prossima volta abbiamo E matrimonio di Sabrina, e poiandiamo in pausa. Sperando di tornare.»

Alan si schiarì la voce.«A questo proposito, vorrei parlare con Porter, Gus e Carmen nello studio, per favore. Se non ti

dispiace che dia ordini in casa tua, Gus.»«Assolutamente no» rispose lei posando la tazza e stringendo appena la mano di Oliver prima di

andare neUa biblioteca.«Molto bene» esordì Alan. «Volevo solo ringraziarvi per il lavoro di quest’anno. Fantastico.»«Tutto qui?» chiese Porter.

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«Direi di sì. Ah, no, riconfermo Mangiare, bere e... con Gus Simpson!»«E Carmen Vega» intervenne Carmen.«No» riprese Alan. «D’ora in poi E programma lo condurrà Gus da sola. E sempre stato suo,

dopotutto.» «¡No lo creo!» gridò Carmen lasciandosi cadere su una poltrona.«Oh, non è affatto la fine per te, Carmen» aggiunseAlan mettendole un braccio attorno alle spalle. «Avrai un programma tutto tuo.»«Davvero?»«Sì, andrà in onda su Cooking Channel, ma anche sul nuovo canale in spagnolo che ho appena

rilevato.Mangiare, bere e... è stato un grande trampolino di lancio per te, Carmen.»«Non ci sto capendo nulla» mormorò lei.«Nemmeno io» disse Gus.«Ma è evidente!» esclamò Alan. «Ho dovuto costruire il personaggio Carmen affidandola a Gus.

Dovevo procurarle un suo pubblico.»«E perché non me ne hai mai parlato?» chiese Gus.«La tensione in tv fa ascolti. Ricordati, Gus, gli affari sono affari. E poi ero sicuro che avresti

gestito al meglio la situazione. Ho sempre saputo di potermi fidare di te.»«Aspetta un attimo» lo interruppe Carmen. «Perché pensavi che non ce l’avrei fatta da sola?»«Avevi un programma di dieci minuti su internet, tutto costruito su di te. Volevo che imparassi a

condurre uno show in cui il rapporto con il pubblico è fondamentale.»«Un canale in spagnolo hai detto?»«E Cooking Channel. Andrai in onda su entrambi. Il programma sarà bilingue, è una delle mie

ideemigliori. Sarà accessibile a tutti, ma con un tocco di charme europeo.»«Vale, vale» disse Carmen. «Non so se ridere o piangere. Ma finalmente avrò il mio

programma.»Gus aveva ancora qualche domanda. «Quindi non ho mai rischiato di perdere il mio lavoro?»«Non la metterei proprio così» rispose Alan. «I tuoi ascolti scendevano più rapidi di un

termometro durante una nevicata. Ma sotto la guida di Porter, ce l’hai fatta.»«Tu lo sapevi, Porter?»«Assolutamente no. Sono sei mesi che non dormo per l’ansia.»«Acqua passata» disse Alan. «Soprattutto se ti annuncio che ti ho promosso a direttore del

palinsesto.»«Con un aumento, immagino.»«Un aumento grosso e grasso.»«Gus?» chiese Porter.«Va bene» rispose lei. «Un’altra stagione.» «Fantastico. Sapevo di non aver perso E tocco»

esultò Alan.«Cosa?» disse Gus. Era un po’ più che irritata con Alan, e pronta a sbatterlo fuori. Aveva voglia

di raggomitolarsi con Oliver e magari concedersi una fetta di crostata, e venire insieme a capo deglieventi della giornata. Erano successe troppe cose e tutte insieme.

«Sono sempre stato molto bravo a creare combina zionivincenti» continuò Alan. «Carmen era ilpepe e Oliver i muscoli.»

«E io?»«Tu, Gus?» disse Alan. «Tu sei sempre stata il cuore e l’anima.»

