61
Ai miei nonni e a al mio paese.

Il soprannome di famiglia a Mogoro

  • Upload
    unior

  • View
    0

  • Download
    0

Embed Size (px)

Citation preview

Ai miei nonni e a al mio paese.

“Lei disse ingiuria e per la prima volta il capitano ebbe bisogno dei lumi

interpretativi del maresciallo. -Soprannome- disse il maresciallo-

qui quasi tutti hanno soprannomi: e alcuni talmente offensivi

che sono propriamente ingiurie.”

Leonardo Sciascia - Il giorno della civetta-

Indice Introduzione ______________________________________________________________ 1

Introducción ______________________________________________________________ 2

1 Il soprannome. Caricatura linguistica e patrimonio culturale ________________ 5

1.1 L'antroponimia popolare____________________________________________ 5

1.2 Identificare e indicare l'altro. Origine, funzione e caratteristiche del soprannome_________________________________________________________ 6

1.2.1 Individualità e collettività. Il soprannome come espressione del singolo

e dei valori culturali del gruppo __________________________________________ 9

1.3 Tratti caratterizzanti e tipologie di soprannomi________________________ 12

1.4 Il soprannome di famiglia: identità e appartenenza al gruppo____________ 15

1.5 Il contesto socio-dialettologico. Funzione del soprannome nelle comunità

rurali e preindustriali ___________________________________________________ 18

1.5.1 La dimensione comunitaria e le dinamiche del gruppo ______________ 22

2 Soprannomi di famiglia a Mogoro ______________________________________ 25

2.1 Il paese. Breve profilo geografico e storico____________________________ 26

2.1.1 Cenni storici __________________________________________________ 27

2.2 Criterio della raccolta dei dati ______________________________________ 29

2.3 Corpus dei soprannomi storici appartenenti alle famiglie mogoresi______ 30

2.4 La classificazione semantico-referenziale_____________________________ 44

3 Conclusioni __________________________________________________________ 53

Intervista a Dino Maccioni (Tziu Dinu) ___________________________________ 54

Ringraziamenti ________________________________________________________ 57

Riferimenti bibliografici_________________________________________________ 58

Riferimenti sitografici ___________________________________________________ 58

Introduzione

Tutto ciò che ci circonda, il mondo stesso in cui viviamo e interagiamo con gli altri è fatto di nomi. Quando parliamo o pensiamo il nostro sistema cognitivo mette costantemente in relazione ciò che vediamo con il nome che gli appartiene tramite la facoltà del linguaggio. Il nome è quel segno linguistico con il quale più o meno precisamente designamo un oggetto, un animale, una persona o un luogo mettendo in atto senza accorgercene e in modo totalmente naturale l'azione più antica di sempre: quella del nominare. Il verbo nominare può racchiudere in sé molteplici significati, vuol dire osservare e insieme comprendere, classificare, attribuire e descrivere. L'azione di dare nomi è propria dell'essere umano ed è innata, ma esiste una relazione ancora più profonda tra le diverse forme del nominare e la cultura di un popolo, che è espressione del complesso storico, geografico e sociale in cui queste nascono e si sviluppano. Il soprannome rappresenta la più fantasiosa e vivace tra le forme del nominare e racchiude in sé il carattere, le abitudini, i comportamenti, i modi di vivere e molti altri aspetti della vita di una comunità. A Mogoro, il mio paese d'origine, ho avuto modo di osservare l'uso del soprannome di famiglia, elemento fortemente radicato nella comunità che ancora oggi distingue i diversi rami delle famiglie. La scelta di questo argomento è dovuta in particolare a due motivi: il primo è l'interesse per la linguistica, in particolare per l'aspetto legato all'incontro tra lingua e cultura, che è oggetto di studio di discipline quali l'etnolinguistica, la sociolinguistica e l'antropologia culturale; il secondo motivo è forse più affettivo ed è legato al senso di appartenenza al mio paese, il luogo familiare in cui sono nata e a cui sono particolarmente legata. Venendo a contatto con una realtà diretta in cui è possibile constatare molti dei fenomeni propri della lingua, come il contatto costante tra “lingua dominante” e dialetto, ho potuto riscontrare che il modo di esprimersi e di comunicare di una popolazione si inserisce in un contesto storico, geografico e sociale ben preciso, che è visibile e facilmente riconoscibile nell'uso del soprannome. Il lavoro svolto si articola in due parti principali, la prima dedicata ad un approccio teorico sull'onomastica e in particolare sul soprannome con tutte le tematiche ad esso connesse: le dinamiche che regolano le relazioni socio-psicologiche tra individui e tra individuo e gruppo, il contesto socio-dialettologico, la dimensione antropologica e comunitaria. Dopo aver analizzato questi temi, ci si inserisce infine in un contesto più specifico, ovvero quello del soprannome di famiglia e della sua funzione all'interno della comunità di Mogoro attraverso una ricerca che ha portato alla raccolta di circa 200 soprannomi, dei quali molti già documentati da una lista del 1963, altri raccolti grazie all'aiuto di parenti, amici e compaesani. Nella seconda fase del lavoro si è cercato di

1

risalire al significato (vero o presunto) e alla motivazione di ciascun soprannome attraverso una piccola ricerca sul campo costituita da interviste o semplici conversazioni con gli anziani del paese. Dalle testimonianze della gente sono emersi molti elementi interessanti tra cui spicca il carattere polivalente del soprannome, elemento certamente linguistico e fortemente radicato in un contesto socio-dialettologico preciso, ma anche socio-antropologico, espressione della cultura popolare e degli usi e costumi di una comunità, dall'organizzazione sociale al lavoro, dal modo di esprimersi alle abitudini alimentari. Il soprannome rappresenta quindi parte integrante di quell'insieme di fatti sociali che formano la cultura, la quale si riflette nella lingua esprimendo allo stesso tempo i valori e le norme del gruppo, che resistono al passare tempo fissandosi nella memoria collettiva.

Introducción

Todo lo que nos circunda, el mismo mundo en el que vivimos e interactuamos con los otros está hecho de nombres. Cuando hablamos o pensamos, nuestro sistema cognitivo relacciona sostenidamente a través de la facultad del lenguaje lo que vemos con el nombre que le pertenece. El nombre es aquel signo lingüístico con el que, más o menos precisamente designamos a un objeto, un animal, una persona o un lugar poniendo en marcha sin darnos cuenta y de una manera totalmente natural la acción más antigüa: la de nombrar. El verbo “nombrar” puede incluir muchos significados diferentes, significa observar y al mismo tiempo comprender, clasificar, atribuir y describir. La acción de dar nombres es propio del ser humano y es innata, pero existe una relacción aún más profunda entre las diferentes formas de nombrar y la cultura de un pueblo, que es expresión del complejo histórico, geográfico y social en el que estas nacieron y se desarrollaron.El apodo representa la más imaginativa y vivaz entre las formas de nombrar y encierra en sí mismo el carácter, las costumbres, los comportamientos, las maneras de vivir y muchos otros aspectos de la vida de una comunidad. En Mogoro, mi pueblo natal, he podido observar el uso del apodo familiar, elemento fuertemente arraigado en la comunidad que

sigue siendo un distintivo entre los diferentes ramas de las familias. La elección de este tema se debe principalmente a dos motivos fundamentales: el primer motivo es el interés en la lingüística, en particular en el aspecto relacionado al encuentro entre lengüa y cultura, que es objeto de estudio de disciplinas como la etno-lingüística, la sociolingüística

2

y la antropología. El segundo motivo es tal vez más afectivo y está relacionado con el sentido de pertenencia con mi pueblo, el lugar familiar en el que nací y a lo que estoy especialmente aficionada. Entrando en contacto con una realidad directa en la que es posible constatar muchos de los fenómenos típicos de la lengua, como el contacto constante entre “lengua dominante” y dialecto, he podido observar como la forma de comunicar y de expresarse de una población se inserta en un conjunto histórico, geográfico y socio-cultural exacto que es visible y fácilmente reconocible en el uso del apodo. El trabajo realizado se artícula en dos partes principales, la primera dedicada a un enfoque teórico sobre la onomástica, especialmente sobre el apodo con todos los asuntos relaccionados con el mismo: las dinámicas que regulan la relación socio-psicológica entre individuos y entre individuo y grupo, el contexto socio-dialectológico, la dimensión antropológica y comunitaria. Después de analizar estos temas se introduce lo que es el tema specífico, es decir lo de los apodos familiares y de su función dentro de la comunidad de Mogoro. A través de una investigación sobre el terreno se ha llegado a una colección de acerca 200 apodos familiares, muchos de los cuales estaban ya documentados en una lista de 1963 y otros recogidos con la ayuda de familiares, amigos y paisanos. Una vez creado el corpus de los apodos, la segunda fase del trabajo fue la de remontar al significado (verdadero o supuesto) y a la motivación de cada uno por medio de entrevistas o simples conversaciones con los ancianos del pueblo. De los testimonios de la gente han emergido muchos elementos de interés, incluso el carácter polivalente del apodo, elemento sin duda lingüístico, fuertemente arraigado en un contexto socio-dialectológico preciso, pero también socio-antropológico, expresión de la cultura popular y de las costumbres y tradiciones de una comunidad, desde la organización social hasta el trabajo, desde la manera de expresión hasta los hábitos alimentares. Por último, se puede decir que el apodo representa parte integral de aquel conjunto de esos hechos sociales que forman la cultura, que se refleja en la lengua expresando al mismo tiempo los valores y las normas del grupo que resisten al pasar del tiempo fijándose en la memoria colectiva.

3

4

1 IL SOPRANNOME. CARICATURA LINGUISTICA E PATRIMONIO CULTURALE

1.1 L'ANTROPONIMIA POPOLARE

Fin dai tempi più remoti l'uomo ha sentito il bisogno e l'esigenza di denominare i propri simili. Il nome è fondamentalmente legato all'individuo che lo porta in quanto ne costituisce l'identità, il segno distintivo nel quale egli si riconosce e attraverso il quale si rapporta agli altri. Quando si parla di identità ci si riferisce spesso al nome e al cognome, i due elementi ufficiali che vengono registrati all'anagrafe e che accompagnano un individuo per tutto il corso della propria esistenza. Esiste però un altro elemento che, pur non appartenendo ad alcun contesto burocratico e ufficiale, rappresenta un potente marcatore identitario, forse il più creativo e comunicativo, ovvero il soprannome.L'insieme del sistema soprannominale di una comunità viene chiamato antroponimia popolare e costituisce una sorta di sistema antroponimico parallelo che si sviluppa lungo l'asse della cultura popolare orale. Come vedremo in seguito già in epoca romana e soprattutto in epoca cristiana, per far fronte ai numerosi casi di omonimia, era stato introdotto l’uso del soprannome. Ancora oggi, nei centri cittadini minori, il soprannome è un fenomeno vivo e si può osservare nelle diverse regioni italiane; in Sicilia, ad esempio, questo prende il nome di 'nciùria (ingiuria, offesa) , mentre in Sardegna viene utilizzato il termine paralùmene in logudorese, ma anche paranùmini, paranòmini o la variante campidanese nomìngiu [Caffarelli 2002:129] Spesso un soprannome che nasce come individuale può estendersi alla famiglia e, in questo caso, assumere la funzione di identificare con esattezza il gruppo familiare di appartenenza di un individuo tanto da venire preferito in ambito popolare allo stesso nome e cognome.Nonostante molti soprannomi abbiano conservato una certa trasparenza semantica non è raro che questi ultimi (specialmente quelli di famiglia) perdano col tempo il loro significato diventando così opachi. Solo in alcuni casi è possibile rintracciare l'origine dei soprannomi più antichi tramite i racconti tramandati oralmente dagli anziani, ma ciò risulta impossibile o quanto meno difficile dal momento che la realtà si mescola spesso con credenze e racconti legati all'inventiva popolare.Il fatto che il soprannome sia legato principalmente ad una cultura rurale non significa che

5

non venga utilizzato anche al giorno d'oggi e in diversi ambienti sociali, dalle piccole comunità, agli ambienti scolastici, all'interno di gruppi giovanili, associazioni o gruppi malavitosi. Lo studio degli antroponimi popolari, soprattutto di quelli più antichi, riveste un grande interesse non solo da un punto di vista linguistico, ma anche antropologico in quanto spesso i soprannomi antichi traggono origine da parole ormai in disuso o si riferiscono ad antichi mestieri, oggetti o attrezzi legati alla cultura materiale1 che oggi sono scomparsi o dimenticati. L'antroponimia popolare ha quindi una grande importanza sociale e culturale in quanto attraverso un'attenta analisi del patrimonio soprannominale di un popolo è possibile ricavare conoscenze socio-antropologiche, informazioni sulla società, l'ambiente, l'alimentazione o sui diversi ruoli all'interno della comunità e sugli stereotipi ad essa connessi [Marcato 2009: 95].

1.2 IDENTIFICARE E INDICARE L'ALTRO. ORIGINE, FUNZIONE E CARATTERISTICHE DEL SOPRANNOME L'indicare e l'identificare sono facoltà proprie del soprannome e più in generale di tutti gli elementi che convergono nel fenomeno della nominazione. Attraverso queste due semplici funzioni si realizza la distinzione di un individuo all'interno di una comunità. Il soprannome, in particolare, non solo indica ma è portatore di un gran numero di informazioni riguardanti l'aspetto fisico, caratteristiche morali e avvenimenti particolari legati alla vita di un individuo.Cardona [1976], nel suo nomen omen, fa un quadro generale del nome personale e delle sue funzioni soffermandosi sul soprannome:

“Se il nome viene dato al momento della nascita o in una occasione particolare e sancita ritualmente (ad esempio il battesimo per i cristiani), l'onomastica prevede ancora un altro tipo di nome, il soprannome o nomignolo (ing. nickname, fr. sobriquet ecc.) che viene attribuito dal gruppo all'individuo in modo non formale, in un momento qualsiasi ma, per lo più, con riferimento ad avvenimenti o caratteristiche specifiche.”

Ogni civiltà è dotata di un sistema onomastico proprio che fa riferimento non solo al

1 La cultura materiale è un concetto antropologico che comprende l'insieme di tutti gli aspetti visibili e concreti di una cultura come ad esempio gli utensili della vita quotidiana o delle attività produttive.

6

complesso linguistico della stessa, ma anche a fattori sociali, geografici e di natura storico-culturale. Il fenomeno della soprannominazione è stato riscontrato in molte popolazioni e sembra rappresentare un fattore importante per l'identificazione di un individuo; Cardona [1976:115] riporta un esempio di sistema onomastico islamico composto da sei elementi, tra cui compare il “laquab”, ossia il soprannome, elemento che allude a caratteristiche fisiche o morali o a particolari abilità o cariche. Il soprannome è dunque fenomeno proprio di tutte le civiltà e, come nel caso del nome arabo, non è raro che assuma tratti ufficiali e che diventi un elemento imprescindibile per l'identificazione di un individuo.Il sistema onomastico italiano non prevede invece il soprannome come elemento ufficiale nonostante esistano alcuni casi particolari come quello di Chioggia in cui il soprannome è diventato vero e proprio elemento anagrafico, ereditario e ufficiale [ Marcato, 2009: 97 ]. Come già accennato il sistema onomastico italiano trova le sue origini in quello latino che, già durante l'età repubblicana, prevedeva l'uso di un ulteriore elemento chiamato agnomen o supernomen. L'origine del termine soprannome deriva appunto dal latino supernomen, parola usata per designare un elemento aggiuntivo che completava gli altri tre componenti del sistema onomastico latino, il praenomen (nome individuale), il nomen (gentilizio, segno di appartenenza alla gens) e il cognomen. Oltre all'origine del soprannome, di cui si è brevemente accennato, ciò che interessa particolarmente è il modo in cui questo funziona e agisce all'interno di un contesto linguistico e sociale. Il soprannome è un segno onomastico che merita particolare rilevanza nell'ambito degli studi linguistici in quanto svolge la duplice funzione di identificare un individuo denotandone allo stesso tempo caratteristiche fisiche e morali. Gli studi sul soprannome si sono sviluppati solo di recente e costituiscono un oggetto di particolare interesse non solo da parte di linguisti ma anche di antropologi, sociologi e studiosi di psicologia. A questo proposito Putzu [2000] si è soffermato sul carattere multidisciplinare del fenomeno della soprannominazione dimostrando come tale oggetto di studio non possa e non debba prescindere da un'analisi che includa discipline quali l'etnolinguistica, l' antropologia, la psicolinguistica e la sociolinguistica. Nell'ambito degli studi sul nome proprio è da subito affiorato un problema che è ancora oggi ampiamente discusso: il nome possiede una rilevanza semantica? È portatore di significato o è semplicemente un segno puramente denotativo? De Felice [1987] sottolinea che le diverse opinioni degli studiosi di onomastica devono tener conto di un'analisi cronologica del nome e quindi di uno studio delle diverse situazioni sincroniche e diacroniche e di una successiva analisi semantica. Il nome proprio sembrerebbe dunque

7

possedere una rilevante semantica linguistica che risulta però secondaria rispetto alla sua funzione identificativa, ovvero quella di distinguere le persone. Così De Felice [1987:149]

“Ma più rilevante è nei nomi propri la semantica extralinguistica, la capacità di fornire informazioni spesso preziose, sul piano sia diacronico che sincronico, sull'individuo, sul gruppo familiare, sul luogo denominato con quel segno onomastico (e anche linguistico): informazioni di carattere culturale, sociale, economico, politico, religioso, ideologico e, per toponimi, anche di geografia fisica e antropica.”

