Upload
voltana-on-line
View
223
Download
0
Embed Size (px)
DESCRIPTION
news, politics
Citation preview
19
2012 Voltana On Line www.voltanaonline.it
sono costantemente gestiti da ogni
famiglia. Occorre un minimo su cui
costruire. Di solito dal lavoro deri-
va un reddito; una parte viene ri-
sparmiato e, non appena possibile,
concretizzato nell’acquisto di un
immobile, ad esempio la casa di
abitazione. È una spirale virtuosa. Il
patrimonio, poi, genera facilmente
una rendita …
Quando il reddito non è sufficien-
te (es. riduzione o perdita del lavo-
ro) si ricorre ai risparmi,
all’indebitamento e alle dismissioni
patrimoniali. La messa in vendita
della propria abitazione è, ad e-
sempio, l’ultima soluzione.
Anche uno Stato può decidere di
mettere in vendita la ricchezza di
tutti i cittadini, ossia i beni pubblici.
Come per un’abitazione, occorre
non essere in una situazione dispe-
rata, ma poter aver un po’ di tempo
per valutare le varie offerte.
Perché ci troviamo nella situazio-
ne di dover vendere, a pochi privati
facoltosi, i beni pubblici, ossia di
tutti? Com’è possibile che, ora, ac-
canto alle difficoltà dei molti ci sia-
no tali e tante disponibilità da parte
di pochi? Com’è possibile che, ora,
accanto a chi ha risorse fino alla ter-
za settimana ci sia chi non sa come
investire la ricchezza, magari accu-
mulata in brevissimo tempo? Qual-
che cosa non opera come dovreb-
be, oppure agisce benissimo
nell’interesse di pochi e a danno dei
molti! Una raccomandazione: come
per la vendita della propria abita-
zione sarebbe opportuno non esse-
re assillati dall’urgenza, anche per i
beni dello Stato facciamo molta at-
tenzione, verifichiamo che non ci
siano alternative e che non si tra-
sformino in regalie ai soliti amici!
Ult imamente i Nobel per
l’economia sono stati assegnati a
studiosi propugnatori del liberismo
economico. Ed è un dato di fatto
che, per la stragrande maggioranza
della popolazione mondiale, il be-
nessere, negli ultimi anni, è andato
diminuendo. Dunque, c’è di che
pensare, e pensar male! Perché se il
pensiero liberista è premiato, ma i
risultati del “libero mercato” non
sono positivi, evidentemente
l’assegnazione del Nobel pare una
ricompensa agli orientamenti politi-
ci anziché ai meriti scientifici.
La macroeconomia ha regole di-
verse dalla microeconomia. Quello
che vale per l’economia globale
non può essere trasferito tout court
all’economia domestica. Ma non è
detto che, con un poco di buon sen-
so, sia possibile il contrario.
Il patrimonio, il reddito e i lavoro
L’economia dei professori e l’economia domestica di Mario Paganini
Immagine trovata su
Internet e segnalata da
Monica
Dopo tanto clamore, la “montagna
ideologica” ha partorito un
“topolino di fatto”. A chi serve que-
sta battaglia? Soprattutto, in un mo-
mento di così grave crisi economi-
ca? Il Paese “brucia”. Ben altre sa-
rebbero le vere emergenze. L’Italia
ha bisogno di pacificazione tra le
forze politiche. Non di inutili
“guerre di religione”. I registri co-
munali non sono una priorità, se non
per qualcuno. Non certo per le fami-
glie. O per la stragrande maggio-
ranza della popolazione, alle prese
Emendamenti notturni per false “battaglie di civiltà” l’editoriale del n. 35 di Famiglia Cristiana
E così il Comune di Milano ce l’ha
fatta. Ma non passerà alla storia per
questo. L’ha spuntata sul registro
delle unioni civili. Dopo un vivace
dibattito fin quasi all’alba. Non c’è,
però, record da primato. Ottanta
Comuni in Italia l’avevano già, an-
che se pochi si sono registrati.
Qualche mese fa, si è allineata an-
che la Napoli di De Magistris. Senza
grandi discussioni. Ma con una spe-
cie di “simil-rito” di inizio conviven-
za che, per fortuna, Milano s’è ben
guardata dal replicare.
con la fatica del vivere quotidiano.
Ancora una volta, la vecchia
politica vuole tingersi di nuovo.
Ma segna l’abissale distanza che
la separa dai problemi reali del
Paese. Cede alle pressioni media-tiche. E privilegia minoranze molto
aggressive. Nel nome del progres-
sismo e della modernità. Per rispet-
tare impegni presi in campagna
elettorale. O per adeguarsi ai Paesi
dell’Unione europea. Ragioni risibi-
li. Per lo meno, parzialissime. Visto
il disimpegno su altri temi fonda-
mentali. Dal risanamento economi-
co alle serie politiche familiari, mai
attuate.
Si discuterà molto, nei prossimi
mesi, di tutela giuridica delle unio-
ni di fatto, eterosessuali od omoses-
suali. Dei loro diritti e, forse, anche
dei loro doveri (sempre evane-
scenti!). È lecito chiedersi se ci
sarà la stessa premura, a livello
locale e nazionale, verso i biso-
gni delle famiglie reali, soprat-
tutto con figli. Quelle, cioè, che
assumono impegni ( Segue a pag. 2 )
Pagina 2 www.voltanaonline.it n. 19 - 2012
La citazione è "Cos'è rapinare
una banca al paragone di fondar-
ne una?" Ed è di Bertolt Brecht, drammaturgo (quello dell'Opera da
tre soldi).