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Alla fine, dopo settimane di preparativi che sembrarono passare in pochi secondi, il giorno delmatrimonio di Sabrina arrivò. Nel giardino sul retro della villa era stata allestita una tenda bianca,completa di pista da ballo in parquet e luci sui montanti. Gus si alzò ancora prima del solito persvegliare Sabrina e Aimee: le trovò a dormire insieme in una delle camere degli ospiti affacciate sulvia letto d’accesso. “Tra poche ore,” pensò Gus fermandosi a guardare ancora un momento le sueragazze addormentate “cambierà tutto.” Il vestito da sposa, scelto con cura dopo infinite prove, eraappeso in una custodia alla porta della stanza (l’unico punto abbastanza alto perché la gonna non sisgualcisse); l’abito color malva senza spalline di Aimee era nell’armadio. Lei aveva resistito finoall’ultimo agli interventi stilistici della sorella (avrebbe preferito un semplice tailleur, ma Sabrinanon aveva approvato), poi però si era dovuta arrendere, acconsentendo perfino ai tacchi altissimi suiquali si esercitava da giorni.

«Non trascinare i piedi in quel modo quando cammini verso l’altare» l’aveva implorata Sabrinala sera prima. «Passo leggero e sorriso sulle labbra.»

«Non è possibile sorridere e camminare su quei trampoli allo stesso tempo» aveva insistitoAimee.

«Mettile solo per la cerimonia, poi ti cambi» aveva detto Gus, pronta a negoziare una tregua trale figlie. In realtà se la cavavano benissimo da sole.

Ora, ferma nella stanza buia ad ascoltare il respiro delle sue “non-più-bambine”, Gus fusopraffatta da un misto di agitazione, nostalgia e malinconia. Era così che si sentivano le madri dellespose? In un certo senso aveva dato per scontato che le ragazze sarebbero rimaste sempre uguali, e diconseguenza anche lei. Senza averne l’intenzione, Alan Holt le aveva fatto un grande regalotrasformando Cucina con gusto! in Mangiare, bere e... Le aveva ricordato che non si deve averpaura del cambiamento, che assumersi dei rischi porta spesso vantaggi inattesi, e che perfino glierrori possono rivelarsi piacevoli scoperte.

Quel giorno sarebbe stato bellissimo. Christopher ne sarebbe stato fiero.Gus ripassò mentalmente la lista delle cose da fare: alle nove sarebbe arrivato il parrucchiere,

alle dieci il fiorista, alle undici il catering. Gli invitati erano attesi per le due del pomeriggio, alle tresi sarebbero accese le telecamere.

Ma che cosa le era saltato in mente? Nessuna madre-della-sposa intenzionata a rimanere sana dimente si sarebbe mai sognata di condurre un programma in diretta lo stesso giorno del matrimoniodella figlia. Cose da pazzi. Per fortuna c’era Oliver, che avrebbe gestito la parte gastronomica.Sapeva come rendersi utile. In tutti i sensi.

Gus, Aimee e Sabrina si stavano ancora preparando quando suonò alla porta. Carmen e Troysarebbero arrivati un’ora dopo. Hannah invece era già in cucina, per una volta rassegnata a nontrovare la colazione pronta, e sbocconcellava pezzetti di arancia che aveva scovato in frigo, giàtagliati. Aveva stampato diversi poster con la manovra di Heimlich che pensava di attaccare all’interno della tenda, e si era procurata altri estintori. Non si poteva mai sapere.

«Ehi» disse Oliver. «Spero che tu non stia mangiando quello che penso.» Non sembravaparticolarmente contrariato.

«Sono solo arance» replicò Hannah.«Non farti vedere da Gus. Ti amputerebbe le dita. Abbiamo tagliato quella frutta ieri sera per

fare la macedonia.»Oliver andò nella dispensa a prendere una cassa di pomodori, alcune teste d’aglio e le cipolle. In

giardino cominciò a tritare le erbe aromatiche che avrebbero usato per cucinare, mettendole poi in ungrande vassoio.

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Quando Carmen, Troy e Porter entrarono in cucina, era già tutto pronto per gli antipasti dapreparare in diretta. Il cibo per i centoventi invitati stava arrivando a bordo di un camioncino dallacittà. Insomma, quella puntata di Mangiare, bere e... sarebbe stata decisamente una passeggiata.

O almeno così credevano.«Dov’è il rinfresco?» chiese Carmen a Hannah qual che ora prima della diretta, mentre tagliava i

pomodori. Del catering neanche l’ombra. Oliver stava appunto discutendo di questo al cellulare,sulla veranda. Batté sulla finestra e fece cenno a Carmen, Troy e Hannah di uscire.

«Il camioncino ha forato a circa tre chilometri da qui e il portellone si è aperto. Al momento ilpranzo di nozze è servito sull’autostrada.»

