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Dipartimento di Giurisprudenza Corso di Laurea in Giurisprudenza Tesi di Laurea in Diritto di famiglia L’ esercizio della responsabilità genitoriale nella riforma della filiazione Relatore: Chiar.ma Prof.ssa Adriana ADDANTE Laureanda Paola CARABELLESE Anno Accademico 2013/2014

Tesi magistrale Giurisprudenza diritto di famiglia sulla responsabilità genitoriale

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Dipartimento di Giurisprudenza

Corso di Laurea in Giurisprudenza

Tesi di Laurea in Diritto di famiglia

L’ esercizio della responsabilità

genitoriale nella riforma della

filiazione

Relatore: Chiar.ma Prof.ssa Adriana ADDANTE

Laureanda Paola CARABELLESE

Anno Accademico 2013/2014

INDICE

PREMESSA…………….………….………………………………………….. 1

CAPITOLO PRIMO

IL RAPPORTO DI FILIAZIONE E LE INNOVAZIONI INTRODOTTE

CON LA L. 10.12.2012 n. 219

1. L’evoluzione della famiglia nella società moderna: tutela giuridica e nuovi

modelli…………………………………………………………………….. 5

2. Il rapporto di filiazione alla luce della riforma…………………………….. 16

2.1.Verso l’equiparazione tra filiazione legittima e naturale……………… 16

2.2. Analisi delle modifiche al codice civile………………………………. 21

2.3. Le modifiche alla disciplina processuale e le deleghe al governo……. 25

3. Diritti e doveri nel rapporto genitori – figli 31

3.1. Diritti dei figli e corrispondenti doveri dei genitori tutelati a livello

costituzionale e nel codice civile………….…………………………. 31

3.2. Le novità introdotte dalla L. n. 219/2012……………………………. 49

4. La potestà dei genitori: il suo contenuto ed esercizio strumentale allo

sviluppo della personalità del minore……………………………………… 53

5. Dalla “potestà” alla “responsabilità” genitoriale………………………...... 63

CAPITOLO SECONDO

PROFILI DI RESPONSABILITÀ DEI GENITORI

1. La responsabilità endofamiliare per violazione dei doveri genitoriali……... 67

1.1 Rimedi previsti dal diritto di famiglia………………………................ 67

1.2 Cenni sulla responsabilità penale endofamiliare……………................ 80

2 L’affermazione della responsabilità civile nei rapporti familiari nella

evoluzione giurisprudenziale…………………………………………….. 84

2.1. Risarcimento del danno per violazione degli obblighi di cura e

assistenza materiale e per mancato adempimento del diritto-dovere di

visita del genitore non affidatario ..……………………….………...... 84

2.2. Nuove ipotesi di responsabilità civile, riguardanti la salute dei minori

e il diritto ai rapporti con gli ascendenti……………………………… 95

3 La responsabilità civile per i danni arrecati dai minori. Due sentenze della

Cassazione in merito a danni cagionati in ambito scolastico e sportivo… 103

4 La responsabilità per illecito dei minori………………………………… 111

4.1. La disciplina di cui all’art. 2048 c.c. …………………………………111

4.2. Le oscillazioni giurisprudenziali in merito alla natura di tale forma di

responsabilità e alla portata della prova liberatoria a carico dei

genitori……………………………………………………………..... 116

CAPITOLO TERZO

LA RESPONSABILITÀ GENITORIALE E L’INTERESSE DEL

MINORE IN AMBITO COMUNITARIO

1 La tutela del minore e della famiglia nella cultura giuridica

europea: la fissazione di principi comuni…………………………… 128

1.1. La Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione Europea…................. 128

1.2. Le difficoltà nella regolamentazione unitaria del diritto di famiglia.

Progetto di trattato che istituisce una Costituzione per l’Europa …. 132

2. Il ruolo degli atti convenzionali nelle questioni legate alle relazioni

familiari: la Convenzione Europea dei Diritti dell’ Uomo e gli altri

accordi tra gli Stati membri………………………….………………… 139

3. Gli interventi diretti attraverso i regolamenti comunitari……………… 147

3.1 In particolare il Regolamento comunitario in materia matrimoniale

e di responsabilità genitoriale n. 2201/2003: i punti caratterizzanti.149

3.2 L’influenza del nuovo regolamento in materia di sottrazione inter-

nazionale dei minori e di diritto di visita. Le indicazioni

della giurisprudenza sull’applicazione di tali norme…...……... 161

4. Diritto al rispetto della vita familiare e responsabilità dei genitori nella

giurisprudenza europea…...…………………………………................ 169

CONCLUSIONI…………………………………………………….…… 180

BIBLIOGRAFIA…………………………………………….……………183

GIURISPRUDENZA………….................................................................. 198

INDICE NORMATIVO………………………………………………….. 205

RINGRAZIAMENTI

In questo percorso universitario, sono tante le persone che hanno reso possibile il

raggiungimento di un traguardo tanto desiderato. Il mio primo pensiero va alla

mia famiglia, i miei genitori, Anna e Angelo, e mio fratello Davide, che in questi

anni non hanno fatto mai mancare il loro sostegno morale e psicologico,

condividendo con me ansie, difficoltà, ma anche le soddisfazioni ottenute. La

seconda persona a cui devo molto di quello che ho ottenuto, è la mia migliore

amica Giuditta, che mi ha sempre incoraggiato a non mollare e a tenere duro,

guardando dritto verso l’obiettivo. Un ringraziamento particolare va alla mia

relatrice, Adriana ADDANTE, che ha seguito personalmente questo lavoro di

ricerca fornendo anche preziosi consigli in merito all’organizzazione del materiale

e alla stesura. Il mio pensiero va, inoltre, alle persone che hanno reso le mie

giornate universitarie piene di confronti e allegria: ognuna di loro, anche se ha

condiviso un piccolo pezzo di questa salita, ha avuto un ruolo fondamentale. Un

particolare ringraziamento rivolgo anche alle mie amiche Mariarosaria ed

Elisabetta con cui, condividendo il mio stesso percorso sin dal primo anno di

università, abbiamo avuto modo di conoscerci a fondo e non sono mancate le

occasioni per infonderci forza e sostegno reciproco. Sarebbero ancora tante le

persone da elencare, ma ognuna di loro, soprattutto chi mi è ancora vicino, sa

quanto devo alla loro disponibilità di ascoltare ogni mio dubbio, ai loro consigli e

suggerimenti, o semplicemente alla loro capacità di ricordarmi continuamente

che nulla è impossibile se crediamo davvero agli obiettivi che ci siamo posti.

1

Premessa

L’attenzione crescente della dottrina e della giurisprudenza verso i cambiamenti

nelle relazioni familiari e l’emergere di nuovi “modelli” di famiglia nella società,

hanno portato il legislatore italiano a modificare progressivamente la

regolamentazione dei rapporti giuridici in ambito familiare.

Dal 1942 ad oggi sono stati introdotti cambiamenti significativi nella disciplina

del rapporto di filiazione. Da ultimo, il d. lgs. n. 154 del 2013, in attuazione della

legge delega n.219 del 10 dicembre 2012, ha eliminato la netta diversità tra lo

stato di figlio legittimo e lo stato di figlio naturale (esemplificativo di ciò è il

nuovo articolo 315 c.c.), adeguandosi alle indicazioni derivanti, non solo dalla

nostra Carta Costituzionale, ma anche da importanti atti approvati a livello

Comunitario e dalla interpretazione data ai principi in essi contenuti dalla

giurisprudenza delle Corti europee. Esso non prevede solo la sostituzione delle

espressioni ‘figli legittimi’ e ‘figli naturali’ con quelle ‘figli nati nel matrimonio’ e

‘figli nati fuori dal matrimonio’ ma, tra le innovazioni più importanti, vi è

sicuramente quella di dedicare un intero titolo del libro primo del codice civile

(titolo IX) alla ‘potestà dei genitori’ e ai ‘diritti e doveri dei figli’. Sono stati

inseriti in unico articolo i diritti che derivano ai figli dal rapporto di filiazione (art.

315-bis, che riconosce espressamente anche diritti non previsti dagli articoli 147

e 148 c.c. ,anch’essi modificati): un riconoscimento esplicito e così ampio dei

diritti del figlio porta, anche il nostro ordinamento, a superare quella concezione

arcaica che vedeva nel figlio un oggetto di poteri altrui e non un soggetto

prioritario di diritti inviolabili e sovraordinati. Dopo aver analizzato

dettagliatamente i diritti e doveri dei figli (che costituiscono specularmente degli

obblighi a carico dei genitori) e quindi i comportamenti che i genitori devono

tenere per garantirne una piena attuazione, si sottolinea un’altra importante svolta

nella disciplina del rapporto genitori-figli. Nella disciplina della potestà dei

genitori ( tale termine indica l’insieme dei doveri e poteri decisionali che

l’ordinamento attribuisce in capo ai genitori), vi è stato un positivo mutamento di

prospettiva, introducendo anche nel nostro ordinamento il concetto di

‘responsabilità genitoriale’, che inquadra il ruolo dei genitori non più come un

2

potere-dovere esercitato in posizione di disparità, bensì come collaborazione ed

indirizzo, in un piano di parità e nel rispetto della personalità del minore

(significativo in tal senso è il nuovo articolo 316 c.c. rubricato , appunto,

‘Responsabilità genitoriale’).

L’importanza del compito dei genitori nella loro opera di sostegno ,economico e

morale, per favorire il processo formativo del minore, comporta la predisposizione

di una serie di conseguenze quando sussiste la violazione dei doveri inerenti

all’esercizio delle responsabilità genitoriale. Al di là dei casi in cui il

comportamento del genitore arriva ad integrare una fattispecie penale, anche il

codice civile prevede degli strumenti specifici per sanzionare quel genitore che

abbia dimostrato, con la sua condotta, un “cattivo” esercizio della responsabilità

genitoriale recando pregiudizio ai minori: questi vanno da quello più incisivo che

è la pronuncia di decadenza dalla responsabilità genitoriale, ai provvedimenti che

ne limitano o condizionano l’esercizio, fino alla possibilità per il giudice di

emanare ,anche d’ufficio i provvedimenti più opportuni nell’interesse della prole

(in merito a tali provvedimenti le uniche modifiche apportate dal legislatore del

2012 hanno interessato la competenza giurisdizionale che non è più esclusiva del

Tribunale per i minorenni). Nonostante esista un vero e proprio sistema di misure

volte al soddisfacimento degli interessi dei minori violati a causa

dell’inadempimento degli obblighi genitoriali, anche in questo settore hanno

trovato spazio le tradizionali tecniche della responsabilità civile: da alcune

sentenze, di legittimità e di merito, si evince l’affermarsi di un orientamento che

ha portato ad una interpretazione e a una applicazione degli artt. 2043 e 2059 c.c.

rivoluzionarie. Si è arrivati ad ampliare sempre più le ipotesi di danno risarcibile a

favore dei minori, anche nei casi riguardanti la salute degli stessi (si è anche

sviluppato il sub-settore della responsabilità da procreazione) e il diritto ai

rapporti con gli ascendenti. La titolarità della responsabilità genitoriale e la

possibilità di incidere sull’educazione dei figli determina anche la responsabilità

civile dei genitori per le conseguenze negative dei loro comportamenti che

ricadono su terze persone. La particolarità di questa ipotesi di responsabilità

civile, che vede il referente normativo negli artt. 2047 e 2048 del c.c., sta nella

difficoltà ad individuarne il criterio di imputazione e il contenuto della prova

3

liberatoria a carico dei genitori. Esemplificative, anche in questo caso, sono le

sentenze analizzate che in alcuni casi hanno dimostrato un orientamento rigoroso,

rendendo impossibile per i genitori andare esenti da responsabilità e in altri casi

hanno utilizzato una linea più ‘morbida’, riconoscendo al figlio anche limitati

margini di autonomia.

Alla base di questa importante conquista, vi è il cammino intrapreso in ambito

Comunitario, con importanti atti comunitari che tutelano il diritto al ‘rispetto della

vita privata e familiare’( Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti

dell’Uomo e delle libertà fondamentali) e, in particolare, la Carta dei Diritti

fondamentali dell’Unione Europea dedica particolare attenzione ai diritti del

bambino, tra cui quello di frequentare entrambi i genitori e di esprimersi in merito

alle situazioni che lo interessano: il minore diventa così soggetto di diritto, in

quanto destinatario diretto della tutela. Ma il merito di aver introdotto per la prima

volta il concetto di ‘responsabilità genitoriale’ si deve al regolamento n.

2201/2003 in materia matrimoniale e di responsabilità genitoriale (che integra e

sostituisce quanto già stabilito da due Convenzione europee). Tale importante

strumento regola dettagliatamente la competenza, il riconoscimento e l’esecuzione

delle decisioni in materia matrimoniale e di responsabilità genitoriale in tutti gli

Stati membri dell’Unione Europea (ad eccezione della Danimarca) e prevede dei

rimedi contro l’abuso dei diritti compresi nel concetto di responsabilità

genitoriale (diritto di affidamento e di visita) per impedire il trasferimento del

minore in un Paese diverso da quello di residenza abituale, senza il consenso

dell’altro genitore, o senza l’autorizzazione dell’autorità giudiziaria. Inoltre ha

codificato una definizione ampia di responsabilità genitoriale, che riunisce sotto di

sé sia la nostra “potestà genitoriale” intesa come potere-dovere dei genitori sui

figli minorenni, sia la protezione dei minori che si trovino, in senso lato, in

situazione di difficoltà (si applica anche ‘alle misure di protezione del minore,

indipendentemente da qualsiasi nesso con un procedimento matrimoniale’).

Indicazioni significative sia per l’applicazione delle nuove norme regolamentari,

sia per riempire di contenuti i principi sanciti a livello europeo sono state fornite

da importanti sentenze sia della Corte di Giustizia delle Comunità Europee, sia

dalla Corte Europea dei Diritti Dell’Uomo. Riguardo alla tutela dei diritti dei figli

4

minori nella relazione con i genitori, in funzione del loro superiore interesse: da

un lato è stata accolta una nozione ampia del concetto di ‘famiglia’, così da

ritenere rilevante a tal fine esclusivamente l’accertamento del legame biologico tra

genitore e figlio; dall’altro ha individuato dei precisi obblighi, sia negativi che

positivi, a carico dello Stato per aiutare i genitori a superare eventuali difficoltà di

relazione con il minore e a ricostituire il nucleo familiare. Dall’esame di alcune

sentenze , soprattutto in tema di sottrazione internazionale di minori, si ricava che

particolare importanza deve essere riconosciuta al superiore e preminente

interesse del minore e che occorre porre estrema attenzione al caso concreto: non

è sufficiente una applicazione meccanica delle norme regolamentari, ma occorre

valutare quale sia la decisione migliore nella situazione complessiva in cui è

inserita la relazione genitore/figlio, per garantire al minore le migliori condizioni

di sviluppo possibili.

5

CAPITOLO PRIMO

IL RAPPORTO DI FILIAZIONE E LE INNOVAZIONI INTRODOTTE

CON LA L. 10.12.2012 n.219

1. L’evoluzione della famiglia nella società moderna: tutela giuridica e

nuovi modelli

Il gruppo familiare è la prima aggregazione di soggetti ed è l’articolazione

fondamentale di ogni società, fondata su vincoli di affetto e solidarietà, luogo di

formazione delle nuove generazioni alle quali trasmettere cultura, valori morali e

beni materiali. I modelli di famiglia non sono tuttavia costanti, ma evolvono di

epoca in epoca, subendo l’influenza dell’organizzazione sociale, economica e

culturale1. Fino all’epoca pre-industriale si parlava di famiglia parentale o estesa,

intesa come aggregazione di persone aventi comune ascendenza e dominate dalla

potestà, perpetua e sovrana, del padre. Col diffondersi del fenomeno di

industrializzazione e di quello, connesso, di urbanizzazione, l’evoluzione del

costume porta alla luce un modello di famiglia più ristretto, ovvero quello della

“famiglia nucleare” , intesa come insieme stabile di un uomo e di una donna legati

da matrimonio e ampliato in conseguenza della nascita dei figli i quali, almeno

fino al compimento della maggiore età, convivono con i genitori. Attualmente, a

seguito di alcune disposizioni di legge2 si delinea anche il concetto di “famiglia

convivente”, inteso come un insieme di familiari coabitanti nel medesimo luogo;

vi è anche il concetto di ‘famiglia anagrafica’, quale insieme di persone legate da

matrimonio, parentela, vincoli affettivi, etc., coabitanti e aventi dimora abituale

nello stesso comune e, infine, quello di ‘famiglia lavorativa’ rilevante ai sensi

degli artt. 2083 e 230-bis c.c., quest’ultimo in merito all’impresa familiare.3-4

_____________________________________________

1 BESSONE M., ALPA G., D’ANGELO A., FERRANDO G. e SPALLAROSSA M.R., La famiglia

nel nuovo diritto. Principi costituzionali, riforme legislative, orientamenti della giurisprudenza,

Bologna, 2002, p.1. 2

Art.6 l. n. 392/1978, stabilisce che in caso di morte del conduttore, gli succedono, nel rapporto di

locazione, il coniuge, i parenti e gli affini <<con lui abitualmente conviventi>>; art. 1023 c.c. ,

parifica ai <<familiari>>,le persone conviventi con il titolare del diritto di abitazione, per prestare

a lui, o alla sua famiglia, i loro servizi. 3 Art.4 d.p.r. 30 maggio 1989, n. 223.—concetto di famiglia anagrafica.

4 SESTA M., Manuale del diritto di famiglia, Padova, 2009,p.4,7.

6

Un tempo la famiglia assolveva ad un numero molto ampio di funzioni: tenendo

presso di sé gli anziani, si faceva carico del loro mantenimento, cura ed assistenza.

Accanto alla funzione assistenziale, la famiglia, almeno nelle categorie sociali più

elevate, aveva funzioni educative e i figli venivano istruiti in famiglia, da

precettori; aveva anche una importante funzione economica, in quanto mediante il

matrimonio, permetteva di conservare e accrescere il patrimonio, di trasferire la

proprietà, di incrementarne la consistenza.

Oggi, con l’intervento dello Stato, che si definisce appunto assistenziale, perché si

fa carico di molte funzioni di assistenza (ospedali, ricoveri), di educazione (scuola

dell’obbligo), di attività sociali (asili nido, consultori, parchi di divertimento,

luoghi e servizi di ricreazione) la famiglia ha modificato il suo ruolo vitale. La sua

funzione economica è diminuita: non si lavora più, normalmente, nell’ambito

della famiglia, ma il lavoro viene svolto al di fuori di essa, in fabbrica, negli

uffici; il matrimonio ha perso quella che era la sua funzione patrimoniale. Non si

può però negare che ancor oggi la famiglia abbia un ruolo insostituibile e

rilevante. Recentemente, anche a seguito di mutate condizioni economiche dei

Paesi occidentali, sembra si stia registrando il ritorno al privato, alla riscoperta

della funzione primaria della famiglia: l’utilità, oltre che la necessità, dei rapporti

familiari. Inoltre, nonostante la famiglia nucleare è l’ipotesi vitale di gruppo

familiare, ancora oggi sotto diversi profili sono rilevanti i rapporti di parentela e

affinità, si pensi a quanto prescritto in tema di adozione, di obblighi alimentari e

successione ereditaria.5-6

I rapporti familiari sono disciplinati oltre che da norme di comportamento poste

_______________________________ 5 BESSONE M., ALPA G., D’ANGELO A., FERRANDO G. e SPALLAROSSA M.R., La famiglia

nel nuovo diritto. Principi costituzionali, riforme legislative, orientamenti della giurisprudenza,

Bologna, 2002,p. 1-3; BONILINI G., Manuale di diritto di famiglia, Torino, 2010, p.5. 6

Art. 44, lett.a) l. n. 184/1983: “1. I minori possono essere adottati anche… a) da persone unite al

minore da vincolo di parentela fino al sesto grado o da preesistente rapporto stabile e duraturo,

quando il minore sia orfano di padre e di madre;…” ; art. 433 c.c.: “ All'obbligo di prestare gli

alimenti sono tenuti, nell'ordine:1) il coniuge;2) i figli, anche adottivi, e, in loro mancanza, i

discendenti prossimi; 3) i genitori e, in loro mancanza, gli ascendenti prossimi; gli adottanti…”;

art. 572 c.c. : “Se alcuno muore senza lasciare prole, né genitori, né altri ascendenti, né fratelli o

sorelle o loro discendenti, la successione si apre a favore del parente o dei parenti prossimi, senza

distinzione di linea.”

7

dalla morale, dal costume, dalla religione, anche da norme più propriamente

giuridiche. Anche le norme giuridiche, a tutela della famiglia, hanno seguito

l’evoluzione sociale che ne ha modificato le caratteristiche nel corso degli anni.

La disciplina della famiglia, accolta nel libro primo del codice civile approvato

definitivamente ed entrato in vigore già nel 1939, riflette l’immagine di una

famiglia autoritaria: la direzione della famiglia spettava al marito e la donna aveva

un ruolo inattivo. In particolare, “la moglie segue la condizione civile del marito

ed è obbligata ad accompagnarlo dovunque egli crede di fissare la sua residenza; è

il ruolo di un soggetto da proteggere e che il marito deve tenere presso di sé,

somministrandole ‘tutto ciò che è necessario ai bisogni di vita in proporzione

delle sue sostanze’7. Le situazioni dei coniugi sono, in questa logica, su evidenti

piani differenti e al marito vengono ascritte responsabilità, diritti e doveri diversi

da quelli che, invece, vengono ricondotti alla posizione della moglie.”8.

A soli otto anni dalla entrata in vigore del primo libro e a cinque dalla

codificazione le diverse forze politiche si resero conto che le norme in materia di

famiglia non facevano che cristallizzare un costume sociale arretrato.

Con l’introduzione dei princìpi accolti nella Costituzione in materia di rapporti

familiari si delinea una immagine di famiglia contrapposta a quella del codice

civile.

Fondamentale importanza rivestono le norme costituzionali di cui agli artt. 29, 30

e 319. Da queste norme emerge un progetto politico-sociale in tema di famiglia,

che ne evidenzia il ruolo di associazione primaria all’interno della società,

meritevole non solo di tutela, ma , altresì, di aiuto e di stimolo, sempre nel rispetto

_________________________

7 Art. 144 c.c. sulla potestà maritale e 145 c.c. del testo abrogato.

8 RUSCELLO F. in L’uguaglianza dei coniugi e il capo di famiglia: una critica della patria

potestà a cura di MODUGNO F., in Giur. Cost. ,1964 , 16. 9

Art. 29: “La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul

matrimonio.”29 cpv. che riconosce la piena uguaglianza morale e giuridica dei coniugi; 30, primo

e terzo comma, che sancisce l’eguaglianza, sociale e giuridica, dei figli nati in costanza di

matrimonio e dei figli nati al di fuori dello stesso; 31, che, riconoscendo l’importanza della

famiglia come nucleo fondamentale dell’organizzazione sociale, stabilisce che la Repubblica deve

agevolare “ con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e

l’adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose”.

8

del valore dell’autonomia del gruppo familiare. Infatti “la formula società

naturale non si deve intendere come fondativa di un superiore interesse

dell’istituzione ma, più semplicemente, come “garanzia costituzionale di rispetto

dell’autonomia familiare, nel concreto interesse dei singoli ad ordinare in modo

originale e libero i loro rapporti di famiglia”10

. Ciò significa garanzia di

autodeterminazione e auto-normazione della famiglia, intesa come entità a sé

stante, preesistente allo Stato. È pur vero che la Costituzione attribuisce alla

famiglia legittima una posizione di privilegio, indicando nella unione

matrimoniale una “forma giuridica della convivenza di coppia obiettivamente

insuperabile per garanzie di certezza, stabilità dei rapporti e serietà

dell’impegno”11

. Questo, però, non significa che le stesse garanzie offerte alla

famiglia legittima, non siano da estendere anche alla famiglia di fatto, rilevante

non solo come ‘famiglia’, ma anche come ‘formazione sociale’(art.2 Cost.) nella

quale i membri possono esprimere la propria personalità. Anche le norme previste

dagli artt. 30 e 31 in materia di filiazione e diritto dei minori hanno una forte

portata innovativa del sistema tradizionale, che da sempre esprime la tendenza a

intravvedere nel ‘minore’ un soggetto privo di capacità d’agire, e quindi

necessariamente soggiogato alla volontà indiscutibile dei genitori. Le direttive

della Costituzione, non solo escludono la legittimità di metodi educativi

autoritaristici, ma si propongono di delineare un sistema nel quale al minore deve

essere assicurata la massima “assistenza” nel suo significato più ampio. Il minore

nella famiglia trova la prima formazione sociale ove necessariamente si sviluppa e

matura la sua personalità, in un clima di libertà e scelta autonoma dei valori; e

nella stessa famiglia, prima ancora che in aggregazioni sociali più ampie, gli

debbono essere garantiti i diritti civili che la Costituzione prevede per ciascun

cittadino: rispetto dei diritti inviolabili (art.2), delle opinioni religiose (art.8) e

politiche (artt.17, 18, 19), manifestazione libera delle proprie opinioni (art.21), il

diritto alla salute (art.32), all’esistenza libera e dignitosa nella famiglia lavoratrice

(art.35 segg.), ad una educazione libera.

_________________________

10 BESSONE, Commentario della Costituzione, diretto da G.Branca, sub artt.29, 30, 31, Bologna-

Roma, 1976. 11

SCHLESINGER, L’unità della famiglia ,in Studi Sassaresi (Famiglia e società sarda), Milano,

1971,pp. 367 segg.

9

“Il dovere che la Costituzione riconosce ai genitori di provvedere all’educazione,

all’istruzione e al mantenimento dei figli, non può considerarsi un diritto

soggettivo assoluto, ma anzi deve considerarsi come “officium” e deve esplicarsi

nella ricerca delle migliori forme educative per assicurare al minore lo sviluppo

integrale della sua personalità”12

. Dapprima è stata la Corte Costituzionale,

attraverso le sue sentenze, ad adeguare le norme del codice civile e molte altre

norme dell’ordinamento ai principi della Costituzione13

. Il 23 aprile 1975, con

l’approvazione definitiva da parte della Camera dei Deputati di un progetto

unificato, si conclude la lenta e difficile elaborazione della riforma del diritto di

famiglia, avviata già dagli anni cinquanta.

Le innovazioni più importanti introdotte dalla riforma sono: l’innalzamento

dell’età per contrarre matrimonio; l’ampliamento delle cause di invalidità del

matrimonio e l’abolizione della ‘colpa’ come causa di separazione personale; Il

rapporto paritario tra i coniugi nella direzione della famiglia, sia in relazione ai

rapporti ‘personali’, che in relazione ai rapporti patrimoniali e ai rapporti con i

figli; l’introduzione del regime di comunione dei beni; l’abolizione della dote e la

sostituzione del patrimonio familiare con l’istituto del fondo patrimoniale;

l’attribuzione della legittimazione ad agire per il disconoscimento della paternità

anche alla madre e al figlio; il riconoscimento dei figli adulterini e l’ammissibilità

di una illimitata ricerca giudiziale della paternità naturale; il miglioramento della

posizione successoria del coniuge e dei figli naturali e la previsione

dell’intervento del giudice nei casi di contrasto tra coniugi nella direzione della

vita familiare. L’aver posto sul medesimo piano il marito e la moglie nella

direzione della vita familiare e nella “gestione” del rapporto educativo con i figli è

uno dei meriti fondamentali della riforma che ha dato attuazione al principio di

eguaglianza in senso giuridico, ma soprattutto in senso morale: la potestà maritale

era in contrasto con la collaborazione spirituale, che domina il matrimonio, e con

il principio-base della pari dignità sociale, sancito dall’art. 3 Cost.

_________________

12 DOGLIOTTI, Principi della Costituzione e ruolo sociale della famiglia, in Dir. fam. pers.,

1977, p.1488. 13

BESSONE M., ALPA G., D’ANGELO A., FERRANDO G. e SPALLAROSSA M.R., La

famiglia nel nuovo diritto. Principi costituzionali, riforme legislative, orientamenti della

giurisprudenza, Bologna, 2002,p.9, 14-18.

10

Emerge ,quindi, non solo un nuovo modo di intendere il ruolo della donna nella

famiglia, ma una nuova concezione dei rapporti uomo-donna: nel riconoscere alla

donna un ruolo paritetico a quello dell’uomo le si allocano anche nuove forme di

responsabilità; le si richiede di collaborare alla gestione dei rapporti familiari

(principio della pari responsabilità o, più precisamente, della pari

autoresponsabilità).14

Anche la posizione del minore, nell’ambito della famiglia, viene rivalutata: il

minore è considerato sotto l’aspetto di figlio, ed i suoi rapporti con i genitori sono

improntati al principio di libera espressione della sua personalità. Il riservare al

minore una posizione di rilievo nella compagine familiare è stato individuato, in

molte occasioni, come criterio risolutivo di contrasti interni: l’interesse dei figli.

L’intervento del giudice nella “amministrazione” dei rapporti familiari costituisce,

infine, l’aspetto certamente più innovativo della riforma. Il ricorso ad un soggetto

estraneo ai membri della famiglia non comporta, nello spirito della riforma, una

composizione imposta delle controversie, che limita di fatto la libertà e autonomia

dei membri della famiglia. Infatti, si prevede il ricorso al giudice solo in casi

eccezionali, riguardanti il disaccordo coniugale sull’educazione dei figli e per altri

motivi particolarmente gravi. In alcuni casi il ricorso deve avvenire

congiuntamente da parte di marito e moglie e prima di esprimere il proprio

convincimento, il giudice deve sentire le opinioni dei coniugi, raggiungendo ,se

possibile, una soluzione concordata15

. Si delinea in tal modo un intervento

giudiziale “positivamente informato all’esigenza di non violare l’autonomia

familiare con decisioni imposte ab externo, e che comunque si uniforma in modo

esemplare al principio di eguaglianza dei coniugi”16

.

__________________ 14

ID., ibidem,p.27; BONILINI G., Manuale di diritto di famiglia, Torino, 2010, p. 20. 15

Si pensi al procedimento ex art. 316 c.c. quando sussiste tra i genitori su questioni di particolare

importanza o al procedimento di separazione dove il presidente del tribunale deve prima esperire

un tentativo di conciliazione. 16

BESSONE M., ALPA G., D’ANGELO A., FERRANDO G. e SPALLAROSSA M.R ., La

famiglia nel nuovo diritto. Principi costituzionali, riforme legislative, orientamenti della

giurisprudenza, Bologna, 2002, p.28 ss.

11

La riforma è stata dedicata alla soluzione dei problemi più gravi che si erano

manifestati all’interno della famiglia, nelle relazioni tra marito e moglie, nella

posizione della donna, nel ruolo dei figli, ecc. Non ha invece risolto i problemi

relativi alla socializzazione della famiglia, in particolare i rapporti tra la famiglia e

lo Stato: lo Stato viene via via assumendosi i compiti che un tempo erano della

famiglia, come l’educazione prescolastica, l’istruzione obbligatoria, l’assistenza

sanitaria. La famiglia, quindi, da società chiusa, diviene una comunità aperta,

nella quale matura la personalità dei singoli membri, in un modo il più possibile

naturale, e che viene aiutata in questo compito dallo Stato. L’intervento dello

Stato opera in funzione propulsiva dello sviluppo della personalità dei singoli

membri: quando nel linguaggio dei Costituenti si fa riferimento ai diritti della

famiglia, non si vuole accreditare l’idea di una entità a sé stante, che trascende

l’individuo, ma ciò che la Costituzione intende garantire è essenzialmente

“l’interesse che ciascun membro della famiglia ha in comune con gli altri a

tutelare la vita intima del gruppo, opponendosi a iniziative o comportamenti di

ciascuno dei membri o di terzi che potrebbero turbarne l’ordine interno”, ovvero il

rispetto di quelle situazioni di equilibrio e dei valori fondamentali su cui si fonda

“la vita della comunità familiare”17

.

La riforma, quindi, sotto molti profili riflette solo in parte quella che è la realtà

sociale della famiglia d’oggi. Se la famiglia legittima è sempre il modello

normativo di riferimento, essendo questa disciplinata in via esclusiva dal codice e

dalla Costituzione, nel tessuto sociale i “modelli di famiglia” risultano assai più

numerosi ed in rapida evoluzione, basati a volte su vincoli giuridici, ma non di

coniugio (famiglie composte da genitori e figli naturali, ‘famiglie ricombinate’,

nate da precedenti matrimoni o unioni, vincoli nascenti dall’adozione o

dall’affidamento), altre volte su rapporti di convivenza (famiglia di fatto,

convivenza con figli dell’altro coniuge o del convivente), o su rapporti di

_______________________ 17

BESSONE M., ALPA G., D’ANGELO A., FERRANDO G. e SPALLAROSSA M.R ., La

famiglia nel nuovo diritto. Principi costituzionali, riforme legislative, orientamenti della

giurisprudenza, Bologna, 2002, p. 36; CAMPAGNA, Famiglia legittima e famiglia adottiva,

Milano, 1966, p.21 segg.

12

procreazione non tradizionali o, ancora, sollecitate da necessità esistenziali di

sopravvivenza (convivenze tra anziani o tra giovani e anziani con finalità

assistenziali). Per questo alcuni autori parlano di nuove famiglie richiamando così

l’attenzione sull’emergere di fenomeni di aggregazioni di tipo familiare’18

.

Il passaggio dalla famiglia alle famiglie si coglie anche se si considera il

riferimento a culture, stili di vita, pluralità di valori che animano le diverse

esperienze: se un tempo la cultura cattolica offriva i valori comuni alla gran parte

dei cittadini italiani, oggi si assiste al formarsi di “un pluralismo etico di cui

occorre tenere conto anche nella formazione delle regole giuridiche, dovendo

queste essere orientate a rendere compatibili le diverse concezioni e stili di vita”.19

Di ciò deve tener conto il legislatore nel progettare regole per il futuro, ma anche

lo stesso giudice nel dare contenuto a clausole generali come quella dell’interesse

del minore o dei gravi motivi per contrarre matrimonio, bisogni della famiglia e

così via, intendendoli non in senso assoluto e uniforme, ma variabile e relativo

alle diverse esperienze familiari ed ai valori da queste espressi.20

L’interesse della

famiglia di cui si parla in varie norme non va inteso come interesse unico riferibile

a tutte le famiglie che vivono nell’ambito di una società e di un ordinamento, ma

impone al giudice di scendere sul terreno delle singole famiglie e apprezzarne gli

interessi effettivi. Perciò parlare di famiglie , al plurale, significa muovere da un

dato già presente nel sistema positivo, valorizzando altri fenomeni che oggi

affiorano con particolare insistenza e che appartengono alla categoria iscritta ad

apertura della nostra Carta Costituzionale : l’art.2 sulle formazioni sociali, tra le

quali non ci sono soltanto quelle tipiche, consacrate nel testo, ma vanno

riconosciute tutte le formazioni sociali preordinate allo sviluppo della persona.

_______________________________________ 18 RESCIGNO P., Le ‘ nuove’ famiglie, in Minorigiust., 2007, p.71. 19

RODOTA’ S., Modelli culturali e orizzonti della bioetica, in Questioni di bioetica, a cura di

Rodotà S., Roma-Bari, 1993 p.421. 20 BESSONE M., ALPA G., D’ANGELO A., FERRANDO G. e SPALLAROSSA M.R ., La

famiglia nel nuovo diritto. Principi costituzionali, riforme legislative, orientamenti della

giurisprudenza, Bologna, 2002, p.43-44.

13

Perciò le aggregazioni diverse dalla famiglia fondata sul matrimonio sono da

annoverare tra le formazioni sociali a cui la Costituzione garantisce una tutela

rafforzata.21

Alcuni interventi della Corte Costituzionale si possono segnalare

come occasioni di un autentico rinnovamento della disciplina civilistica dei

rapporti familiari.

Espressiva del mutevole rapporto tra famiglia e società, tra famiglia e Stato è la

sentenza della Corte sul cognome del figlio disconosciuto22

. Il cognome,

tradizionalmente inteso come indice di appartenenza ad una famiglia, rappresenta

il segno esteriore dello status. Tuttavia, oggi, emerge la tendenza a considerare il

cognome non solo come indice di appartenenza ad una famiglia, ma piuttosto

come strumento di identificazione della persona in quanto tale e perciò tutelabile

anche quando sia venuto meno il rapporto familiare. La Corte, infatti, attribuisce

al figlio disconosciuto il diritto a conservare il “proprio” cognome, anche se non

più espressivo dell’appartenenza alla famiglia , in quanto segno dell’identità

personale e del suo autonomo collocarsi nella trama delle relazioni sociali.

È grazie agli interventi della Corte che si dilatano i confini dei principi generali,

come quello dell’interesse del minore: esso impone al giudice e ai genitori nel

rapporto con i figli, sia in costanza di convivenza (artt.147 c.c.), sia in occasione

della separazione o del divorzio (art.155 c.c.), sia al momento dell’inserimento in

una famiglia che sostituisca quella d’origine (affidamento, adozione), di

indirizzare le scelte educative al perseguimento dell’interesse del figlio, con

carattere di prevalenza rispetto ad altri interessi. La riforma con la disciplina del

secondo riconoscimento (art.250 c.c.) negando l’efficacia di esso, quando in

concreto contrasti con l’interesse del figlio, riconosce che un tale interesse può

escludere che una paternità biologicamente fondata possa dar luogo al

corrispondente status giuridico di figlio.

__________________________

21 RESCIGNO P., Le ‘ nuove’ famiglie, in Minorigiust., 2007, p.73-74. Art. 2 Cost. : “La

Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle

formazioni sociali ove si svolge la sua personalità….”. 22

Corte cost. 3 febbraio 1994, n.13, Fam. e dir., 1994, p.135.

14

La Corte nella situazione simmetrica della dichiarazione giudiziale di paternità ha

dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art.274 c.c. nella parte in cui non

prevede che nel giudizio di ammissibilità dell’azione il giudice debba valutare se

l’accertamento giudiziale corrisponda o meno all’interesse del figlio23

. In

definitiva il principio dell’interesse prevalente del figlio, sposta l’attenzione dalla

“verità” genetica a valori spirituali e sociali di responsabilità. Così se da un lato si

assiste, sia nelle relazioni tra coniugi, sia nel rapporto tra genitori - figli, a

fenomeni di privatizzazione del diritto di famiglia e all’ampliarsi degli spazi di

autonomia, anche del minore: l’autonomia privata, che , durante l’autoritarismo

veniva sacrificata ravvisando nei doveri dei genitori un ufficio pubblico, viene

rivalutata; il ritorno al sistema dell’autonomia negoziale, trasferito dal rapporto tra

i coniugi, disciplinato nel segno dell’eguaglianza morale e giuridica, al rapporto

tra genitori e figli, si traduce nel valorizzare norme positive che già esistono

relative alla necessità di ascolto, che si risolve in una forma di partecipazione.24

Dall’altro l’autonomia dei genitori nello svolgimento del rapporto educativo

incontra, tuttavia, un limite nel preminente interesse del figlio, che giustifica

l’intervento pubblico. I poteri dei giudici minorili e dei servizi sociali sono stati

ampliati sia dalla nuova legge sull’adozione, sia dalla legge che prevede misure

contro la violenza nelle relazioni familiari e i provvedimenti che il giudice può

prendere in applicazione dell’art.333 cod. civ., o in materia di adozione e

affidamento, sono orientati alla salvaguardia dei diritti del figlio e, fin quando

possibile, al recupero delle relazioni familiari, nella prospettiva del superamento

delle situazioni di disagio, e di sostegno nello svolgimento delle responsabilità

familiari25

. L’idea è che il principale compito delle istituzioni nei confronti della

famiglia è quello di agevolarla nello svolgimento dei suoi compiti, sostenendola

con misure appropriate.

_________________ 23

Corte cost. 20 luglio 1990, n.341, in Giust. civ., 1990, p.2485. 24

RESCIGNO P., Le ‘ nuove’ famiglie, in Minorigiust., 2007, p.74-75. 25

L. 28 marzo 2001, n. 149 "Modifiche alla legge 4 maggio 1983, n. 184, recante «Disciplina

dell’adozione e dell’affidamento dei minori», nonché al titolo VIII del libro primo del codice

civile"; L. 4 aprile 2001, n. 154 “Misure contro la violenza nelle relazioni familiari” .

15

L’intervento pubblico nella sfera privata e familiare, non si presenta come

finalizzato ad ottenere la conformità dei comportamenti ad un modello ritenuto

normale, ma si giustifica nell’esigenza di promozione e tutela dei diritti

individuali, tende a coniugare autonomia e responsabilità, a valorizzare la

solidarietà come principio sul quale si fondano non solo le relazioni interne al

gruppo, ma anche quelle tra famiglia e società26

.

______________________

26 BESSONE M., ALPA G., D’ANGELO A., FERRANDO G. e SPALLAROSSA M.R ., La

famiglia nel nuovo diritto. Principi costituzionali, riforme legislative, orientamenti della

giurisprudenza, Bologna, 2002, p.44-47.

16

2. Il rapporto di filiazione alla luce della riforma

2.1. Verso l’equiparazione tra filiazione legittima e naturale.

La famiglia non ha una sua soggettività giuridica, non essendo un ente giuridico

che ha vita indipendente dai singoli componenti. Il ‘diritto di famiglia’, pertanto,

non disciplina la famiglia unitariamente intesa, bensì i singoli rapporti familiari.

Come ogni rapporto giuridico, le relazioni familiari sono caratterizzate da poteri-

doveri che, nella maggior parte dei casi, sono reciproci e di uguale contenuto e

che nel complesso caratterizzano lo status familiae, cioè la posizione che un

soggetto ha all’interno della comunità familiare.

In questo settore, l’autonomia privata trova uno spazio marginale: nella maggior

parte dei casi essa si esplica soltanto nella decisione di dar vita a un dato rapporto

familiare , rispettando le forme e formalità prescritte dalla legge per le varie

dichiarazioni di volontà negoziale familiare; non può estendersi alla deroga delle

norme, che contemplano i doveri dei coniugi e dei genitori, cui deve essere

prestata osservanza, pena l’applicazione di sanzioni civili (invalidità negoziale,

esecuzione forzata, risarcimento del danno) o sanzioni squisitamente penali (es.

art. 570 c.p. che riguarda la violazione degli obblighi di assistenza familiare).27

Tra i rapporti che derivano dall’appartenenza ad una famiglia, fondamentale è il

rapporto di filiazione. La filiazione ha giuridicamente due distinte accezioni: da

un lato indica il fatto da cui discende il rapporto di filiazione (può essere la

nascita, o in alcuni casi, come nelle adozioni, un provvedimento del giudice);

dall’altro indica il rapporto che ne discende, a cui l’ordinamento collega

molteplici diritti e doveri, sia in capo ai genitori, sia in capo ai figli.28

Il nostro ordinamento conosceva, sul piano degli effetti che ne derivano, la

fondamentale distinzione tra filiazione legittima, per i figli nati in costanza di

matrimonio, e la filiazione naturale, per i figli nati fuori del matrimonio.

______________________

27 SESTA M., Manuale del diritto di famiglia, Padova, 2009, p.8, 23 ss.

28 BONILINI G., Manuale di diritto di famiglia, Torino, 2010, p. 238.

17

La disciplina della filiazione è quella che ha subito le più ampie innovazioni nella

riforma del 1975, in quanto sollecitava un adeguamento delle norme del codice sia

ai principi costituzionali sia alla mutata coscienza sociale. I mutamenti dei

costumi e dei comportamenti delle famiglie, le nuove tecnologie riproduttive, il

diffondersi delle separazioni coniugali prima e, dopo il 1970, dei divorzi, la

pratica sempre più socialmente accettata della convivenza senza matrimonio

imponevano di rivedere la storica centralità che veniva riservata alla filiazione

legittima nella disciplina dei rapporti di filiazione. Tale esigenza si era tradotta in

altri ordinamenti nella regola secondo cui tutti i figli, per effetto dell’accertamento

dello status, hanno gli stessi diritti nei confronti dei genitori, da ultima la legge

tedesca 25 settembre 1997. In Italia tale regola valeva per la filiazione adottiva ,

ma non era formalmente sancita per la filiazione naturale.29

Anche nella Costituzione, negli artt. 29 e 30, all’affermazione dell’eguaglianza tra

coniugi e tra figli indipendentemente dalla propria origine viene fatta seguire la

previsione di limiti a tale eguaglianza30

: la dottrina conservatrice aveva chiarito

come, nel contesto di una Costituzione che pone tra i suoi principi fondamentali il

rispetto dei diritti della persona, la pari dignità e l’eguaglianza di tutti i cittadini

(artt.2 e 3) anche nell’ambito della famiglia i limiti all’eguaglianza dovevano

essere circoscritti a quelli resi necessari dall’esigenza di salvaguardare valori

altrettanto fondamentali. Così i diritti della famiglia legittima, a tutela dei quali

diviene ammissibile il sacrificio delle pretese dei figli naturali, venivano

identificati nell’unità e intimità della vita familiare31

.

Altra parte della dottrina e la giurisprudenza, invece, mettendo in risalto il primo

_______________ 29

Art. 27 l. n. 184 del 1983. 30

Art 29 co.2 :<< il matrimonio è ordinato sulla eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i

limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare.>>; art.30 co.3:<< la legge assicura ai figli

nati fuori dal matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei membri della

famiglia legittima.>>. 31

BESSONE M., ALPA G., D’ANGELO A., FERRANDO G. e SPALLAROSSA M.R., La

famiglia nel nuovo diritto. Principi costituzionali, riforme legislative, orientamenti della

giurisprudenza, Bologna, 2002, p.266. In tal senso BESSONE, Commentario della Costituzione,

diretto da G.Branca, sub artt.29, 30, 31, Bologna-Roma, 1976, e FERRANDO, Filiazione

(Rapporto di), in Enc. giur. Treccani, vol. XIV, Roma, 1989. Anche C. GRASSETTI, I principi

costituzionali relativi al diritto di famiglia, in Commentario sistematico alla Costituzione italiana

diretto da P. Calamandrei e A. Levi, Firenze, 1950, p.307.

18

comma dell’art.30 della Costituzione, affermavano che il rapporto di filiazione

deve essere garantito come “valore originale e non dipendente, qualunque ne sia il

titolo”32

.

Il codice civile italiano, in seguito alla riforma del 1975, in attuazione delle

disposizioni costituzionali, ha parificato i figli naturali e quelli legittimi per

quanto concerne l’aspetto relativo ai diritti e ai doveri derivanti dalla costituzione

del rapporto di filiazione. Il vigente art.261 c.c. stabilisce che “il riconoscimento

comporta da parte del genitore l’assunzione di tutti i doveri e di tutti i diritti che

egli ha nei confronti dei figli legittimi”. La Cassazione ha affermato che “nel

nostro ordinamento il riconoscimento del figlio naturale comporta, a norma

dell’art.261 c.c., tutti i doveri propri della procreazione legittima, compreso quello

dell’assunzione dello status genitoriale e , quindi, dell’obbligo di mantenimento, a

partire dalla nascita del figlio”33

. Permangono tuttavia alcune differenze tra

filiazione legittima e filiazione naturale: nella filiazione legittima, l’esistenza del

matrimonio, fa si che il rapporto si realizzi in una relazione che vede tre soggetti

protagonisti, tenuti a reciproci impegni di collaborazione; nella filiazione fuori dal

matrimonio, invece, l’assenza di un vincolo giuridicamente impegnativo tra i

genitori fa si che le relazioni del figlio con ciascuno dei genitori che lo ha

riconosciuto siano distinte ed autonome (art.258). Il figlio legittimo entra a far

parte della famiglia dei genitori, mentre è discusso se il figlio naturale instauri

rapporti di parentela con gli ascendenti e i collaterali del genitore che effettua il

riconoscimento. In altri ordinamenti europei, invece, la parificazione tra figli

legittimi e naturali è stata completamente realizzata da un punto di vista sia

sostanziale che formale. Nei vigenti ordinamenti svizzero, spagnolo e tedesco, la

condizione di figlio è unica, indipendentemente dal modo in cui venga accertata e

la legittimazione è stata abrogata (in questi casi c’è una ‘separazione’ tra

_________________________ 32

FALETTI E., La lunga strada dell’equiparazione tra filiazione legittima e naturale, in Vita Not.,

2007, p.3. Citazione testuale di P. Zatti, Rapporto educativo ed intervento del giudice, in

“ L’autonomia dei minori tra famiglia e società” (a cura di M. De Cristofaro, e A. Belvedere),

Milano, 1980, p.280.

33 Cass., 22 novembre 2000, n. 15063, in Giust. Civ., 2001, p.1296.

19

filiazione e matrimonio, in quanto la disciplina del rapporto di filiazione prescinde

dalla esistenza o meno del matrimonio dei genitori).34

Proprio per superare le residue differenziazioni è intervenuto in materia di

filiazione, da ultimo il d.lgs. 28 dicembre 2013, n.15435

che ha eliminato questa

netta diversità tra lo stato di figlio legittimo e lo stato di figlio naturale. Questo

intervento era necessario non solo per attuare pienamente il principio di

uguaglianza riconosciuto dalla Costituzione (art.3), ma anche perché la

concezione discriminatoria basata sulla nascita, è stata condannata espressamente

dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, che all’art.21 vieta

qualsiasi forma di discriminazione basata sulla nascita della persona. Inoltre a

livello internazionale, il combinato disposto dell’art.8 (diritto al rispetto della vita

privata e familiare) con l’art.14 ( divieto di discriminazione) della Convenzione

europea dei diritti dell’uomo (CEDU) costituisce il fondamento del divieto di

discriminazione tra figli legittimi e nati fuori dal matrimonio, così come

interpretato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo.36

La giurisprudenza della

Corte afferma che la protezione della vita privata e familiare implica la piena

tutela delle relazioni familiari e nell’ambito della protezione dell’art.8 CEDU

trovano tutela sia le relazioni fondate sul matrimonio, sia quelle tra genitori e figli

naturali. In particolare, la Corte di Strasburgo ha escluso che in nome del rispetto

della vita familiare sia possibile discriminare tra figli legittimi e naturali. È il fatto

stesso della nascita a far sorgere un legame tra genitore (o i genitori) e il minore37

.

La dottrina da tempo sosteneva che il dovere dei genitori verso i figli non deve

essere condizionato dalla legittimità o meno della filiazione e , in particolare, si

parla di responsabilità da procreazione38

.

________________________

34 BESSONE M., ALPA G., D’ANGELO A., FERRANDO G. e SPALLAROSSA M.R., La

famiglia nel nuovo diritto. Principi costituzionali, riforme legislative, orientamenti della

giurisprudenza, Bologna, 2002, p.264 ss. 35

“Revisione delle disposizioni vigenti in materia di filiazione” che ha attuato la delega di cui alla

legge 10 dicembre 2012 n. 219. 36

FASANO A.M., MATONE S., I conflitti della responsabilità genitoriale, Milano, 2013, p.217. 37

Corte europea dei diritti dell’uomo, 21 giugno 1988, Berrehab contro Paesi Bassi, in

www.echr.coe.int. Altre sentenze che fanno rientrare nella tutela di cui all’art. 8 anche la famiglia

di fatto: Corte Eur. D.U. 26.5.1994; Corte Eur. D.U. 13.7.2000 in www.echr.coe.int . 38

GIACOBBE G. ,Responsabilità per la procreazione ed effetti del riconoscimento del figlio

naturale, in Giust. Civ., 2005, p.370.

20

La giurisprudenza di legittimità, afferma che il precetto costituzionale “indirizza il

legislatore ad una regolamentazione del tema informata al principio del dovere del

genitore di mantenere, istruire ed educare i figli in funzione del solo fatto

materiale della procreazione e senza alcun vincolo con il riconoscimento formale

della paternità o maternità naturale”: il diritto al mantenimento deve trovare la

sua fonte immediata nel fatto della procreazione e non nello status di figlio

naturale.39

Il 14 Aprile 2007 il Governo aveva presentato alla Camera un disegno di legge

delega avente la finalità di unificare lo status di figlio, prevedendo l’eguale

trattamento giuridico dei figli a prescindere dalla nascita nel o fuori del

matrimonio e altri principi innovativi in merito al rapporto di filiazione. Alla fine

dell’iter parlamentare volto alla approvazione della legge delega al Governo per

una modifica sostanziale della materia della filiazione nella struttura del codice,

viene emanata la legge 219 del 2012: “Disposizioni in materia di riconoscimento

dei figli naturali”. L’idea di fondo del testo è eliminare ogni distinzione tra figli

legittimi e naturali e uniformare il loro diritto al mantenimento, al godimento delle

relazioni parentali ed al sostegno morale e materiale, con delega al Governo per la

revisione delle disposizioni in materia. La riforma realizza una vera e propria

rivoluzione culturale : oggi tanto sul piano sociale quanto sul piano dei rapporti

giuridici, personali e patrimoniali, il figlio “naturale”, in passato definito “figlio

illegittimo”, vede riconosciuta una posizione pari a quella del figlio “legittimo”.40

____________________ 39

Cass., 1 aprile 2004, n.6365, in Fam. e Dir.,2005, p.31.

40 FASANO A.M., MATONE S., I conflitti della responsabilità genitoriale, Milano, 2013,p. 222-

225.

21

2.2. Analisi delle modifiche al codice civile

La disposizione centrale attorno al quale ruota l’intera legge è quella relativa

all’art.315 del codice, rubricato ‘Stato giuridico della filiazione’. A questa norma

si collega quella che ha modificato l’art. 74 c.c. e il nuovo art.258 c.c. secondo

cui il riconoscimento produce effetti non solo riguardo al genitore da cui fu fatto,

ma anche riguardo ai parenti di esso.41

In forza di queste disposizioni , il soggetto- una volta conseguito lo stato di figlio

a seguito della nascita da genitori coniugati, del riconoscimento o della

dichiarazione giudiziale- diventa parente delle persone che discendono dallo

stipite dei suoi genitori: egli quindi entra a far parte della loro famiglia (estesa),

indipendentemente dal fatto che sia stato concepito nel, fuori o contro il

matrimonio. Ciò vale anche per il figlio nato da genitori tra loro parenti che, in

base al nuovo testo dell’art.251 c.c., può essere riconosciuto, previa

autorizzazione del giudice, avuto riguardo all’interesse del figlio e alla necessità

di evitare allo stesso qualsiasi pregiudizio. Da ciò ne consegue che la nozione di

famiglia legale, non appare più necessariamente fondata sul matrimonio, il quale

non è più un presupposto necessario per dar vita a relazioni legalmente familiari.

Inoltre pare affievolirsi, fino forse ad annullarsi, il principio della compatibilità

della tutela giuridica e sociale dei figli nati fuori dal matrimonio con i diritti dei

membri della famiglia legittima. Tale tema venne in risalto quando , a seguito

della riforma del diritto di famiglia, venne modificata la disposizione dell’art.566

c.c., che equiparò figli legittimi e figli naturali ai fini della successione ai genitori.

Tuttavia in questo caso non si ritenne questa disposizione confliggente né con

________________________ 41

Art.315 c.c. : “tutti i figli hanno lo stesso stato giuridico”; art. 74 c.c.: “la parentela è il vincolo

tra le persone che discendono da uno stesso stipite, sia nel caso in cui la filiazione è avvenuta

all’interno del matrimonio, sia nel caso in cui è avvenuta al di fuori di esso, sia nel caso in cui il

figlio è adottivo”.‘L’art.258 ante-riforma stabiliva che la parentela non aveva alcuna rilevanza

giuridica al di fuori del rapporto tra genitore e figlio-riconosciuto, tranne alcune eccezioni, es.

art.433 n.3 c.c. dove tra gli obbligati a corrispondere gli alimenti, in mancanza dei genitori, ci sono

gli ascendenti prossimi anche naturali e gli adottanti. Questo determinava una ingiustificata

discriminazione a carico dei figli naturali: limitando il legame parentale nella filiazione fuori dal

matrimonio al mero rapporto genitore-figlio, non si potevano considerare giuridicamente fratelli i

figli nati da genitori non sposati e ciò poneva dubbi di costituzionalità in riferimento agli articoli 3

e 30 della Costituzione.’ PORCELLI M., Note preliminari allo studio sull’unificazione dello stato

giuridico dei figli, in Dir. fam. per., 2013, p. 659-660.

22

art.29 né con l’art.30 della Costituzione, sul presupposto che ai fini della

successione assume rilievo solo il rapporto tra defunto e successibile, senza

riferimento al gruppo familiare e ai diritti dei suoi membri. L’intervento del

legislatore del 2012 si muove su un piano diverso da quello propriamente

successorio, in quanto attua direttamente l’inserimento del figlio nato fuori dal

matrimonio nel gruppo familiare del proprio genitore e sembra doversi affermare

che il rilievo del vincolo coniugale rispetto alla filiazione e, quindi, alla

configurazione legale della famiglia, già fortemente ridimensionato

dall’introduzione del divorzio, dalla riforma del diritto di famiglia e dalla legge

sull’affidamento condiviso, ha ora lasciato spazio ad un nuovo assetto legale della

famiglia, essenzialmente fondato sui legami di consanguineità fatti constare nei

modi di legge42

. L’unico limite al sorgere del vincolo di parentela è nei casi di

adozione di persone maggiori d’età, come stabilisce la seconda parte dell’art.74

c.c. per cui “il vincolo di parentela non sorge nei casi di adozione di persone

maggiori d’età, di cui agli articoli 291 e seguenti.”.43

In realtà gli adottati conseguono lo stato di figli “legittimi” degli adottanti e quindi

si pone la questione se il legislatore abbia inteso riferirsi ai figli adottati nei “casi

particolari” di cui all’art.44, per i quali la legge ha sino ad ora escluso

espressamente il sorgere del vincolo di parentela. L’art.55, l. n. 184/1983, nel

delineare la condizione giuridica del soggetto adottato ex art. 44, richiama proprio

le disposizioni in materia di adozione del maggiorenne44

. Pertanto è necessaria

una interpretazione estensiva del testo della legge, stante la sostanziale identità,

quanto agli effetti, tra adozione dei maggiorenni e adozione in casi particolari.45

_________________________ 42

La legge sull’affidamento condiviso n.54/2006 aveva infatti continuato il processo di

parificazione dei figli naturali e legittimi, unificando le regole sostanziali applicabili a seguito

della disgregazione della coppia genitoriale, che sono le medesime, anche in riferimento ai

procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati (art.4 comma 2,l. n.54/2006). 43

SESTA M., L’unicità dello stato di filiazione e i nuovi assetti delle relazioni familiari, in Fam. e

dir., 2013, p.233 ss. 44

Art.27 della l. n. 184/1983: “Per effetto dell'adozione l'adottato acquista lo stato di figlio

legittimo degli adottanti, dei quali assume e trasmette il cognome”; art. 300 c.c. Diritti e doveri

dell'adottato: “L'adottato conserva tutti i diritti e i doveri verso la sua famiglia di origine (315 e

seguenti), salve le eccezioni stabilite dalla legge. L'adozione non induce alcun rapporto civile tra

l'adottante e la famiglia dell'adottato né tra l'adottato e i parenti dell'adottante, salve le eccezioni

stabilite dalla legge.” 45

SESTA M., L’unicità dello stato di filiazione e i nuovi assetti delle relazioni familiari, in Fam. e

dir., 2013, p. 235-236.

23

Sono state modificate direttamente dalla legge anche altre disposizioni. Il

procedimento per effettuare il riconoscimento del figlio naturale per cui ora l’art.

250 c.c.(modificato dall’art.1, comma 2, l. n.219/2012) al primo comma

sostituisce le parole “figlio naturale” con “figlio nato fuori dal matrimonio”; ai

commi successivi dispone la riduzione da 16 a 14 anni come età prevista per

l’assenso al riconoscimento da parte del figlio già appartenente alla famiglia

(ultra-quattordicenne) o per rendere necessario il consenso dell’altro genitore (in

caso di figlio legittimo infra-quattordicenne) prevede una procedura dettagliata.46

Il nuovo articolo 251 c.c. (modificato con l’art. 1, comma 3 l. n. 219/2012),

rubricato non più “riconoscimento dei figli incestuosi” ma “Autorizzazione al

riconoscimento”, consente la riconoscibilità del figlio nato da genitori uniti da un

vincolo di parentela in linea retta all’infinito ovvero in linea collaterale nel

secondo grado, purché il riconoscimento sia autorizzato dal giudice avendo

riguardo all’interesse del figlio evitando allo stesso qualsiasi pregiudizio.47-48

La

legittimazione passiva per la dichiarazione della paternità o maternità naturale,

che in base al nuovo articolo 276 c.c., spetta, qualora manchino il presunto

genitore o i suoi eredi, ad un curatore speciale nominato dal giudice davanti al

quale il giudizio deve essere promosso e alla domanda può contraddire chiunque

vi abbia interesse (art. 1 comma 5 l. n. 219/2012).49

____________

46 Il genitore che intenda procedere al riconoscimento in presenza del rifiuto dell’altro può

ricorrere al giudice, il quale assegna al genitore un termine per notificare il ricorso al genitore che

nega il proprio assenso. Decorso un ulteriore termine di trenta giorni: se non c’è opposizione da

parte del genitore contrario al riconoscimento il giudice decide con sentenza che tiene luogo del

riconoscimento, provvedendo sull’affidamento, mantenimento e cognome del figlio (tali

provvedimenti dettano devono consentire una tranquilla transizione tra la vecchia e la nuova

situazione, prevenendo o risolvendo ogni possibile conflitto tra i genitori in relazione ad

affidamento e convivenza del minore ed all’esercizio della potestà genitoriale); in costanza di

opposizione ,salvo che questa non sia palesemente fondata, il giudice assume ogni opportuna

informazione, dispone l’audizione del figlio minore che abbia compiuto i dodici anni, o anche di

età inferiore, ove capace di discernimento, e assume eventuali provvedimenti provvisori e urgenti

al fine di instaurare la relazione. E’ stata introdotta anche la possibilità per i genitori che non

abbiano compiuto i sedici anni, di ottenere l’autorizzazione giudiziale al riconoscimento del figlio. 47

Tale denominazione si riteneva ‘un pregiudizio che faceva ricadere sui figli le incoscienze dei

genitori’ F.BOCCHINI, Diritto di famiglia. Le grandi questioni, TORINO, 2013,P.270.

48 La contrarietà all’interesse del minore va intesa nel senso precisato dalla Suprema Corte ossia

come esistenza di un << pericolo di un pregiudizio così grave per il minore da compromettere

seriamente il suo sviluppo psico-fisico>>(v. Cass., 3 febbraio 2011, n. 2645, in Mass. Giust. civ.,

2011, p. 178 ss.).

49 La sentenza della Cassazione, sez. un., 3 novembre 2005, n.21287, in Fam. pers. succ.,2006,

p.975 aveva auspicato l’intervento del legislatore in questi termini.

24

È stata modificata la rubrica del titolo nono del libro primo, che ora recita: “Della

potestà dei genitori e dei diritti e doveri dei figli” e contiene l’art.315 e il nuovo

articolo 315 bis c.c., recante la disciplina dei diritti e doveri dei figli nei confronti

dei genitori (art. 1, comma 1, L. n. 219/2012). Notevoli perplessità solleva il

nuovo art. 448 bis c.c.(inserito con art. 1, comma 9, L. n. 219/2012), che concerne

il venir meno dell’obbligo del figlio di prestare gli alimenti al genitore nei

confronti del quale sia stata pronunciata la decadenza dalla potestà, con

provvedimento giudiziale. Sebbene la motivazione di tale disposizione doveva

essere quella di assicurare una maggiore protezione al minore e prevenire,

attraverso l’aggravamento della sanzione, la condotta dannosa del genitore, pare

rispondere più ad una concezione punitiva della decadenza della potestà: essa

infatti è destinata ad avere effetto in un’epoca lontana dalla pronuncia di

decadenza e dai fatti che l’hanno determinata, essendo necessaria per cancellare

l’obbligo alimentare del figlio che vi sia un provvedimento di decadenza, non

cancellato a seguito di impugnazione, né seguito da una reintegrazione ex art.332

c.c. La nuova norma contempla altresì la facoltà del figlio di escludere dalla

propria successione il genitore decaduto. Poiché l’art. 463, comma 3 bis, c.c.,

stabilisce che chi sia decaduto dalla potestà genitoriale e non sia stato reintegrato

è (automaticamente) escluso, come indegno, dalla successione. l’art.448 bis

sembra prevedere pertanto a favore del figlio la facoltà di escludere dalla

successione il genitore decaduto anche se vi sia stata reintegra.50

A seguito

dell’affermata unicità dello stato di filiazione, il legislatore ha provveduto

all’abrogazione della disciplina della legittimazione del figlio naturale (art. 1,

comma 10, l. n. 219/2012). Infine, gli articoli 3 e 4 contengono disposizioni di

natura processuale.51

_____________________ 50

DE FILIPPIS B., La nuova legge sulla filiazione: una prima lettura ,in Fam. e dir., 2013, p.

295-296. 51

SESTA M., L’unicità dello stato di filiazione e i nuovi assetti delle relazioni familiari, in Fam. e

dir., 2013, p. 234-235.

25

2.3. Le modifiche alla disciplina processuale e le deleghe al governo

Dal 1° gennaio 2013 la tutela giudiziale dei figli nati fuori del matrimonio (alla

stregua di quella dei figli nati in costanza di matrimonio), attraverso la riforma

dell’art. 38 disp. att. c.c., viene attribuita unicamente al giudice civile del

Tribunale ordinario (art.3 L. n.219/2012)52.

Attualmente il tribunale ordinario

provvede per tutto quanto riguarda l’affidamento e l’esercizio della potestà, sia

per i figli nati nel matrimonio, che per quelli generati al di fuori di esso ( oltre a

continuare ad occuparsi del loro mantenimento). Inoltre se è in corso un

procedimento di separazione o divorzio e quindi si tratta di figli “legittimi” o un

procedimento ex art.316 c.c. ( risoluzione dei conflitti tra genitori conviventi

sull’esercizio della potestà, ora responsabilità), per tutta la durata del processo non

può essere adito il tribunale minorile neppure per i procedimenti ablativi della

potestà che saranno di competenza, perciò, in questa specifica ipotesi, del

tribunale ordinario. Ciò ha permesso di superare un’ingiustificata discriminazione

processuale tra figli legittimi e figli naturali, nell’esercizio di un diritto inviolabile

quale l’accesso alla tutela giurisdizionale di cui all’art.24, comma 1°, Cost.: il

tribunale per i minorenni, esercitando la sua giurisdizione su base solo distrettuale

(e quindi in un’area che spesso coincide con quella di una regione), è

generalmente più lontano dal minore che chiede le tutela giurisdizionale dei propri

diritti rispetto al tribunale ordinario, che insiste sul circondario e, quindi, su una

frazione territoriale di dimensioni molto più piccole. Sul piano procedurale

importante è il nuovo comma 2 dell’art.38 disp. att. c.c.53

La norma oltre a non curarsi di specificare quale rito si applichi davanti al

tribunale per i minorenni nei procedimenti rimasti di sua competenza, né di

fornire analoghe indicazioni per i procedimenti che coinvolgono un minore di

___________________________ 52

Il nuovo art. 38, comma 2°, disp. att. cod. civ. stabilisce che “sono emessi dal tribunale ordinario

i provvedimenti relativi ai minori per i quali non è espressamente stabilita la competenza di una

diversa autorità giudiziaria”. 53

Art. 38 disp. att. c.c. co.2 :“Nei procedimenti in materia di affidamento e di mantenimento dei

minori si applicano, in quanto compatibili, gli articoli 737 e seguenti del codice di procedura

civile”.

26

competenza del tribunale ordinario diversi da quelli di “affidamento e di

mantenimento dei minori”, si affida al rito camerale sic et simpliciter per la tutela

di diritti soggettivi.54

Quindi i diritti dei figli nati all’interno del matrimonio ad essere mantenuti,

educati ed istruiti dai loro genitori (art. 315 bis cod. civ.) trovano tutela, di solito,

nell’ambito dei processi di separazione e di divorzio, improntati in larga misura

alla rigida e garantistica disciplina del processo ordinario di cognizione, mentre i

figli nati fuori dal matrimonio, pur dinnanzi allo stesso giudice, vedono trattarsi

gli stessi identici diritti con il procedimento camerale che è in larghissima misura

affidato alla discrezionalità del giudice. Questo comporta una plateale violazione

dell’art. 3, comma 1°, Cost. e appare come il retaggio di quell’antica concezione

secondo cui la filiazione legittima in quanto fondata sul matrimonio, gode di una

condizione di privilegio rispetto a quella solo naturale. Tale disparità va colmata

sforzandosi di ricostruire il procedimento camerale destinato a regolare

l’affidamento ed il mantenimento dei figli nati fuori dal matrimonio, secondo

un’interpretazione costituzionalmente orientata e valorizzando quanto dispone

l’art.4 della L. n. 54 del 2006 cd. sull’affido condiviso, ovvero che tutte le

disposizioni sostanziali e processuali in essa contenute trovano applicazione anche

nei procedimenti di affidamento e mantenimento dei figli nati fuori dal

matrimonio, che ora si svolgono davanti al tribunale ordinario.55

Inoltre si

potrebbe ammettere che l’instaurazione dei nuovi procedimenti camerali aventi ad

oggetto l’affidamento ed il mantenimento dei figli nati fuori dal matrimonio sia

preceduta dall’emanazione di un provvedimento d’urgenza ex art. 700 cod. proc.

civ. (il diritto dei figli minori di essere mantenuti, educati, istruiti ed assistiti

____________________________

54 Per un settore autorevole della dottrina processualistica italiana il procedimento camerale non

assicura il pieno ed effettivo rispetto delle garanzie difensive cui le parti hanno sempre diritto nei

processi aventi ad oggetto diritti soggettivi e status. Il procedimento relativo all’affidamento e

mantenimento dei figli nati fuori dal matrimonio ha ad oggetto diritti soggettivi, ancor più oggi,

che questi diritti hanno trovato esplicito ed inconfutabile riconoscimento nel nuovo articolo 315

bis c.c. PROTO PISANI, Usi e abusi della procedura camerale ex art. 737 ss. cod. proc. civ., in

Riv. dir. civ., 1990, p.393; MANDRIOLI, “Procedimenti camerali su diritti” e ricorso

straordinario per Cassazione, in Riv. dir. proc., 1988, 921. 55 GRAZIOSI A., Una buona novella di fine legislatura: tutti i “figli” hanno eguali diritti ,dinanzi

al tribunale ordinario, in Fam. e dir., 2013, p.266-269.