Nonostante il soprannome sia un'entità che si realizza a tutti gli effetti in quanto fatto sociale, non bisogna sottovalutarne l'aspetto linguistico. Putzu [2000] sottolinea che il soprannome è irriducibilmente segno linguistico in quanto non solo completa il nome come ausilio per una chiara designazione, ma grazie ad un'effettiva trasparenza semantica è in grado di veicolare informazioni ed esprime quindi quel “legame imprescindibile tra significante e significato” che è alla base del concetto del segno linguistico saussuriano. Questa polivalenza del soprannome in quanto segno linguistico dotato di una semantica propria viene rafforzata dagli studi sul sardo medioevale di Giulio Paulis [1997: 168] che osserva come i soprannomi non svolgano una funzione puramente designativa, essendo questi “semanticamente motivati”, ovvero non convenzionali e non arbitrari. Proprio la non arbitrarietà è la caratteristica che meglio valorizza il soprannome e che lo distingue in primo luogo dal segno linguistico, arbitrario e frutto di convenzioni sociali e in secondo luogo dal cognome: il soprannome è più espressivo e affettivo rispetto al cognome e per questo motivo viene ritenuto dalla gente più “adeguato all'esigenza di riconoscere e riconoscersi in quanto permette un rimando costante dal nome alla persona e dalla persona al nome” [Paulis 1997: 168]. La trasparenza (nel caso in cui essa sia ancora percepibile) è la caratteristica principale che fa dei soprannomi elementi vivi e dinamici all'interno del lessico nella lingua quotidiana; a questo proposito Paulis osserva che:

“In virtù della loro (almeno originaria) trasparenza , i soprannomi constano in gran parte di appellativi usati comunemente come elementi lessicali nella lingua quotidiana. Perciò l'analisi del sistema soprannominale di un idioma, mentre non può andare disgiunta dallo studio del lessico di quel medesimo idioma, può contribuire allo stesso tempo a incrementarne la conoscenza, con particolare riguardo per gli elementi affettivi”.

Carla Marcato osserva che gli antroponimi popolari hanno conservato una certa trasparenza semantica (nonostante alcuni abbiano perso il loro significato originario). Sulla base di queste osservazioni, l'autrice cita Putzu [2000: 27-28] e riporta quelli che sono

8

i tratti e le caratteristiche principali del soprannome:

• la trasparenza semantica;• il fatto di operare l'identificazione anche mediante il riferimento al piano generale e

astratto del significato;• il potenziamento della funzione linguistica della connotazione ;• l'essere un nome “a chiave”, ovvero strettamente legato alle competenze di un

gruppo;• la validità limitata sia nello spazio geolinguistico e sociale che temporale;• la perdita della sua funzionalità fuori dal contesto di appartenenza;• la mancata applicazione alla totalità degli individui; • il carattere effimero.

Partendo da questo discorso, è dunque evidente che lo studio del soprannome non richieda solamente un approccio linguistico, ma debba servirsi anche delle altre discipline per poter essere visto all'interno di un ottica più ampia, non esclusivamente folcloristica.

1.2.1 INDIVIDUALITA' E COLLETTIVITA'. IL SOPRANNOME COME ESPRESSIONE DEL SINGOLO E DEI VALORI CULTURALI DEL GRUPPO.

Per introdurre l'argomento centrale di questo lavoro, ovvero il fenomeno del soprannome di famiglia a Mogoro, occorre prima chiarire quale sia la posizione di un individuo all'interno della società in cui vive. La singolarità di ciascun individuo è infatti fortemente influenzata dal gruppo a cui egli appartiene, che può essere la famiglia ma anche una comunità. Molto spesso il soprannome di famiglia nasce come individuale e si estende poi dal singolo ad un gruppo più ampio, in questo caso un gruppo unito da vincoli parentali. Caffarelli [2002] osserva che i soprannomi individuali costituiscono un sistema antroponimico dinamico, l'unico che sia ancora in movimento e che si evolva di pari passo con la lingua. Il soprannome individuale o “nomignolo” è utilizzato in ambiti ristretti e provvisori e, a differenza del soprannome familiare, scompare con la morte dell'individuo che lo porta. Per capire il funzionamento del soprannome, sia questo individuale o di famiglia, è dunque necessario soffermarsi sulla sua funzione sociale all'interno di una comunità.

9

Lo studio di Françoise Zonabend [1983] sull'uso dei nomi di persona a Minot, un piccolo villaggio francese, ha portato alla raccolta di alcuni dati che confermano l'esistenza di una stretta connessione tra l'identità di un popolo e il suo sistema di denominazione. I dati raccolti dalla Zonabend sono riportati da Lévi Strauss [1996] nel capitolo intitolato “Perché dar nomi?”, quesito che merita una particolare attenzione in quanto rappresenta il fulcro di molteplici studi socio-antropologici sugli elementi che fanno parte del fenomeno della nominazione, soprannomi compresi. La studiosa definisce i soprannomi “luoghi della memoria”:

“I soprannomi costituiscono dunque dei veri e propri luoghi della memoria: una memoria lunga, opaca, quasi mitica per i soprannomi ereditari o collettivi; una memoria corta che fissa la storia recente del gruppo attraverso i suoi membri a mezzo dei soprannomi individuali”

Gli studi della Zonabend sono importanti in quanto sottolineano come il nome proprio sia espressione non solo di precisi valori culturali legati ad una comunità, ma anche della singolarità e identità dell'individuo; partendo da questo presupposto vale la pena soffermarsi su alcuni aspetti del discorso su Minot.Il sistema denominativo utilizzato a Minot è molto simile a quello di molti centri della Sardegna, compreso Mogoro: ogni abitante ha tre nomi, un patronimico (meglio noto come cognome) un nome di battesimo e un soprannome. Il primo, chiamato anche nome di famiglia è in un certo senso attributo di legittimità in quanto il bambino che viene riconosciuto da unione legittima acquisisce il cognome del padre garantendo così' la continuità della linea di discendenza. Il nome di battesimo è invece il nome individuale che viene attribuito al bambino alla nascita e, come nel caso di Minot, costituisce assieme al patronimico un altro elemento che rafforza l'appartenenza al gruppo familiare in quanto viene scelto secondo la regola di trasmissione propria del luogo: i ragazzi di Minot avevano nomi uguali agli uomini della linea di discendenza paterna, mentre le ragazze portavano i nomi delle donne della discendenza materna [Lévi Strauss 1996: 251]. Questo fenomeno, anche se meno diffuso rispetto al passato, è in alcuni casi osservabile anche in Sardegna, dove non è raro che un nuovo nato porti il nome di un nonno o di un parente stretto. Infine il soprannome viene descritto dalla Zonabend come “il nome che si nasconde all'estraneo, a chi viene da fuori, che si trova lì solo come spettatore”. In effetti il soprannome rappresenta l'elemento che più di tutti

10

racchiude le norme e i valori di una comunità, ed è appunto all'interno di essa che realizza la propria funzione sociale. Zonabend [1996: 254] osserva inoltre che il soprannome fa scatenare un vero e proprio “processo di memoria” in quanto al ricordo del soprannome, l'evocazione di famiglie o di individui diventa più “ricca e particolareggiata, più vicina alla vita reale”. Così la studiosa a proposito del soprannome a Minot:

“Pronunziando il soprannome tornano alla memoria i comportamenti degli individui, le abitudini strane delle famiglie e la storia dei rapporti sociali prende un andamento più vivo, spesso umoristico. Il soprannome sembra avere, per prima cosa, la caratteristica di strumento mnemotecnico e di frammento di una vera e propria lingua di gruppo.”

Non è raro che nella maggior parte dei casi gli abitanti della comunità si ricordino il soprannome ma non la spiegazione e l'origine dello stesso. La difficoltà del risalire alla spiegazione originale di un soprannome sta essenzialmente nel fatto che questo, una volta attribuito, si allontana dalla propria etimologia concatenandosi e trasformandosi vicendevolmente. Al contrario di patronimici e nomi di battesimo, la cui scelta spetta al parentado, il soprannome appartiene alla comunità, alla “libera creatività del gruppo sociale che non fa distinzioni tra poveri e ricchi ma mette tutti sullo stesso gradino della scala sociale rendendo allo stesso tempo ciascuno singolare attraverso l'esaltazione di caratteristiche, comportamenti e personalità di ogni individuo”[ Zonabend, 1996: 254]; in sintesi il soprannome stabilisce un ordine egualitario. Per concludere il discorso sul soprannome a Minot, che come già accennato ha parecchio in comune con l'uso del soprannome nella nostra isola, la Zonabend afferma che al giorno d'oggi i soprannomi vanno perdendo terreno, non rappresentano più la lingua della comunità in quanto i gruppi si allargano e i riferimenti e le attività sono spesso al di fuori di questi. Inoltre i soprannomi odierni non sono forti e caricaturali come quelli di una volta, e questo potrebbe essere una conseguenza del miglioramento delle condizioni di vita e di igiene che hanno permesso che diminuissero i “brutti”, quelli che venivano presi in giro perché zoppi, gobbi o storpi. Da qui si potrebbe aprire un altro tipo di discorso, ovvero quello che vede la scomparsa dei soprannomi come sintomo della tendenza all'omologazione tipica delle società odierne in cui le particolarità del singolo messe in rilievo dal soprannome non trovano più ragione d'esistere.Nel contesto della soprannominazione non deve però essere tralasciato un altro

11

fattore importante dell'interazione tra individui, ovvero l'accettazione o meno del soprannome. Un individuo al quale venga attribuito un soprannome può infatti reagire allo stesso attraverso due atteggiamenti: l'accettazione o il rifiuto. Nel primo caso il soprannominato accetta di essere identificato con il nomignolo che gli viene attribuito e, di conseguenza, quel tipo di nominazione entrerà nell'uso comune e verrà utilizzata sistematicamente dalla comunità per far riferimento a tale persona. Nel secondo caso invece, quello in cui si verifica un atteggiamento di rifiuto, vi è un'opposizione del soprannominato che, sentendosi offeso o deriso a causa del proprio nomignolo, non lo accetta.

1.3 TRATTI CARATTERIZZANTI E TIPOLOGIE DI SOPRANNOMI

Prima di analizzare brevemente le caratteristiche e i vari tipi di soprannomi, è bene soffermarsi su un concetto fondamentale che svolge un ruolo di grande importanza all'interno del meccanismo della nominazione., ovvero la motivazione. Un soprannome non nasce casualmente ma è quasi sempre frutto di particolari circostanze che ne costituiscono la motivazione. Tra i diversi studi che mirano ad analizzare la motivazione dei soprannomi, appare particolarmente interessante quello di Lozano Ramírez [1999] che definisce il soprannome “acto de habla motivado”, ossia atto discorsivo motivato. Secondo questa definizione, il soprannome sarebbe un atto di creazione o ricreazione linguistica espressivo e motivato che viene attribuito ad un individuo secondo l'immagine che quest'ultimo evoca nella mente di chi nomina (un oggetto, un animale, un personaggio famoso ecc.).Nella mente del parlante esiste infatti una grande “capacità associativa” che lavora all'interno del meccanismo della nominazione e che risponde sempre ad una particolare motivazione. Come osserva Lozano Ramírez un soprannome non può nascere per caso:

“Seguramente, nadie se escapa de tener un apodo. Ellos no surgen de la nada; siempre tienen una motivación y ésta es la razón que lleva al apodador a descargar en los otros la fuerza emocional que despiertan las características de los sujetos por razones diversas: cariño, amor, odio, ira, maldad, jocosidad, emoción, tristeza, envidia, amistad, enemistad, etc.”

Esiste quindi una motivazione, una ragione per la quale chi attribuisce un soprannome è condizionato da componenti affettive ed emozionali che influenzano il carattere e la natura del soprannome. Nonostante l'antroponimia popolare sia un fenomeno antico le

12

motivazioni e le ragioni che lo generano sono sempre nuove e possono trasformarsi nel tempo in quanto la creatività linguistica del soprannome varia in base alle caratteristiche, alle circostanze, alle condizioni socio-culturali e agli intenti comunicativi degli uomini nelle diverse epoche storiche. Se la motivazione costituisce uno degli elementi più importanti per comprendere il funzionamento del processo di nominazione, un qualsiasi soprannome può anche essere descritto attraverso numerosi altri indici trasversali secondo la tipologia onomastica e semantica, la stilistica, la morfologia e la trasmissibilità. A queste grandi sezioni Caffarelli [2002] affianca altri due gruppi, uno puramente sociolinguistico e l'altro antropologico che concerne la longevità sociale, il contesto d'uso e la sua variabilità secondo la prospettiva diafasica - diastratica - diamesica. Sulla base di quanto detto in precedenza, è necessario partire dal presupposto che una classificazione precisa e schematica delle varie tipologie di soprannomi risulterebbe molto complessa e non del tutto attendibile dato che come afferma De Felice [1987: 161] definire il concetto stesso di soprannome è un' impresa ardua, soprattutto se si prende in considerazione un'analisi diacronica che fa riferimento a situazioni storiche remote e lontane. Inoltre è opportuno precisare che il fenomeno della soprannominazione è strettamente connesso all'insieme di situazioni storiche, contesti geografici e socioculturali propri di un territorio e bisognerebbe per tanto tenere conto delle diverse realtà territoriali.De Felice elenca una serie di tratti caratterizzanti essenziali che costituiscono il punto di partenza per uno studio tipologico (e quindi semantico-referenziale) sul soprannome.Questi tratti caratterizzanti sono essenzialmente (a) la non universalità, ossia la sua esistenza per una ristretta cerchia di individui (al contrario dei nomi e dei cognomi che hanno un carattere universale), (b) la sua validità limitata a un ambiente geografico e sociale ristretto e solidale, (c) la sussistenza e la trasparenza (e quindi la rilevanza semantica2) . Ultimo ma non meno importante , la particolarità delle modalità e dei fini con cui il soprannome viene creato e imposto. Così De Felice:

“Il soprannome, diversamente dal nome e dal cognome, viene creato da un membro qualsiasi, occasionale, della comunità ristretta, e si afferma solo se è da questa accettato (senza o anche contro la volontà del soprannominato). La finalità è non solo individuare e distinguere la persona o il gruppo familiare, ma anche e soprattutto di caratterizzare, ora in modo oggettivo e neutro, più spesso con intento scherzoso, satirico, polemico, spregiativo, offensivo e ingiurioso, determinate qualità, positive e più negative, intellettuali e morali,

2 Facoltà del soprannome di “significare”, ovvero di conservare in certi casi l'elemento lessicale o l'espressione da cui è derivato.

13

tendenze e forme di comportamento, azioni e fatti particolari.”

