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Trek | Tunisia | Turchia TREKKING • SPECIALE TREKKING · zione degli scarponi. Nel dormiveglia penso a Mara che ha voluto dividere la tenda con Tiziana, per non ... Turchia TREKKING

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Di quando, nell’oasi carovaniera di Douz, i nostri par-teciparono alla corsa dei dromedari ed alle proveacrobatiche sui cavalli durante il Festival del deser-to, anche se da una posizione piuttosto defilata, pernon offendere le famiglie dei beduini ivi convenuti.Una posizione da cui si sarebbero potuti facilmenteconfondere con la folla del pubblico assiepato sullegradinate (mentre i digiunatori del Ramadan mette-vano a dura prova la loro forza di carattere sottopo-nendosi ad uno stillicidio di arachidi allo zucchero).Di quando poi, all’alba del Terzo giorno, le acque sisepararono e le tende si richiusero consentendo aiDodici l’inizio di una marcia del deserto che li avreb-be portati a sera a sfidare dal chiuso (chiuso???) del-le loro tende l’Ottava piaga d’Egitto, la tempesta disabbia. Il giorno dopo si scoprì che, sotto le loro ten-de, una miriade di piccoli animali (scorpioni e formi-che argentate del deserto) aveva atteso il nuovo gior-no come nell’Arca di Noè. Nel frattempo i miti accompagnatori del deserto, icammellieri Ahmed Munir e Musbah ed i loro silen-ziosi animali, i dromedari (rimasti senza nome. Nonci si è curati di intervistarli) acquisivano gradata-mente la coscienza di essere parte di un’impresastraordinaria. Fedelmente avrebbero accompagna-to i Dodici ristorandoli nel corpo e nell’anima, concembali e danze. Per non parlare del cous cous. Di quando, ancora, nel quinto giorno il Mandingo siavventò in lotta con un dromedario per la predomi-nanza maschile sul gruppo, riportandone ferite allemani che si sarebbero aggiunte alla geografia deisuoi fieri tatuaggi.Di quando alla pallida vegetazione del deserto si so-stituì la sabbia, ed al rumore dei passi sul terrenosecco e friabile il frusciare lieve ed immemore delledune – ed allora si videro i primi miraggi, e fu un sin-golarissimo gruppo di olandesi seduti intorno ad unantico pozzo berbero il più educato (tanto che salu-tarono anche, nel miraggio, i nostri che si avvicina-vano in scoperta alla cupola sbrecciata del piccoloedificio). Sulla loro pista i Dodici non incontraronoche tracce di passaggi di altri esseri umani, con leloro 4x4 (o, in lingua locale: catcat), che evidente-mente non osavano avvicinarsi troppo alla silenzio-sa maestà del loro corteo.Nel settimo giorno, al culmine di un tragitto tra ledune, i nostri affacciandosi videro l’apparizione tan-to attesa: l’oasi berbera di Tsar – el Ghilane, e qui siconsumò la prova più eroica. Un gruppo scelto, nuo-vi Orazi votati alla conoscenza, accettò di entrarenella polla d’acqua sulfurea nella quale si erano im-mersi soltanto i figli del deserto, eredi della sua sag-gezza (e portatori sani di sabbia). Dalla prova ri-emersero trasformati, rinvigoriti e pronti al severorituale del narghilè.Di qui il gruppo si divise, e mentre la maggioranza sidiresse verso l’accampamento due prodi, il giovaneMandingo e la severa Beduina, rimasero indietro aproteggere con la loro persona l’incolumità dei com-pagni, esplorando tutta l’oasi al chiarore della lunaalla ricerca di eventuali nemici....Così giunse il giorno della partenza e della separa-zione. Uniti dalla forza dimostrata nelle avversità,nonché nello scatto delle foto ad occhi chiusi o neiballi scatenati delle notti carovaniere, i nostri deci-sero di non porre a questo viaggio la parola fine. Edè ancora vivo, se lo vogliate, nel ricordo (o anche neibagagli, se per caso dovete ancora scuoterne viasabbia ed estrarne gli involti colorati dei suk).

Lo sbattere del telo della tenda non favorisce dicerto il mio sonno così come il sacco a pelo ba-gnato dalla pioggia dei giorni scorsi che mi ha

