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Università degli studi di Napoli Federico II Facoltà di Ingegneria
Corso di Laurea Specialistica in
Ingegneria Elettronica (Classe delle Lauree in Ingegneria dell’Informazione)
Dipartimento di Ingegneria Elettrica
Tesi di Laurea
Sincronizzazione di Circuiti Caotici di Chua:
Analisi di Robustezza
Relatori
Ch.mo Prof.
Massimiliano de Magistris
Ch.mo Prof.
Mario Di Bernardo
Candidata
Paola Della Corte
Matr. 884/162
Anno Accademico 2008‐2009
iii
Indice
Introduzione ___________________________________________________ v
Capitolo 1 ______________________________________________________ 1
Il Caos Deterministico ___________________________________________ 1
1.1 Introduzione ____________________________________________________ 1
1.2 Generalità sui Sistemi Dinamici __________________________________ 3
1.2.1 Nozioni di base _____________________________________________ 3
1.2.2 Sistemi autonomi e non autonomi ____________________________ 6
1.2.3 Stabilità delle soluzioni _____________________________________ 8
1.2.4 Mappe di Poincaré _________________________________________ 10
1.2.5 Esponenti di Lyapunov _____________________________________ 12
1.3 La Teoria del Caos Deterministico ________________________________ 16
1.4 Caos per la Sicurezza delle Comunicazioni ________________________ 29
Capitolo 2 _____________________________________________________ 31
Il Circuito di Chua _____________________________________________ 31
2.1 Perchè il Circuito di Chua? ______________________________________ 31
2.2 Analisi del Circuito _____________________________________________ 33
2.3 Morfologia della Dinamica ______________________________________ 36
Capitolo 3 _____________________________________________________ 44
Sincronizzazione di Dinamiche Caotiche _________________________ 44
3.1 Introduzione ___________________________________________________ 44
3.2 Generalità sulle Reti di Sistemi __________________________________ 45
iv
3.3 Sincronizzazione delle Dinamiche di Circuiti Caotici ______________ 46
3.4 Esempi d’Interesse in Letteratura _________________________________ 51
3.5 Particolarizzazione del Modello di Accoppiamento per i Casi di
Studio _________________________________________________________ 56
3.6 Cenno sui Sistemi Ipercaotici ____________________________________ 59
3 Capitolo 4 ___________________________________________________ 60
4 Realizzazione, Simulazioni e Verifiche Sperimentali _____________ 60
4.1 Definizione del Lay‐out ________________________________________ 60
4.1.1 L’induttore ________________________________________________ 62
4.1.2 Il diodo di Chua ___________________________________________ 63
4.1.3 Componenti e tolleranze ____________________________________ 68
4.2 Simulazione e Realizzazione Hardware della Topologia Scelta _____ 69
4.3 Simulazioni SPICE della Sincronizzazione ________________________ 75
4.3.1 Coppia di circuiti __________________________________________ 76
4.3.2 Tris di circuiti _____________________________________________ 80
4.3.3 Considerazioni sulle simulazioni ____________________________ 91
4.4 Risultati Sperimentali ___________________________________________ 92
4.4.1 Coppia di circuiti __________________________________________ 94
4.4.2 Tris di circuiti ____________________________________________ 104
4.4.3 Analisi dei Risultati ______________________________________ 124
4.5 Conclusioni ___________________________________________________ 127
Riferimenti Bibliografici ______________________________________ 129
v
Introduzione
Negli ultimi decenni un interesse sempre crescente della comunità
scientifica per le dinamiche dei sistemi non lineari ha portato allo
sviluppo della teoria del Caos Deterministico, la quale pone limiti
definiti alla prevedibilità dell’evoluzione dei sistemi complessi. Questa
imprevedibilità, strettamente legata ad un fattore di incertezza sulle
condizioni iniziali del sistema, si pone alla base di un “nuovo mondo”
costituito dalle dinamiche caotiche del sistema stesso, e che permette
numerosi esempi nella vita quotidiana: basti pensare al cuore umano. E’
stato sperimentalmente provato che l’andamento del battito cardiaco di
una persona sana è intrinsecamente caotico, ed anzi la periodicità è
sintomo di disfunzioni e patologie. Ancora, numerosi sistemi biologici
complessi, come quelli cellulari, mostrano una intrinseca capacità di
sincronizzazione. La sincronizzazione di sistemi caotici complessi, oltre
alla sua massiccia presenza in natura, trova spazio nel mondo
“artificiale”, quale quello delle tecnologie. Tra le diverse applicazioni,
ricordiamo quella che permette di realizzare, mediante la definizione di
un apposito schema crittografico, un canale di comunicazione sicuro da
intrusioni esterne. Ciò può essere ottenuto proprio a partire dalla
possibilità sincronizzare fra loro due o più sistemi di tipo caotico, per
mascherare il messaggio e garantirne la non intellegibilità a terzi.
