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UGO SAVASTANO Attimi e voci: la vita senza tristezza Poesie (1959 – 1974)

UGO SAVASTANO Attimi e voci. La vita senza tristezza. Poesie 1959-1974

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Poesie di mio padre

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UGO SAVASTANO Attimi e voci: la vita senza tristezza Poesie (1959 – 1974)

INDICE

Titolo Pagina

Alternativa 1 Aneliti 2 Arpeggio di colori, a sera (1) 3 Arpeggio di colori, a sera (2) 4 Attimi 5 Casa 6 Casa n. 2 7 Casa n. 3 8 Cuore di poeta 9 Desiderio 10 Distanza 12 Divagazioni 13 Dove portiamo il nostro fardello? 15 Fanciullo 16 Il vento 17 Il viaggio 18 L’amico (versione 1) 20 Lontananza 22 Luce (i ricordi) 23 Madre 24 Motivo per un adolescente 25 Notte 26 Notte di Boiano 27 Occhi 29 Padre 31 Parola 32 Partita di calcio 33 Passato 34 Passeggiata 35 Passeggiata solitaria 36 Passi 38 Paura di poeta 40 Pena 41 Pensieri 42 Pensiero 43 Poeta (n.1) 44 Poeta (n.2) 45 Povero 46 Ritorno 47 Sbigottimento 49

Sicilia, isola d’oro (a Gimmy, mio commilitone a Napoli – 1961) 50 Sola 52 Soldati 54 Solitudine (morte di Cardarelli, 16-6-1959) 55 Strade 56 Su un’opera incompiuta (due versi non avrai ecc…) 57 Una foglia 59 Uomo, fratello 60 Uomo, padre 61 Voci 62 XV agosto 64 L’amico (versione 2) 65 APPENDICE (Commenti sparsi) 66

ALTERNATIVA

Perdersi nell’abbraccio d’un tempo immemore e dare alle ortiche tutti i ricordi, non indugiare a sera con lo sguardo stanco nel buio astrale dell’ora; o tuffarsi nello spazio, sentirsi un atomo di gioia, un granello di malinconia, e un’ansia d’infinito in un tempo antico, quasi una memoria. UGO SAVASTANO - 1 -

ANELITI

Se un giorno, lungo i pascoli, ricorderai la voce del tempo, dalle ascolto allora o mai più; l’occasione non si ripeterà e se vorrai un anello col passato, cercalo nelle parole del vento poiché nessuno più te le dirà e tu ti sentirai infelice. Se un giorno, lungo il fiume, ricorderai la voce dell’amore porgi l’orecchio attento allora o mai più; non avrai modo di riunire ciò che fu diviso, e, se vorrai farlo, non dirlo al mondo, o ti sentirai infelice per sempre. All’ombra dei monti, o presso alle sorgenti, forse lì troverai il tuo nido e ti parrà un’isola di alta tranquillità, ma non farai un passo verso le alte cime: ti perderesti. Forse in un sogno di totale abbandono cercheresti rifugio tra le braccia dell’amante, fida e silente come è suo costume, forse per un solo attimo ti sentiresti felice. UGO SAVASTANO - 2 -

ARPEGGIO DI COLORI, A SERA

(Versione n. 1) Subito dopo Mentana, ad una curva, t’aspettano una casa ed una campagna ricche di colori, di gioiose piante, e di tanta amicizia. Il sole è l’arpista magico

dell’ora, e fonde in un fascio solo le tinte a vari colori del luogo magico, dove ti attendono amici semplici e sinceri in un’atmosfera ricca d’accoglienza e simpatia.

Quando te ne vai, ti rimane negli occhi un bel sogno, un’eco di colori, col cuore in festa ed un’attesa del prossimo ritorno. UGO SAVASTANO - 3 -

ARPEGGIO DI COLORI, A SERA (Versione n. 2) Lungo la via del ritorno, sempre verso sera, ti coglie di colori un nuovo arpeggio, esanime. Là verso la campagna, un roseo vibrar di cielo al verde s’appaia del prato; un lento fluire di acqua allo sguardo reca un bianco che sa di lontananza, forse di profondità nascosta; la polverosa via con le luci s’altera, vive delle case e si fa scura per un contrasto vario, bello. Come per gioco, il sole dell’ora è l’arpista magico, e fonde in un fascio solo le tinte a colori vari le esaspera, le arrossa, ecco verso notte le annulla. Ti rimane negli occhi come un sogno antico, un’eco di colori, e non sai più se un suono o un quadro o una melodia, ti vai ricordando di colori nel cuore in festa. Domani ti sveglierai. UGO SAVASTANO - 4 -

ATTIMI I Ama il giusto dell’anima l’ascesa nel cielo vasto della verità; il bruto in sé dilania del mondo la paura; attende il bimbo una girandola:

- la vita è questo vano d’incomposte brame alternarsi al limite d’un sogno.

II Rifugi forse sono del tempo i desideri e le sopite ansie nello spazio ingannevole d’un giorno, alle illusioni muto testimone. UGO SAVASTANO - 5 -

CASA Clivi adombranti il ricordo chiudono della casa mia.

Oh! la mia casa d’infanzia! Fuggita m’era l’ansia, ombra d’amore, nella notte che da te mi staccai.

Creatura di sogno, senza più forza, l’arcano vento del tempo ti rapisce in un domani che sa di antico.