fatto battere i denti tutta notte, anche se completa-mente vestito, goretex compreso, con la sola ecce-zione degli scarponi. Nel dormiveglia penso a Marache ha voluto dividere la tenda con Tiziana, per nonlasciarla sola: mi chiedo se almeno Lei riuscirà adormire. Sono convinto che la loro tenda sia pianta-ta in una zona migliore rispetto a quella in cui sonoio decisamente più esposta alla bufera in quanto incresta della, mentre la loro risulta essere sottoven-to. Indubbiamente una scelta migliore di piazzola.Per fortuna l’esperto di spedizioni sono io, anche sepotremmo sempre dire che siamo stati dei cavalie-ri, la migliore posizione è stata ceduta alle gentili si-gnore…….Antonio, che condivide con me la tenda sembra dor-mire tranquillo, almeno Lui!. All’esterno i primiGruppi stanno partendo,alla volta della cima, lo sicapisce dal vociare che sovrasta il vento ancora for-te e l’effetto “tamburo” del nevischio sui teli della no-stra “casetta in quota”. Siamo pur sempre a oltre4000 metri, appena sotto il pianoro ove viene solita-mente posizionato il 2° campo da cui si parte per lavetta del Monte Ararat, in Turchia proprio sul confi-ne con l’Iran, nazione di cui sentiamo molto spessoparlare i media. Che dire poi del Monte la cui som-mità è sopra la nostra testa: ognuno di noi ne ha sen-tito parlare quale scoglio di approdo della mitica ar-ca di Noè sulla quale erano state caricate coppie diogni specie vivente al fine di preservarle dal diluviouniversale. Leggenda o no nelle ultime giornate ab-biamo avuto un saggio della pioggia degna da dilu-vio universale.

Tornando agli alpinisti in partenza , “lasciamoli pu-re avviarsi”, penso in maniera egoistica, così saran-no loro a battere la pista nella neve caduta negli ul-timi due giorni,una decina di centimetri qui che au-mentano sensibilmente nei punti di accumulo ed inquota.Inoltre con le attuali condizioni e con previsioni vol-te al bello ritengo che potremmo sicuramente par-tire più tardi: dopotutto sono solo le tre. Dormiamo-ci sopra ancora alcune ore. Mi giro e rigiro e talvol-ta il sonno mi vince e questo rende più veloce il tra-gitto delle lancette dell’orologio. Vengo svegliato daltelo che batte più del solito è la strattonata che lanostra guida Turca, Elkan da per svegliarci.Uscire dal sacco tutto sommato non mi dispiace edin pochi minuti sono pronto ( del resto sono già com-pletamente vestito), vedo e saluto Mara che mi con-fida di non stare troppo bene e che non è nella “lu-na giusta” per partire anzi, Tiziana mi pare in formae dei maschietti non mi occupo più di tanto, sono tut-ti “veterani” con grande esperienza e molte salite inquota al proprio attivo. Questa per loro sarà poco piùche una passeggiata!, Una colazione veloce e poi via verso l’alto; Angelo conpasso sicuro e determinato si mette in testa io sen-za troppo dispiacere seguo e chiudo il Gruppo conuna delle due radio trasmittenti portata dall’Italiache gracchiando talvolta mi propone dialoghi in unalingua che non conosco. Sulle nostre frequenze en-trano altre comunicazioni che non posso capire semilitari o di qualche altro alpinista che ha avuto lanostra stessa idea e ci precede. E’giorno fatto ma iltempo non cambia e il tanto annunciato bello non sivede ancora, anzi la bufera parrebbe aumentare diintensità.

Trek | Tunisia | Turchia T R E K K I N G • S P E C I A L E T R E K K I N G

Ascensione all’AraratTesto e foto di Giampietro Scherini

Il monte Ararat, versante Turco

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Non vedo più i primi del Gruppo, che in maniera mol-to giudiziosa ogni tanto si fermano per ripartire tut-ti assieme dopo una breve sosta. Non consulto nep-pure l’altimetro forse per non avere sorprese. Il tem-po passa e comincio ad essere stupìto di non scor-gere ancora la vetta, sono quasi cinque ore che cam-miniamo ed il cielo comincia a far trasparire ampisprazzi di sereno sopra le nubi che però continuanoad avvolgerci e limitano la nostra visuale. Certo senon fossimo su una montagna tecnicamente sem-plice,con una pista profondamente incisa nella neve(che non rischia di sparire da un momento all’altro)e con previsioni volte al bello, la prudenza consi-glierebbe di lasciar perdere.Dalla nebbia sbucano coloro che ci hanno precedu-to di ritorno dalla vetta, stanchi ma con un volto dacui traspare la soddisfazione di chi ha ottenuto ciòche voleva. Ci esortano a continuare e ci confortanoanche se sulla distanza che ci separa dalla vettaognuno ci fornisce una informazione differente. I piùottimisti o chi ci vuole incoraggiare con quelle men-zogne che fanno bene, parlano di una decina di mi-nuti, altri invece un poco più maliziosi o forse solopiù oggettivi ci dicono che è necessaria ancora unabuona mezz’ora di salita prima dell’agognata vetta. Comunque sia l’unica cosa certa è che dobbiamo an-cora camminare e adesso la fatica comincia afarsi sentire. La neve fresca che ci ha evita-to di calzare i ramponi, permettendociquindi una camminata più naturale efluida, sta divenendo un ostacolo e lozaino si fa sentire. Mi chiedo quale panorama ci stiamoperdendo qui dalla cresta finale del-l’Ararat e coltivo dentro di me l’illu-sione che il tempo si apra , quasi permiracolo, proprio nel mentre che siarriverà in vetta: i presupposti vi sono

