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Dipartimento di Giurisprudenza
Corso di Laurea in Giurisprudenza
Tesi di Laurea in Diritto di famiglia
L’ esercizio della responsabilità
genitoriale nella riforma della
filiazione
Relatore: Chiar.ma Prof.ssa Adriana ADDANTE
Laureanda Paola CARABELLESE
Anno Accademico 2013/2014
INDICE
PREMESSA…………….………….………………………………………….. 1
CAPITOLO PRIMO
IL RAPPORTO DI FILIAZIONE E LE INNOVAZIONI INTRODOTTE
CON LA L. 10.12.2012 n. 219
1. L’evoluzione della famiglia nella società moderna: tutela giuridica e nuovi
modelli…………………………………………………………………….. 5
2. Il rapporto di filiazione alla luce della riforma…………………………….. 16
2.1.Verso l’equiparazione tra filiazione legittima e naturale……………… 16
2.2. Analisi delle modifiche al codice civile………………………………. 21
2.3. Le modifiche alla disciplina processuale e le deleghe al governo……. 25
3. Diritti e doveri nel rapporto genitori – figli 31
3.1. Diritti dei figli e corrispondenti doveri dei genitori tutelati a livello
costituzionale e nel codice civile………….…………………………. 31
3.2. Le novità introdotte dalla L. n. 219/2012……………………………. 49
4. La potestà dei genitori: il suo contenuto ed esercizio strumentale allo
sviluppo della personalità del minore……………………………………… 53
5. Dalla “potestà” alla “responsabilità” genitoriale………………………...... 63
CAPITOLO SECONDO
PROFILI DI RESPONSABILITÀ DEI GENITORI
1. La responsabilità endofamiliare per violazione dei doveri genitoriali……... 67
1.1 Rimedi previsti dal diritto di famiglia………………………................ 67
1.2 Cenni sulla responsabilità penale endofamiliare……………................ 80
2 L’affermazione della responsabilità civile nei rapporti familiari nella
evoluzione giurisprudenziale…………………………………………….. 84
2.1. Risarcimento del danno per violazione degli obblighi di cura e
assistenza materiale e per mancato adempimento del diritto-dovere di
visita del genitore non affidatario ..……………………….………...... 84
2.2. Nuove ipotesi di responsabilità civile, riguardanti la salute dei minori
e il diritto ai rapporti con gli ascendenti……………………………… 95
3 La responsabilità civile per i danni arrecati dai minori. Due sentenze della
Cassazione in merito a danni cagionati in ambito scolastico e sportivo… 103
4 La responsabilità per illecito dei minori………………………………… 111
4.1. La disciplina di cui all’art. 2048 c.c. …………………………………111
4.2. Le oscillazioni giurisprudenziali in merito alla natura di tale forma di
responsabilità e alla portata della prova liberatoria a carico dei
genitori……………………………………………………………..... 116
CAPITOLO TERZO
LA RESPONSABILITÀ GENITORIALE E L’INTERESSE DEL
MINORE IN AMBITO COMUNITARIO
1 La tutela del minore e della famiglia nella cultura giuridica
europea: la fissazione di principi comuni…………………………… 128
1.1. La Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione Europea…................. 128
1.2. Le difficoltà nella regolamentazione unitaria del diritto di famiglia.
Progetto di trattato che istituisce una Costituzione per l’Europa …. 132
2. Il ruolo degli atti convenzionali nelle questioni legate alle relazioni
familiari: la Convenzione Europea dei Diritti dell’ Uomo e gli altri
accordi tra gli Stati membri………………………….………………… 139
3. Gli interventi diretti attraverso i regolamenti comunitari……………… 147
3.1 In particolare il Regolamento comunitario in materia matrimoniale
e di responsabilità genitoriale n. 2201/2003: i punti caratterizzanti.149
3.2 L’influenza del nuovo regolamento in materia di sottrazione inter-
nazionale dei minori e di diritto di visita. Le indicazioni
della giurisprudenza sull’applicazione di tali norme…...……... 161
4. Diritto al rispetto della vita familiare e responsabilità dei genitori nella
giurisprudenza europea…...…………………………………................ 169
CONCLUSIONI…………………………………………………….…… 180
BIBLIOGRAFIA…………………………………………….……………183
GIURISPRUDENZA………….................................................................. 198
INDICE NORMATIVO………………………………………………….. 205
RINGRAZIAMENTI
In questo percorso universitario, sono tante le persone che hanno reso possibile il
raggiungimento di un traguardo tanto desiderato. Il mio primo pensiero va alla
mia famiglia, i miei genitori, Anna e Angelo, e mio fratello Davide, che in questi
anni non hanno fatto mai mancare il loro sostegno morale e psicologico,
condividendo con me ansie, difficoltà, ma anche le soddisfazioni ottenute. La
seconda persona a cui devo molto di quello che ho ottenuto, è la mia migliore
amica Giuditta, che mi ha sempre incoraggiato a non mollare e a tenere duro,
guardando dritto verso l’obiettivo. Un ringraziamento particolare va alla mia
relatrice, Adriana ADDANTE, che ha seguito personalmente questo lavoro di
ricerca fornendo anche preziosi consigli in merito all’organizzazione del materiale
e alla stesura. Il mio pensiero va, inoltre, alle persone che hanno reso le mie
giornate universitarie piene di confronti e allegria: ognuna di loro, anche se ha
condiviso un piccolo pezzo di questa salita, ha avuto un ruolo fondamentale. Un
particolare ringraziamento rivolgo anche alle mie amiche Mariarosaria ed
Elisabetta con cui, condividendo il mio stesso percorso sin dal primo anno di
università, abbiamo avuto modo di conoscerci a fondo e non sono mancate le
occasioni per infonderci forza e sostegno reciproco. Sarebbero ancora tante le
persone da elencare, ma ognuna di loro, soprattutto chi mi è ancora vicino, sa
quanto devo alla loro disponibilità di ascoltare ogni mio dubbio, ai loro consigli e
suggerimenti, o semplicemente alla loro capacità di ricordarmi continuamente
che nulla è impossibile se crediamo davvero agli obiettivi che ci siamo posti.
1
Premessa
L’attenzione crescente della dottrina e della giurisprudenza verso i cambiamenti
nelle relazioni familiari e l’emergere di nuovi “modelli” di famiglia nella società,
hanno portato il legislatore italiano a modificare progressivamente la
regolamentazione dei rapporti giuridici in ambito familiare.
Dal 1942 ad oggi sono stati introdotti cambiamenti significativi nella disciplina
del rapporto di filiazione. Da ultimo, il d. lgs. n. 154 del 2013, in attuazione della
legge delega n.219 del 10 dicembre 2012, ha eliminato la netta diversità tra lo
stato di figlio legittimo e lo stato di figlio naturale (esemplificativo di ciò è il
nuovo articolo 315 c.c.), adeguandosi alle indicazioni derivanti, non solo dalla
nostra Carta Costituzionale, ma anche da importanti atti approvati a livello
Comunitario e dalla interpretazione data ai principi in essi contenuti dalla
giurisprudenza delle Corti europee. Esso non prevede solo la sostituzione delle
espressioni ‘figli legittimi’ e ‘figli naturali’ con quelle ‘figli nati nel matrimonio’ e
‘figli nati fuori dal matrimonio’ ma, tra le innovazioni più importanti, vi è
sicuramente quella di dedicare un intero titolo del libro primo del codice civile
(titolo IX) alla ‘potestà dei genitori’ e ai ‘diritti e doveri dei figli’. Sono stati
inseriti in unico articolo i diritti che derivano ai figli dal rapporto di filiazione (art.
315-bis, che riconosce espressamente anche diritti non previsti dagli articoli 147
e 148 c.c. ,anch’essi modificati): un riconoscimento esplicito e così ampio dei
diritti del figlio porta, anche il nostro ordinamento, a superare quella concezione
arcaica che vedeva nel figlio un oggetto di poteri altrui e non un soggetto
prioritario di diritti inviolabili e sovraordinati. Dopo aver analizzato
dettagliatamente i diritti e doveri dei figli (che costituiscono specularmente degli
obblighi a carico dei genitori) e quindi i comportamenti che i genitori devono
tenere per garantirne una piena attuazione, si sottolinea un’altra importante svolta
nella disciplina del rapporto genitori-figli. Nella disciplina della potestà dei
genitori ( tale termine indica l’insieme dei doveri e poteri decisionali che
l’ordinamento attribuisce in capo ai genitori), vi è stato un positivo mutamento di
prospettiva, introducendo anche nel nostro ordinamento il concetto di
‘responsabilità genitoriale’, che inquadra il ruolo dei genitori non più come un
2
potere-dovere esercitato in posizione di disparità, bensì come collaborazione ed
indirizzo, in un piano di parità e nel rispetto della personalità del minore
(significativo in tal senso è il nuovo articolo 316 c.c. rubricato , appunto,
‘Responsabilità genitoriale’).
L’importanza del compito dei genitori nella loro opera di sostegno ,economico e
morale, per favorire il processo formativo del minore, comporta la predisposizione
di una serie di conseguenze quando sussiste la violazione dei doveri inerenti
all’esercizio delle responsabilità genitoriale. Al di là dei casi in cui il
comportamento del genitore arriva ad integrare una fattispecie penale, anche il
codice civile prevede degli strumenti specifici per sanzionare quel genitore che
abbia dimostrato, con la sua condotta, un “cattivo” esercizio della responsabilità
genitoriale recando pregiudizio ai minori: questi vanno da quello più incisivo che
è la pronuncia di decadenza dalla responsabilità genitoriale, ai provvedimenti che
ne limitano o condizionano l’esercizio, fino alla possibilità per il giudice di
emanare ,anche d’ufficio i provvedimenti più opportuni nell’interesse della prole
(in merito a tali provvedimenti le uniche modifiche apportate dal legislatore del
2012 hanno interessato la competenza giurisdizionale che non è più esclusiva del
Tribunale per i minorenni). Nonostante esista un vero e proprio sistema di misure
volte al soddisfacimento degli interessi dei minori violati a causa
dell’inadempimento degli obblighi genitoriali, anche in questo settore hanno
trovato spazio le tradizionali tecniche della responsabilità civile: da alcune
sentenze, di legittimità e di merito, si evince l’affermarsi di un orientamento che
ha portato ad una interpretazione e a una applicazione degli artt. 2043 e 2059 c.c.
rivoluzionarie. Si è arrivati ad ampliare sempre più le ipotesi di danno risarcibile a
favore dei minori, anche nei casi riguardanti la salute degli stessi (si è anche
sviluppato il sub-settore della responsabilità da procreazione) e il diritto ai
rapporti con gli ascendenti. La titolarità della responsabilità genitoriale e la
possibilità di incidere sull’educazione dei figli determina anche la responsabilità
civile dei genitori per le conseguenze negative dei loro comportamenti che
ricadono su terze persone. La particolarità di questa ipotesi di responsabilità
civile, che vede il referente normativo negli artt. 2047 e 2048 del c.c., sta nella
difficoltà ad individuarne il criterio di imputazione e il contenuto della prova
3
liberatoria a carico dei genitori. Esemplificative, anche in questo caso, sono le
sentenze analizzate che in alcuni casi hanno dimostrato un orientamento rigoroso,
rendendo impossibile per i genitori andare esenti da responsabilità e in altri casi
hanno utilizzato una linea più ‘morbida’, riconoscendo al figlio anche limitati
margini di autonomia.
Alla base di questa importante conquista, vi è il cammino intrapreso in ambito
Comunitario, con importanti atti comunitari che tutelano il diritto al ‘rispetto della
vita privata e familiare’( Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti
dell’Uomo e delle libertà fondamentali) e, in particolare, la Carta dei Diritti
fondamentali dell’Unione Europea dedica particolare attenzione ai diritti del
bambino, tra cui quello di frequentare entrambi i genitori e di esprimersi in merito
alle situazioni che lo interessano: il minore diventa così soggetto di diritto, in
quanto destinatario diretto della tutela. Ma il merito di aver introdotto per la prima
volta il concetto di ‘responsabilità genitoriale’ si deve al regolamento n.
2201/2003 in materia matrimoniale e di responsabilità genitoriale (che integra e
sostituisce quanto già stabilito da due Convenzione europee). Tale importante
strumento regola dettagliatamente la competenza, il riconoscimento e l’esecuzione
delle decisioni in materia matrimoniale e di responsabilità genitoriale in tutti gli
Stati membri dell’Unione Europea (ad eccezione della Danimarca) e prevede dei
rimedi contro l’abuso dei diritti compresi nel concetto di responsabilità
genitoriale (diritto di affidamento e di visita) per impedire il trasferimento del
minore in un Paese diverso da quello di residenza abituale, senza il consenso
dell’altro genitore, o senza l’autorizzazione dell’autorità giudiziaria. Inoltre ha
codificato una definizione ampia di responsabilità genitoriale, che riunisce sotto di
sé sia la nostra “potestà genitoriale” intesa come potere-dovere dei genitori sui
figli minorenni, sia la protezione dei minori che si trovino, in senso lato, in
situazione di difficoltà (si applica anche ‘alle misure di protezione del minore,
indipendentemente da qualsiasi nesso con un procedimento matrimoniale’).
Indicazioni significative sia per l’applicazione delle nuove norme regolamentari,
sia per riempire di contenuti i principi sanciti a livello europeo sono state fornite
da importanti sentenze sia della Corte di Giustizia delle Comunità Europee, sia
dalla Corte Europea dei Diritti Dell’Uomo. Riguardo alla tutela dei diritti dei figli
4
minori nella relazione con i genitori, in funzione del loro superiore interesse: da
un lato è stata accolta una nozione ampia del concetto di ‘famiglia’, così da
ritenere rilevante a tal fine esclusivamente l’accertamento del legame biologico tra
genitore e figlio; dall’altro ha individuato dei precisi obblighi, sia negativi che
positivi, a carico dello Stato per aiutare i genitori a superare eventuali difficoltà di
relazione con il minore e a ricostituire il nucleo familiare. Dall’esame di alcune
sentenze , soprattutto in tema di sottrazione internazionale di minori, si ricava che
particolare importanza deve essere riconosciuta al superiore e preminente
interesse del minore e che occorre porre estrema attenzione al caso concreto: non
è sufficiente una applicazione meccanica delle norme regolamentari, ma occorre
valutare quale sia la decisione migliore nella situazione complessiva in cui è
inserita la relazione genitore/figlio, per garantire al minore le migliori condizioni
di sviluppo possibili.
5
CAPITOLO PRIMO
IL RAPPORTO DI FILIAZIONE E LE INNOVAZIONI INTRODOTTE
CON LA L. 10.12.2012 n.219
1. L’evoluzione della famiglia nella società moderna: tutela giuridica e
nuovi modelli
Il gruppo familiare è la prima aggregazione di soggetti ed è l’articolazione
fondamentale di ogni società, fondata su vincoli di affetto e solidarietà, luogo di
formazione delle nuove generazioni alle quali trasmettere cultura, valori morali e
beni materiali. I modelli di famiglia non sono tuttavia costanti, ma evolvono di
epoca in epoca, subendo l’influenza dell’organizzazione sociale, economica e
culturale1. Fino all’epoca pre-industriale si parlava di famiglia parentale o estesa,
intesa come aggregazione di persone aventi comune ascendenza e dominate dalla
potestà, perpetua e sovrana, del padre. Col diffondersi del fenomeno di
industrializzazione e di quello, connesso, di urbanizzazione, l’evoluzione del
costume porta alla luce un modello di famiglia più ristretto, ovvero quello della
“famiglia nucleare” , intesa come insieme stabile di un uomo e di una donna legati
da matrimonio e ampliato in conseguenza della nascita dei figli i quali, almeno
fino al compimento della maggiore età, convivono con i genitori. Attualmente, a
seguito di alcune disposizioni di legge2 si delinea anche il concetto di “famiglia
convivente”, inteso come un insieme di familiari coabitanti nel medesimo luogo;
vi è anche il concetto di ‘famiglia anagrafica’, quale insieme di persone legate da
matrimonio, parentela, vincoli affettivi, etc., coabitanti e aventi dimora abituale
nello stesso comune e, infine, quello di ‘famiglia lavorativa’ rilevante ai sensi
degli artt. 2083 e 230-bis c.c., quest’ultimo in merito all’impresa familiare.3-4
_____________________________________________
1 BESSONE M., ALPA G., D’ANGELO A., FERRANDO G. e SPALLAROSSA M.R., La famiglia
nel nuovo diritto. Principi costituzionali, riforme legislative, orientamenti della giurisprudenza,
Bologna, 2002, p.1. 2
Art.6 l. n. 392/1978, stabilisce che in caso di morte del conduttore, gli succedono, nel rapporto di
locazione, il coniuge, i parenti e gli affini <<con lui abitualmente conviventi>>; art. 1023 c.c. ,
parifica ai <<familiari>>,le persone conviventi con il titolare del diritto di abitazione, per prestare
a lui, o alla sua famiglia, i loro servizi. 3 Art.4 d.p.r. 30 maggio 1989, n. 223.—concetto di famiglia anagrafica.
4 SESTA M., Manuale del diritto di famiglia, Padova, 2009,p.4,7.
6
Un tempo la famiglia assolveva ad un numero molto ampio di funzioni: tenendo
presso di sé gli anziani, si faceva carico del loro mantenimento, cura ed assistenza.
Accanto alla funzione assistenziale, la famiglia, almeno nelle categorie sociali più
elevate, aveva funzioni educative e i figli venivano istruiti in famiglia, da
precettori; aveva anche una importante funzione economica, in quanto mediante il
matrimonio, permetteva di conservare e accrescere il patrimonio, di trasferire la
proprietà, di incrementarne la consistenza.
Oggi, con l’intervento dello Stato, che si definisce appunto assistenziale, perché si
fa carico di molte funzioni di assistenza (ospedali, ricoveri), di educazione (scuola
dell’obbligo), di attività sociali (asili nido, consultori, parchi di divertimento,
luoghi e servizi di ricreazione) la famiglia ha modificato il suo ruolo vitale. La sua
funzione economica è diminuita: non si lavora più, normalmente, nell’ambito
della famiglia, ma il lavoro viene svolto al di fuori di essa, in fabbrica, negli
uffici; il matrimonio ha perso quella che era la sua funzione patrimoniale. Non si
può però negare che ancor oggi la famiglia abbia un ruolo insostituibile e
rilevante. Recentemente, anche a seguito di mutate condizioni economiche dei
Paesi occidentali, sembra si stia registrando il ritorno al privato, alla riscoperta
della funzione primaria della famiglia: l’utilità, oltre che la necessità, dei rapporti
familiari. Inoltre, nonostante la famiglia nucleare è l’ipotesi vitale di gruppo
familiare, ancora oggi sotto diversi profili sono rilevanti i rapporti di parentela e
affinità, si pensi a quanto prescritto in tema di adozione, di obblighi alimentari e
successione ereditaria.5-6
I rapporti familiari sono disciplinati oltre che da norme di comportamento poste
_______________________________ 5 BESSONE M., ALPA G., D’ANGELO A., FERRANDO G. e SPALLAROSSA M.R., La famiglia
nel nuovo diritto. Principi costituzionali, riforme legislative, orientamenti della giurisprudenza,
Bologna, 2002,p. 1-3; BONILINI G., Manuale di diritto di famiglia, Torino, 2010, p.5. 6
Art. 44, lett.a) l. n. 184/1983: “1. I minori possono essere adottati anche… a) da persone unite al
minore da vincolo di parentela fino al sesto grado o da preesistente rapporto stabile e duraturo,
quando il minore sia orfano di padre e di madre;…” ; art. 433 c.c.: “ All'obbligo di prestare gli
alimenti sono tenuti, nell'ordine:1) il coniuge;2) i figli, anche adottivi, e, in loro mancanza, i
discendenti prossimi; 3) i genitori e, in loro mancanza, gli ascendenti prossimi; gli adottanti…”;
art. 572 c.c. : “Se alcuno muore senza lasciare prole, né genitori, né altri ascendenti, né fratelli o
sorelle o loro discendenti, la successione si apre a favore del parente o dei parenti prossimi, senza
distinzione di linea.”
7
dalla morale, dal costume, dalla religione, anche da norme più propriamente
giuridiche. Anche le norme giuridiche, a tutela della famiglia, hanno seguito
l’evoluzione sociale che ne ha modificato le caratteristiche nel corso degli anni.
La disciplina della famiglia, accolta nel libro primo del codice civile approvato
definitivamente ed entrato in vigore già nel 1939, riflette l’immagine di una
famiglia autoritaria: la direzione della famiglia spettava al marito e la donna aveva
un ruolo inattivo. In particolare, “la moglie segue la condizione civile del marito
ed è obbligata ad accompagnarlo dovunque egli crede di fissare la sua residenza; è
il ruolo di un soggetto da proteggere e che il marito deve tenere presso di sé,
somministrandole ‘tutto ciò che è necessario ai bisogni di vita in proporzione
delle sue sostanze’7. Le situazioni dei coniugi sono, in questa logica, su evidenti
piani differenti e al marito vengono ascritte responsabilità, diritti e doveri diversi
da quelli che, invece, vengono ricondotti alla posizione della moglie.”8.
A soli otto anni dalla entrata in vigore del primo libro e a cinque dalla
codificazione le diverse forze politiche si resero conto che le norme in materia di
famiglia non facevano che cristallizzare un costume sociale arretrato.
Con l’introduzione dei princìpi accolti nella Costituzione in materia di rapporti
familiari si delinea una immagine di famiglia contrapposta a quella del codice
civile.
Fondamentale importanza rivestono le norme costituzionali di cui agli artt. 29, 30
e 319. Da queste norme emerge un progetto politico-sociale in tema di famiglia,
che ne evidenzia il ruolo di associazione primaria all’interno della società,
meritevole non solo di tutela, ma , altresì, di aiuto e di stimolo, sempre nel rispetto
_________________________
7 Art. 144 c.c. sulla potestà maritale e 145 c.c. del testo abrogato.
8 RUSCELLO F. in L’uguaglianza dei coniugi e il capo di famiglia: una critica della patria
potestà a cura di MODUGNO F., in Giur. Cost. ,1964 , 16. 9
Art. 29: “La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul
matrimonio.”29 cpv. che riconosce la piena uguaglianza morale e giuridica dei coniugi; 30, primo
e terzo comma, che sancisce l’eguaglianza, sociale e giuridica, dei figli nati in costanza di
matrimonio e dei figli nati al di fuori dello stesso; 31, che, riconoscendo l’importanza della
famiglia come nucleo fondamentale dell’organizzazione sociale, stabilisce che la Repubblica deve
agevolare “ con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e
l’adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose”.
8
del valore dell’autonomia del gruppo familiare. Infatti “la formula società
naturale non si deve intendere come fondativa di un superiore interesse
dell’istituzione ma, più semplicemente, come “garanzia costituzionale di rispetto
dell’autonomia familiare, nel concreto interesse dei singoli ad ordinare in modo
originale e libero i loro rapporti di famiglia”10
. Ciò significa garanzia di
autodeterminazione e auto-normazione della famiglia, intesa come entità a sé
stante, preesistente allo Stato. È pur vero che la Costituzione attribuisce alla
famiglia legittima una posizione di privilegio, indicando nella unione
matrimoniale una “forma giuridica della convivenza di coppia obiettivamente
insuperabile per garanzie di certezza, stabilità dei rapporti e serietà
dell’impegno”11
. Questo, però, non significa che le stesse garanzie offerte alla
famiglia legittima, non siano da estendere anche alla famiglia di fatto, rilevante
non solo come ‘famiglia’, ma anche come ‘formazione sociale’(art.2 Cost.) nella
quale i membri possono esprimere la propria personalità. Anche le norme previste
dagli artt. 30 e 31 in materia di filiazione e diritto dei minori hanno una forte
portata innovativa del sistema tradizionale, che da sempre esprime la tendenza a
intravvedere nel ‘minore’ un soggetto privo di capacità d’agire, e quindi
necessariamente soggiogato alla volontà indiscutibile dei genitori. Le direttive
della Costituzione, non solo escludono la legittimità di metodi educativi
autoritaristici, ma si propongono di delineare un sistema nel quale al minore deve
essere assicurata la massima “assistenza” nel suo significato più ampio. Il minore
nella famiglia trova la prima formazione sociale ove necessariamente si sviluppa e
matura la sua personalità, in un clima di libertà e scelta autonoma dei valori; e
nella stessa famiglia, prima ancora che in aggregazioni sociali più ampie, gli
debbono essere garantiti i diritti civili che la Costituzione prevede per ciascun
cittadino: rispetto dei diritti inviolabili (art.2), delle opinioni religiose (art.8) e
politiche (artt.17, 18, 19), manifestazione libera delle proprie opinioni (art.21), il
diritto alla salute (art.32), all’esistenza libera e dignitosa nella famiglia lavoratrice
(art.35 segg.), ad una educazione libera.
_________________________
10 BESSONE, Commentario della Costituzione, diretto da G.Branca, sub artt.29, 30, 31, Bologna-
Roma, 1976. 11
SCHLESINGER, L’unità della famiglia ,in Studi Sassaresi (Famiglia e società sarda), Milano,
1971,pp. 367 segg.
9
“Il dovere che la Costituzione riconosce ai genitori di provvedere all’educazione,
all’istruzione e al mantenimento dei figli, non può considerarsi un diritto
soggettivo assoluto, ma anzi deve considerarsi come “officium” e deve esplicarsi
nella ricerca delle migliori forme educative per assicurare al minore lo sviluppo
integrale della sua personalità”12
. Dapprima è stata la Corte Costituzionale,
attraverso le sue sentenze, ad adeguare le norme del codice civile e molte altre
norme dell’ordinamento ai principi della Costituzione13
. Il 23 aprile 1975, con
l’approvazione definitiva da parte della Camera dei Deputati di un progetto
unificato, si conclude la lenta e difficile elaborazione della riforma del diritto di
famiglia, avviata già dagli anni cinquanta.
Le innovazioni più importanti introdotte dalla riforma sono: l’innalzamento
dell’età per contrarre matrimonio; l’ampliamento delle cause di invalidità del
matrimonio e l’abolizione della ‘colpa’ come causa di separazione personale; Il
rapporto paritario tra i coniugi nella direzione della famiglia, sia in relazione ai
rapporti ‘personali’, che in relazione ai rapporti patrimoniali e ai rapporti con i
figli; l’introduzione del regime di comunione dei beni; l’abolizione della dote e la
sostituzione del patrimonio familiare con l’istituto del fondo patrimoniale;
l’attribuzione della legittimazione ad agire per il disconoscimento della paternità
anche alla madre e al figlio; il riconoscimento dei figli adulterini e l’ammissibilità
di una illimitata ricerca giudiziale della paternità naturale; il miglioramento della
posizione successoria del coniuge e dei figli naturali e la previsione
dell’intervento del giudice nei casi di contrasto tra coniugi nella direzione della
vita familiare. L’aver posto sul medesimo piano il marito e la moglie nella
direzione della vita familiare e nella “gestione” del rapporto educativo con i figli è
uno dei meriti fondamentali della riforma che ha dato attuazione al principio di
eguaglianza in senso giuridico, ma soprattutto in senso morale: la potestà maritale
era in contrasto con la collaborazione spirituale, che domina il matrimonio, e con
il principio-base della pari dignità sociale, sancito dall’art. 3 Cost.
_________________
12 DOGLIOTTI, Principi della Costituzione e ruolo sociale della famiglia, in Dir. fam. pers.,
1977, p.1488. 13
BESSONE M., ALPA G., D’ANGELO A., FERRANDO G. e SPALLAROSSA M.R., La
famiglia nel nuovo diritto. Principi costituzionali, riforme legislative, orientamenti della
giurisprudenza, Bologna, 2002,p.9, 14-18.
10
Emerge ,quindi, non solo un nuovo modo di intendere il ruolo della donna nella
famiglia, ma una nuova concezione dei rapporti uomo-donna: nel riconoscere alla
donna un ruolo paritetico a quello dell’uomo le si allocano anche nuove forme di
responsabilità; le si richiede di collaborare alla gestione dei rapporti familiari
(principio della pari responsabilità o, più precisamente, della pari
autoresponsabilità).14
Anche la posizione del minore, nell’ambito della famiglia, viene rivalutata: il
minore è considerato sotto l’aspetto di figlio, ed i suoi rapporti con i genitori sono
improntati al principio di libera espressione della sua personalità. Il riservare al
minore una posizione di rilievo nella compagine familiare è stato individuato, in
molte occasioni, come criterio risolutivo di contrasti interni: l’interesse dei figli.
L’intervento del giudice nella “amministrazione” dei rapporti familiari costituisce,
infine, l’aspetto certamente più innovativo della riforma. Il ricorso ad un soggetto
estraneo ai membri della famiglia non comporta, nello spirito della riforma, una
composizione imposta delle controversie, che limita di fatto la libertà e autonomia
dei membri della famiglia. Infatti, si prevede il ricorso al giudice solo in casi
eccezionali, riguardanti il disaccordo coniugale sull’educazione dei figli e per altri
motivi particolarmente gravi. In alcuni casi il ricorso deve avvenire
congiuntamente da parte di marito e moglie e prima di esprimere il proprio
convincimento, il giudice deve sentire le opinioni dei coniugi, raggiungendo ,se
possibile, una soluzione concordata15
. Si delinea in tal modo un intervento
giudiziale “positivamente informato all’esigenza di non violare l’autonomia
familiare con decisioni imposte ab externo, e che comunque si uniforma in modo
esemplare al principio di eguaglianza dei coniugi”16
.
__________________ 14
ID., ibidem,p.27; BONILINI G., Manuale di diritto di famiglia, Torino, 2010, p. 20. 15
Si pensi al procedimento ex art. 316 c.c. quando sussiste tra i genitori su questioni di particolare
importanza o al procedimento di separazione dove il presidente del tribunale deve prima esperire
un tentativo di conciliazione. 16
BESSONE M., ALPA G., D’ANGELO A., FERRANDO G. e SPALLAROSSA M.R ., La
famiglia nel nuovo diritto. Principi costituzionali, riforme legislative, orientamenti della
giurisprudenza, Bologna, 2002, p.28 ss.
11
La riforma è stata dedicata alla soluzione dei problemi più gravi che si erano
manifestati all’interno della famiglia, nelle relazioni tra marito e moglie, nella
posizione della donna, nel ruolo dei figli, ecc. Non ha invece risolto i problemi
relativi alla socializzazione della famiglia, in particolare i rapporti tra la famiglia e
lo Stato: lo Stato viene via via assumendosi i compiti che un tempo erano della
famiglia, come l’educazione prescolastica, l’istruzione obbligatoria, l’assistenza
sanitaria. La famiglia, quindi, da società chiusa, diviene una comunità aperta,
nella quale matura la personalità dei singoli membri, in un modo il più possibile
naturale, e che viene aiutata in questo compito dallo Stato. L’intervento dello
Stato opera in funzione propulsiva dello sviluppo della personalità dei singoli
membri: quando nel linguaggio dei Costituenti si fa riferimento ai diritti della
famiglia, non si vuole accreditare l’idea di una entità a sé stante, che trascende
l’individuo, ma ciò che la Costituzione intende garantire è essenzialmente
“l’interesse che ciascun membro della famiglia ha in comune con gli altri a
tutelare la vita intima del gruppo, opponendosi a iniziative o comportamenti di
ciascuno dei membri o di terzi che potrebbero turbarne l’ordine interno”, ovvero il
rispetto di quelle situazioni di equilibrio e dei valori fondamentali su cui si fonda
“la vita della comunità familiare”17
.
La riforma, quindi, sotto molti profili riflette solo in parte quella che è la realtà
sociale della famiglia d’oggi. Se la famiglia legittima è sempre il modello
normativo di riferimento, essendo questa disciplinata in via esclusiva dal codice e
dalla Costituzione, nel tessuto sociale i “modelli di famiglia” risultano assai più
numerosi ed in rapida evoluzione, basati a volte su vincoli giuridici, ma non di
coniugio (famiglie composte da genitori e figli naturali, ‘famiglie ricombinate’,
nate da precedenti matrimoni o unioni, vincoli nascenti dall’adozione o
dall’affidamento), altre volte su rapporti di convivenza (famiglia di fatto,
convivenza con figli dell’altro coniuge o del convivente), o su rapporti di
_______________________ 17
BESSONE M., ALPA G., D’ANGELO A., FERRANDO G. e SPALLAROSSA M.R ., La
famiglia nel nuovo diritto. Principi costituzionali, riforme legislative, orientamenti della
giurisprudenza, Bologna, 2002, p. 36; CAMPAGNA, Famiglia legittima e famiglia adottiva,
Milano, 1966, p.21 segg.
12
procreazione non tradizionali o, ancora, sollecitate da necessità esistenziali di
sopravvivenza (convivenze tra anziani o tra giovani e anziani con finalità
assistenziali). Per questo alcuni autori parlano di nuove famiglie richiamando così
l’attenzione sull’emergere di fenomeni di aggregazioni di tipo familiare’18
.
Il passaggio dalla famiglia alle famiglie si coglie anche se si considera il
riferimento a culture, stili di vita, pluralità di valori che animano le diverse
esperienze: se un tempo la cultura cattolica offriva i valori comuni alla gran parte
dei cittadini italiani, oggi si assiste al formarsi di “un pluralismo etico di cui
occorre tenere conto anche nella formazione delle regole giuridiche, dovendo
queste essere orientate a rendere compatibili le diverse concezioni e stili di vita”.19
Di ciò deve tener conto il legislatore nel progettare regole per il futuro, ma anche
lo stesso giudice nel dare contenuto a clausole generali come quella dell’interesse
del minore o dei gravi motivi per contrarre matrimonio, bisogni della famiglia e
così via, intendendoli non in senso assoluto e uniforme, ma variabile e relativo
alle diverse esperienze familiari ed ai valori da queste espressi.20
L’interesse della
famiglia di cui si parla in varie norme non va inteso come interesse unico riferibile
a tutte le famiglie che vivono nell’ambito di una società e di un ordinamento, ma
impone al giudice di scendere sul terreno delle singole famiglie e apprezzarne gli
interessi effettivi. Perciò parlare di famiglie , al plurale, significa muovere da un
dato già presente nel sistema positivo, valorizzando altri fenomeni che oggi
affiorano con particolare insistenza e che appartengono alla categoria iscritta ad
apertura della nostra Carta Costituzionale : l’art.2 sulle formazioni sociali, tra le
quali non ci sono soltanto quelle tipiche, consacrate nel testo, ma vanno
riconosciute tutte le formazioni sociali preordinate allo sviluppo della persona.
_______________________________________ 18 RESCIGNO P., Le ‘ nuove’ famiglie, in Minorigiust., 2007, p.71. 19
RODOTA’ S., Modelli culturali e orizzonti della bioetica, in Questioni di bioetica, a cura di
Rodotà S., Roma-Bari, 1993 p.421. 20 BESSONE M., ALPA G., D’ANGELO A., FERRANDO G. e SPALLAROSSA M.R ., La
famiglia nel nuovo diritto. Principi costituzionali, riforme legislative, orientamenti della
giurisprudenza, Bologna, 2002, p.43-44.
13
Perciò le aggregazioni diverse dalla famiglia fondata sul matrimonio sono da
annoverare tra le formazioni sociali a cui la Costituzione garantisce una tutela
rafforzata.21
Alcuni interventi della Corte Costituzionale si possono segnalare
come occasioni di un autentico rinnovamento della disciplina civilistica dei
rapporti familiari.
Espressiva del mutevole rapporto tra famiglia e società, tra famiglia e Stato è la
sentenza della Corte sul cognome del figlio disconosciuto22
. Il cognome,
tradizionalmente inteso come indice di appartenenza ad una famiglia, rappresenta
il segno esteriore dello status. Tuttavia, oggi, emerge la tendenza a considerare il
cognome non solo come indice di appartenenza ad una famiglia, ma piuttosto
come strumento di identificazione della persona in quanto tale e perciò tutelabile
anche quando sia venuto meno il rapporto familiare. La Corte, infatti, attribuisce
al figlio disconosciuto il diritto a conservare il “proprio” cognome, anche se non
più espressivo dell’appartenenza alla famiglia , in quanto segno dell’identità
personale e del suo autonomo collocarsi nella trama delle relazioni sociali.
È grazie agli interventi della Corte che si dilatano i confini dei principi generali,
come quello dell’interesse del minore: esso impone al giudice e ai genitori nel
rapporto con i figli, sia in costanza di convivenza (artt.147 c.c.), sia in occasione
della separazione o del divorzio (art.155 c.c.), sia al momento dell’inserimento in
una famiglia che sostituisca quella d’origine (affidamento, adozione), di
indirizzare le scelte educative al perseguimento dell’interesse del figlio, con
carattere di prevalenza rispetto ad altri interessi. La riforma con la disciplina del
secondo riconoscimento (art.250 c.c.) negando l’efficacia di esso, quando in
concreto contrasti con l’interesse del figlio, riconosce che un tale interesse può
escludere che una paternità biologicamente fondata possa dar luogo al
corrispondente status giuridico di figlio.
__________________________
21 RESCIGNO P., Le ‘ nuove’ famiglie, in Minorigiust., 2007, p.73-74. Art. 2 Cost. : “La
Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle
formazioni sociali ove si svolge la sua personalità….”. 22
Corte cost. 3 febbraio 1994, n.13, Fam. e dir., 1994, p.135.
14
La Corte nella situazione simmetrica della dichiarazione giudiziale di paternità ha
dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art.274 c.c. nella parte in cui non
prevede che nel giudizio di ammissibilità dell’azione il giudice debba valutare se
l’accertamento giudiziale corrisponda o meno all’interesse del figlio23
. In
definitiva il principio dell’interesse prevalente del figlio, sposta l’attenzione dalla
“verità” genetica a valori spirituali e sociali di responsabilità. Così se da un lato si
assiste, sia nelle relazioni tra coniugi, sia nel rapporto tra genitori - figli, a
fenomeni di privatizzazione del diritto di famiglia e all’ampliarsi degli spazi di
autonomia, anche del minore: l’autonomia privata, che , durante l’autoritarismo
veniva sacrificata ravvisando nei doveri dei genitori un ufficio pubblico, viene
rivalutata; il ritorno al sistema dell’autonomia negoziale, trasferito dal rapporto tra
i coniugi, disciplinato nel segno dell’eguaglianza morale e giuridica, al rapporto
tra genitori e figli, si traduce nel valorizzare norme positive che già esistono
relative alla necessità di ascolto, che si risolve in una forma di partecipazione.24
Dall’altro l’autonomia dei genitori nello svolgimento del rapporto educativo
incontra, tuttavia, un limite nel preminente interesse del figlio, che giustifica
l’intervento pubblico. I poteri dei giudici minorili e dei servizi sociali sono stati
ampliati sia dalla nuova legge sull’adozione, sia dalla legge che prevede misure
contro la violenza nelle relazioni familiari e i provvedimenti che il giudice può
prendere in applicazione dell’art.333 cod. civ., o in materia di adozione e
affidamento, sono orientati alla salvaguardia dei diritti del figlio e, fin quando
possibile, al recupero delle relazioni familiari, nella prospettiva del superamento
delle situazioni di disagio, e di sostegno nello svolgimento delle responsabilità
familiari25
. L’idea è che il principale compito delle istituzioni nei confronti della
famiglia è quello di agevolarla nello svolgimento dei suoi compiti, sostenendola
con misure appropriate.
_________________ 23
Corte cost. 20 luglio 1990, n.341, in Giust. civ., 1990, p.2485. 24
RESCIGNO P., Le ‘ nuove’ famiglie, in Minorigiust., 2007, p.74-75. 25
L. 28 marzo 2001, n. 149 "Modifiche alla legge 4 maggio 1983, n. 184, recante «Disciplina
dell’adozione e dell’affidamento dei minori», nonché al titolo VIII del libro primo del codice
civile"; L. 4 aprile 2001, n. 154 “Misure contro la violenza nelle relazioni familiari” .
15
L’intervento pubblico nella sfera privata e familiare, non si presenta come
finalizzato ad ottenere la conformità dei comportamenti ad un modello ritenuto
normale, ma si giustifica nell’esigenza di promozione e tutela dei diritti
individuali, tende a coniugare autonomia e responsabilità, a valorizzare la
solidarietà come principio sul quale si fondano non solo le relazioni interne al
gruppo, ma anche quelle tra famiglia e società26
.
______________________
26 BESSONE M., ALPA G., D’ANGELO A., FERRANDO G. e SPALLAROSSA M.R ., La
famiglia nel nuovo diritto. Principi costituzionali, riforme legislative, orientamenti della
giurisprudenza, Bologna, 2002, p.44-47.
16
2. Il rapporto di filiazione alla luce della riforma
2.1. Verso l’equiparazione tra filiazione legittima e naturale.
La famiglia non ha una sua soggettività giuridica, non essendo un ente giuridico
che ha vita indipendente dai singoli componenti. Il ‘diritto di famiglia’, pertanto,
non disciplina la famiglia unitariamente intesa, bensì i singoli rapporti familiari.
Come ogni rapporto giuridico, le relazioni familiari sono caratterizzate da poteri-
doveri che, nella maggior parte dei casi, sono reciproci e di uguale contenuto e
che nel complesso caratterizzano lo status familiae, cioè la posizione che un
soggetto ha all’interno della comunità familiare.
In questo settore, l’autonomia privata trova uno spazio marginale: nella maggior
parte dei casi essa si esplica soltanto nella decisione di dar vita a un dato rapporto
familiare , rispettando le forme e formalità prescritte dalla legge per le varie
dichiarazioni di volontà negoziale familiare; non può estendersi alla deroga delle
norme, che contemplano i doveri dei coniugi e dei genitori, cui deve essere
prestata osservanza, pena l’applicazione di sanzioni civili (invalidità negoziale,
esecuzione forzata, risarcimento del danno) o sanzioni squisitamente penali (es.
art. 570 c.p. che riguarda la violazione degli obblighi di assistenza familiare).27
Tra i rapporti che derivano dall’appartenenza ad una famiglia, fondamentale è il
rapporto di filiazione. La filiazione ha giuridicamente due distinte accezioni: da
un lato indica il fatto da cui discende il rapporto di filiazione (può essere la
nascita, o in alcuni casi, come nelle adozioni, un provvedimento del giudice);
dall’altro indica il rapporto che ne discende, a cui l’ordinamento collega
molteplici diritti e doveri, sia in capo ai genitori, sia in capo ai figli.28
Il nostro ordinamento conosceva, sul piano degli effetti che ne derivano, la
fondamentale distinzione tra filiazione legittima, per i figli nati in costanza di
matrimonio, e la filiazione naturale, per i figli nati fuori del matrimonio.
______________________
27 SESTA M., Manuale del diritto di famiglia, Padova, 2009, p.8, 23 ss.
28 BONILINI G., Manuale di diritto di famiglia, Torino, 2010, p. 238.
17
La disciplina della filiazione è quella che ha subito le più ampie innovazioni nella
riforma del 1975, in quanto sollecitava un adeguamento delle norme del codice sia
ai principi costituzionali sia alla mutata coscienza sociale. I mutamenti dei
costumi e dei comportamenti delle famiglie, le nuove tecnologie riproduttive, il
diffondersi delle separazioni coniugali prima e, dopo il 1970, dei divorzi, la
pratica sempre più socialmente accettata della convivenza senza matrimonio
imponevano di rivedere la storica centralità che veniva riservata alla filiazione
legittima nella disciplina dei rapporti di filiazione. Tale esigenza si era tradotta in
altri ordinamenti nella regola secondo cui tutti i figli, per effetto dell’accertamento
dello status, hanno gli stessi diritti nei confronti dei genitori, da ultima la legge
tedesca 25 settembre 1997. In Italia tale regola valeva per la filiazione adottiva ,
ma non era formalmente sancita per la filiazione naturale.29
Anche nella Costituzione, negli artt. 29 e 30, all’affermazione dell’eguaglianza tra
coniugi e tra figli indipendentemente dalla propria origine viene fatta seguire la
previsione di limiti a tale eguaglianza30
: la dottrina conservatrice aveva chiarito
come, nel contesto di una Costituzione che pone tra i suoi principi fondamentali il
rispetto dei diritti della persona, la pari dignità e l’eguaglianza di tutti i cittadini
(artt.2 e 3) anche nell’ambito della famiglia i limiti all’eguaglianza dovevano
essere circoscritti a quelli resi necessari dall’esigenza di salvaguardare valori
altrettanto fondamentali. Così i diritti della famiglia legittima, a tutela dei quali
diviene ammissibile il sacrificio delle pretese dei figli naturali, venivano
identificati nell’unità e intimità della vita familiare31
.
Altra parte della dottrina e la giurisprudenza, invece, mettendo in risalto il primo
_______________ 29
Art. 27 l. n. 184 del 1983. 30
Art 29 co.2 :<< il matrimonio è ordinato sulla eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i
limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare.>>; art.30 co.3:<< la legge assicura ai figli
nati fuori dal matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei membri della
famiglia legittima.>>. 31
BESSONE M., ALPA G., D’ANGELO A., FERRANDO G. e SPALLAROSSA M.R., La
famiglia nel nuovo diritto. Principi costituzionali, riforme legislative, orientamenti della
giurisprudenza, Bologna, 2002, p.266. In tal senso BESSONE, Commentario della Costituzione,
diretto da G.Branca, sub artt.29, 30, 31, Bologna-Roma, 1976, e FERRANDO, Filiazione
(Rapporto di), in Enc. giur. Treccani, vol. XIV, Roma, 1989. Anche C. GRASSETTI, I principi
costituzionali relativi al diritto di famiglia, in Commentario sistematico alla Costituzione italiana
diretto da P. Calamandrei e A. Levi, Firenze, 1950, p.307.
18
comma dell’art.30 della Costituzione, affermavano che il rapporto di filiazione
deve essere garantito come “valore originale e non dipendente, qualunque ne sia il
titolo”32
.
Il codice civile italiano, in seguito alla riforma del 1975, in attuazione delle
disposizioni costituzionali, ha parificato i figli naturali e quelli legittimi per
quanto concerne l’aspetto relativo ai diritti e ai doveri derivanti dalla costituzione
del rapporto di filiazione. Il vigente art.261 c.c. stabilisce che “il riconoscimento
comporta da parte del genitore l’assunzione di tutti i doveri e di tutti i diritti che
egli ha nei confronti dei figli legittimi”. La Cassazione ha affermato che “nel
nostro ordinamento il riconoscimento del figlio naturale comporta, a norma
dell’art.261 c.c., tutti i doveri propri della procreazione legittima, compreso quello
dell’assunzione dello status genitoriale e , quindi, dell’obbligo di mantenimento, a
partire dalla nascita del figlio”33
. Permangono tuttavia alcune differenze tra
filiazione legittima e filiazione naturale: nella filiazione legittima, l’esistenza del
matrimonio, fa si che il rapporto si realizzi in una relazione che vede tre soggetti
protagonisti, tenuti a reciproci impegni di collaborazione; nella filiazione fuori dal
matrimonio, invece, l’assenza di un vincolo giuridicamente impegnativo tra i
genitori fa si che le relazioni del figlio con ciascuno dei genitori che lo ha
riconosciuto siano distinte ed autonome (art.258). Il figlio legittimo entra a far
parte della famiglia dei genitori, mentre è discusso se il figlio naturale instauri
rapporti di parentela con gli ascendenti e i collaterali del genitore che effettua il
riconoscimento. In altri ordinamenti europei, invece, la parificazione tra figli
legittimi e naturali è stata completamente realizzata da un punto di vista sia
sostanziale che formale. Nei vigenti ordinamenti svizzero, spagnolo e tedesco, la
condizione di figlio è unica, indipendentemente dal modo in cui venga accertata e
la legittimazione è stata abrogata (in questi casi c’è una ‘separazione’ tra
_________________________ 32
FALETTI E., La lunga strada dell’equiparazione tra filiazione legittima e naturale, in Vita Not.,
2007, p.3. Citazione testuale di P. Zatti, Rapporto educativo ed intervento del giudice, in
“ L’autonomia dei minori tra famiglia e società” (a cura di M. De Cristofaro, e A. Belvedere),
Milano, 1980, p.280.
33 Cass., 22 novembre 2000, n. 15063, in Giust. Civ., 2001, p.1296.
19
filiazione e matrimonio, in quanto la disciplina del rapporto di filiazione prescinde
dalla esistenza o meno del matrimonio dei genitori).34
Proprio per superare le residue differenziazioni è intervenuto in materia di
filiazione, da ultimo il d.lgs. 28 dicembre 2013, n.15435
che ha eliminato questa
netta diversità tra lo stato di figlio legittimo e lo stato di figlio naturale. Questo
intervento era necessario non solo per attuare pienamente il principio di
uguaglianza riconosciuto dalla Costituzione (art.3), ma anche perché la
concezione discriminatoria basata sulla nascita, è stata condannata espressamente
dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, che all’art.21 vieta
qualsiasi forma di discriminazione basata sulla nascita della persona. Inoltre a
livello internazionale, il combinato disposto dell’art.8 (diritto al rispetto della vita
privata e familiare) con l’art.14 ( divieto di discriminazione) della Convenzione
europea dei diritti dell’uomo (CEDU) costituisce il fondamento del divieto di
discriminazione tra figli legittimi e nati fuori dal matrimonio, così come
interpretato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo.36
La giurisprudenza della
Corte afferma che la protezione della vita privata e familiare implica la piena
tutela delle relazioni familiari e nell’ambito della protezione dell’art.8 CEDU
trovano tutela sia le relazioni fondate sul matrimonio, sia quelle tra genitori e figli
naturali. In particolare, la Corte di Strasburgo ha escluso che in nome del rispetto
della vita familiare sia possibile discriminare tra figli legittimi e naturali. È il fatto
stesso della nascita a far sorgere un legame tra genitore (o i genitori) e il minore37
.
La dottrina da tempo sosteneva che il dovere dei genitori verso i figli non deve
essere condizionato dalla legittimità o meno della filiazione e , in particolare, si
parla di responsabilità da procreazione38
.
________________________
34 BESSONE M., ALPA G., D’ANGELO A., FERRANDO G. e SPALLAROSSA M.R., La
famiglia nel nuovo diritto. Principi costituzionali, riforme legislative, orientamenti della
giurisprudenza, Bologna, 2002, p.264 ss. 35
“Revisione delle disposizioni vigenti in materia di filiazione” che ha attuato la delega di cui alla
legge 10 dicembre 2012 n. 219. 36
FASANO A.M., MATONE S., I conflitti della responsabilità genitoriale, Milano, 2013, p.217. 37
Corte europea dei diritti dell’uomo, 21 giugno 1988, Berrehab contro Paesi Bassi, in
www.echr.coe.int. Altre sentenze che fanno rientrare nella tutela di cui all’art. 8 anche la famiglia
di fatto: Corte Eur. D.U. 26.5.1994; Corte Eur. D.U. 13.7.2000 in www.echr.coe.int . 38
GIACOBBE G. ,Responsabilità per la procreazione ed effetti del riconoscimento del figlio
naturale, in Giust. Civ., 2005, p.370.
20
La giurisprudenza di legittimità, afferma che il precetto costituzionale “indirizza il
legislatore ad una regolamentazione del tema informata al principio del dovere del
genitore di mantenere, istruire ed educare i figli in funzione del solo fatto
materiale della procreazione e senza alcun vincolo con il riconoscimento formale
della paternità o maternità naturale”: il diritto al mantenimento deve trovare la
sua fonte immediata nel fatto della procreazione e non nello status di figlio
naturale.39
Il 14 Aprile 2007 il Governo aveva presentato alla Camera un disegno di legge
delega avente la finalità di unificare lo status di figlio, prevedendo l’eguale
trattamento giuridico dei figli a prescindere dalla nascita nel o fuori del
matrimonio e altri principi innovativi in merito al rapporto di filiazione. Alla fine
dell’iter parlamentare volto alla approvazione della legge delega al Governo per
una modifica sostanziale della materia della filiazione nella struttura del codice,
viene emanata la legge 219 del 2012: “Disposizioni in materia di riconoscimento
dei figli naturali”. L’idea di fondo del testo è eliminare ogni distinzione tra figli
legittimi e naturali e uniformare il loro diritto al mantenimento, al godimento delle
relazioni parentali ed al sostegno morale e materiale, con delega al Governo per la
revisione delle disposizioni in materia. La riforma realizza una vera e propria
rivoluzione culturale : oggi tanto sul piano sociale quanto sul piano dei rapporti
giuridici, personali e patrimoniali, il figlio “naturale”, in passato definito “figlio
illegittimo”, vede riconosciuta una posizione pari a quella del figlio “legittimo”.40
____________________ 39
Cass., 1 aprile 2004, n.6365, in Fam. e Dir.,2005, p.31.
40 FASANO A.M., MATONE S., I conflitti della responsabilità genitoriale, Milano, 2013,p. 222-
225.
21
2.2. Analisi delle modifiche al codice civile
La disposizione centrale attorno al quale ruota l’intera legge è quella relativa
all’art.315 del codice, rubricato ‘Stato giuridico della filiazione’. A questa norma
si collega quella che ha modificato l’art. 74 c.c. e il nuovo art.258 c.c. secondo
cui il riconoscimento produce effetti non solo riguardo al genitore da cui fu fatto,
ma anche riguardo ai parenti di esso.41
In forza di queste disposizioni , il soggetto- una volta conseguito lo stato di figlio
a seguito della nascita da genitori coniugati, del riconoscimento o della
dichiarazione giudiziale- diventa parente delle persone che discendono dallo
stipite dei suoi genitori: egli quindi entra a far parte della loro famiglia (estesa),
indipendentemente dal fatto che sia stato concepito nel, fuori o contro il
matrimonio. Ciò vale anche per il figlio nato da genitori tra loro parenti che, in
base al nuovo testo dell’art.251 c.c., può essere riconosciuto, previa
autorizzazione del giudice, avuto riguardo all’interesse del figlio e alla necessità
di evitare allo stesso qualsiasi pregiudizio. Da ciò ne consegue che la nozione di
famiglia legale, non appare più necessariamente fondata sul matrimonio, il quale
non è più un presupposto necessario per dar vita a relazioni legalmente familiari.
Inoltre pare affievolirsi, fino forse ad annullarsi, il principio della compatibilità
della tutela giuridica e sociale dei figli nati fuori dal matrimonio con i diritti dei
membri della famiglia legittima. Tale tema venne in risalto quando , a seguito
della riforma del diritto di famiglia, venne modificata la disposizione dell’art.566
c.c., che equiparò figli legittimi e figli naturali ai fini della successione ai genitori.
Tuttavia in questo caso non si ritenne questa disposizione confliggente né con
________________________ 41
Art.315 c.c. : “tutti i figli hanno lo stesso stato giuridico”; art. 74 c.c.: “la parentela è il vincolo
tra le persone che discendono da uno stesso stipite, sia nel caso in cui la filiazione è avvenuta
all’interno del matrimonio, sia nel caso in cui è avvenuta al di fuori di esso, sia nel caso in cui il
figlio è adottivo”.‘L’art.258 ante-riforma stabiliva che la parentela non aveva alcuna rilevanza
giuridica al di fuori del rapporto tra genitore e figlio-riconosciuto, tranne alcune eccezioni, es.
art.433 n.3 c.c. dove tra gli obbligati a corrispondere gli alimenti, in mancanza dei genitori, ci sono
gli ascendenti prossimi anche naturali e gli adottanti. Questo determinava una ingiustificata
discriminazione a carico dei figli naturali: limitando il legame parentale nella filiazione fuori dal
matrimonio al mero rapporto genitore-figlio, non si potevano considerare giuridicamente fratelli i
figli nati da genitori non sposati e ciò poneva dubbi di costituzionalità in riferimento agli articoli 3
e 30 della Costituzione.’ PORCELLI M., Note preliminari allo studio sull’unificazione dello stato
giuridico dei figli, in Dir. fam. per., 2013, p. 659-660.
22
art.29 né con l’art.30 della Costituzione, sul presupposto che ai fini della
successione assume rilievo solo il rapporto tra defunto e successibile, senza
riferimento al gruppo familiare e ai diritti dei suoi membri. L’intervento del
legislatore del 2012 si muove su un piano diverso da quello propriamente
successorio, in quanto attua direttamente l’inserimento del figlio nato fuori dal
matrimonio nel gruppo familiare del proprio genitore e sembra doversi affermare
che il rilievo del vincolo coniugale rispetto alla filiazione e, quindi, alla
configurazione legale della famiglia, già fortemente ridimensionato
dall’introduzione del divorzio, dalla riforma del diritto di famiglia e dalla legge
sull’affidamento condiviso, ha ora lasciato spazio ad un nuovo assetto legale della
famiglia, essenzialmente fondato sui legami di consanguineità fatti constare nei
modi di legge42
. L’unico limite al sorgere del vincolo di parentela è nei casi di
adozione di persone maggiori d’età, come stabilisce la seconda parte dell’art.74
c.c. per cui “il vincolo di parentela non sorge nei casi di adozione di persone
maggiori d’età, di cui agli articoli 291 e seguenti.”.43
In realtà gli adottati conseguono lo stato di figli “legittimi” degli adottanti e quindi
si pone la questione se il legislatore abbia inteso riferirsi ai figli adottati nei “casi
particolari” di cui all’art.44, per i quali la legge ha sino ad ora escluso
espressamente il sorgere del vincolo di parentela. L’art.55, l. n. 184/1983, nel
delineare la condizione giuridica del soggetto adottato ex art. 44, richiama proprio
le disposizioni in materia di adozione del maggiorenne44
. Pertanto è necessaria
una interpretazione estensiva del testo della legge, stante la sostanziale identità,
quanto agli effetti, tra adozione dei maggiorenni e adozione in casi particolari.45
_________________________ 42
La legge sull’affidamento condiviso n.54/2006 aveva infatti continuato il processo di
parificazione dei figli naturali e legittimi, unificando le regole sostanziali applicabili a seguito
della disgregazione della coppia genitoriale, che sono le medesime, anche in riferimento ai
procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati (art.4 comma 2,l. n.54/2006). 43
SESTA M., L’unicità dello stato di filiazione e i nuovi assetti delle relazioni familiari, in Fam. e
dir., 2013, p.233 ss. 44
Art.27 della l. n. 184/1983: “Per effetto dell'adozione l'adottato acquista lo stato di figlio
legittimo degli adottanti, dei quali assume e trasmette il cognome”; art. 300 c.c. Diritti e doveri
dell'adottato: “L'adottato conserva tutti i diritti e i doveri verso la sua famiglia di origine (315 e
seguenti), salve le eccezioni stabilite dalla legge. L'adozione non induce alcun rapporto civile tra
l'adottante e la famiglia dell'adottato né tra l'adottato e i parenti dell'adottante, salve le eccezioni
stabilite dalla legge.” 45
SESTA M., L’unicità dello stato di filiazione e i nuovi assetti delle relazioni familiari, in Fam. e
dir., 2013, p. 235-236.
23
Sono state modificate direttamente dalla legge anche altre disposizioni. Il
procedimento per effettuare il riconoscimento del figlio naturale per cui ora l’art.
250 c.c.(modificato dall’art.1, comma 2, l. n.219/2012) al primo comma
sostituisce le parole “figlio naturale” con “figlio nato fuori dal matrimonio”; ai
commi successivi dispone la riduzione da 16 a 14 anni come età prevista per
l’assenso al riconoscimento da parte del figlio già appartenente alla famiglia
(ultra-quattordicenne) o per rendere necessario il consenso dell’altro genitore (in
caso di figlio legittimo infra-quattordicenne) prevede una procedura dettagliata.46
Il nuovo articolo 251 c.c. (modificato con l’art. 1, comma 3 l. n. 219/2012),
rubricato non più “riconoscimento dei figli incestuosi” ma “Autorizzazione al
riconoscimento”, consente la riconoscibilità del figlio nato da genitori uniti da un
vincolo di parentela in linea retta all’infinito ovvero in linea collaterale nel
secondo grado, purché il riconoscimento sia autorizzato dal giudice avendo
riguardo all’interesse del figlio evitando allo stesso qualsiasi pregiudizio.47-48
La
legittimazione passiva per la dichiarazione della paternità o maternità naturale,
che in base al nuovo articolo 276 c.c., spetta, qualora manchino il presunto
genitore o i suoi eredi, ad un curatore speciale nominato dal giudice davanti al
quale il giudizio deve essere promosso e alla domanda può contraddire chiunque
vi abbia interesse (art. 1 comma 5 l. n. 219/2012).49
____________
46 Il genitore che intenda procedere al riconoscimento in presenza del rifiuto dell’altro può
ricorrere al giudice, il quale assegna al genitore un termine per notificare il ricorso al genitore che
nega il proprio assenso. Decorso un ulteriore termine di trenta giorni: se non c’è opposizione da
parte del genitore contrario al riconoscimento il giudice decide con sentenza che tiene luogo del
riconoscimento, provvedendo sull’affidamento, mantenimento e cognome del figlio (tali
provvedimenti dettano devono consentire una tranquilla transizione tra la vecchia e la nuova
situazione, prevenendo o risolvendo ogni possibile conflitto tra i genitori in relazione ad
affidamento e convivenza del minore ed all’esercizio della potestà genitoriale); in costanza di
opposizione ,salvo che questa non sia palesemente fondata, il giudice assume ogni opportuna
informazione, dispone l’audizione del figlio minore che abbia compiuto i dodici anni, o anche di
età inferiore, ove capace di discernimento, e assume eventuali provvedimenti provvisori e urgenti
al fine di instaurare la relazione. E’ stata introdotta anche la possibilità per i genitori che non
abbiano compiuto i sedici anni, di ottenere l’autorizzazione giudiziale al riconoscimento del figlio. 47
Tale denominazione si riteneva ‘un pregiudizio che faceva ricadere sui figli le incoscienze dei
genitori’ F.BOCCHINI, Diritto di famiglia. Le grandi questioni, TORINO, 2013,P.270.
48 La contrarietà all’interesse del minore va intesa nel senso precisato dalla Suprema Corte ossia
come esistenza di un << pericolo di un pregiudizio così grave per il minore da compromettere
seriamente il suo sviluppo psico-fisico>>(v. Cass., 3 febbraio 2011, n. 2645, in Mass. Giust. civ.,
2011, p. 178 ss.).
49 La sentenza della Cassazione, sez. un., 3 novembre 2005, n.21287, in Fam. pers. succ.,2006,
p.975 aveva auspicato l’intervento del legislatore in questi termini.
24
È stata modificata la rubrica del titolo nono del libro primo, che ora recita: “Della
potestà dei genitori e dei diritti e doveri dei figli” e contiene l’art.315 e il nuovo
articolo 315 bis c.c., recante la disciplina dei diritti e doveri dei figli nei confronti
dei genitori (art. 1, comma 1, L. n. 219/2012). Notevoli perplessità solleva il
nuovo art. 448 bis c.c.(inserito con art. 1, comma 9, L. n. 219/2012), che concerne
il venir meno dell’obbligo del figlio di prestare gli alimenti al genitore nei
confronti del quale sia stata pronunciata la decadenza dalla potestà, con
provvedimento giudiziale. Sebbene la motivazione di tale disposizione doveva
essere quella di assicurare una maggiore protezione al minore e prevenire,
attraverso l’aggravamento della sanzione, la condotta dannosa del genitore, pare
rispondere più ad una concezione punitiva della decadenza della potestà: essa
infatti è destinata ad avere effetto in un’epoca lontana dalla pronuncia di
decadenza e dai fatti che l’hanno determinata, essendo necessaria per cancellare
l’obbligo alimentare del figlio che vi sia un provvedimento di decadenza, non
cancellato a seguito di impugnazione, né seguito da una reintegrazione ex art.332
c.c. La nuova norma contempla altresì la facoltà del figlio di escludere dalla
propria successione il genitore decaduto. Poiché l’art. 463, comma 3 bis, c.c.,
stabilisce che chi sia decaduto dalla potestà genitoriale e non sia stato reintegrato
è (automaticamente) escluso, come indegno, dalla successione. l’art.448 bis
sembra prevedere pertanto a favore del figlio la facoltà di escludere dalla
successione il genitore decaduto anche se vi sia stata reintegra.50
A seguito
dell’affermata unicità dello stato di filiazione, il legislatore ha provveduto
all’abrogazione della disciplina della legittimazione del figlio naturale (art. 1,
comma 10, l. n. 219/2012). Infine, gli articoli 3 e 4 contengono disposizioni di
natura processuale.51
_____________________ 50
DE FILIPPIS B., La nuova legge sulla filiazione: una prima lettura ,in Fam. e dir., 2013, p.
295-296. 51
SESTA M., L’unicità dello stato di filiazione e i nuovi assetti delle relazioni familiari, in Fam. e
dir., 2013, p. 234-235.
25
2.3. Le modifiche alla disciplina processuale e le deleghe al governo
Dal 1° gennaio 2013 la tutela giudiziale dei figli nati fuori del matrimonio (alla
stregua di quella dei figli nati in costanza di matrimonio), attraverso la riforma
dell’art. 38 disp. att. c.c., viene attribuita unicamente al giudice civile del
Tribunale ordinario (art.3 L. n.219/2012)52.
Attualmente il tribunale ordinario
provvede per tutto quanto riguarda l’affidamento e l’esercizio della potestà, sia
per i figli nati nel matrimonio, che per quelli generati al di fuori di esso ( oltre a
continuare ad occuparsi del loro mantenimento). Inoltre se è in corso un
procedimento di separazione o divorzio e quindi si tratta di figli “legittimi” o un
procedimento ex art.316 c.c. ( risoluzione dei conflitti tra genitori conviventi
sull’esercizio della potestà, ora responsabilità), per tutta la durata del processo non
può essere adito il tribunale minorile neppure per i procedimenti ablativi della
potestà che saranno di competenza, perciò, in questa specifica ipotesi, del
tribunale ordinario. Ciò ha permesso di superare un’ingiustificata discriminazione
processuale tra figli legittimi e figli naturali, nell’esercizio di un diritto inviolabile
quale l’accesso alla tutela giurisdizionale di cui all’art.24, comma 1°, Cost.: il
tribunale per i minorenni, esercitando la sua giurisdizione su base solo distrettuale
(e quindi in un’area che spesso coincide con quella di una regione), è
generalmente più lontano dal minore che chiede le tutela giurisdizionale dei propri
diritti rispetto al tribunale ordinario, che insiste sul circondario e, quindi, su una
frazione territoriale di dimensioni molto più piccole. Sul piano procedurale
importante è il nuovo comma 2 dell’art.38 disp. att. c.c.53
La norma oltre a non curarsi di specificare quale rito si applichi davanti al
tribunale per i minorenni nei procedimenti rimasti di sua competenza, né di
fornire analoghe indicazioni per i procedimenti che coinvolgono un minore di
___________________________ 52
Il nuovo art. 38, comma 2°, disp. att. cod. civ. stabilisce che “sono emessi dal tribunale ordinario
i provvedimenti relativi ai minori per i quali non è espressamente stabilita la competenza di una
diversa autorità giudiziaria”. 53
Art. 38 disp. att. c.c. co.2 :“Nei procedimenti in materia di affidamento e di mantenimento dei
minori si applicano, in quanto compatibili, gli articoli 737 e seguenti del codice di procedura
civile”.
26
competenza del tribunale ordinario diversi da quelli di “affidamento e di
mantenimento dei minori”, si affida al rito camerale sic et simpliciter per la tutela
di diritti soggettivi.54
Quindi i diritti dei figli nati all’interno del matrimonio ad essere mantenuti,
educati ed istruiti dai loro genitori (art. 315 bis cod. civ.) trovano tutela, di solito,
nell’ambito dei processi di separazione e di divorzio, improntati in larga misura
alla rigida e garantistica disciplina del processo ordinario di cognizione, mentre i
figli nati fuori dal matrimonio, pur dinnanzi allo stesso giudice, vedono trattarsi
gli stessi identici diritti con il procedimento camerale che è in larghissima misura
affidato alla discrezionalità del giudice. Questo comporta una plateale violazione
dell’art. 3, comma 1°, Cost. e appare come il retaggio di quell’antica concezione
secondo cui la filiazione legittima in quanto fondata sul matrimonio, gode di una
condizione di privilegio rispetto a quella solo naturale. Tale disparità va colmata
sforzandosi di ricostruire il procedimento camerale destinato a regolare
l’affidamento ed il mantenimento dei figli nati fuori dal matrimonio, secondo
un’interpretazione costituzionalmente orientata e valorizzando quanto dispone
l’art.4 della L. n. 54 del 2006 cd. sull’affido condiviso, ovvero che tutte le
disposizioni sostanziali e processuali in essa contenute trovano applicazione anche
nei procedimenti di affidamento e mantenimento dei figli nati fuori dal
matrimonio, che ora si svolgono davanti al tribunale ordinario.55
Inoltre si
potrebbe ammettere che l’instaurazione dei nuovi procedimenti camerali aventi ad
oggetto l’affidamento ed il mantenimento dei figli nati fuori dal matrimonio sia
preceduta dall’emanazione di un provvedimento d’urgenza ex art. 700 cod. proc.
civ. (il diritto dei figli minori di essere mantenuti, educati, istruiti ed assistiti
____________________________
54 Per un settore autorevole della dottrina processualistica italiana il procedimento camerale non
assicura il pieno ed effettivo rispetto delle garanzie difensive cui le parti hanno sempre diritto nei
processi aventi ad oggetto diritti soggettivi e status. Il procedimento relativo all’affidamento e
mantenimento dei figli nati fuori dal matrimonio ha ad oggetto diritti soggettivi, ancor più oggi,
che questi diritti hanno trovato esplicito ed inconfutabile riconoscimento nel nuovo articolo 315
bis c.c. PROTO PISANI, Usi e abusi della procedura camerale ex art. 737 ss. cod. proc. civ., in
Riv. dir. civ., 1990, p.393; MANDRIOLI, “Procedimenti camerali su diritti” e ricorso
straordinario per Cassazione, in Riv. dir. proc., 1988, 921. 55 GRAZIOSI A., Una buona novella di fine legislatura: tutti i “figli” hanno eguali diritti ,dinanzi
al tribunale ordinario, in Fam. e dir., 2013, p.266-269.