27

moralmente dai loro genitori non può rimanere in un prolungato stato di

insoddisfazione senza che i loro titolari subiscano ‘un pregiudizio grave ed

irreparabile’) teso, come l’ordinanza presidenziale nei giudizi di separazione e

divorzio, ad anticipare provvisoriamente gli effetti della decisione finale

equiparando così i mezzi di tutela giurisdizionale di cui essi possono avvalersi, a

quelli ai quali hanno accesso i figli nati all’interno del matrimonio.56

Il nuovo comma 3 dell’art.38 disp. att. c.c. prevede altresì che i provvedimenti

emessi dal tribunale, in materia di affidamento e mantenimento dei minori, sono

immediatamente esecutivi, salvo che il giudice disponga diversamente. Questa

disposizione può ritenersi applicabile anche ai provvedimenti resi ai sensi dell’art.

709 ter c.p.c. (Soluzioni delle controversie e provvedimenti in caso di

inadempienze e violazioni) , sanando una lacuna finora colmata in via di

interpretazione. Fino all’entrata in vigore della Legge n.219/12, i provvedimenti

patrimoniali emessi in favore dei figli “naturali” non godevano degli stessi

strumenti di tutela previsti in sede di separazione (art. 156 c.c.) e divorzio (art. 8

Lex 898/70, come modificato nel 1987). Nello spirito di equiparazione della

nuova legge, anche questa lacuna è stata colmata: tutti i provvedimenti aventi ad

oggetto alimenti e mantenimento della prole, emessi al di fuori di un giudizio di

separazione e divorzio sono assisti da analoghe garanzie (può essere imposta

cauzione, può essere disposto il sequestro ed iscritta ipoteca e può essere imposto

un obbligo al terzo, tenuto a corrispondere somme di denaro all’obbligato). Infine

il primo comma dell’art. 4 della Legge n. 219 afferma che le disposizioni di cui

all’art.3 ( ovvero quelle relative alla modifica della ripartizione della competenza

tra tribunale ordinario e tribunale per i minorenni ed ai provvedimenti di garanzia

patrimoniale resi in materia di alimenti e mantenimento della prole) si applicano

ai giudizi instaurati a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente

Legge. Si tratta di una disposizione processuale che, in deroga al principio tempus

regit actum, stabilisce l’applicazione della novella ai giudizi nuovi e non a quelli

pendenti.

_________________ 56

GRAZIOSI A., Una buona novella di fine legislatura: tutti i “figli” hanno eguali diritti ,dinanzi

al tribunale ordinario, in Fam. e dir., 2013 , p.273-274.

28

Infine il secondo comma dell’art.4 afferma che, ai procedimenti di affidamento e

mantenimento di figli di genitori non coniugati, pendenti dinanzi al tribunale per i

minorenni alla data di entrata in vigore della nuova legge (e che ivi resteranno) si

applicano, in quanto compatibili, gli articoli 737 e seguenti del codice di

procedura (rito camerale), nonché il comma due dell’art.3 (provvedimenti

patrimoniali). In ordine all’entrata in vigore delle disposizioni sostanziali,

contenute negli articoli della legge, in applicazione dei principi generali deve

ritenersi che la modifica della normativa non incida sui rapporti sorti prima

dell’entrata in vigore della novella, ma incida invece sui rapporti successivi.57

Le norme che modificano, sotto significativi profili, l’amministrazione della

giustizia minorile, fanno perno soprattutto sul ridimensionamento delle

competenze in materia civile del tribunale minorile. Siamo lontani dall’aver

costruito quella “justice adaptée aux enfants” ossia quella giustizia “a misura del

minore” a cui fanno riferimento le Convenzioni internazionali e altri importanti

documenti elaborati, in sede europea, dal Consiglio d’Europa e dalla stessa

Unione europea. In particolare l’Unione europea con un documento del 15

febbraio del 2011, afferma che la creazione di “una giustizia a misura del minore”

è un obiettivo fondamentale a cui rivolgere l’azione dell’Unione. 58

Quindi l’intervento riformatore rappresenta indubbiamente un notevole passo

avanti nella direzione dell’uguaglianza tra i figli, ma l’attuale distribuzione del

relativo contenzioso tra Tribunale ordinario, Tribunale per i minorenni e giudice

tutelare crea ancora delle ingiustificate differenziazioni di tutela. Sarebbe

necessario un ulteriore e tempestivo intervento legislativo di revisione del sistema

in atto, diretto a far confluire le diverse competenze in capo ad un unico organo

giurisdizionale autonomo e multidisciplinare, il tanto atteso Tribunale per la

persona e le relazioni familiari, con competenza generalizzata su tutte le materie

attualmente ripartite fra giudice ordinario e giudice minorile.

____________ 57

DE FILIPPIS B., La nuova legge sulla filiazione: una prima lettura ,in Fam. e dir., 2013, p.298-

299. 58

TOMMASEO F., La nuova legge sulla filiazione: i profili processuali, in Fam. e dir., 2013, p.

261.

29

Ciò in quanto la giustizia familiare, e in particolare quella minorile risponde a

logiche diverse d a quelle che connotano la giurisdizione generalista e deve essere

salvaguardata con un unico organo giudicante, che sia rispettoso del principio di

prossimità della giustizia- che impone la tutela del diritto del cittadino ad avere un

accesso facile alla giustizia, del principio di esclusività dell’esercizio delle

funzioni giudiziarie, nonché dell’esigenza di una giustizia specializzata della

famiglia e dei minori59

.

Tutto il resto è oggetto di delega al Governo, con previsione di uno o più decreti

delegati: una prima delega estende l’eliminazione della distinzione tra ‘figli

legittimi’ e ‘naturali’ da sostituire con la parola ‘figli’ a tutto l’ordinamento, salvo

l’utilizzazione della denominazione “figli nati nel matrimonio” e “fuori di esso”,

ove si tratta di disposizioni ad essi specificatamente relative60

; un’altra prevede la

ridefinizione della disciplina del possesso di stato e delle prove della filiazione;

ulteriori modifiche oggetto di delega riguardano l’atto di riconoscimento dei figli

nati fuori del matrimonio e gli effetti; infine anche i rapporti successori sono

oggetto di specifica delega (in questo campo le discriminazioni riguardano

soprattutto la facoltà di commutazione nella successione necessaria, che ai sensi

dell’art.537 c.c. permette di soddisfare in denaro o beni immobili la porzione

spettante ai figli naturali che non si oppongano). Anche il diritto internazionale

privato è toccato dalla delega governativa- gli articoli 33, 34, 35, 39 L. n. 218 del

1995 devono conformarsi all’unificazione dello stato di figlio.

In materia di adozione legittimante dei minori si delega il Governo affinché:

- specifichi la nozione di abbandono “con riguardo alla provata irrecuperabilità

delle capacità genitoriali in un tempo ragionevole da parte dei genitori”;

- specifichi che le condizioni di indigenza dei genitori non possono essere di

ostacolo all’esercizio del diritto del minore alla propria famiglia (in realtà l’art. 1

L. n. 184/1983 enuncia il medesimo principio);

______________ 59

PORCELLI M., Note preliminari allo studio sull’unificazione dello stato giuridico dei figli, in

Dir. fam. per., 2013, p.673-675. 60

Tale delega è stata attuata con il D.Lgs. n. 154/2013, “Revisione delle disposizioni vigenti in

materia di filiazione, a norma dell'articolo 2 della legge 10 dicembre 2012, n. 219”.

30

- preveda la segnalazione da parte dei Tribunali per i minorenni ai comuni delle

situazioni di indigenza dei nuclei familiari che, ai sensi della L. n. 184, richiedono

interventi di sostegno per consentire al minore di essere educato nella sua

famiglia, e controllo del giudice sulle situazioni segnalate. Infine, poiché il

novellato art. 315 bis c.c. precisa che il figlio ha diritto di crescere in famiglia e di

mantenere rapporti significativi con i parenti si delega il Governo affinché

preveda la legittimazione degli ascendenti a far valere il proprio diritto al riguardo

e ciò non solo, come avviene attualmente, attraverso un procedimento di

limitazione della potestà ex art. 333 c.c. davanti al Tribunale minorile ma anche,

con un intervento nei giudizi di affidamento dei minori in sede di separazione,

divorzio e controversie tra genitori non uniti in matrimonio61

.

La nuova normativa, nonostante il profilo positivo dell’equiparazione di tutti i

figli e del bilanciamento tra doveri e diritti del figlio, si inserisce in un contesto in

cui la privatizzazione della famiglia e dei rapporti tra i suoi componenti, la

dissoluzione dei vincoli familiari, fanno emergere la necessità di un nuovo diritto

di famiglia, di livello europeo e non singoli interventi privi di sistematicità.62

________________ 61 DOGLIOTTI M., Nuova filiazione: la delega al governo, in Fam. e dir., 2013, p. 280-290. 62 CARBONE V., Riforma della famiglia: considerazioni introduttive, in Fam. e dir., 2013, p. 229.

31

3. Diritti e doveri nel rapporto genitori – figli

3.1. Diritti dei figli e corrispondenti doveri dei genitori tutelati a livello

costituzionale e nel codice civile

Dal rapporto di filiazione nascono una serie di diritti, doveri, potestà, soggezioni a

carico di entrambe le parti. La disciplina del rapporto tra genitori e figli nel nostro

codice è divisa e distribuita in maniera disorganica: in parte è contenuta nel titolo

VI che riguarda il matrimonio, in parte nel capo II del titolo VII, relativo alla

filiazione naturale e, nel titolo IX che disciplina la potestà dei genitori. La riforma

del 1975, che pure ha determinato una revisione profonda del rapporto tra la

filiazione e l’idea di famiglia, modificando la disciplina del rapporto tra genitori e

figli, non ha assicurato l’esigenza di una visione organica del sistema. Si è persa,

come sottolineato dalla dottrina, l’importante occasione di dare al concetto di

dovere genitoriale e al rapporto genitori-figli, una collocazione autonoma e una

regolamentazione formalmente unica, nel Titolo del codice dedicato alla potestà63

.

Il rapporto di filiazione fa nascere automaticamente dei diritti per i figli: dal

momento della nascita il figlio è titolare di determinati diritti nei confronti dei

genitori, secondo un principio di responsabilità, per il solo fatto della

procreazione64

. Anche la Cassazione ha specificato che ‘l’obbligo dei genitori di

mantenere i figli (art.147 e 148 c.c.) sussiste per il solo fatto di averli generati e

prescinde da qualsivoglia domanda, sicché nell’ipotesi in cui, al momento della

nascita, il figlio sia riconosciuto da uno solo dei genitori, tenuto perciò a

provvedere per intero al suo mantenimento, non viene meno l’obbligo dell’altro

per il periodo anteriore alla dichiarazione giudiziale di paternità o maternità

naturale, essendo sorto sin dalla nascita il diritto del figlio ad essere mantenuto,

istruito ed educato nei confronti di entrambi i genitori65

.

Il ruolo dei genitori è disciplinato innanzitutto dalle norme costituzionali. La

_________________ 63

GIORGIANNI M., Note introduttive agli artt. 315-318 c.c., in Comm. al diritto Italiano della

famiglia, diretto da Cian G., Oppo G., Trabucchi A., Padova, 1992, p.285. 64 FASANO A.M., MATONE S., I conflitti della responsabilità genitoriale, Milano, 2013, p. 47-

48; 51-52. 65

Cass., Sez. I, 10 aprile 2012, n. 5652 in www.cortedicassazione.it.

32

Costituzione sancisce che è diritto e dovere dei genitori mantenere, istruire ed

educare i figli, anche se nati fuori dal matrimonio. Ed è proprio in questo primo

comma dell’articolo che si individua oggi il fulcro centrale della disposizione

anche in conseguenza dell’avvento delle leggi sull’adozione speciale (1967) e sul

divorzio (1970)66

. Oggi è possibile affermare che “le basi costituzionali della

condizione dei figli nei confronti dei genitori” devono essere primariamente

individuate negli artt. 2 (principio di personalità) e 3 (principio di uguaglianza)

Cost. che, letti in combinato disposto con l’art. 30, sottolineano il dovere di

assistenza che i genitori devono garantire ai figli, a prescindere dal fatto che gli

stessi siano o non siano nati dentro il matrimonio67

. Anche il codice civile

specifica quali sono i doveri dei genitori: con la riforma del diritto di famiglia del

1975, perde rilievo l’impostazione che, in linea con le previsioni del codice del

1942, aveva garantito prevalente considerazione a quel principio del favor

legittimatis teso a difendere la preminenza della verità legale; il “dovere” dei

genitori di cui parla l’art. 147 c.c. che, rispetto al Codice del 1942, inverte la

gradazione di valori enunciando in senso ascendente il mantenimento, l’istruzione

e l’educazione, non solo trova nel preminente interesse del figlio la sua funzione

ed il suo limite ma, grazie alle modifiche introdotte in tema di filiazione naturale,

sussiste per il solo fatto della procreazione68

.

________________________

66 La prima, disciplinando la nuova filiazione civile, ammette la rescissione di ogni rapporto con la

famiglia di sangue in favore dell’inserimento in una nuova famiglia. G.FERRANDO, Interesse del

minore e status di figlio, in Giur.it., 1999, p.1110, ha affermato che “la disciplina

dell’adozione…costituisce attuazione dei principi costituzionali in quanto tesa a garantire il ‘diritto

del minore ad una famiglia’ dando impulso al più pieno riconoscimento del figlio come titolare di

autentici diritti”. La seconda introduce la possibilità di sciogliere il vincolo matrimoniale. 67

In questa direzione le riflessioni di A. D’ALOIA-A. ROMANO, I figli e la responsabilità

genitoriale nella Costituzione, in G.F. Basini-G. Bonilini-P. Cendon-M. Confortini, Codice

commentato dei minori e dei soggetti deboli, Torino, 2011, p.6; P. RESCIGNO, La tutela dei figli

nati fuori del matrimonio, in Riv. dir. matr., 1965, 35-36. 68

Art. 30 Cost. : “E` dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se

nati fuori del matrimonio. Nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i

loro compiti. La legge assicura ai figli nati fuori del matrimonio ogni tutela giuridica e sociale,

compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima. La legge detta le norme e i limiti per

la ricerca della paternità.”; art.147 c.c , modificato con l’ultimo decreto lgs. n. 154 del 28 dicembre

2013, :“ Il matrimonio impone ad ambedue i coniugi di mantenere, istruire, educare e assistere

moralmente i figli, nel rispetto delle loro capacità, inclinazioni naturali e aspirazioni, secondo

quanto previsto dall’art. 315-bis”; in argomento BESSONE M., Commentario della Costituzione,

diretto da G.Branca, sub artt.29, 30, 31, Bologna-Roma, 1976, p. 90 ss.; D’ALOIA A.- ROMANO

A., I figli e la responsabilità genitoriale nella Costituzione, in G.F. Basini-G. Bonilini-P. Cendon-

M. Confortini, Codice commentato dei minori e dei soggetti deboli, Torino, 2011, p. 8.

33

I genitori sono tenuti ad assolvere questi compiti anche in caso di fallimento

dell’unione matrimoniale, avendo come scopo primario l’interesse morale e

materiale dei figli stessi (la legge sull’affido condiviso ha introdotto il concetto di

bi-genitorialità, proponendosi come finalità principale quella di assicurare al

minore lo sviluppo psico-fisico garantendogli il mantenimento di un rapporto

equilibrato con entrambi i genitori)69

. Dovere di mantenimento, istruzione e

educazione, si fondono in una complessiva funzione educativa dei genitori e

trovano un criterio di esercizio nel rispetto “delle capacità, dell’inclinazione

naturale e delle aspirazioni dei figli”, che sostituisce il criterio di conformità ai

“principi della morale” già enunciato nel secondo comma dell’art. 147 cod. civ.

Ad un tipo di relazione gerarchica tra valori della società e valori della famiglia,

che faceva perno sulla figura del padre, si sostituisce, un rapporto dialettico,

imperniato sulla figura del figlio. Il codice civile del 1942, disciplina

separatamente funzione educativa e assunzione degli obblighi patrimoniali

corrispondenti, confermando così che la funzione educativa si realizza

essenzialmente con un rapporto personale fra genitore e figlio. Inoltre l’art. 148

c.c. poneva a carico degli “altri ascendenti legittimi e naturali”, l’obbligo di

fornire ai genitori i mezzi necessari per adempiere i loro doveri: è un ‘diritto’ dei

genitori che non viene meno per la mera impossibilità economica di adempierlo.

Infatti come si riconosce al figlio il diritto al mantenimento, all’istruzione e

all’educazione da parte del genitore, analogamente devono essere riconosciuti gli

stessi diritti al genitore.70

Si tratta di diritti costituzionalmente garantiti e trovano

tutela non solo nei confronti della collettività ma anche nei confronti dello Stato. I

diritti dei genitori possono essere condizionati o esclusi solo se le insufficienze

___________________________ 69

FASANO A.M., MATONE S., I conflitti della responsabilità genitoriale, Milano, 2013, p.49-50;

LONGO F., Famiglia e responsabilità: i nuovi danni, s cura di Dogliotti M., Milano, 2012, p.93;

MAZZIOTTI DI CELSIO M., SALERNO G.M., Manuale di diritto costituzionale, Padova,2010,

p. 219. 70 Anche l’art. 148 c.c. è stato modificato con il d.lgs. n. 54 del 28 dicembre 2013: “ I coniugi

devono adempiere l’obbligo di cui all’art. 147, secondo quanto previsto dall’art. 316-bis”. Art. 316

bis. Concorso nel mantenimento: " 1.I genitori devono adempiere i loro obblighi nei confronti dei

figli in proporzione alle rispettive sostanze e secondo le loro capacità di lavoro professionale o

casalingo. Quando i genitori non hanno mezzi sufficienti, gli altri ascendenti, in ordine di

prossimità, sono tenuti a fornire i mezzi necessari affinché possano adempiere i loro doveri nei

confronti dei figli…..”.

34

nell’adempimento della funzione genitoriale determina un danno per la

realizzazione del superiore interesse del minore71

.

Per quanto riguarda il diritto al mantenimento, il primo dovere dei genitori che

risulta dalle disposizioni richiamate, esso ha contenuto patrimoniale ed è

finalizzato ad assicurare il soddisfacimento di tutte le esigenze di vita del minore,

cioè non si esaurisce nelle cure prestate al figlio nella normale convivenza, ma

riguarda anche la sfera della vita di relazione e le esigenze di sviluppo della

personalità: a differenza dell’obbligo alimentare, la prestazione dovuta

comprende ogni spesa necessaria per arricchire la personalità del beneficiario; non

è subordinato allo stato di bisogno del beneficiario, ma discende dalla sua

posizione all’interno della famiglia; il genitore per essere esonerato deve

dimostrare, oltre alla mancanza di mezzi, anche l’incolpevole impossibilità di

procurarseli.72

Esso trova il suo fondamento, oltre che negli articoli del codice

civile, anche nell’art. 30 della Costituzione, e costituisce, perciò, un diritto

soggettivo dei figli e un dovere inderogabile dei genitori73

. Nel rapporto interno

tra i genitori il dovere di mantenimento si ripartisce “in proporzione alle rispettive

sostanze e secondo le loro capacità di lavoro professionale o casalingo” (ora

art.316-bis co.1)74

: secondo la Cassazione ciò comporta un sistema completo ed

elastico di valutazione, che tenga conto dei redditi dei due obbligati, di ogni altra

risorsa economica e delle possibilità di svolgere un’attività professionale o

domestica.75

Il diritto al mantenimento non ha una durata prestabilita ma permane

sin quando il figlio, anche maggiorenne, non sia in grado di inserirsi

effettivamente nel mondo del lavoro e provvedere così alle proprie esigenze di

vita76

.

_____________

71 BESSONE M., ALPA G., D’ANGELO A., FERRANDO G. e SPALLAROSSA M.R., La

famiglia nel nuovo diritto. Principi costituzionali, riforme legislative, orientamenti della

giurisprudenza, Bologna, 2002, p.249-251.FASANO A.M., MATONE S., I conflitti della

responsabilità genitoriale, Milano, 2013, p.50.

72 SESTA M., Manuale del diritto di famiglia, Padova, 2009, p.452.

73 Art. 147 c.c. (doveri verso i figli), richiamato con l’art. 148 c.c.( concorso negli oneri), nell’art.

261 c.c. (diritti e doveri derivanti al genitore dal riconoscimento) per i figli naturali. 74 FASANO A.M., MATONE S., I conflitti della responsabilità genitoriale, Milano, 2013, p.54-56. 75

Cass., 16 ottobre 1991, n. 10901,in Mass. giust. civ.,1991, p.10.

76 AULETTA T., Diritto di famiglia, Torino ,2011, p.364.

35

La Cassazione infatti ha stabilito che il dovere dei genitori di concorrere al

mantenimento dei figli perdura immutato, finché il genitore interessato alla

declaratoria della cessazione dell’obbligo non dia la prova che il figlio ha

raggiunto l’indipendenza economica, ovvero che “ il mancato svolgimento di

un’attività economica dipende da un atteggiamento di inerzia ovvero di rifiuto

ingiustificato dello stesso, il cui accertamento deve essere ancorato alle

aspirazioni, al percorso scolastico, universitario e post universitario del soggetto

ed alla situazione attuale del mercato del lavoro… non sono ravvisabili profili di

colpa nella condotta del figlio che rifiuti una sistemazione lavorativa non adeguata

a quella cui la sua specifica preparazione, le sue attitudini ed i suoi effettivi

interessi siano rivolti…..”77

. Il decreto legislativo n. 154 recante “Revisioni delle

disposizioni vigenti in materia di filiazione” emanato il 28 dicembre 2013

contiene una norma a favore dei figli maggiorenni, che da diritto loro, se non

indipendenti economicamente, a ricevere il pagamento di un assegno periodico78

.

L’obbligo del mantenimento, così come gli altri obblighi genitoriali primari

previsti dall’art.147 c.c., vincola il genitore nei confronti del figlio,

indipendentemente dalla sussistenza o meno di un vincolo di convivenza79

. Se i

genitori non convivono, es. in pendenza di un giudizio di separazione e divorzio,

la L.8 febbraio 2006, n. 54, art. 155 c.c. prevede anche a loro carico tale obbligo80

.

Dunque anche in presenza di un affido condiviso i genitori saranno tenuti a

corrispondere ai figli un assegno di mantenimento in via indiretta, da versare al

coniuge con il quale convivono.81

_________________

77 Cass. 3 aprile 2002, n. 4765, in Foro It., 2002, p.1323.

78 Art. 337- septies << disposizioni in favore dei figli maggiorenni>> stabilisce che “il giudice,

valutate le circostanze, può disporre a favore dei figli maggiorenni non indipendenti

economicamente il pagamento di un assegno periodico. Tale assegno, salvo diversa

determinazione del giudice, è versato direttamente all’avente diritto.2. Ai figli maggiorenni

portatori di handicap grave si applicano integralmente le disposizioni previste in favore dei figli

minori.” 79 FASANO A.M., MATONE S., I conflitti della responsabilità genitoriale, Milano, 2013, p.38. 80 ANCESCHI A., Rapporti tra genitori e figli. Profili di responsabilità, Milano, 2007, p.52-53.

Tale articolo è stato modificato con il d.lgs. n.154/ 2013: “ In caso di separazione, riguardo ai figli

si applicano le disposizioni contenute nel Capo II del titolo IX.”. Ora l’art. 337-ter, al co.4

stabilisce : "Salvo accordi diversi liberamente sottoscritti dalle parti, ciascuno dei genitori

provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito; il giudice stabilisce,

ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio di

proporzionalità……..”. 81

Cass., 18 agosto 2006, n. 18187, in Fam. e dir., 2007, p.149.

36

L’obbligo del mantenimento, secondo il consolidato orientamento della

giurisprudenza e della dottrina, sussiste, in capo al genitore, per il solo fatto della

procreazione, e quindi decorre sin dalla nascita e indipendentemente dal

riconoscimento giuridico della filiazione82

. Pertanto “nell’ipotesi in cui, al

momento della nascita, il figlio sia riconosciuto da uno solo dei genitori, tenuto

perciò a provvedere per intero al suo mantenimento, non viene meno l’obbligo

dell’altro genitore per il periodo anteriore alla pronuncia della dichiarazione

giudiziale di paternità o maternità naturale….una volta intervenuta siffatta

pronuncia, egli deve corrispondere al genitore che ha riconosciuto il figlio per

primo, le somme che ha anticipato per far fronte al mantenimento, mentre, per il

periodo successivo, è tenuto a provvedere al mantenimento del figlio, versando

all’altro genitore l’assegno mensile posto a suo carico”83

. L’effetto retroattivo

dell’obbligo di mantenimento rispetto a quello del riconoscimento giuridico dello

status di filiazione, deriva da una interpretazione estensiva degli artt. 261 e 277

c.c. i quali, nel prevedere l’assunzione di tutti i doveri e i diritti che incombono sul

genitore nei confronti dei figli, conformemente a quanto avviene nella famiglia

legittima, non precisano che essi debbano avere effetto ex nunc. Un altro elemento

a sostegno della decorrenza ex tunc è rappresentato dall’art. 279 c.c. che stabilisce

che “in ogni caso in cui non può proporsi l’azione per la dichiarazione giudiziale

di paternità o maternità”, il figlio naturale può agire per ottenere il mantenimento,

l’istruzione e l’educazione. Se il mantenimento viene ammesso nei confronti dei

figli non riconoscibili, si deve ammettere per il periodo in cui non esiste alcun

riconoscimento formale dello status di filiazione naturale.84

___________ 82

Tale orientamento non è esente da critiche: far decorrere fin dalla nascita l’obbligo di

mantenimento, può determinare degli effetti non propriamente equi(si pensi ad una madre che

mantenga in stato di ignoranza il genitore naturale del proprio figlio, al fine di ottenere

l’affidamento dello stesso ex art.317 bis c.c., e escludendo l’altro dalla possibilità di esercitare i

propri doveri e sapendo che in futuro sarà tenuto al rimborso pro quota, delle spese di

mantenimento); al fine di evitare indebite strumentalizzazioni da parte dell’altro genitore, si

dovrebbe rendere l’obbligo retroattivo al mantenimento soggetto a prescrizione. ANCESCHI A.,

Rapporti tra genitori e figli. Profili di responsabilità, Milano, 2007, p.61. Cass., 26 maggio 2004

n. 10124, in Giustizia civile, 2005, p.725: “il diritto al rimborso delle spese sostenute…non è

utilmente esercitabile se non dal giorno del riconoscimento stesso (soltanto questo comporta, ex

articolo 261 del codice civile, gli effetti tipici connessi allo status giuridico di figlio naturale),..e

segna altresì il dies a quo della decorrenza della prescrizione del diritto stesso. 83

Cass. civ. 28 giugno 1994, n. 6217, in Foro It., 1996, p.251. 84

ANCESCHI A., Rapporti tra genitori e figli. Profili di responsabilità, Milano, 2007, p.56-60.

37

Il diritto al mantenimento, istruzione ed educazione spetta al minore nei confronti

di entrambi i genitori e non è delegabile a terzi. Con l’art.148 c.c.(oggi art. 316-

bis) che prevede un obbligo sussidiario al mantenimento nei confronti degli

ascendenti il legislatore ha inteso escludere ogni intromissione degli ascendenti

nell’esercizio della potestà parentale tutelando85

: da un lato, i genitori, ai quali

spetta in via esclusiva il compito di stabilire come il contributo dei nonni debba

essere impiegato, dall’altro, gli stessi minori, ai qualiviene garantito il

mantenimento del legame familiare in tutti i suoi aspetti, anche nei casi di

difficoltà economica86

.

Infatti l’assolvimento degli obblighi verso i figli da parte degli ascendenti

presuppone l’impossibilità a provvedervi da parte di entrambi i genitori, per cui se

uno soltanto si trovi in grado di provvedere, l’intervento degli ascendenti non può

essere preteso: “l’obbligo di mantenimento dei figli minori…….….spetta

primariamente e integralmente ai loro genitori sicché, se uno dei due non possa o

non voglia adempiere al proprio dovere, l’altro nel preminente interesse dei figli,

deve far fronte per intero alle loro esigenze con tutte le sue sostanze patrimoniali e

sfruttando tutta la sua capacità di lavoro” e l’obbligo degli ascendenti va inteso

“non solo nel senso che l’obbligazione degli ascendenti è subordinata e, quindi,

sussidiaria, rispetto a quella, primaria, dei genitori, ma anche nel senso che agli

ascendenti non ci si possa rivolgere per un aiuto economico per il solo fatto che

uno dei due genitori non dia il proprio contributo al mantenimento dei figli, se

l’altro genitore è in grado di mantenerli”87

.

__________ 85

Art. 316-bis c.c.(introdotto dal d.lgs. n.154 del 28 dicembre 2013).Concorso negli oneri: “I

genitori devono adempiere i loro obblighi nei confronti dei figli in proporzione alle rispettive

sostanze e secondo la loro capacità di lavoro professionale o casalingo. Quando i genitori non

hanno mezzi sufficienti, gli altri ascendenti, in ordine di prossimità, sono tenuti a fornire ai

genitori stessi i mezzi necessari affinché possano adempiere i loro doveri nei confronti dei figli. In

caso di inadempimento il presidente del tribunale, su istanza di chiunque vi ha interesse, sentito

l'inadempiente ed assunte informazioni, può ordinare con decreto che una quota dei redditi

dell'obbligato, in proporzione agli stessi, sia versata direttamente all'altro coniuge o a chi sopporta

le spese per il mantenimento, l'istruzione e l'educazione della prole…..”. 86 FASANO A.M., MATONE S., I conflitti della responsabilità genitoriale, Milano, 2013, p.61; SESTA M., Manuale del diritto di famiglia, Padova, 2009, p.455. 87

Cass. civ. , 23 marzo 1995, n. 3402, in Giust. civ., 1995, p.1441.

38

Gli ascendenti possono supplire autonomamente agli inadempimenti del genitore,

anche quando l’altro vi possa provvedere, ma in questo caso, tale adempimento

volontario è volto semplicemente a sostituirsi all’obbligo primario che ricade sul

genitore inadempiente. L’obbligazione a carico degli ascendenti è del tutto

eccezionale e solo i genitori e non i figli hanno diritto a pretendere l’adempimento

da parte degli ascendenti. Tuttavia, secondo l’orientamento che ritiene che ex

art.155-quinquies c.c. (oggi art. 337-septies) il figlio ha acquistato un diritto

autonomo a richiedere l’adempimento dell’obbligo di mantenimento,

sussistendone i presupposti, potrebbe agire autonomamente anche nei confronti di

coloro che sono tenuti al mantenimento in via sussidiaria. Infine riguardo alla

natura di tale obbligo, se abbia natura autonoma rispetto a quello dei genitori o

costituisca un obbligo di natura suppletiva, deve preferirsi questa seconda ipotesi :

perciò scaturisce un formale diritto di rivalsa, dell’ascendente verso i genitori, per

l’adempimento dell’obbligo di mantenimento attuato, anche temporaneamente,

verso i discendenti.88

Con riferimento al diritto al mantenimento, il decreto legislativo n. 154 del 2013,

volto a dare attuazione alla delega contenuta nella legge 10 dicembre 2012, n.219,

introduce nel nostro codice l’art. 316-bis che ripropone lo stesso contenuto

dell’art.148 c.c., spostando però tali doveri nel titolo IX ora denominato “Della

potestà dei genitori e dei diritti e doveri del figlio”, ed eliminando al primo

comma gli aggettivi legittimi o naturali riferiti agli ascendenti.89

Il nostro ordinamento prevede l’obbligo di mantenimento anche verso i genitori,

qualora sussistano particolari e specifici presupposti: prima tale obbligo era

contenuto nell’art. 315 c.c., il quale stabiliva che il figlio “deve contribuire, in

relazione alle proprie sostanze e al proprio reddito al mantenimento della famiglia,

finché convive con essa”; ora tale dovere è stato inserito all’ultimo comma del

nuovo art.315 bis c.c., introdotto dall’art.1, n.8, della legge n.219 del 2012.

____________________________

88ANCESCHI A., Rapporti tra genitori e figli. Profili di responsabilità, Milano, 2007, p.49-51.

89 FASANO A.M., MATONE S., I conflitti della responsabilità genitoriale, Milano, 2013, p.62.

39

Il dovere di contribuzione si inquadra nel rapporto di collaborazione che viene

delineato dalle norme introdotte dal nuovo diritto di famiglia, ma deve essere

valutato con elasticità, tenendo conto che il minore deve espletare le mansioni di

collaborazione senza essere distolto dalle precipue esigenze di formazione90

. La

norma non prevede un vero e proprio obbligo, analogo a quello che grava su

genitori, poiché si manifesta in forma di collaborazione materiale ed economica,

in senso più ampio e generalizzato. Infatti nel caso in cui il figlio , maggiorenne o

minorenne, già adolescente, abbia un reddito lavorativo (l’età minima lavorativa

oggi è di sedici anni in seguito all'art. 1, comma 622, della Legge Finanziaria

2007) o disponga di sostanze economiche cospicue rispetto alle condizioni della

famiglia frutto, ad esempio, di donazione o di altri introiti occasionali, e conviva

con altri familiari (es. ascendenti o collaterali), l’obbligo di cui all’art.315 c.c.

sussisterà anche nei loro confronti. La violazione di tale obbligo più generalizzato

di contribuzione nell’interesse della famiglia, rimane, al giorno d’oggi, privo di

concreta sanzione91

. La misura della contribuzione alla quale è tenuto il figlio si

determina secondo i medesimi criteri previsti per quella dei genitori: il principio

solidaristico impone di non operare distinzione alcuna riguardo alla contribuzione

dei diversi membri della famiglia nucleare patrimonialmente autonomi.92

L’altro diritto espressamente previsto per i figli e quindi quale obbligo a carico dei

genitori è il diritto all’istruzione: i genitori cioè devono fornire al figlio i mezzi

per raggiungere una adeguata istruzione scolastica secondo le proprie capacità e

attitudini. Il minore non è un soggetto posto in una relazione di passiva

soggezione rispetto al ruolo assunto dai genitori, ma destinatario di una serie di

garanzie poste dal legislatore: la Carta costituzionale espressamente riconosce il

diritto del minore ad avere un’adeguata istruzione93

; la Convenzione ONU sui

diritti del fanciullo del 1989 impegna gli Stati a garantire a tutti standard minimi

_______________________________________

90FASANO A.M., MATONE S., I conflitti della responsabilità genitoriale, Milano, 2013, p.75-77.

91 ANCESCHI A., Rapporti tra genitori e figli. Profili di responsabilità, Milano, 2007, p.80-81. 92

AULETTA T., Diritto di famiglia, Torino ,2011, p.370. 93

Art.34 Cost. :“La scuola è aperta a tutti. L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è

obbligatoria e gratuita. I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i

gradi più alti degli studi. La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni

alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso.”( l’obbligo di

istruzione nel corso degli anni è stato ampliato fino alle recenti riforme attuative della l. 28.3.2003,

n.53 che lo ha innalzato a 12 anni).

40

di istruzione, in particolare l’insegnamento elementare gratuito ed il diritto di

accesso senza discriminazione alle scuole di ogni tipo e grado; l’art. 2, par.2 della

Convenzione europea dei diritti dell’uomo introduce il concetto di libertà di

istruzione, incentrato sulla possibilità di fare scelte nell’istruzione che si

contrappone al concetto di insegnamento imposto e all’art.18 stabilisce che il

ruolo dei genitori nell’educazione e nello sviluppo dei figli sia svolto alla luce

dell’interesse superiore del fanciullo; tale attenzione all’interesse superiore del

minore si ritrova anche nell’art. 24 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione

europea94

. Come autorevole dottrina ha precisato: l’istruzione non può essere

sinonimo di acquisizione di nozioni ma deve strettamente coniugarsi con

un’adeguata e globale costruzione di personalità95

. Con riferimento alle scelte che

riguardano l’istruzione, i genitori hanno un ruolo determinante che è quello di

guidare ed orientare i figli in maniera corrispondente allo sviluppo delle loro

capacità, ispirandosi al criterio del superiore interesse del minore e rispettando il

diritto del fanciullo di esprimere la propria posizione in ogni decisione che lo

riguardi96

.

La funzione istruttiva, che il genitore condivide parzialmente con lo Stato, si

manifesta in primo luogo consentendo ed agevolando il più possibile la

formazione scolastica del figlio, tenendo conto delle sue capacità, della sua

inclinazione naturale e delle sue aspirazioni. In tal senso si può individuare un

obbligo di istruzione indiretto, che costituisce un obbligo di ‘mezzi’ e si risolve

nel consentire e agevolare la frequentazione della scuola dell’obbligo oppure, più

genericamente, l’apprendimento del figlio minore da parte di terze persone; e un

obbligo diretto, che consiste in un vero e proprio obbligo di ‘contenuti’ e, in base

alla preparazione ed alle capacità oggettive dei genitori, comprende quegli

insegnamenti al quale il genitore non può sottrarsi in ragione della sua funzione

potestativa. Tale obbligo si manifesta prevalentemente in età prescolare e anche

successivamente per gli ambiti formativi extrascolastici.

______________________________

94Art.24 secondo comma “ in tutti gli atti relativi al minore, siano essi compiuti da un’autorità

pubblica o da istituzioni private, l’interesse superiore del minore deve essere considerato

preminente”. 95

MORO A.C., Manuale di diritto minorile, Bologna, 2008, p.384. 96

FASANO A.M., MATONE S., I conflitti della responsabilità genitoriale, Milano, 2013, p.67.

41

Anche l’obbligo di istruzione persiste anche oltre il raggiungimento della

maggiore età fino a che il figlio non raggiunga una propria indipendenza familiare

ma varia quantitativamente e qualitativamente in rapporto all’età del figlio ed alle

sue condizioni sociali e personali. L’obbligo di istruzione va ricollegato agli altri

obblighi genitoriali, in particolare a quelli di cura, vigilanza e custodia, tesi a

salvaguardare il figlio minore sotto il profilo dell’incolumità psicofisica: es.

l’insegnamento dei precetti relativi alla circolazione stradale, i precetti connessi

ad una corretta alimentazione ed a una corretta igiene personale. Gli strumenti e le

finalità con le quali i genitori decidono di esercitare la propria potestà sul figlio

sotto il profilo formativo è affidata alla loro piena discrezionalità. Tuttavia

dovendo essi tenere conto “delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle

aspirazioni dei figli”, soprattutto nella scelta dell’indirizzo scolastico quando il

minore è capace di discernimento, comporta da parte loro l’obbligo di lasciare ad

esso la libertà di esprimere autonomamente la propria volontà, relativamente alla

scelta del tipo di studi da intraprendere. Gli eventuali contrasti tra i genitori o tra

genitori e figli in merito alla scelta del tipo di studi da intraprendere, devono

essere risolti ai sensi dell’art.316 c.c. Il ricorso all’autorità giudiziaria può essere

fatto esclusivamente con riguardo ai figli minori, in quanto successivamente, il

figlio acquisisce la piena capacità di agire autonomamente e di adottare le scelte

più opportune relativamente alla sua istruzione ed alla sua formazione personale e

professionale. Anche in questo caso, però, le scelte adottate autonomamente dal

figlio, continuano ad incidere sui doveri genitoriali, in particolare per quanto

concerne l’obbligo di mantenimento97

. All’obbligo di istruzione viene associato

correttamente quello di educare i figli, in quanto ne condivide le funzioni, le

qualità e caratteristiche, ma esso attiene alla formazione dell’individuo sotto il

profilo più propriamente sociale: esso ha la funzione di consentire un’adeguata

relazionabilità con gli altri e permettere l’apprendimento di quelle regole di vita

che sorreggono l’espressione dell’individuo nella società di cui fa parte98

.

Il dovere di educazione è un concetto dal contenuto strettamente connesso

__________________ 97

ANCESCHI A., Rapporti tra genitori e figli. Profili di responsabilità, Milano, 2007, p.128,130-

132,133-134. 98

IDEM, ibidem , p. 136.

42

all’evoluzione degli studi sociali e pedagogici e della società in generale: il

previgente testo dell’art.147 c.c. stabiliva che l’educazione doveva essere

conforme ai principi della morale e ciò dimostrava l’adesione ad un programma

educativo uniformato a principi provenienti dall’esterno della famiglia; oggi il

testo dell’art. 147 c.c. privilegia il soggetto nei cui confronti deve essere realizzata

la funzione educativa. Nella Costituzione non vengono indicati i principi a cui

attenersi nell’educazione della prole, ma risulta soltanto che il compito educativo

appartiene alla famiglia, alla quale viene riconosciuta piena libertà nella scelta dei

criteri e dei mezzi educativi ritenuti più idonei.99

Il ‘personalissimo’ diritto dei

genitori all’educazione della prole non ha però caratteri di assolutezza e trova un

primo limite nei principi fondamentali dell’ordinamento risultanti dalle

disposizioni costituzionali es. art. 8,14, 21, 49 Cost., dalle quali si può concludere

che la funzione educativa affidata ai genitori consiste essenzialmente

nell’assicurare al minore uno sviluppo e una maturazione integrale della

personalità conformi al precetto dell’art.2 Cost100

. Già la giurisprudenza aveva

fatto diretta applicazione delle norme costituzionali, riconoscendo il dovere dei

genitori di rispettare le scelte dei figli, soprattutto con riferimento allo studio, alla

formazione professionale, all’impegno politico sociale, alla fede religiosa: i poteri

dei genitori non possono comprendere un arbitrario diritto di “contrastare…

mediante restrizioni personali le scelte ideologiche e culturali che l’adolescente

sente di dover compiere….L’art. 30 Cost., che sancisce il dovere-diritto dei

genitori di educare i figli, esprime ,nel contesto dei principi che sanciscono la

libertà di pensiero religioso e politico, nonché i diritti inviolabili dell’uomo nelle

formazioni sociali ove si sviluppa la sua personalità, un precetto culturalmente

inequivocabile: educare non in termini precettistici ma educare per l’uomo

capace di opzioni libere e coscienti”101

.

La riforma del 1975, proprio per fare della funzione educativa uno strumento che

consenta al minore la conquista di una progressiva autonomia, ha abbandonato il

______________ 99 SESTA M., Manuale del diritto di famiglia, Padova, 2009, p. 459.

100 BESSONE M., ALPA G., D’ANGELO A., FERRANDO G. e SPALLAROSSA M.R., La

famiglia nel nuovo diritto. Principi costituzionali, riforme legislative, orientamenti della

giurisprudenza, Bologna, 2002, p.252. 101

Trib. Min. Bologna 26 ottobre 1973, in Dir. fam. pers., 1974, p.1068-1069.

43

riferimento ai principi etici e sociali, ponendo invece dei criteri volti a rivalutare

la persona del figlio come soggetto dell’azione educativa102

. Il significato

dell’espressione “interesse del minore”, a cui si fa riferimento in varie norme del

codice, non indica solo il dovere di protezione della situazione del figlio, ma

qualifica anche il momento dinamico del rapporto genitori-figlio: esso è realizzato

se nello svolgimento del rapporto si persegue il raggiungimento dell’autonomia di

giudizio del figlio anche attraverso l’attribuzione a quest’ultimo della possibilità

di esprimere proprie libere scelte e, perciò, sia assicurato lo sviluppo della

personalità del minore103

. È pur vero che l’orientamento religioso, così come ogni

altro orientamento di pensiero e di coscienza è improntato al fanciullo da parte dei

genitori, ma una volta che il minore ha raggiunto la capacità di discernimento, può

orientarsi autonomamente nelle proprie scelte politiche, economiche, sociali,

sessuali ed anche religiose. Infatti l’art.14 Conv. New York 1989 assicura ad ogni

fanciullo la libertà di pensiero, di coscienza e di religione e tale diritto è garantito

ad ogni individuo dai precetti costituzionali (artt.19 e 21) e dalle norme

internazionali sui diritti umani. Quindi rientra certamente nel diritto dei genitori

quello di educare la prole in conformità alle proprie convinzioni, siano esse

confessionali, atee o agnostiche, senza tuttavia operare su di esse forme di

costrizione. Una volta raggiunta la capacità di discernimento, il minore può

liberamente decidere di abbandonare la confessione religiosa alla quale è stato

indirizzato dal genitore ed abbracciarne di nuove, senza perciò essere discriminato

o fatto oggetto di coercizione.

Un analogo discorso può essere esteso ad ogni scelta inerente alla libertà di

coscienza e di opinione. Allo stesso modo devono pertanto essere rispettate le

scelte dei figli adolescenti in materia alimentare (ad esempio diventare o cessare

di essere vegetariano), fino a che esse non si pongano in contrasto con la tutela

della salute del figlio. Anche in materia di educazione sessuale i genitori hanno

libertà istruzione ed educazione: essi possono decidere di istruire la prole secondo

_______________________

102 BESSONE M., ALPA G., D’ANGELO A., FERRANDO G. e SPALLAROSSA M.R., La

famiglia nel nuovo diritto. Principi costituzionali, riforme legislative, orientamenti della

giurisprudenza, Bologna, 2002, p.252-253.

103 RUSCELLO F., La potestà dei genitori, artt. 315-319 c.c., Milano, 1996, p.85.

44

un dato orientamento oppure decidere di non fornire alcuna informazione ad essa

inerente. Esiste infatti la “libertà negativa” di educazione, che riguarda la scelta

del genitore di non fornire alcuna formazione religiosa nei confronti dei figli

oppure alcuna informazione od orientamento inerente al sesso104

.

Come in materia di istruzione, anche la facoltà dei genitori di provvedere

all’educazione dei figli perdura anche nella maggiore età finché questi convivono

con essi e anch’esso interagisce con il dovere di mantenimento, anche se

l’accertamento della violazione dell’obbligo di educazione è più complesso105

.

Inoltre i figli sono titolari di un diritto soggettivo a crescere nella propria famiglia,

ricevendo l’assistenza necessaria dai loro genitori: tale diritto trova specifica

enunciazione nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e, riguardo

al diritto interno, nell’art. 1 della L. n. 184/1983 in materia di adozione e trova

conferma nell’art. 155 c.c., ora art. 337-ter co.1, secondo il quale, anche in caso di

crisi, “il minore ha diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con

ciascuno dei genitori...” I figli titolari del relativo status, partecipano alla

successione del genitore defunto in qualità di legittimari mediante riserva di una

quota del patrimonio ereditario in misura variabile in base al numero degli stessi e

al concorso con il coniuge: qui esiste ancora una differenza tra figli nati nel

matrimonio e figli nati fuori dal matrimonio (es. art.580 c.c. diritto di

commutazione spettante ai primi)106

.

Tra i diritti di cui è titolare il figlio rientra il diritto, avente copertura

costituzionale assoluta, al nome e al cognome che consente l’identificazione della

persona all’interno della società. Il passaggio da una concezione del cognome

quale mero segno di identificazione della discendenza familiare ad una visione

che lo inquadra tra gli elementi costitutivi del diritto soggettivo all’identità

personale è stato già anticipato da alcune sentenze della Corte Costituzionale,

_________________

104 ANCESCHI A., Rapporti tra genitori e figli. Profili di responsabilità, Milano, 2007, p.138-

140,141. 105

ID., ibidem, p.136-137. 106 AULETTA T., Diritto di famiglia, Torino ,2011, p.363-368.

45

e poi anche recepito dalla giurisprudenza di legittimità107

. La Cassazione ha infatti

stabilito che “in sede di applicazione delle disposizioni di cui ai commi secondo e

terzo dell’art.262 c.c., disciplinanti l’ipotesi in cui la filiazione nei confronti del

padre sia stata accertata o riconosciuta successivamente al riconoscimento da

parte della madre, occorre muovere dal presupposto che il diritto al nome

costituisce uno dei diritti fondamentali di ciascun individuo” e “il giudice deve

avere riguardo al modo più conveniente di individuare il minore in relazione

all’ambiente in cui è cresciuto fino al momento del riconoscimento da parte del

padre”, quindi, “l’assunzione del patronomico non dovrà, essere disposta

allorquando precludere il diritto di mantenere il cognome materno, ormai

associato al minore dal contesto sociale in cui egli si trova a vivere, si

risolverebbe in un’ingiusta privazione di un elemento della sua personalità….”108

.

L’art. 262 c.c., co.2 e 3, attualmente prevede che nel caso di riconoscimento

paterno della filiazione successivo a quello materno, il figlio può assumere il

cognome del padre aggiungendolo o sostituendolo a quello della madre, e

demanda al giudice, nel caso di minore età del figlio, la relativa decisione, avendo

riguardo all’unico criterio di riferimento dell’interesse del minore. L’art. 27 del

decreto legislativo che ha dato attuazione alla delega contenuta nella l.219 del

2012, apportando modifiche all’art. 262 c.c., stabilisce alla lett. d) che se la

filiazione nei confronti del genitore è stata accertata o riconosciuta

successivamente all’attribuzione del cognome da parte dell’ufficiale di stato civile

il figlio può mantenere il proprio cognome ove sia divenuto autonomo segno della

sua identità personale109

.

________________________

107 Corte cost. 23 luglio 1996, n. 297 in Fam. e dir. ,1996, p.412, intervenendo sull’articolo 262

c.c. ha dichiarato incostituzionale tale norma laddove non prevede che il soggetto dichiarato alla

nascita figlio di ignoti e successivamente riconosciuto da uno dei genitori possa conservare anche

il cognome originariamente attribuitogli dall’ufficiale dello stato civile; Corte cost. 11 maggio

2001, n. 120, in Foro It., 2003, p.2201, che ha giudicato costituzionalmente illegittimo l’art. 299,

2° co., c.c., nella parte in cui non prevede che, qualora sia figlio naturale non riconosciuto dai

propri genitori, l’adottato (maggiorenne) possa aggiungere al cognome dell’adottante anche quello

originariamente attribuitogli dall’ufficiale dello Stato civile. 108

Cass. civ. , 26 maggio 2006, n. 12641, in Familia, 2006, p.959. 109 FASANO A.M., MATONE S., I conflitti della responsabilità genitoriale, Milano, 2013, p.113-

120.

46

Per quanto riguarda la filiazione nata fuori dal matrimonio invece ha solo previsto

all’art.1 lett. d), con riguardo al cognome che all’art.250 c.c. sia modificato il

comma 4110

.

Pertanto la norma di riferimento rimane comunque l’art.262 e ciò nonostante la

questione di legittimità sollevata dalla Cassazione con ordinanza n. 13298/2004

(che aveva sottolineato il contrasto della attribuzione automatica del cognome

paterno non solo con i principi dell’ordinamento ma anche con alcune norme di

origine sovranazionale, che impongono agli stati membri l’adozione di misure

adeguate ad eliminare discriminazioni tra i sessi), dichiarata inammissibile dalla

Corte Costituzionale perché spetta al legislatore ridisegnare in senso

costituzionalmente adeguato la norma attributiva del cognome paterno al figlio

legittimo111-112

.

L’unica soluzione rispettosa dei valori primari e dei principi dell’ordinamento

sarebbe il doppio cognome del figlio, tratto in parte da quello del padre e in parte

da quello della madre, in quanto esalta e formalizza il rapporto di genitorialità e

sarebbe in linea con quanto già avviene in altri paesi europei e conforme alle

indicazioni della giurisprudenza interna ed europea. Nonostante ciò nella riforma

della filiazione non ricorre alcuna disposizione né in materia di cognome del figlio

“nato nel matrimonio” né in tema di cognome del figlio “nato fuori del

matrimonio”. Appare frutto di una limitata sensibilità sociale, pretermettere,

nell’ambito di una condivisibile riforma della filiazione, ispirata alla piena

attuazione dei valori primari dell’ordinamento, nuove regole in materia di

cognome dei figli che, uniformando il diritto italiano a quello degli altri Paesi

____________ 110

Il d. lgs. n. 154 del 28 dicembre 2013 ha modificato anche il secondo comma dell’art. 262 : “ Se

la filiazione nei confronti del padre è stata accertata o riconosciuta successivamente al

riconoscimento da parte della madre, il figlio può assumere il cognome del padre aggiungendolo,

anteponendolo o sostituendolo a quello della madre.” Art.250 c.c. co.4 ultimo periodo : “Con la

sentenza che tiene luogo del consenso mancante, il giudice assume i provvedimenti opportuni in

relazione all’affidamento e al mantenimento del minore ai sensi dell’art.315-bis e al suo cognome

ai sensi dell’art. 262 c.c.”

111 Corte cost., 16 febbraio 2006, n. 61, in Giust. civ., 2007, p. 2079.

112 FASANO A.M., MATONE S., I conflitti della responsabilità genitoriale, Milano, 2013, p.130-

138.

47

europei, garantiscano il fondamentale diritto del figlio a vedere riconosciuta

nell’ambito della sua identità personale la discendenza da entrambi i genitori.113

Altri obblighi che incombono sui genitori, non espressamente previsti da nessuna

norma giuridica, sono quelli di cura, vigilanza e custodia. Essi vengono definiti

obblighi giuridici impliciti, che derivano direttamente dal rapporto di filiazione, e

secondari, in quanto sono prodromici alla realizzazione degli obblighi previsti

dalla legge: essi vengono fatti ricadere nell’obbligo di mantenimento, inteso non

più solo in senso patrimoniale ma anche come preservazione dell’incolumità e del

benessere psicofisico della persona. In realtà anche questi obblighi genitoriali si

elevano ad un rango equivalente a quelli previsti esplicitamente dall’art.30 Cost. e

147 c.c. poiché sono finalizzati al benessere psicofisico e allo sviluppo del

minore. Per quanto riguarda il dovere di cura, esso è strettamente collegato con il

diritto alla salute, che rappresenta un diritto inalienabile dell’individuo e viene

anche garantito al fanciullo da convenzioni internazionali ,oltre che dall’art. 32

della Costituzione114

: il diritto alla salute è quindi un diritto assoluto che

l’ordinamento ha l’obbligo di garantire.115

Il dovere di cura non si risolve

solamente sotto il profilo della salute fisica (in questo caso implica la doverosità

di affrontare determinate scelte in materia di trattamenti sanitari), bensì anche

sotto quello della salute psichica e in generale del benessere del minore, anche

sotto un profilo propriamente e strettamente affettivo, comportando perciò la

necessità di bilanciare i rischi dei possibili danni psicofisici nei confronti del

figlio, in attività (es. sportive) o aspirazioni culturali e sociali che possano

apparire pericolose. L’obbligo di prendersi cura del minore viene espressamente

previsto in capo ai soggetti che si sostituiscono ai genitori nei casi previsti dalla

legge ( art.357 c.c. in capo al tutore e art.5, l. n. 184/1983, in capo all’affidatario)

e , pertanto, viene ricavato a fortiori in capo ai genitori stessi. Come l’obbligo di

________________________

113 TRIMARCHI M., Il cognome dei figli: un’occasione perduta dalla riforma, in Fam. e dir.,

2013, p.244,248-250. 114

La Convenzione sui diritti dell’infanzia del 1989 stabilisce che gli Stati parti riconoscono il

diritto del fanciullo al godimento dei più alti livelli raggiungibili di salute fisica e mentale e alla

fruizione di cure mediche riabilitative (art.24). 115 FASANO A.M., MATONE S., I conflitti della responsabilità genitoriale, Milano, 2013, p.83 e

86.

48

istruzione, anche questo dovere ricade direttamente sul genitore limitatamente alle

sue specifiche competenze, mentre per il resto si risolve in un dovere di attivarsi

presso le apposite strutture sanitarie.

Gli obblighi di custodia e vigilanza

rappresentano due aspetti dello stesso dovere genitoriale: il primo si riferisce in

particolar modo ai neonati, privi di autonomia decisionale e libertà di movimento;

il secondo presuppone una maggiore autonomia e libertà del minore, verso cui

sussiste soltanto un obbligo di controllo, sempre più attenuato in relazione alla

acquisita capacità di discernimento del figlio, che dipende da fattori come l’età, le

concrete capacità personali, l’istruzione e l’esperienza. Questo obbligo dipende

dall’intensità e dall’efficacia dell’educazione impartita e determina la

responsabilità del genitore verso i terzi in caso di mancato adempimento116

.

_______________

116 ANCESCHI A., Rapporti tra genitori e figli. Profili di responsabilità, Milano, 2007, p.163-165,

175-180.

49

3.2. Le novità introdotte dalla l. n. 219/2012

La riforma della filiazione è intervenuta anche su tale disciplina, introducendo per

la prima volta, con il nuovo art.315-bis,intitolato “Diritti e doveri del figlio”, un

vero e proprio statuto dei diritti del figlio, in quanto tale. Un riconoscimento così

esplicito, primario e ampio dei diritti del figlio, anteposti ai suoi doveri, rivela il

definitivo superamento anche nel nostro ordinamento della arcaica concezione che

vedeva nel figlio, e nel minore, più un oggetto di poteri altrui e di soli propri

doveri, che un soggetto prioritario di diritti inviolabili e sovraordinati. Al suo

primo comma l’art. 315-bis117

, riecheggiando l’art.30, co.1, Cost., e l’art.147 c.c.,

prevede che il figlio, oltre ad essere mantenuto, educato e istruito dai genitori, sia

anche “assistito moralmente” e mentre la norma matrimoniale dispone che i

genitori tengano conto della capacità, inclinazioni ed aspirazioni del figlio, la

nuova norma dispone che essi devono rispettarle118

. Il secondo comma

dell’art.315 bis richiama i principi stabiliti in materia di adozione ed in tema di

separazione personale dei coniugi (art.155 c.c. ora artt. 337-bis e ss.), affermando

che il figlio ha diritto “di crescere in famiglia e di mantenere rapporti significativi

con i parenti.”119

. Il principale profilo problematico di questa norma sta nel suo

riferimento alla sua famiglia senza alcuna specificazione, in quanto il significato

del termine famiglia è tutt’altro che univoco. Tuttavia, in base all’evoluzione della

società e alla finalità delle riforma, che è quella di evitare discriminazioni tra figli

nati nel matrimonio e figli nati fuori dal matrimonio, deve accogliersi una nozione

ampia di famiglia, e non solo quella fondata sul matrimonio di cui parla l’art.29

Cost., comma 2°. Al terzo comma dell’art. 315-bis troviamo un diritto di matrice

processuale, ovvero il diritto all’ascolto del minore “in tutte le questioni e le

procedure che lo riguardano”, mentre finora tale diritto si ricavava

deduttivamente dalla presenza nel nostro sistema processuale di un obbligo di

ascolto imposto al giudice (con il d.lgs. n. 154 del 2013, art.337-octies).

______________________________

117 Art. 315 bis sancisce il diritto del figlio “di essere mantenuto, educato, istruito e assistito

moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue

aspirazioni.” 118 GRAZIOSI A., Una buona novella di fine legislatura: tutti i “figli” hanno eguali

diritti ,dinanzi al tribunale ordinario, in Fam. e dir., 2013. p.264. 119 DE FILIPPIS B., La nuova legge sulla filiazione: una prima lettura ,in Fam. e dir., 2013,

p.294.

50

La configurazione dell’audizione giudiziale del minore come un vero e proprio

diritto soggettivo dello stesso- sulla scia delle prescrizioni contenute nell’art.12

della Convenzione di New York del 1989 sui diritti del fanciullo e nell’art. 6 della

Convenzione di Strasburgo del 1996 e non come semplice derivazione di un

dovere processuale del giudice, implica che il piano della tutela si è spostato da

quello semplicemente processuale a quello dei diritti inviolabili del minore (art.2

Cost.), e perciò il suo ascolto riveste oggi, ad ogni effetto, carattere di preminenza

ed inderogabilità120

. La sua inderogabilità comporta che esso debba trovare piena

tutela, senza possibilità di alcun distinguo o limitazione, in tutte le procedure che

“lo riguardano”, intendendosi per tali, non solo quelle in cui egli agisce o è

convenuto in qualità di parte in senso sostanziale, ma quelle che pur svolgendosi

tra i soli genitori, o tra altri soggetti, sono però destinate ad incidere direttamente

sulla sua situazione giuridica ed esistenziale. Il minore avrà diritto ad essere

ascoltato non solo nei processi contenziosi, quali ad esempio la separazione

giudiziale, il divorzio. o il procedimento camerale di affidamento o mantenimento

dei figli nati fuori dal matrimonio, ma anche nelle procedure consensuali, come la

separazione consensuale, il divorzio su ricorso congiunto dei coniugi, o il

procedimento camerale di affidamento e mantenimento dei figli nati fuori dal

matrimonio promosso consensualmente dai genitori. Inoltre, essendo l’audizione

del minore preordinata a soddisfare un suo diritto inviolabile, oggi previsto

dall’art. 315-bis, comma 3°, cod. civ., essa si presenta coma un adempimento

processuale ineludibile, la cui omissione determina, per questa ragione,

l’improcedibilità di qualunque processo in cui si verifichi, e la consequenziale

nullità di tutti gli atti processuali successivi121

(a tale conclusione era già

pervenuta la Cassazione, la quale aveva anche stabilito che una volta dichiarata la

nullità, eventualmente anche d’ufficio trattandosi di un vizio connesso alla

violazione di una norma imperativa, il giudice, al fine di consentire la

rinnovazione degli atti nulli, dovrà rimettere la causa nella fase processuale in cui

l’ascolto del minore è stato omesso disponendo che vi si proceda)122

.

________________________

120 GRAZIOSI A., Una buona novella di fine legislatura: tutti i “figli” hanno eguali

diritti ,dinanzi al tribunale ordinario, in Fam. e dir., 2013, p.264-265.

121 IDEM, ibidem , in Fam. e dir., 2013 , p.275-277. 122

Cass. sez. un. , 21 ottobre 2009, n. 22238, in Foro It., 2010, p. 903.

51

In seguito al cambiamento che ha interessato la condizione del minore nella

famiglia e nella società, anche il figlio ha dei doveri nei confronti dei genitori: il

minore non è più inteso come “oggetto” di diritti degli adulti, soggetto ad una

patria potestà intesa come un’autorità con poteri pressoché assoluti, ma soggetto

di diritti e così la riforma del diritto di famiglia va ad ampliare gli spazi di

autonomia del minore; al conseguimento da parte del figlio di un ruolo

partecipativo all’interno della famiglia e perciò di nuove sfere di libertà doveva

corrispondere una posizione di maggiore responsabilità123

.

Ai sensi dell’art.315 c.c., ante riforma, il figlio deve rispettare i genitori e deve

contribuire, in relazione alle proprie sostanze e al proprio reddito al mantenimento

della famiglia, finché convive con essa. La norma introduceva due principi: il

dovere di rispetto dei genitori (che si sostituisce all’espressione “onorare e

rispettare” i genitori, che denotava la posizione del figlio in termini di soggezione

e obbedienza) ed il dovere di contribuire al mantenimento della famiglia124

. Oggi

i doveri del figlio verso i genitori sono regola ti dall’ultimo comma del nuovo art.

315 bis, inserito nel codice civile ad opera dell’art. 1 della recente legge di riforma

della filiazione, n. 219/2012. I doveri del figlio acquistano una nuova prospettiva,

in quanto, interagendo con i diritti, vengono ad essere calati in un rapporto

dialettico e di reciproco apporto con i genitori, ciò per evidenziare un rapporto con

i genitori che consta di diritti e doveri correlati e reciproci: l’articolo ripropone

quanto già stabiliva l’articolo 315, collegando però il dovere di contribuzione

anche e in primo luogo alle capacità del figlio (“in relazione alle proprie

capacità”). Il dovere di rispetto deve inquadrarsi in un rapporto genitori-figli dove

è valorizzato il profilo personale-affettivo e implica ora un atteggiamento attivo

da parte del figlio, un’attenzione e comprensione della personalità del genitore.

Esso, pur essendo sprovvisto di sanzione giuridica in caso di inadempimento, ha

un valore che sul piano etico e sociale deve essere riconosciuto125

.

_____________________________

123 BESSONE M., ALPA G., D’ANGELO A., FERRANDO G. e SPALLAROSSA M.R., La

famiglia nel nuovo diritto. Principi costituzionali, riforme legislative, orientamenti della

giurisprudenza, Bologna, 2002, p.257 ss. 124 FASANO A.M., MATONE S., I conflitti della responsabilità genitoriale, Milano, 2013, p.75. 125

BELELLI A., I doveri del figlio verso i genitori nella legge di riforma della filiazione, in Dir.

fam. pers., 2013,p.645-650.

52

Il dovere di contribuzione sussiste se ed in quanto il figlio viva nell’ambito della

familiare, costituendo la convivenza un presupposto necessario dell’obbligo

contributivo126

. Il principio di fondo è improntato alla responsabilità e

collaborazione reciproca: se il figlio vive nella comunità familiare, ricevendo

vantaggi di vario tipo, deve anche contribuire al mantenimento della stessa, in

relazione alle proprie possibilità. L’aver inserito il riferimento per la

commisurazione dell’obbligo anche le capacità personali, oltre ad adeguare la

disciplina a quanto previsto con riguardo all’obbligo dei coniugi di contribuire al

soddisfacimento dei bisogni della famiglia (art.143 co.3 c.c.), responsabilizza il

figlio e gli attribuisce un ruolo attivo, imponendo un dovere di adoperarsi in

relazione alle proprie capacità per il soddisfacimento dei bisogni della famiglia,

sia materiali che morali. Tale modifica è stata anche dettata per rispondere alla

situazione sempre più diffusa nella nostra società dei figli che, pur avendo

raggiunto da tempo la maggiore età, rimangono nell’ambito della famiglia

originaria senza formare un proprio nucleo familiare. Con la nuova legge si va

oltre quanto già rilevato dalla giurisprudenza, in merito al diritto del figlio

maggiorenne, che abbia terminato il proprio ciclo di istruzione, ad essere

mantenuto dai genitori127

. Si impone al figlio di contribuire al soddisfacimento

dei bisogni della famiglia delineando un rapporto genitori-figlio fondato sia sugli

affetti, sia sulla collaborazione reciproca e sulla responsabilità128

.

_______________

126 FASANO A.M., MATONE S., I conflitti della responsabilità genitoriale, Milano, 2013, p.77.

127 Cass. 3 aprile 2002, n. 4765, in Foro It., 2002, p.1323.

128 BELELLI A., I doveri del figlio verso i genitori nella legge di riforma della filiazione, in Dir.

fam. per., 2013,p.651-653.

53

4. La potestà dei genitori: il suo contenuto ed esercizio strumentale allo

sviluppo della personalità del minore

Tutti i doveri e i poteri decisionali che l’ordinamento attribuisce in capo ai

genitori, in ordine alla cura, all’educazione, al mantenimento e alla gestione degli

interessi economici della prole danno contenuto al concetto di “potestà dei

genitori”. Nel nostro ordinamento non è dato rinvenire una definizione del

concetto di potestà genitoriale. Per giungere ad una definizione appagante, è

possibile fare riferimento ad una proposta di legge in cui il testo dell’art. 315 c.c.

viene riscritto nei seguenti termini129

: “è responsabilità dei genitori realizzare i

compiti indicati nell’art. 147, proteggendo il figlio, sostenendolo nel suo itinerario

formativo, assicurandogli e tutelandone la sicurezza, la salute e la moralità,

promuovendone il benessere psicofisico e la progressiva acquisizione

dell’autonomia. A tal fine essi hanno il diritto-dovere di tenerlo presso di loro. Per

attuare compiutamente questi doveri è conferita la potestà genitoriale”. Tale

formula subordina e coniuga espressamente il conferimento dei poteri genitoriali,

alla responsabilità genitoriale volta alla realizzazione dei compiti previsti

dall’art.147 c.c. La potestà, quindi, come concordano dottrina e giurisprudenza, è

quell’insieme di poteri-doveri finalizzato alla crescita spirituale e fisica del figlio,

da esercitarsi nel rispetto delle sue capacità, inclinazioni naturali e aspirazioni

(147 cod. civ.)130

. Il codice civile del 1942 conosceva ancora la “patria potestà”

ereditata dal diritto romano: una potestà monocratica esercitata dal padre e, per il

solo caso di morte, lontananza o impedimento, dalla madre (artt.315 e 316 c.c.); il

padre poteva richiamare il figlio nella “casa paterna” quando se ne allontanava

(art.318 c.c.) e, se non riusciva a frenarne la cattiva condotta, poteva “collocarlo in

un istituto di correzione” con l’autorizzazione del presidente del tribunale dei

minorenni (art.319 c.c.)131

.