Domanda: e che cosa ne sarebbe
di tante aziende, senza le banche
locali?!
Frasi fatte e tanto di moda...
“Se esprimi un desiderio è per-
ché vedi cadere una stella, se vedi
cadere una stella è perché guardi il
cielo e se guardi il cielo è perché
credi ancora in qualche cosa ...”
Bob Marley
Citazione segnalata da
Serena
Segnalata su Facebook.
2012. Ferie e simpatia. Con Giacomo e Carla
Emendamenti notturni per false “battaglie di civiltà”
Altro che famiglie da Mulino Bian-
co! In Italia cresce la loro povertà.
E il fisco gli si accanisce contro, in
modo iniquo. Il sindaco di Milano
Pisapia e l’assessore Maiorino attui-
no, con lo stesso impegno e rapidi-
tà (fissando una data certa), misure
fiscali e tariffarie a favore delle fa-
miglie con figli. Basta ideologie e
“crociate laiche”. La politica segua
il Paese reale. Ripartire dalla fami-
glia si può. Anzi, si deve. Senza fal-
se “battaglie di civiltà”, che pre-
miano solo minoranze rumorose.
L’editoriale del n.32 - 5 agosto 2012 di
Famiglia Cristiana
concreti davanti alla
società e allo Stato.
Oltre dieci milioni di coppie co-
niugate con figli, in Italia, lottano
ogni giorno contro la crisi. Sembra
non interessi a nessuno. Quasi due
milioni di famiglie separate, per lo
più con figli minori, non hanno avu-
to alcun sostegno nei momenti di
crisi. Cioè, prima della separazio-
ne. Così come, dopo, nessun aiuto
è stato dato a padri, ma anche ma-
dri, che vivono lontano dai propri
figli. Per non dire delle tante situa-
zioni familiari, di cui i servizi non si
prendono minima cura.
( Segue da pag. 1 )
Il mausoleo che il comune di Affile
(Roma) ha dedicato a Rodolfo Gra-
ziani scandalizza sia il Daily Tele-
graph sia la Bbc. Entrambi hanno
dedicato ampio spazio alla vicenda.
Entrambe le testate hanno racconta-
to la biografia di Graziani, ricordan-
done il soprannome di "Macellaio di
Fezzan" per i massacri compiuti in
Libia nel 1928. Citano il fatto che
ordinò ai soldati italiani in Etiopia di
usare i gas (nonostante fossero stati
messi al bando), la sua partecipazio-
ne alla Repubblica di Salò, la sua
organizzazione di rappresaglie anti
partigiani e la successiva condanna
a 19 anni (non scontati) per crimini
di guerra.
Molti nostri vecchi ben ricorda-
no, durante la Repubblica di Salò, il
“bando Graziani”, nel quale si ordi-
nava il carcere, per i familiari dei
renitenti alla leva, e la fucilazione di
questi ultimi, una volta catturati.
No, non sono tutti uguali !
Immagine trovata su Internet e
segnalata da Milena
Immagine trovata su Internet
e segnalata da Paolo
Pagina 3 www.voltanaonline.it n. 19 - 2012
© Paolo Gagliardi - da "E' VIAZ DL'ANMA" (Faenza, Tempo al Libro, 2011)
Dopo tanti anni
passati a sprecare il tempo
mi piacerebbe vedere una luce.
Adesso lascio scorrere la vita
un solo giorno per volta.
LA LUCE
Dop a tènt èn
pasé a strusiér e’ teimp
areb achéra d’avdér una luṣ.
Adës a lës andé la vita
sól un dè a la vólta.
LA LUS
© Paolo Gagliardi - Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n.633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Vietata qualsiasi riproduzione,
totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza il consenso dell'Autore.
L’accueil rechercher e le voci mute in un lavoro di Paolo Gagliardi
La Storia è la storia dei vincitori.
Perché chi “vince” può far scrivere
la Storia. Giulio Cesare, non fidan-
dosi, pensò bene di scriverla lui
stesso, ma in terza persona, così era
oggettiva! Da allora di tempo ne è
trascorso moltissimo, ma le cose
sono cambiate assai poco.
E “i vinti”? Ma chi sono realmente
“i vinti”? Lo sono, di certo, “gli
sconfitti”, ma lo sono anche “gli ul-
timi”, ossia tutti coloro che hanno
dovuto combattere delle battaglie.
Tutti coloro che non hanno mai po-
tuto “decidere” e “dirigere”. Sono
la fanteria dei campi di battaglia e la fanteria della vita ordinaria. Sono
i normali, gli ordinari, i qualunque.
Insomma: la stragrande maggioran-
za dell’umanità. Ed a costoro non è
consentito di scrivere la Storia? No,
od almeno, non quella dei libri,
quella che è obbligatorio studiare
ed imparare a scuola.
Ma sopravvive una storia minore.
