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PAOLO ORSI chi fu costui? *** I - Antefatto La Città di Siracusa ha intitolato a Paolo Orsi: - Il locale Museo Regionale “ Paolo Orsi”. Qui viene ospitata la Venere Anadiomene la quale, dalla struttura che ospita il Museo, Villa Landolina, è nota come Venere Landolina. Chi non ricorda l’inebriamento del De Maupassant davanti alla Venere Landolina a Siracusa? E non si dimentichi la Kourotrophos, frantumata in mille pezzi durante l’impianto di uno stabilimento petrolifero nei pressi di Mégara Hyblaea, e pazientemente, oculatamente ricostruita. - La Biblioteca regionale “Paolo Orsi” (ospitata nella sede della Sovrintendenza ai Beni Culturali di Siracusa). La Biblioteca conserva religiosamente l’Opera manoscritta (i celebri taccuini) del grande archeologo, ed una nutrita raccolta di scritti che, oggi, rappresentano un tesoro di straordinaria importanza. Quì viene gelosamente conservata una copia della prima edizione del Voyage dell’Houel. - I l Viale “ Paolo Orsi, la principale arteria che, da ovest, congiunge la città all’entroterra e, si può dire, al mondo intero. - U na Scuola Primaria e Secondaria di Primo Grado.

PAOLO ORSI chi fu costui

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PAOLO ORSI chi fu costui?

***

I - Antefatto

La Città di Siracusa ha intitolato a Paolo Orsi: - Il locale Museo Regionale “Paolo Orsi”. Qui viene ospitata la Venere Anadiomene la quale, dalla struttura che ospita il Museo, Villa Landolina, è nota come Venere Landolina. Chi non ricorda l’inebriamento del De Maupassant davanti alla Venere Landolina a Siracusa? E non si dimentichi la Kourotrophos, frantumata in mille pezzi durante l’impianto di uno stabilimento petrolifero nei pressi di Mégara Hyblaea, e pazientemente, oculatamente ricostruita. - La Biblioteca regionale “Paolo Orsi” (ospitata nella sede della Sovrintendenza ai Beni Culturali di Siracusa). La Biblioteca conserva religiosamente l’Opera manoscritta (i celebri taccuini) del grande archeologo, ed una nutrita raccolta di scritti che, oggi, rappresentano un tesoro di straordinaria importanza. Quì viene gelosamente conservata una copia della prima edizione del Voyage dell’Houel.

- Il Viale “Paolo Orsi”, la principale arteria che, da ovest, congiunge la città all’entroterra e, si può dire, al mondo intero.

- Una Scuola Primaria e Secondaria di Primo Grado.

II – Archeologo o “tombarolo”?

A - Bernardina-Comito.

L’area della quale fa parte la contrada Bernardina, identificata oggi da ben altri quattro toponimi (Comito, Cucuzzaro, Pianazzo, Piana dei Cavalli) (1) a seguire la descrizione che ne fa l’Orsi, si distende ai piedi di Melilli (SR). Così il grande archeologo presenta il luogo, uno dei tanti, del quale scrisse nel 1890: “Già chi si inerpichi su per le pendici rocciose che attraverso i campi mettono nella Marina di Melilli, e soprattutto lungo la ruotabile Priolo-Melilli, poco sotto di questo borgo s’imbatterà in qualche isolato sepolcro di schietto tipo siculo. Un gruppo non indifferente e di carattere molto arcaico, non meno di una cinquantina, esiste a N-E di essa borgata…lungo il margine destro della cava della Secchiera…”

“Ma il gruppo di gran lunga più importante esiste al crocevia delle ruotabili Melilli - Villasmundo - Augusta, nella località denominata Bernardina. Quivi, la fiancata di monte che verge a nord è composta di rocce calcari quasi completamente denudate, scendenti a pieghe verso un breve avvallamento che sbocca nella così detta Fiumara (così denomina l’alto corso del Cantera). …La piccola necropoli, che consta di una cinquantina di celle, si sviluppa verso il margine settentrionale e declive di una terra, facilmente difendibile, poiché in buona parte circoscritta della profonda cava del Cucuzzaro. Il luogo denominato Pianazzo è tutto quanto il più acconcio si possa ideare, per collocarvi il villaggio corrispondente alla necropoli di Bernardina, ed il centro degli aggruppamenti che costituivano la Hybla sicula”

