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Studi Italiani di Linguistica Teorica e Applicata, anno XXXIX, 2010, numero 3 491 Renzo Miotti Verona IMPORTAZIONE FONOLOGICA IN SPAGNOLO E ITALIANO. RIFLESSIONI SUL CONSONANTISMO 1. Introduzione 1 Il fenomeno dell’importazione 2 si verifica, fondamentalmente, per mancato adattamento fonologico d’una o più unità contenute in voci d’origi- ne straniera 3 , con evidenti ripercussioni di carattere strutturale sulla lingua importatrice. Accanto alla fonologizzazione di varianti allofoniche (§ 3), l’importazione fonologica costituisce uno dei principali fattori all’origine dell’insorgenza di nuove unità nei sistemi fonologici delle lingue. Indagando la situazione per quanto riguarda lo spagnolo europeo, in comparazione coll’italiano, si cercherà di gettar nuova luce sulla natura dei processi che sono all’origine delle modifiche negli inventari fonologici, in particolare nei sottosistemi periferici 4 , e d’individuare i molteplici fattori che entrano in gioco e influiscono nell’insorgenza delle nuove unità, deter- minando situazioni spesso variabili e complesse 5 . 2. Adattamento (e non-adattamento) sul piano strutturale: livelli La domanda che dobbiamo porci, innanzitutto, è: che cosa dobbiamo intendere per adattamento a livello fonologico (e fonetico)? Evidentemente, non si tratta di processi limitati al solo piano segmentale – che è quello su cui si concentrerà la nostra attenzione –, ma che coinvolgono molteplici livelli. Sarà opportuno distinguere fra i seguenti: 1. segmentale e contestuale 6 . Si possono a sua volta distinguere i seguenti due aspetti: livello fonologico (tratti distintivi): i fonemi stranieri vengono assimilati a quelli della lingua replica 7 oppure importati; livello fonetico (tratti articolatori): sovrapposizione delle abi- tudini articolatorie della lingua replica. In condizioni normali,

Importazione fonologica in spagnolo e italiano. Riflessioni sul consonantismo

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Studi Italiani di Linguistica Teorica e Applicata, anno XXXIX, 2010, numero 3

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Renzo Miotti Verona

IMPoRTAZIonE FonoLoGICA In SPAGnoLo E ITALIAno. RIFLESSIonI SUL ConSonAnTISMo

1. Introduzione 1

Il fenomeno dell’importazione 2 si verifica, fondamentalmente, per mancato adattamento fonologico d’una o più unità contenute in voci d’origi-ne straniera 3, con evidenti ripercussioni di carattere strutturale sulla lingua importatrice. Accanto alla fonologizzazione di varianti allofoniche (§ 3), l’importazione fonologica costituisce uno dei principali fattori all’origine dell’insorgenza di nuove unità nei sistemi fonologici delle lingue.

Indagando la situazione per quanto riguarda lo spagnolo europeo, in comparazione coll’italiano, si cercherà di gettar nuova luce sulla natura dei processi che sono all’origine delle modifiche negli inventari fonologici, in particolare nei sottosistemi periferici 4, e d’individuare i molteplici fattori che entrano in gioco e influiscono nell’insorgenza delle nuove unità, deter-minando situazioni spesso variabili e complesse 5.

2. Adattamento (e non-adattamento) sul piano strutturale: livelli

La domanda che dobbiamo porci, innanzitutto, è: che cosa dobbiamo intendere per adattamento a livello fonologico (e fonetico)? Evidentemente, non si tratta di processi limitati al solo piano segmentale – che è quello su cui si concentrerà la nostra attenzione –, ma che coinvolgono molteplici livelli. Sarà opportuno distinguere fra i seguenti:

1. segmentale e contestuale 6. Si possono a sua volta distinguere i seguenti due aspetti:

livello fonologico (tratti distintivi): i fonemi stranieri vengono assimilati a quelli della lingua replica 7 oppure importati;

livello fonetico (tratti articolatori): sovrapposizione delle abi-tudini articolatorie della lingua replica. In condizioni normali,

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realizzazioni e processi fonetici sono quelli della lingua replica e vengono applicati automaticamente;

2. distributivo (distribuzione fonologica);3. fonotattico;4. sillabico (struttura sillabica);5. prosodico (schema accentuale).Si può dire che non-adattamenti o adattamenti solo parziali, ai livelli

da 2 a 5, risultano oggi, in genere, ben tollerati dalle lingue replica: la per-cezione di deviazione delle proprietà strutturali straniere da quelle dello spagnolo e dell’italiano sembra esser minima a questi livelli, nonostante le ripercussioni sul sistema non siano talora irrilevanti (Gómez Capuz, 2001: 41). Complice di ciò è non solo la sempre maggior familiarità con le lingue di provenienza delle voci adottate (soprattutto l’inglese) 8, ma anche una serie di ragioni d’ordine strutturale interne alla lingua replica. Per limi-tarci allo spagnolo, per esempio, a livello distributivo alcune deroghe alle proprietà della fonologia spagnola possono ormai esser considerate normali, come nel caso delle occlusive finali. Lo spagnolo, estendendo alla posizione finale tutte le occlusive, non solo le sonore (oltre a /d/, esito di normale evo-luzione diacronica: club, airbag), ma anche le non-sonore (ketchup, complot, bistec), non fa che rinforzare un processo ridistributivo già attivo, attribui-bile a un fenomeno di prestito lessicale massiccio (Rey-Debove, 1987; cfr. Miotti, 2008). Per quanto riguarda la struttura sillabica, la non infrequente semplificazione di certi gruppi consonantici (cfr. Gómez Capuz, 2001), sia in posizione interna che finale, almeno nei forestierismi d’uso più comune, ha lo scopo di preservare le restrizioni della lingua replica, evitando sia sequenze anomale o inaccettabili in posizione di coda, sia strutture sillabi-che troppo complesse: windsurf, gángster, stand, test, lord, récord, sprint, compact [»winsuRf, »gansteR, es»tan, »tes, »loR, »r˘ekoR, es»pRin, »kompat]. A livello prosodico, si consideri quanto afferma Alonso-Cortés (1998: 399), in riferimento all’adattamento degli anglicismi: “los préstamos del inglés en la lengua española muestran una preferencia por la acentuación paroxítona {cárdigan} o llana {esmoquin, fútbol, estándar, récord}, independientemente del carácter ligero o pesado de la sílaba. Esta es la acentuación que favorece el patrón fónico del idioma […]”. osserva inoltre l’autore che a questi sche-mi s’aggiunge un’altra preferenza, “la de acentuar la última sílaba pesada de la palabra tomada en préstamo {bumerán, bistec}” e conclude che “la coexistencia de estas dos tendencias en el patrón fónico del español no es contradictoria. Ello explica la presencia de dobletes acentuales (mísil, misil; cóctel, coctel, etc.). Ambas acentuaciones resultan, por tanto, naturales de la constitución fonológica del español actual” (ibid.: 399-400; gli esempi che abbiamo inserito tra { } sono estrapolati dall’articolo di Alonso-Cortés).

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Per quanto riguarda il livello 1, l’adattamento, in condizioni normali, viene normalmente soddisfatto: come già anticipato (cfr. nota 7), la lingua importatrice opera secondo i principi della category preservation e della category proximity.

Però, se il processo di riconoscimento categoriale fallisce o per varie ragioni (di natura linguistica interna o spesso extralinguistica) non viene attuato – e non si ha dunque sostituzione fonologica approssimativa –, si può avere importazione fonologica, in virtù della quale la lingua replica s’arric-chisce d’un nuovo fonema (Gusmani, 19862: 35).

Per quanto riguarda il trattamento fonetico delle unità fonologiche importate, sono generalmente sfruttate le possibilità articolatorie offerte dalla lingua nativa, in particolare per quei fonemi che vengono integrati in modo stabile ed equilibrato nel sistema (periferico) della lingua replica (§ 6): in questo caso, l’unità fonologica è importata sostituendo i tratti arti-colatori (la base articolatoria) originari con tratti già esistenti nella lingua importatrice, in particolare quelli che caratterizzano le unità native con cui il nuovo fonema viene a stabilire una correlazione (per esempio, /S/, di diversa provenienza, è realizzato in spagnolo come non protruso, esattamen-te come il nativo /tÉS/, con cui entra in opposizione, laddove in molte lingue modello, tra cui in italiano, inglese e francese, si ha protrusione; cfr. § 5.1). nel caso appena trattato, è evidente che l’importazione avviene solamente al livello 1a del nostro schema, mentre a livello 1b si ha adattamento: a essere importata è cioè la categoria fonologica, che si riveste però di tratti articolatori nativi. Diversamente, come si discuterà, le abitudini articolatorie della lingua modello tendono a conservarsi inalterate (almeno nelle inten-zioni dei parlanti) nel caso di quei fonemi stranieri di carattere opzionale, che i parlanti usano, intenzionalmente, in virtù delle proprie competenze linguistiche, per ragioni di prestigio o d’affettazione (per esempio, /h/ in italiano). In questo secondo caso, l’importazione coinvolge entrambi i livel-li: 1a e 1b9.

3. L’importazione fonologica

La nostra indagine esplorativa è circoscritta al livello 1 (livello fonolo-gico) ed è mirata ad accertare la presenza, in spagnolo e in italiano, di feno-meni d’importazione fonologica, e a valutarne la portata.

Modifiche nell’inventario fonologico delle lingue, per l’insorgenza di nuove unità, in conseguenza d’una corrente di forestierismi (e quindi in una situazione di contatto linguistico più o meno intenso), possono soprav-venire secondo due dinamiche:

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a) per “mutamento di statuto, d’impiego, di distribuzione di elementi già presenti nel sistema della lingua che subisce l’interferenza: varianti ristrette a definite posizioni diventano fonemi autonomi, limitazioni nella distribuzione di certi fonemi vengono meno e via dicendo” (Gusmani, 19862: 36) 10. Quello della fonologizzazione d’allofoni è il procedimento senz’altro più frequente. A esser coinvolta è la dimensione sintagmatica;

b) per importazione diretta di fonemi dalla lingua modello. A esser coinvolta, stavolta, è la dimensione paradigmatica. A sua volta, nel feno-meno dell’importazione fonologica occorrerà distinguere tra: a) la fono-logizzazione d’elementi stranieri, che vengono armonicamente integrati nel sistema della lingua, e pertanto non più riconoscibili come estranei – i cosiddetti ‘fonemi indotti’ 11 (cfr. Gusmani, 19862: 35) – e b) l’importazio-ne d’elementi fonologici che rimangono relegati, in termini strutturalistici, al sottosistema periferico della lingua e, come tali, hanno una distribuzione limitata e una frequenza relativamente ridotta e sono spesso caratterizzati da una certa instabilità per quanto riguarda la pronuncia (Sala, 19982: 73).