Nella Costituzione non vi è traccia dell’istituto in esame, ma il rapporto genitori

figli è regolato dall’art.30 Cost., che attribuisce ai genitori un diritto soggettivo

_________________________ 129

Proposta di legge n. 173 del 9 maggio 1996 che riprende precedenti iniziative legislative. 130

SESTA M., Genitori e figli tra potestà e responsabilità, in Riv. dir. priv., 2000, p.219-220. 131

PAZE’ P., Dalla patria potestà alla responsabilità genitoriale, in Minorigiust., 2007, p.7.

54

perfetto che si concretizza nell’interesse attivo di questi a provvedere

all’istruzione, al mantenimento ed all’educazione della prole. Attualmente, dopo

la riforma del diritto di famiglia, il codice civile specifica il principio

costituzionale individuando il contenuto ed i limiti della potestà (art.147 c.c.) e

dalle disposizioni in tema di potestà scompare il termine patria potestà, che viene

sostituito col termine “potestà dei genitori” (art.316 c.c.), il che sottolinea il

coinvolgimento di entrambi i genitori nel rapporto di filiazione. La dottrina più

attenta ha elaborato il concetto in forza del quale l’interesse del minore

rappresenta il limite all’esercizio della potestà genitoriale132

. Col richiamare

capacità, inclinazioni e aspirazioni del minore, ovvero la sua specifica e

irripetibile personalità e soggettività, e con l’abbandonare il riferimento a

parametri oggettivi estrinseci, il legislatore assegna ai genitori il compito di

seguire il figlio affinché egli dia forma alla propria struttura personale, e non più

quello di uniformarne la personalità ad astratti modelli comportamentali133

. La

riforma del diritto di famiglia, realizza l’importante passaggio da una concezione

della potestà come diritto ad una che la inquadra principalmente come funzione

nell’interesse dei figli e assunzione di responsabilità nei loro confronti, ma non ha

abbandonato il termine potestà, che è sinonimo di potere, di dominio e non può

comprendere un complesso di doveri e di diritti attribuiti ai genitori con una

finalità di protezione dei figli134

.

La dottrina tradizionale individua come aspetto “interno” inerente la potestà “la

funzione educativa, perché l’attività educativa ha per oggetto il figlio e per scopo

quello di formare la personalità”; mentre l’aspetto “esterno” viene individuato

nella “funzione sostitutiva, perché qui l’attività del genitore è quella che il figlio

non può compiere nel suo interesse… l’attività di relazione con i terzi e la cura dei

suoi interessi nei rapporti col mondo esterno”135

.

_______________________

132 FASANO A.M., MATONE S., I conflitti della responsabilità genitoriale, Milano, 2013, p.6. 133 SESTA M., Genitori e figli tra potestà e responsabilità, in Riv. dir. priv., 2000, p.221. 134 PAZE’ P., Dalla patria potestà alla responsabilità genitoriale, in Minorigiust., 2007, p.8.

135 PELOSI A.C., La patria potestà, Milano, 1965, p.85.

55

Dopo la riforma del diritto di famiglia la nozione di potestà si è arricchita di

contenuti più profondi. Oltre che con riguardo alla finalità ultima, le innovazioni

di rilievo che hanno conferito alla potestà dei genitori una connotazione nuova e

più dinamica rispetto a quella precedente fondata sull’autorità paterna, attengono

all’esercizio congiunto del potere (art. 316 co.2, c.c.), al possibile ricorso al

giudice (art.316 co.3, c.c.) ed al suo contenuto136

. In conformità all’art.30 Cost.,

l’art. 316 c.c. attribuisce la titolarità della potestà ad entrambi i genitori, che sono

tenuti ad esercitarla “di comune accordo”. Le decisioni della vita quotidiana

riguardanti il figlio possono prendersi disgiuntamente, mentre le scelte più

importanti e delicate devono farsi congiuntamente (es. avviarlo ad uno sport

pericoloso)137

.

Quindi il co-esercizio è la regola fondamentale che informa il sistema delle

relazioni familiari, ma in caso di disaccordo l’art.316 c.c. al terzo comma, ora

secondo, prevede “in caso di contrasto su questioni di particolare importanza”, la

possibilità per ciascuno dei genitori (nel rispetto dell’autonomia della famiglia

non è demandato ad altri soggetti tale potere) di ricorrere senza formalità al

giudice indicando i provvedimenti che ritiene più idonei138

. Questo è uno dei

procedimenti che ai sensi del nuovo comma 1 dell’art.38 disp. att. del c.c. spetta

non più al tribunale dei minorenni ma al tribunale ordinario, non essendo

compreso tra quelli “per i quali è espressamente stabilita la competenza di una

diversa autorità giudiziaria”. L’intervento del tribunale si articola in due fasi: in un

primo momento il giudice, sentito ciascun genitore ed il figlio ( che abbia

______________________

136 SESTA M., Genitori e figli tra potestà e responsabilità, in Riv. dir. priv., 2000, p.221. 137

AULETTA T., Diritto di famiglia, Torino ,2011, p.372; con il d. lgs. n. 154 del 28 dicembre

2013 anche l’art. 316 c.c. è stato sostituito. Ora è rubricato ‘Responsabilità genitoriale’ e prevede:

“Entrambi i genitori hanno la responsabilità genitoriale che è esercitata di comune accordo

tenendo conto delle capacità, delle inclinazioni naturali e delle aspirazioni del figlio. I genitori di

comune accordo stabiliscono la residenza abituale del minore. In caso di contrasto su questioni di

particolare importanza ciascuno dei genitori può ricorrere senza formalità al giudice indicando i

provvedimenti che ritiene più idonei……” È stato eliminato il potere del padre di prendere

provvedimenti urgenti in caso di grave pregiudizio del minore previsto prima al co.4. 138 SESTA M., Manuale del diritto di famiglia, Padova, 2009, p.466.

56

compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento),

tenta la conciliazione, suggerendo le soluzioni che appaiono più utili nell’interesse

del figlio stesso e dell’unità familiare; se il contrasto permane, il giudice

“attribuisce il potere di decisione a quello dei genitori che, nel singolo caso,

ritiene il più idoneo a curare l’interesse del figlio”139

.

Il legislatore ha regolato all’art. 317 c.c. (Impedimento di uno dei genitori) la

circostanza che l’esercizio della potestà sia impedito ad uno dei genitori ( le cause

prese in considerazione riguardano la lontananza, l’incapacità e ogni altro

impedimento). In tale ipotesi sull’altro genitore si concentrano tutti i poteri e i

doveri ad essa inerenti e il trasferimento dell’esercizio esclusivo avviene ipso iure,

senza un provvedimento da parte del giudice. Al secondo comma prevede che

anche quando ,nel caso di separazione personale, annullamento o cessazione degli

effetti civili del matrimonio, il figlio sia stato affidato ad uno dei genitori, “la

potestà comune non cessa” e l’esercizio è regolato da quanto disposto nell’art.155

c.c.140

In quest’ultima ipotesi non c’è esercizio esclusivo della potestà in capo al

coniuge affidatario, in quanto l’altro conserva l’esercizio della potestà (ora

responsabilità genitoriale) “per le decisioni di maggiore interesse” per i figli, ma

il coniuge cui sono affidati i figli ha “l’esercizio esclusivo della potestà su di

essi”: il legislatore in questo caso ha distinto la titolarità, che resta comune, e

l’esercizio della potestà, che viene generalmente riservato al coniuge affidatario,

riducendosi la potestà dell’altro coniuge alla possibilità di intervenire nell’ambito

dell’esercizio della potestà, che viene generalmente riservato al coniuge

affidatario, riducendosi la potestà dell’altro coniuge alla possibilità di intervenire

nell’ambito dell’assunzione delle decisioni di maggiore interesse o al diritto-

dovere di vigilare sull’istruzione ed educazione, fatto salvo il ricorso al giudice

__________________

139 AULETTA T., Diritto di famiglia, Torino ,2011, p.373. Il contenuto dell’art. è stato aggiornato

alle modifiche introdotte con il d.lgs. n. 154 del 28 dicembre 2013. 140

Anche l’art. 317 c.c. è stato interessato dalla riforma attuata con il d.lgs. n. 154 del 2013, che al

primo comma ha sostituito la parola “potestà” con le parole “responsabilità genitoriale” e al

secondo comma ora stabilisce che: “ La responsabilità genitoriale di entrambi i genitori non cessa

a seguito di separazione, scioglimento, cessazione degli effetti civili, annullamento, nullità del

matrimonio; il suo esercizio, in tali casi è regolato dal capo II del presente titolo.”. In particolare in

questo caso viene in considerazione l’art. 337-ter c.c.

57

(stessa disciplina è prevista dall’art.6, L. 898/1970 come modificato dall’art. 11,

L. 74/1987)141

. La dottrina ritiene che il riconoscimento in capo al genitore non

affidatario di tali diritti ( facoltà di adire il giudice nelle ipotesi in cui le decisioni

prese dall’altro coniuge siano pregiudizievoli al minore), indichi la persistenza

dell’esercizio della potestà in capo al genitore non affidatario: da ciò discende la

possibilità per quest’ultimo di adire il giudice anche nel caso previsto dall’art.316

c.c. e degli artt. 320 e 330 c.c.142

Una significativa innovazione della riforma del

diritto di famiglia consiste nell’aver equiparato il sistema dell’esercizio della

potestà della filiazione naturale a quello della filiazione legittima. Infatti dal

combinato disposto degli artt. 317 bis e 261 c.c. si ricavava che la potestà è

attribuita al genitore che ha effettuato il riconoscimento e, nel caso in cui entrambi

abbiano proceduto al riconoscimento, ad ambedue se conviventi (in tal caso si

applicano le disposizioni che regolano l’esercizio della potestà in capo ai genitori

legittimi) o al solo genitore con cui il figlio convive (all’altro genitore è

riconosciuto il potere di vigilare sull’istruzione, educazione e sulle condizioni di

vita del minore ma non gli stessi poteri che ora l’art.337-quater c.c. riconosce al

genitore separato o divorziato); infine qualora manchi il presupposto della

convivenza, la potestà è esercitata da quello dei genitori che per primo abbia

riconosciuto il figlio.

_______________________ 141 SESTA M., Manuale del diritto di famiglia, Padova, 2009, p.467-468. Infatti ora l’art. 337-ter

c.c. dispone al terzo comma che: “ La responsabilità genitoriale è esercitata da entrambi i genitori.

Le decisioni di maggiore interesse per i figli relative all’istruzione, all’educazione, alla salute e

alla scelta della residenza abituale del minore sono assunte di comune accordo tenendo conto delle

capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli. In caso di disaccordo la decisione è

rimessa al giudice. Limitatamente alle decisioni su questioni di ordinaria amministrazione, il

giudice può stabilire che i genitori esercitino la responsabilità genitoriale separatamente. Qualora il

genitore non si attenga alle condizioni dettate, il giudice valuterà detto comportamento anche al

fine della modifica delle modalità di affidamento.”. All’art. 337-quater Affidamento a un solo

genitore e opposizione all’affidamento condiviso, al co.3 prevede: “ Il genitore cui sono affidati i

figli in via esclusiva, salva diversa disposizione del giudice, ha l’esercizio esclusivo della

responsabilità genitoriale su di essi; egli deve attenersi alle condizioni determinate dal giudice.

Salvo che non sia diversamente stabilito, le decisioni di maggiore interesse per i figli sono adottate

da entrambi i genitori. Il genitore cui i figli non sono affidati ha il diritto ed il dovere di vigilare

sulla loro istruzione ed educazione e può ricorrere al giudice quando ritenga che siano state

assunte decisioni pregiudizievoli al loro interesse.” 142

GIORGIANNI M., Della potestà dei genitori, in Comm. dir. it. fam. sub. art.315-318, p.336.

Art. 316 c.c. co.2( con riforma dovuta al d.lgs. n.154 del 2013) : “In caso di contrasto su questioni

di particolare importanza ciascuno dei genitori può ricorrere senza formalità al giudice indicando i

provvedimenti che ritiene più idonei.”; art. Art. 320. ‘Rappresentanza e amministrazione’; Art.

330. ‘Decadenza dalla potestà sui figli’.

58

Il giudice, a norma del secondo comma dell’art. 317 bis c.c., poteva, nell’interesse

esclusivo del minore, disporre diversamente fino a nominare un tutore escludendo

entrambi i genitori dall’esercizio della potestà

143. Tale possibilità di ingerenza

dell’autorità giudiziaria in ambito familiare veniva interpretata in senso restrittivo

dalla dottrina: solo in caso di violazione dei doveri da parte dei genitori, o in caso

di loro incapacità, potrà ammettersi la nomina di un tutore e la conseguente

cessazione della potestà dei genitori144

.

Con la nuova disciplina della potestà genitoriale introdotta dalla l. 219 del 2012,

cioè quella che afferma che tutti i figli hanno lo stesso stato giuridico e che quindi

beneficiano in pari misura dei diritti enunciati dal nuovo art. 315 bis c.c., induce

ad interrogarsi sul complessivo assetto delle norme relative all’esercizio della

potestà. In particolare si poneva il problema della sorte dell’art. 317 bis c.c., che

appunto disciplina l’esercizio della potestà in capo al genitore naturale145

,

problema recentemente affrontato dalla Cassazione

la quale aveva ritenuto

tacitamente abrogata la norma per incompatibilità con la successiva disciplina

dettata agli artt. 155 c.c. e seguenti146

. La L. n. 54 del 2006 ha esteso

l’applicazione delle nuove norme sull’affidamento condiviso alla filiazione

“naturale”.

_______________________ 143 SESTA M., Manuale del diritto di famiglia, Padova, 2009, p.470-471. In realtà con il d.lgs. da

ultimo approvato, n. 154 del 2013, ora l’art. 317 bis del c.c. si occupa dei rapporti con gli

ascendenti. 144

Tra gli altri RUSCELLO F., La potestà dei genitori, artt. 315-319 cod. civ., Milano, 1996,

p.275; ZATTI P., Rapporto educativo e intervento del giudice, in L’autonomia del minore tra

famiglia e società, a cura di BELVEDERE A. e DE CRISTOFARO G., Milano, 1980, p.306.

145 SESTA M., L’unicità dello stato di filiazione e i nuovi assetti delle relazioni familiari, in Fam. e

dir., 2013, p. 238. 146

Cass. 10 maggio 2011, n. 10265, in Nuova giur. civ. comm., 2011. p. 1206.

59

Quindi si doveva concludere che nel caso di genitori che abbiano effettuato il

riconoscimento non conviventi, in base a quanto stabilito dall’art. 155, 3° co., c.c.

( ora 337-ter co.3), la potestà genitoriale vada comunque esercitata da entrambi i

genitori: la Cassazione ha infatti stabilito che “in assenza di un provvedimento

giudiziale che disponga diversamente, il figlio naturale deve essere affidato ad

entrambi i genitori anche nell’ipotesi in cui gli stessi non abbiano mai

convissuto”147

.

L’ipotesi di cui si occupa la Corte in tale sentenza è quella relativa alle cd.

‘famiglie ricomposte’, e nello specifico si inserisce nel novero dei casi di

adozione previsti all’art. 44, l. n. 184 del 1983, consentendo al padre naturale, che

non aveva mai convissuto col minore soggetto all’adozione, di opporsi alla stessa,

proprio in virtù della legge n. 54 del 2006…..”. L’art. 317 bis viene così ad essere

modellato sulla scorta della nuova normativa. Qualora dunque non vi sia un

provvedimento giudiziale, e ci si trovi innanzi ad una famiglia “naturale”,

operando il principio della bi-genitorialità la potestà genitoriale, è esercitata da

entrambi i genitori, anche qualora questi non abbiano mai convissuto148

. Ora, alla

luce dell’art. 315 c.c., non appare più giustificabile una disciplina differenziata

dell’esercizio della potestà in riferimento alla natura della filiazione e deve

atteggiarsi unitariamente, in armonia con l’affermato stato unico di figlio, a

prescindere dalla modalità della sua acquisizione: deve quindi ritenersi che se tra i

genitori – non importa se coniugati, conviventi o meno – ci siano contrasti sia

possibile il ricorso al giudice; mentre, se un genitore si trovi impedito all’esercizio

della potestà, intervenga l’art. 317, comma 1, c.c. Allo stesso modo, deve ritenersi

applicabile il secondo comma della predetta disposizione ai genitori non coniugati

____________________

147 Cass., 5 agosto 1996, n. 7137, in Giust. Civ., 1997, p. 1657.

148 FASANO A.M., MATONE S., I conflitti della responsabilità genitoriale, Milano, 2013, p.229-

232.

60

combinandola con quella dell’art. 155, comma 3, c.c.( ora art. 337-ter co.3)149

.

Inoltre la legge 219/2012 ha risolto un ulteriore problema che derivava

dall’applicazione della legge sull’affidamento condiviso dove l’art. 4 non

determinava alcuna modifica sul riparto di competenze tra Tribunale ordinario e

Tribunale per i minorenni: così i genitori coniugati erano sottoposti solo alla

disciplina di cui alla legge n.54 del 2006 ed al rito ordinario, mentre i secondi

sarebbero contemporaneamente regolamentati dalla legge n. 54 del 2006,

dall’art.317 bis e dal rito camerale, con differenze sostanziali sul piano

processuale e sostanziale. Ora la riforma, andando a modificare l’art. 38 disp. att.

c.c. ha attribuito al tribunale ordinario la vecchia competenza del tribunale per i

minorenni in materia di affidamento e di mantenimento dei minori, anche se nati

fuori dal matrimonio, i cui procedimenti seguiranno il rito camerale ovvero le

norme previste dagli artt. 737 e ss. del c.p.c.150

.

Le disposizioni in materia di potestà non sono generalmente ritenute applicabili

alla prole irriconoscibile, ossia al figlio che abbia agito per il mantenimento,

istruzione e educazione ex art. 279 c.c. (oggi poiché i figli di genitori legati da

vincoli di parentela sono riconoscibili, rientrano in questa categoria: i figli

nati da genitori che non abbiano compiuto il sedicesimo anno di età, salvo

_________________ 149 SESTA M., L’unicità dello stato di filiazione e i nuovi assetti delle relazioni familiari, in Fam. e

dir., 2013, p.238. Con il d.lgs. n. 154 emanato il 28 dicembre 2013 anche questo problema è stato

risolto. Infatti ora l’art. 337-bis stabilisce: “ In caso di separazione, scioglimento, cessazione degli

effetti civili, annullamento, nullità del matrimonio e nei procedimenti relativi ai figli nati fuori del

matrimonio si applicano le disposizioni del presente capo.” (ovvero tutte le disposizioni relative

all’affidamento condiviso dei figli e alla bi-genitorialità) e l’art. 317-bis ora regola i Rapporti con

gli ascendenti. Mentre l’esercizio della responsabilità genitoriale sui figli nati fuori dal matrimonio

è regolato all’art. 316 c.c. co.3 e 4 : “ Il genitore che ha riconosciuto il figlio esercita la

responsabilità genitoriale su di lui. Se il riconoscimento del figlio, nato fuori del matrimonio, è

fatto dai genitori, l’esercizio della responsabilità genitoriale spetta ad entrambi. Il genitore che non

esercita la responsabilità genitoriale vigila sull’istruzione, sull’educazione e sulle condizioni di

vita del figlio.” 150 FASANO A.M., MATONE S., I conflitti della responsabilità genitoriale, Milano, 2013, p.233-

234.

61

l’autorizzazione del giudice; il figlio ultra quattordicenne non riconoscibile per

mancanza del suo assenso; il figlio infra-quattordicenne per mancanza di consenso

del genitore che abbia già effettuato il riconoscimento, salvo l’autorizzazione del

tribunale; il figlio privo di assistenza morale e materiale, per il quale siano

intervenuti la dichiarazione di adottabilità e l’affidamento preadottivo; il figlio

matrimoniale e figlio riconosciuto da altri entrambi non riconoscibili dal preteso

padre biologico151

) pur spettando al genitore il potere educativo, compreso quello

di vigilanza e custodia, non gli spetteranno altri poteri, quali quello di

amministrazione e rappresentanza152

. Secondo parte della dottrina, l’inesistenza

della potestà sui figli irriconoscibili sarebbe anche conseguenza dell’indegnità dei

genitori153

; altri autori invece ritengono che la potestà spetti in modo pieno anche

al genitore che non può riconoscere il figlio, essendo la potestà funzionale

all’attuazione dell’interesse del minore e alla tutela dei suoi diritti154

.

Fra i poteri concessi ai genitori (o al genitore) esercenti la potestà è compreso

quello di fissare la dimora del minore : l’art. 318 c.c. sancisce di conseguenza in

capo al figlio il dovere di non abbandonare la casa dei genitori, riconoscendo in

capo a quest’ultimi il potere di richiamarlo anche ricorrendo, se necessario

(l’intervento del giudice viene in considerazione solo qualora i genitori non

riescano autonomamente a ricondurre il figlio alla casa familiare, anche

utilizzando la coercizione fisica), al giudice tutelare155

. Si è discusso in dottrina

sul momento in cui si può dire iniziato l’esercizio della potestà genitoriale.

_________________________

151 SESTA M., L’unicità dello stato di filiazione e i nuovi assetti delle relazioni familiari, in Fam. e

dir., 2013, p. 239. 152 GIORGIANNI M., Della potestà dei genitori, in Comm. dir. it. fam. cit. sub. art.315-318, p.

338. 153

DE CUPIS, Sulla pretesa esistenza della potestà dei genitori sui figli non riconoscibili, in Riv.

dir. civ., 1981, p. 321.; FERRI L., Della potestà dei genitori( art.315-342),in Comm. cod. civ.

Scialoja- Branca, a cura di GALGANO, Bologna-Roma, 1988, p. 56. 154

BIANCA, Diritto civile, Milano, 2001, p.299. 155

SESTA M., Manuale del diritto di famiglia, Padova, 2009, p.464-465.

62

Secondo l’opinione consolidata i genitori acquistano la potestà sul minore al

momento della nascita, ma la cura degli interessi e della salute del figlio inizia già

al momento della gestazione156

. L’art. 316, comma 1, c.c. stabiliva la durata della

potestà dei genitori, affermando che essa cessa con il raggiungimento della

maggiore età del minore o con la sua emancipazione. Vi sono, tuttavia,

determinati casi in cui la potestà cede il passo all’autonomia del minore. In

particolare, l’art. 2, comma 2, c.c. stabilisce che il minore lavoratore “è abilitato

all’esercizio dei diritti e delle azioni che dipendono dal contratto di lavoro”; una

norma analoga è l’art. 108 della legge 22 aprile 1941, n.633, in tema di diritti

d’autore, per l’autore minorenne che abbia compiuto i sedici anni. In forza

dell’art. 250 c.c., u. co., il riconoscimento del figlio naturale può essere compiuto

dal minore ultra-sedicenne157

. Non è possibile, quindi , stabilire un limite d’età per

lo svolgimento di determinate manifestazioni: “la consapevolezza che si è

raggiunta, anche in giurisprudenza, della necessità di ascrivere al minore una sfera

di valutazione che gli consenta di operare tutte le scelte necessarie….. rende

indispensabile la correlazione del principio dell’accordo stabilito dall’art. 316 c.c.,

con la progressiva autonomia del minore, ovvero con la capacità di sviluppo della

persona, non commisurabile in assoluto ma variabile secondo le situazioni e i

soggetti ”158

.

______________ 156

FASANO A.M., MATONE S., I conflitti della responsabilità genitoriale, Milano, 2013, p.22. 157

ARGENTESI A., La potestà dei genitori, in Famiglie: mutamenti e politiche sociali, a cura

dell’Osservatorio nazionale sulle famiglie e le politiche locali di sostegno alle responsabilità

familiari, Vol. I, Bologna, 2002, p. 203. Ora con il d. lgs. n.154 del 28 dicembre 2013 anche l’art.

316 c.c. è stato modificato e non prevede più il limite della maggiore età o dell’emancipazione

come fine dell’esercizio della responsabilità genitoriale. 158

RUSCELLO F., La potestà dei genitori, artt. 315- 319 cod. civ., Milano, 1996, p.43.

63

5. Dalla “potestà” alla “responsabilità” genitoriale

Nonostante la riforma del diritto di famiglia abbia chiaramente posto l’interesse

del minore al centro dell’intera disciplina della potestà, si è da alcuno evidenziato

che il minore continua ad essere considerato non “quale soggetto di diritto, bensì

quale destinatario incidentale di una serie di decisioni altrui” e ciò è conseguenza

di una normativa che tuttora lo considera privo di autonomia ed inabile al

compimento di qualunque scelta prima del raggiungimento della maggiore età.

Affiancare alla protezione del soggetto debole, anche la promozione delle sue

libertà, finirebbe per determinare un positivo mutamento di prospettiva nella

disciplina della potestà, che verrebbe interpretata come responsabilità genitoriale,

ossia, non più solo quale potere-dovere esercitato in posizione di disparità, bensì

quale collaborazione ed indirizzo, in un piano di parità e nel rispetto della

personalità del minore. In questo quadro già si muoveva la proposta di legge n.

173 del 9 maggio 1996, intitolata “ Norme per la tutela e lo sviluppo dei soggetti

in età evolutiva”, che prende spunto dalla ratifica della Convenzione sui diritti del

fanciullo.

Il progetto oltre ad enunciare il carattere dei diritti fondamentali dei soggetti in età

evolutiva, alla cui attuazione sono tenute le varie comunità, territoriale, scolastica,

ed anche familiare, prevedeva una modificazione della regola codicistica in

materia di potestà dei genitori che, sull’esempio tedesco, viene ribattezzata

“responsabilità genitoriale”. Il progetto (art.42) nel ri-descrivere l’art.315, cod.

civ., insisteva su un pieno riconoscimento della centralità dei diritti e delle

esigenze del minore, rispetto ai poteri del genitore159

.

Altre ragioni che dovrebbero indurre il legislatore a condurre a termine il percorso

di abbandono della nozione di potestà dei genitori sostituendola con quella più

pregnante di responsabilità dei genitori derivano da impegni assunti a livello

internazionale e dal confronto con quanto avviene a livello europeo.

_________________________

159 SESTA M., Genitori e figli tra potestà e responsabilità, in Riv. dir. priv., 2000, p.221-229.

64

La Convenzione sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989 parla di

responsabilità genitoriale e non di potestà. Nelle legislazioni di molti Stati europei

si utilizza ormai, per definire la fascia dei doveri e diritti dei genitori verso i

figli, il termine di responsabilità genitoriale e il regolamento CE 2201/2003 fa

riferimento alla responsabilità genitoriale come elemento unificante delle

legislazioni nazionali160

.

L’introduzione della responsabilità genitoriale avrebbe anche un significato

simbolico e un rilievo educativo nelle politiche per la famiglia: ciò che

caratterizza la genitorialità responsabile è il comportamento dei genitori che si

mettono a disposizione del figlio, riconoscendone e rispettandone la qualità di

persona in crescita e allo stesso tempo sollecitandone il distacco e l’autonomia161

.

La legge n. 219 del 2012 (Disposizioni in materia di riconoscimento dei figli

naturali), ha riconosciuto questa nuova impostazione del concetto di “potestà”

genitoriale, introducendo nel nostro sistema la nozione di “responsabilità

genitoriale” che, come si deduce dal nuovo art. 315 bis, è riscritta attraverso un

ruolo attivo del figlio minore, il quale non ha solo il diritto di essere educato,

mantenuto ed istruito secondo le proprie inclinazioni naturali, ma ha anche

l’obbligo di rispettare i genitori, secondo un dialogo continuo ed infinito.

Il figlio supera il rapporto di soggezione con i genitori ed assume una nuova

condizione giuridica, quale quella di persona portatrice di diritti fondamentali,

costituzionalmente garantiti.

____________________________

160 Convenzione sui diritti del fanciullo, 20 novembre 1989, art.3, comma 2: “Gli Stati parti si

impegnano ad assicurare al fanciullo la protezione e le cure necessarie al suo benessere, in

considerazione dei diritti e dei doveri dei suoi genitori, dei tutori legali o di altre persone che

hanno la sua responsabilità legale, ed a tal fine essi adottano tutti i provvedimenti legislativi ed

amministrativi appropriati”. art. 5: “ Gli Stati parti rispettano la responsabilità, il diritto e il dovere

dei genitori o, se del caso, dei membri della famiglia allargata o della collettività, come previsto

dagli usi locali, dei tutori o altre persone legalmente responsabili del fanciullo, di dare a

quest’ultimo, in maniera corrispondente allo sviluppo delle sue capacità, l’orientamento ed i

consigli adeguati all’esercizio dei diritti che gli sono riconosciuti dalla presente Convenzione”. 161 PAZE’ P., Dalla patria potestà alla responsabilità genitoriale, in Minorigiust., 2007, p.8-9.

65

Proprio la diversa impostazione per cui i rapporti tra genitori e figli non devono

più essere considerati tenendo dal punto di vista dei genitori, ma con riferimento

assoluto al superiore interesse del minore, ha portato anche il legislatore italiano

ad attuare la delega di cui alla legge 219/2012 con il D.Lgs. n. 154/2013, che ha

previsto la sostituzione dell’art. 316 c.c. ora rubricato “ Responsabilità

genitoriale”. La norma, oltre a registrare la totale equiparazione tra figli naturali e

figli legittimi, presenta due aspetti rilevanti: l’uguaglianza dei genitori

nell’esercizio della responsabilità genitoriale e la necessità di coinvolgere il figlio

minore, che abbia compiuto dodici anni (o di età inferiore se ha capacità di

discernimento), in caso di contrasto tra i genitori. Non è stato riprodotto nel testo

il comma 4 dell’art. 316 che attribuiva al padre la possibilità di adottare

provvedimenti urgenti ed indifferibili in caso di pericolo di grave pregiudizio per

il figlio, ritenendo la disposizione espressione di una visione patriarcale della

famiglia e discriminatoria nei confronti della madre.162

Inoltre la legge n.219/2012

all’art. 2 lett. I) ha delegato il Governo a disciplinare le modalità di ascolto del

minore nei procedimenti giurisdizionali, precisando che ad esso provvede il

Presidente del tribunale o il giudice delegato.

________________________

162 Art. 316 c.c. ““entrambi i genitori hanno la responsabilità genitoriale che è esercitata di comune

accordo tenendo conto delle capacità, inclinazioni naturali e delle aspirazioni del figlio. I genitori

di comune accordo stabiliscono la residenza abituale del minore. 2. In caso di contrasto su

questioni di particolare importanza ciascuno dei genitori può ricorrere al giudice indicando i

provvedimenti che ritiene più idonei. 3. Il giudice, sentiti i genitori e disposto l’ascolto del figlio

minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento,

suggerisce le determinazioni che ritiene più utili nell’interesse del figlio e dell’unità familiare. Se

il contrasto permane il giudice attribuisce il potere di decisione a quello dei genitori che, nel

singolo caso, ritiene più idoneo a curare l’interesse del figlio. 4. Il genitore che ha riconosciuto il

figlio esercita la responsabilità genitoriale su di lui. Se il riconoscimento del figlio, nato fuori dal

matrimonio, è fatto dai genitori, l’esercizio della responsabilità genitoriale spetta ad entrambi.5. Il

genitore che non esercita la responsabilità genitoriale vigila sull’istruzione, sull’educazione e sulle

condizioni di vita del figlio.” Seguendo le scelte del legislatore del 1942, anche il testo in

commento ha ritenuto di non definire la “responsabilità genitoriale”, in modo che tale nozione

possa essere riempita di contenuti a seconda dell’evoluzione socio- culturale dei rapporti genitori-

figli e possa essere in grado di adattarsi alle future evoluzioni.

66

Così il decreto legislativo citato163

disciplina le modalità di esercizio del diritto

dell’ascolto del minore, tenendo conto sia di quanto affermato nelle sentenze delle

Corti sovranazionali (in particolare la Corte di Giustizia dell’Unione europea), che

nelle sentenze della Suprema Corte di Cassazione. L’art. 53 del testo stabilisce che

dopo l’art. 336 c.c. sia inserito l’art. 336-bis164

con cui il legislatore ha dato rilievo

al diritto del minore di essere informato su ogni questione che lo riguardi165

.

________________________

163 Il decreto legislativo, emanato il 28 dicembre 2013 n.154 recante “Revisione delle disposizioni

vigenti in materia di filiazione, a norma dell’articolo 2 della legge 10 dicembre 2012 n.219”. 164

Art. 336-bis Ascolto del minore :“il minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età

inferiore ove capace di discernimento è ascoltato dal presidente del tribunale o dal giudice

delegato nell’ambito dei procedimenti nei quali devono essere adottati i provvedimenti che lo

riguardano. Se l’ascolto è in contrasto con l’interesse del minore, o manifestamente superfluo, il

giudice non procede all’adempimento dandone atto con provvedimento motivato. L’ascolto è

condotto dal giudice, anche avvalendosi di esperti o di altri ausiliari. I genitori, anche quando parti

processuali del procedimento, i difensori delle parti, il curatore speciale del minore, se già

nominato, ed il pubblico ministero, sono ammessi a partecipare all’ascolto se autorizzati dal

giudice, al quale possono proporre argomenti e temi di approfondimento prima dell’inizio

dell’adempimento. Prima di procedere all’ascolto il giudice informa il minore della natura del

procedimento e degli effetti dell’ascolto. Dell’adempimento è redatto verbale nel quale è descritto

il contegno del minore, ovvero è effettuata registrazione audio-video”. 165 FASANO A.M., MATONE S., I conflitti della responsabilità genitoriale, Milano, 2013, p. 32

ss. e 25-26.

67

CAPITOLO SECONDO

PROFILI DI RESPONSABILITA’ DEI GENITORI

1. La responsabilità endofamiliare per violazione dei doveri genitoriali.

1.1. Rimedi previsti dal diritto di famiglia

La potestà genitoriale è un dovere e uno strumento per proteggete, educare e

consentire la piena realizzazione del processo formativo del minore. Deve essere

intesa come “responsabilità genitoriale” e in tal senso ha anche operato la L. n.

219 del 2012, introducendo nel nostro sistema tale nozione quale aspetto

dell’esercizio della potestà genitoriale (art.2 lett. h): essa, nonostante

l’ingannevole derivazione terminologica, non sta a significare l’esercizio di un

potere naturale ed indiscusso da parte dell’adulto sul minore; va intesa come

munus connesso ai diritti del figlio e l’interesse del minore diventa il limite

all’esercizio della responsabilità genitoriale. La violazione dei doveri inerenti a

tale esercizio comporta la responsabilità del genitore, sotto diversi profili, sia

civilistici che penalistici1. I codici civile e penale, prevedono diverse norme volte

a tutelare il diritto dei figli ad essere educati e a non subire abusi, maltrattamenti

e, in generale, comportamenti pregiudizievoli per la propria salute psico-fisica e in

ordine allo sviluppo equilibrato della personalità2. La disciplina del diritto di

famiglia individua precise conseguenze (e addirittura particolari procedimenti) in

caso di comportamento dei genitori contrario ai doveri nei confronti dei figli3.

Dall’art.147 c.c. si ricavano nuove ipotesi di abuso della responsabilità

genitoriale, quale segnale significativo di un percorso che va verso la

valorizzazione della personalità del minore e della centralità dei suoi diritti: per

garantire il naturale sviluppo della sua personalità nel quadro dei valori

costituzionali, vanno assicurati allo stesso i meccanismi di sostegno per far valere

i suoi diritti e denunciare i pregiudizi arrecatigli anche nell’ambito della famiglia4.

______________________

1 FASANO A.M., MATONE S., I conflitti della responsabilità genitoriale, Milano, 2013, p.299-

301; LUNARDI L., Decadenza dalla potestà genitoriale: potere di controllo e di intervento dei

giudici, in Fam. e dir., 1998, p.281. 2 LONGO F., Famiglia e responsabilità: i nuovi danni, s cura di Dogliotti M., Milano, 2012,

P.107. 3

LONGO F., Rapporti familiari e responsabilità civile, Torino, 2004, p. 81. 4 FASANO A.M., MATONE S., I conflitti della responsabilità genitoriale, Milano, 2013, p.325.

68

Per questo in caso di “cattivo” esercizio della potestà che abbia determinato un

pregiudizio ai minori, di cui esempi gravi ed eclatanti sono lo sfruttamento del

lavoro del minore, oppure l’avviamento al furto, all’accattonaggio, alla

prostituzione, e, ancora, l’impedimento a frequentare la scuola dell’obbligo o ,

con riferimento alle scelte mediche, la dottrina ha ravvisato , accanto ad una

responsabilità penale dei genitori anche una responsabilità civile degli stessi,

riconoscendo al figlio una tutela risarcitoria5.

I principali rimedi previsti dal diritto di famiglia sono contenuti negli articoli 330

e ss. del codice civile e, data la valorizzazione della potestà come complesso di

diritti-doveri attribuiti nell’esclusivo interesse del figlio, determinano un ampio

potere di intervento da parte dell’autorità giudiziaria6. Lo strumento più incisivo è

senz’altro la pronuncia di decadenza dalla responsabilità genitoriale7: è un rimedio

generale conseguente alla violazione o all’inosservanza dei doveri, inerenti ai

profili personali, che l’ordinamento pone in capo ai genitori quando determina un

‘grave’ pregiudizio al minore. La casistica giurisprudenziale è varia: la decadenza

è stata comminata al genitore separato non affidatario che ometta di tenere presso

di se i figli per determinati periodi di tempo8; numerosi casi giudiziari sono

connessi all’uso di stupefacenti, quando la personalità del genitore evidenzi un

disinteresse per i figli e non faccia intravvedere una volontà di riabilitarsi o a casi

di maltrattamenti nei confronti della madre, cui il minore è costretto ad assistere9.

_____________________ 5 SESTA M., La responsabilità nelle relazioni familiari, Torino, 2008, p. 235.; DOGLIOTTI M.,

La potestà dei genitori e l’autonomia del minore, Milano, 2007, p.448. 6 SESTA M., Manuale del diritto di famiglia, Padova, 2009, p.474. 7

Art. 330 c.c. così come modificato con il d.lgs. 28 dicembre 2013, n.154 “Revisione delle

disposizioni vigenti in materia di filiazione...”. Decadenza dalla responsabilità genitoriale sui

figli: “Il giudice può pronunziare la decadenza dalla responsabilità genitoriale quando il genitore

viola o trascura i doveri ad essa inerenti o abusa dei relativi poteri con grave pregiudizio del figlio.

In tale caso, per gravi motivi, il giudice può ordinare l'allontanamento del figlio dalla residenza

familiare ovvero l'allontanamento del genitore o convivente che maltratta o abusa del minore”. 8

Trib. min, Torino , 16 giugno 1980, in Giur. it., 1980, p. 561. “ Le misure ablative della potestà

possono essere emanate anche nella fase della crisi familiare…Il ruolo del giudice in questi casi

non è solo quello di intervenire a tutela del minore con provvedimenti improntati alla

regolamentazione dei rapporti genitoriali, ma ha contenuto più discrezionale, favorendo i rapporti

parentali e finalizzando il tutto alla crescita serena del bambino, che ha il diritto di sviluppare la

sua personalità in modo armonico, con l’aiuto di entrambi i genitori.”, in FASANO A.M.,

MATONE S., I conflitti della responsabilità genitoriale, Milano, 2013, p.334 e 367. 9

App. Bologna, 11 maggio 1988, in Dir. fam., 1989, p.602. Trib. min. L’Aquila, 19 luglio 2002,

Fam. e dir.,2003, p.482.

69

La decadenza dalla responsabilità genitoriale può inoltre essere conseguente -

all’irrogazione di una condanna penale nei casi previsti dalla legge: es. per i delitti

attinenti alla sfera sessuale di cui agli articoli 609 bis ss. o per il reato di impiego

di minori nell’accattonaggio (art. 671 c.p.)10

. Con la pronuncia di decadenza

vengono meno i poteri sul figlio, ma permangono tutti gli obblighi, tra cui anche il

mantenimento, il cui assolvimento non sia incompatibile con gli effetti della

pronuncia. Nei casi più gravi il tribunale, unitamente alla decadenza, può disporre

anche l’allontanamento del figlio dalla residenza familiare, quando esso sia

giustificato da “gravi motivi”, quali ad esempio il pericolo del perpetuarsi di

maltrattamenti e violenze, o il rischio di turbe psichiche o emotive derivanti dalla

condotta negligente dei genitori. Con la riforma attuata con la L. 28 marzo 2001

n.149 ( “Disposizioni in materia di adozione e di procedimenti civili davanti al

tribunale per i minorenni”), al secondo comma dell’art. 330 c.c. si prevede anche

la possibilità per il giudice di disporre l’allontanamento del genitore o del

convivente che maltratta o abusa del minore11

. Altro strumento previsto dal diritto

di famiglia è quello ex art. 333 c.c. Tale norma disciplina le ipotesi di disagio

familiare cagionato da una condotta che non sia tale da richiedere una pronuncia

di decadenza dalla responsabilità genitoriale, ma sia comunque pregiudizievole al

figlio. In tali casi si ritiene sufficiente emanare provvedimenti che limitano o

condizionano l’esercizio della potestà stessa ( tale valutazione è rimessa alla

_______________

10 SESTA M., Manuale del diritto di famiglia, Padova, 2009, p. 476-477; AULETTA T., Diritto di

famiglia, Torino ,2011, p.377; FASANO A.M., MATONE S., I conflitti della responsabilità

genitoriale, Milano, 2013, p. 328-329. 11 SESTA M., Manuale del diritto di famiglia, Padova, 2009, p.478; FASANO A.M., MATONE S.,

I conflitti della responsabilità genitoriale, Milano, 2013, p. 328. ANCESCHI A., Rapporti tra

genitori e figli. Profili di responsabilità, Milano, 2007, p.327. Quest’ultimo afferma che “la scelta

dell’allontanamento del figlio piuttosto che del genitore, pur essendo sottoposta alla discrezionalità

del Giudice non è arbitraria. Ciò che merita di essere prima di tutto salvaguardato è il diritto del

minore di crescere nel proprio ambiente sociale ed affettivo e , quindi, va preferita l’opzione

dell’allontanamento del genitore. Ciò deriva da una serie di considerazioni: in primo luogo

l’ordinamento disciplina la residenza familiare con prevalente riferimento ai figli, come si rileva

nella disciplina sull’esercizio della potestà genitoriale (oggi responsabilità.) ed in quella

sull’assegnazione della casa familiare nei provvedimenti concernenti la crisi coniugale; in secondo

luogo, poiché le sanzioni civili derivanti dagli artt. 330 e 333 c.c. discendono direttamente dalla

violazione dei doveri genitoriali , deve ritenersi che l’allontanamento debba ricadere su chi sia

responsabile del pregiudizio e che l’allontanamento del minore potrà essere applicato in via

eccezionale quando la persistenza nella propria casa non escluda il pregiudizio, in capo al minore,

quando vi sia decadenza della podestà verso entrambi i genitori o quando risulti più agevole e

meno traumatico per il minore.”

70

sensibilità del giudice attraverso una valutazione frutto di un obiettivo riscontro

della realtà giuridica e sociale12

)13

. Così i giudici ad esempio, di fronte al rifiuto

ingiustificato dei genitori di autorizzare i trattamenti sanitari necessari per

salvaguardare la salute del minore hanno fatto ricorso all’art.333 c.c.14

; è stato

considerato pregiudizievole all’interesse del minore il comportamento del genitore

che impedisca al figlio ogni contatto con i nonni, sicché si è riconosciuto a questi

ultimi la facoltà di ricorrere al giudice, ai sensi degli artt. 333 e 336 c.c., per

ottenere un provvedimento che, limitando la potestà del genitore, assicuri loro la

possibilità di mantenere proficui rapporti con il minore15

. Il nostro ordinamento

non prevede una regolamentazione del rapporto tra nonni e nipoti: oltre

all’obbligo sussidiario di mantenimento in capo agli ascendenti, prevede solo

all’art. 336 c.c. il potere dei nonni (o meglio dei “parenti”) di vigilare sull’operato

dei genitori nei confronti del figlio minore ottenendo ,attraverso il ricorso al

tribunale per i minorenni, misure di carattere ablativo o limitativo della potestà,

ovvero qualsiasi altra decisione utile16

.

_____________ 12

BUCCIANTE, La potestà dei genitori, la tutela e l’emancipazione, in Trattato di diritto privato,

diretto da Rescigno P., Torino, 1997, p.550. 13

Art. 333 c.c. : “Quando la condotta di uno o di entrambi i genitori non è tale da dare luogo alla

pronuncia di decadenza prevista dall'art. 330, ma appare comunque pregiudizievole al figlio, il

giudice , secondo le circostanze può adottare i provvedimenti convenienti e può anche disporre

l'allontanamento di lui dalla residenza familiare ovvero l'allontanamento del genitore o convivente

che maltratta o abusa del minore. Tali provvedimenti sono revocabili in qualsiasi momento”. In

giurisprudenza App. Napoli, 26 settembre 2002, in Dir. fam. e pers., 2003, p. 689: “L’art. 333 c.c. è

una norma dal contenuto aperto ed autorizza il giudice ad adottare ogni provvedimento

conveniente nell’interesse del minore… la gamma dei provvedimenti possibili va dai divieti di

visita all’affido dei minori presso strutture idonee, dall’impartire istruzioni per la formulazione di

progetti educativi al prospettare oneri di condotta; quello che il giudice non può fare è proseguire il

fine di un ottimale sviluppo del minore attraverso provvedimenti coercitivi della libertà personale

ostandovi l’art. 13 Cost.”. 14

App. Ancona, sez. min., 26 marzo 1999, in Fam. e dir. , 1999, p.467; App. Bari, 6 febbraio 2002

e 12 febbraio 2002, in Familia, 2003. p.548. 15

Cass., 24 febbraio 1981, n. 1115, in Dir. e fam., 1981, p.697, con la quale per la prima volta si

ritiene sufficiente per giustificare l’intervento del giudice, la potenziale dannosità del divieto del

genitore, senza necessità di una prova specifica del danno che dal divieto verrebbe al minore. 16

Nell’assenza di una esplicita disposizione che attribuisse un ‘diritto di visita’ anche agli avi

( rimarcano questa assenza tra le sentenze di legittimità, Cass. civ. , 16 ottobre 2009, n. 22081, in

www.dejure.it; Cass. civ., 11 agosto 2011, n. 17191, in Giust. civ., 2012, p.1767 ss. e tra quelle di

merito, Trib. min. Bari, 16 luglio 2008, in Resp. civ. e prev., 2009, p. 1519; Trib. min. Milano, 6

novembre 2009, in www.dejure.it; Trib. min. Milano, 25 marzo 2011 in www.dejure.it.) la dottrina

maggioritaria attribuiva all’interesse di questi un rilievo indiretto, legato alla soddisfazione del

diritto dei nipoti. Parla di “interesse indirettamente protetto” MORELLI, Sull’autorizzazione di

visite, tra gli avi e i nipoti minori, nota a Trib. min. Napoli, 26 maggio 1962, in Dir. giur., 1963,

p.154 ss.; di “interesse occasionalmente protetto” VACCA, Gli anziani, I diritti della persona.

Tutela civile, penale, amministrativa, a cura di CENDON, Torino, 2005, p. 610.

71

La recente Convenzione sulle relazioni personali riguardanti i minori, del 15

maggio 2003, sottoscritta da diversi Stati, Italia compresa, ha riaffermato

l’esistenza di un diritto sia dei minori che dei suoi parenti, ad avere e conservare

relazioni personali regolari, tenendo presente il superiore interesse del minore. La

Convenzione contempla pure che gli Stati firmatari adottino le dovute misure

legislative per attuare i principi previsti. Già con la legge n. 54 del 2006 il

legislatore stabilisce la necessità di garantire che il minore, nella situazione di

conflitto coniugale, mantenga un sereno rapporto con gli ascendenti ed i parenti di

ciascun ramo genitoriale17.

La l. 219 del 2012, che ha conferito la delega la

governo per la modifica delle disposizioni in materia di filiazione, ha stabilito che

si dovrà garantire la legittimazione degli ascendenti, a far valere il diritto a

mantenere rapporti significativi con i nipoti minori ( art. 2 lett. p). In attuazione

della predetta delega, il Consiglio dei Ministri nel dicembre 2013, ha approvato il

decreto legislativo n. 154, emanato dal Presidente della Repubblica il 28 dicembre

2013, che ha riconosciuto il diritto degli ascendenti a mantenere rapporti

significativi con i nipoti minorenni18

. Infatti già un indirizzo della dottrina

sosteneva che i nonni sono titolari di un vero e proprio diritto soggettivo, posto

che non sarebbe necessaria una specifica norma di legge che preveda tale diritto,

in quanto il principio sarebbe desumibile dall’art. 74 c.c.19

.

_______________ 17 "Disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli". 18

In particolare l’art. 42 del testo apporta modifiche all’art. 317-bis c.c. (Rapporti con gli

ascendenti) prevedendo che : “1. Gli ascendenti hanno diritto di mantenere rapporti significativi

con i nipoti minorenni.2.L’ascendente al quale è impedito l’esercizio di tale diritto può ricorrere al

giudice del luogo di residenza abituale del minore affinché siano adottati i provvedimenti più

idonei nell’esclusivo interesse del minore.”. L’art. 55 introduce dopo l’art. 337 c.c. alcuni articoli,

tra cui l’art. 337- ter ( Provvedimenti riguardo i figli), che al primo comma precisa: “ Il figlio

minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori,

di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti

significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale.”

19 Art. 74 c.c.: “la parentela è il vincolo tra le persone che discendono da uno stesso stipite, sia nel

caso in cui la filiazione è avvenuta all’interno del matrimonio, sia nel caso in cui è avvenuta al di

fuori di esso, sia nel caso in cui il figlio è adottivo”. Sull’esistenza di un “vero” diritto degli avi a

frequentare i nipoti minorenni, diritto soggettivo pieno e quindi direttamente tutelabile dinanzi al

tribunale ordinario in dottrina: PUTTI, Il diritto di visita degli avi: un sistema di relazioni affettive

che cambia, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2002, p. 897 ss.; ATTENA, “Diritto di visita” degli avi e

relazione personale con i nipoti, in Nuova giur. civ. comm., 2004, 409 ss.; SACCO, Considerazioni

generali. Per un concetto più vasto di rapporto familiare, in La riforma del diritto di famiglia, Atti

del II Convegno di Venezia, Fondazione Cini, 11-12 marzo 1972, Padova, 1972, p.212 ss.;

DAGNINO, Potestà parentale e diritto di visita, in Dir. fam. pers., 1975, p. 1516 ss.

72

Ora le novità introdotte dal legislatore portano a ritenere che questo rapporto,

anche nella prospettiva del conflitto dei genitori, deve essere valorizzato e

riconosciuto. I nonni non devono più essere imprigionati in una funzione

esclusivamente assistenziale di carattere morale ed economica nei riguardi dei

nipoti, ma al contrario deve essere ancorata loro una situazione giuridica

soggettiva (il proprio “diritto ad essere nonni”, o il diritto ad intrattenere una

relazione affettiva con i propri nipoti a prescindere dal loro effettivo bisogno

materiale), meritevole di una autonoma protezione legale. Anche i giudici di

legittimità hanno riconosciuto la necessità di tutelare le prerogative dei nonni e si

sono ispirati a norme di rango costituzionale, quali l’art. 29, 30 e 2 per sostenere

la sussistenza di una sorta di diritto “di visita” dei nonni. In particolare la

Cassazione, in materia di provvedimenti connessi all’affidamento dei figli, ha

affermato che in sede di separazione personale dei coniugi, la mancanza di una

espressa previsione di legge non impedirebbe al giudice di riconoscere e

disciplinare le facoltà di incontro e frequentazione dei nonni con i minori, né di

conferire a detta possibilità carattere solo residuale dovuto a gravissimi motivi20

.

Il diritto dei nonni di frequentare i nipoti discende dal diritto di questi ultimi

all’assistenza morale e materiale da parte dell’intera famiglia, il che comporta la

necessità di avere adeguati contatti con tutti i prossimi congiunti ed in primo

luogo con i nonni medesimi.

Affinché possa operare la disciplina di cui agli articoli 330 e 333 c.c. è

innanzitutto necessario che i soggetti adulti siano titolari della responsabilità

genitoriale sui minori e che, dunque, sussista tra gli adulti e i minori un valido

rapporto di filiazione. Inoltre l’elemento costitutivo di entrambe le fattispecie è il

verificarsi di un “pregiudizio” per il figlio minore, dovuto al comportamento

tenuto da uno o da entrambi i genitori. Le applicazioni giurisprudenziali inducono

a ritenere che i provvedimenti ablativi e limitativi della responsabilità sono

esclusivamente basati sul pericolo di pregiudizio per il minore.

L’intervento del giudice ,pertanto, non ha carattere sanzionatorio di un precedente

comportamento del genitore, ma ha sostanzialmente funzione preventiva, mirando

____________ 20

Cass. 25 settembre 1998, n. 9696, Fam. e dir., 1999, p.17.

73

ad evitare che per il futuro si pongano in essere condotte dannose o si

protraggano le conseguenze già verificatesi di condotte pregresse.21

Il grave

pregiudizio per il figlio non è quello verificatosi in forza degli atti già compiuti

dal genitore, ma quello futuro che possa derivare o da condotte dello stesso genere

o in quanto connesso al perdurare degli effetti delle condotte pregresse22.

Le

misure limitative e ablative della responsabilità che il giudice può adottare in base

ai due articoli menzionati, si differenziano non solo in base alla gravità del

pregiudizio arrecato, ma anche nelle condotte che ne costituiscono il presupposto:

la decadenza presuppone la violazione dei doveri e l’abuso dei poteri genitoriali;

tali violazioni non sono invece richieste dall’art. 333 come presupposti necessari

ed indefettibili, essendo sufficiente ad integrare la fattispecie ipotizzata dalla

norma una condotta comunque pregiudizievole del genitore.

La dottrina risalente, sotto il vigore del codice del 1942, aveva posto in evidenza

la natura sanzionatoria ed afflittiva dei provvedimenti de potestate ravvisando

come indispensabile la “colpa” del genitore e quindi la volontarietà delle sue

condotte pregiudizievoli. Un indirizzo espresso recentemente dalla dottrina, ha

affermato che il provvedimento del giudice è volto unicamente a rimuovere una

situazione di pregiudizio nell’interesse del minore, e non a sanzionare la condotta

del genitore23

.

_________________ 21

FASANO A.M., MATONE S., I conflitti della responsabilità genitoriale, Milano, 2013, p. 149-

158; 330-332. 22

Tra le principali sentenze in ordine alla valutazione circa la gravità del pregiudizio, si veda Trib.

Reggio Emilia, 21 maggio 2002, in Fam. e dir., 2002, p. 503; Trib. Trani, 12 ottobre 2001, in Fam.

e dir., 2002, p. 395; Trib. Palermo, 4 giugno 2001, in Fam. e dir., 2001, p. 1102. In dottrina

CERATO M., in La potestà dei genitori. I modi di esercizio, la decadenza e l’affievolimento, in Il

diritto privato oggi, curato da CENDON P. , Milano,2000, p.167, sottolinea come sia più

“ pertinente pensare ad un nesso, non tanto di causalità quanto di relazione, tra la condotta

genitoriale e la situazione psicologica del minore, essere attenti alla qualità educativa della

‘relazione’ intercorrente fra minore e genitore, senza porsi nella ossessiva ricerca di una analitica

rispondenza fra condotta genitoriale e modi comportamentali del minore”. 23

In tal senso BRIZIARELLI G., L’interesse dei minori come stella polare, ma la strada della

riforma resta incerta, in Dir. e Giust., 2006, p.23; BUCCIANTE, La potestà dei genitori, la tutela

e l’emancipazione, in Trattato di diritto privato, diretto da Rescigno P., Torino, 1997, p.661: “A

differenza delle ordinarie sanzioni di diritto privato, che hanno lo scopo repressivo, il fine cioè di

sanare l’avvenuta lesione illecita di un interesse giuridicamente tutelato, riportando questo ad una

situazione uguale o almeno equivalente a quella precedente alla lesione, con sacrificio

dell’interesse contrapposto, le anzidette sanzioni hanno una funzione essenzialmente

preventiva…..Nell’ipotesi in esame non vi sono due interessi contrapposti, ma viene in

considerazione unicamente l’interesse del figlio.”

74

Proprio in ragione del perseguimento dell’interesse del minore, tutti i

provvedimenti giudiziali sono revocabili in qualsiasi momento, essendo

caratterizzati dalla situazione contingente e trovando presupposto inderogabile nel

perdurare delle condizioni che possano comportare il pregiudizio o il pericolo per i

figli minori. Quindi il momento centrale della valutazione del giudice si sposta dal

piano soggettivo della colpevolezza dei genitori a quello oggettivo del

pregiudizio, concreto o potenziale, che i figli minori possono subire24

.

Infine l’art. 336 c.c. consente al giudice, in caso di urgente necessità, di adottare,

anche d’ufficio, i provvedimenti che ritiene più opportuni nell’interesse della

prole. Tra i provvedimenti a tutela della prole va considerata anche la L. 8 luglio

2005, n. 137, che, integrando l’art. 463 c.c., ha aggiunto una nuova ipotesi di

indegnità a succedere. Lo scopo di tale disposizione è quello di evitare che il

genitore che abbia abusato dei propri doveri o li abbia esercitati così male da aver

subito la decadenza dalla potestà, possa beneficiare dei diritti successori relativi

alla eredità del figlio25

.

__________________

24 FASANO A.M., MATONE S., I conflitti della responsabilità genitoriale, Milano, 2013, p. 333-

336. In giurisprudenza depone in tal senso es. Cass., 2 febbraio 1995, n. 1224, in Mass. giust. civ.,

1995, p. 261 ss. :” Le statuizioni in tema di affidamento della prole e quelle emesse ai sensi

dell’art. 333 c.c., nel quadro della potestà dei genitori, non sono impugnabili per Cassazione ex art.

111 Cost. , atteso che tali provvedimenti non risolvono alcun contrasto tra contrapposti diritti

soggettivi e sono inidonei ad acquisire efficacia in giudicato, ma si caratterizzano per la loro

espressa modificabilità e revocabilità in funzione della tutela degli interessi del minore, rispetto ai

quali la posizione del genitore è assistita da una tutela subordinata.” 25

Art. 336 c.c. così come modificato con il d.lgs. n.154 del 28 dicembre 2013 : “I provvedimenti

indicati negli artt. precedenti sono adottati su ricorso dell'altro genitore, dei parenti o del pubblico

ministero e, quando si tratta di revocare deliberazioni anteriori, anche del genitore interessato. Il

tribunale provvede in camera di consiglio assunte informazioni e sentito il pubblico ministero;

dispone ,inoltre, l’ascolto del figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età

inferiore ove capace di discernimento. Nei casi in cui il provvedimento è richiesto contro il

genitore, questi deve essere sentito. In caso di urgente necessità il tribunale può adottare, anche di

ufficio, provvedimenti temporanei nell'interesse del figlio. Per i provvedimenti di cui ai commi

precedenti, i genitori e il minore sono assistiti da un difensore.” Si tratta quindi di un procedimento

camerale che, pur essendo iscritto alla giurisdizione volontaria, rispecchia i principi costituzionali

del giusto processo: si veda Corte cost. 22 novembre 2000, n. 528, in Giur. cost. 2000, p. 4154 ss.;

Corte cost., 30 gennaio 2002, n. 1, in Fam. e dir. 2002, p. 229 ss.; Corte cost., 12 giugno 2009, n.

179, in Fam. e dir. 2009, p. 869 ss. Secondo VERCELLONE, Libertà dei minorenni e potestà dei

genitori, in Riv. dir. civ., 1982, p.530, “l’esclusione della legittimazione del figlio ex art. 336 c.c.

deriva dalla pericolosità di ammettere che il rapporto educativo possa essere da lui contestato; un

conflitto diretto fra genitori e figli su questioni così delicate accentuerebbe e consoliderebbe tali

ostilità.” Art. 463 c.c., n. 3- bis: “3 bis) chi, essendo decaduto dalla potestà genitoriale nei

confronti della persona della cui successione si tratta a norma dell'articolo 330, non e' stato

reintegrato nella potestà alla data di apertura della successione della medesima.”; FASANO A.M.,

MATONE S., I conflitti della responsabilità genitoriale, Milano, 2013, p. 384-385.

75

Infine la legge 219 del 2012 ha previsto come ulteriore tutela a favore del figlio

l’inserimento di un nuovo art. 448- bis che fa venir meno l’obbligo del figlio di

prestare gli alimenti al genitore nei confronti del quale sia stata pronunciata la

decadenza dalla potestà, con provvedimento giudiziale26

.

I provvedimenti

modificativi e ablativi della potestà, oggi responsabilità genitoriale, resi dal

giudice ai sensi degli artt. 330, 333 e 336 c.c. sono espressione di giurisdizione

volontaria, non contenziosa, poiché essi non sono volti alla risoluzione di conflitti

fra diritti posti su un piano paritario, ma sono piuttosto preordinati alla prioritaria

esigenza di tutela degli interessi dei figli. Questi provvedimenti sono soggetti alle

regole generali del rito camerale e non sono idonei ad acquistare autorità di

giudicato, in quanto privi del requisito della decisorietà, come risoluzione di una

controversia su diritti soggettivi o status, e della definitività, ovvero attitudine del

provvedimento a pregiudicare, questi diritti e quegli status27

. Secondo l’indirizzo

prevalente della giurisprudenza, tali provvedimenti non sono impugnabili con

ricorso per Cassazione28

. Tale conseguenza deriva anche dalla costante

revocabilità della decadenza, ex art. 330c.c., che incontra il proprio limite nel

subentrare della dichiarazione di adottabilità del figlio minore, posto che questo

provvedimento elimina in modo definitivo il rapporto tra genitori naturali e prole,

ed esclude, per sua stessa natura, ogni possibilità di reintegrazione successiva

nella potestà originaria29

.

Prima della legge n. 219 del 2012, i provvedimenti cautelari in tema di decadenza

o limitazione della responsabilità genitoriale sui figli minori, rientravano nella

competenza esclusiva del Tribunale per i minorenni, ai sensi dell’art. 38 disp. att.

c.c., anche quando i genitori erano in regime di separazione, ovvero il giudizio di

________________

26 DE FILIPPIS B., La nuova legge sulla filiazione: una prima lettura ,in Fam. e dir., 2013, p. 291

ss.

27 Cass., 8 ottobre 2002, n. 14380, in Mass. giust. civ., 2003, p. 244.

28 Cass., 13 settembre 2012, n. 1534, in www.minoriefamiglia.it : “L’inammissibilità del ricorso

straordinario per Cassazione avverso i provvedimenti che limitano o escludono la potestà ( art.

317-bis c.c.) o ne pronunciano la decadenza ( artt. 330 e 332 c.c.) non può essere revocata in

dubbio a causa del carattere contenzioso di tali procedimenti e della ricorribilità ex art. 111 Cost.

dei provvedimenti assunti in materia di affidamento dei figli naturali, permanendo in essi, pur con

tali ulteriori aspetti, il carattere della non definitività, nella ricerca della più ampia garanzia del

minore, derivante dall’attuale ampiezza della revisione dei provvedimenti assunti.”. 29 FASANO A.M., MATONE S., I conflitti della responsabilità genitoriale, Milano, 2013, p. 386-

390.

76

separazione era pendente. Anche in tali casi il Tribunale per i minorenni poteva

essere sempre adito, trattandosi di una competenza esclusiva e il Tribunale

ordinario, della decisione del giudice specializzato, poteva tenere conto come fatto

sopravvenuto, in quanto contenente aspetti rilevanti. L’art. 3 della legge n. 219 del

2012 ha apportato modifiche all’art. 38 disp. att. c.c.30

In particolare il testo

novellato ha conservato la competenza del tribunale dei minorenni a trattare i

procedimenti de potestate e a pronunciare i decreti limitativi o ablativi della

potestà genitoriale quando ne sussistano i presupposti indicati negli articoli da 330

a 335 c.c. Tale regola di competenza subisce un’importante deroga: la competenza

del Tribunale minorile per i provvedimenti de potestate cede a quella del tribunale

ordinario quando “sia in corso, tra le stesse parti, giudizio di separazione e

divorzio” o anche quando sia pendente “un giudizio instaurato ai sensi dell’art.

316 c.c.”, norma quest’ultima sui procedimenti camerali volti a dirimere contrasti

insorti nell’esercizio della potestà parentale nell’ambito della famiglia legittima. Il

testo dell’art. 38, co. 1, si riferisce però solamente alle controversie de potestate

previste dall’art. 333 c.c. e quindi sembra limitare l’operatività della vis attractiva

a favore del tribunale ordinario, solo ai casi in cui la condotta del genitore non sia

tale da comportare la decadenza dalla potestà ma giustifica soltanto l’adozione di

“provvedimenti convenienti”. Questa limitazione in realtà è solo apparente: il

medesimo co.1 precisa ulteriormente che “in tale ipotesi (in pendenza di un

giudizio ex art. 316 c.c. o d’una causa di separazione o divorzio) spetta al giudice

ordinario la competenza anche per i provvedimenti contemplati dalle disposizioni

_________________

30 Art. 38 disp. att. c.c. : “Sono di competenza del tribunale per i minorenni i provvedimenti

contemplati dagli articoli 84, 90, 330, 332, 333, 334, 335 e 371, ultimo comma, del codice civile.

Per i procedimenti di cui all'articolo 333 resta esclusa la competenza del tribunale per i minorenni

nell'ipotesi in cui sia in corso, tra le stesse parti, giudizio di separazione o divorzio o giudizio ai

sensi dell'articolo 316 del codice civile; in tale ipotesi per tutta la durata del processo la

competenza, anche per i provvedimenti contemplati dalle disposizioni richiamate nel primo

periodo, spetta al giudice ordinario. Sono emessi dal tribunale ordinario i provvedimenti relativi ai

minori per i quali non è espressamente stabilita la competenza di una diversa autorità giudiziaria.

Nei procedimenti in materia di affidamento e di mantenimento dei minori si applicano, in quanto

compatibili, gli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile. Fermo restando quanto

previsto per le azioni di stato, il tribunale competente provvede in ogni caso in camera di

consiglio, sentito il pubblico ministero, e i provvedimenti emessi sono immediatamente esecutivi,

salvo che il giudice disponga diversamente. Quando il provvedimento è emesso dal tribunale per i

minorenni, il reclamo si propone davanti alla sezione di corte di appello per i minorenni.”

FASANO A.M., MATONE S., I conflitti della responsabilità genitoriale, Milano, 2013, p. 391-

392.

77

richiamate dal primo periodo, cioè tutte le domande che hanno titolo nel dettato

degli artt. 330 ss. del c.c.31

Stupisce che la nuova legge non assegni identica vis

attractiva anche alle controversie sull’esercizio della potestà dei genitori naturali

instaurate a norma dell’art. 317 bis e non sottragga alla competenza del tribunale

minorile tali controversie de potestate (la responsabilità dei genitori naturali oggi

viene regolamentata dall’art. 316 co.3 e 4 in seguito al decreto n.154 del 2013).

Questo è in evidente contrasto con quanto avviene in pendenza delle controversie

previste dall’art. 316, che attraggono nella competenza del giudice ordinario le

controversie de potestate che dovessero eventualmente insorgere: non si può

ricorrere all’interpretazione analogica, per attrarre le controversie de potestate

nella competenza del tribunale ordinario davanti al quale sia pendente un

procedimento instaurato a norma dell’art. 317 bis in quanto le norme sulla

competenza sono strictae interpretationis e il ricorso all’analogia è consentito per

colmare le lacune delle norme, non per porre rimedio a scelte irrazionali del

legislatore32

. Inoltre il contrasto non può essere risolto ipotizzando che la riforma,

nel dare identico stato giuridico ai figli, abbia anche implicitamente abrogato l’art.

317 bis: se così fosse, tutte le controversie sull’esercizio della potestà

apparterrebbero al tribunale ordinario a norma del solo art. 316 c.c.33

__________________ 31

Gli artt. 330-334 hanno l’identica funzione di porre rimedio a comportamenti commissivi o

omissivi dei genitori che sono di pregiudizio al figlio minore. In dottrina DOGLIOTTI, La potestà

dei genitori e l’autonomia del minore, nel Trattato di diritto civile e commerciale, Milano, 2007,

p.451: “L’unità funzionale e concettuale dei provvedimenti de potestate verrebbe

irragionevolmente vulnerata da una duplicazione delle competenze a provvedere in merito quando,

in base al nuovo testo dell’art. 38 disp. att. , si ritenesse che il giudice della separazione, per porre

rimedio a comportamenti pregiudizievoli del genitore, debba spogliarsi della propria competenza a

favore del giudice specializzato ogni volta che tali comportamenti dovessero giustificare la

decadenza dalla potestà o soltanto la rimozione dall’amministrazione del patrimonio (artt. 330 e

334 c.c.).” 32

Questa è la tesi sostenuta da SESTA M., L’unicità dello stato di filiazione e i nuovi assetti delle

relazioni familiari, in Fam. e dir., 2013, p. 231 ss. Si può obiettare che l’art. 317 bis rimane

certamente in vigore nel suo primo comma che regola l’attribuzione della potestà parentale sui

figli nati fuori del matrimonio; per il rimanente, la giurisprudenza già lo considerava abrogato

dove fosse incompatibile con la disciplina sostanziale dell’affidamento condiviso applicabile alla

filiazione naturale per effetto del rinvio di cui all’art. 4, comma 2, della legge n. 54 del 2006. 33

TOMMASEO F., La nuova legge sulla filiazione: i profili processuali, in Fam. e dir., 2013,p.

