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Paolo Orsi arriva per la prima volta in Cala- bria nel 1889, su incarico del Ministero del- la Pubblica Istruzione, per dirigere lo scavo del tempio di Marasà a Locri. Già in quella circostanza comincia ad occuparsi delle fasi più antiche della storia di quella regione e nel 1890 riferisce nel Bullettino di Paletnologia Italiana di rinvenimenti di materiali proto- storici nell’area di Reggio Calabria (fig. 1): alcuni vasi ad impasto rinvenuti durante la- vori nell’area del porto ed una sepoltura ad incinerazione “dell’Età del Ferro” nei pressi di Cannitello (Orsi 1890). In tale sede l’au- tore non è in grado di offrire una datazione esatta del materiale rinvenuto: si tratta infatti in realtà di materiali databili al Bronzo Me- dio (Cannitello) e in parte al Bronzo Antico e al Primo Ferro (porto di Reggio). Mancan- do ancora un quadro di riferimento, Orsi non si rende conto di essersi imbattuto, fin dagli esordi nei suoi studi paletnologici calabresi, proprio nelle tracce di quell’Età del Bronzo che all’epoca, e ancora per diversi anni, gli studiosi negheranno essere attestata in que- sto lembo dell’estremo sud dell’Italia. Nell’ottobre del 1901 visita la raccolta di Filippo Eugenio Albani a Crotone e la sua attenzione è attratta da un gruppo di bronzi provenienti da alcune tombe a inumazione RIASSUNTO - PAOLO ORSI E LA PROTOSTORIA DELLA CALABRIA - Paolo Orsi giunge in Calabria, a Locri, per la prima volta nel 1889. Da allora fino al 1924, quando la Regia Soprintendenza per le Antichità e l’Arte del Bruzio e la Lucania viene definitivamente resa indipendente da quella di Siracusa e affidata a Edoardo Galli, svolge scavi in tutti i principali siti archeologici della Calabria, occupandosi di ogni ambito cronologico, dalla preistoria al medioevo, pubblicando puntualmente tutte le sue scoperte. L’ultimo suo lavoro di ambito calabrese è proprio la pubblicazione definitiva dei suoi scavi nelle necropoli della prima età del ferro di Torre Galli e Canale (1926) che a lungo costituirà un punto di riferimento per chiunque si sia occupato di protostoria calabrese. Al di là di alcune “sviste” interpretative, da imputare alla carenza dei dati a sua disposizione, l’attenzione nella raccolta delle infor- mazioni, sia sullo scavo, sia “investigando” sulle provenienze dei reperti giunti sul mercato antiquario, attraverso costante contatto con gli studiosi locali, unita al notevole intuito e il rigore dello studio, costituiscono tutt’oggi un caso esemplare di approccio alla ricerca. SUMMARY - PAOLO ORSI AND THE PROTOHISTORY OF THE CALABRIA - Paolo Orsi arrived in Calabria, in Locri, the first time in 1889. Since then until 1924, when the Royal Superintendence of Antiquities and the Art of Bruzio and Lucania finally became independent from Syracuse’s and was entrusted to Edoardo Galli he made is excava- tions in all the main archaeological sites of Calabria, devoting himself to every chronological context ,from the prehistory to the middle age, publishing punctually all his discoveries. In fact his last calabrian work is the ultimate publication of his excavations of the first iron age necropolis of Torre Galli and Canale (1926) which will be for a long time the landmark for all of them who will attend to the Calabria protohistory. Leaving out some inter- pretations “oversights”, due to the scarcity of information, his great care over the information collecting both on the excavation and “inquiring” on the origins of the founds arrived on the antiquarian market, through constant contacts with local students, added to his remarkable intuition and strictness of his studies, are since now a great example of approaching to the research. MASSIMO CARDOSA * - SALVATORE PONTICIELLO ** Paolo Orsi e la Protostoria della Calabria XLVI Riunione Scientifica - 150 anni di Preistoria e Protostoria in Italia * Centro Studi di Preistoria e Archeologia – Milano; e-mail: [email protected] ** Via R. Savarase 37, 80136 Napoli; e-mail: [email protected]