«Non era previsto altro per il rinfresco?»«Credo proprio di no» rispose Oliver. «Per ora non diciamolo a Gus, tanto non può farci niente.

Dobbiamo risolvere la situazione da soli.»«Prendo la macchina di Hannah e andiamo a controllare se si è salvato qualcosa» suggerì Troy,

avviandosi con lei verso casa sua per recuperare le chiavi.«Guarda dentro il camion, Troy» gli gridò dietro Oliver. «Quello che è per terra rimane lì!»Carmen si girò sui tacchi e se ne andò.«Torna qui» mormorò Oliver, attento a non farsi sentire. Non voleva allarmare Gus e le ragazze.Carmen si ripresentò in cucina con due sacchetti di patate in mano. In silenzio e con molta calma

cercò un pelapatate, poi si mise accanto al lavello.«Oliver,» disse, tenendo sempre gli occhi bassi «scrivi una lista e spedisci Porter al

supermercato. Digli di comprare gamberi, di qualsiasi dimensione, e anche aragoste o agnello, se litrova. Prepareremo il miglior assorti mento di tapas che sia mai stato messo insieme in due ore. Gliinvitati non sapranno mai cosa è successo. Ora faccio le gallette di patate, sulle quali spalmeremoqualsiasi tipo di formaggio Porter riesca a trovare. Sarà un ricevimento indimenticabile.»

«Lo farai davvero, Carmen?»«Sono in debito con lei. E io pago sempre i miei debiti.»Quarantacinque minuti dopo Troy e Hannah tornarono con una multa per eccesso di velocità, una

confezione di salmone, un tartufo nero, tre barattoli di caviale, una cassetta di funghi e dodici filettidi manzo che in origine avrebbero dovuto essere serviti con salsa piccante al gorgonzola, funghishiitake e peperoncini chipotle. Ora la salsa ricopriva buona parte dell’autostrada.

«Cominciate a sfilettare il manzo,» ordinò Carmen «deve essere sottile come un foglio di carta.Lo avvolgeremo intorno alle cipohe che abbiamo già, e Dio mi assista, sarà perfetto.»

Il salmone fu messo a cuocere, poi condito con olio aromatizzato alla vaniglia e accompagnatocon uova di pesce.

«Non abbiamo abbastanza piatti» disse Oliver.«Nella dispensa ci sono altre patate. Faremo delle gallette più piccole e le useremo al posto dei

piatti» suggerì Carmen.«Cosa devo farci con questi funghi?» Troy li stava pulendo uno a uno con un panno asciutto, come

gli aveva spiegato Oliver.«Mettili in padella con un po’ di olio d’oliva e li faremo rosolare con l’aglio e il timo del

giardino di Gus» rispose Carmen. «Poi li sfumeremo con un goccio di sherry. Hannah!»Hannah era in attesa di ordini.«Tira fuori quelle arance che stavi mangiando prima e mettile sul fornello.»«E poi?»«E poi è ora che impari a cucinare. Prepara uno sciroppo con vino rosso, buccia di limone,

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cannella e zucchero e lascialo sobbollire per mezz’ora. Quindi lo raffreddi nell’acqua ghiacciata e loversi sulle arance. Sono sicura che non hai mai assaggiato niente del genere in vita tua.»

Senza fiato, Porter entrò in cucina pieno di borse della spesa. Vari membri della troupe corseroad aiutarlo.

«Come va, ragazzi?» chiese.«Muy bien» rispose Carmen, che non era minima mente nervosa. «Mostreremo ai nostri

telespettatori come si fanno le migliori tapas del mondo.»Tre quarti d’ora prima della diretta le Simpson erano quasi pronte. I capelli di Gus erano perfetti

e vaporosi, quelli di Aimee lisci e lucenti, mentre Sabrina li aveva raccolti sulla testa lasciandoliberi alcuni riccioli intorno al viso.

«Non siamo favolose?» disse Gus aprendo la custodia dell’abito da sposa per sbirciare: ilvestito era semplice ed elegante, senza spalline, di una seta rosa pallido che pareva una sorta dibianco “emozionato”. Con grande cura, aiutò Sabrina a indossarlo.