Per poter studiare le dinamiche di sincronizzazione è necessario
anzitutto disporre di un sistema caotico, dotato cioè di alta
vi
impredicibilità dell’uscita in funzione dei parametri di ingresso. Dal
punto di vista circuitale la via migliore sotto molti punti di vista
prevede l’utilizzo del circuito di Chua. Esso costituisce il più semplice
esempio di circuito caotico ed inoltre è economicamente accessibile e
semplice da realizzare.
Obiettivo della tesi è lo studio preliminare, numerico e sperimentale,
delle dinamiche di sincronizzazione di più circuiti di Chua, al fine di
analizzare le condizioni che ne garantiscano la robustezza (qualora esse
esistano).
L’analisi è stata effettuata attraverso due fasi temporali, una prima di
studio teorico dell’argomento e della letteratura d’interesse, ed una
successiva che consiste nelle verifiche sperimentali. Tale suddivisione
dell’operato è altresì riscontrabile nel presente elaborato, che consta
quindi di due parti.
La prima parte, costituita da tre capitoli, affronta lo studio della teoria
del caos, con richiami a concetti chiave della dinamica dei sistemi,
nonché presenta spunti applicativi della stessa. Successivamente si
analizza in dettaglio la topologia e le dinamiche del circuito di Chua,
“protagonista” del lavoro. Infine, nel terzo capitolo, vengono introdotti
i concetti di sincronizzazione, e sincronizzazione di reti di sistemi
caotici, con una particolare attenzione alla sincronizzazione di circuiti
caotici di Chua tramite lo studio di esempi presenti in letteratura.
La seconda parte dell’elaborato è di carattere implementativo: in essa
vengono presentati il modello matematico linearizzato che descrive il
problema in esame, la soluzione topologica adottata per la
realizzazione dei circuiti, e i risultati delle analisi effettuate al
calcolatore delle dinamiche degli stessi nonché dei tentativi di
sincronizzazione, effettuati mediante l’ausilio dei software SwCad e
MatLab. Infine, alla verifica al calcolatore si aggiunge la prova
sperimentale vera e propria: i circuiti di Chua sono stati realizzati
presso il Laboratorio di Elettrotecnica del Dipartimento di Ingegneria
Elettrica dell’Università Federico II, ed è stato verificato il loro
vii
funzionamento e la capacità di sincronizzazione. L’elaborazione dei
dati sperimentali è avvenuta con il supporto del software LabView.
Nel corso del lavoro sono stati analizzati diversi possibili scenari, per i
quali sono state identificate le condizioni parametriche necessarie a
garantire sincronia al sistema complessivo. Ciò si pone come
fondamento per successivi studi di robustezza della sincronizzazione
per reti complesse di circuiti caotici.
1
CAPITOLO 1
IL CAOS DETERMINISTICO
1.1 INTRODUZIONE
ʺUna goccia dʹacqua che si spande nellʹacqua, le fluttuazioni delle popolazioni animali, la linea
frastagliata di una costa, i ritmi della fibrillazione cardiaca, lʹevoluzione delle condizioni
meteorologiche, la forma delle nubi, la grande macchia rossa di Giove, gli errori dei computer,
le oscillazioni dei prezzi.
Sono fenomeni apparentemente assai diversi, che possono suscitare la curiosità di un bambino o
impegnare per anni uno studioso, con un solo tratto in comune:
per la scienza tradizionale, appartengono al regno dellʹinforme, dellʹimprevedibile
dellʹirregolare. In una parola al caos.