27
moralmente dai loro genitori non può rimanere in un prolungato stato di
insoddisfazione senza che i loro titolari subiscano ‘un pregiudizio grave ed
irreparabile’) teso, come l’ordinanza presidenziale nei giudizi di separazione e
divorzio, ad anticipare provvisoriamente gli effetti della decisione finale
equiparando così i mezzi di tutela giurisdizionale di cui essi possono avvalersi, a
quelli ai quali hanno accesso i figli nati all’interno del matrimonio.56
Il nuovo comma 3 dell’art.38 disp. att. c.c. prevede altresì che i provvedimenti
emessi dal tribunale, in materia di affidamento e mantenimento dei minori, sono
immediatamente esecutivi, salvo che il giudice disponga diversamente. Questa
disposizione può ritenersi applicabile anche ai provvedimenti resi ai sensi dell’art.
709 ter c.p.c. (Soluzioni delle controversie e provvedimenti in caso di
inadempienze e violazioni) , sanando una lacuna finora colmata in via di
interpretazione. Fino all’entrata in vigore della Legge n.219/12, i provvedimenti
patrimoniali emessi in favore dei figli “naturali” non godevano degli stessi
strumenti di tutela previsti in sede di separazione (art. 156 c.c.) e divorzio (art. 8
Lex 898/70, come modificato nel 1987). Nello spirito di equiparazione della
nuova legge, anche questa lacuna è stata colmata: tutti i provvedimenti aventi ad
oggetto alimenti e mantenimento della prole, emessi al di fuori di un giudizio di
separazione e divorzio sono assisti da analoghe garanzie (può essere imposta
cauzione, può essere disposto il sequestro ed iscritta ipoteca e può essere imposto
un obbligo al terzo, tenuto a corrispondere somme di denaro all’obbligato). Infine
il primo comma dell’art. 4 della Legge n. 219 afferma che le disposizioni di cui
all’art.3 ( ovvero quelle relative alla modifica della ripartizione della competenza
tra tribunale ordinario e tribunale per i minorenni ed ai provvedimenti di garanzia
patrimoniale resi in materia di alimenti e mantenimento della prole) si applicano
ai giudizi instaurati a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente
Legge. Si tratta di una disposizione processuale che, in deroga al principio tempus
regit actum, stabilisce l’applicazione della novella ai giudizi nuovi e non a quelli
pendenti.
_________________ 56
GRAZIOSI A., Una buona novella di fine legislatura: tutti i “figli” hanno eguali diritti ,dinanzi
al tribunale ordinario, in Fam. e dir., 2013 , p.273-274.
28
Infine il secondo comma dell’art.4 afferma che, ai procedimenti di affidamento e
mantenimento di figli di genitori non coniugati, pendenti dinanzi al tribunale per i
minorenni alla data di entrata in vigore della nuova legge (e che ivi resteranno) si
applicano, in quanto compatibili, gli articoli 737 e seguenti del codice di
procedura (rito camerale), nonché il comma due dell’art.3 (provvedimenti
patrimoniali). In ordine all’entrata in vigore delle disposizioni sostanziali,
contenute negli articoli della legge, in applicazione dei principi generali deve
ritenersi che la modifica della normativa non incida sui rapporti sorti prima
dell’entrata in vigore della novella, ma incida invece sui rapporti successivi.57
Le norme che modificano, sotto significativi profili, l’amministrazione della
giustizia minorile, fanno perno soprattutto sul ridimensionamento delle
competenze in materia civile del tribunale minorile. Siamo lontani dall’aver
costruito quella “justice adaptée aux enfants” ossia quella giustizia “a misura del
minore” a cui fanno riferimento le Convenzioni internazionali e altri importanti
documenti elaborati, in sede europea, dal Consiglio d’Europa e dalla stessa
Unione europea. In particolare l’Unione europea con un documento del 15
febbraio del 2011, afferma che la creazione di “una giustizia a misura del minore”
è un obiettivo fondamentale a cui rivolgere l’azione dell’Unione. 58
Quindi l’intervento riformatore rappresenta indubbiamente un notevole passo
avanti nella direzione dell’uguaglianza tra i figli, ma l’attuale distribuzione del
relativo contenzioso tra Tribunale ordinario, Tribunale per i minorenni e giudice
tutelare crea ancora delle ingiustificate differenziazioni di tutela. Sarebbe
necessario un ulteriore e tempestivo intervento legislativo di revisione del sistema
in atto, diretto a far confluire le diverse competenze in capo ad un unico organo
giurisdizionale autonomo e multidisciplinare, il tanto atteso Tribunale per la
persona e le relazioni familiari, con competenza generalizzata su tutte le materie
attualmente ripartite fra giudice ordinario e giudice minorile.
____________ 57
DE FILIPPIS B., La nuova legge sulla filiazione: una prima lettura ,in Fam. e dir., 2013, p.298-
299. 58
TOMMASEO F., La nuova legge sulla filiazione: i profili processuali, in Fam. e dir., 2013, p.
261.
29
Ciò in quanto la giustizia familiare, e in particolare quella minorile risponde a
logiche diverse d a quelle che connotano la giurisdizione generalista e deve essere
salvaguardata con un unico organo giudicante, che sia rispettoso del principio di
prossimità della giustizia- che impone la tutela del diritto del cittadino ad avere un
accesso facile alla giustizia, del principio di esclusività dell’esercizio delle
funzioni giudiziarie, nonché dell’esigenza di una giustizia specializzata della
famiglia e dei minori59
.
Tutto il resto è oggetto di delega al Governo, con previsione di uno o più decreti
delegati: una prima delega estende l’eliminazione della distinzione tra ‘figli
legittimi’ e ‘naturali’ da sostituire con la parola ‘figli’ a tutto l’ordinamento, salvo
l’utilizzazione della denominazione “figli nati nel matrimonio” e “fuori di esso”,
ove si tratta di disposizioni ad essi specificatamente relative60
; un’altra prevede la
ridefinizione della disciplina del possesso di stato e delle prove della filiazione;
ulteriori modifiche oggetto di delega riguardano l’atto di riconoscimento dei figli
nati fuori del matrimonio e gli effetti; infine anche i rapporti successori sono
oggetto di specifica delega (in questo campo le discriminazioni riguardano
soprattutto la facoltà di commutazione nella successione necessaria, che ai sensi
dell’art.537 c.c. permette di soddisfare in denaro o beni immobili la porzione
spettante ai figli naturali che non si oppongano). Anche il diritto internazionale
privato è toccato dalla delega governativa- gli articoli 33, 34, 35, 39 L. n. 218 del
1995 devono conformarsi all’unificazione dello stato di figlio.
In materia di adozione legittimante dei minori si delega il Governo affinché:
- specifichi la nozione di abbandono “con riguardo alla provata irrecuperabilità
delle capacità genitoriali in un tempo ragionevole da parte dei genitori”;
- specifichi che le condizioni di indigenza dei genitori non possono essere di
ostacolo all’esercizio del diritto del minore alla propria famiglia (in realtà l’art. 1
L. n. 184/1983 enuncia il medesimo principio);
______________ 59
PORCELLI M., Note preliminari allo studio sull’unificazione dello stato giuridico dei figli, in
Dir. fam. per., 2013, p.673-675. 60
Tale delega è stata attuata con il D.Lgs. n. 154/2013, “Revisione delle disposizioni vigenti in
materia di filiazione, a norma dell'articolo 2 della legge 10 dicembre 2012, n. 219”.
30
- preveda la segnalazione da parte dei Tribunali per i minorenni ai comuni delle
situazioni di indigenza dei nuclei familiari che, ai sensi della L. n. 184, richiedono
interventi di sostegno per consentire al minore di essere educato nella sua
famiglia, e controllo del giudice sulle situazioni segnalate. Infine, poiché il
novellato art. 315 bis c.c. precisa che il figlio ha diritto di crescere in famiglia e di
mantenere rapporti significativi con i parenti si delega il Governo affinché
preveda la legittimazione degli ascendenti a far valere il proprio diritto al riguardo
e ciò non solo, come avviene attualmente, attraverso un procedimento di
limitazione della potestà ex art. 333 c.c. davanti al Tribunale minorile ma anche,
con un intervento nei giudizi di affidamento dei minori in sede di separazione,
divorzio e controversie tra genitori non uniti in matrimonio61
.
La nuova normativa, nonostante il profilo positivo dell’equiparazione di tutti i
figli e del bilanciamento tra doveri e diritti del figlio, si inserisce in un contesto in
cui la privatizzazione della famiglia e dei rapporti tra i suoi componenti, la
dissoluzione dei vincoli familiari, fanno emergere la necessità di un nuovo diritto
di famiglia, di livello europeo e non singoli interventi privi di sistematicità.62
________________ 61 DOGLIOTTI M., Nuova filiazione: la delega al governo, in Fam. e dir., 2013, p. 280-290. 62 CARBONE V., Riforma della famiglia: considerazioni introduttive, in Fam. e dir., 2013, p. 229.
31
3. Diritti e doveri nel rapporto genitori – figli
3.1. Diritti dei figli e corrispondenti doveri dei genitori tutelati a livello
costituzionale e nel codice civile
Dal rapporto di filiazione nascono una serie di diritti, doveri, potestà, soggezioni a
carico di entrambe le parti. La disciplina del rapporto tra genitori e figli nel nostro
codice è divisa e distribuita in maniera disorganica: in parte è contenuta nel titolo
VI che riguarda il matrimonio, in parte nel capo II del titolo VII, relativo alla
filiazione naturale e, nel titolo IX che disciplina la potestà dei genitori. La riforma
del 1975, che pure ha determinato una revisione profonda del rapporto tra la
filiazione e l’idea di famiglia, modificando la disciplina del rapporto tra genitori e
figli, non ha assicurato l’esigenza di una visione organica del sistema. Si è persa,
come sottolineato dalla dottrina, l’importante occasione di dare al concetto di
dovere genitoriale e al rapporto genitori-figli, una collocazione autonoma e una
regolamentazione formalmente unica, nel Titolo del codice dedicato alla potestà63
.
Il rapporto di filiazione fa nascere automaticamente dei diritti per i figli: dal
momento della nascita il figlio è titolare di determinati diritti nei confronti dei
genitori, secondo un principio di responsabilità, per il solo fatto della
procreazione64
. Anche la Cassazione ha specificato che ‘l’obbligo dei genitori di
mantenere i figli (art.147 e 148 c.c.) sussiste per il solo fatto di averli generati e
prescinde da qualsivoglia domanda, sicché nell’ipotesi in cui, al momento della
nascita, il figlio sia riconosciuto da uno solo dei genitori, tenuto perciò a
provvedere per intero al suo mantenimento, non viene meno l’obbligo dell’altro
per il periodo anteriore alla dichiarazione giudiziale di paternità o maternità
naturale, essendo sorto sin dalla nascita il diritto del figlio ad essere mantenuto,
istruito ed educato nei confronti di entrambi i genitori65
.
Il ruolo dei genitori è disciplinato innanzitutto dalle norme costituzionali. La
_________________ 63
GIORGIANNI M., Note introduttive agli artt. 315-318 c.c., in Comm. al diritto Italiano della
famiglia, diretto da Cian G., Oppo G., Trabucchi A., Padova, 1992, p.285. 64 FASANO A.M., MATONE S., I conflitti della responsabilità genitoriale, Milano, 2013, p. 47-
48; 51-52. 65
Cass., Sez. I, 10 aprile 2012, n. 5652 in www.cortedicassazione.it.
32
Costituzione sancisce che è diritto e dovere dei genitori mantenere, istruire ed
educare i figli, anche se nati fuori dal matrimonio. Ed è proprio in questo primo
comma dell’articolo che si individua oggi il fulcro centrale della disposizione
anche in conseguenza dell’avvento delle leggi sull’adozione speciale (1967) e sul
divorzio (1970)66
. Oggi è possibile affermare che “le basi costituzionali della
condizione dei figli nei confronti dei genitori” devono essere primariamente
individuate negli artt. 2 (principio di personalità) e 3 (principio di uguaglianza)
Cost. che, letti in combinato disposto con l’art. 30, sottolineano il dovere di
assistenza che i genitori devono garantire ai figli, a prescindere dal fatto che gli
stessi siano o non siano nati dentro il matrimonio67
. Anche il codice civile
specifica quali sono i doveri dei genitori: con la riforma del diritto di famiglia del
1975, perde rilievo l’impostazione che, in linea con le previsioni del codice del
1942, aveva garantito prevalente considerazione a quel principio del favor
legittimatis teso a difendere la preminenza della verità legale; il “dovere” dei
genitori di cui parla l’art. 147 c.c. che, rispetto al Codice del 1942, inverte la
gradazione di valori enunciando in senso ascendente il mantenimento, l’istruzione
e l’educazione, non solo trova nel preminente interesse del figlio la sua funzione
ed il suo limite ma, grazie alle modifiche introdotte in tema di filiazione naturale,
sussiste per il solo fatto della procreazione68
.
________________________
66 La prima, disciplinando la nuova filiazione civile, ammette la rescissione di ogni rapporto con la
famiglia di sangue in favore dell’inserimento in una nuova famiglia. G.FERRANDO, Interesse del
minore e status di figlio, in Giur.it., 1999, p.1110, ha affermato che “la disciplina
dell’adozione…costituisce attuazione dei principi costituzionali in quanto tesa a garantire il ‘diritto
del minore ad una famiglia’ dando impulso al più pieno riconoscimento del figlio come titolare di
autentici diritti”. La seconda introduce la possibilità di sciogliere il vincolo matrimoniale. 67
In questa direzione le riflessioni di A. D’ALOIA-A. ROMANO, I figli e la responsabilità
genitoriale nella Costituzione, in G.F. Basini-G. Bonilini-P. Cendon-M. Confortini, Codice
commentato dei minori e dei soggetti deboli, Torino, 2011, p.6; P. RESCIGNO, La tutela dei figli
nati fuori del matrimonio, in Riv. dir. matr., 1965, 35-36. 68
Art. 30 Cost. : “E` dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se
nati fuori del matrimonio. Nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i
loro compiti. La legge assicura ai figli nati fuori del matrimonio ogni tutela giuridica e sociale,
compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima. La legge detta le norme e i limiti per
la ricerca della paternità.”; art.147 c.c , modificato con l’ultimo decreto lgs. n. 154 del 28 dicembre
2013, :“ Il matrimonio impone ad ambedue i coniugi di mantenere, istruire, educare e assistere
moralmente i figli, nel rispetto delle loro capacità, inclinazioni naturali e aspirazioni, secondo
quanto previsto dall’art. 315-bis”; in argomento BESSONE M., Commentario della Costituzione,
diretto da G.Branca, sub artt.29, 30, 31, Bologna-Roma, 1976, p. 90 ss.; D’ALOIA A.- ROMANO
A., I figli e la responsabilità genitoriale nella Costituzione, in G.F. Basini-G. Bonilini-P. Cendon-
M. Confortini, Codice commentato dei minori e dei soggetti deboli, Torino, 2011, p. 8.
33
I genitori sono tenuti ad assolvere questi compiti anche in caso di fallimento
dell’unione matrimoniale, avendo come scopo primario l’interesse morale e
materiale dei figli stessi (la legge sull’affido condiviso ha introdotto il concetto di
bi-genitorialità, proponendosi come finalità principale quella di assicurare al
minore lo sviluppo psico-fisico garantendogli il mantenimento di un rapporto
equilibrato con entrambi i genitori)69
. Dovere di mantenimento, istruzione e
educazione, si fondono in una complessiva funzione educativa dei genitori e
trovano un criterio di esercizio nel rispetto “delle capacità, dell’inclinazione
naturale e delle aspirazioni dei figli”, che sostituisce il criterio di conformità ai
“principi della morale” già enunciato nel secondo comma dell’art. 147 cod. civ.
Ad un tipo di relazione gerarchica tra valori della società e valori della famiglia,
che faceva perno sulla figura del padre, si sostituisce, un rapporto dialettico,
imperniato sulla figura del figlio. Il codice civile del 1942, disciplina
separatamente funzione educativa e assunzione degli obblighi patrimoniali
corrispondenti, confermando così che la funzione educativa si realizza
essenzialmente con un rapporto personale fra genitore e figlio. Inoltre l’art. 148
c.c. poneva a carico degli “altri ascendenti legittimi e naturali”, l’obbligo di
fornire ai genitori i mezzi necessari per adempiere i loro doveri: è un ‘diritto’ dei
genitori che non viene meno per la mera impossibilità economica di adempierlo.
Infatti come si riconosce al figlio il diritto al mantenimento, all’istruzione e
all’educazione da parte del genitore, analogamente devono essere riconosciuti gli
stessi diritti al genitore.70
Si tratta di diritti costituzionalmente garantiti e trovano
tutela non solo nei confronti della collettività ma anche nei confronti dello Stato. I
diritti dei genitori possono essere condizionati o esclusi solo se le insufficienze
___________________________ 69
FASANO A.M., MATONE S., I conflitti della responsabilità genitoriale, Milano, 2013, p.49-50;
LONGO F., Famiglia e responsabilità: i nuovi danni, s cura di Dogliotti M., Milano, 2012, p.93;
MAZZIOTTI DI CELSIO M., SALERNO G.M., Manuale di diritto costituzionale, Padova,2010,
p. 219. 70 Anche l’art. 148 c.c. è stato modificato con il d.lgs. n. 54 del 28 dicembre 2013: “ I coniugi
devono adempiere l’obbligo di cui all’art. 147, secondo quanto previsto dall’art. 316-bis”. Art. 316
bis. Concorso nel mantenimento: " 1.I genitori devono adempiere i loro obblighi nei confronti dei
figli in proporzione alle rispettive sostanze e secondo le loro capacità di lavoro professionale o
casalingo. Quando i genitori non hanno mezzi sufficienti, gli altri ascendenti, in ordine di
prossimità, sono tenuti a fornire i mezzi necessari affinché possano adempiere i loro doveri nei
confronti dei figli…..”.
34
nell’adempimento della funzione genitoriale determina un danno per la
realizzazione del superiore interesse del minore71
.
Per quanto riguarda il diritto al mantenimento, il primo dovere dei genitori che
risulta dalle disposizioni richiamate, esso ha contenuto patrimoniale ed è
finalizzato ad assicurare il soddisfacimento di tutte le esigenze di vita del minore,
cioè non si esaurisce nelle cure prestate al figlio nella normale convivenza, ma
riguarda anche la sfera della vita di relazione e le esigenze di sviluppo della
personalità: a differenza dell’obbligo alimentare, la prestazione dovuta
comprende ogni spesa necessaria per arricchire la personalità del beneficiario; non
è subordinato allo stato di bisogno del beneficiario, ma discende dalla sua
posizione all’interno della famiglia; il genitore per essere esonerato deve
dimostrare, oltre alla mancanza di mezzi, anche l’incolpevole impossibilità di
procurarseli.72
Esso trova il suo fondamento, oltre che negli articoli del codice
civile, anche nell’art. 30 della Costituzione, e costituisce, perciò, un diritto
soggettivo dei figli e un dovere inderogabile dei genitori73
. Nel rapporto interno
tra i genitori il dovere di mantenimento si ripartisce “in proporzione alle rispettive
sostanze e secondo le loro capacità di lavoro professionale o casalingo” (ora
art.316-bis co.1)74
: secondo la Cassazione ciò comporta un sistema completo ed
elastico di valutazione, che tenga conto dei redditi dei due obbligati, di ogni altra
risorsa economica e delle possibilità di svolgere un’attività professionale o
domestica.75
Il diritto al mantenimento non ha una durata prestabilita ma permane
sin quando il figlio, anche maggiorenne, non sia in grado di inserirsi
effettivamente nel mondo del lavoro e provvedere così alle proprie esigenze di
vita76
.
_____________
71 BESSONE M., ALPA G., D’ANGELO A., FERRANDO G. e SPALLAROSSA M.R., La
famiglia nel nuovo diritto. Principi costituzionali, riforme legislative, orientamenti della
giurisprudenza, Bologna, 2002, p.249-251.FASANO A.M., MATONE S., I conflitti della
responsabilità genitoriale, Milano, 2013, p.50.
72 SESTA M., Manuale del diritto di famiglia, Padova, 2009, p.452.
73 Art. 147 c.c. (doveri verso i figli), richiamato con l’art. 148 c.c.( concorso negli oneri), nell’art.
261 c.c. (diritti e doveri derivanti al genitore dal riconoscimento) per i figli naturali. 74 FASANO A.M., MATONE S., I conflitti della responsabilità genitoriale, Milano, 2013, p.54-56. 75
Cass., 16 ottobre 1991, n. 10901,in Mass. giust. civ.,1991, p.10.
76 AULETTA T., Diritto di famiglia, Torino ,2011, p.364.
35
La Cassazione infatti ha stabilito che il dovere dei genitori di concorrere al
mantenimento dei figli perdura immutato, finché il genitore interessato alla
declaratoria della cessazione dell’obbligo non dia la prova che il figlio ha
raggiunto l’indipendenza economica, ovvero che “ il mancato svolgimento di
un’attività economica dipende da un atteggiamento di inerzia ovvero di rifiuto
ingiustificato dello stesso, il cui accertamento deve essere ancorato alle
aspirazioni, al percorso scolastico, universitario e post universitario del soggetto
ed alla situazione attuale del mercato del lavoro… non sono ravvisabili profili di
colpa nella condotta del figlio che rifiuti una sistemazione lavorativa non adeguata
a quella cui la sua specifica preparazione, le sue attitudini ed i suoi effettivi
interessi siano rivolti…..”77
. Il decreto legislativo n. 154 recante “Revisioni delle
disposizioni vigenti in materia di filiazione” emanato il 28 dicembre 2013
contiene una norma a favore dei figli maggiorenni, che da diritto loro, se non
indipendenti economicamente, a ricevere il pagamento di un assegno periodico78
.
L’obbligo del mantenimento, così come gli altri obblighi genitoriali primari
previsti dall’art.147 c.c., vincola il genitore nei confronti del figlio,
indipendentemente dalla sussistenza o meno di un vincolo di convivenza79
. Se i
genitori non convivono, es. in pendenza di un giudizio di separazione e divorzio,
la L.8 febbraio 2006, n. 54, art. 155 c.c. prevede anche a loro carico tale obbligo80
.
Dunque anche in presenza di un affido condiviso i genitori saranno tenuti a
corrispondere ai figli un assegno di mantenimento in via indiretta, da versare al
coniuge con il quale convivono.81
_________________
77 Cass. 3 aprile 2002, n. 4765, in Foro It., 2002, p.1323.
78 Art. 337- septies << disposizioni in favore dei figli maggiorenni>> stabilisce che “il giudice,
valutate le circostanze, può disporre a favore dei figli maggiorenni non indipendenti
economicamente il pagamento di un assegno periodico. Tale assegno, salvo diversa
determinazione del giudice, è versato direttamente all’avente diritto.2. Ai figli maggiorenni
portatori di handicap grave si applicano integralmente le disposizioni previste in favore dei figli
minori.” 79 FASANO A.M., MATONE S., I conflitti della responsabilità genitoriale, Milano, 2013, p.38. 80 ANCESCHI A., Rapporti tra genitori e figli. Profili di responsabilità, Milano, 2007, p.52-53.
Tale articolo è stato modificato con il d.lgs. n.154/ 2013: “ In caso di separazione, riguardo ai figli
si applicano le disposizioni contenute nel Capo II del titolo IX.”. Ora l’art. 337-ter, al co.4
stabilisce : "Salvo accordi diversi liberamente sottoscritti dalle parti, ciascuno dei genitori
provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito; il giudice stabilisce,
ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio di
proporzionalità……..”. 81
Cass., 18 agosto 2006, n. 18187, in Fam. e dir., 2007, p.149.
36
L’obbligo del mantenimento, secondo il consolidato orientamento della
giurisprudenza e della dottrina, sussiste, in capo al genitore, per il solo fatto della
procreazione, e quindi decorre sin dalla nascita e indipendentemente dal
riconoscimento giuridico della filiazione82
. Pertanto “nell’ipotesi in cui, al
momento della nascita, il figlio sia riconosciuto da uno solo dei genitori, tenuto
perciò a provvedere per intero al suo mantenimento, non viene meno l’obbligo
dell’altro genitore per il periodo anteriore alla pronuncia della dichiarazione
giudiziale di paternità o maternità naturale….una volta intervenuta siffatta
pronuncia, egli deve corrispondere al genitore che ha riconosciuto il figlio per
primo, le somme che ha anticipato per far fronte al mantenimento, mentre, per il
periodo successivo, è tenuto a provvedere al mantenimento del figlio, versando
all’altro genitore l’assegno mensile posto a suo carico”83
. L’effetto retroattivo
dell’obbligo di mantenimento rispetto a quello del riconoscimento giuridico dello
status di filiazione, deriva da una interpretazione estensiva degli artt. 261 e 277
c.c. i quali, nel prevedere l’assunzione di tutti i doveri e i diritti che incombono sul
genitore nei confronti dei figli, conformemente a quanto avviene nella famiglia
legittima, non precisano che essi debbano avere effetto ex nunc. Un altro elemento
a sostegno della decorrenza ex tunc è rappresentato dall’art. 279 c.c. che stabilisce
che “in ogni caso in cui non può proporsi l’azione per la dichiarazione giudiziale
di paternità o maternità”, il figlio naturale può agire per ottenere il mantenimento,
l’istruzione e l’educazione. Se il mantenimento viene ammesso nei confronti dei
figli non riconoscibili, si deve ammettere per il periodo in cui non esiste alcun
riconoscimento formale dello status di filiazione naturale.84
___________ 82
Tale orientamento non è esente da critiche: far decorrere fin dalla nascita l’obbligo di
mantenimento, può determinare degli effetti non propriamente equi(si pensi ad una madre che
mantenga in stato di ignoranza il genitore naturale del proprio figlio, al fine di ottenere
l’affidamento dello stesso ex art.317 bis c.c., e escludendo l’altro dalla possibilità di esercitare i
propri doveri e sapendo che in futuro sarà tenuto al rimborso pro quota, delle spese di
mantenimento); al fine di evitare indebite strumentalizzazioni da parte dell’altro genitore, si
dovrebbe rendere l’obbligo retroattivo al mantenimento soggetto a prescrizione. ANCESCHI A.,
Rapporti tra genitori e figli. Profili di responsabilità, Milano, 2007, p.61. Cass., 26 maggio 2004
n. 10124, in Giustizia civile, 2005, p.725: “il diritto al rimborso delle spese sostenute…non è
utilmente esercitabile se non dal giorno del riconoscimento stesso (soltanto questo comporta, ex
articolo 261 del codice civile, gli effetti tipici connessi allo status giuridico di figlio naturale),..e
segna altresì il dies a quo della decorrenza della prescrizione del diritto stesso. 83
Cass. civ. 28 giugno 1994, n. 6217, in Foro It., 1996, p.251. 84
ANCESCHI A., Rapporti tra genitori e figli. Profili di responsabilità, Milano, 2007, p.56-60.
37
Il diritto al mantenimento, istruzione ed educazione spetta al minore nei confronti
di entrambi i genitori e non è delegabile a terzi. Con l’art.148 c.c.(oggi art. 316-
bis) che prevede un obbligo sussidiario al mantenimento nei confronti degli
ascendenti il legislatore ha inteso escludere ogni intromissione degli ascendenti
nell’esercizio della potestà parentale tutelando85
: da un lato, i genitori, ai quali
spetta in via esclusiva il compito di stabilire come il contributo dei nonni debba
essere impiegato, dall’altro, gli stessi minori, ai qualiviene garantito il
mantenimento del legame familiare in tutti i suoi aspetti, anche nei casi di
difficoltà economica86
.
Infatti l’assolvimento degli obblighi verso i figli da parte degli ascendenti
presuppone l’impossibilità a provvedervi da parte di entrambi i genitori, per cui se
uno soltanto si trovi in grado di provvedere, l’intervento degli ascendenti non può
essere preteso: “l’obbligo di mantenimento dei figli minori…….….spetta
primariamente e integralmente ai loro genitori sicché, se uno dei due non possa o
non voglia adempiere al proprio dovere, l’altro nel preminente interesse dei figli,
deve far fronte per intero alle loro esigenze con tutte le sue sostanze patrimoniali e
sfruttando tutta la sua capacità di lavoro” e l’obbligo degli ascendenti va inteso
“non solo nel senso che l’obbligazione degli ascendenti è subordinata e, quindi,
sussidiaria, rispetto a quella, primaria, dei genitori, ma anche nel senso che agli
ascendenti non ci si possa rivolgere per un aiuto economico per il solo fatto che
uno dei due genitori non dia il proprio contributo al mantenimento dei figli, se
l’altro genitore è in grado di mantenerli”87
.
__________ 85
Art. 316-bis c.c.(introdotto dal d.lgs. n.154 del 28 dicembre 2013).Concorso negli oneri: “I
genitori devono adempiere i loro obblighi nei confronti dei figli in proporzione alle rispettive
sostanze e secondo la loro capacità di lavoro professionale o casalingo. Quando i genitori non
hanno mezzi sufficienti, gli altri ascendenti, in ordine di prossimità, sono tenuti a fornire ai
genitori stessi i mezzi necessari affinché possano adempiere i loro doveri nei confronti dei figli. In
caso di inadempimento il presidente del tribunale, su istanza di chiunque vi ha interesse, sentito
l'inadempiente ed assunte informazioni, può ordinare con decreto che una quota dei redditi
dell'obbligato, in proporzione agli stessi, sia versata direttamente all'altro coniuge o a chi sopporta
le spese per il mantenimento, l'istruzione e l'educazione della prole…..”. 86 FASANO A.M., MATONE S., I conflitti della responsabilità genitoriale, Milano, 2013, p.61; SESTA M., Manuale del diritto di famiglia, Padova, 2009, p.455. 87
Cass. civ. , 23 marzo 1995, n. 3402, in Giust. civ., 1995, p.1441.
38
Gli ascendenti possono supplire autonomamente agli inadempimenti del genitore,
anche quando l’altro vi possa provvedere, ma in questo caso, tale adempimento
volontario è volto semplicemente a sostituirsi all’obbligo primario che ricade sul
genitore inadempiente. L’obbligazione a carico degli ascendenti è del tutto
eccezionale e solo i genitori e non i figli hanno diritto a pretendere l’adempimento
da parte degli ascendenti. Tuttavia, secondo l’orientamento che ritiene che ex
art.155-quinquies c.c. (oggi art. 337-septies) il figlio ha acquistato un diritto
autonomo a richiedere l’adempimento dell’obbligo di mantenimento,
sussistendone i presupposti, potrebbe agire autonomamente anche nei confronti di
coloro che sono tenuti al mantenimento in via sussidiaria. Infine riguardo alla
natura di tale obbligo, se abbia natura autonoma rispetto a quello dei genitori o
costituisca un obbligo di natura suppletiva, deve preferirsi questa seconda ipotesi :
perciò scaturisce un formale diritto di rivalsa, dell’ascendente verso i genitori, per
l’adempimento dell’obbligo di mantenimento attuato, anche temporaneamente,
verso i discendenti.88
Con riferimento al diritto al mantenimento, il decreto legislativo n. 154 del 2013,
volto a dare attuazione alla delega contenuta nella legge 10 dicembre 2012, n.219,
introduce nel nostro codice l’art. 316-bis che ripropone lo stesso contenuto
dell’art.148 c.c., spostando però tali doveri nel titolo IX ora denominato “Della
potestà dei genitori e dei diritti e doveri del figlio”, ed eliminando al primo
comma gli aggettivi legittimi o naturali riferiti agli ascendenti.89
Il nostro ordinamento prevede l’obbligo di mantenimento anche verso i genitori,
qualora sussistano particolari e specifici presupposti: prima tale obbligo era
contenuto nell’art. 315 c.c., il quale stabiliva che il figlio “deve contribuire, in
relazione alle proprie sostanze e al proprio reddito al mantenimento della famiglia,
finché convive con essa”; ora tale dovere è stato inserito all’ultimo comma del
nuovo art.315 bis c.c., introdotto dall’art.1, n.8, della legge n.219 del 2012.
____________________________
88ANCESCHI A., Rapporti tra genitori e figli. Profili di responsabilità, Milano, 2007, p.49-51.
89 FASANO A.M., MATONE S., I conflitti della responsabilità genitoriale, Milano, 2013, p.62.
39
Il dovere di contribuzione si inquadra nel rapporto di collaborazione che viene
delineato dalle norme introdotte dal nuovo diritto di famiglia, ma deve essere
valutato con elasticità, tenendo conto che il minore deve espletare le mansioni di
collaborazione senza essere distolto dalle precipue esigenze di formazione90
. La
norma non prevede un vero e proprio obbligo, analogo a quello che grava su
genitori, poiché si manifesta in forma di collaborazione materiale ed economica,
in senso più ampio e generalizzato. Infatti nel caso in cui il figlio , maggiorenne o
minorenne, già adolescente, abbia un reddito lavorativo (l’età minima lavorativa
oggi è di sedici anni in seguito all'art. 1, comma 622, della Legge Finanziaria
2007) o disponga di sostanze economiche cospicue rispetto alle condizioni della
famiglia frutto, ad esempio, di donazione o di altri introiti occasionali, e conviva
con altri familiari (es. ascendenti o collaterali), l’obbligo di cui all’art.315 c.c.
sussisterà anche nei loro confronti. La violazione di tale obbligo più generalizzato
di contribuzione nell’interesse della famiglia, rimane, al giorno d’oggi, privo di
concreta sanzione91
. La misura della contribuzione alla quale è tenuto il figlio si
determina secondo i medesimi criteri previsti per quella dei genitori: il principio
solidaristico impone di non operare distinzione alcuna riguardo alla contribuzione
dei diversi membri della famiglia nucleare patrimonialmente autonomi.92
L’altro diritto espressamente previsto per i figli e quindi quale obbligo a carico dei
genitori è il diritto all’istruzione: i genitori cioè devono fornire al figlio i mezzi
per raggiungere una adeguata istruzione scolastica secondo le proprie capacità e
attitudini. Il minore non è un soggetto posto in una relazione di passiva
soggezione rispetto al ruolo assunto dai genitori, ma destinatario di una serie di
garanzie poste dal legislatore: la Carta costituzionale espressamente riconosce il
diritto del minore ad avere un’adeguata istruzione93
; la Convenzione ONU sui
diritti del fanciullo del 1989 impegna gli Stati a garantire a tutti standard minimi
_______________________________________
90FASANO A.M., MATONE S., I conflitti della responsabilità genitoriale, Milano, 2013, p.75-77.
91 ANCESCHI A., Rapporti tra genitori e figli. Profili di responsabilità, Milano, 2007, p.80-81. 92
AULETTA T., Diritto di famiglia, Torino ,2011, p.370. 93
Art.34 Cost. :“La scuola è aperta a tutti. L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è
obbligatoria e gratuita. I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i
gradi più alti degli studi. La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni
alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso.”( l’obbligo di
istruzione nel corso degli anni è stato ampliato fino alle recenti riforme attuative della l. 28.3.2003,
n.53 che lo ha innalzato a 12 anni).
40
di istruzione, in particolare l’insegnamento elementare gratuito ed il diritto di
accesso senza discriminazione alle scuole di ogni tipo e grado; l’art. 2, par.2 della
Convenzione europea dei diritti dell’uomo introduce il concetto di libertà di
istruzione, incentrato sulla possibilità di fare scelte nell’istruzione che si
contrappone al concetto di insegnamento imposto e all’art.18 stabilisce che il
ruolo dei genitori nell’educazione e nello sviluppo dei figli sia svolto alla luce
dell’interesse superiore del fanciullo; tale attenzione all’interesse superiore del
minore si ritrova anche nell’art. 24 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione
europea94
. Come autorevole dottrina ha precisato: l’istruzione non può essere
sinonimo di acquisizione di nozioni ma deve strettamente coniugarsi con
un’adeguata e globale costruzione di personalità95
. Con riferimento alle scelte che
riguardano l’istruzione, i genitori hanno un ruolo determinante che è quello di
guidare ed orientare i figli in maniera corrispondente allo sviluppo delle loro
capacità, ispirandosi al criterio del superiore interesse del minore e rispettando il
diritto del fanciullo di esprimere la propria posizione in ogni decisione che lo
riguardi96
.
La funzione istruttiva, che il genitore condivide parzialmente con lo Stato, si
manifesta in primo luogo consentendo ed agevolando il più possibile la
formazione scolastica del figlio, tenendo conto delle sue capacità, della sua
inclinazione naturale e delle sue aspirazioni. In tal senso si può individuare un
obbligo di istruzione indiretto, che costituisce un obbligo di ‘mezzi’ e si risolve
nel consentire e agevolare la frequentazione della scuola dell’obbligo oppure, più
genericamente, l’apprendimento del figlio minore da parte di terze persone; e un
obbligo diretto, che consiste in un vero e proprio obbligo di ‘contenuti’ e, in base
alla preparazione ed alle capacità oggettive dei genitori, comprende quegli
insegnamenti al quale il genitore non può sottrarsi in ragione della sua funzione
potestativa. Tale obbligo si manifesta prevalentemente in età prescolare e anche
successivamente per gli ambiti formativi extrascolastici.
______________________________
94Art.24 secondo comma “ in tutti gli atti relativi al minore, siano essi compiuti da un’autorità
pubblica o da istituzioni private, l’interesse superiore del minore deve essere considerato
preminente”. 95
MORO A.C., Manuale di diritto minorile, Bologna, 2008, p.384. 96
FASANO A.M., MATONE S., I conflitti della responsabilità genitoriale, Milano, 2013, p.67.
41
Anche l’obbligo di istruzione persiste anche oltre il raggiungimento della
maggiore età fino a che il figlio non raggiunga una propria indipendenza familiare
ma varia quantitativamente e qualitativamente in rapporto all’età del figlio ed alle
sue condizioni sociali e personali. L’obbligo di istruzione va ricollegato agli altri
obblighi genitoriali, in particolare a quelli di cura, vigilanza e custodia, tesi a
salvaguardare il figlio minore sotto il profilo dell’incolumità psicofisica: es.
l’insegnamento dei precetti relativi alla circolazione stradale, i precetti connessi
ad una corretta alimentazione ed a una corretta igiene personale. Gli strumenti e le
finalità con le quali i genitori decidono di esercitare la propria potestà sul figlio
sotto il profilo formativo è affidata alla loro piena discrezionalità. Tuttavia
dovendo essi tenere conto “delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle
aspirazioni dei figli”, soprattutto nella scelta dell’indirizzo scolastico quando il
minore è capace di discernimento, comporta da parte loro l’obbligo di lasciare ad
esso la libertà di esprimere autonomamente la propria volontà, relativamente alla
scelta del tipo di studi da intraprendere. Gli eventuali contrasti tra i genitori o tra
genitori e figli in merito alla scelta del tipo di studi da intraprendere, devono
essere risolti ai sensi dell’art.316 c.c. Il ricorso all’autorità giudiziaria può essere
fatto esclusivamente con riguardo ai figli minori, in quanto successivamente, il
figlio acquisisce la piena capacità di agire autonomamente e di adottare le scelte
più opportune relativamente alla sua istruzione ed alla sua formazione personale e
professionale. Anche in questo caso, però, le scelte adottate autonomamente dal
figlio, continuano ad incidere sui doveri genitoriali, in particolare per quanto
concerne l’obbligo di mantenimento97
. All’obbligo di istruzione viene associato
correttamente quello di educare i figli, in quanto ne condivide le funzioni, le
qualità e caratteristiche, ma esso attiene alla formazione dell’individuo sotto il
profilo più propriamente sociale: esso ha la funzione di consentire un’adeguata
relazionabilità con gli altri e permettere l’apprendimento di quelle regole di vita
che sorreggono l’espressione dell’individuo nella società di cui fa parte98
.
Il dovere di educazione è un concetto dal contenuto strettamente connesso
__________________ 97
ANCESCHI A., Rapporti tra genitori e figli. Profili di responsabilità, Milano, 2007, p.128,130-
132,133-134. 98
IDEM, ibidem , p. 136.
42
all’evoluzione degli studi sociali e pedagogici e della società in generale: il
previgente testo dell’art.147 c.c. stabiliva che l’educazione doveva essere
conforme ai principi della morale e ciò dimostrava l’adesione ad un programma
educativo uniformato a principi provenienti dall’esterno della famiglia; oggi il
testo dell’art. 147 c.c. privilegia il soggetto nei cui confronti deve essere realizzata
la funzione educativa. Nella Costituzione non vengono indicati i principi a cui
attenersi nell’educazione della prole, ma risulta soltanto che il compito educativo
appartiene alla famiglia, alla quale viene riconosciuta piena libertà nella scelta dei
criteri e dei mezzi educativi ritenuti più idonei.99
Il ‘personalissimo’ diritto dei
genitori all’educazione della prole non ha però caratteri di assolutezza e trova un
primo limite nei principi fondamentali dell’ordinamento risultanti dalle
disposizioni costituzionali es. art. 8,14, 21, 49 Cost., dalle quali si può concludere
che la funzione educativa affidata ai genitori consiste essenzialmente
nell’assicurare al minore uno sviluppo e una maturazione integrale della
personalità conformi al precetto dell’art.2 Cost100
. Già la giurisprudenza aveva
fatto diretta applicazione delle norme costituzionali, riconoscendo il dovere dei
genitori di rispettare le scelte dei figli, soprattutto con riferimento allo studio, alla
formazione professionale, all’impegno politico sociale, alla fede religiosa: i poteri
dei genitori non possono comprendere un arbitrario diritto di “contrastare…
mediante restrizioni personali le scelte ideologiche e culturali che l’adolescente
sente di dover compiere….L’art. 30 Cost., che sancisce il dovere-diritto dei
genitori di educare i figli, esprime ,nel contesto dei principi che sanciscono la
libertà di pensiero religioso e politico, nonché i diritti inviolabili dell’uomo nelle
formazioni sociali ove si sviluppa la sua personalità, un precetto culturalmente
inequivocabile: educare non in termini precettistici ma educare per l’uomo
capace di opzioni libere e coscienti”101
.
La riforma del 1975, proprio per fare della funzione educativa uno strumento che
consenta al minore la conquista di una progressiva autonomia, ha abbandonato il
______________ 99 SESTA M., Manuale del diritto di famiglia, Padova, 2009, p. 459.
100 BESSONE M., ALPA G., D’ANGELO A., FERRANDO G. e SPALLAROSSA M.R., La
famiglia nel nuovo diritto. Principi costituzionali, riforme legislative, orientamenti della
giurisprudenza, Bologna, 2002, p.252. 101
Trib. Min. Bologna 26 ottobre 1973, in Dir. fam. pers., 1974, p.1068-1069.
43
riferimento ai principi etici e sociali, ponendo invece dei criteri volti a rivalutare
la persona del figlio come soggetto dell’azione educativa102
. Il significato
dell’espressione “interesse del minore”, a cui si fa riferimento in varie norme del
codice, non indica solo il dovere di protezione della situazione del figlio, ma
qualifica anche il momento dinamico del rapporto genitori-figlio: esso è realizzato
se nello svolgimento del rapporto si persegue il raggiungimento dell’autonomia di
giudizio del figlio anche attraverso l’attribuzione a quest’ultimo della possibilità
di esprimere proprie libere scelte e, perciò, sia assicurato lo sviluppo della
personalità del minore103
. È pur vero che l’orientamento religioso, così come ogni
altro orientamento di pensiero e di coscienza è improntato al fanciullo da parte dei
genitori, ma una volta che il minore ha raggiunto la capacità di discernimento, può
orientarsi autonomamente nelle proprie scelte politiche, economiche, sociali,
sessuali ed anche religiose. Infatti l’art.14 Conv. New York 1989 assicura ad ogni
fanciullo la libertà di pensiero, di coscienza e di religione e tale diritto è garantito
ad ogni individuo dai precetti costituzionali (artt.19 e 21) e dalle norme
internazionali sui diritti umani. Quindi rientra certamente nel diritto dei genitori
quello di educare la prole in conformità alle proprie convinzioni, siano esse
confessionali, atee o agnostiche, senza tuttavia operare su di esse forme di
costrizione. Una volta raggiunta la capacità di discernimento, il minore può
liberamente decidere di abbandonare la confessione religiosa alla quale è stato
indirizzato dal genitore ed abbracciarne di nuove, senza perciò essere discriminato
o fatto oggetto di coercizione.
Un analogo discorso può essere esteso ad ogni scelta inerente alla libertà di
coscienza e di opinione. Allo stesso modo devono pertanto essere rispettate le
scelte dei figli adolescenti in materia alimentare (ad esempio diventare o cessare
di essere vegetariano), fino a che esse non si pongano in contrasto con la tutela
della salute del figlio. Anche in materia di educazione sessuale i genitori hanno
libertà istruzione ed educazione: essi possono decidere di istruire la prole secondo
_______________________
102 BESSONE M., ALPA G., D’ANGELO A., FERRANDO G. e SPALLAROSSA M.R., La
famiglia nel nuovo diritto. Principi costituzionali, riforme legislative, orientamenti della
giurisprudenza, Bologna, 2002, p.252-253.
103 RUSCELLO F., La potestà dei genitori, artt. 315-319 c.c., Milano, 1996, p.85.
44
un dato orientamento oppure decidere di non fornire alcuna informazione ad essa
inerente. Esiste infatti la “libertà negativa” di educazione, che riguarda la scelta
del genitore di non fornire alcuna formazione religiosa nei confronti dei figli
oppure alcuna informazione od orientamento inerente al sesso104
.
Come in materia di istruzione, anche la facoltà dei genitori di provvedere
all’educazione dei figli perdura anche nella maggiore età finché questi convivono
con essi e anch’esso interagisce con il dovere di mantenimento, anche se
l’accertamento della violazione dell’obbligo di educazione è più complesso105
.
Inoltre i figli sono titolari di un diritto soggettivo a crescere nella propria famiglia,
ricevendo l’assistenza necessaria dai loro genitori: tale diritto trova specifica
enunciazione nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e, riguardo
al diritto interno, nell’art. 1 della L. n. 184/1983 in materia di adozione e trova
conferma nell’art. 155 c.c., ora art. 337-ter co.1, secondo il quale, anche in caso di
crisi, “il minore ha diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con
ciascuno dei genitori...” I figli titolari del relativo status, partecipano alla
successione del genitore defunto in qualità di legittimari mediante riserva di una
quota del patrimonio ereditario in misura variabile in base al numero degli stessi e
al concorso con il coniuge: qui esiste ancora una differenza tra figli nati nel
matrimonio e figli nati fuori dal matrimonio (es. art.580 c.c. diritto di
commutazione spettante ai primi)106
.
Tra i diritti di cui è titolare il figlio rientra il diritto, avente copertura
costituzionale assoluta, al nome e al cognome che consente l’identificazione della
persona all’interno della società. Il passaggio da una concezione del cognome
quale mero segno di identificazione della discendenza familiare ad una visione
che lo inquadra tra gli elementi costitutivi del diritto soggettivo all’identità
personale è stato già anticipato da alcune sentenze della Corte Costituzionale,
_________________
104 ANCESCHI A., Rapporti tra genitori e figli. Profili di responsabilità, Milano, 2007, p.138-
140,141. 105
ID., ibidem, p.136-137. 106 AULETTA T., Diritto di famiglia, Torino ,2011, p.363-368.
45
e poi anche recepito dalla giurisprudenza di legittimità107
. La Cassazione ha infatti
stabilito che “in sede di applicazione delle disposizioni di cui ai commi secondo e
terzo dell’art.262 c.c., disciplinanti l’ipotesi in cui la filiazione nei confronti del
padre sia stata accertata o riconosciuta successivamente al riconoscimento da
parte della madre, occorre muovere dal presupposto che il diritto al nome
costituisce uno dei diritti fondamentali di ciascun individuo” e “il giudice deve
avere riguardo al modo più conveniente di individuare il minore in relazione
all’ambiente in cui è cresciuto fino al momento del riconoscimento da parte del
padre”, quindi, “l’assunzione del patronomico non dovrà, essere disposta
allorquando precludere il diritto di mantenere il cognome materno, ormai
associato al minore dal contesto sociale in cui egli si trova a vivere, si
risolverebbe in un’ingiusta privazione di un elemento della sua personalità….”108
.
L’art. 262 c.c., co.2 e 3, attualmente prevede che nel caso di riconoscimento
paterno della filiazione successivo a quello materno, il figlio può assumere il
cognome del padre aggiungendolo o sostituendolo a quello della madre, e
demanda al giudice, nel caso di minore età del figlio, la relativa decisione, avendo
riguardo all’unico criterio di riferimento dell’interesse del minore. L’art. 27 del
decreto legislativo che ha dato attuazione alla delega contenuta nella l.219 del
2012, apportando modifiche all’art. 262 c.c., stabilisce alla lett. d) che se la
filiazione nei confronti del genitore è stata accertata o riconosciuta
successivamente all’attribuzione del cognome da parte dell’ufficiale di stato civile
il figlio può mantenere il proprio cognome ove sia divenuto autonomo segno della
sua identità personale109
.
________________________
107 Corte cost. 23 luglio 1996, n. 297 in Fam. e dir. ,1996, p.412, intervenendo sull’articolo 262
c.c. ha dichiarato incostituzionale tale norma laddove non prevede che il soggetto dichiarato alla
nascita figlio di ignoti e successivamente riconosciuto da uno dei genitori possa conservare anche
il cognome originariamente attribuitogli dall’ufficiale dello stato civile; Corte cost. 11 maggio
2001, n. 120, in Foro It., 2003, p.2201, che ha giudicato costituzionalmente illegittimo l’art. 299,
2° co., c.c., nella parte in cui non prevede che, qualora sia figlio naturale non riconosciuto dai
propri genitori, l’adottato (maggiorenne) possa aggiungere al cognome dell’adottante anche quello
originariamente attribuitogli dall’ufficiale dello Stato civile. 108
Cass. civ. , 26 maggio 2006, n. 12641, in Familia, 2006, p.959. 109 FASANO A.M., MATONE S., I conflitti della responsabilità genitoriale, Milano, 2013, p.113-
120.
46
Per quanto riguarda la filiazione nata fuori dal matrimonio invece ha solo previsto
all’art.1 lett. d), con riguardo al cognome che all’art.250 c.c. sia modificato il
comma 4110
.
Pertanto la norma di riferimento rimane comunque l’art.262 e ciò nonostante la
questione di legittimità sollevata dalla Cassazione con ordinanza n. 13298/2004
(che aveva sottolineato il contrasto della attribuzione automatica del cognome
paterno non solo con i principi dell’ordinamento ma anche con alcune norme di
origine sovranazionale, che impongono agli stati membri l’adozione di misure
adeguate ad eliminare discriminazioni tra i sessi), dichiarata inammissibile dalla
Corte Costituzionale perché spetta al legislatore ridisegnare in senso
costituzionalmente adeguato la norma attributiva del cognome paterno al figlio
legittimo111-112
.
L’unica soluzione rispettosa dei valori primari e dei principi dell’ordinamento
sarebbe il doppio cognome del figlio, tratto in parte da quello del padre e in parte
da quello della madre, in quanto esalta e formalizza il rapporto di genitorialità e
sarebbe in linea con quanto già avviene in altri paesi europei e conforme alle
indicazioni della giurisprudenza interna ed europea. Nonostante ciò nella riforma
della filiazione non ricorre alcuna disposizione né in materia di cognome del figlio
“nato nel matrimonio” né in tema di cognome del figlio “nato fuori del
matrimonio”. Appare frutto di una limitata sensibilità sociale, pretermettere,
nell’ambito di una condivisibile riforma della filiazione, ispirata alla piena
attuazione dei valori primari dell’ordinamento, nuove regole in materia di
cognome dei figli che, uniformando il diritto italiano a quello degli altri Paesi
____________ 110
Il d. lgs. n. 154 del 28 dicembre 2013 ha modificato anche il secondo comma dell’art. 262 : “ Se
la filiazione nei confronti del padre è stata accertata o riconosciuta successivamente al
riconoscimento da parte della madre, il figlio può assumere il cognome del padre aggiungendolo,
anteponendolo o sostituendolo a quello della madre.” Art.250 c.c. co.4 ultimo periodo : “Con la
sentenza che tiene luogo del consenso mancante, il giudice assume i provvedimenti opportuni in
relazione all’affidamento e al mantenimento del minore ai sensi dell’art.315-bis e al suo cognome
ai sensi dell’art. 262 c.c.”
111 Corte cost., 16 febbraio 2006, n. 61, in Giust. civ., 2007, p. 2079.
112 FASANO A.M., MATONE S., I conflitti della responsabilità genitoriale, Milano, 2013, p.130-
138.
47
europei, garantiscano il fondamentale diritto del figlio a vedere riconosciuta
nell’ambito della sua identità personale la discendenza da entrambi i genitori.113
Altri obblighi che incombono sui genitori, non espressamente previsti da nessuna
norma giuridica, sono quelli di cura, vigilanza e custodia. Essi vengono definiti
obblighi giuridici impliciti, che derivano direttamente dal rapporto di filiazione, e
secondari, in quanto sono prodromici alla realizzazione degli obblighi previsti
dalla legge: essi vengono fatti ricadere nell’obbligo di mantenimento, inteso non
più solo in senso patrimoniale ma anche come preservazione dell’incolumità e del
benessere psicofisico della persona. In realtà anche questi obblighi genitoriali si
elevano ad un rango equivalente a quelli previsti esplicitamente dall’art.30 Cost. e
147 c.c. poiché sono finalizzati al benessere psicofisico e allo sviluppo del
minore. Per quanto riguarda il dovere di cura, esso è strettamente collegato con il
diritto alla salute, che rappresenta un diritto inalienabile dell’individuo e viene
anche garantito al fanciullo da convenzioni internazionali ,oltre che dall’art. 32
della Costituzione114
: il diritto alla salute è quindi un diritto assoluto che
l’ordinamento ha l’obbligo di garantire.115
Il dovere di cura non si risolve
solamente sotto il profilo della salute fisica (in questo caso implica la doverosità
di affrontare determinate scelte in materia di trattamenti sanitari), bensì anche
sotto quello della salute psichica e in generale del benessere del minore, anche
sotto un profilo propriamente e strettamente affettivo, comportando perciò la
necessità di bilanciare i rischi dei possibili danni psicofisici nei confronti del
figlio, in attività (es. sportive) o aspirazioni culturali e sociali che possano
apparire pericolose. L’obbligo di prendersi cura del minore viene espressamente
previsto in capo ai soggetti che si sostituiscono ai genitori nei casi previsti dalla
legge ( art.357 c.c. in capo al tutore e art.5, l. n. 184/1983, in capo all’affidatario)
e , pertanto, viene ricavato a fortiori in capo ai genitori stessi. Come l’obbligo di
________________________
113 TRIMARCHI M., Il cognome dei figli: un’occasione perduta dalla riforma, in Fam. e dir.,
2013, p.244,248-250. 114
La Convenzione sui diritti dell’infanzia del 1989 stabilisce che gli Stati parti riconoscono il
diritto del fanciullo al godimento dei più alti livelli raggiungibili di salute fisica e mentale e alla
fruizione di cure mediche riabilitative (art.24). 115 FASANO A.M., MATONE S., I conflitti della responsabilità genitoriale, Milano, 2013, p.83 e
86.
48
istruzione, anche questo dovere ricade direttamente sul genitore limitatamente alle
sue specifiche competenze, mentre per il resto si risolve in un dovere di attivarsi
presso le apposite strutture sanitarie.
Gli obblighi di custodia e vigilanza
rappresentano due aspetti dello stesso dovere genitoriale: il primo si riferisce in
particolar modo ai neonati, privi di autonomia decisionale e libertà di movimento;
il secondo presuppone una maggiore autonomia e libertà del minore, verso cui
sussiste soltanto un obbligo di controllo, sempre più attenuato in relazione alla
acquisita capacità di discernimento del figlio, che dipende da fattori come l’età, le
concrete capacità personali, l’istruzione e l’esperienza. Questo obbligo dipende
dall’intensità e dall’efficacia dell’educazione impartita e determina la
responsabilità del genitore verso i terzi in caso di mancato adempimento116
.
_______________
116 ANCESCHI A., Rapporti tra genitori e figli. Profili di responsabilità, Milano, 2007, p.163-165,
175-180.
49
3.2. Le novità introdotte dalla l. n. 219/2012
La riforma della filiazione è intervenuta anche su tale disciplina, introducendo per
la prima volta, con il nuovo art.315-bis,intitolato “Diritti e doveri del figlio”, un
vero e proprio statuto dei diritti del figlio, in quanto tale. Un riconoscimento così
esplicito, primario e ampio dei diritti del figlio, anteposti ai suoi doveri, rivela il
definitivo superamento anche nel nostro ordinamento della arcaica concezione che
vedeva nel figlio, e nel minore, più un oggetto di poteri altrui e di soli propri
doveri, che un soggetto prioritario di diritti inviolabili e sovraordinati. Al suo
primo comma l’art. 315-bis117
, riecheggiando l’art.30, co.1, Cost., e l’art.147 c.c.,
prevede che il figlio, oltre ad essere mantenuto, educato e istruito dai genitori, sia
anche “assistito moralmente” e mentre la norma matrimoniale dispone che i
genitori tengano conto della capacità, inclinazioni ed aspirazioni del figlio, la
nuova norma dispone che essi devono rispettarle118
. Il secondo comma
dell’art.315 bis richiama i principi stabiliti in materia di adozione ed in tema di
separazione personale dei coniugi (art.155 c.c. ora artt. 337-bis e ss.), affermando
che il figlio ha diritto “di crescere in famiglia e di mantenere rapporti significativi
con i parenti.”119
. Il principale profilo problematico di questa norma sta nel suo
riferimento alla sua famiglia senza alcuna specificazione, in quanto il significato
del termine famiglia è tutt’altro che univoco. Tuttavia, in base all’evoluzione della
società e alla finalità delle riforma, che è quella di evitare discriminazioni tra figli
nati nel matrimonio e figli nati fuori dal matrimonio, deve accogliersi una nozione
ampia di famiglia, e non solo quella fondata sul matrimonio di cui parla l’art.29
Cost., comma 2°. Al terzo comma dell’art. 315-bis troviamo un diritto di matrice
processuale, ovvero il diritto all’ascolto del minore “in tutte le questioni e le
procedure che lo riguardano”, mentre finora tale diritto si ricavava
deduttivamente dalla presenza nel nostro sistema processuale di un obbligo di
ascolto imposto al giudice (con il d.lgs. n. 154 del 2013, art.337-octies).
______________________________
117 Art. 315 bis sancisce il diritto del figlio “di essere mantenuto, educato, istruito e assistito
moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue
aspirazioni.” 118 GRAZIOSI A., Una buona novella di fine legislatura: tutti i “figli” hanno eguali
diritti ,dinanzi al tribunale ordinario, in Fam. e dir., 2013. p.264. 119 DE FILIPPIS B., La nuova legge sulla filiazione: una prima lettura ,in Fam. e dir., 2013,
p.294.
50
La configurazione dell’audizione giudiziale del minore come un vero e proprio
diritto soggettivo dello stesso- sulla scia delle prescrizioni contenute nell’art.12
della Convenzione di New York del 1989 sui diritti del fanciullo e nell’art. 6 della
Convenzione di Strasburgo del 1996 e non come semplice derivazione di un
dovere processuale del giudice, implica che il piano della tutela si è spostato da
quello semplicemente processuale a quello dei diritti inviolabili del minore (art.2
Cost.), e perciò il suo ascolto riveste oggi, ad ogni effetto, carattere di preminenza
ed inderogabilità120
. La sua inderogabilità comporta che esso debba trovare piena
tutela, senza possibilità di alcun distinguo o limitazione, in tutte le procedure che
“lo riguardano”, intendendosi per tali, non solo quelle in cui egli agisce o è
convenuto in qualità di parte in senso sostanziale, ma quelle che pur svolgendosi
tra i soli genitori, o tra altri soggetti, sono però destinate ad incidere direttamente
sulla sua situazione giuridica ed esistenziale. Il minore avrà diritto ad essere
ascoltato non solo nei processi contenziosi, quali ad esempio la separazione
giudiziale, il divorzio. o il procedimento camerale di affidamento o mantenimento
dei figli nati fuori dal matrimonio, ma anche nelle procedure consensuali, come la
separazione consensuale, il divorzio su ricorso congiunto dei coniugi, o il
procedimento camerale di affidamento e mantenimento dei figli nati fuori dal
matrimonio promosso consensualmente dai genitori. Inoltre, essendo l’audizione
del minore preordinata a soddisfare un suo diritto inviolabile, oggi previsto
dall’art. 315-bis, comma 3°, cod. civ., essa si presenta coma un adempimento
processuale ineludibile, la cui omissione determina, per questa ragione,
l’improcedibilità di qualunque processo in cui si verifichi, e la consequenziale
nullità di tutti gli atti processuali successivi121
(a tale conclusione era già
pervenuta la Cassazione, la quale aveva anche stabilito che una volta dichiarata la
nullità, eventualmente anche d’ufficio trattandosi di un vizio connesso alla
violazione di una norma imperativa, il giudice, al fine di consentire la
rinnovazione degli atti nulli, dovrà rimettere la causa nella fase processuale in cui
l’ascolto del minore è stato omesso disponendo che vi si proceda)122
.
________________________
120 GRAZIOSI A., Una buona novella di fine legislatura: tutti i “figli” hanno eguali
diritti ,dinanzi al tribunale ordinario, in Fam. e dir., 2013, p.264-265.
121 IDEM, ibidem , in Fam. e dir., 2013 , p.275-277. 122
Cass. sez. un. , 21 ottobre 2009, n. 22238, in Foro It., 2010, p. 903.
51
In seguito al cambiamento che ha interessato la condizione del minore nella
famiglia e nella società, anche il figlio ha dei doveri nei confronti dei genitori: il
minore non è più inteso come “oggetto” di diritti degli adulti, soggetto ad una
patria potestà intesa come un’autorità con poteri pressoché assoluti, ma soggetto
di diritti e così la riforma del diritto di famiglia va ad ampliare gli spazi di
autonomia del minore; al conseguimento da parte del figlio di un ruolo
partecipativo all’interno della famiglia e perciò di nuove sfere di libertà doveva
corrispondere una posizione di maggiore responsabilità123
.
Ai sensi dell’art.315 c.c., ante riforma, il figlio deve rispettare i genitori e deve
contribuire, in relazione alle proprie sostanze e al proprio reddito al mantenimento
della famiglia, finché convive con essa. La norma introduceva due principi: il
dovere di rispetto dei genitori (che si sostituisce all’espressione “onorare e
rispettare” i genitori, che denotava la posizione del figlio in termini di soggezione
e obbedienza) ed il dovere di contribuire al mantenimento della famiglia124
. Oggi
i doveri del figlio verso i genitori sono regola ti dall’ultimo comma del nuovo art.
315 bis, inserito nel codice civile ad opera dell’art. 1 della recente legge di riforma
della filiazione, n. 219/2012. I doveri del figlio acquistano una nuova prospettiva,
in quanto, interagendo con i diritti, vengono ad essere calati in un rapporto
dialettico e di reciproco apporto con i genitori, ciò per evidenziare un rapporto con
i genitori che consta di diritti e doveri correlati e reciproci: l’articolo ripropone
quanto già stabiliva l’articolo 315, collegando però il dovere di contribuzione
anche e in primo luogo alle capacità del figlio (“in relazione alle proprie
capacità”). Il dovere di rispetto deve inquadrarsi in un rapporto genitori-figli dove
è valorizzato il profilo personale-affettivo e implica ora un atteggiamento attivo
da parte del figlio, un’attenzione e comprensione della personalità del genitore.
Esso, pur essendo sprovvisto di sanzione giuridica in caso di inadempimento, ha
un valore che sul piano etico e sociale deve essere riconosciuto125
.
_____________________________
123 BESSONE M., ALPA G., D’ANGELO A., FERRANDO G. e SPALLAROSSA M.R., La
famiglia nel nuovo diritto. Principi costituzionali, riforme legislative, orientamenti della
giurisprudenza, Bologna, 2002, p.257 ss. 124 FASANO A.M., MATONE S., I conflitti della responsabilità genitoriale, Milano, 2013, p.75. 125
BELELLI A., I doveri del figlio verso i genitori nella legge di riforma della filiazione, in Dir.
fam. pers., 2013,p.645-650.
52
Il dovere di contribuzione sussiste se ed in quanto il figlio viva nell’ambito della
familiare, costituendo la convivenza un presupposto necessario dell’obbligo
contributivo126
. Il principio di fondo è improntato alla responsabilità e
collaborazione reciproca: se il figlio vive nella comunità familiare, ricevendo
vantaggi di vario tipo, deve anche contribuire al mantenimento della stessa, in
relazione alle proprie possibilità. L’aver inserito il riferimento per la
commisurazione dell’obbligo anche le capacità personali, oltre ad adeguare la
disciplina a quanto previsto con riguardo all’obbligo dei coniugi di contribuire al
soddisfacimento dei bisogni della famiglia (art.143 co.3 c.c.), responsabilizza il
figlio e gli attribuisce un ruolo attivo, imponendo un dovere di adoperarsi in
relazione alle proprie capacità per il soddisfacimento dei bisogni della famiglia,
sia materiali che morali. Tale modifica è stata anche dettata per rispondere alla
situazione sempre più diffusa nella nostra società dei figli che, pur avendo
raggiunto da tempo la maggiore età, rimangono nell’ambito della famiglia
originaria senza formare un proprio nucleo familiare. Con la nuova legge si va
oltre quanto già rilevato dalla giurisprudenza, in merito al diritto del figlio
maggiorenne, che abbia terminato il proprio ciclo di istruzione, ad essere
mantenuto dai genitori127
. Si impone al figlio di contribuire al soddisfacimento
dei bisogni della famiglia delineando un rapporto genitori-figlio fondato sia sugli
affetti, sia sulla collaborazione reciproca e sulla responsabilità128
.
_______________
126 FASANO A.M., MATONE S., I conflitti della responsabilità genitoriale, Milano, 2013, p.77.
127 Cass. 3 aprile 2002, n. 4765, in Foro It., 2002, p.1323.
128 BELELLI A., I doveri del figlio verso i genitori nella legge di riforma della filiazione, in Dir.
fam. per., 2013,p.651-653.
53
4. La potestà dei genitori: il suo contenuto ed esercizio strumentale allo
sviluppo della personalità del minore
Tutti i doveri e i poteri decisionali che l’ordinamento attribuisce in capo ai
genitori, in ordine alla cura, all’educazione, al mantenimento e alla gestione degli
interessi economici della prole danno contenuto al concetto di “potestà dei
genitori”. Nel nostro ordinamento non è dato rinvenire una definizione del
concetto di potestà genitoriale. Per giungere ad una definizione appagante, è
possibile fare riferimento ad una proposta di legge in cui il testo dell’art. 315 c.c.
viene riscritto nei seguenti termini129
: “è responsabilità dei genitori realizzare i
compiti indicati nell’art. 147, proteggendo il figlio, sostenendolo nel suo itinerario
formativo, assicurandogli e tutelandone la sicurezza, la salute e la moralità,
promuovendone il benessere psicofisico e la progressiva acquisizione
dell’autonomia. A tal fine essi hanno il diritto-dovere di tenerlo presso di loro. Per
attuare compiutamente questi doveri è conferita la potestà genitoriale”. Tale
formula subordina e coniuga espressamente il conferimento dei poteri genitoriali,
alla responsabilità genitoriale volta alla realizzazione dei compiti previsti
dall’art.147 c.c. La potestà, quindi, come concordano dottrina e giurisprudenza, è
quell’insieme di poteri-doveri finalizzato alla crescita spirituale e fisica del figlio,
da esercitarsi nel rispetto delle sue capacità, inclinazioni naturali e aspirazioni
(147 cod. civ.)130
. Il codice civile del 1942 conosceva ancora la “patria potestà”
ereditata dal diritto romano: una potestà monocratica esercitata dal padre e, per il
solo caso di morte, lontananza o impedimento, dalla madre (artt.315 e 316 c.c.); il
padre poteva richiamare il figlio nella “casa paterna” quando se ne allontanava
(art.318 c.c.) e, se non riusciva a frenarne la cattiva condotta, poteva “collocarlo in
un istituto di correzione” con l’autorizzazione del presidente del tribunale dei
minorenni (art.319 c.c.)131
.