«Il viola porta sfortuna in televisione» scherzò Gus ballando con l’abito di Aimee.«È color malva, mamma» puntualizzò «e poi Aimee sta benissimo con quel vestito.»«Più o meno» balbettò Aimee, calcolando quanti minuti di sofferenza le si prospettavano in

quelle male dette scarpe. Okay, d’accordo, la sua sorellina non si sposava certo tutti i giorni. Sorrisementre sua madre appuntava dei fiori nei capelli di Sabrina.

«E ora sei una sposa.» Gus lisciò E velo di Sabrina e la baciò piano sulla guancia.«Pronta a farti incastrare, Sabrina?» la prese in giro Aimee, rovistando nella scatola dei gioielli

di Gus in cerca di un bel paio di orecchini.«Pronta» rispose Sabrina, prima di voltarsi e guardarsi allo specchio. Vide gli strati di pizzo e

tulle, e i cristalli che brillavano sul punto vita. “Stavolta sta succedendo davvero” pensò. Sentì unnodo allo stomaco, il cuore iniziò a battere aU’impazzata; le sembrò quasi che le stesserorisucchiando via l’aria dai polmoni.

«Non respiro» mormorò Sabrina cominciando ad ansimare, con gli occhi che le bruciavano. «No.Non sono pronta. Non ce la faccio.»

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31Trova Billy. Questo aveva detto sua madre, e Aimee si era precipitata ubbidiente giù dalle scale

per cercarlo. In poco più di cinque minuti Sabrina si era trasformata da un’emozionata futura sposa auna pazza delirante e isterica: un secondo singhiozzava convinta di amare ancora Troy, quello dopourlava che non sarebbe mai stata pronta.

Billy, in smoking nero nonostante fosse giorno - per ché così aveva preteso Sabrina, e Gus leaveva riconosciuto il diritto di decidere a prescindere dall’etichetta - sorrise ad Aimee che siavvicinava.

«Come vanno le cose di sopra?» domandò. Poi si accorse della faccia di lei e salì le scale a duea due.

Sabrina piangeva sulla spalla della madre.«Vi lasciamo da soli per qualche minuto» disse Gus.Intanto Porter stava già chiamando tutti a raccolta: la diretta sarebbe cominciata di lì a mezz’ora.

Gus e Aimee aspettarono in corridoio in preda all’ansia, finché Sabrina e Billy non ricomparveromano nella mano, circa venti minuti dopo.

«Allora è tutto sistemato!» esclamò Gus in estasi.«Non proprio» rispose Sabrina. «Abbiamo deciso di annullare il matrimonio.»«Per ora» precisò Billy.«Ho paura, è vero» ammise lei. «Ma più che altro sento di essere stata troppo precipitosa.»«Ci prenderemo un po’ più di tempo per conoscerci meglio» aggiunse lui. «Sarà poco ortodosso,

ma sentiamo che è la cosa giusta da fare. So che gli invitati ci rimarranno male, ma il nostromatrimonio è più importante di questa giornata.»

«Oh, Sabrina,» sospirò Gus «come madre ti sostengo al centouno per cento, ma come conduttricedi un programma televisivo che va in onda tra pochi minuti potrei ucciderti.»

Sabrina era in imbarazzo, e lo fu ancora di più quando Porter salì le scale alla ricerca di Gus.Era così agitato da non riuscire a stare fermo.

«Sarà una puntata fenomenale» esordì. «Carmen ha salvato la situazione, Gus. Non ci crederai,ma c’era un’emergenza catering. Adesso però è tutto sistemato. Non ti preoccupare.»

Gus l’abbracciò.«Spiacente di darti questa notizia, vecchio mio, ma non ci sarà nessun matrimonio oggi.»Porter rimase immobile, a bocca aperta.«E adesso cosa facciamo?» chiese, appena recupero l’uso della parola.Gus alzò le mani al cielo. «Chi lo sa» rispose. «Ci penseremo. Oggi ci sarà una festa, per quanto

ne so.»«Be’, ora hai tutto il diritto di prendermi in giro, sorellina» mormorò Sabrina. «Sempre fidanzata,

mai sposa.»«Piantala» disse Aimee in tono gentile. «Finalmente riesci a stare con qualcuno, anche se in

questo tuo modo assurdo. Se a Billy sta bene, sta bene anche a me.»«Qualcuno dovrà scendere a spiegare agli altri cosa succede» osservò Gus. «E dovremo dirlo

anche ai telespettatori.»«Sono grande» intervenne Sabrina. «Posso fare i miei annunci da sola.»Billy la cinse con il braccio. «Sarò al tuo fianco.»La giornata era stata come un giro sulle montagne russe: Troy era molto provato, fisicamente ed

emotiva mente. Si aspettava di sentirsi sollevato dalla piega che avevano preso gli eventi, e invece

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non lo era affatto. Più che altro era in pensiero per Sabrina, ma non avrebbe più riprovato a tornarecon lei: aveva superato la cosa. Per sempre.

