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LA TRISTEZZA DI UN EMIGRATO di Maria Cristina Bertocco

LA TRISTEZZA DI UN EMIGRATO di Maria Cristina Bertocco

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Page 1: LA TRISTEZZA DI UN EMIGRATO di Maria Cristina Bertocco

LA TRISTEZZA DIUN EMIGRATO

di Maria Cristina Bertocco

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Erano le diciannove, ora di cena, quando la madre di Antonio aveva versato la polenta fumante nel paiolo al centro della tavola

- E’ pronto!!!- gridò la madre - Antonio, prendi il formaggio dallo zio!!!

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Tutti si sedettero rapidamente, come se non avessero mangiato da un mese; beh, in effetti il lavoro era tanto e il guadagno molto basso per cui i loro pasti non erano abbondanti.

Il loro pasto

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Tutti si armarono di forchetta, ma Gigetta, la madre di Antonio, esclamò:

- Fermi!!! Faccio io le parti!-

Fermi!!! Faccio io le parti!!!

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La donna fece bastare la polenta per le venti persone sedute a tavola, ma quando si misero a mangiare, Antonio richiamò l’attenzione con un colpo di tosse e, quando tutti lo guardarono disse:

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- Mamma, papà ... Ho notato che la situazione sta peggiorando di giorno in giorno e, per questo, emigrerò in Argentina, dallo zio, che mi ha già procurato un lavoro nella sua agenzia di costruzioni.

Mamma, papà … ho notato che la

situazione …

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Gli occhi della madre e del padre diventarono lucidi e improvvisamente scesero delle lacrime.

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A quel punto Antonio disperato e afflitto mugugnò:

- Non piangete, voi sarete sempre nel mio cuore, come io lo sarò sempre nel vostro. Comunque partirò dopodomani.-

Non piangete …

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Perché ce l’hai detto così tardi?

Gli altri parenti seduti risposero con malinconia:

- Perché ce l’hai detto così tardi?-

Antonio rispose:

- Non volevo farvi soffrire!-

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Dopo quelle parole tutti finirono il pasto in silenzio e andarono a dormire.

I due giorni passarono veloci e la mattina della partenza l’uomo fece una bella colazione.

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Poi, con grande tristezza, salutò tutti e, i due genitori regalarono al loro amato figlio un santino dove c’era scritto: “Dovunque io vada, proteggimi.”

DOVUNQUE IO VADA PROTEGGIMI

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Tutti si misero a piangere, ma non c’era più niente da fare.

Gigetta e il marito Giacomo accompagnarono Antonio al porto e quando lo chiamarono lo lasciarono con un bacio sulla fronte.

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Antonio passò più di due ore a fare il controllo dei documenti e finalmente arrivò il momento della partenza.

C’era confusione, ma riuscì ad arrivare alla nave, sporca e piccola.

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Passati tre mesi arrivò il giorno del suo compleanno. I suoi parenti gli spedirono una lettera dove c’erano scritti i loro auguri e la loro speranza di rivederlo.

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Lì rimase per ben due mesi e finalmente approdò al porto in Argentina.

Scioccato e stanco per il lungo viaggio incontrò suo zio che lo condusse a casa sua, dove avrebbe dormito.

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Il giorno seguente iniziò il suo nuovo lavoro:

il muratore.

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I giorni passarono veloci e Antonio diventava sempre più abile e ricercato, tanto che guadagnò dei soldi per comprarsi una tuta da lavoro, un paio di scarpe, un vestito elegante e naturalmente i soldi da spedire ai suoi parenti.

E altre cose…

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Lui si metteva a piangere ogni volta che gli arrivava una lettera o cartolina dall’Italia: sentiva molto la mancanza dei suoi.

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Lui conservava con cura questi scritti incorniciandoli o tenendoli gelosamente nel cassetto del comodino, così ogni volta che arrivava stanco dal lavoro si rallegrava pensando ai bei momenti trascorsi insieme ai suoi cari.

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Antonio si sentiva a disagio, per la lingua, perché non conosceva nessuno...

Il lavoro era difficoltoso, ma lui si impegnava al massimo, per poi mandare i soldi alla sua povera famiglia.

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Rimaneva

sempre viva in lui

la speranza

che un giorno

sarebbe tornato.