Nella Costituzione non vi è traccia dell’istituto in esame, ma il rapporto genitori
figli è regolato dall’art.30 Cost., che attribuisce ai genitori un diritto soggettivo
_________________________ 129
Proposta di legge n. 173 del 9 maggio 1996 che riprende precedenti iniziative legislative. 130
SESTA M., Genitori e figli tra potestà e responsabilità, in Riv. dir. priv., 2000, p.219-220. 131
PAZE’ P., Dalla patria potestà alla responsabilità genitoriale, in Minorigiust., 2007, p.7.
54
perfetto che si concretizza nell’interesse attivo di questi a provvedere
all’istruzione, al mantenimento ed all’educazione della prole. Attualmente, dopo
la riforma del diritto di famiglia, il codice civile specifica il principio
costituzionale individuando il contenuto ed i limiti della potestà (art.147 c.c.) e
dalle disposizioni in tema di potestà scompare il termine patria potestà, che viene
sostituito col termine “potestà dei genitori” (art.316 c.c.), il che sottolinea il
coinvolgimento di entrambi i genitori nel rapporto di filiazione. La dottrina più
attenta ha elaborato il concetto in forza del quale l’interesse del minore
rappresenta il limite all’esercizio della potestà genitoriale132
. Col richiamare
capacità, inclinazioni e aspirazioni del minore, ovvero la sua specifica e
irripetibile personalità e soggettività, e con l’abbandonare il riferimento a
parametri oggettivi estrinseci, il legislatore assegna ai genitori il compito di
seguire il figlio affinché egli dia forma alla propria struttura personale, e non più
quello di uniformarne la personalità ad astratti modelli comportamentali133
. La
riforma del diritto di famiglia, realizza l’importante passaggio da una concezione
della potestà come diritto ad una che la inquadra principalmente come funzione
nell’interesse dei figli e assunzione di responsabilità nei loro confronti, ma non ha
abbandonato il termine potestà, che è sinonimo di potere, di dominio e non può
comprendere un complesso di doveri e di diritti attribuiti ai genitori con una
finalità di protezione dei figli134
.
La dottrina tradizionale individua come aspetto “interno” inerente la potestà “la
funzione educativa, perché l’attività educativa ha per oggetto il figlio e per scopo
quello di formare la personalità”; mentre l’aspetto “esterno” viene individuato
nella “funzione sostitutiva, perché qui l’attività del genitore è quella che il figlio
non può compiere nel suo interesse… l’attività di relazione con i terzi e la cura dei
suoi interessi nei rapporti col mondo esterno”135
.
_______________________
132 FASANO A.M., MATONE S., I conflitti della responsabilità genitoriale, Milano, 2013, p.6. 133 SESTA M., Genitori e figli tra potestà e responsabilità, in Riv. dir. priv., 2000, p.221. 134 PAZE’ P., Dalla patria potestà alla responsabilità genitoriale, in Minorigiust., 2007, p.8.
135 PELOSI A.C., La patria potestà, Milano, 1965, p.85.
55
Dopo la riforma del diritto di famiglia la nozione di potestà si è arricchita di
contenuti più profondi. Oltre che con riguardo alla finalità ultima, le innovazioni
di rilievo che hanno conferito alla potestà dei genitori una connotazione nuova e
più dinamica rispetto a quella precedente fondata sull’autorità paterna, attengono
all’esercizio congiunto del potere (art. 316 co.2, c.c.), al possibile ricorso al
giudice (art.316 co.3, c.c.) ed al suo contenuto136
. In conformità all’art.30 Cost.,
l’art. 316 c.c. attribuisce la titolarità della potestà ad entrambi i genitori, che sono
tenuti ad esercitarla “di comune accordo”. Le decisioni della vita quotidiana
riguardanti il figlio possono prendersi disgiuntamente, mentre le scelte più
importanti e delicate devono farsi congiuntamente (es. avviarlo ad uno sport
pericoloso)137
.
Quindi il co-esercizio è la regola fondamentale che informa il sistema delle
relazioni familiari, ma in caso di disaccordo l’art.316 c.c. al terzo comma, ora
secondo, prevede “in caso di contrasto su questioni di particolare importanza”, la
possibilità per ciascuno dei genitori (nel rispetto dell’autonomia della famiglia
non è demandato ad altri soggetti tale potere) di ricorrere senza formalità al
giudice indicando i provvedimenti che ritiene più idonei138
. Questo è uno dei
procedimenti che ai sensi del nuovo comma 1 dell’art.38 disp. att. del c.c. spetta
non più al tribunale dei minorenni ma al tribunale ordinario, non essendo
compreso tra quelli “per i quali è espressamente stabilita la competenza di una
diversa autorità giudiziaria”. L’intervento del tribunale si articola in due fasi: in un
primo momento il giudice, sentito ciascun genitore ed il figlio ( che abbia
______________________
136 SESTA M., Genitori e figli tra potestà e responsabilità, in Riv. dir. priv., 2000, p.221. 137
AULETTA T., Diritto di famiglia, Torino ,2011, p.372; con il d. lgs. n. 154 del 28 dicembre
2013 anche l’art. 316 c.c. è stato sostituito. Ora è rubricato ‘Responsabilità genitoriale’ e prevede:
“Entrambi i genitori hanno la responsabilità genitoriale che è esercitata di comune accordo
tenendo conto delle capacità, delle inclinazioni naturali e delle aspirazioni del figlio. I genitori di
comune accordo stabiliscono la residenza abituale del minore. In caso di contrasto su questioni di
particolare importanza ciascuno dei genitori può ricorrere senza formalità al giudice indicando i
provvedimenti che ritiene più idonei……” È stato eliminato il potere del padre di prendere
provvedimenti urgenti in caso di grave pregiudizio del minore previsto prima al co.4. 138 SESTA M., Manuale del diritto di famiglia, Padova, 2009, p.466.
56
compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento),
tenta la conciliazione, suggerendo le soluzioni che appaiono più utili nell’interesse
del figlio stesso e dell’unità familiare; se il contrasto permane, il giudice
“attribuisce il potere di decisione a quello dei genitori che, nel singolo caso,
ritiene il più idoneo a curare l’interesse del figlio”139
.
Il legislatore ha regolato all’art. 317 c.c. (Impedimento di uno dei genitori) la
circostanza che l’esercizio della potestà sia impedito ad uno dei genitori ( le cause
prese in considerazione riguardano la lontananza, l’incapacità e ogni altro
impedimento). In tale ipotesi sull’altro genitore si concentrano tutti i poteri e i
doveri ad essa inerenti e il trasferimento dell’esercizio esclusivo avviene ipso iure,
senza un provvedimento da parte del giudice. Al secondo comma prevede che
anche quando ,nel caso di separazione personale, annullamento o cessazione degli
effetti civili del matrimonio, il figlio sia stato affidato ad uno dei genitori, “la
potestà comune non cessa” e l’esercizio è regolato da quanto disposto nell’art.155
c.c.140
In quest’ultima ipotesi non c’è esercizio esclusivo della potestà in capo al
coniuge affidatario, in quanto l’altro conserva l’esercizio della potestà (ora
responsabilità genitoriale) “per le decisioni di maggiore interesse” per i figli, ma
il coniuge cui sono affidati i figli ha “l’esercizio esclusivo della potestà su di
essi”: il legislatore in questo caso ha distinto la titolarità, che resta comune, e
l’esercizio della potestà, che viene generalmente riservato al coniuge affidatario,
riducendosi la potestà dell’altro coniuge alla possibilità di intervenire nell’ambito
dell’esercizio della potestà, che viene generalmente riservato al coniuge
affidatario, riducendosi la potestà dell’altro coniuge alla possibilità di intervenire
nell’ambito dell’assunzione delle decisioni di maggiore interesse o al diritto-
dovere di vigilare sull’istruzione ed educazione, fatto salvo il ricorso al giudice
__________________
139 AULETTA T., Diritto di famiglia, Torino ,2011, p.373. Il contenuto dell’art. è stato aggiornato
alle modifiche introdotte con il d.lgs. n. 154 del 28 dicembre 2013. 140
Anche l’art. 317 c.c. è stato interessato dalla riforma attuata con il d.lgs. n. 154 del 2013, che al
primo comma ha sostituito la parola “potestà” con le parole “responsabilità genitoriale” e al
secondo comma ora stabilisce che: “ La responsabilità genitoriale di entrambi i genitori non cessa
a seguito di separazione, scioglimento, cessazione degli effetti civili, annullamento, nullità del
matrimonio; il suo esercizio, in tali casi è regolato dal capo II del presente titolo.”. In particolare in
questo caso viene in considerazione l’art. 337-ter c.c.
57
(stessa disciplina è prevista dall’art.6, L. 898/1970 come modificato dall’art. 11,
L. 74/1987)141
. La dottrina ritiene che il riconoscimento in capo al genitore non
affidatario di tali diritti ( facoltà di adire il giudice nelle ipotesi in cui le decisioni
prese dall’altro coniuge siano pregiudizievoli al minore), indichi la persistenza
dell’esercizio della potestà in capo al genitore non affidatario: da ciò discende la
possibilità per quest’ultimo di adire il giudice anche nel caso previsto dall’art.316
c.c. e degli artt. 320 e 330 c.c.142
Una significativa innovazione della riforma del
diritto di famiglia consiste nell’aver equiparato il sistema dell’esercizio della
potestà della filiazione naturale a quello della filiazione legittima. Infatti dal
combinato disposto degli artt. 317 bis e 261 c.c. si ricavava che la potestà è
attribuita al genitore che ha effettuato il riconoscimento e, nel caso in cui entrambi
abbiano proceduto al riconoscimento, ad ambedue se conviventi (in tal caso si
applicano le disposizioni che regolano l’esercizio della potestà in capo ai genitori
legittimi) o al solo genitore con cui il figlio convive (all’altro genitore è
riconosciuto il potere di vigilare sull’istruzione, educazione e sulle condizioni di
vita del minore ma non gli stessi poteri che ora l’art.337-quater c.c. riconosce al
genitore separato o divorziato); infine qualora manchi il presupposto della
convivenza, la potestà è esercitata da quello dei genitori che per primo abbia
riconosciuto il figlio.
_______________________ 141 SESTA M., Manuale del diritto di famiglia, Padova, 2009, p.467-468. Infatti ora l’art. 337-ter
c.c. dispone al terzo comma che: “ La responsabilità genitoriale è esercitata da entrambi i genitori.
Le decisioni di maggiore interesse per i figli relative all’istruzione, all’educazione, alla salute e
alla scelta della residenza abituale del minore sono assunte di comune accordo tenendo conto delle
capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli. In caso di disaccordo la decisione è
rimessa al giudice. Limitatamente alle decisioni su questioni di ordinaria amministrazione, il
giudice può stabilire che i genitori esercitino la responsabilità genitoriale separatamente. Qualora il
genitore non si attenga alle condizioni dettate, il giudice valuterà detto comportamento anche al
fine della modifica delle modalità di affidamento.”. All’art. 337-quater Affidamento a un solo
genitore e opposizione all’affidamento condiviso, al co.3 prevede: “ Il genitore cui sono affidati i
figli in via esclusiva, salva diversa disposizione del giudice, ha l’esercizio esclusivo della
responsabilità genitoriale su di essi; egli deve attenersi alle condizioni determinate dal giudice.
Salvo che non sia diversamente stabilito, le decisioni di maggiore interesse per i figli sono adottate
da entrambi i genitori. Il genitore cui i figli non sono affidati ha il diritto ed il dovere di vigilare
sulla loro istruzione ed educazione e può ricorrere al giudice quando ritenga che siano state
assunte decisioni pregiudizievoli al loro interesse.” 142
GIORGIANNI M., Della potestà dei genitori, in Comm. dir. it. fam. sub. art.315-318, p.336.
Art. 316 c.c. co.2( con riforma dovuta al d.lgs. n.154 del 2013) : “In caso di contrasto su questioni
di particolare importanza ciascuno dei genitori può ricorrere senza formalità al giudice indicando i
provvedimenti che ritiene più idonei.”; art. Art. 320. ‘Rappresentanza e amministrazione’; Art.
330. ‘Decadenza dalla potestà sui figli’.
58
Il giudice, a norma del secondo comma dell’art. 317 bis c.c., poteva, nell’interesse
esclusivo del minore, disporre diversamente fino a nominare un tutore escludendo
entrambi i genitori dall’esercizio della potestà
143. Tale possibilità di ingerenza
dell’autorità giudiziaria in ambito familiare veniva interpretata in senso restrittivo
dalla dottrina: solo in caso di violazione dei doveri da parte dei genitori, o in caso
di loro incapacità, potrà ammettersi la nomina di un tutore e la conseguente
cessazione della potestà dei genitori144
.
Con la nuova disciplina della potestà genitoriale introdotta dalla l. 219 del 2012,
cioè quella che afferma che tutti i figli hanno lo stesso stato giuridico e che quindi
beneficiano in pari misura dei diritti enunciati dal nuovo art. 315 bis c.c., induce
ad interrogarsi sul complessivo assetto delle norme relative all’esercizio della
potestà. In particolare si poneva il problema della sorte dell’art. 317 bis c.c., che
appunto disciplina l’esercizio della potestà in capo al genitore naturale145
,
problema recentemente affrontato dalla Cassazione
la quale aveva ritenuto
tacitamente abrogata la norma per incompatibilità con la successiva disciplina
dettata agli artt. 155 c.c. e seguenti146
. La L. n. 54 del 2006 ha esteso
l’applicazione delle nuove norme sull’affidamento condiviso alla filiazione
“naturale”.
_______________________ 143 SESTA M., Manuale del diritto di famiglia, Padova, 2009, p.470-471. In realtà con il d.lgs. da
ultimo approvato, n. 154 del 2013, ora l’art. 317 bis del c.c. si occupa dei rapporti con gli
ascendenti. 144
Tra gli altri RUSCELLO F., La potestà dei genitori, artt. 315-319 cod. civ., Milano, 1996,
p.275; ZATTI P., Rapporto educativo e intervento del giudice, in L’autonomia del minore tra
famiglia e società, a cura di BELVEDERE A. e DE CRISTOFARO G., Milano, 1980, p.306.
145 SESTA M., L’unicità dello stato di filiazione e i nuovi assetti delle relazioni familiari, in Fam. e
dir., 2013, p. 238. 146
Cass. 10 maggio 2011, n. 10265, in Nuova giur. civ. comm., 2011. p. 1206.
59
Quindi si doveva concludere che nel caso di genitori che abbiano effettuato il
riconoscimento non conviventi, in base a quanto stabilito dall’art. 155, 3° co., c.c.
( ora 337-ter co.3), la potestà genitoriale vada comunque esercitata da entrambi i
genitori: la Cassazione ha infatti stabilito che “in assenza di un provvedimento
giudiziale che disponga diversamente, il figlio naturale deve essere affidato ad
entrambi i genitori anche nell’ipotesi in cui gli stessi non abbiano mai
convissuto”147
.
L’ipotesi di cui si occupa la Corte in tale sentenza è quella relativa alle cd.
‘famiglie ricomposte’, e nello specifico si inserisce nel novero dei casi di
adozione previsti all’art. 44, l. n. 184 del 1983, consentendo al padre naturale, che
non aveva mai convissuto col minore soggetto all’adozione, di opporsi alla stessa,
proprio in virtù della legge n. 54 del 2006…..”. L’art. 317 bis viene così ad essere
modellato sulla scorta della nuova normativa. Qualora dunque non vi sia un
provvedimento giudiziale, e ci si trovi innanzi ad una famiglia “naturale”,
operando il principio della bi-genitorialità la potestà genitoriale, è esercitata da
entrambi i genitori, anche qualora questi non abbiano mai convissuto148
. Ora, alla
luce dell’art. 315 c.c., non appare più giustificabile una disciplina differenziata
dell’esercizio della potestà in riferimento alla natura della filiazione e deve
atteggiarsi unitariamente, in armonia con l’affermato stato unico di figlio, a
prescindere dalla modalità della sua acquisizione: deve quindi ritenersi che se tra i
genitori – non importa se coniugati, conviventi o meno – ci siano contrasti sia
possibile il ricorso al giudice; mentre, se un genitore si trovi impedito all’esercizio
della potestà, intervenga l’art. 317, comma 1, c.c. Allo stesso modo, deve ritenersi
applicabile il secondo comma della predetta disposizione ai genitori non coniugati
____________________
147 Cass., 5 agosto 1996, n. 7137, in Giust. Civ., 1997, p. 1657.
148 FASANO A.M., MATONE S., I conflitti della responsabilità genitoriale, Milano, 2013, p.229-
232.
60
combinandola con quella dell’art. 155, comma 3, c.c.( ora art. 337-ter co.3)149
.
Inoltre la legge 219/2012 ha risolto un ulteriore problema che derivava
dall’applicazione della legge sull’affidamento condiviso dove l’art. 4 non
determinava alcuna modifica sul riparto di competenze tra Tribunale ordinario e
Tribunale per i minorenni: così i genitori coniugati erano sottoposti solo alla
disciplina di cui alla legge n.54 del 2006 ed al rito ordinario, mentre i secondi
sarebbero contemporaneamente regolamentati dalla legge n. 54 del 2006,
dall’art.317 bis e dal rito camerale, con differenze sostanziali sul piano
processuale e sostanziale. Ora la riforma, andando a modificare l’art. 38 disp. att.
c.c. ha attribuito al tribunale ordinario la vecchia competenza del tribunale per i
minorenni in materia di affidamento e di mantenimento dei minori, anche se nati
fuori dal matrimonio, i cui procedimenti seguiranno il rito camerale ovvero le
norme previste dagli artt. 737 e ss. del c.p.c.150
.
Le disposizioni in materia di potestà non sono generalmente ritenute applicabili
alla prole irriconoscibile, ossia al figlio che abbia agito per il mantenimento,
istruzione e educazione ex art. 279 c.c. (oggi poiché i figli di genitori legati da
vincoli di parentela sono riconoscibili, rientrano in questa categoria: i figli
nati da genitori che non abbiano compiuto il sedicesimo anno di età, salvo
_________________ 149 SESTA M., L’unicità dello stato di filiazione e i nuovi assetti delle relazioni familiari, in Fam. e
dir., 2013, p.238. Con il d.lgs. n. 154 emanato il 28 dicembre 2013 anche questo problema è stato
risolto. Infatti ora l’art. 337-bis stabilisce: “ In caso di separazione, scioglimento, cessazione degli
effetti civili, annullamento, nullità del matrimonio e nei procedimenti relativi ai figli nati fuori del
matrimonio si applicano le disposizioni del presente capo.” (ovvero tutte le disposizioni relative
all’affidamento condiviso dei figli e alla bi-genitorialità) e l’art. 317-bis ora regola i Rapporti con
gli ascendenti. Mentre l’esercizio della responsabilità genitoriale sui figli nati fuori dal matrimonio
è regolato all’art. 316 c.c. co.3 e 4 : “ Il genitore che ha riconosciuto il figlio esercita la
responsabilità genitoriale su di lui. Se il riconoscimento del figlio, nato fuori del matrimonio, è
fatto dai genitori, l’esercizio della responsabilità genitoriale spetta ad entrambi. Il genitore che non
esercita la responsabilità genitoriale vigila sull’istruzione, sull’educazione e sulle condizioni di
vita del figlio.” 150 FASANO A.M., MATONE S., I conflitti della responsabilità genitoriale, Milano, 2013, p.233-
234.
61
l’autorizzazione del giudice; il figlio ultra quattordicenne non riconoscibile per
mancanza del suo assenso; il figlio infra-quattordicenne per mancanza di consenso
del genitore che abbia già effettuato il riconoscimento, salvo l’autorizzazione del
tribunale; il figlio privo di assistenza morale e materiale, per il quale siano
intervenuti la dichiarazione di adottabilità e l’affidamento preadottivo; il figlio
matrimoniale e figlio riconosciuto da altri entrambi non riconoscibili dal preteso
padre biologico151
) pur spettando al genitore il potere educativo, compreso quello
di vigilanza e custodia, non gli spetteranno altri poteri, quali quello di
amministrazione e rappresentanza152
. Secondo parte della dottrina, l’inesistenza
della potestà sui figli irriconoscibili sarebbe anche conseguenza dell’indegnità dei
genitori153
; altri autori invece ritengono che la potestà spetti in modo pieno anche
al genitore che non può riconoscere il figlio, essendo la potestà funzionale
all’attuazione dell’interesse del minore e alla tutela dei suoi diritti154
.
Fra i poteri concessi ai genitori (o al genitore) esercenti la potestà è compreso
quello di fissare la dimora del minore : l’art. 318 c.c. sancisce di conseguenza in
capo al figlio il dovere di non abbandonare la casa dei genitori, riconoscendo in
capo a quest’ultimi il potere di richiamarlo anche ricorrendo, se necessario
(l’intervento del giudice viene in considerazione solo qualora i genitori non
riescano autonomamente a ricondurre il figlio alla casa familiare, anche
utilizzando la coercizione fisica), al giudice tutelare155
. Si è discusso in dottrina
sul momento in cui si può dire iniziato l’esercizio della potestà genitoriale.
_________________________
151 SESTA M., L’unicità dello stato di filiazione e i nuovi assetti delle relazioni familiari, in Fam. e
dir., 2013, p. 239. 152 GIORGIANNI M., Della potestà dei genitori, in Comm. dir. it. fam. cit. sub. art.315-318, p.
338. 153
DE CUPIS, Sulla pretesa esistenza della potestà dei genitori sui figli non riconoscibili, in Riv.
dir. civ., 1981, p. 321.; FERRI L., Della potestà dei genitori( art.315-342),in Comm. cod. civ.
Scialoja- Branca, a cura di GALGANO, Bologna-Roma, 1988, p. 56. 154
BIANCA, Diritto civile, Milano, 2001, p.299. 155
SESTA M., Manuale del diritto di famiglia, Padova, 2009, p.464-465.
62
Secondo l’opinione consolidata i genitori acquistano la potestà sul minore al
momento della nascita, ma la cura degli interessi e della salute del figlio inizia già
al momento della gestazione156
. L’art. 316, comma 1, c.c. stabiliva la durata della
potestà dei genitori, affermando che essa cessa con il raggiungimento della
maggiore età del minore o con la sua emancipazione. Vi sono, tuttavia,
determinati casi in cui la potestà cede il passo all’autonomia del minore. In
particolare, l’art. 2, comma 2, c.c. stabilisce che il minore lavoratore “è abilitato
all’esercizio dei diritti e delle azioni che dipendono dal contratto di lavoro”; una
norma analoga è l’art. 108 della legge 22 aprile 1941, n.633, in tema di diritti
d’autore, per l’autore minorenne che abbia compiuto i sedici anni. In forza
dell’art. 250 c.c., u. co., il riconoscimento del figlio naturale può essere compiuto
dal minore ultra-sedicenne157
. Non è possibile, quindi , stabilire un limite d’età per
lo svolgimento di determinate manifestazioni: “la consapevolezza che si è
raggiunta, anche in giurisprudenza, della necessità di ascrivere al minore una sfera
di valutazione che gli consenta di operare tutte le scelte necessarie….. rende
indispensabile la correlazione del principio dell’accordo stabilito dall’art. 316 c.c.,
con la progressiva autonomia del minore, ovvero con la capacità di sviluppo della
persona, non commisurabile in assoluto ma variabile secondo le situazioni e i
soggetti ”158
.
______________ 156
FASANO A.M., MATONE S., I conflitti della responsabilità genitoriale, Milano, 2013, p.22. 157
ARGENTESI A., La potestà dei genitori, in Famiglie: mutamenti e politiche sociali, a cura
dell’Osservatorio nazionale sulle famiglie e le politiche locali di sostegno alle responsabilità
familiari, Vol. I, Bologna, 2002, p. 203. Ora con il d. lgs. n.154 del 28 dicembre 2013 anche l’art.
316 c.c. è stato modificato e non prevede più il limite della maggiore età o dell’emancipazione
come fine dell’esercizio della responsabilità genitoriale. 158
RUSCELLO F., La potestà dei genitori, artt. 315- 319 cod. civ., Milano, 1996, p.43.
63
5. Dalla “potestà” alla “responsabilità” genitoriale
Nonostante la riforma del diritto di famiglia abbia chiaramente posto l’interesse
del minore al centro dell’intera disciplina della potestà, si è da alcuno evidenziato
che il minore continua ad essere considerato non “quale soggetto di diritto, bensì
quale destinatario incidentale di una serie di decisioni altrui” e ciò è conseguenza
di una normativa che tuttora lo considera privo di autonomia ed inabile al
compimento di qualunque scelta prima del raggiungimento della maggiore età.
Affiancare alla protezione del soggetto debole, anche la promozione delle sue
libertà, finirebbe per determinare un positivo mutamento di prospettiva nella
disciplina della potestà, che verrebbe interpretata come responsabilità genitoriale,
ossia, non più solo quale potere-dovere esercitato in posizione di disparità, bensì
quale collaborazione ed indirizzo, in un piano di parità e nel rispetto della
personalità del minore. In questo quadro già si muoveva la proposta di legge n.
173 del 9 maggio 1996, intitolata “ Norme per la tutela e lo sviluppo dei soggetti
in età evolutiva”, che prende spunto dalla ratifica della Convenzione sui diritti del
fanciullo.
Il progetto oltre ad enunciare il carattere dei diritti fondamentali dei soggetti in età
evolutiva, alla cui attuazione sono tenute le varie comunità, territoriale, scolastica,
ed anche familiare, prevedeva una modificazione della regola codicistica in
materia di potestà dei genitori che, sull’esempio tedesco, viene ribattezzata
“responsabilità genitoriale”. Il progetto (art.42) nel ri-descrivere l’art.315, cod.
civ., insisteva su un pieno riconoscimento della centralità dei diritti e delle
esigenze del minore, rispetto ai poteri del genitore159
.
Altre ragioni che dovrebbero indurre il legislatore a condurre a termine il percorso
di abbandono della nozione di potestà dei genitori sostituendola con quella più
pregnante di responsabilità dei genitori derivano da impegni assunti a livello
internazionale e dal confronto con quanto avviene a livello europeo.
_________________________
159 SESTA M., Genitori e figli tra potestà e responsabilità, in Riv. dir. priv., 2000, p.221-229.
64
La Convenzione sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989 parla di
responsabilità genitoriale e non di potestà. Nelle legislazioni di molti Stati europei
si utilizza ormai, per definire la fascia dei doveri e diritti dei genitori verso i
figli, il termine di responsabilità genitoriale e il regolamento CE 2201/2003 fa
riferimento alla responsabilità genitoriale come elemento unificante delle
legislazioni nazionali160
.
L’introduzione della responsabilità genitoriale avrebbe anche un significato
simbolico e un rilievo educativo nelle politiche per la famiglia: ciò che
caratterizza la genitorialità responsabile è il comportamento dei genitori che si
mettono a disposizione del figlio, riconoscendone e rispettandone la qualità di
persona in crescita e allo stesso tempo sollecitandone il distacco e l’autonomia161
.
La legge n. 219 del 2012 (Disposizioni in materia di riconoscimento dei figli
naturali), ha riconosciuto questa nuova impostazione del concetto di “potestà”
genitoriale, introducendo nel nostro sistema la nozione di “responsabilità
genitoriale” che, come si deduce dal nuovo art. 315 bis, è riscritta attraverso un
ruolo attivo del figlio minore, il quale non ha solo il diritto di essere educato,
mantenuto ed istruito secondo le proprie inclinazioni naturali, ma ha anche
l’obbligo di rispettare i genitori, secondo un dialogo continuo ed infinito.
Il figlio supera il rapporto di soggezione con i genitori ed assume una nuova
condizione giuridica, quale quella di persona portatrice di diritti fondamentali,
costituzionalmente garantiti.
____________________________
160 Convenzione sui diritti del fanciullo, 20 novembre 1989, art.3, comma 2: “Gli Stati parti si
impegnano ad assicurare al fanciullo la protezione e le cure necessarie al suo benessere, in
considerazione dei diritti e dei doveri dei suoi genitori, dei tutori legali o di altre persone che
hanno la sua responsabilità legale, ed a tal fine essi adottano tutti i provvedimenti legislativi ed
amministrativi appropriati”. art. 5: “ Gli Stati parti rispettano la responsabilità, il diritto e il dovere
dei genitori o, se del caso, dei membri della famiglia allargata o della collettività, come previsto
dagli usi locali, dei tutori o altre persone legalmente responsabili del fanciullo, di dare a
quest’ultimo, in maniera corrispondente allo sviluppo delle sue capacità, l’orientamento ed i
consigli adeguati all’esercizio dei diritti che gli sono riconosciuti dalla presente Convenzione”. 161 PAZE’ P., Dalla patria potestà alla responsabilità genitoriale, in Minorigiust., 2007, p.8-9.
65
Proprio la diversa impostazione per cui i rapporti tra genitori e figli non devono
più essere considerati tenendo dal punto di vista dei genitori, ma con riferimento
assoluto al superiore interesse del minore, ha portato anche il legislatore italiano
ad attuare la delega di cui alla legge 219/2012 con il D.Lgs. n. 154/2013, che ha
previsto la sostituzione dell’art. 316 c.c. ora rubricato “ Responsabilità
genitoriale”. La norma, oltre a registrare la totale equiparazione tra figli naturali e
figli legittimi, presenta due aspetti rilevanti: l’uguaglianza dei genitori
nell’esercizio della responsabilità genitoriale e la necessità di coinvolgere il figlio
minore, che abbia compiuto dodici anni (o di età inferiore se ha capacità di
discernimento), in caso di contrasto tra i genitori. Non è stato riprodotto nel testo
il comma 4 dell’art. 316 che attribuiva al padre la possibilità di adottare
provvedimenti urgenti ed indifferibili in caso di pericolo di grave pregiudizio per
il figlio, ritenendo la disposizione espressione di una visione patriarcale della
famiglia e discriminatoria nei confronti della madre.162
Inoltre la legge n.219/2012
all’art. 2 lett. I) ha delegato il Governo a disciplinare le modalità di ascolto del
minore nei procedimenti giurisdizionali, precisando che ad esso provvede il
Presidente del tribunale o il giudice delegato.
________________________
162 Art. 316 c.c. ““entrambi i genitori hanno la responsabilità genitoriale che è esercitata di comune
accordo tenendo conto delle capacità, inclinazioni naturali e delle aspirazioni del figlio. I genitori
di comune accordo stabiliscono la residenza abituale del minore. 2. In caso di contrasto su
questioni di particolare importanza ciascuno dei genitori può ricorrere al giudice indicando i
provvedimenti che ritiene più idonei. 3. Il giudice, sentiti i genitori e disposto l’ascolto del figlio
minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento,
suggerisce le determinazioni che ritiene più utili nell’interesse del figlio e dell’unità familiare. Se
il contrasto permane il giudice attribuisce il potere di decisione a quello dei genitori che, nel
singolo caso, ritiene più idoneo a curare l’interesse del figlio. 4. Il genitore che ha riconosciuto il
figlio esercita la responsabilità genitoriale su di lui. Se il riconoscimento del figlio, nato fuori dal
matrimonio, è fatto dai genitori, l’esercizio della responsabilità genitoriale spetta ad entrambi.5. Il
genitore che non esercita la responsabilità genitoriale vigila sull’istruzione, sull’educazione e sulle
condizioni di vita del figlio.” Seguendo le scelte del legislatore del 1942, anche il testo in
commento ha ritenuto di non definire la “responsabilità genitoriale”, in modo che tale nozione
possa essere riempita di contenuti a seconda dell’evoluzione socio- culturale dei rapporti genitori-
figli e possa essere in grado di adattarsi alle future evoluzioni.
66
Così il decreto legislativo citato163
disciplina le modalità di esercizio del diritto
dell’ascolto del minore, tenendo conto sia di quanto affermato nelle sentenze delle
Corti sovranazionali (in particolare la Corte di Giustizia dell’Unione europea), che
nelle sentenze della Suprema Corte di Cassazione. L’art. 53 del testo stabilisce che
dopo l’art. 336 c.c. sia inserito l’art. 336-bis164
con cui il legislatore ha dato rilievo
al diritto del minore di essere informato su ogni questione che lo riguardi165
.
________________________
163 Il decreto legislativo, emanato il 28 dicembre 2013 n.154 recante “Revisione delle disposizioni
vigenti in materia di filiazione, a norma dell’articolo 2 della legge 10 dicembre 2012 n.219”. 164
Art. 336-bis Ascolto del minore :“il minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età
inferiore ove capace di discernimento è ascoltato dal presidente del tribunale o dal giudice
delegato nell’ambito dei procedimenti nei quali devono essere adottati i provvedimenti che lo
riguardano. Se l’ascolto è in contrasto con l’interesse del minore, o manifestamente superfluo, il
giudice non procede all’adempimento dandone atto con provvedimento motivato. L’ascolto è
condotto dal giudice, anche avvalendosi di esperti o di altri ausiliari. I genitori, anche quando parti
processuali del procedimento, i difensori delle parti, il curatore speciale del minore, se già
nominato, ed il pubblico ministero, sono ammessi a partecipare all’ascolto se autorizzati dal
giudice, al quale possono proporre argomenti e temi di approfondimento prima dell’inizio
dell’adempimento. Prima di procedere all’ascolto il giudice informa il minore della natura del
procedimento e degli effetti dell’ascolto. Dell’adempimento è redatto verbale nel quale è descritto
il contegno del minore, ovvero è effettuata registrazione audio-video”. 165 FASANO A.M., MATONE S., I conflitti della responsabilità genitoriale, Milano, 2013, p. 32
ss. e 25-26.
67
CAPITOLO SECONDO
PROFILI DI RESPONSABILITA’ DEI GENITORI
1. La responsabilità endofamiliare per violazione dei doveri genitoriali.
1.1. Rimedi previsti dal diritto di famiglia
La potestà genitoriale è un dovere e uno strumento per proteggete, educare e
consentire la piena realizzazione del processo formativo del minore. Deve essere
intesa come “responsabilità genitoriale” e in tal senso ha anche operato la L. n.
219 del 2012, introducendo nel nostro sistema tale nozione quale aspetto
dell’esercizio della potestà genitoriale (art.2 lett. h): essa, nonostante
l’ingannevole derivazione terminologica, non sta a significare l’esercizio di un
potere naturale ed indiscusso da parte dell’adulto sul minore; va intesa come
munus connesso ai diritti del figlio e l’interesse del minore diventa il limite
all’esercizio della responsabilità genitoriale. La violazione dei doveri inerenti a
tale esercizio comporta la responsabilità del genitore, sotto diversi profili, sia
civilistici che penalistici1. I codici civile e penale, prevedono diverse norme volte
a tutelare il diritto dei figli ad essere educati e a non subire abusi, maltrattamenti
e, in generale, comportamenti pregiudizievoli per la propria salute psico-fisica e in
ordine allo sviluppo equilibrato della personalità2. La disciplina del diritto di
famiglia individua precise conseguenze (e addirittura particolari procedimenti) in
caso di comportamento dei genitori contrario ai doveri nei confronti dei figli3.
Dall’art.147 c.c. si ricavano nuove ipotesi di abuso della responsabilità
genitoriale, quale segnale significativo di un percorso che va verso la
valorizzazione della personalità del minore e della centralità dei suoi diritti: per
garantire il naturale sviluppo della sua personalità nel quadro dei valori
costituzionali, vanno assicurati allo stesso i meccanismi di sostegno per far valere
i suoi diritti e denunciare i pregiudizi arrecatigli anche nell’ambito della famiglia4.
______________________
1 FASANO A.M., MATONE S., I conflitti della responsabilità genitoriale, Milano, 2013, p.299-
301; LUNARDI L., Decadenza dalla potestà genitoriale: potere di controllo e di intervento dei
giudici, in Fam. e dir., 1998, p.281. 2 LONGO F., Famiglia e responsabilità: i nuovi danni, s cura di Dogliotti M., Milano, 2012,
P.107. 3
LONGO F., Rapporti familiari e responsabilità civile, Torino, 2004, p. 81. 4 FASANO A.M., MATONE S., I conflitti della responsabilità genitoriale, Milano, 2013, p.325.
68
Per questo in caso di “cattivo” esercizio della potestà che abbia determinato un
pregiudizio ai minori, di cui esempi gravi ed eclatanti sono lo sfruttamento del
lavoro del minore, oppure l’avviamento al furto, all’accattonaggio, alla
prostituzione, e, ancora, l’impedimento a frequentare la scuola dell’obbligo o ,
con riferimento alle scelte mediche, la dottrina ha ravvisato , accanto ad una
responsabilità penale dei genitori anche una responsabilità civile degli stessi,
riconoscendo al figlio una tutela risarcitoria5.
I principali rimedi previsti dal diritto di famiglia sono contenuti negli articoli 330
e ss. del codice civile e, data la valorizzazione della potestà come complesso di
diritti-doveri attribuiti nell’esclusivo interesse del figlio, determinano un ampio
potere di intervento da parte dell’autorità giudiziaria6. Lo strumento più incisivo è
senz’altro la pronuncia di decadenza dalla responsabilità genitoriale7: è un rimedio
generale conseguente alla violazione o all’inosservanza dei doveri, inerenti ai
profili personali, che l’ordinamento pone in capo ai genitori quando determina un
‘grave’ pregiudizio al minore. La casistica giurisprudenziale è varia: la decadenza
è stata comminata al genitore separato non affidatario che ometta di tenere presso
di se i figli per determinati periodi di tempo8; numerosi casi giudiziari sono
connessi all’uso di stupefacenti, quando la personalità del genitore evidenzi un
disinteresse per i figli e non faccia intravvedere una volontà di riabilitarsi o a casi
di maltrattamenti nei confronti della madre, cui il minore è costretto ad assistere9.
_____________________ 5 SESTA M., La responsabilità nelle relazioni familiari, Torino, 2008, p. 235.; DOGLIOTTI M.,
La potestà dei genitori e l’autonomia del minore, Milano, 2007, p.448. 6 SESTA M., Manuale del diritto di famiglia, Padova, 2009, p.474. 7
Art. 330 c.c. così come modificato con il d.lgs. 28 dicembre 2013, n.154 “Revisione delle
disposizioni vigenti in materia di filiazione...”. Decadenza dalla responsabilità genitoriale sui
figli: “Il giudice può pronunziare la decadenza dalla responsabilità genitoriale quando il genitore
viola o trascura i doveri ad essa inerenti o abusa dei relativi poteri con grave pregiudizio del figlio.
In tale caso, per gravi motivi, il giudice può ordinare l'allontanamento del figlio dalla residenza
familiare ovvero l'allontanamento del genitore o convivente che maltratta o abusa del minore”. 8
Trib. min, Torino , 16 giugno 1980, in Giur. it., 1980, p. 561. “ Le misure ablative della potestà
possono essere emanate anche nella fase della crisi familiare…Il ruolo del giudice in questi casi
non è solo quello di intervenire a tutela del minore con provvedimenti improntati alla
regolamentazione dei rapporti genitoriali, ma ha contenuto più discrezionale, favorendo i rapporti
parentali e finalizzando il tutto alla crescita serena del bambino, che ha il diritto di sviluppare la
sua personalità in modo armonico, con l’aiuto di entrambi i genitori.”, in FASANO A.M.,
MATONE S., I conflitti della responsabilità genitoriale, Milano, 2013, p.334 e 367. 9
App. Bologna, 11 maggio 1988, in Dir. fam., 1989, p.602. Trib. min. L’Aquila, 19 luglio 2002,
Fam. e dir.,2003, p.482.
69
La decadenza dalla responsabilità genitoriale può inoltre essere conseguente -
all’irrogazione di una condanna penale nei casi previsti dalla legge: es. per i delitti
attinenti alla sfera sessuale di cui agli articoli 609 bis ss. o per il reato di impiego
di minori nell’accattonaggio (art. 671 c.p.)10
. Con la pronuncia di decadenza
vengono meno i poteri sul figlio, ma permangono tutti gli obblighi, tra cui anche il
mantenimento, il cui assolvimento non sia incompatibile con gli effetti della
pronuncia. Nei casi più gravi il tribunale, unitamente alla decadenza, può disporre
anche l’allontanamento del figlio dalla residenza familiare, quando esso sia
giustificato da “gravi motivi”, quali ad esempio il pericolo del perpetuarsi di
maltrattamenti e violenze, o il rischio di turbe psichiche o emotive derivanti dalla
condotta negligente dei genitori. Con la riforma attuata con la L. 28 marzo 2001
n.149 ( “Disposizioni in materia di adozione e di procedimenti civili davanti al
tribunale per i minorenni”), al secondo comma dell’art. 330 c.c. si prevede anche
la possibilità per il giudice di disporre l’allontanamento del genitore o del
convivente che maltratta o abusa del minore11
. Altro strumento previsto dal diritto
di famiglia è quello ex art. 333 c.c. Tale norma disciplina le ipotesi di disagio
familiare cagionato da una condotta che non sia tale da richiedere una pronuncia
di decadenza dalla responsabilità genitoriale, ma sia comunque pregiudizievole al
figlio. In tali casi si ritiene sufficiente emanare provvedimenti che limitano o
condizionano l’esercizio della potestà stessa ( tale valutazione è rimessa alla
_______________
10 SESTA M., Manuale del diritto di famiglia, Padova, 2009, p. 476-477; AULETTA T., Diritto di
famiglia, Torino ,2011, p.377; FASANO A.M., MATONE S., I conflitti della responsabilità
genitoriale, Milano, 2013, p. 328-329. 11 SESTA M., Manuale del diritto di famiglia, Padova, 2009, p.478; FASANO A.M., MATONE S.,
I conflitti della responsabilità genitoriale, Milano, 2013, p. 328. ANCESCHI A., Rapporti tra
genitori e figli. Profili di responsabilità, Milano, 2007, p.327. Quest’ultimo afferma che “la scelta
dell’allontanamento del figlio piuttosto che del genitore, pur essendo sottoposta alla discrezionalità
del Giudice non è arbitraria. Ciò che merita di essere prima di tutto salvaguardato è il diritto del
minore di crescere nel proprio ambiente sociale ed affettivo e , quindi, va preferita l’opzione
dell’allontanamento del genitore. Ciò deriva da una serie di considerazioni: in primo luogo
l’ordinamento disciplina la residenza familiare con prevalente riferimento ai figli, come si rileva
nella disciplina sull’esercizio della potestà genitoriale (oggi responsabilità.) ed in quella
sull’assegnazione della casa familiare nei provvedimenti concernenti la crisi coniugale; in secondo
luogo, poiché le sanzioni civili derivanti dagli artt. 330 e 333 c.c. discendono direttamente dalla
violazione dei doveri genitoriali , deve ritenersi che l’allontanamento debba ricadere su chi sia
responsabile del pregiudizio e che l’allontanamento del minore potrà essere applicato in via
eccezionale quando la persistenza nella propria casa non escluda il pregiudizio, in capo al minore,
quando vi sia decadenza della podestà verso entrambi i genitori o quando risulti più agevole e
meno traumatico per il minore.”
70
sensibilità del giudice attraverso una valutazione frutto di un obiettivo riscontro
della realtà giuridica e sociale12
)13
. Così i giudici ad esempio, di fronte al rifiuto
ingiustificato dei genitori di autorizzare i trattamenti sanitari necessari per
salvaguardare la salute del minore hanno fatto ricorso all’art.333 c.c.14
; è stato
considerato pregiudizievole all’interesse del minore il comportamento del genitore
che impedisca al figlio ogni contatto con i nonni, sicché si è riconosciuto a questi
ultimi la facoltà di ricorrere al giudice, ai sensi degli artt. 333 e 336 c.c., per
ottenere un provvedimento che, limitando la potestà del genitore, assicuri loro la
possibilità di mantenere proficui rapporti con il minore15
. Il nostro ordinamento
non prevede una regolamentazione del rapporto tra nonni e nipoti: oltre
all’obbligo sussidiario di mantenimento in capo agli ascendenti, prevede solo
all’art. 336 c.c. il potere dei nonni (o meglio dei “parenti”) di vigilare sull’operato
dei genitori nei confronti del figlio minore ottenendo ,attraverso il ricorso al
tribunale per i minorenni, misure di carattere ablativo o limitativo della potestà,
ovvero qualsiasi altra decisione utile16
.
_____________ 12
BUCCIANTE, La potestà dei genitori, la tutela e l’emancipazione, in Trattato di diritto privato,
diretto da Rescigno P., Torino, 1997, p.550. 13
Art. 333 c.c. : “Quando la condotta di uno o di entrambi i genitori non è tale da dare luogo alla
pronuncia di decadenza prevista dall'art. 330, ma appare comunque pregiudizievole al figlio, il
giudice , secondo le circostanze può adottare i provvedimenti convenienti e può anche disporre
l'allontanamento di lui dalla residenza familiare ovvero l'allontanamento del genitore o convivente
che maltratta o abusa del minore. Tali provvedimenti sono revocabili in qualsiasi momento”. In
giurisprudenza App. Napoli, 26 settembre 2002, in Dir. fam. e pers., 2003, p. 689: “L’art. 333 c.c. è
una norma dal contenuto aperto ed autorizza il giudice ad adottare ogni provvedimento
conveniente nell’interesse del minore… la gamma dei provvedimenti possibili va dai divieti di
visita all’affido dei minori presso strutture idonee, dall’impartire istruzioni per la formulazione di
progetti educativi al prospettare oneri di condotta; quello che il giudice non può fare è proseguire il
fine di un ottimale sviluppo del minore attraverso provvedimenti coercitivi della libertà personale
ostandovi l’art. 13 Cost.”. 14
App. Ancona, sez. min., 26 marzo 1999, in Fam. e dir. , 1999, p.467; App. Bari, 6 febbraio 2002
e 12 febbraio 2002, in Familia, 2003. p.548. 15
Cass., 24 febbraio 1981, n. 1115, in Dir. e fam., 1981, p.697, con la quale per la prima volta si
ritiene sufficiente per giustificare l’intervento del giudice, la potenziale dannosità del divieto del
genitore, senza necessità di una prova specifica del danno che dal divieto verrebbe al minore. 16
Nell’assenza di una esplicita disposizione che attribuisse un ‘diritto di visita’ anche agli avi
( rimarcano questa assenza tra le sentenze di legittimità, Cass. civ. , 16 ottobre 2009, n. 22081, in
www.dejure.it; Cass. civ., 11 agosto 2011, n. 17191, in Giust. civ., 2012, p.1767 ss. e tra quelle di
merito, Trib. min. Bari, 16 luglio 2008, in Resp. civ. e prev., 2009, p. 1519; Trib. min. Milano, 6
novembre 2009, in www.dejure.it; Trib. min. Milano, 25 marzo 2011 in www.dejure.it.) la dottrina
maggioritaria attribuiva all’interesse di questi un rilievo indiretto, legato alla soddisfazione del
diritto dei nipoti. Parla di “interesse indirettamente protetto” MORELLI, Sull’autorizzazione di
visite, tra gli avi e i nipoti minori, nota a Trib. min. Napoli, 26 maggio 1962, in Dir. giur., 1963,
p.154 ss.; di “interesse occasionalmente protetto” VACCA, Gli anziani, I diritti della persona.
Tutela civile, penale, amministrativa, a cura di CENDON, Torino, 2005, p. 610.
71
La recente Convenzione sulle relazioni personali riguardanti i minori, del 15
maggio 2003, sottoscritta da diversi Stati, Italia compresa, ha riaffermato
l’esistenza di un diritto sia dei minori che dei suoi parenti, ad avere e conservare
relazioni personali regolari, tenendo presente il superiore interesse del minore. La
Convenzione contempla pure che gli Stati firmatari adottino le dovute misure
legislative per attuare i principi previsti. Già con la legge n. 54 del 2006 il
legislatore stabilisce la necessità di garantire che il minore, nella situazione di
conflitto coniugale, mantenga un sereno rapporto con gli ascendenti ed i parenti di
ciascun ramo genitoriale17.
La l. 219 del 2012, che ha conferito la delega la
governo per la modifica delle disposizioni in materia di filiazione, ha stabilito che
si dovrà garantire la legittimazione degli ascendenti, a far valere il diritto a
mantenere rapporti significativi con i nipoti minori ( art. 2 lett. p). In attuazione
della predetta delega, il Consiglio dei Ministri nel dicembre 2013, ha approvato il
decreto legislativo n. 154, emanato dal Presidente della Repubblica il 28 dicembre
2013, che ha riconosciuto il diritto degli ascendenti a mantenere rapporti
significativi con i nipoti minorenni18
. Infatti già un indirizzo della dottrina
sosteneva che i nonni sono titolari di un vero e proprio diritto soggettivo, posto
che non sarebbe necessaria una specifica norma di legge che preveda tale diritto,
in quanto il principio sarebbe desumibile dall’art. 74 c.c.19
.
_______________ 17 "Disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli". 18
In particolare l’art. 42 del testo apporta modifiche all’art. 317-bis c.c. (Rapporti con gli
ascendenti) prevedendo che : “1. Gli ascendenti hanno diritto di mantenere rapporti significativi
con i nipoti minorenni.2.L’ascendente al quale è impedito l’esercizio di tale diritto può ricorrere al
giudice del luogo di residenza abituale del minore affinché siano adottati i provvedimenti più
idonei nell’esclusivo interesse del minore.”. L’art. 55 introduce dopo l’art. 337 c.c. alcuni articoli,
tra cui l’art. 337- ter ( Provvedimenti riguardo i figli), che al primo comma precisa: “ Il figlio
minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori,
di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti
significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale.”
19 Art. 74 c.c.: “la parentela è il vincolo tra le persone che discendono da uno stesso stipite, sia nel
caso in cui la filiazione è avvenuta all’interno del matrimonio, sia nel caso in cui è avvenuta al di
fuori di esso, sia nel caso in cui il figlio è adottivo”. Sull’esistenza di un “vero” diritto degli avi a
frequentare i nipoti minorenni, diritto soggettivo pieno e quindi direttamente tutelabile dinanzi al
tribunale ordinario in dottrina: PUTTI, Il diritto di visita degli avi: un sistema di relazioni affettive
che cambia, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2002, p. 897 ss.; ATTENA, “Diritto di visita” degli avi e
relazione personale con i nipoti, in Nuova giur. civ. comm., 2004, 409 ss.; SACCO, Considerazioni
generali. Per un concetto più vasto di rapporto familiare, in La riforma del diritto di famiglia, Atti
del II Convegno di Venezia, Fondazione Cini, 11-12 marzo 1972, Padova, 1972, p.212 ss.;
DAGNINO, Potestà parentale e diritto di visita, in Dir. fam. pers., 1975, p. 1516 ss.
72
Ora le novità introdotte dal legislatore portano a ritenere che questo rapporto,
anche nella prospettiva del conflitto dei genitori, deve essere valorizzato e
riconosciuto. I nonni non devono più essere imprigionati in una funzione
esclusivamente assistenziale di carattere morale ed economica nei riguardi dei
nipoti, ma al contrario deve essere ancorata loro una situazione giuridica
soggettiva (il proprio “diritto ad essere nonni”, o il diritto ad intrattenere una
relazione affettiva con i propri nipoti a prescindere dal loro effettivo bisogno
materiale), meritevole di una autonoma protezione legale. Anche i giudici di
legittimità hanno riconosciuto la necessità di tutelare le prerogative dei nonni e si
sono ispirati a norme di rango costituzionale, quali l’art. 29, 30 e 2 per sostenere
la sussistenza di una sorta di diritto “di visita” dei nonni. In particolare la
Cassazione, in materia di provvedimenti connessi all’affidamento dei figli, ha
affermato che in sede di separazione personale dei coniugi, la mancanza di una
espressa previsione di legge non impedirebbe al giudice di riconoscere e
disciplinare le facoltà di incontro e frequentazione dei nonni con i minori, né di
conferire a detta possibilità carattere solo residuale dovuto a gravissimi motivi20
.
Il diritto dei nonni di frequentare i nipoti discende dal diritto di questi ultimi
all’assistenza morale e materiale da parte dell’intera famiglia, il che comporta la
necessità di avere adeguati contatti con tutti i prossimi congiunti ed in primo
luogo con i nonni medesimi.
Affinché possa operare la disciplina di cui agli articoli 330 e 333 c.c. è
innanzitutto necessario che i soggetti adulti siano titolari della responsabilità
genitoriale sui minori e che, dunque, sussista tra gli adulti e i minori un valido
rapporto di filiazione. Inoltre l’elemento costitutivo di entrambe le fattispecie è il
verificarsi di un “pregiudizio” per il figlio minore, dovuto al comportamento
tenuto da uno o da entrambi i genitori. Le applicazioni giurisprudenziali inducono
a ritenere che i provvedimenti ablativi e limitativi della responsabilità sono
esclusivamente basati sul pericolo di pregiudizio per il minore.
L’intervento del giudice ,pertanto, non ha carattere sanzionatorio di un precedente
comportamento del genitore, ma ha sostanzialmente funzione preventiva, mirando
____________ 20
Cass. 25 settembre 1998, n. 9696, Fam. e dir., 1999, p.17.
73
ad evitare che per il futuro si pongano in essere condotte dannose o si
protraggano le conseguenze già verificatesi di condotte pregresse.21
Il grave
pregiudizio per il figlio non è quello verificatosi in forza degli atti già compiuti
dal genitore, ma quello futuro che possa derivare o da condotte dello stesso genere
o in quanto connesso al perdurare degli effetti delle condotte pregresse22.
Le
misure limitative e ablative della responsabilità che il giudice può adottare in base
ai due articoli menzionati, si differenziano non solo in base alla gravità del
pregiudizio arrecato, ma anche nelle condotte che ne costituiscono il presupposto:
la decadenza presuppone la violazione dei doveri e l’abuso dei poteri genitoriali;
tali violazioni non sono invece richieste dall’art. 333 come presupposti necessari
ed indefettibili, essendo sufficiente ad integrare la fattispecie ipotizzata dalla
norma una condotta comunque pregiudizievole del genitore.
La dottrina risalente, sotto il vigore del codice del 1942, aveva posto in evidenza
la natura sanzionatoria ed afflittiva dei provvedimenti de potestate ravvisando
come indispensabile la “colpa” del genitore e quindi la volontarietà delle sue
condotte pregiudizievoli. Un indirizzo espresso recentemente dalla dottrina, ha
affermato che il provvedimento del giudice è volto unicamente a rimuovere una
situazione di pregiudizio nell’interesse del minore, e non a sanzionare la condotta
del genitore23
.
_________________ 21
FASANO A.M., MATONE S., I conflitti della responsabilità genitoriale, Milano, 2013, p. 149-
158; 330-332. 22
Tra le principali sentenze in ordine alla valutazione circa la gravità del pregiudizio, si veda Trib.
Reggio Emilia, 21 maggio 2002, in Fam. e dir., 2002, p. 503; Trib. Trani, 12 ottobre 2001, in Fam.
e dir., 2002, p. 395; Trib. Palermo, 4 giugno 2001, in Fam. e dir., 2001, p. 1102. In dottrina
CERATO M., in La potestà dei genitori. I modi di esercizio, la decadenza e l’affievolimento, in Il
diritto privato oggi, curato da CENDON P. , Milano,2000, p.167, sottolinea come sia più
“ pertinente pensare ad un nesso, non tanto di causalità quanto di relazione, tra la condotta
genitoriale e la situazione psicologica del minore, essere attenti alla qualità educativa della
‘relazione’ intercorrente fra minore e genitore, senza porsi nella ossessiva ricerca di una analitica
rispondenza fra condotta genitoriale e modi comportamentali del minore”. 23
In tal senso BRIZIARELLI G., L’interesse dei minori come stella polare, ma la strada della
riforma resta incerta, in Dir. e Giust., 2006, p.23; BUCCIANTE, La potestà dei genitori, la tutela
e l’emancipazione, in Trattato di diritto privato, diretto da Rescigno P., Torino, 1997, p.661: “A
differenza delle ordinarie sanzioni di diritto privato, che hanno lo scopo repressivo, il fine cioè di
sanare l’avvenuta lesione illecita di un interesse giuridicamente tutelato, riportando questo ad una
situazione uguale o almeno equivalente a quella precedente alla lesione, con sacrificio
dell’interesse contrapposto, le anzidette sanzioni hanno una funzione essenzialmente
preventiva…..Nell’ipotesi in esame non vi sono due interessi contrapposti, ma viene in
considerazione unicamente l’interesse del figlio.”
74
Proprio in ragione del perseguimento dell’interesse del minore, tutti i
provvedimenti giudiziali sono revocabili in qualsiasi momento, essendo
caratterizzati dalla situazione contingente e trovando presupposto inderogabile nel
perdurare delle condizioni che possano comportare il pregiudizio o il pericolo per i
figli minori. Quindi il momento centrale della valutazione del giudice si sposta dal
piano soggettivo della colpevolezza dei genitori a quello oggettivo del
pregiudizio, concreto o potenziale, che i figli minori possono subire24
.
Infine l’art. 336 c.c. consente al giudice, in caso di urgente necessità, di adottare,
anche d’ufficio, i provvedimenti che ritiene più opportuni nell’interesse della
prole. Tra i provvedimenti a tutela della prole va considerata anche la L. 8 luglio
2005, n. 137, che, integrando l’art. 463 c.c., ha aggiunto una nuova ipotesi di
indegnità a succedere. Lo scopo di tale disposizione è quello di evitare che il
genitore che abbia abusato dei propri doveri o li abbia esercitati così male da aver
subito la decadenza dalla potestà, possa beneficiare dei diritti successori relativi
alla eredità del figlio25
.
__________________
24 FASANO A.M., MATONE S., I conflitti della responsabilità genitoriale, Milano, 2013, p. 333-
336. In giurisprudenza depone in tal senso es. Cass., 2 febbraio 1995, n. 1224, in Mass. giust. civ.,
1995, p. 261 ss. :” Le statuizioni in tema di affidamento della prole e quelle emesse ai sensi
dell’art. 333 c.c., nel quadro della potestà dei genitori, non sono impugnabili per Cassazione ex art.
111 Cost. , atteso che tali provvedimenti non risolvono alcun contrasto tra contrapposti diritti
soggettivi e sono inidonei ad acquisire efficacia in giudicato, ma si caratterizzano per la loro
espressa modificabilità e revocabilità in funzione della tutela degli interessi del minore, rispetto ai
quali la posizione del genitore è assistita da una tutela subordinata.” 25
Art. 336 c.c. così come modificato con il d.lgs. n.154 del 28 dicembre 2013 : “I provvedimenti
indicati negli artt. precedenti sono adottati su ricorso dell'altro genitore, dei parenti o del pubblico
ministero e, quando si tratta di revocare deliberazioni anteriori, anche del genitore interessato. Il
tribunale provvede in camera di consiglio assunte informazioni e sentito il pubblico ministero;
dispone ,inoltre, l’ascolto del figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età
inferiore ove capace di discernimento. Nei casi in cui il provvedimento è richiesto contro il
genitore, questi deve essere sentito. In caso di urgente necessità il tribunale può adottare, anche di
ufficio, provvedimenti temporanei nell'interesse del figlio. Per i provvedimenti di cui ai commi
precedenti, i genitori e il minore sono assistiti da un difensore.” Si tratta quindi di un procedimento
camerale che, pur essendo iscritto alla giurisdizione volontaria, rispecchia i principi costituzionali
del giusto processo: si veda Corte cost. 22 novembre 2000, n. 528, in Giur. cost. 2000, p. 4154 ss.;
Corte cost., 30 gennaio 2002, n. 1, in Fam. e dir. 2002, p. 229 ss.; Corte cost., 12 giugno 2009, n.
179, in Fam. e dir. 2009, p. 869 ss. Secondo VERCELLONE, Libertà dei minorenni e potestà dei
genitori, in Riv. dir. civ., 1982, p.530, “l’esclusione della legittimazione del figlio ex art. 336 c.c.
deriva dalla pericolosità di ammettere che il rapporto educativo possa essere da lui contestato; un
conflitto diretto fra genitori e figli su questioni così delicate accentuerebbe e consoliderebbe tali
ostilità.” Art. 463 c.c., n. 3- bis: “3 bis) chi, essendo decaduto dalla potestà genitoriale nei
confronti della persona della cui successione si tratta a norma dell'articolo 330, non e' stato
reintegrato nella potestà alla data di apertura della successione della medesima.”; FASANO A.M.,
MATONE S., I conflitti della responsabilità genitoriale, Milano, 2013, p. 384-385.
75
Infine la legge 219 del 2012 ha previsto come ulteriore tutela a favore del figlio
l’inserimento di un nuovo art. 448- bis che fa venir meno l’obbligo del figlio di
prestare gli alimenti al genitore nei confronti del quale sia stata pronunciata la
decadenza dalla potestà, con provvedimento giudiziale26
.
I provvedimenti
modificativi e ablativi della potestà, oggi responsabilità genitoriale, resi dal
giudice ai sensi degli artt. 330, 333 e 336 c.c. sono espressione di giurisdizione
volontaria, non contenziosa, poiché essi non sono volti alla risoluzione di conflitti
fra diritti posti su un piano paritario, ma sono piuttosto preordinati alla prioritaria
esigenza di tutela degli interessi dei figli. Questi provvedimenti sono soggetti alle
regole generali del rito camerale e non sono idonei ad acquistare autorità di
giudicato, in quanto privi del requisito della decisorietà, come risoluzione di una
controversia su diritti soggettivi o status, e della definitività, ovvero attitudine del
provvedimento a pregiudicare, questi diritti e quegli status27
. Secondo l’indirizzo
prevalente della giurisprudenza, tali provvedimenti non sono impugnabili con
ricorso per Cassazione28
. Tale conseguenza deriva anche dalla costante
revocabilità della decadenza, ex art. 330c.c., che incontra il proprio limite nel
subentrare della dichiarazione di adottabilità del figlio minore, posto che questo
provvedimento elimina in modo definitivo il rapporto tra genitori naturali e prole,
ed esclude, per sua stessa natura, ogni possibilità di reintegrazione successiva
nella potestà originaria29
.
Prima della legge n. 219 del 2012, i provvedimenti cautelari in tema di decadenza
o limitazione della responsabilità genitoriale sui figli minori, rientravano nella
competenza esclusiva del Tribunale per i minorenni, ai sensi dell’art. 38 disp. att.
c.c., anche quando i genitori erano in regime di separazione, ovvero il giudizio di
________________
26 DE FILIPPIS B., La nuova legge sulla filiazione: una prima lettura ,in Fam. e dir., 2013, p. 291
ss.
27 Cass., 8 ottobre 2002, n. 14380, in Mass. giust. civ., 2003, p. 244.
28 Cass., 13 settembre 2012, n. 1534, in www.minoriefamiglia.it : “L’inammissibilità del ricorso
straordinario per Cassazione avverso i provvedimenti che limitano o escludono la potestà ( art.
317-bis c.c.) o ne pronunciano la decadenza ( artt. 330 e 332 c.c.) non può essere revocata in
dubbio a causa del carattere contenzioso di tali procedimenti e della ricorribilità ex art. 111 Cost.
dei provvedimenti assunti in materia di affidamento dei figli naturali, permanendo in essi, pur con
tali ulteriori aspetti, il carattere della non definitività, nella ricerca della più ampia garanzia del
minore, derivante dall’attuale ampiezza della revisione dei provvedimenti assunti.”. 29 FASANO A.M., MATONE S., I conflitti della responsabilità genitoriale, Milano, 2013, p. 386-
390.
76
separazione era pendente. Anche in tali casi il Tribunale per i minorenni poteva
essere sempre adito, trattandosi di una competenza esclusiva e il Tribunale
ordinario, della decisione del giudice specializzato, poteva tenere conto come fatto
sopravvenuto, in quanto contenente aspetti rilevanti. L’art. 3 della legge n. 219 del
2012 ha apportato modifiche all’art. 38 disp. att. c.c.30
In particolare il testo
novellato ha conservato la competenza del tribunale dei minorenni a trattare i
procedimenti de potestate e a pronunciare i decreti limitativi o ablativi della
potestà genitoriale quando ne sussistano i presupposti indicati negli articoli da 330
a 335 c.c. Tale regola di competenza subisce un’importante deroga: la competenza
del Tribunale minorile per i provvedimenti de potestate cede a quella del tribunale
ordinario quando “sia in corso, tra le stesse parti, giudizio di separazione e
divorzio” o anche quando sia pendente “un giudizio instaurato ai sensi dell’art.
316 c.c.”, norma quest’ultima sui procedimenti camerali volti a dirimere contrasti
insorti nell’esercizio della potestà parentale nell’ambito della famiglia legittima. Il
testo dell’art. 38, co. 1, si riferisce però solamente alle controversie de potestate
previste dall’art. 333 c.c. e quindi sembra limitare l’operatività della vis attractiva
a favore del tribunale ordinario, solo ai casi in cui la condotta del genitore non sia
tale da comportare la decadenza dalla potestà ma giustifica soltanto l’adozione di
“provvedimenti convenienti”. Questa limitazione in realtà è solo apparente: il
medesimo co.1 precisa ulteriormente che “in tale ipotesi (in pendenza di un
giudizio ex art. 316 c.c. o d’una causa di separazione o divorzio) spetta al giudice
ordinario la competenza anche per i provvedimenti contemplati dalle disposizioni
_________________
30 Art. 38 disp. att. c.c. : “Sono di competenza del tribunale per i minorenni i provvedimenti
contemplati dagli articoli 84, 90, 330, 332, 333, 334, 335 e 371, ultimo comma, del codice civile.
Per i procedimenti di cui all'articolo 333 resta esclusa la competenza del tribunale per i minorenni
nell'ipotesi in cui sia in corso, tra le stesse parti, giudizio di separazione o divorzio o giudizio ai
sensi dell'articolo 316 del codice civile; in tale ipotesi per tutta la durata del processo la
competenza, anche per i provvedimenti contemplati dalle disposizioni richiamate nel primo
periodo, spetta al giudice ordinario. Sono emessi dal tribunale ordinario i provvedimenti relativi ai
minori per i quali non è espressamente stabilita la competenza di una diversa autorità giudiziaria.
Nei procedimenti in materia di affidamento e di mantenimento dei minori si applicano, in quanto
compatibili, gli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile. Fermo restando quanto
previsto per le azioni di stato, il tribunale competente provvede in ogni caso in camera di
consiglio, sentito il pubblico ministero, e i provvedimenti emessi sono immediatamente esecutivi,
salvo che il giudice disponga diversamente. Quando il provvedimento è emesso dal tribunale per i
minorenni, il reclamo si propone davanti alla sezione di corte di appello per i minorenni.”
FASANO A.M., MATONE S., I conflitti della responsabilità genitoriale, Milano, 2013, p. 391-
392.
77
richiamate dal primo periodo, cioè tutte le domande che hanno titolo nel dettato
degli artt. 330 ss. del c.c.31
Stupisce che la nuova legge non assegni identica vis
attractiva anche alle controversie sull’esercizio della potestà dei genitori naturali
instaurate a norma dell’art. 317 bis e non sottragga alla competenza del tribunale
minorile tali controversie de potestate (la responsabilità dei genitori naturali oggi
viene regolamentata dall’art. 316 co.3 e 4 in seguito al decreto n.154 del 2013).
Questo è in evidente contrasto con quanto avviene in pendenza delle controversie
previste dall’art. 316, che attraggono nella competenza del giudice ordinario le
controversie de potestate che dovessero eventualmente insorgere: non si può
ricorrere all’interpretazione analogica, per attrarre le controversie de potestate
nella competenza del tribunale ordinario davanti al quale sia pendente un
procedimento instaurato a norma dell’art. 317 bis in quanto le norme sulla
competenza sono strictae interpretationis e il ricorso all’analogia è consentito per
colmare le lacune delle norme, non per porre rimedio a scelte irrazionali del
legislatore32
. Inoltre il contrasto non può essere risolto ipotizzando che la riforma,
nel dare identico stato giuridico ai figli, abbia anche implicitamente abrogato l’art.
317 bis: se così fosse, tutte le controversie sull’esercizio della potestà
apparterrebbero al tribunale ordinario a norma del solo art. 316 c.c.33
__________________ 31
Gli artt. 330-334 hanno l’identica funzione di porre rimedio a comportamenti commissivi o
omissivi dei genitori che sono di pregiudizio al figlio minore. In dottrina DOGLIOTTI, La potestà
dei genitori e l’autonomia del minore, nel Trattato di diritto civile e commerciale, Milano, 2007,
p.451: “L’unità funzionale e concettuale dei provvedimenti de potestate verrebbe
irragionevolmente vulnerata da una duplicazione delle competenze a provvedere in merito quando,
in base al nuovo testo dell’art. 38 disp. att. , si ritenesse che il giudice della separazione, per porre
rimedio a comportamenti pregiudizievoli del genitore, debba spogliarsi della propria competenza a
favore del giudice specializzato ogni volta che tali comportamenti dovessero giustificare la
decadenza dalla potestà o soltanto la rimozione dall’amministrazione del patrimonio (artt. 330 e
334 c.c.).” 32
Questa è la tesi sostenuta da SESTA M., L’unicità dello stato di filiazione e i nuovi assetti delle
relazioni familiari, in Fam. e dir., 2013, p. 231 ss. Si può obiettare che l’art. 317 bis rimane
certamente in vigore nel suo primo comma che regola l’attribuzione della potestà parentale sui
figli nati fuori del matrimonio; per il rimanente, la giurisprudenza già lo considerava abrogato
dove fosse incompatibile con la disciplina sostanziale dell’affidamento condiviso applicabile alla
filiazione naturale per effetto del rinvio di cui all’art. 4, comma 2, della legge n. 54 del 2006. 33
TOMMASEO F., La nuova legge sulla filiazione: i profili processuali, in Fam. e dir., 2013,p.