“Siccome molte delle celle funebri colà esistenti, sebbene aperte, erano colme di sottile terra di filtrazione, mi prese vaghezza di

tentarne l’esplorazione tanto più che scavi sistematici in una necropoli sicula non si erano pur anco eseguiti, e tutto il poco che ancora si conosce su queste misteriose necropoli deriva da scoperte fortuite…”.(2)

Tutte le tombe (v. fig. 1) di Bernardina – Comito ed aree adiacenti furono scavate; si recuperarono alcuni vasi, interi o frammentari, che furono puntigliosamente descritti e alla buona disegnati, si accennò alla presenza, in qualche tomba, del solito “bellissimo” frammento di coltello di selce e di qualche altro piccolo “reperto”, fu rilevata in qualcuna la presenza di ossa più o meno scomposte, furono avanzate delle ipotesi circa il periodo di appartenenza della necropoli a fronte dei Periodi dallo stesso Orsi stabiliti, (3) si notò che quella necropoli non restituiva segni che autorizzassero a ritenere che il popolo che la costruì avesse avuto contatti col mondo greco, almeno per quanto attiene a scambi commerciali.… e nel 1890 se ne dette notizia in BPI a. XVI. n. 12.

Tre anni più tardi il grande archeologo pubblicherà gli esiti del suo intervento a Castelluccio di Noto, il cui status aveva puntigliosamente analizzato..

***

Quindi: una cinquantina di tombe solo nell’area tra Bernardina e Comito, la cui prospezione, come si intuisce dagli scritti, fu affidata, allora, agli operai che, presumibilmente armati di piccone e pala, rastrellavano le “cose” più interessanti (appariscenti) che sottoponevano all’attenzione del capo. Fa spesso capolino il mezzo coltellino di selce, ma non si fa cenno alle migliaia di altri “frammenti” di selce lavorati o non lavorati giacenti nei pressi, che, lo si voglia o non li voglia ammettere, oggi permettono di dare un volto più leggibile ad un qualsiasi insediamento preistorico, del quale non si conosce la sua storia. In testa vogliamo porre i microliti, ma fu Laplace a mettere ordine nella tipologia. (4)

Qui segnaliamo il numero approssimativo di tombe relative ad alcune località, che l’Orsi cita in alcuni dei suoi scritti. Naturalmente l’elenco è molto incompleto, ma significativo a stabilire dei valori che ci permettono di trarre logiche conclusioni.

-Bernardina:………………………………………………….50

-Cava Secchiera:……………………………………………..50 -Cava Cannatello:……………………………………………10 -Cava Mangiapicciotti:……………………………………….30 -Vallone della Neve-Costa Gigia:…………………………..100 -Cava Baratta:……………………………………………… 50 -Cozzo del Monaco:………………………………………….20 -C.da Mangano:………………………………………………20 -Petraro:………………………………………………………70 -Cava d’Ispica:…………………………………………… 100 -Cozzo Telegrafo:…………………………………………….10 -Gisira:………………………………………………………..25

TOTALE:…………………………………………………515

Se ne può dedurre che il grande Paolo Orsi rendeva obsolete tante sepolture quante oggi potrebbero “assicurare” un più oculato lavoro di ricerca a decine e decine di specialisti del mestiere, e per diversi anni. Il “mestiere dell’archeologo”, oggi, ci permette di operare in un campo complesso, dove ogni granello di polvere diventa prezioso.

Il mutato modus operandi, e le possibilità che la tecnica oggi offre, ci permettono di “riconoscere” una qualsiasi entità archeologica, anche e più quando all’archeologo si affianca l’opera del paleontologo, del palinologo, del petrologo, del geologo, dello storico e di tante altre specializzazioni compresa quella che gestisce l’analisi a mezzo del carbonio 14C e per tante altre “majarìe” impensabili ai tempi dell’Orsi.