È la storia della gente e della vita
comune. È la storia dei popoli, del
loro emanciparsi o del loro regredi-
re. È la storia che vede liberi citta-dini o tristi servi. Orgogliose perso-
nalità che stanno erette o zombie
che si trascinano traballanti e pie-
gati.
È la storia tramandata da una cul-
tura parallela, spesso sotterranea o
clandestina. È la storia anche dei
semianalfabeti che, con una frase
od un motto, hanno tentato di tra-
smettere il senso di una vita, di dar-
le significato o di tramandarne gli insegnamenti. Con quello che pote-
vano, con poche, sudate e sofferte
parole, alcuni di costoro si facevano
c a r i c o d i u n a m i s s i o n e ,
nell’interesse di un prossimo tante
volte sconosciuto. Sempre uno solo
lo scopo: dare una testimonianza o
condividere un’esperienza. Sono
come tanti messaggi affidati alla corrente della storia dei popoli e
allo scorrere del tempo. Paolo Ga-
gliardi ha cercato tracce di questi
messaggi, di questa storia minore;
di una vita dura, ma vissuta giorno
dopo giorno in piena coscienza e
consapevolezza della propria impo-
tenza sugli eventi e sulla sorte. Il
lavoro di Paolo è stato paziente, me-
ticoloso, accurato e lungo. Ma quel-lo che più colpisce è “dove” Paolo
abbia trovato queste epigrafi, que-
sti estremi appelli, questa miniera
di conoscenza e di emozioni. Se non
avete indovinato e se la cosa vi in-
curiosisce, continuate a seguirci...
A sinistra, Alex Schwazer con la medaglia
d'oro di Pechino e la divisa da Carabiniere.
Dopo la vicenda doping l'Arma ha preso dei
severi provvedimenti.
A destra, dalla gallery del film “Diaz”. Du-
rante la notte del 21 luglio del 2001, a Geno-
va, la Polizia, in assetto antisommossa e coor-
dinata da un gruppo eterogeneo di personag-
gi, assalta la scuola Diaz. Diventa una macel-
leria messicana. Dopo anni gli autori del pe-
staggio continuano a prestare servizio...
Situazioni tristi, che però sono finite in modo assai diverso...
Pagina 4 www.voltanaonline.it n. 19 - 2012
www.voltanaonline.it è un prodotto amatoriale al quale non può essere ap-
plicato l'art. 5 della legge 8 Febbraio
1948 n. 47, poiché l'aggiornamento del-
le notizie in esso contenute non ha peri-
odicità regolare (art. 1 comma 3, legge
7 Marzo 2001 n. 62).
www.voltanaonline.it non rappresenta una testata giornalistica e i post editi
hanno lo scopo di stimolare la discus-
sione e l’approfondimento politico, la
critica e la libertà di espressione del
pensiero, nei modi e nei termini con-
sentiti dalla legislazione vigente.
www.voltanaonline.it non persegue alcuno scopo di lucro. Tutto il materiale
pubblicato su Internet è di dominio
pubblico. Tuttavia, se qualcuno ricono-
scesse proprio materiale e non voleva
che fosse pubblicato, non ha che da
darne avviso al gestore e sarà immedia-
tamente rimosso.
www.voltanaonline.it verificherà, per quanto possibile, che tutto il materiale
inviato e riprodotto nel sito e nel PDF sia conforme alle licenze Creative Com-
mons o non coperto da copyright.
Formigoni e l’alibi per non dimettersi di Roberto Saviano
maniera evidente nella dialettica vio-
lenta, costante e sempre sotto trac-
cia, tra Politica e Giustizia. Su questa
tensione ha giustificato la propria
esistenza politica Silvio Berlusconi,
soggetto plurinquisito, pluri -
sospettato, che ha avuto tutto
l’interesse a sovvertire, con la sua
stessa presenza in politica, il concetto
di persecuzione. Concetto traviato e
strumentalizzato nel corso degli anni,
cui prima o poi dovremmo restituire
dignità. La tensione tra Politica e Giu-
stizia si è sostanziata in venti anni di
reciproca delegittimazione, anni in
cui la Politica che volesse riformare
la Giustizia era vista come golpista,
come se in ballo ci fosse la sopravvi-
venza del principio di separazione
dei poteri. Come se la magistratura
potesse davvero riformarsi da sola,
come se fosse anticostituzionale –
cosa che non è – che la Politica si ar-
rogasse il diritto di mettere mano al
sistema giudiziario. Come se ciascun
potere fosse un’isola nella cornice
statuale. Allo stesso tempo – e qui si
torna al caso Formigoni – la politica
(con la minuscola) non ha esitato a
strumentalizzare ciò che poteva, af-
fermando, ad esempio, che ogni a-
zione giudiziaria non fosse giustifica-
bile se non rivolta verso l’avversario
politico. Quindi perché dimettersi?
Altro caso quello di Filippo Penati,
sul quale, con estrema saldezza, la
sua parte politica (il Pd) ha voluto
stendere un velo di silenzio: il corrot-
to è solo una pulce nella criniera del
bellissimo cavallo.