Paolo Orsi e la protostoria della Calabria

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Paolo Orsi arriva per la prima volta in Cala-bria nel 1889, su incarico del Ministero del-la Pubblica Istruzione, per dirigere lo scavo del tempio di Marasà a Locri. Già in quella circostanza comincia ad occuparsi delle fasi più antiche della storia di quella regione e nel 1890 riferisce nel Bullettino di Paletnologia Italiana di rinvenimenti di materiali proto-storici nell’area di Reggio Calabria (fig. 1): alcuni vasi ad impasto rinvenuti durante la-vori nell’area del porto ed una sepoltura ad incinerazione “dell’Età del Ferro” nei pressi di Cannitello (Orsi 1890). In tale sede l’au-

tore non è in grado di offrire una datazione esatta del materiale rinvenuto: si tratta infatti in realtà di materiali databili al Bronzo Me-dio (Cannitello) e in parte al Bronzo Antico e al Primo Ferro (porto di Reggio). Mancan-do ancora un quadro di riferimento, Orsi non si rende conto di essersi imbattuto, fin dagli esordi nei suoi studi paletnologici calabresi, proprio nelle tracce di quell’Età del Bronzo che all’epoca, e ancora per diversi anni, gli studiosi negheranno essere attestata in que-sto lembo dell’estremo sud dell’Italia.Nell’ottobre del 1901 visita la raccolta di Filippo Eugenio Albani a Crotone e la sua attenzione è attratta da un gruppo di bronzi provenienti da alcune tombe a inumazione

RIASSUNTO - paolo oRSi e la pRotoStoRia Della calabRia - Paolo Orsi giunge in Calabria, a Locri, per la prima volta nel 1889. Da allora fino al 1924, quando la Regia Soprintendenza per le Antichità e l’Arte del Bruzio e la Lucania viene definitivamente resa indipendente da quella di Siracusa e affidata a Edoardo Galli, svolge scavi in tutti i principali siti archeologici della Calabria, occupandosi di ogni ambito cronologico, dalla preistoria al medioevo, pubblicando puntualmente tutte le sue scoperte. L’ultimo suo lavoro di ambito calabrese è proprio la pubblicazione definitiva dei suoi scavi nelle necropoli della prima età del ferro di Torre Galli e Canale (1926) che a lungo costituirà un punto di riferimento per chiunque si sia occupato di protostoria calabrese. Al di là di alcune “sviste” interpretative, da imputare alla carenza dei dati a sua disposizione, l’attenzione nella raccolta delle infor-mazioni, sia sullo scavo, sia “investigando” sulle provenienze dei reperti giunti sul mercato antiquario, attraverso costante contatto con gli studiosi locali, unita al notevole intuito e il rigore dello studio, costituiscono tutt’oggi un caso esemplare di approccio alla ricerca.

SUMMARY - paolo oRSi anD the pRotohiStoRy of the calabRia - Paolo Orsi arrived in Calabria, in Locri, the first time in 1889. Since then until 1924, when the Royal Superintendence of Antiquities and the Art of Bruzio and Lucania finally became independent from Syracuse’s and was entrusted to Edoardo Galli he made is excava-tions in all the main archaeological sites of Calabria, devoting himself to every chronological context ,from the prehistory to the middle age, publishing punctually all his discoveries. In fact his last calabrian work is the ultimate publication of his excavations of the first iron age necropolis of Torre Galli and Canale (1926) which will be for a long time the landmark for all of them who will attend to the Calabria protohistory. Leaving out some inter-pretations “oversights”, due to the scarcity of information, his great care over the information collecting both on the excavation and “inquiring” on the origins of the founds arrived on the antiquarian market, through constant contacts with local students, added to his remarkable intuition and strictness of his studies, are since now a great example of approaching to the research.

MaSSiMo caRDoSa* - SalvatoRe ponticiello**

Paolo Orsi e la Protostoria della Calabria

XLVI Riunione Scientifica - 150 anni di Preistoria e Protostoria in Italia

*Centro Studi di Preistoria e Archeologia – Milano;e-mail: [email protected]**Via R. Savarase 37, 80136 Napoli; e-mail: [email protected]

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D. Candida, riesce a sapere come siano stati recuperati in grotte artificiali sulle colline ad occidente della città di Locri Epizefiri. Si ri-serva quindi di effettuarvi delle esplorazioni, intravvedendo già in questi primi dati fram-mentari la conferma di ciò che Polibio scri-veva a proposito della fondazione di Locri: cioè che i greci, quando nel 700 fondarono la colonia, trovarono nella zona alcuni Siculi che vennero da loro espulsi (Orsi 1902b). Nel 1903, in una relazione presentata al Congresso Internazionale di Scienze Stori-che (Orsi 1904) Paolo Orsi offre una prima sintesi sulle popolazioni preelleniche che abitarono la Calabria dal Paleolitico all’Età del Ferro. In tale sede l’autore sostiene che seppure cospicui siano stati i ritrovamen-ti per il periodo Paleolitico e Neolitico, non si possa dire altrettanto dell’Età del Bronzo, della quale si avrebbero pochissime testimo-nianze. Molto più chiara appare invece l’Età del Ferro, anche grazie alle fonti storiche e alla scoperta della necropoli di Torre Mordil-lo, inquadrabile cronologicamente tra il IX e l’VIII sec. a. C. Lamenta, poi, che, nonostante esista da più di cinquant’anni la paletnologia, in Calabria non sia ancora stato effettuato uno scavo volto a studiare questi periodi.Nel 1907 diventa operativa la riforma che istituisce in tutta Italia le Soprintendenze Archeologiche per la direzione degli sca-vi e la gestione dei Musei Nazionali; quel-la calabrese è affidata a Paolo Orsi. La sua