De Felice individua quindi tre gruppi fondamentali di soprannomi e li classifica in base alla loro funzione semantico-referenziale:

1. soprannomi dati in relazione a caratteristiche fisiche e generali (costruzione corporea complessiva, particolari fisici, tratti morfologici o funzionali precisi); 2. soprannomi dati in relazione a caratteristiche intellettuali, morali, culturali e sociali; 3. soprannomi dati in relazione a forme di comportamento e tendenze abituali o avvenimenti singoli e atti occasionali.

Come osserva De Felice, quest'ultimo gruppo è forse il più produttivo e ricco di espressività e comprende inoltre altre subcategorie tra cui i soprannomi derivati da processi di formazione linguistica; questa categoria di soprannomi si articola in due gruppi: il primo è costituito da soprannomi formati da un unico elemento lessicale (aggettivo, sostantivo, verbo nella forma di imperativo o indicativo presente) mentre il secondo comprende espressioni formate da due elementi nominali (un sostantivo affiancato ad un aggettivo, due sostantivi ecc.). Un' altra classificazione importante che vale la pena citare in questo contesto è quella proposta da Ruffino [1988], che individua due tipologie fondamentali di soprannomi:

A) Soprannomi derivati da processi creativi (scherzosi e irridenti, ingiuriosi, laudativi, affettivi, idiomatici, fonosimbolici, triviali ecc...);

B) Soprannomi derivati dalla motivazione; (etnici, toponimi, derivati da caratteristiche fisiche, particolarità morali e comportamentali, matronimici, patronimici ecc...).

Rohlfs [1984] aveva invece ripartito i soprannomi individuali in 29 categorie in base alla loro derivazione; tra questi compaiono i soprannomi derivati da nomi personali, etnici, geografici, professioni o mestieri, che richiamano l' aspetto fisico, parti del corpo umano, animali (selvatici o domestici), piante e erbe selvatiche, attrezzi domestici e agricoli, fenomeni atmosferici, modi dire e molte altre categorie ancora. Si potrebbe infine considerare un'ultima classificazione meno dettagliata rispetto a quelle analizzate in precedenza, ossia quella che raggruppa i soprannomi in due macrocategorie in base all'aspetto lessicale (nomi di animali, piante ecc.) e grammaticale (forme composte costituite da verbo seguito da nome, nome seguito da un altro nome ecc.).

14

1.4 IL SOPRANNOME DI FAMIGLIA. IDENTITA' E APPARTENENZA AL GRUPPO

Come già accennato, esistono diversi tipi di gruppi fondati sulle relazioni tra individui. Partendo da questo presupposto, si può affermare che la famiglia rappresenti anche essa un gruppo, in quanto costituita da individui uniti da vincoli parentali. Col tempo, i soprannomi individuali possono diventare soprannomi di famiglia e in alcuni casi vengono ereditati e tramandati di padre in figlio, di generazione in generazione entrando a far parte della memoria collettiva di una comunità fino a diventare vero e proprio marcatore identitario e culturale. Caffarelli [2002] nel suo saggio intitolato “L'antroponimia”(vd “I dialetti italiani, storia struttura, uso”) apre in questo modo il discorso sui soprannomi di famiglia:

“Il soprannome di famiglia, definito anche subcognome, è ancor oggi vivissimo nei comuni italiani, in particolare quelli di medie e piccole dimensioni e in quelli che di più hanno preservato sistemi di vita, organizzazioni sociali e valori culturali tradizionali, nonché quelli dove in misura più ridotta si sono verificati fenomeni di immigrazione e rimescolamenti socioculturali. La grandissima parte di questi soprannomi di famiglia appartiene esclusivamente al registro informale, ma in alcuni casi sono stati elevati a quello ufficiale, anagrafico, figurando così come secondi cognomi a tutti gli effetti .”

Caffarelli sottolinea inoltre alcuni fattori di distinzione fondamentali tra i soprannomi di famiglia e quelli individuali. Il soprannome di famiglia si distingue dunque da quello individuale in quanto:a) è ereditario (si tramanda di generazione in generazione seguendo prevalentemente una linea di discendenza maschile3)b) è soggetto a perdere la trasparenza nel giro di poche generazioni (perde la referenzialità) entrando in un processo di cognominalizzazione4

la motivazione del soprannome individuale sparisce con la morte del nominato mentre la

3 Sebbene il fenomeno della soprannominazione sia esteso anche alle donne, quest'ultimo è stato rilevato con una costanza minore rispetto alla presenza del soprannome in individui di sesso maschile. Nel caso del soprannome di famiglia l'ereditarietà si manifesta soprattutto secondo una linea di discendenza maschile. Solitamente è il soprannome del padre che viene ereditato dalla moglie e dai figli e, nei casi di discendenza più longevi, anche dai nipoti.

4 Talvolta il soprannome può “istituzionalizzarsi”, ovvero assumere un carattere ufficiale ed entrare a far parte dell'anagrafe diventando cognome.

15

motivazione del soprannome di famiglia può scomparire nonostante i portatori siano viventi. Lo studioso osserva inoltre che esistono numerosi casi in cui un soprannome può accompagnare un individuo per tutto il corso della sua vita. Nel momento in cui tale nomignolo assume una certa rilevanza può arrivare a indicare il ramo particolare della famiglia a cui il soprannominato appartiene. In questo caso si parla di secondo cognome o subcognome.Il subcognome presenta una forte connotazione dialettale in quanto nella maggior parte dei casi è rimasto immune da processi di italianizzazione o standarizzazione regionale; la maggior parte dei soprannomi di famiglia presenti nelle varie regioni italiane, e come vedremo più avanti anche nel caso specifico di Mogoro, hanno mantenuto la loro forma dialettale sebbene questi, come osserva Caffarelli, siano soggetti a variazioni e oscillazioni grafiche e morfologiche dovute non solo a tentativi di italianizzazione e normalizzazione, ma anche a fenomeni di rietimologizzazione. A questo punto è opportuno introdurre il concetto di rietimologizzazione in quanto molti soprannomi col tempo hanno perso la propria derivazione e in alcuni casi questa è stata addirittura modificata. Un aspetto molto importane che riguarda questo processo è quello messo in evidenza da Pitt-Rivers5 [1954], il quale osserva che nel caso in cui le circostanze che diedero origine ad un soprannome venissero dimenticate, la gente tenderebbe ad “improvvisare una storia plausibile inventandola di sana pianta”; questa nuova etimologizzazione col tempo verrà radicata nella memoria collettiva e in questo modo verrà data per veritiera, mentre la vera origine del soprannome andrà conseguentemente persa. Il fenomeno della rietimologizzazione è una delle cause per le quali risalire all'etimologia di un soprannome, specie se è molto antico, è un'impresa molto complessa se non impossibile.Se come affermato in precedenza uno studio etimologico del soprannome potrebbe risultare molto difficile, è invece possibile delineare quelli che sono i tratti socio-linguistici ed etno-antropologici della funzione del soprannome. Abbiamo già accennato al fatto che l'individualità è tale nel momento in cui questa viene inserita e rapportata all'interno di una dimensione più ampia, ovvero quella del sociale, della comunità. Partendo da questo presupposto è importante ribadire che il soprannome in quanto fatto individuale esiste solo se si considerano molti elementi, primo tra tutti la contestualizzazione di un dato individuo o gruppo familiare all'interno dell'organizzazione sociale di cui fa parte.

Quanto osservato da Pitt-Rivers nel piccolo centro andaluso è riconducibile alla realtà socio-culturale sarda e trova un reale riscontro se paragonato alla funzione del soprannome di famiglia all'interno di una piccola comunità quale quella mogorese. Pitt-

5 Julien Pitt-Rivers (1954) affronta il problema del soprannome ad Alcalà della Sierra, in Andalusia, secondo una prospettiva socio-funzionale.

16

Rivers definisce il soprannome come “espressione della moralità del pueblo”: lo studioso afferma che nelle comunità che conservano una organizzazione sociale semplice, le norme giuridico-morali (che per altro sono espresse dai soprannomi) vengono trasmesse a memoria dagli anziani della comunità. Per tanto si può dedurre che deve necessariamente esistere una stretta connessione tra soprannome e cultura orale, che è espressione fondamentale del dialetto. In questo modo si ha una sorta di pratica sociale del soprannome che contraddistingue la cultura orale propria del pueblo contrapponendosi alla formalità dello Stato e delle classi superiori. È interessante notare come l'uso e la funzione del soprannome ad Alcalà della Sierra sia per certi aspetti analogo a quello di alcuni piccoli centri sardi, nei quali ci si conosce sostanzialmente per nome e per soprannome, mentre il cognome passa in secondo piano poiché connesso con l'apparato legislativo e burocratico, e quindi formale.

Da un punto di vista socio-funzionale il soprannome di famiglia rappresenta inoltre un fenomeno di leadership all'interno di un gruppo in quanto nella maggior parte dei casi questo deriva dal soprannome individuale del membro gerarchicamente più importante, il capofamiglia. Carlo Severi [1979 e 1980] ha osservato l'uso del soprannome di famiglia a Frassinoro, in Emilia e ciò che ha dedotto dai suoi studi sembra rispecchiare il quadro socio-antropologico riguardante l'uso del soprannome nelle famiglie sarde: a Frassinoro i cognomi vengono spesso rimpiazzati dai soprannomi e questi ultimi costituiscono un vero e proprio sistema di informazione che serve a fissare nella memoria collettiva fatti caratteristici che entreranno a far parte della cultura orale di una comunità. Nel momento in cui un soprannome diventa ereditario, come nel caso del soprannome di famiglia tramandato per diverse generazioni, questo è in grado di svolgere due funzioni fondamentali: 1 legare l'individuo al gruppo e creare una continuità con il clan di appartenenza; 2 trasmettere al gruppo in modo indiretto le caratteristiche del nominato.Considerando quanto detto fin ora, si può affermare che oltre all'anagrafe ufficiale, quella costituita dai nomi di battesimo e cognomi, ne esiste un'altra detta “vernacolare” che raramente emerge al di fuori della cultura orale. L' uso combinato del prenome e del soprannome di famiglia permette di individuare con precisione ogni individuo all'interno della comunità e risulta di conseguenza un metodo efficace per identificare la persona designata laddove si presentino casi di omonimia. Massimo Angelini [1997 vd. “Rivista italiana di onomastica”] ha sottolineato come il fenomeno costituito dall'anagrafe vernacolare sia riconducibile all'esistenza di due differenti forme di nominazione:

“Il tema dei soprannomi introduce, dunque, una lettura della società locale basata sulla

17

coesistenza di due forme di nominazione fra le quali è raro cogliere punti d'incontro : da una parte si trova un sistema di norme scritte, tradotto in una letteratura di atti burocratici, dove le persone vengono individuate attraverso un ordine anagrafico rigido e all'interno di un territorio delimitato da confini tracciati sulle carte; dall'altra un mondo di pratiche e consuetudini trasmesse per tradizione orale, dove le persone si riconoscono attraverso una modalità flessibile, all'interno di un territorio la cui forma è definita da alleanze, conflitti e transazioni...”

La diffusione odierna del soprannome di famiglia, come specifica Angelini è ad oggi poco documentata in quanto non è recuperabile attraverso fonti scritte e ciò fa sì che la bibliografia riguardante l'argomento sia parecchio frammentaria.

1.5 IL CONTESTO SOCIO-DIALETTOLOGICO. FUNZIONE DEL SOPRANNOME NELLE COMUNITA' RURALI E PREINDUSTRIALI

In questo paragrafo si cercherà di chiarire quale sia la posizione e la funzione del soprannome in relazione al contesto storico, culturale e sociale in cui quest'ultimo è radicato. Più nello specifico si parlerà del soprannome nelle società rurali e preindustriali in quanto i piccoli centri della Sardegna tra cui Mogoro hanno conservato tratti culturali tradizionali e situazioni linguistiche strettamente connesse alle particolarità dialettali. Nel suo saggio “Note di onomastica sarda: soprannomi e etimologia” Paulis [1996] introduce il discorso sull'origine di alcuni soprannomi sardi ricordando l'enorme importanza del lavoro di Wagner che, durante la sua sessantennale attività di ricerca in Sardegna, ha contribuito a fare del sardo una delle lingue più investigate da un punto di vista etimologico. Gli studi sul patrimonio soprannominale sardo, uno dei più ricchi e vivaci, hanno contribuito in maniera consistente a fornire informazioni importanti per le ricerche lessicali ed etimologiche. Un altro filone di ricerca fondamentale è quello che vede il soprannome all'interno del quadro delle relazioni sociali che si inseriscono all'interno del contesto socio-dialettologico del sardo. Jesùs Ramirez Martinez ha condotto uno studio sull'uso sociale del soprannome nelle società rurali spagnole e il suo lavoro trova un riscontro interessante se rapportato ai paesi della Sardegna in cui il carattere rurale e agro-pastorale è ancora forte e radicato nella cultura popolare. Nonostante nelle comunità occidentali si sia sviluppato un tipo di modello sociale “individuale” a causa della mancanza di relazioni strette tra individui e della tecnologizzazione della comunicazione, molti piccoli centri della Sardegna hanno conservato un carattere comunitario, fondato

18

sulle norme del gruppo e sulle relazioni sociali tra gli abitanti. Nella rivista Sociedad y discurso Ramírez [2011:49-71] definisce il soprannome “fenomeno di “economia linguistica”:

“Los apodos o motes son vocabolos que constituyen una unidad de discurso altamente económico desde la perspectiva lingüistica. Sintetiza una gran cantidad de información, de intenciones comunicativas y de actitudes convivenciales que son comprendidas, sobre todo,por los usarios frecuentes de los mismos, como es el caso de las personas del ámbito rural que mantienen relaciones de convivencia muy estrechas.”

Le società rurali, come spiega Ramírez, hanno conservato una “tendenza alla limitazione”, una sorta di austerità che viene applicata a tutti i campi della vita compreso quello riguardante il modo di comunicare ed esprimersi. Ne consegue che le interazioni discorsive tra individui sono caratterizzate dalla sintesi linguistica e conservano una forte connotazione referenziale, appellativa e sociale; i soprannomi fanno parte di questo fenomeno di economia linguistica in quanto sintetizzano attraverso un' unica espressione o sintagma numerose informazioni di carattere linguistico, sociale e culturale. Secondo Ramírez i soprannomi sono quindi atti discorsivi di carattere popolare e colloquiale e rappresentano un fenomeno che risponde a cause ed esigenze diverse. A questo punto è importante stabilire che tipo di relazioni si innescano tra individui appartenenti ad una comunità di tipo rurale: le interazioni tra gli abitanti dei piccoli centri sono spesso caratterizzate da relazioni di stretta vicinanza (per esempio la continua condivisione di spazi pubblici comuni) che fa sì che gli individui vivano una costante situazione di condivisione. Nonostante il mantenimento di tratti conservativi e tradizionali le piccole comunità subiscono in maniera radicale gli effetti del fenomeno inarrestabile della globalizzazione come gli spostamenti demografici, l'introduzione di modi di vivere tipici delle zone urbane e l'avvento della comunicazione telematica. I cambiamenti, frutto dell'influenza degli ambiti urbani, si manifestano di conseguenza anche all'interno di situazioni comunicative che riguardano l'interazione tra individui; come fa notare Ramírez le conseguenze di queste trasformazioni sono visibili e facilmente osservabili: si saluta di meno, si conversa poco e si utilizzano sempre meno i soprannomi in quanto informali, espressione di una dimensione comunitaria intima che va perdendosi col passare del tempo. Ramírez sottolinea quindi come in un paese vi siano relazioni di grande vicinanza e fratellanza tra gli abitanti, che si rapportano gli uni agli altri spesso attraverso un registro informale, tipicamente popolare:

19

“La vida en las sociedades rurales se caracterizan por una relación intensa y permanente en espacios comunes y tiempos compartidos, y los modos de comunicación se caracterizan por los discursos coloquiales más apropiados para el tipo de convivencia de proximidad y gran hermandad. Hay que tener en cuenta que, en los pueblos, especialmente si son pequeños y muy rurales, las personas se ven prácticamente todos los días en situaciones comunicativas similares: la calle, los establecimientos públicos sean administrativos o de servicios y ocio, los ámbitos de trabajo y laboreo, entre otros.”