Per quanto riguarda la terminologia, relativamente al punto b), come s’è visto (cfr. nota 2), Haugen (1950), pioniere nello studio di questo genere di problemi, parla in generale di ‘importazione’ (importation), definizio-ne che adottiamo anche in questo contributo. Hockett (1958: 413-414), da parte sua, parla di pronunciation borrowing, mentre Martinet (1959) e Weinreich (1953) si riferiscono al procedimento in termini, rispettivamente, di ‘adozione’ o ‘introduzione’. Van Coetsem (1988) inquadra il problema nell’ambito della loan phonology e definisce l’‘imitazione’ (imitation) come una delle nozioni basilari, accanto e in contrapposizione all’‘adattamento’ (adaptation). L’imitazione è così definita dallo studioso: “something that the imitating rl [recipient language, ndr] speaker does not have in his integrated or native phonology, i.e., something, phonemic or subphonemic, that devi-ates from his native phonological system” (ibid.: 7); “imitation represents the acquisition of individual sl [source language, ndr] constituents by the rl speaker, i.e. the transfer of such constituents to the rl. The goal of this transfer is to supplement the rl, to add to it” (ibid.: 17) 12. L’imitazione, a sua volta, produce un phonological loan (ibid.: 10).

Per quanto concerne le singole unità importate, s’è soliti parlare di fonemi periferici (cfr. però Gusmani, 19862: 35), in riferimento alla collo-cazione degli stessi rispetto al centro del sistema; Canepari (per esempio, 19992: 70, 73-74, 85; 2006: 21), da parte sua, mettendo l’accento sull’origine allogena di tali unità, nonché sulla loro valenza stilistica, utilizza la denomi-nazione xenofonema (stilistico) o fonostilema. In questa sede, in considera-zione anche del fatto che la nozione di ‘fonemi periferici’ è in realtà molto ampia – dal momento che comprende sia i fonemi d’origine straniera, sia, in

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generale, quelli dotati d’un basso rendimento funzionale o, ancora, caratte-rizzati da restrizioni distributive –, preferiamo delimitare l’accezione e parla-re di ‘xenofonemi’ tout court.

Sull’importazione fonologica si sono espressi diversi linguisti 13. Qui, ci limitiamo a sintetizzare, per punti, alcuni presupposti fondamentali: occorre precisare, innanzitutto, che l’importazione è fenomeno piutto-

sto raro nelle lingue; l’importazione di fonemi è soggetta a maggiori restrizioni rispetto

all’importazione di morfemi (Deroy, 1956); le lingue accettano solo quegli elementi di provenienza straniera che ne

assecondano le tendenze evolutive (Jakobson, 1949 [1936]).Come già anticipato, caratteristiche dei fonemi periferici sarebbero “su

distribución limitada, su frecuencia relativamente reducida y la inestabilidad de su pronunciación” (Sala, 19982: 73).

In situazioni d’intenso contatto linguistico, come quello norvegese-in-glese (americano) studiato dallo studioso, Haugen (1950, 1953) rileva che la prima generazione di parlanti sostituisce gli elementi stranieri con elementi nativi, mentre la seconda (chilhood bilinguislism) importa.

L’esistenza di ‘caselle vuote’, causa di squilibri e asimmetrie nel siste-ma della lingua replica, favorisce l’adozione o l’introduzione d’elementi allogeni (Weinreich, 1953; Martinet, 1959) 14.

“Phonological importation seems to be based on a kind of component analysis. It may involve a new combination of features that already occur in the rl, or features unknown to the rl. The chance of achieving integration 15 is greater in the former than in the latter case” (Van Coetsem, 1988: 117; Garvin, 1947; Haugen, 1950).

Da una prospettiva che ribalta quella classica di stampo funzionalista – appena enunciata –, Filipovic (cfr. per esempio 1982), pur tenendo per validi i presupposti di base (ruolo determinante delle caselle vuote nel siste-ma della lingua replica), ritiene che l’insorgenza di nuovi fonemi non vada attribuita a importazione, dal momento che, come afferma lo Strutturalismo, un sistema fonologico è per definizione chiuso e impermeabile agli elemen-ti esterni. Al contrario, i nuovi fonemi si sviluppano, per pressione esterna (esercitata dai forestierismi), per attivazione dei fonemi latenti che sono le caselle vuote, pertanto d’elementi potenzialmente già presenti nel sistema fonologico della lingua importatrice, e che questa sente la necessità d’attiva-re. Il mutamento avviene dunque all’interno del sistema della lingua replica: “According to our theory, which is based on a closed phonological system, this is not a matter of a phoneme of the donor language penetrating the pho-nological system of the borrowing language, but rather of a change within the phonological system of the borrowing language” (ibid.: 41).

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Van Coetsem (1988: 9-10) distingue opportunamente tra integrazione (integration) e inclusione (inclusion) e tra codice (code) e messaggio (messa-ge) 16: “We can now distinguish between inclusion and integration. Inclusion is used in relation to constituents of the sl incorporated into an rl message, while integration is used in relation to the rl code”. Inoltre, mentre l’inclusione nel messaggio è in genere socialmente motivata (socially motivated) e riveste una funzione sociale 17, l’integrazione nel codice è rl determined e “directly affects the structural make-up of the rl” (ibid.: 106; cfr. anche Cassano, 1977), al contrario dell’inclusione; inoltre, “If the phonological loan is integrated into the rl, i.e. when it is part of the rl code, il loses – viewed synchronically – its status as a loan; the phonological loan has evolved from a nonnative element to a native constituent” (ibid.: 106) 18. Infine, se è vero che sono parte di un con-tinuum, “inclusion and integration are less well demarcated in the syntagmatic dimension than in the paradigmatic one” (ibid.: 107). In realtà, Van Coetsem non riflette in termini di sistema centrale vs sistema periferico, anche se accen-na alla possibilità di considerare l’opposizione integrated/included anche da questo punto di vista (ibid.: 108-109). La sua idea d’integrazione, di fatto, s’applica, tout court, al codice della lingua d’arrivo, dove il costituente della lingua d’origine perde lo status di non-nativo (nonnative), non senza ripercus-sioni strutturali. Tuttavia, i vantaggi e le potenzialità descrittive ed esplicative di tali distinzioni sono indubbi ed emergeranno chiaramente al momento della discussione dei risultati della nostra indagine (§ 6), relativa a fenomeni d’im-portazione nella periferia fonologica di spagnolo e italiano.

Lo stesso studioso (ibid.: 111) richiama l’attenzione sul requisito dell’affinità tra i costituenti della sl e quelli della rl: “there must be an ade-quate degree of affinity between the interacting rl and sl constituents […]. In general, the phonological affinity between an sl pronunciation and its rl match varies. It ranges from total to zero affinity. We need here consider only partial affinity 19, since with total affinity, the sl pronunciation is not differ-ent from the rl constituent, and there can be, thus, no phonological loan” 20. naturalmente, come si constaterà (§ 6), la rilevanza del grado d’affinità è inversamente proporzionale al livello di competenza linguistica nella lingua straniera del parlante.

Van Coetsem (ibid.: 21) mette in rilievo, altresì, l’importante presuppo-sto dell’identificazione (nel nostro caso, paradigmatica) nel processo d’imi-tazione, che dev’essere accompagnata da un certo grado di consapevolezza: “We must emphazise that identification takes place not only in adaptation, but also in imitation. With imitation, however, identification requires a cer-tain degree of conscious recognition”. Più avanti, lo ribadisce con maggior forza: “If there is no proper identification, there will usually be no inclusion and consequently no integration. A gap in the rl phonological system will not

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be filled by the mere presence, even if persistent, of an sl pronunciation that fits the gap in all respects” (ibid.: 123) 21.

A strategie diversificate (per esempio, adattamento vs importazione), per lo stesso forestierismo, può corrispondere la necessità di stabilire dif-ferenze semantiche nella lingua importatrice, che specializza così, a livello formale, accezioni diverse già presenti nel termine originario 22.

Infine, la frequenza d’uso del termine contenente un elemento fonolo-gico allogeno sembra favorirne l’importazione, e contrastare l’adattamento. Come afferma Van Coetsem (ibid.: 107): “A more generalized and habitual-ized utilization of a given phonological loan in a particular vocabulary item supports the phonological loan, makes it more stable and counteracts its adaptation”.

3.1. Fattori linguistici ed extralinguistici

nell’individuazione delle cause e dei fattori che condizionano l’im-portazione fonologica vanno distinti due ordini di fattori: linguistici ed extralinguistici. I fattori linguistici sono ben noti. In base ai postulati del Funzionalismo, come s’è visto, esistono innanzitutto ben precise condizioni strutturali: l’importazione è favorita, in termini martinettiani 23, dall’esistenza di caselle vuote nel sistema fonologico della lingua replica, che permettono alle nuove unità d’integrarsi in modo coerente e simmetrico, col risultato di render più equilibrato e stabile il sistema stesso. oltre a queste proprietà strutturali, vi sono altri condizionamenti di natura linguistica, altrettanto importanti, che vanno tenuti in considerazione, accanto, naturalmente, ai fattori squisitamente extralinguistici di natura sociale e stilistica, nonché a quelli legati alla storia e alla trafila di ogni singolo forestierismo suscettibile di farsi importatore di nuove unità fonologiche.

Cerchiamo ora d’enucleare, qui di seguito, almeno i principali tra i molteplici fattori che reputiamo di cruciale importanza ai fini della compren-sione e della valutazione dei fenomeni connessi con l’importazione d’unità fonologiche.

Fattori linguistici:caratteristiche strutturali contestuali (posizione nella parola, nella silla-

ba, ecc.);caratteristiche strutturali generali: anomalia/complessità fonetica/strut-

turale del termine;caratteristiche dello xenofonema rispetto al sistema fonologico della

lingua replica: integrabile vs non integrabile in eventuali caselle vuote;grado d’assimilazione semantica: se il termine straniero è usato nella sua

accezione originaria, maggiore è la probabilità che il fonema venga importato.

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Per esempio, in spagnolo, nel linguaggio giovanile, fashion, nel significato di “all’ultima moda” può essere /»faSon/ ma, in quello di pijo (“che ostenta in modo affettato una buona posizione sociale”) 24, può essere /»fatÉSon/; simil-mente, show può esser pronunciato /»Sou/ col significato di “spettacolo” o /»tÉSou/, col valore di “numero”, in espressioni come menudo show que estás montando (esempi tratti da Hernández Hernández, 2007: 133).