254-255; TOMMASEO F., I procedimenti de potestate e la nuova legge sulla filiazione, in Riv. dir.
proc., 2013, p. 560- 564. Tale problema è stato anch’esso risolto con il d.lgs. n. 154 del 28
dicembre 2013 che oltre a regolare in uno stesso art., il 316 c.c., la responsabilità genitoriale,
all’art.337-bis, ha esteso anche ai procedimenti relativi ai figli nati fuori del matrimonio le
disposizioni relative al caso di separazione, scioglimento, cessazione degli effetti civili,
annullamento e nullità del matrimonio.
78
I decreti emessi ex artt. 330 e 333 c.c., possono essere resi anche in via d’urgenza.
Il tribunale infatti, in caso di urgente necessità, può adottare anche d’ufficio
provvedimenti temporanei nell’interesse dei figli. Si tratta di provvedimenti
incidentali adottati nel corso della procedura al fine di assicurare una protezione
immediata al minore in difficoltà, che rimangono in vita fino a che non
sopravvengano i provvedimenti definitivi che li sostituiscono. Tali provvedimenti
possono essere altresì revocati e modificati in ogni momento, non essendo idonei
a passare in cosa giudicata. Si è discusso in dottrina e giurisprudenza tali
provvedimenti urgenti siano impugnabili. Il problema concerne non solo i
provvedimenti provvisori emanati dal Tribunale minorile nell’ambito dei
procedimenti limitativi o ablativi della responsabilità genitoriale ai sensi degli artt.
330 e 333 c.c., ma anche quegli emessi nel corso della procedura di adottabilità a
norma dell’art. 10 l. n. 184 del 1983 e successive modifiche . Un indirizzo
sostiene l’impugnabilità dei provvedimenti provvisori, ritenendo che ad essi sia
applicabile la disciplina dettata dal legislatore per il procedimento cautelare
uniforme negli artt. 669-bis, terdecies e quaterdecies c.p.c.: se il legislatore ha
espresso la volontà di garantire l’impugnabilità di tutti i provvedimenti cautelari,
non dovrebbe escludersi la impugnabilità dei provvedimenti provvisori e cautelari
emanati in materia di limitazione o esclusione della responsabilità genitoriale o
quelli che eliminano i legami di sangue, come nel caso dell’adozione.34
Tuttavia
l’attuale art. 669 - quaterdecies c.p.c. stabilendo l’estensione delle nuove
prescrizioni anche ai provvedimenti cautelari previsti dal codice civile e dalle
leggi speciali, fa comunque salva ogni incompatibilità con particolari esigenze
della materia da tali leggi regolata. Parte della giurisprudenza invece sostiene che
l’art. 739 c.p.c. nella sua formulazione letterale non distingue tra provvedimenti
conclusivi e provvedimenti provvisori ed urgenti: ne consegue la possibilità di una
____________ 34
Corte App. Roma 4 agosto 1995, in Dir. fam. 1996, p. 1393: Considerato che ….il modello
procedimentale dei procedimenti cautelari ex articolo 669 quaterdecies cpc, si applica …, in
quanto compatibili "agli altri provvedimenti cautelari previsti dal codice civile e dalle leggi
speciali”, il provvedimento di sospensione della potestà parentale emesso d’urgenza in via
cautelare dal Tribunale per i Minorenni in composizione collegiale può essere reclamato, ai sensi
dell’art. 669-terdecies c.p.c., avanti la Corte di Appello, che, in caso di rilevante danno o di serio
pericolo di rilevante danno per il minore, può sospendere l’esecuzione del provvedimento
reclamato”.
79
interpretazione estensiva della norma al fine di consentirne l’applicabilità anche ai
provvedimenti provvisori ed urgenti35
.
Il sistema non attribuisce la competenza in materia minorile ad un unico organo
giudiziario, ma ad una pluralità di organi, e in particolare al Tribunale per i
minorenni, il Tribunale ordinario sia civile che penale e il Giudice tutelare. La
legge 219 del 2012 ha cercato di creare un unico giudice del minore nell’ambito
della stessa fase del processo. Tra i progetti di legge esistenti in materia, ve ne è
uno, ossia il provvedimento S/3040, che prevede l’istituzione presso gli uffici
giudiziari già esistenti (Tribunali ordinari, Corti di Appello), di una sezione
specializzata, costituita solo da magistrati togati, che accentri tutte le competenze
su tutti i procedimenti in materia di famiglia, minori, stato e capacità della
persona, e stato civile, attualmente distribuite tra il Tribunale per i minorenni, il
Giudice tutelare e i Tribunali ordinari. Si prevede anche l’istituzione di un gruppo
di lavoro specializzato per la famiglia e le persone presso le procure della
Repubblica dei tribunali dove sono istituite le sezioni specializzate. Oltre ad
uniformare in maniera organica la disciplina del contenzioso in queste materie,
l’intervento valorizza l’idea che il minore sia soggetto di diritto a pieno titolo: nei
limiti della sua capacità di discernimento, si riconosce ad esso l’autonomia di
compiere le scelte relative alla sua esistenza partecipando ai giudizi in cui è
direttamente coinvolto. La creazione delle sezioni specializzate realizza l’esigenza
di creare un ‘diritto processuale familiare’, eliminando così alcune discrasie nelle
prassi processuali dei tribunali e assicurando maggiore uniformità delle
decisioni36
.
__________________
35 Corte App. Roma 10 maggio 1993 in Dir. Fam. 1996, p. 1387: “ I provvedimenti temporanei
nell’interesse del minore adottati dal Tribunale per i minorenni ex art. 336, co. 3 c.c. in relazione
agli artt. 317- bis, 330, 333 c.c., non sono configurabili come decisioni autonome ed
intrinsecamente definitive ma si inseriscono, con carattere urgente e funzione cautelare,
nell’ambito di un più complesso procedimento volto all’accertamento della sussistenza o meno
d’un grave disagio del minore ed all’adozione delle conseguenti definitive determinazioni. Essi,
perciò, non sono immediatamente ed autonomamente impugnabili davanti ad un giudice diverso
(in quanto tale forma di gravame presuppone la definitività processuale della decisione o la
definitività sostanziale delle statuizioni) e possono essere sempre revocati dallo stesso giudice che
li ha emessi ( come previsto dall’art. 333 co.2, c.c.).”
36 FASANO A.M., MATONE S., I conflitti della responsabilità genitoriale, Milano, 2013, p. 397-
400; 415-419.
80
1.2. Cenni sulla responsabilità penale endofamiliare
Le condotte dei genitori contrarie ai doveri che derivano dalla responsabilità sui
figli possono integrare anche fattispecie penali. Così ,ad esempio, il genitore che
sottrae il minore all’esercizio della potestà dell’altro è responsabile del delitto di
cui all’art. 574 c.p.37
; il genitore che omette di prendersi cura del proprio figlio fin
dalla primissima infanzia negando, senza alcun motivo e senza interruzione, ogni
cura economica, affettiva ed assistenziale incorre nel reato di violazione degli
obblighi di assistenza familiare (art. 570 c.p.); il genitore che abusa della funzione
educativa incorre nel reato di abuso dei mezzi di correzione e disciplina (art. 571
c.p.). In quest’ ultimo caso si possono usare solo i mezzi di correzione che per loro
natura sono a ciò destinati, perché l’eventuale adozione di mezzi ulteriori, se pur a
scopo educativo, integra il reato di maltrattamenti in famiglia (art. 572 c.p.)38
.
Infine nelle situazioni in cui esiste una generale carenza di assistenza morale e ciò
pregiudica l’esigenza del minore ad avere quel minimo di cure e di affetto
complessivamente inteso, necessario per il suo sviluppo armonico, da una parte vi
è la possibilità per il Tribunale dei minorenni di dichiarare con decreto motivato lo
stato di adottabilità del minore che si trovi in stato di abbandono e dall’altro è
possibile perseguire penalmente il genitore che ha causato tale situazione ai sensi
dell’art. 591 c.p., “abbandono di persone minori o incapaci”39
.
Anche l’inosservanza dell’obbligo di istruzione viene sanzionata dall’ordinamento
ai sensi dell’art. 731 c.p., con una contravvenzione che la giurisprudenza
prevalente ritiene pluri-offensiva atteso che tutela, non solo l’interesse dello Stato
all’ottemperanza dell’obbligo scolastico, ma anche il diritto soggettivo del minore
a ricevere una adeguata istruzione, garantito dall’art. 30 Cost., co. 1.40
.
_____________ 37
Cass., 18 febbraio 2008, n. 21441, in Massimario.it : “ risponde di sottrazione di persona
incapace il genitore che senza il consenso dell’altro, porta via con sé il figlio minore,
allontanandolo dal domicilio stabilito, ovvero lo trattiene presso di sé, quando tale condotta
determina un impedimento per le diverse manifestazioni della potestà dell’altro genitore, come le
attività di assistenza e di cura, la vicinanza affettiva, la funzione educativa, identificandosi nel
regolare svolgimento della funzione genitoriale il principale bene giuridico tutelato dalla norma”. 38
In dottrina ANTOLISEI F., Manuale di diritto penale, Parte Speciale, Milano, 1992, p. 429. 39 FASANO A.M., MATONE S., I conflitti della responsabilità genitoriale, Milano, 2013, p. 300-
304;306-307; 320-322. 40 ID., Ibidem , Milano, 2013 , p.71-72.
81
Novità estremamente significative in materia ha introdotto la legge 4 aprile 2001,
n. 154, con riferimento sia al settore civile che a quello penale41
. Tale legge ha
introdotto una normativa generale tesa a garantire maggior tutela al minore,
poiché essa si rivolge a qualsiasi familiare o convivente che in qualche modo
possa subire un danno conseguente ad una condotta illecita di tipo endo-familiare.
A tale normativa il giudice ricorrerà qualora si trovi nell’impossibilità di
rintracciare nella condotta illecita dell’agente i presupposti per l’applicazione
degli artt. 330 e 333 c.c. In particolare in situazioni di grave pregiudizio
all’integrità fisica o morale, ovvero alla libertà, di un componente del nucleo
familiare, anche a prescindere dall’esistenza di un rapporto di coniugio, imputabili
ad un altro componente del gruppo, il soggetto interessato potrà chiedere al
giudice civile un ‘ordine di protezione’ tra quelli indicati nell’art. 342-ter. Per
quanto riguarda l’aspetto penale, è stato introdotto il nuovo articolo 282-bis c.p.p.,
che prevede l’allontanamento dalla casa familiare per evitare il reiterarsi di azioni
di violenza all’interno del nucleo familiare42
.
________________
41 “ Misure contro la violenza nelle relazioni familiari”; a riguardo FIGONE, Commento alla legge
sulla violenza in famiglia, in Fam. e dir., 2001, p. 353; DI FLORIO A., L’abuso della potestà
genitoriale, in Persona e danno, a cura di CENDON P., Milano, 2004, p.2589.
42 Art.282-bis c.p.p. Allontanamento dalla casa familiare.: “1. Con il provvedimento che dispone
l'allontanamento il giudice prescrive all'imputato di lasciare immediatamente la casa familiare,
ovvero di non farvi rientro, e di non accedervi senza l'autorizzazione del giudice che procede.
L'eventuale autorizzazione può prescrivere determinate modalità di visita.2. Il giudice, qualora
sussistano esigenze di tutela dell'incolumità della persona offesa o dei suoi prossimi congiunti, può
inoltre prescrivere all'imputato di non avvicinarsi a luoghi determinati abitualmente frequentati
dalla persona offesa, in particolare il luogo di lavoro, il domicilio della famiglia di origine o dei
prossimi congiunti, salvo che la frequentazione sia necessaria per motivi di lavoro. In tale ultimo
caso il giudice prescrive le relative modalità e può imporre limitazioni. 3. Il giudice, su richiesta
del pubblico ministero, può altresì ingiungere il pagamento periodico di un assegno a favore delle
persone conviventi che, per effetto della misura cautelare disposta, rimangano prive di mezzi
adeguati. Il giudice determina la misura dell'assegno tenendo conto delle circostanze e dei redditi
dell'obbligato e stabilisce le modalità ed i termini del versamento. Può ordinare, se necessario, che
l'assegno sia versato direttamente al beneficiario da parte del datore di lavoro dell'obbligato,
detraendolo dalla retribuzione a lui spettante. L'ordine di pagamento ha efficacia di titolo
esecutivo. 4. I provvedimenti di cui ai commi 2 e 3 possono essere assunti anche successivamente
al provvedimento di cui al comma 1, sempre che questo non sia stato revocato o non abbia
comunque perduto efficacia. Essi, anche se assunti successivamente, perdono efficacia se è
revocato o perde comunque efficacia il provvedimento di cui al comma 1. Il provvedimento di cui
al comma 3, se a favore del coniuge o dei figli, perde efficacia, inoltre, qualora sopravvenga
l'ordinanza prevista dall'articolo 708 del codice di procedura civile ovvero altro provvedimento del
giudice civile in ordine ai rapporti economico-patrimoniali tra i coniugi ovvero al mantenimento
dei figli. 5. Il provvedimento di cui al comma 3 può essere modificato se mutano le condizioni
dell'obbligato o del beneficiario, e viene revocato se la convivenza riprende……”.
82
Con tale provvedimento il giudice, su richiesta del P.M., dispone l’allontanamento
dal domicilio familiare dell’indagato o anche dell’imputato, potendo stabilire nelle
ipotesi più gravi il divieto di frequentazione dei luoghi usuali dei familiari e,
eventualmente, ingiungere il pagamento di un assegno a favore delle persone
conviventi, che per effetto della misura cautelare rimangono prive di mezzi
adeguati. In quest’ultimo caso però, se il pagamento è disposto a favore del
coniuge o dei figli, perde efficacia non solo se è revocato il provvedimento di
allontanamento, ma anche se sopravviene l’ordinanza presidenziale nel
procedimento di separazione o divorzio, ovvero altro provvedimento del giudice
civile in ordine ai rapporti patrimoniali tra coniugi o al mantenimento dei figli.
Quindi viene riconfermato all’autorità giudiziaria civile il potere di determinare
quanto dovuto per il mantenimento del coniuge e dei figli.
Più articolata è stata l’innovazione legislativa nel settore civilistico, che ha portato
ad inserire nel libro primo del codice civile un nuovo titolo (“IX bis”) rubricato
“Ordini di protezione contro gli abusi familiari” ( art. 342 bis e ter)43
. Il contenuto
dell’ordine di protezione corrisponde a quello delle misure cautelari adottabili in
sede penale in forza del nuovo art. 282 bis c.p.p., con qualche differenza.
_____________ 43 Art. 342-bis. Ordini di protezione contro gli abusi familiari : “Quando la condotta del coniuge o
di altro convivente è causa di grave pregiudizio all'integrità fisica o morale ovvero alla libertà
dell'altro coniuge o convivente, il giudice, [qualora il fatto non costituisca reato perseguibile
d'ufficio,] (1) su istanza di parte, può adottare con decreto uno o più dei provvedimenti di cui
all'articolo 342-ter.”. Art. 342-ter.Contenuto degli ordini di protezione. “Con il decreto di cui
all'articolo 342-bis il giudice ordina al coniuge o convivente, che ha tenuto la condotta
pregiudizievole, la cessazione della stessa condotta e dispone l'allontanamento dalla casa familiare
del coniuge o del convivente che ha tenuto la condotta pregiudizievole prescrivendogli altresì, ove
occorra, di non avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dall'istante, ed in particolare al luogo
di lavoro, al domicilio della famiglia d'origine, ovvero al domicilio di altri prossimi congiunti o di
altre persone ed in prossimità dei luoghi di istruzione dei figli della coppia, salvo che questi non
debba frequentare i medesimi luoghi per esigenze di lavoro. Il giudice può disporre, altresì, ove
occorra l'intervento dei servizi sociali del territorio o di un centro di mediazione familiare, nonché
delle associazioni che abbiano come fine statutario il sostegno e l'accoglienza di donne e minori o
di altri soggetti vittime di abusi e maltrattamenti; il pagamento periodico di un assegno a favore
delle persone conviventi che, per effetto dei provvedimenti di cui al primo comma, rimangono
prive di mezzi adeguati, fissando modalità e termini di versamento e prescrivendo, se del caso, che
la somma sia versata direttamente all'avente diritto dal datore di lavoro dell'obbligato, detraendola
dalla retribuzione allo stesso spettante.
Con il medesimo decreto il giudice, nei casi di cui ai precedenti commi, stabilisce la durata
dell'ordine di protezione, che decorre dal giorno dell'avvenuta esecuzione dello stesso. Questa non
può essere superiore a un anno e a può essere prorogata, su istanza di parte, soltanto se ricorrano
gravi motivi per il tempo strettamente necessario. Con il medesimo decreto il giudice determina le
modalità di attuazione. Ove sorgano difficoltà o contestazioni in ordine all'esecuzione, lo stesso
giudice provvede con decreto ad emanare i provvedimenti più opportuni per l'attuazione, ivi
compreso l'ausilio della forza pubblica e dell'ufficiale sanitario.”.
83
Innanzitutto il giudice deve accertare la situazione di “violenza”. La
giurisprudenza di merito ha cercato di dare una definizione di condotta
pregiudizievole, concludendo che si devono ragionevolmente intendere reiterate
azioni ravvicinate nel tempo e consapevolmente dirette a ledere i beni tutelati
dall’art. 342 bis, in modo che ne sia gravemente, e senza soluzioni di continuità
temporale, alterato il regime di normale convivenza familiare. L’azionabilità
spetta soltanto al soggetto che ha subito il danno in violazione degli obblighi di
protezione, il quale, nel caso si trattasse di un minore, potrà senz’altro agire a
mezzo dei suoi rappresentanti o di un curatore speciale. Anche in questo caso il
giudice può disporre l’allontanamento del coniuge, convivente o familiare
“colpevole” dalla casa familiare, prescrivendogli altresì, ove occorra, di non
avvicinarsi ai luoghi frequentati da colui che ha invocato l’ordine di protezione.
Insieme con l’ordine di allontanamento, ed in alternativa o congiuntamente con il
divieto di cui sopra, il giudice può disporre l’intervento dei servizi sociali del
territorio, di un centro di mediazione familiare, nonché di associazioni che
abbiano come scopo statutario il sostegno o l’accoglienza di donne, minori o altri
soggetti vittime di abusi familiari. Può, anche in questo caso, essere posto a
carico del responsabile di “violenza” familiare il pagamento di un assegno a
favore dei conviventi che, per effetto dell’allontanamento e delle eventuali altre
misure assunte, rimarrebbero privi di “mezzi adeguati”. Gli ordini di protezione,
proprio perché misure di tipo provvisorio, hanno una durata limitata nel tempo:
tale durata è determinata dal giudice, con decorrenza dall’avvenuta esecuzione del
provvedimento e comunque non può essere superiore a sei mesi; può essere
prorogata, su istanza di parte, soltanto se ricorrano gravi motivi e per il tempo
strettamente necessario44
.
_______________ 44
FASANO A.M., MATONE S., I conflitti della responsabilità genitoriale, Milano, 2013, p. 338-
341; LONGO F., Rapporti familiari e responsabilità civile, Torino, 2004, p. 83-87.
84
2. L’affermazione della responsabilità civile nei rapporti familiari
nell’evoluzione giurisprudenziale
2.1. Risarcimento del danno per violazione degli obblighi di cura e
assistenza materiale e per mancato adempimento del diritto-dovere di
visita del genitore non affidatario
Con la riforma del diritto di famiglia del 1975 è iniziato il superamento della
logica che vedeva la famiglia e il suo diritto come una zona franca più vicina al
diritto pubblico, e dove non rivestivano alcuna rilevanza i principi del diritto
contrattuale, delle obbligazioni e neppure della responsabilità civile45
. Oggi,
soprattutto al contributo della giurisprudenza della Cassazione, si ammette sempre
più frequentemente nel diritto di famiglia un’ampia autonomia negoziale, e la
logica contrattuale, seppur con qualche cautela, si afferma con maggiore
convinzione. Dapprima si è affermato il fenomeno della "contrattualizzazione” del
diritto di famiglia, ammettendo sempre più spesso la validità non solo dei patti
intercorsi tra i coniugi in vista della separazione, anteriori, coevi o successivi, fino
a sostenere l’autonomia negoziale dei genitori anche nel rapporto con i figli,
purché migliorativa degli assetti concordati davanti al giudice46
.
E in seguito si è affermata la responsabilità civile, prima nel rapporto tra coniugi e
poi nel rapporto genitori e figli.
Parlare di responsabilità, danno, risarcimento nel rapporto tra genitori e figli è
un’indubbia novità, in quanto la disciplina del diritto di famiglia individua precise
conseguenze in caso di comportamento dei genitori contrario ai doveri nei
confronti dei figli. Nonostante l’esistenza di un vero e proprio sistema di misure
volte al soddisfacimento degli interessi dei minori violati a causa
dell’inadempimento degli obblighi genitoriali, anche in questo settore hanno
trovato spazio le tradizionali tecniche della responsabilità civile. Grazie anche
all’attenzione che si sta prestando alla posizione del minore e alla sofferenza dello
stesso a livello di studio e a livello legislativo, con il riconoscimento dei diritti del
_______________
45 Tra gli autori a favore di questa posizione CICU, Lo spirito del diritto familiare nel nuovo codice
civile, in Riv. dir. civ., 1939, p. 3 ss.; per un’analisi anche in prospettiva storica, PATTI, Famiglia e
responsabilità civile, Milano, 1984; DOGLIOTTI e FIGONE, Il danno ingiusto, La responsabilità
civile, a cura di CENDON, Torino, 1998, p. 59 ss. 46
Cass. 22 gennaio 1994, n. 657, in Fam. e dir., 1994, p.139; Cass. 14 giugno 2000, n.8109, in
Fam. e dir., 2000, p.429. In dottrina DOGLIOTTI, Separazione e divorzio, Torino, 1995, p. 16 ss.
85
fanciullo in importantissime convenzioni internazionali si è sviluppato un
orientamento che ha portato ad una interpretazione e a una applicazione degli artt.
2043 e 2059 c.c. rivoluzionarie47
. Esemplificativa di tali mutamenti e tali nuove
concezioni è la pronuncia della Corte di Cassazione del 200048
. A seguito di
dichiarazione giudiziale di paternità di un minore e di assoluzione del padre
dall’imputazione del reato di cui all’art. 570 c.p.49
, in quanto il giudice penale
aveva ravvisato che al mantenimento aveva comunque provveduto la madre, era
stato introdotto un giudizio ai soli fini risarcitori e civilistici, che aveva
condannato il padre al risarcimento del danno non patrimoniale e tale decisione è
stata poi confermata in Cassazione.
Il figlio non aveva domandato il risarcimento del danno patrimoniale, perché a
seguito dell’accertamento della paternità e con notevole ritardo e ritrosia, il padre
aveva provveduto al pagamento di tutte le arretrate somme dovute a titolo di
contributo al mantenimento. Tuttavia aveva dichiarato di aver subito danni morali
e materiali dal comportamento del padre che per anni si era disinteressato di lui,
contravvenendo all’obbligo giuridico di mantenimento ex art. 147 c.c. e art. 30
Cost. E infatti la Corte di Cassazione, approvando l’operato della Corte di
Appello, rileva che la condotta del padre abbia nella specie leso diritti
fondamentali della persona previsti dall’art. 2 della Costituzione, in particolare
inerenti alla qualità di figlio e di minore. La lesione di tali diritti “collocati al
vertice della gerarchia dei valori costituzionalmente garantiti” va incontro alla
sanzione risarcitoria per il fatto oggettivo della lesione stessa e il danno è stato
________________________
47 LONGO F., Rapporti familiari e responsabilità civile, Torino, 2004, p.65 ss. LONGO F.,
Famiglia e responsabilità: i nuovi danni, s cura di Dogliotti M., Milano, 2012,p.117-118. Nel
senso di una estensione dei casi in relazione ai quali potrebbe riconoscersi una tutela risarcitoria in
capo ai figli anche DOGLIOTTI, La famiglia e l’ “altro diritto”: responsabilità civile, danno
biologico, danno esistenziale, in Fam. e dir., 2001, p.159. 48
Cass. 7 giugno 2000, n. 7713, in Fam. e dir., 2001, 159 e ss. Tale sentenza è stata poi presa
come base per altre pronunce di merito. Si veda Trib. Bologna , 10 luglio 2007, in Fam. e dir.,
2008, p.487: in tale sentenza, su ricorso del sindaco del comune di Anzola dell’Emilia, nominato
tutore provvisorio della minore in seguito al decreto di decadenza dalla potestà del padre emanato
dal Tribunale dei minorenni nel 2002, viene accolta la domanda di condanna del padre al
risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti dall’attrice per effetto della
(consapevole) violazione dei doveri verso la figlia inerenti alla qualità di padre (art. 147 c.c. e 30
Cost.). 49 Violazione degli obblighi di assistenza familiare.: “Chiunque, abbandonando il domicilio
domestico, o comunque serbando una condotta contraria all'ordine o alla morale delle famiglie, si
sottrae agli obblighi di assistenza inerenti alla potestà dei genitori, o alla qualità di coniuge, è
punito con la reclusione fino a un anno o con la multa da lire duecentomila a due milioni.”
86
ritenuto automatica conseguenza della condotta del padre. Afferma, quindi, che
l’art. 2043 c.c. , correlato all’art. 2 e ss. della Costituzione, va inteso nel senso che
esso non comprende solo il risarcimento del danno patrimoniale in senso stretto,
ma anche quei danni che almeno potenzialmente ostacolano le attività realizzatrici
della persona umana50-51
. L’impossibilità di essere mantenuto dal proprio genitore,
anche nei bisogni più essenziali, oltre a comportare la violazione di un dovere di
natura costituzionale, impedisce al minore di compiere quelle attività di
estrinsecazione della sua personalità: di avere svaghi confacenti alla propria età, di
avere un’istruzione adeguata, di poter avere fiducia nel proprio futuro, nonché di
riconoscere nella propria famiglia quel necessario e determinante strumento di
sostegno necessario ad affrontare la vita52
. Secondo parte della dottrina, pur non
essendoci in essa alcun esplicito riferimento a tale nuova categoria di danno, tale
sentenza ha aperto le porte al risarcimento del danno esistenziale53
, o meglio ,alla
tutela risarcitoria ex art. 2043 c.c. per il pregiudizio sofferto dal minore in seguito
alla privazione della presenza genitoriale54
.
Meritano di essere segnalate due sentenze dei giudici di merito. La prima del
Tribunale di Venezia, in un procedimento avviato da una figlia maggiorenne che
lamentava non il cattivo esercizio del ruolo genitoriale, ma la totale assenza della
figura paterna, in quanto , fin dalla nascita, si era rifiutato di riconoscerla. Il
giudice veneziano rilevava la configurabilità del reato ex art. 570 c.p., con
conseguente ipotesi del risarcimento del danno morale ai sensi degli artt.2059 c.c.
e 185 c.p. Inoltre il tribunale osserva che la procreazione non è un mero fatto
materiale e che i genitori per il solo fatto della procreazione sono tenuti ad
adempiere a una serie di obblighi, sia di mantenimento che relativi all’educazione,
___________________
50 Art. 2053 c.c. Risarcimento per fatto illecito.: “Qualunque fatto doloso o colposo che cagiona ad
altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno.” 51
In tal senso si era anche espressa la Corte Cost. con sentenza del 14 luglio 1986, n. 184, in Foro
it., p.1986. 52 ANCESCHI A., Rapporti tra genitori e figli. Profili di responsabilità, Milano, 2007, p.115. 53
PIZZETTI F. G., Il danno esistenziale approda in Cassazione, in Giurispr. it., p. 1352; ZIVIZ P.,
Una nuova categoria della responsabilità civile, a cura di CENDON P., ZIVIZ P., 2000, P.923;
PRINCIPATO L., Risarcimento, responsabilità aquiliana e lesione dei diritti costituzionali, nota a
sentenza Cass. 7 giugno 2000, n. 7713, in Giur. cost., 2001, p. 4170. 54
LONGO F., Rapporti familiari e responsabilità civile, Torino, 2004, p. 81-88 e 89; LONGO F.,
Famiglia e responsabilità: i nuovi danni, s cura di Dogliotti M., Milano, 2012, p. 107-110;
FASANO A.M., MATONE S., I conflitti della responsabilità genitoriale, Milano, 2013, p.305.
2059 c.c. e 185 c.p. Inoltre il tribunale osserva che la procreazione non è un mero
87
ai quali corrispondono diritti soggettivi di rango costituzionale in capo ai figli. Il
giudice rilevato il totale disinteresse del padre fin dalla nascita, perdurato anche
una volta che la figlia adulta ha rintracciato il padre medesimo, procede nella
verifica circa la sussistenza di un pregiudizio effettivo quale conseguenza di tale
diniego assoluto di presenza paterna. Lo stesso giudice, facendo riferimento alle
risultanze della CTU, da un lato ha escluso la sussistenza di alterazioni dal punto
di vista psicopatologico, dall’altro ha evidenziato disagi nel periodo della scuola
nei confronti dei compagni e nel riferire il cognome della madre. La parte attrice,
quindi, ha sempre percepito questa assenza: si tratta di conseguenze lesive che
meritano una specifica e autonoma riparazione e la voce di danno richiamata dal
giudice è quella di danno esistenziale55-56
.
Il secondo caso è stato deciso dal Tribunale di Messina, rispetto alla domanda di
due figlie maggiorenni, studentesse e non autonome economicamente, che
chiedono la condanna del padre al loro mantenimento ex art. 148 c.c. e,
affermando che il medesimo non si era mai interessato delle stesse ed erano state
cresciute solo dalla madre che era deceduta, la condanna al risarcimento del danno
patito per la violazione degli obblighi di cura e assistenza materiale57
.
Il tribunale riconosce il danno lamentato, precisando che il danno da deprivazione
genitoriale può derivare dal mancato riconoscimento del rapporto di parentela
naturale oppure, nel caso di figlio riconosciuto o legittimo, dalla mancanza di
_________________
55 Trib. Venezia 30 giugno 2004, in Guida dir., 2004, p. 61 ss. : “….la nostra carta costituzionale
obbliga i genitori, anche naturali…ad assistere materialmente e moralmente la prole, dunque un
obbligo non meramente patrimoniale ma esteso….. alla assistenza educativa….non assolvere tale
obbligo, anzi omettere ogni condotta assimilabile all’assolvimento in questione, come nel caso di
specie, ove non si controverte di una non corretta gestione del ruolo paterno ma della assoluta
obliterazione del medesimo, è dunque un fatto illecito…” Si esprime in questo senso anche
un’altra sentenza del tribunale di Venezia, 18 aprile 2006, in Danno e resp., 2007, p. 576 ss., dove
su domanda del figlio, è stato riconosciuto che la condotta del padre, basata sul rifiuto sistematico
di ogni onere riguardante l’adempimento dei doveri attinenti ai diritti fondamentali della persona,
ed al mancato riconoscimento del figlio naturale, omettendo ogni forma di contribuzione utile al
suo mantenimento, contrasta con gli artt. 147, 148 e 261 c.c., essendo volta a cagionare al figlio un
danno esistenziale, concretizzato anche nei riflessi negativi emergenti in ambito sociale, oltre che a
livello personale, per la consapevolezza di quest’ultimo di non essere mai stato desiderato e
trattato come figlio. Infatti il figlio, non supportato economicamente e affettivamente dal padre, ha
perso l’occasione di curare adeguatamente la propria preparazione scolastica, nonché di inserirsi in
un contesto sociale e lavorativo adeguato alla classe ed all’ambiente di provenienza paterno. 56 LONGO F., Famiglia e responsabilità: i nuovi danni, a cura di Dogliotti M., Milano, 2012,
p.112. 57
Trib. Messina 31 agosto 2009, in Fam. dir., 2010, 150 e ss.
88
adempimento degli obblighi previsti dagli artt. 147 e 148 c.c58
. Il giudice di
Messina afferma che la violazione di tali obblighi, i cui valori sono stati
individuati a livello costituzionale negli artt. 2, 29 e 30 Cost. e si è fatto anche
riferimento al diritto di avere rapporti con i propri genitori e di crescere nella
propria famiglia riconosciuto dall’art. 1 della legge 184/1983 sull’adozione dei
minori, implica anche la mancanza di apporto di affetto, cura e assistenza che
determina ripercussioni negative nel percorso di realizzazione esistenziale dei
figli. Pertanto il giudice appura la sussistenza della lesione patita dalle attrici e,
richiamati i principi affermati dalla Corte di Cassazione con le sentenze del 2003
e del 2008 in materia di danno non patrimoniale ex art. 2059 c.c., accoglie la
domanda risarcitoria proposta dalle figlie59
. Infatti anche se l’art. 147 c.c. si
riferisce ad obblighi che hanno contenuto economico e non è espressamente
previsto il dovere di assistenza morale, il pieno sviluppo della persona, valore
protetto dall’art. 2 Cost., implica, quale imprescindibile presupposto, l’affetto e la
cura dei genitori, prima ancora dell’assolvimento dei doveri economici60
.
________________
58 Anche la Cassazione con sentenza del 3 novembre 2006, n. 23596, Foro It., 2007, p. 86. afferma
che nell’ipotesi in cui al momento della nascita il figlio sia riconosciuto da uno solo dei genitori,
tenuto perciò a provvedere per intero al suo mantenimento, non viene meno l’obbligo dell’altro
genitore per il periodo anteriore alla pronuncia di dichiarazione giudiziale di paternità o di
maternità naturale, essendo sorto sin dalla nascita il diritto del figlio naturale ad essere mantenuto,
istruito ed educato nei confronti di entrambi i genitori. Da ciò consegue che il genitore naturale,
dichiarato tale con provvedimento del giudice, non può sottrarsi alla sua obbligazione nei confronti
del figlio per la quota posta a suo carico, ma è tenuto a provvedere fin dalla sua nascita. Ma la
Corte si limita a riconoscere il danno patrimoniale. Mentre la sentenza del tribunale di Venezia
richiamata sopra, riconosce in questo caso anche la risarcibilità di un danno esistenziale, come
categoria del danno non patrimoniale. 59
In particolare nelle pronunce nn. 8827 e 8828 del 2003 la Cassazione ha offerto una
interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 2059 c.c., affermando che il danno non
patrimoniale può essere risarcito anche al di fuori delle ipotesi espressamente previste dalla legge
allorquando sono lesi valori e beni inerenti la persona riconosciuti e tutelati dalla Costituzione.
Con le sentenze nn. 26972, 26973, 26974 e 26975, dell’11 novembre 2008 la Cassazione ha
specificato ulteriormente il carattere generale della categoria del danno non patrimoniale e che le
ripercussioni negative in ordine al fare quotidiano sono risarcibili se ed in quanto si sostanziano in
una lesione di valori della persona garantiti dalla Costituzione. Sotto il profilo è chiara la volontà
dei giudici di legittimità di non far discendere automaticamente dalla lesione dei diritti
costituzionali garantiti il diritto al risarcimento, ma “è necessario che siano allegate e provate le
conseguenze negative determinate dalla lesione dei suddetti diritti, in particolare, sul corretto
sviluppo della personalità della prole.” Così Cass. 12 giugno 2006, in Giust. civ., 2007, p. 179. 60
LONGO F., Famiglia e responsabilità: i nuovi danni, s cura di DOGLIOTTI M., Milano, 2012,
p.112-113. In realtà con le modifiche apportate dal d.lgs. n.154 del 28 dicembre 2013 anche l’art.
147 c.c. è stato modificato: “Il matrimonio impone ad ambedue i coniugi l’obbligo di mantenere,
istruire, educare e assistere moralmente i figli, nel rispetto delle loro capacità, inclinazioni naturali
e aspirazioni, secondo quanto previsto dall’articolo 315-bis.”
89
Nella violazione dei doveri genitoriali rientra anche la fattispecie della
responsabilità del genitore non affidatario per il mancato esercizio del diritto-
dovere di visita del minore61
. In realtà con l’entrata in vigore della legge n. 54 del
2006, che ha introdotto l’istituto dell’affido condiviso dei figli, garantendo la bi-
genitorialità anche in caso di crisi coniugale, pur potendo ritenersi superata la
definizione “ diritto di visita”, il giudice deve determinare i modi e i tempi della
presenza dei figli presso ciascun genitore62
. Il genitore che sia venuto meno agli
obblighi di tenere la prole presso di sé, nei giorni e nei tempi stabiliti, incorre
anche in una responsabilità civile per danno provocato ai minori e ciò comporta
l’applicazione dell’art. 709-ter c.p.c. anch’esso introdotto con la legge del 2006 in
tema di separazione e affidamento condiviso dei figli.
La nuova procedura contenuta nell’art. 709-ter c.p.c.63
, prevede una serie di
_____________ 61
Una pronuncia di merito assai significativa, ammette la risarcibilità del danno a carico del
genitore separato, che aveva impedito in modo costante e continuativo e per lungo tempo al
genitore non affidatario di vedere e frequentare il figlio e di adempire in tal senso ai propri doveri
educativi e ciò eludendo la sentenza di separazione del giudice civile ( ipotesi di reato ex art. 338,
co.2 c.p.). Secondo la sentenza, dal comportamento illecito e privo di giustificazione alcuna del
genitore affidatario derivano oggettivi danni alla salute fisico-psichica dell’altro genitore, oltre che
morali, non potendo questi soddisfare il diritto di conoscere, frequentare ed educare il figlio, ma
pure di adempire ai doveri nei suoi confronti. Secondo il giudice romano è dunque nella fattispecie
ravvisabile il danno permanente biologico, oltre che morale, la cui esistenza ontologica “ è provata
in re ipsa”, trattandosi di danno derivante da turbamenti psichici, dolore, ansie e logorante
angoscia del genitore, con pregiudizievoli riflessi sulla vita del genitore stesso, nei rapporti
parentali, sociali e ricreativi. Trib. Roma 13 giugno 2000, in Dir. fam. pers. , 2001, p.209. La
giurisprudenza, quindi , sul presupposto del fondamentale dovere, morale e giuridico, di non
ostacolare, ma, anzi, di favorire la partecipazione dell’altro genitore alla crescita e alla vita
affettiva del figlio ha riconosciuto il diritto al risarcimento del danno non patrimoniale al genitore
che sia stato pregiudicato nel diritto di vedersi assicurare un’effettiva possibilità di rapporto con il
figlio. SESTA M., La responsabilità nelle relazioni familiari, Torino, 2008, p. 253. 62
Oggi la tutela della bi-genitorialità è stata garantita dal legislatore intervenuto ad attuare la
delega al Governo contenuta nella l. 219 del 2012, disponendo di inserire nel codice civile l’art.
337-bis che assicura al figlio minore il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo
con ciascuno dei genitori e ricevere cura, educazione, istruzione ed assistenza morale da entrambi. 63 “Per la soluzione delle controversie insorte tra i genitori in ordine all'esercizio della
responsabilità genitoriale o delle modalità dell'affidamento é competente il giudice del
procedimento in corso. Per i procedimenti di cui all'articolo 710 é competente il tribunale del
luogo di residenza del minore. A seguito del ricorso, il giudice convoca le parti e adotta i
provvedimenti opportuni. In caso di gravi inadempienze o di atti che comunque arrechino
pregiudizio al minore od ostacolino il corretto svolgimento delle modalità dell'affidamento, può
modificare i provvedimenti in vigore e può, anche congiuntamente:1) ammonire il genitore
inadempiente;2) disporre il risarcimento dei danni, a carico di uno dei genitori, nei confronti del
minore; 3) disporre il risarcimento dei danni, a carico di uno dei genitori, nei confronti dell'altro;4)
condannare il genitore inadempiente al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria, da
un minimo di 75 euro a un massimo di 5.000 euro a favore della Cassa delle ammende. I
provvedimenti assunti dal giudice del procedimento sono impugnabili nei modi ordinari.”
Anch’esso modificato con il d.lgs. n.154 del 2013, che ha sostituito la parola ‘potestà’ con la
parola responsabilità.
90
sanzioni in caso di violazione delle regole sull’affido64
. In particolare i
provvedimenti inerenti al risarcimento del danno o all’irrogazione della sanzione
amministrativa, nonché il semplice ammonimento del genitore inadempiente
possono essere adottati dal giudice congiuntamente alla modifica delle condizioni
di affidamento preesistenti. Sia la sanzione amministrativa che la responsabilità
civile non si applicano solamente quando sia effettivamente disposto un
affidamento condiviso ma anche in tutte le altre ipotesi di affidamento anche se
esclusivo, alternato o disposto a favore di terzi. Inoltre anche se non si può
escludere a priori che la controversia familiare possa sorgere al solo fine di
richiedere una condanna al risarcimento dei danni e non la modifica del
provvedimento di affidamento, l’art. 709-ter c.p.c. co. 2 è chiaro a riguardo: i
provvedimenti in esso previsti sono sempre adottati congiuntamente alla modifica
del provvedimento di affidamento; per la modifica dei provvedimenti originari
non basta l’insorgere di un contrasto tra i coniugi ma è necessario che si
manifestino aspetti patologici nella condotta genitoriale tali da arrecare un
pregiudizio al minore. L’espressione “modalità di affidamento”, richiamata sia nel
primo che nel secondo comma dell’art. 709 ter, è intesa dalla prevalente dottrina e
dalle prime applicazioni giurisprudenziali in senso ampio, con riferimento non
solo agli aspetti personali ma anche a quelli economici65
. In realtà esistono già
misure coercitive dirette ad assicurare che il genitore onerato non si sottragga agli
obblighi economici statuiti in sede di separazione e divorzio66
. La possibilità per il
giudice di condannare il genitore inadempiente al risarcimento dei danni in favore
dell’altro coniuge o del figlio rappresenta, tra le misure contemplate nell’art. 709
ter, 2° co., c.p.c. quella sicuramente meno agevole da definire.
Non è chiaro se la misura del risarcimento del danno prevista dall’art. 709 ter
_______________________
64 FASANO A.M., MATONE S., I conflitti della responsabilità genitoriale, Milano, 2013, p. 317-
318; LONGO F., Famiglia e responsabilità: i nuovi danni, a cura di DOGLIOTTI M., Milano,
2012, p.114. 65 ANCESCHI A., Rapporti tra genitori e figli. Profili di responsabilità, Milano, 2007, p. 349-350.
SESTA M., La responsabilità nelle relazioni familiari, Torino, 2008, p.261-263. Quanto alla
nozione ampia di modalità di affidamento si veda in giurisprudenza T. Modena, 29 gennaio 2007,
in Fam. e dir., 2007, p. 823.; T. Modena, 20 aprile 2006, in Dir. e giust., 2006, p.22; T. Bologna, 19
giugno 2007, in www.affidamentocondiviso.it. 66
Art. 156 co. 6 c.c. e 8 co. 3 e 7, l. n. 898/1970 che prevedono la possibilità per il giudice in caso
di inadempienza, su richiesta dell’avente diritto, di disporre il sequestro di parte dei beni del
coniuge obbligato e ordinare ai terzi che una quota dei suoi redditi sia versata direttamente all’altro
coniuge o a chi sopporta le spese per il mantenimento, l’istruzione e l’educazione della prole.
91
c.p.c. abbia una funzione compensativa-riparativa, ovvero sia diretta a risarcire il
genitore o il figlio del pregiudizio effettivamente subito, o piuttosto abbia una
finalità prevalentemente punitiva, diretta a sanzionare il comportamento illecito e
a dissuadere il genitore inadempiente dalla sua prosecuzione. Le prime pronunce
sul tema evidenziano come la giurisprudenza di merito è orientata ad attribuire al
provvedimento in questione una funzione pubblicistica di deterrenza e di
punizione alla stregua di una pena privata, ritenendo che nel nostro ordinamento
abbia trovato ingresso in questo modo una nuova figura di danni cd. punitivi,
ovvero dei danni che il giudice provvede a liquidare per punire l’autore di un
comportamento ritenuto particolarmente riprovevole, in esclusiva considerazione
del fatto in sé e della sua gravità, senza minimamente considerare se da esso sia o
meno derivato un danno concreto67
.
La funzione della norma in esame è quella di trovare una soluzione alla
incoercibilità dei provvedimenti in ordine all’affidamento e all’esercizio della
potestà, attraverso misure capaci di indurre il genitore ad adempiere
spontaneamente, e non di fornire una compensazione per la lesione del bene
protetto. Il tribunale di Messina in particolare ritiene che il presupposto per
l’applicazione delle sanzioni previste dall’art. 709 ter riposa nell’effettivo
inadempimento agli obblighi oggetto della decisione giudiziaria ovvero in
comportamenti lesivi degli interessi della prole. Ma è fortemente discussa la
compatibilità dei punitive damages con i principi fondamentali del nostro sistema
della responsabilità civile, che configura il risarcimento del danno come una
riparazione del pregiudizio arrecato68
. Le sentenze della Cassazione che hanno
aperto la via alla nuova concezione di danno non patrimoniale, seguono gli
schemi tipici della responsabilità extracontrattuale: il diritto al risarcimento non si
________________________
67 Trib. Messina, 5 aprile 2007, in Giur. di Merito, 2007, p. 2635; T. Vallo della Lucania, 7 marzo
2007, in www.personaedanno.it; App. Firenze, 29 agosto 2007, in Fam. pers. succ., 2008, p.370. 68
In dottrina PATTI, Pena privata, in Danno e responsabilità civile, a cura di BUSNELLI, PATTI,
Torino, 2003, p. 235 ss.; GALLO, Pene private e responsabilità civile, Milano, 1996; CENDON,
Il dolo nella responsabilità extracontrattuale , Torino, 1976. In tal senso anche FAROLFI F., L’art.
709 ter c.p.c.: sanzione civile con finalità preventiva e punitiva?, in Fam. e dir., 2009, p. 609: “ la
norma deve essere considerata in un’ottica di tutela dei provvedimenti giudiziali e di garanzia della
loro attuazione” essendo note “ le carenze del processo esecutivo in materia di attuazione degli
obblighi personali in ambito familiare….. mentre si avverte da tempo la necessità di dotare il
giudice di strumenti idonei a coartare la volontà del genitore inadempiente”.
92
fa discendere automaticamente dalla lesione di diritti costituzionalmente garantiti,
o in questo caso dalla violazione di un provvedimento del giudice, ma si richiede
a tal fine la prova che dai comportamenti dei genitori in contrasto con tali diritti, o
disposizioni del giudice, siano derivate conseguenze negative sullo sviluppo della
personalità del minore69
. Recentemente il Tribunale di Pavia si è occupato di una
procedura ex artt. 709-ter- 710 c.p.c., sancendo principi interessati70
.
La madre aveva agito ex art. 710 c.p.c. chiedendo la modifica delle condizioni
della separazione e affermando che da sei anni per ragioni di lavoro si era
trasferita da Cava dei Tirreni a Pavia e che il padre si era completamente
disinteressato della figlia, omettendo da alcuni anni altresì di concorrere al
mantenimento della figlia, chiedeva anche il risarcimento dei danni ex art. 709-ter.
In accoglimento della richiesta della madre, veniva modificato il regime di visita
padre/figlia e veniva aumentato l’importo della somma mensile a titolo di
contributo a carico del padre. Con riferimento alla richiesta di risarcimento dei
danni ex art. 709-ter c.p.c., il tribunale di Pavia ha affermato che essa rappresenta
una ipotesi ordinaria di responsabilità ex art. 2043 c.c. I giudici hanno ritenuto che
nel caso di specie ricorrevano tutti gli elementi costitutivi dell’illecito, ovvero il
mancato pagamento del mantenimento per la minore dal gennaio 2008, le mancate
visite alla minore stessa negli ultimi anni, la consapevolezza del padre di non
adempiere ai propri doveri e, infine, il danno subito dalla figlia costituito dalla
privazione della figura paterna e del costante contributo nel tempo sia materiale e
soprattutto in ordine allo sviluppo complessivo della personalità, aspetti, questi, di
rilievo costituzionale (art. 2 e 30 Cost.). E il danno patito dalla figlia che viene
qualificato come danno da deprivazione genitoriale veniva quantificato in
3.000,00 euro. Interessante è anche una pronuncia del Tribunale di Salerno71
.
Era emerso che la madre per ragioni protettive del figlio, ma non giustificate dalla
situazione concreta, poneva ostacoli al diritto di visita del padre e non collaborava
alla coltivazione di un armonioso rapporto con il padre stesso.
_____________ 69
SESTA M., La responsabilità nelle relazioni familiari, Torino, 2008, p.269-273.; ARCERI A., La
responsabilità da deprivazione genitoriale al vaglio della giurisprudenza di merito: due differenti
forme di tutela per l’identico diritto costituzionalmente garantito, in Fam. e dir., n. 2/2010, p.157-
159. 70
Trib. Pavia 23 ottobre 2009, in Fam. e dir., 2010, p.149. 71
Trib. Salerno 22 dicembre 2009, in Fam. e dir. , 2010, p.924 e ss.
93
I giudici hanno rilevato che nella specie il figlio era stato di fatto privato della
possibilità di crescere usufruendo di una adeguata presenza di entrambi le figure
genitoriali, principio cardine della legge n.54/2006; hanno poi rilevato che il padre
ha subito un danno per non essere stato posto nelle condizioni di avere un
rapporto adeguato e continuo con il figlio, in quanto la bi-genitorialità non
costituisce solo un diritto del minore ma un obbligo reciproco dei genitori e
comporta un dovere di solidarietà a carico di entrambi per rendere possibile che
sia costante e continuativa la loro presenza nella crescita del figlio.
Sul piano dei provvedimenti, i giudici campani hanno comminato la misura
dell’ammonimento alla madre affinché contribuisca correttamente al
mantenimento (ma in questo caso si sarebbe dovuto parlare di consentirne lo
sviluppo) di un adeguato rapporto con il padre. Il risarcimento del danno è stato
riconosciuto solo a favore del padre. Nonostante il riconoscimento che la condotta
della madre, tra cui gli ostacoli al diritto di visita e far chiamare “papà” il
fidanzato e il nonno, non sembrava agevolare una crescita equilibrata del figlio, i
giudici hanno preferito sperare che le misure comminate favorissero la
comprensione della madre circa gli atteggiamenti corretti da osservare72
.
In dottrina si è parlato anche di mobbing genitoriale con riferimento alle ipotesi in
cui un genitore, separato o in via di separazione dall’altro, dia vita a
comportamenti aggressivi e di indebita intromissione nella vita privata, finalizzati
ad impedire all’altro genitore, attraverso il terrore psicologico, l’umiliazione e il
discredito familiare e sociale, l’esercizio della gentirorialità73
. Recentemente la
Corte di Appello di Firenze, accertata una situazione di incomunicabilità della
figlia con il padre determinata da atteggiamenti distruttivi della madre nei
confronti della figura paterna, ha condannato quest’ultima al risarcimento del
danno nei confronti del padre74
.
___________________
72 LONGO F., Famiglia e responsabilità: i nuovi danni, a cura di Dogliotti M., Milano, 2012,
p.160-163. 73
LIUT, Privazioni e incrinature del ruolo genitoriale, in Trattato dei nuovi danni, diretto da
Paolo Cendon, Padova, 2011, pag. 561 ss. 74
App. Firenze, 13 febbraio 2009, su www.dibattitopubbl.uco7.com. Anche il Tribunale di Roma
con una pronuncia del 13 settembre 2011 su www.altalex.com, in un caso in cui era emerso che la
madre separata dal marito e collocataria della figlia, aveva in tutti i modi, anche attraverso
denunce penali rivelatesi prive di fondamento, impedito al padre stesso per diversi mesi di vedere
e frequentare la figlia, ha condannato la madre al risarcimento del danno non patrimoniale a favore
del padre per 50.000 euro.
94
Infatti una delle principali regole di condotta e responsabilità dei genitori in
acceso conflitto tra loro che si separano è quella di salvaguardare e non denigrare
l’immagine dell’altro: un atteggiamento di svalutazione dell’altro genitore
contrasta con gli obblighi genitoriali e determina un pregiudizio allo sviluppo
della personalità dei figli75
.
_______________________
75 LONGO F., Famiglia e responsabilità: i nuovi danni, s cura di Dogliotti M., Milano, 2012,
p.119-120.
95
2.2. Nuove ipotesi di responsabilità civile, riguardanti la salute dei minori
e il diritto ai rapporti con gli ascendenti
Ci sono ipotesi dove però è più problematico accertare se possa sussistere una
responsabilità civile dei genitori conseguente ad un cattivo esercizio della potestà,
come nelle decisioni riguardanti la salute del minore: significativa è l’ipotesi in
cui il minore abbia subito un danno permanente alla propria salute a causa del
rifiuto dei genitori di sottoporlo alle vaccinazioni obbligatorie. Il diritto alla salute
oltre ad essere garantito a livello costituzionale (art. 32 Cost.) ha trovato anche
esplicito riconoscimento nella legislazione internazionale , dove ci sono molte
disposizioni che regolamentano la tutela del diritto alla salute del minore e deve
essere tutelato dai genitori in virtù del dovere di cura che essi hanno nei confronti
dei figli76-77
. A livello interno sono numerosi i provvedimenti che prevedono
l’obbligo di vaccinazioni , ma proprio per il rischio insito nella vaccinazione,
talvolta i genitori rifiutano di sottoporre i figli minori alle vaccinazioni
obbligatorie, invocando lo stato di necessità, in quanto si sostiene che il vaccino
espone il minore (anche laddove le complicanze da vaccino sono trascurabili in
termini percentuali) ad un imminente pericolo di danno grave alla salute78
. La
giurisprudenza minorile si è orientata a considerare la sottrazione del minore agli
obblighi vaccinali come comportamento pregiudizievole per la salute del
medesimo. I genitori e gli esercenti la potestà non possono autonomamente e
ingiustificatamente sottrarsi agli obblighi di vaccinazione del minore.
_______________________
76 Art. 32 Cost.: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e
interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a
un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun
caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.” 77
Es. Dichiarazione di Ginevra sui diritti del bambino del 1924 e la Dichiarazione dei diritti dei
bambini adottata dalle Nazioni Unite nel 1959. 78
La l. 27 maggio 1991, n. 165, la l. 4 febbraio 1966, n. 51, la l. 6 giugno 1939, n. 89, la l. 5 marzo
1963, n. 292, dispongono espressamente l’obbligo di vaccinazione antiepatite B, antipolio, contro
la difterite e antitetanica. La Corte Costituzionale però con sentenza 22 giugno 1990, n. 307 in
Giust. civ. , 1990, p.2496, ha sottolineato la contraddittorietà della legge n. 51/1996, la quale
impone un trattamento sanitario, diretto non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di
chi vi è assoggettato, ma soprattutto a preservare lo stato di salute dei terzi, senza, però, prevedere
una <<protezione ulteriore a favore del soggetto passivo del trattamento>>, nel caso in cui si
verifichi un pregiudizio a causa del trattamento. La Consulta in un’altra sentenza del 2 giugno
1994, n. 218, in Foro It., 1995, p.46, ha osservato che l’art. 32 Cost. postula il necessario
contemperamento del diritto alla salute del singolo con il coesistente e reciproco diritto di ciascun
individuo e con la salute della collettività, nonché, nel caso particolare di vaccinazioni
obbligatorie, “ con l’interesse del bambino”, che “esige tutela nei confronti dei genitori che non
adempiano ai compiti inerenti la cura del minore”.
96
La violazione di tali obblighi da parte degli esercenti la potestà genitoriale o
tutoria, oltre all’applicazione di specifiche sanzioni di legge, giustifica
l’intervento dell’amministrazione sanitaria79
. Questo orientamento è stato fatto
proprio dal Tribunale di Messina, in cui si ribadisce un vero e proprio difetto di
giurisdizione del Tribunale per i minorenni in materia di vaccinazioni
obbligatorie, in quanto mancherebbe il presupposto logico-giuridico per
l’intervento dell’autorità giudiziaria minorile, e cioè un comportamento espressivo
della potestà genitoriale e sindacabile da quest’ultima. Infatti la legge nel sancire
l’obbligatorietà delle vaccinazioni stesse, esclude la potestà di rifiutarle80
. La
giurisprudenza di legittimità, con indirizzo prevalente, ritiene però legittima la
condotta dei genitori, con conseguente irresponsabilità, nell’ipotesi in cui esiste
nel caso specifico un pericolo per la salute del minore stesso, collegato
all’esecuzione della vaccinazione, in dipendenza di una particolare situazione
sanitaria del soggetto81
; mentre è indubbio che sussista una responsabilità se il
rifiuto è stato dettato da trascuratezza e disinteresse della salute del minore.
Tuttavia in questi casi è stato riconosciuto prevalentemente il diritto
all’indennizzo che la legge n. 210/1992, parzialmente modificata con la legge n.
641/1996, riconosce a favore della vittima di danno scaturente dalle vaccinazioni
imposte per legge: esso, a differenza del risarcimento del danno, costituisce una
misura economica di sostegno aggiuntiva a carico della collettività a favore di
coloro che, per aver cooperato al perseguimento di un interesse pubblico, versano
_________________
79 La legge istitutiva del servizio sanitario nazionale (Legge 23 dicembre 1978, n. 833) disciplina
le ipotesi in cui “ possono essere disposti dall’autorità sanitaria accertamenti e trattamenti sanitari
obbligatori, secondo l’art. 32 Cost., nel rispetto della dignità della persona e dei diritti civili e
politici”. 80
Trib. Messina 28 marzo 2000, in Dir. fam. pers., 2000, p. 1176. Così anche Trib. Lecce, 21
dicembre 2001, in Gius., 2003, p. 496, “ La dolosa inottemperanza dei genitori agli obblighi legali
di vaccinazione dei figli non configura condotta pregiudizievole ai sensi dell’art. 333 c.c., come
tale idonea a legittimare l’intervento del tribunale per i minorenni, sussistendo in materia la
competenza esclusiva dell’autorità sanitaria.” 81
Così Cass., 26 giugno 2006, n. 14747, in Giust. civ. mass., 2006, p.6; Cass. , 8 luglio 2005, n.
14384, in Giust. civ. mass., 2005, p.6; Cass., 24 marzo 2004, n. 5877, in Giust. civ. mass., 2004,
p.3. In quest’ultima i genitori proponendo ricorso contro l’ordinanza ingiunzione con la quale era
stata loro applicata la sanzione amministrativa, lamentavano che il giudice aveva errato
nell’escludere ,nel caso di specie, l’esimente dello stato di necessità…il timore per le conseguenze
delle vaccinazioni era generato dal fatto che la figlia della sorella del ricorrente era stata colpita da
encefalopatia a seguito di vaccinazione….La Cassazione però evidenziava che lo stato di necessità
postula che il pericolo sia presente quando il soggetto agisce e sia imminente il danno che ne possa
derivare e in questo caso si trattava di un danno futuro.
97
in gravi difficoltà, per le quali resta comunque la possibilità, in presenza dei
presupposti di legge, il risarcimento del danno biologico82
. È problematico anche
accertare se possa sussistere una responsabilità nel caso in cui i genitori prestino il
consenso ad un intervento rischioso e foriero di inevitabili sofferenze per il
minore, oppure rifiutino un trattamento sanitario indispensabile, come nell’ipotesi
di rifiuto della trasfusione di sangue per motivi religiosi, oppure rifiutino una cura
convenzionale, preferendo un trattamento sperimentale83
. Se è vero che a livello
generale il principio del consenso personale del paziente trova una deroga quando
il trattamento medico deve essere eseguito sui minori di età, da tempo si sta
assistendo ad un generale ripensamento della condizione dei minori e più in
generale degli incapaci, nell’ambito del rapporto medico-paziente, teso a
valorizzarne autonomia e consapevolezza.84-85
Occorre quindi individuare un
punto di equilibrio tra la necessità di riconoscere al minore il diritto di
autodeterminarsi e l’esigenza di salvaguardare la persona e la salute dello stesso
rispetto a scelte che potrebbero essere imponderate: i genitori non sono chiamati
ad effettuare una vera e propria rappresentanza o sostituzione negoziale, ma sono
tenuti, considerando la maturità dello stesso e attribuendo rilievo fondamentale
alla sua volontà, a coinvolgerlo e renderlo partecipe nella decisione riguardante la
propria salute, nei limiti, in ogni caso, della capacità di discernimento
dell’interessato e dell’importanza oggettiva dell’atto che deve essere svolto86
.
________________
82 GUASCHINO M. T., Limitazione alla libertà individuale e tutela della salute nella disciplina
delle vaccinazioni obbligatorie , in Riv. it. med. leg., 1994, p,494. 83
A questo riguardo ad es. Trib. min. Brescia, 22 maggio 1999, in Nuova giur. comm., 2000, p.
204, con nota di GRIFASI, Potestà dei genitori e scelte terapeutiche a tutela della salute dei figli
minori. 84
Art. 37 Codice di Deontologia Medica del 16 dicembre 2006, in base al quale in questi casi il
consenso agli interventi diagnostici e terapeutici deve essere espresso dal legale rappresentante. 85
Fondamentale a riguardo è la Convenzione sui diritti dell’uomo e sulla biomedicina di Oviedo
del 4 aprile 1997 che all’art. 6, co. 2, stabilisce “ Quando, secondo la legge, un minore non ha la
capacità di dare consenso a un intervento, questo non può essere effettuato senza l’autorizzazione
del suo rappresentante, di un’autorità o di una persona o di un organo designato dalla legge. Il
parere di un minore è preso in considerazione come un fattore sempre più determinante, in
funzione della sua età e del suo grado di maturità”. 86
Al riguardo FERRANDO, Stato vegetativo permanente e trattamenti medici: un problema
irrisolto , in Familia, 2004, p. 1181, secondo la quale “ per gli atti di cura della persona, come
sono quelli relativi al trattamento medico, i genitori o il tutore esprimono all’esterno il consenso
non in quanto investiti di una funzione sostitutiva di rappresentanza, bensì esercitando un ruolo di
natura personale che impone loro di tenere conto della personalità del minore o dell’interdetto e
conseguentemente di decidere “con” lui e non “per” lui…… i genitori e il tutore debbono tenere
conto dell’opinione che questi è n grado di esprimere, o che ha espresso prima della perdita della
coscienza.”.
98
Quindi soltanto nell’ipotesi in cui il minore non sia in grado di autodeterminarsi
con sufficiente maturità e consapevolezza rispetto all’atto medico ed i genitori
hanno prestato il loro consenso si deve valutare se l’eventuale pregiudizio alla
salute subito dal minore possa o meno considerarsi ingiusto e si dovrà accertare se
i genitori mediante quella decisione abbiano inteso tutelare il bene della salute del
minore oppure abbiano inteso perseguire altri interessi.
Nell’ipotesi in cui la scelta è stata dettata per seguire le proprie convinzioni
religiose, il danno è ingiusto: nel contrasto tra la salute o la vita del figlio e la
libertà di coscienza e di religione dei genitori, prevale la prima.
Quindi le trasfusioni di sangue, indispensabili per la salvaguardia della vita del
minore, vanno eseguite anche contro la volontà dei genitori testimoni di Geova87
.
Non vi è ,così, alcuna lesione del potere riconosciuto al genitore di educare il
figlio alla propria religione, perché la potestà è attribuita al genitore nell’esclusivo
interesse del figlio, non per consentire la meccanica trasmissione di valori, ma per
garantire allo stesso minore la piena maturazione della sua personalità88-89
.
Negli ultimi decenni il settore della responsabilità civile in ambito familiare ha
visto svilupparsi il sub-settore della responsabilità da procreazione e lo scenario
entro qui iscrivere i danni correlati a questi illeciti è mutato90
.
______________________
87 DOGLIOTTI, Le persone fisiche, in Tratt. Rescigno, Torino, 1999, p.99, il quale sottolinea che
“ i genitori, liberi di professare la propria fede e seguire prescrizioni e divieti, non possono
coinvolgere un soggetto diverso da loro, il figlio minore, che ha una sua dignità di persona ed è
titolare del diritto ad uno sviluppo psico- fisico armonico e completo…..”. Trib. min. Firenze, 23
settembre 1975, in Resp. civ. e prev., 1977, p.408, secondo la quale “ il diritto alla vita deve in ogni
caso essere salvaguardato a prescindere dalla credenza religiosa dei genitori la cui potestà sui figli
minori esclude nel modo più assoluto la facoltà di privarli di un intervento sanitario indispensabile
per la prosecuzione della vita”. 88
FURGIUELE, Diritto del minore al trattamento sanitario, libertà religiosa del genitore,
intervento e tutela statuale, in Giur. it., 1983, p.357. Si può citare il caso “ Oneda”, riguardante il
decesso di una bambina talassemica per la cui morte i genitori, Testimoni di Geova, sono stati
incriminati e condannati per omicidio. Nel caso di specie, i genitori rifiutarono di sottoporre la
figlia minore, affetta da anemia mediterranea, ad una emotrasfusione e, conseguentemente, la
bambina morì. App. Roma, 13 giugno 1986, in Foro It., 1986, p.606. 89 FASANO A.M., MATONE S., I conflitti della responsabilità genitoriale, Milano, 2013, p.84,
99 ss.; SESTA M., La responsabilità nelle relazioni familiari, Torino, 2008, p. 235-245. 90
Trib. Piacenza, 31 luglio 1950, in Riv.dir. comm., 1952, p. 338 con nota di Rescigno, Il danno da
procreazione. Tale sentenza aveva riconosciuto la responsabilità del padre per la trasmissione
all’atto del concepimento dell’infezione leutica. Il tribunale aveva riconosciuto sussistenti
l’antigiuridicità della condotta e il nesso di causalità, ammettendo che la responsabilità in
questione possa operare anche in presenza di uno sfasamento temporale tra compimento del fatto
illecito e il manifestarsi del danno. Con tale sentenza si precisa che una non vita risulta sempre
preferibile ad una vita infelice, disagiata: la vita quindi cessa di essere considerata un bene
supremo, da difendere in via assoluta e incondizionata.
99
Già da qualche tempo la giurisprudenza si è avviata verso il riconoscimento di una
tutela civilistica al già nato per una lesione subita nella vita prenatale, le cui
conseguenze, sotto il profilo dei danni patrimoniali e non patrimoniali, si
manifestano dopo la nascita91
. La dottrina prendendo spunto da questa
giurisprudenza e considerata la rilevanza attribuita ai principi costituzionali
riguardanti la persona, la sua salute e il suo diritto allo sviluppo della personalità
in relazione, in particolare, al risarcimento del danno non patrimoniale, considera
illecito il comportamento di quei genitori che abbiano concepito pur consapevoli
di avere una malattia o un’infezione trasmissibile o che abbiano trasmesso una
malattia ereditaria o genetica senza preventivamente aver effettuato dei controlli.
Al nascituro deve essere riconosciuta una protezione in quanto “centro di
interessi” nei cui confronti l’ordinamento tutela e garantisce “ se non un vero e
proprio diritto alla nascita, che sia fatto il possibile per favorire la nascita e la
salute”92
. Anche la Cassazione ha osservato che non è necessario che il soggetto
esista già al momento in cui l’atto è compiuto: in tali casi si tratta di un danno che
incide immediatamente e direttamente su un soggetto venuto ad esistenza, sia pure
per effetto di un fatto colposo commesso anteriormente alla nascita93
. Il
riconoscimento del diritto del minore ad agire per il risarcimento ha conosciuto
una considerevole evoluzione giurisprudenziale94
: da alcune pronunce che hanno
______________________
91 Es. Cass. 22 novembre 1993, n. 11503, in Giurispr. it.,1994, p.550;in dottrina vedi ZENOVICH
Z., La responsabilità per procreazione, in Giurispr. it., 1986, p. 113; DOGLIOTTI, Diritto a non
nascere e responsabilità civile, in Dir. fam. e pers., 1995, p.662. BRUNETTA D’USSEAUX F.,
Esistere per il diritto (La tutela del non nato), Milano, 2001. 92
FERRANDO, Libertà, responsabilità, procreazione, Padova, 1999, p. 229. BUSNELLI, Prima
della nascita : quid iuris?, Bioetica e diritto privato (Frammenti di un dizionario), Torino, 2001, p.
85 ss. CASINI, Il diritto alla vita del concepito nella giurisprudenza europea, Padova, 2001. In
tali contributi è prevalsa una considerazione del concepito che, in sintonia con i valori
costituzionalmente riconosciuti, valorizza in esso la status di soggetto giuridico che ha comunque
diritto alla tutela della vita, della salute, della identità, della dignità, anche se esso solo con la
nascita sia destinato a divenire “persona fisica” e ad acquistare la capacità giuridica, in ordine alla
titolarità di tali diritti. 93
Cass. 22 novembre 1993, n. 11503, in Nuova giur. civ. comm., 1994, p.690. 94
Ai sensi della legge 22 maggio 1978, n.194 il nascituro, sebbene non goda di un diritto assoluto
ed inviolabile di nascere, matura, in assenza delle condizioni necessarie per interrompere la
gravidanza, un’aspettativa di diritto alla nascita e, in conseguenza, a nascere come individuo sano.