tutti: vento e chiarore sopra la testa.Il nevischio e l’u-midità nell’aria ci hanno coperti di brina e se non fos-se per i colori sgargianti che traspaiono da questacoperta bianca si assomiglierebbe più a fantasmiche ad alpinisti. I capelli di Mara e quelli di Tizianache fuoriescono dalle cuffie sono completamenteghiacciati ( fenomeno non riscontrabile su Anto-nio……) e creano un particolare effetto scenico.Ormai ci siamo e dopo pochi passi vedo i primi delGruppo che sono fermi in piedi vicino al classicoometto della cima; finalmente penso dentro di me,anche se sono un poco deluso dal fatto che il temponon si sia aperto, “mi sa che per il momento nessunmiracolo stia per accadere”. Il rito delle foto è me-no coinvolgente e più rapido del solito, la nebbia, ilvento e la voglia di scendere non ci invogliano ad in-dugiare in vetta dalla quale si dovrebbe godere di unpanorama stupendo.Purtroppo il nostro orizzonte visivo si ferma a pochimetri ed il nostro sguardo è intrappolato dalla neb-bia, in un mondo in bianco e nero. Non me la pren-do per queste condizioni climatiche che bilancianola fortuna recentemente avuta in Patagonia. In taleoccasione dalla cima del Cerro Guanaco sopra Us-huaia (estremo lembo di terra prima dell’Antartide)vedevamo il Canale di Beagle e le lontane cime delSarmiento: manco una nuvola. Forse i mitici ventipatagonici hanno pensato di seguirmi qui per farepari!Comunque il gioco della nebbia che ci avvolge da alpaesaggio un aspetto irreale,con un fascino parti-colare. Spesso ci fa immaginare ed intravvedere co-se che non esistono nella realtà: speroni rocciosi,blocchi di ghiaccio, canali, strapiombi e sullo sfon-do lontano l’Arca con tanto di Noè a prua che scru-ta il mare...Che dico o meglio che penso forse comincio ad es-sere io pure “cotto a puntino” forse è proprio meglioiniziare la discesa.Mi consolo perché anche per i più agguerriti del Grup-po la salita si è rivelata una bella prova di volontà, lecondizioni climatiche influenzano non poco una sali-ta e ciò che è “banale” con il sole, può divenire impe-gnativo o addirittura proibitivo con il brutto. Mentre scendiamo il tempo comincia finalmente avolgere al bello con il sole cheprepotentemente sbucadalle nubi e la tempera-tura inizia a salire co-stringendoci a to-gliere il goretex.Ecco la vetta ele nostre trac-ce nella ne-ve, come sa-r e b b e

bello essere lassù proprio adesso: purtroppo nellavita non possiamo decidere tutto noi, molte voltedobbiamo adeguarci facendo “buon viso a cattivogioco” o meglio saperci accontentare di quanto si hao si è riusciti ad ottenere. C’è stato un momento questa mattina, incrociandoun Gruppo italiano che retrocedeva, che non ero poicosì sicuro se valesse la pena continuare per la vet-ta.Durante la discesa abbiamo anche l’opportunità didivertirci sui ripidi pendii con quel tanto di neve fre-sca che li rendono piacevoli da scendere senza co-stituire pericolo di potenziali valanghe. Ci rendiamoanche conto che tutto sommato la distanza dal cam-po due, che vediamo piccolo in basso e la vetta nonè banale.Assisto a qualche ruzzolone seguito da battute e ri-sate: la tensione ormai è sciolta, le ultime foto ver-so la cima e poi finalmente le nostre tende.Il cielo è ora completamente sereno e per domani sipreannuncia una bella giornata per i molti che ten-teranno la cima e sono arrivati al campo.Tra questi incontro con piacere Giulio una guida ita-liana accompagnato dalla moglie Giovanna con iquali ho diviso una decina di anni or sono un bellis-simo viaggio nel deserto Libico e che non vedevo datempo. Come si suol dire: è piccolo il mondo. Li guar-do forse con un poco di invidia: loro saliranno domanicon il bello e si godranno il superbo panorama dal-la vetta. Sono certo però che non vedranno tra le neb-bie l’Arca che noi abbiamo visto oggi in prossimità

dalla cima, ma questo non voglio dirglielo, de-ve restare un segreto tra noi…

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Trek | TurchiaS P E C I A L E T R E K K I N G • S P E C I A L E T R E K K I N G

Il gruppo sulla vettadell’Ararat

Durante la salita

Incontri

Al campo

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