Fattori extralinguistici:grado di specializzazione del termine (ambiti culturali/settori particola-

ri: specialistici vs vocabolario comune, d’uso generalizzato);collegato al primo punto, il registro, in particolare, la componente

‘campo’, secondo il modello di Halliday, McIntosh & Strenens (1964) e Gregory & Carroll (1978), in riferimento al carattere tecnico o meno del discorso. In linea teorica, uno stesso termine, per esempio lo spagnolo flash, può presentare, per alcuni parlanti, diverse possibilità di realizzazione, che oscillano tra una pronuncia pienamente adattata alla fonologia della lingua replica (/»flas/), usata in situazioni comunicative non marcate, e una angli-cizzante (/»flaS/), in un contesto d’uso più specialistico (fotografico) (cfr. Gómez Capuz, 2001: 56).

Parimenti, strettamente condizionato dal primo punto, il grado di diffusione del termine (sporadico vs generalizzato/consolidato). Il forestie-rismo può essere occasionale (nonce borrowing) vs stabilizzato, in base al criterio dell’integrazione sociale, a seconda cioè che le caratteristiche sociali della ripetizione (nella lingua d’un individuo) e della diffusione (attraverso la comunità) siano soddisfatte o meno (Poplack, 1988; cfr. anche Gimeno Menéndez & Gimeno Menéndez, 2003: 118) 25;

livello socioculturale dei parlanti 26;conoscenza o grado di familiarità con la lingua straniera (da cui pro-

vengono i forestierismi) da parte del parlante;cronologia (antico vs recente);via d’entrata del termine (scritta vs orale); in parte correlato al punto

precedente;lingua di provenienza;prestigio. Secondo Hockett (1958), una delle motivazioni fondamentali

del prestito (accanto alla necessità). La ricerca di prestigio trova la sua ragion d’esser nella natura intrinsecamente sociale del fenomeno;

stile (accurato, affettato, trascurato, ecc., tenendo conto anche dell’in-terlocutore e di tutti i fattori che intervengono nella situazione e interazione comunicativa);

fattori individuali, per esempio, l’abilità personale del parlante nel riprodurre il modello straniero 27.

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L’attuale scenario socioculturale è senz’altro il più idoneo per l’im-portazione fonologica. Una serie di fattori di carattere sociologico (pre-stigio, familiarità con la lingua straniera 28, in particolare l’inglese, fin dal primi anni dell’iter scolastico e, in generale, coll’ambito culturale anglo-sassone, il che determina una percezione di minor distanza tra culture, rispetto al passato), congiuntamente all’enorme quantità di forestierismi (soprattutto anglicismi) che si riversano, in modo incontrollato, attraverso i mezzi di comunicazione, senza che ci sia il tempo per una vera sedimenta-zione (e incorporazione) e un’adeguata riflessione e, strettamente collegato a quanto detto, il fatto che “resultan cada día más obsoletos y socialmente estigmatizados los anglicismos fuertemente asimilados a las pautas de la lengua receptora” (Gómez Capuz, 2001), può da una parte indebolire e inibire la capacità assimilativa della lingua replica e, dall’altra, esser d’impedimento al costituirsi d’una norma uniforme e compatta stabilita da un uso condiviso dai parlanti e, dunque, esser causa di vacillazioni e poli-morfismo e scoraggiare, pertanto, l’adattamento, non solo ortografico, ma pure fonologico. Al citato polimorfismo contribuiscono senz’altro fattori quali l’eterogeneità socioculturale della comunità dei parlanti 29 (la cono-scenza delle lingue straniere è diffusa soprattutto tra i giovani con livello di scolarizzazione medio-alto), la limitata diffusione di voci di recente pene-trazione, e perciò non ancora ben sedimentate e prive d’una norma orto-epica consolidata stabilita dall’uso 30, e soprattutto la circolazione ridotta e l’uso ancora sporadico del termine straniero (prestito culturale; Gómez Capuz, 2005: 15), entro settori “fuertemente mediatizados por el inglés” (Gómez de Enterría, 2000: 107) – ambiti tecnologici, scientifici, economia, informatica, ecc. – e da lì travasati nella lingua comune, secondo modelli anglicizzanti, presso un pubblico eterogeneo e non necessariamente spe-cialistico.

4. Metodologia

Per quanto riguarda il corpus, abbiamo selezionato diverse tipologie di termini – provenienti da svariate lingue, europee e asiatiche – suscettibili di veicolare xenofonemi: voci comuni, con diversi gradi di diffusione sociale, nomi propri e cognomi di personaggi popolari, marche note di prodotti com-merciali e toponimi. Per quanto concerne i nomi (propri, cognomi, marche e toponimi), abbiamo scelto elementi che fossero noti al grande pubblico, caratterizzati cioè da un notevole grado di diffusione sociale nelle due lingue replica (spagnolo e italiano).

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L’informazione fonologica proviene da due tipi di fonti:dizionari monolingui, contenenti informazione ortologica (sistematica

o almeno associata alle voci straniere), dizionari di pronuncia, dizionari di voci straniere. Per lo spagnolo, abbiamo fatto riferimento ai seguenti diziona-ri: GDUEsA, CLAVE, Salamanca, Seco e Moliner (monolingui) e Rodríguez & Lillo (dizionario di anglicismi). Per l’italiano, abbiamo utilizzato l’ottimo DiPI di Canepari 31;

informanti nativi (solo per lo spagnolo). Si tratta di sei informanti spa-gnoli di diversa provenienza, d’ambo i sessi, con un livello socioculturale alto e d’età non superiore ai 50 anni, nel cui bagaglio culturale rientra la conoscenza d’almeno una lingua straniera (vedi Tab. 1 per maggiori detta-gli). Agli informanti è stato chiesto di pronunciare le parole e le frasi conte-nute nel questionario in modo naturale, stilisticamente non marcato.

Tabella 1. Dati relativi agl’informanti spagnoli.

informanti sesso provenienza età professione lingue note

Pdm m ciudad real 38 insegnante ingl., ital., franc, ted., port., cat.cm m madrid 34 insegnante ingl., franc., it., cat., galiz., ebr.mJG f madrid 50 laureata ingl., franc.Ar m Valladolid 19 studente univ. ingl.dr m león-Valladolid 50 ingegnere ingl., galiz.mm m córdoba 25 laureato ingl., ital.

5. Xenofonemi spagnoli e italiani

5.1. Spagnolo 32

Abbiamo individuato i seguenti potenziali candidati a esser importati come xenofonemi: /h/, approssimante laringale non-sonoro, e /S/, costritti-vo 33 postalveo-palatale non-sonoro.

Fonema approssimante laringale non-sonoro /h/ (grafia h) 34.Le parole testate sono le seguenti: (acid) house, apartheid, behaviori-

smo, dírham, hachís, hacker, hall, hámster, hándicap, happening, hard rock, hardware, hawaiano, heavy (metal), hip hop, hippy (hippie), hit (parade), hitleriano, hobby, hockey, holding, hollywoodiano, hooligan, hula hoop, husky, mahatma, yahoo. Si tratta soprattutto d’anglicismi (compresi alcuni derivati, come behaviorismo, hawaiano, hollywoodiano), se s’escludono due tedeschismi (hámster, hitleriano; il secondo, in realtà, un derivato), una voce afrikaans (apartheid), due arabismi (hachís, dírham) e un termine d’origine indostana (mahatma). Tutti i dizionari concordano nell’assegnare a h una

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pronuncia completamente adattata alle caratteristiche fonologiche e foneti-che dello spagnolo (quindi, h = /x/). L’unico a discostarsi è il CLAVE, che suggerisce invece una resa “con h aspirada” ([h]), più fedele all’originale, riconoscendo così, implicitamente, l’esistenza, in spagnolo, d’uno xenofo-nema approssimante laringale, /h/. La posizione del CLAVE parrebbe trovar appoggio anche nel Diccionario panhispánico de dudas (DPD), che, sotto “h”, ammette la doppia possibilità (/h, x/) per voci come quelle abbiamo testato: “Esta letra no representa, en el español estándar actual, ningún soni-do, aunque hasta mediados del siglo xvi se pronunciaba, en determinados casos (concretamente cuando procedía de f inicial latina), de forma parecida a como se pronuncia hoy la h aspirada inglesa. […] En algunos extranjeri-smos usados corrientemente en español (tomados, por lo general, del inglés o del alemán, pero también de otras lenguas como el árabe), así como en algu-nos nombres propios extranjeros y sus derivados, la h se pronuncia también aspirada o con sonido cercano al de /j/ [= /x/, ndr]: hámster, holding, hachís, Hawái (hawaiano), Hegel (hegeliano), etc.”. La diversità di trattamento che sarebbe riservata a questi termini, secondo il CLAVE e il DPD, rispetto alle voci patrimoniali con /x/ (grafia j, g+i,e), è unanimemente contraddetta, oltre che dagli altri dizionari, dagli informanti nativi, i quali, senz’eccezione, adat-tano /h/, per sostituzione approssimativa, come /x/ (cfr. anche Gómez Capuz, 2001), foneticamente reso come [X] o come [h], secondo la varietà nativa di spagnolo (centro-settentrionale per PDM, CM, MJG, AR, DR; andalusa occidentale per MM). Escludiamo, pertanto, che quello discusso sia un caso d’importazione fonologica.

Fonema costrittivo postalveo-palatale non-sonoro /S/ 35 (grafie: inglese sh, ti+V, francese ch, tedesco sch, italiano sc+i,e, catalano/galiziano x) 36.

Tabella 2. Xenofonema candidato /S/ in spagnolo: soluzioni offerte dai dizionari.