Vedi Trib. Verona, 15 ottobre 1990, in Foro It., 1991, p.126. In dottrina NICOLÒ, Aspettativa (dir.
civ.), in Enc. Giur., Roma, 1988; SCOGNAMIGLIO R., Aspettativa di diritto, in Enc. Dir.,
Milano, 1958, p.226. La tesi ,pur apprezzabile in quanto ampliativa delle ipotesi del risarcimento
del danno al nascituro, risulta criticabile: l’aspettativa rappresenta un’autonoma situazione
giuridica soggettiva e occorre l’esistenza di un soggetto di diritto giuridicamente capace, in modo
da potergli attribuire le facoltà necessarie per realizzare il suo interesse.
100
riconosciuto in capo al concepito una situazione di aspettativa legittima fino ad
arrivare a fondare la tutela extracontrattuale del nascituro sulla clausola generale
di ingiustizia del danno, ex art. 2043 c.c. A seguito della nota sentenza n.
500/1999, nel nostro ordinamento è ammesso il risarcimento di qualsiasi lesione
di un interesse giuridicamente tutelato, purché sussista un nesso causale tra la
condotta dell’autore e il danno subito dal soggetto che, con la nascita, abbia
acquistato personalità giuridica95-96
. Tuttavia risarcire un danno derivante dalla
nascita di un soggetto malformato, quando l’alternativa è la “non vita”, comporta
sotto un profilo morale ed etico l’adesione dell’ordinamento ad un principio di
degradazione della vita umana: si affermerebbe che è preferibile una non vita ad
una vita malformata e che la vita disagiata non ha dignità di “vita”
nell’ordinamento giuridico.
Se si tiene conto di ciò, deve dirsi che attualmente i genitori non possono ritenersi
responsabili del danno da procreazione patito dal figlio, tranne nelle ipotesi in cui
la madre si comporta successivamente al concepimento in modo sconsiderato. Il
valore della vita e della tutela prenatale soccombe, infatti, ai sensi della legge
sull’interruzione della gravidanza, solo a fronte della salute della madre e della
libertà di autodeterminazione. Fuori da tale ipotesi, la madre deve tutelare la
salute del nascituro evitando condotte sconsiderate, idonee a costituire un pericolo
per il feto. Rientrano tra le condotte spregiudicate e dunque illecite, le ipotesi di
gestione chiaramente scorretta della gravidanza, come l’alcolismo e la
tossicodipendenza della madre. Può farsi rientrare nella tutela di cui all’art. 2043
c.c. pure il caso in cui i genitori non effettuino esami diagnostici idonei a renderli
edotti della malattia, quando la conoscenza avrebbe consentito di intervenire sul
feto. Può determinare il risarcimento del danno, altresì, la condotta di uno dei
genitori che, tacendo dolosamente all’altro l’esistenza di una patologia infettiva, si
determini a tenere rapporti sessuali contagiando la madre e il nascituro97.
_____________________________
95 Cass., S.U.,22 luglio 1999, n. 500, in Danno e resp., 1999, p.965.
96 In tal senso FACCI, I nuovi danni nella famiglia che cambia, Milano, 2004, p.194.
97 In tal senso RESCIGNO, Il danno da procreazione, in Resp. civ. e prev., 1998, p.622; FACCI, Il
danno da vita indesiderata, in Ragiusan, 2005, p.350. LISERRE, In tema di danno prenatale, in
Riv. dir. civ., 2002, p. 102. Quest’ultimo afferma che la facoltà di generare deve conformarsi ad un
‘principio di responsabilità inteso come consapevolezza dell’impegno di mettere al mondo un
figlio senza il rischio di una prevedibile lesione originaria della sua integrità psico-fisica, in modo
da garantire al figlio le possibilità di crescita e affermazione personale’.
101
In queste ipotesi si risarcisce la condizione peggiorativa risentita dal minore a
causa della condotta spregiudicata e il danno è ingiusto in quanto il
comportamento corretto dei genitori avrebbe garantito il diritto del bambino a
nascere sano. Il punto di equilibrio tra l’interesse del minore a non dover
convivere con una malattia e l’interesse dei genitori a procreare può essere
individuato allorché questo sia esercitato in modo prudente e consapevole,
dovendosi invece sanzionare le condotte irresponsabili98
.
La già ricordata legge n. 54 del 2006 aveva introdotto a favore dei figli minorenni
il diritto a conservare rapporti significativi con gli ascendenti99
. Anche a seguito
dell’introduzione del nuovo art. 155 c.c., alcune pronunce continuano ad
affermare la sussistenza di un diritto soggettivo solo in capo ai figli minori100
. In
dottrina vi è chi ha suggerito di individuare anche in capo all’avo un vero diritto
di intraprendere o mantenere una relazione affettiva stabile con i nipoti101
. A
conferma di ciò è stata richiamata una rilevante decisione della Suprema Corte,
nella quale si rinviene la menzione di un “diritto di visita” dei nonni che deve
essere negato ‘unicamente quando il rapporto dei nonni con il nipote appare
pregiudizievole per il medesimo’102
. In realtà la decisione richiamata si incardina
sull’interesse dei nipoti minori e rimarca la rilevanza, anche giuridica,
richiamando anche le varie disposizioni di legge ordinaria in cui viene dato
espresso rilievo alla figura degli avi, ma che in realtà non sono sufficienti ad
_______________
98 LONGO F., Famiglia e responsabilità: i nuovi danni, s cura di Dogliotti M., Milano, 2012, p.
122 ss.; LONGO F., Rapporti familiari e responsabilità civile, Torino, 2004, p. 125 ss.; SESTA
M., La responsabilità nelle relazioni familiari, Torino, 2008, p. 532-539; 569 ss. 99
Ciò era previsto all’art. 155 c.c. che oggi con le modifiche apportate dal d.lgs. n. 154 del 2013
prevede : “ In caso di separazione, riguardo ai figli, si applicano le disposizioni contenute nel capo
II del titolo IX”. Il riferimento è ai nuovi artt. da 337-bis a 317-octies del codice civile. In
particolare il co.1 dell’art. 337-bis dispone che: “Il figlio minore ha il diritto di mantenere un
rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione,
istruzione e assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti
e con i parenti di ciascun ramo genitoriale.” 100
Trib. Reggio Emilia, 17 maggio 2007, in Fam. pers. succ., 2008, p.227. Ma es. App. Perugia, 27
settembre 2007, in Giur. mer., 2008, p.1913. ha riconosciuto ai nonni una legittimazione ad
intervenire ex ar. 105 c.p.c. secondo comma, nel giudizio di separazione dei coniugi, a tutela del
diritto della prole minorenne alla conservazione dei rapporti con le famiglie di origine di entrambi
i genitori. 101 PUTTI, Il diritto di visita degli avi: un sistema di relazioni affettive che cambia, in Riv. trim.
dir. proc. civ., 2002, p. 897 ss. 102 Cass. 25 settembre 1998, n. 9696, Fam. e dir., 1999, p.17.
102
elevare a diritto soggettivo pieno dell’avo, dell’interesse del nipote a frequentare
l’avo, e non il contrario. Oggi la legge 219 del 2012 ha sancito la protezione e la
rilevanza dell’interesse dell’avo, con la previsione del “diritto di mantenere
rapporti significativi con i nipoti minori”. Si dovrebbe allora affermare che il
danno patito dall’avo, al quale il genitore o chiunque eserciti la potestà sul
minore, impedisse di avere ‘rapporti significativi’ con il minore medesimo,
potrebbe essere qualificato come ingiusto, in quanto conseguente ad una
violazione di un diritto soggettivo del danneggiato.
La violazione del diritto di visita dei nonni, se regolato da un provvedimento di
separazione, nel relativo giudizio può comportare l’introduzione da parte di
ciascun genitore del procedimento previsto dall’art. 709-ter c.p.c. Potrebbe essere
oggetto anche di un giudizio ordinario, azionato da parte dei nonni al fine di
ottenere una pronuncia di condanna al risarcimento del danno non patrimoniale a
carico dei genitori. Così si potrebbe ipotizzare un’azione da parte del figlio,
divenuto maggiorenne, in caso di deprivazione del rapporto con i nonni, per
comportamenti di ostruzionismo, gravi e ingiustificati da parte dei genitori103.
___________________
103 LONGO F., Famiglia e responsabilità: i nuovi danni, s cura di Dogliotti M., Milano, 2012, p.
145 ss.; BASINI G.F., Violazione del così detto ‘diritto di visita dei nonni’ e risarcimento del
danno, dopo l’entrata in vigore della L. N.219/2012, in Resp. civ. e prev., 2013, p.7 ss., il quale
però che anche dopo la legge 219 il “diritto di visita” in capo agli avi on sia sorto e non sono
cambiati nemmeno i termini della questione sulla eventuale ingiustizia del danno derivante all’avo
dalla privazione dei rapporti significativi con i nipoti minorenni.
103
3. La responsabilità civile per i danni arrecati dai minori. Due sentenze della
Cassazione in merito a danni cagionati in ambito scolastico e sportivo.
La titolarità della responsabilità genitoriale e la possibilità di incidere
sull’educazione dei figli, di indirizzarne il contenuto e controllarne le modalità,
impone anche una responsabilità civile per le conseguenze negative dei loro
comportamenti che ricadono su terze persone. Le norme del codice civile che
regolano tale eventualità sono gli artt. 2047 e 2048 c.c.
Le due norme si differenziano non soltanto perché la prima è applicabile quando il
soggetto autore del ‘danno’ è incapace di intendere e di volere, ma anche per la
responsabilità che ne deriva104
. In particolare la disciplina dell’art. 2047 si applica
ove si riscontri la simultanea presenza dei presupposti rappresentati
dall’incapacità del danneggiante, dal fatto dannoso da questi cagionato, nonché
dall’obbligo di sorveglianza ravvisabile in capo a determinati soggetti. Nel diritto
civile la definizione di imputabilità passa attraverso quella di capacità naturale e,
mentre il codice penale prevede una serie di cause tassative in cui il soggetto deve
stabilire, caso per caso, se l’agente sia o meno capace105
. L’elaborazione
giurisprudenziale pone in luce come il giudice per valutare la capacità di un
soggetto minorenne, debba avere riguardo non solo all’età, ma anche agli studi
frequentati, allo sviluppo fisico e intellettivo, nonché all’assenza di eventuali
malattie ritardanti ed alla forza del carattere106
.
___________________
104 Art. 2047.Danno cagionato dall'incapace.: “In caso di danno cagionato da persona incapace di
intendere o di volere, il risarcimento è dovuto da chi è tenuto alla sorveglianza dell'incapace salvo
che provi di non aver potuto impedire il fatto.
Nel caso in cui il danneggiato non abbia potuto ottenere il risarcimento da chi è tenuto alla
sorveglianza, il giudice in considerazione delle condizioni economiche delle parti, può condannare
l'autore del danno a un'equa indennità.” Tale disposizione è conseguenza dell’art. precedente che
stabilisce--Art. 2046.Imputabilità del fatto dannoso: “Non risponde delle conseguenze del fatto
dannoso chi non aveva la capacità d'intendere o di volere al momento in cui lo ha commesso, a
meno che lo stato d'incapacità derivi da sua colpa.”; FASANO A.M., MATONE S., I conflitti della
responsabilità genitoriale, Milano, 2013, p.358. 105
Es. l’art. 97 c.p. sancisce la non imputabilità del soggetto che non abbia raggiunto i quattordici
anni, mentre in ambito civile l’età non costituisce elemento necessario e sufficiente ad escludere
che l’evento di danno possa essere addebitato al minore. BIANCA, Diritto civile, V, La
responsabilità, Milano, 1994, p. 659; GIARDINA, La condizione giuridica del minore, Napoli,
1984, p. 141, ove si afferma che : “ la minore età in sé non esclude dunque la imputabilità del fatto
al minore ed il suo obbligo di risarcire il danno prodotto. Tali conseguenze sono invece escluse
quando il minore sia anche naturalmente incapace”. 106
Cass., 30 gennaio 1985, n. 565, in Giust. civ. mass., 1985, p.204; Cass., 26 giugno 2001, n.
8740, in Danno e resp., 2002, p.283.
104
Riguardo al fatto dannoso è opinione comune che l’atto lesivo dell’incapace
debba rivestire tutti gli estremi dell’illecito aquiliano richiesti dall’art. 2043 c.c.,
compreso l’elemento soggettivo rappresentato dal dolo o dalla colpa, in quanto la
posizione della vittima va garantita nella stessa misura in cui lo sarebbe se il
danno venisse compiuto da un individuo capace e l’incapacità dell’agente vale
solo a consentire la ‘traslazione dell’obbligo in capo ad un vicario’107
. Inoltre
secondo un consolidato indirizzo interpretativo, il fatto dannoso arrecato
dall’incapace a se stesso non ricade nell’ambito di operatività dell’art. 2047 c.c.,
perché tale norma è volta unicamente a garantire ai terzi danneggiati il ristoro del
nocumento cagionato da soggetti nei confronti dei quali non è possibile agire108
.
Infine riguardo ai soggetti tenuti alla sorveglianza dell’incapace che non abbia
raggiunto la maggiore età, si tratta di chi in base alla legge, sia tenuto ad
adoperarsi affinché il comportamento del minore non costituisca fonte di danno,
primi fra tutti i genitori e i tutori109
.
Quanto ai primi si ritiene che l’obbligo di vigilanza segua le norme dettate in
materia di potestà: essendo la potestà di regola esercitata di comune accordo, i
genitori sono solidalmente responsabili del fatto dannoso cagionato dal minore
incapace, ma in caso di lontananza, incapacità o impedimento di uno , sarà l’altro
a rispondere; in caso di scioglimento, cessazione degli effetti civili o nullità del
matrimonio e crisi della convivenza, il dovere di vigilanza e l’obbligo risarcitorio
gravano sul genitore presso il quale si trovava il minore110
. Il dovere di vigilanza
sul minore può anche essere temporaneamente demandato a persone o istituzioni
che svolgono attività di istruzione, cura e simili e discendere da una scelta libera
______________________
107 MONATERI, La responsabilità civile, in Tratt. Sacco, Torino, 1998, p.931; BIANCA, Diritto
civile, V, La responsabilità, Milano, 1994, p. 702. L’art. 2043 c.c. stabilisce-- Risarcimento per
fatto illecito: “Qualunque fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga
colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno.”. 108
Cass., 28 luglio 1967, n. 2012, in Resp. civ. e prev., 1968, p.467; Cass., 18 luglio 2003, n.
11245, in Nuova giur. comm., 2004, p. 491; in dottrina MOROZZO DELLA ROCCA, La
responsabilità civile del sorvegliante dell’incapace naturale, in La responsabilità civile.
Responsabilità extracontrattuale, XI, ne ‘Il diritto privato nella giurisprudenza’, a cura di
CENDON, Torino, 1998, p.4; MONATERI, La responsabilità civile, in Tratt. Sacco, Torino, 1998,
p.932. 109
COMPORTI, Fatti illeciti : le responsabilità presunte (artt. 2044-2048), in Comm. Schlesinger,
Milano, 2002, p.180. 110
T. Milano, 12 gennaio 1959, in Rep. Giust. civ., 1959, voce Responsabilità civile, n. 247, dove si
è esclusa la responsabilità del padre per l’illecito compiuto dall’incapace che era sottratto alla sua
vigilanza, in quanto trasferitosi con la madre in altro luogo.
105
di chi, accogliendolo nella sua sfera personale e familiare, assume
spontaneamente il compito di prevenire che possa arrecare nocumento ad altri111
.
Per quanto riguarda la natura della responsabilità del sorvegliante di incapaci,
poiché l’art. 2047 ammette la prova liberatoria, ovvero prevede la possibilità per il
sorvegliante di fornire la dimostrazione di non aver potuto impedire il fatto, è
opinione diffusa che rappresenti un’ipotesi di ‘responsabilità impropriamente
indiretta’: l’evento lesivo, anche se causato dall’incapace, risulta eziologicamente
riconducibile al fatto proprio dei sorveglianti, che non osservando l’obbligo di
custodia, hanno indirettamente contribuito alla realizzazione del danno.112
Riguardo al criterio di imputazione previsto dall’art. 2047 gli interpreti sono divisi
in due filoni. La dottrina maggioritaria ritiene che la norma sancisce a carico del
sorvegliante una responsabilità fondata sulla culpa in vigilando, che sussiste
laddove questi non abbia adottato tutte le misure suggerite dall’ordinaria diligenza
e idonee a scongiurare l’evento dannoso; da ciò si fa conseguire che la
presunzione di responsabilità gravante sul sorvegliante può essere vinta soltanto
fornendo la prova di non aver potuto impedire il fatto malgrado il diligente
esercizio della sorveglianza impiegata113
. Un altro indirizzo, invece, ritiene che la
responsabilità di cui all’art. 2047 c.c. poggi sulla particolare posizione assunta dal
________________________ 111
Tra i soggetti che sono contrattualmente impegnati a sorvegliare sull’operato del minore
meritano specifica menzione le istituzioni scolastiche e le baby sitter. FRANZONI, Dei fatti illeciti
(artt. 2043-2059), in Comm. Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1993, p.315. Cass., 12 maggio
1981, n.3142, in Giust. civ. mass., 1981, p.1095—ha ritenuto che il convivente della madre del
bambino possa rispondere del fatto illecito da questi cagionato. Cass., 24 maggio 1997, in Giust.
civ. mass., 1997, p.834-ha intravisto un obbligo di vigilanza in capo al nonno per il tempo in cui
aveva concesso ospitalità al nipote minore incapace. 112
CORSARO, Responsabilità per fatto altrui, in Digesto civ., XVII, Torino, 1998, p.388; in senso
analogo DE CUPIS, Il danno, Teoria generale della responsabilità civile, Milano, 1979, p. 125 e
BIANCA, Diritto civile, V, La responsabilità, Milano, 1994, p.703-- il fatto del sorvegliante si
pone quale “causa mediata” del danno. 113
SALVI, Responsabilità extracontrattuale, in Enc. Dir., Milano, 1988, p.1239; COMPORTI,
Fatti illeciti : le responsabilità presunte (artt. 2044-2048), in Comm. Schlesinger, Milano, 2002, p.
165; MOROZZO DELLA ROCCA, La responsabilità civile del sorvegliante dell’incapace
naturale, in La responsabilità civile. Responsabilità extracontrattuale, XI, ne ‘Il diritto privato
nella giurisprudenza’, a cura di CENDON, Torino, 1998, p.6. Cass., 16 giugno 2005, n. 12965, in
Giust. civ., 2006, p.72; Cass., 14 settembre 1967, in Rep. Foro It., 1977, voce Responsabilità
civile, nn. 70-71, ove si statuisce che la prova liberatoria non possa dirsi raggiunta con la sola
dimostrazione che il minore, al momento del fatto, si accompagnava a persona capace. Si è esclusa
la responsabilità del vicario per l’evento dannoso posto in essere dall’incapace in maniera
assolutamente repentina, tale da non rendere materialmente possibile alcun intervento e dove
l’omessa sorveglianza era determinata legittimo impedimento. Cass., 10 luglio 1958, n. 2485, in
Resp. civ. e prev., 1959, p.105; Cass., 10 aprile 1970, n. 1008, in Giust. civ., 1970, p.1379.
106
sorvegliante e ciò trova conferma nell’elaborazione giurisprudenziale che non
pone in capo alla vittima l’onere di dimostrare la colpa del vicario, ma ritiene
sufficiente la dimostrazione dell’obbligo di vigilanza su questi incombente e quasi
attribuendo agli stessi un ruolo di veri e propri garanti: gli interpreti ravvisano
l’oggetto della prova liberatoria a carico del sorvegliante nell’indicazione del fatto
specifico che ha impedito di esercitare tale attività di vigilanza114
. In ogni caso
anche per i sorveglianti valgono i criteri elaborati dalle Corti per definire l’obbligo
su di essi gravante: il contenuto del dovere di vigilanza va determinato con
riguardo non solo all’età del minore e al suo sviluppo intellettivo e fisico, ma
anche con riguardo alle circostanze di tempo, luogo, ambiente, pericolo, che,
considerando la natura e il grado di incapacità del soggetto sorvegliato, possano
consentire di o facilitare il compimento di atti lesivi da parte del medesimo;
inoltre si ritiene che la sorveglianza dell’incapace debba essere costante e
ininterrotta, e non saltuaria e a distanza come quella esercitata dai genitori115
.
In merito a tale aspetto della responsabilità meritano di essere segnalate due
sentenze della Cassazione. La prima riguarda un caso di responsabilità di culpa in
vigilando consumatosi in ambito scolastico116
: il caso riguardava una alunna che,
dopo essere stata accompagnata in bagno dalla maestra ed essere stata lasciata
sola, aveva subito gravi lesioni ad un occhio a causa della rottura accidentale della
cordicella dello scarico; tale sentenza conferma quanto già stabilito in primo
grado e in appello, con dichiarazione di responsabilità dell’insegnante e condanna
al risarcimento del danno a carico del Ministero della pubblica istruzione117
.
___________________________
114 BUSNELLI, Illecito civile, in Enc. Giur., XV, Roma, 1991,p.20; TRIMARCHI, Rischio e
responsabilità oggettiva, Milano, 1961, p.44; FRANZONI, Dei fatti illeciti (artt. 2043-2059), in
Comm. Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1993, p. 341; GALGANO, Diritto civile e commerciale,
Padova, 2004, p.429. In giurisprudenza Cass. 10 marzo 1980, n.1601, in Foro It., 1980, p.2526--
colui che si è obbligato a sorvegliare è liberato dalla responsabilità soltanto se prova, a norma
dell’art. 1218 c.c., che l’adempimento della sua prestazione è stato impossibile per causa a lui non
imputabile. 115
Cass., 24 maggio 1997, n. 4633, in Giust. civ. mass., 1997, p.834; Cass. 12 dicembre 2003, n.
19060, in Giur. it., 2004, p. 2310. In merito v. ALPA, Trattato di diritto civile. IV. La
responsabilità civile., Milano, 1999, p.666, il quale evidenzia una ‘certa relatività’ nella
valutazione giudiziale relativa all’ampiezza dell’obbligo di vigilanza. SESTA M., La
responsabilità nelle relazioni familiari, Torino, 2008, p.597-613. 116
Cass. civ. 26 aprile 2010, n. 9906, in Resp. civ. e prev., 2010, p.2290. 117
L’art. 61, comma 2, della legge 11 luglio 1980, n.312 , prevede la sostituzione ex lege del
Ministero nelle responsabilità civili derivanti da azioni giudiziarie di terzi verso gli insegnanti
statali per danni da culpa in vigilando.
107
In realtà in questa ipotesi ciò che viene in rilievo è l’art. 2048, ed è pacifico che
tale norma non opera per i danni che il minore procura a se stesso118
. In tale
ultimo caso il tipo di responsabilità che ne deriva è fondato su una responsabilità
contrattuale sia dell’istituto scolastico che del precettore, in quanto
l’iscrizione/ammissione scolastica dell’alunno determinerebbe un vincolo da c.d.
‘contatto sociale’119
: l’istituto sarebbe onerato per vincolo negoziale dell’obbligo
di vigilare sulla sicurezza e incolumità dell’allievo; il precettore, nell’ambito del
più ampio obbligo di istruire ed educare, è gravato anche di uno specifico obbligo
di protezione e vigilanza finalizzato ad evitare anche un potenziale
comportamento autolesionista dell’allievo. Dal suo inquadramento nell’area del
contratto, ne consegue la connessa responsabilità da inadempimento ex art. 1218
c.c.: in questo caso il danneggiato deve provare l’inadempimento e che il danno si
è verificato nel corso dello svolgimento del rapporto, mentre sull’altra parte
incombe l’onere di dimostrare che l’evento dannoso è stato determinato da causa
non imputabile né alla scuola, né all’insegnante. Nell’ipotesi di autolesione se il
danneggiato, ovvero i suoi genitori non riescono ad azionare utilmente tale azione
contrattuale che comporterebbe una responsabilità astrattamente esclusiva del
precettore, torna ad operare l’art. 2048 co.2 del c.c.: in tale caso il danneggiato
dovrà provare solo il fatto lesivo e che esso è avvenuto durante il periodo di
affidamento dell’alunno alla scuola, mentre sulla controparte grava l’onere della
prova liberatoria, consistente nella dimostrazione della “impossibilità di impedire
il fatto”120
.
__________________
118 “ I precettori e coloro che insegnano un mestiere o un'arte sono responsabili del danno
cagionato dal fatto illecito dei loro allievi e apprendisti nel tempo in cui sono sotto la loro
vigilanza.” 119
Tale categoria giuridica ha trovato ingresso nel nostro ordinamento a seguito della pronuncia
delle Sezioni Unite, 27 giugno 2002, n. 9346. 120
Recentemente la Corte di Cassazione si è occupata di un caso molto indicativo sulle
responsabilità che gravano sugli insegnanti nel corso del loro operato. Cass. civ. 22 aprile 2009, n.
9542 in www.personaedanno.it ---evidenzia come il docente per liberarsi dalla responsabilità
fondata sull’art. 2048 c.c. deve dimostrare di avere attuato non solo un intervento correttivo e
repressivo “… dopo l’inizio della serie causale sfociante nella produzione del danno, ma anche di
aver adottato in via preventiva tutte le misure disciplinari e organizzative idonee ad evitare il
sorgere di una situazione di pericolo favorevole al determinarsi di detta serie causale”. Quindi
viene dato risalto anche ad un momento preventivo di intervento che ha la stessa importanza di
quello successivo e che può essere esercitato in qualsiasi momento della attività didattica, e si
fonda sulla adozione di misure disciplinari.
108
In questo caso però la responsabilità dei precettori non è esclusiva, ma concorre
con quella dei genitori: essi pur essendo sollevati da culpa in vigilando, non sono
esenti da culpa in educando se non dimostrano di aver impartito al minore stesso
una educazione adeguata a prevenire comportamenti illeciti. In caso di danni da
autolesione si registra un comportamento di irresponsabilità collettiva da parte dei
genitori che continuano ad agire sempre e comunque contro l’istituzione
scolastica senza mai chiedersi se essi siano la fonte dei problemi causati dai figli.
Uno strumento che invece potrebbe essere utile e necessario per una esatta
ripartizione ovvero individuazione delle responsabilità in caso di atti illeciti
risarcibili è il potere disciplinare di cui dispone l’istituzione scolastica, che
punendo particolari comportamenti che siano indice di astratta culpa in educando
allerterebbe i genitori sulla carenza della loro opera educativa nella costruzione
della personalità dei figli. La procedura disciplinare a carico degli studenti è tutta
finalizzata ad introdurre elementi di dialogo tra l’istituzione scolastica ed i
genitori e l’attuale “Patto di corresponsabilità” tra scuola e genitori, può essere
visto come adesione bilaterale ad un progetto educativo di ampio respiro, nel
quale ciascuna parte deve riappropriarsi del suo ruolo nella consapevolezza della
sua importanza121
. L’altra sentenza riguarda un evento lesivo occorso tra minori
durante un torneo amatoriale tra associazioni sportive122
. La pronuncia offre
alcuni spunti di riflessione. La giurisprudenza ritiene che la valutazione del
comportamento tenuto dall’istruttore non debba effettuarsi in base ai parametri
previsti secondo uno standard astratto di ‘buon insegnante’, ma debba operarsi sul
singolo caso, dovendo tenere conto di circostanze quali l’età, la formazione, il
grado di maturità dell’allievo e le condizioni ambientali nelle quali si è svolto
l’insegnamento della disciplina; la probabilità di affermare la responsabilità
dell’istruttore sarà maggiore in caso di allievo minorenne ed inesperto nella
disciplina sportiva, richiedendosi in tali situazioni una vigilanza massima per
_____________________________
121 MENGA C., Il labile confine tra culpa in vigilando e culpa in educando, in Resp. civ. prev.,
2010, p.2290 ss. 122
Cass. civ. 30 marzo 2011, n. 7247 in www.personaedanno.it . I giudici di legittimità, mentre in
primo grado i genitori del minore, che a causa uno scontro di gioco aveva riportato un trauma
facciale avevano ottenuto la condanna dell’associazione sportiva al risarcimento dei danni ai sensi
dell’art. 2047 c.c., escludono l’applicabilità della responsabilità del sorvegliante normata dal’art.
2047 c.c.
109
continuità ed attenzione123
. Il supremo Collegio ha ritenuto che la circostanza
della minore età e del carattere dilettantistico della gara non erano sufficienti a
fondare la responsabilità dell’ente, in quanto il danno era stato arrecato iure,
essendoci in questo caso un grado di violenza compatibile con lo sport praticato e
si era riconosciuta la scriminante sportiva, per cui la partecipazione ad un’attività
sportiva connotata da competitività e da un certo grado di contrasto tra i
partecipanti, comporta un rischio per l’incolumità fisica dei partecipanti insito
nello stesso espletamento dell’attività124
. Inoltre pur se il nostro ordinamento non
riconosce la figura del grand mineur, ne offre la possibilità di una considerazione
autonoma del quasi maggiorenne, né del minore economicamente autosufficiente,
sussiste anche da noi la necessità di una responsabilizzazione dei minori per
renderli autonomi, in virtù del riconoscimento anche ai soggetti incapaci d’agire
di una propria dignità, libertà, in vista della piena maturazione personale. Tali
considerazioni vengono in rilievo soprattutto per tutta una serie di attività lecite
che sono consentite ai minori d’età in quanto destinate allo svolgimento della loro
personalità: le attività di gioco, di svago e di quelle sportive che solitamente i
minori svolgono da soli o in quanto affidati a precettori, istruttori, palestre. Sia nel
primo che nel secondo caso, quando non si può ammettere la responsabilità del
sorvegliante, spetterà al giudice di merito accertare il grado di maturazione
personale del minore e il livello di educazione impartitagli dai genitori, per
stabilire se sussiste una loro responsabilità.
Quindi al giudice spetta effettuare il difficile bilanciamento tra esigenze
contrapposte: il superiore interesse alla promozione delle attività sportive,
____________________
123 In tal senso Cass. 14 ottobre 2003, n. 15321, in Giur. it., 2004, p. 1848—secondo la pronuncia,
ai fini della configurabilità della responsabilità dei maestri per infortunio sportivo avvenuto
durante l’ora di educazione fisica a scuola, è necessario accertare che la condotta lesiva sia stata in
concreto connotata da un grado di violenza e ed irruenza incompatibili con il contesto ambientale e
con l’età e la struttura fisica dei partecipanti al gioco. 124
La giurisprudenza infatti anche in altre sentenze, es. Cass. 19 gennaio 2007, n. 1197, in Corr.
giur., 2007, p.489, riconoscendo che il gioco del calcio è attività normalmente praticata nelle
scuole di tutti i livelli come attività di agonismo non programmatico finalizzato a dare esecuzione
a un determinato esercizio fisico, la Corte ha escluso che vi fosse una qualsiasi colpa
dell’insegnante durante il gioco, data l’impossibilità di evitare l’evento date le condizioni in cui si
era verificato l’incidente. I giudici hanno accertato che l’incidente si era verificato per un fatto
accidentale ascrivibile al minore che per un errore nel controllo del pallone, senza che vi fosse
scontro con altro giocatore, era inciampato sul pallone e cadendo a terra aveva appoggiato la mano
sinistra procurandosi la frattura dell’avambraccio.
110
ovvero tutte quelle attività che sono forma di manifestazione della personalità
umana, e l’interesse a prevenire quanto più possibile fatti dannosi a adolescenti e
bambini in tenera età125
.
______________________
125 CIMMINO M., Autodeterminazione del minore e responsabilità civile, in Famiglia e dir., 2012,
p.144 ss.
111
4. La responsabilità per illecito dei minori
4.1. La disciplina di cui all’art. 2048 c.c.
Ove il minore sia capace di intendere e di volere e cagioni danno a terzi, trova
invece applicazione il disposto dell’art. 2048 c.c.126
Sotto il profilo soggettivo tale
forma di responsabilità riguarda solamente i danni causati dai figli minori non
emancipati o dalle persone soggette a tutela, che siano con esse conviventi,
nonché quelli compiuti dagli allievi nel periodo dell’apprendimento. Il requisito
della convivenza è connotato da un certo grado di genericità e non si risolve
unicamente nella materiale coabitazione, ma va inteso alla stregua di una generale
consuetudine di vita.127
Si esclude che la coabitazione implichi una continua ed
ininterrotta convivenza materiale sotto lo stesso tetto e il protratto allontanamento
del genitore lo esonera da responsabilità solo in presenza di una giusta causa,
ovvero se il padre o la madre erano legittimamente impossibilitati ad assolvere ai
loro doveri128
. Si tende ad escludere la responsabilità dei genitori anche quando il
figlio, sottraendosi ad ogni possibilità di controllo e vigilanza, abbia stabilmente
lasciato la casa familiare per fatto ad essi non imputabile, ma i genitori sono tenuti
a dimostrare di aver esercitato i poteri loro riconosciuti dall’art. 318 c.c.129.
_________________
126Art. 2048.Responsabilità dei genitori, dei tutori, dei precettori e dei maestri d'arte: “Il padre e
la madre, o il tutore, sono responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei figli minori non
emancipati o delle persone soggette alla tutela, che abitano con essi. La stessa disposizione si
applica all'affiliante. I precettori e coloro che insegnano un mestiere o un'arte sono responsabili del
danno cagionato dal fatto illecito dei loro allievi e apprendisti nel tempo in cui sono sotto la loro
vigilanza. Le persone indicate dai commi precedenti sono liberate dalla responsabilità soltanto se
provano di non avere potuto impedire il fatto.” 127
In dottrina ROVELLI, La responsabilità civile da fatto illecito, Milano, 1964, p.642;
FRANZONI, Dei fatti illeciti (artt. 2043-2059), in Comm. Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1993,
p. 363; altra parte della dottrina predilige una connotazione normativa della coabitazione,
valorizzandone il collegamento con i doveri genitoriali e sostenendo pertanto che essa fa ricadere
la responsabilità sul ‘soggetto tenuto ad adempiere l’obbligo di mantenere, istruire ed educare i
figli, di cui all’art. 147 c.c., purché abbia l’affidamento del minore ai sensi di legge’. SALVI,
Responsabilità extracontrattuale, in Enc. Dir., Milano, 1988, p.135; MOROZZO DELLA
ROCCA, Responsabilità civile e minore età, Napoli, 1994, p.144 ss. 128
ROVELLI, La responsabilità civile da fatto illecito, Milano, 1964, p.240; DE CRISTOFARO,
La responsabilità dei genitori per il danno cagionato a terzi dal minore, in Tratt. dir. fam., diretto
da Zatti, Milano, 2002, p.1229. 129
Cass. 11 luglio 1978, n. 3491, in Arch. civ., 1979, p.30; e sottolinea la necessità di dimostrare di
aver esercitato quanto l’art. 318 c.c. impone ai genitori ( “Il figlio non può abbandonare la casa dei
genitori o del genitore che esercita su di lui la potestà né la dimora da essi assegnatagli. Qualora se
ne allontani senza permesso, i genitori possono richiamarlo ricorrendo, se necessario, al giudice
tutelare.” ), Cass. 28 giugno 1951, n. 1728, in Resp. civ. e prev., 1952, p. 26.
112
In caso di separazione, laddove il giudice disponga l’affidamento condiviso ai
sensi dell’art. 155, anche se impone al genitore e il collocamento stabile presso
uno soltanto, non esonera l’altro dalla responsabilità prevista all’art. 2048 c.c.130
.
Nel caso in cui invece il giudice dispone l’affidamento mono-genitoriale ( ora
previsto dall’art. 337-quater e non più dall’art. 155-bis131
), già prima della riforma
operata con la l. n. 54 del 2006, la maggioranza degli interpreti evidenziava come
il genitore non affidatario manteneva rilevanti prerogative, quali il diritto-dovere
di vigilare sull’educazione e istruzione del figlio e la possibilità di ricorrere al
giudice ove fossero assunte decisioni pregiudizievoli al suo interesse e si giungeva
ad estendere ad esso la responsabilità ex art. 2048 c.c. non solo quando il figlio
commetteva l’illecito mentre era presso di lui ma anche quando era conseguenza
del mancato esercizio di tali prerogative132
.
Anche dopo la legge n. 54 del 2006 si arriva alle stesse conclusioni, in quanto è
volta a responsabilizzare in maggior misura il genitore non affidatario e il giudice
deve modellare i suoi poteri in modo tale da consentirgli di prendere attivamente
parte all’istruzione e alla cura del figlio e di rispondere, quindi, di eventuali fatti
___________________
130 In tal senso FACCI, Commento all’art. 2048 c.c., in Codice della famiglia, a cura di SESTA,
Milano, 2007, p.1820. Con il d.lgs. n. 154 del 28 dicembre 2013 in realtà le disposizioni in tema di
separazione, ma anche di scioglimento, cessazione degli effetti civili, annullamento, nullità del
matrimonio e in materia di procedimenti riguardanti i figli nati fuori del matrimonio sono state
spostate agli artt. 337-bis e ss. 131
Con il d.lgs. n. 154 del 28 dicembre 2013, è stato inserito nel c.c. questo articolo che dispone:
“ART. 337‐quater .
Affidamento a un solo genitore e opposizione all'affidamento condiviso.Il giudice può disporre l’af
fidamento dei figli ad uno solo dei genitori qualora ritenga con provvedimento motivato che l’affid
amento all'altro sia contrario all'interesse del minore.
Ciascuno dei genitori può, in qualsiasi momento, chiedere l'affidamento esclusivoquando sussiston
o le condizioni indicate al primo comma. Il giudice, se accoglie la
domanda, dispone l'affidamento esclusivo al genitore istante, facendo salvi, per quanto possibi
le, i diritti del minore previsti dal primo comma dell’articolo 337‐ter. Se la domanda risulta
manifestamente infondata, il giudice può considerare il
comportamento del genitore istante ai fini della determinazione dei provvedimenti da adottare ne
ll’interesse dei figli, rimanendo ferma l'applicazione dell'articolo 96 del codice di procedura civile.
Il genitore cui sono affidati i figli in via esclusiva, salva diversa disposizione del giudice, ha
l’esercizio esclusivo della responsabilità genitoriale su di essi; egli deve attenersi alle condizioni d
eterminate dal giudice. Salvo che non sia diversamente stabilito, le decisioni di maggiore interesse
per i figli sono adottate da entrambi i genitori. Il genitore cui i figli non sono affidati ha il diritto ed
il dovere di vigilare sulla loro istruzione ed educazione e può ricorrere al giudice quando ritenga c
he siano state assunte decisioni pregiudizievoli al loro interesse.”. 132
MANTOVANI, Responsabilità dei genitori, tutori, precettori e maestri d’arte, in La
responsabilità civile, a cura di Alpa e Bessone, in Giur. sist. Bigiavi, Torino, 1997, p.164; FACCI, I
nuovi danni nella famiglia che cambia, Milano, 2004, p.277; BIANCA, Diritto civile, V, La
responsabilità, Milano, 1994, p.698.
113
dannosi da questo posti in essere. Tali rilievi valgono anche per l’ipotesi di
divorzio, crisi della convivenza more uxorio e secondo l’opinione più diffusa
anche per la separazione di fatto: l’allontanamento concordato di un genitore dal
domicilio coniugale non comporta l’esonero da responsabilità, dal momento che
questi non può sottrarsi, in maniera arbitraria ed in forza di un accordo intervenuto
con l’altro ai propri doveri e quindi alla responsabilità contemplata dall’art. 2048
c.c., co.1.133
. Per quanto riguarda la prova di tale elemento, secondo buona parte
della dottrina spetta alla vittima provare la convivenza tra il minore ed i genitori,
anche attraverso presunzioni semplici134
. In quest’ultimo caso però si verifica
un’inversione dell’onere della prova, spettando poi al vicario dimostrare la
mancanza di coabitazione. Sempre dal punto di vista soggettivo occorre che
sussista un rapporto di genitorialità, in quanto la norma si riferisce espressamente
al padre e alla madre dell’autore dell’illecito135
. Ma tale requisito, proprio perché
la norma presuppone la mera qualità di genitore senza alcuna specificazione, non
va inteso in senso strettamente giuridico, si giunge a considerare responsabile ai
sensi dell’art. 2048 c.c. chiunque “ assuma il ruolo di genitore in virtù
dell’instaurarsi di una comunione di vita col minore”, a prescindere anche dalla
mancata acquisizione dello status di genitore naturale136
.
__________________
133 MANTOVANI, Responsabilità dei genitori, tutori, precettori e maestri d’arte, in La
responsabilità civile, a cura di Alpa e Bessone, in Giur. sist. Bigiavi, Torino, 1997, p.165;
FRANZONI, Dei fatti illeciti (artt. 2043-2059), in Comm. Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1993,
p. 360; MOROZZO DELLA ROCCA, La responsabilità civile del sorvegliante dell’incapace
naturale, in La responsabilità civile. Responsabilità extracontrattuale, XI, ne ‘Il diritto privato
nella giurisprudenza’, a cura di CENDON, Torino, 1998, p.228; FACCI, I nuovi danni nella
famiglia che cambia, Milano, 2004, p.279; FERRANTE, La responsabilità civile dell’insegnante,
del genitore e del tutore, 2008, p.200. 134
COMPORTI, Fatti illeciti : le responsabilità presunte (artt. 2044-2048), in Comm. Schlesinger,
Milano, 2002, p.225; SCOGNAMIGLIO R., Responsabilità per fatto altrui, in Noviss. Dig. it.,
Torino, 1968, p.695; DE CUPIS, Dei fatti illeciti, in Comm. Scialoja-Branca, Bologna-Roma,
1964, p.61. 135 FASANO A.M., MATONE S., I conflitti della responsabilità genitoriale, Milano, 2013, p.360;
ANCESCHI A., Rapporti tra genitori e figli. Profili di responsabilità, Milano, 2007, p.142;
SESTA M., La responsabilità nelle relazioni familiari, Torino, 2008, p.625-633. 136
In questo senso MONATERI, La responsabilità per le attività dei minori e degli allievi, in Tratt.
di dir. priv., diretto da Bessone, Illecito e responsabilità civile, Torino, 2002, p.1 ss.; FRANZONI,
Dei fatti illeciti (artt. 2043-2059), in Comm. Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1993, p.357—ha
esteso la responsabilità ex art. 2048 c.c. anche al genitore che convive con il figlio irriconoscibile,
perché la ratio dell’art.2048 c.c. è l’esigenza di garantire un risarcimento ai terzi danneggiati.
Cass. 12 maggio 1981, n. 3142, in Giust. civ. mass., 1981, p.1095---ha esteso tale responsabilità
anche al convivente more uxorio del padre o della madre.
114
Dal punto di vista oggettivo occorre da parte del minore la commissione di un
fatto illecito, laddove con tale termine non si deve fare necessariamente
riferimento alla configurabilità di fattispecie penali, bensì alla clausola generale di
responsabilità di cui all’art. 2043 c.c. e sussiste anche per ognuna della ipotesi
previste dal titolo IX del libro III del codice civile e pertanto anche nelle ipotesi in
cui sia configurabile una responsabilità soltanto oggettiva del figlio (tipico
esempio è il danno cagionato dal minore ai sensi dell’art. 2054 c.c.137
). Si è però
rilevato che, se si intravede la ratio dell’art. 2048 c.c. nell’esigenza di
responsabilizzare i genitori in quanto tenuti ad adempiere i propri obblighi di
vigilanza ed educativi, risulterebbe contraddittorio poi chiamarli a rispondere che
prescindono del tutto dalla colpa del minore e che non possono ascriversi al
mancato svolgimento di tali compiti138
.
Il fondamento di tale responsabilità infatti si ricollega all’esercizio della potestà
ovvero a quell’insieme di poteri e doveri conferito al fine di realizzare i compiti di
cui agli artt. 30 Cost. e 147 c.c. Non c’è invece unità di vedute riguardo alla natura
della responsabilità gravante sui genitori. Un indirizzo ritiene che si tratti di
responsabilità indiretta per fatto altrui, essendo il padre e la madre chiamati a
rispondere dell’evento lesivo determinato dalla condotta del figlio, mentre un altro
indirizzo ritiene che si tratti di responsabilità diretta per fatto proprio, consistente
nell’inottemperanza ai doveri di cui all’art. 147 c.c.139
.
Anche in merito al criterio di imputazione della responsabilità su cui poggia l’art.
2048 c.c. c’è divisione tra un orientamento che fonda la responsabilità dei genitori
_____________________ 137
Art. 2054.Circolazione di veicoli. “Il conducente di un veicolo senza guida di rotaie è obbligato
a risarcire il danno prodotto a persone o a cose dalla circolazione del veicolo, se non prova di aver
fatto tutto il possibile per evitare il danno. Nel caso di scontro tra veicoli si presume, fino a prova
contraria, che ciascuno dei conducenti abbia concorso ugualmente a produrre il danno subìto dai
singoli veicoli…..”---Cass. civ., 9 luglio 1998, n. 6686, in Arch. giur. circolaz., 1999, p.237. In tale
sentenza si stabilisce che i genitori possono essere chiamati a rispondere del fatto illecito
commesso dal minore durante la circolazione su veicolo senza guida di rotaie ex art. 2054 c.c.,
anche quando la responsabilità del figlio non sia accertata in concreto, ma solo presunta. 138 ANCESCHI A., Rapporti tra genitori e figli. Profili di responsabilità, Milano, 2007, p.142-143;
SESTA M., La responsabilità nelle relazioni familiari, Torino, 2008, p. 622-4. 139
Nel primo senso: SCOGNAMIGLIO R., Responsabilità per fatto altrui, in Noviss. Dig. it.,
Torino, 1968, p.694; FRANZONI, Dei fatti illeciti (artt. 2043-2059), in Comm. Scialoja-Branca,
Bologna-Roma, 1993, p.348 ss. Nel secondo senso:DE CUPIS, Il danno, Teoria generale della
responsabilità civile, Milano, 1979, p.133 ss.; CORSARO, Funzione e ragioni della responsabilità
del genitore per il fatto illecito del minore, in Giur. it., 1998, p.229; POGLIANI, Responsabilità e
risarcimento da illecito civile, Milano, 1969, p.130.
115
sulla colpa e in particolare sulla negligente inosservanza dei doveri discendenti
dal rapporto di filiazione e un secondo orientamento che ritiene che il regime di
responsabilità dei genitori poggia su un criterio di imputazione sostanzialmente
oggettivo, dovuto alla particolare posizione rivestita dai genitori, che sarebbero
nella condizione ottimale per adoperarsi e prevenire eventuali fatti dannosi dei
figli140
.
_________________
140 Nel primo senso BIANCA, Diritto civile, V, La responsabilità, Milano, 1994, P.692;
GIANNINI. POGLIANI, La responsabilità da illecito civile, Milano, 1996, p.126; PINTO
BOREA, I doveri dei genitori verso i figli minori e la responsabilità ex art. 2048 c.c., in Dir.
famiglia, 1992, p.398. Nel secondo senso es. SALVI, Responsabilità extracontrattuale, in Enc.
Dir., Milano, 1988, p. 134, che sostiene che la responsabilità di cui all’art. 2048 c.c. si basa su di
una determinata qualità personale. MONATERI, La responsabilità per le attività dei minori e degli
allievi, in Tratt. di dir. priv., diretto da Bessone, Illecito e responsabilità civile, Torino, 2002, p.18,
che afferma che i genitori sono chiamati a rispondere ‘dei rischi tipici connessi alla minore età dei
loro figli’ e che la loro responsabilità è ‘oggettiva per rischio tipico’.
116
4.2. Le oscillazioni giurisprudenziali in merito alla natura di tale forma
di responsabilità e alla portata della prova liberatoria a carico dei
genitori
Significative a riguardo sono alcune sentenze in tema di responsabilità genitoriale
per fatti illeciti dei minori, in alcuni casi particolarmente gravi e integranti
fattispecie penali. La prima vicenda riguarda una sentenza della Cassazione
intervenuta in riferimento ad un illecito commesso da un minore durante una
partita di calcio141
. La Corte di Cassazione, ribaltando quanto affermato in primo e
secondo grado, riconosce la responsabilità dei genitori per l’illecito commesso dal
figlio: “ I criteri in base ai quali va imputata ai genitori la responsabilità per gli atti
illeciti compiuti dai figli minori consistono, sia nel potere-dovere di esercitare la
vigilanza sul comportamento dei figli stessi, sia anche, e soprattutto, nell’obbligo
di svolgere adeguata attività formativa, impartendo ai figli l’educazione al rispetto
delle regole della civile coesistenza, nei rapporti con il prossimo e nello
svolgimento della attività extrafamiliari”142
. L’art. 2048 c.c. prevede una forma di
responsabilità fondata su una presunzione di colpa a carico dei genitori e
superabile solo con la dimostrazione di “ non aver potuto impedire il fatto”143
.
___________________________
141 Cass., 6 dicembre 2011 ,n. 26200, in Dir. fam. per., 2011, p.1028—il minore danneggiato
veniva colpito con una testata da un giocatore della squadra avversaria, mentre il gioco era fermo e
senza che in precedenza vi fosse stata alcuna aggressione o fallo di gioco. 142
I giudici di merito escludevano in capo ai genitori una responsabilità ex art. 2048 c.c. poiché in
quel contesto, ossia durante la competizione sportiva, “gli stessi non avrebbero in alcun modo
potuto intervenire per impartire direttive al figlio o comunque prevedere o impedire l’evento”,
dovendosi attribuire il fatto lesivo esclusivamente al minore, “ben consapevole delle regole del
gioco e del comportamento a cui avrebbe dovuto attenersi e che invece ha deliberatamente violato”
e condannano solo il figlio al risarcimento del danno. Così: App. Bologna 30 agosto 2008, in Dir.
giur., 7 dicembre 2011. Il fatto, imprevedibile e violento, non avviene come fallo di gioco in uno
scontro per il possesso della palla, ma in occasione di una sosta della partita, quando l’autore
dell’illecito si muove volontariamente e deliberatamente per raggiungere e colpire un ragazzo della
squadra avversaria, con il quale, in precedenza non vi erano stati scontri o contrasti. Anche in un
altro caso era sta esclusa la responsabilità dei genitori, in un fallo di gioco che aveva provocato la
frattura della mandibola: App. Genova, 9 novembre 2004, in Il corriere del merito, 2005, p.171 ss. 143
Secondo la Corte d’appello in alcune particolari situazioni l’esercizio del controllo sul minore è
solo formale e lo svolgimento di un’attività agonistica rientra tra queste ipotesi, atteso che nel
momento e nel luogo della gara l’intervento del genitore non sarebbe possibile, a causa della
presenza di strutture e controlli atti ad impedire il contatto tra giocatori e pubblico e diretti a
garantire il corretto svolgimento della competizione sportiva e la sicurezza degli atleti. Per la Corte
sarebbe stata raggiunta la prova della incolpevole impossibilità di intervento interruttivo dei
genitori nella sequela degli atti poi sfociati nella realizzazione dell’atto lesivo. LUDOVICI G., Le
colpe dei figli minori ricadono sempre sui padri e sulle madri (ovvero come la mancata
osservanza del dovere di educare la prole non trovi limiti di spazio e di tempo, e costituisca
sempre, salva prova contraria, fonte di responsabilità diretta per gli esercenti la potestà
genitoriale), in Dir. fam. per., 2011, p.1034.
117
È proprio attorno alla portata della prova liberatoria, e quindi alla natura giuridica
di tale forma di responsabilità che, negli anni si sono registrati contrasti di
opinioni, tanto in dottrina che in giurisprudenza. La tesi dei giudici di legittimità,
pur non disattendo il ragionamento operato dalla corte territoriale basato sul
canone costituzionale di ragionevolezza, ha chiarito la effettiva portata degli
obblighi di vigilanza ed educazione incombenti sui genitori e discernendo la culpa
in vigilando dalla culpa in educando, riconoscendo a quest’ultima un ruolo
preminente rispetto alla prima e ha ricondotto l’illecito commesso dal minore ad
oggettive carenze dell’attività educativa. Tra l’altro la stessa corte in altra
occasioni aveva affermato che l’onere della prova di non aver potuto impedire il
fatto illecito del minore che incombe sui genitori non consiste tanto nella
dimostrazione di una continua sorveglianza fisica e concreta, ma
nell’adempimento del dovere di aver svolto adeguata attività di istruzione e
formazione, impartendo al minore un’educazione consona alle proprie condizioni
sociali e familiari144
. Così, nonostante il testo normativo sia rimasto immutato,
nel nostro contesto etico- sociale, profondamente mutato, ha acquistato rilevanza
determinante il valore dell’educazione familiare, impartita e ricevuta.
L’interpretazione giurisprudenziale ha trasformato il contenuto negativo della
prova liberatoria richiesta, compatibile con la responsabilità oggettiva ( art. 2051
c.c.145
), nella dimostrazione positiva dell’aver adempiuto ai propri doveri di
genitori, impartendo una corretta educazione e, quindi, differenziando
l’applicazione concreta dell’onere della prova, rispetto alla diversa ipotesi di cui
all’art. 2047 c.c. riguardante la responsabilità dei genitori per i danni arrecati a
terzi da minori non emancipati, che continua ad essere di contenuto negativo146
.
_______________________________ 144
Cass., 20 aprile 2007, n. 9509, in Danno e resp., 2007, p. 1025. Anche Cass. 21 settembre 2000,
n. 12501, in Dir. e giust., 2000, p.12—ha specificato che l’affidamento del minore alla custodia di
terzi solleva i genitori dalla presunzione di culpa in vigilando, ma non da quella di culpa in
educando, rimanendo i genitori tenuti a dimostrare di aver impartito al minore stesso
un’educazione adeguata a prevenirne comportamenti illeciti. 145
Art. 2051.Danno cagionato da cosa in custodia. “Ciascuno è responsabile del danno cagionato
dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito.”. 146
ALPA, Trattato di diritto civile, La responsabilità civile, Milano, 1999, p.668 ss. Es. Cass., 18
gennaio 2006, n. 831, in Resp. civ., 2006, p.1071, aveva confermato la sentenza del giudice di
merito che aveva escluso la responsabilità dei genitori per i danni provocati dal loro figlio ad un
altro minore con un manganello di plastica in occasione di una festa di carnevale organizzata
presso un oratorio parrocchiale, ritenendo che il curriculum scolastico, militare e lavorativo del
ragazzo all’epoca ‘quasi maggiorenne’, nonché il suo contesto familiare, dimostrassero che egli
aveva ricevuto un’educazione adeguata.
118
Ciò che secondo la Cassazione avevano erroneamente dimenticato i giudici di
merito è l’importanza, ai fini dell’applicazione dell’art. 2048 c.c., della
responsabilità dei genitori nella educazione impartita alla prole: se l’evento lesivo
non può essere evitato dal genitore con un intervento fisico sul minore stesso, in
quanto si trova al di fuori della sua sfera di vigilanza, ciò che è rilevante per
attribuire la responsabilità in simili ipotesi è il difetto di un’adeguata formazione
del minore, ovvero di un corretto insegnamento che permetta allo stesso di
ritenere illecito, o anche solo non consentito, un comportamento violento o,
comunque, lesivo dell’altrui persona o proprietà, ovvero di qualsiasi altro bene
tutelato dall’ordinamento giuridico. In questo modo la Suprema Corte sembra
aver aderito all’orientamento prevalente che vede nell’art. 2048 c.c. un’ipotesi di
responsabilità di natura diretta per fatto colposo, ovvero per culpa in vigilando e
culpa in educando, ovvero in presenza di un difetto di sorveglianza e/o
educazione: infatti l’interesse fondamentale sotteso alla previsione di cui all’art.
2048 c.c. è quello del minore a ricevere nei primi anni di vita e, soprattutto nel
periodo adolescenziale protezione, educazione e formazione da parte dei genitori,
affinché nel rapporto con gli altri consociati, sia consapevole delle regole della
civile convivenza147
. In questo caso i giudici si sono spinti oltre sino a desumere
la prova del deficit educativo dalla condotta stessa tenuta dall’aggressore
attribuendo un ruolo rilevante alla gravità e alle modalità del fatto illecito148
.
__________________ 147
Sul rapporto intercorrente tra i doveri di vigilanza ed educazione, si segnala Cass. 30 ottobre
1984, n. 5564, in Foro It., 1985, p. 145 ss., secondo cui “ i compiti dell’educazione e della
sorveglianza si presentano oltre che complementari, tra di loro interdipendenti, nel senso che man
mano che l’opera educatrice abbia (o non abbia) conseguito i propri progressivi risultati,
consentendo al minore una sempre maggiore capacità di corretto inserimento nella vita di
relazione, consono alla sua età e al suo ambiente, si attenua ( o meno) l’intensità del correlativo
dovere del genitore di vigilare sulla sua condotta, permettendo di elargire al minore quei
proporzionali gradi di libertà di movimento e di autodeterminazione di cui, per le sue attitudini e
per l’affidabilità delle inclinazioni in precedenza manifestate, si sia reso meritevole”. 148
Così “ l’inadeguatezza dell’educazione impartita e della vigilanza esercitata su di un minore
può essere ritenuta, in mancanza di prova contraria, dalle modalità dello stesso fatto illecito” e i
fatti realizzati da un soggetto minore di età “ben possono rivelare il grado di maturità e di
educazione del minore, conseguenti al mancato adempimento dei doveri incombenti sui
genitori...”.---anche in una recente sentenza la Cassazione si è orientata allo stesso modo
(Cassazione civile , sez. III, sentenza 19.02.2014 n° 3964, in Altalex , 21 marzo 2014. Nota di
Giuseppina Vassallo): il caso riguardava una ragazza sedicenne che attraversa di corsa sulle strisce
pedonali nonostante il semaforo rosso e viene investita da una moto causando danni anche al
motociclista e al veicolo; in particolare la Cassazione quanto all’accertamento della responsabilità
dei genitori ex art. 2048 c.c., ritenendo che tale responsabilità è connessa ai doveri inderogabili
richiamati dall’art. 147 c.c. , per sottrarsi a tale responsabilità, essi devono pertanto dimostrare di
aver impartito al figlio un'educazione sufficiente per una corretta vita di relazione.
119
Quindi i giudici di legittimità hanno dimostrato un atteggiamento rigoroso,
rendendo impossibile per i genitori rimanere esenti da responsabilità e quindi
considerando la responsabilità vicaria dei genitori sempre più ancorata ad una
responsabilità oggettiva149
. Anche in un altro caso, riguardante questa volta un
illecito connesso alla circolazione stradale, la Cassazione si orientata allo stesso
modo150
. Così come affermato in altre occasioni, la pronuncia ritiene che151
: la
mancanza del casco in capo all’autore del sinistro è motivo per ritenere inidonea
la prova richiesta dai suoi genitori ‘stante la palmare evidenza dell’omessa
vigilanza’ e le esperienze lavorative del minore- fabbro e carrozziere, escludono la
culpa in vigilando, ma non sono sufficienti a liberarli dalla ‘presunzione di culpa
in educando’. Infatti “lo stato di sconsiderata immaturità, il temperamento e
l’educazione del minore” si sarebbero potuti desumere, oltre che “dalle modalità
di svolgimento del fatto” anche dalla circostanza che il minore al momento
dell’incidente non indossava il casco protettivo. Inoltre il fatto di essere “quasi
__________________________ 149
In altri termini, una volta che il genitore abbia fornito la prova di non aver potuto materialmente
impedire il fatto, lo stesso dovrà dimostrare: in primis che la formazione educativa fornita, sia
adeguata alle caratteristiche psicofisiche del figlio, poi, raggiunto tale obiettivo, si controlla se il
fatto illecito, con le sue modalità, sia in grado di dimostrare la colpa in re ipsa del genitore per
insufficiente o non appropriata educazione. Così LUDOVICI G., Le colpe dei figli minori
ricadono sempre sui padri e sulle madri (ovvero come la mancata osservanza del dovere di
educare la prole non trovi limiti di spazio e di tempo, e costituisca sempre, salva prova contraria,
fonte di responsabilità diretta per gli esercenti la potestà genitoriale), in Dir. fam. per., 2011,
p.1028 SS.; CARBONE V., Responsabilità dei genitori per carenze educative: danni provocati dal
figlio minore in una sosta della partita di calcio, in Danno e resp., 2012,p.259 SS.; TOSCANO G.,
Culpa in educando e responsabilità genitoriale, in Famiglia e dir., 2012, p.723 SS.; in dottrina
MOROZZO DELLA ROCCA, Responsabilità civile e minore età, Napoli, 1994, p. 39 ss., per il
quale “ il dovere dei genitori di educare e sorvegliare il figlio si trasforma da obbligazione di
mezzi ad obbligazione di risultato. Assai spesso, infatti, le modalità dell’illecito sono ritenute tali
da evidenziare una culpa in vigilando o una culpa in educando, mentre in altre occasioni si imputa
ai genitori di non aver corretto quei difetti che la condotta del figlio aveva manifestato. Non rileva
lo sforzo diretto ad impartire l’educazione o a garantire la sorveglianza, dovendo sostanzialmente
fornirsi la prova che il fatto si sarebbe verificato anche in presenza di un’assidua vigilanza”. 150
Cass., 22 aprile 2009, n.9556, in Giust. Civ., 2010, p.965—A seguito della morte di un giovane
motociclista in un grave incidente stradale, i congiunti della vittima intraprendono un’azione
legale per ottenere il risarcimento dei danni nei confronti del minorenne (che, alla guida dell’altro
ciclomotore coinvolto nella collisione, aveva determinato il tragico sinistro) e dei suoi genitori (ex
art. 2048 c.c.). A fronte della decisione di primo grado (che accoglieva la domanda risarcitoria e
affermava la responsabilità del minore nella percentuale del 70%) e di quella d’appello, la Corte
conferma la condanna in solido del minore e dei suoi genitori al ristoro delle somme dovute, quali
danni morali ed esborsi conseguenti al sinistro, in favore dei genitori e dei fratelli del deceduto. 151
Cass. civ. 20 ottobre 2005, n. 20322, in Nuova giur. civ. comm., 2006, p.990, dove si afferma
che “il conseguimento del titolo di abilitazione alla guida non esonera i genitori dal loro dovere di
sorveglianza…”.
120
diciottenne” al momento del sinistro non assurge a rilievo “in quanto l’art. 2048
c.c., co.1, si riferisce al figlio comunque minorenne verso il quale i doveri di cui
all’art. 147 c.c. sono di natura inderogabile e finalizzati a correggere
comportamenti non corretti e meritevoli di costante opera educativa, onde
realizzare una personalità equilibrata, consapevole della relazionalità della propria
esistenza e della protezione della propria e altrui persona da ogni accadimento
consapevolmente illecito.” Questo atteggiamento di rigore ha suscitato diverse
critiche in dottrina, che ha avanzato il dubbio che dietro certe soluzioni concrete ci
siano altre considerazioni, tra cui la necessità di garantire, comunque, il danno
subito152
. Se non si vuole addossare ai genitori una posizione di garanti delle
obbligazioni risarcitorie dei figli occorre: in primo luogo verificare
l’adempimento degli obblighi imposti dall’art. 147 c.c., anche per il tramite di
presunzioni, ad esempio valutando il curriculum scolastico e lavorativo della
prole, le occasioni di studio e di educazione, l’esempio offerto, nonché le modalità
del fatto concreto; poi accertare se tale opera educativa abbia sortito il suo effetto,
distinguendo ciò che è mancato nell’educazione e ciò che non è stato recepito153
.
Quello che non convince è che se si ritiene l’obbligo educativo logicamente
anteriore a quello di vigilanza, non sembra coerente escludere la prova liberatoria
richiesta dall’art. 2048 c.c. in base alla mancanza del casco, elemento che si
riconnette al profilo della sorveglianza. Considerare le pregresse esperienze
lavorative di carrozziere, come attinenti alla vigilanza e non all’educazione, priva
i genitori di qualsiasi possibilità di provare la mancanza di responsabilità154
.
______________________________ 152
GALLUZZO, La responsabilità dei genitori per i danni cagionati dai figli, in I principi
generali del diritto di famiglia. Lessico di diritto di famiglia, 2003, p.13 ss., afferma che tale
responsabilità, nella prassi giurisprudenziale, viene vissuta ‘quasi come una garanzia di tipo
assicurativo o fideiussorio per il danneggiato creditore’. 153 Cass. 21 settembre 2000, n. 12501, in Dir. e giust., 2000, p.12, precisa che i genitori devono
anche vigilare sui risultati dell’educazione e “sul grado in cui i precetti impartiti sono stati
assimilati”. In materia penale la Corte, dimostra maggiore considerazione delle concrete possibilità
operative dell’educazione impartita dai genitori, laddove afferma che “ costituisce giusto motivo,
idoneo ad escludere l’antigiuridicità del mancato adempimento da parte del genitore dell’obbligo
scolastico del figlio minore, il rifiuto di questi di ricevere l’istruzione obbligatoria, sempre che si
tratti di rifiuto categorico, cosciente e volontario e tale rifiuto permanga anche dopo che i genitori
abbiano usato ogni argomento persuasivo ed ogni altro espediente educativo di cui siano capaci.”.
Così Cass. pen., 5 maggio 2009, n. 25980 in www.cortedicassazione.it . 154 MASTRANGELO G., La responsabilità dei genitori tra educazione e vigilanza della prole
minore, in Resp. civ. prev., 2010, p.548 ss.; PARDOLESI P., DIMATTIA M., Responsabilità dei
genitori per l’illecito dei minori: un esercizio di precomprensione?, in Danno e resp.,2010, p.173-
174.
121
Tale orientamento di rigore viene confermato a maggior ragione in alcune vicende
in cui il fatto illecito del minore integra fattispecie penali particolarmente gravi.
Viene in rilievo una sentenza del Tribunale di Milano che aveva condannato i
genitori di sei minorenni, coinvolti nel procedimento penale per il delitto previsto
dall’art. 609-octies c.p. (violenza sessuale di gruppo), in proprio e nella qualità di
esercenti la potestà genitoriale, al risarcimento dei danni nei confronti dei genitori
e della minorenne oggetto di violenza sessuale. La sentenza in commento ,
abbraccia l’orientamento maggioritario e più rigoroso, di cui è esempio la
sentenza già citata in un caso di incidente stradale con esito mortale155
. Il
tribunale, non condividendo le critiche mosse a tale indirizzo, ritiene che il
rigoroso onere probatorio a carico dei genitori risponde all’esigenza di dare un
contenuto concreto all’ampia formula legislativa156
: se la norma considera che sia
possibile per un genitore impedire il fatto illecito del figlio minore, ciò è proprio
in virtù dei compiti connessi alla sua funzione genitoriale, che si concretizzano
nella possibilità di vigilare sui figli ed educarli, “sicché non è estraneo alla logica
della previsione normativa che la prova liberatoria abbia riguardo al positivo
esercizio di quei compiti”. Nel caso di specie, tenendo conto dell’età dei minori
coinvolti e della natura degli illeciti commessi, deve farsi riferimento non alla
culpa in vigilando, ma alla culpa in educando. Il nuovo modo di intendere i
rapporti familiari e il riformato assetto della famiglia dimostrano il rilievo che
assume l’educazione e “l’educazione sessuale di un bambino e di un ragazzo non
si esaurisce nelle spiegazioni tecniche e nelle indicazioni precauzionali, ma deve
connotarsi, soprattutto, come educazione al rispetto dell’altra/o, come educazione
alla relazione non con altro corpo, ma con altra persona”. Secondo la Corte la
condotta tenuta dai minori implica l’evidente carenza o inefficacia di
un’educazione al rispetto e dei sentimenti e desideri altrui e non valgono a
contrastare tale conclusione le circostanze dedotte a prova dai genitori- tra cui il
corretto comportamento dei figli nei contesti scolastici e amicali,
____________________________
155 Cass., 22 aprile 2009, n.9556, in Giust. Civ., 2010, p.965. 156
“Parte della dottrina ritiene che la trasformazione giurisprudenziale della prova liberatoria
configura a carico dei genitori un onere particolarmente gravoso e esprima la trasformazione della
responsabilità per presunzione di colpa in responsabilità oggettiva. Per alcuni è espressione di
un’interpretazione anacronistica della norma, che non terrebbe conto dell’evoluzione della
famiglia e dei processi educativi e non attribuirebbe rilievo alla cosiddetta autoeducazione del
minore”. Così in Trib. Milano, 16 dicembre 2009, in Guida al diritto,2010, p.62.
122
l’educazione nel rispetto delle persone e dei valori cristiani; l’avvenuta
frequentazione delle lezioni di educazione sessuale a scuola, ecc.157
.