Ci piace riportare quanto scrisse Leonard Wolley in apertura, appunto, del suo lavoro Il Mestiere dell’Archeologo: “La mia prima esperienza di scavo fu a Corbridge nel Northumberland e so anche troppo bene che il lavoro che vi si fece allora avrebbe scandalizzato, e giustamente, qualsiasi archeologo britannico (e non solo, osiamo aggiungere) del giorno d’oggi. Esso comunque è un esempio tipico di quello che si faceva quarantacinque anni fa, quando l’archeologia di scavo, era, per così dire, alla sua infanzia e pochi archeologi in Inghilterra pensavano che fosse necessario seguire l’esempio di quel grande pioniere che fu Pitt Rivers. (5)

***

Ma, in verità, Bernardina con Comito, Pianazzo, Cucuzzaro, Piana dei Cavalli non sono interessati solo dalla necropoli; ben altre realtà abbiamo potuto rilevare, che Paolo Orsi non aveva visto o alle quali, affascinato dalle tombe, non aveva dato soverchia importanza.

Si ha l’impressione che gli abitati non siano stati cercati, o che ai pochi elementi a vista non sia stata data la dovuta importanza.

Un tratto di carraia (v. fig. 2) a binari incassati esiste, p.e., nella più nota contrada Bernardina stricto sensu, nei pressi del trivio Augusta- Melilli- Villasmundo. L’interasse dei binari è di circa 150 cm, mentre l’ingombro totale è di circa 175 cm. I binari, che hanno sviluppo est-ovest, costeggiano le tombe scavate dall’Orsi, ai margini dell’attuale strada, e sembrano dirigersi verso la cava del Cucuzzaro, dove esistono le abitazioni rupestri e le altre tombe del Bronzo antico segnalate dal grande archeologo. In prossimità del trivio, dalla carraia si diparte un altro binario, il quale si dirige verso la strada asfaltata (dalla quale viene interrotto), e per essa verso il trivio attuale, come ad anticipare quella che poi sarà la situazione viaria di oggi.

Lo sperone di est di Comito, che si affaccia precipite nel Vallone della Fiumara, almeno la parte che rimane scoperta da vegetazione e terra, è, a sua volta, interessato da opere realizzate dall’uomo; si tratta di buche per pali di capanna, disposte, come sarà rilevato sull’isolotto di Ognina e più tardi in Gisira, in maniera rettilinea. Lo status dello sperone, tuttavia, utilizzato anche come cava di pietre, (v. fig.3) non permette ricostruzioni definitive. Una doppia fila di buche, lunga oggi poco più di cinque mt e larga 2,5 mt, presenta in uno degli angoli una canaletta di scolo che sembra provenire dall’interno della struttura.

Un altro allineamento supera i dieci metri ed annovera non meno di dodici buche. Le misure hanno differente diametro, raggiungendo il valore di 75 cm nelle più grandi. Peculiare di tutte le buche è quella restringersi verso il fondo, sì da far pensare ad un sistema abitativo che utilizzasse travi pre sagomate in punta. (v. fig. 4)

La struttura rettangolare nella disposizione delle buche per capanne, per quanto si è potuto constatare nel territorio a nord di Siracusa, non è peculiare del Bronzo antico, dove le capanne sono ellissoidali oppure, come in Gisira 3, perfettamente circolari.

In assenza di ceramica leggibile, non siano in grado di suggerire una qualsiasi ipotesi circa il momento culturale che ha interessato

quella parte di Comito. Notare che la stessa tipologia delle tombe avrebbe interessato anche i momenti che precedettero l’avvento del Bronzo, noti come Età del Rame.

Sulla spianata di Comito, che l’Orsi probabilmente non aveva esplorato, si notavano, fino ad ieri.