254-255; TOMMASEO F., I procedimenti de potestate e la nuova legge sulla filiazione, in Riv. dir.

proc., 2013, p. 560- 564. Tale problema è stato anch’esso risolto con il d.lgs. n. 154 del 28

dicembre 2013 che oltre a regolare in uno stesso art., il 316 c.c., la responsabilità genitoriale,

all’art.337-bis, ha esteso anche ai procedimenti relativi ai figli nati fuori del matrimonio le

disposizioni relative al caso di separazione, scioglimento, cessazione degli effetti civili,

annullamento e nullità del matrimonio.

78

I decreti emessi ex artt. 330 e 333 c.c., possono essere resi anche in via d’urgenza.

Il tribunale infatti, in caso di urgente necessità, può adottare anche d’ufficio

provvedimenti temporanei nell’interesse dei figli. Si tratta di provvedimenti

incidentali adottati nel corso della procedura al fine di assicurare una protezione

immediata al minore in difficoltà, che rimangono in vita fino a che non

sopravvengano i provvedimenti definitivi che li sostituiscono. Tali provvedimenti

possono essere altresì revocati e modificati in ogni momento, non essendo idonei

a passare in cosa giudicata. Si è discusso in dottrina e giurisprudenza tali

provvedimenti urgenti siano impugnabili. Il problema concerne non solo i

provvedimenti provvisori emanati dal Tribunale minorile nell’ambito dei

procedimenti limitativi o ablativi della responsabilità genitoriale ai sensi degli artt.

330 e 333 c.c., ma anche quegli emessi nel corso della procedura di adottabilità a

norma dell’art. 10 l. n. 184 del 1983 e successive modifiche . Un indirizzo

sostiene l’impugnabilità dei provvedimenti provvisori, ritenendo che ad essi sia

applicabile la disciplina dettata dal legislatore per il procedimento cautelare

uniforme negli artt. 669-bis, terdecies e quaterdecies c.p.c.: se il legislatore ha

espresso la volontà di garantire l’impugnabilità di tutti i provvedimenti cautelari,

non dovrebbe escludersi la impugnabilità dei provvedimenti provvisori e cautelari

emanati in materia di limitazione o esclusione della responsabilità genitoriale o

quelli che eliminano i legami di sangue, come nel caso dell’adozione.34

Tuttavia

l’attuale art. 669 - quaterdecies c.p.c. stabilendo l’estensione delle nuove

prescrizioni anche ai provvedimenti cautelari previsti dal codice civile e dalle

leggi speciali, fa comunque salva ogni incompatibilità con particolari esigenze

della materia da tali leggi regolata. Parte della giurisprudenza invece sostiene che

l’art. 739 c.p.c. nella sua formulazione letterale non distingue tra provvedimenti

conclusivi e provvedimenti provvisori ed urgenti: ne consegue la possibilità di una

____________ 34

Corte App. Roma 4 agosto 1995, in Dir. fam. 1996, p. 1393: Considerato che ….il modello

procedimentale dei procedimenti cautelari ex articolo 669 quaterdecies cpc, si applica …, in

quanto compatibili "agli altri provvedimenti cautelari previsti dal codice civile e dalle leggi

speciali”, il provvedimento di sospensione della potestà parentale emesso d’urgenza in via

cautelare dal Tribunale per i Minorenni in composizione collegiale può essere reclamato, ai sensi

dell’art. 669-terdecies c.p.c., avanti la Corte di Appello, che, in caso di rilevante danno o di serio

pericolo di rilevante danno per il minore, può sospendere l’esecuzione del provvedimento

reclamato”.

79

interpretazione estensiva della norma al fine di consentirne l’applicabilità anche ai

provvedimenti provvisori ed urgenti35

.

Il sistema non attribuisce la competenza in materia minorile ad un unico organo

giudiziario, ma ad una pluralità di organi, e in particolare al Tribunale per i

minorenni, il Tribunale ordinario sia civile che penale e il Giudice tutelare. La

legge 219 del 2012 ha cercato di creare un unico giudice del minore nell’ambito

della stessa fase del processo. Tra i progetti di legge esistenti in materia, ve ne è

uno, ossia il provvedimento S/3040, che prevede l’istituzione presso gli uffici

giudiziari già esistenti (Tribunali ordinari, Corti di Appello), di una sezione

specializzata, costituita solo da magistrati togati, che accentri tutte le competenze

su tutti i procedimenti in materia di famiglia, minori, stato e capacità della

persona, e stato civile, attualmente distribuite tra il Tribunale per i minorenni, il

Giudice tutelare e i Tribunali ordinari. Si prevede anche l’istituzione di un gruppo

di lavoro specializzato per la famiglia e le persone presso le procure della

Repubblica dei tribunali dove sono istituite le sezioni specializzate. Oltre ad

uniformare in maniera organica la disciplina del contenzioso in queste materie,

l’intervento valorizza l’idea che il minore sia soggetto di diritto a pieno titolo: nei

limiti della sua capacità di discernimento, si riconosce ad esso l’autonomia di

compiere le scelte relative alla sua esistenza partecipando ai giudizi in cui è

direttamente coinvolto. La creazione delle sezioni specializzate realizza l’esigenza

di creare un ‘diritto processuale familiare’, eliminando così alcune discrasie nelle

prassi processuali dei tribunali e assicurando maggiore uniformità delle

decisioni36

.

__________________

35 Corte App. Roma 10 maggio 1993 in Dir. Fam. 1996, p. 1387: “ I provvedimenti temporanei

nell’interesse del minore adottati dal Tribunale per i minorenni ex art. 336, co. 3 c.c. in relazione

agli artt. 317- bis, 330, 333 c.c., non sono configurabili come decisioni autonome ed

intrinsecamente definitive ma si inseriscono, con carattere urgente e funzione cautelare,

nell’ambito di un più complesso procedimento volto all’accertamento della sussistenza o meno

d’un grave disagio del minore ed all’adozione delle conseguenti definitive determinazioni. Essi,

perciò, non sono immediatamente ed autonomamente impugnabili davanti ad un giudice diverso

(in quanto tale forma di gravame presuppone la definitività processuale della decisione o la

definitività sostanziale delle statuizioni) e possono essere sempre revocati dallo stesso giudice che

li ha emessi ( come previsto dall’art. 333 co.2, c.c.).”

36 FASANO A.M., MATONE S., I conflitti della responsabilità genitoriale, Milano, 2013, p. 397-

400; 415-419.

80

1.2. Cenni sulla responsabilità penale endofamiliare

Le condotte dei genitori contrarie ai doveri che derivano dalla responsabilità sui

figli possono integrare anche fattispecie penali. Così ,ad esempio, il genitore che

sottrae il minore all’esercizio della potestà dell’altro è responsabile del delitto di

cui all’art. 574 c.p.37

; il genitore che omette di prendersi cura del proprio figlio fin

dalla primissima infanzia negando, senza alcun motivo e senza interruzione, ogni

cura economica, affettiva ed assistenziale incorre nel reato di violazione degli

obblighi di assistenza familiare (art. 570 c.p.); il genitore che abusa della funzione

educativa incorre nel reato di abuso dei mezzi di correzione e disciplina (art. 571

c.p.). In quest’ ultimo caso si possono usare solo i mezzi di correzione che per loro

natura sono a ciò destinati, perché l’eventuale adozione di mezzi ulteriori, se pur a

scopo educativo, integra il reato di maltrattamenti in famiglia (art. 572 c.p.)38

.

Infine nelle situazioni in cui esiste una generale carenza di assistenza morale e ciò

pregiudica l’esigenza del minore ad avere quel minimo di cure e di affetto

complessivamente inteso, necessario per il suo sviluppo armonico, da una parte vi

è la possibilità per il Tribunale dei minorenni di dichiarare con decreto motivato lo

stato di adottabilità del minore che si trovi in stato di abbandono e dall’altro è

possibile perseguire penalmente il genitore che ha causato tale situazione ai sensi

dell’art. 591 c.p., “abbandono di persone minori o incapaci”39

.

Anche l’inosservanza dell’obbligo di istruzione viene sanzionata dall’ordinamento

ai sensi dell’art. 731 c.p., con una contravvenzione che la giurisprudenza

prevalente ritiene pluri-offensiva atteso che tutela, non solo l’interesse dello Stato

all’ottemperanza dell’obbligo scolastico, ma anche il diritto soggettivo del minore

a ricevere una adeguata istruzione, garantito dall’art. 30 Cost., co. 1.40

.

_____________ 37

Cass., 18 febbraio 2008, n. 21441, in Massimario.it : “ risponde di sottrazione di persona

incapace il genitore che senza il consenso dell’altro, porta via con sé il figlio minore,

allontanandolo dal domicilio stabilito, ovvero lo trattiene presso di sé, quando tale condotta

determina un impedimento per le diverse manifestazioni della potestà dell’altro genitore, come le

attività di assistenza e di cura, la vicinanza affettiva, la funzione educativa, identificandosi nel

regolare svolgimento della funzione genitoriale il principale bene giuridico tutelato dalla norma”. 38

In dottrina ANTOLISEI F., Manuale di diritto penale, Parte Speciale, Milano, 1992, p. 429. 39 FASANO A.M., MATONE S., I conflitti della responsabilità genitoriale, Milano, 2013, p. 300-

304;306-307; 320-322. 40 ID., Ibidem , Milano, 2013 , p.71-72.

81

Novità estremamente significative in materia ha introdotto la legge 4 aprile 2001,

n. 154, con riferimento sia al settore civile che a quello penale41

. Tale legge ha

introdotto una normativa generale tesa a garantire maggior tutela al minore,

poiché essa si rivolge a qualsiasi familiare o convivente che in qualche modo

possa subire un danno conseguente ad una condotta illecita di tipo endo-familiare.

A tale normativa il giudice ricorrerà qualora si trovi nell’impossibilità di

rintracciare nella condotta illecita dell’agente i presupposti per l’applicazione

degli artt. 330 e 333 c.c. In particolare in situazioni di grave pregiudizio

all’integrità fisica o morale, ovvero alla libertà, di un componente del nucleo

familiare, anche a prescindere dall’esistenza di un rapporto di coniugio, imputabili

ad un altro componente del gruppo, il soggetto interessato potrà chiedere al

giudice civile un ‘ordine di protezione’ tra quelli indicati nell’art. 342-ter. Per

quanto riguarda l’aspetto penale, è stato introdotto il nuovo articolo 282-bis c.p.p.,

che prevede l’allontanamento dalla casa familiare per evitare il reiterarsi di azioni

di violenza all’interno del nucleo familiare42

.

________________

41 “ Misure contro la violenza nelle relazioni familiari”; a riguardo FIGONE, Commento alla legge

sulla violenza in famiglia, in Fam. e dir., 2001, p. 353; DI FLORIO A., L’abuso della potestà

genitoriale, in Persona e danno, a cura di CENDON P., Milano, 2004, p.2589.

42 Art.282-bis c.p.p. Allontanamento dalla casa familiare.: “1. Con il provvedimento che dispone

l'allontanamento il giudice prescrive all'imputato di lasciare immediatamente la casa familiare,

ovvero di non farvi rientro, e di non accedervi senza l'autorizzazione del giudice che procede.

L'eventuale autorizzazione può prescrivere determinate modalità di visita.2. Il giudice, qualora

sussistano esigenze di tutela dell'incolumità della persona offesa o dei suoi prossimi congiunti, può

inoltre prescrivere all'imputato di non avvicinarsi a luoghi determinati abitualmente frequentati

dalla persona offesa, in particolare il luogo di lavoro, il domicilio della famiglia di origine o dei

prossimi congiunti, salvo che la frequentazione sia necessaria per motivi di lavoro. In tale ultimo

caso il giudice prescrive le relative modalità e può imporre limitazioni. 3. Il giudice, su richiesta

del pubblico ministero, può altresì ingiungere il pagamento periodico di un assegno a favore delle

persone conviventi che, per effetto della misura cautelare disposta, rimangano prive di mezzi

adeguati. Il giudice determina la misura dell'assegno tenendo conto delle circostanze e dei redditi

dell'obbligato e stabilisce le modalità ed i termini del versamento. Può ordinare, se necessario, che

l'assegno sia versato direttamente al beneficiario da parte del datore di lavoro dell'obbligato,

detraendolo dalla retribuzione a lui spettante. L'ordine di pagamento ha efficacia di titolo

esecutivo. 4. I provvedimenti di cui ai commi 2 e 3 possono essere assunti anche successivamente

al provvedimento di cui al comma 1, sempre che questo non sia stato revocato o non abbia

comunque perduto efficacia. Essi, anche se assunti successivamente, perdono efficacia se è

revocato o perde comunque efficacia il provvedimento di cui al comma 1. Il provvedimento di cui

al comma 3, se a favore del coniuge o dei figli, perde efficacia, inoltre, qualora sopravvenga

l'ordinanza prevista dall'articolo 708 del codice di procedura civile ovvero altro provvedimento del

giudice civile in ordine ai rapporti economico-patrimoniali tra i coniugi ovvero al mantenimento

dei figli. 5. Il provvedimento di cui al comma 3 può essere modificato se mutano le condizioni

dell'obbligato o del beneficiario, e viene revocato se la convivenza riprende……”.

82

Con tale provvedimento il giudice, su richiesta del P.M., dispone l’allontanamento

dal domicilio familiare dell’indagato o anche dell’imputato, potendo stabilire nelle

ipotesi più gravi il divieto di frequentazione dei luoghi usuali dei familiari e,

eventualmente, ingiungere il pagamento di un assegno a favore delle persone

conviventi, che per effetto della misura cautelare rimangono prive di mezzi

adeguati. In quest’ultimo caso però, se il pagamento è disposto a favore del

coniuge o dei figli, perde efficacia non solo se è revocato il provvedimento di

allontanamento, ma anche se sopravviene l’ordinanza presidenziale nel

procedimento di separazione o divorzio, ovvero altro provvedimento del giudice

civile in ordine ai rapporti patrimoniali tra coniugi o al mantenimento dei figli.

Quindi viene riconfermato all’autorità giudiziaria civile il potere di determinare

quanto dovuto per il mantenimento del coniuge e dei figli.

Più articolata è stata l’innovazione legislativa nel settore civilistico, che ha portato

ad inserire nel libro primo del codice civile un nuovo titolo (“IX bis”) rubricato

“Ordini di protezione contro gli abusi familiari” ( art. 342 bis e ter)43

. Il contenuto

dell’ordine di protezione corrisponde a quello delle misure cautelari adottabili in

sede penale in forza del nuovo art. 282 bis c.p.p., con qualche differenza.

_____________ 43 Art. 342-bis. Ordini di protezione contro gli abusi familiari : “Quando la condotta del coniuge o

di altro convivente è causa di grave pregiudizio all'integrità fisica o morale ovvero alla libertà

dell'altro coniuge o convivente, il giudice, [qualora il fatto non costituisca reato perseguibile

d'ufficio,] (1) su istanza di parte, può adottare con decreto uno o più dei provvedimenti di cui

all'articolo 342-ter.”. Art. 342-ter.Contenuto degli ordini di protezione. “Con il decreto di cui

all'articolo 342-bis il giudice ordina al coniuge o convivente, che ha tenuto la condotta

pregiudizievole, la cessazione della stessa condotta e dispone l'allontanamento dalla casa familiare

del coniuge o del convivente che ha tenuto la condotta pregiudizievole prescrivendogli altresì, ove

occorra, di non avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dall'istante, ed in particolare al luogo

di lavoro, al domicilio della famiglia d'origine, ovvero al domicilio di altri prossimi congiunti o di

altre persone ed in prossimità dei luoghi di istruzione dei figli della coppia, salvo che questi non

debba frequentare i medesimi luoghi per esigenze di lavoro. Il giudice può disporre, altresì, ove

occorra l'intervento dei servizi sociali del territorio o di un centro di mediazione familiare, nonché

delle associazioni che abbiano come fine statutario il sostegno e l'accoglienza di donne e minori o

di altri soggetti vittime di abusi e maltrattamenti; il pagamento periodico di un assegno a favore

delle persone conviventi che, per effetto dei provvedimenti di cui al primo comma, rimangono

prive di mezzi adeguati, fissando modalità e termini di versamento e prescrivendo, se del caso, che

la somma sia versata direttamente all'avente diritto dal datore di lavoro dell'obbligato, detraendola

dalla retribuzione allo stesso spettante.

Con il medesimo decreto il giudice, nei casi di cui ai precedenti commi, stabilisce la durata

dell'ordine di protezione, che decorre dal giorno dell'avvenuta esecuzione dello stesso. Questa non

può essere superiore a un anno e a può essere prorogata, su istanza di parte, soltanto se ricorrano

gravi motivi per il tempo strettamente necessario. Con il medesimo decreto il giudice determina le

modalità di attuazione. Ove sorgano difficoltà o contestazioni in ordine all'esecuzione, lo stesso

giudice provvede con decreto ad emanare i provvedimenti più opportuni per l'attuazione, ivi

compreso l'ausilio della forza pubblica e dell'ufficiale sanitario.”.

83

Innanzitutto il giudice deve accertare la situazione di “violenza”. La

giurisprudenza di merito ha cercato di dare una definizione di condotta

pregiudizievole, concludendo che si devono ragionevolmente intendere reiterate

azioni ravvicinate nel tempo e consapevolmente dirette a ledere i beni tutelati

dall’art. 342 bis, in modo che ne sia gravemente, e senza soluzioni di continuità

temporale, alterato il regime di normale convivenza familiare. L’azionabilità

spetta soltanto al soggetto che ha subito il danno in violazione degli obblighi di

protezione, il quale, nel caso si trattasse di un minore, potrà senz’altro agire a

mezzo dei suoi rappresentanti o di un curatore speciale. Anche in questo caso il

giudice può disporre l’allontanamento del coniuge, convivente o familiare

“colpevole” dalla casa familiare, prescrivendogli altresì, ove occorra, di non

avvicinarsi ai luoghi frequentati da colui che ha invocato l’ordine di protezione.

Insieme con l’ordine di allontanamento, ed in alternativa o congiuntamente con il

divieto di cui sopra, il giudice può disporre l’intervento dei servizi sociali del

territorio, di un centro di mediazione familiare, nonché di associazioni che

abbiano come scopo statutario il sostegno o l’accoglienza di donne, minori o altri

soggetti vittime di abusi familiari. Può, anche in questo caso, essere posto a

carico del responsabile di “violenza” familiare il pagamento di un assegno a

favore dei conviventi che, per effetto dell’allontanamento e delle eventuali altre

misure assunte, rimarrebbero privi di “mezzi adeguati”. Gli ordini di protezione,

proprio perché misure di tipo provvisorio, hanno una durata limitata nel tempo:

tale durata è determinata dal giudice, con decorrenza dall’avvenuta esecuzione del

provvedimento e comunque non può essere superiore a sei mesi; può essere

prorogata, su istanza di parte, soltanto se ricorrano gravi motivi e per il tempo

strettamente necessario44

.

_______________ 44

FASANO A.M., MATONE S., I conflitti della responsabilità genitoriale, Milano, 2013, p. 338-

341; LONGO F., Rapporti familiari e responsabilità civile, Torino, 2004, p. 83-87.

84

2. L’affermazione della responsabilità civile nei rapporti familiari

nell’evoluzione giurisprudenziale

2.1. Risarcimento del danno per violazione degli obblighi di cura e

assistenza materiale e per mancato adempimento del diritto-dovere di

visita del genitore non affidatario

Con la riforma del diritto di famiglia del 1975 è iniziato il superamento della

logica che vedeva la famiglia e il suo diritto come una zona franca più vicina al

diritto pubblico, e dove non rivestivano alcuna rilevanza i principi del diritto

contrattuale, delle obbligazioni e neppure della responsabilità civile45

. Oggi,

soprattutto al contributo della giurisprudenza della Cassazione, si ammette sempre

più frequentemente nel diritto di famiglia un’ampia autonomia negoziale, e la

logica contrattuale, seppur con qualche cautela, si afferma con maggiore

convinzione. Dapprima si è affermato il fenomeno della "contrattualizzazione” del

diritto di famiglia, ammettendo sempre più spesso la validità non solo dei patti

intercorsi tra i coniugi in vista della separazione, anteriori, coevi o successivi, fino

a sostenere l’autonomia negoziale dei genitori anche nel rapporto con i figli,

purché migliorativa degli assetti concordati davanti al giudice46

.

E in seguito si è affermata la responsabilità civile, prima nel rapporto tra coniugi e

poi nel rapporto genitori e figli.

Parlare di responsabilità, danno, risarcimento nel rapporto tra genitori e figli è

un’indubbia novità, in quanto la disciplina del diritto di famiglia individua precise

conseguenze in caso di comportamento dei genitori contrario ai doveri nei

confronti dei figli. Nonostante l’esistenza di un vero e proprio sistema di misure

volte al soddisfacimento degli interessi dei minori violati a causa

dell’inadempimento degli obblighi genitoriali, anche in questo settore hanno

trovato spazio le tradizionali tecniche della responsabilità civile. Grazie anche

all’attenzione che si sta prestando alla posizione del minore e alla sofferenza dello

stesso a livello di studio e a livello legislativo, con il riconoscimento dei diritti del

_______________

45 Tra gli autori a favore di questa posizione CICU, Lo spirito del diritto familiare nel nuovo codice

civile, in Riv. dir. civ., 1939, p. 3 ss.; per un’analisi anche in prospettiva storica, PATTI, Famiglia e

responsabilità civile, Milano, 1984; DOGLIOTTI e FIGONE, Il danno ingiusto, La responsabilità

civile, a cura di CENDON, Torino, 1998, p. 59 ss. 46

Cass. 22 gennaio 1994, n. 657, in Fam. e dir., 1994, p.139; Cass. 14 giugno 2000, n.8109, in

Fam. e dir., 2000, p.429. In dottrina DOGLIOTTI, Separazione e divorzio, Torino, 1995, p. 16 ss.

85

fanciullo in importantissime convenzioni internazionali si è sviluppato un

orientamento che ha portato ad una interpretazione e a una applicazione degli artt.

2043 e 2059 c.c. rivoluzionarie47

. Esemplificativa di tali mutamenti e tali nuove

concezioni è la pronuncia della Corte di Cassazione del 200048

. A seguito di

dichiarazione giudiziale di paternità di un minore e di assoluzione del padre

dall’imputazione del reato di cui all’art. 570 c.p.49

, in quanto il giudice penale

aveva ravvisato che al mantenimento aveva comunque provveduto la madre, era

stato introdotto un giudizio ai soli fini risarcitori e civilistici, che aveva

condannato il padre al risarcimento del danno non patrimoniale e tale decisione è

stata poi confermata in Cassazione.

Il figlio non aveva domandato il risarcimento del danno patrimoniale, perché a

seguito dell’accertamento della paternità e con notevole ritardo e ritrosia, il padre

aveva provveduto al pagamento di tutte le arretrate somme dovute a titolo di

contributo al mantenimento. Tuttavia aveva dichiarato di aver subito danni morali

e materiali dal comportamento del padre che per anni si era disinteressato di lui,

contravvenendo all’obbligo giuridico di mantenimento ex art. 147 c.c. e art. 30

Cost. E infatti la Corte di Cassazione, approvando l’operato della Corte di

Appello, rileva che la condotta del padre abbia nella specie leso diritti

fondamentali della persona previsti dall’art. 2 della Costituzione, in particolare

inerenti alla qualità di figlio e di minore. La lesione di tali diritti “collocati al

vertice della gerarchia dei valori costituzionalmente garantiti” va incontro alla

sanzione risarcitoria per il fatto oggettivo della lesione stessa e il danno è stato

________________________

47 LONGO F., Rapporti familiari e responsabilità civile, Torino, 2004, p.65 ss. LONGO F.,

Famiglia e responsabilità: i nuovi danni, s cura di Dogliotti M., Milano, 2012,p.117-118. Nel

senso di una estensione dei casi in relazione ai quali potrebbe riconoscersi una tutela risarcitoria in

capo ai figli anche DOGLIOTTI, La famiglia e l’ “altro diritto”: responsabilità civile, danno

biologico, danno esistenziale, in Fam. e dir., 2001, p.159. 48

Cass. 7 giugno 2000, n. 7713, in Fam. e dir., 2001, 159 e ss. Tale sentenza è stata poi presa

come base per altre pronunce di merito. Si veda Trib. Bologna , 10 luglio 2007, in Fam. e dir.,

2008, p.487: in tale sentenza, su ricorso del sindaco del comune di Anzola dell’Emilia, nominato

tutore provvisorio della minore in seguito al decreto di decadenza dalla potestà del padre emanato

dal Tribunale dei minorenni nel 2002, viene accolta la domanda di condanna del padre al

risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti dall’attrice per effetto della

(consapevole) violazione dei doveri verso la figlia inerenti alla qualità di padre (art. 147 c.c. e 30

Cost.). 49 Violazione degli obblighi di assistenza familiare.: “Chiunque, abbandonando il domicilio

domestico, o comunque serbando una condotta contraria all'ordine o alla morale delle famiglie, si

sottrae agli obblighi di assistenza inerenti alla potestà dei genitori, o alla qualità di coniuge, è

punito con la reclusione fino a un anno o con la multa da lire duecentomila a due milioni.”

86

ritenuto automatica conseguenza della condotta del padre. Afferma, quindi, che

l’art. 2043 c.c. , correlato all’art. 2 e ss. della Costituzione, va inteso nel senso che

esso non comprende solo il risarcimento del danno patrimoniale in senso stretto,

ma anche quei danni che almeno potenzialmente ostacolano le attività realizzatrici

della persona umana50-51

. L’impossibilità di essere mantenuto dal proprio genitore,

anche nei bisogni più essenziali, oltre a comportare la violazione di un dovere di

natura costituzionale, impedisce al minore di compiere quelle attività di

estrinsecazione della sua personalità: di avere svaghi confacenti alla propria età, di

avere un’istruzione adeguata, di poter avere fiducia nel proprio futuro, nonché di

riconoscere nella propria famiglia quel necessario e determinante strumento di

sostegno necessario ad affrontare la vita52

. Secondo parte della dottrina, pur non

essendoci in essa alcun esplicito riferimento a tale nuova categoria di danno, tale

sentenza ha aperto le porte al risarcimento del danno esistenziale53

, o meglio ,alla

tutela risarcitoria ex art. 2043 c.c. per il pregiudizio sofferto dal minore in seguito

alla privazione della presenza genitoriale54

.

Meritano di essere segnalate due sentenze dei giudici di merito. La prima del

Tribunale di Venezia, in un procedimento avviato da una figlia maggiorenne che

lamentava non il cattivo esercizio del ruolo genitoriale, ma la totale assenza della

figura paterna, in quanto , fin dalla nascita, si era rifiutato di riconoscerla. Il

giudice veneziano rilevava la configurabilità del reato ex art. 570 c.p., con

conseguente ipotesi del risarcimento del danno morale ai sensi degli artt.2059 c.c.

e 185 c.p. Inoltre il tribunale osserva che la procreazione non è un mero fatto

materiale e che i genitori per il solo fatto della procreazione sono tenuti ad

adempiere a una serie di obblighi, sia di mantenimento che relativi all’educazione,

___________________

50 Art. 2053 c.c. Risarcimento per fatto illecito.: “Qualunque fatto doloso o colposo che cagiona ad

altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno.” 51

In tal senso si era anche espressa la Corte Cost. con sentenza del 14 luglio 1986, n. 184, in Foro

it., p.1986. 52 ANCESCHI A., Rapporti tra genitori e figli. Profili di responsabilità, Milano, 2007, p.115. 53

PIZZETTI F. G., Il danno esistenziale approda in Cassazione, in Giurispr. it., p. 1352; ZIVIZ P.,

Una nuova categoria della responsabilità civile, a cura di CENDON P., ZIVIZ P., 2000, P.923;

PRINCIPATO L., Risarcimento, responsabilità aquiliana e lesione dei diritti costituzionali, nota a

sentenza Cass. 7 giugno 2000, n. 7713, in Giur. cost., 2001, p. 4170. 54

LONGO F., Rapporti familiari e responsabilità civile, Torino, 2004, p. 81-88 e 89; LONGO F.,

Famiglia e responsabilità: i nuovi danni, s cura di Dogliotti M., Milano, 2012, p. 107-110;

FASANO A.M., MATONE S., I conflitti della responsabilità genitoriale, Milano, 2013, p.305.

2059 c.c. e 185 c.p. Inoltre il tribunale osserva che la procreazione non è un mero

87

ai quali corrispondono diritti soggettivi di rango costituzionale in capo ai figli. Il

giudice rilevato il totale disinteresse del padre fin dalla nascita, perdurato anche

una volta che la figlia adulta ha rintracciato il padre medesimo, procede nella

verifica circa la sussistenza di un pregiudizio effettivo quale conseguenza di tale

diniego assoluto di presenza paterna. Lo stesso giudice, facendo riferimento alle

risultanze della CTU, da un lato ha escluso la sussistenza di alterazioni dal punto

di vista psicopatologico, dall’altro ha evidenziato disagi nel periodo della scuola

nei confronti dei compagni e nel riferire il cognome della madre. La parte attrice,

quindi, ha sempre percepito questa assenza: si tratta di conseguenze lesive che

meritano una specifica e autonoma riparazione e la voce di danno richiamata dal

giudice è quella di danno esistenziale55-56

.

Il secondo caso è stato deciso dal Tribunale di Messina, rispetto alla domanda di

due figlie maggiorenni, studentesse e non autonome economicamente, che

chiedono la condanna del padre al loro mantenimento ex art. 148 c.c. e,

affermando che il medesimo non si era mai interessato delle stesse ed erano state

cresciute solo dalla madre che era deceduta, la condanna al risarcimento del danno

patito per la violazione degli obblighi di cura e assistenza materiale57

.

Il tribunale riconosce il danno lamentato, precisando che il danno da deprivazione

genitoriale può derivare dal mancato riconoscimento del rapporto di parentela

naturale oppure, nel caso di figlio riconosciuto o legittimo, dalla mancanza di

_________________

55 Trib. Venezia 30 giugno 2004, in Guida dir., 2004, p. 61 ss. : “….la nostra carta costituzionale

obbliga i genitori, anche naturali…ad assistere materialmente e moralmente la prole, dunque un

obbligo non meramente patrimoniale ma esteso….. alla assistenza educativa….non assolvere tale

obbligo, anzi omettere ogni condotta assimilabile all’assolvimento in questione, come nel caso di

specie, ove non si controverte di una non corretta gestione del ruolo paterno ma della assoluta

obliterazione del medesimo, è dunque un fatto illecito…” Si esprime in questo senso anche

un’altra sentenza del tribunale di Venezia, 18 aprile 2006, in Danno e resp., 2007, p. 576 ss., dove

su domanda del figlio, è stato riconosciuto che la condotta del padre, basata sul rifiuto sistematico

di ogni onere riguardante l’adempimento dei doveri attinenti ai diritti fondamentali della persona,

ed al mancato riconoscimento del figlio naturale, omettendo ogni forma di contribuzione utile al

suo mantenimento, contrasta con gli artt. 147, 148 e 261 c.c., essendo volta a cagionare al figlio un

danno esistenziale, concretizzato anche nei riflessi negativi emergenti in ambito sociale, oltre che a

livello personale, per la consapevolezza di quest’ultimo di non essere mai stato desiderato e

trattato come figlio. Infatti il figlio, non supportato economicamente e affettivamente dal padre, ha

perso l’occasione di curare adeguatamente la propria preparazione scolastica, nonché di inserirsi in

un contesto sociale e lavorativo adeguato alla classe ed all’ambiente di provenienza paterno. 56 LONGO F., Famiglia e responsabilità: i nuovi danni, a cura di Dogliotti M., Milano, 2012,

p.112. 57

Trib. Messina 31 agosto 2009, in Fam. dir., 2010, 150 e ss.

88

adempimento degli obblighi previsti dagli artt. 147 e 148 c.c58

. Il giudice di

Messina afferma che la violazione di tali obblighi, i cui valori sono stati

individuati a livello costituzionale negli artt. 2, 29 e 30 Cost. e si è fatto anche

riferimento al diritto di avere rapporti con i propri genitori e di crescere nella

propria famiglia riconosciuto dall’art. 1 della legge 184/1983 sull’adozione dei

minori, implica anche la mancanza di apporto di affetto, cura e assistenza che

determina ripercussioni negative nel percorso di realizzazione esistenziale dei

figli. Pertanto il giudice appura la sussistenza della lesione patita dalle attrici e,

richiamati i principi affermati dalla Corte di Cassazione con le sentenze del 2003

e del 2008 in materia di danno non patrimoniale ex art. 2059 c.c., accoglie la

domanda risarcitoria proposta dalle figlie59

. Infatti anche se l’art. 147 c.c. si

riferisce ad obblighi che hanno contenuto economico e non è espressamente

previsto il dovere di assistenza morale, il pieno sviluppo della persona, valore

protetto dall’art. 2 Cost., implica, quale imprescindibile presupposto, l’affetto e la

cura dei genitori, prima ancora dell’assolvimento dei doveri economici60

.

________________

58 Anche la Cassazione con sentenza del 3 novembre 2006, n. 23596, Foro It., 2007, p. 86. afferma

che nell’ipotesi in cui al momento della nascita il figlio sia riconosciuto da uno solo dei genitori,

tenuto perciò a provvedere per intero al suo mantenimento, non viene meno l’obbligo dell’altro

genitore per il periodo anteriore alla pronuncia di dichiarazione giudiziale di paternità o di

maternità naturale, essendo sorto sin dalla nascita il diritto del figlio naturale ad essere mantenuto,

istruito ed educato nei confronti di entrambi i genitori. Da ciò consegue che il genitore naturale,

dichiarato tale con provvedimento del giudice, non può sottrarsi alla sua obbligazione nei confronti

del figlio per la quota posta a suo carico, ma è tenuto a provvedere fin dalla sua nascita. Ma la

Corte si limita a riconoscere il danno patrimoniale. Mentre la sentenza del tribunale di Venezia

richiamata sopra, riconosce in questo caso anche la risarcibilità di un danno esistenziale, come

categoria del danno non patrimoniale. 59

In particolare nelle pronunce nn. 8827 e 8828 del 2003 la Cassazione ha offerto una

interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 2059 c.c., affermando che il danno non

patrimoniale può essere risarcito anche al di fuori delle ipotesi espressamente previste dalla legge

allorquando sono lesi valori e beni inerenti la persona riconosciuti e tutelati dalla Costituzione.

Con le sentenze nn. 26972, 26973, 26974 e 26975, dell’11 novembre 2008 la Cassazione ha

specificato ulteriormente il carattere generale della categoria del danno non patrimoniale e che le

ripercussioni negative in ordine al fare quotidiano sono risarcibili se ed in quanto si sostanziano in

una lesione di valori della persona garantiti dalla Costituzione. Sotto il profilo è chiara la volontà

dei giudici di legittimità di non far discendere automaticamente dalla lesione dei diritti

costituzionali garantiti il diritto al risarcimento, ma “è necessario che siano allegate e provate le

conseguenze negative determinate dalla lesione dei suddetti diritti, in particolare, sul corretto

sviluppo della personalità della prole.” Così Cass. 12 giugno 2006, in Giust. civ., 2007, p. 179. 60

LONGO F., Famiglia e responsabilità: i nuovi danni, s cura di DOGLIOTTI M., Milano, 2012,

p.112-113. In realtà con le modifiche apportate dal d.lgs. n.154 del 28 dicembre 2013 anche l’art.

147 c.c. è stato modificato: “Il matrimonio impone ad ambedue i coniugi l’obbligo di mantenere,

istruire, educare e assistere moralmente i figli, nel rispetto delle loro capacità, inclinazioni naturali

e aspirazioni, secondo quanto previsto dall’articolo 315-bis.”

89

Nella violazione dei doveri genitoriali rientra anche la fattispecie della

responsabilità del genitore non affidatario per il mancato esercizio del diritto-

dovere di visita del minore61

. In realtà con l’entrata in vigore della legge n. 54 del

2006, che ha introdotto l’istituto dell’affido condiviso dei figli, garantendo la bi-

genitorialità anche in caso di crisi coniugale, pur potendo ritenersi superata la

definizione “ diritto di visita”, il giudice deve determinare i modi e i tempi della

presenza dei figli presso ciascun genitore62

. Il genitore che sia venuto meno agli

obblighi di tenere la prole presso di sé, nei giorni e nei tempi stabiliti, incorre

anche in una responsabilità civile per danno provocato ai minori e ciò comporta

l’applicazione dell’art. 709-ter c.p.c. anch’esso introdotto con la legge del 2006 in

tema di separazione e affidamento condiviso dei figli.

La nuova procedura contenuta nell’art. 709-ter c.p.c.63

, prevede una serie di

_____________ 61

Una pronuncia di merito assai significativa, ammette la risarcibilità del danno a carico del

genitore separato, che aveva impedito in modo costante e continuativo e per lungo tempo al

genitore non affidatario di vedere e frequentare il figlio e di adempire in tal senso ai propri doveri

educativi e ciò eludendo la sentenza di separazione del giudice civile ( ipotesi di reato ex art. 338,

co.2 c.p.). Secondo la sentenza, dal comportamento illecito e privo di giustificazione alcuna del

genitore affidatario derivano oggettivi danni alla salute fisico-psichica dell’altro genitore, oltre che

morali, non potendo questi soddisfare il diritto di conoscere, frequentare ed educare il figlio, ma

pure di adempire ai doveri nei suoi confronti. Secondo il giudice romano è dunque nella fattispecie

ravvisabile il danno permanente biologico, oltre che morale, la cui esistenza ontologica “ è provata

in re ipsa”, trattandosi di danno derivante da turbamenti psichici, dolore, ansie e logorante

angoscia del genitore, con pregiudizievoli riflessi sulla vita del genitore stesso, nei rapporti

parentali, sociali e ricreativi. Trib. Roma 13 giugno 2000, in Dir. fam. pers. , 2001, p.209. La

giurisprudenza, quindi , sul presupposto del fondamentale dovere, morale e giuridico, di non

ostacolare, ma, anzi, di favorire la partecipazione dell’altro genitore alla crescita e alla vita

affettiva del figlio ha riconosciuto il diritto al risarcimento del danno non patrimoniale al genitore

che sia stato pregiudicato nel diritto di vedersi assicurare un’effettiva possibilità di rapporto con il

figlio. SESTA M., La responsabilità nelle relazioni familiari, Torino, 2008, p. 253. 62

Oggi la tutela della bi-genitorialità è stata garantita dal legislatore intervenuto ad attuare la

delega al Governo contenuta nella l. 219 del 2012, disponendo di inserire nel codice civile l’art.

337-bis che assicura al figlio minore il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo

con ciascuno dei genitori e ricevere cura, educazione, istruzione ed assistenza morale da entrambi. 63 “Per la soluzione delle controversie insorte tra i genitori in ordine all'esercizio della

responsabilità genitoriale o delle modalità dell'affidamento é competente il giudice del

procedimento in corso. Per i procedimenti di cui all'articolo 710 é competente il tribunale del

luogo di residenza del minore. A seguito del ricorso, il giudice convoca le parti e adotta i

provvedimenti opportuni. In caso di gravi inadempienze o di atti che comunque arrechino

pregiudizio al minore od ostacolino il corretto svolgimento delle modalità dell'affidamento, può

modificare i provvedimenti in vigore e può, anche congiuntamente:1) ammonire il genitore

inadempiente;2) disporre il risarcimento dei danni, a carico di uno dei genitori, nei confronti del

minore; 3) disporre il risarcimento dei danni, a carico di uno dei genitori, nei confronti dell'altro;4)

condannare il genitore inadempiente al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria, da

un minimo di 75 euro a un massimo di 5.000 euro a favore della Cassa delle ammende. I

provvedimenti assunti dal giudice del procedimento sono impugnabili nei modi ordinari.”

Anch’esso modificato con il d.lgs. n.154 del 2013, che ha sostituito la parola ‘potestà’ con la

parola responsabilità.

90

sanzioni in caso di violazione delle regole sull’affido64

. In particolare i

provvedimenti inerenti al risarcimento del danno o all’irrogazione della sanzione

amministrativa, nonché il semplice ammonimento del genitore inadempiente

possono essere adottati dal giudice congiuntamente alla modifica delle condizioni

di affidamento preesistenti. Sia la sanzione amministrativa che la responsabilità

civile non si applicano solamente quando sia effettivamente disposto un

affidamento condiviso ma anche in tutte le altre ipotesi di affidamento anche se

esclusivo, alternato o disposto a favore di terzi. Inoltre anche se non si può

escludere a priori che la controversia familiare possa sorgere al solo fine di

richiedere una condanna al risarcimento dei danni e non la modifica del

provvedimento di affidamento, l’art. 709-ter c.p.c. co. 2 è chiaro a riguardo: i

provvedimenti in esso previsti sono sempre adottati congiuntamente alla modifica

del provvedimento di affidamento; per la modifica dei provvedimenti originari

non basta l’insorgere di un contrasto tra i coniugi ma è necessario che si

manifestino aspetti patologici nella condotta genitoriale tali da arrecare un

pregiudizio al minore. L’espressione “modalità di affidamento”, richiamata sia nel

primo che nel secondo comma dell’art. 709 ter, è intesa dalla prevalente dottrina e

dalle prime applicazioni giurisprudenziali in senso ampio, con riferimento non

solo agli aspetti personali ma anche a quelli economici65

. In realtà esistono già

misure coercitive dirette ad assicurare che il genitore onerato non si sottragga agli

obblighi economici statuiti in sede di separazione e divorzio66

. La possibilità per il

giudice di condannare il genitore inadempiente al risarcimento dei danni in favore

dell’altro coniuge o del figlio rappresenta, tra le misure contemplate nell’art. 709

ter, 2° co., c.p.c. quella sicuramente meno agevole da definire.

Non è chiaro se la misura del risarcimento del danno prevista dall’art. 709 ter

_______________________

64 FASANO A.M., MATONE S., I conflitti della responsabilità genitoriale, Milano, 2013, p. 317-

318; LONGO F., Famiglia e responsabilità: i nuovi danni, a cura di DOGLIOTTI M., Milano,

2012, p.114. 65 ANCESCHI A., Rapporti tra genitori e figli. Profili di responsabilità, Milano, 2007, p. 349-350.

SESTA M., La responsabilità nelle relazioni familiari, Torino, 2008, p.261-263. Quanto alla

nozione ampia di modalità di affidamento si veda in giurisprudenza T. Modena, 29 gennaio 2007,

in Fam. e dir., 2007, p. 823.; T. Modena, 20 aprile 2006, in Dir. e giust., 2006, p.22; T. Bologna, 19

giugno 2007, in www.affidamentocondiviso.it. 66

Art. 156 co. 6 c.c. e 8 co. 3 e 7, l. n. 898/1970 che prevedono la possibilità per il giudice in caso

di inadempienza, su richiesta dell’avente diritto, di disporre il sequestro di parte dei beni del

coniuge obbligato e ordinare ai terzi che una quota dei suoi redditi sia versata direttamente all’altro

coniuge o a chi sopporta le spese per il mantenimento, l’istruzione e l’educazione della prole.

91

c.p.c. abbia una funzione compensativa-riparativa, ovvero sia diretta a risarcire il

genitore o il figlio del pregiudizio effettivamente subito, o piuttosto abbia una

finalità prevalentemente punitiva, diretta a sanzionare il comportamento illecito e

a dissuadere il genitore inadempiente dalla sua prosecuzione. Le prime pronunce

sul tema evidenziano come la giurisprudenza di merito è orientata ad attribuire al

provvedimento in questione una funzione pubblicistica di deterrenza e di

punizione alla stregua di una pena privata, ritenendo che nel nostro ordinamento

abbia trovato ingresso in questo modo una nuova figura di danni cd. punitivi,

ovvero dei danni che il giudice provvede a liquidare per punire l’autore di un

comportamento ritenuto particolarmente riprovevole, in esclusiva considerazione

del fatto in sé e della sua gravità, senza minimamente considerare se da esso sia o

meno derivato un danno concreto67

.

La funzione della norma in esame è quella di trovare una soluzione alla

incoercibilità dei provvedimenti in ordine all’affidamento e all’esercizio della

potestà, attraverso misure capaci di indurre il genitore ad adempiere

spontaneamente, e non di fornire una compensazione per la lesione del bene

protetto. Il tribunale di Messina in particolare ritiene che il presupposto per

l’applicazione delle sanzioni previste dall’art. 709 ter riposa nell’effettivo

inadempimento agli obblighi oggetto della decisione giudiziaria ovvero in

comportamenti lesivi degli interessi della prole. Ma è fortemente discussa la

compatibilità dei punitive damages con i principi fondamentali del nostro sistema

della responsabilità civile, che configura il risarcimento del danno come una

riparazione del pregiudizio arrecato68

. Le sentenze della Cassazione che hanno

aperto la via alla nuova concezione di danno non patrimoniale, seguono gli

schemi tipici della responsabilità extracontrattuale: il diritto al risarcimento non si

________________________

67 Trib. Messina, 5 aprile 2007, in Giur. di Merito, 2007, p. 2635; T. Vallo della Lucania, 7 marzo

2007, in www.personaedanno.it; App. Firenze, 29 agosto 2007, in Fam. pers. succ., 2008, p.370. 68

In dottrina PATTI, Pena privata, in Danno e responsabilità civile, a cura di BUSNELLI, PATTI,

Torino, 2003, p. 235 ss.; GALLO, Pene private e responsabilità civile, Milano, 1996; CENDON,

Il dolo nella responsabilità extracontrattuale , Torino, 1976. In tal senso anche FAROLFI F., L’art.

709 ter c.p.c.: sanzione civile con finalità preventiva e punitiva?, in Fam. e dir., 2009, p. 609: “ la

norma deve essere considerata in un’ottica di tutela dei provvedimenti giudiziali e di garanzia della

loro attuazione” essendo note “ le carenze del processo esecutivo in materia di attuazione degli

obblighi personali in ambito familiare….. mentre si avverte da tempo la necessità di dotare il

giudice di strumenti idonei a coartare la volontà del genitore inadempiente”.

92

fa discendere automaticamente dalla lesione di diritti costituzionalmente garantiti,

o in questo caso dalla violazione di un provvedimento del giudice, ma si richiede

a tal fine la prova che dai comportamenti dei genitori in contrasto con tali diritti, o

disposizioni del giudice, siano derivate conseguenze negative sullo sviluppo della

personalità del minore69

. Recentemente il Tribunale di Pavia si è occupato di una

procedura ex artt. 709-ter- 710 c.p.c., sancendo principi interessati70

.

La madre aveva agito ex art. 710 c.p.c. chiedendo la modifica delle condizioni

della separazione e affermando che da sei anni per ragioni di lavoro si era

trasferita da Cava dei Tirreni a Pavia e che il padre si era completamente

disinteressato della figlia, omettendo da alcuni anni altresì di concorrere al

mantenimento della figlia, chiedeva anche il risarcimento dei danni ex art. 709-ter.

In accoglimento della richiesta della madre, veniva modificato il regime di visita

padre/figlia e veniva aumentato l’importo della somma mensile a titolo di

contributo a carico del padre. Con riferimento alla richiesta di risarcimento dei

danni ex art. 709-ter c.p.c., il tribunale di Pavia ha affermato che essa rappresenta

una ipotesi ordinaria di responsabilità ex art. 2043 c.c. I giudici hanno ritenuto che

nel caso di specie ricorrevano tutti gli elementi costitutivi dell’illecito, ovvero il

mancato pagamento del mantenimento per la minore dal gennaio 2008, le mancate

visite alla minore stessa negli ultimi anni, la consapevolezza del padre di non

adempiere ai propri doveri e, infine, il danno subito dalla figlia costituito dalla

privazione della figura paterna e del costante contributo nel tempo sia materiale e

soprattutto in ordine allo sviluppo complessivo della personalità, aspetti, questi, di

rilievo costituzionale (art. 2 e 30 Cost.). E il danno patito dalla figlia che viene

qualificato come danno da deprivazione genitoriale veniva quantificato in

3.000,00 euro. Interessante è anche una pronuncia del Tribunale di Salerno71

.

Era emerso che la madre per ragioni protettive del figlio, ma non giustificate dalla

situazione concreta, poneva ostacoli al diritto di visita del padre e non collaborava

alla coltivazione di un armonioso rapporto con il padre stesso.

_____________ 69

SESTA M., La responsabilità nelle relazioni familiari, Torino, 2008, p.269-273.; ARCERI A., La

responsabilità da deprivazione genitoriale al vaglio della giurisprudenza di merito: due differenti

forme di tutela per l’identico diritto costituzionalmente garantito, in Fam. e dir., n. 2/2010, p.157-

159. 70

Trib. Pavia 23 ottobre 2009, in Fam. e dir., 2010, p.149. 71

Trib. Salerno 22 dicembre 2009, in Fam. e dir. , 2010, p.924 e ss.

93

I giudici hanno rilevato che nella specie il figlio era stato di fatto privato della

possibilità di crescere usufruendo di una adeguata presenza di entrambi le figure

genitoriali, principio cardine della legge n.54/2006; hanno poi rilevato che il padre

ha subito un danno per non essere stato posto nelle condizioni di avere un

rapporto adeguato e continuo con il figlio, in quanto la bi-genitorialità non

costituisce solo un diritto del minore ma un obbligo reciproco dei genitori e

comporta un dovere di solidarietà a carico di entrambi per rendere possibile che

sia costante e continuativa la loro presenza nella crescita del figlio.

Sul piano dei provvedimenti, i giudici campani hanno comminato la misura

dell’ammonimento alla madre affinché contribuisca correttamente al

mantenimento (ma in questo caso si sarebbe dovuto parlare di consentirne lo

sviluppo) di un adeguato rapporto con il padre. Il risarcimento del danno è stato

riconosciuto solo a favore del padre. Nonostante il riconoscimento che la condotta

della madre, tra cui gli ostacoli al diritto di visita e far chiamare “papà” il

fidanzato e il nonno, non sembrava agevolare una crescita equilibrata del figlio, i

giudici hanno preferito sperare che le misure comminate favorissero la

comprensione della madre circa gli atteggiamenti corretti da osservare72

.

In dottrina si è parlato anche di mobbing genitoriale con riferimento alle ipotesi in

cui un genitore, separato o in via di separazione dall’altro, dia vita a

comportamenti aggressivi e di indebita intromissione nella vita privata, finalizzati

ad impedire all’altro genitore, attraverso il terrore psicologico, l’umiliazione e il

discredito familiare e sociale, l’esercizio della gentirorialità73

. Recentemente la

Corte di Appello di Firenze, accertata una situazione di incomunicabilità della

figlia con il padre determinata da atteggiamenti distruttivi della madre nei

confronti della figura paterna, ha condannato quest’ultima al risarcimento del

danno nei confronti del padre74

.

___________________

72 LONGO F., Famiglia e responsabilità: i nuovi danni, a cura di Dogliotti M., Milano, 2012,

p.160-163. 73

LIUT, Privazioni e incrinature del ruolo genitoriale, in Trattato dei nuovi danni, diretto da

Paolo Cendon, Padova, 2011, pag. 561 ss. 74

App. Firenze, 13 febbraio 2009, su www.dibattitopubbl.uco7.com. Anche il Tribunale di Roma

con una pronuncia del 13 settembre 2011 su www.altalex.com, in un caso in cui era emerso che la

madre separata dal marito e collocataria della figlia, aveva in tutti i modi, anche attraverso

denunce penali rivelatesi prive di fondamento, impedito al padre stesso per diversi mesi di vedere

e frequentare la figlia, ha condannato la madre al risarcimento del danno non patrimoniale a favore

del padre per 50.000 euro.

94

Infatti una delle principali regole di condotta e responsabilità dei genitori in

acceso conflitto tra loro che si separano è quella di salvaguardare e non denigrare

l’immagine dell’altro: un atteggiamento di svalutazione dell’altro genitore

contrasta con gli obblighi genitoriali e determina un pregiudizio allo sviluppo

della personalità dei figli75

.

_______________________

75 LONGO F., Famiglia e responsabilità: i nuovi danni, s cura di Dogliotti M., Milano, 2012,

p.119-120.

95

2.2. Nuove ipotesi di responsabilità civile, riguardanti la salute dei minori

e il diritto ai rapporti con gli ascendenti

Ci sono ipotesi dove però è più problematico accertare se possa sussistere una

responsabilità civile dei genitori conseguente ad un cattivo esercizio della potestà,

come nelle decisioni riguardanti la salute del minore: significativa è l’ipotesi in

cui il minore abbia subito un danno permanente alla propria salute a causa del

rifiuto dei genitori di sottoporlo alle vaccinazioni obbligatorie. Il diritto alla salute

oltre ad essere garantito a livello costituzionale (art. 32 Cost.) ha trovato anche

esplicito riconoscimento nella legislazione internazionale , dove ci sono molte

disposizioni che regolamentano la tutela del diritto alla salute del minore e deve

essere tutelato dai genitori in virtù del dovere di cura che essi hanno nei confronti

dei figli76-77

. A livello interno sono numerosi i provvedimenti che prevedono

l’obbligo di vaccinazioni , ma proprio per il rischio insito nella vaccinazione,

talvolta i genitori rifiutano di sottoporre i figli minori alle vaccinazioni

obbligatorie, invocando lo stato di necessità, in quanto si sostiene che il vaccino

espone il minore (anche laddove le complicanze da vaccino sono trascurabili in

termini percentuali) ad un imminente pericolo di danno grave alla salute78

. La

giurisprudenza minorile si è orientata a considerare la sottrazione del minore agli

obblighi vaccinali come comportamento pregiudizievole per la salute del

medesimo. I genitori e gli esercenti la potestà non possono autonomamente e

ingiustificatamente sottrarsi agli obblighi di vaccinazione del minore.

_______________________

76 Art. 32 Cost.: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e

interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a

un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun

caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.” 77

Es. Dichiarazione di Ginevra sui diritti del bambino del 1924 e la Dichiarazione dei diritti dei

bambini adottata dalle Nazioni Unite nel 1959. 78

La l. 27 maggio 1991, n. 165, la l. 4 febbraio 1966, n. 51, la l. 6 giugno 1939, n. 89, la l. 5 marzo

1963, n. 292, dispongono espressamente l’obbligo di vaccinazione antiepatite B, antipolio, contro

la difterite e antitetanica. La Corte Costituzionale però con sentenza 22 giugno 1990, n. 307 in

Giust. civ. , 1990, p.2496, ha sottolineato la contraddittorietà della legge n. 51/1996, la quale

impone un trattamento sanitario, diretto non solo a migliorare o a preservare lo stato di salute di

chi vi è assoggettato, ma soprattutto a preservare lo stato di salute dei terzi, senza, però, prevedere

una <<protezione ulteriore a favore del soggetto passivo del trattamento>>, nel caso in cui si

verifichi un pregiudizio a causa del trattamento. La Consulta in un’altra sentenza del 2 giugno

1994, n. 218, in Foro It., 1995, p.46, ha osservato che l’art. 32 Cost. postula il necessario

contemperamento del diritto alla salute del singolo con il coesistente e reciproco diritto di ciascun

individuo e con la salute della collettività, nonché, nel caso particolare di vaccinazioni

obbligatorie, “ con l’interesse del bambino”, che “esige tutela nei confronti dei genitori che non

adempiano ai compiti inerenti la cura del minore”.

96

La violazione di tali obblighi da parte degli esercenti la potestà genitoriale o

tutoria, oltre all’applicazione di specifiche sanzioni di legge, giustifica

l’intervento dell’amministrazione sanitaria79

. Questo orientamento è stato fatto

proprio dal Tribunale di Messina, in cui si ribadisce un vero e proprio difetto di

giurisdizione del Tribunale per i minorenni in materia di vaccinazioni

obbligatorie, in quanto mancherebbe il presupposto logico-giuridico per

l’intervento dell’autorità giudiziaria minorile, e cioè un comportamento espressivo

della potestà genitoriale e sindacabile da quest’ultima. Infatti la legge nel sancire

l’obbligatorietà delle vaccinazioni stesse, esclude la potestà di rifiutarle80

. La

giurisprudenza di legittimità, con indirizzo prevalente, ritiene però legittima la

condotta dei genitori, con conseguente irresponsabilità, nell’ipotesi in cui esiste

nel caso specifico un pericolo per la salute del minore stesso, collegato

all’esecuzione della vaccinazione, in dipendenza di una particolare situazione

sanitaria del soggetto81

; mentre è indubbio che sussista una responsabilità se il

rifiuto è stato dettato da trascuratezza e disinteresse della salute del minore.

Tuttavia in questi casi è stato riconosciuto prevalentemente il diritto

all’indennizzo che la legge n. 210/1992, parzialmente modificata con la legge n.

641/1996, riconosce a favore della vittima di danno scaturente dalle vaccinazioni

imposte per legge: esso, a differenza del risarcimento del danno, costituisce una

misura economica di sostegno aggiuntiva a carico della collettività a favore di

coloro che, per aver cooperato al perseguimento di un interesse pubblico, versano

_________________

79 La legge istitutiva del servizio sanitario nazionale (Legge 23 dicembre 1978, n. 833) disciplina

le ipotesi in cui “ possono essere disposti dall’autorità sanitaria accertamenti e trattamenti sanitari

obbligatori, secondo l’art. 32 Cost., nel rispetto della dignità della persona e dei diritti civili e

politici”. 80

Trib. Messina 28 marzo 2000, in Dir. fam. pers., 2000, p. 1176. Così anche Trib. Lecce, 21

dicembre 2001, in Gius., 2003, p. 496, “ La dolosa inottemperanza dei genitori agli obblighi legali

di vaccinazione dei figli non configura condotta pregiudizievole ai sensi dell’art. 333 c.c., come

tale idonea a legittimare l’intervento del tribunale per i minorenni, sussistendo in materia la

competenza esclusiva dell’autorità sanitaria.” 81

Così Cass., 26 giugno 2006, n. 14747, in Giust. civ. mass., 2006, p.6; Cass. , 8 luglio 2005, n.

14384, in Giust. civ. mass., 2005, p.6; Cass., 24 marzo 2004, n. 5877, in Giust. civ. mass., 2004,

p.3. In quest’ultima i genitori proponendo ricorso contro l’ordinanza ingiunzione con la quale era

stata loro applicata la sanzione amministrativa, lamentavano che il giudice aveva errato

nell’escludere ,nel caso di specie, l’esimente dello stato di necessità…il timore per le conseguenze

delle vaccinazioni era generato dal fatto che la figlia della sorella del ricorrente era stata colpita da

encefalopatia a seguito di vaccinazione….La Cassazione però evidenziava che lo stato di necessità

postula che il pericolo sia presente quando il soggetto agisce e sia imminente il danno che ne possa

derivare e in questo caso si trattava di un danno futuro.

97

in gravi difficoltà, per le quali resta comunque la possibilità, in presenza dei

presupposti di legge, il risarcimento del danno biologico82

. È problematico anche

accertare se possa sussistere una responsabilità nel caso in cui i genitori prestino il

consenso ad un intervento rischioso e foriero di inevitabili sofferenze per il

minore, oppure rifiutino un trattamento sanitario indispensabile, come nell’ipotesi

di rifiuto della trasfusione di sangue per motivi religiosi, oppure rifiutino una cura

convenzionale, preferendo un trattamento sperimentale83

. Se è vero che a livello

generale il principio del consenso personale del paziente trova una deroga quando

il trattamento medico deve essere eseguito sui minori di età, da tempo si sta

assistendo ad un generale ripensamento della condizione dei minori e più in

generale degli incapaci, nell’ambito del rapporto medico-paziente, teso a

valorizzarne autonomia e consapevolezza.84-85

Occorre quindi individuare un

punto di equilibrio tra la necessità di riconoscere al minore il diritto di

autodeterminarsi e l’esigenza di salvaguardare la persona e la salute dello stesso

rispetto a scelte che potrebbero essere imponderate: i genitori non sono chiamati

ad effettuare una vera e propria rappresentanza o sostituzione negoziale, ma sono

tenuti, considerando la maturità dello stesso e attribuendo rilievo fondamentale

alla sua volontà, a coinvolgerlo e renderlo partecipe nella decisione riguardante la

propria salute, nei limiti, in ogni caso, della capacità di discernimento

dell’interessato e dell’importanza oggettiva dell’atto che deve essere svolto86

.

________________

82 GUASCHINO M. T., Limitazione alla libertà individuale e tutela della salute nella disciplina

delle vaccinazioni obbligatorie , in Riv. it. med. leg., 1994, p,494. 83

A questo riguardo ad es. Trib. min. Brescia, 22 maggio 1999, in Nuova giur. comm., 2000, p.

204, con nota di GRIFASI, Potestà dei genitori e scelte terapeutiche a tutela della salute dei figli

minori. 84

Art. 37 Codice di Deontologia Medica del 16 dicembre 2006, in base al quale in questi casi il

consenso agli interventi diagnostici e terapeutici deve essere espresso dal legale rappresentante. 85

Fondamentale a riguardo è la Convenzione sui diritti dell’uomo e sulla biomedicina di Oviedo

del 4 aprile 1997 che all’art. 6, co. 2, stabilisce “ Quando, secondo la legge, un minore non ha la

capacità di dare consenso a un intervento, questo non può essere effettuato senza l’autorizzazione

del suo rappresentante, di un’autorità o di una persona o di un organo designato dalla legge. Il

parere di un minore è preso in considerazione come un fattore sempre più determinante, in

funzione della sua età e del suo grado di maturità”. 86

Al riguardo FERRANDO, Stato vegetativo permanente e trattamenti medici: un problema

irrisolto , in Familia, 2004, p. 1181, secondo la quale “ per gli atti di cura della persona, come

sono quelli relativi al trattamento medico, i genitori o il tutore esprimono all’esterno il consenso

non in quanto investiti di una funzione sostitutiva di rappresentanza, bensì esercitando un ruolo di

natura personale che impone loro di tenere conto della personalità del minore o dell’interdetto e

conseguentemente di decidere “con” lui e non “per” lui…… i genitori e il tutore debbono tenere

conto dell’opinione che questi è n grado di esprimere, o che ha espresso prima della perdita della

coscienza.”.

98

Quindi soltanto nell’ipotesi in cui il minore non sia in grado di autodeterminarsi

con sufficiente maturità e consapevolezza rispetto all’atto medico ed i genitori

hanno prestato il loro consenso si deve valutare se l’eventuale pregiudizio alla

salute subito dal minore possa o meno considerarsi ingiusto e si dovrà accertare se

i genitori mediante quella decisione abbiano inteso tutelare il bene della salute del

minore oppure abbiano inteso perseguire altri interessi.

Nell’ipotesi in cui la scelta è stata dettata per seguire le proprie convinzioni

religiose, il danno è ingiusto: nel contrasto tra la salute o la vita del figlio e la

libertà di coscienza e di religione dei genitori, prevale la prima.

Quindi le trasfusioni di sangue, indispensabili per la salvaguardia della vita del

minore, vanno eseguite anche contro la volontà dei genitori testimoni di Geova87

.

Non vi è ,così, alcuna lesione del potere riconosciuto al genitore di educare il

figlio alla propria religione, perché la potestà è attribuita al genitore nell’esclusivo

interesse del figlio, non per consentire la meccanica trasmissione di valori, ma per

garantire allo stesso minore la piena maturazione della sua personalità88-89

.

Negli ultimi decenni il settore della responsabilità civile in ambito familiare ha

visto svilupparsi il sub-settore della responsabilità da procreazione e lo scenario

entro qui iscrivere i danni correlati a questi illeciti è mutato90

.

______________________

87 DOGLIOTTI, Le persone fisiche, in Tratt. Rescigno, Torino, 1999, p.99, il quale sottolinea che

“ i genitori, liberi di professare la propria fede e seguire prescrizioni e divieti, non possono

coinvolgere un soggetto diverso da loro, il figlio minore, che ha una sua dignità di persona ed è

titolare del diritto ad uno sviluppo psico- fisico armonico e completo…..”. Trib. min. Firenze, 23

settembre 1975, in Resp. civ. e prev., 1977, p.408, secondo la quale “ il diritto alla vita deve in ogni

caso essere salvaguardato a prescindere dalla credenza religiosa dei genitori la cui potestà sui figli

minori esclude nel modo più assoluto la facoltà di privarli di un intervento sanitario indispensabile

per la prosecuzione della vita”. 88

FURGIUELE, Diritto del minore al trattamento sanitario, libertà religiosa del genitore,

intervento e tutela statuale, in Giur. it., 1983, p.357. Si può citare il caso “ Oneda”, riguardante il

decesso di una bambina talassemica per la cui morte i genitori, Testimoni di Geova, sono stati

incriminati e condannati per omicidio. Nel caso di specie, i genitori rifiutarono di sottoporre la

figlia minore, affetta da anemia mediterranea, ad una emotrasfusione e, conseguentemente, la

bambina morì. App. Roma, 13 giugno 1986, in Foro It., 1986, p.606. 89 FASANO A.M., MATONE S., I conflitti della responsabilità genitoriale, Milano, 2013, p.84,

99 ss.; SESTA M., La responsabilità nelle relazioni familiari, Torino, 2008, p. 235-245. 90

Trib. Piacenza, 31 luglio 1950, in Riv.dir. comm., 1952, p. 338 con nota di Rescigno, Il danno da

procreazione. Tale sentenza aveva riconosciuto la responsabilità del padre per la trasmissione

all’atto del concepimento dell’infezione leutica. Il tribunale aveva riconosciuto sussistenti

l’antigiuridicità della condotta e il nesso di causalità, ammettendo che la responsabilità in

questione possa operare anche in presenza di uno sfasamento temporale tra compimento del fatto

illecito e il manifestarsi del danno. Con tale sentenza si precisa che una non vita risulta sempre

preferibile ad una vita infelice, disagiata: la vita quindi cessa di essere considerata un bene

supremo, da difendere in via assoluta e incondizionata.

99

Già da qualche tempo la giurisprudenza si è avviata verso il riconoscimento di una

tutela civilistica al già nato per una lesione subita nella vita prenatale, le cui

conseguenze, sotto il profilo dei danni patrimoniali e non patrimoniali, si

manifestano dopo la nascita91

. La dottrina prendendo spunto da questa

giurisprudenza e considerata la rilevanza attribuita ai principi costituzionali

riguardanti la persona, la sua salute e il suo diritto allo sviluppo della personalità

in relazione, in particolare, al risarcimento del danno non patrimoniale, considera

illecito il comportamento di quei genitori che abbiano concepito pur consapevoli

di avere una malattia o un’infezione trasmissibile o che abbiano trasmesso una

malattia ereditaria o genetica senza preventivamente aver effettuato dei controlli.

Al nascituro deve essere riconosciuta una protezione in quanto “centro di

interessi” nei cui confronti l’ordinamento tutela e garantisce “ se non un vero e

proprio diritto alla nascita, che sia fatto il possibile per favorire la nascita e la

salute”92

. Anche la Cassazione ha osservato che non è necessario che il soggetto

esista già al momento in cui l’atto è compiuto: in tali casi si tratta di un danno che

incide immediatamente e direttamente su un soggetto venuto ad esistenza, sia pure

per effetto di un fatto colposo commesso anteriormente alla nascita93

. Il

riconoscimento del diritto del minore ad agire per il risarcimento ha conosciuto

una considerevole evoluzione giurisprudenziale94

: da alcune pronunce che hanno

______________________

91 Es. Cass. 22 novembre 1993, n. 11503, in Giurispr. it.,1994, p.550;in dottrina vedi ZENOVICH

Z., La responsabilità per procreazione, in Giurispr. it., 1986, p. 113; DOGLIOTTI, Diritto a non

nascere e responsabilità civile, in Dir. fam. e pers., 1995, p.662. BRUNETTA D’USSEAUX F.,

Esistere per il diritto (La tutela del non nato), Milano, 2001. 92

FERRANDO, Libertà, responsabilità, procreazione, Padova, 1999, p. 229. BUSNELLI, Prima

della nascita : quid iuris?, Bioetica e diritto privato (Frammenti di un dizionario), Torino, 2001, p.

85 ss. CASINI, Il diritto alla vita del concepito nella giurisprudenza europea, Padova, 2001. In

tali contributi è prevalsa una considerazione del concepito che, in sintonia con i valori

costituzionalmente riconosciuti, valorizza in esso la status di soggetto giuridico che ha comunque

diritto alla tutela della vita, della salute, della identità, della dignità, anche se esso solo con la

nascita sia destinato a divenire “persona fisica” e ad acquistare la capacità giuridica, in ordine alla

titolarità di tali diritti. 93

Cass. 22 novembre 1993, n. 11503, in Nuova giur. civ. comm., 1994, p.690. 94

Ai sensi della legge 22 maggio 1978, n.194 il nascituro, sebbene non goda di un diritto assoluto

ed inviolabile di nascere, matura, in assenza delle condizioni necessarie per interrompere la

gravidanza, un’aspettativa di diritto alla nascita e, in conseguenza, a nascere come individuo sano.