Viene così a configurarsi a carico dei genitori una responsabilità da effetti (o
meglio da risultato) e i genitori dovranno rispondere civilmente per i danni inflitti
dai figli, in quanto la gravità dei fatti illeciti perpetrati da questi ultimi è tale da
doversi ricondurre “ad oggettive carenze nell’attività educativa e/o nel
monitoraggio della stessa” da parte dei genitori158
. Seguendo tale ragionamento, i
soggetti che sono maggiormente in grado di dominare le fonti di rischio- il
comportamento dei minori- devono “internalizzare i rischi connessi con le attività
del minore”, ovvero i genitori “sono obbligati per un evento di danno che non
hanno direttamente cagionato, essendo chiamati a rispondere esclusivamente in
virtù del loro status” assolvendo così un ‘funzione di garanzia patrimoniale’159 -160
.
Un’altra sentenza che affronta la tematica della responsabilità dei genitori per
fatto illecito del minore, riguarda il caso di un grande minore, ovvero di un
soggetto quasi maggiorenne (diciassettenne), che lontano dal controllo dei genitori
si è macchiato di un gravissimo delitto (omicidio), compiuto sull’onda
dell’impulso d’ira determinato dal comportamento (provocatorio) della vittima161
.
Anche in questa occasione la Cassazione ha aderito all’orientamento più rigoroso,
___________________________
157 Così testualmente “se messaggi educativi vi sono stati, non sono stati adeguati o non sono stati
assimilati, sicché deve ritenersi che da parte dei genitori non sia stata prestata dovuta attenzione
all’avvenuta assimilazione da parte dei figli dei valori trasmessi….trattandosi di figli pre-
adolescenti o adolescenti, non è stata dedicata cura particolare- tanto più doverosa in presenza di
opposti segnali provenienti da una diffusa cultura di mercificazione dei corpi- a verificare che il
processo di crescita avvenisse nel segno del rispetto del corpo dell’altra/o”.
158 Già la Cassazione, in Cass. 20 ottobre 2005, n. 20322, in Mass. Giust. civ., 2005, p.7, aveva
precisato che l’inadeguatezza dell’educazione impartita può desumersi, in mancanza di prova
contraria, dalle ‘ modalità del fatto illecito, che ben possono rivelare il grado di maturità e di
educazione del minore’ e i genitori devono vigilare sui risultati dell’educazione e ‘ sul grado in cui
i precetti impartiti sono stati assimilati’. 159
Così FACCI, sub art. 2048 c.c., in Codice della famiglia, a cura di Sesta, Milano, 2009, p.2139.
VENCHIARUTTI, La responsabilità dei genitori per danni commessi dai figli minori. Novità
giurisprudenziali e impulsi della dottrina, in Persona e danno, a cura di CENDON, Milano, 2004,
p.2708, secondo cui i genitori possono liberarsi della presunzione in tali casi solo “dimostrando la
colpa della vittima, la causa estranea o il caso fortuito”. 160
Trib. Milano, 16 dicembre 2009, in Guida al diritto,2010, p.62 e note a tale sentenza:
MASTRANGELO G., Violenza sessuale di gruppo e responsabilità dei genitori ex art.2048 C.C. :
il risarcimento del danno non patrimoniale come ‘internazionalizzazione del rischio educativo’ ?,
in Resp. civ. prev., 2010, p.1614 ss.; PARDOLESI P., Genitori e illecito dei minori: una
responsabilità da risultato?, in Danno e resp.,2010, p.368 ss. 161 Cass. Civ. , 28 agosto 2009, n. 18804, in Resp. civ., 2011, p.361.
123
ma si contraddistingue per aver riempito di contenuto specifico l’obbligo di
educazione162
.
I giudici di legittimità non si sono limitati a ricavare la responsabilità genitoriale
dalle modalità del fatto illecito, ma ha scelto la strada di esaminare separatamente
e penalizzare la condotta omissiva del padre163
. La responsabilità è stata fondata
su un inadempimento specifico dei doveri di educazione e di formazione della
personalità del minore, che rischia di risolversi nell’incapacità del minore di
frenare i propri istinti e di incanalarli in modalità espressive inidonee a cagionare
danni. La suprema Corte ha, quindi, ritenuto il padre direttamente responsabile per
aver avuto un atteggiamento di distacco nei confronti del figlio, ossia per averlo
lasciato in balia delle aggressioni verbali altrui e da solo nell’affrontare le
continue provocazioni ambientali, così, consentendo, nel tempo, la crescita
esponenziale di sentimenti negativi, quali il rancore, l’odio e la rabbia, poi sfociati
nel comportamento ribelle e violento. La sentenza ha anche sottolineato come un
figlio tenda a rafforzare eventuali attitudini atte a cagionare danni a terzi a mano a
mano che si avvicina alla maggiore età ed è proprio in questa fase che egli
necessita di maggiore controllo, e soprattutto dell’aiuto concreto del genitore, che
si deve concretizzare non solo in consigli a parole, ma anche in concreti esempi di
vita: modi d’agire e condotte virtuose. In realtà tale pronuncia contrasta quanto
affermato dalla stessa corte in altre occasioni in tema di danni cagionati dai grandi
minori, dove si era evidenziato che, con il crescere dell’età,
______________________
162 In particolare espressiva di questo indirizzo rigoroso è Cass. 14 marzo 2008, n. 7050, in Foro
It., 2008, p. 2883—che in tema di scontro stradale tra due ciclomotori, verificatosi per la
negligente condotta di guida di un sedicenne e con danni cagionati ad un altro soggetto anch’esso
minorenne , afferma : “ I genitori sono responsabili dei figli minori conviventi, sia per i
comportamenti illeciti frutto di omessa o carente sorveglianza, sia per gli illeciti riconducibili ad
oggettive carenze nell’attività educativa che si manifestino nel mancato rispetto delle regole della
coesistenza civile vigenti nei diversi ambiti del contesto sociale in cui il soggetto si trova ad
operare. L’eventuale allontanamento del minore dalla casa dei genitori non vale ex se ad esimere i
genitori da responsabilità ove l’illecito comportamento del figlio sia riconducibile alle menzionate
oggettive carenze educative, rientrando tra esse le manifestazioni di indisciplina, negligenza o
irresponsabilità nello svolgimento di attività suscettibili di arrecare danno a terzi, tra cui vi è
l’inosservanza delle norme di circolazione stradale” . 163
In motivazione alla sentenza Cass. 28 marzo 2001, n. 4481, in Familia, 2001, p. 1171, si
specifica: non ci si potrebbe limitare a considerare, come parametro per escludere l’adeguatezza
dell’educazione impartita dai genitori, la commissione del fatto illecito da parte del minore, in
quanto in questo modo si finirebbe per escludere a priori la possibilità di fornire la prova
liberatoria; occorre, invece, che il giudice compia una valutazione ex ante.
124
aumenta la capacità del figlio di autodeterminarsi e diminuisce, per converso, la
capacità del genitore di influire sulle sue scelte164
. In realtà occorre porre in
rapporto ragionevole l’obbligo educativo del genitore e il processo di
responsabilizzazione del figlio minore, evitando che la prova liberatoria a carico
dei genitore risulti nella pratica impossibile165
.
Sempre in tema di fatti illeciti commessi dal minore vi è un’altra sentenza della
Corte in una vicenda che aveva visto coinvolti due minorenni, di cui uno alla
guida di un motociclo idoneo al trasporto di un solo passeggero, che a causa di un
improvviso impatto con un’autovettura, riportavano danni fisici166
. Tale sentenza,
inserendosi nel filone giurisprudenziale che ammette la responsabilità dei genitori,
presenta un primo aspetto di originalità: la decisone ascrive la responsabilità dei
genitori alla violazione dell’obbligo di vigilanza, per le modalità di utilizzo del
ciclomotore da parte del figlio minore e trascurando completamente il profilo
relativo all’educazione. Tuttavia se si tengono in considerazione le indicazioni he
giungono dalla riforma del diritto di famiglia, l’età (diciassette anni) del minore e
le normali dinamiche socio-familiari della società contemporanea, è
improponibile ricostruire un dovere di stringente vigilanza sui genitori167
.
__________________
164 Cass. 30 ottobre 1984, n. 5564, in Foro It., 1985, p. 145 ss : “..mano a mano che l’opera
educatrice consegua i propri risultati, consentendo al minore una sempre maggiore capacità di
corretto inserimento nella vita di relazione, consono alla sua età e al suo ambiente, si attenua la
intensità del correlativo dovere di vigilanza del genitore…..” 165
MASTROIANNI S., La responsabilità dei genitori per il fatto del minore: la lettura degli artt.
1227 e 2048 c.c. proposta dalla Cassazione, in resp. civ., 2011, p.361 ss. 166
Cass. Civ., 29 novembre 2011, n.25218, in Danno e resp., 2012, p.267---tale sentenza ha
confermato la decisione della Corte di Appello e del giudice di primo grado, dove, su ricorso dei
genitori dei ragazzi coinvolti, si stabiliva la concorrente responsabilità (in applicazione della
presunzione di cui all’art. 2054, co.2, c.c.) del conducente dell’autoveicolo e del conduttore del
motociclo e si provvedeva alla liquidazione dei danni richiesti dalle vittime.
167
TACCINI, Il sistema della responsabilità civile dei genitori: tra profili di protezione e di
garanzia, in Danno e resp., 2008, p.8, il quale afferma che l’obiettivo di ricercare comunque un
soggetto cui attribuire la responsabilità con il precipuo fine di fornire una tutela più ampia a
favore della vittima, può essere raggiunto più proficuamente mediante altri strumenti lasciando
tornare la norma dell’art. 2048 c.c. alla sua originaria funzione di garanzia “familiare”.
DEBENEDETTI A., La responsabilità dei genitori per il trasporto in motorino di un passeggero
da parte di un figlio minorenne, in Danno e resp., 2012, p.269 ss., che specifica come attraverso il
ricorso all’espediente delle due culpe (in educando e in vigilando) il genitore cade in un circolo
vizioso. I genitori vengono comunque ritenuti responsabili del fatto illecito del figlio minore: se
presenti per non aver adeguatamente vigilato; se assenti, o in caso di “particolari” caratteristiche
dell’illecito commesso, per non aver adeguatamente educato il minore. Così COMPORTI, Fatti
illeciti : le responsabilità presunte (artt. 2044-2048), in Comm. Schlesinger. Milano, 2002, p.248;
FRANZONI M., in L’illecito, in Trattato della responsabilità civile diretto da FRANZONI M.,
Milano, 2004, p.645.
125
La stessa Cassazione però in tema di prova liberatoria a carico dei genitori ha
seguito in precedenza una linea più ‘morbida’, caratterizzata da maggiore
“elasticità”, che “riempie” il contenuto della prova liberatoria a carico dei genitori
con la possibilità di fare riferimento ai “trascorsi” personali e familiari del minore
e recuperando il fondamento colposo della norma. Espressione di questa tendenza
sono ad esempio alcune sentenze degli anni ’80 e ’90. La prima da prendere
riguardava il caso di un ragazzo di dieci anni, che recandosi presso l’abitazione di
un insegnante privato, lanciò un sasso con una fionda ferendo una bambina di
cinque anni168
. In questo caso i giudici escludono la responsabilità dei genitori sul
presupposto dell’adempimento da parte degli stessi sia dell’obbligo di
sorveglianza che di quello educativo: la Cassazione ritenne che i genitori avessero
allevato il figlio secondo i “principi educativi della ubbidienza, del dovere e della
riflessione”; inoltre una volta attribuito “al dovere di sorveglianza un carattere
relativo e non assoluto”, non considerò integrata la culpa in vigilando per la
mancata sorveglianza del figlio nei “limitati margini di libertà di movimento,
consoni alla sua età”. Si pone quindi l’accento sul carattere relativo degli obblighi
incombenti sui genitori, da parametrare ad una serie di criteri di riferimento, quali
in primis l’età del minore e le caratteristiche ambientali nelle quali lo stesso
opera169
. Un altro colpo alla rigidità della culpa in educando si evince da una
sentenza della Cassazione emessa riguardo ai danni provocati ad un ragazzino da
una racchetta che un altro compagno aveva rotto contro un muretto, in seguito alla
reazione del proprietario del terreno in cui si era introdotto un giocatore della
partita di tennis per recuperare la pallina170
.
La Corte, confermando quanto stabilito in appello, ritiene correttamente raggiunta
la prova che i genitori avevano impartito al figlio, diciassettenne all’epoca dei
_______________________ 168
Cass. 30 ottobre 1984, n. 5564, in Foro It. , 1985, p.145 ss. 169
In un'altra sentenza successiva però si ritengono responsabili i genitori di un bambino di dieci
anni che aveva ferito con una fionda una sua coetanea. Così Cass. 18 giugno 1985, n. 3664, in
Giur. it., 1986, p.1525 ss. : “ la prova liberatoria consentita ai genitori dall’art. 2048 c.c. si risolve
nella dimostrazione sia di aver impartito una sana educazione, che di aver svolto nei suoi confronti
una vigilanza adeguata all’età, al carattere ed all’indole dello stesso. Tale prova non è possibile, ed
i genitori devono essere condannati al risarcimento del danno, se le modalità del fatto illecito
commesso dal figlio minore rivelano di per sé una impropria educazione.” Inoltre sottolinea che
nel caso in esame “ non solo fu consentito al bambino di allontanarsi da casa, ma lo si lasciò
andare con un attrezzo pericoloso come la fionda, del quale, per evidente trascuratezza, si ignorava
addirittura l’esistenza”. 170
Cass. 9 aprile 1997, n. 3088, in Fam. e dir. , 1997, p.221 ss.
126
fatti, una educazione ed una istruzione consone alle proprie condizioni sociali e
familiari e che avevano altresì correttamente vigilato sulla condotta del minore,
seguendone l’istruzione ed il comportamento, ritenendo irrilevante per valutare
l’educazione ricevuta dai genitori la violenta reazione del minore: la reazione del
giovane andava inquadrata come risposta al ‘torto subito’, e il suo comportamento
non aveva come scopo quello di ledere terze persone, sebbene il minore non
avesse adeguatamente valutato la pericolosità del suo gesto per coloro che gli
stavano attorno.
Ancora espressione di questo orientamento è una sentenza riguardante un minore
di diciassette anni che alla guida di un ciclomotore, aveva investito un passante,
causandogli gravi danni fisici.171
I giudici di legittimità arrivano a sostenere che il solo fatto dell’illecito non può
costituire motivo per escludere ex se l’adeguatezza dell’educazione impartita dai
genitori. In questo caso infatti viene esclusa la responsabilità dei genitori, per aver
questi ultimi fornito la dimostrazione di aver fatto tutto il possibile per educare
adeguatamente il figlio e prepararlo alla necessaria autonomia, in particolare
avviandolo al lavoro e facendogli conseguire la patente ‘A’.
Tutte queste sentenze dimostrano le oscillazioni della giurisprudenza : nei casi
meno gravi arriva ad esonerare i genitori da responsabilità sulla base di elementi
che dimostrino una “adeguata”, “sufficiente”, “idonea” educazione o rendendo il
dovere di sorveglianza meno stringente mano a mano che il minore si affaccia alla
vita con spazi crescenti di autodeterminazione; in casi più gravi ha ricavato
dall’esame del fatto dannoso la responsabilità del genitore per cattiva educazione
o inadeguata sorveglianza, rendendo così inoperante la prova liberatoria172
.
Sarebbe più corretto operare una scelta di fondo: o privilegiare un meccanismo
“sanzionatorio” fondato su una rigorosa responsabilità per colpa; oppure
privilegiando il profilo “riparatorio”, abbandonare i concetti di culpa in educando
_________________________
171 Cass. 28 marzo 2001, n. 4481, in Danno e resp., 2001, p. 498 ss.
172 Tale formula però finisce con il demandare al giudice il compito di effettuare valutazioni prive
di parametri certi di riferimento con il rischio di ottenere decisioni diametralmente opposte e, tra
l’altro, che i genitori facoltosi, avendo potuto assicurare al figlio le scuole più prestigiose, i
migliori tutor extrascolastici e i più sofisticati centri ricreativi, finiscano per essere agevolati
rispetto a famiglie più povere, non in grado di fornire tali riscontri.
127
e culpa in vigilando e ricondurre la responsabilità vicaria dei genitori al modello
della responsabilità oggettiva , assimilando l’art. 2048 c.c. ad altre norme (es. art.
2049 c.c.173
), che non prevedono alcuna esclusione della colpa.174
____________________ 173
Responsabilità dei padroni e dei committenti: “I padroni e i committenti sono responsabili per i
danni arrecati dal fatto illecito dei loro domestici e commessi nell'esercizio delle incombenze a cui
sono adibiti.” 174
DI BIASE A., La prova liberatoria nel sistema della responsabilità civile dei genitori: tra colpa
presunta ed obbligo di risultato, in Danno e resp.,2010, p.889 ss.; PARDOLESI P., DIMATTIA
M., Responsabilità dei genitori per l’illecito dei minori: un esercizio di precomprensione?, in
Danno e resp.,2010, p.171 ss.-- l’opportunità di passare al regime della responsabilità oggettiva è
dovuto a vari fattori: si riuscirebbe a coniugare la tutela del danneggiato ( con una più estesa
protezione risarcitoria) con un efficiente impulso preventivo ( trovandosi i genitori nella migliore
posizione di controllo del pericolo); solleverebbe la giurisprudenza dalla ricerca di colpe
‘impalpabili’, in quanto nella maggior parte dei casi l’incidenza causale della condotta dei genitori
sul comportamento dannoso dei minori è solo presupposta; favorirebbe il ricorso all’assicurazione
obbligatoria per i danni cagionati dai minori a terzi. In dottrina TACCINI, Il sistema della
responsabilità civile dei genitori: tra profili di protezione e di garanzia, in Danno e resp., 2008, ,
p.11— sottolinea come la condizione di insolvenza del soggetto ritenuto responsabile dalla legge
potrebbe essere superata attraverso la previsione di “un’assicurazione per i danni provocati dai
figli minori, specie nella forma dell’assicurazione obbligatoria---ciò è pienamente congeniale con
le regole di responsabilità ex artt. 2047 e 2048”, specie se ricostruiti secondo le linee
interpretative volte a valorizzare “l’assunzione di un rischio—quello del danno a terzi arrecato dal
figlio minore—come compito della comunità familiare”.
128
CAPITOLO TERZO
LA RESPONSABILITA’ GENITORIALE E L’INTERESSE DEL MINORE
IN AMBITO COMUNITARIO
1. La tutela del minore e della famiglia nella cultura giuridica europea:
la fissazione di principi comuni
1.1. La Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione Europea
Nell’ambito dell’Unione europea, nata con la principale finalità di regolazione dei
mercati e della concorrenza, il processo di uniformazione legislativa investe
soprattutto i settori di più rilevante interesse economico. Nonostante ciò è in atto
in Europa un processo, ancora parziale e incompleto, di avvicinamento delle
diverse legislazioni nazionali in materia di diritto di famiglia: le riforme approvate
a partire dagli anni settanta in molti Paesi europei in materia di adozione,
filiazione, matrimonio e divorzio, unioni di fatto mostrano il convergere delle
legislazioni nazionali su alcuni principi di fondo come quello del preminente
interesse del figlio nell’ambito delle relazioni familiari e quello dell’eguaglianza
di tutti i figli, legittimi e naturali, indipendentemente dalle circostanze della
nascita1. La creazione di norme dirette a fornire tutela giuridica al minore vanno
oltre il terreno tipico delle relazioni genitoriali2: vari provvedimenti normativi
_______________________
1 Come da me evidenziato nel primo capitolo di questa tesi anche nel nostro ordinamento già l’art.
30 Cost. si rivolgeva ai figli solo in relazione alla loro nascita all’interno o all’esterno del
matrimonio e la terminologia di ‘figli nati fuori dal matrimonio’ era usata dai giuristi non per
definirne la condizione giuridica, ma per descrivere il mero fatto della nascita da due soggetti non
coniugati, senza sottrarre dignità al figlio in funzione di una situazione di fatto della quale egli è
incolpevole. DE MEO R., La tutela del minore e del suo interesse nella cultura giuridica italiana
ed europea, in Dir. fam. per., 2012, p.461-462; il d.lgs. 28 dicembre 2013 n.154 “Revisione delle
disposizioni vigenti in materia di filiazione” ha eliminato la netta diversità tra stato di figlio
legittimo e stato di figlio naturale. 2
Così al minore sono dedicate norme di tutela della sua identità personale, delle informazioni e dei
contenuti che lo raggiungono attraverso i media e sono considerati come consumatori e ‘possibili’
destinatari di pratiche commerciali sleali o messaggi pubblicitari ingannevoli. La tutela dei minori
come giovani utenti dei media è oggetto della disciplina del Testo Unico della radiotelevisione. DE
MEO R., La tutela del minore e del suo interesse nella cultura giuridica italiana ed europea, in
Dir. fam. per., 2012, p. 465- 467. Inoltre la Commissione europea ha emanato il 15 febbraio 2011
una comunicazione dal titolo “Programma UE per i diritti dei minori”, in cui la Commissione,
afferma che la creazione di una giustizia a misura del minore deve diventare un obiettivo
fondamentale a cui rivolgere l’azione dell’Unione europea, e che entro il 2013, sarà modificato il
Regolamento n. 2201 del 2003 affinché il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia
di responsabilità genitoriale avvengano in tempi rapidi. FASANO A.M., MATONE S., I conflitti
della responsabilità genitoriale, Milano, 2013, p. 71. TOMMASEO F., Il processo civile familiare
e minorile italiano nel contesto dei principi europei, in Dir. fam. 2012, p.1267.
129
si riferiscono al minore, la cui condizione di debolezza necessita di una tutela
rinforzata anche nei rapporti giudiziari, sociali e nel mercato. Questo percorso
normativo del diritto interno affonda le sue radici non solo nei principi della Carta
costituzionale, ma anche nell’attività degli organi legislativi e giurisdizionali
dell’Unione3. In questo processo un posto di primo piano spetta ora alla Carta dei
diritti fondamentali dell’Unione europea4. (approvata dal Parlamento europeo il
14 novembre 2000, e proclamata a Nizza il 7-8 dicembre dello stesso anno) che
costituisce la “costituzione materiale” europea. Tra le libertà fondamentali tutelate
vengono riconosciuti ‘il diritto al rispetto della vita privata e familiare’(art.7) e ‘ il
diritto di sposarsi e di costituire una famiglia….secondo le leggi nazionali che ne
garantiscono l’esercizio.’(art.9; tale inciso va ad attuare il principio, contenuto nel
preambolo, secondo cui la consapevolezza del “comune patrimonio spirituale e
morale” si coniuga con “il rispetto delle diversità delle culture e delle tradizioni
dei popoli europei, dell’identità nazionale degli Stati membri”).
La Carta riserva particolare attenzione ai diritti del bambino, enunciati nel suo art.
24. Il minore diventa così soggetto di diritto, in quanto destinatario diretto della
tutela e ad esso gli viene riconosciuta anche la possibilità di esprimersi in merito
alle situazioni che lo interessano. Le ricadute, in termini di disciplina giuridica
interna, si ritrovano in tutte quelle norme nelle quali l’autorità giudiziaria ha
l’obbligo di ascoltare il minore per dirimere le controversie che riguardano il suo
affidamento, il suo mantenimento, la sua stessa adozione, oppure l’ingresso di un
___________________ 3
Il radicarsi di principi comuni si deve anche all’adesione dei Paesi europei a convenzioni
internazionali promosse dalle Nazioni Unite ( Convenzione di New York sui diritti del fanciullo
del 20 novembre 1989, ratificata con l. 27 maggio 1991, n. 176), o stipulate dagli Stati aderenti al
Consiglio d’Europa e aventi come obiettivo quello di garantire anche al di fuori dei confini
nazionali l’attuazione di diritti fondamentali in ambito familiare, come quello relativo alla
salvaguardia delle relazioni tra genitori e figli ( Convenzione dell’Aja 28 maggio 1970, sul
rimpatrio dei minori; Convenzione di Lussemburgo 20 maggio 1980, sul riconoscimento e
l’esecuzione delle decisioni in materia di affidamento dei minori e di ristabilimento
dell’affidamento; Convenzione dell’Aja 25 ottobre 1980, sugli aspetti civili della sottrazione
internazionale dei minori, ratificate con l. 15 gennaio 1994, n. 64), o l’adozione ( Convenzione di
Strasburgo 24 aprile 1967) o i diritti dei minori nei procedimenti che li riguardano ( Convenzione
di Strasburgo 25 gennaio 1996, sull’esercizio dei diritti del minore,). BESSONE M., ALPA G.,
D’ANGELO A., FERRANDO G. e SPALLAROSSA M.R., La famiglia nel nuovo diritto. Principi
costituzionali, riforme legislative, orientamenti della giurisprudenza, Bologna, 2002, p. 48. 4 Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea , approvata dal Parlamento europeo il 14
novembre 2000, e proclamata a Nizza il 7-8 dicembre dello stesso anno in Gazzetta ufficiale delle
Comunità europee del 18 dicembre 2000.
130
fratello adottivo nella sua famiglia naturale e in alcuni casi la voce del minore,
diviene una vera e propria espressione di assenso o dissenso, giuridicamente
rilevante per il giudice. L’ascolto del minore diviene un momento importante nelle
controversie giudiziarie che lo coinvolgono e le autorità, anche se devono valutare
adeguatamente l’attendibilità delle sue affermazioni, non possono rinunciare a
questa attività. Inoltre il bambino ha il diritto di frequentare entrambi i genitori e ,
quindi, l’affidamento condiviso deve essere la forma privilegiata per regolare la
vita del minore in seguito alla crisi fra i genitori5.
_________________________________
5 Art. 24 Carta dei diritti fondamentali dell’Unione. Diritti del bambino. “1. I bambini hanno
diritto alla protezione e alle cure necessarie per il loro benessere. Essi possono esprimere
liberamente la propria opinione; questa viene presa in considerazione sulle questioni che li
riguardano in funzione della loro età e della loro maturità. 2. In tutti gli atti relativi ai bambini,
siano essi compiuti da autorità pubbliche o da istituzioni private, l'interesse superiore del bambino
deve essere considerato preminente. Ogni bambino ha diritto di intrattenere regolarmente relazioni
personali e contatti diretti con i due genitori, salvo qualora ciò sia contrario al suo interesse.”.---
mentre la Convenzione sui diritti del fanciullo approvata dall’Onu nel 1989 stabiliva all’art. 5
soltanto che : “Gli Stati parti rispettano la responsabilità, il diritto e il dovere dei genitori o, se del
caso, dei membri della famiglia allargata o della collettività, come previsto dagli usi locali, dei
tutori o altre persone legalmente responsabili del fanciullo, di dare a quest’ultimo, in maniera
corrispondente allo sviluppo delle sue capacità, l’orientamento e i consigli adeguati all'esercizio
dei diritti che gli sono riconosciuti dalla presente Convenzione.” FASANO A.M., MATONE S., I
conflitti della responsabilità genitoriale, Milano, 2013, p. 39; BESSONE M., ALPA G.,
D’ANGELO A., FERRANDO G. e SPALLAROSSA M.R., La famiglia nel nuovo diritto. Principi
costituzionali, riforme legislative, orientamenti della giurisprudenza, Bologna, 2002, p.49 ss. Si
osserva una maggiore ampiezza dei diritti del bambino riconosciuti dall’art. 24 della Carta rispetto
al nostro dettato costituzionale ex art.30. Questo è il risultato proprio della diversa concezione
della centralità del bambino, non più solo ‘figlio’ della sua famiglia, ma anche ‘cittadino’ con un
suo status nell’ordinamento, fatto di situazioni giuridiche pretensive.DE MEO R., La tutela del
minore e del suo interesse nella cultura giuridica italiana ed europea, in Dir. fam. per., 2012,
p.476-477; 467-469. Già con la Convenzione europea di Strasburgo del 1996, sull’esercizio dei
diritti dei minori, il Consiglio d’Europa ha voluto dare piena attuazione in campo europeo alla
Convenzione firmata a New York del 1989, dando particolare sviluppo alle norme strumentali che
servono ad agevolare l’attuazione in sede giurisdizionale dei diritti sostanziali dei fanciulli. La
Convenzione esige non soltanto che il minore riceva dal proprio rappresentante legale un’adeguata
informazione sull’oggetto della controversia e sulla rilevanza che la sua opinione può assumere nel
caso concreto, ma viene posto espressamente in capo al giudice, prima di giungere a qualunque
decisione, il dovere di verificare che il minore capace di discernimento abbia ricevuto le
informazioni pertinenti che sono necessarie per consentirgli di esercitare, in particolare, il diritto di
influire sulla decisione facendosi ascoltare dal giudice per esprimere la propria opinione. La
Convenzione di New York, prevedeva semplicemente che i diritti processuali riconosciuti al
minore sono esercitabili in ogni procedura giudiziaria o amministrativa che lo riguardi. La
Convenzione di Strasburgo precisa che tali regole valgono per i procedimenti in materia di
famiglia e fa esplicito riferimento ai procedimenti relativi all’esercizio delle responsabilità
genitoriali. Un ulteriore passo avanti verso la costruzione, in sede europea, di una giustizia a
misura del minore, si è avuto con le Linee guida adottate dal Comitato dei Ministri del Consiglio
d’Europa il 17 novembre 2010: in tutti i procedimenti che hanno ad oggetto lo status personale del
minore, es. le controversie legate alla cittadinanza, all’immigrazione, al diritto di soggiorno, questi
deve ricevere tutte le informazioni necessarie su come esercitare efficacemente il diritto ad essere
ascoltato. TOMMASEO F., Il processo civile familiare e minorile italiano nel contesto dei principi
europei, in Dir. fam. 2012, p. 1269 ss.
131
La primazia della tutela del minore emerge anche dalla tecnica usata dalle norme
di riferimento per precisarne l’importanza: l’interesse del minore viene definito ,
di volta in volta, come esclusivo, superiore, prevalente e oggetto di primaria
considerazione. Tuttavia nessuna norma dice quale debba essere questo interesse,
come esso debba connotarsi e intendersi: è proprio la sua genericità ed elasticità a
renderlo una di quelle clausole generali di cui l’ordinamento si serve per
permettere all’interprete, nella fase applicativa della disciplina, di modellare le
nozioni giuridiche al concreto atteggiarsi delle esigenze, dei bisogni, delle
aspirazioni del singolo bambino nel caso concreto. E la ricerca dell’interesse del
minore va condotta riferendosi a come, nella sua personalità in divenire, si debba
riflettere il rispetto della dignità della persona. La tutela dei minori indica il
momento iniziale e imprescindibile della tutela della persona nelle situazioni
esistenziali che la coinvolgono e, pertanto, i diritti fondamentali riconosciuti al
fanciullo e all’adolescente rivelano il grado di estensione del principio
personalista nel sistema delle fonti europee6.
_______________ 6
DE MEO R., La tutela del minore e del suo interesse nella cultura giuridica italiana ed europea,
in Dir. fam. pers., 2012, p. 473-476. Specificamente, sulla cultura giuridica della tutela dei minori,
quale espressione dei diritti fondamentali—P.Alston, The Best Interest Principle: toward
reconciliation of culture and human rights, in International Journal of Law and Family, 1994,
p.11 ss.
132
1.2. Le difficoltà nella regolamentazione unitaria del diritto di famiglia.
Progetto di trattato che istituisce una Costituzione per l’Europa
La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione non è l’unica fonte di diritto europeo
che si interessi dei diritti dei minori, ma da essa l’Unione ha preso le mosse per
estendere il suo raggio di intervento nella regolazione dei rapporti giudiziari, con
il fine di garantire la circolazione dei provvedimenti e delle sentenze. Tuttavia nel
settore della cooperazione giudiziaria in materia civile, in base al trattato CE, ciò è
possibile ad una duplice condizione: occorre che le questioni regolate presentino
“implicazioni transfrontaliere” e che l’atto sia necessario per il “corretto
funzionamento del mercato interno”. La competenza (di natura concorrente) può
esercitarsi, ai sensi dell’art. 67, solo all’unanimità allorché il Consiglio sia
chiamato a decidere su aspetti connessi con il diritto di famiglia7.
Ciò nonostante è importante notare come ,dopo il Trattato di Amsterdam del 1997
(in vigore dal 1999), le cui indicazioni hanno trovato piena conferma nel Trattato
sul funzionamento dell’Unione ( germinato dal recente Trattato di Lisbona del
2007, in vigore dal 1° dicembre 2009), l’Unione Europea ha acquisito il potere di
usare i propri strumenti normativi allo scopo di realizzare, come vuole l’art. 26,
un ‘mercato interno’ nel quale è assicurata “la libera circolazione delle merci,
_____________________
7 Articolo 67 (*) “1… il Consiglio delibera all'unanimità su proposta della Commissione o su
iniziativa di uno Stato membro e previa consultazione del Parlamento europeo……5. .. il
Consiglio adotta secondo la procedura di cui all'articolo 251: le misure previste all'articolo 63…;
le misure previste all'articolo 65, ad esclusione degli aspetti connessi con il diritto di famiglia. (*)
Articolo modificato dal trattato di Nizza. C 325/60 IT Gazzetta ufficiale delle Comunità europee
24.12.2002. Articolo III-269 progetto di trattato costituzionale. “1. L'Unione sviluppa una
cooperazione giudiziaria nelle materie civili con implicazioni transnazionali, fondata sul principio
di riconoscimento reciproco delle decisioni giudiziarie e extragiudiziali. Tale cooperazione può
includere l'adozione di misure intese a ravvicinare le disposizioni legislative e regolamentari degli
Stati membri.. 3.. le misure relative al diritto di famiglia aventi implicazioni transnazionali
( concernig family law with cross-border implications) sono stabilite da una legge o legge quadro
europea del Consiglio( in base al paragrafo 2. ‘particularly when necessary for the proper
functioning of the internal market’, in particolare se necessario al buon funzionamento del mercato
interno). Questo delibera all'unanimità previa consultazione del Parlamento europeo.”. Costituzione europea: le politiche e il funzionamento dell'Unione.29.10.2004.Circa la competenza
della Comunità ad intervenire in materia di diritto internazionale privato cfr. POCAR, La
comunitarizzazione del diritto internazionale privato: una ‘European Conflict of Laws
Revolution’?, in Riv. dir. int. priv. E process., 2000, p. 873 ss.; BOELE-WOEKLY, VAN OOIK,
The comunitarization of Private International Law, in Yearbook Private International Law, 2002,
p. 1 ss.; PARTSCH, Le droit international privè europèen, Bruxelles, 2003, p. 237 ss.; ROSSI,
L’incidenza dei principi del diritto comunitario sul diritto internazionale privato: dalla
comunitarizzazione alla costituzionalizzazione , in Riv. dir. int. priv. e process., 2004, p. 63 ss.
133
delle persone, dei servizi e dei capitali”, attuando in tal modo “ uno spazio di
libertà, sicurezza e giustizia nel rispetto dei diritti fondamentali”, ma anche “nel
rispetto dei diversi ordinamenti giuridici e delle diverse tradizioni giuridiche degli
Stati membri”( art.67). E l’espressione “mercato interno” non ha un significato
meramente economico, ma allude ad uno spazio “senza frontiere interne”, ovvero
luogo di esercizio di libertà fondamentali che sono strumento per garantire non
soltanto la libertà d’iniziativa economica, ma anche libertà con più ampia valenza,
come dimostra il riferimento, contenuto nell’art. 81 TFUE, alla libertà di
circolazione dei cittadini europei e specialmente alla cooperazione giudiziaria in
materia civile8.
Perciò essendo la vita dei membri delle famiglie e la loro libertà di circolazione
nello spazio europeo in diretta connessione con quello spazio di libertà, di
giustizia e di sicurezza, anche il diritto di famiglia rientra ora tra gli obiettivi a cui
l’Unione deve rivolgere la propria attenzione. Tuttavia è proprio la regola
dell’unanimità rafforzata, secondo cui “la decisione non può essere adottata”
quando anche uno soltanto dei Parlamenti nazionali comunichi la propria
contrarietà alla proposta formulata dalla Commissione, che ha impedito di creare
_______________ 8 Cooperazione giudiziaria in materia civile. Articolo 81 (Ex articolo 65 del TCE). “1. L'Unione
sviluppa una cooperazione giudiziaria nelle materie civili con implicazioni transnazionali, sulla
base del principio del reciproco riconoscimento delle sentenze e delle decisioni extragiudiziali.
Tale cooperazione può includere l'adozione di misure relative al ravvicinamento delle disposizioni
legislative e regolamentari degli Stati membri. 2. Ai fini del paragrafo 1, il Parlamento europeo e il
Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria, adottano misure, in particolare
se necessario al buon funzionamento del mercato interno, volte a garantire:(A) il riconoscimento e
l'esecuzione tra gli Stati membri delle sentenze e delle decisioni extragiudiziali reciproco;(B) la
notificazione transnazionale degli atti giudiziari ed extragiudiziali;(C) la compatibilità delle regole
applicabili negli Stati membri ai conflitti di leggi e di giurisdizione;(D) la cooperazione
nell'assunzione dei mezzi di prova; (E) un accesso effettivo alla giustizia; (F) l'eliminazione degli
ostacoli al corretto svolgimento dei procedimenti civili, se necessario promuovendo la
compatibilità delle norme di procedura civile applicabili negli Stati membri; (G) lo sviluppo di
metodi alternativi di risoluzione delle controversie; (H) un sostegno alla formazione dei magistrati
e degli operatori giudiziari. 3. In deroga al paragrafo 2, le misure relative al diritto di famiglia con
implicazioni transnazionali sono stabilite dal Consiglio, deliberando secondo una procedura
legislativa speciale. Il Consiglio delibera all'unanimità previa consultazione del Parlamento
europeo. Il Consiglio, su proposta della Commissione, può adottare una decisione che determina
gli aspetti del diritto di famiglia aventi implicazioni transnazionali e che potrebbero formare
oggetto di atti adottati secondo la procedura legislativa ordinaria. Il Consiglio delibera
all'unanimità previa consultazione del Parlamento europeo. La proposta di cui al secondo comma è
trasmessa ai parlamenti nazionali. Se un parlamento nazionale comunica la sua opposizione entro
sei mesi dalla data di tale notifica, non è adottata la decisione. In assenza di opposizione, il
Consiglio può adottare la decisione.”
134
una disciplina unitaria e che è stata costruita all’evidente scopo di evitare che
norme di diritto internazionale privato elaborate dall’Unione europea possano
vulnerare le specificità che caratterizzano le leggi nazionali in materia familiare.
Gli ordinamenti degli Stati membri, infatti, esprimono una pluralità di ‘modelli
familiari’ difficilmente riducibili ad unità: lo dimostrano, ad esempio, le discipline
su patti di solidarietà, convivenze registrate, che presentano una semplificazione
del momento costitutivo e dissolutivo, e sono aperte a coppie dello stesso; non
sono riconducibili a valori condivisi quelle esperienze giuridiche (in Olanda e
Belgio, ad esempio) nelle quali tali coppie sono ammesse all’istituto del
matrimonio9. Tra l’altro la stessa Carta dei diritti fondamentali all’art. 9, ad
inequivoco riconoscimento di una divaricazione delle concezioni che
progressivamente si sono determinate in materia negli Stati membri, non da una
definizione di famiglia, ma lascia libero ciascuno Stato membro non solo di
regolare i rapporti familiari e di accogliere la concezione di matrimonio che
ritiene più consona al modo di essere e di sentire della propria società, ma anche
di non applicare a cittadini di altri Stati membri norme che facciano parte della
loro legge nazionale ma che contrastano in modo macroscopico con le scelte
fondamentali da esso fatte in materia10
.
Si tratta quindi di una scelta pluralista
che deriva dal fatto che l’istituzione familiare resta una forma sociale fortemente
condizionata nei suoi elementi dalle tradizioni storico-sociali e dalle identità
culturali dei contesti nazionali di riferimento.
_______________ 9 DE MEO R., La tutela del minore e del suo interesse nella cultura giuridica italiana ed europea,
in Dir. fam. per., 2012, p.469; BARATTA R., Verso la comunitarizzazione dei principi
fondamentali del diritto di famiglia, in Riv. dir. int. priv. e process., 2005, p. 573-578;
TOMMASEO F., La crisi della famiglia nel diritto internazionale privato e processuale, in Fam. e
dir., 2013, p. 86-87. 10
Tuttavia aldilà della diversità di scelte effettuate dai Paesi membri ( tra chi ha scelto di allargare
la figura del matrimonio, dando così spazio alla libertà delle persone e evitando differenziazioni
basate sui loro orientamenti e chi l’ha mantenuta quale fondamento della famiglia), tutti hanno
tenuto presente che accanto ai diritti delle persone che si uniscono sulla base di sentimenti di
affetto esistono doveri funzionali alla promozione umana delle nuove generazioni. Così in Olanda,
la legge del 2001, pur se ha aperto l’adozione a coppie omosessuali, lo ha fatto accompagnando
tale apertura con la precisazione che questa, legata alla possibilità in Olanda di istituire adozioni
uni-parentali, anche per il limite costituito dall’adozione di soli minori olandesi, è destinata ad
essere utilizzata da persone che non sono genitori biologici dell’adottando ma coabitano da almeno
tre anni con il padre o la madre dell’adottando stesso e di quest’ultimo si prendono cura da almeno
un anno; tale adozione è destinata cioè a coprire solo situazioni già di fatto costituitesi in modo
irreversibile.--- MENGOZZI P., I problemi giuridici della famiglia a fronte del processo di
integrazione europea, in Fam. e dir., 2004, p. 645 e 647.
135
Tuttavia è vero che la competenza normativa dell’Unione è basata sul principio di
attribuzione (art. 5 TUE) e che il diritto di famiglia non forma oggetto di alcuna
attribuzione dell’Unione11
. I Trattati però chiamano l’Europa a porre in essere
politiche ed azioni, anche di natura normativa, mirate a combattere le
discriminazioni, comprese quelle basate sulla nazionalità (art. 18 TFUE) e
sull’orientamento sessuale ( artt. 10 e 19 TFUE), e così a garantire la tutela dei
diritti fondamentali (art. 6, TUE- tra cui il rispetto della vita privata e familiare, la
conciliazione tra vita familiare e professionale, il diritto di sposarsi e di fondare
una famiglia, la parità tra uomo e donna, i diritti dei minori, quegli degli anziani, e
ancora una volta la ‘non discriminazione’), nonché infine ad assicurare la libertà
di circolazione e di soggiorno delle persone all’interno dell’Unione (art. 3, par. 2,
TUE; artt. 20, par. 2, lett. a) e 45 TFUE). L’attuazione di tali politiche ed azioni,
sebbene fondamentalmente riferita alla tutela di posizioni soggettive individuali,
finisce per riflettersi, in modo indiretto ma in misura assai rilevante, sulle stesse
forme organizzative delle relazioni familiari, restituendo legittimazione anche
all’interno dei singoli Stati ad unioni familiari diverse e distanti da quelle
tradizionali e consentendo una rimodulazione delle tutele in materia. Per questo
nel tempo ha preso forma e consistenza, grazie anche all’apporto determinante
della giurisprudenza europea, una sorta di armonizzazione soft, basata su principi
tratti da situazioni specifiche, ma suscettibili di applicazione generalizzata12
.
_______________________
11 “ Basically, The European Union has no competence regarding the unification of family and
succession law”—PINTENS W., Europeanisation of Family Law, in Perspectives for the
Unification and Harmonisation of Family Law in Europe a cura di Katharina Boele-Woelky,
Antwerp, Oxford, New York, 2003, p. 22. 12
Infatti un ravvicinamento delle legislazioni nazionali comuni in materia appare realizzabile
mediante adozione di regola generali di indirizzo e dispositivi di principio, riflettenti valori
fondamentali e interessi comuni. E proprio con il compito di elaborare ‘ principi di diritto europeo
della famiglia’ è stata istituita a Utrecht il 1 settembre 2001 la Commission of European Family
Law ( CEFL), la quale ha già redatto diversi gruppi di principi in materia di divorzio e
mantenimento tra ex coniugi, di responsabilità genitoriale, di rapporti patrimoniali tra i coniugi:
per uno sguardo di insieme, PACIA R., I principi di diritto europeo della famiglia, in Europ. d.
priv. , 2009, p. 227 ss.---in SCALISI V., “Famiglia e Famiglie in Europa”, in Riv. dir. civ., 2013,
p. 10 e p. 13-15. La Commissione è composta di circa 25 esperti di diritto di famiglia e diritto
comparato, provenienti da tutti gli Stati dell’Unione europea e da altri paesi europei. “L’obiettivo
primario della CEFL è quello di predisporre, a livello teorico e pratico, l’armonizzazione del
diritto dei famiglia in Europa.” In realtà l’armonizzazione del diritto di famiglia in Europa è un
compito arduo, perché quello che è in gioco nella costruzione di un diritto di famiglia comune è la
negazione di un aspetto ‘vitale’ dello stato nazionale.--- BRADLEY D., A Family Law for Europe?
Sovereignity, Political Economy and Legitimation, in Global Jurist Frontiers, 2008, p.104.
136
Altro documento fondamentale a livello europeo è il Progetto di Trattato che
istituisce una Costituzione per l’Europa13
: l’art. 33 (‘Vita familiare e vita
professionale’), garantisce la protezione della famiglia ‘sul piano giuridico,
economico e morale’, riferendosi alla moderna tipologia della famiglia come
aggregazione sociale nel quale convivono due o più persone con legami affettivi14
.
La tutela dell’individuo, come soggetto inserito nella formazione sociale
familiare, è ritenuta, quindi, prevalente rispetto a quella del gruppo, dovendo la
Carta dell’Unione essere valida per ogni tipologia familiare, compresa la famiglia
di fatto e soprattutto garantire, al cittadino dell’Unione, insieme alla libertà di
circolazione e di stabilimento, i c.d. diritti individuali di libertà15
. La Carta non
parla di famiglia, di genitori e di prole come categorie destinatarie di doveri oltre
che di diritti (es. art. 29, 30 Cost.), ma di diritti dell’individuo, volta a volta
qualificato come uomo o donna (art. 23), bambino (art. 24), anziano (art. 25),
disabile (art. 26), lavoratore (art. 14, 27 e 31), minore ( art. 32). L’individuo-
persona, come soggetto ‘familiare’, è destinatario della normativa contenuta in
alcuni articoli, che riguardano e disciplinano i diritti della vita familiare, della vita
professionale e di quella di relazione. Ne costituiscono esempi: l’art. 14 sul diritto
all’istruzione ed all’accesso alla formazione professionale continua16
;
________________________
13 Pubblicato in G.U.C.E. del 18 luglio 2003, n. C-169—su cui tra gli altri CARBONE S.M.,
Progetto di Costituzione europea, diritti dell’individuo e tutela giurisdizionale, in Dir. comm. int.,
2003, p. 3 ss.
14
Essa riprende la concezione accolta nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, il
cui art. 7 riproduce i contenuti dell’art. 16 della Carta sociale europea, redatta a Torino il 18
ottobre 1961. Ma il diritto alla protezione sociale, giuridica ed economica, che la Carta di Torino
riconosceva aveva natura pubblicistica, nel senso che ogni Stato membro era tenuto a garantire la
tutela come interesse primario e protetto della collettività familiare, non come diritto fondamentale
del singolo. Invece nel Progetto di Trattato, la formazione sociale familiare, nella quale si svolge la
personalità del singolo, è destinataria di un principio generale di tutela, che si realizza attraverso il
riconoscimento dei singoli diritti fondamentali dell’individuo che ne fa parte. --- ANDRINI M.C.,
La famiglia nella Costituzione europea, in Familia, 2004, p. 551 ss. 15
Nel preambolo alla Carta è detto che l’Unione si fonda sui valori indivisibili ed universali della
dignità umana, della libertà, dell’uguaglianza e della solidarietà, e che ‘pone la persona al centro
della sua azione istituendo la cittadinanza dell’Unione e creando uno spazio di libertà, sicurezza e
giustizia’. ANDRINI M.C., La famiglia nella Costituzione europea, in Familia, 2004, p. 556. 16
L’art. 14, co.3, è una piccola testimonianza sulle difficoltà oggettive che ostano alla creazione di
un diritto comunitario della famiglia, come è avvenuto per le libertà a contenuto economico. Infatti
riconosce il ‘diritto dei genitori di provvedere all’educazione e all’istruzione dei loro figli secondo
le loro convinzioni’. Nel nostro ordinamento invece i genitori non hanno il diritto di educare ed
istruire i figli secondo le proprie convinzioni religiose, filosofiche e pedagogiche, bensì secondo le
‘loro’ inclinazioni. ALPA G., Alcune osservazioni sul diritto comunitario e sul diritto europeo
della famiglia, in Familia, 2004, p.444.
137
l’art. 15, sul diritto di lavorare e di esercitare una professione ‘liberamente scelta
o accettata’, che comporta la libertà di cercare un lavoro, prima ancora di quella
di lavorare, di stabilirsi o di prestare servizi in qualunque Stato membro; l’art. 7,
“Rispetto della vita privata e della vita familiare”, che garantisce all’individuo il
rispetto di entrambe le forme di vita, includendovi la tutela del domicilio e delle
sue comunicazioni; l’art. 9 che garantisce il ‘diritto di sposarsi e di costituire una
famiglia secondo le leggi nazionali che ne disciplinano l’esercizio’. Il diritto di
costituire una famiglia non è subordinato al matrimonio: il diritto alle nozze e
quello di unirsi per procreare una famiglia, anche senza contratto di matrimonio,
sono espressamente previsti come due diritti diversi, garantiti nella loro
autonomia dalla legislazione nazionale del soggetto. Sono invece comuni alle due
tipologie, perché personalissimi, i diritti di educare ed istruire i figli, secondo la
proprie convinzioni “religiose, filosofiche e pedagogiche” (art.14 co.3), i diritti di
non perdere il lavoro per motivi connessi con la maternità e di percepire un
congedo di maternità o parentale retribuito (art. 33, 2° comma), i diritti dei figli di
“intrattenere relazioni personali e contatti diretti con i genitori” (art. 24)17
.
Mentre è stato possibile creare statuti normativi per regolamentare le libertà
economiche, come i Princìpi Unidroit ed i Principles of European Contract Law
(P.E.C.L.), maggiori incertezze si profilano per una disciplina unitaria delle libertà
della persona e della famiglia18
. Si può tentare in materia regolamentare in
maniera uniforme la cd. dimensione internazionale delle relazioni familiari, con la
redazione di un quadro di principi e realizzando una convergenza dei singoli
ordinamenti: es. attraverso la semplificazione e l’armonizzazione delle procedure
e mediante la ricezione e la pubblicità reciproca delle decisioni
giurisprudenziali19
.
_______________________ 17
Sul diritto di costituire una famiglia, CELOTTO A., La libertà di contrarre matrimonio fra
Costituzione italiana e (progetto di) Costituzione europea: spunti di riflessione, in Familia, 2004,
p.319 ss. ANDRINI M.C., La famiglia nella Costituzione europea, in Familia, 2004, p. 556. 18
Sul tema in generale, SESTA M., Privato e pubblico nei progetti di legge in materia familiare, in
Separazione, divorzio, affidamento dei minori: quale diritto per l’Europa?, Atti del Convegno di
Bologna 17-18 aprile 1998 a cura di SESTA M., Milano, 2000, p.3 ss. 19
Il Consiglio di Giustizia e Affari interni dell’Unione europea ha adottato il 20 ottobre 2003 uno
strumento normativo unico per definire regole comuni in materia matrimoniale e di responsabilità
dei genitori verso i figli minori che abroga il Regolamento n. 1347/2000.
138
Più arduo è ipotizzare un Codice europeo della famiglia o delle successioni, inteso
come un complesso di norme c.d. materiali di origine pattizia, in grado di porre
norme uniformi per i diversi Stati: l’ostacolo ad un diritto di famiglia uniforme è
dato proprio dal pluralismo dei modelli familiari20
.
_____________________________ 20
ANDRINI M.C., La famiglia nella Costituzione europea, in Familia, 2004, p. 562 ss. Questo
ostacolo è agevolmente segnalato ed analizzato nel saggio di ANTOKOLSKAIA, The
Armonization of Family Law: Old and New Dilemmas, in European Review of Private Law, 2003,
p. 28 ss.; in JAYME E., Diritto di famiglia: società multiculturale e nuovi sviluppi del diritto
internazionale privato, in Riv. dir. int. priv. proc., 1993, p.295. Guido Alpa, nel suo saggio,
suggerisce una duplice fase di attuazione del livello di armonizzazione: partendo da un livello
minimo, si dovrebbe passare gradualmente ad un livello mediano di intervento legislativo; inoltre
se i valori su cui insistere sono quelli dei diritti fondamentali 'considerati nella dimensione
individuale’, come la Carta europea afferma, tale ottica è sempre momentanea e questi diritti sono
“suscettibili di essere rivisitati alla luce della compagine familiare”.--- ALPA G., Alcune
osservazioni sul diritto comunitario e sul diritto europeo della famiglia, in Familia, 2004, p. 449
ss.
139
2. Il ruolo degli atti convenzionali nelle questioni legate alle relazioni
familiari: la Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo e gli altri
accordi tra gli Stati membri
Di fondamentale importanza in materia familiare sono anche gli atti convenzionali
adottati dagli Stati membri. Il primo passo verso la tutela delle relazioni familiari
e del diritto fondamentale alla costituzione di una famiglia a livello europeo si è
avuto a Roma dove, il 4 novembre 1950, è stata firmata (da parte dei 12 Stati al
tempo membri del Consiglio d’Europa-Belgio, Danimarca, Francia, Grecia,
Irlanda, Islanda, Italia, Lussemburgo, Norvegia, Paesi Bassi, Regno Unito, Svezia,
Turchia) la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle
libertà fondamentali (CEDU), un trattato internazionale redatto dal Consiglio
d’Europa21
e reso esecutivo in Italia con la l. n. 848 del 1955. Tale Convenzione è
richiamata dalla Carta dei diritti approvata a Nizza nel 200022
. e i diritti
_________________ 21
Prima organizzazione internazionale di portata europea istituita al fine precipuo di garantire i
diritti umani e il consolidamento della democrazia, a cui hanno dato vita con una decisione
adottata nel 1949, 10 paesi europei (Belgio, Danimarca, Francia, Grecia, Irlanda, Italia,
Lussemburgo, Norvegia, Paesi Bassi, Regno Unito e Svezia). A tale organizzazione, a cui
aderirono l’anno seguente anche Islanda e Germania, e che oggi raccoglie ben 46 paesi, si deve
l’elaborazione di uno degli strumenti giuridici di diritto internazionale più notevoli ed efficaci nel
campo della protezione dei diritti fondamentali. La sua rilevanza ed incisività dipendono, più che
dai diritti in essa contenuti, da altre caratteristiche : essa pone delle garanzie non solo “ di carattere
obiettivo, cioè invocabili indipendentemente da un interesse specifico di un singolo Stato
contraente”, ma anche rinforzate da appositi meccanismi di controllo giurisdizionale , prima
articolati su tre organi, la Commissione ( con funzione di filtro per la ricevibilità dei ricorsi), la
Corte e il Comitato dei ministri (entrambi decisori finali) e dopo l’entra in vigore il 1° novembre
1998 del protocollo n. 11—interamente nelle mani di una Corte permanente, con sede a Strasburgo
( diversa dalla Corte di giustizia dell'Unione europea con sede in Lussemburgo). MONTANARI
L., I diritti dell’uomo nell’area europea tra fonti internazionali e fonti interne, Torino, 2002, p. 12;
più ampiamente BULTRINI A., Il meccanismo di protezione dei diritti fondamentali istituito dalla
Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Cenni introduttivi, a cura di Nascimbene B., ‘La
Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Profili ed effetti nell’ordinamento italiano’, Milano
2002, pp. 20 ss. La Cedu introduce , accanto al c.d. ricorso interstatale, azionabile ad opera di uno
degli Stati contraenti per contestare una presunta violazione dei diritti umani, avvenuta nel
territorio di un altro Stato parte, anche la possibilità di ricorso ‘individuale’ su iniziativa dei
soggetti direttamente lesi in uno dei diritti da essa garantiti. GENNUSA M. E., La Cedu e l’Unione
Europea, in ‘I diritti in azione. Universalità e pluralismo dei diritti fondamentali nelle Corti
europee’, a cura di CARTABIA M., Bologna, 2007, p. 91 ss. 22
Nel suo preambolo è stabilito : “ La presente Carta riafferma….i diritti derivanti in particolare
dalle tradizioni costituzionali e dagli obblighi internazionali comuni agli stati membri, dalla
Convenzione europea di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, dalle carte
sociali adottate dall’Unione e dal Consiglio d’Europa, nonché dalla giurisprudenza della Corte di
giustizia dell’U. E. e della Corte europea dei diritti dell’uomo.”—CARTABIA M., L’ora dei diritti
fondamentali nell’Unione europea, in ‘I diritti in azione. Universalità e pluralismo dei diritti
fondamentali nelle Corti europee’, a cura di CARTABIA M., Bologna, 2007, p.31.
140
fondamentali in essa contenuti sono entrati a far parte del diritto dell’Unione23
.
La Convenzione di Roma tutela la vita familiare e i rapporti interni ed esterni dei
componenti della famiglia, all’art. 8: “ Ogni persona ha diritto al rispetto della sua
vita privata e familiare, del suo domicilio e della sua corrispondenza. Non può
esservi ingerenza della pubblica autorità nell’esercizio di tale diritto se non in
quanto tale ingerenza sia prevista dalla legge e in quanto costituisca una misura
che in una società democratica, è necessaria per la sicurezza nazionale, l’ordine
pubblico, il benessere economico del paese, la prevenzione dei reati, la protezione
della salute o della morale, o la protezione dei diritti e delle libertà altrui”. Tale
articolo e, soprattutto la sua elaborazione giurisprudenziale, riguardano ingerenze
dello Stato, esercitate attraverso provvedimenti ablativi e/o limitativi della potestà
genitoriale, oppure, obbligazioni positive che incombono agli Stati nazionali per
garantire effettività ai diritti e alle libertà convenzionalmente garantiti: gli Stati
nel loro potere di legiferare devono avere riguardo a prevenire o reprimere le
violazioni delle libertà e dei diritti fondamentali anche all’interno della famiglia.
Un altro articolo che può essere invocato a tutela dei rapporti e delle relazioni dei
singoli componenti del gruppo è l’art. 5 protocollo n.7: “ I coniugi godono di
uguali diritti e responsabilità di carattere civile con riferimento al matrimonio, tra
se stessi e nelle loro relazioni con la prole, durante lo stesso e nella sua
dissoluzione….. ”. Tale articolo ha viene talvolta assunto violato unitamente
all’art. 8, nei casi in cui non vengono garantiti rapporti significativi dei figli con
entrambi i genitori, dove la coppia è separata, divorziata o, comunque, non più
convivente24
.
In materia di rapporti tra genitori e figli, una prima convenzione sul tema, è la
convenzione europea dell’Aja del 28 maggio 1970 sul rimpatrio dei minori,
_______________________
23 Art. 6 Trattato UE ,nella versione consolidata a Lisbona il 13 dicembre 2007, e entrato in vigore
il 1 dicembre 2009—“1. L'Unione riconosce i diritti, le libertà e i principi sanciti nella Carta dei
diritti fondamentali dell'Unione europea del 7 dicembre 2000, adottata il 12 dicembre 2007 a
Strasburgo…..2….aderisce alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e
delle libertà fondamentali….. I diritti fondamentali, garantiti dalla CEDU e risultanti dalle
tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, fanno parte del diritto dell'Unione in quanto
principi generali.” 24
LONGO F., Rapporti familiari e responsabilità civile, Torino, 2004, p. 161-162.
141
ratificata in Italia con la legge 30 giugno 1975, n. 39625
. Con la legge 15 gennaio
1994, n. 64 è stata designata l’Autorità centrale competente ( art. 3, per l’Italia è
l’Ufficio per la giustizia minorile del Ministero di Grazia e Giustizia) e sono state
attribuite le relative competenze al Tribunale dei minorenni (art. 5) Si tratta però
di una Convenzione non ancora entrata in vigore e superata dalle convenzioni
internazionali successive. In particolare in Italia, in materia di rapporti tra genitori
e figli, trovano applicazione la Convenzione europea sul riconoscimento e
l’esecuzione delle decisioni in materia di affidamento dei minori e ristabilimento
dell’affidamento, firmata a Lussemburgo il 20 maggio 1980 e la Convenzione
sugli aspetti civili della sottrazione internazionale dei minori, firmata all’Aja il 25
ottobre 1980, entrambe ratificate in Italia con legge 15 gennaio 1994, n. 64. Essa
ha attribuito al Tribunale dei minorenni le competenze relative all’attuazione delle
due convenzioni: l’art. 6 prevede la competenza in merito ai provvedimenti di cui
alla Convenzione di Lussemburgo; l’art. 7 in merito a quelli di cui alla
Convenzione dell’Aja26
.
______________________________
25 Art. 2. “La Convenzione si applicherebbe ai minori nel territorio di uno Stato contraente il cui
rimpatrio è richiesto da un altro stato contraente per una delle seguenti ragioni: la presenza del
minore sia contraria alla volontà della persona o delle persone che esercitano nei suoi confronti la
patri potestà; la presenza del minore sia incompatibile con una misura di protezione o rieducazione
adottata nei suoi confronti dalle Autorità competenti dello Stato richiedente; la presenza del
minore sia necessaria nel territorio dello Stato richiedente e motivo di una procedura tesa ad
adottare nei suoi confronti misure protettive o rieducative. La Convenzione si applicherebbe anche
al rimpatrio dei minori che si trovano sul territorio di uno Stato contraente allorché tale Stato
reputi la loro presenza contraria ai propri interessi od a quelli degli stessi minori, sempre che la
legislazione di detto Stato ne permetta l’allontanamento dal proprio territorio." 26
Art. 6 : “6. 1. Il riconoscimento e l'esecuzione nel territorio dello Stato delle decisioni relative
all'affidamento dei minori ed al diritto di visita adottate dalle autorità straniere ai sensi degli
articoli 7, 11 e 12 della convenzione di Lussemburgo del 20 maggio 1980 sono disposti dal
tribunale per i minorenni del luogo in cui i provvedimenti stessi devono avere attuazione. 2. Il
tribunale decide con decreto in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero e, ove del caso, il
minore e le persone presso cui questi si trova, su ricorso degli interessati o del pubblico ministero.
La decisione è deliberata entro trenta giorni dalla proposizione del ricorso. Contro il decreto del
tribunale è ammesso ricorso per cassazione. La proposizione del ricorso non sospende l'esecuzione
della decisione impugnata. 3. Ove la richiesta sia presentata tramite l'autorità centrale, quest'ultima
premessi se del caso i necessari accertamenti, trasmette senza indugio gli atti al procuratore della
Repubblica presso il tribunale per i minorenni competente..4. Il procuratore della Repubblica
presso il tribunale per i minorenni cura l'esecuzione delle decisioni anche avvalendosi dei servizi
minorili dell'Amministrazione della giustizia, e ne dà immediatamente avviso all'autorità centrale.”
art. 7. : “7. 1. Le richieste tendenti ad ottenere il ritorno del minore presso l'affidatario al quale è
stato sottratto, o a ristabilire l'esercizio effettivo del diritto di vista, sono presentate per il tramite
dell'autorità centrale…2. L'autorità centrale, premessi se del caso i necessari accertamenti,
trasmette senza indugio gli atti al procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni
del luogo in cui si trova il minore. Il procuratore della Repubblica richiede con ricorso in via
d'urgenza al tribunale l'ordine di restituzione o il ripristino del diritto di visita……”.
142
La prima attiene agli aspetti concernenti il riconoscimento e l’esecuzione delle
decisioni in materia di affidamento dei minori e si applica ai casi in cui un
soggetto, titolare del diritto di affidamento su un minore, voglia ripristinare tale
diritto qualora questo sia stato violato da altri, in seguito a trasferimento
illegittimo27
. L’affidatario del minore, per riconoscere od eseguire il
provvedimento giudiziario sull’affidamento in un altro Stato membro, deve
rivolgersi all’Autorità centrale designata in tale Stato( per l’Italia, il Ministero di
Grazia e Giustizia)28
:i provvedimenti concernenti l’affidamento dei minori (art. 7
conv.) ed il diritto di visita ( art. 11 conv.) sono riconosciuti ed esecutivi in ognuno
degli Stati membri. La Convenzione prevede diverse ipotesi, alle quali vengono
fatti corrispondere diversi effetti giuridici: l’art. 8, indica le ipotesi in cui il
riconoscimento e l’esecuzione può ritenersi automatica e quindi si provvede
all’immediata restituzione del minore;29
l’art. 9 prevede le ipotesi in cui si
_______________________
27 Con provvedimento di affidamenti si individua ‘ogni provvedimento di un’autorità che disponga
sulla cura della persona del minore, compreso il diritto di stabilire la sua residenza, nonché in
ordine al diritto di visita;’…art.1 Convenzione. Tale art. da anche una definizione di trasferimento
illegittimo: ‘.. il trasferimento di un minore attraverso una frontiera internazionale in violazione ad
una decisione che disponga il suo affidamento emessa in uno Stato contraente ed esecutiva in tale
Stato; si considera egualmente trasferimento illegittimo: i. il mancato ritorno di un minore
attraverso una frontiera internazionale, al termine del periodo di esercizio di un diritto di visita
relativo a detto minore o al termine di ogni altro soggiorno temporaneo in un territorio diverso da
quello in cui è esercitato l’affidamento; ii. un trasferimento dichiarato successivamente illecito ai
sensi dell’articolo 12.’----Il provvedimento di affidamento del minore costituisce pertanto un
presupposto necessario e rientrano nella competenza della convenzione: i provvedimenti di
affidamento dei minori in caso di separazione e divorzio (art. 155 c.c.; art. 6 legge n. 898/1970); i
provvedimenti concernenti i provvedimenti preadottivi (art. 2, legge n. 184/1983). ANCESCHI A.,
La famiglia nel diritto internazionale privato: aggiornato con la legge 15 luglio 2009, n. 94
(Disposizioni in materia di sicurezza pubblica), Torino, 2010, p. 266 ss. 28
Articolo 5. “1. L’autorità centrale dello Stato richiesto adotta o si adopera perché venga adottata
nel più breve termine ogni disposizione che essa ritiene idonea, rivolgendosi, se del caso, alle sue
autorità competenti, per: a. rintracciare il luogo in cui si trova il minore; b. evitare, in particolare
adottando le misure provvisorie necessarie, che gli interessi del fanciullo o del ricorrente vengano
lesi; c. assicurare il riconoscimento o l’esecuzione del provvedimento; d. assicurare la consegna
del minore al ricorrente quando l’esecuzione del provvedimento è accordata; e. informare
l’autorità richiedente sulle misure adottate e dei seguiti loro dati. 2. Quando l’autorità centrale
dello Stato richiesto ha delle ragioni per credere che il minore si trova nel territorio di un altro
Stato contraente, trasmette i documenti all’autorità centrale di questo Stato, direttamente e senza
indugio.” 29 “1. In caso di trasferimento illegittimo l’autorità centrale dello Stato richiesto farà procedere
immediatamente alla restituzione del minore: a. quando all’atto dell’introduzione dell’istanza nello
Stato in cui il provvedimento è stato pronunciato o alla data del trasferimento illegittimo, se
questo ha avuto luogo precedentemente, il minore e i suoi genitori avevano soltanto la cittadinanza
di questo Stato e il minore aveva la residenza abituale sul territorio di tale Stato, e b. se la
domanda di restituzione è stata proposta ad un’autorità centrale entro un termine di sei mesi a
partire dalla data del trasferimento illegittimo.”
143
procede al riconoscimento ed all’esecuzione del provvedimento straniero di
affidamento, quando non ricorrono le condizioni che consentono il rifiuto30
; l’art.
10 regola tutti gli altri casi per i quali il riconoscimento o l’esecuzione di un
provvedimento straniero può essere rifiutato o sospeso31
.