Eppure manca ancora un tassello
a questo mio discorso, alla quadra-
tura del cerchio. Cosa legit-
tima un politico sotto proces-
so a non dimettersi? Cosa
alimenta l’equivoco secondo
cui la giustizia sarebbe in-
giusta, persecutoria, mai le-
gittima e, finanche, a orolo-
geria? Ecco cosa: la mancan-
za di sentenze definitive in
tempi brevi. Il discorso di
Formigoni e di altri politici
trova una sua legittimazione
in un dato oggettivo inoppu-
gnabile: quando si viene
raggiunti da un avviso di ga-
ranzia non c’è speranza che
nell’arco di sette o dieci anni
si possa giungere a una veri-
tà consacrata da un tribunale. Chiun-
que si trovi a compiere un reato con-
tro la pubblica amministrazione sa
che l’ipotesi più verosimile è la pre-
scrizione e quindi sa che le sue re-
sponsabilità – a parte un po’ di cla-
more mediatico – non verranno mai
affermate. Come è possibile spera-
re, quindi, che un soggetto politico,
sapendo che mai la propria respon-
sabilità penale verrà sancita, si di-
metta e rinunci al potere? E allora,
non dobbiamo chiederci come mai
Formigoni non si dimetta, ma piutto-
sto come sia possibile che la riforma
della giustizia non venga avvertita
nel nostro Paese come un’urgenza,
come una priorità. Senza quella, po-
co o nulla potrà mai cambiare.
L’articolo è di Roberto Saviano
Pubblicato dal settimanale L’Espresso
del 2 agosto 2012
Il caso Formigoni fa riflettere. È
l’ennesima volta che un politico di
rilievo, coinvolto in un’indagine, af-
ferma di non volersi dimettere. Non
mi dimetto – dice – perché altri non
l’hanno fatto prima di me. Avrebbe
potuto argomentare un po’ meglio le
sue ragioni e provare che lui e non
altri aveva sostenuto le spese per cui
è indagato, per fugare il sospetto di
corruzione in cambio di delibere.
Inutili i consueti paragoni con politi-
ci stranieri che per molto meno si
dimettono. In Germania il Presidente
della Repubblica lasciò per aver ot-
tenuto un finanziamento agevolato
da un imprenditore amico. Dimissio-
ni, quindi, a prescindere dalla rile-
vanza penale di un comportamento e
dall’attinenza con l’incarico pubbli-
co, con avvenimenti passati o con la
sfera privata. Perché le dimissioni
non sono una resa del soggetto al
giustizialismo della piazza, ma una
questione di rilievo istituzionale, so-
no necessarie per tutelare la carica.
Qui non c’entrano sete di giustizia e
voglia di punire un reo; il politico
indagato non è ancora un politico
colpevole, ma è un uomo la cui sto-
ria personale non deve in alcun mo-
d o l e d e r e l a l e g i t t i m i t à
dell’Istituzione che rappresenta.
Alla Politica italiana non manca
quella “moralità” che invece la
Politica all’estero possiede: trop-
po facile come alibi. La verità è che
questi comportamenti non sono altro
che il segno tangibile della crisi isti-
tuzionale che ha caratterizzato la
Seconda Repubblica sin dagli inizi,
che si è consumata e manifestata in
info: [email protected]
Un calendario, aggiornato, degli
eventi pubblici a Voltana ?
Lo trovi nel sito facendo click in
AGENDA !
Pagina 5 www.voltanaonline.it n. 19 - 2012
Daremo un lavoro ai giovani, facendo lavorare di più i vecchi ? re è nudo!”. La produttività è au-
mentata. L’età per andare in pensio-
ne è stata procrastinata nel tempo.
L’orario settimanale di lavoro, per
gli occupati, è andato via via cre-
scendo. Non solo, ma i “tagli” reali, ai salari e agli stipendi, hanno por-
tato ad una ricerca spasmodica di
prestazioni lavorative aggiuntive
(ossia: lavoro straordinario). Ora
anche i giorni di ferie hanno subito
una sforbiciata … Ma in un simile
contesto, come possono sorgere
nuove opportunità di lavoro per le
giovani generazioni?!
La mitica signora Cesira e la casa-
linga di Voghera non capiscono.
Anzi, diciamola tutta e in modo
chiaro: loro non ci credono!
E hanno ragione, perché neanche
noi ci crediamo! Non solo, ma vor-
remmo sapere perché nessuno ci
mette la faccia, si manifesta e ci
dimostra che, se pochi lavorano
moltissimo è un bene per tutti!
Noi, invece, siamo tra coloro che
sostengono che è molto meglio se il
lavoro viene ripartito tra tutti. Lavo-
riamo meno, ma lavoriamo tutti!
Qui, in Romagna, abbiamo - in
tanti - radici contadine e sappiamo che un paio di buoi non possono far
miracoli con un aratro. E soprattutto
non si può chiedere più lavoro
dando meno nutrimento e riposo!
La concorrenza internazionale lo
esige? Ma un paio di buoi non può
far meglio di un potente trattore!
Investiamo su ciò che contraddi-
stingue un essere umano, ossia:
l’intelligenza. Incentiviamo l’uso
della testa e non scommettiamo
solamente sui lavori muscolari.
Una ricetta nel breve periodo?
In attesa di una politica europea
comune, rispolveriamo qualche
dazio doganale reale o comporta-
mentale. Compriamo made in Italy e consumiamo a chilometri zero o
quasi. Proviamoci!