- Una scalinata monumentale scavata nella roccia in piano. Sono ancora visibili, in quanto non coperti dalla terra, quattro alzate lunghe alcuni metri. (v. fig. 5)

- Alcune tombe sub divo, piene di terra ma senza coperchio, certamente scavate in tempi imprecisati. Il tipo è quello a pianta rettangolare e sezione trapezoidale. (v. fig. 6)

- Sul fianco del vallone si notano ancora residui di una fornace tardo antica, nei cui pressi giacciono sparsi frammenti di ceramica da datare.

- Si sono raccolti, sparsi per tutta l’area del Comito, strumenti litici di selce, di ossidiana e di basalto; i basalti sono rappresentati da alcune asce, più o meno integre, la cui tipologia è visibile nelle figure; il tipo è caratteristico nell’Età del Rame ed in quella del Bronzo iniziale. La selce è interessante perché si notato tipi usuali nell’area post neolitica locale, per la presenza di bulini, di rozzi grattatoi e di elementi microlitici nei quali si vedono abbozzi di frammenti geometrici trapezoidali. (v. fig. 7)

*** Più tardi, molto più tardi, una legge “fascista” cercherà di mettere ordine, sia nella ricerca che nella gestione, in quello che era il vasto campo dei beni culturali italiani. (6)

La discesa dei vandali (i contadini secondo Orsi, che li definiva “villani”), i quali, in assenza di adeguata normativa, rovinavano tutto quello che c’era da rovinare, fu in parte fermata; lo studio e la tutela dell’immenso patrimonio archeologico, ivi comprese le tombe e quanto in essa contenuto, passò al vaglio dell’Accademia e delle Soprintendenze ai Beni Archeologici.

B -Timpa Ddieri: acquedotto greco, villaggio trogloditico,

insediamenti preistorici sul Petraro.

Chi ha letto la celebre Periegesi dell’Orsi, (7) avrà notato come tutta l’attenzione del grande archeologo sia stata diretta alla c.d. Timpa

Dieri, quella parete rocciosa del Miocene medio alta poco meno di un centinaio di metri, che in perpendicolare si infossa nel talweg del fiume Mulinello, (il Damyrias degli antichi?). Riproponiamo il primo approccio dell’Orsi con la imponente struttura: “Salendo a ritroso la Valle del Molinello, a tratti incassata fra rupi serrate, a tratti un po’ aperta per depressione dei ciglioni laterali, ed oltrepassato il Cozzo Ddiero, si arriva ad un gruppetto di tombe sicule, aperte sull‘alta fiancata sinistra del fiume, che nulla presentano di speciale, né invitano allo scavo. Un poco più a monte, sotto la contrada Petraja, un’eccelsa rupe a piombo, volta a mezzodì, vi presenta scavato nel vivo a guida d’alveare un numeroso gruppo di abitazioni trogloditiche, di cui ho la fortuna di presentare due buone vedute fotografiche”.

Orsi si dilunga a descrivere e commentare il villaggio trogloditico, accenna, come si è visto, ad alcune tombe esistenti tra il Cozzo Ddiero e la Petraja, che “nulla hanno di speciale e non invitano allo scavo”, ma sembra che non si sia guardato attorno, e per largo raggio, alla ricerca dell’Uomo.

Ritengo allora interessante e necessario dire qualcosa, non tutto, su quello che il grande archeologo non vide o ignorò, o del quale sbagliò platealmente l’interpretazione.

Il camminamento che si svolge in orizzontale nella Timpa, (v. fig. 8) in parte incassato nella roccia a mo’ di cunicolo, in parte svolgendosi all’aperto a mo’ di balconata che dà sul Mulinello, non è, ripetiamo non è un acquedotto opera della più evoluta civiltà greca costruito per portare acqua ad un ipotetico agglomerato urbano locale naturalmente a valle. L’Orsi accenna a due ipotetiche località, Stiella e Kalaurìa “sulla cui precisa ubicazione, malgrado i tentativi fatti, nulla di preciso ancora ne consta. Preferisco adunque pensare a qualche grossa fattoria o tenuta nel corso inferiore del Molinello…” confortato dalle assicurazioni della sua immancabile guida che affermava esistere avanzi di un antico acquedotto in muratura.