Per sintetizzare il discorso di Ramirez, si può dunque affermare che l'uso del soprannome nelle comunità rurali sia tipicamente sociale in quanto (a) è appellativo popolare comune,

(b) è il principale elemento identificativo, (c) è un segno che denota l'identità familiare.Talvolta il soprannome genera ed esprime legami di confidenza, complicità e familiarità che sono tipici di piccole comunità in cui tutti gli individui si conoscono e interagiscono. Una volta creato e attribuito il soprannome, questo deve essere accettato non solo da chi lo porta, ma anche dal resto del gruppo e ciò dipende in gran parte da fattori quali il grado di confidenza, emotività e complicità di chi prende parte al processo di soprannominzione. Un altro elemento interessante che viene messo in rilievo da Ramirez a proposito dell'aspetto sociale del soprannome è il fatto che questo si mantenga in vigore e persista maggiormente nel tempo nel caso in cui venga rifiutato dal nominato; in altre parole quanto il soprannominato reagisce in maniera negativa al soprannome che gli viene imposto, più questo è destinato a durare nel tempo in quanto la comunità tende automaticamente a registrarlo come elemento identificativo principale della persona che lo rifiuta. Vi è dunque una certa complicità collettiva che mira a rinforzare l'uso di un soprannome con connotazione negativa che, invece che scomparire, si consolida e diviene motivo di derisione del soprannominato da parte della comunità. [Ramirez 2011:63] Oltre alla funzione sintetica del soprannome, lo studioso ne identifica una seconda non meno importante, quella pragmatica. Da un punto di vista pragmatico, il soprannome è un elemento che permette di risalire al contesto relazionale tra individui, ovvero ad una serie di informazioni circa il grado di vicinanza sociale o affettiva che varia a seconda di chi utilizza un soprannome, a chi lo si attribuisce, con quale intenzione, in che circostanze e in quale situazione comunicativa. Ramírez sostiene inoltre che il soprannome è un oggetto di studio interessante anche da un punto di vista estetico-creativo e questo aspetto non va sottovalutato né posto in secondo piano. In quasi tutte le comunità non è raro trovare persone dotate di grande abilità nel creare soprannomi grazie ad una capacità intuitiva volta a captare le particolarità dell'altro, siano queste attitudinali, fisiche o di comportamento. Lo studioso conclude infine il suo discorso sugli antroponimi popolari

20

nelle società rurali attraverso le seguenti considerazioni fondamentali:

• “Los apodos son universales y de carácter inmemorial, aunque su uso está en consonancia con el del mundo rural.

• Predomina en ellos la función identificadora como prioritaria, así como la apelativa y la de de constituir lazos convivenciales en las sociedades que los generan y usan.

• Aparecen en todos los círculos sociales de cercanía.• Constituyen un discurso de una gran economía de lenguaje.• A pesar de usarse menos en los ámbitos sociales urbanos, en los cercanos siguen teniendo vigencia y pervivencia.• Son unos vocablos de una gran rentabilidad en el campo de las ciencias sociales, la educación y en las investigaciones científicas lingüísticas y sociolingüísticas.• Su uso también va experimentando cambios, en sintonía con los producidos en las sociedades rurales tan influenciadas por las forma de vida urbanas.”

Si può dunque concludere affermando che il soprannome costituisce una forma di nominazione diversa, poiché indica e allo stesso tempo descrive colui che lo porta conferendogli un valore positivo o negativo. Secondo Ramírez infine i soprannomi utilizzati in contesti sociali rurali (a) realizzano una funzione appellativa, distintiva e sociale, (b) costituiscono un fenomeno duraturo nel tempo poiché entrano a far parte della memoria collettiva e accompagnano il soprannominato per tutta la vita, (c) possono essere trasmessi per via ereditaria alla famiglia del soprannominato o ad alcuni membri della stessa, (d) sono soggetti ad un processo di continua desemantizzazione6.

6 La desemantizzazione è il processo che permette ad una parola o un'espressione di perdere o attenuare il proprio significato originario e di acquisirne uno più vago e indefinito o assumere una funzione grammaticale.

21

1.5.1 LA DIMENSIONE COMUNITARIA E LE DINAMCHE DEL GRUPPO

Sulla base di quanto detto in precedenza si può facilmente dedurre che il soprannome sia quindi un fenomeno che possiede una natura collettiva che trova realizzazione nella dimensione sociale. Uno studio serio e meticoloso del fenomeno della soprannominazione non può infatti prescindere da un'analisi sociologica che è essenziale per capire le dinamiche sociali all'interno di un gruppo.Benson [1977] parla di “nominazione7” come realizzazione di un atto sociale: secondo Benson il sociale è momento strutturante della nominazione in quanto questa si afferma e diventa tale all'interno di esso. Non a caso si ha un nome solamente nella condizione in cui quest'ultimo venga socialmente accettato, e di conseguenza acquisisca una certa continuità nell'uso.Come già specificato, il soprannome quale strumento di controllo sociale8 è dunque in grado di condizionare la vita dell'individuo che lo porta sulla base di due meccanismi fondamentali: il giudizio e la percezione personale. Come osserva Putzu [2000:202] un soprannome con connotazione negativa rappresenta un fattore fortemente condizionante, nonché generatore di pregiudizi da parte di chi ha a che fare con il soprannominato. Se un soprannome negativo è in grado di creare pregiudizi e di influenzare il comportamento degli altri individui appartenenti alla comunità, quest'ultima a sua volta ha il potere di condizionare il soprannominato e la percezione che egli ha di sé stesso; detto in altre parole, l'individuo in quanto parte del gruppo è portato ad accettare il giudizio di quest'ultimo, dimostrando di riconoscere i valori e le norme della collettività come assolute. Secondo Putzu il problema dell'accettazione del soprannome è strettamente collegato alla valutazione che un individuo ha di sé stesso; non a caso il sé altro non è che il prodotto dell'interazione sociale: da un lato esiste il concetto e la valutazione che si ha di sé stessi, dall'altro il sé in quanto prodotto dei giudizi della società. Un altro fattore fondamentale per capire il meccanismo e il funzionamento del soprannome in quanto fatto sociale è il riso: oltre alla funzione di controllo sociale, il soprannome può rappresentare una manifestazione di aggressività che non si manifesta direttamente, ma attraverso l'ironia e la presa in giro. Il riso è dunque a tutti gli effetti “fenomenologia del comportamento sociale che si realizza attraverso due funzioni comunicative principali rivolte nel primo caso a colui di cui si ride (derisione di individui considerati goffi e

7 Il fenomeno della nominazione è inteso come atto del nominare, imposizione del nome. 8 Il controllo sociale è l' insieme degli influssi e delle pressioni che s'instaurano per l'esistenza dei rapporti tra gli uomini riuniti in gruppo, e che mirano a eliminare alcuni atteggiamenti individuali e a promuoverne altri.

22

inadeguati) e nel secondo caso a coloro coi quali o davanti ai quali si ride” [Putzu 2000: 238]. Inoltre il soprannome non solo mira a “correggere le devianze” di individui non conformi al gruppo attraverso il controllo sociale, ma nel caso in cui un soprannome abbia una funzione di derisione non è raro che il comportamento sociale degli individui che deridono sia mirato alla svalutazione del soprannominato attraverso il danneggiamento del suo status e della sua reputazione. Non tutti i soprannomi hanno però una funzione negativa: alcuni svolgono un'importante funzione di socializzazione attraverso l'integrazione di un individuo in un dato gruppo; in questo caso il nomignolo appare un tratto distintivo grazie al quale ci si può sentire parte della collettività.Il concetto della nominazione come fatto sociale è dunque utile per comprendere i meccanismi che portano alla creazione e alla successiva normalizzazione del soprannome in un contesto socio-culturale quale quello dei piccoli centri urbani come Mogoro. Il soprannome ha effettivamente un “carattere intimo”, dettato da un preciso contesto socio-dialettologico che rappresenta il punto di partenza per l'analisi del fenomeno [Putzu, 2000:27]. Proprio in questi contesti socio-culturali “intimi”, in cui si innescano più facilmente meccanismi connessi al controllo sociale (leadership, consenso e pettegolezzo) il fenomeno della soprannominazione è più forte e radicato. A questo punto è opportuno introdurre un concetto fondamentale, ovvero quello della teoria della rete sociale (social network) che è utilizzato come base per gli studi interculturali sociologici e antropologici.Putzu [2000] specifica che la teoria della rete sociale è il punto di partenza per comprendere qualsiasi fenomeno che trovi realizzazione nell'ambito della collettività e, di conseguenza, può essere applicata anche allo studio del soprannome. Il social network può essere definito come un reticolato di relazioni sociali che legano gli individui gli uni agli altri; tanto quanto queste relazioni saranno strette, più una rete sociale sarà fitta e di conseguenza la comunicazione e l'interazione tra gli stessi sarà densa. Questo discorso è riconducibile al fatto che le reti sociali di individui dotati di basso status e scarsa mobilità sociale mantengono dei tratti conservativi e ciò spiegherebbe perché la presenza di antroponimi popolari sia più frequente all'interno di gruppi coesi in cui prevalgono registri informali e dialettali. [Putzu 2000: 70]Il concetto di rete sociale ci introduce quindi all'analisi della soprannominazione come fenomeno socio-culturale basato sull'interazione tra individui. Come specificato da Goffman [1964] l'interazione tra individui va sempre contestualizzata, ovvero osservata tenendo conto dell'ambiente in cui questi sono inseriti. Questa tesi viene rafforzata da Putzu [2000:66] , il quale osserva che un singolo atto linguistico è necessariamente determinato dalle norme culturali esistenti in un dato ambiente. Per quanto riguarda lo studio dei soprannomi in Sardegna è interessante il lavoro di

23

ricerca di Paulis [1997] in quanto fa emergere un quadro generale dell'uso dei soprannomi all'interno del contesto linguistico e sociale dei paesi della Sardegna medioevale, dove le persone venivano riconosciute e indicate più facilmente attraverso il soprannome. Questa tendenza è ancora oggi viva in molti paesi dell'isola e sembra rispondere alle stesse esigenze di carattere storico, psicologico e sociale che stavano alla base delle cause dell'origine della grande diffusione del soprannome in Sardegna. Come osserva Paulis [1997: 167] il soprannome assolveva la funzione di sostituire il nome e il cognome in quanto in seguito all'aumento demografico e alla conseguente moltiplicazione dei cognomi, il binomio prenome-cognome non era più in grado di distinguere sufficientemente gli individui. Si prenda poi in considerazione un altro fattore che ha contribuito alla diffusione del soprannome in Sardegna, ossia un fattore di matrice strettamente tradizionale e culturale legato alla scelta del nome di battesimo nei piccoli centri sardi in cui vive ancora l'usanza di tramandare di generazione in generazione i nomi personali o di attribuire ai nuovi nati il nome del Santo Patrono del paese; ne è un esempio calzante la grande diffusione a Mogoro del nome Bernardino/a - nelle sue varianti Dino/a, Nardo/a Bernardo/o - che veniva scelto in onore del Patrono del paese, San Bernardino da Siena. Tutti questi fattori hanno portato ad una grande diffusone di casi di omonimia anche a causa della scarsità dei cognomi (non è raro che lo stesso cognome indichi diversi rami familiari). Infine si potrebbe affermare che il soprannome è a tutti gli effetti atto di socializzazione [Paulis 1997: 167] volto ad “integrare il singolo nella comunità in cui vive classificandolo nel contesto della collettività attraverso una funzione di critica sociale che da voce alla coscienza collettiva della comunità” informando allo stesso tempo sui valori e le memorie del gruppo. Pertanto diventa obbligatoriamente imprescindibile citare l'importanza socio-antropologica del soprannome che, come afferma Paulis, acquisisce la funzione di strumento mnemotecnico9 dotato di una propria semantica extra-linguistica dalla quale si possono ricavare informazioni sulle propensioni ideologico-culturali, le credenze religiose, la classe sociale, la famiglia e l'area geografica di provenienza delle persone denominate.

9 Uno strumento mnemotecnico è un'entità che induce e facilita il ricordo. Il soprannome funziona quindi da entità mnemotecnica in quanto veicola storie, racconti e ricordi racchiusi nella memoria collettiva di un popolo.

24

2 SOPRANNOMI DI FAMIGLIA A MOGORO

In questo secondo capitolo verrà affrontato più nello specifico il tema dei soprannomi di famiglia a Mogoro. Attraverso una breve presentazione del profilo storico-geografico del paese si cercherà di dare un'immagine del quadro socio-culturale nel quale si inserisce il fenomeno della soprannominazione all'interno della comunità. La comunità mogorese rispecchia quell'insieme di condizioni storiche e socio-culturali tipiche delle società rurali e agropastorali che si inseriscono in un circuito sociale a “rete stretta”. Questo fitto reticolato di relazioni interpersonali genera una interazione continua tra gli abitanti del paese che, al contrario di quanto avviene nelle grandi città, continuano a conservare la cultura del “condividere”, ovvero quella dimensione comunitaria tipica dei piccoli centri in cui il soprannome diventa quasi un elemento di condivisione, una prerogativa che caratterizza fortemente chi fa parte della comunità e che, allo stesso tempo, genera una distinzione fondamentale tra individui e famiglie. Dalle interviste effettuate ad alcuni compaesani è emerso un elemento particolarmente interessante che si riallaccia al discordo sull'accettazione del soprannome (vd. 1.2.1): secondo la maggior parte delle persone intervistate pare che a Mogoro sia normale sentirsi nominare col proprio soprannome, e molti hanno voluto ribadire questo fatto di loro spontanea volontà. Se un soprannome appare però particolarmente ingiurioso e offensivo, esistono dei casi in cui si tende a nasconderlo e a non utilizzarlo in presenza dell'interessato in quanto appunto potrebbe suscitare fastidio da parte dello stesso. I casi in cui vi è la non accettazione di un soprannome sono però quasi sempre riconducibili a casi individuali, mentre per quanto riguarda i soprannomi di famiglia il discorso si fa più ampio. In linea di massima, se si chiede ad un mogorese in che modo egli reagisca al proprio soprannome, ci si sentirà dire che non c'è motivo di arrabbiarsi (nei casi in cui un soprannome non sia particolarmente ingiurioso) perché tanto “ u ' inti” -lo sanno, si sa -. Questa espressione racchiude in séɖɖ ʃʃ una riflessione importante in quanto è espressione dell' accettazione del soprannome come parte integrante della vita della comunità. L'uso del soprannome di famiglia a Mogoro non sarebbe dunque un fatto limitato solamente ad un uso “segreto”, di cui non si deve far parola con il diretto interessato, ma è un atteggiamento reciproco e condiviso. Vi è dunque tra gli abitanti del paese una tacita accettazione del proprio soprannome che, nella maggior parte dei casi, non risulta offensivo o segno di derisione e anzi, viene considerato un elemento utile e funzionale quando si vuol far capire all'interlocutore di chi si sta parlando. In conclusione si può affermare che ci troviamo di fronte ad un fenomeno che richiama fortemente l'identità della comunità e che vale la pena approfondire non solo da

25

un punto di vista funzionale alla lingua, data la straordinaria creatività linguistica di alcuni soprannomi, ma anche e soprattutto da una prospettiva antropologica e sociale legata alle radici della cultura popolare.