Vedi Trib. Verona, 15 ottobre 1990, in Foro It., 1991, p.126. In dottrina NICOLÒ, Aspettativa (dir.

civ.), in Enc. Giur., Roma, 1988; SCOGNAMIGLIO R., Aspettativa di diritto, in Enc. Dir.,

Milano, 1958, p.226. La tesi ,pur apprezzabile in quanto ampliativa delle ipotesi del risarcimento

del danno al nascituro, risulta criticabile: l’aspettativa rappresenta un’autonoma situazione

giuridica soggettiva e occorre l’esistenza di un soggetto di diritto giuridicamente capace, in modo

da potergli attribuire le facoltà necessarie per realizzare il suo interesse.

100

riconosciuto in capo al concepito una situazione di aspettativa legittima fino ad

arrivare a fondare la tutela extracontrattuale del nascituro sulla clausola generale

di ingiustizia del danno, ex art. 2043 c.c. A seguito della nota sentenza n.

500/1999, nel nostro ordinamento è ammesso il risarcimento di qualsiasi lesione

di un interesse giuridicamente tutelato, purché sussista un nesso causale tra la

condotta dell’autore e il danno subito dal soggetto che, con la nascita, abbia

acquistato personalità giuridica95-96

. Tuttavia risarcire un danno derivante dalla

nascita di un soggetto malformato, quando l’alternativa è la “non vita”, comporta

sotto un profilo morale ed etico l’adesione dell’ordinamento ad un principio di

degradazione della vita umana: si affermerebbe che è preferibile una non vita ad

una vita malformata e che la vita disagiata non ha dignità di “vita”

nell’ordinamento giuridico.

Se si tiene conto di ciò, deve dirsi che attualmente i genitori non possono ritenersi

responsabili del danno da procreazione patito dal figlio, tranne nelle ipotesi in cui

la madre si comporta successivamente al concepimento in modo sconsiderato. Il

valore della vita e della tutela prenatale soccombe, infatti, ai sensi della legge

sull’interruzione della gravidanza, solo a fronte della salute della madre e della

libertà di autodeterminazione. Fuori da tale ipotesi, la madre deve tutelare la

salute del nascituro evitando condotte sconsiderate, idonee a costituire un pericolo

per il feto. Rientrano tra le condotte spregiudicate e dunque illecite, le ipotesi di

gestione chiaramente scorretta della gravidanza, come l’alcolismo e la

tossicodipendenza della madre. Può farsi rientrare nella tutela di cui all’art. 2043

c.c. pure il caso in cui i genitori non effettuino esami diagnostici idonei a renderli

edotti della malattia, quando la conoscenza avrebbe consentito di intervenire sul

feto. Può determinare il risarcimento del danno, altresì, la condotta di uno dei

genitori che, tacendo dolosamente all’altro l’esistenza di una patologia infettiva, si

determini a tenere rapporti sessuali contagiando la madre e il nascituro97.

_____________________________

95 Cass., S.U.,22 luglio 1999, n. 500, in Danno e resp., 1999, p.965.

96 In tal senso FACCI, I nuovi danni nella famiglia che cambia, Milano, 2004, p.194.

97 In tal senso RESCIGNO, Il danno da procreazione, in Resp. civ. e prev., 1998, p.622; FACCI, Il

danno da vita indesiderata, in Ragiusan, 2005, p.350. LISERRE, In tema di danno prenatale, in

Riv. dir. civ., 2002, p. 102. Quest’ultimo afferma che la facoltà di generare deve conformarsi ad un

‘principio di responsabilità inteso come consapevolezza dell’impegno di mettere al mondo un

figlio senza il rischio di una prevedibile lesione originaria della sua integrità psico-fisica, in modo

da garantire al figlio le possibilità di crescita e affermazione personale’.

101

In queste ipotesi si risarcisce la condizione peggiorativa risentita dal minore a

causa della condotta spregiudicata e il danno è ingiusto in quanto il

comportamento corretto dei genitori avrebbe garantito il diritto del bambino a

nascere sano. Il punto di equilibrio tra l’interesse del minore a non dover

convivere con una malattia e l’interesse dei genitori a procreare può essere

individuato allorché questo sia esercitato in modo prudente e consapevole,

dovendosi invece sanzionare le condotte irresponsabili98

.

La già ricordata legge n. 54 del 2006 aveva introdotto a favore dei figli minorenni

il diritto a conservare rapporti significativi con gli ascendenti99

. Anche a seguito

dell’introduzione del nuovo art. 155 c.c., alcune pronunce continuano ad

affermare la sussistenza di un diritto soggettivo solo in capo ai figli minori100

. In

dottrina vi è chi ha suggerito di individuare anche in capo all’avo un vero diritto

di intraprendere o mantenere una relazione affettiva stabile con i nipoti101

. A

conferma di ciò è stata richiamata una rilevante decisione della Suprema Corte,

nella quale si rinviene la menzione di un “diritto di visita” dei nonni che deve

essere negato ‘unicamente quando il rapporto dei nonni con il nipote appare

pregiudizievole per il medesimo’102

. In realtà la decisione richiamata si incardina

sull’interesse dei nipoti minori e rimarca la rilevanza, anche giuridica,

richiamando anche le varie disposizioni di legge ordinaria in cui viene dato

espresso rilievo alla figura degli avi, ma che in realtà non sono sufficienti ad

_______________

98 LONGO F., Famiglia e responsabilità: i nuovi danni, s cura di Dogliotti M., Milano, 2012, p.

122 ss.; LONGO F., Rapporti familiari e responsabilità civile, Torino, 2004, p. 125 ss.; SESTA

M., La responsabilità nelle relazioni familiari, Torino, 2008, p. 532-539; 569 ss. 99

Ciò era previsto all’art. 155 c.c. che oggi con le modifiche apportate dal d.lgs. n. 154 del 2013

prevede : “ In caso di separazione, riguardo ai figli, si applicano le disposizioni contenute nel capo

II del titolo IX”. Il riferimento è ai nuovi artt. da 337-bis a 317-octies del codice civile. In

particolare il co.1 dell’art. 337-bis dispone che: “Il figlio minore ha il diritto di mantenere un

rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione,

istruzione e assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti

e con i parenti di ciascun ramo genitoriale.” 100

Trib. Reggio Emilia, 17 maggio 2007, in Fam. pers. succ., 2008, p.227. Ma es. App. Perugia, 27

settembre 2007, in Giur. mer., 2008, p.1913. ha riconosciuto ai nonni una legittimazione ad

intervenire ex ar. 105 c.p.c. secondo comma, nel giudizio di separazione dei coniugi, a tutela del

diritto della prole minorenne alla conservazione dei rapporti con le famiglie di origine di entrambi

i genitori. 101 PUTTI, Il diritto di visita degli avi: un sistema di relazioni affettive che cambia, in Riv. trim.

dir. proc. civ., 2002, p. 897 ss. 102 Cass. 25 settembre 1998, n. 9696, Fam. e dir., 1999, p.17.

102

elevare a diritto soggettivo pieno dell’avo, dell’interesse del nipote a frequentare

l’avo, e non il contrario. Oggi la legge 219 del 2012 ha sancito la protezione e la

rilevanza dell’interesse dell’avo, con la previsione del “diritto di mantenere

rapporti significativi con i nipoti minori”. Si dovrebbe allora affermare che il

danno patito dall’avo, al quale il genitore o chiunque eserciti la potestà sul

minore, impedisse di avere ‘rapporti significativi’ con il minore medesimo,

potrebbe essere qualificato come ingiusto, in quanto conseguente ad una

violazione di un diritto soggettivo del danneggiato.

La violazione del diritto di visita dei nonni, se regolato da un provvedimento di

separazione, nel relativo giudizio può comportare l’introduzione da parte di

ciascun genitore del procedimento previsto dall’art. 709-ter c.p.c. Potrebbe essere

oggetto anche di un giudizio ordinario, azionato da parte dei nonni al fine di

ottenere una pronuncia di condanna al risarcimento del danno non patrimoniale a

carico dei genitori. Così si potrebbe ipotizzare un’azione da parte del figlio,

divenuto maggiorenne, in caso di deprivazione del rapporto con i nonni, per

comportamenti di ostruzionismo, gravi e ingiustificati da parte dei genitori103.

___________________

103 LONGO F., Famiglia e responsabilità: i nuovi danni, s cura di Dogliotti M., Milano, 2012, p.

145 ss.; BASINI G.F., Violazione del così detto ‘diritto di visita dei nonni’ e risarcimento del

danno, dopo l’entrata in vigore della L. N.219/2012, in Resp. civ. e prev., 2013, p.7 ss., il quale

però che anche dopo la legge 219 il “diritto di visita” in capo agli avi on sia sorto e non sono

cambiati nemmeno i termini della questione sulla eventuale ingiustizia del danno derivante all’avo

dalla privazione dei rapporti significativi con i nipoti minorenni.

103

3. La responsabilità civile per i danni arrecati dai minori. Due sentenze della

Cassazione in merito a danni cagionati in ambito scolastico e sportivo.

La titolarità della responsabilità genitoriale e la possibilità di incidere

sull’educazione dei figli, di indirizzarne il contenuto e controllarne le modalità,

impone anche una responsabilità civile per le conseguenze negative dei loro

comportamenti che ricadono su terze persone. Le norme del codice civile che

regolano tale eventualità sono gli artt. 2047 e 2048 c.c.

Le due norme si differenziano non soltanto perché la prima è applicabile quando il

soggetto autore del ‘danno’ è incapace di intendere e di volere, ma anche per la

responsabilità che ne deriva104

. In particolare la disciplina dell’art. 2047 si applica

ove si riscontri la simultanea presenza dei presupposti rappresentati

dall’incapacità del danneggiante, dal fatto dannoso da questi cagionato, nonché

dall’obbligo di sorveglianza ravvisabile in capo a determinati soggetti. Nel diritto

civile la definizione di imputabilità passa attraverso quella di capacità naturale e,

mentre il codice penale prevede una serie di cause tassative in cui il soggetto deve

stabilire, caso per caso, se l’agente sia o meno capace105

. L’elaborazione

giurisprudenziale pone in luce come il giudice per valutare la capacità di un

soggetto minorenne, debba avere riguardo non solo all’età, ma anche agli studi

frequentati, allo sviluppo fisico e intellettivo, nonché all’assenza di eventuali

malattie ritardanti ed alla forza del carattere106

.

___________________

104 Art. 2047.Danno cagionato dall'incapace.: “In caso di danno cagionato da persona incapace di

intendere o di volere, il risarcimento è dovuto da chi è tenuto alla sorveglianza dell'incapace salvo

che provi di non aver potuto impedire il fatto.

Nel caso in cui il danneggiato non abbia potuto ottenere il risarcimento da chi è tenuto alla

sorveglianza, il giudice in considerazione delle condizioni economiche delle parti, può condannare

l'autore del danno a un'equa indennità.” Tale disposizione è conseguenza dell’art. precedente che

stabilisce--Art. 2046.Imputabilità del fatto dannoso: “Non risponde delle conseguenze del fatto

dannoso chi non aveva la capacità d'intendere o di volere al momento in cui lo ha commesso, a

meno che lo stato d'incapacità derivi da sua colpa.”; FASANO A.M., MATONE S., I conflitti della

responsabilità genitoriale, Milano, 2013, p.358. 105

Es. l’art. 97 c.p. sancisce la non imputabilità del soggetto che non abbia raggiunto i quattordici

anni, mentre in ambito civile l’età non costituisce elemento necessario e sufficiente ad escludere

che l’evento di danno possa essere addebitato al minore. BIANCA, Diritto civile, V, La

responsabilità, Milano, 1994, p. 659; GIARDINA, La condizione giuridica del minore, Napoli,

1984, p. 141, ove si afferma che : “ la minore età in sé non esclude dunque la imputabilità del fatto

al minore ed il suo obbligo di risarcire il danno prodotto. Tali conseguenze sono invece escluse

quando il minore sia anche naturalmente incapace”. 106

Cass., 30 gennaio 1985, n. 565, in Giust. civ. mass., 1985, p.204; Cass., 26 giugno 2001, n.

8740, in Danno e resp., 2002, p.283.

104

Riguardo al fatto dannoso è opinione comune che l’atto lesivo dell’incapace

debba rivestire tutti gli estremi dell’illecito aquiliano richiesti dall’art. 2043 c.c.,

compreso l’elemento soggettivo rappresentato dal dolo o dalla colpa, in quanto la

posizione della vittima va garantita nella stessa misura in cui lo sarebbe se il

danno venisse compiuto da un individuo capace e l’incapacità dell’agente vale

solo a consentire la ‘traslazione dell’obbligo in capo ad un vicario’107

. Inoltre

secondo un consolidato indirizzo interpretativo, il fatto dannoso arrecato

dall’incapace a se stesso non ricade nell’ambito di operatività dell’art. 2047 c.c.,

perché tale norma è volta unicamente a garantire ai terzi danneggiati il ristoro del

nocumento cagionato da soggetti nei confronti dei quali non è possibile agire108

.

Infine riguardo ai soggetti tenuti alla sorveglianza dell’incapace che non abbia

raggiunto la maggiore età, si tratta di chi in base alla legge, sia tenuto ad

adoperarsi affinché il comportamento del minore non costituisca fonte di danno,

primi fra tutti i genitori e i tutori109

.

Quanto ai primi si ritiene che l’obbligo di vigilanza segua le norme dettate in

materia di potestà: essendo la potestà di regola esercitata di comune accordo, i

genitori sono solidalmente responsabili del fatto dannoso cagionato dal minore

incapace, ma in caso di lontananza, incapacità o impedimento di uno , sarà l’altro

a rispondere; in caso di scioglimento, cessazione degli effetti civili o nullità del

matrimonio e crisi della convivenza, il dovere di vigilanza e l’obbligo risarcitorio

gravano sul genitore presso il quale si trovava il minore110

. Il dovere di vigilanza

sul minore può anche essere temporaneamente demandato a persone o istituzioni

che svolgono attività di istruzione, cura e simili e discendere da una scelta libera

______________________

107 MONATERI, La responsabilità civile, in Tratt. Sacco, Torino, 1998, p.931; BIANCA, Diritto

civile, V, La responsabilità, Milano, 1994, p. 702. L’art. 2043 c.c. stabilisce-- Risarcimento per

fatto illecito: “Qualunque fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga

colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno.”. 108

Cass., 28 luglio 1967, n. 2012, in Resp. civ. e prev., 1968, p.467; Cass., 18 luglio 2003, n.

11245, in Nuova giur. comm., 2004, p. 491; in dottrina MOROZZO DELLA ROCCA, La

responsabilità civile del sorvegliante dell’incapace naturale, in La responsabilità civile.

Responsabilità extracontrattuale, XI, ne ‘Il diritto privato nella giurisprudenza’, a cura di

CENDON, Torino, 1998, p.4; MONATERI, La responsabilità civile, in Tratt. Sacco, Torino, 1998,

p.932. 109

COMPORTI, Fatti illeciti : le responsabilità presunte (artt. 2044-2048), in Comm. Schlesinger,

Milano, 2002, p.180. 110

T. Milano, 12 gennaio 1959, in Rep. Giust. civ., 1959, voce Responsabilità civile, n. 247, dove si

è esclusa la responsabilità del padre per l’illecito compiuto dall’incapace che era sottratto alla sua

vigilanza, in quanto trasferitosi con la madre in altro luogo.

105

di chi, accogliendolo nella sua sfera personale e familiare, assume

spontaneamente il compito di prevenire che possa arrecare nocumento ad altri111

.

Per quanto riguarda la natura della responsabilità del sorvegliante di incapaci,

poiché l’art. 2047 ammette la prova liberatoria, ovvero prevede la possibilità per il

sorvegliante di fornire la dimostrazione di non aver potuto impedire il fatto, è

opinione diffusa che rappresenti un’ipotesi di ‘responsabilità impropriamente

indiretta’: l’evento lesivo, anche se causato dall’incapace, risulta eziologicamente

riconducibile al fatto proprio dei sorveglianti, che non osservando l’obbligo di

custodia, hanno indirettamente contribuito alla realizzazione del danno.112

Riguardo al criterio di imputazione previsto dall’art. 2047 gli interpreti sono divisi

in due filoni. La dottrina maggioritaria ritiene che la norma sancisce a carico del

sorvegliante una responsabilità fondata sulla culpa in vigilando, che sussiste

laddove questi non abbia adottato tutte le misure suggerite dall’ordinaria diligenza

e idonee a scongiurare l’evento dannoso; da ciò si fa conseguire che la

presunzione di responsabilità gravante sul sorvegliante può essere vinta soltanto

fornendo la prova di non aver potuto impedire il fatto malgrado il diligente

esercizio della sorveglianza impiegata113

. Un altro indirizzo, invece, ritiene che la

responsabilità di cui all’art. 2047 c.c. poggi sulla particolare posizione assunta dal

________________________ 111

Tra i soggetti che sono contrattualmente impegnati a sorvegliare sull’operato del minore

meritano specifica menzione le istituzioni scolastiche e le baby sitter. FRANZONI, Dei fatti illeciti

(artt. 2043-2059), in Comm. Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1993, p.315. Cass., 12 maggio

1981, n.3142, in Giust. civ. mass., 1981, p.1095—ha ritenuto che il convivente della madre del

bambino possa rispondere del fatto illecito da questi cagionato. Cass., 24 maggio 1997, in Giust.

civ. mass., 1997, p.834-ha intravisto un obbligo di vigilanza in capo al nonno per il tempo in cui

aveva concesso ospitalità al nipote minore incapace. 112

CORSARO, Responsabilità per fatto altrui, in Digesto civ., XVII, Torino, 1998, p.388; in senso

analogo DE CUPIS, Il danno, Teoria generale della responsabilità civile, Milano, 1979, p. 125 e

BIANCA, Diritto civile, V, La responsabilità, Milano, 1994, p.703-- il fatto del sorvegliante si

pone quale “causa mediata” del danno. 113

SALVI, Responsabilità extracontrattuale, in Enc. Dir., Milano, 1988, p.1239; COMPORTI,

Fatti illeciti : le responsabilità presunte (artt. 2044-2048), in Comm. Schlesinger, Milano, 2002, p.

165; MOROZZO DELLA ROCCA, La responsabilità civile del sorvegliante dell’incapace

naturale, in La responsabilità civile. Responsabilità extracontrattuale, XI, ne ‘Il diritto privato

nella giurisprudenza’, a cura di CENDON, Torino, 1998, p.6. Cass., 16 giugno 2005, n. 12965, in

Giust. civ., 2006, p.72; Cass., 14 settembre 1967, in Rep. Foro It., 1977, voce Responsabilità

civile, nn. 70-71, ove si statuisce che la prova liberatoria non possa dirsi raggiunta con la sola

dimostrazione che il minore, al momento del fatto, si accompagnava a persona capace. Si è esclusa

la responsabilità del vicario per l’evento dannoso posto in essere dall’incapace in maniera

assolutamente repentina, tale da non rendere materialmente possibile alcun intervento e dove

l’omessa sorveglianza era determinata legittimo impedimento. Cass., 10 luglio 1958, n. 2485, in

Resp. civ. e prev., 1959, p.105; Cass., 10 aprile 1970, n. 1008, in Giust. civ., 1970, p.1379.

106

sorvegliante e ciò trova conferma nell’elaborazione giurisprudenziale che non

pone in capo alla vittima l’onere di dimostrare la colpa del vicario, ma ritiene

sufficiente la dimostrazione dell’obbligo di vigilanza su questi incombente e quasi

attribuendo agli stessi un ruolo di veri e propri garanti: gli interpreti ravvisano

l’oggetto della prova liberatoria a carico del sorvegliante nell’indicazione del fatto

specifico che ha impedito di esercitare tale attività di vigilanza114

. In ogni caso

anche per i sorveglianti valgono i criteri elaborati dalle Corti per definire l’obbligo

su di essi gravante: il contenuto del dovere di vigilanza va determinato con

riguardo non solo all’età del minore e al suo sviluppo intellettivo e fisico, ma

anche con riguardo alle circostanze di tempo, luogo, ambiente, pericolo, che,

considerando la natura e il grado di incapacità del soggetto sorvegliato, possano

consentire di o facilitare il compimento di atti lesivi da parte del medesimo;

inoltre si ritiene che la sorveglianza dell’incapace debba essere costante e

ininterrotta, e non saltuaria e a distanza come quella esercitata dai genitori115

.

In merito a tale aspetto della responsabilità meritano di essere segnalate due

sentenze della Cassazione. La prima riguarda un caso di responsabilità di culpa in

vigilando consumatosi in ambito scolastico116

: il caso riguardava una alunna che,

dopo essere stata accompagnata in bagno dalla maestra ed essere stata lasciata

sola, aveva subito gravi lesioni ad un occhio a causa della rottura accidentale della

cordicella dello scarico; tale sentenza conferma quanto già stabilito in primo

grado e in appello, con dichiarazione di responsabilità dell’insegnante e condanna

al risarcimento del danno a carico del Ministero della pubblica istruzione117

.

___________________________

114 BUSNELLI, Illecito civile, in Enc. Giur., XV, Roma, 1991,p.20; TRIMARCHI, Rischio e

responsabilità oggettiva, Milano, 1961, p.44; FRANZONI, Dei fatti illeciti (artt. 2043-2059), in

Comm. Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1993, p. 341; GALGANO, Diritto civile e commerciale,

Padova, 2004, p.429. In giurisprudenza Cass. 10 marzo 1980, n.1601, in Foro It., 1980, p.2526--

colui che si è obbligato a sorvegliare è liberato dalla responsabilità soltanto se prova, a norma

dell’art. 1218 c.c., che l’adempimento della sua prestazione è stato impossibile per causa a lui non

imputabile. 115

Cass., 24 maggio 1997, n. 4633, in Giust. civ. mass., 1997, p.834; Cass. 12 dicembre 2003, n.

19060, in Giur. it., 2004, p. 2310. In merito v. ALPA, Trattato di diritto civile. IV. La

responsabilità civile., Milano, 1999, p.666, il quale evidenzia una ‘certa relatività’ nella

valutazione giudiziale relativa all’ampiezza dell’obbligo di vigilanza. SESTA M., La

responsabilità nelle relazioni familiari, Torino, 2008, p.597-613. 116

Cass. civ. 26 aprile 2010, n. 9906, in Resp. civ. e prev., 2010, p.2290. 117

L’art. 61, comma 2, della legge 11 luglio 1980, n.312 , prevede la sostituzione ex lege del

Ministero nelle responsabilità civili derivanti da azioni giudiziarie di terzi verso gli insegnanti

statali per danni da culpa in vigilando.

107

In realtà in questa ipotesi ciò che viene in rilievo è l’art. 2048, ed è pacifico che

tale norma non opera per i danni che il minore procura a se stesso118

. In tale

ultimo caso il tipo di responsabilità che ne deriva è fondato su una responsabilità

contrattuale sia dell’istituto scolastico che del precettore, in quanto

l’iscrizione/ammissione scolastica dell’alunno determinerebbe un vincolo da c.d.

‘contatto sociale’119

: l’istituto sarebbe onerato per vincolo negoziale dell’obbligo

di vigilare sulla sicurezza e incolumità dell’allievo; il precettore, nell’ambito del

più ampio obbligo di istruire ed educare, è gravato anche di uno specifico obbligo

di protezione e vigilanza finalizzato ad evitare anche un potenziale

comportamento autolesionista dell’allievo. Dal suo inquadramento nell’area del

contratto, ne consegue la connessa responsabilità da inadempimento ex art. 1218

c.c.: in questo caso il danneggiato deve provare l’inadempimento e che il danno si

è verificato nel corso dello svolgimento del rapporto, mentre sull’altra parte

incombe l’onere di dimostrare che l’evento dannoso è stato determinato da causa

non imputabile né alla scuola, né all’insegnante. Nell’ipotesi di autolesione se il

danneggiato, ovvero i suoi genitori non riescono ad azionare utilmente tale azione

contrattuale che comporterebbe una responsabilità astrattamente esclusiva del

precettore, torna ad operare l’art. 2048 co.2 del c.c.: in tale caso il danneggiato

dovrà provare solo il fatto lesivo e che esso è avvenuto durante il periodo di

affidamento dell’alunno alla scuola, mentre sulla controparte grava l’onere della

prova liberatoria, consistente nella dimostrazione della “impossibilità di impedire

il fatto”120

.

__________________

118 “ I precettori e coloro che insegnano un mestiere o un'arte sono responsabili del danno

cagionato dal fatto illecito dei loro allievi e apprendisti nel tempo in cui sono sotto la loro

vigilanza.” 119

Tale categoria giuridica ha trovato ingresso nel nostro ordinamento a seguito della pronuncia

delle Sezioni Unite, 27 giugno 2002, n. 9346. 120

Recentemente la Corte di Cassazione si è occupata di un caso molto indicativo sulle

responsabilità che gravano sugli insegnanti nel corso del loro operato. Cass. civ. 22 aprile 2009, n.

9542 in www.personaedanno.it ---evidenzia come il docente per liberarsi dalla responsabilità

fondata sull’art. 2048 c.c. deve dimostrare di avere attuato non solo un intervento correttivo e

repressivo “… dopo l’inizio della serie causale sfociante nella produzione del danno, ma anche di

aver adottato in via preventiva tutte le misure disciplinari e organizzative idonee ad evitare il

sorgere di una situazione di pericolo favorevole al determinarsi di detta serie causale”. Quindi

viene dato risalto anche ad un momento preventivo di intervento che ha la stessa importanza di

quello successivo e che può essere esercitato in qualsiasi momento della attività didattica, e si

fonda sulla adozione di misure disciplinari.

108

In questo caso però la responsabilità dei precettori non è esclusiva, ma concorre

con quella dei genitori: essi pur essendo sollevati da culpa in vigilando, non sono

esenti da culpa in educando se non dimostrano di aver impartito al minore stesso

una educazione adeguata a prevenire comportamenti illeciti. In caso di danni da

autolesione si registra un comportamento di irresponsabilità collettiva da parte dei

genitori che continuano ad agire sempre e comunque contro l’istituzione

scolastica senza mai chiedersi se essi siano la fonte dei problemi causati dai figli.

Uno strumento che invece potrebbe essere utile e necessario per una esatta

ripartizione ovvero individuazione delle responsabilità in caso di atti illeciti

risarcibili è il potere disciplinare di cui dispone l’istituzione scolastica, che

punendo particolari comportamenti che siano indice di astratta culpa in educando

allerterebbe i genitori sulla carenza della loro opera educativa nella costruzione

della personalità dei figli. La procedura disciplinare a carico degli studenti è tutta

finalizzata ad introdurre elementi di dialogo tra l’istituzione scolastica ed i

genitori e l’attuale “Patto di corresponsabilità” tra scuola e genitori, può essere

visto come adesione bilaterale ad un progetto educativo di ampio respiro, nel

quale ciascuna parte deve riappropriarsi del suo ruolo nella consapevolezza della

sua importanza121

. L’altra sentenza riguarda un evento lesivo occorso tra minori

durante un torneo amatoriale tra associazioni sportive122

. La pronuncia offre

alcuni spunti di riflessione. La giurisprudenza ritiene che la valutazione del

comportamento tenuto dall’istruttore non debba effettuarsi in base ai parametri

previsti secondo uno standard astratto di ‘buon insegnante’, ma debba operarsi sul

singolo caso, dovendo tenere conto di circostanze quali l’età, la formazione, il

grado di maturità dell’allievo e le condizioni ambientali nelle quali si è svolto

l’insegnamento della disciplina; la probabilità di affermare la responsabilità

dell’istruttore sarà maggiore in caso di allievo minorenne ed inesperto nella

disciplina sportiva, richiedendosi in tali situazioni una vigilanza massima per

_____________________________

121 MENGA C., Il labile confine tra culpa in vigilando e culpa in educando, in Resp. civ. prev.,

2010, p.2290 ss. 122

Cass. civ. 30 marzo 2011, n. 7247 in www.personaedanno.it . I giudici di legittimità, mentre in

primo grado i genitori del minore, che a causa uno scontro di gioco aveva riportato un trauma

facciale avevano ottenuto la condanna dell’associazione sportiva al risarcimento dei danni ai sensi

dell’art. 2047 c.c., escludono l’applicabilità della responsabilità del sorvegliante normata dal’art.

2047 c.c.

109

continuità ed attenzione123

. Il supremo Collegio ha ritenuto che la circostanza

della minore età e del carattere dilettantistico della gara non erano sufficienti a

fondare la responsabilità dell’ente, in quanto il danno era stato arrecato iure,

essendoci in questo caso un grado di violenza compatibile con lo sport praticato e

si era riconosciuta la scriminante sportiva, per cui la partecipazione ad un’attività

sportiva connotata da competitività e da un certo grado di contrasto tra i

partecipanti, comporta un rischio per l’incolumità fisica dei partecipanti insito

nello stesso espletamento dell’attività124

. Inoltre pur se il nostro ordinamento non

riconosce la figura del grand mineur, ne offre la possibilità di una considerazione

autonoma del quasi maggiorenne, né del minore economicamente autosufficiente,

sussiste anche da noi la necessità di una responsabilizzazione dei minori per

renderli autonomi, in virtù del riconoscimento anche ai soggetti incapaci d’agire

di una propria dignità, libertà, in vista della piena maturazione personale. Tali

considerazioni vengono in rilievo soprattutto per tutta una serie di attività lecite

che sono consentite ai minori d’età in quanto destinate allo svolgimento della loro

personalità: le attività di gioco, di svago e di quelle sportive che solitamente i

minori svolgono da soli o in quanto affidati a precettori, istruttori, palestre. Sia nel

primo che nel secondo caso, quando non si può ammettere la responsabilità del

sorvegliante, spetterà al giudice di merito accertare il grado di maturazione

personale del minore e il livello di educazione impartitagli dai genitori, per

stabilire se sussiste una loro responsabilità.

Quindi al giudice spetta effettuare il difficile bilanciamento tra esigenze

contrapposte: il superiore interesse alla promozione delle attività sportive,

____________________

123 In tal senso Cass. 14 ottobre 2003, n. 15321, in Giur. it., 2004, p. 1848—secondo la pronuncia,

ai fini della configurabilità della responsabilità dei maestri per infortunio sportivo avvenuto

durante l’ora di educazione fisica a scuola, è necessario accertare che la condotta lesiva sia stata in

concreto connotata da un grado di violenza e ed irruenza incompatibili con il contesto ambientale e

con l’età e la struttura fisica dei partecipanti al gioco. 124

La giurisprudenza infatti anche in altre sentenze, es. Cass. 19 gennaio 2007, n. 1197, in Corr.

giur., 2007, p.489, riconoscendo che il gioco del calcio è attività normalmente praticata nelle

scuole di tutti i livelli come attività di agonismo non programmatico finalizzato a dare esecuzione

a un determinato esercizio fisico, la Corte ha escluso che vi fosse una qualsiasi colpa

dell’insegnante durante il gioco, data l’impossibilità di evitare l’evento date le condizioni in cui si

era verificato l’incidente. I giudici hanno accertato che l’incidente si era verificato per un fatto

accidentale ascrivibile al minore che per un errore nel controllo del pallone, senza che vi fosse

scontro con altro giocatore, era inciampato sul pallone e cadendo a terra aveva appoggiato la mano

sinistra procurandosi la frattura dell’avambraccio.

110

ovvero tutte quelle attività che sono forma di manifestazione della personalità

umana, e l’interesse a prevenire quanto più possibile fatti dannosi a adolescenti e

bambini in tenera età125

.

______________________

125 CIMMINO M., Autodeterminazione del minore e responsabilità civile, in Famiglia e dir., 2012,

p.144 ss.

111

4. La responsabilità per illecito dei minori

4.1. La disciplina di cui all’art. 2048 c.c.

Ove il minore sia capace di intendere e di volere e cagioni danno a terzi, trova

invece applicazione il disposto dell’art. 2048 c.c.126

Sotto il profilo soggettivo tale

forma di responsabilità riguarda solamente i danni causati dai figli minori non

emancipati o dalle persone soggette a tutela, che siano con esse conviventi,

nonché quelli compiuti dagli allievi nel periodo dell’apprendimento. Il requisito

della convivenza è connotato da un certo grado di genericità e non si risolve

unicamente nella materiale coabitazione, ma va inteso alla stregua di una generale

consuetudine di vita.127

Si esclude che la coabitazione implichi una continua ed

ininterrotta convivenza materiale sotto lo stesso tetto e il protratto allontanamento

del genitore lo esonera da responsabilità solo in presenza di una giusta causa,

ovvero se il padre o la madre erano legittimamente impossibilitati ad assolvere ai

loro doveri128

. Si tende ad escludere la responsabilità dei genitori anche quando il

figlio, sottraendosi ad ogni possibilità di controllo e vigilanza, abbia stabilmente

lasciato la casa familiare per fatto ad essi non imputabile, ma i genitori sono tenuti

a dimostrare di aver esercitato i poteri loro riconosciuti dall’art. 318 c.c.129.

_________________

126Art. 2048.Responsabilità dei genitori, dei tutori, dei precettori e dei maestri d'arte: “Il padre e

la madre, o il tutore, sono responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei figli minori non

emancipati o delle persone soggette alla tutela, che abitano con essi. La stessa disposizione si

applica all'affiliante. I precettori e coloro che insegnano un mestiere o un'arte sono responsabili del

danno cagionato dal fatto illecito dei loro allievi e apprendisti nel tempo in cui sono sotto la loro

vigilanza. Le persone indicate dai commi precedenti sono liberate dalla responsabilità soltanto se

provano di non avere potuto impedire il fatto.” 127

In dottrina ROVELLI, La responsabilità civile da fatto illecito, Milano, 1964, p.642;

FRANZONI, Dei fatti illeciti (artt. 2043-2059), in Comm. Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1993,

p. 363; altra parte della dottrina predilige una connotazione normativa della coabitazione,

valorizzandone il collegamento con i doveri genitoriali e sostenendo pertanto che essa fa ricadere

la responsabilità sul ‘soggetto tenuto ad adempiere l’obbligo di mantenere, istruire ed educare i

figli, di cui all’art. 147 c.c., purché abbia l’affidamento del minore ai sensi di legge’. SALVI,

Responsabilità extracontrattuale, in Enc. Dir., Milano, 1988, p.135; MOROZZO DELLA

ROCCA, Responsabilità civile e minore età, Napoli, 1994, p.144 ss. 128

ROVELLI, La responsabilità civile da fatto illecito, Milano, 1964, p.240; DE CRISTOFARO,

La responsabilità dei genitori per il danno cagionato a terzi dal minore, in Tratt. dir. fam., diretto

da Zatti, Milano, 2002, p.1229. 129

Cass. 11 luglio 1978, n. 3491, in Arch. civ., 1979, p.30; e sottolinea la necessità di dimostrare di

aver esercitato quanto l’art. 318 c.c. impone ai genitori ( “Il figlio non può abbandonare la casa dei

genitori o del genitore che esercita su di lui la potestà né la dimora da essi assegnatagli. Qualora se

ne allontani senza permesso, i genitori possono richiamarlo ricorrendo, se necessario, al giudice

tutelare.” ), Cass. 28 giugno 1951, n. 1728, in Resp. civ. e prev., 1952, p. 26.

112

In caso di separazione, laddove il giudice disponga l’affidamento condiviso ai

sensi dell’art. 155, anche se impone al genitore e il collocamento stabile presso

uno soltanto, non esonera l’altro dalla responsabilità prevista all’art. 2048 c.c.130

.

Nel caso in cui invece il giudice dispone l’affidamento mono-genitoriale ( ora

previsto dall’art. 337-quater e non più dall’art. 155-bis131

), già prima della riforma

operata con la l. n. 54 del 2006, la maggioranza degli interpreti evidenziava come

il genitore non affidatario manteneva rilevanti prerogative, quali il diritto-dovere

di vigilare sull’educazione e istruzione del figlio e la possibilità di ricorrere al

giudice ove fossero assunte decisioni pregiudizievoli al suo interesse e si giungeva

ad estendere ad esso la responsabilità ex art. 2048 c.c. non solo quando il figlio

commetteva l’illecito mentre era presso di lui ma anche quando era conseguenza

del mancato esercizio di tali prerogative132

.

Anche dopo la legge n. 54 del 2006 si arriva alle stesse conclusioni, in quanto è

volta a responsabilizzare in maggior misura il genitore non affidatario e il giudice

deve modellare i suoi poteri in modo tale da consentirgli di prendere attivamente

parte all’istruzione e alla cura del figlio e di rispondere, quindi, di eventuali fatti

___________________

130 In tal senso FACCI, Commento all’art. 2048 c.c., in Codice della famiglia, a cura di SESTA,

Milano, 2007, p.1820. Con il d.lgs. n. 154 del 28 dicembre 2013 in realtà le disposizioni in tema di

separazione, ma anche di scioglimento, cessazione degli effetti civili, annullamento, nullità del

matrimonio e in materia di procedimenti riguardanti i figli nati fuori del matrimonio sono state

spostate agli artt. 337-bis e ss. 131

Con il d.lgs. n. 154 del 28 dicembre 2013, è stato inserito nel c.c. questo articolo che dispone:

“ART. 337‐quater .

Affidamento a un solo genitore e opposizione all'affidamento condiviso.Il giudice può disporre l’af

fidamento dei figli ad uno solo dei genitori qualora ritenga con provvedimento motivato che l’affid

amento all'altro sia contrario all'interesse del minore.

Ciascuno dei genitori può, in qualsiasi momento, chiedere l'affidamento esclusivoquando sussiston

o le condizioni indicate al primo comma. Il giudice, se accoglie la

domanda, dispone l'affidamento esclusivo al genitore istante, facendo salvi, per quanto possibi

le, i diritti del minore previsti dal primo comma dell’articolo 337‐ter. Se la domanda risulta

manifestamente infondata, il giudice può considerare il

comportamento del genitore istante ai fini della determinazione dei provvedimenti da adottare ne

ll’interesse dei figli, rimanendo ferma l'applicazione dell'articolo 96 del codice di procedura civile.

Il genitore cui sono affidati i figli in via esclusiva, salva diversa disposizione del giudice, ha

l’esercizio esclusivo della responsabilità genitoriale su di essi; egli deve attenersi alle condizioni d

eterminate dal giudice. Salvo che non sia diversamente stabilito, le decisioni di maggiore interesse

per i figli sono adottate da entrambi i genitori. Il genitore cui i figli non sono affidati ha il diritto ed

il dovere di vigilare sulla loro istruzione ed educazione e può ricorrere al giudice quando ritenga c

he siano state assunte decisioni pregiudizievoli al loro interesse.”. 132

MANTOVANI, Responsabilità dei genitori, tutori, precettori e maestri d’arte, in La

responsabilità civile, a cura di Alpa e Bessone, in Giur. sist. Bigiavi, Torino, 1997, p.164; FACCI, I

nuovi danni nella famiglia che cambia, Milano, 2004, p.277; BIANCA, Diritto civile, V, La

responsabilità, Milano, 1994, p.698.

113

dannosi da questo posti in essere. Tali rilievi valgono anche per l’ipotesi di

divorzio, crisi della convivenza more uxorio e secondo l’opinione più diffusa

anche per la separazione di fatto: l’allontanamento concordato di un genitore dal

domicilio coniugale non comporta l’esonero da responsabilità, dal momento che

questi non può sottrarsi, in maniera arbitraria ed in forza di un accordo intervenuto

con l’altro ai propri doveri e quindi alla responsabilità contemplata dall’art. 2048

c.c., co.1.133

. Per quanto riguarda la prova di tale elemento, secondo buona parte

della dottrina spetta alla vittima provare la convivenza tra il minore ed i genitori,

anche attraverso presunzioni semplici134

. In quest’ultimo caso però si verifica

un’inversione dell’onere della prova, spettando poi al vicario dimostrare la

mancanza di coabitazione. Sempre dal punto di vista soggettivo occorre che

sussista un rapporto di genitorialità, in quanto la norma si riferisce espressamente

al padre e alla madre dell’autore dell’illecito135

. Ma tale requisito, proprio perché

la norma presuppone la mera qualità di genitore senza alcuna specificazione, non

va inteso in senso strettamente giuridico, si giunge a considerare responsabile ai

sensi dell’art. 2048 c.c. chiunque “ assuma il ruolo di genitore in virtù

dell’instaurarsi di una comunione di vita col minore”, a prescindere anche dalla

mancata acquisizione dello status di genitore naturale136

.

__________________

133 MANTOVANI, Responsabilità dei genitori, tutori, precettori e maestri d’arte, in La

responsabilità civile, a cura di Alpa e Bessone, in Giur. sist. Bigiavi, Torino, 1997, p.165;

FRANZONI, Dei fatti illeciti (artt. 2043-2059), in Comm. Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1993,

p. 360; MOROZZO DELLA ROCCA, La responsabilità civile del sorvegliante dell’incapace

naturale, in La responsabilità civile. Responsabilità extracontrattuale, XI, ne ‘Il diritto privato

nella giurisprudenza’, a cura di CENDON, Torino, 1998, p.228; FACCI, I nuovi danni nella

famiglia che cambia, Milano, 2004, p.279; FERRANTE, La responsabilità civile dell’insegnante,

del genitore e del tutore, 2008, p.200. 134

COMPORTI, Fatti illeciti : le responsabilità presunte (artt. 2044-2048), in Comm. Schlesinger,

Milano, 2002, p.225; SCOGNAMIGLIO R., Responsabilità per fatto altrui, in Noviss. Dig. it.,

Torino, 1968, p.695; DE CUPIS, Dei fatti illeciti, in Comm. Scialoja-Branca, Bologna-Roma,

1964, p.61. 135 FASANO A.M., MATONE S., I conflitti della responsabilità genitoriale, Milano, 2013, p.360;

ANCESCHI A., Rapporti tra genitori e figli. Profili di responsabilità, Milano, 2007, p.142;

SESTA M., La responsabilità nelle relazioni familiari, Torino, 2008, p.625-633. 136

In questo senso MONATERI, La responsabilità per le attività dei minori e degli allievi, in Tratt.

di dir. priv., diretto da Bessone, Illecito e responsabilità civile, Torino, 2002, p.1 ss.; FRANZONI,

Dei fatti illeciti (artt. 2043-2059), in Comm. Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1993, p.357—ha

esteso la responsabilità ex art. 2048 c.c. anche al genitore che convive con il figlio irriconoscibile,

perché la ratio dell’art.2048 c.c. è l’esigenza di garantire un risarcimento ai terzi danneggiati.

Cass. 12 maggio 1981, n. 3142, in Giust. civ. mass., 1981, p.1095---ha esteso tale responsabilità

anche al convivente more uxorio del padre o della madre.

114

Dal punto di vista oggettivo occorre da parte del minore la commissione di un

fatto illecito, laddove con tale termine non si deve fare necessariamente

riferimento alla configurabilità di fattispecie penali, bensì alla clausola generale di

responsabilità di cui all’art. 2043 c.c. e sussiste anche per ognuna della ipotesi

previste dal titolo IX del libro III del codice civile e pertanto anche nelle ipotesi in

cui sia configurabile una responsabilità soltanto oggettiva del figlio (tipico

esempio è il danno cagionato dal minore ai sensi dell’art. 2054 c.c.137

). Si è però

rilevato che, se si intravede la ratio dell’art. 2048 c.c. nell’esigenza di

responsabilizzare i genitori in quanto tenuti ad adempiere i propri obblighi di

vigilanza ed educativi, risulterebbe contraddittorio poi chiamarli a rispondere che

prescindono del tutto dalla colpa del minore e che non possono ascriversi al

mancato svolgimento di tali compiti138

.

Il fondamento di tale responsabilità infatti si ricollega all’esercizio della potestà

ovvero a quell’insieme di poteri e doveri conferito al fine di realizzare i compiti di

cui agli artt. 30 Cost. e 147 c.c. Non c’è invece unità di vedute riguardo alla natura

della responsabilità gravante sui genitori. Un indirizzo ritiene che si tratti di

responsabilità indiretta per fatto altrui, essendo il padre e la madre chiamati a

rispondere dell’evento lesivo determinato dalla condotta del figlio, mentre un altro

indirizzo ritiene che si tratti di responsabilità diretta per fatto proprio, consistente

nell’inottemperanza ai doveri di cui all’art. 147 c.c.139

.

Anche in merito al criterio di imputazione della responsabilità su cui poggia l’art.

2048 c.c. c’è divisione tra un orientamento che fonda la responsabilità dei genitori

_____________________ 137

Art. 2054.Circolazione di veicoli. “Il conducente di un veicolo senza guida di rotaie è obbligato

a risarcire il danno prodotto a persone o a cose dalla circolazione del veicolo, se non prova di aver

fatto tutto il possibile per evitare il danno. Nel caso di scontro tra veicoli si presume, fino a prova

contraria, che ciascuno dei conducenti abbia concorso ugualmente a produrre il danno subìto dai

singoli veicoli…..”---Cass. civ., 9 luglio 1998, n. 6686, in Arch. giur. circolaz., 1999, p.237. In tale

sentenza si stabilisce che i genitori possono essere chiamati a rispondere del fatto illecito

commesso dal minore durante la circolazione su veicolo senza guida di rotaie ex art. 2054 c.c.,

anche quando la responsabilità del figlio non sia accertata in concreto, ma solo presunta. 138 ANCESCHI A., Rapporti tra genitori e figli. Profili di responsabilità, Milano, 2007, p.142-143;

SESTA M., La responsabilità nelle relazioni familiari, Torino, 2008, p. 622-4. 139

Nel primo senso: SCOGNAMIGLIO R., Responsabilità per fatto altrui, in Noviss. Dig. it.,

Torino, 1968, p.694; FRANZONI, Dei fatti illeciti (artt. 2043-2059), in Comm. Scialoja-Branca,

Bologna-Roma, 1993, p.348 ss. Nel secondo senso:DE CUPIS, Il danno, Teoria generale della

responsabilità civile, Milano, 1979, p.133 ss.; CORSARO, Funzione e ragioni della responsabilità

del genitore per il fatto illecito del minore, in Giur. it., 1998, p.229; POGLIANI, Responsabilità e

risarcimento da illecito civile, Milano, 1969, p.130.

115

sulla colpa e in particolare sulla negligente inosservanza dei doveri discendenti

dal rapporto di filiazione e un secondo orientamento che ritiene che il regime di

responsabilità dei genitori poggia su un criterio di imputazione sostanzialmente

oggettivo, dovuto alla particolare posizione rivestita dai genitori, che sarebbero

nella condizione ottimale per adoperarsi e prevenire eventuali fatti dannosi dei

figli140

.

_________________

140 Nel primo senso BIANCA, Diritto civile, V, La responsabilità, Milano, 1994, P.692;

GIANNINI. POGLIANI, La responsabilità da illecito civile, Milano, 1996, p.126; PINTO

BOREA, I doveri dei genitori verso i figli minori e la responsabilità ex art. 2048 c.c., in Dir.

famiglia, 1992, p.398. Nel secondo senso es. SALVI, Responsabilità extracontrattuale, in Enc.

Dir., Milano, 1988, p. 134, che sostiene che la responsabilità di cui all’art. 2048 c.c. si basa su di

una determinata qualità personale. MONATERI, La responsabilità per le attività dei minori e degli

allievi, in Tratt. di dir. priv., diretto da Bessone, Illecito e responsabilità civile, Torino, 2002, p.18,

che afferma che i genitori sono chiamati a rispondere ‘dei rischi tipici connessi alla minore età dei

loro figli’ e che la loro responsabilità è ‘oggettiva per rischio tipico’.

116

4.2. Le oscillazioni giurisprudenziali in merito alla natura di tale forma

di responsabilità e alla portata della prova liberatoria a carico dei

genitori

Significative a riguardo sono alcune sentenze in tema di responsabilità genitoriale

per fatti illeciti dei minori, in alcuni casi particolarmente gravi e integranti

fattispecie penali. La prima vicenda riguarda una sentenza della Cassazione

intervenuta in riferimento ad un illecito commesso da un minore durante una

partita di calcio141

. La Corte di Cassazione, ribaltando quanto affermato in primo e

secondo grado, riconosce la responsabilità dei genitori per l’illecito commesso dal

figlio: “ I criteri in base ai quali va imputata ai genitori la responsabilità per gli atti

illeciti compiuti dai figli minori consistono, sia nel potere-dovere di esercitare la

vigilanza sul comportamento dei figli stessi, sia anche, e soprattutto, nell’obbligo

di svolgere adeguata attività formativa, impartendo ai figli l’educazione al rispetto

delle regole della civile coesistenza, nei rapporti con il prossimo e nello

svolgimento della attività extrafamiliari”142

. L’art. 2048 c.c. prevede una forma di

responsabilità fondata su una presunzione di colpa a carico dei genitori e

superabile solo con la dimostrazione di “ non aver potuto impedire il fatto”143

.

___________________________

141 Cass., 6 dicembre 2011 ,n. 26200, in Dir. fam. per., 2011, p.1028—il minore danneggiato

veniva colpito con una testata da un giocatore della squadra avversaria, mentre il gioco era fermo e

senza che in precedenza vi fosse stata alcuna aggressione o fallo di gioco. 142

I giudici di merito escludevano in capo ai genitori una responsabilità ex art. 2048 c.c. poiché in

quel contesto, ossia durante la competizione sportiva, “gli stessi non avrebbero in alcun modo

potuto intervenire per impartire direttive al figlio o comunque prevedere o impedire l’evento”,

dovendosi attribuire il fatto lesivo esclusivamente al minore, “ben consapevole delle regole del

gioco e del comportamento a cui avrebbe dovuto attenersi e che invece ha deliberatamente violato”

e condannano solo il figlio al risarcimento del danno. Così: App. Bologna 30 agosto 2008, in Dir.

giur., 7 dicembre 2011. Il fatto, imprevedibile e violento, non avviene come fallo di gioco in uno

scontro per il possesso della palla, ma in occasione di una sosta della partita, quando l’autore

dell’illecito si muove volontariamente e deliberatamente per raggiungere e colpire un ragazzo della

squadra avversaria, con il quale, in precedenza non vi erano stati scontri o contrasti. Anche in un

altro caso era sta esclusa la responsabilità dei genitori, in un fallo di gioco che aveva provocato la

frattura della mandibola: App. Genova, 9 novembre 2004, in Il corriere del merito, 2005, p.171 ss. 143

Secondo la Corte d’appello in alcune particolari situazioni l’esercizio del controllo sul minore è

solo formale e lo svolgimento di un’attività agonistica rientra tra queste ipotesi, atteso che nel

momento e nel luogo della gara l’intervento del genitore non sarebbe possibile, a causa della

presenza di strutture e controlli atti ad impedire il contatto tra giocatori e pubblico e diretti a

garantire il corretto svolgimento della competizione sportiva e la sicurezza degli atleti. Per la Corte

sarebbe stata raggiunta la prova della incolpevole impossibilità di intervento interruttivo dei

genitori nella sequela degli atti poi sfociati nella realizzazione dell’atto lesivo. LUDOVICI G., Le

colpe dei figli minori ricadono sempre sui padri e sulle madri (ovvero come la mancata

osservanza del dovere di educare la prole non trovi limiti di spazio e di tempo, e costituisca

sempre, salva prova contraria, fonte di responsabilità diretta per gli esercenti la potestà

genitoriale), in Dir. fam. per., 2011, p.1034.

117

È proprio attorno alla portata della prova liberatoria, e quindi alla natura giuridica

di tale forma di responsabilità che, negli anni si sono registrati contrasti di

opinioni, tanto in dottrina che in giurisprudenza. La tesi dei giudici di legittimità,

pur non disattendo il ragionamento operato dalla corte territoriale basato sul

canone costituzionale di ragionevolezza, ha chiarito la effettiva portata degli

obblighi di vigilanza ed educazione incombenti sui genitori e discernendo la culpa

in vigilando dalla culpa in educando, riconoscendo a quest’ultima un ruolo

preminente rispetto alla prima e ha ricondotto l’illecito commesso dal minore ad

oggettive carenze dell’attività educativa. Tra l’altro la stessa corte in altra

occasioni aveva affermato che l’onere della prova di non aver potuto impedire il

fatto illecito del minore che incombe sui genitori non consiste tanto nella

dimostrazione di una continua sorveglianza fisica e concreta, ma

nell’adempimento del dovere di aver svolto adeguata attività di istruzione e

formazione, impartendo al minore un’educazione consona alle proprie condizioni

sociali e familiari144

. Così, nonostante il testo normativo sia rimasto immutato,

nel nostro contesto etico- sociale, profondamente mutato, ha acquistato rilevanza

determinante il valore dell’educazione familiare, impartita e ricevuta.

L’interpretazione giurisprudenziale ha trasformato il contenuto negativo della

prova liberatoria richiesta, compatibile con la responsabilità oggettiva ( art. 2051

c.c.145

), nella dimostrazione positiva dell’aver adempiuto ai propri doveri di

genitori, impartendo una corretta educazione e, quindi, differenziando

l’applicazione concreta dell’onere della prova, rispetto alla diversa ipotesi di cui

all’art. 2047 c.c. riguardante la responsabilità dei genitori per i danni arrecati a

terzi da minori non emancipati, che continua ad essere di contenuto negativo146

.

_______________________________ 144

Cass., 20 aprile 2007, n. 9509, in Danno e resp., 2007, p. 1025. Anche Cass. 21 settembre 2000,

n. 12501, in Dir. e giust., 2000, p.12—ha specificato che l’affidamento del minore alla custodia di

terzi solleva i genitori dalla presunzione di culpa in vigilando, ma non da quella di culpa in

educando, rimanendo i genitori tenuti a dimostrare di aver impartito al minore stesso

un’educazione adeguata a prevenirne comportamenti illeciti. 145

Art. 2051.Danno cagionato da cosa in custodia. “Ciascuno è responsabile del danno cagionato

dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito.”. 146

ALPA, Trattato di diritto civile, La responsabilità civile, Milano, 1999, p.668 ss. Es. Cass., 18

gennaio 2006, n. 831, in Resp. civ., 2006, p.1071, aveva confermato la sentenza del giudice di

merito che aveva escluso la responsabilità dei genitori per i danni provocati dal loro figlio ad un

altro minore con un manganello di plastica in occasione di una festa di carnevale organizzata

presso un oratorio parrocchiale, ritenendo che il curriculum scolastico, militare e lavorativo del

ragazzo all’epoca ‘quasi maggiorenne’, nonché il suo contesto familiare, dimostrassero che egli

aveva ricevuto un’educazione adeguata.

118

Ciò che secondo la Cassazione avevano erroneamente dimenticato i giudici di

merito è l’importanza, ai fini dell’applicazione dell’art. 2048 c.c., della

responsabilità dei genitori nella educazione impartita alla prole: se l’evento lesivo

non può essere evitato dal genitore con un intervento fisico sul minore stesso, in

quanto si trova al di fuori della sua sfera di vigilanza, ciò che è rilevante per

attribuire la responsabilità in simili ipotesi è il difetto di un’adeguata formazione

del minore, ovvero di un corretto insegnamento che permetta allo stesso di

ritenere illecito, o anche solo non consentito, un comportamento violento o,

comunque, lesivo dell’altrui persona o proprietà, ovvero di qualsiasi altro bene

tutelato dall’ordinamento giuridico. In questo modo la Suprema Corte sembra

aver aderito all’orientamento prevalente che vede nell’art. 2048 c.c. un’ipotesi di

responsabilità di natura diretta per fatto colposo, ovvero per culpa in vigilando e

culpa in educando, ovvero in presenza di un difetto di sorveglianza e/o

educazione: infatti l’interesse fondamentale sotteso alla previsione di cui all’art.

2048 c.c. è quello del minore a ricevere nei primi anni di vita e, soprattutto nel

periodo adolescenziale protezione, educazione e formazione da parte dei genitori,

affinché nel rapporto con gli altri consociati, sia consapevole delle regole della

civile convivenza147

. In questo caso i giudici si sono spinti oltre sino a desumere

la prova del deficit educativo dalla condotta stessa tenuta dall’aggressore

attribuendo un ruolo rilevante alla gravità e alle modalità del fatto illecito148

.

__________________ 147

Sul rapporto intercorrente tra i doveri di vigilanza ed educazione, si segnala Cass. 30 ottobre

1984, n. 5564, in Foro It., 1985, p. 145 ss., secondo cui “ i compiti dell’educazione e della

sorveglianza si presentano oltre che complementari, tra di loro interdipendenti, nel senso che man

mano che l’opera educatrice abbia (o non abbia) conseguito i propri progressivi risultati,

consentendo al minore una sempre maggiore capacità di corretto inserimento nella vita di

relazione, consono alla sua età e al suo ambiente, si attenua ( o meno) l’intensità del correlativo

dovere del genitore di vigilare sulla sua condotta, permettendo di elargire al minore quei

proporzionali gradi di libertà di movimento e di autodeterminazione di cui, per le sue attitudini e

per l’affidabilità delle inclinazioni in precedenza manifestate, si sia reso meritevole”. 148

Così “ l’inadeguatezza dell’educazione impartita e della vigilanza esercitata su di un minore

può essere ritenuta, in mancanza di prova contraria, dalle modalità dello stesso fatto illecito” e i

fatti realizzati da un soggetto minore di età “ben possono rivelare il grado di maturità e di

educazione del minore, conseguenti al mancato adempimento dei doveri incombenti sui

genitori...”.---anche in una recente sentenza la Cassazione si è orientata allo stesso modo

(Cassazione civile , sez. III, sentenza 19.02.2014 n° 3964, in Altalex , 21 marzo 2014. Nota di

Giuseppina Vassallo): il caso riguardava una ragazza sedicenne che attraversa di corsa sulle strisce

pedonali nonostante il semaforo rosso e viene investita da una moto causando danni anche al

motociclista e al veicolo; in particolare la Cassazione quanto all’accertamento della responsabilità

dei genitori ex art. 2048 c.c., ritenendo che tale responsabilità è connessa ai doveri inderogabili

richiamati dall’art. 147 c.c. , per sottrarsi a tale responsabilità, essi devono pertanto dimostrare di

aver impartito al figlio un'educazione sufficiente per una corretta vita di relazione.

119

Quindi i giudici di legittimità hanno dimostrato un atteggiamento rigoroso,

rendendo impossibile per i genitori rimanere esenti da responsabilità e quindi

considerando la responsabilità vicaria dei genitori sempre più ancorata ad una

responsabilità oggettiva149

. Anche in un altro caso, riguardante questa volta un

illecito connesso alla circolazione stradale, la Cassazione si orientata allo stesso

modo150

. Così come affermato in altre occasioni, la pronuncia ritiene che151

: la

mancanza del casco in capo all’autore del sinistro è motivo per ritenere inidonea

la prova richiesta dai suoi genitori ‘stante la palmare evidenza dell’omessa

vigilanza’ e le esperienze lavorative del minore- fabbro e carrozziere, escludono la

culpa in vigilando, ma non sono sufficienti a liberarli dalla ‘presunzione di culpa

in educando’. Infatti “lo stato di sconsiderata immaturità, il temperamento e

l’educazione del minore” si sarebbero potuti desumere, oltre che “dalle modalità

di svolgimento del fatto” anche dalla circostanza che il minore al momento

dell’incidente non indossava il casco protettivo. Inoltre il fatto di essere “quasi

__________________________ 149

In altri termini, una volta che il genitore abbia fornito la prova di non aver potuto materialmente

impedire il fatto, lo stesso dovrà dimostrare: in primis che la formazione educativa fornita, sia

adeguata alle caratteristiche psicofisiche del figlio, poi, raggiunto tale obiettivo, si controlla se il

fatto illecito, con le sue modalità, sia in grado di dimostrare la colpa in re ipsa del genitore per

insufficiente o non appropriata educazione. Così LUDOVICI G., Le colpe dei figli minori

ricadono sempre sui padri e sulle madri (ovvero come la mancata osservanza del dovere di

educare la prole non trovi limiti di spazio e di tempo, e costituisca sempre, salva prova contraria,

fonte di responsabilità diretta per gli esercenti la potestà genitoriale), in Dir. fam. per., 2011,

p.1028 SS.; CARBONE V., Responsabilità dei genitori per carenze educative: danni provocati dal

figlio minore in una sosta della partita di calcio, in Danno e resp., 2012,p.259 SS.; TOSCANO G.,

Culpa in educando e responsabilità genitoriale, in Famiglia e dir., 2012, p.723 SS.; in dottrina

MOROZZO DELLA ROCCA, Responsabilità civile e minore età, Napoli, 1994, p. 39 ss., per il

quale “ il dovere dei genitori di educare e sorvegliare il figlio si trasforma da obbligazione di

mezzi ad obbligazione di risultato. Assai spesso, infatti, le modalità dell’illecito sono ritenute tali

da evidenziare una culpa in vigilando o una culpa in educando, mentre in altre occasioni si imputa

ai genitori di non aver corretto quei difetti che la condotta del figlio aveva manifestato. Non rileva

lo sforzo diretto ad impartire l’educazione o a garantire la sorveglianza, dovendo sostanzialmente

fornirsi la prova che il fatto si sarebbe verificato anche in presenza di un’assidua vigilanza”. 150

Cass., 22 aprile 2009, n.9556, in Giust. Civ., 2010, p.965—A seguito della morte di un giovane

motociclista in un grave incidente stradale, i congiunti della vittima intraprendono un’azione

legale per ottenere il risarcimento dei danni nei confronti del minorenne (che, alla guida dell’altro

ciclomotore coinvolto nella collisione, aveva determinato il tragico sinistro) e dei suoi genitori (ex

art. 2048 c.c.). A fronte della decisione di primo grado (che accoglieva la domanda risarcitoria e

affermava la responsabilità del minore nella percentuale del 70%) e di quella d’appello, la Corte

conferma la condanna in solido del minore e dei suoi genitori al ristoro delle somme dovute, quali

danni morali ed esborsi conseguenti al sinistro, in favore dei genitori e dei fratelli del deceduto. 151

Cass. civ. 20 ottobre 2005, n. 20322, in Nuova giur. civ. comm., 2006, p.990, dove si afferma

che “il conseguimento del titolo di abilitazione alla guida non esonera i genitori dal loro dovere di

sorveglianza…”.

120

diciottenne” al momento del sinistro non assurge a rilievo “in quanto l’art. 2048

c.c., co.1, si riferisce al figlio comunque minorenne verso il quale i doveri di cui

all’art. 147 c.c. sono di natura inderogabile e finalizzati a correggere

comportamenti non corretti e meritevoli di costante opera educativa, onde

realizzare una personalità equilibrata, consapevole della relazionalità della propria

esistenza e della protezione della propria e altrui persona da ogni accadimento

consapevolmente illecito.” Questo atteggiamento di rigore ha suscitato diverse

critiche in dottrina, che ha avanzato il dubbio che dietro certe soluzioni concrete ci

siano altre considerazioni, tra cui la necessità di garantire, comunque, il danno

subito152

. Se non si vuole addossare ai genitori una posizione di garanti delle

obbligazioni risarcitorie dei figli occorre: in primo luogo verificare

l’adempimento degli obblighi imposti dall’art. 147 c.c., anche per il tramite di

presunzioni, ad esempio valutando il curriculum scolastico e lavorativo della

prole, le occasioni di studio e di educazione, l’esempio offerto, nonché le modalità

del fatto concreto; poi accertare se tale opera educativa abbia sortito il suo effetto,

distinguendo ciò che è mancato nell’educazione e ciò che non è stato recepito153

.

Quello che non convince è che se si ritiene l’obbligo educativo logicamente

anteriore a quello di vigilanza, non sembra coerente escludere la prova liberatoria

richiesta dall’art. 2048 c.c. in base alla mancanza del casco, elemento che si

riconnette al profilo della sorveglianza. Considerare le pregresse esperienze

lavorative di carrozziere, come attinenti alla vigilanza e non all’educazione, priva

i genitori di qualsiasi possibilità di provare la mancanza di responsabilità154

.

______________________________ 152

GALLUZZO, La responsabilità dei genitori per i danni cagionati dai figli, in I principi

generali del diritto di famiglia. Lessico di diritto di famiglia, 2003, p.13 ss., afferma che tale

responsabilità, nella prassi giurisprudenziale, viene vissuta ‘quasi come una garanzia di tipo

assicurativo o fideiussorio per il danneggiato creditore’. 153 Cass. 21 settembre 2000, n. 12501, in Dir. e giust., 2000, p.12, precisa che i genitori devono

anche vigilare sui risultati dell’educazione e “sul grado in cui i precetti impartiti sono stati

assimilati”. In materia penale la Corte, dimostra maggiore considerazione delle concrete possibilità

operative dell’educazione impartita dai genitori, laddove afferma che “ costituisce giusto motivo,

idoneo ad escludere l’antigiuridicità del mancato adempimento da parte del genitore dell’obbligo

scolastico del figlio minore, il rifiuto di questi di ricevere l’istruzione obbligatoria, sempre che si

tratti di rifiuto categorico, cosciente e volontario e tale rifiuto permanga anche dopo che i genitori

abbiano usato ogni argomento persuasivo ed ogni altro espediente educativo di cui siano capaci.”.

Così Cass. pen., 5 maggio 2009, n. 25980 in www.cortedicassazione.it . 154 MASTRANGELO G., La responsabilità dei genitori tra educazione e vigilanza della prole

minore, in Resp. civ. prev., 2010, p.548 ss.; PARDOLESI P., DIMATTIA M., Responsabilità dei

genitori per l’illecito dei minori: un esercizio di precomprensione?, in Danno e resp.,2010, p.173-

174.

121

Tale orientamento di rigore viene confermato a maggior ragione in alcune vicende

in cui il fatto illecito del minore integra fattispecie penali particolarmente gravi.

Viene in rilievo una sentenza del Tribunale di Milano che aveva condannato i

genitori di sei minorenni, coinvolti nel procedimento penale per il delitto previsto

dall’art. 609-octies c.p. (violenza sessuale di gruppo), in proprio e nella qualità di

esercenti la potestà genitoriale, al risarcimento dei danni nei confronti dei genitori

e della minorenne oggetto di violenza sessuale. La sentenza in commento ,

abbraccia l’orientamento maggioritario e più rigoroso, di cui è esempio la

sentenza già citata in un caso di incidente stradale con esito mortale155

. Il

tribunale, non condividendo le critiche mosse a tale indirizzo, ritiene che il

rigoroso onere probatorio a carico dei genitori risponde all’esigenza di dare un

contenuto concreto all’ampia formula legislativa156

: se la norma considera che sia

possibile per un genitore impedire il fatto illecito del figlio minore, ciò è proprio

in virtù dei compiti connessi alla sua funzione genitoriale, che si concretizzano

nella possibilità di vigilare sui figli ed educarli, “sicché non è estraneo alla logica

della previsione normativa che la prova liberatoria abbia riguardo al positivo

esercizio di quei compiti”. Nel caso di specie, tenendo conto dell’età dei minori

coinvolti e della natura degli illeciti commessi, deve farsi riferimento non alla

culpa in vigilando, ma alla culpa in educando. Il nuovo modo di intendere i

rapporti familiari e il riformato assetto della famiglia dimostrano il rilievo che

assume l’educazione e “l’educazione sessuale di un bambino e di un ragazzo non

si esaurisce nelle spiegazioni tecniche e nelle indicazioni precauzionali, ma deve

connotarsi, soprattutto, come educazione al rispetto dell’altra/o, come educazione

alla relazione non con altro corpo, ma con altra persona”. Secondo la Corte la

condotta tenuta dai minori implica l’evidente carenza o inefficacia di

un’educazione al rispetto e dei sentimenti e desideri altrui e non valgono a

contrastare tale conclusione le circostanze dedotte a prova dai genitori- tra cui il

corretto comportamento dei figli nei contesti scolastici e amicali,

____________________________

155 Cass., 22 aprile 2009, n.9556, in Giust. Civ., 2010, p.965. 156

“Parte della dottrina ritiene che la trasformazione giurisprudenziale della prova liberatoria

configura a carico dei genitori un onere particolarmente gravoso e esprima la trasformazione della

responsabilità per presunzione di colpa in responsabilità oggettiva. Per alcuni è espressione di

un’interpretazione anacronistica della norma, che non terrebbe conto dell’evoluzione della

famiglia e dei processi educativi e non attribuirebbe rilievo alla cosiddetta autoeducazione del

minore”. Così in Trib. Milano, 16 dicembre 2009, in Guida al diritto,2010, p.62.

122

l’educazione nel rispetto delle persone e dei valori cristiani; l’avvenuta

frequentazione delle lezioni di educazione sessuale a scuola, ecc.157

.

Viene così a configurarsi a carico dei genitori una responsabilità da effetti (o

meglio da risultato) e i genitori dovranno rispondere civilmente per i danni inflitti

dai figli, in quanto la gravità dei fatti illeciti perpetrati da questi ultimi è tale da

doversi ricondurre “ad oggettive carenze nell’attività educativa e/o nel

monitoraggio della stessa” da parte dei genitori158

. Seguendo tale ragionamento, i

soggetti che sono maggiormente in grado di dominare le fonti di rischio- il

comportamento dei minori- devono “internalizzare i rischi connessi con le attività

del minore”, ovvero i genitori “sono obbligati per un evento di danno che non

hanno direttamente cagionato, essendo chiamati a rispondere esclusivamente in

virtù del loro status” assolvendo così un ‘funzione di garanzia patrimoniale’159 -160

.