Le tue parole rèse hanno il sembiante di un’ingiustizia patita:

non più la mia mano, ora dall’opera attratta, le sfiora, piano. Tu non ti lamenti e sfuggi alle prese della memoria folle mentre la vita s’arresta in un ricordo lontano……

UGO SAVASTANO - 6 -

CASA n. 2 Nell’ombra d’alberi alta del cielo al termine chiusa tra annerite spoglie ti mostri di lontano, casa. Un anno di silenzio: tra le varie – d’adombrata polvere e spoglia – smunte carte, un segno solo del tempo, ad altro intento, abbrivido il ricordo di te glaciale. Ora che a te – per varia via o solita – ritorno, diversa d’abito ti trovo, forse d’un soffio mutata: un alito antico – per me nuovo – discopro e non ritrovo in me altro che un ricordo assopito. Anelo di gioia momenti inarrivabili, impossibili miraggi: vive d’antica ebbrezza il canto del bambino. UGO SAVASTANO - 7 - CASA n. 3

Clivi adombranti chiudono il ricordo della casa mia. Oh! la mia casa. Fuggita m’era l’ansia, ombra d’amore, nella notte dell’anno che da te mi staccai. Creatura di sogno senza più forza, l’arcano vento del tempo ti rapisce in un domani che sa di antico. Le tue pareti rosa hanno il sembiante di un’ingiustizia patita; non più la mia mano, ora attratta dall’opera, le sfiora. Tu non ti lamenti e sfuggi alle prese della memoria labile. Muori, non versi lacrime. Io finirò i miei giorni senza più rivederti; lungo le pietre del fiume i miei occhi umidi cercheranno il fondo. Non ti rivedrò mai più, moriremo insieme. UGO SAVASTANO - 8 - CUORE DI POETA

Alle ampie regioni dell’infinito etereo si abbarbica il poeta; lì la linfa vitale scorre e vince il tempo; ora il poeta si piega e voci ascolta, dense di memoria, isola la parola purgata, senza più scorie dopo un ampio giro sul mondo, sugli uomini; ora la parola vuole il suo posto sulla pagina, si fissa alfine dopo molte lotte in un discorso lungo. Ed il poeta è nudo, né il cuore più gli appartiene; del mondo non è più; né della vita: non avrà altra dimora fuori che lo spazio; non avrà altra età fuori che il tempo. UGO SAVASTANO - 9 -

DESIDERIO

Un monito si leva alto di pena all’uomo che smarrisce della memoria il corso.

Un’ansia nuova al mondo ostile attarda uno svezzato fanciullo della vita all’inizio e lo perde: quale alto di pena desiderio! In cima ad un colle finisce la vita: e là s’annida del tempo la vittoria, e là si ferma del mondo la stortura, si quieta l’ansia del cuore sofferente s’abbrevia presto il brivido d’angoscia.

Un desiderio forse del mondo lo smarrisce, e lo riporta in vita, lo stordisce: toni incomposti d’obliate storie, cenni ridenti di ben noti sogni, - 10 -

parole antiche dense di ricordi, il pianto folle ricco di speranza………

UGO SAVASTANO luglio 1960 - 11 - DISTANZA Non vi è lunga distanza tra l’ultima parola e il primo silenzio;

solo disgiunti a sera dalle pallide stelle si ritrovano e vivono mentre la notte incombe. A chi parlare ora? Non vi è chi ti intenda, hai un testimone nel buio al tuo dolore; forse non soffri più in disparte, come il giorno tra la gente; al tuo dolore è muto amico il buio tempo; lo spazio astrale ti comporta della cruda ferita che ti tiene le carni, tu speri; non hai ansia di parole, il tuo lamento muto alla notte chiede del mondo l’ultimo silenzio, e tace…….. UGO SAVASTANO - 12 - DIVAGAZIONI

Antico di anni, teso

traesti l’arco alla vita, vecchio; un tempo fiato di povero fanciullo felice ti rese, netto di paure. Quando le ansie ti mossero, i giorni veloci volarono, il respiro rubandoti, folli; ora solo di poco si dilata la raggera della felicità e al gioco chiedi attimi di sogno inutile, casuale vanto all’anima di pietra. Affretti, affretti della sera l’ora, mentre reo di colpe il buio non sempre ti sorprende; reo, - 13 - il buio di facili illusioni

sale alle docili stelle. Avvampa il cielo l’ultima favilla e già è mattino o quasi: il tempo è di singhiozzi al sorgere del sole, i fanciulli si aprono alla vita, tu abbui, di lieve tremito brividi, sospiri. Ora, ora un passo, un moto alleviano l’angoscia del meriggio, verso sera cala, si placa forse il tuo sguardo, mobile d’antica memoria; morte d’impreveduto animo ti coglie, lieve di sonno gli occhi ti comprime; riposo, alto riposo il vinto sguardo amoroso consola. Eppure facile il risveglio spinge alle prode, non trattiene il pigro

d’amorosi alterchi fanciullo, di pena solo un granello porge allo stupito cuore. Il fuoco non vince di memoria il corso della vita, ora, soggiace, mentre rapido il gioco volge delle gioie, si rinnova: alto ottiene premio infantile sogno mattutino; a te lento passa, lento il meriggio, un raggio basta della luna ad inondare la cameretta, ti veglia, - 14 - mentre facile il sonno al mondo ti rapisce. Se il vento fosse della sera meno antico, immenso troverebbe il cuore, non gravido d’affanni: le stelle, arse faville d’improvvisi

bagliori, s’acquetano, adunano, pallide di smunti colori, della memoria il corso, le pene; sbiadiscono, ecco s’annullano mentre presto l’azzurro si fa bigio i sensi a distruggere dell’uomo in un’attesa inarrivabile……. UGO SAVASTANO (Menzione speciale al premio Tarquinia – Cardarelli 1962) DOVE PORTIAMO IL NOSTRO FARDELLO ? A passi incerti si avanza nel buio freddo della lunga notte fatta di dense tenebre e grevi. Luce non vi è, pur piccola ombra del chiaro immenso che inonda le cose tutte. Nell’oscurità tetra senz’ombre si vagola come neri fantasmi gravidi di un peso enorme. Fatti di nulla, carichi di nulla si procede verso valli incerte, immaginate ridenti e gaie di là del buio freddo della notte. E il fardello pare lieve. Ma il passo greve è incerto, inciampa spesso, procede lento

nell’oscurità tetra senz’ombre. Dove portiamo il nostro fardello se d’intorno è notte densa? UGO SAVASTANO - 15 - FANCIULLO

(4/6/1960)

Libero alle prode corri della vita, inesausto: un anno e un giorno uguali, belli t’arridono.