La puntata era stata frenetica ma divertente, e gli invitati parevano essersi ripresi in fretta dalloshock iniziale, in parte convinti che Sabrina e Billy avessero soltanto rimandato il grande giorno, inparte consolati dalle prelibatezze di Carmen. Troy aveva mangiato decisamente troppo, ma non neera per nulla pentito.

Era pronto a dichiarare chiusa la serata, ma doveva ringraziare tutti quanti prima di andarsene.Voleva anche salutare Hannah, se solo l’avesse trovata.

La vide sulla pista che ballava il twist con Kiran, il figlio minore di Priya.«...and it goes like this» cantava Hannah al bambino, i capelli rossi che fluttuavano a ogni

movimento dei fianchi, mentre Kiran copiava ogni sua mossa. Era davvero buffa, pensò Troy, e deltutto ignara di esserlo.

La musica si interruppe. Lui procedette sulla pista e diede un colpetto sulla spalla di Kiran.«Permetti?»«Non so» rispose Kiran. «Permetto cosa?» «Vorrei ballare con Hannah.»«Okay» rispose lei, con il cuore in gola.L’orchestra attaccò un brano molto ritmato.«No, aspetta» disse Troy, come se avesse cambiato idea. «Voglio un lento per il nostro primo

ballo.»Le telecamere erano ormai spente da tempo, e alcuni invitati se n’erano andati quando Alan rubò

il microfono per annunciare l’inizio del nuovo show di Carmen e la riconferma di Mangiare, beree...

Non sarebbe stato appropriato dare una notizia del genere a un ricevi mento di nozze,naturalmente, ma dal momento che le nozze non c’erano state... Gus apprezzò molto il calo rosoelogio dei suoi anni a Cooking Channel e l’entusiasmo del presidente.

«Vuoi aggiungere qualcosa, Gus?» chiese Alan.Lei salì sulla pedana con un balzo.«Grazie a tutti di essere venuti» esordì. «E stato un vero piacere. Ma temo che Alan si sbagli su

una cosa: nella prossima stagione di Mangiare, bere e... io non ci sarò. Mi è piaciuto molto lavorarecon tutti voi.» Incrociò lo sguardo di Carmen. «Con tutti voi» ripetè. «Ma per me è ora di andare.»

Quando Alan le aveva offerto di rinnovare il con tratto, Gus si era convinta di aver ottenuto ciòche voleva. E si era sentita sollevata. Ma ora un’altra idea la solleticava: con Sabrina e Aimeefelicemente sistemate, si sentì di colpo alleggerita dal carico di responsabilità che l’avevano gravatatanto a lungo.

In quel preciso istante aveva compreso: era la sua occasione per ritrovare e reinventare se stessa.«Non solo ho deciso di lasciare Cooking Channel che è stata la mia famiglia per dodici anni,»

proseguì Gus «ma lascio anche Rye, New York e questa casa, tutti luoghi davvero speciali per me.Voglio girare il mondo.»

Aimee e Sabrina si guardarono sconvolte; Hannah, sbalordita, rimase con un gamberetto amezz’aria. Era come se Gus fosse diventata un’altra persona.

«Non dico che scomparirò» continuò lei, quasi rivolgendosi solo ai suoi cari. «Mi vedrete piùche a suffi cienza, e riceverete un sacco di telefonate e di e-mail. Ma è arrivata l’ora di nuoveavventure. È tempo di esplorare»

Scese dalla pedana e fu immediatamente circondata da invitati e colleghi di Cooking Channelpronti a congratularsi con lei. Un istante dopo sentì la mano di Oliver prenderla per il braccio e