Un’altra sentenza che affronta la tematica della responsabilità dei genitori per

fatto illecito del minore, riguarda il caso di un grande minore, ovvero di un

soggetto quasi maggiorenne (diciassettenne), che lontano dal controllo dei genitori

si è macchiato di un gravissimo delitto (omicidio), compiuto sull’onda

dell’impulso d’ira determinato dal comportamento (provocatorio) della vittima161

.

Anche in questa occasione la Cassazione ha aderito all’orientamento più rigoroso,

___________________________

157 Così testualmente “se messaggi educativi vi sono stati, non sono stati adeguati o non sono stati

assimilati, sicché deve ritenersi che da parte dei genitori non sia stata prestata dovuta attenzione

all’avvenuta assimilazione da parte dei figli dei valori trasmessi….trattandosi di figli pre-

adolescenti o adolescenti, non è stata dedicata cura particolare- tanto più doverosa in presenza di

opposti segnali provenienti da una diffusa cultura di mercificazione dei corpi- a verificare che il

processo di crescita avvenisse nel segno del rispetto del corpo dell’altra/o”.

158 Già la Cassazione, in Cass. 20 ottobre 2005, n. 20322, in Mass. Giust. civ., 2005, p.7, aveva

precisato che l’inadeguatezza dell’educazione impartita può desumersi, in mancanza di prova

contraria, dalle ‘ modalità del fatto illecito, che ben possono rivelare il grado di maturità e di

educazione del minore’ e i genitori devono vigilare sui risultati dell’educazione e ‘ sul grado in cui

i precetti impartiti sono stati assimilati’. 159

Così FACCI, sub art. 2048 c.c., in Codice della famiglia, a cura di Sesta, Milano, 2009, p.2139.

VENCHIARUTTI, La responsabilità dei genitori per danni commessi dai figli minori. Novità

giurisprudenziali e impulsi della dottrina, in Persona e danno, a cura di CENDON, Milano, 2004,

p.2708, secondo cui i genitori possono liberarsi della presunzione in tali casi solo “dimostrando la

colpa della vittima, la causa estranea o il caso fortuito”. 160

Trib. Milano, 16 dicembre 2009, in Guida al diritto,2010, p.62 e note a tale sentenza:

MASTRANGELO G., Violenza sessuale di gruppo e responsabilità dei genitori ex art.2048 C.C. :

il risarcimento del danno non patrimoniale come ‘internazionalizzazione del rischio educativo’ ?,

in Resp. civ. prev., 2010, p.1614 ss.; PARDOLESI P., Genitori e illecito dei minori: una

responsabilità da risultato?, in Danno e resp.,2010, p.368 ss. 161 Cass. Civ. , 28 agosto 2009, n. 18804, in Resp. civ., 2011, p.361.

123

ma si contraddistingue per aver riempito di contenuto specifico l’obbligo di

educazione162

.

I giudici di legittimità non si sono limitati a ricavare la responsabilità genitoriale

dalle modalità del fatto illecito, ma ha scelto la strada di esaminare separatamente

e penalizzare la condotta omissiva del padre163

. La responsabilità è stata fondata

su un inadempimento specifico dei doveri di educazione e di formazione della

personalità del minore, che rischia di risolversi nell’incapacità del minore di

frenare i propri istinti e di incanalarli in modalità espressive inidonee a cagionare

danni. La suprema Corte ha, quindi, ritenuto il padre direttamente responsabile per

aver avuto un atteggiamento di distacco nei confronti del figlio, ossia per averlo

lasciato in balia delle aggressioni verbali altrui e da solo nell’affrontare le

continue provocazioni ambientali, così, consentendo, nel tempo, la crescita

esponenziale di sentimenti negativi, quali il rancore, l’odio e la rabbia, poi sfociati

nel comportamento ribelle e violento. La sentenza ha anche sottolineato come un

figlio tenda a rafforzare eventuali attitudini atte a cagionare danni a terzi a mano a

mano che si avvicina alla maggiore età ed è proprio in questa fase che egli

necessita di maggiore controllo, e soprattutto dell’aiuto concreto del genitore, che

si deve concretizzare non solo in consigli a parole, ma anche in concreti esempi di

vita: modi d’agire e condotte virtuose. In realtà tale pronuncia contrasta quanto

affermato dalla stessa corte in altre occasioni in tema di danni cagionati dai grandi

minori, dove si era evidenziato che, con il crescere dell’età,

______________________

162 In particolare espressiva di questo indirizzo rigoroso è Cass. 14 marzo 2008, n. 7050, in Foro

It., 2008, p. 2883—che in tema di scontro stradale tra due ciclomotori, verificatosi per la

negligente condotta di guida di un sedicenne e con danni cagionati ad un altro soggetto anch’esso

minorenne , afferma : “ I genitori sono responsabili dei figli minori conviventi, sia per i

comportamenti illeciti frutto di omessa o carente sorveglianza, sia per gli illeciti riconducibili ad

oggettive carenze nell’attività educativa che si manifestino nel mancato rispetto delle regole della

coesistenza civile vigenti nei diversi ambiti del contesto sociale in cui il soggetto si trova ad

operare. L’eventuale allontanamento del minore dalla casa dei genitori non vale ex se ad esimere i

genitori da responsabilità ove l’illecito comportamento del figlio sia riconducibile alle menzionate

oggettive carenze educative, rientrando tra esse le manifestazioni di indisciplina, negligenza o

irresponsabilità nello svolgimento di attività suscettibili di arrecare danno a terzi, tra cui vi è

l’inosservanza delle norme di circolazione stradale” . 163

In motivazione alla sentenza Cass. 28 marzo 2001, n. 4481, in Familia, 2001, p. 1171, si

specifica: non ci si potrebbe limitare a considerare, come parametro per escludere l’adeguatezza

dell’educazione impartita dai genitori, la commissione del fatto illecito da parte del minore, in

quanto in questo modo si finirebbe per escludere a priori la possibilità di fornire la prova

liberatoria; occorre, invece, che il giudice compia una valutazione ex ante.

124

aumenta la capacità del figlio di autodeterminarsi e diminuisce, per converso, la

capacità del genitore di influire sulle sue scelte164

. In realtà occorre porre in

rapporto ragionevole l’obbligo educativo del genitore e il processo di

responsabilizzazione del figlio minore, evitando che la prova liberatoria a carico

dei genitore risulti nella pratica impossibile165

.

Sempre in tema di fatti illeciti commessi dal minore vi è un’altra sentenza della

Corte in una vicenda che aveva visto coinvolti due minorenni, di cui uno alla

guida di un motociclo idoneo al trasporto di un solo passeggero, che a causa di un

improvviso impatto con un’autovettura, riportavano danni fisici166

. Tale sentenza,

inserendosi nel filone giurisprudenziale che ammette la responsabilità dei genitori,

presenta un primo aspetto di originalità: la decisone ascrive la responsabilità dei

genitori alla violazione dell’obbligo di vigilanza, per le modalità di utilizzo del

ciclomotore da parte del figlio minore e trascurando completamente il profilo

relativo all’educazione. Tuttavia se si tengono in considerazione le indicazioni he

giungono dalla riforma del diritto di famiglia, l’età (diciassette anni) del minore e

le normali dinamiche socio-familiari della società contemporanea, è

improponibile ricostruire un dovere di stringente vigilanza sui genitori167

.

__________________

164 Cass. 30 ottobre 1984, n. 5564, in Foro It., 1985, p. 145 ss : “..mano a mano che l’opera

educatrice consegua i propri risultati, consentendo al minore una sempre maggiore capacità di

corretto inserimento nella vita di relazione, consono alla sua età e al suo ambiente, si attenua la

intensità del correlativo dovere di vigilanza del genitore…..” 165

MASTROIANNI S., La responsabilità dei genitori per il fatto del minore: la lettura degli artt.

1227 e 2048 c.c. proposta dalla Cassazione, in resp. civ., 2011, p.361 ss. 166

Cass. Civ., 29 novembre 2011, n.25218, in Danno e resp., 2012, p.267---tale sentenza ha

confermato la decisione della Corte di Appello e del giudice di primo grado, dove, su ricorso dei

genitori dei ragazzi coinvolti, si stabiliva la concorrente responsabilità (in applicazione della

presunzione di cui all’art. 2054, co.2, c.c.) del conducente dell’autoveicolo e del conduttore del

motociclo e si provvedeva alla liquidazione dei danni richiesti dalle vittime.

167

TACCINI, Il sistema della responsabilità civile dei genitori: tra profili di protezione e di

garanzia, in Danno e resp., 2008, p.8, il quale afferma che l’obiettivo di ricercare comunque un

soggetto cui attribuire la responsabilità con il precipuo fine di fornire una tutela più ampia a

favore della vittima, può essere raggiunto più proficuamente mediante altri strumenti lasciando

tornare la norma dell’art. 2048 c.c. alla sua originaria funzione di garanzia “familiare”.

DEBENEDETTI A., La responsabilità dei genitori per il trasporto in motorino di un passeggero

da parte di un figlio minorenne, in Danno e resp., 2012, p.269 ss., che specifica come attraverso il

ricorso all’espediente delle due culpe (in educando e in vigilando) il genitore cade in un circolo

vizioso. I genitori vengono comunque ritenuti responsabili del fatto illecito del figlio minore: se

presenti per non aver adeguatamente vigilato; se assenti, o in caso di “particolari” caratteristiche

dell’illecito commesso, per non aver adeguatamente educato il minore. Così COMPORTI, Fatti

illeciti : le responsabilità presunte (artt. 2044-2048), in Comm. Schlesinger. Milano, 2002, p.248;

FRANZONI M., in L’illecito, in Trattato della responsabilità civile diretto da FRANZONI M.,

Milano, 2004, p.645.

125

La stessa Cassazione però in tema di prova liberatoria a carico dei genitori ha

seguito in precedenza una linea più ‘morbida’, caratterizzata da maggiore

“elasticità”, che “riempie” il contenuto della prova liberatoria a carico dei genitori

con la possibilità di fare riferimento ai “trascorsi” personali e familiari del minore

e recuperando il fondamento colposo della norma. Espressione di questa tendenza

sono ad esempio alcune sentenze degli anni ’80 e ’90. La prima da prendere

riguardava il caso di un ragazzo di dieci anni, che recandosi presso l’abitazione di

un insegnante privato, lanciò un sasso con una fionda ferendo una bambina di

cinque anni168

. In questo caso i giudici escludono la responsabilità dei genitori sul

presupposto dell’adempimento da parte degli stessi sia dell’obbligo di

sorveglianza che di quello educativo: la Cassazione ritenne che i genitori avessero

allevato il figlio secondo i “principi educativi della ubbidienza, del dovere e della

riflessione”; inoltre una volta attribuito “al dovere di sorveglianza un carattere

relativo e non assoluto”, non considerò integrata la culpa in vigilando per la

mancata sorveglianza del figlio nei “limitati margini di libertà di movimento,

consoni alla sua età”. Si pone quindi l’accento sul carattere relativo degli obblighi

incombenti sui genitori, da parametrare ad una serie di criteri di riferimento, quali

in primis l’età del minore e le caratteristiche ambientali nelle quali lo stesso

opera169

. Un altro colpo alla rigidità della culpa in educando si evince da una

sentenza della Cassazione emessa riguardo ai danni provocati ad un ragazzino da

una racchetta che un altro compagno aveva rotto contro un muretto, in seguito alla

reazione del proprietario del terreno in cui si era introdotto un giocatore della

partita di tennis per recuperare la pallina170

.

La Corte, confermando quanto stabilito in appello, ritiene correttamente raggiunta

la prova che i genitori avevano impartito al figlio, diciassettenne all’epoca dei

_______________________ 168

Cass. 30 ottobre 1984, n. 5564, in Foro It. , 1985, p.145 ss. 169

In un'altra sentenza successiva però si ritengono responsabili i genitori di un bambino di dieci

anni che aveva ferito con una fionda una sua coetanea. Così Cass. 18 giugno 1985, n. 3664, in

Giur. it., 1986, p.1525 ss. : “ la prova liberatoria consentita ai genitori dall’art. 2048 c.c. si risolve

nella dimostrazione sia di aver impartito una sana educazione, che di aver svolto nei suoi confronti

una vigilanza adeguata all’età, al carattere ed all’indole dello stesso. Tale prova non è possibile, ed

i genitori devono essere condannati al risarcimento del danno, se le modalità del fatto illecito

commesso dal figlio minore rivelano di per sé una impropria educazione.” Inoltre sottolinea che

nel caso in esame “ non solo fu consentito al bambino di allontanarsi da casa, ma lo si lasciò

andare con un attrezzo pericoloso come la fionda, del quale, per evidente trascuratezza, si ignorava

addirittura l’esistenza”. 170

Cass. 9 aprile 1997, n. 3088, in Fam. e dir. , 1997, p.221 ss.

126

fatti, una educazione ed una istruzione consone alle proprie condizioni sociali e

familiari e che avevano altresì correttamente vigilato sulla condotta del minore,

seguendone l’istruzione ed il comportamento, ritenendo irrilevante per valutare

l’educazione ricevuta dai genitori la violenta reazione del minore: la reazione del

giovane andava inquadrata come risposta al ‘torto subito’, e il suo comportamento

non aveva come scopo quello di ledere terze persone, sebbene il minore non

avesse adeguatamente valutato la pericolosità del suo gesto per coloro che gli

stavano attorno.

Ancora espressione di questo orientamento è una sentenza riguardante un minore

di diciassette anni che alla guida di un ciclomotore, aveva investito un passante,

causandogli gravi danni fisici.171

I giudici di legittimità arrivano a sostenere che il solo fatto dell’illecito non può

costituire motivo per escludere ex se l’adeguatezza dell’educazione impartita dai

genitori. In questo caso infatti viene esclusa la responsabilità dei genitori, per aver

questi ultimi fornito la dimostrazione di aver fatto tutto il possibile per educare

adeguatamente il figlio e prepararlo alla necessaria autonomia, in particolare

avviandolo al lavoro e facendogli conseguire la patente ‘A’.

Tutte queste sentenze dimostrano le oscillazioni della giurisprudenza : nei casi

meno gravi arriva ad esonerare i genitori da responsabilità sulla base di elementi

che dimostrino una “adeguata”, “sufficiente”, “idonea” educazione o rendendo il

dovere di sorveglianza meno stringente mano a mano che il minore si affaccia alla

vita con spazi crescenti di autodeterminazione; in casi più gravi ha ricavato

dall’esame del fatto dannoso la responsabilità del genitore per cattiva educazione

o inadeguata sorveglianza, rendendo così inoperante la prova liberatoria172

.

Sarebbe più corretto operare una scelta di fondo: o privilegiare un meccanismo

“sanzionatorio” fondato su una rigorosa responsabilità per colpa; oppure

privilegiando il profilo “riparatorio”, abbandonare i concetti di culpa in educando

_________________________

171 Cass. 28 marzo 2001, n. 4481, in Danno e resp., 2001, p. 498 ss.

172 Tale formula però finisce con il demandare al giudice il compito di effettuare valutazioni prive

di parametri certi di riferimento con il rischio di ottenere decisioni diametralmente opposte e, tra

l’altro, che i genitori facoltosi, avendo potuto assicurare al figlio le scuole più prestigiose, i

migliori tutor extrascolastici e i più sofisticati centri ricreativi, finiscano per essere agevolati

rispetto a famiglie più povere, non in grado di fornire tali riscontri.

127

e culpa in vigilando e ricondurre la responsabilità vicaria dei genitori al modello

della responsabilità oggettiva , assimilando l’art. 2048 c.c. ad altre norme (es. art.

2049 c.c.173

), che non prevedono alcuna esclusione della colpa.174

____________________ 173

Responsabilità dei padroni e dei committenti: “I padroni e i committenti sono responsabili per i

danni arrecati dal fatto illecito dei loro domestici e commessi nell'esercizio delle incombenze a cui

sono adibiti.” 174

DI BIASE A., La prova liberatoria nel sistema della responsabilità civile dei genitori: tra colpa

presunta ed obbligo di risultato, in Danno e resp.,2010, p.889 ss.; PARDOLESI P., DIMATTIA

M., Responsabilità dei genitori per l’illecito dei minori: un esercizio di precomprensione?, in

Danno e resp.,2010, p.171 ss.-- l’opportunità di passare al regime della responsabilità oggettiva è

dovuto a vari fattori: si riuscirebbe a coniugare la tutela del danneggiato ( con una più estesa

protezione risarcitoria) con un efficiente impulso preventivo ( trovandosi i genitori nella migliore

posizione di controllo del pericolo); solleverebbe la giurisprudenza dalla ricerca di colpe

‘impalpabili’, in quanto nella maggior parte dei casi l’incidenza causale della condotta dei genitori

sul comportamento dannoso dei minori è solo presupposta; favorirebbe il ricorso all’assicurazione

obbligatoria per i danni cagionati dai minori a terzi. In dottrina TACCINI, Il sistema della

responsabilità civile dei genitori: tra profili di protezione e di garanzia, in Danno e resp., 2008, ,

p.11— sottolinea come la condizione di insolvenza del soggetto ritenuto responsabile dalla legge

potrebbe essere superata attraverso la previsione di “un’assicurazione per i danni provocati dai

figli minori, specie nella forma dell’assicurazione obbligatoria---ciò è pienamente congeniale con

le regole di responsabilità ex artt. 2047 e 2048”, specie se ricostruiti secondo le linee

interpretative volte a valorizzare “l’assunzione di un rischio—quello del danno a terzi arrecato dal

figlio minore—come compito della comunità familiare”.

128

CAPITOLO TERZO

LA RESPONSABILITA’ GENITORIALE E L’INTERESSE DEL MINORE

IN AMBITO COMUNITARIO

1. La tutela del minore e della famiglia nella cultura giuridica europea:

la fissazione di principi comuni

1.1. La Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione Europea

Nell’ambito dell’Unione europea, nata con la principale finalità di regolazione dei

mercati e della concorrenza, il processo di uniformazione legislativa investe

soprattutto i settori di più rilevante interesse economico. Nonostante ciò è in atto

in Europa un processo, ancora parziale e incompleto, di avvicinamento delle

diverse legislazioni nazionali in materia di diritto di famiglia: le riforme approvate

a partire dagli anni settanta in molti Paesi europei in materia di adozione,

filiazione, matrimonio e divorzio, unioni di fatto mostrano il convergere delle

legislazioni nazionali su alcuni principi di fondo come quello del preminente

interesse del figlio nell’ambito delle relazioni familiari e quello dell’eguaglianza

di tutti i figli, legittimi e naturali, indipendentemente dalle circostanze della

nascita1. La creazione di norme dirette a fornire tutela giuridica al minore vanno

oltre il terreno tipico delle relazioni genitoriali2: vari provvedimenti normativi

_______________________

1 Come da me evidenziato nel primo capitolo di questa tesi anche nel nostro ordinamento già l’art.

30 Cost. si rivolgeva ai figli solo in relazione alla loro nascita all’interno o all’esterno del

matrimonio e la terminologia di ‘figli nati fuori dal matrimonio’ era usata dai giuristi non per

definirne la condizione giuridica, ma per descrivere il mero fatto della nascita da due soggetti non

coniugati, senza sottrarre dignità al figlio in funzione di una situazione di fatto della quale egli è

incolpevole. DE MEO R., La tutela del minore e del suo interesse nella cultura giuridica italiana

ed europea, in Dir. fam. per., 2012, p.461-462; il d.lgs. 28 dicembre 2013 n.154 “Revisione delle

disposizioni vigenti in materia di filiazione” ha eliminato la netta diversità tra stato di figlio

legittimo e stato di figlio naturale. 2

Così al minore sono dedicate norme di tutela della sua identità personale, delle informazioni e dei

contenuti che lo raggiungono attraverso i media e sono considerati come consumatori e ‘possibili’

destinatari di pratiche commerciali sleali o messaggi pubblicitari ingannevoli. La tutela dei minori

come giovani utenti dei media è oggetto della disciplina del Testo Unico della radiotelevisione. DE

MEO R., La tutela del minore e del suo interesse nella cultura giuridica italiana ed europea, in

Dir. fam. per., 2012, p. 465- 467. Inoltre la Commissione europea ha emanato il 15 febbraio 2011

una comunicazione dal titolo “Programma UE per i diritti dei minori”, in cui la Commissione,

afferma che la creazione di una giustizia a misura del minore deve diventare un obiettivo

fondamentale a cui rivolgere l’azione dell’Unione europea, e che entro il 2013, sarà modificato il

Regolamento n. 2201 del 2003 affinché il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia

di responsabilità genitoriale avvengano in tempi rapidi. FASANO A.M., MATONE S., I conflitti

della responsabilità genitoriale, Milano, 2013, p. 71. TOMMASEO F., Il processo civile familiare

e minorile italiano nel contesto dei principi europei, in Dir. fam. 2012, p.1267.

129

si riferiscono al minore, la cui condizione di debolezza necessita di una tutela

rinforzata anche nei rapporti giudiziari, sociali e nel mercato. Questo percorso

normativo del diritto interno affonda le sue radici non solo nei principi della Carta

costituzionale, ma anche nell’attività degli organi legislativi e giurisdizionali

dell’Unione3. In questo processo un posto di primo piano spetta ora alla Carta dei

diritti fondamentali dell’Unione europea4. (approvata dal Parlamento europeo il

14 novembre 2000, e proclamata a Nizza il 7-8 dicembre dello stesso anno) che

costituisce la “costituzione materiale” europea. Tra le libertà fondamentali tutelate

vengono riconosciuti ‘il diritto al rispetto della vita privata e familiare’(art.7) e ‘ il

diritto di sposarsi e di costituire una famiglia….secondo le leggi nazionali che ne

garantiscono l’esercizio.’(art.9; tale inciso va ad attuare il principio, contenuto nel

preambolo, secondo cui la consapevolezza del “comune patrimonio spirituale e

morale” si coniuga con “il rispetto delle diversità delle culture e delle tradizioni

dei popoli europei, dell’identità nazionale degli Stati membri”).

La Carta riserva particolare attenzione ai diritti del bambino, enunciati nel suo art.

24. Il minore diventa così soggetto di diritto, in quanto destinatario diretto della

tutela e ad esso gli viene riconosciuta anche la possibilità di esprimersi in merito

alle situazioni che lo interessano. Le ricadute, in termini di disciplina giuridica

interna, si ritrovano in tutte quelle norme nelle quali l’autorità giudiziaria ha

l’obbligo di ascoltare il minore per dirimere le controversie che riguardano il suo

affidamento, il suo mantenimento, la sua stessa adozione, oppure l’ingresso di un

___________________ 3

Il radicarsi di principi comuni si deve anche all’adesione dei Paesi europei a convenzioni

internazionali promosse dalle Nazioni Unite ( Convenzione di New York sui diritti del fanciullo

del 20 novembre 1989, ratificata con l. 27 maggio 1991, n. 176), o stipulate dagli Stati aderenti al

Consiglio d’Europa e aventi come obiettivo quello di garantire anche al di fuori dei confini

nazionali l’attuazione di diritti fondamentali in ambito familiare, come quello relativo alla

salvaguardia delle relazioni tra genitori e figli ( Convenzione dell’Aja 28 maggio 1970, sul

rimpatrio dei minori; Convenzione di Lussemburgo 20 maggio 1980, sul riconoscimento e

l’esecuzione delle decisioni in materia di affidamento dei minori e di ristabilimento

dell’affidamento; Convenzione dell’Aja 25 ottobre 1980, sugli aspetti civili della sottrazione

internazionale dei minori, ratificate con l. 15 gennaio 1994, n. 64), o l’adozione ( Convenzione di

Strasburgo 24 aprile 1967) o i diritti dei minori nei procedimenti che li riguardano ( Convenzione

di Strasburgo 25 gennaio 1996, sull’esercizio dei diritti del minore,). BESSONE M., ALPA G.,

D’ANGELO A., FERRANDO G. e SPALLAROSSA M.R., La famiglia nel nuovo diritto. Principi

costituzionali, riforme legislative, orientamenti della giurisprudenza, Bologna, 2002, p. 48. 4 Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea , approvata dal Parlamento europeo il 14

novembre 2000, e proclamata a Nizza il 7-8 dicembre dello stesso anno in Gazzetta ufficiale delle

Comunità europee del 18 dicembre 2000.

130

fratello adottivo nella sua famiglia naturale e in alcuni casi la voce del minore,

diviene una vera e propria espressione di assenso o dissenso, giuridicamente

rilevante per il giudice. L’ascolto del minore diviene un momento importante nelle

controversie giudiziarie che lo coinvolgono e le autorità, anche se devono valutare

adeguatamente l’attendibilità delle sue affermazioni, non possono rinunciare a

questa attività. Inoltre il bambino ha il diritto di frequentare entrambi i genitori e ,

quindi, l’affidamento condiviso deve essere la forma privilegiata per regolare la

vita del minore in seguito alla crisi fra i genitori5.

_________________________________

5 Art. 24 Carta dei diritti fondamentali dell’Unione. Diritti del bambino. “1. I bambini hanno

diritto alla protezione e alle cure necessarie per il loro benessere. Essi possono esprimere

liberamente la propria opinione; questa viene presa in considerazione sulle questioni che li

riguardano in funzione della loro età e della loro maturità. 2. In tutti gli atti relativi ai bambini,

siano essi compiuti da autorità pubbliche o da istituzioni private, l'interesse superiore del bambino

deve essere considerato preminente. Ogni bambino ha diritto di intrattenere regolarmente relazioni

personali e contatti diretti con i due genitori, salvo qualora ciò sia contrario al suo interesse.”.---

mentre la Convenzione sui diritti del fanciullo approvata dall’Onu nel 1989 stabiliva all’art. 5

soltanto che : “Gli Stati parti rispettano la responsabilità, il diritto e il dovere dei genitori o, se del

caso, dei membri della famiglia allargata o della collettività, come previsto dagli usi locali, dei

tutori o altre persone legalmente responsabili del fanciullo, di dare a quest’ultimo, in maniera

corrispondente allo sviluppo delle sue capacità, l’orientamento e i consigli adeguati all'esercizio

dei diritti che gli sono riconosciuti dalla presente Convenzione.” FASANO A.M., MATONE S., I

conflitti della responsabilità genitoriale, Milano, 2013, p. 39; BESSONE M., ALPA G.,

D’ANGELO A., FERRANDO G. e SPALLAROSSA M.R., La famiglia nel nuovo diritto. Principi

costituzionali, riforme legislative, orientamenti della giurisprudenza, Bologna, 2002, p.49 ss. Si

osserva una maggiore ampiezza dei diritti del bambino riconosciuti dall’art. 24 della Carta rispetto

al nostro dettato costituzionale ex art.30. Questo è il risultato proprio della diversa concezione

della centralità del bambino, non più solo ‘figlio’ della sua famiglia, ma anche ‘cittadino’ con un

suo status nell’ordinamento, fatto di situazioni giuridiche pretensive.DE MEO R., La tutela del

minore e del suo interesse nella cultura giuridica italiana ed europea, in Dir. fam. per., 2012,

p.476-477; 467-469. Già con la Convenzione europea di Strasburgo del 1996, sull’esercizio dei

diritti dei minori, il Consiglio d’Europa ha voluto dare piena attuazione in campo europeo alla

Convenzione firmata a New York del 1989, dando particolare sviluppo alle norme strumentali che

servono ad agevolare l’attuazione in sede giurisdizionale dei diritti sostanziali dei fanciulli. La

Convenzione esige non soltanto che il minore riceva dal proprio rappresentante legale un’adeguata

informazione sull’oggetto della controversia e sulla rilevanza che la sua opinione può assumere nel

caso concreto, ma viene posto espressamente in capo al giudice, prima di giungere a qualunque

decisione, il dovere di verificare che il minore capace di discernimento abbia ricevuto le

informazioni pertinenti che sono necessarie per consentirgli di esercitare, in particolare, il diritto di

influire sulla decisione facendosi ascoltare dal giudice per esprimere la propria opinione. La

Convenzione di New York, prevedeva semplicemente che i diritti processuali riconosciuti al

minore sono esercitabili in ogni procedura giudiziaria o amministrativa che lo riguardi. La

Convenzione di Strasburgo precisa che tali regole valgono per i procedimenti in materia di

famiglia e fa esplicito riferimento ai procedimenti relativi all’esercizio delle responsabilità

genitoriali. Un ulteriore passo avanti verso la costruzione, in sede europea, di una giustizia a

misura del minore, si è avuto con le Linee guida adottate dal Comitato dei Ministri del Consiglio

d’Europa il 17 novembre 2010: in tutti i procedimenti che hanno ad oggetto lo status personale del

minore, es. le controversie legate alla cittadinanza, all’immigrazione, al diritto di soggiorno, questi

deve ricevere tutte le informazioni necessarie su come esercitare efficacemente il diritto ad essere

ascoltato. TOMMASEO F., Il processo civile familiare e minorile italiano nel contesto dei principi

europei, in Dir. fam. 2012, p. 1269 ss.

131

La primazia della tutela del minore emerge anche dalla tecnica usata dalle norme

di riferimento per precisarne l’importanza: l’interesse del minore viene definito ,

di volta in volta, come esclusivo, superiore, prevalente e oggetto di primaria

considerazione. Tuttavia nessuna norma dice quale debba essere questo interesse,

come esso debba connotarsi e intendersi: è proprio la sua genericità ed elasticità a

renderlo una di quelle clausole generali di cui l’ordinamento si serve per

permettere all’interprete, nella fase applicativa della disciplina, di modellare le

nozioni giuridiche al concreto atteggiarsi delle esigenze, dei bisogni, delle

aspirazioni del singolo bambino nel caso concreto. E la ricerca dell’interesse del

minore va condotta riferendosi a come, nella sua personalità in divenire, si debba

riflettere il rispetto della dignità della persona. La tutela dei minori indica il

momento iniziale e imprescindibile della tutela della persona nelle situazioni

esistenziali che la coinvolgono e, pertanto, i diritti fondamentali riconosciuti al

fanciullo e all’adolescente rivelano il grado di estensione del principio

personalista nel sistema delle fonti europee6.

_______________ 6

DE MEO R., La tutela del minore e del suo interesse nella cultura giuridica italiana ed europea,

in Dir. fam. pers., 2012, p. 473-476. Specificamente, sulla cultura giuridica della tutela dei minori,

quale espressione dei diritti fondamentali—P.Alston, The Best Interest Principle: toward

reconciliation of culture and human rights, in International Journal of Law and Family, 1994,

p.11 ss.

132

1.2. Le difficoltà nella regolamentazione unitaria del diritto di famiglia.

Progetto di trattato che istituisce una Costituzione per l’Europa

La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione non è l’unica fonte di diritto europeo

che si interessi dei diritti dei minori, ma da essa l’Unione ha preso le mosse per

estendere il suo raggio di intervento nella regolazione dei rapporti giudiziari, con

il fine di garantire la circolazione dei provvedimenti e delle sentenze. Tuttavia nel

settore della cooperazione giudiziaria in materia civile, in base al trattato CE, ciò è

possibile ad una duplice condizione: occorre che le questioni regolate presentino

“implicazioni transfrontaliere” e che l’atto sia necessario per il “corretto

funzionamento del mercato interno”. La competenza (di natura concorrente) può

esercitarsi, ai sensi dell’art. 67, solo all’unanimità allorché il Consiglio sia

chiamato a decidere su aspetti connessi con il diritto di famiglia7.

Ciò nonostante è importante notare come ,dopo il Trattato di Amsterdam del 1997

(in vigore dal 1999), le cui indicazioni hanno trovato piena conferma nel Trattato

sul funzionamento dell’Unione ( germinato dal recente Trattato di Lisbona del

2007, in vigore dal 1° dicembre 2009), l’Unione Europea ha acquisito il potere di

usare i propri strumenti normativi allo scopo di realizzare, come vuole l’art. 26,

un ‘mercato interno’ nel quale è assicurata “la libera circolazione delle merci,

_____________________

7 Articolo 67 (*) “1… il Consiglio delibera all'unanimità su proposta della Commissione o su

iniziativa di uno Stato membro e previa consultazione del Parlamento europeo……5. .. il

Consiglio adotta secondo la procedura di cui all'articolo 251: le misure previste all'articolo 63…;

le misure previste all'articolo 65, ad esclusione degli aspetti connessi con il diritto di famiglia. (*)

Articolo modificato dal trattato di Nizza. C 325/60 IT Gazzetta ufficiale delle Comunità europee

24.12.2002. Articolo III-269 progetto di trattato costituzionale. “1. L'Unione sviluppa una

cooperazione giudiziaria nelle materie civili con implicazioni transnazionali, fondata sul principio

di riconoscimento reciproco delle decisioni giudiziarie e extragiudiziali. Tale cooperazione può

includere l'adozione di misure intese a ravvicinare le disposizioni legislative e regolamentari degli

Stati membri.. 3.. le misure relative al diritto di famiglia aventi implicazioni transnazionali

( concernig family law with cross-border implications) sono stabilite da una legge o legge quadro

europea del Consiglio( in base al paragrafo 2. ‘particularly when necessary for the proper

functioning of the internal market’, in particolare se necessario al buon funzionamento del mercato

interno). Questo delibera all'unanimità previa consultazione del Parlamento europeo.”. Costituzione europea: le politiche e il funzionamento dell'Unione.29.10.2004.Circa la competenza

della Comunità ad intervenire in materia di diritto internazionale privato cfr. POCAR, La

comunitarizzazione del diritto internazionale privato: una ‘European Conflict of Laws

Revolution’?, in Riv. dir. int. priv. E process., 2000, p. 873 ss.; BOELE-WOEKLY, VAN OOIK,

The comunitarization of Private International Law, in Yearbook Private International Law, 2002,

p. 1 ss.; PARTSCH, Le droit international privè europèen, Bruxelles, 2003, p. 237 ss.; ROSSI,

L’incidenza dei principi del diritto comunitario sul diritto internazionale privato: dalla

comunitarizzazione alla costituzionalizzazione , in Riv. dir. int. priv. e process., 2004, p. 63 ss.

133

delle persone, dei servizi e dei capitali”, attuando in tal modo “ uno spazio di

libertà, sicurezza e giustizia nel rispetto dei diritti fondamentali”, ma anche “nel

rispetto dei diversi ordinamenti giuridici e delle diverse tradizioni giuridiche degli

Stati membri”( art.67). E l’espressione “mercato interno” non ha un significato

meramente economico, ma allude ad uno spazio “senza frontiere interne”, ovvero

luogo di esercizio di libertà fondamentali che sono strumento per garantire non

soltanto la libertà d’iniziativa economica, ma anche libertà con più ampia valenza,

come dimostra il riferimento, contenuto nell’art. 81 TFUE, alla libertà di

circolazione dei cittadini europei e specialmente alla cooperazione giudiziaria in

materia civile8.

Perciò essendo la vita dei membri delle famiglie e la loro libertà di circolazione

nello spazio europeo in diretta connessione con quello spazio di libertà, di

giustizia e di sicurezza, anche il diritto di famiglia rientra ora tra gli obiettivi a cui

l’Unione deve rivolgere la propria attenzione. Tuttavia è proprio la regola

dell’unanimità rafforzata, secondo cui “la decisione non può essere adottata”

quando anche uno soltanto dei Parlamenti nazionali comunichi la propria

contrarietà alla proposta formulata dalla Commissione, che ha impedito di creare

_______________ 8 Cooperazione giudiziaria in materia civile. Articolo 81 (Ex articolo 65 del TCE). “1. L'Unione

sviluppa una cooperazione giudiziaria nelle materie civili con implicazioni transnazionali, sulla

base del principio del reciproco riconoscimento delle sentenze e delle decisioni extragiudiziali.

Tale cooperazione può includere l'adozione di misure relative al ravvicinamento delle disposizioni

legislative e regolamentari degli Stati membri. 2. Ai fini del paragrafo 1, il Parlamento europeo e il

Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria, adottano misure, in particolare

se necessario al buon funzionamento del mercato interno, volte a garantire:(A) il riconoscimento e

l'esecuzione tra gli Stati membri delle sentenze e delle decisioni extragiudiziali reciproco;(B) la

notificazione transnazionale degli atti giudiziari ed extragiudiziali;(C) la compatibilità delle regole

applicabili negli Stati membri ai conflitti di leggi e di giurisdizione;(D) la cooperazione

nell'assunzione dei mezzi di prova; (E) un accesso effettivo alla giustizia; (F) l'eliminazione degli

ostacoli al corretto svolgimento dei procedimenti civili, se necessario promuovendo la

compatibilità delle norme di procedura civile applicabili negli Stati membri; (G) lo sviluppo di

metodi alternativi di risoluzione delle controversie; (H) un sostegno alla formazione dei magistrati

e degli operatori giudiziari. 3. In deroga al paragrafo 2, le misure relative al diritto di famiglia con

implicazioni transnazionali sono stabilite dal Consiglio, deliberando secondo una procedura

legislativa speciale. Il Consiglio delibera all'unanimità previa consultazione del Parlamento

europeo. Il Consiglio, su proposta della Commissione, può adottare una decisione che determina

gli aspetti del diritto di famiglia aventi implicazioni transnazionali e che potrebbero formare

oggetto di atti adottati secondo la procedura legislativa ordinaria. Il Consiglio delibera

all'unanimità previa consultazione del Parlamento europeo. La proposta di cui al secondo comma è

trasmessa ai parlamenti nazionali. Se un parlamento nazionale comunica la sua opposizione entro

sei mesi dalla data di tale notifica, non è adottata la decisione. In assenza di opposizione, il

Consiglio può adottare la decisione.”

134

una disciplina unitaria e che è stata costruita all’evidente scopo di evitare che

norme di diritto internazionale privato elaborate dall’Unione europea possano

vulnerare le specificità che caratterizzano le leggi nazionali in materia familiare.

Gli ordinamenti degli Stati membri, infatti, esprimono una pluralità di ‘modelli

familiari’ difficilmente riducibili ad unità: lo dimostrano, ad esempio, le discipline

su patti di solidarietà, convivenze registrate, che presentano una semplificazione

del momento costitutivo e dissolutivo, e sono aperte a coppie dello stesso; non

sono riconducibili a valori condivisi quelle esperienze giuridiche (in Olanda e

Belgio, ad esempio) nelle quali tali coppie sono ammesse all’istituto del

matrimonio9. Tra l’altro la stessa Carta dei diritti fondamentali all’art. 9, ad

inequivoco riconoscimento di una divaricazione delle concezioni che

progressivamente si sono determinate in materia negli Stati membri, non da una

definizione di famiglia, ma lascia libero ciascuno Stato membro non solo di

regolare i rapporti familiari e di accogliere la concezione di matrimonio che

ritiene più consona al modo di essere e di sentire della propria società, ma anche

di non applicare a cittadini di altri Stati membri norme che facciano parte della

loro legge nazionale ma che contrastano in modo macroscopico con le scelte

fondamentali da esso fatte in materia10

.

Si tratta quindi di una scelta pluralista

che deriva dal fatto che l’istituzione familiare resta una forma sociale fortemente

condizionata nei suoi elementi dalle tradizioni storico-sociali e dalle identità

culturali dei contesti nazionali di riferimento.

_______________ 9 DE MEO R., La tutela del minore e del suo interesse nella cultura giuridica italiana ed europea,

in Dir. fam. per., 2012, p.469; BARATTA R., Verso la comunitarizzazione dei principi

fondamentali del diritto di famiglia, in Riv. dir. int. priv. e process., 2005, p. 573-578;

TOMMASEO F., La crisi della famiglia nel diritto internazionale privato e processuale, in Fam. e

dir., 2013, p. 86-87. 10

Tuttavia aldilà della diversità di scelte effettuate dai Paesi membri ( tra chi ha scelto di allargare

la figura del matrimonio, dando così spazio alla libertà delle persone e evitando differenziazioni

basate sui loro orientamenti e chi l’ha mantenuta quale fondamento della famiglia), tutti hanno

tenuto presente che accanto ai diritti delle persone che si uniscono sulla base di sentimenti di

affetto esistono doveri funzionali alla promozione umana delle nuove generazioni. Così in Olanda,

la legge del 2001, pur se ha aperto l’adozione a coppie omosessuali, lo ha fatto accompagnando

tale apertura con la precisazione che questa, legata alla possibilità in Olanda di istituire adozioni

uni-parentali, anche per il limite costituito dall’adozione di soli minori olandesi, è destinata ad

essere utilizzata da persone che non sono genitori biologici dell’adottando ma coabitano da almeno

tre anni con il padre o la madre dell’adottando stesso e di quest’ultimo si prendono cura da almeno

un anno; tale adozione è destinata cioè a coprire solo situazioni già di fatto costituitesi in modo

irreversibile.--- MENGOZZI P., I problemi giuridici della famiglia a fronte del processo di

integrazione europea, in Fam. e dir., 2004, p. 645 e 647.

135

Tuttavia è vero che la competenza normativa dell’Unione è basata sul principio di

attribuzione (art. 5 TUE) e che il diritto di famiglia non forma oggetto di alcuna

attribuzione dell’Unione11

. I Trattati però chiamano l’Europa a porre in essere

politiche ed azioni, anche di natura normativa, mirate a combattere le

discriminazioni, comprese quelle basate sulla nazionalità (art. 18 TFUE) e

sull’orientamento sessuale ( artt. 10 e 19 TFUE), e così a garantire la tutela dei

diritti fondamentali (art. 6, TUE- tra cui il rispetto della vita privata e familiare, la

conciliazione tra vita familiare e professionale, il diritto di sposarsi e di fondare

una famiglia, la parità tra uomo e donna, i diritti dei minori, quegli degli anziani, e

ancora una volta la ‘non discriminazione’), nonché infine ad assicurare la libertà

di circolazione e di soggiorno delle persone all’interno dell’Unione (art. 3, par. 2,

TUE; artt. 20, par. 2, lett. a) e 45 TFUE). L’attuazione di tali politiche ed azioni,

sebbene fondamentalmente riferita alla tutela di posizioni soggettive individuali,

finisce per riflettersi, in modo indiretto ma in misura assai rilevante, sulle stesse

forme organizzative delle relazioni familiari, restituendo legittimazione anche

all’interno dei singoli Stati ad unioni familiari diverse e distanti da quelle

tradizionali e consentendo una rimodulazione delle tutele in materia. Per questo

nel tempo ha preso forma e consistenza, grazie anche all’apporto determinante

della giurisprudenza europea, una sorta di armonizzazione soft, basata su principi

tratti da situazioni specifiche, ma suscettibili di applicazione generalizzata12

.

_______________________

11 “ Basically, The European Union has no competence regarding the unification of family and

succession law”—PINTENS W., Europeanisation of Family Law, in Perspectives for the

Unification and Harmonisation of Family Law in Europe a cura di Katharina Boele-Woelky,

Antwerp, Oxford, New York, 2003, p. 22. 12

Infatti un ravvicinamento delle legislazioni nazionali comuni in materia appare realizzabile

mediante adozione di regola generali di indirizzo e dispositivi di principio, riflettenti valori

fondamentali e interessi comuni. E proprio con il compito di elaborare ‘ principi di diritto europeo

della famiglia’ è stata istituita a Utrecht il 1 settembre 2001 la Commission of European Family

Law ( CEFL), la quale ha già redatto diversi gruppi di principi in materia di divorzio e

mantenimento tra ex coniugi, di responsabilità genitoriale, di rapporti patrimoniali tra i coniugi:

per uno sguardo di insieme, PACIA R., I principi di diritto europeo della famiglia, in Europ. d.

priv. , 2009, p. 227 ss.---in SCALISI V., “Famiglia e Famiglie in Europa”, in Riv. dir. civ., 2013,

p. 10 e p. 13-15. La Commissione è composta di circa 25 esperti di diritto di famiglia e diritto

comparato, provenienti da tutti gli Stati dell’Unione europea e da altri paesi europei. “L’obiettivo

primario della CEFL è quello di predisporre, a livello teorico e pratico, l’armonizzazione del

diritto dei famiglia in Europa.” In realtà l’armonizzazione del diritto di famiglia in Europa è un

compito arduo, perché quello che è in gioco nella costruzione di un diritto di famiglia comune è la

negazione di un aspetto ‘vitale’ dello stato nazionale.--- BRADLEY D., A Family Law for Europe?

Sovereignity, Political Economy and Legitimation, in Global Jurist Frontiers, 2008, p.104.

136

Altro documento fondamentale a livello europeo è il Progetto di Trattato che

istituisce una Costituzione per l’Europa13

: l’art. 33 (‘Vita familiare e vita

professionale’), garantisce la protezione della famiglia ‘sul piano giuridico,

economico e morale’, riferendosi alla moderna tipologia della famiglia come

aggregazione sociale nel quale convivono due o più persone con legami affettivi14

.

La tutela dell’individuo, come soggetto inserito nella formazione sociale

familiare, è ritenuta, quindi, prevalente rispetto a quella del gruppo, dovendo la

Carta dell’Unione essere valida per ogni tipologia familiare, compresa la famiglia

di fatto e soprattutto garantire, al cittadino dell’Unione, insieme alla libertà di

circolazione e di stabilimento, i c.d. diritti individuali di libertà15

. La Carta non

parla di famiglia, di genitori e di prole come categorie destinatarie di doveri oltre

che di diritti (es. art. 29, 30 Cost.), ma di diritti dell’individuo, volta a volta

qualificato come uomo o donna (art. 23), bambino (art. 24), anziano (art. 25),

disabile (art. 26), lavoratore (art. 14, 27 e 31), minore ( art. 32). L’individuo-

persona, come soggetto ‘familiare’, è destinatario della normativa contenuta in

alcuni articoli, che riguardano e disciplinano i diritti della vita familiare, della vita

professionale e di quella di relazione. Ne costituiscono esempi: l’art. 14 sul diritto

all’istruzione ed all’accesso alla formazione professionale continua16

;

________________________

13 Pubblicato in G.U.C.E. del 18 luglio 2003, n. C-169—su cui tra gli altri CARBONE S.M.,

Progetto di Costituzione europea, diritti dell’individuo e tutela giurisdizionale, in Dir. comm. int.,

2003, p. 3 ss.

14

Essa riprende la concezione accolta nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, il

cui art. 7 riproduce i contenuti dell’art. 16 della Carta sociale europea, redatta a Torino il 18

ottobre 1961. Ma il diritto alla protezione sociale, giuridica ed economica, che la Carta di Torino

riconosceva aveva natura pubblicistica, nel senso che ogni Stato membro era tenuto a garantire la

tutela come interesse primario e protetto della collettività familiare, non come diritto fondamentale

del singolo. Invece nel Progetto di Trattato, la formazione sociale familiare, nella quale si svolge la

personalità del singolo, è destinataria di un principio generale di tutela, che si realizza attraverso il

riconoscimento dei singoli diritti fondamentali dell’individuo che ne fa parte. --- ANDRINI M.C.,

La famiglia nella Costituzione europea, in Familia, 2004, p. 551 ss. 15

Nel preambolo alla Carta è detto che l’Unione si fonda sui valori indivisibili ed universali della

dignità umana, della libertà, dell’uguaglianza e della solidarietà, e che ‘pone la persona al centro

della sua azione istituendo la cittadinanza dell’Unione e creando uno spazio di libertà, sicurezza e

giustizia’. ANDRINI M.C., La famiglia nella Costituzione europea, in Familia, 2004, p. 556. 16

L’art. 14, co.3, è una piccola testimonianza sulle difficoltà oggettive che ostano alla creazione di

un diritto comunitario della famiglia, come è avvenuto per le libertà a contenuto economico. Infatti

riconosce il ‘diritto dei genitori di provvedere all’educazione e all’istruzione dei loro figli secondo

le loro convinzioni’. Nel nostro ordinamento invece i genitori non hanno il diritto di educare ed

istruire i figli secondo le proprie convinzioni religiose, filosofiche e pedagogiche, bensì secondo le

‘loro’ inclinazioni. ALPA G., Alcune osservazioni sul diritto comunitario e sul diritto europeo

della famiglia, in Familia, 2004, p.444.

137

l’art. 15, sul diritto di lavorare e di esercitare una professione ‘liberamente scelta

o accettata’, che comporta la libertà di cercare un lavoro, prima ancora di quella

di lavorare, di stabilirsi o di prestare servizi in qualunque Stato membro; l’art. 7,

“Rispetto della vita privata e della vita familiare”, che garantisce all’individuo il

rispetto di entrambe le forme di vita, includendovi la tutela del domicilio e delle

sue comunicazioni; l’art. 9 che garantisce il ‘diritto di sposarsi e di costituire una

famiglia secondo le leggi nazionali che ne disciplinano l’esercizio’. Il diritto di

costituire una famiglia non è subordinato al matrimonio: il diritto alle nozze e

quello di unirsi per procreare una famiglia, anche senza contratto di matrimonio,

sono espressamente previsti come due diritti diversi, garantiti nella loro

autonomia dalla legislazione nazionale del soggetto. Sono invece comuni alle due

tipologie, perché personalissimi, i diritti di educare ed istruire i figli, secondo la

proprie convinzioni “religiose, filosofiche e pedagogiche” (art.14 co.3), i diritti di

non perdere il lavoro per motivi connessi con la maternità e di percepire un

congedo di maternità o parentale retribuito (art. 33, 2° comma), i diritti dei figli di

“intrattenere relazioni personali e contatti diretti con i genitori” (art. 24)17

.

Mentre è stato possibile creare statuti normativi per regolamentare le libertà

economiche, come i Princìpi Unidroit ed i Principles of European Contract Law

(P.E.C.L.), maggiori incertezze si profilano per una disciplina unitaria delle libertà

della persona e della famiglia18

. Si può tentare in materia regolamentare in

maniera uniforme la cd. dimensione internazionale delle relazioni familiari, con la

redazione di un quadro di principi e realizzando una convergenza dei singoli

ordinamenti: es. attraverso la semplificazione e l’armonizzazione delle procedure

e mediante la ricezione e la pubblicità reciproca delle decisioni

giurisprudenziali19

.

_______________________ 17

Sul diritto di costituire una famiglia, CELOTTO A., La libertà di contrarre matrimonio fra

Costituzione italiana e (progetto di) Costituzione europea: spunti di riflessione, in Familia, 2004,

p.319 ss. ANDRINI M.C., La famiglia nella Costituzione europea, in Familia, 2004, p. 556. 18

Sul tema in generale, SESTA M., Privato e pubblico nei progetti di legge in materia familiare, in

Separazione, divorzio, affidamento dei minori: quale diritto per l’Europa?, Atti del Convegno di

Bologna 17-18 aprile 1998 a cura di SESTA M., Milano, 2000, p.3 ss. 19

Il Consiglio di Giustizia e Affari interni dell’Unione europea ha adottato il 20 ottobre 2003 uno

strumento normativo unico per definire regole comuni in materia matrimoniale e di responsabilità

dei genitori verso i figli minori che abroga il Regolamento n. 1347/2000.

138

Più arduo è ipotizzare un Codice europeo della famiglia o delle successioni, inteso

come un complesso di norme c.d. materiali di origine pattizia, in grado di porre

norme uniformi per i diversi Stati: l’ostacolo ad un diritto di famiglia uniforme è

dato proprio dal pluralismo dei modelli familiari20

.

_____________________________ 20

ANDRINI M.C., La famiglia nella Costituzione europea, in Familia, 2004, p. 562 ss. Questo

ostacolo è agevolmente segnalato ed analizzato nel saggio di ANTOKOLSKAIA, The

Armonization of Family Law: Old and New Dilemmas, in European Review of Private Law, 2003,

p. 28 ss.; in JAYME E., Diritto di famiglia: società multiculturale e nuovi sviluppi del diritto

internazionale privato, in Riv. dir. int. priv. proc., 1993, p.295. Guido Alpa, nel suo saggio,

suggerisce una duplice fase di attuazione del livello di armonizzazione: partendo da un livello

minimo, si dovrebbe passare gradualmente ad un livello mediano di intervento legislativo; inoltre

se i valori su cui insistere sono quelli dei diritti fondamentali 'considerati nella dimensione

individuale’, come la Carta europea afferma, tale ottica è sempre momentanea e questi diritti sono

“suscettibili di essere rivisitati alla luce della compagine familiare”.--- ALPA G., Alcune

osservazioni sul diritto comunitario e sul diritto europeo della famiglia, in Familia, 2004, p. 449

ss.

139

2. Il ruolo degli atti convenzionali nelle questioni legate alle relazioni

familiari: la Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo e gli altri

accordi tra gli Stati membri

Di fondamentale importanza in materia familiare sono anche gli atti convenzionali

adottati dagli Stati membri. Il primo passo verso la tutela delle relazioni familiari

e del diritto fondamentale alla costituzione di una famiglia a livello europeo si è

avuto a Roma dove, il 4 novembre 1950, è stata firmata (da parte dei 12 Stati al

tempo membri del Consiglio d’Europa-Belgio, Danimarca, Francia, Grecia,

Irlanda, Islanda, Italia, Lussemburgo, Norvegia, Paesi Bassi, Regno Unito, Svezia,

Turchia) la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle

libertà fondamentali (CEDU), un trattato internazionale redatto dal Consiglio

d’Europa21

e reso esecutivo in Italia con la l. n. 848 del 1955. Tale Convenzione è

richiamata dalla Carta dei diritti approvata a Nizza nel 200022

. e i diritti

_________________ 21

Prima organizzazione internazionale di portata europea istituita al fine precipuo di garantire i

diritti umani e il consolidamento della democrazia, a cui hanno dato vita con una decisione

adottata nel 1949, 10 paesi europei (Belgio, Danimarca, Francia, Grecia, Irlanda, Italia,

Lussemburgo, Norvegia, Paesi Bassi, Regno Unito e Svezia). A tale organizzazione, a cui

aderirono l’anno seguente anche Islanda e Germania, e che oggi raccoglie ben 46 paesi, si deve

l’elaborazione di uno degli strumenti giuridici di diritto internazionale più notevoli ed efficaci nel

campo della protezione dei diritti fondamentali. La sua rilevanza ed incisività dipendono, più che

dai diritti in essa contenuti, da altre caratteristiche : essa pone delle garanzie non solo “ di carattere

obiettivo, cioè invocabili indipendentemente da un interesse specifico di un singolo Stato

contraente”, ma anche rinforzate da appositi meccanismi di controllo giurisdizionale , prima

articolati su tre organi, la Commissione ( con funzione di filtro per la ricevibilità dei ricorsi), la

Corte e il Comitato dei ministri (entrambi decisori finali) e dopo l’entra in vigore il 1° novembre

1998 del protocollo n. 11—interamente nelle mani di una Corte permanente, con sede a Strasburgo

( diversa dalla Corte di giustizia dell'Unione europea con sede in Lussemburgo). MONTANARI

L., I diritti dell’uomo nell’area europea tra fonti internazionali e fonti interne, Torino, 2002, p. 12;

più ampiamente BULTRINI A., Il meccanismo di protezione dei diritti fondamentali istituito dalla

Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Cenni introduttivi, a cura di Nascimbene B., ‘La

Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Profili ed effetti nell’ordinamento italiano’, Milano

2002, pp. 20 ss. La Cedu introduce , accanto al c.d. ricorso interstatale, azionabile ad opera di uno

degli Stati contraenti per contestare una presunta violazione dei diritti umani, avvenuta nel

territorio di un altro Stato parte, anche la possibilità di ricorso ‘individuale’ su iniziativa dei

soggetti direttamente lesi in uno dei diritti da essa garantiti. GENNUSA M. E., La Cedu e l’Unione

Europea, in ‘I diritti in azione. Universalità e pluralismo dei diritti fondamentali nelle Corti

europee’, a cura di CARTABIA M., Bologna, 2007, p. 91 ss. 22

Nel suo preambolo è stabilito : “ La presente Carta riafferma….i diritti derivanti in particolare

dalle tradizioni costituzionali e dagli obblighi internazionali comuni agli stati membri, dalla

Convenzione europea di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, dalle carte

sociali adottate dall’Unione e dal Consiglio d’Europa, nonché dalla giurisprudenza della Corte di

giustizia dell’U. E. e della Corte europea dei diritti dell’uomo.”—CARTABIA M., L’ora dei diritti

fondamentali nell’Unione europea, in ‘I diritti in azione. Universalità e pluralismo dei diritti

fondamentali nelle Corti europee’, a cura di CARTABIA M., Bologna, 2007, p.31.

140

fondamentali in essa contenuti sono entrati a far parte del diritto dell’Unione23

.

La Convenzione di Roma tutela la vita familiare e i rapporti interni ed esterni dei

componenti della famiglia, all’art. 8: “ Ogni persona ha diritto al rispetto della sua

vita privata e familiare, del suo domicilio e della sua corrispondenza. Non può

esservi ingerenza della pubblica autorità nell’esercizio di tale diritto se non in

quanto tale ingerenza sia prevista dalla legge e in quanto costituisca una misura

che in una società democratica, è necessaria per la sicurezza nazionale, l’ordine

pubblico, il benessere economico del paese, la prevenzione dei reati, la protezione

della salute o della morale, o la protezione dei diritti e delle libertà altrui”. Tale

articolo e, soprattutto la sua elaborazione giurisprudenziale, riguardano ingerenze

dello Stato, esercitate attraverso provvedimenti ablativi e/o limitativi della potestà

genitoriale, oppure, obbligazioni positive che incombono agli Stati nazionali per

garantire effettività ai diritti e alle libertà convenzionalmente garantiti: gli Stati

nel loro potere di legiferare devono avere riguardo a prevenire o reprimere le

violazioni delle libertà e dei diritti fondamentali anche all’interno della famiglia.

Un altro articolo che può essere invocato a tutela dei rapporti e delle relazioni dei

singoli componenti del gruppo è l’art. 5 protocollo n.7: “ I coniugi godono di

uguali diritti e responsabilità di carattere civile con riferimento al matrimonio, tra

se stessi e nelle loro relazioni con la prole, durante lo stesso e nella sua

dissoluzione….. ”. Tale articolo ha viene talvolta assunto violato unitamente

all’art. 8, nei casi in cui non vengono garantiti rapporti significativi dei figli con

entrambi i genitori, dove la coppia è separata, divorziata o, comunque, non più

convivente24

.

In materia di rapporti tra genitori e figli, una prima convenzione sul tema, è la

convenzione europea dell’Aja del 28 maggio 1970 sul rimpatrio dei minori,

_______________________

23 Art. 6 Trattato UE ,nella versione consolidata a Lisbona il 13 dicembre 2007, e entrato in vigore

il 1 dicembre 2009—“1. L'Unione riconosce i diritti, le libertà e i principi sanciti nella Carta dei

diritti fondamentali dell'Unione europea del 7 dicembre 2000, adottata il 12 dicembre 2007 a

Strasburgo…..2….aderisce alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e

delle libertà fondamentali….. I diritti fondamentali, garantiti dalla CEDU e risultanti dalle

tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, fanno parte del diritto dell'Unione in quanto

principi generali.” 24

LONGO F., Rapporti familiari e responsabilità civile, Torino, 2004, p. 161-162.

141

ratificata in Italia con la legge 30 giugno 1975, n. 39625

. Con la legge 15 gennaio

1994, n. 64 è stata designata l’Autorità centrale competente ( art. 3, per l’Italia è

l’Ufficio per la giustizia minorile del Ministero di Grazia e Giustizia) e sono state

attribuite le relative competenze al Tribunale dei minorenni (art. 5) Si tratta però

di una Convenzione non ancora entrata in vigore e superata dalle convenzioni

internazionali successive. In particolare in Italia, in materia di rapporti tra genitori

e figli, trovano applicazione la Convenzione europea sul riconoscimento e

l’esecuzione delle decisioni in materia di affidamento dei minori e ristabilimento

dell’affidamento, firmata a Lussemburgo il 20 maggio 1980 e la Convenzione

sugli aspetti civili della sottrazione internazionale dei minori, firmata all’Aja il 25

ottobre 1980, entrambe ratificate in Italia con legge 15 gennaio 1994, n. 64. Essa

ha attribuito al Tribunale dei minorenni le competenze relative all’attuazione delle

due convenzioni: l’art. 6 prevede la competenza in merito ai provvedimenti di cui

alla Convenzione di Lussemburgo; l’art. 7 in merito a quelli di cui alla

Convenzione dell’Aja26

.

______________________________

25 Art. 2. “La Convenzione si applicherebbe ai minori nel territorio di uno Stato contraente il cui

rimpatrio è richiesto da un altro stato contraente per una delle seguenti ragioni: la presenza del

minore sia contraria alla volontà della persona o delle persone che esercitano nei suoi confronti la

patri potestà; la presenza del minore sia incompatibile con una misura di protezione o rieducazione

adottata nei suoi confronti dalle Autorità competenti dello Stato richiedente; la presenza del

minore sia necessaria nel territorio dello Stato richiedente e motivo di una procedura tesa ad

adottare nei suoi confronti misure protettive o rieducative. La Convenzione si applicherebbe anche

al rimpatrio dei minori che si trovano sul territorio di uno Stato contraente allorché tale Stato

reputi la loro presenza contraria ai propri interessi od a quelli degli stessi minori, sempre che la

legislazione di detto Stato ne permetta l’allontanamento dal proprio territorio." 26

Art. 6 : “6. 1. Il riconoscimento e l'esecuzione nel territorio dello Stato delle decisioni relative

all'affidamento dei minori ed al diritto di visita adottate dalle autorità straniere ai sensi degli

articoli 7, 11 e 12 della convenzione di Lussemburgo del 20 maggio 1980 sono disposti dal

tribunale per i minorenni del luogo in cui i provvedimenti stessi devono avere attuazione. 2. Il

tribunale decide con decreto in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero e, ove del caso, il

minore e le persone presso cui questi si trova, su ricorso degli interessati o del pubblico ministero.

La decisione è deliberata entro trenta giorni dalla proposizione del ricorso. Contro il decreto del

tribunale è ammesso ricorso per cassazione. La proposizione del ricorso non sospende l'esecuzione

della decisione impugnata. 3. Ove la richiesta sia presentata tramite l'autorità centrale, quest'ultima

premessi se del caso i necessari accertamenti, trasmette senza indugio gli atti al procuratore della

Repubblica presso il tribunale per i minorenni competente..4. Il procuratore della Repubblica

presso il tribunale per i minorenni cura l'esecuzione delle decisioni anche avvalendosi dei servizi

minorili dell'Amministrazione della giustizia, e ne dà immediatamente avviso all'autorità centrale.”

art. 7. : “7. 1. Le richieste tendenti ad ottenere il ritorno del minore presso l'affidatario al quale è

stato sottratto, o a ristabilire l'esercizio effettivo del diritto di vista, sono presentate per il tramite

dell'autorità centrale…2. L'autorità centrale, premessi se del caso i necessari accertamenti,

trasmette senza indugio gli atti al procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni

del luogo in cui si trova il minore. Il procuratore della Repubblica richiede con ricorso in via

d'urgenza al tribunale l'ordine di restituzione o il ripristino del diritto di visita……”.

142

La prima attiene agli aspetti concernenti il riconoscimento e l’esecuzione delle

decisioni in materia di affidamento dei minori e si applica ai casi in cui un

soggetto, titolare del diritto di affidamento su un minore, voglia ripristinare tale

diritto qualora questo sia stato violato da altri, in seguito a trasferimento

illegittimo27

. L’affidatario del minore, per riconoscere od eseguire il

provvedimento giudiziario sull’affidamento in un altro Stato membro, deve

rivolgersi all’Autorità centrale designata in tale Stato( per l’Italia, il Ministero di

Grazia e Giustizia)28

:i provvedimenti concernenti l’affidamento dei minori (art. 7

conv.) ed il diritto di visita ( art. 11 conv.) sono riconosciuti ed esecutivi in ognuno

degli Stati membri. La Convenzione prevede diverse ipotesi, alle quali vengono

fatti corrispondere diversi effetti giuridici: l’art. 8, indica le ipotesi in cui il

riconoscimento e l’esecuzione può ritenersi automatica e quindi si provvede

all’immediata restituzione del minore;29

l’art. 9 prevede le ipotesi in cui si

_______________________

27 Con provvedimento di affidamenti si individua ‘ogni provvedimento di un’autorità che disponga

sulla cura della persona del minore, compreso il diritto di sta­bilire la sua residenza, nonché in

ordine al diritto di visita;’…art.1 Convenzione. Tale art. da anche una definizione di trasferimento

illegittimo: ‘.. il trasferimento di un minore attraverso una frontiera internazionale in violazione ad

una decisione che disponga il suo affidamento emessa in uno Stato contraente ed esecutiva in tale

Stato; si considera egualmente trasferimento illegittimo: i. il mancato ritorno di un minore

attraverso una frontiera internazionale, al termine del periodo di esercizio di un diritto di visita

relativo a detto minore o al termine di ogni altro soggiorno temporaneo in un territorio diverso da

quello in cui è esercitato l’affidamento; ii. un trasferimento dichiarato successivamente illecito ai

sensi dell’articolo 12.’----Il provvedimento di affidamento del minore costituisce pertanto un

presupposto necessario e rientrano nella competenza della convenzione: i provvedimenti di

affidamento dei minori in caso di separazione e divorzio (art. 155 c.c.; art. 6 legge n. 898/1970); i

provvedimenti concernenti i provvedimenti preadottivi (art. 2, legge n. 184/1983). ANCESCHI A.,

La famiglia nel diritto internazionale privato: aggiornato con la legge 15 luglio 2009, n. 94

(Disposizioni in materia di sicurezza pubblica), Torino, 2010, p. 266 ss. 28

Articolo 5. “1. L’autorità centrale dello Stato richiesto adotta o si adopera perché venga adottata

nel più breve termine ogni disposizione che essa ritiene idonea, rivolgendosi, se del caso, alle sue

autorità competenti, per: a. rintracciare il luogo in cui si trova il minore; b. evitare, in particolare

adottando le misure provvisorie necessarie, che gli in­teressi del fanciullo o del ricorrente vengano

lesi; c. assicurare il riconoscimento o l’esecuzione del provvedimento; d. assicurare la consegna

del minore al ricorrente quando l’esecuzione del provvedimento è accordata; e. informare

l’autorità richiedente sulle misure adottate e dei seguiti loro dati. 2. Quando l’autorità centrale

dello Stato richiesto ha delle ragioni per credere che il minore si trova nel territorio di un altro

Stato contraente, trasmette i documenti al­l’autorità centrale di questo Stato, direttamente e senza

indugio.” 29 “1. In caso di trasferimento illegittimo l’autorità centrale dello Stato richiesto farà procedere

immediatamente alla restituzione del minore: a. quando all’atto dell’introduzione dell’istanza nello

Stato in cui il provvedi­mento è stato pronunciato o alla data del trasferimento illegittimo, se

questo ha avuto luogo precedentemente, il minore e i suoi genitori avevano soltanto la cittadinanza

di questo Stato e il minore aveva la residenza abituale sul ter­ritorio di tale Stato, e b. se la

domanda di restituzione è stata proposta ad un’autorità centrale entro un termine di sei mesi a

partire dalla data del trasferimento illegittimo.”

143

procede al riconoscimento ed all’esecuzione del provvedimento straniero di

affidamento, quando non ricorrono le condizioni che consentono il rifiuto30

; l’art.

10 regola tutti gli altri casi per i quali il riconoscimento o l’esecuzione di un

provvedimento straniero può essere rifiutato o sospeso31

.

La Convenzione dell’Aja del 25 ottobre 1980, sugli aspetti civili della sottrazione

internazionale dei minori ( c.d. international kidnapping ) ha il fine di assicurare

sia l’immediato rientro dei minori illecitamente trasferiti o trattenuti in qualsiasi

Stato contraente che l’effettivo rispetto dei diritti di affidamento e di visita previsti

__________________________ 30

“1. Nei casi di trasferimento illegittimo diversi da quelli previsti all’articolo 8 e se si è fatto

ricorso ad un’autorità centrale entro il termine di sei mesi a partire dal trasferi­mento, il

riconoscimento e l’esecuzione non possono essere rifiutati se non quando: a. si tratta di un

provvedimento pronunciato in assenza del convenuto o del suo rappresentante legale e l’atto

introduttivo del giudizio o altro atto equivalente non è stato notificato o comunicato al convenuto

in forma regolare ed in tempo utile affinché possa difendersi; tuttavia, tale mancata notifica o

comu­nicazione non può costituire motivo di rifiuto di riconoscimento o di esecu­zione quando la

notifica o la comunicazione non abbia avuto luogo per il fatto che il convenuto ha tenuto nascosto

il luogo in cui si trova alla persona che ha promosso il procedimento nello Stato d’origine; b. si

tratta di un provvedimento pronunciato in assenza del convenuto o del suo rappresentante legale e

la competenza dell’autorità che l’ha pronunciato non si basa: i. sulla residenza abituale del

convenuto, ovvero ii. sull’ultima residenza abituale comune dei genitori del minore purché uno di

essi vi risieda ancora abitualmente, ovvero, iii. sulla residenza abituale del minore; c. se il

provvedimento è incompatibile con quello relativo all’affidamento dive­nuto esecutivo nello Stato

richiesto prima del trasferimento del minore, al­meno che quest’ultimo non abbia avuto la sua

residenza abituale sul territo­rio dello Stato richiedente nell’anno che precede il suo

trasferimento.” 31

“1. Nei casi diversi da quelli di cui agli articoli 8 e 9, il riconoscimento e l’esecuzione possono

essere rifiutati non soltanto per i motivi previsti dall’articolo 9, ma anche per uno dei motivi

seguenti: a. se si è constatato che gli effetti del provvedimento sono manifestamente in­compatibili

con i principi fondamentali del diritto che regola la famiglia ed i minori nello Stato richiesto; b. se

si è constatato che a seguito del mutamento di circostanze, compreso il passare del tempo ma

escludendo il mero cambiamento di residenza del mi­nore a seguito di trasferimento illegittimo gli

effetti del provvedimento ori­ginario risultano palesemente non più conformi all’interesse del

minore; c. se, al momento dell’introduzione dell’istanza nello Stato d’origine: i. il minore aveva la

cittadinanza dello Stato richiesto o la sua residenza abituale in questo Stato, mentre con lo Stato

d’origine non esisteva alcuno di tali rapporti di collegamento; ii. il minore aveva

contemporaneamente la cittadinanza dello Stato d’origine e quella dello Stato richiesto, nonché la

residenza abituale nello Stato richiesto; d. se il provvedimento è incompatibile con un

provvedimento emesso, o nello Stato richiesto, o in uno Stato terzo, pur essendo esecutivo nello

Stato ri­chiesto, a seguito di un procedimento intrapreso prima della proposizione della domanda

di riconoscimento o d’esecuzione, e se il rifiuto è conforme all’interesse del minore. 2. Negli stessi

casi, tanto il procedimento di riconoscimento quanto quello d’esecuzione possono essere sospesi

per uno dei seguenti motivi: a. se il provvedimento originario è oggetto di un ricorso ordinario; b.

se nello Stato richiesto è pendente un procedimento riguardante l’affidamento del minore,

promosso prima che il procedimento nello Stato di origine sia stato iniziato; c. se un altro

provvedimento relativo all’affidamento del minore è oggetto di un procedimento di esecuzione o

di ogni altro procedimento relativo al riconoscimento del provvedimento stesso.”