Insperati, maliosi rubi sogni alla notte; avido di gioia semplice

sereno al mondo ridi; le ansie, i colori della notte quasi buia non conosci, mai brami; dell’opera imperfetta il brivido non sai d’angoscia, i limiti, le speranze….tu vivi…. UGO SAVASTANO - 16 -

IL VENTO Si leva nei solitari, sconfinati spazi dei cieli in lande silenti, vaste, il vento, e si fa amico alle nubi pregnanti di ventura pioggia; ulula con rabbia sofferta e soffia da narici capaci il suo sdegno;

si inerpica agile tra le rupi e gli scogli e vi porta tragedia di rocce disgregantesi; ingrossa le onde già fluttuanti del mare e vi porta tempesta di cavalloni orrendi; scuote le pianure ricche di grano ed erbe e fiori e vi porta angoscia di gravi sventure; si inoltra tra le case forti degli uomini e vi porta ansia di destini incerti; penetra nel cuore di uomini soli e vi porta paura dell’infinita sua nullità - 17 - nel gran concerto dell’universo tutto. Si queta il vento, dietro lasciando rovina e desolazione: l’uomo prosegue la fatica alto levando lo sguardo ai solitari e sconfinati spazi dei cieli, alcova certa del vento.

UGO SAVASTANO IL VIAGGIO

Sembri un antico viaggiatore che, giunto alla sua meta, s’arresta e tiene il conto del cammino. Un anno e un giorno è durato, il sogno si è spento nel meriggio d’inverno, mentre la vita s’arrestava. Altro t’aspetti, altro ti dà la vita, e tu ti appaghi; poi ti sfiora l’ansia di un crudele ardire, a sera, verso il tramonto delle cose. Il tuo cuore allora palpita, tu vivi, ti volgi al mondo anneghi in un mare di pensieri.

- 18 - Quando ritorni, stanco, l’ultimo sguardo un mondo ferisce di macerie. UGO SAVASTANO

- 19 - L’AMICO (versione 1) Te sospinge ancora l’ora tarda della sera verso la via di casa che tante volte un giorno insieme camminammo, dolce consuetudine lontana, or non sono molti anni, che ci spingeva a sera verso casa, in gravi intenti lunghi conversari…… Il nostro passo solitario la strada batteva deserta e il brulichio vibrava delle nostre voci, nel silenzio astrale dell’ora; qualche raro passante, a volte, ci sorprendeva, e il suono amico dell’acqua, verso le sorgenti, il ritmo rallentava del tempo, nell’ora magica d’un altro giorno inerte. Me non turba più dell’ora che il ricordo, che ci spingeva verso la via di casa, a sera, e a stento vinco l’ansia delle lacrime, ora che lontano vivo, alla vita intento e sollecito mi scopro del ritorno e penso:

- il paese ora s’imbruna,

e intorno scende dal silenzio la coltre, che ancora ti sorprende, felice te! - 20 - di casa sulla via, e ricco il tempo ti fluisce privo d’inganni, di colpe non reo in un lento scorrere di giorni pigri e vuoti ma semplici di gioia per il puntuale ripetersi d’un sogno, l’indomani; un altro giorno ecco t’attende di rinnovati segni del passato nuovo, anche se uguale……… A me, d’obliati cenni non scevro, mesto il passato ritorna e al limite d’un sogno mi discopro mentre il ricordo preme del vecchio buon pase. UGO SAVASTANO

- 21 - L’AMICO (versione 2)

Te sospinge ancora l‘ora tarda della sera verso la via di casa che tante volte un giorno insieme camminammo; dolce consuetudine lontana or non sono molti anni, che ci spingeva a sera verso casa, in gravi intenti lunghi conversari; il nostro passo solitario la strada batteva ormai deserta, e il brulichio vibrava delle nostre voci nel silenzio astrale dell’ora;

- 65 - sorprendeva, a volte, qualche raro passante i colloqui nostri gravi, importanti nell’arco della giornata vana passata sulla piazza. Sempre a sera dell’acqua il suono amico verso le sorgenti il ritmo rallentava del tempo, nell’ora magica d’un giorno inerte; pure sfiorava a volte d’un sogno l’ardire e nella calda reciprocità d’affetti svanivano le cure nostre,

annullate da un cielo lucente, alle nostre parole muto testimone. Me non turba più ormai che il ricordo dell’ora che ci spingeva verso la via di casa a sera e a stento l’ansia vinco delle lacrime, ed ora che lontano vivo, alla vita intento, sollecito mi scopro del ritorno e penso: il paese ora s’imbruna, scende d’intorno la coltre del silenzio che ancora ti sorprende, felice te, di casa sulla via, nell’ora della sera tarda e ricco il tempo ti fluisce,

privo d’inganni, di colpe non reo, in un lento scorrere di giorni, all’apparenza pigri o vuoti ma semplici di gioia per il puntuale ripetersi d’un sogno l’indomani; un altro giorno ecco t’attende, un’altra vita, di rinnovati segni del passato nuova e il tempo, anche se uguale, bello t’arride, di ansie non gravido o di paure. A me, d’obliati cenni non scevro, mesto ritorna il passato; al limite d’un sogno mi discopro mentre il ricordo preme del vecchio buon paese. - 66 - UGO SAVASTANO

* menzione speciale al premio Tarquinia – Cardarelli 1962

- 67 - LONTANANZA Arresti un’onda di ricordi e già l’eco preme che non perdona: se un fiume di luce al cuore più non arreca la lontananza

non sperare ormai, non sperare. Anni di ansia, ecco quel che rimane d’una vita in un ricordo: ma tu assumi il viso dell’indifferenza, questa, solo questa il tempo spinge a passare meno lentamente. UGO SAVASTANO - 22 - LUCE (i ricordi) Appena un rapido soffocato vociare di ansia smetti o plachi, in breve nella mente un silenzio si fa, di pietra. Aggiungi, aggiungi pene al pensiero, che di tanto si dilata e soffre per trovare scampo in un cenno

o dell’amico in un saluto; è dell’amante sconsolato la solitudine, e vuota. Pure, antico in un tempo al sogno ti svezzasti, cuore e facile traesti vita del mondo alle lagrime: in un angolo vive appartato del dolore il cielo, e brivida d’angoscia non lieve.

Di luce annebbia un limite la vista.