Ma da due decenni, scienziati di diverse discipline stanno scoprendo che dietro il caos cʹè in
realtà un ordine nascosto, che dà origine a fenomeni estremamente complessi a partire da regole
molto semplici.ʺ
(J.Gleick, Chaos – La nascita di una nuova scienza)
Risultati recenti dellʹevoluzione della fisica degli ultimi venti anni
hanno ultimato probabilmente in modo definitivo quel lavoro di
distruzione della visione Laplaciana della realtà fisica come ʺuniverso‐
orologioʺ e del mondo come retto da perfette e perfettamente
conoscibili leggi dʹevoluzione, iniziato alla fine del secolo scorso. Se la
2
meccanica quantistica introduceva il caso in un modo per così dire
esterno e a priori, lʹevoluzione della teoria dei sistemi dinamici lo
scopriva a posteriori dentro teorie, là dove era sempre stato, passando
inosservato o quasi. Naturalmente il caso quantistico e quello
deterministico dei sistemi caotici sono due ʺcasiʺ diversi. Il primo è posto
come un attributo della realtà fisica in sé, il secondo continua ad essere
frutto, classicamente, della finitezza dei nostri mezzi. Ma ciò che risulta
oltremodo significativo è che le conseguenze di questa finitezza sono
assai di più vasta portata di quanto si potesse a prima vista sospettare:
essa finisce per impedire in linea di principio previsioni affidabili sul
comportamento della realtà fisica, anche la più banale, o meglio confina
queste previsioni entro un orizzonte temporale ristretto, spesso
sorprendentemente ristretto. Il Caos, in questo significato artificiale
della teoria delle reti elettriche e della teoria dei sistemi, è appunto
lʹesistenza di un orizzonte finito di predicibilità dei sistemi, effetto di
una sensibilità alle condizioni iniziali che amplifica lʹindeterminazione
iniziale, per quanto piccola essa sia, sulla conoscenza del sistema. I
sistemi non sono dunque buoni: non conservano, ma amplificano, gli
errori.
Come per il caos, anche la complessità ci si presenta oggi come un
concetto emergente e denso di significato. ʺComplessoʺ indica qualcosa
di molto articolato, di composto di molte parti interagenti tra loro, certo
in maniera non banale, in modo cioè che le parti abbiano tutte un certo
grado di autonomia l’una dall’altra, ma siano anche dipendenti lʹuna
dallʹaltra. C’è un nesso tra complessità e caos? Il caos è forse nientʹaltro
che il frutto della complessità?
La risposta, come sappiamo, è no. Sono caotici anche sistemi piuttosto
semplici, anche molto semplici, come un pendolo, ad esempio.
Viceversa, non è detto che un sistema complesso mostri
necessariamente un comportamento caotico. Quello che però avviene
sicuramente in un sistema caotico è che se si esplora lo spazio delle
possibili evoluzioni a partire da un insieme ristretto e ʺsempliceʺ di
possibilità iniziali, si ottiene qualcosa di molto complesso, cioè di dotato
3
di molti dettagli e popolato di molte parti e alternative. Eʹ da lì che
nasce appunto, lʹimpossibilità di una previsione. Lʹuniverso delle
possibili evoluzioni diventa sempre più complesso, man mano che ci si
spinge in là con il tempo.
1.2 GENERALITÀ SUI SISTEMI DINAMICI
Vengono introdotte qui alcune nozioni e alcuni risultati necessari per lo
svolgimento di questo lavoro.
1.2.1 Nozioni di base
Cominciamo col definire un sistema dinamico dal punto di vista
analitico: un sistema dinamico è un sistema di equazioni differenziali
della forma:
( , )x f x t
Con : nf U R , e con U aperto su Rn ×R e
dxx
dt .
Lo spazio delle variabili dipendenti è il cosiddetto spazio delle fasi o
degli stati.
Per soluzione del sistema dinamico si intende una mappa φ : U → Rn , con
I intervallo su R. Si può interpretare φ come una curva nello spazio
delle fasi, con f campo di vettori tangenti alla curva.
4
È necessario ricordare il classico risultato del teorema di esistenza e
unicità:
supponendo che f sia di classe Cr su di U, ( f Cr (U) ) e che per t1, t2
siano I1 = {t R : t0 − t1 < t< t0 + t1} e I2 = {t R : t0 − t2 < t <t0 + t2}, allora
vale il seguente:
Teorema (di esistenza e unicità)
Sia (x0,t0) U, allora per un t1 sufficientemente piccolo esiste una soluzione φ1
del sistema dinamico tale che φ1 : I1 → Rn,φ1(t0)= x0.
Se f Cr(U), r ≥ 1, ed esiste φ2 : I2 → Rn, φ2(t0)= x0, allora φ1 = φ2, t I3, con
I3 = {t R : t0 − t3 < t < t0 + t3} e t3 = min(t1,t2).
Osservazione
Si utilizza qui una versione del teorema di esistenza e unicità con
ipotesi più forti su f, dato che la natura di f non è mai un problema nelle
applicazioni che tratteremo.