La Convenzione dell’Aja del 25 ottobre 1980, sugli aspetti civili della sottrazione
internazionale dei minori ( c.d. international kidnapping ) ha il fine di assicurare
sia l’immediato rientro dei minori illecitamente trasferiti o trattenuti in qualsiasi
Stato contraente che l’effettivo rispetto dei diritti di affidamento e di visita previsti
__________________________ 30
“1. Nei casi di trasferimento illegittimo diversi da quelli previsti all’articolo 8 e se si è fatto
ricorso ad un’autorità centrale entro il termine di sei mesi a partire dal trasferimento, il
riconoscimento e l’esecuzione non possono essere rifiutati se non quando: a. si tratta di un
provvedimento pronunciato in assenza del convenuto o del suo rappresentante legale e l’atto
introduttivo del giudizio o altro atto equivalente non è stato notificato o comunicato al convenuto
in forma regolare ed in tempo utile affinché possa difendersi; tuttavia, tale mancata notifica o
comunicazione non può costituire motivo di rifiuto di riconoscimento o di esecuzione quando la
notifica o la comunicazione non abbia avuto luogo per il fatto che il convenuto ha tenuto nascosto
il luogo in cui si trova alla persona che ha promosso il procedimento nello Stato d’origine; b. si
tratta di un provvedimento pronunciato in assenza del convenuto o del suo rappresentante legale e
la competenza dell’autorità che l’ha pronunciato non si basa: i. sulla residenza abituale del
convenuto, ovvero ii. sull’ultima residenza abituale comune dei genitori del minore purché uno di
essi vi risieda ancora abitualmente, ovvero, iii. sulla residenza abituale del minore; c. se il
provvedimento è incompatibile con quello relativo all’affidamento divenuto esecutivo nello Stato
richiesto prima del trasferimento del minore, almeno che quest’ultimo non abbia avuto la sua
residenza abituale sul territorio dello Stato richiedente nell’anno che precede il suo
trasferimento.” 31
“1. Nei casi diversi da quelli di cui agli articoli 8 e 9, il riconoscimento e l’esecuzione possono
essere rifiutati non soltanto per i motivi previsti dall’articolo 9, ma anche per uno dei motivi
seguenti: a. se si è constatato che gli effetti del provvedimento sono manifestamente incompatibili
con i principi fondamentali del diritto che regola la famiglia ed i minori nello Stato richiesto; b. se
si è constatato che a seguito del mutamento di circostanze, compreso il passare del tempo ma
escludendo il mero cambiamento di residenza del minore a seguito di trasferimento illegittimo gli
effetti del provvedimento originario risultano palesemente non più conformi all’interesse del
minore; c. se, al momento dell’introduzione dell’istanza nello Stato d’origine: i. il minore aveva la
cittadinanza dello Stato richiesto o la sua residenza abituale in questo Stato, mentre con lo Stato
d’origine non esisteva alcuno di tali rapporti di collegamento; ii. il minore aveva
contemporaneamente la cittadinanza dello Stato d’origine e quella dello Stato richiesto, nonché la
residenza abituale nello Stato richiesto; d. se il provvedimento è incompatibile con un
provvedimento emesso, o nello Stato richiesto, o in uno Stato terzo, pur essendo esecutivo nello
Stato richiesto, a seguito di un procedimento intrapreso prima della proposizione della domanda
di riconoscimento o d’esecuzione, e se il rifiuto è conforme all’interesse del minore. 2. Negli stessi
casi, tanto il procedimento di riconoscimento quanto quello d’esecuzione possono essere sospesi
per uno dei seguenti motivi: a. se il provvedimento originario è oggetto di un ricorso ordinario; b.
se nello Stato richiesto è pendente un procedimento riguardante l’affidamento del minore,
promosso prima che il procedimento nello Stato di origine sia stato iniziato; c. se un altro
provvedimento relativo all’affidamento del minore è oggetto di un procedimento di esecuzione o
di ogni altro procedimento relativo al riconoscimento del provvedimento stesso.”
144
da un altro stato contraente. Qui vi è una definizione precisa di cosa si intende per
trasferimento illecito di un minore32
e in tal caso, rispetto alla Convenzione di
Lussemburgo, ad attribuire illiceità al trasferimento del minore non è solamente o
necessariamente la violazione di un provvedimento di affidamento, peraltro
eventuale, bensì anche l’effettivo mancato esercizio della potestà genitoriale o di
un potere analogo. Questa convenzione non ritiene illegittimo ogni trasferimento
di un minore all’estero in violazione di un provvedimento di affidamento, bensì
solamente quelli che non vengano attuati a tutela del minore stesso.33
Inoltre tale
convenzione specifica che il diritto di affidamento è tutelato anche quando derivi
semplicemente dalla legge o da un accordo tra i genitori o tra i soggetti comunque
tenuti alla tutela del minore. La Convenzione si applica nei confronti di ogni
minore infra-sedicenne che abbia la propria residenza abituale in uno Stato
contraente immediatamente prima della violazione dei diritti di affidamento o di
visita. La condizione primaria per tutelare l’interesse del minore è l’immediato
ripristino della situazione precedente alla sottrazione, in quanto, durante il periodo
____________________________
32 Art. 3. “ Il trasferimento o il mancato rientro di un minore è ritenuto illecito: a) quando avviene
in violazione dei diritti di custodia assegnati ad una
persona, istituzione o ogni altro ente, congiuntamente o individualmente, in base alla legislazione
dello Stato nel quale il minore aveva la sua residenza
abituale immediatamente prima del suo trasferimento o del suo mancato rientro e: b) se tali diritti
vanno effettivamente esercitati, individualmente o
congiuntamente, al momento del trasferimento del minore o del suo mancato rientro, o avrebbero
potuto esserlo se non si fossero verificate tali circostanze. Il diritto di custodia citato al capoverso
a) di cui sopra può in particolare derivare direttamente dalla legge, da una decisione giudiziaria o
amministrativa, o da un accordo in vigore in base alla legislazione del predetto Stato. ”. Articolo
14. “Nel determinare se vi sia stato o meno un trasferimento od un mancato ritorno illecito…
l'Autorità giudiziaria o amministrativa dello Stato richiesto può tener conto direttamente della
legislazione e delle decisioni giudiziarie o amministrative, formalmente riconosciute o meno nello
Stato di residenza abituale del minore…”. 33
Infatti in base all’art. 13 : “…l'Autorità giudiziaria o amministrativa dello Stato richiesto non è
tenuta ad ordinare il ritorno del minore qualora la persona, istituzione o ente che si oppone al
ritorno, dimostri: a) che la persona, l'istituzione o l'ente cui era affidato il minore non esercitava
effettivamente il diritto di affidamento al momento del trasferimento o del mancato rientro, o
aveva consentito, anche successivamente, al trasferimento o al mancato ritorno; o b) che sussiste
un fondato rischio, per il minore, di essere esposto, per il fatto del suo ritorno, ai pericoli fisici e
psichici, o comunque di trovarsi in una situazione intollerabile; L'Autorità giudiziaria o
amministrativa può altresì rifiutarsi di ordinare il ritorno del minore qualora essa accerti che il
minore si oppone al ritorno, e che ha raggiunto un'età ed un grado di maturità tali che sia
opportuno tener conto del suo parere. Nel valutare le circostanze di cui al presente Articolo, le
Autorità giudiziarie e amministrative devono tener conto delle informazioni fornite dall'Autorità
centrale o da ogni altra Autorità competente dello Stato di residenza del minore, riguardo alla sua
situazione sociale.” -si tratta di casi in cui il trasferimento è stato effettuato nell’interesse del
minore stesso e quindi non vi è l’obbligo di ordinare il ritorno del minore.
145
in cui perdura la sottrazione, il minore è soggetto alle tensioni derivanti dallo stato
di conflittualità emotiva connesso al mutamento delle figure parentali di
riferimento. Anche in questo caso la procedura per il recupero del minore
coinvolge le Autorità centrali designate da ciascuno Stato membro, la quale per
l’Italia è il Ministero di Grazia e Giustizia. Sono previste nella Convenzione
alcune ipotesi in cui l’Autorità giudiziaria o amministrativa competente può
respingere l’istanza tesa al ritorno del minore nel Paese d’origine ( artt. 12 e 13
conv. Aja)34
. Le due Convenzioni perciò sono entrambe volte a tutelare il diritto di
affidamento in capo ai genitori o chi ne fa le veci, in rapporto agli interessi
prevalenti del minore, ma realizzano tale tutela in modo differente. Le differenze
più salienti tra le due normative internazionali sono che: la convenzione di
Lussemburgo si applica soltanto a livello europeo, mentre quella dell’Aja ha
portata più ampia; la convenzione di Lussemburgo realizza uno strumento di
riconoscimento ed esecuzione di provvedimenti nazionali ( parte dal presupposto
della superiorità dei provvedimenti adottati dallo Stato d’origine e tutela il diritto
di affidamento sotto un profilo più formale), mentre quella dell’Aja realizza una
tutela sotto un profilo più concreto, determinando quella che viene definita una
actio possessoria in infantem, ovvero applica un rimedio meramente recuperatorio
( parte dall’opposto presupposto della superiorità dei provvedimenti adottati dallo
Stato d’origine); la convenzione di Lussemburgo si applica a qualsiasi minore
mentre quella dell’Aja si applica esclusivamente agli infra-sedicenni. La
convenzione dell’Aja del 1980 tende a combattere il c.d. international kidnapping
(rapimento dei minori) ma la concreta applicazione delle rispettive norme
permette che un fatto ipoteticamente illecito può ottenere ratifica
_____________________________ 34
Art. 12, co.1, prevede l’ipotesi in cui è disposto il ritorno immediato—“ Articolo 12.Qualora un
minore sia stato illecitamente trasferito o trattenuto ai sensi dell'articolo 3, e sia trascorso un
periodo inferiore ad un anno, a decorrere dal trasferimento o dal mancato ritorno del minore, fino
alla presentazione dell'istanza presso l'Autorità giudiziaria o amministrativa dello Stato contraente
dove si trova il minore, l'autorità adita ordina il suo ritorno immediato.”---invece le ipotesi in cui
può essere respinta l’istanza volta al ritorno del minore si trovano ai commi successivi:
“…L'Autorità giudiziaria o amministrativa, benché adita dopo la scadenza del periodo di un anno
di cui al capoverso precedente, deve ordinare il ritorno del
minore, a meno che non sia dimostrato che il minore si è integrato nel suo nuovo ambiente. Se
l'autorità giudiziaria o amministrativa dello Stato richiesto ha motivo di ritenere che il minore è
stato condotto in un altro Stato, essa può spendere la procedura o respingere la domanda di ritorno
del minore.” e all’art. 13 già menzionato.
146
e legittimazione giuridica da parte di uno Stato estero. Le situazioni concrete
possono essere tra loro molto diverse: il genitore responsabile della sottrazione
può essere o meno l’affidatario del minore, oppure può trasferire il bambino
all’estero prima della disgregazione della famiglia, per procurarsi nel nuovo Stato,
una situazione ad esso favorevole oppure dopo che l’Autorità giudiziaria ha
deciso sull’affidamento, in modo da sottrarsi alla sua attuazione. Il conflitto tra le
due convenzioni va tendenzialmente risolto a favore della convenzione di
Lussemburgo e la questione relativa alla divergenza dei due strumenti
internazionali è stata risolta, per lo meno in ambito europeo, con l’introduzione
dei reg. CE nn. 1347/2000 e 2201/2003 che hanno semplificato la disciplina ed
adeguato il parallelismo delle due convenzioni del 198035
.
______________________________
35 ANCESCHI A., La famiglia nel diritto internazionale privato: aggiornato con la legge 15 luglio
2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica), Torino, 2010, p. 269 ss.
147
3. Gli interventi diretti attraverso i regolamenti comunitari
Le istituzioni europee in settori nei quali le tradizioni nazionali sono apparse
presentare un maggior grado di omogeneità e di condivisione, hanno operato in
modo diretto con il fondamentale strumento dei regolamenti comunitari: il
regolamento n. 2201/2003 in materia matrimoniale e di responsabilità genitoriale,
il regolamento n.4/2009 in materia di obbligazioni alimentari, il regolamento n.
1259/2010 sulla legge applicabile al divorzio e alla separazione personale36
e, da
ultimo, anche il regolamento successioni n. 650/2012. Altri regolamenti sono in
itinere, tuttora allo stato di proposte, tra cui quello in materia di regimi
patrimoniali tra coniugi e l’altro in materia di effetti patrimoniali di unioni
registrate37
. Sebbene avente carattere internazionalistico, la normativa appena
richiamata non è certamente senza effetti anche sul piano del diritto sostanziale e
ha contribuito a inaugurare una stagione nuova della istituzione familiare in
Europa, quella della famiglia c.d. senza frontiere, aperta e in libera concorrenza.
La istituzione familiare appare oggi in Europa come un grande ‘cantiere’ aperto,
nel quale gli stessi elementi portanti del tradizionale edificio familiare vengono
continuamente rimessi in discussione. Anche la normativa europea derivata
(direttive), apre alle relazioni ‘formalmente registrate’, nonché a quelle ‘stabili e
durature debitamente comprovate’, ricollegandovi alcuni significativi effetti, sia
pure con riferimento a specifiche e a determinate condizioni.
________________________________ 36
In base a tale ultimo regolamento è rimessa ai coniugi la scelta della legge chiamata a regolare la
loro crisi coniugale—il suo ambito di applicazione appare limitato essenzialmente alle cause che
possono condurre alla separazione o al divorzio, mentre ne restano escluse le questioni di
maggiore importanza riguardanti, in particolare, i rapporti patrimoniali, le obbligazioni alimentari
e di mantenimento e l’esercizio della ‘responsabilità genitoriale’. Nel marzo del 2012 la
Commissione ha proposto al Consiglio l’adozione di un nuovo Regolamento relativo ai regimi
patrimoniali tra i coniugi non solo sotto il profilo della legge applicabile, ma anche per la
competenza, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia--- TOMMASEO F., Il
processo civile familiare e minorile italiano nel contesto dei principi europei, in Dir. fam. 2012,
p.1266 ss. 37
Proposta di Regolamento del Consiglio, relativo alla competenza, alla legge applicabile, al
riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia di regimi patrimoniali tra coniugi,
Bruxelles, 16.3.2011—COM (2011) 126 definitivo; Proposta di Regolamento del Consiglio,
relativo alla competenza, alla legge applicabile, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni
in materia di effetti patrimoniali delle unioni registrate: Bruxelles, 16.3.2011--- COM (2011) 127
definitivo.
148
In un caso (dir. 2003/8638
), consentendo agli stati membri di dare ingresso e
soggiorno, ai fini di ricongiungimento familiare, anche a partners non coniugati
extracomunitari, con possibilità addirittura di estensione dello stesso trattamento
coniugale in ipotesi di unioni formalmente registrate (art. 4, par. 3). In altro caso
(dir. 2004/3839
), sancendo persino un vero e proprio diritto di ingresso e di
soggiorno a favore del partner comunitario di unione registrata, purché dallo Stato
ospitante equiparata al matrimonio, nonché accertata conforme alle condizioni
richieste da tale medesimo Stato (art. 2, lett. b) ). Quindi la famiglia, per il diritto
dell’Unione Europea, oltrepassa ormai il matrimonio, per ricomprendervi anche le
semplici unioni registrate e quelle anche soltanto di fatto. Il criterio fondativo di
qualificazione non è nell’ ‘atto’, ma nel ‘rapporto’ e la famiglia non vi è concepita
come nozione vuota, in quanto viene dato rilievo all’unione che comporta una
effettiva comunione (materiale e spirituale) di vita40
.
_________________________
38 Direttiva 2003/86/CE del Consiglio, del 22 settembre 2002 relativa al ricongiungimento
familiare, in Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea L 251/12, del 3.10.2003. 39 Direttiva 2004/38/CE, diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e di
soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, in Gazzetta Ufficiale dell’Unione
Europea L 229/35, del 29.6.2004. 40
SCALISI V., “Famiglia e Famiglie in Europa”, in Riv. dir. civ., 2013, p. 11 e ss.
149
3.1. In particolare il Regolamento comunitario in materia matrimoniale
e di responsabilità genitoriale n.2201/2003: i punti caratterizzanti
Di grande importanza relativamente ai rapporti tra genitori e figli è il
Regolamento n. 2201/2003 (cd. Bruxelles II) che regola la competenza, il
riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e di
responsabilità genitoriale in tutti gli Stati membri dell’Unione europea (ad
eccezione della Danimarca) approvato dal Consiglio dell’Unione Europea il 27
novembre 200341
.
Questo nuovo strumento sostituisce il precedente Regolamento n. 1347/200042
,
riprendendo integralmente le norme che disciplinavano la materia matrimoniale e
introducendo nuove disposizioni sulla ‘responsabilità genitoriale’. Il Consiglio
dell’Unione Europea decise di emanare un successivo strumento per tre ordini di
motivi: gli strumenti legislativi in materia erano molti e variegati e, quindi, era
opportuno e necessario consolidare in un unico strumento finale, l’intera
legislazione riguardante la competenza, il riconoscimento e l’esecuzione delle
decisioni in materia matrimoniale e di responsabilità genitoriale sui figli43
;
___________________________
41 Tale regolamento è applicabile dal 1° marzo 2005, ad eccezione degli articoli 67 (informazioni
che gli Stati membri devono dare alla Commissione, relativamente alle autorità centrali ed alle
lingue accettate, 68 ( informazioni relative ai giudici e ai mezzi di impugnazione), 69
(informazioni relative alla modificazione dei certificati standard) e 70 ( informazioni relative al
funzionamento del Comitato che assiste la Commissione) applicati dal 1° agosto 2004, ovvero
dalla sua entrata in vigore.—Esso costituisce un significativo passo avanti verso la realizzazione di
un diritto europeo delle relazioni familiari e da attuazione al punto n. 34 delle conclusioni del
Consiglio di Tampere dell’ottobre 1998.--CALO’ E., “L’influenza del diritto comunitario sul
diritto di famiglia”, in Familia, 2005, p. 510. 42
Regolamento approvato dal Consiglio del 29 maggio 2000, relativo alla competenza,
riconoscimento e esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di potestà dei
genitori sui figli di entrambi i coniugi, in GUCE 30 giugno 2000, L. 160, P.19. 43
La legislazione esistente in materia era composta di strumenti sia comunitari che
extracomunitari. Tra i primi abbiamo: la Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968
( Bruxelles I), riguardante la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia
civile e commerciale, che non copriva gli aspetti inerenti il diritto delle persone; la Convenzione di
Bruxelles del 28 maggio 1998 (Bruxelles II-mai entrata in vigore), riguardante la competenza, il
riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale, che prevede ,entro certi
limiti, il mutuo riconoscimento e l’esecuzione reciproca delle decisioni in materia di potestà dei
genitori, diritto di affidamento dei minori e diritto di visita. Tra gli strumenti extracomunitari, va
ricordata la Convenzione dell’Aja del 1996, non ancora entrata in vigore, che riguarda la
competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni, nonché la
cooperazione in materia di responsabilità genitoriale e misure per la tutela del minore. Nel 1980,
sempre a l’Aja, fu stipulata un’altra Convenzione sugli aspetti civilistici della sottrazione
internazionale di minori.
150
inoltre l’aumento degli spostamenti all’interno dell’UE dei cittadini, ha portato ad
un incremento di matrimoni o unioni familiari tra cittadini e residenti di diversi
Stati membri e, di conseguenza, vi è stato un numero elevato di separazioni,
divorzi e annullamenti che interessano persone di cittadinanza diversa; le
controversie che sorgono sui suddetti procedimenti possono essere ulteriormente
complicate dai conflitti di competenza, tramite i quali le parti in causa potrebbero
cercare di ottenere una pronuncia della giurisdizione nazionale più favorevole ai
propri interessi o l’annullamento, nel proprio Stato membro, di sentenze emesse
da un altro Stato. Infine, si constatò che tutte le controversie riguardanti la visita
dei minori e/o il loro affidamento in seguito a separazione e divorzio dei genitori
sono all’origine di un numero di rapimenti dei minori stessi, da parte dei genitori
o di altri parenti e in tal modo lo stesso diritto di visita era fortemente pregiudicato
dalla paura del genitore affidatario di non vedere tornare il proprio figlio44
.
Già esaminando i considerando del testo regolamentare si nota come, pur essendo
uno strumento destinato ad operare prevalentemente nel campo processuale rechi
in sé un significativo approccio sostanziale alla materia del diritto di famiglia: al
n. 33 stabilisce che il regolamento ‘riconosce i diritti fondamentali o osserva i
principi sanciti in particolare dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione
europea’; al n. 19 formula il principio sull’importanza della audizione del minore
ai fini dell’applicazione del regolamento ( che trova nell’art. 24 della Carta il
proprio punto di riferimento); al n. 21 si chiarisce che ‘il riconoscimento e
l’esecuzione delle decisioni rese in uno Stato membro dovrebbero fondarsi sul
principio di fiducia reciproca e i motivi di non riconoscimento dovrebbero
_______________________________
44 RUGGIANO M.E., Dal regolamento CE N. 1347/2000 al regolamento CE N. 2201/2003, in Dir.
fam. e pers., 2005, p.739-742. LONG J., L’impatto del regolamento CE 2201/2003 sul diritto di
famiglia italiano: tra diritto internazionale privato e diritto sostanziale, in Familia, 2006, p. 1127.
Il legislatore comunitario ha dato una spinta significativa al sistema di cooperazione giudiziaria
civile nella delicata materia della tutela della prole. L’impossibilità di far circolare nello spazio
europeo i provvedimenti di affidamento della prole aveva suscitato numerose iniziative: a una
proposta francese, per facilitare, con l’abolizione dell’exequator, l’esercizio dei diritti di visita
transfrontaliera ai figli minori di coniugi separati o divorziati (in G.U.C.E., n.C 234 del 15 agosto
2000,7) aveva fatto seguito la proposta di regolamento della Commissione Europea ( in G.U.C.E.
N. C332 E del 27 novembre 2001, 269-274), orientata a garantire che i provvedimenti concernenti
i minori, circolassero liberamente e potessero anche essere revisionati in un contesto di certezza
del diritto.-- CONTI R., Il nuovo regolamento comunitario in materia matrimoniale e di potestà
parentale, in Fam. e dir., 2004, p.291.
151
essere limitati al minimo indispensabile’ e per dare idonea garanzia alle relazioni
familiari al n.13 consente al giudice competente secondo le norme regolamentari
di ‘trasferire il caso al giudice di un altro Stato membro se quest’ultimo è più
indicato a conoscere del caso’45
. Per quanto riguarda il suo ambito oggettivo di
applicazione già nel considerando n.5 il regolamento chiarisce che ‘ disciplina
tutte le decisioni in materia di responsabilità genitoriale, incluse le misure di
protezione del minore, indipendentemente da qualsiasi nesso con un procedimento
matrimoniale’. L’art. 1 precisa che esso si applica, indipendentemente dal tipo di
autorità giurisdizionale, alle materie civili relative al divorzio, alla separazione
personale e all'annullamento del matrimonio46
. nonché relative alla responsabilità
genitoriale (ovvero ‘ all’attribuzione, esercizio, delega, revoca, totale o parziale’
di essa).
______________________
45 Nel nuovo testo non vi sono regole sulle forme dell’audizione, sebbene il Parlamento europeo
avesse espressamente proposto la modifica di un considerando al fine di chiarire espressamente
che l’audizione del minore dovesse “tener conto della sua età e maturità e poter assumere la forma
di un colloquio separato con un professionista indipendente” ( emendamento al considerandon14
contenuto nella Risoluzione del Parlamento europeo sulla proposta—in G.U.C.E. 29 gennaio 2004,
C 25 E/171). Nella stessa risoluzione era stato anche proposto l’inserimento di un articolo
specifico dedicato all’Interesse del bambino : ‘ In tutte le decisioni giudiziarie relative ai bambini
deve essere considerato preminente l’interesse superiore del bambino’.-- CONTI R., Il nuovo
regolamento comunitario in materia matrimoniale e di potestà parentale, in Fam. e dir., 2004, p.
291-293. 46
Continuano perciò a rimanere esclusi dall’ambito di applicazione sia lo scioglimento delle
unioni di fatto registrate e non, sia altre questioni come quelle relative ai rapporti patrimoniali che
continueranno ad essere regolate dal Regolamento CE n. 44/2001 del 22 dicembre 2000 sulla
giurisdizione, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale)-- LONG J., L’impatto del regolamento CE 2201/2003 sul diritto di famiglia italiano: tra diritto
internazionale privato e diritto sostanziale, in Familia, 2006, p. 1128. Al riguardo assume rilievo
il considerando n. 8, il quale afferma che il regolamento “dovrebbe” applicarsi solo allo
scioglimento del vincolo matrimoniale, senza estendersi a questioni quali quelle relative alle cause
del divorzio, agli effetti del matrimonio sui rapporti patrimoniali o ad “altri provvedimenti
accessori ed eventuali”. Il regolamento n. 2201, inoltre, non riguarda i procedimenti volti a
modificare le condizioni di una separazione o di un divorzio, che restano integralmente soggetti
alla lex fori. Le controversie sugli obblighi di mantenimento del coniuge o dei figli sono oggi
coperte, invece, dal nuovo regolamento n. 4 del 2009. —LUPOI M. A. Giurisdizione,
riconoscimento ed esecuzione dei provvedimenti stranieri in materia familiare (normativa europea
ed interna), materiali relativi al “Corso teorico-pratico di diritto internazionale privato e
processuale della famiglia”, organizzato dall’Osservatorio dei matrimonialisti riminesi, tenutasi a
Rimini il 15 febbraio 2014. La normativa europea non da una nozione di matrimonio. Si pone
dunque il dubbio se il giudice adito debba fare riferimento al proprio diritto interno ovvero a
quello dello Stato straniero in cui il matrimonio sia stato celebrato. Il dubbio assume una certa
rilevanza per l’ipotesi in cui, ad esempio, sia chiesto al giudice di uno Stato di sciogliere un
matrimonio conforme alle norme di uno Stato straniero ma privo di validità nello Stato del foro,
come nel caso di un matrimonio contratto tra persone dello stesso sesso—sul punto WAUTELET,
Dissolution d’un mariage entre personnes de même sexe: le for de nécéssité comme réponse à
l’impossibilité de divorcer?, in Riv. dr. int. pr., 2013, fasc. 4, p. 75 ss.
152
Quindi mentre, per quanto concerne i rapporti personali tra genitori e figli, il
Regolamento 1347/2000 era limitato ai procedimenti ‘relativi alla potestà dei
genitori sui figli di entrambi i coniugi, instaurati in occasione dei procedimenti in
materia matrimoniale’. La nuova disciplina si applica alla “responsabilità
genitoriale”, indipendentemente sia dalla contestualità della decisione sulla
responsabilità genitoriale con un procedimento matrimoniale47
, sia dall’esistenza
stessa di un matrimonio tra i genitori e dall’esistenza stessa di genitori esercenti la
responsabilità48
.
_______________________
47 Nell’ambito di applicazione del Regolamento sono compresi i provvedimenti modificativi delle
condizioni della separazione (art. 156, ultimo comma, c.c.) o del divorzio (art. 9, 1° comma,
L.div.) e anche i provvedimenti generali limitativi o ablativi della potestà ex art. 330, 333 e 336, 3°
comma, c.c.—Quindi il precedente regolamento faceva riferimento solo alle questioni inerenti la
responsabilità dei genitori nei riguardi dei figli al momento della crisi coniugale (era necessaria la
contemporanea e attuale pendenza di una causa matrimoniale, ovvero di un procedimento di
divorzio, separazione e annullamento--in particolare, si applicava alle decisioni che stabilivano
con quale genitore avrebbero vissuto i figli, quindi il diritto di affidamento della prole, e il diritto
di visita del genitore non affidatario) ed era legato alla concezione di famiglia come società
naturale fondata sul matrimonio. Il Regolamento del 2003 , invece, con la nuova formulazione
sembra ritenere che anche le vicende relative alla responsabilità genitoriale sorte dopo la
definizione delle cause matrimoniali rientreranno nel suo ambito operativo. Inoltre eliminando il
nesso tra cause matrimoniali e cause de potestate, riflette la realtà dei tempi, dove esistono
accanto alla famiglia coniugale, altri modelli, quali le convivenze di fatto o “convivenze non
matrimoniali”, che impongono, con riferimento ai figli minori, una regolamentazione dei rapporti.
Analogamente può pensarsi al fenomeno delle famiglie ricostituite nelle quali la coppia coniugale
e la coppia genitoriale non sono necessariamente coincidenti, potendo ciascun coniuge avere
anche figli nati dalla sua precedente vicenda familiare. CONTI R., Il nuovo regolamento
comunitario in materia matrimoniale e di potestà parentale, in Fam. e dir., 2004, p. 293-
294.FASANO A.M., MATONE S., I conflitti della responsabilità genitoriale, Milano, 2013, p.39-
40.—E’ stato osservato che una potestà genitoriale può così sorgere anche in capo al coniuge non
genitore. Si è parlato di passaggio dalla bigenitorialità alla plurigenitorialità—FADIGA, I
provvedimenti relativi ai figli minori, Relazione tenuta all’incontro di studio organizzato dal
C.S.M. in Roma nei giorni 7-9 luglio 2003 sul Regolamento “Bruxelles II”: Il divorzio in Europa
e la tutela dei figli minori. 48
Quindi nell’ordinamento italiano, il Regolamento si applica ai provvedimenti ex art. 155, 1°
comma, c.c.( ora art. 337-ter ) e ex art. 6, 2° comma, L. div. e la responsabilità genitoriale non
spetta solo ai genitori: ove l’ordinamento interno lo consenta, la responsabilità genitoriale può
essere esercitata anche da un soggetto privato diverso dai genitori (es. genitore sociale nelle
famiglie ricomposte; nonno) o da un soggetto pubblico ( l’art. 1, 2° comma, Reg. include, tra le
materie che rientrano nell’ambito di applicazione del regolamento, l’affidamento extra-familiare e
la tutela).-- LONG J., L’impatto del regolamento CE 2201/2003 sul diritto di famiglia italiano: tra
diritto internazionale privato e diritto sostanziale, in Familia, 2006, p. 1128-1129. L’autore
sottolinea come tale regolamento si colloca, tra gli strumenti internazionali in materia di famiglia,
a metà strada tra gli atti di diritto internazionale classico e quelli di diritto uniforme. Questi non
impongono agli Stati contraenti soluzioni di diritto sostanziale uniforme, ma preferiscono stabilire
uno standard minimo di garanzie procedurali e si è scelto di costituire una rete di autorità
amministrative ad hoc (autorità centrali), una per ogni Stato contraente, che cooperino tra di loro e
vigilino sui soggetti pubblici che operano in ciascun Paese nel settore d’interesse. LONG J.,
L’impatto del regolamento CE 2201/2003 sul diritto di famiglia italiano: tra diritto internazionale
privato e diritto sostanziale, in Familia, 2006, p. 1132-1135.
153
Per specificare meglio l’ambito oggettivo di applicazione, il par. 2 dello stesso
articolo precisa le materie soggette alla disciplina regolamentare e il par. 3 le
esclusioni49
. L’art. 2 invece contiene varie definizioni: offre una definizione assai
ampia di Autorità giurisdizionali, alla quale affianca quelle di “Stato membro di
origine” e di “Stato membro per l’esecuzione”; ribadisce le nozioni di
“decisione” e di “giudice” già espresse nel Regolamento n.1347. Ma ciò che
merita maggiore attenzione è la definizione di responsabilità genitoriale: infatti il
nostro ordinamento non conosceva fino a poco tempo fa’ la ‘parental
responsibility’. Il legislatore del 2003, oltre a esemplificare all’art. 1 le materie
relative alla ‘responsabilità genitoriale’, ha codificato una definizione ampia di
responsabilità genitoriale, proprio al fine di escludere possibili effetti
discriminatori tra i minori e di evitare che potessero rimanere fuori dall’ambito
operativo delle norme regolamentari talune situazioni peculiari50
.
____________________
49 “2. Le materie di cui al paragrafo 1, lettera b), riguardano in particolare: a) il diritto di
affidamento e il diritto di visita; b) la tutela, la curatela ed altri istituti analoghi; c) la designazione
e le funzioni di qualsiasi persona o ente aventi la responsabilità della persona o dei beni del minore
o che lo rappresentino o assistano; d) la collocazione del minore in una famiglia affidataria o in un
istituto; e) le misure di protezione del minore legate all'amministrazione, alla conservazione o
all'alienazione dei beni del minore. 3. Il presente regolamento non si applica: a) alla
determinazione o all'impugnazione della filiazione; b) alla decisione relativa all'adozione, alle
misure che la preparano o all'annullamento o alla revoca dell'adozione; c) ai nomi e ai cognomi del
minore……… g) ai provvedimenti derivanti da illeciti penali commessi da minori.” Si tratta infatti
di materie dove è più difficile trovare una convergenza (ad esempio riguardo al nome—ci sono
alcuni paesi come la Francia, che consentono al giudice di intervenire quando ritiene che il nome
scelto dai genitori possa recare pregiudizio al suo interesse; riguardo alle condotte dannose tenute
dai figli minorenni, in alcuni paesi la colpa dei genitori per violazione dei doveri di vigilanza, e
talvolta anche di buona educazione, è presunta come in Belgio, Germania e in Francia-- RONFANI P., Alcune riflessioni sulla responsabilità genitoriale. Enunciati del diritto,
rappresentazioni normative e pratiche sociali, in Soc. dir., a.2010, p.23. 50
Articolo 2. Definizioni. “Ai fini del presente regolamento valgono le seguenti definizioni:
….7) "responsabilità genitoriale": i diritti e doveri di cui è investita una persona fisica o giuridica
in virtù di una decisione giudiziaria, della legge o di un accordo in vigore riguardanti la persona o i
beni di un minore. Il termine comprende, in particolare, il diritto di affidamento e il diritto di
visita; 8) "titolare della responsabilità genitoriale": qualsiasi persona che eserciti la responsabilità
di genitore su un minore; 9) "diritto di affidamento": i diritti e doveri concernenti la cura della
persona di un minore, in particolare il diritto di intervenire nella decisione riguardo al suo luogo di
residenza; 10) "diritto di visita": in particolare il diritto di condurre il minore in un luogo diverso
dalla sua residenza abituale per un periodo limitato di tempo; 11) "trasferimento illecito o mancato
ritorno del minore": il trasferimento o il mancato rientro di un minore: a) quando avviene in
violazione dei diritti di affidamento derivanti da una decisione, dalla legge o da un accordo vigente
in base alla legislazione dello Stato membro nel quale il minore aveva la sua residenza abituale
immediatamente prima del suo trasferimento o del suo mancato rientro e b) se il diritto di
affidamento era effettivamente esercitato, individualmente o congiuntamente, al momento del
trasferimento del minore o del suo mancato rientro, o lo sarebbe stato se non fossero sopravvenuti
tali eventi…...”
154
La responsabilità genitoriale così definita riunisce sotto di sé sia la nostra “potestà
genitoriale” (anche se con il D.Lgs. n.154 del 2013 il nostro legislatore ha
finalmente recepito il termine responsabilità genitoriale), intesa come potere-
dovere dei genitori sui figli minorenni, sia la protezione dei minori che si trovino,
in senso lato, in situazione di difficoltà. Meritevole di segnalazione è anche il fatto
che il regolamento, oltre a dettare una nozione autonoma di ‘diritto di visita’ e
‘diritto di affidamento’, non limita il diritto di visita ai soli genitori e quindi la
procedura facilitata per il riconoscimento e l’esecuzione dei provvedimenti può
essere utilizzata anche da soggetti diversi dai genitori, per esempio i nonni o il
genitore sociale, ma non biologico, di un minore cresciuto in una famiglia
ricomposta.
Il riconoscimento di tali decisioni nell’ordinamento italiano può contribuire al
diffondersi di una maggiore sensibilità per il riconoscimento del diritto al
mantenimento dei rapporti di fatto a seguito della rottura dell’unione tra i genitori
anche con soggetti terzi rispetto ai genitori51
. Col tempo si è andata manifestando
l’esigenza di definire gli statuti di tale responsabilità, in modo da individuare con
certezza i doveri non solo morali e legalmente rilevanti, che i genitori sono tenuti
ad adempiere per assolvere in modo corretto la funzione educativa.
____________________________
51 CONTI R., Il nuovo regolamento comunitario in materia matrimoniale e di potestà parentale, in
Fam. e dir., 2004, p.294. ; LONG J., L’impatto del regolamento CE 2201/2003 sul diritto di
famiglia italiano: tra diritto internazionale privato e diritto sostanziale, in Familia, 2006, p. 1144-
1145. La locuzione ‘responsabilità genitoriale’ è richiamata nella cultura giuridica familiare e
minorile, già dagli anni ottanta e, a partire dal Children Act inglese del 1989, (che ha modificato la
terminologia utilizzata nell’Atto del 1975 per descrivere il ruolo dei genitori, introducendo al posto
delle parole “diritti e doveri dei genitori” l’espressione Parental responsibility), ha iniziato a
diffondersi nel diritto interno dei singoli paesi europei. La responsabilità genitoriale è inoltre
ampiamente menzionata nel diritto internazionale, in particolare nella Convenzione dell’ONU sui
diritti dei bambini e delle bambine del 1989 e nella Convenzione europea sull’esercizio dei diritti
dei minori del 1996. E sempre più frequentemente nel linguaggio giuridico questa locuzione sta
sostituendo quella non solo di potestà genitoriale, evocativa di una visione dei rapporti tra genitori
e figli di tipo asimettrico e adultocentrico, ma anche di autorità genitoriale, in quanto più consona
ad un diritto di famiglia, come quello del nostro tempo, improntato alla neutralità di genere,
all’eguaglianza dei diritti e dei doveri fra i genitori e di orientamento marcatamente puerocentrico.
La nozione di responsabilità genitoriale presente in questo regolamento da importanza al dovere di
impegno genitoriale, inteso come assunzione di responsabilità nei confronti dei figli, facendo fede
a quell’insieme di doveri, poteri e autorità rivolti a fornire al figlio un indirizzo nell’esercitare i
propri diritti. Il concetto di ‘responsabilità genitoriale’ è stato introdotto dalla legge 10 dicembre
2012, n. 219, proprio in ragione della modifica socio- culturale che si è venuta a creare in questi
anni nei rapporti tra genitori e figli. FASANO A.M., MATONE S., I conflitti della responsabilità
genitoriale, Milano, 2013, p.41; RONFANI P., Alcune riflessioni sulla responsabilità genitoriale.
Enunciati del diritto, rappresentazioni normative e pratiche sociali, in Soc. dir., a.2010, p.8-9.
155
Tutto ciò per ridurre l’incertezza circa le aspettative che le istituzioni hanno nei
loro confronti e limitando la discrezionalità degli operatori sociali e dei giudici
quando intervengono nelle situazioni di conflitto familiare e adottano
provvedimenti a tutela del minore. Tale necessità è stata riconosciuta anche dalla
Commission on Euopean Family Law, che ha stilato nel 2007 i “Principi del
Diritto europeo della famiglia”. Taluni individuano i contenuti della responsabilità
dei genitori che sono precisati: ad un livello generico, da un lato, nel dovere di
garantire al figlio ‘cura, protezione e educazione nel rispetto del suo peculiare
carattere e dei suoi bisogni evolutivi e, dall’altro lato, dal divieto di infliggere
punizioni corporali o ogni altro “trattamento umiliante”; ad un livello specifico, la
responsabilità dei genitori viene esplicitata nel dovere di rispettare l’autonomia
del figlio e nella tutela e promozione dei suoi diritti fondamentali52
.
Il Regolamento ha, infine, il pregio di promuovere un approccio unitario di tipo
funzionale a tutte le questioni inerenti ,in senso lato, alla protezione dei minori,
comprese quelle relative ai rapporti tra genitori e figli. Infatti a livello di
competenza giurisdizionale questo determina un trattamento unitario di tutte le
questioni inerenti la ‘responsabilità genitoriale’ (art. 8 Reg.)53
.
________________________ 52
Precisamente, con un evidente richiamo alla Convenzione ONU del 1989,: il diritto di mantenere
stabili rapporti con i genitori o altre persone con cui ha instaurato persistenti relazioni personali
significative; il diritto di non essere discriminato, anche sulla base degli orientamenti sessuali,
propri o dei genitori e il diritto, in relazione alla sua età e maturità, di essere informato sulle
questioni che lo concernono e di poter esprimere le proprie opinioni. Viene anche ribadito il
principio che il minore deve essere ascoltato in tutti i procedimenti che concernono la
responsabilità genitoriale.-- RONFANI P., Alcune riflessioni sulla responsabilità genitoriale.
Enunciati del diritto, rappresentazioni normative e pratiche sociali, in Soc. dir., a.2010, p. 20 e 22.
53 Questo può contribuire alle difficoltà nell’ordinamento italiano al superamento delle difficoltà
insite nella distinzione tra la materia dei rapporti tra genitori e figli e la materia della protezione
dei minori. Infatti in base al sistema di diritto internazionale privato: in materia di rapporti tra
genitori e figli la competenza giurisdizionale spetta all’autorità giudiziaria italiana sia quando il
figlio o almeno uno dei genitori sono cittadini italiani o risiedono in Italia, sia quando il
provvedimento richiesto riguarda rapporti cui sia applicabile la legge italiana (art. 37 l. 218/1995)
e in materia di riconoscimento ed esecuzioni delle decisioni si applica la disciplina comune, che
prevede il riconoscimento automatico, e, per l’esecuzione, un procedimento per l’accertamento dei
requisiti per il riconoscimento di fronte alla Corte d’Appello (art. 66 e 67 l. 218/1995); in materia
di protezione dei minori si rinvia alla Convenzione dell’Aja del 1961, che stabilisce in merito alla
competenza giurisdizionale il luogo di residenza il criterio generale del luogo di residenza del
minore, pur riconoscendo altri criteri di competenza (art. 42 L. 218/1995) e per il riconoscimento
invece è sempre richiesto un procedimento di exequatur presso il tribunale per i minorenni (art. 4,
co.1, L. 64/94). LONG J., L’impatto del regolamento CE 2201/2003 sul diritto di famiglia
italiano: tra diritto internazionale privato e diritto sostanziale, in Familia, 2006, p. 1146-1148.
156
Le regole di competenza in materia di responsabilità genitoriale accolte nel
regolamento comunitario si informano all’interesse superiore del minore e in
particolare al criterio di vicinanza. Ai sensi dell’art. 8, reg. CE n. 2201/2003, le
Autorità giurisdizionali di uno Stato sono competenti a decidere in materia di
responsabilità dei genitori, se il figlio minore risiede abitualmente in quello Stato,
alla data della domanda. A tale criterio generale vengono affiancati dei criteri
integrativi volti ad evitare migrazioni preordinate all’ottenimento di decisioni
favorevoli in materia di affidamento dei minori54
. La prima deroga si ha in caso di
trasferimento lecito della residenza del minore (art. 9): il cambio di residenza
abituale da un Paese membro ad un altro non comporterà immediatamente la
competenza del Paese di nuova residenza, ma è previsto un regime di ultrattività
della precedente competenza . Tale norma ha tenuto conto della situazione in cui
viene a trovarsi il titolare del diritto di visita residente nello Stato che ne ha
regolato le modalità, quando avvenga il trasferimento lecito del minore e del
genitore affidatario in un altro Stato: è una previsione volta ad agevolare sul piano
giurisdizionale il genitore che rimane nello Stato di provenienza e può avere
interesse a modificare i provvedimenti esistenti per via della nuova situazione55
.
___________________
54 Del criterio della residenza abituale è pacifico che tale criterio fa riferimento non alla residenza
anagrafica, ma al centro della condotta di vita e al fulcro dei legami sociali e affettivi del soggetto
interessato e va intesa come il luogo in cui quest’ultimo ha fissato con carattere di stabilità il
centro permanente o abituale dei propri interessi, esprimendo il radicamento del soggetto con tale
territorio. SCARAFONI, Il regolamento n. 2201/2003 sulla competenza ed esecuzione delle
decisioni in materia matrimoniale e genitoriale, in Il processo civile e la normativa comunitaria, a
cura di Scarafoni, Torino, 2012, p. 314. ANCESCHI A., La famiglia nel diritto internazionale
privato: aggiornato con la legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza
pubblica), Torino, 2010, p.263. 55
Articolo 9. Ultrattività della competenza della precedente residenza abituale del minore. ‘1. In
caso di lecito trasferimento della residenza di un minore da uno Stato membro ad un altro che
diventa la sua residenza abituale, la competenza delle autorità giurisdizionali dello Stato membro
della precedente residenza abituale del minore permane in deroga all'articolo 8 per un periodo di 3
mesi dal trasferimento, per modificare una decisione sul diritto di visita resa in detto Stato membro
prima del trasferimento del minore, quando il titolare del diritto di visita in virtù della decisione
sul diritto di visita continua a risiedere abitualmente nello Stato membro della precedente
residenza abituale del minore. 2. Il paragrafo 1 non si applica se il titolare del diritto di visita di cui
al paragrafo 1, ha accettato la competenza delle autorità giurisdizionali dello Stato membro in cui
risiede abitualmente il minore partecipando ai procedimenti dinanzi ad esse senza contestarla.’---
CONTI R., Il nuovo regolamento comunitario in materia matrimoniale e di potestà parentale, in
Fam. e dir., 2004, p. 296; LUPOI M. A., Giurisdizione, riconoscimento ed esecuzione dei
provvedimenti stranieri in materia familiare (normativa europea ed interna), materiali relativi al
“Corso teorico-pratico di diritto internazionale privato e processuale della famiglia”, organizzato
dall’Osservatorio dei matrimonialisti riminesi, tenutasi a Rimini il 15 febbraio 2014, p. 13-14.
157
Per questo, tale proroga viene meno in caso di accettazione della giurisdizione da
parte del titolare del diritto di visita rimasto nello Stato di partenza e qualora
quest’ultimo abbia presentato un’istanza relativa a tale diritto nello Stato ove si
trova la nuova residenza del figlio. Un’altra deroga è prevista all’art. 10 in caso di
trasferimento illecito del minore, che contiene una disciplina specifica in deroga
alle norme della convenzione dell’Aja del 25 ottobre 198056-57
. La regola base è
che, in caso di trasferimento illecito o mancato rientro del minore, lo Stato da cui
il minore proveniva o a cui doveva tornare conserva la propria competenza. La
norma ha l’evidente finalità di eludere comportamenti di sottrazione illecita di
minori, poiché accade di frequente che il genitore che porta illecitamente un
minore all’estero, ne chieda poi l’affidamento alle autorità del paese ove questi è
stato condotto, onde ottenere una sorta di ratifica ex post del proprio operato. La
giurisdizione dello Stato d’origine è comunque destinata a venire meno dopo il
_______________________ 56
Il Regolamento Bruxelles II si limitava a richiamare le disposizioni della Convenzione dell’Aja
del 1980, sugli aspetti civili della sottrazione internazionale dei minori, che miravano al ripristino
dello status quo imponendo allo Stato nel quale il minore era trattenuto di ordinare il ritorno
immediato. Il Consiglio UE, nel prefigurare le linee del nuovo strumento regolamentare, aveva
chiarito che ‘il futuro regolamento comunitario deve contenere le disposizioni necessarie per
garantire che il giudice della residenza abituale del minore, competente prima della sottrazione per
le questioni relative alla responsabilità genitoriale, mantenga la competenza anche dopo ’ e che ‘ il
giudice della residenza abituale del minore deve poter prendere una decisione che prevarrà
sull’eventuale decisione di non ritorno emessa dal giudice del luogo in cui si trova il minore dopo
la sottrazione in modo da assicurare il ritorno effettivo del minore’.-- CONTI R., Il nuovo
regolamento comunitario in materia matrimoniale e di potestà parentale, in Fam. e dir., 2004,p.
296 ss. 57
Articolo 10. Competenza nei casi di sottrazione di minori. ‘ In caso di trasferimento illecito o
mancato rientro del minore, l'autorità giurisdizionale dello Stato membro nel quale il minore aveva
la residenza abituale immediatamente prima del trasferimento o del mancato rientro conserva la
competenza giurisdizionale fino a che il minore non abbia acquisito la residenza in un altro Stato
membro e: a) se ciascuna persona, istituzione o altro ente titolare del diritto di affidamento ha
accettato il trasferimento o mancato rientro; o b) se il minore ha soggiornato in quell'altro Stato
membro almeno per un anno da quando la persona, istituzione o altro ente titolare del diritto di
affidamento ha avuto conoscenza, o avrebbe dovuto avere conoscenza, del luogo in cui il minore si
trovava e il minore si è integrato nel nuovo ambiente e se ricorre una qualsiasi delle seguenti
condizioni: i) entro un anno da quando il titolare del diritto di affidamento ha avuto conoscenza, o
avrebbe dovuto avere conoscenza, del luogo in cui il minore si trovava non è stata presentata
alcuna domanda di ritorno del minore dinanzi alle autorità competenti dello Stato membro nel
quale il minore è stato trasferito o dal quale non ha fatto rientro; ii) una domanda di ritorno
presentata dal titolare del diritto di affidamento è stata ritirata e non è stata presentata una nuova
domanda entro il termine di cui al punto i); iii) un procedimento dinanzi all'autorità giurisdizionale
dello Stato membro nel quale il minore aveva la residenza abituale immediatamente prima del
trasferimento o del mancato rientro è stato definito a norma dell'articolo 11, paragrafo 7; iv)
l'autorità giurisdizionale dello Stato membro nel quale il minore aveva la residenza abituale
immediatamente prima dell'illecito trasferimento o del mancato ritorno ha emanato una decisione
di affidamento che non prevede il ritorno del minore.
158
decorso di un lasso di tempo ritenuto sufficiente per considerare la prole ormai
inserita nel nuovo contesto sociale e familiare. Infine altri due articoli sulla
competenza giurisdizionale in tema di responsabilità giurisdizionale sono gli artt.
12 e 15. Il primo, prevede che l’autorità giurisdizionale dello Stato membro
competente per i procedimenti di divorzio, separazione ed annullamento del
matrimonio lo è anche per le domande relative alla responsabilità dei genitori e
per gli altri procedimenti individua la competenza in favore dello Stato cui il
minore ha un legame sostanziale58
.
Nell’art. 15 invece, il legislatore comunitario ha preso atto dell’esistenza di talune
pur eccezionali situazioni in cui i giudici di uno Stato membro, pur essendo
incompetenti alla luce dei precedenti criteri, potrebbero essere più adatti a trattare
la causa di responsabilità genitoriale: esso, riproponendo un meccanismo analogo
previsto per il trasferimento delle cause dall’art. 8 della Convenzione de L’Aja del
1996, consente all’autorità competente di trasferire la causa a quella dello Stato
‘con cui il minore ha un legame particolare, purché l’autorità investita sia ritenuta
più adatta a trattare il caso o una sua parte specifica e ciò corrisponda all’interesse
superiore del minore’. E nei paragrafi successivi si specificano anche le ipotesi
che possono sussumersi nel concetto di legame particolare e poi si chiarisce che
l’autorità giurisdizionale adita potrà interrompere l’esame della domanda o di un
suo capo e invitare le parti a presentare la domanda all’autorità giurisdizionale
dell’altro Stato membro, oppure rivolgersi direttamente all’autorità giurisdizionale
dell’altro Stato membro per chiederle d’assumere la competenza sul procedimento
___________________ 58
Proroga della competenza. 1. Le autorità giurisdizionali dello Stato membro in cui viene
esercitata…. la competenza a decidere sulle domande di divorzio, separazione personale dei
coniugi o annullamento del matrimonio (art.5) sono competenti per le domande relative alla
responsabilità dei genitori ..se: a) almeno uno dei coniugi esercita la responsabilità genitoriale sul
figlio; e b) la competenza giurisdizionale di tali autorità giurisdizionali è stata accettata
espressamente o in qualsiasi altro modo univoco dai coniugi e dai titolari della responsabilità
genitoriale alla data in cui le autorità giurisdizionali sono adite, ed è conforme all'interesse
superiore del minore…. 3. Le autorità giurisdizionali di uno Stato membro sono competenti in
materia di responsabilità dei genitori nei procedimenti diversi… se: a) il minore ha un legame
sostanziale con quello Stato membro, in particolare perché uno dei titolari della responsabilità
genitoriale vi risiede abitualmente o perché è egli stesso cittadino di quello Stato b) la loro
competenza è stata accettata espressamente o in qualsiasi altro modo univoco da tutte le parti al
procedimento alla data in cui le autorità giurisdizionali sono adite ed è conforme all'interesse
superiore del minore.
159
o sulla domanda particolare59
.
__________________ 59
Articolo 15. Trasferimento delle competenze a una autorità giurisdizionale più adatta a trattare il
caso. “1. In via eccezionale le autorità giurisdizionali di uno Stato membro competenti a conoscere
del merito, qualora ritengano che l'autorità giurisdizionale di un altro Stato membro con il quale il
minore abbia un legame particolare sia più adatto a trattare il caso o una sua parte specifica e ove
ciò corrisponda all'interesse superiore del minore, possono: a) interrompere l'esame del caso o
della parte in questione e invitare le parti a presentare domanda all'autorità giurisdizionale
dell'altro Stato membro conformemente….. 4. L'autorità giurisdizionale dello Stato membro
competente a conoscere del merito fissa un termine entro il quale le autorità giurisdizionali
dell'altro Stato membro devono essere adite conformemente al paragrafo 1. Decorso inutilmente
tale termine, la competenza continua ad essere esercitata dall'autorità giurisdizionale
preventivamente adita…. 5. Le autorità giurisdizionali di quest'altro Stato membro possono
accettare la competenza, ove ciò corrisponda, a motivo delle particolari circostanze del caso,
all'interesse superiore del minore, entro 6 settimane dal momento in cui sono adite …. l'autorità
giurisdizionale preventivamente adita declina la propria competenza. In caso contrario, la
competenza continua ad essere esercitata dall'autorità giurisdizionale preventivamente adito….”-- CONTI R., Il nuovo regolamento comunitario in materia matrimoniale e di potestà parentale, in
Fam. e dir., 2004, p. 297-298.-- Si tratta della prima forma di dismissione discrezionale della
competenza accolta da un regolamento europeo. Essa, infatti, richiede una valutazione circa
l’esistenza di un foro alternativo “più adatto” a pronunciarsi, in ragione dello stretto legame con il
minore, in applicazione del principio di prossimità, che trova il suo fondamento nella tutela
prevalente dell’interesse del minore. Per una fattispecie, v. App. Caltanissetta, 4 maggio 2009, in
Fam. min., 2009, fasc. 6, p. 54, che ritiene sussistere un legame particolare del minore con il foro
straniero alternativo….sul rilievo che il giudice straniero, “in quanto giudice di prossimità, è a
conoscenza degli stili di vita nonché dei ritmi giornalieri imposti in quel Paese” LUPOI M. A.
Giurisdizione, riconoscimento ed esecuzione dei provvedimenti stranieri in materia familiare
(normativa europea ed interna), materiali relativi al “Corso teorico-pratico di diritto internazionale
privato e processuale della famiglia”, organizzato dall’Osservatorio dei matrimonialisti riminesi,
tenutasi a Rimini il 15 febbraio 2014.
Un chiarimento sulla portata di questo articolo la troviamo anche nella nostra giurisprudenza di
merito-- App. Catania, 21 luglio 2011, in Nuova giurispr. civ. comm., 2012, pag. 363 ss—relativo
al caso che aveva visto coinvolti un cittadino italiano ed una cittadina inglese che dopo vari
spostamenti tra i due paesi stabiliscono domicilio a Roma. Il 23 marzo 2010, la donna abbandona
la casa coniugale tornando in Inghilterra e portando con sé i figli. Il padre dapprima adisce la Corte
inglese per attivare la procedura di rimpatrio dei figli ai sensi dell’art. 13 Convenzione Aja del
25.10.1980. Dopo il rigetto dell’istanza di rimpatrio dei minori in Italia , reitera la richiesta di
rimpatrio dei figli in seno al ricorso introduttivo del giudizio per la separazione dei coniugi
proposto innanzi al giudice italiano invocando l’applicazione delle previsioni del regolamento CE
n. 2201/2003 (art. 3,4 e 11) e invocando pertanto la sussistenza della giurisdizione italiana per il
giudizio di separazione dei coniugi e per l’assunzione dei provvedimenti relativi. La madre dal
canto suo chiede la sospensione del procedimento ai sensi dell’art. 19 reg. CE n. 2201/2003,
eccependo la litispendenza internazionale determinata dalla previa introduzione del giudizio di
divorzio innanzi al giudice inglese e tentando di riaffermare la giurisdizione dell’autorità
giudiziaria inglese in ordine alle determinazioni attinenti ai minori. La Corte però afferma,
rigettando l’istanza formulata dalla convenuta, che il provvedimento di cui all’art. 15, oltre ad
avere carattere eccezionale, non può essere assunto in una fase sommaria ed anticipatoria del
procedimento di separazione dei coniugi ma deve essere pronunciato a seguito della delibazione
nel merito; perciò rinvia l’esame di questa richiesta alle determinazioni relative al giudizio di
separazione (per cui sussiste la competenza del giudice italiano) e conferma la scelta del Tribunale
di Modica che, recependo i contenuti del provvedimento inglese, aveva negato il rimpatrio dei
minori a fronte delle accuse di gravi e reiterate violenze fisiche, sessuali e psichiche ai danni della
moglie mosse a carico dell’uomo.--- MOLE’ R., Il regolamento CE n. 2201/2003 (Bruxelles II
bis): i criteri di riparto della giurisdizione e la disciplina della sottrazione internazionale dei
minori, in La nuova giurispr. civ. comm., 2012, pp. 366 ss.
160
Il Capo IV del Regolamento comunitarizza il sistema delle Autorità centrali60
,
prevedendo forme di designazione interna e funzioni generali, ma anche
individuando operativamente gli ambiti, sostanzialmente non giurisdizionali, entro
i quali esse sono chiamate a svolgere un ruolo di raccordo, non solo fra le diverse
autorità giurisdizionali ma anche con i soggetti coinvolti ,a vario titolo, nei
procedimenti in materia di responsabilità genitoriale. Il ruolo delle Autorità
centrali viene delineato, sottolineandone non solo la funzione informativa e di
raccordo fra le autorità giurisdizionali, ma anche una funzione operativa volta a
facilitare un accordo fra i titolari della responsabilità genitoriale, ricorrendo
eventualmente a forme di mediazione61
.
________________________________________
60 Già previste da varie Convenzioni internazionali: vedi l’art. 3 Conv. de l’Aja del 28 maggio
1970 sul rimpatrio dei minori, art. 2 della Convenzione europea di Lussemburgo del 20 maggio
1980 sul riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia di affidamento dei minori e di
ristabilimento dell’affidamento; art. 6 Conv. de l’Aja del 25 ottobre 1980 sugli aspetti civili della
sottrazione internazionale dei minori. 61
Fondamentali sono gli artt. : Articolo 54—‘Funzioni generali’: Le autorità centrali mettono a
disposizione informazioni sull'ordinamento e sulle procedure nazionali e adottano misure generali
per migliorare l'applicazione del presente regolamento e rafforzare la cooperazione. A tal fine si
ricorre alla rete giudiziaria europea in materia civile e commerciale, istituita con decisione
2001/470/CE. Articolo 55. ‘Cooperazione nell'ambito di cause specifiche alla responsabilità
genitoriale’: Le autorità centrali, su richiesta di un'autorità centrale di un altro Stato membro o del
titolare della responsabilità genitoriale, cooperano nell'ambito di cause specifiche per realizzare gli
obiettivi del presente regolamento. A tal fine esse provvedono, direttamente o tramite le autorità
pubbliche o altri organismi, compatibilmente con l'ordinamento di tale Stato membro in materia di
protezione dei dati personali: a) a raccogliere e a scambiare informazioni: i) sulla situazione del
minore; ii) sugli eventuali procedimenti in corso; o iii) sulle decisioni adottate relativamente al
minore; b) a fornire informazioni e assistenza ai titolari della responsabilità genitoriale che
chiedono il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni sul loro territorio, relativamente in
particolare al diritto di visita e al ritorno del minore;
c) a facilitare la comunicazione fra le autorità giurisdizionali, in relazione soprattutto all'attuazione
dell'articolo 11, paragrafi 6 e 7, e dell'articolo 15;
d) a fornire informazioni e sostegno utili all'attuazione dell'articolo 56 da parte delle autorità
giurisdizionali;
e) a facilitare un accordo fra i titolari della responsabilità genitoriale, ricorrendo alla mediazione o
con altri mezzi, e ad agevolare a tal fine la cooperazione transfrontaliera. CONTI R., Il nuovo
regolamento comunitario in materia matrimoniale e di potestà parentale, in Fam. e dir., 2004, p.
304.
161
3.2. L’influenza del nuovo regolamento in materia di sottrazione
internazionale dei minori e di diritto di visita e le indicazioni
della giurisprudenza sull’applicazione di tali norme
Anche in ambito comunitario, come nel nostro ordinamento, accanto
all’attribuzione della ‘responsabilità genitoriale’, che comprende il diritto di
affidamento (art.2 par.9.diritti e doveri concernenti la cura della persona di un
minore, in particolare il diritto di intervenire nella decisione riguardo al suo luogo
di residenza) e diritto di visita (art.2 par. 10.diritto di condurre il minore in un
luogo diverso dalla sua residenza per un periodo limitato di tempo), sono previsti
dei rimedi contro l’abuso di tali diritti per impedire il trasferimento del minore in
un Paese diverso da quello di residenza abituale, senza il consenso dell’altro
genitore, o senza l’autorizzazione dell’autorità giudiziaria. Le norme del
regolamento Bruxelles II-bis concorrono con la disciplina di fonte
convenzionale62
. Si pongono come ‘integrative’ della Convenzione dell’Aja del
1980 e ‘sostitutive’ della Convenzione di Lussemburgo del 1980. La Convenzione
dell’Aja viene integrata perché si prevede: l’obbligo di ascolto del minore nel
procedimento per il ripristino dell’affidamento davanti all’ autorità del Paese in
cui il minore è stato illecitamente trasferito; la durata massima del procedimento
di ritorno; alcune limitazioni all’operatività delle cause di rifiuto del ripristino
dell’affidamento, fondate sulla contrarietà del ritorno all’interesse del minore63
.
________________________________ 62
TONOLO S., La sottrazione internazionale dei minori nel diritto processuale civile europeo: il
regolamento bruxelles II-bis e la Convenzione dell’Aja del 1980 a confronto, in Riv. dir. int. priv. e
process., 2011, p. 81-82. 63
art. 11 Ritorno del minore. “..2. Nell'applicare gli articoli 12 e 13 della convenzione dell'Aia del
1980, si assicurerà che il minore possa essere ascoltato durante il procedimento se ciò non appaia
inopportuno in ragione della sua età o del suo grado di maturità. 3. Un'autorità giurisdizionale alla
quale è stata presentata la domanda per il ritorno del minore di cui al paragrafo 1 procede al rapido
trattamento della domanda stessa, utilizzando le procedure più rapide previste nella legislazione
nazionale…. 4. Un'autorità giurisdizionale non può rifiutare di ordinare il ritorno di un minore in
base all'articolo 13, lettera b), della convenzione dell'Aia del 1980 qualora sia dimostrato che sono
previste misure adeguate per assicurare la protezione del minore dopo il suo ritorno. 5. Un'autorità
giurisdizionale non può rifiutare di disporre il ritorno del minore se la persona che lo ha chiesto
non ha avuto la possibilità di essere ascoltata. 6. Se un'autorità giurisdizionale ha emanato un
provvedimento contro il ritorno di un minore.., l'autorità giurisdizionale deve immediatamente
trasmettere direttamente ovvero tramite la sua autorità centrale una copia del provvedimento
giudiziario contro il ritorno e dei pertinenti documenti… all'autorità giurisdizionale competente o
all'autorità centrale dello Stato membro nel quale il minore aveva la residenza abituale
immediatamente prima dell'illecito trasferimento o mancato ritorno….”.
162
Il Regolamento 2201 prevale, invece, sulla Convenzione di Lussemburgo del
1980, in quanto viene abolito l’exequator per le decisioni in materia di diritto di
visita e di ritorno del minore, in presenza di un apposito certificato64
.
L’integrazione della disciplina della Convenzione dell’Aja del 25 ottobre 1980 da
parte del Regolamento Bruxelles II-bis avviene anche tramite l’interpretazione
della Corte di Giustizia dell’Unione europea.
Per favorire la possibilità per il minore di intrattenere relazioni personali regolari
con entrambi i genitori, è stata elaborata la c.d. autonomia procedurale della
decisione di rientro del minore. La Corte di Giustizia ha precisato che la decisione
contro il rientro emanata e portata a conoscenza del giudice d’origine, anche se sia
stata sospesa, riformata, annullata, non sia passata in giudicato o sia stata
sostituita da una decisione di rientro, ma il rientro non ha avuto effettivamente
luogo, soccombe alla decisione di rientro del giudice d’origine se munita
dell’apposito certificato65
.
__________________________
64 Articolo 41. Diritto di visita. “1. Il diritto di visita di cui all'articolo 40, paragrafo 1, lettera a),
conferito in forza di una decisione esecutiva emessa in uno Stato membro, è riconosciuto ed è
eseguibile in un altro Stato membro senza che sia necessaria alcuna dichiarazione di esecutività e
senza che sia possibile opporsi al suo riconoscimento se la decisione è stata certificata nello Stato
membro d'origine ...”. e art. 42. Ritorno del minore. “1. Il ritorno del minore di cui all'articolo 40,
paragrafo 1, lettera b), ordinato con una decisione esecutiva emessa in uno Stato membro, è
riconosciuto ed è eseguibile in un altro Stato membro senza che sia necessaria una dichiarazione di
esecutività e senza che sia possibile opporsi al riconoscimento, se la decisione è stata certificata
nello Stato membro d'origine conformemente… 2. Il giudice di origine che ha emanato la
decisione di cui all'articolo 40, paragrafo 1, lettera b), rilascia il certificato di cui al paragrafo 1
solo se: a) il minore ha avuto la possibilità di essere ascoltato, salvo che l'audizione sia stata
ritenuta inopportuna in ragione della sua età o del suo grado di maturità; b) le parti hanno avuto la
possibilità di essere ascoltate; e c) l'autorità giurisdizionale ha tenuto conto, nel rendere la sua
decisione, dei motivi e degli elementi di prova alla base del provvedimento emesso
conformemente all'articolo 13 convenzione dell'Aia del 1980. Nel caso in cui l'autorità
giurisdizionale o qualsiasi altra autorità adotti misure per assicurare la protezione del minore dopo
il suo ritorno… il certificato contiene i dettagli di tali misure….”--- LONG J., L’impatto del
regolamento CE 2201/2003 sul diritto di famiglia italiano: tra diritto internazionale privato e
diritto sostanziale, in Familia, 2006, p. 1164 -1165; CONTI R., Il nuovo regolamento comunitario
in materia matrimoniale e di potestà parentale, in Fam. e dir., 2004, p. 299-300. 65
In Corte di Giustizia UE, 11 luglio 2008, in causa C-195/08, PPU, Rinau, in Riv. dir. int. priv. e
process., 2009, p. 1134 ss.—si trattava di un rinvio pregiudiziale proposto da un tribunale lituano,
in merito all’esecuzione di una sentenza resa dall’Amtsgericht Oranienburg tedesco che ordinava il
rientro in Germania di una minore affidata al padre tedesco in sede di divorzio e temporaneamente
trasferita in Lituania dalla madre lituana.-- TONOLO S., La sottrazione internazionale dei minori
nel diritto processuale civile europeo: il regolamento bruxelles II-bis e la Convenzione dell’Aja
del 1980 a confronto, in Riv. dir. int. priv. e process., 2011, p. 93-94.
163
Anche la nostra Corte di Cassazione ha analizzato un aspetto della disciplina del
c.d. return remedy previsto per la violazione del diritto di affidamento in una
sentenza che trae origine da un caso di sottrazione internazionale di minore, nata
da una coppia di fatto residente in Italia, formata da padre italiano e madre
spagnola. Il regolamento n. 2201/2003 dedica alla disciplina della sottrazione
internazionale dei minori un’articolata disciplina. La presente sentenza, in linea
con quanto precisato dalla Corte di giustizia, definisce il giudice della residenza
abituale quale ‘giudice naturale’ delle questioni relative al trasferimento illecito o
al mancato rientro del minore, in quanto giudice ‘più vicino all’ambiente familiare
e sociale vissuto dal minore prima dell’illecito trasferimento’66-67
.
________________________
66 La madre, divenuta ormai intollerabile la convivenza con il compagno- il 15 gennaio 2008 ha
fatto ritorno nella propria città di origine (Cordoba) portando con sé la figlia (di circa un anno e
mezzo di età), senza coordinarsi in ordine a tale trasferimento con il compagno. Il padre ha
introdotto due distinti procedimenti: uno, innanzi al Tribunale per i minorenni di Palermo, per
ottenere l’affidamento esclusivo della figlia e la contestuale dichiarazione di decadenza della
madre dalla potestà genitoriale ed il secondo, dinnanzi al giudice spagnolo, per ottenere il
rimpatrio immediato della minore ai sensi dell’art. 12 della Convenzione dell’Aja del 1980 sugli
aspetti civili della sottrazione internazionale dei minori. Il tribunale per i minorenni di Palermo-
verificata la sussistenza della propria giurisdizione, avendo la minore risieduto stabilmente in Italia
per oltre un anno prima della sottrazione- ha disposto con decreto dell’8 luglio 2008 l’affidamento
della minore in via provvisoria ed urgente al padre. Il Tribunale di Cordoba, ha respinto la richiesta
di rimpatrio del padre ravvisando la sussistenza di rischi psicofisici per la minore ai sensi dell’art.