UGO SAVASTANO - 23 - MADRE Si fa chiaro, madre, per te il giorno: la notte insonne spesso ti sorprende; il vento difficile riposo offre, ad ogni rumore ti agiti. Tu plachi del tempo l’avventura con rara calma, aduni in te le pene dei tuoi figli, le riduci;

l’occhio tuo vigile raffrena lacrime di dolore, ridente mostra ognora gioia della vita. Se il cielo uno sguardo avesse, il tuo occhio, madre, luce gli darebbe, splendore. Pure talora un’ansia si rinnova nel tuo cuore e spesso trasparisce, ma tu lesta ricacci dentro la fonte della pena, ne soffri ma taci: per te si calmano le ansie dei tuoi figli, si annullano. Per te ritorna notte e si fa giorno, madre. UGO SAVASTANO - 24 - MOTIVO PER UN ADOLESCENTE

Il grillo canta; presto si fa notte. Arrischia l’ultima parola il temerario uomo ricco di avvenire, poi tace da un silenzio avvolto di stelle

Ritratto d’ogni tempo, il mondo fermo rimane, né si cambia per un casto desiderio d’amore: si atteggia, si modera, sparisce. UGO SAVASTANO

- 25 - NOTTE Un’ultima parola poi ti coglie notte con tutte le sue voci lente, languide, ebbre; il silenzio disgregandosi viene su le case ormai in sonno: non ti sorprendi ora dei tuoi occhi arrossati. UGO SAVASTANO

- 26 - NOTTE DI BOIANO (12/7/59) Ora sembri come disfatto e ti cala attorno un’ombra che non è più di sera. Appena chiudi gli occhi ti marcisce dentro un’onda di ricordi già assopiti, e non trovi scampo in uno sguardo di luce. Tutt’intorno è ormai buio. Verso le sorgenti indovini una lontananza di rumori che ti furono familiari

in un’altra notte: ora ti sembrano arcani e quasi ti fanno paura. Ascolti in ansia il passo del solito ubriaco che va, dopo la bevuta domenicale, a sentir le rampogne della moglie, mentre arrivano in canto i soliti allegri campagnoli che si attardano ancora nell’oscurità verso le sorgenti prima di rincasare dopo la gioia effimera di una domenica lenta passata sulla piazza dietro le ragazze. La notte avvolge tutto e non c’è lume acceso lungo l’oscura strada che segue il lento fiume. Un lumicino solo brilla verso il mulino abbandonato dove c’è una piccola croce. - 27 - Ora sei tutto disfatto: è tempo di chiuder la finestra. UGO SAVASTANO

- 28 - OCCHI

(luglio 60)

Rapirono questi occhi una follia ardente di ritorni; il cuore bearono i silenzi verdi

al sole di settembre; un anno rubarono alla vita che passava gli attimi intensi della sosta. Meraviglia di sonno antico si rinnova! Malato il fiato non più all’opera si oppone, né tronca le speranze di lavoro in vano vacillare, ora che le altezze allo sguardo si spezzano di cime amiche, ora che in un tempo si perde il ricordo e l’attesa, o Dio! Questo presente duro di silenzi mozza in un segno le ansie - 29 - e raro accoglie un tremito di pena. Felicità d’un mondo ritrovato, occhi rapiti, guardate! Ma già traspare, è sera, un quadro d’altri tempi,

una vittoria dell’ora verso la fine del sentiero, ora petroso: fine e maceria d’ogni tua passione, ansie, ricordi, dell’opera le pene, la vita, non trovi intorno un segno, un simulacro; strana quiete d’un cuore rinnovato! Di luce un fiume presto ti smarrisce, di cielo un velo gli occhi ti ripara; si fa notte piano; chi parla ormai? Un vento di silenzio ti rapisce, della luna l’ultimo raggio ben presto gli occhi ti ferisce, felici…… UGO SAVASTANO - 30 - PADRE Gli accenti facili al perdono, lo sguardo talora truce, assommi della vita i semi in un continuo fluire di rinnovate ansie. Poi, felice il nido

ti raccoglie e gridi d’angoscia non conosci; placido ti passa, non lento, il tempo di lavoro, sogni t’inebriano di pace, mentre i figli ti guidano nell’arco a breve cerchio della vita non vana. T’alberga dentro un’ansia di gioia, di pianto mai; si acquietano le ombre del passato in un arcano desìo di futuro; gli anni, attimi d’una vita non breve, t’arridono di ricordi; il futuro s’annida in un sogno di rinnovato passato. Non aspetti delle lacrime il corso, se una pena opprime: dentro le ricacci, nude di amarezza, calme. Ora ti perde forse del mondo supina meraviglia, quasi rassegnato ricordo o desiderio:

antichi, d’obliati cenni ricchi gli anni ti tornan dell’infanzia nell’incantato sguardo d’una bambina bella che tanto t’assomiglia. Annotta, ora, annotta, e tu non gravi di pensieri la mente riposi, gioisci: dentro ti ride lo sguardo della bambina bella che tanto t’assomiglia, ti risuona, o meraviglia, la sua cristallina voce. Per te, o padre, facili si fanno dell’eterno le vie, della felicità: vive di canto l’anima dell’uomo. UGO SAVASTANO - 31 -

PAROLA Mentre la dico mi si rompe tutta, la parola; poi mi ritorna sola, quasi come distrutta, in un suono antico. Si volge il tempo nelle vuote parole, mentre dentro preme della luce l’ansia.

Se certezza cerchi, anima di poeta, volgiti attorno: nel muto suono delle cose troverai nuovo linguaggio, fatto di silenzio e luce, e di sospiri immani. Piegati e ascolta, cuore di poeta, e taci, se puoi. UGO SAVASTANO

- 32 - PARTITA DI CALCIO Sempre una folla al campo sportivo la domenica si spinge: una festa di grida, di risate lunghe, di rumori.

Un’ora e mezzo dura la partita, lesti rincorrono i giovani la palla, una trama ben ordita di passaggi.

Visi rossi, occhi di sangue, un fiato grosso, tante corse pazze: sembra un teatro senza quinte.

Un fischio sibila nel vento, un salto compie un fanciullo ed è felice: ha vinto la sua squadra bene.