144

da un altro stato contraente. Qui vi è una definizione precisa di cosa si intende per

trasferimento illecito di un minore32

e in tal caso, rispetto alla Convenzione di

Lussemburgo, ad attribuire illiceità al trasferimento del minore non è solamente o

necessariamente la violazione di un provvedimento di affidamento, peraltro

eventuale, bensì anche l’effettivo mancato esercizio della potestà genitoriale o di

un potere analogo. Questa convenzione non ritiene illegittimo ogni trasferimento

di un minore all’estero in violazione di un provvedimento di affidamento, bensì

solamente quelli che non vengano attuati a tutela del minore stesso.33

Inoltre tale

convenzione specifica che il diritto di affidamento è tutelato anche quando derivi

semplicemente dalla legge o da un accordo tra i genitori o tra i soggetti comunque

tenuti alla tutela del minore. La Convenzione si applica nei confronti di ogni

minore infra-sedicenne che abbia la propria residenza abituale in uno Stato

contraente immediatamente prima della violazione dei diritti di affidamento o di

visita. La condizione primaria per tutelare l’interesse del minore è l’immediato

ripristino della situazione precedente alla sottrazione, in quanto, durante il periodo

____________________________

32 Art. 3. “ Il trasferimento o il mancato rientro di un minore è ritenuto illecito: a) quando avviene

in violazione dei diritti di custodia assegnati ad una

persona, istituzione o ogni altro ente, congiuntamente o individualmente, in base alla legislazione

dello Stato nel quale il minore aveva la sua residenza

abituale immediatamente prima del suo trasferimento o del suo mancato rientro e: b) se tali diritti

vanno effettivamente esercitati, individualmente o

congiuntamente, al momento del trasferimento del minore o del suo mancato rientro, o avrebbero

potuto esserlo se non si fossero verificate tali circostanze. Il diritto di custodia citato al capoverso

a) di cui sopra può in particolare derivare direttamente dalla legge, da una decisione giudiziaria o

amministrativa, o da un accordo in vigore in base alla legislazione del predetto Stato. ”. Articolo

14. “Nel determinare se vi sia stato o meno un trasferimento od un mancato ritorno illecito…

l'Autorità giudiziaria o amministrativa dello Stato richiesto può tener conto direttamente della

legislazione e delle decisioni giudiziarie o amministrative, formalmente riconosciute o meno nello

Stato di residenza abituale del minore…”. 33

Infatti in base all’art. 13 : “…l'Autorità giudiziaria o amministrativa dello Stato richiesto non è

tenuta ad ordinare il ritorno del minore qualora la persona, istituzione o ente che si oppone al

ritorno, dimostri: a) che la persona, l'istituzione o l'ente cui era affidato il minore non esercitava

effettivamente il diritto di affidamento al momento del trasferimento o del mancato rientro, o

aveva consentito, anche successivamente, al trasferimento o al mancato ritorno; o b) che sussiste

un fondato rischio, per il minore, di essere esposto, per il fatto del suo ritorno, ai pericoli fisici e

psichici, o comunque di trovarsi in una situazione intollerabile; L'Autorità giudiziaria o

amministrativa può altresì rifiutarsi di ordinare il ritorno del minore qualora essa accerti che il

minore si oppone al ritorno, e che ha raggiunto un'età ed un grado di maturità tali che sia

opportuno tener conto del suo parere. Nel valutare le circostanze di cui al presente Articolo, le

Autorità giudiziarie e amministrative devono tener conto delle informazioni fornite dall'Autorità

centrale o da ogni altra Autorità competente dello Stato di residenza del minore, riguardo alla sua

situazione sociale.” -si tratta di casi in cui il trasferimento è stato effettuato nell’interesse del

minore stesso e quindi non vi è l’obbligo di ordinare il ritorno del minore.

145

in cui perdura la sottrazione, il minore è soggetto alle tensioni derivanti dallo stato

di conflittualità emotiva connesso al mutamento delle figure parentali di

riferimento. Anche in questo caso la procedura per il recupero del minore

coinvolge le Autorità centrali designate da ciascuno Stato membro, la quale per

l’Italia è il Ministero di Grazia e Giustizia. Sono previste nella Convenzione

alcune ipotesi in cui l’Autorità giudiziaria o amministrativa competente può

respingere l’istanza tesa al ritorno del minore nel Paese d’origine ( artt. 12 e 13

conv. Aja)34

. Le due Convenzioni perciò sono entrambe volte a tutelare il diritto di

affidamento in capo ai genitori o chi ne fa le veci, in rapporto agli interessi

prevalenti del minore, ma realizzano tale tutela in modo differente. Le differenze

più salienti tra le due normative internazionali sono che: la convenzione di

Lussemburgo si applica soltanto a livello europeo, mentre quella dell’Aja ha

portata più ampia; la convenzione di Lussemburgo realizza uno strumento di

riconoscimento ed esecuzione di provvedimenti nazionali ( parte dal presupposto

della superiorità dei provvedimenti adottati dallo Stato d’origine e tutela il diritto

di affidamento sotto un profilo più formale), mentre quella dell’Aja realizza una

tutela sotto un profilo più concreto, determinando quella che viene definita una

actio possessoria in infantem, ovvero applica un rimedio meramente recuperatorio

( parte dall’opposto presupposto della superiorità dei provvedimenti adottati dallo

Stato d’origine); la convenzione di Lussemburgo si applica a qualsiasi minore

mentre quella dell’Aja si applica esclusivamente agli infra-sedicenni. La

convenzione dell’Aja del 1980 tende a combattere il c.d. international kidnapping

(rapimento dei minori) ma la concreta applicazione delle rispettive norme

permette che un fatto ipoteticamente illecito può ottenere ratifica

_____________________________ 34

Art. 12, co.1, prevede l’ipotesi in cui è disposto il ritorno immediato—“ Articolo 12.Qualora un

minore sia stato illecitamente trasferito o trattenuto ai sensi dell'articolo 3, e sia trascorso un

periodo inferiore ad un anno, a decorrere dal trasferimento o dal mancato ritorno del minore, fino

alla presentazione dell'istanza presso l'Autorità giudiziaria o amministrativa dello Stato contraente

dove si trova il minore, l'autorità adita ordina il suo ritorno immediato.”---invece le ipotesi in cui

può essere respinta l’istanza volta al ritorno del minore si trovano ai commi successivi:

“…L'Autorità giudiziaria o amministrativa, benché adita dopo la scadenza del periodo di un anno

di cui al capoverso precedente, deve ordinare il ritorno del

minore, a meno che non sia dimostrato che il minore si è integrato nel suo nuovo ambiente. Se

l'autorità giudiziaria o amministrativa dello Stato richiesto ha motivo di ritenere che il minore è

stato condotto in un altro Stato, essa può spendere la procedura o respingere la domanda di ritorno

del minore.” e all’art. 13 già menzionato.

146

e legittimazione giuridica da parte di uno Stato estero. Le situazioni concrete

possono essere tra loro molto diverse: il genitore responsabile della sottrazione

può essere o meno l’affidatario del minore, oppure può trasferire il bambino

all’estero prima della disgregazione della famiglia, per procurarsi nel nuovo Stato,

una situazione ad esso favorevole oppure dopo che l’Autorità giudiziaria ha

deciso sull’affidamento, in modo da sottrarsi alla sua attuazione. Il conflitto tra le

due convenzioni va tendenzialmente risolto a favore della convenzione di

Lussemburgo e la questione relativa alla divergenza dei due strumenti

internazionali è stata risolta, per lo meno in ambito europeo, con l’introduzione

dei reg. CE nn. 1347/2000 e 2201/2003 che hanno semplificato la disciplina ed

adeguato il parallelismo delle due convenzioni del 198035

.

______________________________

35 ANCESCHI A., La famiglia nel diritto internazionale privato: aggiornato con la legge 15 luglio

2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica), Torino, 2010, p. 269 ss.

147

3. Gli interventi diretti attraverso i regolamenti comunitari

Le istituzioni europee in settori nei quali le tradizioni nazionali sono apparse

presentare un maggior grado di omogeneità e di condivisione, hanno operato in

modo diretto con il fondamentale strumento dei regolamenti comunitari: il

regolamento n. 2201/2003 in materia matrimoniale e di responsabilità genitoriale,

il regolamento n.4/2009 in materia di obbligazioni alimentari, il regolamento n.

1259/2010 sulla legge applicabile al divorzio e alla separazione personale36

e, da

ultimo, anche il regolamento successioni n. 650/2012. Altri regolamenti sono in

itinere, tuttora allo stato di proposte, tra cui quello in materia di regimi

patrimoniali tra coniugi e l’altro in materia di effetti patrimoniali di unioni

registrate37

. Sebbene avente carattere internazionalistico, la normativa appena

richiamata non è certamente senza effetti anche sul piano del diritto sostanziale e

ha contribuito a inaugurare una stagione nuova della istituzione familiare in

Europa, quella della famiglia c.d. senza frontiere, aperta e in libera concorrenza.

La istituzione familiare appare oggi in Europa come un grande ‘cantiere’ aperto,

nel quale gli stessi elementi portanti del tradizionale edificio familiare vengono

continuamente rimessi in discussione. Anche la normativa europea derivata

(direttive), apre alle relazioni ‘formalmente registrate’, nonché a quelle ‘stabili e

durature debitamente comprovate’, ricollegandovi alcuni significativi effetti, sia

pure con riferimento a specifiche e a determinate condizioni.

________________________________ 36

In base a tale ultimo regolamento è rimessa ai coniugi la scelta della legge chiamata a regolare la

loro crisi coniugale—il suo ambito di applicazione appare limitato essenzialmente alle cause che

possono condurre alla separazione o al divorzio, mentre ne restano escluse le questioni di

maggiore importanza riguardanti, in particolare, i rapporti patrimoniali, le obbligazioni alimentari

e di mantenimento e l’esercizio della ‘responsabilità genitoriale’. Nel marzo del 2012 la

Commissione ha proposto al Consiglio l’adozione di un nuovo Regolamento relativo ai regimi

patrimoniali tra i coniugi non solo sotto il profilo della legge applicabile, ma anche per la

competenza, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia--- TOMMASEO F., Il

processo civile familiare e minorile italiano nel contesto dei principi europei, in Dir. fam. 2012,

p.1266 ss. 37

Proposta di Regolamento del Consiglio, relativo alla competenza, alla legge applicabile, al

riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia di regimi patrimoniali tra coniugi,

Bruxelles, 16.3.2011—COM (2011) 126 definitivo; Proposta di Regolamento del Consiglio,

relativo alla competenza, alla legge applicabile, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni

in materia di effetti patrimoniali delle unioni registrate: Bruxelles, 16.3.2011--- COM (2011) 127

definitivo.

148

In un caso (dir. 2003/8638

), consentendo agli stati membri di dare ingresso e

soggiorno, ai fini di ricongiungimento familiare, anche a partners non coniugati

extracomunitari, con possibilità addirittura di estensione dello stesso trattamento

coniugale in ipotesi di unioni formalmente registrate (art. 4, par. 3). In altro caso

(dir. 2004/3839

), sancendo persino un vero e proprio diritto di ingresso e di

soggiorno a favore del partner comunitario di unione registrata, purché dallo Stato

ospitante equiparata al matrimonio, nonché accertata conforme alle condizioni

richieste da tale medesimo Stato (art. 2, lett. b) ). Quindi la famiglia, per il diritto

dell’Unione Europea, oltrepassa ormai il matrimonio, per ricomprendervi anche le

semplici unioni registrate e quelle anche soltanto di fatto. Il criterio fondativo di

qualificazione non è nell’ ‘atto’, ma nel ‘rapporto’ e la famiglia non vi è concepita

come nozione vuota, in quanto viene dato rilievo all’unione che comporta una

effettiva comunione (materiale e spirituale) di vita40

.

_________________________

38 Direttiva 2003/86/CE del Consiglio, del 22 settembre 2002 relativa al ricongiungimento

familiare, in Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea L 251/12, del 3.10.2003. 39 Direttiva 2004/38/CE, diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e di

soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, in Gazzetta Ufficiale dell’Unione

Europea L 229/35, del 29.6.2004. 40

SCALISI V., “Famiglia e Famiglie in Europa”, in Riv. dir. civ., 2013, p. 11 e ss.

149

3.1. In particolare il Regolamento comunitario in materia matrimoniale

e di responsabilità genitoriale n.2201/2003: i punti caratterizzanti

Di grande importanza relativamente ai rapporti tra genitori e figli è il

Regolamento n. 2201/2003 (cd. Bruxelles II) che regola la competenza, il

riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e di

responsabilità genitoriale in tutti gli Stati membri dell’Unione europea (ad

eccezione della Danimarca) approvato dal Consiglio dell’Unione Europea il 27

novembre 200341

.

Questo nuovo strumento sostituisce il precedente Regolamento n. 1347/200042

,

riprendendo integralmente le norme che disciplinavano la materia matrimoniale e

introducendo nuove disposizioni sulla ‘responsabilità genitoriale’. Il Consiglio

dell’Unione Europea decise di emanare un successivo strumento per tre ordini di

motivi: gli strumenti legislativi in materia erano molti e variegati e, quindi, era

opportuno e necessario consolidare in un unico strumento finale, l’intera

legislazione riguardante la competenza, il riconoscimento e l’esecuzione delle

decisioni in materia matrimoniale e di responsabilità genitoriale sui figli43

;

___________________________

41 Tale regolamento è applicabile dal 1° marzo 2005, ad eccezione degli articoli 67 (informazioni

che gli Stati membri devono dare alla Commissione, relativamente alle autorità centrali ed alle

lingue accettate, 68 ( informazioni relative ai giudici e ai mezzi di impugnazione), 69

(informazioni relative alla modificazione dei certificati standard) e 70 ( informazioni relative al

funzionamento del Comitato che assiste la Commissione) applicati dal 1° agosto 2004, ovvero

dalla sua entrata in vigore.—Esso costituisce un significativo passo avanti verso la realizzazione di

un diritto europeo delle relazioni familiari e da attuazione al punto n. 34 delle conclusioni del

Consiglio di Tampere dell’ottobre 1998.--CALO’ E., “L’influenza del diritto comunitario sul

diritto di famiglia”, in Familia, 2005, p. 510. 42

Regolamento approvato dal Consiglio del 29 maggio 2000, relativo alla competenza,

riconoscimento e esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di potestà dei

genitori sui figli di entrambi i coniugi, in GUCE 30 giugno 2000, L. 160, P.19. 43

La legislazione esistente in materia era composta di strumenti sia comunitari che

extracomunitari. Tra i primi abbiamo: la Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968

( Bruxelles I), riguardante la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia

civile e commerciale, che non copriva gli aspetti inerenti il diritto delle persone; la Convenzione di

Bruxelles del 28 maggio 1998 (Bruxelles II-mai entrata in vigore), riguardante la competenza, il

riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale, che prevede ,entro certi

limiti, il mutuo riconoscimento e l’esecuzione reciproca delle decisioni in materia di potestà dei

genitori, diritto di affidamento dei minori e diritto di visita. Tra gli strumenti extracomunitari, va

ricordata la Convenzione dell’Aja del 1996, non ancora entrata in vigore, che riguarda la

competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni, nonché la

cooperazione in materia di responsabilità genitoriale e misure per la tutela del minore. Nel 1980,

sempre a l’Aja, fu stipulata un’altra Convenzione sugli aspetti civilistici della sottrazione

internazionale di minori.

150

inoltre l’aumento degli spostamenti all’interno dell’UE dei cittadini, ha portato ad

un incremento di matrimoni o unioni familiari tra cittadini e residenti di diversi

Stati membri e, di conseguenza, vi è stato un numero elevato di separazioni,

divorzi e annullamenti che interessano persone di cittadinanza diversa; le

controversie che sorgono sui suddetti procedimenti possono essere ulteriormente

complicate dai conflitti di competenza, tramite i quali le parti in causa potrebbero

cercare di ottenere una pronuncia della giurisdizione nazionale più favorevole ai

propri interessi o l’annullamento, nel proprio Stato membro, di sentenze emesse

da un altro Stato. Infine, si constatò che tutte le controversie riguardanti la visita

dei minori e/o il loro affidamento in seguito a separazione e divorzio dei genitori

sono all’origine di un numero di rapimenti dei minori stessi, da parte dei genitori

o di altri parenti e in tal modo lo stesso diritto di visita era fortemente pregiudicato

dalla paura del genitore affidatario di non vedere tornare il proprio figlio44

.

Già esaminando i considerando del testo regolamentare si nota come, pur essendo

uno strumento destinato ad operare prevalentemente nel campo processuale rechi

in sé un significativo approccio sostanziale alla materia del diritto di famiglia: al

n. 33 stabilisce che il regolamento ‘riconosce i diritti fondamentali o osserva i

principi sanciti in particolare dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione

europea’; al n. 19 formula il principio sull’importanza della audizione del minore

ai fini dell’applicazione del regolamento ( che trova nell’art. 24 della Carta il

proprio punto di riferimento); al n. 21 si chiarisce che ‘il riconoscimento e

l’esecuzione delle decisioni rese in uno Stato membro dovrebbero fondarsi sul

principio di fiducia reciproca e i motivi di non riconoscimento dovrebbero

_______________________________

44 RUGGIANO M.E., Dal regolamento CE N. 1347/2000 al regolamento CE N. 2201/2003, in Dir.

fam. e pers., 2005, p.739-742. LONG J., L’impatto del regolamento CE 2201/2003 sul diritto di

famiglia italiano: tra diritto internazionale privato e diritto sostanziale, in Familia, 2006, p. 1127.

Il legislatore comunitario ha dato una spinta significativa al sistema di cooperazione giudiziaria

civile nella delicata materia della tutela della prole. L’impossibilità di far circolare nello spazio

europeo i provvedimenti di affidamento della prole aveva suscitato numerose iniziative: a una

proposta francese, per facilitare, con l’abolizione dell’exequator, l’esercizio dei diritti di visita

transfrontaliera ai figli minori di coniugi separati o divorziati (in G.U.C.E., n.C 234 del 15 agosto

2000,7) aveva fatto seguito la proposta di regolamento della Commissione Europea ( in G.U.C.E.

N. C332 E del 27 novembre 2001, 269-274), orientata a garantire che i provvedimenti concernenti

i minori, circolassero liberamente e potessero anche essere revisionati in un contesto di certezza

del diritto.-- CONTI R., Il nuovo regolamento comunitario in materia matrimoniale e di potestà

parentale, in Fam. e dir., 2004, p.291.

151

essere limitati al minimo indispensabile’ e per dare idonea garanzia alle relazioni

familiari al n.13 consente al giudice competente secondo le norme regolamentari

di ‘trasferire il caso al giudice di un altro Stato membro se quest’ultimo è più

indicato a conoscere del caso’45

. Per quanto riguarda il suo ambito oggettivo di

applicazione già nel considerando n.5 il regolamento chiarisce che ‘ disciplina

tutte le decisioni in materia di responsabilità genitoriale, incluse le misure di

protezione del minore, indipendentemente da qualsiasi nesso con un procedimento

matrimoniale’. L’art. 1 precisa che esso si applica, indipendentemente dal tipo di

autorità giurisdizionale, alle materie civili relative al divorzio, alla separazione

personale e all'annullamento del matrimonio46

. nonché relative alla responsabilità

genitoriale (ovvero ‘ all’attribuzione, esercizio, delega, revoca, totale o parziale’

di essa).

______________________

45 Nel nuovo testo non vi sono regole sulle forme dell’audizione, sebbene il Parlamento europeo

avesse espressamente proposto la modifica di un considerando al fine di chiarire espressamente

che l’audizione del minore dovesse “tener conto della sua età e maturità e poter assumere la forma

di un colloquio separato con un professionista indipendente” ( emendamento al considerandon14

contenuto nella Risoluzione del Parlamento europeo sulla proposta—in G.U.C.E. 29 gennaio 2004,

C 25 E/171). Nella stessa risoluzione era stato anche proposto l’inserimento di un articolo

specifico dedicato all’Interesse del bambino : ‘ In tutte le decisioni giudiziarie relative ai bambini

deve essere considerato preminente l’interesse superiore del bambino’.-- CONTI R., Il nuovo

regolamento comunitario in materia matrimoniale e di potestà parentale, in Fam. e dir., 2004, p.

291-293. 46

Continuano perciò a rimanere esclusi dall’ambito di applicazione sia lo scioglimento delle

unioni di fatto registrate e non, sia altre questioni come quelle relative ai rapporti patrimoniali che

continueranno ad essere regolate dal Regolamento CE n. 44/2001 del 22 dicembre 2000 sulla

giurisdizione, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale)-- LONG J., L’impatto del regolamento CE 2201/2003 sul diritto di famiglia italiano: tra diritto

internazionale privato e diritto sostanziale, in Familia, 2006, p. 1128. Al riguardo assume rilievo

il considerando n. 8, il quale afferma che il regolamento “dovrebbe” applicarsi solo allo

scioglimento del vincolo matrimoniale, senza estendersi a questioni quali quelle relative alle cause

del divorzio, agli effetti del matrimonio sui rapporti patrimoniali o ad “altri provvedimenti

accessori ed eventuali”. Il regolamento n. 2201, inoltre, non riguarda i procedimenti volti a

modificare le condizioni di una separazione o di un divorzio, che restano integralmente soggetti

alla lex fori. Le controversie sugli obblighi di mantenimento del coniuge o dei figli sono oggi

coperte, invece, dal nuovo regolamento n. 4 del 2009. —LUPOI M. A. Giurisdizione,

riconoscimento ed esecuzione dei provvedimenti stranieri in materia familiare (normativa europea

ed interna), materiali relativi al “Corso teorico-pratico di diritto internazionale privato e

processuale della famiglia”, organizzato dall’Osservatorio dei matrimonialisti riminesi, tenutasi a

Rimini il 15 febbraio 2014. La normativa europea non da una nozione di matrimonio. Si pone

dunque il dubbio se il giudice adito debba fare riferimento al proprio diritto interno ovvero a

quello dello Stato straniero in cui il matrimonio sia stato celebrato. Il dubbio assume una certa

rilevanza per l’ipotesi in cui, ad esempio, sia chiesto al giudice di uno Stato di sciogliere un

matrimonio conforme alle norme di uno Stato straniero ma privo di validità nello Stato del foro,

come nel caso di un matrimonio contratto tra persone dello stesso sesso—sul punto WAUTELET,

Dissolution d’un mariage entre personnes de même sexe: le for de nécéssité comme réponse à

l’impossibilité de divorcer?, in Riv. dr. int. pr., 2013, fasc. 4, p. 75 ss.

152

Quindi mentre, per quanto concerne i rapporti personali tra genitori e figli, il

Regolamento 1347/2000 era limitato ai procedimenti ‘relativi alla potestà dei

genitori sui figli di entrambi i coniugi, instaurati in occasione dei procedimenti in

materia matrimoniale’. La nuova disciplina si applica alla “responsabilità

genitoriale”, indipendentemente sia dalla contestualità della decisione sulla

responsabilità genitoriale con un procedimento matrimoniale47

, sia dall’esistenza

stessa di un matrimonio tra i genitori e dall’esistenza stessa di genitori esercenti la

responsabilità48

.

_______________________

47 Nell’ambito di applicazione del Regolamento sono compresi i provvedimenti modificativi delle

condizioni della separazione (art. 156, ultimo comma, c.c.) o del divorzio (art. 9, 1° comma,

L.div.) e anche i provvedimenti generali limitativi o ablativi della potestà ex art. 330, 333 e 336, 3°

comma, c.c.—Quindi il precedente regolamento faceva riferimento solo alle questioni inerenti la

responsabilità dei genitori nei riguardi dei figli al momento della crisi coniugale (era necessaria la

contemporanea e attuale pendenza di una causa matrimoniale, ovvero di un procedimento di

divorzio, separazione e annullamento--in particolare, si applicava alle decisioni che stabilivano

con quale genitore avrebbero vissuto i figli, quindi il diritto di affidamento della prole, e il diritto

di visita del genitore non affidatario) ed era legato alla concezione di famiglia come società

naturale fondata sul matrimonio. Il Regolamento del 2003 , invece, con la nuova formulazione

sembra ritenere che anche le vicende relative alla responsabilità genitoriale sorte dopo la

definizione delle cause matrimoniali rientreranno nel suo ambito operativo. Inoltre eliminando il

nesso tra cause matrimoniali e cause de potestate, riflette la realtà dei tempi, dove esistono

accanto alla famiglia coniugale, altri modelli, quali le convivenze di fatto o “convivenze non

matrimoniali”, che impongono, con riferimento ai figli minori, una regolamentazione dei rapporti.

Analogamente può pensarsi al fenomeno delle famiglie ricostituite nelle quali la coppia coniugale

e la coppia genitoriale non sono necessariamente coincidenti, potendo ciascun coniuge avere

anche figli nati dalla sua precedente vicenda familiare. CONTI R., Il nuovo regolamento

comunitario in materia matrimoniale e di potestà parentale, in Fam. e dir., 2004, p. 293-

294.FASANO A.M., MATONE S., I conflitti della responsabilità genitoriale, Milano, 2013, p.39-

40.—E’ stato osservato che una potestà genitoriale può così sorgere anche in capo al coniuge non

genitore. Si è parlato di passaggio dalla bigenitorialità alla plurigenitorialità—FADIGA, I

provvedimenti relativi ai figli minori, Relazione tenuta all’incontro di studio organizzato dal

C.S.M. in Roma nei giorni 7-9 luglio 2003 sul Regolamento “Bruxelles II”: Il divorzio in Europa

e la tutela dei figli minori. 48

Quindi nell’ordinamento italiano, il Regolamento si applica ai provvedimenti ex art. 155, 1°

comma, c.c.( ora art. 337-ter ) e ex art. 6, 2° comma, L. div. e la responsabilità genitoriale non

spetta solo ai genitori: ove l’ordinamento interno lo consenta, la responsabilità genitoriale può

essere esercitata anche da un soggetto privato diverso dai genitori (es. genitore sociale nelle

famiglie ricomposte; nonno) o da un soggetto pubblico ( l’art. 1, 2° comma, Reg. include, tra le

materie che rientrano nell’ambito di applicazione del regolamento, l’affidamento extra-familiare e

la tutela).-- LONG J., L’impatto del regolamento CE 2201/2003 sul diritto di famiglia italiano: tra

diritto internazionale privato e diritto sostanziale, in Familia, 2006, p. 1128-1129. L’autore

sottolinea come tale regolamento si colloca, tra gli strumenti internazionali in materia di famiglia,

a metà strada tra gli atti di diritto internazionale classico e quelli di diritto uniforme. Questi non

impongono agli Stati contraenti soluzioni di diritto sostanziale uniforme, ma preferiscono stabilire

uno standard minimo di garanzie procedurali e si è scelto di costituire una rete di autorità

amministrative ad hoc (autorità centrali), una per ogni Stato contraente, che cooperino tra di loro e

vigilino sui soggetti pubblici che operano in ciascun Paese nel settore d’interesse. LONG J.,

L’impatto del regolamento CE 2201/2003 sul diritto di famiglia italiano: tra diritto internazionale

privato e diritto sostanziale, in Familia, 2006, p. 1132-1135.

153

Per specificare meglio l’ambito oggettivo di applicazione, il par. 2 dello stesso

articolo precisa le materie soggette alla disciplina regolamentare e il par. 3 le

esclusioni49

. L’art. 2 invece contiene varie definizioni: offre una definizione assai

ampia di Autorità giurisdizionali, alla quale affianca quelle di “Stato membro di

origine” e di “Stato membro per l’esecuzione”; ribadisce le nozioni di

“decisione” e di “giudice” già espresse nel Regolamento n.1347. Ma ciò che

merita maggiore attenzione è la definizione di responsabilità genitoriale: infatti il

nostro ordinamento non conosceva fino a poco tempo fa’ la ‘parental

responsibility’. Il legislatore del 2003, oltre a esemplificare all’art. 1 le materie

relative alla ‘responsabilità genitoriale’, ha codificato una definizione ampia di

responsabilità genitoriale, proprio al fine di escludere possibili effetti

discriminatori tra i minori e di evitare che potessero rimanere fuori dall’ambito

operativo delle norme regolamentari talune situazioni peculiari50

.

____________________

49 “2. Le materie di cui al paragrafo 1, lettera b), riguardano in particolare: a) il diritto di

affidamento e il diritto di visita; b) la tutela, la curatela ed altri istituti analoghi; c) la designazione

e le funzioni di qualsiasi persona o ente aventi la responsabilità della persona o dei beni del minore

o che lo rappresentino o assistano; d) la collocazione del minore in una famiglia affidataria o in un

istituto; e) le misure di protezione del minore legate all'amministrazione, alla conservazione o

all'alienazione dei beni del minore. 3. Il presente regolamento non si applica: a) alla

determinazione o all'impugnazione della filiazione; b) alla decisione relativa all'adozione, alle

misure che la preparano o all'annullamento o alla revoca dell'adozione; c) ai nomi e ai cognomi del

minore……… g) ai provvedimenti derivanti da illeciti penali commessi da minori.” Si tratta infatti

di materie dove è più difficile trovare una convergenza (ad esempio riguardo al nome—ci sono

alcuni paesi come la Francia, che consentono al giudice di intervenire quando ritiene che il nome

scelto dai genitori possa recare pregiudizio al suo interesse; riguardo alle condotte dannose tenute

dai figli minorenni, in alcuni paesi la colpa dei genitori per violazione dei doveri di vigilanza, e

talvolta anche di buona educazione, è presunta come in Belgio, Germania e in Francia-- RONFANI P., Alcune riflessioni sulla responsabilità genitoriale. Enunciati del diritto,

rappresentazioni normative e pratiche sociali, in Soc. dir., a.2010, p.23. 50

Articolo 2. Definizioni. “Ai fini del presente regolamento valgono le seguenti definizioni:

….7) "responsabilità genitoriale": i diritti e doveri di cui è investita una persona fisica o giuridica

in virtù di una decisione giudiziaria, della legge o di un accordo in vigore riguardanti la persona o i

beni di un minore. Il termine comprende, in particolare, il diritto di affidamento e il diritto di

visita; 8) "titolare della responsabilità genitoriale": qualsiasi persona che eserciti la responsabilità

di genitore su un minore; 9) "diritto di affidamento": i diritti e doveri concernenti la cura della

persona di un minore, in particolare il diritto di intervenire nella decisione riguardo al suo luogo di

residenza; 10) "diritto di visita": in particolare il diritto di condurre il minore in un luogo diverso

dalla sua residenza abituale per un periodo limitato di tempo; 11) "trasferimento illecito o mancato

ritorno del minore": il trasferimento o il mancato rientro di un minore: a) quando avviene in

violazione dei diritti di affidamento derivanti da una decisione, dalla legge o da un accordo vigente

in base alla legislazione dello Stato membro nel quale il minore aveva la sua residenza abituale

immediatamente prima del suo trasferimento o del suo mancato rientro e b) se il diritto di

affidamento era effettivamente esercitato, individualmente o congiuntamente, al momento del

trasferimento del minore o del suo mancato rientro, o lo sarebbe stato se non fossero sopravvenuti

tali eventi…...”

154

La responsabilità genitoriale così definita riunisce sotto di sé sia la nostra “potestà

genitoriale” (anche se con il D.Lgs. n.154 del 2013 il nostro legislatore ha

finalmente recepito il termine responsabilità genitoriale), intesa come potere-

dovere dei genitori sui figli minorenni, sia la protezione dei minori che si trovino,

in senso lato, in situazione di difficoltà. Meritevole di segnalazione è anche il fatto

che il regolamento, oltre a dettare una nozione autonoma di ‘diritto di visita’ e

‘diritto di affidamento’, non limita il diritto di visita ai soli genitori e quindi la

procedura facilitata per il riconoscimento e l’esecuzione dei provvedimenti può

essere utilizzata anche da soggetti diversi dai genitori, per esempio i nonni o il

genitore sociale, ma non biologico, di un minore cresciuto in una famiglia

ricomposta.

Il riconoscimento di tali decisioni nell’ordinamento italiano può contribuire al

diffondersi di una maggiore sensibilità per il riconoscimento del diritto al

mantenimento dei rapporti di fatto a seguito della rottura dell’unione tra i genitori

anche con soggetti terzi rispetto ai genitori51

. Col tempo si è andata manifestando

l’esigenza di definire gli statuti di tale responsabilità, in modo da individuare con

certezza i doveri non solo morali e legalmente rilevanti, che i genitori sono tenuti

ad adempiere per assolvere in modo corretto la funzione educativa.

____________________________

51 CONTI R., Il nuovo regolamento comunitario in materia matrimoniale e di potestà parentale, in

Fam. e dir., 2004, p.294. ; LONG J., L’impatto del regolamento CE 2201/2003 sul diritto di

famiglia italiano: tra diritto internazionale privato e diritto sostanziale, in Familia, 2006, p. 1144-

1145. La locuzione ‘responsabilità genitoriale’ è richiamata nella cultura giuridica familiare e

minorile, già dagli anni ottanta e, a partire dal Children Act inglese del 1989, (che ha modificato la

terminologia utilizzata nell’Atto del 1975 per descrivere il ruolo dei genitori, introducendo al posto

delle parole “diritti e doveri dei genitori” l’espressione Parental responsibility), ha iniziato a

diffondersi nel diritto interno dei singoli paesi europei. La responsabilità genitoriale è inoltre

ampiamente menzionata nel diritto internazionale, in particolare nella Convenzione dell’ONU sui

diritti dei bambini e delle bambine del 1989 e nella Convenzione europea sull’esercizio dei diritti

dei minori del 1996. E sempre più frequentemente nel linguaggio giuridico questa locuzione sta

sostituendo quella non solo di potestà genitoriale, evocativa di una visione dei rapporti tra genitori

e figli di tipo asimettrico e adultocentrico, ma anche di autorità genitoriale, in quanto più consona

ad un diritto di famiglia, come quello del nostro tempo, improntato alla neutralità di genere,

all’eguaglianza dei diritti e dei doveri fra i genitori e di orientamento marcatamente puerocentrico.

La nozione di responsabilità genitoriale presente in questo regolamento da importanza al dovere di

impegno genitoriale, inteso come assunzione di responsabilità nei confronti dei figli, facendo fede

a quell’insieme di doveri, poteri e autorità rivolti a fornire al figlio un indirizzo nell’esercitare i

propri diritti. Il concetto di ‘responsabilità genitoriale’ è stato introdotto dalla legge 10 dicembre

2012, n. 219, proprio in ragione della modifica socio- culturale che si è venuta a creare in questi

anni nei rapporti tra genitori e figli. FASANO A.M., MATONE S., I conflitti della responsabilità

genitoriale, Milano, 2013, p.41; RONFANI P., Alcune riflessioni sulla responsabilità genitoriale.

Enunciati del diritto, rappresentazioni normative e pratiche sociali, in Soc. dir., a.2010, p.8-9.

155

Tutto ciò per ridurre l’incertezza circa le aspettative che le istituzioni hanno nei

loro confronti e limitando la discrezionalità degli operatori sociali e dei giudici

quando intervengono nelle situazioni di conflitto familiare e adottano

provvedimenti a tutela del minore. Tale necessità è stata riconosciuta anche dalla

Commission on Euopean Family Law, che ha stilato nel 2007 i “Principi del

Diritto europeo della famiglia”. Taluni individuano i contenuti della responsabilità

dei genitori che sono precisati: ad un livello generico, da un lato, nel dovere di

garantire al figlio ‘cura, protezione e educazione nel rispetto del suo peculiare

carattere e dei suoi bisogni evolutivi e, dall’altro lato, dal divieto di infliggere

punizioni corporali o ogni altro “trattamento umiliante”; ad un livello specifico, la

responsabilità dei genitori viene esplicitata nel dovere di rispettare l’autonomia

del figlio e nella tutela e promozione dei suoi diritti fondamentali52

.

Il Regolamento ha, infine, il pregio di promuovere un approccio unitario di tipo

funzionale a tutte le questioni inerenti ,in senso lato, alla protezione dei minori,

comprese quelle relative ai rapporti tra genitori e figli. Infatti a livello di

competenza giurisdizionale questo determina un trattamento unitario di tutte le

questioni inerenti la ‘responsabilità genitoriale’ (art. 8 Reg.)53

.

________________________ 52

Precisamente, con un evidente richiamo alla Convenzione ONU del 1989,: il diritto di mantenere

stabili rapporti con i genitori o altre persone con cui ha instaurato persistenti relazioni personali

significative; il diritto di non essere discriminato, anche sulla base degli orientamenti sessuali,

propri o dei genitori e il diritto, in relazione alla sua età e maturità, di essere informato sulle

questioni che lo concernono e di poter esprimere le proprie opinioni. Viene anche ribadito il

principio che il minore deve essere ascoltato in tutti i procedimenti che concernono la

responsabilità genitoriale.-- RONFANI P., Alcune riflessioni sulla responsabilità genitoriale.

Enunciati del diritto, rappresentazioni normative e pratiche sociali, in Soc. dir., a.2010, p. 20 e 22.

53 Questo può contribuire alle difficoltà nell’ordinamento italiano al superamento delle difficoltà

insite nella distinzione tra la materia dei rapporti tra genitori e figli e la materia della protezione

dei minori. Infatti in base al sistema di diritto internazionale privato: in materia di rapporti tra

genitori e figli la competenza giurisdizionale spetta all’autorità giudiziaria italiana sia quando il

figlio o almeno uno dei genitori sono cittadini italiani o risiedono in Italia, sia quando il

provvedimento richiesto riguarda rapporti cui sia applicabile la legge italiana (art. 37 l. 218/1995)

e in materia di riconoscimento ed esecuzioni delle decisioni si applica la disciplina comune, che

prevede il riconoscimento automatico, e, per l’esecuzione, un procedimento per l’accertamento dei

requisiti per il riconoscimento di fronte alla Corte d’Appello (art. 66 e 67 l. 218/1995); in materia

di protezione dei minori si rinvia alla Convenzione dell’Aja del 1961, che stabilisce in merito alla

competenza giurisdizionale il luogo di residenza il criterio generale del luogo di residenza del

minore, pur riconoscendo altri criteri di competenza (art. 42 L. 218/1995) e per il riconoscimento

invece è sempre richiesto un procedimento di exequatur presso il tribunale per i minorenni (art. 4,

co.1, L. 64/94). LONG J., L’impatto del regolamento CE 2201/2003 sul diritto di famiglia

italiano: tra diritto internazionale privato e diritto sostanziale, in Familia, 2006, p. 1146-1148.

156

Le regole di competenza in materia di responsabilità genitoriale accolte nel

regolamento comunitario si informano all’interesse superiore del minore e in

particolare al criterio di vicinanza. Ai sensi dell’art. 8, reg. CE n. 2201/2003, le

Autorità giurisdizionali di uno Stato sono competenti a decidere in materia di

responsabilità dei genitori, se il figlio minore risiede abitualmente in quello Stato,

alla data della domanda. A tale criterio generale vengono affiancati dei criteri

integrativi volti ad evitare migrazioni preordinate all’ottenimento di decisioni

favorevoli in materia di affidamento dei minori54

. La prima deroga si ha in caso di

trasferimento lecito della residenza del minore (art. 9): il cambio di residenza

abituale da un Paese membro ad un altro non comporterà immediatamente la

competenza del Paese di nuova residenza, ma è previsto un regime di ultrattività

della precedente competenza . Tale norma ha tenuto conto della situazione in cui

viene a trovarsi il titolare del diritto di visita residente nello Stato che ne ha

regolato le modalità, quando avvenga il trasferimento lecito del minore e del

genitore affidatario in un altro Stato: è una previsione volta ad agevolare sul piano

giurisdizionale il genitore che rimane nello Stato di provenienza e può avere

interesse a modificare i provvedimenti esistenti per via della nuova situazione55

.

___________________

54 Del criterio della residenza abituale è pacifico che tale criterio fa riferimento non alla residenza

anagrafica, ma al centro della condotta di vita e al fulcro dei legami sociali e affettivi del soggetto

interessato e va intesa come il luogo in cui quest’ultimo ha fissato con carattere di stabilità il

centro permanente o abituale dei propri interessi, esprimendo il radicamento del soggetto con tale

territorio. SCARAFONI, Il regolamento n. 2201/2003 sulla competenza ed esecuzione delle

decisioni in materia matrimoniale e genitoriale, in Il processo civile e la normativa comunitaria, a

cura di Scarafoni, Torino, 2012, p. 314. ANCESCHI A., La famiglia nel diritto internazionale

privato: aggiornato con la legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza

pubblica), Torino, 2010, p.263. 55

Articolo 9. Ultrattività della competenza della precedente residenza abituale del minore. ‘1. In

caso di lecito trasferimento della residenza di un minore da uno Stato membro ad un altro che

diventa la sua residenza abituale, la competenza delle autorità giurisdizionali dello Stato membro

della precedente residenza abituale del minore permane in deroga all'articolo 8 per un periodo di 3

mesi dal trasferimento, per modificare una decisione sul diritto di visita resa in detto Stato membro

prima del trasferimento del minore, quando il titolare del diritto di visita in virtù della decisione

sul diritto di visita continua a risiedere abitualmente nello Stato membro della precedente

residenza abituale del minore. 2. Il paragrafo 1 non si applica se il titolare del diritto di visita di cui

al paragrafo 1, ha accettato la competenza delle autorità giurisdizionali dello Stato membro in cui

risiede abitualmente il minore partecipando ai procedimenti dinanzi ad esse senza contestarla.’---

CONTI R., Il nuovo regolamento comunitario in materia matrimoniale e di potestà parentale, in

Fam. e dir., 2004, p. 296; LUPOI M. A., Giurisdizione, riconoscimento ed esecuzione dei

provvedimenti stranieri in materia familiare (normativa europea ed interna), materiali relativi al

“Corso teorico-pratico di diritto internazionale privato e processuale della famiglia”, organizzato

dall’Osservatorio dei matrimonialisti riminesi, tenutasi a Rimini il 15 febbraio 2014, p. 13-14.

157

Per questo, tale proroga viene meno in caso di accettazione della giurisdizione da

parte del titolare del diritto di visita rimasto nello Stato di partenza e qualora

quest’ultimo abbia presentato un’istanza relativa a tale diritto nello Stato ove si

trova la nuova residenza del figlio. Un’altra deroga è prevista all’art. 10 in caso di

trasferimento illecito del minore, che contiene una disciplina specifica in deroga

alle norme della convenzione dell’Aja del 25 ottobre 198056-57

. La regola base è

che, in caso di trasferimento illecito o mancato rientro del minore, lo Stato da cui

il minore proveniva o a cui doveva tornare conserva la propria competenza. La

norma ha l’evidente finalità di eludere comportamenti di sottrazione illecita di

minori, poiché accade di frequente che il genitore che porta illecitamente un

minore all’estero, ne chieda poi l’affidamento alle autorità del paese ove questi è

stato condotto, onde ottenere una sorta di ratifica ex post del proprio operato. La

giurisdizione dello Stato d’origine è comunque destinata a venire meno dopo il

_______________________ 56

Il Regolamento Bruxelles II si limitava a richiamare le disposizioni della Convenzione dell’Aja

del 1980, sugli aspetti civili della sottrazione internazionale dei minori, che miravano al ripristino

dello status quo imponendo allo Stato nel quale il minore era trattenuto di ordinare il ritorno

immediato. Il Consiglio UE, nel prefigurare le linee del nuovo strumento regolamentare, aveva

chiarito che ‘il futuro regolamento comunitario deve contenere le disposizioni necessarie per

garantire che il giudice della residenza abituale del minore, competente prima della sottrazione per

le questioni relative alla responsabilità genitoriale, mantenga la competenza anche dopo ’ e che ‘ il

giudice della residenza abituale del minore deve poter prendere una decisione che prevarrà

sull’eventuale decisione di non ritorno emessa dal giudice del luogo in cui si trova il minore dopo

la sottrazione in modo da assicurare il ritorno effettivo del minore’.-- CONTI R., Il nuovo

regolamento comunitario in materia matrimoniale e di potestà parentale, in Fam. e dir., 2004,p.

296 ss. 57

Articolo 10. Competenza nei casi di sottrazione di minori. ‘ In caso di trasferimento illecito o

mancato rientro del minore, l'autorità giurisdizionale dello Stato membro nel quale il minore aveva

la residenza abituale immediatamente prima del trasferimento o del mancato rientro conserva la

competenza giurisdizionale fino a che il minore non abbia acquisito la residenza in un altro Stato

membro e: a) se ciascuna persona, istituzione o altro ente titolare del diritto di affidamento ha

accettato il trasferimento o mancato rientro; o b) se il minore ha soggiornato in quell'altro Stato

membro almeno per un anno da quando la persona, istituzione o altro ente titolare del diritto di

affidamento ha avuto conoscenza, o avrebbe dovuto avere conoscenza, del luogo in cui il minore si

trovava e il minore si è integrato nel nuovo ambiente e se ricorre una qualsiasi delle seguenti

condizioni: i) entro un anno da quando il titolare del diritto di affidamento ha avuto conoscenza, o

avrebbe dovuto avere conoscenza, del luogo in cui il minore si trovava non è stata presentata

alcuna domanda di ritorno del minore dinanzi alle autorità competenti dello Stato membro nel

quale il minore è stato trasferito o dal quale non ha fatto rientro; ii) una domanda di ritorno

presentata dal titolare del diritto di affidamento è stata ritirata e non è stata presentata una nuova

domanda entro il termine di cui al punto i); iii) un procedimento dinanzi all'autorità giurisdizionale

dello Stato membro nel quale il minore aveva la residenza abituale immediatamente prima del

trasferimento o del mancato rientro è stato definito a norma dell'articolo 11, paragrafo 7; iv)

l'autorità giurisdizionale dello Stato membro nel quale il minore aveva la residenza abituale

immediatamente prima dell'illecito trasferimento o del mancato ritorno ha emanato una decisione

di affidamento che non prevede il ritorno del minore.

158

decorso di un lasso di tempo ritenuto sufficiente per considerare la prole ormai

inserita nel nuovo contesto sociale e familiare. Infine altri due articoli sulla

competenza giurisdizionale in tema di responsabilità giurisdizionale sono gli artt.

12 e 15. Il primo, prevede che l’autorità giurisdizionale dello Stato membro

competente per i procedimenti di divorzio, separazione ed annullamento del

matrimonio lo è anche per le domande relative alla responsabilità dei genitori e

per gli altri procedimenti individua la competenza in favore dello Stato cui il

minore ha un legame sostanziale58

.

Nell’art. 15 invece, il legislatore comunitario ha preso atto dell’esistenza di talune

pur eccezionali situazioni in cui i giudici di uno Stato membro, pur essendo

incompetenti alla luce dei precedenti criteri, potrebbero essere più adatti a trattare

la causa di responsabilità genitoriale: esso, riproponendo un meccanismo analogo

previsto per il trasferimento delle cause dall’art. 8 della Convenzione de L’Aja del

1996, consente all’autorità competente di trasferire la causa a quella dello Stato

‘con cui il minore ha un legame particolare, purché l’autorità investita sia ritenuta

più adatta a trattare il caso o una sua parte specifica e ciò corrisponda all’interesse

superiore del minore’. E nei paragrafi successivi si specificano anche le ipotesi

che possono sussumersi nel concetto di legame particolare e poi si chiarisce che

l’autorità giurisdizionale adita potrà interrompere l’esame della domanda o di un

suo capo e invitare le parti a presentare la domanda all’autorità giurisdizionale

dell’altro Stato membro, oppure rivolgersi direttamente all’autorità giurisdizionale

dell’altro Stato membro per chiederle d’assumere la competenza sul procedimento

___________________ 58

Proroga della competenza. 1. Le autorità giurisdizionali dello Stato membro in cui viene

esercitata…. la competenza a decidere sulle domande di divorzio, separazione personale dei

coniugi o annullamento del matrimonio (art.5) sono competenti per le domande relative alla

responsabilità dei genitori ..se: a) almeno uno dei coniugi esercita la responsabilità genitoriale sul

figlio; e b) la competenza giurisdizionale di tali autorità giurisdizionali è stata accettata

espressamente o in qualsiasi altro modo univoco dai coniugi e dai titolari della responsabilità

genitoriale alla data in cui le autorità giurisdizionali sono adite, ed è conforme all'interesse

superiore del minore…. 3. Le autorità giurisdizionali di uno Stato membro sono competenti in

materia di responsabilità dei genitori nei procedimenti diversi… se: a) il minore ha un legame

sostanziale con quello Stato membro, in particolare perché uno dei titolari della responsabilità

genitoriale vi risiede abitualmente o perché è egli stesso cittadino di quello Stato b) la loro

competenza è stata accettata espressamente o in qualsiasi altro modo univoco da tutte le parti al

procedimento alla data in cui le autorità giurisdizionali sono adite ed è conforme all'interesse

superiore del minore.

159

o sulla domanda particolare59

.

__________________ 59

Articolo 15. Trasferimento delle competenze a una autorità giurisdizionale più adatta a trattare il

caso. “1. In via eccezionale le autorità giurisdizionali di uno Stato membro competenti a conoscere

del merito, qualora ritengano che l'autorità giurisdizionale di un altro Stato membro con il quale il

minore abbia un legame particolare sia più adatto a trattare il caso o una sua parte specifica e ove

ciò corrisponda all'interesse superiore del minore, possono: a) interrompere l'esame del caso o

della parte in questione e invitare le parti a presentare domanda all'autorità giurisdizionale

dell'altro Stato membro conformemente….. 4. L'autorità giurisdizionale dello Stato membro

competente a conoscere del merito fissa un termine entro il quale le autorità giurisdizionali

dell'altro Stato membro devono essere adite conformemente al paragrafo 1. Decorso inutilmente

tale termine, la competenza continua ad essere esercitata dall'autorità giurisdizionale

preventivamente adita…. 5. Le autorità giurisdizionali di quest'altro Stato membro possono

accettare la competenza, ove ciò corrisponda, a motivo delle particolari circostanze del caso,

all'interesse superiore del minore, entro 6 settimane dal momento in cui sono adite …. l'autorità

giurisdizionale preventivamente adita declina la propria competenza. In caso contrario, la

competenza continua ad essere esercitata dall'autorità giurisdizionale preventivamente adito….”-- CONTI R., Il nuovo regolamento comunitario in materia matrimoniale e di potestà parentale, in

Fam. e dir., 2004, p. 297-298.-- Si tratta della prima forma di dismissione discrezionale della

competenza accolta da un regolamento europeo. Essa, infatti, richiede una valutazione circa

l’esistenza di un foro alternativo “più adatto” a pronunciarsi, in ragione dello stretto legame con il

minore, in applicazione del principio di prossimità, che trova il suo fondamento nella tutela

prevalente dell’interesse del minore. Per una fattispecie, v. App. Caltanissetta, 4 maggio 2009, in

Fam. min., 2009, fasc. 6, p. 54, che ritiene sussistere un legame particolare del minore con il foro

straniero alternativo….sul rilievo che il giudice straniero, “in quanto giudice di prossimità, è a

conoscenza degli stili di vita nonché dei ritmi giornalieri imposti in quel Paese” LUPOI M. A.

Giurisdizione, riconoscimento ed esecuzione dei provvedimenti stranieri in materia familiare

(normativa europea ed interna), materiali relativi al “Corso teorico-pratico di diritto internazionale

privato e processuale della famiglia”, organizzato dall’Osservatorio dei matrimonialisti riminesi,

tenutasi a Rimini il 15 febbraio 2014.

Un chiarimento sulla portata di questo articolo la troviamo anche nella nostra giurisprudenza di

merito-- App. Catania, 21 luglio 2011, in Nuova giurispr. civ. comm., 2012, pag. 363 ss—relativo

al caso che aveva visto coinvolti un cittadino italiano ed una cittadina inglese che dopo vari

spostamenti tra i due paesi stabiliscono domicilio a Roma. Il 23 marzo 2010, la donna abbandona

la casa coniugale tornando in Inghilterra e portando con sé i figli. Il padre dapprima adisce la Corte

inglese per attivare la procedura di rimpatrio dei figli ai sensi dell’art. 13 Convenzione Aja del

25.10.1980. Dopo il rigetto dell’istanza di rimpatrio dei minori in Italia , reitera la richiesta di

rimpatrio dei figli in seno al ricorso introduttivo del giudizio per la separazione dei coniugi

proposto innanzi al giudice italiano invocando l’applicazione delle previsioni del regolamento CE

n. 2201/2003 (art. 3,4 e 11) e invocando pertanto la sussistenza della giurisdizione italiana per il

giudizio di separazione dei coniugi e per l’assunzione dei provvedimenti relativi. La madre dal

canto suo chiede la sospensione del procedimento ai sensi dell’art. 19 reg. CE n. 2201/2003,

eccependo la litispendenza internazionale determinata dalla previa introduzione del giudizio di

divorzio innanzi al giudice inglese e tentando di riaffermare la giurisdizione dell’autorità

giudiziaria inglese in ordine alle determinazioni attinenti ai minori. La Corte però afferma,

rigettando l’istanza formulata dalla convenuta, che il provvedimento di cui all’art. 15, oltre ad

avere carattere eccezionale, non può essere assunto in una fase sommaria ed anticipatoria del

procedimento di separazione dei coniugi ma deve essere pronunciato a seguito della delibazione

nel merito; perciò rinvia l’esame di questa richiesta alle determinazioni relative al giudizio di

separazione (per cui sussiste la competenza del giudice italiano) e conferma la scelta del Tribunale

di Modica che, recependo i contenuti del provvedimento inglese, aveva negato il rimpatrio dei

minori a fronte delle accuse di gravi e reiterate violenze fisiche, sessuali e psichiche ai danni della

moglie mosse a carico dell’uomo.--- MOLE’ R., Il regolamento CE n. 2201/2003 (Bruxelles II

bis): i criteri di riparto della giurisdizione e la disciplina della sottrazione internazionale dei

minori, in La nuova giurispr. civ. comm., 2012, pp. 366 ss.

160

Il Capo IV del Regolamento comunitarizza il sistema delle Autorità centrali60

,

prevedendo forme di designazione interna e funzioni generali, ma anche

individuando operativamente gli ambiti, sostanzialmente non giurisdizionali, entro

i quali esse sono chiamate a svolgere un ruolo di raccordo, non solo fra le diverse

autorità giurisdizionali ma anche con i soggetti coinvolti ,a vario titolo, nei

procedimenti in materia di responsabilità genitoriale. Il ruolo delle Autorità

centrali viene delineato, sottolineandone non solo la funzione informativa e di

raccordo fra le autorità giurisdizionali, ma anche una funzione operativa volta a

facilitare un accordo fra i titolari della responsabilità genitoriale, ricorrendo

eventualmente a forme di mediazione61

.

________________________________________

60 Già previste da varie Convenzioni internazionali: vedi l’art. 3 Conv. de l’Aja del 28 maggio

1970 sul rimpatrio dei minori, art. 2 della Convenzione europea di Lussemburgo del 20 maggio

1980 sul riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia di affidamento dei minori e di

ristabilimento dell’affidamento; art. 6 Conv. de l’Aja del 25 ottobre 1980 sugli aspetti civili della

sottrazione internazionale dei minori. 61

Fondamentali sono gli artt. : Articolo 54—‘Funzioni generali’: Le autorità centrali mettono a

disposizione informazioni sull'ordinamento e sulle procedure nazionali e adottano misure generali

per migliorare l'applicazione del presente regolamento e rafforzare la cooperazione. A tal fine si

ricorre alla rete giudiziaria europea in materia civile e commerciale, istituita con decisione

2001/470/CE. Articolo 55. ‘Cooperazione nell'ambito di cause specifiche alla responsabilità

genitoriale’: Le autorità centrali, su richiesta di un'autorità centrale di un altro Stato membro o del

titolare della responsabilità genitoriale, cooperano nell'ambito di cause specifiche per realizzare gli

obiettivi del presente regolamento. A tal fine esse provvedono, direttamente o tramite le autorità

pubbliche o altri organismi, compatibilmente con l'ordinamento di tale Stato membro in materia di

protezione dei dati personali: a) a raccogliere e a scambiare informazioni: i) sulla situazione del

minore; ii) sugli eventuali procedimenti in corso; o iii) sulle decisioni adottate relativamente al

minore; b) a fornire informazioni e assistenza ai titolari della responsabilità genitoriale che

chiedono il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni sul loro territorio, relativamente in

particolare al diritto di visita e al ritorno del minore;

c) a facilitare la comunicazione fra le autorità giurisdizionali, in relazione soprattutto all'attuazione

dell'articolo 11, paragrafi 6 e 7, e dell'articolo 15;

d) a fornire informazioni e sostegno utili all'attuazione dell'articolo 56 da parte delle autorità

giurisdizionali;

e) a facilitare un accordo fra i titolari della responsabilità genitoriale, ricorrendo alla mediazione o

con altri mezzi, e ad agevolare a tal fine la cooperazione transfrontaliera. CONTI R., Il nuovo

regolamento comunitario in materia matrimoniale e di potestà parentale, in Fam. e dir., 2004, p.

304.

161

3.2. L’influenza del nuovo regolamento in materia di sottrazione

internazionale dei minori e di diritto di visita e le indicazioni

della giurisprudenza sull’applicazione di tali norme

Anche in ambito comunitario, come nel nostro ordinamento, accanto

all’attribuzione della ‘responsabilità genitoriale’, che comprende il diritto di

affidamento (art.2 par.9.diritti e doveri concernenti la cura della persona di un

minore, in particolare il diritto di intervenire nella decisione riguardo al suo luogo

di residenza) e diritto di visita (art.2 par. 10.diritto di condurre il minore in un

luogo diverso dalla sua residenza per un periodo limitato di tempo), sono previsti

dei rimedi contro l’abuso di tali diritti per impedire il trasferimento del minore in

un Paese diverso da quello di residenza abituale, senza il consenso dell’altro

genitore, o senza l’autorizzazione dell’autorità giudiziaria. Le norme del

regolamento Bruxelles II-bis concorrono con la disciplina di fonte

convenzionale62

. Si pongono come ‘integrative’ della Convenzione dell’Aja del

1980 e ‘sostitutive’ della Convenzione di Lussemburgo del 1980. La Convenzione

dell’Aja viene integrata perché si prevede: l’obbligo di ascolto del minore nel

procedimento per il ripristino dell’affidamento davanti all’ autorità del Paese in

cui il minore è stato illecitamente trasferito; la durata massima del procedimento

di ritorno; alcune limitazioni all’operatività delle cause di rifiuto del ripristino

dell’affidamento, fondate sulla contrarietà del ritorno all’interesse del minore63

.

________________________________ 62

TONOLO S., La sottrazione internazionale dei minori nel diritto processuale civile europeo: il

regolamento bruxelles II-bis e la Convenzione dell’Aja del 1980 a confronto, in Riv. dir. int. priv. e

process., 2011, p. 81-82. 63

art. 11 Ritorno del minore. “..2. Nell'applicare gli articoli 12 e 13 della convenzione dell'Aia del

1980, si assicurerà che il minore possa essere ascoltato durante il procedimento se ciò non appaia

inopportuno in ragione della sua età o del suo grado di maturità. 3. Un'autorità giurisdizionale alla

quale è stata presentata la domanda per il ritorno del minore di cui al paragrafo 1 procede al rapido

trattamento della domanda stessa, utilizzando le procedure più rapide previste nella legislazione

nazionale…. 4. Un'autorità giurisdizionale non può rifiutare di ordinare il ritorno di un minore in

base all'articolo 13, lettera b), della convenzione dell'Aia del 1980 qualora sia dimostrato che sono

previste misure adeguate per assicurare la protezione del minore dopo il suo ritorno. 5. Un'autorità

giurisdizionale non può rifiutare di disporre il ritorno del minore se la persona che lo ha chiesto

non ha avuto la possibilità di essere ascoltata. 6. Se un'autorità giurisdizionale ha emanato un

provvedimento contro il ritorno di un minore.., l'autorità giurisdizionale deve immediatamente

trasmettere direttamente ovvero tramite la sua autorità centrale una copia del provvedimento

giudiziario contro il ritorno e dei pertinenti documenti… all'autorità giurisdizionale competente o

all'autorità centrale dello Stato membro nel quale il minore aveva la residenza abituale

immediatamente prima dell'illecito trasferimento o mancato ritorno….”.

162

Il Regolamento 2201 prevale, invece, sulla Convenzione di Lussemburgo del

1980, in quanto viene abolito l’exequator per le decisioni in materia di diritto di

visita e di ritorno del minore, in presenza di un apposito certificato64

.

L’integrazione della disciplina della Convenzione dell’Aja del 25 ottobre 1980 da

parte del Regolamento Bruxelles II-bis avviene anche tramite l’interpretazione

della Corte di Giustizia dell’Unione europea.

Per favorire la possibilità per il minore di intrattenere relazioni personali regolari

con entrambi i genitori, è stata elaborata la c.d. autonomia procedurale della

decisione di rientro del minore. La Corte di Giustizia ha precisato che la decisione

contro il rientro emanata e portata a conoscenza del giudice d’origine, anche se sia

stata sospesa, riformata, annullata, non sia passata in giudicato o sia stata

sostituita da una decisione di rientro, ma il rientro non ha avuto effettivamente

luogo, soccombe alla decisione di rientro del giudice d’origine se munita

dell’apposito certificato65

.

__________________________

64 Articolo 41. Diritto di visita. “1. Il diritto di visita di cui all'articolo 40, paragrafo 1, lettera a),

conferito in forza di una decisione esecutiva emessa in uno Stato membro, è riconosciuto ed è

eseguibile in un altro Stato membro senza che sia necessaria alcuna dichiarazione di esecutività e

senza che sia possibile opporsi al suo riconoscimento se la decisione è stata certificata nello Stato

membro d'origine ...”. e art. 42. Ritorno del minore. “1. Il ritorno del minore di cui all'articolo 40,

paragrafo 1, lettera b), ordinato con una decisione esecutiva emessa in uno Stato membro, è

riconosciuto ed è eseguibile in un altro Stato membro senza che sia necessaria una dichiarazione di

esecutività e senza che sia possibile opporsi al riconoscimento, se la decisione è stata certificata

nello Stato membro d'origine conformemente… 2. Il giudice di origine che ha emanato la

decisione di cui all'articolo 40, paragrafo 1, lettera b), rilascia il certificato di cui al paragrafo 1

solo se: a) il minore ha avuto la possibilità di essere ascoltato, salvo che l'audizione sia stata

ritenuta inopportuna in ragione della sua età o del suo grado di maturità; b) le parti hanno avuto la

possibilità di essere ascoltate; e c) l'autorità giurisdizionale ha tenuto conto, nel rendere la sua

decisione, dei motivi e degli elementi di prova alla base del provvedimento emesso

conformemente all'articolo 13 convenzione dell'Aia del 1980. Nel caso in cui l'autorità

giurisdizionale o qualsiasi altra autorità adotti misure per assicurare la protezione del minore dopo

il suo ritorno… il certificato contiene i dettagli di tali misure….”--- LONG J., L’impatto del

regolamento CE 2201/2003 sul diritto di famiglia italiano: tra diritto internazionale privato e

diritto sostanziale, in Familia, 2006, p. 1164 -1165; CONTI R., Il nuovo regolamento comunitario

in materia matrimoniale e di potestà parentale, in Fam. e dir., 2004, p. 299-300. 65

In Corte di Giustizia UE, 11 luglio 2008, in causa C-195/08, PPU, Rinau, in Riv. dir. int. priv. e

process., 2009, p. 1134 ss.—si trattava di un rinvio pregiudiziale proposto da un tribunale lituano,

in merito all’esecuzione di una sentenza resa dall’Amtsgericht Oranienburg tedesco che ordinava il

rientro in Germania di una minore affidata al padre tedesco in sede di divorzio e temporaneamente

trasferita in Lituania dalla madre lituana.-- TONOLO S., La sottrazione internazionale dei minori

nel diritto processuale civile europeo: il regolamento bruxelles II-bis e la Convenzione dell’Aja

del 1980 a confronto, in Riv. dir. int. priv. e process., 2011, p. 93-94.

163

Anche la nostra Corte di Cassazione ha analizzato un aspetto della disciplina del

c.d. return remedy previsto per la violazione del diritto di affidamento in una

sentenza che trae origine da un caso di sottrazione internazionale di minore, nata

da una coppia di fatto residente in Italia, formata da padre italiano e madre

spagnola. Il regolamento n. 2201/2003 dedica alla disciplina della sottrazione

internazionale dei minori un’articolata disciplina. La presente sentenza, in linea

con quanto precisato dalla Corte di giustizia, definisce il giudice della residenza

abituale quale ‘giudice naturale’ delle questioni relative al trasferimento illecito o

al mancato rientro del minore, in quanto giudice ‘più vicino all’ambiente familiare

e sociale vissuto dal minore prima dell’illecito trasferimento’66-67

.

________________________

66 La madre, divenuta ormai intollerabile la convivenza con il compagno- il 15 gennaio 2008 ha

fatto ritorno nella propria città di origine (Cordoba) portando con sé la figlia (di circa un anno e

mezzo di età), senza coordinarsi in ordine a tale trasferimento con il compagno. Il padre ha

introdotto due distinti procedimenti: uno, innanzi al Tribunale per i minorenni di Palermo, per

ottenere l’affidamento esclusivo della figlia e la contestuale dichiarazione di decadenza della

madre dalla potestà genitoriale ed il secondo, dinnanzi al giudice spagnolo, per ottenere il

rimpatrio immediato della minore ai sensi dell’art. 12 della Convenzione dell’Aja del 1980 sugli

aspetti civili della sottrazione internazionale dei minori. Il tribunale per i minorenni di Palermo-

verificata la sussistenza della propria giurisdizione, avendo la minore risieduto stabilmente in Italia

per oltre un anno prima della sottrazione- ha disposto con decreto dell’8 luglio 2008 l’affidamento

della minore in via provvisoria ed urgente al padre. Il Tribunale di Cordoba, ha respinto la richiesta

di rimpatrio del padre ravvisando la sussistenza di rischi psicofisici per la minore ai sensi dell’art.

13 lett. b della convenzione dell’Aja del 1980 e, in ossequio a quanto previsto dall’art. 11 par. 6

del regolamento n. 2201/2003, ha trasmesso gli atti del procedimento al giudice italiano. La madre

così ha avviato davanti al giudice spagnolo un procedimento per ottenere la custodia della figlia

(producendo il provvedimento provvisorio ex art. 20 del regolamento emesso dal Tribunale di

Cordoba, recante un regime di potestà genitoriale condivisa sulla minore, l’affidamento della

custodia e della tutela della stessa alla madre e un ampio diritto di visita e di prelievo al padre) ,

mentre il padre ha nuovamente adito il Tribunale di Palermo per ottenere un provvedimento di

rientro ai sensi dell’art. 11 par. 8 del regolamento n. 2201/2003 immediatamente esecutivo. I

giudici italiani danno prova di fiducia nell’operato delle autorità giudiziarie spagnole e di

collaborazione con queste, attraverso un’applicazione del meccanismo di cui all’art. 11 par. 8 del

regolamento n. 2201/2003 che non ha precedenti. Infatti il Tribunale dei minorenni di Palermo, ha

ritenuto di non esercitare la facoltà prevista da tale articolo, stante la sussistenza dei fondati rischi

per la minore in caso di rientro di trovarsi in una situazione intollerabile e con decreto del 9 marzo

2009 ha rigettato la richiesta di rimpatrio formulata dal padre, revocando contestualmente il

precedente decreto dichiarando il difetto di giurisdizione in ordine alla domanda di affidamento

esclusivo ed alla domanda di decadenza di potestà genitoriale della minore. Il cittadino italiano ha

proposto ricorso in Cassazione. Cass. , 14 luglio 210, n. 16549, in Riv. dir. intern. priv. proc., 2011,

p.443 ss. 67

La Corte di Giustizia ha precisato che la ‘residenza abituale’ coincide, con il luogo che denota

una certa integrazione del minore in un ambiente sociale e familiare, alla luce delle peculiari

circostanze di fatto che caratterizzano ogni caso di specie, quali la durata, la regolarità, le

condizioni e le ragioni del soggiorno nel territorio di uno Stato membro e il trasloco della famiglia

in tale Stato, la cittadinanza del minore, il luogo e le condizioni di frequenza scolastica-vedi ad es.

sentenza Corte di Giustizia UE, 22 dicembre 2010, in causa C-497/10 PPU, Mercredi, in

www.curia.europea.eu .