GDUEsA CLAVE Salamanca Seco Moliner Rodríguez& Lillo

cash --- ch suave --- S --- S – s

cash-flow --- ch suave s S S S – s

chantilly (fr) --- --- --- --- tÉS ---

chef (fr) tÉS --- --- tÉS --- ---

chic (fr) tÉS --- --- tÉS --- ---

crash --- --- s S S ---

crescendo (it) sT ch suave tÉS S – stÉS S ---

electroshock tÉS – S ch suave --- s S ---

fashion --- s --- --- S S – sj

flash s s --- s S ---

Renzo Miotti

502

flash-back --- s s s S S – s

geisha (nip) s s s s s ---

gouache (fr) --- ch suave --- S – s – tÉSe S ---

gulasch (ungh) s ch suave s s – S S ---

kalashnikov (rus) --- --- --- s s ---

offshore --- s --- S --- ---

photofinish / f- --- s --- --- s – S S – s

pole-position --- sj --- Sj sj S

reality-show tÉS ch suave --- s – S S S – s

sex shop s ch suave --- s – S --- S – s

sha (pers) S ch suave --- s s ---

shakespeariano S --- --- --- --- S – s – tÉS

sheriff / shérif tÉS ch suave tÉS s S S – s

sherpa (tibet/ingl) s ch suave --- s s – S ---

sherry tÉS ch suave --- s – S S S – s – tÉSshetland --- ch suave --- s – S S ---

shiatsu (nip) --- s --- --- S ---

shogun (nip) S ch suave s s --- ---

shopping S ch suave --- s S S – sshort S ch suave --- s S ---

show tÉS ch suave s s – tÉS – S S S – tÉS – s

showman tÉS ch suave s – tÉS s – tÉS – S S S – tÉS – s

shuttle --- --- --- --- --- S

smash --- ch suave s s – tÉS – S S S – s – tÉS

spanglish s s s s s S – s

squash s s s s S S – s

(e)stablishment s s s s s s

sushi (nip) s – S ch suave --- --- S ---

talk-show --- --- --- tÉS S S

T-shirt --- --- --- S --- ---

vichy (fr) tÉS tÉS --- tÉS tÉS ---

yiddish / yídish s s s s S S – s

yorkshire --- s s --- s s

Importazione fonologica in spagnolo e italiano. Riflessioni sul consonantismo

503

Tabella 3. Xenofonema candidato /S/ in spagnolo: soluzioni offerte dagl’informanti.

PDM CM MJG AR DR MMAuschwitz (ted) s s s --- s s

Bangladesh s s s S S Ø

Bosch (ted) s s tÉS S S sBush s --- S S S S

cacharel (fr) tÉS tÉS tÉS tÉS tÉS tÉS

caixa (gal) S (s) x S S S S

cash --- s S S S ---

cash-flow --- s S S S ---

chagall (fr) tÉS --- tÉS tÉS S tÉS

chanel (fr) tÉS tÉS tÉS tÉS tÉS tÉS

chantilly (fr) tÉS tÉS tÉS tÉS tÉS ---

chef (fr) tÉS tÉS tÉS tÉS tÉS tÉS

chic (fr) tÉS tÉS tÉS tÉS tÉS tÉS

crash --- s S S S ---

crescendo (it) S (sT – s) S tÉS stÉS sT s

electroshock tÉS – S s (tÉS) S S S S

fashion Sj – sj sj Sj Sj - sj Sj sjflash s s s S S Ø

flash-back s s s S S Ø

Freixenet (cat) s s S S S S

geisha (nip) s s S S S S

gouache (fr) --- --- tÉS --- --- ---

gulasch (ungh) s – S --- S --- --- ---Hiroshima (nip) s s S S s skalashnikov(rus) s s s s s Ø

Kinshasa s s S --- s ---

macintosh --- s S --- s Ø

marshall s s S s S smitsubishi (nip) S s s S s smogadiscio (it) sT --- sT sT sT ---

offshore --- s --- --- s s

photofinish / f- s s S S S ---

pole-position sj sj sj Sj --- sj

Porsche (ted/ingl) tÉSe tÉSe --- tÉSe – S tÉSe – S S

reality-show s s S S S S

Schweppes (ted) s --- s S s s

sex shop s s S S S sSeychelles (fr) tÉS tÉS S tÉS tÉS tÉS

sha (pers) s tÉS S S S s

Renzo Miotti

504

shakespeariano s s S S S sShangái s – S s (S) S s S s

Sheraton s – S s S S S S

sheriff / shérif s (S) s – tÉS S S S ssherpa (tibet/ingl) s s S S S ---

sherry --- tÉS S S S S

shetland / Sh- --- --- S S S ---

shiatsu (nip) --- --- s --- --- s

Shiseido (nip) --- --- S --- s s

shogun (nip) S --- S --- --- s

shopping --- --- S S S s

short --- --- S S S ---

show s – S s – S S S S s

showman s tÉS - s S S S s

shuttle --- s --- S s ---

smash tÉS --- --- S --- ---

spanglish s s S S S Ø

squash s s s S S Ø(e)stablishment --- s --- S S s

sushi (nip) s – S s S S s – S s

talk-show s s S S S sToshiba (nip) s s S S s sT-shirt --- --- --- S S ---

vichy (fr) tÉS tÉS tÉS tÉS tÉS tÉS

Washington 37 s s s S s sXunta (gal) S (s) x S --- S S

yiddish / yídish s (S) S (s) s --- S ---

yorkshire s s S S S s

Tra parentesi sono indicate realizzazioni alternative, riportate dagl’informanti come altrettanto possi-bili nella comunità linguistica d’appartenenza, ma estranee al proprio uso.

Le voci testate, suscettibili di fungere da veicoli per l’importazione dello xenofonema, sono perlopiù anglicismi (senz’indicazione nelle tabelle, essendo la maggioranza), seguiti da francesismi (‘fr’), tedeschismi (‘ted’), italianismi (‘it’), catalanismi (‘cat’) e galizianismi (‘gal’), russismi (‘rus’), un magiarismo (‘ungh’) e un certo numero di nomi d’origine orientale (soprattutto giapponese: ‘nip’, ma anche persiana: ‘pers’ e tibetana: ‘tibet’), in gran parte marche d’automobili, motociclette e prodotti di vario tipo, non-ché toponimi di varia origine (spesso veicolati dall’inglese, come dimostrano le soluzioni ortografiche anglicizzanti). Alcuni dei termini testati possono presentare un parziale adattamento all’ortografia spagnola (cfr. fotofinish,

Importazione fonologica in spagnolo e italiano. Riflessioni sul consonantismo

505

accanto a photofinish, establishment, accanto a stablishment, shérif, accanto a sheriff, yídish, accanto a yiddish, Shangái).

Le realizzazioni fonetiche rilevate per lo xenofonema /S/ sono di due tipi: un’articolazione propriamente postalveo-palatale non protrusa (che indichiamo con [SJ], laddove nelle lingue d’origine, come già anticipato, si ha protrusione: [SW]) e una prepalatale [sJ], con preferenza per l’una o per l’altra a seconda dei parlanti 38.

Colpisce, a tutta prima, la varietà dei trattamenti (importazione, adat-tamento alla fonologia dello spagnolo, pronuncia fonografica) e la notevole variabilità intra e inter-soggettiva, testimoniata sia dagl’informanti, sia dai vari dizionari, per quanto riguarda le soluzioni e l’estensione dell’uso di /S/: in particolare, va fatto notare che, nel nostro campione, non si ha mai asso-luta coincidenza di trattamento per nessuna voce del corpus. Perciò, risulta impossibile stabilire delle correlazioni chiare né tantomeno assolute tra la variabile fonologica e i vari condizionamenti linguistici ed extralinguistici (se escludiamo il fattore socioculturale, che qui non prendiamo in conside-razione, in quanto, come già detto, tutti gl’informanti sono tutti di livello socioculturale alto); ciò non toglie tuttavia che sia possibile ravvisare delle linee di tendenza che consentano, almeno in parte, di comprender le dinami-che che regolano l’uso di /S/.

Un primo scorporo è reso possibile dal criterio ‘lingua d’origine’: tutti i francesismi (tranne gouache, per cui il Seco ammette tutte le solu-zioni), infatti, sono resi con /tÉS/, per sostituzione approssimativa; non possiamo tuttavia escludere, nel far propender per questa soluzione, il contributo dell’ortografia, che favorisce un tipo di pronuncia fonografica, in accordo con le regole di corrispondenza grafema-fonema proprie dello spagnolo 39. Per quanto riguarda gli elementi d’origine non francese, l’im-portazione fonologica si produce, considerando anche i casi d’oscillazione /S/ ~ /s/ o /S/ ~ /tÉS/, con percentuali variabili da dizionario a dizionario e da informante a informante 40. Se escludiamo il fattore diastratico, non rile-vante ai fini della nostra analisi 41, riteniamo che – senza volerci addentrare in un’analisi particolareggiata 42 – a condizionare l’importazione siano pre-valentemente un fattore di tipo linguistico (distribuzionale) e una serie di fattori extralinguistici, di cui i più efficaci sembrano essere la conoscenza della lingua o delle lingue straniere d’origine delle voci contenenti lo xeno-fonema candidato, il condizionamento stilistico e il campo, la cronologia e la via d’entrata dei singoli elementi; si tenga in considerazione che questi fattori non hanno tuttavia validità universale, dal momento che possono variare la loro efficacia da caso a caso, il che non fa che confermare il carattere estremamente complesso del comportamento dello xenofomena /S/ in spagnolo.

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506

In termini relativi, il criterio distribuzionale 43 suggerisce che l’impor-tazione è favorita, tendenzialmente, in posizione prenucleare, in particola-re pospausale o posvocalica, mentre è sfavorita in posizione posnucleare, soprattutto interna (per esempio, kalashnikov, (e)stablishment, Auschwitz).

I numerosi casi d’alternanza (/S/ ~ /s/ o /S/ ~ /tÉS/) sembrano motivabili in termini stilistici; in particolare, il fattore ‘prestigio’, o ‘intenzionalità’, sembra esser quello più determinante. Sintomatiche, in questo senso, dichia-razioni come quelle dell’informante FDM, su show (“si hay personas que no me van a considerar un esnob, sí digo /»Sou/; digamos que me adapto al medio”) e su sushi, pronunciato come /»suSi/ (“yo lo evitaría en ciertos contextos, por ejemplo entre mis hermanos”). Decisivo, in determinati casi, anche il fattore ‘campo’: l’informante DR, per esempio, non utilizzerebbe /»poRtÉSe/ Porsche nelle trattative con un concessionario d’automobili, bensì /»poRS/, riservando la prima soluzione al dialogo informale.

Il grado d’oscillazione fonologica di molti termini sembra correlabile pure all’antichità del forestierismo. A maggior antichità corrisponderebbe cioè maggior oscillazione, a causa, evidentemente, dei molteplici trattamenti di cui sono stati oggetto, nel corso del tempo, i termini più antichi: strategie di natura di volta in volta diversa (di cui l’importazione, cronologicamente, è solo l’ultima 44) hanno portato a una sedimentazione d’esiti che, spesso, convivono in sincronia, molte volte stratificati socialmente (di fatto, /tÉS/ risulta esser oggi la variante più stigmatizzata, nella percezione dei parlanti di livello socioculturale più alto 45): si considerino casi come shérif, show, showman, flash.