2.1 IL PAESE. BREVE PROFILO GEOGRAFICO E STORICO

Mogoro è situato nel settore centro-occidentale dell'isola ed è l'ultimo paese all'estremità meridionale della provincia di Oristano. Vi sono diverse teorie, talvolta contrastanti, sull'origine del toponimo Mogoro: secondo alcuni studiosi, questo sarebbe riconducibile al basco “mokòr” e allo spagnolo “mogòte” che significano entrambi altipiano, cima collinare. Giovanni Spano, il noto linguista e docente universitario vissuto nel 1800, ha invece ipotizzato che la radice del toponimio potesse avere origine dal fenicio “makor” ovvero fonte; esistono infatti a Mogoro due rioni denominati S'Arrochibi e Funtanedda dove erano presenti due sorgenti d'acqua. Appartiene invece a Blasco Ferrer l'ipotesi che il termine Mogoro abbia avuto origine dal catalano antico “mùgoro” e dal minorchino “mugarò”, ovvero punta di mammella, denominazione dovuta alla forma dolce e arrotondata delle colline che si innalzano attorno all'abitato. Il paese sorge a 153 m.s.l.m. su un altopiano denominto “Sa Struvina”, ma sono presenti su tutta l'area alcuni piccoli rilievi che s'innalzano oltre i 200 m.s.l.m. La superficie sulla quale si estende il paese è delimitata a nord dal Monte Arci e a sud dalla valle del Rio Mogoro, uno dei principali corsi d'acqua presenti nel territorio che, percorrendo buona parte dell'area campidanese, sfocia nello stagno di San Giovanni. Di recente il parco geominerario denominato “Area 1 Monte Arci”, nel quale è inserito il paese, è stato riconosciuto dall'U.N.E.S.C.O. e costituisce un patrimonio storico ed ambientale di grande importanza. La fertilità delle terre, la ricchezza di materie prime come l'ossidiana e la posizione centrale hanno fatto sì che fin dall'antichità ci fosse una costante presenza dell'uomo nei territori dove oggi sorge il paese e nelle aree limitrofe. I primi insediamenti umani risalgono all'età pre-nuragica: il villaggio di Puisteris, risalente al neolitico medio e abitato fino al III millennio a.C. D da uomini della cultura di Ozieri, ne è un'importante testimonianza. Puisteris costituiva uno dei principali centri di lavorazione dell'ossidiana, pietra di origine vulcanica che veniva reperita nelle cave basaltiche del Monte Arci, che veniva utilizzata per fabbricare utensili e armi. Tra gli insediamenti nuragici principali spiccano invece Su Guventu, Arrubiu, Arratzu, Nieddu e Cuccurada, importante complesso pre-protostorico di grande importanza storico-culturale. Il paese conta oggi 4.358 abitanti circa e risulta essere il più popoloso della Marmilla. Secondo la tabella di rivelazione della popolazione residente a Mogoro del 31.12.2012 si è

26

registrato un calo di circa 0,64% in un anno e un decremento della popolazione negli ultimi cinque anni pari a 227 abitanti . Nonostante i gravi problemi che affliggono i piccoli centri sardi, come lo spopolamento e la mancanza di risorse economiche, Mogoro può vantare una fiorente attività dell'artigianato artistico tessile e del legno, che costituiscono una delle principali fonti di reddito della comunità assieme alle attività vitivinicole e commerciali. Mogoro è inoltre l'unico paese in Sardegna in cui vengono ancora utilizzati i telai a mano per la produzione industriale; la cooperativa tessile “Su Trobasciu”, nata nel 1978 e costituita unicamente da donne, continua a tramandare la tradizione del tappeto e dell'arazzo mogorese, che è oggi un prodotto ricercato e di grande qualità artistica. Il paese si caratterizza inoltre per la grande produzione di vini e per la presenza della Cantina Sociale “Il Nuraghe”, nata nel 1956 per opera di un piccolo gruppo di viticoltori. Mogoro soppravvive ancora oggi grazie ad un'economia basata principalmente sul settore agricolo e sulla pastorizia, ma si sta cercando di incrementare il settore turistico attraverso la valorizzazione e la promozione di aree archeologiche di grande importanza come il complesso nuragico di Cuccurada, ma anche attraverso altre attrattive legate alle particolarità storiche e ambientali.

2.1.1 CENNI STORICI

PREISTORIA, ETA' PUNICA E ROMANA La storia di Mogoro, così come quella dei paesi limitrofi fu caratterizzata dal passaggio di diverse civiltà che hanno lasciato tracce della loro cultura. Ripercorrendo brevemente gli avvenimenti storici più importanti si può facilmente comprendere come il territorio sul quale sorge il paese fosse una meta ambita per le popolazioni che cercavano di dominare l'isola. Non a caso la posizione centrale e sopraelevata di Mogoro costituiva un punto strategico dal quale era possibile dominare tutto il Campidano. Già in età nuragica le numerose incursioni dei popoli che giungevano dal mare contribuirono a lasciare delle tracce importanti sia dal punto di vista culturale, attraverso influenze linguistiche e religiose, sia dal punto di vista amministrativo. Tra il IX e il III secolo a.C. la parte meridionale dell'isola si trovava sotto l'influenza dei Fenici e in seguito dei Cartaginesi, i quali hanno lasciato numerose tracce del loro passaggio su tutta l'area campestre mogorese, dove sono state ritrovate tombe, cocci di vasellame e addirittura una stele funeraria. In seguito alle guerre puniche gli stessi territori passarono poi sotto la dominazione romana, di cui si trovano ancora oggi alcune importanti testimonianze come i resti del ponte romano sul Rio Mogoro.

27

ETA' MEDIOEVALE In età medioevale, durante il periodo della dominazione spagnola, Mogoro faceva parte della provincia di Isili del Giudicato D'Arborea e costituiva il capoluogo del dipartimento Part'e Montis, facente capo al Marchesato di Oristano. Nel 1355, in seguito alla pace tra Aragona e Arborea, il capoluogo inviò propri rappresentanti alle “Cortes”, il primo parlamento che fu convocato a Cagliari da Pietro IV d’Aragona. Successivamente il sovrano aragonese concesse il paese e le zone limitrofe a Francesco di San Clemente come feudo. Agli inizi del XVI secolo Mogoro accolse i profughi di Bonorcili, antico villaggio che fu raso al suolo da un assalto piratesco dei Saraceni tra il 1510 e il 1527. In sintesi si può affermare che tra il 1300 e il 1600, Mogoro passò come possedimento feudale sotto la giurisdizione di diverse casate nobili tra cui si ricordano i Sanjust. Secondo alcuni documenti feudali Geronimo Sanjust Castellvi sarebbe stato “signore di Mogoro e Cracaxia” e proprietario della fantomatica villa Mogoro, che si dice fosse stata per qualche tempo residenza di Eleonora D'Arborea. Secondo alcuni storici villa Mogoro, che si troverebbe nei pressi dello stagno di Santa Gilla, corrisponderebbe invece proprio al paese di Mogoro. Nel 1603 il feudo divenne proprietà dei conti di Quirra e in seguito, dopo la caduta del Marchesato di Oristano, passò sotto la giurisdizione dei Carroz e, successivamente, ai Centelles e agli Osorio della Cueva.

IL 1800 Sul periodo che va dal 1800 ai primi anni del '900, si hanno parecchie testimonianze riportate da diversi libri che documentano la vita economica, religiosa e sociale del paese. Il dizionario geografico-storico-statistico-commerciale Angius/Casalis [1856] curato dell'abate torinese Goffredo Casalis e da padre Vittorio Angius contiene numerose informazioni sulla Sardegna dell'800 raccolte durante il viaggio del prete cagliaritano attraverso tutti i paesi della Sardegna. L'opera di Casalis e Angius ha un grande valore storco e culturale in quanto riporta in modo meticoloso gli usi, i costumi e la lingua parlata in ciascun centro. Il dizionario comprende anche il paese di Mogoro, del quale l'abate torinese descrive le usanze, l'economia, la vita religiosa e sociale. Casalis scrive così della popolazione mogorese degli anni venti dell'ottocento:

“Popolazione . Nell’anno 1840 erano in Mogoro famiglie 510, e anime 2160, distinte in maggiori maschi 735, femmine 740, e minori maschi 330, e femmine 355. L’ordinario numero de’ matrimonii è 25, la cifra delle nascite 110, e quella delle morti 60. Sono rari, la cui vita trascenda gli anni 80.

Una malattia molto frequente tra’ mogoresi è l’ernia, e pare cagionata dallo sforzo che debbono fare nel trasporto di pesi enormi sulle spalle alle terre lontane dove lavorano per vie scoscese e sassose. Essi patiscono in queste fatiche proprie de’ muli, sentono le triste conseguenze, e non per tanto ricusano di andar a stare sul fondo, ed ivi con più

28

forze attendere a’ lavori. Attendono alle cose sanitarie un chirurgo, due flebotomi, e vi è stabilito un farmacista.

La professione principale è l’agricoltura; quindi in piccol numero gli applicati alla pastorizia ed a’ mestieri. Le donne lavorano in 300 telai il lino, e in altrettanti la lana. Le famiglie possidenti non pajon meno di 470. Generalmente vivesi in certa agiatezza. La sola istituzione di beneficenza produce un’annua somma di lire nuove 150 per doti a fanciulle povere.Alla scuola primaria concorrono circa 30 fanciulli, i quali contro il disposto senza aver fatto l’intero corso passano allo studio della grammatica latina.”

IL '900 Altre testimonianze sulla storia del paese risalgono agli anni venti del 1900, periodo in cui anche nel piccolo centro della Marmilla nasceva il partito fascista. Alle elezioni politiche del 1924 i fascisti subirono a Mogoro una grande sconfitta per mano dei sardisti, che ottennero 237 voti contro i 143 dei fascisti. Un episodio particolare che viene riportato dai libri sulla storia del paese è la rivolta civile scoppiata nel 1930 contro la milizia fascista che aveva proibito i festeggiamenti in onore di Sant'Antioco, una delle figure religiose tutt'oggi maggiormente venerate; si riporta che, per sedare l'insurrezione, la polizia sparò sulla folla uccidendo un giovene mogorese -Giovanni Maccioni- e ferendo numerosi civili. Durante la seconda guerra mondiale, in seguito ai bombardamenti di Cagliari del 1943, Mogoro ospitò circa 3000 tedeschi e oltre un migliaio di sfollati e soldati che furono ospitati nel caseggiato scolastico.

2.2 CRITERIO DELLA RACCOLTA DEI DATI La ricerca dei dati sui soprannomi di famiglia a Mogoro è basta in parte su una raccolta di soprannomi dei mogoresi effettuata nel 1963 da Marco e Bruno Orrù, e in parte per mezzo di interviste o semplici conversazioni con amici, parenti e compaesani che si sono resi disponibili aiutandomi nella ricerca e catalogazione dei soprannomi “storici”, quelli tramandati di generazione in generazione. L'insieme dei soprannomi raccolti, circa 200, rappresenta solo una minima parte di quelli esistenti. Sono numerosi i soprannomi di cui si è perso il significato originale, e altrettanto numerosi si sono dimostrati i casi in cui sono emerse delle contraddizioni riguardo l'origine di uno stesso soprannome che arrivava ad acquisire significati diversi a seconda delle testimonianze degli intervistati. Un altro problema che è emerso durante l'inchiesta sui soprannomi è una tendenza da parte delle persone intervistate a dare un'interpretazione propria, spesso inventata dei soprannomi sottoposti a esame. Questo fatto

29

dimostra come la reinvenzione della motivazione sia una componente fondamentale all'interno del processo della soprannominazione in quanto è espressione diretta di una tendenza tipicamente popolare a “reinventare” la cultura, ovvero a dare una interpretazione personale di un fatto culturale che va scomparendo nel tempo. Questo complesso concetto antropologico legato all'inventiva popolare è facilmente riconoscibile e riscontrabile nella ricerca sul campo, nelle testimonianze dirette della gente che, sentendosi rivolgere una domanda su un soprannome di cui non conosce il significato, tende a dare una spiegazione plausibile ricercando una motivazione che possa in qualche modo spiegarne l'origine. I soprannomi sono stati poi disposti in ordine alfabetico e raccolti in un corpus che riporta la trascrizione fonetica di ognuno, il significato letterale e la motivazione. In un secondo momento, si è proceduto con la classificazione che si è svolta su due linee parallele, quella legata alla semantica, e quindi al significato, e infine quella morfologica e strutturale.

2.3 CORPUS DEI SOPRANNOMI STORICI APPARTENENTI

ALLE FAMIGLIE MOGORESI.

I soprannomi che seguono sono circa 200 e fanno parte del “repertorio storico” del paese in quanto appartenevano e alcuni appartengono tuttora a famiglie mogoresi. Ascoltando i discorsi e le conversazioni di tutti i giorni, anche in famiglia, risalta subito come il riferimento al soprannome sia ricorrente e del tutto spontaneo, utilizzato con naturalezza nei discorsi tra parenti e amici, che riferendosi ad altre persone, sono soliti pronunciare la formula “ su ɖɖa..” che precede il soprannome e identifica immediatamente l'individuo di cui si sta parlando. Questo lavoro è stato portato avanti senza la pretesa di voler essere scientificamente e linguisticamente “esatto” in quanto quando si parla di un fenomeno così complesso e impregnato di antichità e cultura popolare non si può e non si deve garantire una certezza assoluta. Occorre quindi premettere che alcuni soprannomi sono molto antichi e per questo motivo è stato difficile risalire al significato e alla motivazione di ognuno. Nei casi in cui sono comparse delle contraddizioni per quanto riguarda l'origine di un soprannome, si è preferito riportare tutte le informazioni date riguardo le motivazioni o i significati in quanto sarebbe stato impossibile stabilire quale tra i tanti fosse

30

quello più attendibile. Il compito è inoltre risultato ancora più arduo in quanto nel caso di alcuni soprannomi si sono presentate delle incongruenze sia per quanto riguarda il significato letterale, che per quanto riguarda la motivazione, vera o presunta. I soprannomi di cui non si è riusciti a dare un significato, riportano affianco un punto di domanda per ribadire il fatto che il senso riportato è “uno dei tanti possibili”o per segnalare che il significato è stato completamente perso. I soprannomi sono poi stati trascritti in ordine alfabetico e riportano affianco la relativa trascrizione fonetica dal sardo e, dove fosse stato possibile rintracciarli, il significato letterale e la motivazione. Per mettere insieme il corpus è stato indispensabile l'aiuto della gente,e in particolare quello delle persone più anziane che hanno messo a disposizione la loro memoria e i loro ricordi.

Abrài: [ab'brai] “agro-dolce”, riportato anche nella variante “Brai”.

Acòncia còssu: [a'kɔnʧa 'kossu] derivato da mestiere. Il soggetto aggiustava contenitori di terracotta, pentole e vasellame.

Acuzìli: [akut'ʦiβi] “arrotino”, soprannome derivato da mestiere

Aguànta fàmini: [ag'gwanta fammini] il soggetto in questione era solito lavorare poco e vivere di espedienti conducendo una vita di stenti.

Annarbau: [annar'bau] “ammuffito”, andato a male. Aggettivo legato alla carnagione particolarmente olivastradell'individuo in questione.

Apuàu: [ap'pwau] letteralmente “scorto”, visto. Non si hanno altre informazioni.

Arrabéllu: [ara'bellu] “ribelle”.in questo caso attribuito ad una persona polemica, poco malleabile. Arrasciùllu: [arra'ʃullu] da “arresci”, azione che indica l'attitudine a dilungarsi e perdersi in chiacchiere.

Arrasìga: [arra'ziga] “raschiare”, anche con l'accezione di rosicchiare. L'individuo in questione faceva il negoziante di mestiere, essendomolto avaro, cercava in tutti i modi di imbrogliare i clienti.

Arratìra: [arra'tiɾa] da “spostarsi”, farsi da una parte. Il soggetto in questione aveva un carro trainato da cavalli e quando passava per strada pretendeva

31

che tutti i passanti si facessero da parte per fargli spazio. Oppure, secondo una versione diversa, in questo caso arratìra vorrebbe significare “accomodati”, “resta un po' con me.”

Atèi [a'te:i] (?)

Babòi: [ba'bɔ:i] forma composta costituita da “babbu” e “oi”(oggi). L'individuo in questione, lamentandosi della maleducazione di alcuni giovani,durante una discussione tra amici disse: “chi fessi bàbu oi...!”

Bacagliàri: [bakaʎ'ʎa:ɾi] “Baccalà”. Pare che colui che portava questo soprannome fosse ghiotto di baccalà.

Bàchis: ['bakis] forma ipocoristica derivatta dal nome proprio Bachisio.Da nome proprio del capostipite si è poi diffuso come soprannome al resto della famiglia. Potrebbe anche derivare dal dio “Bacco”.