13 lett. b della convenzione dell’Aja del 1980 e, in ossequio a quanto previsto dall’art. 11 par. 6
del regolamento n. 2201/2003, ha trasmesso gli atti del procedimento al giudice italiano. La madre
così ha avviato davanti al giudice spagnolo un procedimento per ottenere la custodia della figlia
(producendo il provvedimento provvisorio ex art. 20 del regolamento emesso dal Tribunale di
Cordoba, recante un regime di potestà genitoriale condivisa sulla minore, l’affidamento della
custodia e della tutela della stessa alla madre e un ampio diritto di visita e di prelievo al padre) ,
mentre il padre ha nuovamente adito il Tribunale di Palermo per ottenere un provvedimento di
rientro ai sensi dell’art. 11 par. 8 del regolamento n. 2201/2003 immediatamente esecutivo. I
giudici italiani danno prova di fiducia nell’operato delle autorità giudiziarie spagnole e di
collaborazione con queste, attraverso un’applicazione del meccanismo di cui all’art. 11 par. 8 del
regolamento n. 2201/2003 che non ha precedenti. Infatti il Tribunale dei minorenni di Palermo, ha
ritenuto di non esercitare la facoltà prevista da tale articolo, stante la sussistenza dei fondati rischi
per la minore in caso di rientro di trovarsi in una situazione intollerabile e con decreto del 9 marzo
2009 ha rigettato la richiesta di rimpatrio formulata dal padre, revocando contestualmente il
precedente decreto dichiarando il difetto di giurisdizione in ordine alla domanda di affidamento
esclusivo ed alla domanda di decadenza di potestà genitoriale della minore. Il cittadino italiano ha
proposto ricorso in Cassazione. Cass. , 14 luglio 210, n. 16549, in Riv. dir. intern. priv. proc., 2011,
p.443 ss. 67
La Corte di Giustizia ha precisato che la ‘residenza abituale’ coincide, con il luogo che denota
una certa integrazione del minore in un ambiente sociale e familiare, alla luce delle peculiari
circostanze di fatto che caratterizzano ogni caso di specie, quali la durata, la regolarità, le
condizioni e le ragioni del soggiorno nel territorio di uno Stato membro e il trasloco della famiglia
in tale Stato, la cittadinanza del minore, il luogo e le condizioni di frequenza scolastica-vedi ad es.
sentenza Corte di Giustizia UE, 22 dicembre 2010, in causa C-497/10 PPU, Mercredi, in
www.curia.europea.eu .
164
L’aspetto più significativo della nuova disciplina contenuta nel regolamento
relativamente alla sottrazione riguarda la previsione contenuta nell’art. 11 par. 8
che comporta un coordinamento dei procedimenti avviati nello Stato d’origine e
nello Stato di destinazione, e le autorità giudiziarie hanno l’obbligo di collaborare
per individuare la soluzione migliore ai fini della tutela del minore: i giudici dello
Stato di residenza abituale del minore, in ragione della prossimità al minore
stesso, malgrado una decisione di non ritorno del minore, possono emettere un
ordine di rientro (c.d. trumping order) il quale non soltanto è idoneo a superare il
diniego di rimpatrio ma una volta dotato del certificato previsto dal regolamento
sarà dotato di immediata esecutività68
. La sentenza della Cassazione merita
apprezzamento sia perché è la prima applicazione del principio di reciproca
fiducia nel delicato terreno della sottrazione internazionale di minori. Il buon
funzionamento del return remedy previsto dalla Convenzione dell’Aja è stato
frequentemente ostacolato da un uso non sempre corretto delle eccezioni previste
dalla convenzione stessa ed, in particolare, dell’art. 13 lett. b. E sebbene ora il
nuovo regolamento, con i meccanismi che abbiamo visto, ha limitato il ricorso a
tale eccezione(non c’è l’obbligo di ordinare il ritorno se sussiste un fondato
rischio, per il minore, di essere esposto, per il fatto del suo ritorno, ai pericoli
fisici e psichici, o comunque di trovarsi in una situazione intollerabile;) il
principio di reciproca fiducia richiede di essere ancora alimentato. La sentenza
della Cassazione dimostra come una corretta applicazione degli strumenti
introdotti dal regolamento Bruxelles II- bis va ad incrementare la reciproca fiducia
nello spazio giuridico europeo. La Corte, tornando sul procedimento ex art. 11 del
regolamento e sul suo rapporto con quello di cui all’art. 13 della Convenzione
dell’Aja, conferma la decisione del Tribunale minorile di Palermo, e precisa69
:
______________________________ 68
CARPANETO L., Reciproca fiducia e sottrazione internazionale di minori nello spazio
giudiziario europeo, in Riv. dir. int. priv. e process., 2011, p. 361-369. 69
Per il Tribunale dei minorenni di Palermo, sia il giudice del luogo in cui il minore è stato
trasferito, sia il giudice del luogo di residenza abituale del minore, hanno il compito di effettuare
un bilanciamento tra l’obiettivo di reintegrazione della situazione di mero fatto antecedente alla
sottrazione e l’eventuale interesse del minore al trasferimento. Conseguentemente entrambi i
giudici sono chiamati ad accertare ‘il dato della sottrazione unilaterale del minore da parte di uno
dei genitori; i motivi di tale sottrazione; la portata emotiva dell’iniziativa genitoriale rispetto al
minore medesimo; le sue conseguenze sulle condizioni di vita presente e futura di quest’ultimo’. -- CARPANETO L., Reciproca fiducia e sottrazione internazionale di minori nello spazio giudiziario
europeo, in Riv. dir. int. priv. e process., 2011, p. 370.
165
l’oggetto del procedimento ( che è indicato nello stesso articolo al par. 7 e consiste
nell’esame dell’eventuale violazione del diritto di affidamento del titolare della
responsabilità genitoriale, inteso quale diritto ad intervenire nella decisione
relativa al luogo di residenza del minore e la verifica circa la sussistenza delle
cause ostative al rientro così come disciplinate dalla Convenzione dell’Aja artt. 12
e 13); le norme procedurali da seguire (l’art. 11 par. 7 si riferisce alla legislazione
nazionale—la procedura da seguire è quella ex art. 7 legge n. 64/199470
); infine
viene specificata la natura di tale procedimento ( consiste in un vero e proprio
procedimento di ‘riesame’ nel quale il giudice della residenza abituale del minore
ha il potere di effettuare ‘una nuova e globale valutazione degli elementi probatori
acquisiti dal giudice che ha negato il rientro ’ integrandoli con quelli da lui
ulteriormente acquisiti e all’esito di tale procedura può emettere una decisione
confermativa del provvedimento di diniego del ritorno, anche per ragioni diverse
o ulteriori da quelle addotte dall’altro giudice, o pronunciare una decisione
‘sostitutiva’ dello stesso provvedimento, prescrivendo il ritorno del minore). Uno
degli aspetti critici riguarda il fatto che non risulta alcun riferimento all’assenza in
Italia di misure adeguate ad assicurare la tutela della minore in caso di rientro (una
delle più significative novità introdotte dall’art. 11 del regolamento n. 2201/2003),
come nelle altre decisioni delle autorità giurisdizionali che si sono limitate a
motivare le proprie scelte invocando il superiore interesse del minore.
_____________________________________
70 Art. 7. 1. Le richieste tendenti ad ottenere il ritorno del minore presso l'affidatario al quale
e' stato sottratto, o a ristabilire l'esercizio effettivo del diritto di visita, sono presentate per il
tramite dell'autorità centrale a norma degli articoli 8 e 21 della convenzione de L'Aja del 25
ottobre 1980. 2. L’autorità centrale, premessi se del caso i necessari accertamenti, trasmette
senza indugio gli atti al procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni del luogo
in cui si trova il minore. Il procuratore della Repubblica richiede con ricorso in via d'urgenza al
tribunale l'ordine di restituzione o il ripristino del diritto di visita. 3. Il presidente del tribunale,
assunte se del caso sommarie informazioni, fissa con decreto l'udienza in camera di consiglio,
dandone comunicazione all'autorità centrale. Il tribunale decide con decreto entro trenta giorni
dalla data di ricezione della richiesta di cui al comma 1, sentiti la persona presso cui si trova il
minore, il pubblico ministero, e, se del caso, il minore medesimo. La persona che ha presentato la
richiesta è informata della data dell'udienza a cura dell'autorità centrale e può comparire a sue
spese e chiedere di essere sentita. 4. Il decreto è immediatamente esecutivo. Contro di esso può
essere proposto ricorso per cassazione. La presentazione del ricorso non sospende l'esecuzione del
decreto. 5. Il procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni cura l'esecuzione
delle decisioni anche avvalendosi dei servizi minorili dell'Amministrazione della giustizia, e
ne da' immediatamente avviso all'autorità centrale. 6. E' fatta salva la facoltà per l'interessato
di adire direttamente le competenti autorità, a norma dell'articolo 29 della convenzione di cui al
comma 1.’
166
Un tale riferimento avrebbe rafforzato tali decisioni e avrebbe contribuito a
riempire di contenuti la nozione di interesse superiore del minore71
. Inoltre un
altro punto critico riguarda la decadenza di competenza del giudice italiano sulla
base dell’art. 10 lett. b del regolamento e l’acquisizione della competenza da parte
del giudice spagnolo: i giudici di legittimità si sono limitati a dare per scontato la
sussistenza del presupposto del soggiorno per oltre un anno del minore in Spagna
e della sua integrazione in tale territorio, ricavandolo dalla situazione della
madre72
.
Una più articolata motivazione sull’integrazione della minore sarebbe stata
opportuna non solo perché la decisione ha determinato il superamento di un
precedente provvedimento del Tribunale dei minorenni di Palermo ,che pur
essendo stato emanato in via cautelare e urgente, era nella sostanza del tutto
favorevole all’affidamento della minore al padre, ma anche perché proprio dalla
sussistenza o meno del presupposto relativo all’interesse della minore dipende la
delicata questione del trasferimento di competenza sull’affidamento dal giudice
naturale al giudice del Paese in cui la minore sia stata illecitamente trasferita73
.
_____________________________________ 71
L’interesse superiore del minore è l’elemento centrale nella risoluzione di tutte le controversie
che riguardano i minori e, tra esse, quelle relative alla sottrazione internazionale; per non ridurre
tale elemento ad una formula vuota, è necessario procedere ad un accertamento rigoroso. 72
In realtà data la tenera età della bambina, è impossibile prescindere dalla posizione della madre
per effettuare valutazioni di merito circa l’avvenuta integrazione della minore. La stessa Corte di
Giustizia, nella sentenza Mercredi del 22 dicembre 2010, in www.curia.europea.eu ., relativa ad
un caso di trasferimento di una neonata dal Regno Unito all’isola di Réunion (Francia) da parte
della madre e all’insaputa del padre. Il padre aveva avviato procedimenti sia dinnanzi alle autorità
giurisdizionali britanniche, per il riconoscimento della responsabilità genitoriale e dei diritti di
affidamento e di visita, quanto dinnanzi a quelle francesi, per ottenere il ritorno del minore in forza
della Convenzione dell’Aja del 1980. La madre oltre ad avviare un procedimento innanzi alle
autorità francesi per ottenere un provvedimento che le attribuisse la responsabilità genitoriale
esclusiva e per la fissazione del domicilio della minore presso il suo indirizzo, proponeva appello
contro le decisioni dei giudici britannici, in quanto ritenuti privi di competenza. I giudici britannici
in sede d’appello hanno sottoposto alla Corte di Giustizia dell’UE una serie di questioni
pregiudiziali volte a chiarire la portata delle nozioni di residenza abituale di minore (neonato) e di
affidamento. In particolare in merito alla nozione di residenza abituale del minore , la Corte,
partendo dal presupposto secondo cui i neonati necessariamente condividono l’ambiente sociale e
familiare della cerchia delle persone dalle quali dipendono, afferma che: laddove un neonato sia
effettivamente accudito dalla madre, è necessario valutare l’integrazione di quest’ultima in un
determinato ambiente sociale e familiare, avendo particolare riguardo alle ragioni che hanno
motivato il suo trasferimento in un diverso Stato membro e alle sue origini geografiche e familiari.
CARPANETO L., Reciproca fiducia e sottrazione internazionale di minori nello spazio giudiziario
europeo, in Riv. dir. int. priv. e process., 2011, p. 372 ss.
73 CARPANETO L., Reciproca fiducia e sottrazione internazionale di minori nello spazio
giudiziario europeo, in Riv. dir. int. priv. e process., 2011, p. 375-6.
167
In un'altra sentenza la Corte di Giustizia si è occupata di un altro aspetto del
regolamento: l’art. 20 prevede che i giudici di uno Stato membro nel quale si trovi
il minore sono autorizzati, in presenza di determinati presupposti, ad adottare i
provvedimenti provvisori o cautelari previsti dalla loro legge nazionale, anche se
il regolamento conferisce ad un giudice di un altro Stato membro la competenza a
conoscere del merito74
. Tuttavia, essendo un’eccezione al sistema di competenze,
questa disposizione deve essere interpretata restrittivamente75
. La procedura
seguita nella questione controversa è rappresentata dal procedimento pregiudiziale
d’urgenza, disciplinato dagli artt. 23 bis del Protocollo sullo Statuto della Corte di
Giustizia e 104 ter del Regolamento di procedura della Corte di Giustizia,
introdotto a seguito delle modifiche del 15 gennaio 2008. Il giudice del rinvio,
data la coesistenza di una decisione giurisdizionale esecutiva adottata dal giudice
italiano, che in via cautelare aveva concesso l’affidamento della minore al padre, e
di un altro provvedimento in senso contrario, adottato in sede cautelare dal
giudice sloveno, che aveva attributo l’affidamento alla madre, rinviene la
necessità di agire rapidamente nell’interesse della minore e nel pericolo di
___________________________ 74
Articolo 20.Provvedimenti provvisori e cautelari. “1. In casi d'urgenza, le disposizioni del
presente regolamento non ostano a che le autorità giurisdizionali di uno Stato membro adottino i
provvedimenti provvisori o cautelari previsti dalla legge interna, relativamente alle persone
presenti in quello Stato o ai beni in esso situati, anche se, a norma del presente regolamento, è
competente a conoscere nel merito l'autorità giurisdizionale di un altro Stato membro. 2. I
provvedimenti adottati in esecuzione del paragrafo 1 cessano di essere applicabili quando l'autorità
giurisdizionale dello Stato membro competente in virtù del presente regolamento a conoscere del
merito abbia adottato i provvedimenti ritenuti appropriati.” 75
Tale aspetto è stato analizzato nel caso deciso dalla Corte di Giustizia con sent., 23 dicembre
2009, in causa C-403/09 PPU, Deticek c. Sgueglia , in Riv. dir. intern. priv. e process., 2011, p. 528
ss., a seguito di un rinvio pregiudiziale proposto da un tribunale sloveno. La vicenda è quella di
una madre, cittadina slovena, che chiede a una Corte del suo Paese di adottare un provvedimento
d’urgenza sull’affidamento della figlia, nata da un matrimonio contratto con un cittadino italiano
(anche se in Italia vi era già stato un provvedimento di affidamento al padre, reso nell’ambito del
giudizio di separazione e dichiarato esecutivo nel territorio della Repubblica di Slovenia). Il
tribunale adito accoglie la domanda della ricorrente, concedendole l’affidamento provvisorio della
figlia. La decisione viene fondata sul combinato disposto dell’art. 20 del Regolamento (CE) del
Consiglio 27 novembre 2003, n. 2201 (cd. Bruxelles-II bis) e dell’art. 13 della Convenzione
dell’Aja del 1980, sulla base del mutamento delle circostanze e dell’interesse della minore. Il
marito, dopo aver ottenuto il rigetto del ricorso avverso l’ordinanza che affidava la figlia alla
madre, propone gravame dinanzi alla Corte d’appello di Maribor. Quest’ultima solleva in via
d’urgenza la questione pregiudiziale in merito all’interpretazione dell’art. 20 del Regolamento n.
2201/2003, sui provvedimenti provvisori cautelari in tema di responsabilità genitoriale, quando il
Giudice che conosce del merito della causa si trova in uno Stato membro differente.-- GRASSO
G., Provvedimenti provvisori cautelari in tema di responsabilità genitoriale: le indicazioni della
Corte di Giustizia sul regolamento Bruxelles II BIS, in Fam. e dir., 2010, p. 994.
168
deterioramento irreparabile dei rapporti con il padre. In particolare, la questione
posta dal giudice del rinvio verte sulla possibilità che l’art. 20 consenta ad un
giudice di uno Stato membro di adottare un provvedimento provvisorio
sull’affidamento di un minore nel caso in cui un Giudice di un altro Stato
membro, competente nel merito, abbia già emesso una decisione che affida
provvisoriamente il minore all’altro genitore, e tale decisione sia stata dichiarata
esecutiva nel territorio del primo Stato membro. La Corte decise il caso
escludendo tale possibilità, perché se fosse dichiarata la legittimità dell’operato
della Corte slovena si avrebbe una distorsione delle finalità della disciplina. Tra le
finalità vi è quella di favorire il reciproco riconoscimento delle decisioni
pronunciate negli Stati membri e la necessità che le decisioni relative all’esercizio
della responsabilità genitoriale, emesse ed esecutive nello Stato membro di
origine, debbano essere eseguite nello Stato membro richiesto (art. 28, n. 1,
Regolamento n. 2201/2003) e in tale caso non rileva la circostanza
dell’integrazione della minore in un nuovo ambiente76
. Una ulteriore finalità è
anche quella di ostacolare gli illeciti trasferimenti o i mancati rientri di minori da
uno Stato membro all’altro. Il mutamento della situazione della minore deriva da
un trasferimento illecito posto in essere dalla madre e ritenere ammissibile la
pronuncia cautelare determinerebbe il consolidamento di tale situazione illecita77
.
_______________________
76 art. 28 reg. n. 2201/2003.Decisioni esecutive. “1. Le decisioni relative all'esercizio della
responsabilità genitoriale su un minore, emesse ed esecutive in un determinato Stato membro,
sono eseguite in un altro Stato membro dopo esservi state dichiarate esecutive su istanza della
parte interessata, purché siano state notificate…”. La corte di Giustizia evidenzia che l’art. 20, n.
1, Regolamento n. 2201/2003, prevede che i provvedimenti provvisori devono essere presi
relativamente alle persone presenti nello Stato membro in cui siedono i giudici competenti
all’adozione di tali misure. Nel caso di specie, il padre. GRASSO G., Provvedimenti provvisori
cautelari in tema di responsabilità genitoriale: le indicazioni della Corte di Giustizia sul
regolamento Bruxelles II BIS, in Fam. e dir., 2010, p. 996. 77
GRASSO G., Provvedimenti provvisori cautelari in tema di responsabilità genitoriale: le
indicazioni della Corte di Giustizia sul regolamento Bruxelles II BIS, in Fam. e dir., 2010, p. 992
ss. In un'altra sentenza la Corte (Corte giust., 2 aprile 2009, c. 523\07, A., in R. dir. int. pr. proc.,
2009, p. 750) ha condizionato l’applicazione della norma in esame alla sussistenza delle tre
condizioni ivi indicate, cioè l’urgenza (e’ onere della parte istante allegare i fatti costitutivi del
fatto che il ritardo nel provvedere possa pregiudicare l’interesse del minore—così Trib. Bologna,
21 maggio 2013, decr., in www.giuraemilia.it.), la presenza della persona o del bene nello Stato e
la provvisorietà del provvedimento. I provvedimenti cui la norma si riferisce sono applicabili ai
minori che hanno la loro residenza abituale in uno Stato membro, ma soggiornano
temporaneamente o occasionalmente in un altro Stato membro. LUPOI M. A. Giurisdizione,
riconoscimento ed esecuzione dei provvedimenti stranieri in materia familiare (normativa europea
ed interna), materiali relativi al “Corso teorico-pratico di diritto internazionale privato e
processuale della famiglia”, organizzato dall’Osservatorio dei matrimonialisti riminesi, tenutasi a
Rimini il 15 febbraio 2014—p.25.
169
4. Diritto al rispetto della vita familiare e responsabilità nella
giurisprudenza europea
Il percorso di adeguamento del diritto civile interno ai diritti fondamentali ha visto
nella giurisprudenza europea della Corte di Giustizia e , soprattutto, nella Corte
Europea dei Diritti dell’Uomo, un impulso fondamentale. Già la Risoluzione n.
1226 (2000), “Esecuzione delle sentenze della Corte Europea dei Diritti
dell’Uomo”, aveva affermato che la giurisprudenza della Corte EDU, in forza del
principio di sussidiarietà, costituisce parte integrante della Convenzione europea
per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e ha efficacia
vincolante erga omnes78
. Anche la nostra Corte costituzionale osserva che ‘tra gli
obblighi internazionali assunti dall’Italia con la sottoscrizione e la ratifica della
CEDU vi è quello di adeguare la propria legislazione alle norme di tale trattato,
nel significato attribuito dalla Corte’79
.
La rilevanza della giurisprudenza della Corte EDU è particolare per l’area del
diritto delle persone minori di età e della loro tutela, che è caratterizzata da una
normativa lacunosa e dal difetto del sindacato di nomofilachia della Suprema
Corte su varie tipologie di provvedimenti. Per questo i principi elaborati dalla
Corte di Strasburgo in molteplici pronunce che riguardano la relazione dei figli
con i genitori e la relativa tutela costituiscono una preziosa fonte integrativa80
.
___________________________________
78 Risoluzione n. 1226 (2000) titolata “Esecuzione delle sentenze della Corte Europea dei Diritti
dell’Uomo” e adottata dall’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa il 28 settembre 2000:
“The principle of solidarity implies that the case law of the Court forms part of the Convention,
thus extending the legally binding force of the Convention erga omnes (to all the other parties).
This means that the states parties not only have to execute the judgement of the Court pronounced
in case in which they are party, but also have to take into consideration the possible implication
which judgements pronounced in other cases may have for their own legal system”. 79
Corte Cost., sent. 348 e 349 del 24 ottobre 2007 in Corr. Giur., 2008, p.185.RUO M.G., Tutela
dei figli e procedimenti relativi alla crisi della coppia genitoriale nella giurisprudenza della Corte
europea dei diritti dell’Uomo, in Dir. fam. pers., 2011, p. 1004-1005; FERRANDO G., Genitori e
figli nella Giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, in Fam. e dir., 2009, p.
1049. 80
Si pensi alla mancanza di previsioni normative per quanto concerne il ‘giusto’ procedimento
minorile e l’esecuzione nei procedimenti di famiglia. L’esclusione del sindacato di legittimità, ad
esempio nei procedimenti de potestate, si basa sul fatto che essi apparterrebbero alle procedure
camerali non contenziose, in quanto non sarebbero dirette a risolvere controversie su diritti o
status, e pertanto i relativi provvedimenti non avrebbero carattere di definitività in quanto sempre
revocabili. –es. Cass., 8 ottobre 2002, n. 14380, in Mass. giust. civ., 2003, p. 244.
170
Riguardo alla tutela dei diritti dei figli minori nella relazione con i genitori, in
funzione del loro superiore interesse, il concetto di famiglia elaborato dalla Corte
di Strasburgo non è solo indipendente dal vincolo di coniugio tra i genitori stessi,
ma prescinde, talvolta, persino dal riconoscimento giuridico della filiazione. E
infatti, in alcuni giudizi nei quali i ricorrenti denunciavano la violazione dell’art. 8
della Convenzione, la Corte Europea dei diritti umani si è soffermata nel definire
il contenuto da attribuire all’espressione generica di ‘vita familiare’: dalla lettura
delle decisioni si ricava che la definizione di vita familiare, accolta nella sua
giurisprudenza, non si limita a comprendere la famiglia legittima, ma si allarga
fino ad abbracciare le relazioni tra soggetti di fatto conviventi. Un ruolo decisivo
assume la nascita, essendo irrilevante a tale riguardo la circostanza che tale evento
si sia verificato all’interno di una relazione coniugale, durante una convivenza di
fatto o, successivamente, al suo scioglimento. Una volta accertata l’esistenza del
legame biologico, la relazione tra il genitore e il figlio pretende un
comportamento positivo da parte dello stato nel senso della predisposizione di una
legislazione orientata a favorire la continuazione del rapporto ed il suo normale
sviluppo. In particolare in un caso del 1994, la Corte, essendo la famiglia di fatto
assimilata alla famiglia legittima, ritiene che il rapporto dedotto in giudizio ricada
nell’ambito operativo della norma81
. Poi afferma che dal diritto al rispetto della
vita privata e familiare derivano per gli Stati sia obblighi negativi di astensione da
______________________________ 81
Nel senso di riconoscere violazione dell’art. 8 della Convenzione indipendentemente dal vincolo
giuridico di filiazione, anche CEDU, sent. 26 maggio 1994, Keegan c. Irlanda in E.H.H.R. p.
342.—Il signor Keegan è padre naturale di una bambina nata a seguito di una relazione more
uxorio, interrotta prima della venuta alla luce della figlia minore. La madre decide di mandare in
adozione la piccola all’insaputa del padre. Così il padre chiede giudizialmente di essere nominato
tutore e affidatario della figlia e poterne contestare quindi l’adottabilità (mentre un padre legittimo
è tutore di diritto dei suoi figli e un minore non può essere posto in stato di adottabilità senza il
consenso della madre e del tutore). A seguito della nomina del padre naturale quale tutore e
affidatario della figlia, la madre e la aspirante coppia adottiva contestano il provvedimento e in
seguito alla sua conferma propongono gravame. Il giudice richiesto propone una interpretazione
restrittiva dei diritti del padre naturale, che per essere effettivi e , quindi, riconosciuti, devono
coincidere con il benessere del minore: a seguito delle conclusioni di un esperto, psichiatra
infantile, che esprime valutazione negativa sul distacco della bimba dalla famiglia aspirante
adottiva, il giudice accoglie le istanze della madre, motivandole con una prognosi di migliori
condizioni di vita offerte dalla famiglia affidataria. Così il padre ricorre alla Corte Europea dei
diritti dell’Uomo assumendo violazione del suo diritto al rispetto della vita familiare, per aver
subito la decisione materna di porre la figlia in stato di adottabilità a sua insaputa e in assenza di
un suo consenso e per la mancata previsione ,nel diritto pertinente, di una automatica, ancorchè
revocabile, assunzione del ruolo di tutore e affidatario della prole naturale.---- in LONGO F.,
Rapporti familiari e responsabilità civile, Torino, 2004, p. 163 ss.
171
comportamenti o atti che possono determinarne la rottura, sia obblighi positivi di
attivarsi per aiutare i genitori a superare eventuali difficoltà di relazione con il
minore e a ricostituire il nucleo familiare. Tra le obbligazioni positive vi è quella
di agire in modo tale da consentire ai legami familiari di svilupparsi normalmente.
Quindi laddove vi sia un legame familiare, lo Stato deve agire in modo tale da
permettere che questo legame si consolidi e deve garantire una tutela giudiziale
che consenta e promuova l’integrazione del bambino nel suo nucleo biologico sin
dalla nascita. Il collocamento fuori della famiglia può essere considerato
legittimo solo se previsto dalla legge, se volto a perseguire uno o più fini legittimi
e se costituisce una misura necessaria in una società democratica82
. Il principio
del rispetto della vita privata e familiare ex art. 8 della Convenzione, senza
discriminazioni fondate sulla nascita, va interpretato in un sistema complesso, del
quale fanno anche indissolubilmente parte l’art. 6 (Diritto ad un equo processo) e
l’art. 14 (Divieto di discriminazione) della stessa convenzione: ai figli,
indipendentemente dalla relazione giuridica dei loro genitori e, anche, dal
riconoscimento giuridico e dal tipo di filiazione, vanno garantiti gli stessi diritti
sostanziali, con medesime modalità e regole, con gli stessi strumenti per attuarle e
con le medesime garanzie processuali. In varie occasioni la Corte EDU ha rilevato
che godere della reciproca presenza e di continuità ed assiduità di relazione,
costituisce per figli e genitori uno degli elementi fondamentali del diritto alla vita
familiare.
______________________________ 82
Anche la Convenzione ONU del 20.11.1989 all’art.7 stabilisce che il bambino, nella misura del
possibile, ha diritto a crescere coi suoi genitori, in quanto, per genitore e figlio, la convivenza
rappresenta un elemento fondamentale della vita familiare, anche quando la relazione della coppia
genitoriale sia venuta meno. Il fatto che il diritto irlandese permetta l’affidamento preadottivo
all’insaputa e senza il consenso del padre naturale, determina il consolidamento di uno stato di
fatto esistente con la famiglia aspirante adottiva. Questa modalità non solo ha ostacolato il legame
tra il sig. Keegan e sua figlia, ma ha anticipato una decisione che si è consolidata nel tempo,
ponendo in posizione deteriore il genitore non convivente rispetto alla famiglia affidataria. La
Corte perciò ritiene violato l’art. 8 ritenendo prevalente e significativo il rapporto biologico padre-
figlia e in tal caso il collocamento fuori dalla famiglia non costituisce una misura necessaria in una
società democratica.-- RUO M.G., Tutela dei figli e procedimenti relativi alla crisi della coppia
genitoriale nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’Uomo, in Dir. fam. pers.,
2011, p. 1011-1012; LONGO F., Rapporti familiari e responsabilità civile, Torino, 2004, p. 165;
FERRANDO G., Genitori e figli nella Giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo,
in Fam. e dir., 2009, p. 1051; CAGGIA F., Il rispetto della vita familiare, in Fam. e dir. 2002,
p.214.
172
E’ fuori discussione il diritto degli Stati di esercitare un controllo sull’esercizio
delle responsabilità parentali. Ma l’affido etero-familiare deve essere inteso come
misura di sostegno al ragazzo e alla sua famiglia orientato al recupero della
relazione tra genitori e figli83
: l’allontanamento di un minore dalla sua famiglia e
ogni altra misura limitativa, sospensiva o ablativa della potestà genitoriale, che
vadano ad incidere su tale aspetto fondamentale, devono essere assunti con
estrema prudenza perché, in caso contrario, si attuerebbe un’ingerenza della
pubblica Autorità nella vita privata e familiare; inoltre lo Stato ha anche obblighi
positivi, tra i quali quello di implementare e di proteggere i rapporti e le relazioni
tra i componenti della famiglia e di renderli effettivi. Infatti l’ingerenza dello
Stato deve qualificarsi indebita ai sensi dell’art. 8, non solo quando le pubbliche
autorità pongono in essere provvedimenti invasivi e intrusivi della sfera di libertà
e autonomia dei nuclei familiari, ma anche quando omettono di attivarsi in modo
funzionale allo sviluppo del legame genitore/figlio84
.
___________________ 83
Nella sentenza CEDU, 12 gennaio 2010, A. W. Khan c. Regno Unito, in www.echr.coe.int ,
questa ha confermato il principio secondo cui i bambini nati o da una coppia sposata o da una
coppia di conviventi sono ipso jure parte di questa famiglia fin dal momento della nascita e che tra
i bambini e i loro genitori esiste una vita familiare. Nel caso di specie, il ricorrente e la sua
fidanzata avevano una relazione dal mese di agosto 2005; egli aveva riconosciuto la figlia, che
portava, così, il cognome del padre sul certificato di nascita. Anche se il ricorrente era stato
sottoposto agli arresti domiciliari e quindi le condizioni di esecuzione della pena impedivano al
ricorrente, sottoposto agli arresti domiciliari, di vivere con la figlia e con la mamma della bambina,
vedeva loro quotidianamente. La Corte ha ritenuto che il rapporto avesse durata e consistenza
sufficiente a creare legami familiari di fatto meritevoli di tutela ai sensi dell’art. 8. E anche se
section 3 of the Immigration Act 1971 (come emendato dal successivo Immigration and Asylum
act del 1999) prevede che una persona che non è cittadino britannico può essere destinatario di un
ordine di espulsione se il Segretario di Stato for the Home Departement ritiene che ciò può
condurre all’ordine pubblico, la Corte ha ritenuto che: alla luce della durata della permanenza nel
Paese ospitante, della qualità delle relazioni ivi stabilite, e dell’assenza totale di legami sociali,
culturali e familiari con il Paese d’origine (Pakistan), l’espulsione non sarebbe proporzionata allo
scopo legittimo….l’art. 8, infatti, protegge anche il diritto di stabilire e sviluppare relazioni con gli
altri esseri umani e il mondo esterno. L’espulsione, in questi casi—qualora eseguita—costituirebbe
una violazione del diritto al rispetto della vita privata e familiare. RUO M.G., Tutela dei figli e
procedimenti relativi alla crisi della coppia genitoriale nella giurisprudenza della Corte europea
dei diritti dell’Uomo, in Dir. fam. pers., 2011, p. 1013-1016. 84
In tema di provvedimenti de potestate e di adottabilità, il principio univoco espresso dalla
giurisprudenza della Corte EDU è che l’allontanamento del minore dalla famiglia e la sua
sistemazione in affidamento ad altra famiglia o ad una comunità deve essere una misura
temporanea, che deve essere revocata quando le circostanze lo permettono per consentire la
riunione del genitore con il figlio. L’interesse del minore richiede che soltanto circostanze
eccezionali possano condurre ad una rottura del legame familiare e che tutto deve essere fatto con
l’obiettivo di mantenere le relazioni personali e ricostituire in seguito la famiglia.
173
Il principio trovò la sua declinazione nel noto caso Scozzari e Giunta c. Italia, nel
quale la Corte ritenne sussistente la violazione dell’art. 8., censurando l’esiguo
numero degli incontri tra madre e figli e l’eccessiva distanza temporale tra gli
stessi che non consentiva un riallacciamento dei rapporti tra la ricorrente ed i
minori.85
Quindi l’Autorità nazionale deve fare tutto il possibile per consentire la
realizzazione del diritto di visita del genitore non convivente con il figlio. La
CEDU ha affrontato tale argomento anche in un altro recente caso che riguardava
un procedimento per l’affidamento di figli minori caratterizzato da alta
conflittualità tra i coniugi. Anche in questo caso la Corte di Strasburgo precisa che
i servizi debbono agire tempestivamente, attuando misure sufficienti ed adeguate
per far rispettare il diritto di visita del genitore non affidatario86
.
_____________________________
85 Sentenza CEDU, Scozzari e Giunta c. Italia, 13 luglio 2000, in Fam. e dir., 2001, p.5.—
riguarda una famiglia turbata dalle violenze del marito nei confronti della moglie, con
conseguenze pregiudizievoli per la psiche dei due figli; il Tribunale per i minorenni disponeva,
dapprima, il ricovero dei bambini e della madre presso la Caritas; in seguito disponeva,
l’allontanamento dei bambini anche dalla madre (ritenuta affetta da gravi disturbi della
personalità) ed il collocamento dei minori presso una Comunità. La madre, che agiva anche in
nome dei figli, ricorre alla Corte sostenendo che la sospensione della potestà genitoriale,
l’allontanamento dei figli ed il loro collocamento in comunità, nonché il ritardo con cui le autorità
le avevano permesso di incontrarli ed il numero insufficiente di incontri organizzati, avevano
violato l’art. 8 della Convenzione. Inoltre la Corte EDU, aveva anche censurato il Tribunale per i
minorenni di Firenze, perché non aveva dato prova della prudenza e vigilanza richieste in un
contesto così delicato e difficile, in pregiudizio dei diritti della madre, ma anche dei superiori
interessi dei figli. Quindi le censure non riguardavano il provvedimento di sospensione della
potestà e di allontanamento dei bambini che era stato preso legittimamente, ma il comportamento
successivo dei servizi i quali non avevano dato spiegazioni circa le loro scelte e gli ostacoli al
riallacciamento dei rapporti, rendendo l’allontanamento praticamente irreversibile.-- RUO M.G.,
Tutela dei figli e procedimenti relativi alla crisi della coppia genitoriale nella giurisprudenza della
Corte europea dei diritti dell’Uomo, in Dir. fam. pers., 2011, p. 1017-1022; FERRANDO G.,
Genitori e figli nella Giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, in Fam. e dir.,
2009, p. 1051. 86
Sentenza CEDU, 2 febbraio 2011, ric. n. 36168/09, Piazzi c. Italia, in minoriefamiglia.it , si
trattava di un caso in cui un minore già affidato alla madre si trasferisce, dopo il divorzio ed
unitamente al genitore affidatario, in un’altra città distante 250 chilometri, dove la madre contrae
nuovo matrimonio. Dopo circa due anni da questo evento il minore dichiara alla nonna materna di
avere subito palpeggiamenti sessuali dal padre, con il conseguente ricorso della madre ad un
avvocato che intima al padre di non incontrare più il figlio. Il ricorso del padre al Tribunale dei
minorenni di Venezia avvia le consuete procedure di indagini con affidamento del minore ai
servizi sociali locali. L’autorità giudiziaria, in seguito alla relazione dello psicologo in cui si dice
che i fatti denunciati dalla minore sono frutto della sua immaginazione, dispone che i servizi
sociali si attivino al fine di ripristinare i rapporti tra il padre ed il figlio. Ciò nonostante il padre
non riesce ad incontrare il figlio e per questo ricorre alla CEDU, che riconosce la violazione
dell’art. 8 della Convenzione, avendo le autorità nazionali omesso di esercitare sforzi adeguati e
sufficienti per far rispettare il diritto di visita e quindi per favorire la collaborazione tra i genitori,
dovendo tenere conto anche dei bisogni del minore. RUSSO R., La CEDU censura i giudici
italiani: per realizzare l’interesse del minore non bastano misure stereotipate ed automatiche. Un
esempio di adeguamento ai principi della Convenzione europea, in Fam. e dir., 2011, P. 660-662.
174
Devono adoperarsi per ripristinare gli incontri con il figlio minore, specie se si sia
stabilito che ciò corrisponda al suo superiore e preminente interesse, e vi siano
circostanze ostili al genitore non affidatario, idonee a consolidare, nel tempo,
situazioni di fatto assolutamente distanti dalle decisioni assunte con
provvedimento del Tribunale Nel caso sottoposto alla Corte è mancato, quindi, il
rispetto di un’altra regola fondamentale: la tempestività dell’intervento giudiziale
e degli ausiliari del giudice. Infatti le autorità nazionali hanno lascito che si
consolidasse una situazione di fatto in violazione delle decisioni giudiziarie: viene
messo in evidenza che provvedimenti astrattamente corretti, ma non attuati nei
tempi necessari ( es. nei procedimenti separativi della coppia genitoriale,
l’intempestività o l’inadeguatezza di regole certe e precise per il rapporto con il
genitore non convivente) in relazione alla evoluzione delle esigenze psico-fisiche
di un minore, costituiscono violazione dei diritti tutelati dall’art.887
. Una
particolare attenzione è dedicata dalla giurisprudenza della Corte EDU al “fattore
tempo”. Infatti trattandosi di una persona in età evolutiva, l’inutile decorso del
tempo senza che il minore possa ricongiungersi ai propri genitori (da addebitarsi
alla lunghezza processuale o all’inadeguatezza delle misure attuate), è di per sé
contrario all’interesse del minore perché inconciliabile con le sue tappe evolutive
e dannoso per il suo corretto sviluppo psico-fisico. Lo Stato deve adempiere
all’obbligo di ricongiunzione “nel più breve tempo possibile” e tale criterio deve
essere commisurato alle esigenze della persona in età evolutiva, il cui sano e
corretto sviluppo psico-fisico non consente dilazioni nell’attuazione dei suoi diritti
fondamentali, tra cui quello di crescere ed essere educato dal genitore adeguato.
Una sentenza risalente è la sentenza CEDU, 26 giugno 2003, ric. n. 48206/99,
Maire c. Portogallo, in cui non solo la Corte ha ritenuto che nell’art.8 della
Convenzione sia ricompreso il diritto del genitore a ricongiungersi al figlio e il
corrispondente obbligo delle Autorità nazionali a provvedervi, ma ha anche
espressamente rilevato come a tale obbligo debba provvedervi nel più breve
_________________________
87
RUSSO R., La CEDU censura i giudici italiani: per realizzare l’interesse del minore non
bastano misure stereotipate ed automatiche. Un esempio di adeguamento ai principi della
Convenzione europea, in Fam. e dir., 2011, p. 665. RUO M.G., Tutela dei figli e procedimenti
relativi alla crisi della coppia genitoriale nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti
dell’Uomo, in Dir. fam. pers., 2011, p. 1035.
175
tempo possibile, dovendo essere interpretato alla luce della Convenzione dell’Aja
del 1980 e di quella di New York del 198988
.
________________________
88 CEDU, sent. 26 giugno 2003, ric. n. 48206/99, Maire c. Portogallo, in www.echr.coe.int: il caso
riguardava il ricorrente, cittadino francese, che è coniugato con una cittadina portoghese e dopo il
divorzio ottiene l’affidamento del minore, con diritto di visita della madre. La madre preleva
Giuliano presso la nonna paterna e lo sottrae, portandolo in Portogallo. Il padre, in applicazione
della Convenzione dell’Aja del 25 ottobre 1980 sugli aspetti civili della sottrazione internazionale
dei minori e la Convenzione di cooperazione giudiziaria tra la Francia e il Portogallo relativa alla
protezione dei minori, si rivolge al Ministero della Giustizia francese- autorità centrale francese in
base alle citate convenzioni- proponendo domanda di rimpatrio immediato del figlio. La madre si
rende irreperibile e le indagini espletate non danno alcun esito. Così il ricorrente, dopo essersi
recato in Portogallo e aver rintracciato la madre, sollecita il consiglio di Francia e Lisbona affinché
intraprenda in via d’urgenza le pratiche per il rimpatrio, ma il relativo provvedimento resta
ineseguito, per l’assenza di cooperazione della madre e per la mancata organizzazione a procedere
con la forza pubblica. La madre presenta istanza per revocare l’ordine di rimpatrio, facendo leva
sull’integrazione del minore nel nuovo contesto, atteso il lungo tempo trascorso (circa due anni) e
il tribunale della famiglia francese, adito dalla madre, affida il minore, in via provvisoria, alla
madre. Il padre, dopo quattro anni di ricerche e lotte giudiziarie, non ha ottenuto l’esecuzione del
provvedimento di affido di suo figlio. Il ricorrente sostiene che le autorità portoghesi non abbiano
fatto tutto ciò che avrebbero potuto fare, per dare esecuzione alle decisioni delle giurisdizioni
francesi. La Corte ritiene che la vicenda rientra nell’operatività della norma e ritiene che punto
decisivo della questione consiste nel verificare se le autorità nazionali hanno preso, per facilitare
l’esecuzione della decisione resa dalle giurisdizioni francesi che hanno riconosciuto al ricorrente
l’affidamento esclusivo del figlio, tutte le misure che si poteva ragionevolmente esigere dalle
stesse. Inoltre precisa che in affari di questo genere, l’adeguatezza di una misura si giudica in base
alla rapidità della sua messa in esecuzione. Le procedure relative all’attribuzione dell’affidamento,
inclusa l’esecuzione della decisione resa, richiede un trattamento urgente, perché il decorso del
tempo può avere conseguenze irreparabili tra il minore e il genitore non convivente (tale è
riconosciuto anche dall’art.11 Convenzione dell’Aja). Benché le autorità portoghesi non siano
state inattive per lunghi periodi, la Corte ritiene che sia difficilmente giustificabile il non essere
riusciti a rintracciare la madre e conclude ritenendo che esse non hanno dispiegato tutti gli sforzi
adeguati e sufficienti per l’affermazione del diritto del ricorrente al rimpatrio del figlio, violando
così il suo diritto al rispetto della vita familiare, garantito dall’art. 8. (“Le point décisif en l’espèce
consiste donc à savoir si les autorités portugaises ont pris, pour faciliter l’exécution de la décision
rendue par les juridictions françaises accordant au requérant le droit de garde et l’autorité parentale
exclusive sur son enfant, toutes les mesures que l’on pouvait raisonnablement exiger d’elles..Il
convient de rappeler que dans une affaire de ce genre le caractère adéquat d’une mesure se juge à
la rapidité de sa mise en œuvre. En effet, les procédures relatives à l’attribution de l’autorité
parentale, y compris l’exécution de la décision rendue à leur issue, appellent un traitement urgent,
car le passage du temps peut avoir des conséquences irrémédiables sur les relations entre l’enfant
et le parent qui ne vit pas avec lui…………..La Cour admet que ces difficultés sont dues pour
l’essentiel au comportement de la mère comme le Gouvernement l’a relevé. Elle souligne
cependant qu’il appartenait alors aux autorités compétentes de prendre les mesures adéquates afin
de sanctionner ce manque de coopération de la mère... Eu égard à ce qui précède, et nonobstant la
marge d’appréciation de l’Etat défendeur en la matière, la Cour conclut que les autorités
portugaises ont omis de déployer des efforts adéquats et suffisants pour faire respecter le droit du
requérant au retour de son enfant, méconnaissant ainsi son droit au respect de sa vie familiale
garanti par l’article 8 de la Convention…”) .in RUO M.G., Tutela dei figli e procedimenti relativi
alla crisi della coppia genitoriale nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’Uomo,
in Dir. fam. pers., 2011, p. 1034 ss.; LONGO F., Rapporti familiari e responsabilità civile, Torino,
2004, p. 176 ss.
176
Il ‘breve tempo’ è da commisurarsi, quindi, alle esigenze della persona in età
evolutiva, il cui sano e corretto sviluppo psico-fisico non consente dilazioni
nell’attuazione dei suoi diritti fondamentali, tra cui quello di crescere ed essere
educato dal genitore adeguato89
. L’esame della giurisprudenza della Corte di
Strasburgo aiuta anche a precisare e meglio definire il concetto di interesse del
minore ( “best interest of child ”). La Corte EDU, nel riconoscere alle Autorità
nazionali un margine di discrezionalità nella valutazione degli interessi in gioco,
avverte che, nel loro bilanciamento, particolare importanza deve essere
riconosciuta al superiore e preminente interesse del minore.
______________________________
89 Alle stesse conclusioni approda la Corte nella recente sentenza resa dalla decima sezione della
Corte Europea dei Diritti dell’Uomo nel caso Lombardo c. Italia (ric. n. 25704/11, sentenza del
29/01/2013 in www.echr.coe.int ), Nel 2003 l’ex moglie del Sig. Lombardo, il ricorrente, chiedeva
l’affidamento esclusivo della loro figlia minorenne; il Tribunale, in accoglimento dell’istanza
materna, contestualmente decideva e regolamentava il diritto di visita del padre (2 pomeriggi a
settimana, 3 giorni a Pasqua, 6 giorni a Natale, 10 giorni durante le vacanze estive).
Tra il 2003 ed il 2004, tuttavia, in spregio al decisum del giudice italiano, la madre della bambina
impediva di fatto l’esercizio del diritto di visita paterno; per questi motivi, il ricorrente, adiva
nuovamente il giudice tutelare che, in sede d’appello, pur confermando nella sostanza il
precedente provvedimento, imponeva che gli incontri si tenessero nei locali dei servizi sociali di
Campobasso.
Nel luglio del 2005, a seguito di istanza del ricorrente, il Tribunale limitava la potestà genitoriale
della madre, affidando la bambina ai servizi sociali e ribadendo i diritti del padre. Nonostante
l’ennesima decisione giurisdizionale, tuttavia, il ricorrente, di fatto, ancora non riusciva ad
esercitare pienamente e liberamente i propri diritti di genitore. Nel marzo e nel maggio 2006, il
Tribunale tornava ad esprimersi sulla vicenda per constatare la mancata esecuzione dei propri
precedenti decreti, dovuta, in buona parte, all’atteggiamento ostruzionista della ex-moglie del
Lombardo. Soltanto nel dicembre del 2006, preso atto del cronico inadempimento delle proprie
prescrizioni, ordinava alla madre di bambina di seguire un percorso di sostegno psicologico. Nel
maggio 2007, il ricorrente si vedeva nuovamente costretto ad adire le autorità giudiziarie, stante la
perdurante impossibilità di esercitare il proprio diritto di visita e il giudice adito dal ricorrente
disponeva l’affidamento congiunto, incaricando i servizi sociali dell’organizzazione degli incontri
da tenersi a Termoli ed a Roma; ciò nonostante, l’estenuante vicenda giudiziaria che ha visto
protagonista il ricorrente, dopo ulteriori innumerevoli procedimenti dinanzi le autorità competenti,
trovava il suo giusto epilogo soltanto nel 2011, quando la madre decideva di non opporsi più agli
incontri. Nel caso di specie, le autorità nazionali sono venute meno ai loro obblighi nel momento
in cui hanno deciso di delegare l’organizzazione degli incontri ai servizi sociali; così facendo, sono
venute meno al dovere di adottare misure concrete per incoraggiare le parti interessate ad una
migliore cooperazione nell’interesse preminente del minore. Inoltre, i giudici nazionali hanno
consentito che le proprie decisioni venissero sistematicamente disattese, lasciando che si
consolidasse una situazione di fatto che poi, concretamente, ha impedito il corretto sviluppo della
relazione genitoriale tra il ricorrente e sua figlia. A fronte di una situazione così delicata e
complicata, le autorità nazionali avrebbero dovuto prendere misure più dirette e specifiche onde
consentire il recupero del rapporto familiare. In particolare, l’intervento dei servizi sociali avrebbe
dovuto limitarsi all’incoraggiamento della reciproca collaborazione tra le parti ed
all’organizzazione degli incontri tra il ricorrente e la figlia; la delega conferita ai servizi sociali per
la gestione della vicenda, non può essere considerata una misura effettiva ai sensi dell’art. 8
CEDU. COSTANZO L., Una recente pronuncia in tema di responsabilità e diritti genitoriali: il
caso Lombardo c. Italia, in www.duitbase.it.
177
In particolare da alcune sentenze emesse in tema di sottrazione internazionale di
minori si ricava che il superiore interesse del minore coincide con la tutela
prioritaria del suo interesse psico-fisico e, quindi, del suo diritto alla salute inteso
non solo come conservazione dello status quo, ma come tutela delle migliori
condizioni di sviluppo possibili. In questa materia, nonostante in ambito europeo
il regolamento Bruxelles II-bis prevede all’art. 11 par. 8 che le decisioni in materia
di diritto di visita e quelle relative al ritorno del minore prese se munite
dell’apposito certificato e se non ci sono i motivi ostativi al riconoscimento della
decisione indicati in questo stesso articolo, non sempre la CEDU ha ritenuto
conforme alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo il rimpatrio del minore
nel suo Stato di previa residenza: e ciò proprio partendo dalla considerazione di
quello che nel caso concreto era più conforme al benessere del minore. In un caso
che risale al 6 luglio 2010 la Corte ha stabilito che violerebbe l’art. 8 della
Convenzione il rimpatrio del minore , accompagnato dalla madre che lo abbia
illegalmente sottratto al padre, se essa incorra- in caso di rimpatrio- nel concreto
rischio di sanzioni penali che potrebbero impedirle di prendersi cura del proprio
bambino, e se quest’ultimo abbia vissuto nel Paese ospitante un tempo sufficiente
a determinare un radicamento90
.
______________________________
90
CEDU, sent. 6 luglio 2010, ric. n. 41615/07 Neulinger e Shuruk c. Svizzera, in www.echr.coe.int
–si trattava di un caso in cui la madre ha sottratto il minore al padre in Israele. Questa ha
l’affidamento congiunto del minore e vive con il padre e con il minore nello Stato di nazionalità
del padre (Israele). Quando, a seguito della separazione dal coniuge, decide di lasciare tale Stato e
di ricollocarsi nel proprio Stato d’origine (Svizzera) porta con sé il minore. Il padre si oppone a
tale decisione unilaterale e ottiene dal giudice della (previa) residenza abituale del minore una
sentenza che ne ordina il ritorno, sulla base della Convenzione dell’Aja. Quando il padre inizia
nello Stato di rifugio la procedura per l’esecuzione dell’ordine di ritorno, la madre ricorre alla
Corte europea chiedendo che venga dichiarata l’incompatibilità della decisione con l’art. 8 CEDU
motivando il contrasto sulla violazione del superiore interesse del minore e sul pregiudizio alla vita
privata della madre stessa. La Corte ritiene che l’esecuzione di un ordine di ritorno di un minore
costituisca senz’altro un’intromissione nella vita privata e bisogna stabilire se tale intromissione
sia giustificata in una società democratica. La corte si limita a verificare se il giudice di merito nel
compiere le valutazioni richieste dall’applicazione della Convenzione dell’Aja, ha garantito il
rispetto dell’art. 8 CEDU. La Corte mostra particolare attenzione a come il giudice nazionale ha
soppesato e tutelato il rapporto affettivo tra la madre e il minore e a come tiene in considerazione
l’eventuale perizia psichiatrica (in questo un rapporto medico aveva sottolineato come un distacco
dalla madre e dalla nuova realtà avrebbe avuto un impatto negativo sull’equilibrio nervoso ed
affettivo del minore e il fatto di aver preso una decisione contraria imponeva al giudice di
acquisire una consulenza d’ufficio). RUO M.G., Tutela dei figli e procedimenti relativi alla crisi
della coppia genitoriale nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’Uomo, in Dir.
fam. pers., 2011, p. 1033; HONORATI C., Sottrazione internazionale dei minori e diritti
fondamentali, in Riv. dir. int. priv.e process., 2013, p. 11 ss.
178
Alle stesse conclusioni arriva in un altro caso del 2012 relativo all’esecuzione ai
sensi della convenzione dell’Aja dell’ordine di rimpatrio negli Stati Uniti di una
minore portata dalla madre in Belgio91
. Anche in questo caso la CEDU lamenta
che il giudice d’appello si era limitato ad osservare quanto fosse inverosimile che
la madre seguisse il minore negli Stati Uniti dove avrebbe dovuto scontare una
condanna penale e avrebbe perso il diritto di custodia, senza fondare la sua
decisione su una attenta valutazione circa la concreta possibilità della madre di
rientrare con la minore per far valere i suoi diritti di custodia e di vista. Inoltre la
Corte rileva che il giudice d’appello, nonostante la presenza di una perizia di un
esperto belga che aveva stabilito come la madre fosse l’unica figura di riferimento
sul piano affettivo e che l’allontanamento potrebbe avere delle conseguenze
nefaste sullo sviluppo psicologico del minore, non l’aveva ritenuta determinante,
senza verificare con il parere di altri esperti la realtà dei rischi indicati dentro
questo rapporto. Si tratta di due decisioni dove la Corte perciò lamenta l’operato
dei giudici che hanno dimostrato di applicare meccanicamente le norme del
regolamento senza valutare quale era nel caso concreto “the best interest of child”
e dei rischi che il ritorno nel Paese d’origine avrebbe comportato alla relazione
madre- figlio ,che sarebbe stata sicuramente compromessa e il provvedimento di
ritorno costituiva un indebita intromissione nella vita privata e familiare92
.
__________________
91 “ la Cour relève que, d’après les rapports d’expertise psychologique dont disposait la cour
d’appel, l’intérêt de l’enfant commandait de ne pas l’éloigner de sa mère au motif que celle-ci était
la seule personne de référence sur le plan affectif et qu’un tel éloignement pourrait avoir des
conséquences néfastes sur le développement psychologique de l’enfant …Dans le rapport établi
postérieurement au jugement du tribunal de première instance, la psychologue H.S.W. souligne le
danger que représenterait un retour forcé aux Etats-Unis …. le père n’avait pas joué de rôle durant
les quatre premières années de vie de l’enfant et que la mère était la personne de référence pour
elle, les rejeta. Les motifs tenaient, en substance, à ce que ces rapports avaient été établis
unilatéralement par la mère et que la vidéo filmée à l’occasion de la rencontre père-fille, bien que
« non déterminante », ne faisait pas apparaître de problème manifeste entre eux.. Selon la Cour, il
relevait à l’évidence de la marge d’appréciation de la cour d’appel de ne pas accorder plein crédit
aux expertises psychologiques versées au dossier par l’une des parties. Toutefois, elle constate que
la cour d’appel n’a pas cherché à vérifier elle-même, au moyen d’autres expertises qu’elle aurait
commanditées et comme le lui recommandait le ministère public, la réalité des risques évoqués
dans ces rapports que l’enfant soit exposée à une « situation intolérable »…Deuxièmement, la
Cour remarque que la cour d’appel n’a pas fondé sa décision sur « la considération qu’en l’absence
de motifs qui justifieraient objectivement un refus de la mère de rentrer …Elle ne s’est pas non
plus appuyée…pour la mère d’accompagner son enfant aux Etats-Unis pour y faire valoir ses
droits de garde et de visite….”CEDU, sent. 10 luglio 2012, B. c. Belgio, n. 43201/11 in
www.echr.coe.int -- HONORATI C., Sottrazione internazionale dei minori e diritti fondamentali,
in Riv. dir. int. priv.e process., 2013, p. 11 ss. 92
ID., ibidem, p. 11 ss.
179
La ricchezza di spunti offerti dalla giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti
dell’Uomo in materia di tutela della relazione figli/genitori , anche se limitati ai
procedimenti relativi alla crisi della coppia genitoriale, lascia emergere che, data
la centralità del soggetto vulnerabile che è il minore e la necessità della prioritaria
tutela del suo interesse, occorre porre estrema attenzione al caso concreto,
attuando i principi fondamentali con un equo bilanciamento degli interessi in
gioco e dei diritti delle persone coinvolte, specie se minori93
.
________________________________________
93 RUO M.G., Tutela dei figli e procedimenti relativi alla crisi della coppia genitoriale nella
giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’Uomo, in Dir. fam. pers., 2011, p. 1052.
180
Conclusioni
Le ricerche e l’analisi degli interventi legislativi, realizzati sia a livello
Comunitario sia nel nostro diritto interno, che hanno interessato il delicato tema
del rapporto genitori-figli, hanno messo in luce la rivoluzione operata
anteponendo la considerazione dei diritti del minore e del suo ‘preminente’
interesse ai suoi doveri. Ciò non solo nella costruzione delle norme, ma anche
nella risoluzione delle controversie giudiziarie che vedono coinvolto un minore,
sia relative alla crisi coniugale sia relative agli interventi del giudice per
sanzionare la condotta dei genitori, nel cattivo esercizio della loro opera
educativa. L’ultimo intervento legislativo sulla filiazione, il D.Lgs. n. 154 del
2013, introduce, anche nel nostro ordinamento, il nuovo concetto che racchiude i
poteri dei genitori nella cura e assistenza, morale e materiale, dei figli: la
‘responsabilità genitoriale’. La tutela sempre maggiore della giurisprudenza a
garanzia dei diritti del minore, da quelli tradizionali, come il mantenimento e
l’educazione, ai nuovi diritti, cioè quello all’ascolto, nelle procedure che lo
riguardano, il diritto ad avere relazioni stabili con gli ascendenti, richiedeva un
riconoscimento anche a livello legislativo. Perciò sono stati inseriti, anche nel
nostro codice, tali innovazioni con diritti e maggiori prerogative dei genitori nei
confronti dei figli, racchiuse in una definizione che ne sottolinea la
funzionalizzazione alla protezione dei figli e alla promozione del loro benessere
psicofisico.
A livello interno, come era già avvenuto dopo l’approvazione della Carta
Costituzionale, è stata soprattutto la giurisprudenza di legittimità a mettere in
evidenza le carenze legislative in materia di diritti del minore e a fornire delle
soluzioni, anche innovative, per assicurare ai figli un riconoscimento effettivo dei
loro diritti, garantendo loro anche un risarcimento per i pregiudizi subiti. Infatti
non sempre sono sufficienti gli strumenti forniti dal diritto di famiglia, come la
decadenza dalla potestà (ora responsabilità genitoriale). I comportamenti scorretti
dei genitori possono avere delle ricadute sulla vita dei figli che vanno oltre il
rapporto diretto genitore-figlio. Se viene ostacolato il diritto di visita del genitore
non affidatario o degli ascendenti, il rapporto del minore con tali figura parentali
viene compromesso a volte con danni irreversibili. Scelte mediche sbagliate,
181
dovute a proprie convinzioni o interessi, o a trascuratezza, possono nuocere alla
salute del figlio. In tali situazioni la giurisprudenza ha riconosciuto ai figli una
tutela risarcitoria. Inoltre in riferimento alla educazione e ai valori impartiti ai
figli, i genitori sono responsabili civilmente anche per i danni provocati a terzi.
Nelle sentenze di legittimità, tendenzialmente, si attribuisce una responsabilità in
capo ai genitori dovuta ad una ‘cattiva’ o ‘insufficiente’ opera educativa.
Il cammino verso la piena valorizzazione del minore come soggetto attivo nel
rapporto con i genitori, ha visto, soprattutto nelle iniziative delle istituzioni
europee, una spinta propulsiva. Già nella Convenzione Europea dei diritti
dell’Uomo vi era una nuova tutela della famiglia, ma è nella nuova Carta dei
diritti fondamentali dell’Unione Europea che vi è una norma dedicata
espressamente ai diritti del minore. L’Unione Europea, non potendo prevedere
una disciplina uniforme nel diritto di famiglia, date le diversità culturali che
caratterizzano gli Stati membri, ha cercato di favorire la collaborazione degli Stati
in materia giudiziaria, nelle controversie che vedono coinvolti i membri di un
nucleo familiare. È, appunto, questo lo scopo principale del Regolamento
comunitario in materia matrimoniale e di responsabilità genitoriale n.2201/2003.
In realtà in esso si rileva un approccio sostanziale alla materia del diritto di
famiglia. Infatti sono presenti alcune importanti definizioni e, in particolare, una
definizione molto ampia di un concetto finora sconosciuto nel nostro
ordinamento, quello di ‘Responsabilità genitoriale’ (tale responsabilità sorge
solamente per via del legame biologico tra genitore e figlio).
Anche in Italia ha preso piede questo diverso approccio, seppure in ritardo rispetto
agli altri Paesi europei: il D.Lgs. n. 154 del 2013, ha cristallizzato a livello
legislativo il concetto di ‘responsabilità genitoriale’ e lo ha riempito di contenuti
nuovi, di diritti che per la prima volta vengono esplicitamente garantiti al minore a
livello di legislazione ordinaria.
Questo lungo percorso evolutivo del nostro diritto interno verso un’ adeguamento
alle esigenze che scaturiscono dalla società non si fermerà qui. Le modifiche sulla
competenza giurisdizionale sono il primo passo verso la creazione di un organo
unitario e specializzato nelle questioni concernenti le relazioni familiari.
Occorrerà puntare sulla formazione di chi deve attuare, nei casi concreti, i nuovi
182
diritti garantiti al minore, tra cui il più problematico è il diritto all’ascolto nelle
procedure giurisdizionali. Sarà necessario riempire di contenuti sempre nuovi, al
pari dell’evolversi della società, il catalogo dei diritti e doveri incombenti su
entrambi i soggetti del rapporto di filiazione e utilizzare al meglio tutti gli
strumenti che l’ordinamento offre per la tutela di un corretto esercizio della
‘responsabilità genitoriale’. Inoltre sulla base di maggiori spazi di autonomia che
sono concessi al minore nella società odierna, si dovrà calibrare attentamente la
responsabilità dei genitori per i danni arrecati ai terzi dal figlio minore anche sul
suo grado di maturità. Indubbiamente la novella del 2013 porta in questa
direzione e ritengo che ora ci siano le basi concrete per poter creare un diritto e
una giustizia a misura del ‘minore’. Ora dipenderà dalla preparazione e dalla
volontà di tutti gli operatori coinvolti affinché continui la progressione sulla strada
intrapresa per il completamento di questo lungo percorso.
183
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App. Caltanissetta, 4 maggio 2009, in Fam. min., 2009, p. 54 ;
App. Catania, 21 luglio 2011, in Nuova giurispr. civ. comm., 2012, pag. 363 ss.;
GIURISPRUDENZA EUROPEA
Corte europea dei diritti dell’uomo, 21 giugno 1988, Berrehab contro Paesi Bassi,
in www.echr.coe.int;
CEDU, sent. 26 maggio 1994, Keegan c. Irlanda, in E.H.H.R. p. 342 ;
CEDU, Scozzari e Giunta c. Italia, 13 luglio 2000, in Fam. e dir., 2001, p.5 ;
Corte di Giustizia UE, sez. III, 23 dicembre 2009, n. C-403/09 in Fam. e dir.,
2010,p.992 ;
Corte di Giustizia UE, 22 dicembre 2010, causa C-497/10 PPU, Mercredi, in
www.curia.europea.eu ;
CEDU, 12 gennaio 2010, A. W. Khan c. Regno Unito, in www.echr.coe.int ;
CEDU, sent. 6 luglio 2010, ric. n. 41615/07 Neulinger e Shuruk c. Svizzera, in
www.echr.coe.int ;
CEDU, sent. 10 luglio 2012, B. c. Belgio, n. 43201/11 in www.echr.coe.int ;
CEDU, sentenza del 29 gennaio 2013, ric. n. 25704/11, in www.echr.coe.int ;
205
INDICE NORMATIVO
LEGISLAZIONE ITALIANA
Legge 1 dicembre 1970, n. 898, ‘Disciplina dei casi di scioglimento del
matrimonio’, GU n.306 del 3 dicembre 1970;
Legge 4 maggio 1983, n. 184, “Diritto del minore ad una famiglia”, pubblicata
nella Gazz. Uff. 17 maggio 1983, n. 133 (Titolo così sostituito dall'art. 1, L. 28
marzo 2001, n. 149-- "Modifiche alla legge 4 maggio 1983, n. 184, recante
«Disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei minori», nonché al titolo VIII del
libro primo del codice civile", pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 96 del 26
aprile 2001);
Legge 4 aprile 2001, n.154, ‘Misure contro la violenza nelle relazioni familiari’,
G.U. serie generale N. 98 del 28/4/2001;
Legge 8 febbraio 2006, n. 54,"Disposizioni in materia di separazione dei genitori
e affidamento condiviso dei figli", pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 50 del 1°
marzo 2006;
Legge 10 dicembre 2012, n. 219, ‘Disposizioni in materia di riconoscimento dei
figli naturali’, GU Serie Generale n.293 del 17 dicembre 2012;
Decreto legislativo 28 dicembre 2013, n. 154, ‘Revisione delle disposizioni vigenti
in materia di filiazione, a norma dell'articolo 2 della legge 10 dicembre 2012, n.
219’ , GU Serie Generale n.5 del 8 gennaio 2014.
LEGISLAZIONE INTERNAZIONALE ED EUROPEA
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà
fondamentali o CEDU, firmata a Roma, il 4 novembre 1950 e resa esecutiva in
Italia con la l. n. 848 del 1955;
Convenzione europea dell’Aja del 28 maggio 1970 ‘sul rimpatrio dei minori’,
ratificata in Italia con la legge 30 giugno 1975, n. 396;
206
Convenzione europea ‘sull’adozione dei minori’ , conclusa a Strasburgo il 24
aprile 1967 e approvata dall’Assemblea federale il 27 aprile 1972;
Convenzione europea aperta alla firma a Lussemburgo il 20 maggio 1980, ‘sul
riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia di affidamento dei minori
e di ristabilimento dell'affidamento’, ratificata in Italia con la L. 15 gennaio 1994,
n. 64 ;
Convenzione dell'Aja del 25.10.1980, ‘sugli aspetti civili della sottrazione
internazionale di minori’, ratificata in Italia con la L. 15 gennaio 1994, n. 64 ;
Convenzione ‘sui diritti del fanciullo’ fatta a New York il 20 novembre 1989 e
ratificata dall’Italia con legge 27 maggio 1991, n. 176, ‘Ratifica ed esecuzione
della convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989’,
pubblicata in Gazzetta Ufficiale dell’11 giugno 1991, n. 135;
Convenzione di Strasburgo del 25 gennaio 1996, ‘sull’esercizio dei diritti del
minore’, non ancora ratificata dall’Italia;
Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea , approvata dal Parlamento
europeo il 14 novembre 2000, e proclamata a Nizza il 7-8 dicembre dello stesso
anno ( la versione consolidata dopo il Trattato di Lisbona è stata pubblicata in
Gazzetta Ufficiale U.E. del 26 ottobre 2012);
Progetto di Trattato che istituisce una Costituzione per l’Europa, pubblicato in
G.U.C.E. del 18 luglio 2003, n. C-169;
Direttiva 2003/86/CE del Consiglio, del 22 settembre 2002 relativa al
ricongiungimento familiare, in Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea L 251/12,
del 3.10.2003;
207
Regolamento (CE) n. 2201/2003 del Consiglio, del 27 novembre 2003, relativo
alla ‘competenza, al riconoscimento e all'esecuzione delle decisioni in materia
matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale’, che abroga il
regolamento (CE) n. 1347/2000, in Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea del
23.12.2003;
Direttiva 2004/38/CE, diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di
circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, in
Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea L 229/35, del 29.6.2004;
Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, da ultimo modificato dal Trattato
di Lisbona entrato in vigore il 1° dicembre 2009, in G.U. C 306 del 17 dicembre
2007 ;
Regolamento (CE) N. 4/2009 del Consiglio del 18 dicembre 2008, relativo alla
‘competenza, alla legge applicabile, al riconoscimento e all’esecuzione delle
decisioni e alla cooperazione in materia di obbligazioni alimentari’, in Gazzetta
ufficiale dell’Unione europea del 10.01.2009 ;
Regolamento CE 20.12.2010 n° 1259, su ‘divorzio e separazione personale’ in
Gazzetta ufficiale n. L 343 del 29/12/2010 ;
Regolamento (UE) N. 650/2012 del parlamento europeo e del Consiglio del 4
luglio 2012 , relativo ‘alla competenza, alla legge applicabile, al riconoscimento
e all’esecuzione delle decisioni e all’accettazione e all’esecuzione degli atti
pubblici in materia di successioni e alla creazione di un certificato successorio
europeo’ in Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea L. 201/107, del 27 luglio 2012