Mario Paganini
Sia la mitica signora Cesira sia la
casalinga di Voghera - ossia le due
persone (immaginarie) assoluta-
mente normali, che sono state as-
sunte al ruolo di emblema naziona-
le, quali persone di puro buon
senso - non sanno darsi pace per-ché non riescono a capire. E loro,
quando non capiscono lo dicono, chiaro e tondo, ad alta voce. È un
po’ come il bambino della favole
che disse ad alta voce quello che
tutti avevano notato - ma che nessu-
no per opportunismo, vigliaccheri-
a, ecc., osava proferire - e cioè: “il
Con qualche carcere in più... Le risorse per opere inutili si
trovano. Sempre. E allora, perché non si trovano mai le risorse per
costruire delle nuove carceri? Se anziché la TAV o il ponte sullo stret-
to di Messina si edificasse qualche
nuovo edificio penitenziario, che
cosa si otterrebbe? Probabilmente,
con qualche carcere in più, avrem-mo maggiori probabilità che le pe-
ne siano scontate! Questo è già un
ottimo deterrente alla tentazione di
commettere un reato. Ora, invece
“anche se ti beccano, esci libero
subito o quasi!”. Inoltre verrebbero
meno sia le tante speculazioni gior-
nalistiche sia le campagne denigra-
torie contro “il Bel Paese, il malaffa-
re e la galera sovraffollata”. Ma, al-
lora, a chi giova la situazione esi-
stente? Perché uno Stato civile e
moderno, si dimostra così debole
(perfino: latitante) su questioni im-
portanti quali: la certezza del dirit-
to, l’ordine interno, il rispetto della
Legge, la sanzione eseguita? Cam-
biano i Governi, ma non le carceri.
Anzi, alcuni Governi creano regimi
carcerari “duri”, mentre altri Go-
verni fanno ritorno alla fiacca routi-
ne. È vergognoso che, in uno Sta-
to civile, ci sia una sovrabbon-
danza di sensibilità, di attenzio-
ni, di premure nei confronti di
chi ha commesso un crimine,
mentre ci sia l’abbandono, il mi-
sconoscimento, l’irrisione della
vittima o dei superstiti !
Immagine trovata su Internet e segnalata da
Simona
Immagine trovata su Internet e segnalata da
Giuseppe
Pagina 6 www.voltanaonline.it n. 19 - 2012
legati alla mancanza di lavoro e alle
nuove povertà, che vediamo altro-
ve. Leggi di spesa estemporanee,
adozione di provvedimenti specia-
li, deroghe, accettazione di situa-
zioni tra le meno giustificabili in
ossequio del quieto vivere, sono la
regola.
Difficile quindi immaginare
una Presa del Quirinale o cose si-mili, come già accadde, invece, per
la Bastiglia o il Palazzo d’Inverno.
Chi ha provato a marciare su Roma,
con il proposito di cambiarla, ha
sempre fallito. Una sorta di mura-
glia di impiegati pubblici e benefi-
ciari in grande e piccolo dello sta-
tus quo protegge i centri di potere.
E chi ha creduto di essere arrivato
a conquistare Roma, per il solo mo-
tivo di averne varcato le mura e
occupato fisicamente i palazzi, si è
ritrovato, poco dopo, conquistato e
mutato a sua volta o paralizzato nel-
la sua azione dalla gelatina della
capitale, che anche sui più convinti
ha lo stesso effetto prodotto
dall’ambra su quegli insetti di ere
geologiche primordiali che trovia-
mo nei musei di Scienze Naturali,
immobili all’interno di una goccia
colatagli, senza accorgersene, ad-
dosso! Il secondo motivo che mi
convince dell’improbabilità di uno
scenario di questo tipo è
l’impossibilità di raccogliere attor-
no al progetto una élite, che sem-
pre ci deve essere per dare corso
ad una Rivoluzione, intesa in senso
classico.
Il controllo a cui siamo tutti sotto-
posti attraverso strumenti di identi-
ficazione continua degli spostamen-
In molti sperano che il punto di
rottura si consumi con una Rivolu-
zione. Catalizzatore potrebbe esse-
re un evento traumatico, come il
gesto di qualcuno dei molti decisi a
tutto, il quale realizzi che con un
suicidio si occupano le pagine
dei giornali, mentre con un omi-
cidio politico quelle dei libri di
storia. Ed è effettivamente possibi-le che la serie di gesti estremi, di
cui si legge in questi mesi, conosca
un crescendo di tale fatta, e magari
una teoria di emuli a seguire.
Tuttavia non sono convinto che in
Italia si arriverà mai ad una Rivolu-
zione. Per due motivi.
Il primo è che non esiste una tra-
dizione in questo senso. Mai nei
secoli in Italia è stata fatta una Rivo-
luzione. Gli ultimi moti di cui si ri-
cordi che hanno invest ito
l’establishment capitolino al punto
da metterne in pregiudicato la con-
tinuità risalgono all’epoca di Mene-
nio Agrippa, 2500 anni fa!