Mentre di Stiella e di Kalauria il grande Orsi ha poco o nulla da proporre, su quest’ultima si può avanzare una ipotesi. Tra le contrade Ferrante e Costa Mendola scorre il fiume Mulinello. Qui le due sponde del corso d’acqua degradano in leggero pendio, rendendo possibile, anche se con difficoltà, il passaggio dall’una all’altra riva. Qui si ipotizza la località Kalauria (già avamposto della kora

megarese), la quale nel 339 a.C. vide una strepitosa vittoria del siracusano Timoleonte sul lentinese Iceta in rotta. Qui, nella supposta Kalauria, il fiume devia il suo corso fino ad assumere la forma di un bastone ricurvo, tipo quello pastorale, il Kalaurops greco appunto. Sullo sperone di costa Mendola, che da ovest sovrasta in leggero pendio il fiume, all’altezza della curva, è facile rinvenire a terra ceramica grezza, abrasa dallo scorrere dei millenni, d’età classica, ancora da datare. Qui esiste ancora una struttura agricola, forse quanto rimane di una massa dei bassi tempi romani.

E ancora, sulla stessa area e nelle immediate adiacenze abbiamo localizzato un insediamento preistorico che riteniamo sia appartenuto a quella sparuta presenza dell’Età del Rame della quale abbiamo già scritto.(8)

Ma Kalauria è una località e non un centro abitato, che non ha avuto e tutt’oggi non ha bisogno di un acquedotto.

Il presunto acquedotto (naturalmente costruito dalla più evoluta civiltà greca tiene a precisare Orsi), è in effetti un camminamento che porta allo insediamento trogloditico. Il tratto in cui il cunicolo si interrompe, per riprendere poco più avanti, certamente veniva unito da un ponte di legno, il quale al bisogno veniva ritirato, sì che l’abitato rupestre diveniva irraggiungibile. (v.fig. 9) Dove necessario, nei tratti in cui il camminamento è a vista, si notano sul bordo delle canalette per smaltire l’acqua piovana che invade tuttora il cunicolo. (v. fig. 10)

Visto il tipo di costruzione, e alla luce di frammenti ceramici e monete bronzee siracusane di terzo secolo, è da presumere che la Timpa, già abitata in parte in età preistorica, sia stata riutilizzata nei momenti in cui la vita nella vicina Siracusa diveniva invivibile.

***

La Timpa Ddieri di Villasmundo, oggi rifugio di animali e méta di occasionali visitatori, nelle sue cavità ha accolto nel passato, come abbiamo visto, l’uomo e di tale presenza, conserva ancora gelosamente una infinità di “cose”.

Nei tempi bui della corsa agli ingrottamenti, unica soluzione per sfuggire a pericoli incombenti, gli anfratti della Timpa, creati dalla natura per gli animali, si dice, furono a questi contesi da

quella sicula razza “semibarbara e inferiore, dai caratteri fisici e craniali dell’antichissima stirpe preellenica, che ha abitato le nostre terre da migliaia di anni e mai subì per intero, ma sempre superficialmente, affermava ex cathedra il grande Paolo Orsi, l’influenza delle maggiori civiltà: quella greca per intenderci e poi quella romana che alla mammella greca voracemente si attaccò; e non poteva essere altrimenti. Anziché quelle dei morti, l’uomo costruì in quella ed altre precipiti pareti le dimore dei vivi, scrisse ancora il grande Orsi, che qui si ringrazia assieme al mio conterraneo Sergi, i quali, con il Lombroso hanno fatto autorità in materia di misure e forme craniali dei miei siculi antenati, barbari e di razza inferiore, abitatori delle grotte della Timpa e di altre più riposte cave, come leggiamo nella sua celebre Periegesi Archeologica. (9)

Ma Timpa, che significa? E che significa Ddieri? Circa l’esotico toponimo, diremo che Timpa, o Tempa, nella