Lenta, assonnata la folla torna al paese in festa che l’attende: ora si parla piano, piano.

Uno strano proposito di festa s’è come quetato in un segno: un tentativo si è chiuso di piacere.

Ora è difficile tornare in piazza, s’attarda il vecchio, il giovane si ferma: trema del cielo al limite la luce di sogno, è sera……. UGO SAVASTANO

- 33 - PASSATO 1-4-1960 Amico mi ritorna d’anni non lieve, né di ricordi crudi, reo il passato d’infiniti pianti.

Una firma, un nome: nulla, giace solo dello scritto

al fondo un rapido imprevisto fluire

di passato; dell’anima il cammino, vario per aspre vie, si compie, ecco finisce in un ricordo crudele…..

Rischia il presente al tacito del tempo morire. UGO SAVASTANO

- 34 - PASSEGGIATA

Immensità di silenzi arsi, non fragile al tocco del vento; ansie solatie di meriggi lunghi, infiniti; voci lontane, il tempo di memoria, grave; parole difficili, ma agili, d’antico suono; cieli sedotti di pace cara, amica, di ansia scevra. - 35 -

Notte che incombe soavità non ruba ad un silenzio astrale…… 22-5-60 UGO SAVASTANO PASSEGGIATA SOLITARIA*

(divagazioni sulla mente, spoglia di ansie, un giorno, ora malata)

In questo chiuso guscio di pensieri, lesto si derma un grido di memoria:

dai pini ben alti si dirama una strana ricchezza di rumori, agitati dapprima, ora fermi. Un’ombra vive alle radici, candida di sogni rapiti in breve arco di tempo. Aimè, la voce rapida s’affanna in un vano tentativo di chiamarti. Non senti e volgi altrove l’occhio che pure mi sorrise un tempo, ora nemico. Mai ti ricordo, mai così bella, crudele di pochi attimi amante - 36 - di gioia, di spensieratezza. Vale un sentiero, un sasso più del tuo bel colle, amore, che del mondo le rare perle in un gruppo di gioia.

Ora io sono qui lontano dalle voci un giorno sentite, ora ne sono estraneo, le penso, le penso solo e piango: tutto quel verde muto di silenzi, tutto il fruscio rapido del vento, tutte le acque terse e rumorose, tutte le lacrime versate, di gioia…….. UGO SAVASTANO

* titolo originale: “Passeggiata” - 37 -

PASSI

Passi, lievi passi conducono nel folto, fra gli abeti; e già t’avvedi che il vento s’è placato

e un avido dai rami gocciare ti avverte che il silenzio è rotto; scruta in alto oltre le cime un intento a scoprire luminoso cielo fronde disanimate che tremule s’attardano a brillare; trovi facile al passo il terreno e sali d’uno spiazzo verso il chiuso forse segrete cercando vie a riunire in fascio pensieri che la mente disgrega, tronchi, - 38 - trame sconnesse d’obliate storie: dietro un raggio ti ferisce di sole mentre del cuore il gelo si discioglie e il grillo canta nella selva, piano. UGO SAVASTANO

- 39 - PAURA DI POETA

Della paura il corso se indovini, o credi, lenta ti torna poi per una via di baci…… Attorno un’aria ti solleva

di attese, arsi ritorni al fonte della vita, al limite del cielo. Forse, poeta, di sogni amati ti nutri, forse non nasce al mondo la paura, forse d’un brivido si pasce il tuo orgoglio, ne muore. UGO SAVASTANO - 40 - PENA

Tieni unite le corde di un cuore logoro con l’amaro gioco dei sogni: forse ti perderà un insano desiderio di gioia, dopo lotte ansiose e lunghe.

Un giorno della vita ti sfugge alla presa della memoria folle, come al fuoco la scintilla: così rimarrai col tuo cruccio. Svelto corri, cuore, alla fine della pagina per trovarvi il tuo rimorso, in un mare di pianto. UGO SAVASTANO - 41 - PENSIERI

Come di notte fonda nel buio astrale senza fine mani si cercano e mai si trovano, così il pensiero sempre

e il cuore si rincorrono. Se mai si tocchino, vibra l’esteta e di sè pago s’acqueta: è raro che l’equilibrio vinca. UGO SAVASTANO - 42 - PENSIERO La solitudine del poeta è l’estremo rifugio dell’umanità, ormai (come sempre) prossima alla tempesta. L’umanità vive e continua la sua corsa, solo perché il poeta riesce a fermare l’attimo, che è poi un secolo del tempo normale. La disincantata malinconia di un verso, il lieve sbigottimento che nasce dalla sua lettura, fermano il tempo e schiudono le porte dell’eternità.

UGO SAVASTANO - 43 - POETA (n. 1) Alle ampie regioni dell’infinito etereo si abbarbica il poeta. Lì la linfa vitale scorre alla sua vita e vince il tempo. Si piega e si ascolta mentre dentro è pace, mentre intorno è inferno. Più ora non sente se non la voce sua; egli la raccoglie e la ascolta sgomento, la isola poi nella sua mente ora piena di stupore. La parola scorre

dalla mente stupita e ritorna a lui dopo un ampio giro sugli uomini, nel mondo. Ora pare purgata senza più scorie e svelta vuole il suo posto, sulla pagina. Sollecita a volte la pigrizia del poeta, uomo mortale deciso a vivere solo, e la piega al suo gioco. - 44 - Si fissa alfine dopo molte lotte in un discorso lungo e acquista virtù di eco infinita e nascosta nella memoria del mondo. Ora il poeta è nudo, né il cuore più gli appartiene, la mente piange vere lacrime di solitudine; ora il poeta del mondo non è più, né della vita: non avrà altra dimora fuori che lo spazio, non avrà altro asilo fuori che il tempo.