Bachétu: [bak'kɛtu] da “bacchetta”, deriva dall'abitudine del soggetto in questione di portare minacciosamente sempre con sé una bacchetta. Baddànca: [baɖ'ɖa:ŋka] non si hanno informazioni certe su questo soprannome, ma potrebbe derivare da “baddài”(ballare)

Ballìtu: [bal'littu] l'individuo così

soprannominato faceva il fabbro e fuori da casa sua i passanti sentivano continuamente il rumore ritmico dei suoi attrezzi da lavoro che sembravano ricreare quasi un balletto, una musica precisa e incalzante.

Baràba: [ba'ɾabba] personaggio biblico. Nonsi conosce la motivazione del soprannome.

Baràtu: [ba'ɾattu] da “barra”(guancia). Chi portava questo soprannome aveva delle mascelle e degli zigomi molto pronunciati. Un'altra versione sosterrebbe invece che il soprannome derivi da baràtu nell'accezione di commercio.

Biddìnca: [biɖ'ɖiŋka] anche in questo caso non vi sono informazioni certe riguardo questo soprannome, ma si pensa possa derivare da “bìdha”(paese).

Billinèddus: [billi'nɛuzɖɖuzu] derivante da “biglie” (?)

Billìsca: [bil'liska] (?)

Billòta: [bil'lɔtta] (?)

Biòrra: [bi'ɔrra] si pensa derivi da “biòrra”, termine usato per indicare una sbronza. (?)

Bollèru: [bol'lɛɾo] il soggetto soprannominato amava leggere

32

la rivista di fotoromanzi “Bolero”, famosa negli anni '40 e '50.

Brannàu: [bɾan'nau] di origini incerte, probabilmente deriva dal nome proprio Bernardino o Bernardo.

Brannètu: [bɾan'nɛtu] Derivato probabilmente dal nome proprio Bernardino o Bernardino, per indicare una persona giovane o piccola.

Braxètu: [bɾa'ʒɛtu] dal sardo “braxou”, ovvero orzaiolo. Il soprannominato era soggetto a contrarre infezioni agli occhi.

Bubòni: [bub'bɔIi] “bubbone”. Potrebbe essere riferito ad un bernoccolo (?)

Buciòni: [but'ʧɔIi] letteralmente “spuntone”. Le origini del soprannome sono incerte.

Buddètu: [buɖ'ɖɛtu] da “bùdda”, pancia. Persona con un ventre molto pronunciato.

Butìlla: [bu'tilla] letteralmente “bottiglia”, al soggetto in questione piaceva parecchio bere. Potrebbe anche essere riferito alla conformazione fisica.

Busciàca: [bu'ʃakka] “tasca”,

soprannome riconducibile all'abitudine del soprannominato di tenere le mani in tasca. (?)

Busciùca: [bu'ʃukka] letteralmente “vescica”. L'individuo in questione faceva in casa“su callu”, gli intestini del capretto riempiti con il caglio, il primo latte della capra. Potrebbe anche indicare la vescica del maiale che, gonfiata, veniva utilizzata come palloncino per giocare.

Cabìtza: [ka'βiʦa] “Spiga di grano”. Potrebbe anche derivare dallo stesso cognome.

Caciòpu:[ka'ʧopu] “leprotto”, piccolo coniglio. Non si conosce la motivazione.

Cabiscètta: [kaβi'ʒɛta] “lucertola”. Non si conosce la motivazione.

Cannìta: [kan'nita] derivato dal cognome Cannas.

Capèdda: [ka'pɛɖɖa] “cappello”. Si riferisce ad un uomo che per primo aveva sostituito il tradizionale cappello sardo “sa berrìta” con un cappello alla moda, buffo per quei tempi.

Caragrégu: [kaɾa'ɣɾeɣu] soprannome composto da “cara” (faccia) e “grégu”, deformazione di grògu (giallo).

33

Persona pallida. Secondo un'altra versione il soprannome significherebbe invece “faccia da greco”. Il soggetto in questione aveva la fisionomia tipica delle popolazioni greche, con la pelle chiara e un profilo facciale pronunciato.

Carròga: [kar'rɔɣa] letteralmente “cornacchia”. Non si sa la motivazione.

Catatùccia: [katatutʧa] soprannome che ha origine da un difetto di pronuncia. Il soprannominato,che era solito andare a caccia, aveva notato una cartuccia per terra e, sbagliando, l'aveva chiamata “catatuccia”.

Chéddu: ['keɖɖu] potrebbe essere un'abbreviazione di “piciochédhu”, ma anche del nome proprio “Boichédhu”.

Chéllu: ['kellu] derivante da “quellu” (quello) (?) oppure variazione di “chédhu”, abbreviazione di “piciochèdhu”. Anche in questo caso potrebbe trattarsi del diminutivo di Boichédhu.

Chitàrra: [gi'tarra] al soggetto in questione piaceva la musica e in particolare la chitarra

Cixiréddu: [ʧiʒi'ɾeɖɖu]“piccolo cece”, riferito a persona piccola di statura e

minuta. Presente anche nella variante femminile “cixiredda”.

Còchi: ['koki]“uovo”o anche maschio dell'anatra. Potrebbe anche riferirsi alla traduzione dell'italiano “cocco”, preferito.

Cocodrìllu: [kokko'dɾillu] trasposizione in sardo dell'italiano “coccodrillo”. La motivazione non è nota.

Codrìtu: [ko'dɾittu] da “codra”, piccolo intestino. Potrebbe anche darivare da “corda”, infatti l'individuo soprannominato sapeva confezionare cordami di canapa.

Codrobìnu: [kodɾo'ĩu] “fungo”. Gli piacevano molto i funghi o era particolarmente bravo nella ricerca.

Coìllu: [kõ'illu] letteralmente “coniglio”Non si sa la motivazione.

Collipàni: [kolli'pãi] combinazione di colli-colli (deformazione di sitzigòrru, tipo di lumaca) e“pani”(pane). Chi portava questo soprannome solitamente mangiava le lumache con il pane.

Concàbi: [koŋ'kaβi] riferito ad una persona testarda, che fa tutto di testa sua senza ascoltare il parere degli altri.

Conchìtu: [kon'kittu] da “conca”(testa).La motivazione non è nota. (?)

34

Conciadòri: [konʧadɔɾi] antico mestiere, persona che concia le pelli.

Corragù: [korra'gu] composto da corru de cù, “corno di culo”. Riferito a qualche difetto fisico

Coscèdda: [ko'ʃɛɖɖa] “piccola coscia”, potrebbe funzionare retoricamente per opposizione, e quindi indicare ironicamente il contrario del significato originale.

Costàlla: [ko'stalla] “foglia della verdura”, termine usato anche per indicare la buccia dei cardi. Alla persona così soprannominata piaceva mangiare i cardi selvatici.

Cracàngiu: [cra'kaŋʤu] “calcagno”, soprannome derivato da una parte del corpo umano. L'altra versione risale invece all'azione del “cracangiài”, ovvero pressare la lana e l'orbace, tessuto tipico che veniva utilizzato tra le altre cose per confezionare gli abiti antichi.

Craxòu: [kra'ʒou]letteralmente “cotenna”.Al soggetto in questione piaceva particolarmente la cotenna del maiale.

Cristòu: [kri'stou] potrebbe derivare da Cristo e indicare una persona molto religiosa oppure un confratello. (?)

Crònta-Cinìsu: ['kɾoɳta ʧi'nizu]soprannome composto dai sostantivi “crònta”(roccia) e cinìsu (cenere). Le origini del soprannome sono sconosciute.

Cù acciùntu: ['ku at'ʧuɳtu]“culo aggiunto”.La motivazione non è certa.

Cù a fòddi: ['ku a 'fɔɖɖi] derivato da culo e “foddi”, ovvero mantice, attrezzo utilizzato dal fabbro ferraio. Il soggetto emetteva flatulenze che producevano un rumore particolare.

Cù spibìu: ['ku spi'βiu] “culo senza peli”.

Cuixéddu: [kui'ʒeɖɖu] “piccolo culo”, anche in questo caso con accezione ironica, funziona retoricamente per opposizione.

Currucàu: [kurru'kau] “Gruccione”. Il soggetto in questione sapeva imitare bene il cinguettìo degli uccelli o era solito vestirsi con abiti vistosi e colorati.

Dallòri: [dal'lɔɾi] da “dabòri”(dolore). Il soprannominato era solito lamentarsi e lagnarsi per i dolori. (?)

Datòri: [dat'tɔɾi] da “dotòri”,dottore. Termine riferito alle persone di un certo grado di istruzione. La persona in questione non possedeva alcun

35

titolo ma si spacciava per colta e intellettuale pretendendo di sapere tutto. Potrebbe anche indicare l'accezione di “datore”, responsabile di un determinato compito o datore di lavoro.

Dèddu cau: ['deɖɖu 'ɣau] “piccolo cau”, soprannome utilizzato per distinguere un individuo più piccolo da un'altro con lo stesso cognome. Successivamente ha assunto la funzione di distinguererami familiari differenti. Cau potrebbe significare anche il termine “gabbiano”.

Dèlluru: ['delluɾu] (?)

Deixéddu: [dei'ʒeɖɖu] “piccolo dio”, soprannome ironicamente riferito all'abitudine dell'individuo in questione di bestemmiare continuamente.

Deròsas: [da'ɾɔza] derivato dal cognome del bandito Derosas, famoso nel 1800, è poi diventato “Daròsa” nella variante mogorese. Fu attribuito al soggetto soprannominato perché era solito inoltrarsi in campagna e restare anche parecchi giorni senza tornare al paese.

Didòlla: [did'dɔlla] (?)

Dìghi dòghi: ['diɣi 'doɣi] soprannome derivato da un difetto di pronuncia o da una variante linguistica differente. Pare che l' individuo in questione

provenisse dal paese di Milis e vendesse arance. Ai clienti era solito chiedere “ne vuoi dieci o dodici (“deghe-doighi”)?”

Dìlluru: ['dilluɾu] (?)

Duas còncas: ['dua 'ɣɔŋkaza] letteralmente “due teste”. Potrebbe essere un soprannome riferito ad una particolarità fisica o malformazione.

Dùbu: ['dubbu] Da “dubài”(bussare).

Dubbunìu: [dubbu'nĩu] stessa radice di dubbu, derivato dal verbo dubbài (bussare).

Fantìlla: [vaɳ'tilla] potrebbe essere riconducibile al termine “ventaglio”. Potrebbe derivare dal particolare modo di camminare “sventolando” il posteriore.(?)

Fichidòri: [fikki'dɔɾi] “ficchetto”, persona curiosa che vuole sapere tutto di tutti, pettegolo. Un'altra versione potrebbe essere quella cherimanda fichidori all'azione diinfilare. Pare che il soggetto in questione avesse molti figli. (?)

Firidànda: [fiɾi'daɳda] deformazione del nome proprio Fernanda o Ferdinanda. Forma ipocoristica. (?)

Fraschìtu: [fras'kittu] “fiasco“. Piccola brocca di terracotta.

36

Frobaiàtzu: [froβa'ĩatsu] da “frobaxiu” (bugiardo) o nell'altra versione fusione dell'espressione“fròri de anànzu”, fiore di palude”.

Froixéddu: [froi'ʒeɖɖu] “fiorellino”, “piccolo fiore”.

Frorìnca: [fro'riŋka] “Pervinca”. Potrebbe rimandare all'usanza di apporre un fiore all'orecchio oppure potrebbe essere riferito ad una persona bella, distina ed elegante.

Frucidòri: [frutʧi'dɔɾi] letteralmente “covatore”, uomo dall'occhiata ammaliante e dallo sguardo penetrante (?)

Furìtu: [fu'ɾittu] “furetto”, attribuito ad un individuo piccolo agile e veloce.

Gavèlla: [ga'vella] (?)

Gavòi: [ga'voi] soprannomre derivato da toponimo, attribuito ad una famiglia proveniente da Gavoi e stabilitasi poi a Mogoro.

Gintìlla: [ʒiɳ'tilla] “lenticchia”o anche storpiatura di gentile. L'individuo così soprannominato proveniva da una famiglia nobile.

Gravéllu: [gra'vellu] “garofano”, individuo che teneva sempre un garofano nel taschino della giacca.

Itra: ['itra] Deformazione del cognome “Littera”.

Laìna: [la'ĩa] “lagna”, persona che tende a piangersi addosso, a lagnarsi continuamente.

Lallarìncu: [lalla'ɾiŋku] uomo di poca personalità. Non si sa esattamente da dove derivi il termine.

Lallètu: [lal'lɛttu] soprannome che indica una persona inconcludente, di poco spessore culturale.

Lambrèta: [lam'bɾɛtta] attribuito ad un individuo che si spostava sempre sulla sua lambretta.

Larìtzu: [la'ɾitsu] potrebbe rimandare all'espressione “là! Ritzu!” ovvero “guarda! Pagliuzza nell'occhio”. (?)

Lebiéddu: [le'βieɖɖu] Persona leggera e piccola di statura.

Lèllu-càu: ['lellu 'ɣau] composto dal nome “Lellu” e dal cognome Cau. Si pensa fosse usato per distinguere i diversi rami delle famiglie Cau. (?)

Lichéddu: [li'keɖɖu] altra forma ipocoristica. Vezzeggiativo di Rafaellicu, Rafaellino.

Lisàndia: [li'zaɳdia] tipica pasta fine

37

e liscia.

Livòi: [li'voi] Potrebbe essere una fusione dell'espressione “li vuoi?”, li prendi? legata alla compravvendita.

Lòllu: ['lɔllu] Persona alta e robusta

Lorètu: [lo'rɛttu] da “lòru”, ovvero striscia o cinghia di cuoio. Anche inteso come piccola flatulenza(?)

Lorighéddu: [loɾi'ɣeɖɖu] “orecchietta”. Potrebbe essere riferito al fatto che il soggetto avesse delle orecchie molto piccole. (?)

Lugòri: [lu'ɣɔɾi] il termine indica la fase lunare in cui la luna è piena. Il soggetto in questione era molto chiaro di carnagione o, al contrario, molto scuro. (?)

Lumbàu: [lum'bau] da “lùmbus”(reni). Termine utilizzato per indicare il mal di schiena e il mal di reni.Il soprannominato aveva la schiena ricurva.

Lùtzu Grògu: ['lutsu 'grɔɣu] letteralmente “urina gialla”. Forse perché a causa di una disfunzione renale la sua urina era di un colore giallo acceso.

Macciòni tzòppu: [mat'ʧõi 'θoppu] soprannome composto dal

cognome“Macciòni” e “tzoppu”(zoppo).

Madàlla: [ma'dalla] “Medaglia”. Persona dedita alla preparazione del rito de “s'acqua madalla”. Chi aveva questo dono “magico”di guaritore veniva considerato un punto di riferimento per la comunità.

Madòru: [ma'doɾu] (?)

Mallòcu: [mal'lɔku] da “maglio”, attrezzo che serviva per pestare le derrate alimentari o il lino (?)

Mallòru: [mal'loɾu] letteralmente “toro”, persona alta di statura e di corporatura robusta.

Marèllu: [ma'ɾɛllu] (?)

Marigòsu: [maɾi'ɣozu] “amaro”. Attribuito ad un individuo dal carattere scontroso e irascibile.

Massòtu: [ma'sɔtu] soprannome derivato da mestiere, “mietitore”(?)

Matéddu: [ma'teɖɖu] “Martello”. Persona insistente e martellante (?)

Medriàtu (medr'i 'atu): [mɛdri'attu] fusione in un'unica parola dell'espressione sarda nella variante mogorese “medra da gatu”,

38

letteralmente “feci di gatto”.

Mésu bàrra: ['mezu 'barra] “metà guancia”. Probabilmente l'individuo in questione aveva una malformazione o una ferita sul viso. (?)

Mésu gàmba: ['mezu 'ɣamba]“metà gamba”. Potrebbe indicare una persona molto bassa e tozza con le gambe corte o con qualche malformazione, per esempio una gamba amputata. Oppure si potrebbe trattare di una metafora riferita al soggetto, che pare fosse particolarmente dotato.(?)