Sicilia sud-orientale identifica una cima tondeggiante o a cupola, lo stesso del greco Tùmbos, che significa (attingiamo al nostro Rocci) monumento sepolcrale e, nella accezione più generica, tomba o sepolcro, allo stesso modo del latino Tumulus che identifica un mucchio di terra ammassata, ma può essere visto anche nella accezione di tumulo sepolcrale. Tale condizione si nota nella struttura a pianta circolare sulla Petraia, parte del muro che racchiudeva, si dice, l’area del villaggio, che comunque non è una tomba ma semplicemente un cumulo di pietre e di terra.

Ddieri poi (Jeri per lo Shubring, Deluderi per Adolfo Holm), che il nostro dizionario della lingua siciliana traduce in parete calcarea in cui sono una o più ordini di grotte disposte in piani paralleli, ecc., verrebbe ad essere ridimensionato, meglio dire aggiustato, nel suo significato se ci limitassimo a stabilirne l’origine nell’arabo ad dyar, o in quella di dzjar, ma entrambe le lezioni da assumersi nella accezione di casa (che in arabo è anche man-zil, propriamente locale di abitazione, che può identificarsi anche in una o più grotte naturali, in un villaggio trogloditico dove comunque si abita.

Una curiosità: ci ricorda il grande archeologo che le grotte della Timpa, in tempi a noi più vicini, erano un covo di banditi o malfattori dentro l’inaccessibile abitato antico, a questa

conclusione essendo arrivato poiché aveva “trovato sulle pareti iscrizioni a carbone che risalgono alla fine del cinquecento, al seicento e al settecento”. (10) Ma, sfortunatamente per la nostra cultura, e quindi per noi, non conosciamo le illuminanti parole sicuramente lette, ma non sappiamo se trascritte nei suoi taccuini di scavo.

***

Sulla Pietraia, oggi Petraro, che sovrasta l’insediamento trogloditico, abbiamo identificato una straordinaria sequenza culturale preistorica, (11) certamente sfuggita alla nota curiosità dell’Uomo di Rovereto: un insediamento del neolitico “stentinelliano”, recintato da palizzata in legno, (v. fig. 11) sul quale si installò l’uomo del Bronzo iniziale. Sul tutto sovrasta una struttura muraria a torri circolari che lo scavatore definì “cinta muraria”, (v. fig. 12) all’interno della quale doveva esistere il villaggio del Bronzo iniziale al quale la struttura doveva essere connessa. Chi scrive non ha aderito a tale interpretazione e ne ha dato spiegazione nei suoi scritti. Nei livelli interessati dalla presenza castellucciana abbiamo recuperato anche due ossi a globuli, (v. fig. 13) molto grezzi e per questo molto importanti, e tre frammenti di “corna votivi” come l’Orsi ha definito la tipologia. (v. fig. 14)

Qui, ci viene difficile ritenere che l’Orsi, visitando il Petraro almeno nella sua vasta spianata che si affaccia sulla Timpa, non abbia visto le centinaia e centinaia di buche per palificazione che lo caratterizzano, né abbia posto attenzione alle migliaia di strumenti e schegge di selce ed ossidiana, né ai microliti geometrici - segmenti di cerchio e segmenti trapezoidali -, (v. fig. 15) e con essi le centinaia di strumenti in basalto sparsi sul terreno; (v. fig. 16) ed è ben strano che non abbia notato, qualora sia salito sul Petraro, quella strana struttura che abbiamo identificato come altare sacrificale neolitico: (v. fig. 17) ed è ben strano che tra le tombe non abbia fatto caso alla bellissima tholos che si apre al di sotto della “cinta” muraria, (v. fig. 18) o alla diversità della tipologia tombale che alterna tombe con ingresso quadrangolare più o meno alterato dallo scorrere dei millenni, con strutture a nicchia (con ingresso ad arco a sesto ribassato largo tanto quanto la maggiore larghezza della tomba); (v. fig. 19) ed è ben strano che gli sia sfuggita una particolare tomba trilitica (v. fig. 20)

esistente lungo il tragitto che dal Cozzo Ddiero più a valle porta al Petraro, poi identificata, rilevata e pubblicata da Giuseppe Cacciaguerra (oggi CNR). (12)