UGO SAVASTANO POETA n. 2

Solo, d’infiniti spazi alle prode, fisso alle gelide cure del pensiero, sgomento dell’eterno agli occhi, corri, poeta; antico di memoria il canto, labile al tocco vacilla del tempo, e naufrago ormai notte ti coglie, solo, poeta; rendi pariglia e al mondo taci, ultimo d’argilla dio antico, d’infinita saggezza libator, poeta; agita al vento dell’anima il tormento e scaccia ormai dell’ultimo pallor la traccia, vivi, poeta, vivi, e del dolore l’ansia risuscita, rinnova: non porre di gioia lmiti al canto tuo. UGO SAVASTANO

- 45 - POVERO (4/6/1960) Povero ti so, povero, di destino semplice, ma di speranza forte; arrochita, l’ultima voce nella notte si spande degli uomini orgogliosi: tu senza forza giaci di superbia, indifeso, al limite del giorno non gridi, parli, e illecita ti pare la tua fioca voce nel gran frastuono: allora taci, povero, e il tuo silenzio ti perde. UGO SAVASTANO

- 46 - RITORNO *

Nel cuore ecco s’adagia un senso di lieta pace ad ogni tuo ritorno; ora sorprendi nuova di pensiero ansia. Ecco dischiuso in un breve arco di gioia, che dura un giorno crudele, del ritorno l’asprezza, ognora di ricordi crudo, non mai di sogni prodigo. Se fermi del cielo

- che fu tuo un giorno – un breve luminoso cenno,

poi forse dolerti dovrai: - 47 - vivi di poco, nell’attesa rimani d’un ritorno vicino. Dura un giorno la vita…… UGO SAVASTANO

* Titolo originale: “Ritorni. A Boiano”.

- 48 - SBIGOTTIMENTO (da un verso di Saba) Folla di memorie vaghe di preteriti tempi e di morti uomini ingombra la mente di tumulto frastornata di intorno, abbrutita. Albe radiose vivide giornate uggiose tramonti misteriosi notti inquiete anni giganteschi finiti in un baleno si affacciano alla mente ròsa dai pensieri come dall’acqua salina la roccia. Poi, della vita d’oggi il misterioso amore muove gli ingombri dalla ròsa mente e l’indomito spirito spinge ancora al largo dell’oceanico mondo ed invita a vogare e vogare, dimentico; s’alza col vento un pensiero dal nulla: vogare, vogare, e poi? UGO SAVASTANO

- 49 - SICILIA, ISOLA D’ORO

(a Gimmy, mio commilitone a Napoli – 1961)

Ricca ti annunci di una lunga vicenda di anni e di uomini, Sicilia, isola d’oro; lieta dell’abbraccio d’ un mare tutto tuo che intorno ti circonda e bacia i tuoi silenti lidi ove un giorno gli dei, stanchi dell’Olimpo rumoroso, scesero, sicuri di bearsi; aduni e lieviti della vita il seme in un lungo alternarsi di vicende e di umori - 50 -

che tutto si rispecchia nella ricchezza dello sguardo di tua gente, ora lieta ora triste, sempre mossa dal fuoco che a stento le tue viscere rattengono, in frenabile; poi che natura tutto ti diede all’uomo lo donasti, felice, e l’aria che sovente fumiga per i vapori della terra infrenati non segno appare di sventura grave, ma solo di poco

scolora la gioia della vita che sempre vive negli occhi di tua gente; e se il mondo è vecchio, d’antica valida saggezza esso si rinnova nello sguardo vivo dei tuoi uomini, nei loro sentimenti forti: forza valore onore e in fondo al cuore una miniera di malinconia. Giammai annotta il tuo cielo Sicilia, isola d’oro; e qui del tempo s’annida il seme in un eterno rifluire, tu al mondo in attesa elargisci cenni ridenti di ben note storie, toni composti di vicende

inobliate, speranze ricche di promesse, per l’uomo solo al naufragio avvezzo. UGO SAVASTANO - 51 -

SOLA

Nell’ombra d’alberi alta, del cielo al termine chiusa tra annerite spoglie ti mostri di lontana, casa.

Un anno di silenzio: tra le varie – d’adombrata polvere – smunte carte, un segno solo del tempo, ad altro intento, abbrivido nel ricordo di te, glaciale.

Ora che a te – per varia via o solita – ritorno, diversa d’abito ti trovo, forse d’un soffio mutata: un alito antico – per me ora nuovo – discopro, e non ritrovo in me

che un ricordo assopito. – 52 -

Anelo di gioia momenti inarrivabili, impossibili miraggi: vive d’ebbrezza antica il sorriso del bambino. UGO SAVASTANO

- 53 -

SOLDATI

Attesa lunga, un’ansia, di vita libera ricordi semplici forse felici; e là s’annida forse del tempo la vittoria? E là s’arresta forse del mondo la stortura? Momenti chiedi inarrivabili, memorie incorreggibili aneli, d’un sogno soffochi l’attesa in un vano scorrere di giorni. Antico di saggezza il cuore al mondo chiede solo il silenzio amico, e tace, mentre della luna l’ultimo raggio ancora un amoroso sguardo consola…… Pensiero: - il ritmo del tempo è lungo e lento in un ambiente frenetico e accidioso quale è quello militare; il riparo nell’ombrata quiete dei versi. UGO SAVASTANO

- 54 - SOLITUDINE (morte di Cardarelli, 16-6- 1959) Te non vince ora più la ritrosia dell’amante a cui tutto ma non le ansie celasti, né le lunghe veglie nell’empito caldo della tua passione. Ecco dischiuso della vita il seme nella calda reciprocità d’affetti dopo lunga convivenza. Qui, alle soglie del tempo, riposa un uomo solo, del pensare vago, e delle belle fantasie; e alla fida amante tutto manifesta e vera trova sola comprensione nel suo muto linguaggio; articola parole vere in un discorso lungo, e del mondo cerca nelle cose l’origine arcana;

quando due corpi s’avvinghiano dell’ombra chiedono la pace; come due anime si trovano, d’essere chiedono al mondo dimenticate, presto. Nel sonno delle cose lieve scopri vani sussulti e segni impercettibili d’insofferenza, se a vita con brusco ardire le risollevi. Sol chi non ha, nel tumultar degli anni della solitudine l’affetto, danno lungo s’arreca con l’immergersi cupo nella profondità del tempo. Te mai non colse in vita pericolo a questo uguale; ed ora che riposi, amica ti giace accanto la fida amante e cara: ma finalmente tu non sei più solo. UGO SAVASTANO (menzione speciale al premio Tarquinia – Cardarelli 1962) - 55 - STRADE Lontani, come di sogno, scolorati del passato paiono gli anni;

attimi di un vociare di tempo lungo, finito nella solatia strada di una vita in sosta.