Un altro importante fattore, che possiamo considerare responsabile dell’instabilità degli esiti, oltre alla conoscenza della lingua straniera (o, almeno, delle principali regole di corrispondenza grafema-fonema proprie di quella lingua) da parte del parlante (si consideri il caso dell’italiano crescen-do) – o alla familiarità con l’ambito specialistico e culturale cui appartiene il termine –, sono, in certa misura, le difficoltà ortografiche, le quali, come messo in evidenza anche da Gómez Capuz (2001), possono favorire pronun-ce di tipo fonografico, che contribuiscono a complicare uno scenario già di per sé irregolare: si notino esempi come gouache, Porsche, Mogadiscio e il già citato crescendo.

In conclusione, di fronte alla difficoltà di stabilire correlazioni chiare e univoche tra /S/ e le variabili linguistiche ed extralinguistiche – cosa che mette in seria difficoltà la possibilità d’affermare l’esistenza d’un model-lo ortoepico condiviso, sia esso in direzione di /S/, di /s/ 46, oppure di /tÉS/ – non va però negato un dato di fatto: nel mutato scenario socioculturale di questi ultimi decenni, /S/, soprattutto d’origine angloamericana, sem-bra (destinato a) guadagnar sempre più terreno, minacciando la stabilità

Importazione fonologica in spagnolo e italiano. Riflessioni sul consonantismo

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anche dei tradizionali baluardi di /s/ e /tÉS/; sono diverse, infatti, le voci che vengono reinterpretate retrospettivamente (Pergnier, 1989: 114) in senso anglicizzante, come dimostrano non solo gl’informanti, ma gli stessi dizionari.

5.2. Italiano 47

Per l’italiano, abbiamo selezionato dal DiPI (: 34) i seguenti candidati: /Z, T, x, h/. Come vedremo, se escludiamo /Z/, necessario per i francesismi (e per nomi sia francesi che portoghesi), gli altri sono generalmente usati per pronunce intenzionali (per sfoggio/prestigio, oppure semplicemente per conoscenza delle lingua straniera, che fa sentire come inadeguate le soluzioni “all’italiana”). Il DiPI fornisce anche una dettagliata informazione stilistica sulle varianti di pronuncia, con tre caratterizzazioni – che compaiono affian-cate da una precisa simbologia: pronuncia ‘trascurata’ (↓), ‘intenzionale’ (↑) o ‘aulica’ (↕) – informazione che viene accompagnata anche da indicazioni sulla frequenza d’uso delle varianti stesse.

Fonema costrittivo postalveo-palatale sonoro /Z/ (grafia j, g+i,e).

Tabella 4. Xenofonema candidato /Z/ in italiano.

freq. meno freq.

abat-jour Z

bijou Z

beige Z

stage Z, ↓dÉZ

Moulin rouge Z

mixage Z

garage Z ↓dÉZ

reportage Z

bricolage Z

Peugeot Z

gigolò Z dÉZ

entourage Z

déjà vu Z

Rio de Janeiro Z

Le voci testate sono tutte di provenienza francese, tranne l’ultima (portoghese). Come si vede, in nessun caso si produce ipodifferenziazione fonologica tra /S/ e /Z/ (opposizione esistente sia in francese che in porto-ghese): l’uso di /Z/ è pressoché categorico, e trova adeguata spiegazione

Renzo Miotti

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sul piano strutturale, in termini di ‘casella vuota’ nel sistema consonantico dell’italiano, come si rifletterà nel § 6. naturalmente, nella percezione di familiarità col fonema allogeno, non vanno sottovalutati importanti fattori extralinguistici, primo fra tutti la diffusa conoscenza, soprattutto tra le gene-razioni meno giovani, del francese, fin dalle origini e per lungo tempo unica lingua straniera di studio nella scuola italiana dell’obbligo. Le tre occorrenze di /dÉZ/ (stage, garage, gigolò) vanno spiegate, rispettivamente, come un caso di ‘mediazione interna’ 48 (orioles, 1992, 2000) il primo e di pronuncia di tipo fonografico gli altri due.

Fonema costrittivo dentale non-solcato, non-sonoro /T/ (e sonoro /D/). Grafie: inglese/greco th, spagnolo z, c+i,e.

Tabella 5. Xenofonema candidato /T/ (e /D/) in italiano.

freq. meno freq.

pathos (g) t ↑T

thriller (i) t ↑T

Aerosmith (i) t

Athos (g) t

Blues Brothers (i) d

Commonwealth (i) t ↑T

Heather (i) t, d ↑D

Panathinaikos (g) t, T

pentathlon (g) t ↑T

Theodorakis (g) t ↑T

theta (Θ, θ) (g) t, ↑T

Cervantes (s) s, ↑T

Ibiza (s) dÉzdÉz tÉstÉs

gazpacho (s) s ↓tÉs, ↑T

González (s) dÉz...s, ↑s ↑T...TGarcía (Lorca) (s) s, ↑T

aficionado (s) s, ↓tÉS(o) ↑T

I termini e i nomi testati sono d’origine inglese (i), greca (g) e spagno-la (s). Per un meccanismo d’ipodifferenziazione fonologica, /T/ (e /D/, solo in inglese) vengono normalmente sostituite mediante /t/ (e /d/) nei termini d’origine inglese e greca; mediante /s/ in quelli spagnoli (ma qui /s/ potreb-be anche esser dovuta all’influsso del diffuso modello di pronuncia di tipo seseante, proprio delle varietà meridionali e americane dello spagnolo). non si può tuttavia escludere, nel caso di /t/, che s’abbia a che fare con pronunce di tipo fonografico (per semplificazione della sequenza th), come avviene

Importazione fonologica in spagnolo e italiano. Riflessioni sul consonantismo

509

per z o, a volte, c+e,i in spagnolo, rese come /tÉs/ (o /dÉz/) e /tÉS/ in italiano. Le varianti con /T, D/ sono perlopiù intenzionali (prestigiose), usate da chi conosce le lingue in questione.

Fonema costrittivo velare non-sonoro /x/ (e palatale non-sonoro /C/). Diverse grafie: j, g+i,e (spagnolo), ch (tedesco, neerlandese)

Tabella 6. Xenofonema candidato /x/ (e /C/) in italiano.

freq. meno freq.

Bach (t) k, ↑x

Reich (t) x, C, k

Liechtenstein (t) k, x ↑C

Schumacher (t) k ↑x

sacher (t) k ↑x

Richter (t) k, x C

Brecht (t) k, ↑x

Maastricht (n) k, ↑x

Utrecht (n) k, x

Borges (s) g, ↓dÉZ ↑x

Julio (s) h, ↑x ↓k, ↓j, ↓Ø

Gli elementi testati, se si eccettua sacher, sono perlopiù nomi, cognomi e toponimi tedeschi (t), neerlandesi (n) e spagnoli (s). Anche in questo caso, prevale l’ipodifferenziazione fonologica: /x/ viene prevalentemente adattato come /k/. Più raramente – ma si tratta di pronuncia trascurata – si hanno anche rese fonografiche, soprattutto laddove la corrispondenza grafema-fonema è più ambigua e maggiormente suscettibile, perciò, a esser interferita dalle regole di corrispondenza proprie dell’italiano (cfr. Borges, con /dÉZ/; Julio, con /j/); anche casi come Schumacher e sacher (con /k/), d’altra parte, possono ascriversi a motivazioni simili. La resa con /x/ è perlopiù intenzio-nale, propria di chi ha conoscenze di tedesco e spagnolo; al di fuori di questi casi, /x/ alterna frequentemente con /k/ in posizioni fonotatticamente pro-blematiche, come quella posnucleare, dove /k/, in italiano, se non escluso, è certamente improbabile (se si eccettuano pochi termini, come taxi, o cultismi quali cactus, acne, ecc.). Ciò sembra in accordo con proprietà strutturali universali: la posizione d’attacco sillabico è più resistente – cioè più stabile e dunque maggiormente impermeabile – ad “attacchi” esterni, di quanto non lo sia la posizione di coda, che risulta, quindi, più vulnerabile (cfr. Valencia, 1966: 199; Van Coetsem, 1988: 32).

Fonema approssimante laringale non-sonoro /h/ (grafia h). Molte voci coincidono con quelle prese in considerazione per lo spagnolo:

Renzo Miotti

510

Tabella 7. Xenofonema candidato /h/ in italiano.

freq. meno freq.apartheid ØBahamas ØBahrein Ø ↑hbehaviorismo ØDaihatsu Ø ↑hdirham (ar) Øhacker Ø ↑hhall Ø ↑hHalloween Ø ↑hhandicap Ø ↑hhappening Ø, ↑hharakiri (nip) k ↑hhard rock Ø ↑hhardware Ø ↑hhashish (ar) ØHawaii Ø ↑hhawaiano Øheavy (metal) Ø, ↑hhegeliano (ted) Ø ↑hHelsinki (fin) Ø ↑hhertz Ø ↑hhi-fi Ø ↑hhigh tech Ø ↑hhip hop Ø ↑hhippy/hippie Ø ↑hHiroshima (nip) Ø ↑hhit (parade) Ø, ↑hHitchcock Ø ↑hHitler (ted) Ø ↑hhitleriano (ted) Ø ↑hhobby Ø ↑hhockey Ø ↑hholding Ø ↑hHollywood Ø ↑hhollywoodiano Ø ↑hhome page Ø ↑hHonda (nip) Ø ↑hHong Kong Ø ↑hHonolulu Ø ↑hhooligan Ø ↑hhot dog Ø ↑hhula hoop Øhusky Ø ↑hmahatma (sanscr) Ø ↑hswahili (bantù) Ø ↑hYamaha (nip) Ø, ↓k

Importazione fonologica in spagnolo e italiano. Riflessioni sul consonantismo

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Salvo diversamente indicato, i termini e i nomi testati sono d’origine inglese. Mancando i presupposti per la sostituzione approssimativa, il fone-ma /h/ viene semplicemente omesso (complice anche l’ortografia: il grafema h, in italiano, se si eccettua la sua funzione di diacritico quando preceduto da c o g, è infatti privo di contenuto fonologico). L’importazione, in assenza delle condizioni strutturali a essa favorevoli, si configura come un fenomeno marginale (cfr. anche Klajn, 1972: 56), intenzionale e, nella maggior parte dei casi, relativamente poco frequente in situazioni comunicative normali (non-marcate). Giocano a favore di /h/ i noti fattori legati al ‘campo’ (carat-tere più o meno tecnico e/o professionale del discorso), fattori stilistici, il prestigio e, naturalmente, la conoscenza della lingua straniera.