In effetti, a leggere tutti gli scritti dell’Orsi, se ne potrebbe dedurre che i suoi picconi abbiano “profanato” un numero incalcolabile di sepolture. Ad escludere Cava Baratta, (v. fig. 21) che vide probabilmente da lontano, (13) è possibile che Orsi abbia visitato, in un modo o nell’altro, tutti i luoghi dei quali parla. Oggi i nostri sopralluoghi, al fine di approfondire la conoscenza di alcuni di tali luoghi alla luce di elementi materiali che, vuoi non vuoi, ogni insediamento conserva (tipologia delle abitazione, presenza o meno, e relativa quantità, di ossidiana, tipologia e tipometria dei reperti litici, eventuale presenza di microliti allo scopo di leggervi contatti culturali possibili con altri insediamenti e della stessa area vista dall’Orsi e di aree anche trasmarine; verifica del tipo di economia praticata alla luce di indizi che ad un piccone possono sfuggire), hanno fornito dati impensabili sia per il confronto diretto con gli esiti di altri insediamenti, sia per una più avanzata lettura che è stata possibile fare in relazione all’utilità di alcuni reperti.

III - Archeologo o spia sabauda?

Si trascrivono, en passant, alcune proposizioni tratte dagli scritti dell’Orsi: <<Sopra uno degli speroni rupestri a cui mettono capo queste digradanti terrazze, sorge oggidì una grossa borgata di Melilli, in buona positura militare>>. Più avanti: <<La piccola necropoli, che consta di una cinquantina di celle, si sviluppa verso il margine settentrionale e declive di una terrazza, facilmente difendibile…>>.

Si avverte un po’ dovunque, negli scritti dell’Orsi, l’interesse a “segnalare” la postura “militare” di ogni insediamento rupestre. Ancora in Notizie degli Scavi 1902, III Periegesi Archeologica, alla voce Timpa Ddieri, così scrive: <<L’abitazione principale si trova verso il centro della roccia; è un camerone rettangolare, che in fondo ha un tramezzo di fabbrica; nella parete a sin. della porta è aperta una bocca svasata, da cannoniera, né escludo l’uso di una

colubrina, perché di là, prima di recenti frane si batteva d’infilata tutta la mezza costa>>.

In altri scritti, consimili segnalazioni sono ricorrenti, per cui ci chiediamo: a chi dovevano servire (o meglio: chi dovevano servire) questi strani appunti?

Ancora prima dell’Orsi, il fenomeno si avverte già in maniera eclatante nella letteratura che caratterizzò il c.d. Gran Tour, quando la cultura odeporica esplose dirigendo la sua attenzione verso l’Italia ed il Sud in particolare. Conviene citare almeno due esempi.(14)

A partire dal mese di settembre del 1788, l’anno in cui il Goethe concludeva il suo viaggio in Italia, il periodico Pamietnik (Diario- n.d.A.) historyczno-polityczno-ekonomiczny, edito a Varsavia e diretto da Piotr Switkowsky, ospitò per alcuni numeri la descrizione di un viaggio in Sicilia, Malta e Napoli. Il testo del settembre del 1788, che si colloca al termine di una più ampia serie di articoli intitolati Opisanie krajòw wloskich, ovvero Descrizione dei paesi italiani, non riporta il nome dell’autore. Il giudizio sulla Sicilia non è dei più favorevoli

Tiene comunque a precisare che i siciliani sono per loro natura di intelletto e di spirito vivaci. Di Augusta scrive che “...vi sono di stanza 1600 soldati e non vi è nemico che si possa temere”. Il che insospettisce sui veri motivi della sua visita in Sicilia, quando si pensi che ad un viaggiatore in cerca di nuovi orizzonti culturali, in cerca della grecità, difficilmente importa la difendibilità o meno di un territorio.