Roma quella volta se la cavò
per un pelo e il popolo fu calmato negli umori, non solo dalle chiac-
chiere del console e dal suo famoso
apologo, ma dall’adozione di una
politica sociale che salvaguarderà
la capitale nei secoli, quella del
panem et circenses. Anche nei mo-
menti più bui, come peraltro sono i
nostri giorni, i palazzi romani sono
protetti da una fascia di pasciuti
notabili e di popolino al quale non
viene fatto mancare di che vivere e
divertirsi. E così perfino la Roma
del 2012, quella degli Alemanno e
dei Patroni Griffi, per capirci, non
conosce i cassintegrati e i drammi
ti, degli acquisti, delle frequenta-
zioni (sino agli accessi alle informa-
zioni) impedisce che si creino
gruppi sovversivi, così come ac-
cadde negli anni ’70 del secolo
scorso o, andando indietro nel tem-
po, negli anni ’20 e ’30 o, prima
ancora, all’epoca del cosiddetto
Risorgimento. Il fatto che una Rivo-
luzione di stampo classico sia im-
probabile non sta però a significare
che in Italia non ci saranno dei cam-
biamenti. L’esperienza del déjà vu
fa immaginare numerose ipotesi di
evoluzione della situazione. Assun-
to che il patto che tiene unito terri-
tori e classi sociali è da riscrivere e
che la nuova stesura non potrà che
avvenire attraverso un percorso
naturale, e non necessariamente
semplice e senza traumi (e non cer-
to per la mano di qualche altro Uo-
mo della Provvidenza partorito dal
sistema stesso), gli scenari ai quali
andremo incontro sono molteplici.
Ed il materializzarsi di uno non e-
sclude l’altro.
[…]
Un quarto scenario comprende
la scomposizione del Paese. La storia racconta di una penisola che
nei millenni è stata un
I quattro scenari a cui l’Italia in crisi va incontro di Antonio Costato
( Segue a pag. 7 )
Che cosa sta scritto... 966. Quali sono i peccati che si dico-
no gridare vendetta nel cospetto di
Dio?
I peccati che diconsi gridar vendet-
ta nel cospetto di Dio sono quattro:
- omicidio volontario;
- peccato impuro contro l’ordine
della natura;
- oppressione dei poveri;
- fraudare la mercede agli operai.
967. Perché si dice che questi pec-
cati gridano vendetta al cospetto di
Dio?
Questi peccati diconsi gridare ven-
detta al cospetto di Dio, perché lo dice lo Spirito Santo e perché la
loro iniquità è così grave e manife-
sta che provoca Dio a punirli con
più severi castighi.
Fonte : http://it.wikisource.org/wiki/Catechismo_
Maggiore/Catechismo/Parte_quinta/Vizi
San Lorenzo night.
Immagine trovata su
Internet e segnalata
da Fabrizio .
Pagina 7 www.voltanaonline.it n. 19 - 2012
I quattro scenari a cui l’Italia in crisi va incontro di Antonio Costato coacervo di popoli
retti in forma autonoma o etero go-
vernati, ma sempre per ambiti ter-
ritoriali distinti (pensiamo a quanto
successo prima e dopo la caduta di
Roma, alla lunga stagione del me-
dioevo, al Rinascimento o al siste-
ma di Signorie e Regni sino
all’Unità). Le diversità culturali che
ancora il paese mantiene, la diffe-
rente scala di valutazione delle
priorità e necessità che si coltivano
dalle Alpi alla Sicilia, gli orgogli e
le rivendicazioni mai sopite e il cli-
ma di reciproche accuse, che sem-
pre si crea nei momenti in cui non
ce n’è abbastanza per tutti, potreb-
bero aprire uno scenario che non
chiamerei Jugoslavo, e neppure
Cecoslovacco, ma piuttosto Cavou-
riano. Cavour, come peraltro Catta-
neo, riconosciuta l’opportunità di
creare un ambito il più vasto possi-
bile, considerava come confacente
alla situazione della penisola una
organizzazione statuale di tipo Con-
federale.
All’epoca si ragionava di tre stati, Nord, Stato Pontificio e Mezzogior-
no. Con una (debole) rappresentan-
za nazionale affidata, per compren-
sibili ragioni, al Capo dello Stato
[…]. Oggi potremmo immaginare
un certo numero di macro regioni,
con in comune la politica estera, la
difesa e poco altro, ma con conti
separati e forse anche divisa di rife-
rimento. Difficile immaginare infatti
un Nord Est che si allontani
dall’euro e dall’Europa per condivi-
dere le sorti del Sud. E altrettanto
difficile è immaginare il Mezzogior-
no che si adatti al rigore teutonico,
inutile per gli obiettivi di benessere
L’AMACA di Michele Serra
che i suoi cittadini inseguono e che,
tutto sommato, hanno da sempre
avuto alla portata senza sottostare a
modelli comportamentali imposti
dal Nord e che non solo non hanno
funzionato, ma hanno distrutto quel
tanto di buono che, nei secoli, si era
costruito se è vero (e lo è) che
l’uomo si è inurbato e ha prosperato
prima e molto più a lungo a Siracusa
che nel Magdeburgo.
Dal libro di Antonio Costato
ROUND TRIP - Cronache di un lustro speso a
capire perché a 146 anni dall’annessione per
i veneti Roma è ancora una capitale straniera.