rinvenute nel fondo S. Lorenzo, presso la stazione di Spezzano Calabro. Orsi, auspi-cando la realizzazione di uno scavo sistema-tico della necropoli, sottolinea le analogie di questi materiali con quelli da lui recente-mente rinvenuti in Sicilia, sminuendo i lega-mi, fino ad allora maggiormente sottolineati, con l’ambito centro-settentrionale della pe-nisola (civiltà villanoviana e delle terrama-re), ricordando anche le fonti storiche, che collocano i Siculi nella “Brettia”. Diploma-ticamente non smentisce tuttavia in modo netto ciò che era stato affermato dai colleghi che lo avevano preceduto sull’argomento, sottolineando come la regione avesse una popolazione mista e che sarebbe stato dif-ficile arrivare a una differenziazione, com-pito che comunque potrà essere agevolato dall’auspicata costituzione a Reggio di una direzione centrale autonoma per esplorare la regione (Orsi 1902a). Ritornando nella Locride nel 1901, riesami-na una serie di oggetti di bronzo, già notati ai tempi del suo primo incarico, presso il nego-zio di “derrate e chincaglie” dei fratelli Scan-napieco a Gerace, ma che allora non avevano sollecitato particolarmente il suo interesse. Constata come si tratti di materiale molto simile a quello ritrovato nelle necropoli si-cule di M. Finocchito, Noto Vecchio, Pan-talica e Molino della Badia, nel siracusano e, presa visione anche del materiale analogo facente parte della collezione dell’avvocato

Fig. 1 – Materiali dell’età del bronzo e del primo ferro dal porto di Reggio Calabria e da Cannitello (da Orsi 1890)

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in precedenza: il materiale locrese conferma i dati delle fonti e la presenza di genti sicule nell’estremo sud della Calabria (Orsi 1910). Durante lo scavo delle necropoli non trala-scia l’esplorazione delle aree di abitato, da lui individuate alla sommità del pianoro di Janchina, ma le trincee da lui effettuate non danno i risultati sperati e questo fronte di sca-vo viene presto abbandonato (Orsi 1926, col. 282). Pensa di aver individuato un altro nu-cleo di abitato anche alla sommità del pianoro di Petti di Portigliola: solo uno scavo di emer-genza promosso dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria nel 1994 dimostrerà come tale abitato fosse in realtà da inquadrare nell’ambito del Bronzo Antico e non del Primo Ferro (Cardosa 2003).L’effettiva portata del lavoro e dello studio di Paolo Orsi non è tuttavia pienamente ap-prezzabile senza consultare i suoi famosi

incisiva e sistematica azione come nuovo soprintendente, vede per alcuni anni come area privilegiata di indagine quella dell’anti-ca colonia di Locri Epizefiri, di cui più volte aveva denunciato il saccheggio dissennato (fig. 2). Tale indagine non poteva non inte-ressare la fase protostorica: nella primavera del 1908 individua nel vallone di Canale il luogo ove erano le tombe a camera da cui provenivano gli oggetti da lui visti in prece-denza presso gli Scannapieco e nella Colle-zione Candida, da poco acquisita dallo Stato (Quagliati 1911), e l’anno successivo avvia lo scavo sistematico della necropoli (Orsi 1909 e 1926). L’esplorazione si protrae an-cora, con tre campagne complessivamente, nel 1910 e nel 1912, ma già nel 1910, in un articolo su un volume miscellaneo in onore di Giulio Beloch, può sancire definitivamen-te ciò che lui aveva già più volte accennato

Fig. 2 – Paolo Orsi e un gruppo di operai locresi nel suo “quartier generale” di Moschetta, nei pressi di Locri (da Costamagna, Sabbione 1990).