Miòsu: [mi'ozu] (?)

Mongètu: [mon'ʒɛttu] “monachella”, specie di lumaca.

Morètu: [mo'ɾɛttu] soprannome appartenente ad un individuo scuro di carnagione con i tratti del viso molto marcati.

Morixéddu: [moɾi'ʒeɖɖu] “piccolo sentiero”. Il soprannominatoera solito andare in campagna e percorrere is “morixédhus”, i piccoli sentieri secondari piuttostoche le strade principali.

Muschìtu: [mus'kittu] letteralmente “moscerino”. Inteso nell'accezione di “muschitteri”, che significa vanitoso, narcisista.

Murzìtu: [mur'ʣitu] “colazione”, pasto mattuttino.

Narò: [na'ɾo] “nara o” derivato dall'imperativo del verbo “narài”(dire) e la lettera “o”. Sembrerebbe un invito a pronunciare il suono “o”.

Nicòni: [ni'ɣɔIi] forma ipocoristica trasposizione dell'italiano “Nicola”. Soprannome originato da nomeproprio. (?)

Pabàssa: [pa'βasa] “uva passa”. Il soggetto in questione era solito mangiarne in grandi quantità.

Pàlla: ['palla] letteralmente “paglia”. La motivazione non è certa.

Pallìta: [pal'lita] “paletta”. Il soggetto in questione faceva parte del corpo della polizia municipale e di regola aveva sempre con sé la paletta. Secondo un'altra versione il soprannominato sapeva usare bene la cazzuola.

Pane e vino: ['pane e 'vino] l'individuo così soprannominato aveva l'abitudine di mangiare il pane inzuppato nel vino. (?)

39

Pàpa pòddiri: ['papa 'poɖɖiɾi] letteralmente “mangia crusca”. Il soggetto in questione proveniva da una famiglia molto disagiata e per sfamarsi era solito mangiare anche la crusca.

Patàta: [pa'tata] soprannome derivatodallo stesso ortaggio. Non si hanno maggiori informazioni a riguardo.

Pedditzòni: [peddi'tsɔIi] “uomo rozzo, vestito di stracci”. Potrebbe essere riferito alla “mastrucca”, specie di giaccone di pelle di capra o pecorache veniva indossato dai pastori.

Pèis mòddis: ['pԑi 'moɖɖizi] letteralmente “piedi molli”, delicati. Probabilmente si riferisce all'andatura del soggetto o al suo modo di camminare. (?)

Peixéddu: [pԑi'ʒeɖɖu] “piedino”. Riferito alle piccole dimensioni dei piedi del soprannominato. Come negli altri casi, potrebbe anche designare ironicamente tramite opposizione dei piedi lunghi e abnormi.

Pèpi fèbi: ['pԑppi 'vԑβi] soprannome formato dal nome proprio “pèpi”(diminutivo di giuseppe e “fèbi”(letteralmente “bile”, usato per indicare uno stato di rabbia, di ira).

Il soprannominato aveva un brutto carattere, era scontroso e irascibile.

Pepiòlla: [pԑp'piɔlla] soprannome composto dal diminutivo “pèpi”. Derivato da nome proprio. Olla potrebbe essere un cognome,ma non si hanno informazioni a riguardo.

Pepi pitìu: ['pԑppi pit'tiu] altro soprannome composto e derivato da nome proprio. Il diminutivo“pepi” è affiancato all'aggettivo “pitiu”(piccolo), che lodesigna. L'aggettivo pittiu serviva a distinguere omonimi differenziandoli in base all'età.

Petinàiu: [petti'naiu] antico mestiere. Il pettinaiu era l'artigiano che fabbricava i pettini del telaio sardo.

Pibaréddu: [piβa'ɾeɖɖu] letteralmente“vipera”o anche derivato da “pìbiri”(pepe, pepato).

Piciòni: [pit'ʧɔIi] “piccione”. Anche piccolo e caruccio.

Pillàlla: [pil'lalla] (?)

Pinòci: [pi'nɔtʧi] (?)

Pintàu: [pin'tau] letteralmente “dipinto”. l soggetto in questiona aveva il viso ricoperto di lentiggini.

40

Piòi: [piɔIi] potrebbe derivare dal cognome Pia (?)

Pipètu: [pi'pԑtu] (?)

Pirrincòni: [piriŋ'kɔIi] piccolo frutto di melograno. Potrebbe essere riferito ad una persona piccola di statura o con dei lineamenti particolari.

Piséddu: [pi'zeɖɖu] “piccolo seme”. Potrebbe essere riferito ad una persona piccola di statura e minuta.

Pisiòllu: [pi'ziollu] forse derivato da “pisu”, seme oleoso. (?)

Pistìncu: [pis'tinku] “salto”, “movimento repentino e improvviso”. L'individuo inquestione era solito muoversi in modo scattante, sembrava avere dei tic.

Pitàna: [pit'tana] (?)

Pitéddu: [piteɖɖu] (?)

Pitziàlla: [pi'tsialla] deformazione derivata dal cognome “Pitzalis”

Poborìtu: [pɔβo'ɾittu] letteralmente “poveretto”, persona misera, modesta.

Pratìtzu: [pɾa'titsu] il soprannome ha due accezioni: potrebbe essere una deforazione derivata da “prattu”, piatto, oppure la versione mogorese

del nome proprio “Patrizio”.

Prediòlla: [pɾe'diɔlla] potrebbe derivareda “preidi” (prete) oppure storpiatura di “pediolla”, elemosina. (?)

Priùtzu: [pɾi'utsu] “peloso”, o pellicia, che veste di pelli. Potrebbe anche avere origine da “priu”, ovvero pigro, svogliato.

Puxètu: [pu'ʒԑtu] “piccola pulce”, persona minuta e agile. Si differenzia da “puxitu”, soprannome individuale.

Pùra: ['puɾa] (?)

Quèllu: ['kuellu] trasposizione in sardo dell'aggettivo dimostrativo “quello”.

S'Abréu: [s a'βɾeu] “l'ebreo”. Soprannome etnico che richiama lo stereotipo comune dell'ebreo avaro. Apparteneva ad un individuo tirchio, poco propenso a condividere con gli altri.

S'acòca: [s a'kɔka] letteralmente “l'oca”. Il soggetto in questione sapeva imitare molto bene l'oca e altri animali come il gallo.

Sa mòti: [sa 'mɔtti] “la morte”. Smunto, di colorito giallo e raggrinzito.

S'arìsta: [s a'nista] (variante mogorese anìsta) resta di grano o di altre

41

graminacee. Persona esile, alta e magra.

S'apèta: [s a'pԑta] “blatta”, insetto conosciuto per il tipico colore scuro. Attribuito a persona scura di carnagione, dai capelli e occhi scuri.

Sacòni: [sa'kɔIi] derivante da “sacco”(?)

Scatéddu: [ska'teɖɖu] letteralmente “cestino”. Il soprannome fu attribuito al soggetto in questione in quanto era solito recarsi a Gonnoscodina, un paese vicino a Mogoro, per fare visita alla fidanzata alla quale portava sempre un cestino pieno di frutta, carne eprodotti prelibati.

Schéciu: ['sketʧu] letteralmente “spaiato”. Il soprannominato era conosciuto per essere un tipo solitario e scontroso, che non amava mischiarsi alla gente.

Schirrètu: [skir'rԑtu] da “martora schirrimàtta”, specie di furetto. Indica una persona longilinea e agile, di corporatura magra.

Scorràu: [skɔr'rau] “scornato”, nell'accezione di beffato, umiliato.

Scraféddu: [skɾa'feɖɖu] soprannome derivato da un attrezzo di lavoro, letteralmente “scalpello”.

Scrichillòni: [skɾikil'lɔIi] termine utilizzato per denominare il raspolodell'uva. Soprannome attribuito ad un individuo che era solito passare nelle vigne altrui dopo la vendemmia per raccogliere i raspoli che venivano lasciati perché acerbi.

Scurigàu: [skuɾi'ɣau] “oscurato”, da “scurigai”, verbo utilizzato per indicare il calare della notte. Il soggetto in questione usciva abitualmente la notte. (?)

Sèdda: ['sԑɖɖa] “sella”. Potrebbe derivare dal mestiere del soprannominato che costruiva le selle per i cavalli. (?)

Ses dìdus: [ze 'iduzu] “sei dita”. Il soprannominato era nato con sei dita.

Sibiriànna: [siβi'ɾianna] (?)

Sparèdda: [spa'ɾԑɖɖa] “sparlotta”, tipo di pesce. Potrebbe anche essere una deformazione di “Spanedda”, dal cognome “Spano”.

Stòri: ['stɔɾi] letteralmente “gheppio”, sparviero. Specie di uccello rapace.

Stracàxiu: [stra'kaʒu] da “strecài”, schiacciare. Il soggetto in questione faceva di mestiere il muratore e costruiva i vecchi mattoni in làdriri.

42

Riferito anche al nome della custodia per le launèddas.Stràda: ['strada] via. Non si conosce la motivazione. (?)

Su chèrri: [su 'kԑrri] “la capinera”. La motivazione del soprannome non è certa.

Su cònti: [su 'ɣɔɳti] “il conte”. Il soprannominato apparteneva ad una famiglia di origini nobili cheaveva questo titolo.

Su làngiu: [su 'lanʤu] “il magro”. Soprannome è riferito all'aspetto fisico, indica un individuo dal fisico snello e asciutto.

Su màllu: ['mallu]“il maglio”. Antico attrezzo da lavoro costituito da una mazza di legno che serviva a pestare i chicchi di grano o altre derrate alimentari per ricavare la farina con la quale si faceva il pane e dolci di vario tipo.

Su sicàu: [su zik'kau] letteralmente “il secco”. Soprannome attribuito ad una persona molto magra.

Su sìntzaba: [su 'zintsaβa] “la zanzara”. Potrebbe essere riferito ad un individuo che era solito punzecchiare la gente.

Su tàchilli: [su 'takilli] “la taccola”, specie

di uccello simile alla cornacchia (in sardo “carroghìnu”)

Tallàtza: [tal'latsa] pietra larga e schiacciata. L'individuo in questione aveva il viso schiacciato.

Tèrra nòbili: ['tera 'nobilli] nome di una località campestre del territorio di Mogoro e Gonnostramatza. Il soprannominato possedeva terreni in quella zona.

Tiracù: [tiɾa'ku]

Tondìnu: [toɳ'dĩu] (?)

Tostàu: [tos'tau] letteralmente “duro”, attribuito ad una persona testarda, ma anche ottusa.

Travèssa: [tra'vԑssa] “contraria”. Probabilmnte derivato dal corrispettivo maschile “travèssu”. Persona testarda, contro corrente.

Trìstu: ['tristu] soprannome legatoall'aspetto caratteriale. Individuo che non sorrideva mai, triste e musone.

Tuturìgu: [tutu'ɾiɣu] “collo della bottiglia”. Al soprannominato piaceva bere direttamente dalla bottiglia. (?)

Tzàra: ['tsaɾa] “Atzara”. Soprannome derivato da toponimo. La famiglia in

43

questione proveniva da Atzara, paese della provincia di Nuoro.

Zigàrru: [ʣi'ɣarru] “sigaro”. Il soggetto in questione era solito fumare il sigaro.

Tzòddi: ['tsɔddi] (?)

Tzurrullìnu: [tsurullĩu] letteralmente “occhione”, uccello dagli occhi grandi e penetranti.

Zuzìna: [ʣu'ʣĩa] tradotto in italiano “dozzina”. Il soprannominato aveva una piccola bottega in cui vendeva frutti. In passato si utilizzava anche la dozzina come unità di misura.

2.4 LA CLASSIFICAZIONE SEMANTICO-REFERENZIALEPrima di trattare la classificazione dei soprannomi di famiglia a Mogoro è necessario fare una breve premessa: esistono diverse modalità di categorizzazione a seconda che si affronti l'argomento da un punto di vista puramente semantico, e quindi referenziale, o da una prospettiva formale che indaga sulla struttura, la flessione e la derivazione delle parole. Abbiamo quindi due classi principali: da una parte una dimensione referenziale strutturata sulla distinzione tra campi semantici, dall'altra una dimensione morfologica che tiene conto delle particolarità strutturali riguardanti la forma linguistica dei soprannomi. La classificazione semantica è strutturata su quella effettuata da Rohlfs [1984] sulle diverse tipologie di soprannomi siciliani ed è stata integrata attraverso l'aggiunta e il completamento di altre categorie utili alla categorizzazione di alcuni soprannomi altrimenti impossibili da identificare. Nonostante di alcuni soprannomi di famiglia si sia perso il significato originario, della maggior parte si è riusciti a risalire non solo all'etimologia del termine, ma anche alla motivazione. Buona parte dei soprannomi derivano da “comportamenti abituali, vezzi e storie particolari”,

44

categoria che risulta essere una delle più ricche e vivaci, in cui la fantasia popolare si fa più forte e creativa. Un'ultima considerazione riguarda invece la ricerca del significato e della motivazione dei soprannomi: un campo di ricerca complesso come quello della creazione del soprannome spesso non consente di risalire alla reale origine dello stesso. Ciò accade in primo luogo a causa dell'antichità di alcuni soprannomi che sono stati tramandati anche per tre generazioni e che sono caduti in disuso a causa della scomparsa fisica dei membri della famiglia soprannominata, e in secondo luogo a causa della rietimologizzazione, che porta alla deformazione e, in certi casi, allo stravolgimento del significato del soprannome preso in considerazione. Si è quindi scelto di classificare i soprannomi di famiglia in due macrocategorie, la prima secondo una logica referenziale che prevede la distinzione di 19 classi corrispondenti ciascuna ad un campo semantico diverso, la seconda in base alle particolarità morfologiche che comprendono per lo più soprannomi composti derivati da verbo affiancato a sostantivo, sostantivo affiancato ad aggettivo, e così via dicendo. Di seguito vengono riportati i soprannomi di famiglia (quelli di cui è stato possibile recuperare il significato) divisi per categorie in base alla loro appartenenza semantica e struttura lessicale. Infine si fa presente che i soprannomi di cui l'origine è risultata incerta o addirittura irrintracciabile, non sono stati riportati all'interno della classificazione che segue in quanto impossibili da definire dal punto di vista semantico.