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sottrarla alla folla.«Ma che diavolo succede, Gus? Chi sono io per te? Un passatempo estivo?»«Non sminuirti, Oliver. Tu hai davvero cambiato la mia vita.»«Mi fa piacere, ma pensavo che il nostro rapporto significasse... qualcosa.»Oliver si teneva una mano sulla fronte come a raccogliere i pensieri.«Ho girato a vuoto per molto tempo. Ma finalmente credo di sapere dove atterrare.»«Senti,» replicò lui, con un lieve tremito nella voce «so bene che tutti dobbiamo seguire i nostri

sogni. Se è questo ciò che vuoi, hai il mio appoggio.»«Grazie, Oliver» disse lei sollevata. «Significa molto per me.»«Ma non credere che rimanga qui ad aspettarti.» Oliver raccolse la giacca dello smoking da una

sedia, come se stesse per andarsene.«Be’, a proposito...» ribattè Gus, posandogli una mano sul braccio per trattenerlo. «Ecco... io

speravo davvero che tu venissi con me.»

Parte NonaLA CILIEGINA SULLA TORTAAprile 2008

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32Arrivò nella cassetta della posta: un invito ufficiale a una delle famose feste di Gus Simpson. La

sorpresa erano il luogo, un loft con vista sul mercato di Union Square, e l’occasione: Gus Simpsontornava in tv con un nuovo programma lanciato dalla sua nuova casa di produzione, la 50/50Ventures. Il sontuoso ricevimento era stato organizzato per festeggiare la prima puntata.

Gus e Oliver erano stati via da New York per quasi un anno. Avevano visitato venti paesi,curando le ricerche e le riprese di Cibo locale, cibo globale, una serie di documentari dedicati agrandi luoghi, cibi particolari e specialità (tutte eque e solidali, naturalmente) con una particolareattenzione per la loro promozione sul mercato americano. Gus aveva finalmente trovato il modo diconciliare l’impegno della giovinezza con il successo professionale e l’uso di prodotti biologici.Aveva dovuto vendere la casa per trovare il capitale iniziale, ma era sicura che ne fosse valsa lapena: quella villa con le sue diciannove stanze era stata ciò di cui aveva avuto bisogno prima, maadesso era pronta ad andare oltre.

Hannah varcò la soglia del loft, ansiosa di rivedere la sua vecchia amica e di raccontarle leultime novità di Ama te stesso, un programma di sostegno per aiutare i ragazzi a rischio a ritrovare lapropria autostima attraverso il tennis. E sebbene si fosse molto divertita a lavo rare in televisionecon Gus, alla fine aveva declinato l’offerta di alcuni produttori di Hollywood che volevano lachiacchierata stella dello sport a condurre Si può cancellare?, una perfida esibizione dei momentipiù imbarazzanti dei VIP . Scriveva ancora articoli sulla salute, e aveva iniziato a dare lezioniprivate di tennis (Priya, intenzionata a perdere qualche chilo, fu la sua prima cliente); era riuscitaanche a prendere la patente. Quel giorno Troy l’aveva aspettata davanti alla Motorizzazione perfesteggiare.

Anche Troy era stato molto occupato: i distributori FarmFresh erano ormai diffusi in cinquantastati e persino in alcune scuole canadesi; era riuscito addirittura ad avere un contatto con JamieOliver, conduttore di The Naked Chef, per portarli anche oltreoceano, in Inghilterra. Le meleFarmFresh si trovavano negli aeroporti, nelle stazioni ferroviarie, nei centri commerciali e, piùimportante ancora, nelle scuole, comprese le elementari di Hood River.

Ogni tanto il padre di Troy spiava con orgoglio gli studenti che premevano un pulsante perselezionare i prodotti della famiglia Park.

I cibi freschi erano anche al centro dei pensieri di Carmen. La sua trasmissione bilingue avevaottimi ascolti, sia sul canale spagnolo sia su Cooking Channel; lavorava a stretto contatto con Porter,che era ridotto a uno straccio dal nuovo incarico, ma decisamente soddisfatto. Soprattutto, però,Carmen era riuscita ad accumulare un capitale sufficiente - grazie anche a Oliver, che avevacontattato alcuni amici - per aprire un ristorante tutto suo, il Pulpo. E aveva scelto un’arredatricemolto brava per dare al locale un look giovane, accattivante e luminoso.

Perché di fatto l’arredatrice di Carmen, Sabrina, aveva finalmente superato la sua avversione perle cucine, trovando il modo di unire la storia di sua madre con la sua abilità come designer d’interni.Gli affari andavano sempre meglio e lei e Billy stavano ancora insieme: pensavano di rendere la lororelazione più stabile, ma senza fretta. Biily era il solo ad aver capito quale fosse l’unico modo perconquistare quella ragazza: aspettare.