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stesso. I risultati del lavoro lo convincono che sia necessaria una riedizione del com-plesso, pubblicato nel 1888 su Notizie Sca-vi, ampliando la documentazione offerta dal Pasqui e rivedendo le conclusioni storico-cronologiche del Pigorini (Orsi 1913); Orsi mantenne comunque sempre una rispettosa deferenza nei confronti del suo maestro, an-che quando i suoi studi e le sue scoperte lo porteranno a contraddire quanto affermato dall’illustre studioso.Anche nelle sue esplorazioni a Rosarno, alla ricerca dei resti dell’antica Medma, non trascura di segnalare i segni della presenza umana antecedente l’impianto della colonia greca: nella campagna di scavo del 1912-13, scopre del materiale fittile sull’estremità orientale della terrazza di Pian delle Vigne e sempre nel 1913 gli regalano una freccia in selce proveniente dalla stessa zona. Durante un’altra campagna di scavo, tra il marzo e l’aprile del 1914, esegue delle ricognizioni sulle colline circostanti, ritrovando reperti di Età preistorica sia in prossimità della necro-poli greca, sia all’interno di essa (Orsi 1917, p. 37): l’abbondanza e l’importanza delle sco-perte fatte nelle antiche polis greche della Ca-labria, per quanto riguarda il periodo coloniale, non lo porteranno mai a trascurare anche que-ste labili tracce della frequentazione più antica. Nel 1914, mentre scava a Piano della Tirena, effettua delle ricognizioni sul colle sovra-stante, attratto anche dal toponimo Grotti-celle, sperando di scoprire le tracce di un’al-tra necropoli preellenica. Resta però deluso, perché si tratta di grotte naturali; solo sulla punta sud/ovest trova scarsi frammenti di ce-ramica preistorica. Acquista, però, presso un armaiolo una daga in bronzo spezzata, che dona al museo civico di Reggio Calabria; la inquadra dubitativamente nell’Età del Bron-zo, anche se, a suo dire, di questo periodo in Calabria non era ancora stato trovato nulla (Orsi 1916b, pp. 355-356). In realtà si trat-tava di una spada ad antenne frammentaria, da datarsi quindi ad una fase avanzata della prima Età del Ferro.Lo stesso anno, in occasione di grandi mo-

taccuini, in cui l’archeologo segnava scru-polosamente tutti i dati dei suoi scavi, le sue osservazioni, le sue riflessioni e le notizie che gli venivano riferite. Tali appunti erano la fonte primaria per le sue pubblicazioni, come quello sul Bollettino di Paletnologia del 1912 in cui raccoglie una serie di dati inediti sul rinvenimento di utensili litici in Calabria (Orsi 1912), ma in alcuni casi ri-masero (e rimangono) inediti. A titolo d’e-sempio basti ricordare come nel suo taccu-ino relativo alle ricerche a Canale nel 1912 rimanga una notazione circa un suo sopral-luogo a Gerace, in occasione del quale rico-nosceva la presenza di ceramica preellenica sul Piano di Fiera, nei pressi della chiesetta di Monserrato, dove si riproponeva appena possibile di realizzare delle trincee di sca-vo. La notazione non venne mai pubblicata e solo nel 1971 scavi della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria rive-leranno in quello stesso luogo la presenza di un abitato e una necropoli dell’Età del Ferro, sito che in primo momento sembrò essere sfuggito all’indagine dell’illustre studioso roveretano (Cardosa 2004, p. 514). In analogia con la situazione locrese, anche durante le campagne di scavo a Kaulonia (la moderna Monasterace), del 1912, 1913 e 1915, egli cerca sulle colline sovrastanti la colonia greca tracce di insediamenti prei-storici. Solo su un’altura a destra del vallone Bernardo, trova pochi cocci risalenti forse al Neolitico ed un’accetta in pietra verde, attribuendo l’esiguità dei ritrovamenti all’a-zione di erosione delle colline (Orsi 1916a, p. 706). La sua intuizione tuttavia poi avuto conferma recentemente, con l’individuazio-ne di insediamenti della prima Età del Ferro sulle colline più interne della vallata dello Stilaro (Facella 2010).Approssimativamente negli stessi anni, tra il 1911 ed il 1912, il trasferimento del mate-riale di Torre Mordillo, conservato a Cosen-za, in un luogo più adatto all’esposizione, è l’occasione per una campagna di ripulitura e di restauro di tutti i corredi, affidati a per-sonale del Museo di Siracusa diretto da Orsi

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Fig. 3 – Rilievo di una delle tombe a grotticella della necropoli di Canale (da Orsi 1926)