6. Per un bilancio

I fattori extralinguistici che entrano in gioco, nel condizionare l’im-portazione, sono stati sufficientemente enucleati e discussi, crediamo, nelle sezioni precedenti. Riteniamo di dover spender ora un paio di parole per quanto riguarda, invece, le cause più squisitamente strutturali, in particolare quelle legate all’economia del sistema: l’esistenza di caselle vuote costitui-sce davvero – e i risultati ottenuti non fanno che corroborarlo – la maggior forza d’attrazione per unità fonologiche allogene, in particolare per quelle dotate dei requisiti necessari (cioè di tratti distintivi già esistenti nel sistema fonologico della lingua replica); tali unità vengono a incastonarsi, per così dire, in modo stabile nel sistema d’arrivo, conferendogli maggior equilibrio e simmetria. In questo senso, il costrittivo /S/, in spagnolo, viene a stabilire una nuova opposizione coll’occlu-costrittivo 49 /tÉS/, con cui condivide i tratti di non-sonorità e di punto d’articolazione (postalveo-palatale); /Z/, in italiano, è il corrispettivo sonoro di /S/ (come /dÉZ/ lo è di /tÉS/).

Da una parte, dunque, ci troviamo di fronte a condizioni privilegiate per it. /Z/ e sp. /S/, con un distinguo: se, in italiano /Z/ s’integra perfetta-mente nella seguente correlazione di sonorità: /f v, s z, S Z/, rendendo perfettamente simmetrico il sistema delle costrittive (cfr. anche Filipovic, 1982: 43-44; Gusmani, 19862: 35), condizioni comparabili non si verifi-cano, invece, in spagnolo, per /S/. Sembra, infatti, che l’importazione sia particolarmente efficace qualora l’asimmetria riguardi una determinata serie di fonemi o una correlazione, oppure una coppia difonica in cui manchi la controparte sonora o non-sonora (cfr. anche Filipovic, 1982: 45). In spa-gnolo, evidentemente, /S/ non soddisfa pienamente queste condizioni e ciò può contribuire a spiegare, almeno in parte, l’alto tasso di variabilità cui è soggetto 50.

Renzo Miotti

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Dall’altra parte, gli altri xenofonemi considerati (/T, x, h/) sembra-no, invece, perlopiù opzionali, compaiono cioè sempre in alternativa alla variante adattata (per sostituzione approssimativa o per ipodifferenziazione fonologica), sensibili a fattori condizionanti extralinguistici, quali la diafasia, la diastratia, la conoscenza della lingua straniera, ecc. È evidente che, quanto più le caselle vuote si trovano in aree isolate, e perciò instabili, del sistema fonologico, tanto minore sarà la probabilità che l’unità straniera sia importa-ta in modo stabile: è il caso di /T, x, h/ in italiano; anzi, in alcuni casi, l’im-portazione viene evitata, poiché potrebbe introdurre un elemento asimme-trico nel sistema, divenendo fonte d’instabilità (per esempio, /x/, in italiano, rimarrebbe isolato nel sottosistema delle costrittive; cfr. nota 47).

Alla luce di tutti i fattori considerati, possiamo dunque stabilire una gerarchia all’interno della periferia fonologica delle lingue considerate: da una parte, gli xenofonemi stabili, o obbligatori (come it. /Z/), il cui status dipende da certi requisiti d’ordine strutturale, che devono esser soddisfatti, come abbiamo visto; dall’altra, quelli variabili, o opzionali (come it. /T, x, h/), strutturalmente più ‘vulnerabili’ e sensibili a tutta una serie di condizio-namenti extralinguistici. In altre parole, adattando le categorie concettuali elaborate da Van Coetsem (integrated/included e code/message; cfr. § 3) 51 al nostro caso, possiamo distinguere, da una parte, gli xenofonemi integrati nel sistema periferico, dall’altra, quelli semplicemente inclusi nel messaggio. Ciò spiega anche perché da una parte, xenofonemi come /Z/ vengano integra-ti, come già detto, con una veste articolatoria determinata dalla lingua impor-tatrice 52 – configurandosi, così, come un compromesso tra quest’ultima e la lingua modello –, dall’altra, proprio perché oggetto d’un uso intenzionale da parte di parlanti con competenze nella lingua straniera (per i quali, come già rilevato, il requisito dell’‘affinità’ cessa d’essere rilevante; cfr. § 3), gli xeno-fonemi ‘inclusi’ vengano invece riprodotti con una facies fonetica virtual-mente fedele al modello; nel primo caso, ci troviamo dunque di fronte a una riproduzione parziale, nel secondo, a una riproduzione totale dello stesso. Se, come hanno messo in evidenza Hockett e Weinreich, necessità (need) e pre-stigio (prestige), sono i principali motori del prestito linguistico, nel caso che ci riguarda, l’integrazione di /Z/ sarebbe determinata da necessità 53 struttura-li inerenti il sistema, mentre, per l’inclusione di /T, x, h/, il movente sarebbe più propriamente il prestigio sociale: il parlante riproduce intenzionalmente e consapevolmente (cfr. § 3) l’elemento fonologico straniero presente nel fore-stierismo. Il caso dell’italiano dimostra inoltre che, proprio perché soggetta a restrizioni e vincoli di vario tipo 54, e per il fatto che è determinata dalla lingua replica, l’integrazione (nella periferia fonologica) delle unità importa-te è di necessità fenomeno relativamente poco frequente; viceversa, l’inclu-sione, in quanto motivata in termini (prevalentemente) sociali, può avvenire

Importazione fonologica in spagnolo e italiano. Riflessioni sul consonantismo

513

in modo più disinvolto e soggettivo, coinvolgendo una gamma virtualmente illimitata d’unità fonologiche.

Tra le due categorie così delineate, si colloca uno spazio intermedio, più problematico, occupato, nel nostro caso, da sp. /S/, il quale risulta suf-ficientemente ben integrato nella periferia del sistema d’arrivo, in quanto le condizioni strutturali sono favorevoli (lo dimostra anche il suo sostanziale adattamento a livello articolatorio, nonostante le oscillazioni nella resa); ma, non essendo tali requisiti così efficaci, come lo sono per /Z/ in italiano (per le ragioni esposte sopra), soddisfa solo in parte, nel corpus, le condi-zioni d’obbligatorietà, rimanendo in larga misura ancora variabile dal punto di vista lessicale, sociolinguistico, stilistico e inter/intrasoggettivo, nonché articolatorio 55 (cfr. § 5.1). Il grado d’integrazione di sp. /S/ risulta dunque minore rispetto a quello di it. /Z/, nelle rispettive periferie fonologiche 56. È evidente che l’importazione di /S/ è un fenomeno ancora instabile, irregolare e incipiente in spagnolo, e dunque soggetto a una notevole variabilità, come abbiamo avuto modo di mostrare. Lo xenofonema /S/ si trova insomma col-locato al centro di due forze di segno opposto: da una parte, la spinta verso l’adattamento (modernamente, come /s/, più che come /tÉS/), dall’altra, la tendenza all’importazione. Attualmente, queste forze agiscono con intensità diversa a seconda dei parlanti, che possono far prevalere ora l’una, ora l’al-tra; non mancano tuttavia indizi che fanno pensare a un suo utilizzo sempre più esteso in futuro, che non escludiamo possa un giorno diventar categorico.

Tabella 8. Caratteristiche generali degli xenofonemi italiani e spagnoli.

periferia del sistema

it. /Z/ sp. /S/ it. /T, x, h/

integrazione inclusione

necessità prestigio

categorici non-categorici

stabili, obbligatori variabili, opzionali

riproduzione parziale:adattamento articolatorio

riproduzione totale:non-adattamento articolatorio

importazione soggetta a restrizioni importazione più libera

SUMMARY

The purpose of this contribution is to consider the situation of xenophonemes (imported phonological units) in Italian and Spanish. The presentation is divided into two parts. The first one is introductive and theoretical, in which we will investigate the well-known factors leading to phonological importation. In fact, in line with the classical postulates of Functionalism, firstly we will refer to the purely struc-

Renzo Miotti

514

tural conditions, such as gap filling (empty cases) in the phonological system of the recupient language, following the penetration of a large amount of foreign lexical items containing phonological elements unknown in the recipient language. We will also take into consideration the contribution of extralinguistic variables. The second part is experimental: we will show the results of an investigation with the purpose to verify the presence of phonological units classified like xenophonemes, in Spanish and Italian – on the basis of the observation of not systematic materials from various sources, such as dictionaries and field investigations conducted by the author. The paper is concluded with a remark on the status and the hierarchy of such units within the phonological periphery of the two languages.

noTE

1 L’articolo è la versione estesa di una comunicazione accettata dal comitato scientifico del XXVI Congrés Internacional de Lingüística i Filologia Romàniques (Valencia, 6-11 settembre 2010).

2 Espressione mediante la quale traduciamo phonological importation (Haugen, 1950), utiliz-zata fin dai primi studi sull’argomento. Phonological è utilizzato da Haugen con un senso più gene-rale rispetto a phonemic (cfr. Filipovic, 1959, 1960).

3 Tali voci ricevono definizioni di volta in volta diverse, a seconda delle terminologie o delle tassonomie. Generalmente si parla di forestierismi, in opposizione a prestiti. Riportiamo, per la chia-rezza concettuale con cui viene giustificata tale distinzione, la definizione che di entrambi dà Seco (1977: 197), in ambito ispanico: “Atendiendo al grado de su incorporación, y desde un punto de vista sincrónico, hay que distinguir entre las voces extranjeras que el idioma ha asimilado totalmente a su sistema, voces ya ‘digeridas’ por la lengua, que son los préstamos propiamente dichos, y las pala-bras que en su grafía, o en su pronunciación, o en ambas cosas a la vez, acusan en los hablantes una conciencia de que emplean una palabra extranjera, voces que todavía se sienten ‘enquistadas’ en el idioma: son los extranjerismos”. Haugen (1953) parla di prestiti puri, con importazione lessematica totale – che a loro volta possono esser non assimilati (cioè non adattati alla fonologia della lingua replica), parzialmente assimilati o assimilati –, diversi dai prestiti ibridi (con importazione e sosti-tuzione lessematica, nucleare o marginale a seconda della parte importada) e contrapposti ai calchi (caratterizzati da importazione lessematica senz’importazione). nell’ambito più ristretto dello studio dell’anglicismo, in ambito ispanico, Pratt (1980: 116) si riferisce all’anglicismo patente come “toda forma identificable como inglesa, o bien totalmente sin cambiar (como ranking, hippy, sidecar), o bien adaptada, parcial o totalmente, a las pautas ortográficas del español contemporáneo (por ejem-plo, boicot, boxear, travelín)”, mentre Lorenzo (1987) parla di anglicismo crudo per riferirsi a parole o espressioni che mantengono in spagnolo caratteristiche ortografiche e, in certa misura, foniche inglesi.