L’agente dell’FBl Jeremy Brewer aveva catturato la sua Aimee e risolto il caso dell’anno. Avevascovato David Fazio intercettando un trasferimento di fondi verso l’Europa: il consulente finanziariodi Gus si stava pagando una cura per una malattia venerea contratta mentre faceva baldoria con isoldi altrui.

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Quel giorno c’era un’atmosfera festosa nel loft, con tanti amici e squisiti stuzzichini inabbondanza.

Tutti si servirono, chiacchierando con Oliver e lanciando occhiate non troppo discrete allaricerca di Gus. Invano.

Finché la musica non partì e lei non comparve sulla soglia con un tailleur pantaloni di lino colorcrema e una rosa in mano, nessuno degli ospiti capì che la festa era per qualcosa di più che il lanciodi una nuova trasmissione.

Aimee e Sabrina, che conoscevano il segreto, stavano al fianco di Gus; l’accompagnarono daOliver, che aspettava paziente accanto alla finestra aperta sulle luci della città.

Un momento perfetto.Gus Simpson adorava le torte nuziali.

RingraziamentiDi recente una lettrice mi ha detto che i ringraziamenti sono la parte che preferisce di un libro.

(“Chissà cosa pensa delle altre pagine” mi sono chiesta.) Be’, crede temi se vi dico che ho avutomoltissimo sostegno - conforto, se preferite - mentre scrivevo questo romanzo. L’ho apprezzatodavvero tanto in questo anno frenetico e tumultuoso.

Grazie mille a tutti quelli di Putnam, in particolare a Ivan Held, a Ève Adler e Rachel Holtzman,sempre allegre e disponibili; soprattutto un grazie a Rachel Kahan, l’editor più intelligente ecomprensiva di New York. Un ringraziamento anche a Sue Fletcher e Swati Gamble di Londra per laloro pazienza. Sono molto grata per l’attenzione che questo libro ha ricevuto dallo staff dell’ufficiocommerciale, del marketing, dell’ufficio stampa, così come in redazione, nell’ufficio produzione e trai grafici.

La mia agente Dorian Karchmar della William Mor ris Endeavor Entertainment, acuta e generosa,merita un paragrafo tutto suo. Ogni chiacchierata con lei è stata divertente e illuminante: poche coserassicurano un autore quanto un’agente che è anche una vera amica. Grazie.

Sono in debito con i miei genitori e i miei fratelli per E loro costante incoraggiamento e la lorodisponibilità ad ascoltarmi, e con i miei cari amici che hanno letto i primi capitoli, spesso arrivati lasera tardi: Rhonda Hilario-Cagiuat, Kim Jacobs, Shawneen Jacobs, Tina Kaiser, Alissa MacMillan,Robin Moore, Sara-Lynne Levine e Christine Tyson. Un pensiero speciale va a mia madre e a miasorella, con cui ho trascorso ore bellissime a ricordare i nostri piatti preferiti, come le ciambelledella nonna e la sua squisita minestra di poEo con la pasta fresca.

Un riconoscimento particolare va ad Althea Saldana e Tamara MacMillan, che mi hanno apertoun

mondo sulla cucina e sulla cultura indiana e spagnola, e a San dra Lee, con i suoi racconti discuole di cucina e ristoranti. Apprezzo tantissimo h vostre osservazioni. E grazie a Kevin MacMillane a David Berger per i loro saggi consigli, al grande assistente di Dorian, Adam Schear, sempreall’altezza della situazione, e a tutti i miei meravigliosi lettori che mi hanno scritto dicendomi cheaspettavano trepidanti il mio nuovo libro! è sempre un enorme piacere sentirvi

Infine voglio ringraziare la mia famiglia: il mio cane, Baxter, che apprezza una buona palla datennis ed è sempre pronto a giocare quando voglio prendermi una pausa (e anche quando non voglio).E mio

marito Jonathan Bieley, che mi ha spaventato con un malore e poi è tornato come nuovo, prontoper restare sveglio fino a tardi, alzarsi presto, preparare (in realtà ordinare) la cena, sistemare lostudio e leggere le bozze di ogni capitolo. Grazie del tuo conforto.

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