Albert Jouvin, francese, visitò l’Italia e Malta nel 1672, dando alle stampe, come d’uso, il suo resoconto di viaggio. E’ uno dei pochi viaggiatori stranieri che dedica un intero capitolo ad Augusta. Il suo interesse per le fortificazioni, è evidente. Descrive da persona competente, e con occhio critico, la torre Avalos, i forti Garzia e Vittoria e naturalmente il Castello svevo, nel quale nota anche i segni lasciati dalle cannonate delle navi francesi.

Ma, a differenza del Goethe, che da bravo germanico si limitava a descrivere la “geologia” delle zone che visitava, l’Orsi si comportava da spione; a favore di chi? Della scienza oppure dell’elemento Savoia da poco installatosi anche in Sicilia?

FIGURE

Fig. 1 – Bernardina. Tomba con ampio padiglione.

Fig. 2. Bernardina: carraia a binari incassati

Fig. 3. Comito: latomia.

Fig. 4. Comito: sistemi di buche.

Fig. 5. Comito: scala monumentale.

Fig. 6. Comito: tomba sub divo.

Fig. 7. Comito: industria litica.

Fig. 8. Petraro: la Timpa. La freccia nera indica il verso e la direzione del camminamento.

Fig. 9. Petraro. Timpa Ddieri: tratto interrotto del camminamento.

Fig. 10. Petraro. Timpa: canaletta di scolo nel camminamento.

Fig. 11. Petraro. Insediamento neolitico: buche per palizzata.

Fig. 12. Petraro. Cinta muraria. “tumulo” o torre centrale.

Fig. 13. Petraro. Ossi a globuli.

Fig. 14. Petraro. Corni fittili, di consacrazione.

Fig. 15. Petraro. Industria litica (dalla superficie)

Fig. 16. Petraro. Industria su basalto.

Fig. 17. Petraro, area neolitica: altare sacrificale.

Fi

Fig. 18. Petraro. Tomba 10: thòlos.

Tomba 10: piattino risparmiato.

Fig. 19. Petraro. Tomba 23.

Fig. 20. Petraro. Tomba trilitica (G. Cacciaguerra, cit. in nota 12).

Fig. 21. Cava Baratta (R. Lanteri, cit. in nota 13)

Petraro: fruttiera.

Note (1) - 37°11’32,98’’N 15°07’37,22’’E (2) - ORSI,P., Bernardina, BPI a.XVI 12 1890 (3) - Orsi, P., Periodi siculi, BPI XVIII 1892

(4) - LAPLACE, G., Essay de typologie sìstematique, Università degli Studi di Ferrara, 1964

(5) - WOLLEY, L., Il Mestiere dell’Archeologo, Einaudi, 1960 (6) - Legge 1 giugno 1939, n. 1089 – Tutela delle cose d’interesse artistico o

storico (G.U.8 ag. 1939, n. 184. (7)- ORSI, P., Molinello presso Augusta- III Periegesi archeologica, N.S. 1902,

fasc. 8° e 11° (8) - RUSSO, I., L’età del Rame nel panorama archeologico a nord di

Siracusa: Costa Mendola, in Academia.edu (9) – ORSI, cit. in nota 7. (10)- ORSI, cit. in nota 7 (11)- RUSSO, I., Quaderni di archeologia Preistorica 3. La presenza umana in

Sicilia nella preistoria dalla grotta al villaggio, Il Petraro di Villasmundo, 2003

(12)- CACCIAGUERRA, G., Tomba con rilievo trilitico in contrada Petraro (Melilli), Sicilia Archeologica a. XXXIII f. 98

(13) – LANTERI, R., Nuove acquisizioni sulla prima Età del Bronzo nell’area iblea: la necropoli di Cava Baratta sul medio corso del Cantera, in Arch. Stor. Siracus. S.III,VIII (1995)

(14) – RUSSO, I., Dal Seicento all’Ottocento, Augusta sotto la penna del viaggiatore straniero, Not. Stor. Di Augusta 25, 2002.