Leggi tutto nel sito www.antoniocostato.it
Fuori i soldi ! di Beppe Grillo late con altri trattamenti pensionisti-
ci, a 10.000. Mario Monti si è ben
guardato da fare un decreto legge.
Il Parlamento è come Fort Knox. Gli
ex parlamentari percepiscono 2.330
pensioni, pari a 219 milioni di euro
all'anno, di cui solo 15 milioni versa-
ti da loro. Gli altri 204 li pagano gli
italiani con le tasse più alte del mon-
do. Conoscere i dettagli dei pensio-
nati d'oro fa venire la bava alla boc-
ca. Giuliano Amato prende 31.000
euro lordi AL MESE, 9.000 di vitali-
zio da ex parlamentare, 22.000
dall'INPDAP da ex professore uni-
versitario. Come potrebbero vivere
senza un vitalizio gli ex parlamenta-
ri? Che mestiere potrebbero fare un
D'Alema o un Gasparri dopo decen-
ni di onorato servizio? Il vitalizio è
una necessità per non lavorare, a
destra come a sinistra. Oliviero Dili-
berto ha diritto a 7.959 euro dall'età
di 51 anni, Franco Giordano a 6.203
euro dall'età di 50 anni, Water Vel-
troni 9.000 euro da quando aveva 49
anni, che incassò prima di ritornare
a prendere lo stipendio da deputa-
to. Come vi sentite adesso? Siete
ancora in grado di pagare la cartella
di Equitalia con il sorriso sulle lab-
bra e di andare in pensione a 67
anni, se ci arriverete vivi? I vitalizi
vanno aboliti e quelli in vigore ab-
bassati a 3.000 euro lordi.
dal sito www.beppegrillo.it
Quando si afferma che in Italia
non ci sono soldi, che non si posso-
no fare tagli, si afferma una colossa-
le balla. Semplicemente, il Sistema
non può segare il ramo dove è se-
duto, un ramo di privilegi, di conni-
venze, di "roba" dello Stato affidata
agli amici, di opere inutili come la
Tav … , di sperperi colossali senza
ritorno occupazionale. Mario Monti
è ridotto alla parte del mendicante,
del viandante europeo con il piatti-
no in mano per chiedere agli Stati
europei di comprare i nostri titoli
per non fallire. Un giorno a Berlino,
il giorno seguente a Helsinki e il
successivo a Parigi. I premier euro-
pei lo scansano come un questuan-
te. Ma i soldi ci sono, bisogna solo
andarli a prendere.
Iniziamo ... con i risparmi dalle
pensioni d'oro che gridano vendet-
ta al cospetto di Dio, degli impren-
ditori suicidi, degli operai in mezzo
a una strada, delle devastazione del
tessuto produttivo delle PMI, degli
esodati presi per i fondelli. Le pen-
sioni d'oro sono 100.000 con un co-
sto annuo di 13 miliardi, se venisse-
ro abbassate a 5.000 euro netti al
mese, il risparmio ANNUALE sareb-
be superiore ai 7 miliardi di euro.
In luglio i parlamentari hanno boc-
ciato un emendamento per portare
le pensioni d'oro a un minimo di
6.000 euro netti al mese e, se cumu-
Parafrasando un vecchio e beffar-
do slogan del femminismo: il cen-
trosinistra senza Di Pietro è come
un pesce senza la bicicletta. Non
c’è neanche bisogno di rivangare la
sciagurata elezione in Parlamento di
Scilipoti, De Gregorio e Razzi, tutti in
quota all’Idv prima di animare, cia-
scuno a modo suo, sgangherate av-
venture di sottopotere. Anche se la
sua conduzione del partito fosse sta-
ta impeccabile, Tonino Di Pietro ri-
marrebbe un populista di destra, e
se il suo distacco dal centrosinistra
diventasse definitivo ci troveremmo
semplicemente di fronte alla fine di
un lungo equivoco. Meno semplice è
capire che fine faranno i suoi non
pochi elettori, molti dei quali pro-
fondamente convinti di essere di
sinistra, anzi: molto più di sinistra di
Bersani e di Vendola. Difficile che si
accontentino della sinistra così
com’è, piena di limiti e incertezze e
soprattutto storicamente legata a un
lealismo repubblicano che diffida
molto dei facili bollori anti-sistema.
Seguiranno Tonino nei territori in-
certi di un’opposizione “né di destra
né di sinistra”, già ben presidiato
dalle Cinque Stelle? Preferiranno,
già che ci sono, Grillo? Si asterran-
no? Cercheranno nella destra radi-
cale nuovi appigli contro le detestata
Casta? Non è facile, per i duri e puri,
trovare un partito alla loro altezza.