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re “civiltà ed etnografia” (Orsi 1923).Nel 1924, con l’istituzione della R. Soprin-tendenza per le Antichità e l’Arte del Bruzio e della Lucania, affidata a Edoardo Galli, Orsi è costretto ad abbandonare le sue ri-cerche in Calabria, ma questo non ferma il suo instancabile lavoro di studioso: è, infatti, del 1926 la pubblicazione definitiva dei suoi scavi di Torre Galli e Canale/Janchina (fig. 3; Orsi 1926). Questo lavoro è rimasto fino ad epoca recente un punto di riferimento fon-damentale per gli studi sulla prima Età del Ferro in Calabria, nonostante alcuni errori di inquadramento cronologico, quali la presun-ta contemporaneità delle due necropoli, oggi giustamente collocate in diversi orizzonti cronologici della prima Età del Ferro. Di soli due anni precedente è la prima edizione del-la monografia di Domenico Topa “Le civiltà primitive della Brettia” che, ancora più di 50 anni dopo, Renato Peroni deve riconoscere essere “l’unica trattazione d’insieme sulla protostoria della Calabria” (Peroni 1988, p. 135). Orsi sembra citarla sempre con molta “so-brietà”, senza abbandonarsi alle sentite parole di elogio cui invece spesso si abbandona verso col-leghi e collaboratori di cui apprezzava il valore.Ancora nel 1928, in appendice ad un suo la-voro sulla topografia del territorio di Rosar-no dà in anteprima, su segnalazione di Galli, la notizia del rinvenimento di sepolture della prima Età del Ferro a Pirarelli, nei pressi di Nicotera, che, ci tiene a precisare, non muta-no il quadro della prima Età del Ferro fin lì da lui delineato (Orsi 1928).Seppure in Calabria l’ampiezza dei suoi contributi alle ricerche paletnologiche non sia comparabile con quella degli studi e de-gli scavi dedicati al periodo coloniale, essa è sufficiente a rivelare l’accuratezza e la si-stematicità del suo lavoro, che affianca rego-larmente allo scavo vero e proprio un attento studio topografico, con sopralluoghi e rico-gnizioni di ampio respiro, nell’ambito di un contatto fitto e assiduo con notabili, studiosi e appassionati locali. Gli unici errori che gli si possono imputare, essenzialmente nella collocazione cronologica di alcuni rinveni-

vimenti di terra su una collina a sud/est di Cirò superiore, sono rinvenute due sepolture e Orsi prontamente si reca a visionare il ma-teriale recuperato. Riconosce, sia nei bronzi, sia nelle ceramiche, la stessa tipologia del materiale già rinvenuto nella necropoli sicu-la di Locri Epizefiri e in quella di Torre Mor-dillo. Data la rilevanza del materiale, verifi-ca la possibilità di realizzare uno scavo, ma al suo arrivo ormai la zona è sconvolta ed è costretto a rinunciare (Orsi 1921).Negli anni precedenti la prima guerra mon-diale, visionando la raccolta del marchese Toraldo a Tropea, l’archeologo roveretano vi aveva riconosciuto la presenza di alcuni bronzi e qualche frammento fittile caratteri-stico dei sepolcri della prima Età del Ferro. Sul momento non gli era stato possibile ri-costruire il luogo preciso di provenienza, nel territorio di Caria, ma l’interesse del rinve-nimento gli suggerivano di approfondire le ricerche. Ciò non fu possibile fino alla fine della guerra, quando, grazie al marchese Ga-gliardi riesce a sapere che quel materiale era stato rinvenuto in località Torre Galli. Orsi organizza allora una prima campagna di sca-vo nell’estate del 1922 a cui ne segue un’altra un anno dopo. In totale esplorerà 334 sepol-cri e individuerà anche l’abitato, all’estremità occidentale del pianoro (Pacciarelli 1999). Un nuovo breve riepilogo della preistoria ca-labrese viene delineato da Orsi sulla rivista Calabria Vera del 1923; è consapevole di essere ancora lontano dal poter trarre con-clusioni definitive e spera nei risultati della ricerca archeologica sul campo, in modo da ottenere gli stessi risultati già raggiunti con gli scavi da lui condotti in Sicilia. Ribadi-sce, come nell’articolo pubblicato nel 1904, che non era ancora stato scavato un solo sito della Età della Pietra o dell’Età del Bronzo e che si conosce sempre meglio l’Età del Fer-ro, grazie agli scavi della necropoli di Torre Mordillo, della necropoli di Locri Epizefi-ri ed al suo ultimo scavo nella necropoli di Torre Galli, ribadendo come si tratti di genti sicule, e non di Italici, consigliando comun-que una notevole attenzione a non confonde-

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