4 La distinzione tra ‘centro’ e ‘periferia’ del sistema è opera dei linguisti della Scuola di Praga. Si vedano, a tal proposito, i Travaux Linguistiques de Prague, 2 (1966).

5 non è nostra intenzione, in questa sede, entrar nel merito dei processi d’adattamento fone-tico e fonologico dei forestierismi né delle strategie messe in atto per adattare alle proprietà della lingua replica (nella fattispecie, spagnolo e italiano) le strutture della lingua straniera, aspetti peraltro relativamente poco studiati e spesso elusi, a causa dell’enfasi concessa all’adattamento ortografico (cfr. Gómez Capuz, 2005: 18-19). Su questi aspetti, mi basti rimandare, per lo spagnolo, al citato Gómez Capuz (2005: 19-21), a Stone (1957), Pratt (1980), Rodríguez Segura (1999), Gómez Capuz (2001) e Reyes Díaz (2008), sugli anglicismi, e a Curell (2005) sui francesismi. Sull’anglicismo in italiano, si veda Klajn (1972).

6 I condizionamenti contestuali vengono imposti automaticamente dalla lingua replica.7 In base ai due principi della category preservation e della category proximity, come propon-

gono LaCharité & Paradis (2003). In base al primo, “If a given L2 phonological category (phoneme) exists in L1, this L2 category will be preserved in L1 in spite of phonetic differences (e.g. English /b/ is adapted as French /b/ despite being acoustically closer to French /p/)”; in base al secondo, “a. If a given L2 phonological category (phoneme) does not exist in L1, this L2 category will be replaced by

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the closest phonological category in L1, even if the L1 inventory contains acoustically closer sounds. b. category proximity is determined by the number of changes (in terms of structure and features) that an L2 phoneme must undergo to become a permissible phoneme in L1”. Per semplicità, ci riferi-remo al secondo principio in termini di ‘sostituzione (fonologica) approssimativa’ (cfr. anche Miotti, 2008). Quando, per sostituzione fonologica, uno degli elementi che costituiscono un’opposizione nel sistema straniero, inesistente nella lingua replica, si confonde con l’altro, parleremo invece d’‘ipodif-ferenziazione fonologica’ (cfr. Weinreich, 1953).

8 Come afferma Gusmani (19862: 34), l’integrazione (per noi, ‘adattamento’) “varia per lo più inversamente alla conoscenza della lingua-modello da parte dell’importatore ovvero dell’am-biente che diffonde il prestito, nonché al prestigio di cui quella lingua gode. Rapporti intensi tra due comunità linguistiche favoriscono in genere una resa più fedele al modello (e quindi un’integrazione minore), in quanto si sentono come troppo provinciali o pedanti le varianti più integrate”.

9 Un caso particolare – che però non verrà preso in considerazione in questa sede, in quanto, come afferma Van Coetsem (1988), non provoca “paradigmatic phonemic modification” ma solo “sub-phonemic change in feature make-up” – è rappresentato dalla reinterpretazione, in chiave di tratti fonici stranieri, d’unità fonologiche native, anche questa stilisticamente motivata. Un buon esempio è la possibile resa uvulare, in italiano, di /r/ (laddove non sia tratto regionale nativo), quando compare in parole francesi. In questo caso, il fonema in questione è già esistente nella lingua replica, ma viene realizzato come nella lingua modello: l’importazione è dunque limi-tata al livello 1b.

10 Per esempio, come prosegue Gusmani (ibid.), “è risaputo che [v], [z], [dÉZ], che nell’in-glese più antico erano semplici allofoni di /f/, /s/, /tÉS/, hanno raggiunto totale autonomia a seguito soprattutto della penetrazione di francesismi come very, voice, vain, zeal, zero, joy, judge. Siffatte innovazioni non costituiscono certo una difficoltà per i parlanti della lingua importatrice, perché essi hanno già familiarità con realizzazioni foniche sostanzialmente affini, anche se diversamente distri-buite”. Per ulteriori esempi, si veda anche Sala (19982: 78- ??).

11 È il caso, per esempio, di /f/ in varie lingue slave (Jakobson, 1949 [1931], Filipovic, 1982: 43; Gusmani, 19862: 35-36).

12 L’imitazione, insomma, “presupposes the presence of something from the sl that deviates from the native rl. Such a deviation is not integrated into the rl, but may become so” (ibid.: 9).

13 oltre a quelli già citati, si consultino i numerosi studi di Filipovic (per esempio, 1959, 1960, 1967, 1982, 1986). Una presentazione panoramica del fenomeno è anche in Gómez Capuz (1998: 228-230).

14 Tuttavia, non va dimenticato che asimmetrie nei sistemi possono trovar la loro motivazione come riflesso di proprietà naturali del linguaggio, spiegabili in termini di marcatezza (Andersen, 1974; Waugh, 1979).

15 Per la valenza che assume la nozione d’integrazione (integration) in Van Coetsem, vedi oltre.

16 La distinzione code-message è usata da Van Coetsem “in a broad sense (generally parallel-ling the langue-parole, language-speech and competence-performance dichotomies)” (ibid.: 9).

17 Lo status d’un elemento incluso, per Van Coetsem, è autonomo e ben diverso da quello della semplice riproduzione d’una pronuncia straniera: “The phonological loan has a status of its own vis-à-vis the sl and the rl, as it is included but not integrated. If we were to deny the phono-logical loan such a status, we would instead have to maintain that any sl pronunciation used in the rl either remains exclusively an sl pronunciation or is directly and totally integrated into the rl” (ibid.: 105). La funzione che distingue un phonological loan da una sl pronunciation è precisamente di tipo sociale (ibid.). Ma proprio perché funzionale, e dunque caratterizzato da un certo grado d’in-clusione nella lingua replica, il phonological loan “cannot be removed without affecting the latter’s proper functioning” (ibid.).

18 Cfr. il concetto di ‘fonemi indotti’, di cui s’è già discusso. Van Coetsem osserva che “There appears to be a certain gradation in the resistance to integration […]: first, the resistance to integra-tion is minimal or less strong in the case of phonological redistribution (syntagmatic), or in the case of phonological importation (paradigmatic) when this does not lead to a modification of the paradig-matic, phonemic make-up of the rl; second, integration is less probable or does not occur in the case of phonological importation (paradigmatic) when this directly leads to a modification of the paradig-matic, phonemic make-up of the rl. The above also corroborates our statement that the syntagmatic dimension is more receptive to change and borrowing than the paradigmatic one” (1988: 120-121).

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19 Nell’impostazionediVanCoetsem,“Thepatternofpartialaffinitytakestwobasicforms,which serve as premises to integration of the phonological loan” (ibid.: 115); una di queste è precisa-mente l’importazione fonologica (accanto alla ridistribuzione fonologica).

20 D’altra parte, “zero affinity does not exist, in as much as the major class features (e.g., vocalic and consonantal) are universal” (ibid.).

21 Lo studioso spiega in questi termini il processo d’identificazione: “Relying on his own language, the rl monolingual will then identify that part of the pattern of partial affinity which is per-ceived as identical in the rl and sl. The part that constitutes the ‘difference’ between the rl and sl of the pattern of partial affinity remains nonidentified with the rl” (ibid.: 112-113).

22 Come fa notare Van Coetsem (1988: 99): “a vocabulary item may exhibit imitation in one meaning and adaptation or spelling pronunciation in another, reinforcing a semantic difference […]. For example, in the Southern Dutch dialect of Geraardsbergen, French bon [bç)] ‘good (adj.) and coupon (subst.)’ has been borrowed with the French pronunciation in the meaning of ‘good, all-right (adj., as an exclamation)’, and is adapted to [bçN] in the meaning of ‘coupon (subst.)’”.

23 “on note peu de résistence à l’adoption lorsque le trait nouveau correspond à une case vide du système”.

24 Anche se la sinonimia tra pijo e fashion non è completa: il secondo termine va verosimil-mente considerato come marcato stilisticamente.

25 Si veda anche quanto afferma Van Coetsem (1988: 107; cfr. § 3).26 Le caratteristiche del nostro corpus e delle fonti utilizzate e le condizioni sperimentali in

cui sono stati elicitati i dati (vedi § 4) non ci permettono d’osservare, in modo diretto, la covariazio-ne tra le variabili linguistiche, da una parte, e le dimensioni diastratica e in parte diafasica, dall’altra. Tuttavia, vengono talvolta in soccorso le dichiarazioni degli stessi informanti, che hanno general-mente consapevolezza della variabilità sia del comportamento linguistico degli altri parlanti della stessa comunità linguistica, sia del proprio comportamento diafasico e sanno perciò indicare, laddove tale consapevolezza è maggiore, le possibili varianti e i loro contesti d’uso.

27 Come osserva Rodríguez Segura (1999: 170): “[…] se ha visto además que, con frecuencia, una misma palabra recibe pronunciaciones distintas en función de la mayor o menor habilidad del hablante para reproducir los sonidos ingleses”.

28 Baetens (1982) individua una serie di criteri che sarebbero responsabili del fatto che il trasferimento si manifesti ora come prestito puro, ora come parziale, ora come calco (oltre alle caratteristiche individuali del singolo parlante: sensibilità linguistica, inclinazione, predisposizione, personalità, ecc.): a) tipo d’attività, b) frequenza dei contatti tra le due lingue, c) frequenza con cui il parlante bilingue si serve di ciascuna delle due lingue.

29 Cfr. anche Gómez Capuz (1998: 232): “el conocimiento de la forma escrita y de la pronun-ciación original del anglicismo entre amplios sectores de hablantes suele producir casos de vacila-ción y polimorfismo: punk como [pank]/[punk] en español”.

30 “La integración de los elementos prestados es un proceso gradual y el grado de integración suele ser un indicativo del proceso de transferencia léxica. Para la caracterización de los préstamos se han ofrecido cuatro tipos fundamentales de criterios: 1) frecuencia de uso; 2) desplazamiento de sinónimos de la lengua prestataria (L2); 3) integración morfofonológica y sintáctica, y 4) aceptabili-dad. A medida que un préstamo se utiliza más, se incrementa su integración fonológica y morfológi-ca, al mismo tiempo que desplaza las formas concurrentes de la variedad receptora, y se acepta por los hablantes” (Gimeno Menéndez & Gimeno Menéndez, 2003: 110).