Fango, pietre, acqua non affossano ai lati la strada d’infanzia, ove un giorno agile tra liberi cieli di sogno correvi, senza ansia né desiderio vano: alto chiedevi premio semplice di gioia: la giovinezza dolce……….

UGO SAVASTANO - 56 - SU UN’OPERA INCOMPIUTA

(due versi non avrai ecc….)

……e se le ampie volute

mancano, gli squarci di molte notti insonni vivono nelle tronche parole. A porti di luce non approda il canto per fioca voce interrotto. Un pianto sconsolato, nella tragica lentezza d’ un tempo insonne, riempie le pagine di lagrime non dolci. “Non avrai altra età fuori che il tuo tempo”: la chiusa inutile di un’anima - 57 - è il tragico addio alla vita che prosegue. Forse lo spazio della vita

annullerà gli sforzi del tempo e incenerirà le coltri del pensiero. Non avrai altro asilo fuori che lo spazio”: è la chiusa inutile d’una vita intera al pensiero che si annulla dopo molte notti insonni. UGO SAVASTANO - 58 - UNA FOGLIA (immagine) Quando ai piedi d’un albero una foglia cade, un’altra stagione è passata.

Soleva spesso all’ombra fermarsi d’un castagno (era inoltrato autunno) un uomo solo: le foglie un giorno a pioggia caddero per lieve vento:

in breve l’albero fu nudo e il tempo già antico.

UGO SAVASTANO - 59 - UOMO, FRATELLO

Uomo, fratello…. un affetto, un desiderio, un bisogno,

una speranza…… nel gran mare della vita. Un’occasione mancata. UGO SAVASTANO - 60 - UOMO, PADRE Assommi della vita i semi in un continuo fluire di rinnovate ansie. Poi, felice il nido ti raccoglie; gridi repressi d’angoscia tu sai; non lento ti passa di lavoro il tempo, sogni di pace ti inebriano, mentre i figli ti guidano nell’arco a breve cerchio della vita non vana.

T’alberga dentro un’ansia di gioia, di pianto mai: dense di rimpianto, s’acquetano le ombre del passato in un arcano desìo di futuro; gli anni, attimi di una vita non breve, t’arridono di ricordi crudeli; il futuro in un sogno s’annida di rinnovato passato. Non affretti delle lacrime il corso, se una pena opprime; dentro le ricacci, nude d’amarezza, calme. Ora ti perde, forse, del mondo, supina meraviglia, quasi rassegnato ricordo o desiderio: antichi, d’obliati cenni ricchi gli anni ti tornano dell’infanzia lontana. Annotta, ora annotta e tu, di non gravi pensieri la mente ora riposi, gioisci. Per te, o padre, facili si fanno dell’eterno le vie, della felicità; vive di canto l’anima dell’uomo. UGO SAVASTANO

- 61 - VOCI

Ora ti ferma un suono lungo di festa, gioia rumorosa di bimbi verso il mare; ora un silenzio antico vive di anni, appena rotti da voci

di strumenti musicali nella notte; quasi una pena lenta di sospiri il cuore invade, presto l’incatena in un vano d’ombre frusciare tra i pini inebriati di buio, non da venti impietosi agitati: e tu, e tu, certo ora riposi, bambino di pochi sogni ricco, ansie sospiri al tempo ti tolgono e vivi solo in un mondo vasto. Ora vacilla in fretta la città, - 62 - s’annida nelle vie dell’attesa il tarlo, l’ansia d’una gioia lunga, prodiga di affetti. Amata giovinezza si paluda nelle attive, inebrianti feste di cuori sgombri lievi di paure, verso la notte lieti ed innocenti,

rei di colpe, grandi quanto il mondo. UGO SAVASTANO - 63 - XV AGOSTO Verso le acque, quasi alle sorgenti Una piazzetta piccola ma amica Accoglie della folla il passo Ora lento, ora svelto, ora assonnato. Appena della processione il fiume Si arresta, ecco scoppietta di colpi In aria una girandola; la gente in su con gli occhi volti, stupisce, ora gioisce: i bimbi sono muti, quasi assorti, le orecchie con le dita

tremuli tappate: ora una corsa, spinge alle case, tutte belle in festa. A sera la piazzetta si rianima Prende vita e una musica Con note rumorose l’aria riempie. Un altro fuoco a notte alta, un’altra festa di girandole; ecco è finito,ognuno il passo verso casa affretta. S’affretta il venditore con le casse, spegne il sacrestano le candele. Il giorno che alla festa segue Un gruppo canta di bambini Innanzi la casa mia: la solitudine si deve fuggire! Grave s’arroga peso Fanciullezza quando del mondo Giudica le pene e ne ride……… UGO SAVASTANO - 64 -

APPENDICE

COMMENTI SPARSI

1. (scritto sul foglio di “Su un’opera incompiuta”)

La crudeltà di uno sforzo creativo è sempre motivo di ansia terribile.

Quando lo sforzo concepisce un’opera incompiuta, allora resta l’acerbo e crudo soffrire. Il fatto è che anche con le opere compiute accade la stessa cosa, poiché l’insoddisfazione di sé è già incompiutezza, anche se feconda.

Trovi un motivo e lo svolgi, poi te ne dispiace, i pensieri vengono giù con la forza della disperazione, si fissano e poi si perdono.

Se è il contenuto a prenderti la mano, la forma ti irretisce, o viceversa.

Di solito, tutte le opere, di qualsivoglia genere, sono incompiute, se non altro perché lasciano adito a pensare, cosa che non avverrebbe se fossero compiute. (E’ vero poi?)

Non è a queste comunque che qui intendo riferirmi. Qui si tratta proprio di un’opera incompiuta: forse la vita

stessa.