164

L’aspetto più significativo della nuova disciplina contenuta nel regolamento

relativamente alla sottrazione riguarda la previsione contenuta nell’art. 11 par. 8

che comporta un coordinamento dei procedimenti avviati nello Stato d’origine e

nello Stato di destinazione, e le autorità giudiziarie hanno l’obbligo di collaborare

per individuare la soluzione migliore ai fini della tutela del minore: i giudici dello

Stato di residenza abituale del minore, in ragione della prossimità al minore

stesso, malgrado una decisione di non ritorno del minore, possono emettere un

ordine di rientro (c.d. trumping order) il quale non soltanto è idoneo a superare il

diniego di rimpatrio ma una volta dotato del certificato previsto dal regolamento

sarà dotato di immediata esecutività68

. La sentenza della Cassazione merita

apprezzamento sia perché è la prima applicazione del principio di reciproca

fiducia nel delicato terreno della sottrazione internazionale di minori. Il buon

funzionamento del return remedy previsto dalla Convenzione dell’Aja è stato

frequentemente ostacolato da un uso non sempre corretto delle eccezioni previste

dalla convenzione stessa ed, in particolare, dell’art. 13 lett. b. E sebbene ora il

nuovo regolamento, con i meccanismi che abbiamo visto, ha limitato il ricorso a

tale eccezione(non c’è l’obbligo di ordinare il ritorno se sussiste un fondato

rischio, per il minore, di essere esposto, per il fatto del suo ritorno, ai pericoli

fisici e psichici, o comunque di trovarsi in una situazione intollerabile;) il

principio di reciproca fiducia richiede di essere ancora alimentato. La sentenza

della Cassazione dimostra come una corretta applicazione degli strumenti

introdotti dal regolamento Bruxelles II- bis va ad incrementare la reciproca fiducia

nello spazio giuridico europeo. La Corte, tornando sul procedimento ex art. 11 del

regolamento e sul suo rapporto con quello di cui all’art. 13 della Convenzione

dell’Aja, conferma la decisione del Tribunale minorile di Palermo, e precisa69

:

______________________________ 68

CARPANETO L., Reciproca fiducia e sottrazione internazionale di minori nello spazio

giudiziario europeo, in Riv. dir. int. priv. e process., 2011, p. 361-369. 69

Per il Tribunale dei minorenni di Palermo, sia il giudice del luogo in cui il minore è stato

trasferito, sia il giudice del luogo di residenza abituale del minore, hanno il compito di effettuare

un bilanciamento tra l’obiettivo di reintegrazione della situazione di mero fatto antecedente alla

sottrazione e l’eventuale interesse del minore al trasferimento. Conseguentemente entrambi i

giudici sono chiamati ad accertare ‘il dato della sottrazione unilaterale del minore da parte di uno

dei genitori; i motivi di tale sottrazione; la portata emotiva dell’iniziativa genitoriale rispetto al

minore medesimo; le sue conseguenze sulle condizioni di vita presente e futura di quest’ultimo’. -- CARPANETO L., Reciproca fiducia e sottrazione internazionale di minori nello spazio giudiziario

europeo, in Riv. dir. int. priv. e process., 2011, p. 370.

165

l’oggetto del procedimento ( che è indicato nello stesso articolo al par. 7 e consiste

nell’esame dell’eventuale violazione del diritto di affidamento del titolare della

responsabilità genitoriale, inteso quale diritto ad intervenire nella decisione

relativa al luogo di residenza del minore e la verifica circa la sussistenza delle

cause ostative al rientro così come disciplinate dalla Convenzione dell’Aja artt. 12

e 13); le norme procedurali da seguire (l’art. 11 par. 7 si riferisce alla legislazione

nazionale—la procedura da seguire è quella ex art. 7 legge n. 64/199470

); infine

viene specificata la natura di tale procedimento ( consiste in un vero e proprio

procedimento di ‘riesame’ nel quale il giudice della residenza abituale del minore

ha il potere di effettuare ‘una nuova e globale valutazione degli elementi probatori

acquisiti dal giudice che ha negato il rientro ’ integrandoli con quelli da lui

ulteriormente acquisiti e all’esito di tale procedura può emettere una decisione

confermativa del provvedimento di diniego del ritorno, anche per ragioni diverse

o ulteriori da quelle addotte dall’altro giudice, o pronunciare una decisione

‘sostitutiva’ dello stesso provvedimento, prescrivendo il ritorno del minore). Uno

degli aspetti critici riguarda il fatto che non risulta alcun riferimento all’assenza in

Italia di misure adeguate ad assicurare la tutela della minore in caso di rientro (una

delle più significative novità introdotte dall’art. 11 del regolamento n. 2201/2003),

come nelle altre decisioni delle autorità giurisdizionali che si sono limitate a

motivare le proprie scelte invocando il superiore interesse del minore.

_____________________________________

70 Art. 7. 1. Le richieste tendenti ad ottenere il ritorno del minore presso l'affidatario al quale

e' stato sottratto, o a ristabilire l'esercizio effettivo del diritto di visita, sono presentate per il

tramite dell'autorità centrale a norma degli articoli 8 e 21 della convenzione de L'Aja del 25

ottobre 1980. 2. L’autorità centrale, premessi se del caso i necessari accertamenti, trasmette

senza indugio gli atti al procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni del luogo

in cui si trova il minore. Il procuratore della Repubblica richiede con ricorso in via d'urgenza al

tribunale l'ordine di restituzione o il ripristino del diritto di visita. 3. Il presidente del tribunale,

assunte se del caso sommarie informazioni, fissa con decreto l'udienza in camera di consiglio,

dandone comunicazione all'autorità centrale. Il tribunale decide con decreto entro trenta giorni

dalla data di ricezione della richiesta di cui al comma 1, sentiti la persona presso cui si trova il

minore, il pubblico ministero, e, se del caso, il minore medesimo. La persona che ha presentato la

richiesta è informata della data dell'udienza a cura dell'autorità centrale e può comparire a sue

spese e chiedere di essere sentita. 4. Il decreto è immediatamente esecutivo. Contro di esso può

essere proposto ricorso per cassazione. La presentazione del ricorso non sospende l'esecuzione del

decreto. 5. Il procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni cura l'esecuzione

delle decisioni anche avvalendosi dei servizi minorili dell'Amministrazione della giustizia, e

ne da' immediatamente avviso all'autorità centrale. 6. E' fatta salva la facoltà per l'interessato

di adire direttamente le competenti autorità, a norma dell'articolo 29 della convenzione di cui al

comma 1.’

166

Un tale riferimento avrebbe rafforzato tali decisioni e avrebbe contribuito a

riempire di contenuti la nozione di interesse superiore del minore71

. Inoltre un

altro punto critico riguarda la decadenza di competenza del giudice italiano sulla

base dell’art. 10 lett. b del regolamento e l’acquisizione della competenza da parte

del giudice spagnolo: i giudici di legittimità si sono limitati a dare per scontato la

sussistenza del presupposto del soggiorno per oltre un anno del minore in Spagna

e della sua integrazione in tale territorio, ricavandolo dalla situazione della

madre72

.

Una più articolata motivazione sull’integrazione della minore sarebbe stata

opportuna non solo perché la decisione ha determinato il superamento di un

precedente provvedimento del Tribunale dei minorenni di Palermo ,che pur

essendo stato emanato in via cautelare e urgente, era nella sostanza del tutto

favorevole all’affidamento della minore al padre, ma anche perché proprio dalla

sussistenza o meno del presupposto relativo all’interesse della minore dipende la

delicata questione del trasferimento di competenza sull’affidamento dal giudice

naturale al giudice del Paese in cui la minore sia stata illecitamente trasferita73

.

_____________________________________ 71

L’interesse superiore del minore è l’elemento centrale nella risoluzione di tutte le controversie

che riguardano i minori e, tra esse, quelle relative alla sottrazione internazionale; per non ridurre

tale elemento ad una formula vuota, è necessario procedere ad un accertamento rigoroso. 72

In realtà data la tenera età della bambina, è impossibile prescindere dalla posizione della madre

per effettuare valutazioni di merito circa l’avvenuta integrazione della minore. La stessa Corte di

Giustizia, nella sentenza Mercredi del 22 dicembre 2010, in www.curia.europea.eu ., relativa ad

un caso di trasferimento di una neonata dal Regno Unito all’isola di Réunion (Francia) da parte

della madre e all’insaputa del padre. Il padre aveva avviato procedimenti sia dinnanzi alle autorità

giurisdizionali britanniche, per il riconoscimento della responsabilità genitoriale e dei diritti di

affidamento e di visita, quanto dinnanzi a quelle francesi, per ottenere il ritorno del minore in forza

della Convenzione dell’Aja del 1980. La madre oltre ad avviare un procedimento innanzi alle

autorità francesi per ottenere un provvedimento che le attribuisse la responsabilità genitoriale

esclusiva e per la fissazione del domicilio della minore presso il suo indirizzo, proponeva appello

contro le decisioni dei giudici britannici, in quanto ritenuti privi di competenza. I giudici britannici

in sede d’appello hanno sottoposto alla Corte di Giustizia dell’UE una serie di questioni

pregiudiziali volte a chiarire la portata delle nozioni di residenza abituale di minore (neonato) e di

affidamento. In particolare in merito alla nozione di residenza abituale del minore , la Corte,

partendo dal presupposto secondo cui i neonati necessariamente condividono l’ambiente sociale e

familiare della cerchia delle persone dalle quali dipendono, afferma che: laddove un neonato sia

effettivamente accudito dalla madre, è necessario valutare l’integrazione di quest’ultima in un

determinato ambiente sociale e familiare, avendo particolare riguardo alle ragioni che hanno

motivato il suo trasferimento in un diverso Stato membro e alle sue origini geografiche e familiari.

CARPANETO L., Reciproca fiducia e sottrazione internazionale di minori nello spazio giudiziario

europeo, in Riv. dir. int. priv. e process., 2011, p. 372 ss.

73 CARPANETO L., Reciproca fiducia e sottrazione internazionale di minori nello spazio

giudiziario europeo, in Riv. dir. int. priv. e process., 2011, p. 375-6.

167

In un'altra sentenza la Corte di Giustizia si è occupata di un altro aspetto del

regolamento: l’art. 20 prevede che i giudici di uno Stato membro nel quale si trovi

il minore sono autorizzati, in presenza di determinati presupposti, ad adottare i

provvedimenti provvisori o cautelari previsti dalla loro legge nazionale, anche se

il regolamento conferisce ad un giudice di un altro Stato membro la competenza a

conoscere del merito74

. Tuttavia, essendo un’eccezione al sistema di competenze,

questa disposizione deve essere interpretata restrittivamente75

. La procedura

seguita nella questione controversa è rappresentata dal procedimento pregiudiziale

d’urgenza, disciplinato dagli artt. 23 bis del Protocollo sullo Statuto della Corte di

Giustizia e 104 ter del Regolamento di procedura della Corte di Giustizia,

introdotto a seguito delle modifiche del 15 gennaio 2008. Il giudice del rinvio,

data la coesistenza di una decisione giurisdizionale esecutiva adottata dal giudice

italiano, che in via cautelare aveva concesso l’affidamento della minore al padre, e

di un altro provvedimento in senso contrario, adottato in sede cautelare dal

giudice sloveno, che aveva attributo l’affidamento alla madre, rinviene la

necessità di agire rapidamente nell’interesse della minore e nel pericolo di

___________________________ 74

Articolo 20.Provvedimenti provvisori e cautelari. “1. In casi d'urgenza, le disposizioni del

presente regolamento non ostano a che le autorità giurisdizionali di uno Stato membro adottino i

provvedimenti provvisori o cautelari previsti dalla legge interna, relativamente alle persone

presenti in quello Stato o ai beni in esso situati, anche se, a norma del presente regolamento, è

competente a conoscere nel merito l'autorità giurisdizionale di un altro Stato membro. 2. I

provvedimenti adottati in esecuzione del paragrafo 1 cessano di essere applicabili quando l'autorità

giurisdizionale dello Stato membro competente in virtù del presente regolamento a conoscere del

merito abbia adottato i provvedimenti ritenuti appropriati.” 75

Tale aspetto è stato analizzato nel caso deciso dalla Corte di Giustizia con sent., 23 dicembre

2009, in causa C-403/09 PPU, Deticek c. Sgueglia , in Riv. dir. intern. priv. e process., 2011, p. 528

ss., a seguito di un rinvio pregiudiziale proposto da un tribunale sloveno. La vicenda è quella di

una madre, cittadina slovena, che chiede a una Corte del suo Paese di adottare un provvedimento

d’urgenza sull’affidamento della figlia, nata da un matrimonio contratto con un cittadino italiano

(anche se in Italia vi era già stato un provvedimento di affidamento al padre, reso nell’ambito del

giudizio di separazione e dichiarato esecutivo nel territorio della Repubblica di Slovenia). Il

tribunale adito accoglie la domanda della ricorrente, concedendole l’affidamento provvisorio della

figlia. La decisione viene fondata sul combinato disposto dell’art. 20 del Regolamento (CE) del

Consiglio 27 novembre 2003, n. 2201 (cd. Bruxelles-II bis) e dell’art. 13 della Convenzione

dell’Aja del 1980, sulla base del mutamento delle circostanze e dell’interesse della minore. Il

marito, dopo aver ottenuto il rigetto del ricorso avverso l’ordinanza che affidava la figlia alla

madre, propone gravame dinanzi alla Corte d’appello di Maribor. Quest’ultima solleva in via

d’urgenza la questione pregiudiziale in merito all’interpretazione dell’art. 20 del Regolamento n.

2201/2003, sui provvedimenti provvisori cautelari in tema di responsabilità genitoriale, quando il

Giudice che conosce del merito della causa si trova in uno Stato membro differente.-- GRASSO

G., Provvedimenti provvisori cautelari in tema di responsabilità genitoriale: le indicazioni della

Corte di Giustizia sul regolamento Bruxelles II BIS, in Fam. e dir., 2010, p. 994.

168

deterioramento irreparabile dei rapporti con il padre. In particolare, la questione

posta dal giudice del rinvio verte sulla possibilità che l’art. 20 consenta ad un

giudice di uno Stato membro di adottare un provvedimento provvisorio

sull’affidamento di un minore nel caso in cui un Giudice di un altro Stato

membro, competente nel merito, abbia già emesso una decisione che affida

provvisoriamente il minore all’altro genitore, e tale decisione sia stata dichiarata

esecutiva nel territorio del primo Stato membro. La Corte decise il caso

escludendo tale possibilità, perché se fosse dichiarata la legittimità dell’operato

della Corte slovena si avrebbe una distorsione delle finalità della disciplina. Tra le

finalità vi è quella di favorire il reciproco riconoscimento delle decisioni

pronunciate negli Stati membri e la necessità che le decisioni relative all’esercizio

della responsabilità genitoriale, emesse ed esecutive nello Stato membro di

origine, debbano essere eseguite nello Stato membro richiesto (art. 28, n. 1,

Regolamento n. 2201/2003) e in tale caso non rileva la circostanza

dell’integrazione della minore in un nuovo ambiente76

. Una ulteriore finalità è

anche quella di ostacolare gli illeciti trasferimenti o i mancati rientri di minori da

uno Stato membro all’altro. Il mutamento della situazione della minore deriva da

un trasferimento illecito posto in essere dalla madre e ritenere ammissibile la

pronuncia cautelare determinerebbe il consolidamento di tale situazione illecita77

.

_______________________

76 art. 28 reg. n. 2201/2003.Decisioni esecutive. “1. Le decisioni relative all'esercizio della

responsabilità genitoriale su un minore, emesse ed esecutive in un determinato Stato membro,

sono eseguite in un altro Stato membro dopo esservi state dichiarate esecutive su istanza della

parte interessata, purché siano state notificate…”. La corte di Giustizia evidenzia che l’art. 20, n.

1, Regolamento n. 2201/2003, prevede che i provvedimenti provvisori devono essere presi

relativamente alle persone presenti nello Stato membro in cui siedono i giudici competenti

all’adozione di tali misure. Nel caso di specie, il padre. GRASSO G., Provvedimenti provvisori

cautelari in tema di responsabilità genitoriale: le indicazioni della Corte di Giustizia sul

regolamento Bruxelles II BIS, in Fam. e dir., 2010, p. 996. 77

GRASSO G., Provvedimenti provvisori cautelari in tema di responsabilità genitoriale: le

indicazioni della Corte di Giustizia sul regolamento Bruxelles II BIS, in Fam. e dir., 2010, p. 992

ss. In un'altra sentenza la Corte (Corte giust., 2 aprile 2009, c. 523\07, A., in R. dir. int. pr. proc.,

2009, p. 750) ha condizionato l’applicazione della norma in esame alla sussistenza delle tre

condizioni ivi indicate, cioè l’urgenza (e’ onere della parte istante allegare i fatti costitutivi del

fatto che il ritardo nel provvedere possa pregiudicare l’interesse del minore—così Trib. Bologna,

21 maggio 2013, decr., in www.giuraemilia.it.), la presenza della persona o del bene nello Stato e

la provvisorietà del provvedimento. I provvedimenti cui la norma si riferisce sono applicabili ai

minori che hanno la loro residenza abituale in uno Stato membro, ma soggiornano

temporaneamente o occasionalmente in un altro Stato membro. LUPOI M. A. Giurisdizione,

riconoscimento ed esecuzione dei provvedimenti stranieri in materia familiare (normativa europea

ed interna), materiali relativi al “Corso teorico-pratico di diritto internazionale privato e

processuale della famiglia”, organizzato dall’Osservatorio dei matrimonialisti riminesi, tenutasi a

Rimini il 15 febbraio 2014—p.25.

169

4. Diritto al rispetto della vita familiare e responsabilità nella

giurisprudenza europea

Il percorso di adeguamento del diritto civile interno ai diritti fondamentali ha visto

nella giurisprudenza europea della Corte di Giustizia e , soprattutto, nella Corte

Europea dei Diritti dell’Uomo, un impulso fondamentale. Già la Risoluzione n.

1226 (2000), “Esecuzione delle sentenze della Corte Europea dei Diritti

dell’Uomo”, aveva affermato che la giurisprudenza della Corte EDU, in forza del

principio di sussidiarietà, costituisce parte integrante della Convenzione europea

per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e ha efficacia

vincolante erga omnes78

. Anche la nostra Corte costituzionale osserva che ‘tra gli

obblighi internazionali assunti dall’Italia con la sottoscrizione e la ratifica della

CEDU vi è quello di adeguare la propria legislazione alle norme di tale trattato,

nel significato attribuito dalla Corte’79

.

La rilevanza della giurisprudenza della Corte EDU è particolare per l’area del

diritto delle persone minori di età e della loro tutela, che è caratterizzata da una

normativa lacunosa e dal difetto del sindacato di nomofilachia della Suprema

Corte su varie tipologie di provvedimenti. Per questo i principi elaborati dalla

Corte di Strasburgo in molteplici pronunce che riguardano la relazione dei figli

con i genitori e la relativa tutela costituiscono una preziosa fonte integrativa80

.

___________________________________

78 Risoluzione n. 1226 (2000) titolata “Esecuzione delle sentenze della Corte Europea dei Diritti

dell’Uomo” e adottata dall’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa il 28 settembre 2000:

“The principle of solidarity implies that the case law of the Court forms part of the Convention,

thus extending the legally binding force of the Convention erga omnes (to all the other parties).

This means that the states parties not only have to execute the judgement of the Court pronounced

in case in which they are party, but also have to take into consideration the possible implication

which judgements pronounced in other cases may have for their own legal system”. 79

Corte Cost., sent. 348 e 349 del 24 ottobre 2007 in Corr. Giur., 2008, p.185.RUO M.G., Tutela

dei figli e procedimenti relativi alla crisi della coppia genitoriale nella giurisprudenza della Corte

europea dei diritti dell’Uomo, in Dir. fam. pers., 2011, p. 1004-1005; FERRANDO G., Genitori e

figli nella Giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, in Fam. e dir., 2009, p.

1049. 80

Si pensi alla mancanza di previsioni normative per quanto concerne il ‘giusto’ procedimento

minorile e l’esecuzione nei procedimenti di famiglia. L’esclusione del sindacato di legittimità, ad

esempio nei procedimenti de potestate, si basa sul fatto che essi apparterrebbero alle procedure

camerali non contenziose, in quanto non sarebbero dirette a risolvere controversie su diritti o

status, e pertanto i relativi provvedimenti non avrebbero carattere di definitività in quanto sempre

revocabili. –es. Cass., 8 ottobre 2002, n. 14380, in Mass. giust. civ., 2003, p. 244.

170

Riguardo alla tutela dei diritti dei figli minori nella relazione con i genitori, in

funzione del loro superiore interesse, il concetto di famiglia elaborato dalla Corte

di Strasburgo non è solo indipendente dal vincolo di coniugio tra i genitori stessi,

ma prescinde, talvolta, persino dal riconoscimento giuridico della filiazione. E

infatti, in alcuni giudizi nei quali i ricorrenti denunciavano la violazione dell’art. 8

della Convenzione, la Corte Europea dei diritti umani si è soffermata nel definire

il contenuto da attribuire all’espressione generica di ‘vita familiare’: dalla lettura

delle decisioni si ricava che la definizione di vita familiare, accolta nella sua

giurisprudenza, non si limita a comprendere la famiglia legittima, ma si allarga

fino ad abbracciare le relazioni tra soggetti di fatto conviventi. Un ruolo decisivo

assume la nascita, essendo irrilevante a tale riguardo la circostanza che tale evento

si sia verificato all’interno di una relazione coniugale, durante una convivenza di

fatto o, successivamente, al suo scioglimento. Una volta accertata l’esistenza del

legame biologico, la relazione tra il genitore e il figlio pretende un

comportamento positivo da parte dello stato nel senso della predisposizione di una

legislazione orientata a favorire la continuazione del rapporto ed il suo normale

sviluppo. In particolare in un caso del 1994, la Corte, essendo la famiglia di fatto

assimilata alla famiglia legittima, ritiene che il rapporto dedotto in giudizio ricada

nell’ambito operativo della norma81

. Poi afferma che dal diritto al rispetto della

vita privata e familiare derivano per gli Stati sia obblighi negativi di astensione da

______________________________ 81

Nel senso di riconoscere violazione dell’art. 8 della Convenzione indipendentemente dal vincolo

giuridico di filiazione, anche CEDU, sent. 26 maggio 1994, Keegan c. Irlanda in E.H.H.R. p.

342.—Il signor Keegan è padre naturale di una bambina nata a seguito di una relazione more

uxorio, interrotta prima della venuta alla luce della figlia minore. La madre decide di mandare in

adozione la piccola all’insaputa del padre. Così il padre chiede giudizialmente di essere nominato

tutore e affidatario della figlia e poterne contestare quindi l’adottabilità (mentre un padre legittimo

è tutore di diritto dei suoi figli e un minore non può essere posto in stato di adottabilità senza il

consenso della madre e del tutore). A seguito della nomina del padre naturale quale tutore e

affidatario della figlia, la madre e la aspirante coppia adottiva contestano il provvedimento e in

seguito alla sua conferma propongono gravame. Il giudice richiesto propone una interpretazione

restrittiva dei diritti del padre naturale, che per essere effettivi e , quindi, riconosciuti, devono

coincidere con il benessere del minore: a seguito delle conclusioni di un esperto, psichiatra

infantile, che esprime valutazione negativa sul distacco della bimba dalla famiglia aspirante

adottiva, il giudice accoglie le istanze della madre, motivandole con una prognosi di migliori

condizioni di vita offerte dalla famiglia affidataria. Così il padre ricorre alla Corte Europea dei

diritti dell’Uomo assumendo violazione del suo diritto al rispetto della vita familiare, per aver

subito la decisione materna di porre la figlia in stato di adottabilità a sua insaputa e in assenza di

un suo consenso e per la mancata previsione ,nel diritto pertinente, di una automatica, ancorchè

revocabile, assunzione del ruolo di tutore e affidatario della prole naturale.---- in LONGO F.,

Rapporti familiari e responsabilità civile, Torino, 2004, p. 163 ss.

171

comportamenti o atti che possono determinarne la rottura, sia obblighi positivi di

attivarsi per aiutare i genitori a superare eventuali difficoltà di relazione con il

minore e a ricostituire il nucleo familiare. Tra le obbligazioni positive vi è quella

di agire in modo tale da consentire ai legami familiari di svilupparsi normalmente.

Quindi laddove vi sia un legame familiare, lo Stato deve agire in modo tale da

permettere che questo legame si consolidi e deve garantire una tutela giudiziale

che consenta e promuova l’integrazione del bambino nel suo nucleo biologico sin

dalla nascita. Il collocamento fuori della famiglia può essere considerato

legittimo solo se previsto dalla legge, se volto a perseguire uno o più fini legittimi

e se costituisce una misura necessaria in una società democratica82

. Il principio

del rispetto della vita privata e familiare ex art. 8 della Convenzione, senza

discriminazioni fondate sulla nascita, va interpretato in un sistema complesso, del

quale fanno anche indissolubilmente parte l’art. 6 (Diritto ad un equo processo) e

l’art. 14 (Divieto di discriminazione) della stessa convenzione: ai figli,

indipendentemente dalla relazione giuridica dei loro genitori e, anche, dal

riconoscimento giuridico e dal tipo di filiazione, vanno garantiti gli stessi diritti

sostanziali, con medesime modalità e regole, con gli stessi strumenti per attuarle e

con le medesime garanzie processuali. In varie occasioni la Corte EDU ha rilevato

che godere della reciproca presenza e di continuità ed assiduità di relazione,

costituisce per figli e genitori uno degli elementi fondamentali del diritto alla vita

familiare.

______________________________ 82

Anche la Convenzione ONU del 20.11.1989 all’art.7 stabilisce che il bambino, nella misura del

possibile, ha diritto a crescere coi suoi genitori, in quanto, per genitore e figlio, la convivenza

rappresenta un elemento fondamentale della vita familiare, anche quando la relazione della coppia

genitoriale sia venuta meno. Il fatto che il diritto irlandese permetta l’affidamento preadottivo

all’insaputa e senza il consenso del padre naturale, determina il consolidamento di uno stato di

fatto esistente con la famiglia aspirante adottiva. Questa modalità non solo ha ostacolato il legame

tra il sig. Keegan e sua figlia, ma ha anticipato una decisione che si è consolidata nel tempo,

ponendo in posizione deteriore il genitore non convivente rispetto alla famiglia affidataria. La

Corte perciò ritiene violato l’art. 8 ritenendo prevalente e significativo il rapporto biologico padre-

figlia e in tal caso il collocamento fuori dalla famiglia non costituisce una misura necessaria in una

società democratica.-- RUO M.G., Tutela dei figli e procedimenti relativi alla crisi della coppia

genitoriale nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’Uomo, in Dir. fam. pers.,

2011, p. 1011-1012; LONGO F., Rapporti familiari e responsabilità civile, Torino, 2004, p. 165;

FERRANDO G., Genitori e figli nella Giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo,

in Fam. e dir., 2009, p. 1051; CAGGIA F., Il rispetto della vita familiare, in Fam. e dir. 2002,

p.214.

172

E’ fuori discussione il diritto degli Stati di esercitare un controllo sull’esercizio

delle responsabilità parentali. Ma l’affido etero-familiare deve essere inteso come

misura di sostegno al ragazzo e alla sua famiglia orientato al recupero della

relazione tra genitori e figli83

: l’allontanamento di un minore dalla sua famiglia e

ogni altra misura limitativa, sospensiva o ablativa della potestà genitoriale, che

vadano ad incidere su tale aspetto fondamentale, devono essere assunti con

estrema prudenza perché, in caso contrario, si attuerebbe un’ingerenza della

pubblica Autorità nella vita privata e familiare; inoltre lo Stato ha anche obblighi

positivi, tra i quali quello di implementare e di proteggere i rapporti e le relazioni

tra i componenti della famiglia e di renderli effettivi. Infatti l’ingerenza dello

Stato deve qualificarsi indebita ai sensi dell’art. 8, non solo quando le pubbliche

autorità pongono in essere provvedimenti invasivi e intrusivi della sfera di libertà

e autonomia dei nuclei familiari, ma anche quando omettono di attivarsi in modo

funzionale allo sviluppo del legame genitore/figlio84

.

___________________ 83

Nella sentenza CEDU, 12 gennaio 2010, A. W. Khan c. Regno Unito, in www.echr.coe.int ,

questa ha confermato il principio secondo cui i bambini nati o da una coppia sposata o da una

coppia di conviventi sono ipso jure parte di questa famiglia fin dal momento della nascita e che tra

i bambini e i loro genitori esiste una vita familiare. Nel caso di specie, il ricorrente e la sua

fidanzata avevano una relazione dal mese di agosto 2005; egli aveva riconosciuto la figlia, che

portava, così, il cognome del padre sul certificato di nascita. Anche se il ricorrente era stato

sottoposto agli arresti domiciliari e quindi le condizioni di esecuzione della pena impedivano al

ricorrente, sottoposto agli arresti domiciliari, di vivere con la figlia e con la mamma della bambina,

vedeva loro quotidianamente. La Corte ha ritenuto che il rapporto avesse durata e consistenza

sufficiente a creare legami familiari di fatto meritevoli di tutela ai sensi dell’art. 8. E anche se

section 3 of the Immigration Act 1971 (come emendato dal successivo Immigration and Asylum

act del 1999) prevede che una persona che non è cittadino britannico può essere destinatario di un

ordine di espulsione se il Segretario di Stato for the Home Departement ritiene che ciò può

condurre all’ordine pubblico, la Corte ha ritenuto che: alla luce della durata della permanenza nel

Paese ospitante, della qualità delle relazioni ivi stabilite, e dell’assenza totale di legami sociali,

culturali e familiari con il Paese d’origine (Pakistan), l’espulsione non sarebbe proporzionata allo

scopo legittimo….l’art. 8, infatti, protegge anche il diritto di stabilire e sviluppare relazioni con gli

altri esseri umani e il mondo esterno. L’espulsione, in questi casi—qualora eseguita—costituirebbe

una violazione del diritto al rispetto della vita privata e familiare. RUO M.G., Tutela dei figli e

procedimenti relativi alla crisi della coppia genitoriale nella giurisprudenza della Corte europea

dei diritti dell’Uomo, in Dir. fam. pers., 2011, p. 1013-1016. 84

In tema di provvedimenti de potestate e di adottabilità, il principio univoco espresso dalla

giurisprudenza della Corte EDU è che l’allontanamento del minore dalla famiglia e la sua

sistemazione in affidamento ad altra famiglia o ad una comunità deve essere una misura

temporanea, che deve essere revocata quando le circostanze lo permettono per consentire la

riunione del genitore con il figlio. L’interesse del minore richiede che soltanto circostanze

eccezionali possano condurre ad una rottura del legame familiare e che tutto deve essere fatto con

l’obiettivo di mantenere le relazioni personali e ricostituire in seguito la famiglia.

173

Il principio trovò la sua declinazione nel noto caso Scozzari e Giunta c. Italia, nel

quale la Corte ritenne sussistente la violazione dell’art. 8., censurando l’esiguo

numero degli incontri tra madre e figli e l’eccessiva distanza temporale tra gli

stessi che non consentiva un riallacciamento dei rapporti tra la ricorrente ed i

minori.85

Quindi l’Autorità nazionale deve fare tutto il possibile per consentire la

realizzazione del diritto di visita del genitore non convivente con il figlio. La

CEDU ha affrontato tale argomento anche in un altro recente caso che riguardava

un procedimento per l’affidamento di figli minori caratterizzato da alta

conflittualità tra i coniugi. Anche in questo caso la Corte di Strasburgo precisa che

i servizi debbono agire tempestivamente, attuando misure sufficienti ed adeguate

per far rispettare il diritto di visita del genitore non affidatario86

.

_____________________________

85 Sentenza CEDU, Scozzari e Giunta c. Italia, 13 luglio 2000, in Fam. e dir., 2001, p.5.—

riguarda una famiglia turbata dalle violenze del marito nei confronti della moglie, con

conseguenze pregiudizievoli per la psiche dei due figli; il Tribunale per i minorenni disponeva,

dapprima, il ricovero dei bambini e della madre presso la Caritas; in seguito disponeva,

l’allontanamento dei bambini anche dalla madre (ritenuta affetta da gravi disturbi della

personalità) ed il collocamento dei minori presso una Comunità. La madre, che agiva anche in

nome dei figli, ricorre alla Corte sostenendo che la sospensione della potestà genitoriale,

l’allontanamento dei figli ed il loro collocamento in comunità, nonché il ritardo con cui le autorità

le avevano permesso di incontrarli ed il numero insufficiente di incontri organizzati, avevano

violato l’art. 8 della Convenzione. Inoltre la Corte EDU, aveva anche censurato il Tribunale per i

minorenni di Firenze, perché non aveva dato prova della prudenza e vigilanza richieste in un

contesto così delicato e difficile, in pregiudizio dei diritti della madre, ma anche dei superiori

interessi dei figli. Quindi le censure non riguardavano il provvedimento di sospensione della

potestà e di allontanamento dei bambini che era stato preso legittimamente, ma il comportamento

successivo dei servizi i quali non avevano dato spiegazioni circa le loro scelte e gli ostacoli al

riallacciamento dei rapporti, rendendo l’allontanamento praticamente irreversibile.-- RUO M.G.,

Tutela dei figli e procedimenti relativi alla crisi della coppia genitoriale nella giurisprudenza della

Corte europea dei diritti dell’Uomo, in Dir. fam. pers., 2011, p. 1017-1022; FERRANDO G.,

Genitori e figli nella Giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, in Fam. e dir.,

2009, p. 1051. 86

Sentenza CEDU, 2 febbraio 2011, ric. n. 36168/09, Piazzi c. Italia, in minoriefamiglia.it , si

trattava di un caso in cui un minore già affidato alla madre si trasferisce, dopo il divorzio ed

unitamente al genitore affidatario, in un’altra città distante 250 chilometri, dove la madre contrae

nuovo matrimonio. Dopo circa due anni da questo evento il minore dichiara alla nonna materna di

avere subito palpeggiamenti sessuali dal padre, con il conseguente ricorso della madre ad un

avvocato che intima al padre di non incontrare più il figlio. Il ricorso del padre al Tribunale dei

minorenni di Venezia avvia le consuete procedure di indagini con affidamento del minore ai

servizi sociali locali. L’autorità giudiziaria, in seguito alla relazione dello psicologo in cui si dice

che i fatti denunciati dalla minore sono frutto della sua immaginazione, dispone che i servizi

sociali si attivino al fine di ripristinare i rapporti tra il padre ed il figlio. Ciò nonostante il padre

non riesce ad incontrare il figlio e per questo ricorre alla CEDU, che riconosce la violazione

dell’art. 8 della Convenzione, avendo le autorità nazionali omesso di esercitare sforzi adeguati e

sufficienti per far rispettare il diritto di visita e quindi per favorire la collaborazione tra i genitori,

dovendo tenere conto anche dei bisogni del minore. RUSSO R., La CEDU censura i giudici

italiani: per realizzare l’interesse del minore non bastano misure stereotipate ed automatiche. Un

esempio di adeguamento ai principi della Convenzione europea, in Fam. e dir., 2011, P. 660-662.

174

Devono adoperarsi per ripristinare gli incontri con il figlio minore, specie se si sia

stabilito che ciò corrisponda al suo superiore e preminente interesse, e vi siano

circostanze ostili al genitore non affidatario, idonee a consolidare, nel tempo,

situazioni di fatto assolutamente distanti dalle decisioni assunte con

provvedimento del Tribunale Nel caso sottoposto alla Corte è mancato, quindi, il

rispetto di un’altra regola fondamentale: la tempestività dell’intervento giudiziale

e degli ausiliari del giudice. Infatti le autorità nazionali hanno lascito che si

consolidasse una situazione di fatto in violazione delle decisioni giudiziarie: viene

messo in evidenza che provvedimenti astrattamente corretti, ma non attuati nei

tempi necessari ( es. nei procedimenti separativi della coppia genitoriale,

l’intempestività o l’inadeguatezza di regole certe e precise per il rapporto con il

genitore non convivente) in relazione alla evoluzione delle esigenze psico-fisiche

di un minore, costituiscono violazione dei diritti tutelati dall’art.887

. Una

particolare attenzione è dedicata dalla giurisprudenza della Corte EDU al “fattore

tempo”. Infatti trattandosi di una persona in età evolutiva, l’inutile decorso del

tempo senza che il minore possa ricongiungersi ai propri genitori (da addebitarsi

alla lunghezza processuale o all’inadeguatezza delle misure attuate), è di per sé

contrario all’interesse del minore perché inconciliabile con le sue tappe evolutive

e dannoso per il suo corretto sviluppo psico-fisico. Lo Stato deve adempiere

all’obbligo di ricongiunzione “nel più breve tempo possibile” e tale criterio deve

essere commisurato alle esigenze della persona in età evolutiva, il cui sano e

corretto sviluppo psico-fisico non consente dilazioni nell’attuazione dei suoi diritti

fondamentali, tra cui quello di crescere ed essere educato dal genitore adeguato.

Una sentenza risalente è la sentenza CEDU, 26 giugno 2003, ric. n. 48206/99,

Maire c. Portogallo, in cui non solo la Corte ha ritenuto che nell’art.8 della

Convenzione sia ricompreso il diritto del genitore a ricongiungersi al figlio e il

corrispondente obbligo delle Autorità nazionali a provvedervi, ma ha anche

espressamente rilevato come a tale obbligo debba provvedervi nel più breve

_________________________

87

RUSSO R., La CEDU censura i giudici italiani: per realizzare l’interesse del minore non

bastano misure stereotipate ed automatiche. Un esempio di adeguamento ai principi della

Convenzione europea, in Fam. e dir., 2011, p. 665. RUO M.G., Tutela dei figli e procedimenti

relativi alla crisi della coppia genitoriale nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti

dell’Uomo, in Dir. fam. pers., 2011, p. 1035.

175

tempo possibile, dovendo essere interpretato alla luce della Convenzione dell’Aja

del 1980 e di quella di New York del 198988

.

________________________

88 CEDU, sent. 26 giugno 2003, ric. n. 48206/99, Maire c. Portogallo, in www.echr.coe.int: il caso

riguardava il ricorrente, cittadino francese, che è coniugato con una cittadina portoghese e dopo il

divorzio ottiene l’affidamento del minore, con diritto di visita della madre. La madre preleva

Giuliano presso la nonna paterna e lo sottrae, portandolo in Portogallo. Il padre, in applicazione

della Convenzione dell’Aja del 25 ottobre 1980 sugli aspetti civili della sottrazione internazionale

dei minori e la Convenzione di cooperazione giudiziaria tra la Francia e il Portogallo relativa alla

protezione dei minori, si rivolge al Ministero della Giustizia francese- autorità centrale francese in

base alle citate convenzioni- proponendo domanda di rimpatrio immediato del figlio. La madre si

rende irreperibile e le indagini espletate non danno alcun esito. Così il ricorrente, dopo essersi

recato in Portogallo e aver rintracciato la madre, sollecita il consiglio di Francia e Lisbona affinché

intraprenda in via d’urgenza le pratiche per il rimpatrio, ma il relativo provvedimento resta

ineseguito, per l’assenza di cooperazione della madre e per la mancata organizzazione a procedere

con la forza pubblica. La madre presenta istanza per revocare l’ordine di rimpatrio, facendo leva

sull’integrazione del minore nel nuovo contesto, atteso il lungo tempo trascorso (circa due anni) e

il tribunale della famiglia francese, adito dalla madre, affida il minore, in via provvisoria, alla

madre. Il padre, dopo quattro anni di ricerche e lotte giudiziarie, non ha ottenuto l’esecuzione del

provvedimento di affido di suo figlio. Il ricorrente sostiene che le autorità portoghesi non abbiano

fatto tutto ciò che avrebbero potuto fare, per dare esecuzione alle decisioni delle giurisdizioni

francesi. La Corte ritiene che la vicenda rientra nell’operatività della norma e ritiene che punto

decisivo della questione consiste nel verificare se le autorità nazionali hanno preso, per facilitare

l’esecuzione della decisione resa dalle giurisdizioni francesi che hanno riconosciuto al ricorrente

l’affidamento esclusivo del figlio, tutte le misure che si poteva ragionevolmente esigere dalle

stesse. Inoltre precisa che in affari di questo genere, l’adeguatezza di una misura si giudica in base

alla rapidità della sua messa in esecuzione. Le procedure relative all’attribuzione dell’affidamento,

inclusa l’esecuzione della decisione resa, richiede un trattamento urgente, perché il decorso del

tempo può avere conseguenze irreparabili tra il minore e il genitore non convivente (tale è

riconosciuto anche dall’art.11 Convenzione dell’Aja). Benché le autorità portoghesi non siano

state inattive per lunghi periodi, la Corte ritiene che sia difficilmente giustificabile il non essere

riusciti a rintracciare la madre e conclude ritenendo che esse non hanno dispiegato tutti gli sforzi

adeguati e sufficienti per l’affermazione del diritto del ricorrente al rimpatrio del figlio, violando

così il suo diritto al rispetto della vita familiare, garantito dall’art. 8. (“Le point décisif en l’espèce

consiste donc à savoir si les autorités portugaises ont pris, pour faciliter l’exécution de la décision

rendue par les juridictions françaises accordant au requérant le droit de garde et l’autorité parentale

exclusive sur son enfant, toutes les mesures que l’on pouvait raisonnablement exiger d’elles..Il

convient de rappeler que dans une affaire de ce genre le caractère adéquat d’une mesure se juge à

la rapidité de sa mise en œuvre. En effet, les procédures relatives à l’attribution de l’autorité

parentale, y compris l’exécution de la décision rendue à leur issue, appellent un traitement urgent,

car le passage du temps peut avoir des conséquences irrémédiables sur les relations entre l’enfant

et le parent qui ne vit pas avec lui…………..La Cour admet que ces difficultés sont dues pour

l’essentiel au comportement de la mère comme le Gouvernement l’a relevé. Elle souligne

cependant qu’il appartenait alors aux autorités compétentes de prendre les mesures adéquates afin

de sanctionner ce manque de coopération de la mère... Eu égard à ce qui précède, et nonobstant la

marge d’appréciation de l’Etat défendeur en la matière, la Cour conclut que les autorités

portugaises ont omis de déployer des efforts adéquats et suffisants pour faire respecter le droit du

requérant au retour de son enfant, méconnaissant ainsi son droit au respect de sa vie familiale

garanti par l’article 8 de la Convention…”) .in RUO M.G., Tutela dei figli e procedimenti relativi

alla crisi della coppia genitoriale nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’Uomo,

in Dir. fam. pers., 2011, p. 1034 ss.; LONGO F., Rapporti familiari e responsabilità civile, Torino,

2004, p. 176 ss.

176

Il ‘breve tempo’ è da commisurarsi, quindi, alle esigenze della persona in età

evolutiva, il cui sano e corretto sviluppo psico-fisico non consente dilazioni

nell’attuazione dei suoi diritti fondamentali, tra cui quello di crescere ed essere

educato dal genitore adeguato89

. L’esame della giurisprudenza della Corte di

Strasburgo aiuta anche a precisare e meglio definire il concetto di interesse del

minore ( “best interest of child ”). La Corte EDU, nel riconoscere alle Autorità

nazionali un margine di discrezionalità nella valutazione degli interessi in gioco,

avverte che, nel loro bilanciamento, particolare importanza deve essere

riconosciuta al superiore e preminente interesse del minore.

______________________________

89 Alle stesse conclusioni approda la Corte nella recente sentenza resa dalla decima sezione della

Corte Europea dei Diritti dell’Uomo nel caso Lombardo c. Italia (ric. n. 25704/11, sentenza del

29/01/2013 in www.echr.coe.int ), Nel 2003 l’ex moglie del Sig. Lombardo, il ricorrente, chiedeva

l’affidamento esclusivo della loro figlia minorenne; il Tribunale, in accoglimento dell’istanza

materna, contestualmente decideva e regolamentava il diritto di visita del padre (2 pomeriggi a

settimana, 3 giorni a Pasqua, 6 giorni a Natale, 10 giorni durante le vacanze estive).

Tra il 2003 ed il 2004, tuttavia, in spregio al decisum del giudice italiano, la madre della bambina

impediva di fatto l’esercizio del diritto di visita paterno; per questi motivi, il ricorrente, adiva

nuovamente il giudice tutelare che, in sede d’appello, pur confermando nella sostanza il

precedente provvedimento, imponeva che gli incontri si tenessero nei locali dei servizi sociali di

Campobasso.

Nel luglio del 2005, a seguito di istanza del ricorrente, il Tribunale limitava la potestà genitoriale

della madre, affidando la bambina ai servizi sociali e ribadendo i diritti del padre. Nonostante

l’ennesima decisione giurisdizionale, tuttavia, il ricorrente, di fatto, ancora non riusciva ad

esercitare pienamente e liberamente i propri diritti di genitore. Nel marzo e nel maggio 2006, il

Tribunale tornava ad esprimersi sulla vicenda per constatare la mancata esecuzione dei propri

precedenti decreti, dovuta, in buona parte, all’atteggiamento ostruzionista della ex-moglie del

Lombardo. Soltanto nel dicembre del 2006, preso atto del cronico inadempimento delle proprie

prescrizioni, ordinava alla madre di bambina di seguire un percorso di sostegno psicologico. Nel

maggio 2007, il ricorrente si vedeva nuovamente costretto ad adire le autorità giudiziarie, stante la

perdurante impossibilità di esercitare il proprio diritto di visita e il giudice adito dal ricorrente

disponeva l’affidamento congiunto, incaricando i servizi sociali dell’organizzazione degli incontri

da tenersi a Termoli ed a Roma; ciò nonostante, l’estenuante vicenda giudiziaria che ha visto

protagonista il ricorrente, dopo ulteriori innumerevoli procedimenti dinanzi le autorità competenti,

trovava il suo giusto epilogo soltanto nel 2011, quando la madre decideva di non opporsi più agli

incontri. Nel caso di specie, le autorità nazionali sono venute meno ai loro obblighi nel momento

in cui hanno deciso di delegare l’organizzazione degli incontri ai servizi sociali; così facendo, sono

venute meno al dovere di adottare misure concrete per incoraggiare le parti interessate ad una

migliore cooperazione nell’interesse preminente del minore. Inoltre, i giudici nazionali hanno

consentito che le proprie decisioni venissero sistematicamente disattese, lasciando che si

consolidasse una situazione di fatto che poi, concretamente, ha impedito il corretto sviluppo della

relazione genitoriale tra il ricorrente e sua figlia. A fronte di una situazione così delicata e

complicata, le autorità nazionali avrebbero dovuto prendere misure più dirette e specifiche onde

consentire il recupero del rapporto familiare. In particolare, l’intervento dei servizi sociali avrebbe

dovuto limitarsi all’incoraggiamento della reciproca collaborazione tra le parti ed

all’organizzazione degli incontri tra il ricorrente e la figlia; la delega conferita ai servizi sociali per

la gestione della vicenda, non può essere considerata una misura effettiva ai sensi dell’art. 8

CEDU. COSTANZO L., Una recente pronuncia in tema di responsabilità e diritti genitoriali: il

caso Lombardo c. Italia, in www.duitbase.it.

177

In particolare da alcune sentenze emesse in tema di sottrazione internazionale di

minori si ricava che il superiore interesse del minore coincide con la tutela

prioritaria del suo interesse psico-fisico e, quindi, del suo diritto alla salute inteso

non solo come conservazione dello status quo, ma come tutela delle migliori

condizioni di sviluppo possibili. In questa materia, nonostante in ambito europeo

il regolamento Bruxelles II-bis prevede all’art. 11 par. 8 che le decisioni in materia

di diritto di visita e quelle relative al ritorno del minore prese se munite

dell’apposito certificato e se non ci sono i motivi ostativi al riconoscimento della

decisione indicati in questo stesso articolo, non sempre la CEDU ha ritenuto

conforme alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo il rimpatrio del minore

nel suo Stato di previa residenza: e ciò proprio partendo dalla considerazione di

quello che nel caso concreto era più conforme al benessere del minore. In un caso

che risale al 6 luglio 2010 la Corte ha stabilito che violerebbe l’art. 8 della

Convenzione il rimpatrio del minore , accompagnato dalla madre che lo abbia

illegalmente sottratto al padre, se essa incorra- in caso di rimpatrio- nel concreto

rischio di sanzioni penali che potrebbero impedirle di prendersi cura del proprio

bambino, e se quest’ultimo abbia vissuto nel Paese ospitante un tempo sufficiente

a determinare un radicamento90

.

______________________________

90

CEDU, sent. 6 luglio 2010, ric. n. 41615/07 Neulinger e Shuruk c. Svizzera, in www.echr.coe.int

–si trattava di un caso in cui la madre ha sottratto il minore al padre in Israele. Questa ha

l’affidamento congiunto del minore e vive con il padre e con il minore nello Stato di nazionalità

del padre (Israele). Quando, a seguito della separazione dal coniuge, decide di lasciare tale Stato e

di ricollocarsi nel proprio Stato d’origine (Svizzera) porta con sé il minore. Il padre si oppone a

tale decisione unilaterale e ottiene dal giudice della (previa) residenza abituale del minore una

sentenza che ne ordina il ritorno, sulla base della Convenzione dell’Aja. Quando il padre inizia

nello Stato di rifugio la procedura per l’esecuzione dell’ordine di ritorno, la madre ricorre alla

Corte europea chiedendo che venga dichiarata l’incompatibilità della decisione con l’art. 8 CEDU

motivando il contrasto sulla violazione del superiore interesse del minore e sul pregiudizio alla vita

privata della madre stessa. La Corte ritiene che l’esecuzione di un ordine di ritorno di un minore

costituisca senz’altro un’intromissione nella vita privata e bisogna stabilire se tale intromissione

sia giustificata in una società democratica. La corte si limita a verificare se il giudice di merito nel

compiere le valutazioni richieste dall’applicazione della Convenzione dell’Aja, ha garantito il

rispetto dell’art. 8 CEDU. La Corte mostra particolare attenzione a come il giudice nazionale ha

soppesato e tutelato il rapporto affettivo tra la madre e il minore e a come tiene in considerazione

l’eventuale perizia psichiatrica (in questo un rapporto medico aveva sottolineato come un distacco

dalla madre e dalla nuova realtà avrebbe avuto un impatto negativo sull’equilibrio nervoso ed

affettivo del minore e il fatto di aver preso una decisione contraria imponeva al giudice di

acquisire una consulenza d’ufficio). RUO M.G., Tutela dei figli e procedimenti relativi alla crisi

della coppia genitoriale nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’Uomo, in Dir.

fam. pers., 2011, p. 1033; HONORATI C., Sottrazione internazionale dei minori e diritti

fondamentali, in Riv. dir. int. priv.e process., 2013, p. 11 ss.

178

Alle stesse conclusioni arriva in un altro caso del 2012 relativo all’esecuzione ai

sensi della convenzione dell’Aja dell’ordine di rimpatrio negli Stati Uniti di una

minore portata dalla madre in Belgio91

. Anche in questo caso la CEDU lamenta

che il giudice d’appello si era limitato ad osservare quanto fosse inverosimile che

la madre seguisse il minore negli Stati Uniti dove avrebbe dovuto scontare una

condanna penale e avrebbe perso il diritto di custodia, senza fondare la sua

decisione su una attenta valutazione circa la concreta possibilità della madre di

rientrare con la minore per far valere i suoi diritti di custodia e di vista. Inoltre la

Corte rileva che il giudice d’appello, nonostante la presenza di una perizia di un

esperto belga che aveva stabilito come la madre fosse l’unica figura di riferimento

sul piano affettivo e che l’allontanamento potrebbe avere delle conseguenze

nefaste sullo sviluppo psicologico del minore, non l’aveva ritenuta determinante,

senza verificare con il parere di altri esperti la realtà dei rischi indicati dentro

questo rapporto. Si tratta di due decisioni dove la Corte perciò lamenta l’operato

dei giudici che hanno dimostrato di applicare meccanicamente le norme del

regolamento senza valutare quale era nel caso concreto “the best interest of child”

e dei rischi che il ritorno nel Paese d’origine avrebbe comportato alla relazione

madre- figlio ,che sarebbe stata sicuramente compromessa e il provvedimento di

ritorno costituiva un indebita intromissione nella vita privata e familiare92

.

__________________

91 “ la Cour relève que, d’après les rapports d’expertise psychologique dont disposait la cour

d’appel, l’intérêt de l’enfant commandait de ne pas l’éloigner de sa mère au motif que celle-ci était

la seule personne de référence sur le plan affectif et qu’un tel éloignement pourrait avoir des

conséquences néfastes sur le développement psychologique de l’enfant …Dans le rapport établi

postérieurement au jugement du tribunal de première instance, la psychologue H.S.W. souligne le

danger que représenterait un retour forcé aux Etats-Unis …. le père n’avait pas joué de rôle durant

les quatre premières années de vie de l’enfant et que la mère était la personne de référence pour

elle, les rejeta. Les motifs tenaient, en substance, à ce que ces rapports avaient été établis

unilatéralement par la mère et que la vidéo filmée à l’occasion de la rencontre père-fille, bien que

« non déterminante », ne faisait pas apparaître de problème manifeste entre eux.. Selon la Cour, il

relevait à l’évidence de la marge d’appréciation de la cour d’appel de ne pas accorder plein crédit

aux expertises psychologiques versées au dossier par l’une des parties. Toutefois, elle constate que

la cour d’appel n’a pas cherché à vérifier elle-même, au moyen d’autres expertises qu’elle aurait

commanditées et comme le lui recommandait le ministère public, la réalité des risques évoqués

dans ces rapports que l’enfant soit exposée à une « situation intolérable »…Deuxièmement, la

Cour remarque que la cour d’appel n’a pas fondé sa décision sur « la considération qu’en l’absence

de motifs qui justifieraient objectivement un refus de la mère de rentrer …Elle ne s’est pas non

plus appuyée…pour la mère d’accompagner son enfant aux Etats-Unis pour y faire valoir ses

droits de garde et de visite….”CEDU, sent. 10 luglio 2012, B. c. Belgio, n. 43201/11 in

www.echr.coe.int -- HONORATI C., Sottrazione internazionale dei minori e diritti fondamentali,

in Riv. dir. int. priv.e process., 2013, p. 11 ss. 92

ID., ibidem, p. 11 ss.

179

La ricchezza di spunti offerti dalla giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti

dell’Uomo in materia di tutela della relazione figli/genitori , anche se limitati ai

procedimenti relativi alla crisi della coppia genitoriale, lascia emergere che, data

la centralità del soggetto vulnerabile che è il minore e la necessità della prioritaria

tutela del suo interesse, occorre porre estrema attenzione al caso concreto,

attuando i principi fondamentali con un equo bilanciamento degli interessi in

gioco e dei diritti delle persone coinvolte, specie se minori93

.

________________________________________

93 RUO M.G., Tutela dei figli e procedimenti relativi alla crisi della coppia genitoriale nella

giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’Uomo, in Dir. fam. pers., 2011, p. 1052.

180

Conclusioni

Le ricerche e l’analisi degli interventi legislativi, realizzati sia a livello

Comunitario sia nel nostro diritto interno, che hanno interessato il delicato tema

del rapporto genitori-figli, hanno messo in luce la rivoluzione operata

anteponendo la considerazione dei diritti del minore e del suo ‘preminente’

interesse ai suoi doveri. Ciò non solo nella costruzione delle norme, ma anche

nella risoluzione delle controversie giudiziarie che vedono coinvolto un minore,

sia relative alla crisi coniugale sia relative agli interventi del giudice per

sanzionare la condotta dei genitori, nel cattivo esercizio della loro opera

educativa. L’ultimo intervento legislativo sulla filiazione, il D.Lgs. n. 154 del

2013, introduce, anche nel nostro ordinamento, il nuovo concetto che racchiude i

poteri dei genitori nella cura e assistenza, morale e materiale, dei figli: la

‘responsabilità genitoriale’. La tutela sempre maggiore della giurisprudenza a

garanzia dei diritti del minore, da quelli tradizionali, come il mantenimento e

l’educazione, ai nuovi diritti, cioè quello all’ascolto, nelle procedure che lo

riguardano, il diritto ad avere relazioni stabili con gli ascendenti, richiedeva un

riconoscimento anche a livello legislativo. Perciò sono stati inseriti, anche nel

nostro codice, tali innovazioni con diritti e maggiori prerogative dei genitori nei

confronti dei figli, racchiuse in una definizione che ne sottolinea la

funzionalizzazione alla protezione dei figli e alla promozione del loro benessere

psicofisico.

A livello interno, come era già avvenuto dopo l’approvazione della Carta

Costituzionale, è stata soprattutto la giurisprudenza di legittimità a mettere in

evidenza le carenze legislative in materia di diritti del minore e a fornire delle

soluzioni, anche innovative, per assicurare ai figli un riconoscimento effettivo dei

loro diritti, garantendo loro anche un risarcimento per i pregiudizi subiti. Infatti

non sempre sono sufficienti gli strumenti forniti dal diritto di famiglia, come la

decadenza dalla potestà (ora responsabilità genitoriale). I comportamenti scorretti

dei genitori possono avere delle ricadute sulla vita dei figli che vanno oltre il

rapporto diretto genitore-figlio. Se viene ostacolato il diritto di visita del genitore

non affidatario o degli ascendenti, il rapporto del minore con tali figura parentali

viene compromesso a volte con danni irreversibili. Scelte mediche sbagliate,

181

dovute a proprie convinzioni o interessi, o a trascuratezza, possono nuocere alla

salute del figlio. In tali situazioni la giurisprudenza ha riconosciuto ai figli una

tutela risarcitoria. Inoltre in riferimento alla educazione e ai valori impartiti ai

figli, i genitori sono responsabili civilmente anche per i danni provocati a terzi.

Nelle sentenze di legittimità, tendenzialmente, si attribuisce una responsabilità in

capo ai genitori dovuta ad una ‘cattiva’ o ‘insufficiente’ opera educativa.

Il cammino verso la piena valorizzazione del minore come soggetto attivo nel

rapporto con i genitori, ha visto, soprattutto nelle iniziative delle istituzioni

europee, una spinta propulsiva. Già nella Convenzione Europea dei diritti

dell’Uomo vi era una nuova tutela della famiglia, ma è nella nuova Carta dei

diritti fondamentali dell’Unione Europea che vi è una norma dedicata

espressamente ai diritti del minore. L’Unione Europea, non potendo prevedere

una disciplina uniforme nel diritto di famiglia, date le diversità culturali che

caratterizzano gli Stati membri, ha cercato di favorire la collaborazione degli Stati

in materia giudiziaria, nelle controversie che vedono coinvolti i membri di un

nucleo familiare. È, appunto, questo lo scopo principale del Regolamento

comunitario in materia matrimoniale e di responsabilità genitoriale n.2201/2003.

In realtà in esso si rileva un approccio sostanziale alla materia del diritto di

famiglia. Infatti sono presenti alcune importanti definizioni e, in particolare, una

definizione molto ampia di un concetto finora sconosciuto nel nostro

ordinamento, quello di ‘Responsabilità genitoriale’ (tale responsabilità sorge

solamente per via del legame biologico tra genitore e figlio).

Anche in Italia ha preso piede questo diverso approccio, seppure in ritardo rispetto

agli altri Paesi europei: il D.Lgs. n. 154 del 2013, ha cristallizzato a livello

legislativo il concetto di ‘responsabilità genitoriale’ e lo ha riempito di contenuti

nuovi, di diritti che per la prima volta vengono esplicitamente garantiti al minore a

livello di legislazione ordinaria.

Questo lungo percorso evolutivo del nostro diritto interno verso un’ adeguamento

alle esigenze che scaturiscono dalla società non si fermerà qui. Le modifiche sulla

competenza giurisdizionale sono il primo passo verso la creazione di un organo

unitario e specializzato nelle questioni concernenti le relazioni familiari.

Occorrerà puntare sulla formazione di chi deve attuare, nei casi concreti, i nuovi

182

diritti garantiti al minore, tra cui il più problematico è il diritto all’ascolto nelle

procedure giurisdizionali. Sarà necessario riempire di contenuti sempre nuovi, al

pari dell’evolversi della società, il catalogo dei diritti e doveri incombenti su

entrambi i soggetti del rapporto di filiazione e utilizzare al meglio tutti gli

strumenti che l’ordinamento offre per la tutela di un corretto esercizio della

‘responsabilità genitoriale’. Inoltre sulla base di maggiori spazi di autonomia che

sono concessi al minore nella società odierna, si dovrà calibrare attentamente la

responsabilità dei genitori per i danni arrecati ai terzi dal figlio minore anche sul

suo grado di maturità. Indubbiamente la novella del 2013 porta in questa

direzione e ritengo che ora ci siano le basi concrete per poter creare un diritto e

una giustizia a misura del ‘minore’. Ora dipenderà dalla preparazione e dalla

volontà di tutti gli operatori coinvolti affinché continui la progressione sulla strada

intrapresa per il completamento di questo lungo percorso.

183

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Trib. Roma , del 13 settembre 2011, su www.altalex.com ;

Trib. Bologna, 21 maggio 2013, decr., in www.giuraemilia.it ;

App. Roma, 13 giugno 1986, in Foro it., 1986, p.606 ;

App. Roma 4 agosto 1995, in Dir. fam. 1996, p. 1393;

App. Roma 10 maggio 1993 in Dir. fam. 1996, p. 1387;

App. Ancona, sez. min., 26 marzo 1999, in fam. e dir. , 1999, p.467;

App. Bari, 6 febbraio 2002 e 12 febbraio 2002, in Familia, 2003. p.548;

App. Napoli, 26 settembre 2002, in Dir. fam. e pers., 2003, p. 689;

App. Genova, 9 novembre 2004, in Il corriere del merito, 2005, p.171 ss.;

App. Firenze, 29 agosto 2007, in Fam. pers. succ., 2008, p.370 ;

App. Perugia, 27 settembre 2007, in Giur. mer., 2008, p.1913 ;

App. Bologna 30 agosto 2008, in Dir. giur., 7 dicembre 2011;

App. Firenze, 13 febbraio 2009, su www.dibattitopubbl.uco7.com ;

204

App. Caltanissetta, 4 maggio 2009, in Fam. min., 2009, p. 54 ;

App. Catania, 21 luglio 2011, in Nuova giurispr. civ. comm., 2012, pag. 363 ss.;

GIURISPRUDENZA EUROPEA

Corte europea dei diritti dell’uomo, 21 giugno 1988, Berrehab contro Paesi Bassi,

in www.echr.coe.int;

CEDU, sent. 26 maggio 1994, Keegan c. Irlanda, in E.H.H.R. p. 342 ;

CEDU, Scozzari e Giunta c. Italia, 13 luglio 2000, in Fam. e dir., 2001, p.5 ;

Corte di Giustizia UE, sez. III, 23 dicembre 2009, n. C-403/09 in Fam. e dir.,

2010,p.992 ;

Corte di Giustizia UE, 22 dicembre 2010, causa C-497/10 PPU, Mercredi, in

www.curia.europea.eu ;

CEDU, 12 gennaio 2010, A. W. Khan c. Regno Unito, in www.echr.coe.int ;

CEDU, sent. 6 luglio 2010, ric. n. 41615/07 Neulinger e Shuruk c. Svizzera, in

www.echr.coe.int ;

CEDU, sent. 10 luglio 2012, B. c. Belgio, n. 43201/11 in www.echr.coe.int ;

CEDU, sentenza del 29 gennaio 2013, ric. n. 25704/11, in www.echr.coe.int ;

205

INDICE NORMATIVO

LEGISLAZIONE ITALIANA

Legge 1 dicembre 1970, n. 898, ‘Disciplina dei casi di scioglimento del

matrimonio’, GU n.306 del 3 dicembre 1970;

Legge 4 maggio 1983, n. 184, “Diritto del minore ad una famiglia”, pubblicata

nella Gazz. Uff. 17 maggio 1983, n. 133 (Titolo così sostituito dall'art. 1, L. 28

marzo 2001, n. 149-- "Modifiche alla legge 4 maggio 1983, n. 184, recante

«Disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei minori», nonché al titolo VIII del

libro primo del codice civile", pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 96 del 26

aprile 2001);

Legge 4 aprile 2001, n.154, ‘Misure contro la violenza nelle relazioni familiari’,

G.U. serie generale N. 98 del 28/4/2001;

Legge 8 febbraio 2006, n. 54,"Disposizioni in materia di separazione dei genitori

e affidamento condiviso dei figli", pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 50 del 1°

marzo 2006;

Legge 10 dicembre 2012, n. 219, ‘Disposizioni in materia di riconoscimento dei

figli naturali’, GU Serie Generale n.293 del 17 dicembre 2012;

Decreto legislativo 28 dicembre 2013, n. 154, ‘Revisione delle disposizioni vigenti

in materia di filiazione, a norma dell'articolo 2 della legge 10 dicembre 2012, n.

219’ , GU Serie Generale n.5 del 8 gennaio 2014.

LEGISLAZIONE INTERNAZIONALE ED EUROPEA

Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà

fondamentali o CEDU, firmata a Roma, il 4 novembre 1950 e resa esecutiva in

Italia con la l. n. 848 del 1955;

Convenzione europea dell’Aja del 28 maggio 1970 ‘sul rimpatrio dei minori’,

ratificata in Italia con la legge 30 giugno 1975, n. 396;

206

Convenzione europea ‘sull’adozione dei minori’ , conclusa a Strasburgo il 24

aprile 1967 e approvata dall’Assemblea federale il 27 aprile 1972;

Convenzione europea aperta alla firma a Lussemburgo il 20 maggio 1980, ‘sul

riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia di affidamento dei minori

e di ristabilimento dell'affidamento’, ratificata in Italia con la L. 15 gennaio 1994,

n. 64 ;

Convenzione dell'Aja del 25.10.1980, ‘sugli aspetti civili della sottrazione

internazionale di minori’, ratificata in Italia con la L. 15 gennaio 1994, n. 64 ;

Convenzione ‘sui diritti del fanciullo’ fatta a New York il 20 novembre 1989 e

ratificata dall’Italia con legge 27 maggio 1991, n. 176, ‘Ratifica ed esecuzione

della convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989’,

pubblicata in Gazzetta Ufficiale dell’11 giugno 1991, n. 135;

Convenzione di Strasburgo del 25 gennaio 1996, ‘sull’esercizio dei diritti del

minore’, non ancora ratificata dall’Italia;

Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea , approvata dal Parlamento

europeo il 14 novembre 2000, e proclamata a Nizza il 7-8 dicembre dello stesso

anno ( la versione consolidata dopo il Trattato di Lisbona è stata pubblicata in

Gazzetta Ufficiale U.E. del 26 ottobre 2012);

Progetto di Trattato che istituisce una Costituzione per l’Europa, pubblicato in

G.U.C.E. del 18 luglio 2003, n. C-169;

Direttiva 2003/86/CE del Consiglio, del 22 settembre 2002 relativa al

ricongiungimento familiare, in Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea L 251/12,

del 3.10.2003;

207

Regolamento (CE) n. 2201/2003 del Consiglio, del 27 novembre 2003, relativo

alla ‘competenza, al riconoscimento e all'esecuzione delle decisioni in materia

matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale’, che abroga il

regolamento (CE) n. 1347/2000, in Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea del

23.12.2003;

Direttiva 2004/38/CE, diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di

circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, in

Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea L 229/35, del 29.6.2004;

Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, da ultimo modificato dal Trattato

di Lisbona entrato in vigore il 1° dicembre 2009, in G.U. C 306 del 17 dicembre

2007 ;

Regolamento (CE) N. 4/2009 del Consiglio del 18 dicembre 2008, relativo alla

‘competenza, alla legge applicabile, al riconoscimento e all’esecuzione delle

decisioni e alla cooperazione in materia di obbligazioni alimentari’, in Gazzetta

ufficiale dell’Unione europea del 10.01.2009 ;

Regolamento CE 20.12.2010 n° 1259, su ‘divorzio e separazione personale’ in

Gazzetta ufficiale n. L 343 del 29/12/2010 ;

Regolamento (UE) N. 650/2012 del parlamento europeo e del Consiglio del 4

luglio 2012 , relativo ‘alla competenza, alla legge applicabile, al riconoscimento

e all’esecuzione delle decisioni e all’accettazione e all’esecuzione degli atti

pubblici in materia di successioni e alla creazione di un certificato successorio

europeo’ in Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea L. 201/107, del 27 luglio 2012