31 Riteniamo il DiPI del prof. Canepari una fonte completa, più che sufficiente ai fini della nostra indagine, considerata la ricchezza dei dati e la precisione con cui sono presentati e sintetizzati, peraltro sulla scorta dei principali dizionari e repertori disponibili per l’italiano, nonché d’indagini esplorative sul campo condotte dallo stesso autore (c.p.; cfr. anche Canepari, 19992: 27).

32 Lo spagnolo (europeo centro-settentrionale) presenta il seguente inventario fonologico con-sonantico. nasali: /m, n, ¯/, occlusivi /p b, t d, k g/, occlu-costrittivi /tÉS/, costrittivi /f, s, T, Δ, x/, approssimanti /j, w/, vibranti /r˘, R/, laterali /l, ¥/.

33 Tradizionalmente, ‘fricativo’. Per la terminologia fonetica e fonologica qui adottata, si rimanda a Canepari (2006).

34 Il GDUEsA e il Seco trascrivono foneticamente con [X] (variante uvulare), secondo il modello di pronuncia centro-settentrionale. Gli altri dizionari (Moliner, Salamanca, Rodríguez & Lillo) usano invece una rappresentazione fonografica (mediante il grafema j). nella nostra tabella

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uniformiamo sul piano fonologico (mediante il simbolo /x/) le diverse proposte di trascrizione, tese a riprodurre una pronuncia non dissimile da quella propria di parole patrimoniali come ojo, gente.

35 Su /S/ in spagnolo europeo, si vedano Romero Gualda (1977: 193), Pratt (1980), Fernández (1988), Gómez Capuz (2001: 52-57), Hernández Hernández (2007: 133). In /S/ (e/o /s, tÉS/) confluisce anche franc. /Z/ in una manciata di voci comuni e nomi, in cui il fonema ricorre in posizione finale: collage /-S, -s/ (anche /-axe/; v.i.), beige /-s/, rouge /-S, -s/, Moulin rouge /-S/ (quest’ultimo, nella pronuncia d’alcuni dei nostri informanti). nelle altre posizioni confluisce invece in /Δ/ (costrittiva palatale non-solcata sonora), per sostituzione approssimativa: Peugeot, gigoló, oppure in /x/, per pro-nuncia fonografica: Río de Janeiro o per sostituzione analogica (Gusmani, 19862: 39-40): bricolage/-aje (come tutte le parole in -aje, a sua volta dal franc. -age: personaje < personnage). Le restrizioni distributive dello spagnolo non ammettono /Δ/ in posizione finale e posnucleare in genere, ma solo prenucleare.

36 Per la trascrizione di /S/, i vari dizionari adottano diverse soluzioni. Il GDUEsA e il Seco trascrivono foneticamente con [S]; Moliner e Rodríguez & Lillo usano invece una rappresentazione fonografica (sh). Abbiamo deciso di riprodurre tale e quale l’indicazione del CLAVE (‘ch suave’), in quanto di per sé poco perspicua, anche se non ci sembra avventato supporre che, nelle intenzioni del trascrittore, corrisponda a /S/.

37 Il toponimo appare registrato anche in Rodríguez & Lillo, sia con /S/ che con /s/.38 FDM, CM, MJG e MM usano esclusivamente la variante postalveo-palatale; DR e AR,

invece, optano prevalentemente per quella prepalatale. Interessante rilevare la chiara consapevolezza di DR e AR della differenza articolatoria tra le due varianti fonetiche, che in AR appare associata a un giudizio sociolinguistico, che, senza mezzi termini, stigmatizza pronunce troppo vicine all’origi-nale come cursis.

39 Questo tipo di soluzione è probabilmente dovuto, in generale, alla maggior antichità dei forestierismi d’origine francese rispetto a quelli d’origine anglosassone e, per quelli più recenti, alla trafila scritta della maggior parte di essi (si considerino, per esempio, le marche di prodotti come Chanel o Cacharel, note soprattutto attraverso le confezioni). Si confronti quanto detto in nota 35 su /Z/ d’origine francese; nello specifico, per quanto riguarda i nomi in -aje.

40 Specifichiamo qui di seguito le percentuali (sul numero totale delle sole voci trascritte o pronunciate), tenendo distinti i due sottocorpora ‘informanti’ e ‘dizionari’: solo il sottocorpus ‘infor-manti’, infatti, è completo (nomi comuni, nomi propri, marche e toponimi), mentre quello ‘dizionari’ è di necessità ridotto ai soli nomi comuni. Per render il più possibile comparabili i due sottocorpora (fermo restando che una comparabilità perfetta è inficiata in partenza, in quanto le liste di parole non sono complete per nessun dizionario e per nessun informante), presentiamo inoltre le percentuali per il sottocorpus ‘informanti’ epurato dei nomi propri (comprese marche e toponimi). Sottocorpus ‘dizionari’: GDUEsA 28%, CLAVE 58,8%, Salamanca 0%, Seco 45,7%, Moliner 71,4%, Rodríguez & Lillo 95,2%. Sottocorpus ‘informanti’: PDM 24%, CM 5,6%, MJG 62,3%, AR 76,8%, DR 65,6%, MM 19,6% (quest’ultimo informante, d’area andalusa, è solo parzialmente confrontabile con gli altri, in quanto realizza spesso le consonanti posnucleari come ‘zero’ oppure [h]). Sottocorpus ‘informan-ti’ (solo nomi comuni): PDM 20,7%, CM 9,1%, MJG 65,8%, AR 83,4%, DR 75,7%, MM 13,8%.

41 Ciò si deve, come già sottolineato (cfr. § 4), alle caratteristiche del nostro campione d’infor-manti. Il criterio diastratico, nella comprensione del comportamento dello xenofonema /S/, è senz’al-tro di fondamentale importanza, com’è stato messo in evidenza, per esempio, da Gómez Capuz (2001: 56-57): “la covariación entre la variable lingüística ‘sh come como /S/’ y los estratos sociolin-güísticos arroja unos resultados relativamente válidos, sobre todo si establecemos la oposición entre [S] como variante propia de los informantes de estrato sociocultural alro y [s] como variante propia de los de estrato sociocultural medio”.

42 La quale potrebbe esser oggetto d’uno studio più approfondito e specifico sullo xenofome-na /S/. Lo scopo di questo lavoro è di delineare un quadro generale sull’importazione fonologica in spagnolo e italiano.

43 Su quest’aspetto, si veda anche Romero Gualda (1977: 193), le cui osservazioni non trova-no però piena conferma nel nostro corpus, in particolare per quanto riguarda il trattamento in posi-zione finale, che si rivela decisamente complesso, come si vede dalle tabelle (laddove gl’informanti intervistati dall’autrice optano per una pronuncia adattata, con [s]).

44 Stupisce, tuttavia, come /S/ affiori, qua e là, anche tra termini di recentissima acquisizione, come fashion.

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45 Rivelativi e non rari, in tal senso, giudizi cristallini come quello di AR, che così s’esprime sulla pronuncia di shérif: “quien dice /»tÉSeRif/ es un paleto”. PDM e CM, da parte loro, considerano /tÉS/ variante popolare e riportano l’esempio di show.

46 Una parte delle voci del corpus sembrerebbe tuttavia seguire una tendenza abbastanza rego-lare, se non in tutti, in gran parte degl’informanti, proprio in direzione di /s/: si tratta dei toponimi, probabilmente veicolati in un’epoca in cui prevalevano le forze adattatrici (anche se non possiamo escludere che si possa trattare semplicemente di pronuncia fonografica), e delle marche, nelle quali /s/ è più verosimilmente dovuto a pronuncia fonografica.

47 L’italiano presenta il seguente inventario fonologico consonantico. nasali: /m, n, ¯/, occlusivi /p b, t d, k g/, occlu-costrittivi /tÉs dÉz, tÉS dÉZ/, costrittivi /f v, s z, S/, approssimanti /j, w/, vibranti /r/, laterali /l, ¥/.

48 Come spiega Bombi (2005: 28), si tratta d’un “tecnicismo che si applica a quelle innova-zioni alloglotte che entrano in una lingua replica e sulle quali gli utenti proiettano marche foniche, grafiche proprie di una terza tradizione linguistica. Il fenomeno investe non poche volte l’inglese in quanto ‘lingua straniera prevalente’ nella percezione del locutore italiano e dunque presa a rife-rimento per riplasmare i prestiti di altra provenienza”. Stage è un francesismo che viene oggi fre-quentemente realizzato secondo una pronuncia anglicizzante (da chi non ne conosce l’origine, perciò caratterizzato nel DiPI con ↓).

49 Tradizionalmente, ‘affricato’. Vedi nota 33.50 nonostante ciò, sebbene, di fatto, /S/, in spagnolo, non sia categorico come lo è /Z/ in italia-

no, bensì instabile e variabile, per molti parlanti risulta tuttavia senz’altro obbligatorio, almeno per parte del vocabolario importato, con proporzioni variabili da soggetto a soggetto, come s’è visto

51 L’idea non è comunque nuova: si consideri la distinzione di Weinreich (1953) tra due fasi nel processo d’interferenza e quella tra interference e integration, operata da Mackey (1970).

52 Infatti /Z/, in italiano neutro (Canepari, 19992) è reso come postalveo-palatale protruso (come lo sono /S/ e /tÉS, dÉZ/), mentre nelle due lingue modello (francese e portoghese brasiliano) è, rispettivamente, postalveo-prevelare (protruso) e postalveo-palatale non-protruso (Canepari, 20063).

53 Di ‘necessità’ parla anche anche Filipovic (cfr. § 3).54 Da parte sua, Van Coetsem (1988: 118), dopo aver asserito che “An integration of the

phonological loan that leads directly to modification of the paradigmatic, phonemic make-up of the rl seems strongly restricted”, precisa che “Within the paradigmatic dimension itself, there undoubt-edly are differences in the degree of restriction, such as restrictions conditioned by markedness. For instance, it is well-know that nasality is a marked feature” (ibid.).

55 Come abbiamo già rilevato, l’instabilità della pronuncia è una delle caratteristiche dei fone-mi periferici (Sala, 19982: 73; cfr. § 3).

56 Le differenze nel grado d’integrazione corrispondono a differenze nel grado di funzionalità e stabilità, come riconosciuto da Van Coetsem (1988: 107).

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