2. UNA DOMANDA (a margine della poesia “Sbigottimento”) E’ possibile, e come, ravvicinare stati d’animo contrastanti come quello che “ha il cuore semplice la vita” e di “sbigottimento” o “dove portiamo il nostro fardello” e di tutti gli altri?

Certo essi sono, sia gli uni che gli altri, stati d’animo e sono contrastanti: ad una visione o immagine bella se ne oppone una non dico brutta ma incerta o quasi pessimistica; o ad un inno di fede si oppone lo sbigottimento o il desiderio di pace; ai fiori fanno contrasto le spoglie rupi; al tramonto (che resta però come il punto sul mio io più vero) si oppone la pioggia e il vento; e via di seguito. Com’è possibile? Certo mi ritrovo, talora, sbigottito, ma poi mi rendo conto che il tutto viene integrato nelle mie vedute su ogni cosa dalla poliedricità della mia visione del mondo e delle cose tutte. E il mondo, la vita, non è solo dolore o gioia, ma è l’uno e l’altro insieme, sincreticamente uniti. Io vedo perciò l’uno e l’altro in me stesso (nei miei stati d’animo contrastanti) e credo di tradurlo sulla carta. Ma nel binario dei miei pensieri sulle cose, sul mondo, sulla condizione umana (che mi interessa grandemente) vi è una deviazione da cui ha movimento il mio pensiero (il tramonto e i fantasmi e ha il cuore semplice la vita ecc.) attraverso cui si va esprimendo il mio mondo che pure risulta, me ne accorgo, complesso e pieno di contrasti. Infine, posso dire che gli stati d’animo contrastanti possono stare vicini perché modi tutti del mio io più vero che partorisce il mio mondo. 3. UNA PARENTESI Ho detto sempre questi miei scritti prove, tentativi, alla ricerca della mia via, pur essendo da sempre il mio mondo definito e precisato. Essi tentativi ho però detti sempre da me sofferti, vissuti, cioè non sono, come potrebbe sembrare, esercitazioni.

Quel che scrivo è sentito e perciò vissuto e sofferto entro di me con forza, ed è perciò che da essi balza vivace e vivida l’immagine del mio mondo che, peraltro, devo ancora esprimere in tutta la sua luce, anche se già se ne intravvede la forma integrale. Pur intendendo tutto quanto come lavoro (in tal senso di ricerca di precisazione e di forme) esso già è, perciò stesso, espressione del mio mondo, in verità complesso e forse non povero di contrasti, che dovrò ancor più (o forse del tutto?) esprimere. Voglio dire, in breve, questo: potrebbe sembrare ad un certo punto che io mi ponga a tavolino con la matita in mano e mi metta a pensare a tante cose e poi cerchi di fissarle sulla carta. In verità non è così e credo di mostrarlo, poiché veramente non è così. Tutto quello che scrivo è vissuto, sofferto perciò, cioè i miei pensieri vanno inseguendosi continuamente e le cose, gli uomini, il mondo, io stesso, ne sono oggetto di considerazione non per accademia, ma per intimo e sentito bisogno spirituale. Così il mio io partorisce via via quello che la matita cerca di tradurre sulla carta, e se nelle cose scritte può rilevarsi un contrasto o molti contrasti, essi vengono dal mio io più profondo che scruta entro di sé e partorisce “Il vento” e “dove portiamo il nostro fardello” e “il tramonto” e “la solitudine del Cristo”, tutto il resto che non è accademismo. E nell’inseguirsi dei pensieri accade che il mio io si spaventi, o prenda forza, o paventi il frastuono, o ami i deserti dell’anima, o veda con orrore le cose nel loro vero volto, o creda negli uomini, o paventi la notte, o disprezzi gli uomini, o senta un gran vuoto, o una gran felicità, o aspiri a cose alte, o si senta nel fango del mondo, o pianga o rida ecc…ecc…. Perciò ho detto complesso e pieno di contrasti il mio mondo, che è fatto di solitudine e di pianto, di gioia e di felicità, di sogni e realtà ecc…ecc… che il mio io cerca di esprimere pensando, ripeto, alla condizione umana, alle cose, a se stesso, agli uomini, alla vita d’intorno; e il suo pensare è la sostanza di quel suo guardare entro di sé, che non è vedere o osservare, anche se

talora l’osservare, senza minimamente influire, dà il via al pensare e partorisce. 4. La malinconia, l’oscillazione dei pensieri, le memorie, le

depressioni, le ansie. (Un racconto). 5. In una recensione del De Robertis intitolata “Sbarbaro Lirico”,

trovo un accenno interessante al lirismo “di pietra” dello Sbarbaro stesso. Mi sorprendo leggermente: già da tempo ho io chiamato di pietra le parole, sentendole stranamente dure, rocciose, difficili alla lima, per quel di valore esse si rivestono alla mia meditazione. Anche lo Sbarbaro è pervenuto a un tale, o quasi, concetto, scarnificando all’osso la parola e meditandola nella sua nudità, appunto, rocciosa. Sarebbe interessante vedere il risultato (io chiamo così il terribile e tremendo cammino di una vita di poeta) e seguirlo nei suoi momenti essenziali. Intanto, alla discorsività di un dettato a prima vista facile, sento che in me va sostituendosi una continua ricerca di essenzialità delle parole. Già prima esisteva questa ricerca, che però si paludava sotto le facili apparenze della discorsività, appunto. Poi essa si è rivestita di strani aneliti moralistici, finendo nel simbolismo più aperto. Ora, anche se non del tutto superata, vado accorgendomi che essa si è quasi esaurita, placandosi in un paesaggismo facile (quello del paese ecc…..) non veramente sofferto. Occorre continuare e ascoltare mille voci insistenti che chiedono di farsi avanti (mi riferisco alle molte leture che mi attendono e ad una precisa presa di posizione) e abbandonare certe vie (troppi interessi) per far posto a quelle che sono le mie: narrativa, saggi, poesia.

6. La necessità di prendere appunti consistenti e ordinati va sempre più affermandosi: finora ho preso solo quelli per gli esami e quei pochi riuniti nelle altre mie pagine.

Intanto: leggere Cechov e Kafka, Montale, Ungaretti, Saba, Sbarbaro.