L’articolo è di Michele Serra
È stato pubblicato il 3 agosto 2012
sul quotidiano la Repubblica
( Segue da pag. 6 )
Pagina 8 www.voltanaonline.it n. 19 - 2012
La “sindrome Schettino” che pesa su Eurolandia di Piero Ignazi
utilizzando tutto il suo armamenta-
rio retorico pur di impedire che
l’Eurozona si risollevi e riaffermi il
suo modello socio-economico, inti-
mamente “socialista” agli occhi dei
neocons. La ragione di tanto furore
conduce, anche qui, al fronte inter-
no: il vero obiettivo da colpire è il
presidente Obama che, con le sue riforme, si ispira all’Europa welfari-
sta e spendacciona. Per questo le
teste d’uovo d’oltre Atlantico vanno
all’attacco. Con pessime figure,
peraltro. In una recentissima inter-
vista Arthur Brooks, direttore del
think tank conservatore American
Enterprise Institute e influente intel-
lettuale del partito repubblicano,
arriva a raccontare che i Paesi con
il welfare più sviluppato sono “i più
insoddisfatti e i meno prolifici”;
peccato che i Paesi scandinavi, culla della socialdemocrazia, siano
in vetta al tasso di natalità e di sod-
disfazione per il funzionamento del
loro sistema. (Dati Eurostat ed Eu-
robarometro)
Ora, allo stato attuale, né François
Hollande, per formazione e perso-
nalità, né Angela Merkel, condizio-
nata dal fronte interno, malgrado
tutti i passi e gli sforzi compiuti,
sembrano in grado di mettersi sulle
spalle il continente e guidarlo fuori
dalla crisi grazie al loro carisma.
(Altra storia se fosse arrivato
all’Eliseo l’ex presidente dell’Fmi
Dominique Strauss–Kahn, l’unico capace di dettare una linea dall’alto
delle sue virtù politiche ed intellet-
tuali: ma i vizi privati, altrove, si
La leadership si manifesta con la
capacità di prendere decisioni nei
momenti di crisi. Quando vi è un
diffuso stato di incertezza e di ansia
cresce l’aspettativa di una voce de-
cisa e di una indicazione sicura.
L’Europa vive frastornata dalla ca-
cofonia assordante sui rimedi da
adottare di fronte alla crisi, ed è
alla ricerca di “qualcuno” che indi-
chi una via d’uscita e se ne faccia
pienamente carico. Laddove
“nessuno è in comando”, come amano dire gli americani, o, come
diremmo noi mediterranei,
“nessuno è al timone”, si rischia il panico. È questa la sensazione pro-
dotta dal balletto delle dichiarazio-
ni di chi detiene funzioni direttive
nei governi e nelle istituzioni euro-
pee e internazionali. È come fossi-
mo preda di una sorta di
“sindrome Schettino”: la barca di Eurolandia va alla deriva e rischia
di affondare perché manca un co-
mandante all’altezza della situazio-
ne.
All’inizio della crisi, nell’autunno
del 2008, ci fu un momento in cui
Gordon Brown, il Cancelliere dello Scacchiere britannico, forte della
sua esperienza e dei suoi successi
nella gestione dell’economia, sem-
brò in grado di indirizzare le scelte
della comunità politica ed economi-
ca internazionale. Fu una illusione
di breve periodo e quel momento
di gloria servì più che altro a scopi
interni, a rintuzzare l’offensiva di un
“novizio” come David Cameron: “it
is no time for a novice” sentenziò in
quei giorni Gordon Brown. Da allo-
ra nessuno, nemmeno Barack O-
bama, è riuscito a indicare una
strada. Di meeting in meeting la
politica ha mostrato la propria
i m p o t e n z a d i f r o n t e
all’economia. O, in termini più
maliziosi, alcuni politici hanno la-
stricato la strada al dominio degli
attori economici. La destra ameri-
cana si è schierata in prima fila a difesa della sacralità del mercato
"Lo Stato totalitario fa di tutto per
controllare i pensieri e le emozioni
dei propri sudditi in modo persino
più completo di come ne controlla
le azioni".
George Orwell
Immagine trovata su Internet
e segnalata da Alberto
pagano … ). In questa situazione di
paralisi e di veti incrociati si è final-
mente distinta una voce chiara e
netta, quella del presidente della
Bce, Mario Draghi. In poche, taci-
tiane, parole egli ha espresso il suo
fermo convincimento a salvare
l’Eurozona. Quando, alla fine di un
discorso imperniato sulla volontà di
mettere in campo tutti gli strumenti
e tutte le risorse necessari per con-
trastare la recessione ha aggiunto
“e, credetemi, sarà sufficiente”,
ha segnato un punto di non ritorno.
Con quelle parole, offrendosi come
il prestatore di fiducia di ultima i-
stanza degli europei, Draghi si è
caricato sulle proprie spalle una
responsabilità enorme. Mentre i
politici nazionali latitavano, il presi-
dente della Bce ha raccolto la do-
manda di governo che veniva dalle
opinioni pubbliche. Ha sopperito
alla carenza di “decisione politi-
ca” degli attori politici nazionali, di coloro che sarebbero maggiormen-
te intitolati ad intervenire. Ed ha
obbligato tutti gli altri a misurarsi
con le sue intenzioni. In una paro-
la, ha esercitato una funzione di
leadership. Ora il gioco tornerà nelle mani dei governi ma “il movi-
mento” è stato creato. L’impasse in
cui l’Europa si era impantanata per
anni sembra aver trovato un filo, e
un tessitore, a cui affidarsi. Ancora
una volta, sono i tecnici ad essere,
e a fare, i politici. Del resto, la
leadership non si misura con i voti.
L’articolo è di Piero Ignazi pubblicato dal
quotidiano la Repubblica del 2 ago 2012
Il più grande nemico della conoscenza non è l’ignoranza, è l’illusione di sapere.