(1) DIMENSIONE SEMANTICA E REFERENZIALE:• FORME IPOCORISTICHE (DERIVATI DA NOMI E COGNOMI)

Pitziàlla Bàchis Lèllu-càu Brannàu Brannètu Cannìta Lichéddu Nicòni Pratìtzu

45

• CHIESA E RELIGIONE

Deixéddu Baràbba Cristòu

• ETNICI S'Abréu

• TOPONIMI

Terra Nòbili Gavòi Tzàra

• PERSONAGGI ILLUSTRI

Deròsas Su cònti

• PROFESSIONI, MESTIERI E MANSIONI

Conciadòri Massòtu Acòncia còssu Acuzìli Pettinàiu Stracàxiu

• ASPETTO MORALE E UMANO

Poborìttu Lallarìncu Laìa

46

Arrabéllu Tostàu Trìstu Lallèttu Travèssa Marigòsu Concàbi Abrài

• ASPETTO FISICO E DIFETTI DEL CORPO

Annarbàu Lòllu Pintàu Lugòri Mésu gàmba Mésu bàrra Bubbòni Lebiéddu Schirrétu Caragrègu Lumbàu Morètu Buddètu Su làngiu Braxètu Sa mòti Ses dìdus Su siccàu Cù spibìu Dùas còncas

47

• COMPORTAMENTI ABITUALI, VEZZI E STORIE PARTICOLARI

Arrasìga Fichidòri Frucidòri Schéciu Zuzìna Aguànta fàmini Apuàu Arratìra Lutzu grògu Arraxiùllu Capèdda Biòrra Dùbbu Dubbunìu Bachèttu Quèllu Ballìtu Billinèddus Bollèru Busciàca Chitàrra Costàlla Dallòri Madàlla Morixéddu Scurigàu Babòi Dattòri Bachétu Pistìncu Pàpa pòddiri Pedditzòni Murzìtu Zigàrru

48

Priùtzu

• PARTI DEL CORPO UMANO

Coscèdda Lorighéddu Cuixéddu Codrìtu Peixéddu Conchìtu

• ANIMALI -Terrestri

Conìllu Caciòpu Pibaréddu Puxètu S' acòca Furìtu Cocodrìllu Mallòru Mongètu Cabiscètta

-Uccelli e insetti

Muschìtu S'apèta Currucàu Piciòni Stòri Su chèrri Su sìnzaba Su tàchili Tzurrullìnu

49

-Pesci

Bacagliàri Sparèdda

• ALBERI, PIANTE E FIORI

Frorìnca Gravéllu, Cabìtza Froixéddu Pàlla Pisiòllu Piséddu

• VERDURE E FRUTTI

Cixiréddu Pirrincòni Codrobìnu Gintìlla Patàta Scrichillòni Costàlla Pabàssa

• VIVANDE

Pane e vino Craxòu Lisàndia

50

• ATTREZZI DA LAVORO, OGGETTI DOMESTICI E UTENSILI AGRICOLI

Butìlla Fantìlla Scraféddu Fraschìtu Matéddu Saccòni Lambrètta Pallìta Scattéddu Sèdda Tuturìgu Su Màllu Tundìnu Zigàrru Tallàtza

• NOMI LICENZIOSI E OSCENI

Cù a foddi Cù spibìu Corragù (corru de cù) Cù acciuntu

• DELOCUTIVI DERIVATI DA DIFETTI DI PRONUNCIA E DEFORMAZIONI LINGUISTICHE

Dìghi-dòghi (dieci- dodici) Catatùcia Itra Firidànda

51

(2) DIMENSIONE MORFOLOGICA

• COMPOSTI E COMBINAZIONI DI DUE O PIU' PAROLE

Narò (Nàra “o”) Pàpa Pòddiri Dèddu Càu Pèpi Fèbi Pèpi pittìu Macciòni tzòpu Crònta cinìsu Duas còncas Ses dìdus Cù spibìu Cù acciùntu Cù à fòddi Babòi (bàbu oi) Medriàtu (medr'i 'atu) Corragù (corru'e cu) Lutzu grògu Pèis mòddis Collipàni

52

3 CONCLUSIONI

Il lavoro svolto sul soprannome di famiglia a Mogoro ha confermato alcune teorie fondamentali che costituiscono le basi degli studi onomastici sul nome. In particolare:

a) si è dimostrato come il soprannome sia irriducibilmente segno linguistico in quanto la maggior parte degli antroponimi popolari raccolti a Mogoro hanno conservato la trasparenza semantica e la referenzialità, indicando in modo più o meno diretto il significato dell'entità designata;b) è stato possibile riscontrare la grande diffusione del fenomeno della soprannominazione all'interno di un contesto sociale “rurale” in cui le relazioni umane costituiscono una rete sociale fitta con una modalità di comunicazione densa;c) Si sono osservate le modalità e le dinamiche attraverso le quali il soprannome agisce all'interno della comunità ricoprendo due funzioni fondamentali: da una parte quella relazionale tra individui attraverso la socializzazione, l'ironia, il riso e la leadership, dall'altra quella più funzionale dell'identificazione dell'individuo e, in questo caso dell'intero ramo familiare di appartenenza;d) Si è sottolineato come, sulla base del significato o della motivazione di un soprannome, possano essere veicolate una notevole quantità di informazioni che racchiudono molti tratti antropologici e culturali appartenenti alla comunità. Ne sono una testimonianza importante i soprannomi che indicano antichi mestieri legati al mondo agro-pastorale che oggi sono scomparsi (vd. Per esempio “petinàiu”) o quelli che ricordano riti magici legati ad una Sardegna arcaica (vd. “Madàlla”). In sintesi molti soprannomi richiamano interessanti aspetti della vita di un tempo che, col passare degli anni, andrebbero altrimenti persi.

In linea di massima questi sono i punti su cui è stato possibile aprire un discorso sul soprannome che non fosse solamente teorico, ma che potesse trovare un riscontro con una realtà che è osservabile ancora oggi nel quotidiano.

53

INTERVISTA A DINO MACCIONI (TZIU DINU)

Luogo di inchiesta: MogoroData: 01/06/2013Codice prevalente: sardo e italianoMetodo di inchiesta: parlato liberoInformatore: Bernardino Maccioni (D); anni 73 Strumenti tecnici adoperati: Registratore

Note: la sottoscritta viene indicata nell'intervista con (S). Il simbolo […] segnala le parti che non sono state trascritte perché non necessarie. Le parti in sardo sono state trascritte in IPA (International alphabetic alphabet)

TRASCRIZIONE:

S. […] quindi perché secondo lei a Mogoro è così tanto radicato l'uso del soprannome per distinguere le persone?

D. Bɛ..., ɛi dif'fittʃilli ar'raspondi. 'kusta pɾe'gunta 'ziɖɖa 'funti 'fatta 'dʒɛnti 'mɛða […] de 'ita pɔj di'pɛndi? Pɔj di'pɛndi ɖɖa 'biɖɖaza ka 'funti is'taða distru'iðaza e tor'raðaza a popol'lai 'ɣun 'atra 'dʒɛnti ba'niða 'de 'attru lɔɣuzu e no ʃi'ðɛndi su zangu'nau...'binti ka 'unu ɛi 'loŋgu e ɖɖi 'nanta su 'loŋgu, 'binti ka 'unu ɛi mar'riu e ɖɖi 'nanta su 'landʒu, ki 'unu ɛi baʃ'ʃɔttu ɖɖi 'nanta piti'keɖɖu maŋ'kai, no? 'binti 'ka 'unu ɛi 'fɔtti e ɖɖi 'nanta su 'fɔtti u mo'tivu ɛi 'kussu, 'poj u mo'tivu ɛi ka 'oɲa 'biɖɖa 'tɛ Iidi u'zantsa e kostu'mantsa 'suaza e apro'βjendi 'dʒɛnti 'mɛða... 'prima 'no ttʃi 'fianta kum'menti na'ɾau nɔzu i ko'ɲomi […] 'poj, 'aβa 'pruzu ɖɖu ɛi fre'kwɛnti su 'nomini pɔ e'zempjo mat'tʃɔni... mat'tʃɔni 'ttʃind 'iaða a'ittʃi 'mɛðaza e in sa tok'kaða ɖɖi ɔ'nai u distin'tivu di'versuzu, pɔ e'zempju kakal'leɖɖu, tsurrul'lĩu,dubbu'nĩu, ga'voi, 'kellu... ki no no ttʃi arrannɛ'ʃiasta a'ɖɖuzu dis'tingwi! Pon'dʒauzu mo, ba'nɛndi 'unu de 'foraza 'naɾada “ɖɖu kannoʃ''ʃeizi 'a 'dinu mat'tʃɔni?” 'dinu mat'tʃɔni a 'moɣoɾo 'ttʃi 'ndi 'fianta 'attruzu, mo na'ɾauzu 'dinu ma 'primu 'fia branna'ðĩu, […] 'kandu 'unu an'da a pas'sai sa 'leva po e'zempju,no? a ti'ɾai, a su ti'ɾaddʒu no? e 'itta suttʃe'ðiaða? suttʃe'ðiaða ka...“il 'tuo 'nome”? -“bernar'dino mat'tʃɔni” -“de 'moɣuɾu?”- na'ɾanta […] 'poj kun'kua popolla'tsjɔ Ii ɛi 'pru brul'lana, pɔ e'zempju, de ũ 'atra, pru sker'tsɔza...e 'poj, ki zi kum'mentsaða ɛi dif'fittʃilli a fɾim'mai sa 'koza, po'itta pɔ e'zempju 'dɛu 'ʃiu dɛ'tʃɛttuzu 'fattuzu pɔ tʃat'tai de a'βeɾuzu po'itta kallin'kunu zi 'fiaða per'mittiu de pɔ Ii 'kunku no'mindʒu de 'kussuzu 'mauzu 'tipu kallon'eɖɖu, o 'perra kal'lɔ Ii o tiɾa'ku […] e

54

in sa o ɖɖi tɔr'raða su no'mindʒu ,s 'atru, zi ɖɖu inven'taða, 'e 'kwjndi zi tor'ranta sa 'bɔtta 'paɾi 'paɾi zi 'naɾaða! op'puɾe zi ranna'ɣanta …de zi 'skuði malledetta'menti 'puɾu! po'itta su no'mindʒu d aβar'raða in'somma...

S. Quindi anche nel caso in cui un soprannome passa per esempio ai figli o ai nipoti rimane comunque offensivo...

D.[…] ki a ũa pit'tʃɔkka ɖɖi 'põizi pɔ e'zempju ku'βaɖɖa...a ũa pit'tʃɔkka no ɖɖi 'praʒiði, ku'β }aɖɖa 'vwɔl 'diɾe 'kulo 'grande... ku 'mannu...ku'βaɖɖa, da 'kuβa...'sa 'kuβa ɛi sa kar'raða...'tʃertu ki ttʃ a'βarra 'maβi 'kussa pit'tʃɔkka! […]

S. Bhè, certo!...pensa che il soprannome sia più un modo per ridere, prendere in giro una persona, o più un elemento utile che serve a riconoscersi gli uni con gli altri? Quale dei due aspetti è più forte?

D. un po l 'uno e un po l 'altro...se e per iɾonid'dzaɾe, brul'lanu zi 'naɾaða, ttʃi 'staiði, ma ɣi ɛi offen'sivu 'kussu no ttʃi ɖɖa 'kaβaða! e 'meðaza 'propriu po'itta s arranna'ɣanta zi ɖɖu po'nianta de 'pruzu!...e ttʃi pas'santa a 'βɔttaza i fa'miʎaza pru 'poβ }oɾa... po'itta ai 'mannuzu, diffittʃil'menti ɖɖis po'nianta no'mindʒuzu. no ɖɖu te'nianta i 'sannaza, i pað'eɾizi, i prot'tʃɛɖɖuzu...[…] 'kwindi prus ka 'tottu a 'kussaza fa'miʎaza pru dizad'dʒaða...o ki 'fianta a ũ 'attsa 'mezu strup'piauzu, o ki akkik'kjanta, o...'fianta leddʒit'tɛɖɖuzu, o prus baʃʃit'tɛɖɖuzu, inkru'βauzu o 'longuzu a 'tipu ski'dɔ Ii!

S. Quasi sempre sono i maschi ad avere il soprannome...

D. prus ka 'tottu 'tʃe l 'anno i 'maski...si.S. ...Però può capitare che il soprannome del marito, per esempio, venga affibiato anche alle donne della famiglia...

D. si si si, a 'βottaza su con'traɾju 'puɾu!

S.. Dalla moglie al marito?

D.[…] si pe'ɾo 'fianta prus ka 'tottu i 'maskuzu...si...

S. Prima si parlava così apertamente del soprannome come si fa oggi? Per esempio quando sento parlare mio nonno o mio padre è normale sentirli

55

nominare le persone per soprannome...

D. ...non si ten'deva...ki kistiona'jauzu 'dɛu e 'tui... per e'zempjo su 'talli, 'ekko, ma non a kistjo'nai diɾetta'menti ɣun 'kussu, ɣun 'kussu kistjo'nauzu de iz 'attruzu no'mindʒuzu, ma non su da 'kussu

S. Però si sa comunque... la persona interessata sa di avere quel soprannome ma in sua presenza si tende a non..

D. si,si...ddʒa ɖɖu ʃi'ðianta, ddʒa ɖɖu ʃi'ðianta! […] Ma no ɖɖi po'ðianta 'nai “o tiɾa'ku!”

S. Si ricorda qualche aneddoto o qualche storia particolare a proposito del soprannome a Mogoro?

D. mm...un a'neddoto, u konti'ʒɛɖɖu ti 'potsu 'nai, pɔ e'zempju na kka 'kandu 'ttʃi 'fuði sa 'gerra de su 'ɣwindiʒi dɛ'ʒɔttu ttʃi 'fianta soprat'tutto 'fanti [...] e in sa 'gerra, 'skoppju de can'nɔ Ii, mi'traʎʎa, fu'zilluzu, 'bombaza, e 'kandu bi'ðianta 'kussu 'prima de pat'ti a s at'takku na kka pre'ɣanta 'o frastim'manta e...na kka zi inten'diaða:” oi sa glo'ɾioza 'mia 'bella! oi 'santu branna'ðĩu, oi 'santa 'justa 'mia 'bella stim'maða e a u 'tʃertu 'puntu na kka ttʃi 'fiaða kun'kunu ki zi fu 'biu a 'paɾi e na kka: “o, kaɣ al'lɔIi!”-“o, tiɾa'ku!”- e zi 'fianta impras'sauzu po'itta zi 'fianta in'gũi rikkon'nottuzu naɾendi'zi su no'mindʒu,'ianta zat'tau su zangu'nau, 'ianta zat'tau su 'nomini e zi 'fianta arraɣo'ðauzu po'itta ɖɖu ʃʃi'ðianta […] e na kka ɖɖi 'fia βas'siu natu'ralli a zi 'nai su no'mindʒu!

S. Quando nonno arava i campi aveva un quadernino in cui segnava i clienti scrivendo il soprannome...

D. […] si fa'ðiaða a'ittʃi...a 'tottu 'kussuzu ki las'santa dep'piðu po e'zempju in but'teɣa ɖɖus skri'ianta..ki no kum'menti 'faizi?

56

Ringraziamenti

Desidero ringraziare Marco e Giacomo Orrù, che mi hanno gentilmente concesso di consultare la raccolta di soprannomi che è stata utilizzata per il lavoro svolto, Nicola Melis, per l'interesse e il sostegno dimostratomi e tutte le persone che hanno collaborato attraverso le interviste. Infine ringrazio Tziu Dinu Maccioni, poeta e grande conoscitore degli usi e costumi mogoresi, per il prezioso aiuto.

57

Riferimenti bibliografici

Angelini,M. [1997] Soprannomi di famiglia e segmenti di parentela, in “Rivista italiana di onomastica”III, 2: 371-396.Caffarelli, E. [2002] L'antroponimia in M. Cortelazzo et alii, “I dialetti italiani, storia, struttura, uso: 119-136.Cardona, G. R. [1976] Introduzione all'etnolinguistic, Bologna, Il mulino.Casalis Goffredo [1856] Dizionariogeografico-storico-statistico-commerciale degli Stati di S.M il re di Sardegna, Torino.De Felice, E. [1987] Onomastica in Romano Lazzeroni, “Linguistica storica”, Carocci editore. Lozano Ramírez, M. [1999] El apodo: un acto de habla motivado in Lozano Ramirez, M., “Contribución al estudio del apodo en el habla bogotana”, Santafé de Bogotá, Instituto Caro y Cuervo.Marcato, C. [2009] Nomi di persona, nomi di luogo. Introduzione all'onomastica italiana, Il Mulino.Paulis, G. [1996] Note di onomastica sarda: soprannomi e etimologia, in Dieter Kremer e Alf Monjour (a cura di), “Studia ex hilaritate. Mélanges de Linguistique et d'onomastique sardes eu romanes,“ Strasbourg/Nancy, Klincksieck.Paulis, G. [1997] Di alcuni soprannomi sardi medioevali in Paulis G., (a cura di) Centro “Max Leopold Wagner “, “Officina linguistica: studi sul sardo medioevale”, Ilisso edizioni.Putzu, I. E. [2000] Il soprannome. Per uno studio multidisciplinare della nominazione, CUEC.Ramírez Martínez J. [2011] El uso social de los apodos como discurso sintético en las sociedades rurales in “Sociedad y discurso”, 19: 49-71.Severi, C. [1980] Le nom de lignée. Les sobriquets dans un village d'Emilie, “L'Homme”, XX, 4: 105-118.Zonabend F. [1977]] Perché dar nomi? I nomi di persona in villaggio francese: Minot-en- Chatillonnais in Lévi-Strauss C.[1996], “L'identità”.

Riferimenti sitograficiwww.treccani.it/www.comune.mogoro.or.it/ www.ditzionariu.org/

58