Altro importante risultato nelle applicazioni è il seguente:
Teorema
Se f Cr (U) allora la soluzione φ(t, t0, x0) è di classe Cr per le variabili t, t0, x0.
Osservazione
Questo permette di fare lo sviluppo di Taylor di una soluzione
nellʹintorno di una data condizione iniziale.
5
Definizione
Sia I un intervallo aperto e A una funzione A : I → Mn×n
e siano le
funzioni u1,...,un una base di soluzioni del sistema lineare omogeneo:
v Av
Si indica con 11
( ) ( ) , , .n
k k kk
u t u t c u u c
Nel caso in cui i coefficienti A siano costanti, la matrice 1, , nZ u u
viene detta matrice risolvente quando Z(0) = Id.
Osservazione
Se i coefficienti sono costanti, posta R = Z(t)Z−1(0), la soluzione al
problema omogeneo è:
u(t)= R(t − t0).
Il teorema di esistenza ed unicità garantisce la soluzione solo per un
piccolo intervallo. Per enunciare il teorema che consente di estendere la
soluzione, è necessaria la seguente:
Definizione
Sia φ1 una soluzione del sistema dinamico definita su I1 e φ2 una
soluzione del medesimo sistema definita su I2. Si definisce φ2 un
prolungamento di φ1 se I1 I2 e φ2 = φ2 su I1. Una soluzione è detta non
prolungabile se il suo prolungamento non esiste, ed in tal caso viene
definito l’intervallo massimo di esistenza.
6
Teorema
Sia f Cr(U) e φ una soluzione del sistema dinamico, allora esiste un
prolungamento di φ fino ad un intervallo di massima esistenza. Inoltre, se
(t1,t2) è un intervallo massimo di esistenza, allora (φ(t),t) tende al bordo di U
per t → t1, t → t2.
1.2.2 Sistemi autonomi e non autonomi
I sistemi dinamici possono essere caratterizzati dal fatto che il campo
vettoriale dipenda in maniera esplicita o meno dal parametro
indipendente t (tempo).
Sistemi autonomi
Un sistema autonomo di equazioni differenziali ordinarie è
caratterizzato dallʹespressione :
xֹ = f (x)
con f : U → Rn con U aperto su R
n e φ una soluzione del sistema. Si
verifica facilmente che la soluzione di un sistema autonomo è
indipendente da un incremento del parametro indipendente, cioè se
φ(t) è una soluzione, allora lo è anche φ(t + τ ) τ R. Seguono due
importanti proprietà dei sistemi autonomi.
Proprietà 1
Sia f Cr(U), r ≥ 1, φ1 una soluzione del sistema dinamico autonomo
definita su I1 e φ1 una soluzione del medesimo sistema definita su I2 ,
con φ1(t1)= φ2(t2), allora su I1 ∩ I2, φ1(t − (t2 − t1)) = φ2(t).
7
Proprietà 2
Sia f Cr(U), r ≥ 1, φ una soluzione del sistema dinamico autonomo
definita su I. Supponiamo esistere due valori t1,t2 I tali che φ(t1)= φ(t2),
allora la soluzione φ(t) esiste t R ed è periodica in t di periodo T = t2
− t1, ovvero φ(t)= φ(t + T ) t R.
Queste due proprietà dicono che due soluzioni qualsiasi (e quindi tutte
le orbite) non possono coincidere su di uno stesso punto senza
coincidere nel loro intervallo di definizione.
Sistemi non autonomi
Un sistema si dice non autonomo se il suo campo di vettori dipende in
maniera esplicita dalla variabile indipendente tempo. Quindi la sua
espressione è:
xֹ = f (x, t)
con f : U → Rn, con U aperto su R
n × R e φ soluzione del sistema non
autonomo.
Le proprietà espresse per i sistemi autonomi non valgono per quelli non
autonomi, ma è sempre possibile scrivere un sistema non autonomo in
forma di sistema autonomo.
Per la regola della catena:
( , )
1
dx dx ds f x t
dt ds dt
È allora possibile scrivere il sistema nel nuovo parametro indipendente
s:
8
' ( , )
' 1
dxx f x t
dtdt
tds
Si definisce il nuovo vettore delle variabili di stato y =[x, t], quindi il
sistema non autonomo diviene:
' ( ) [ ( ),1]y g y f y
che risulta autonomo nella variabile s. Infatti ad una soluzione φ del
sistema non autonomo che passa per (x0,t0), corrisponde una soluzione
ϕ(s) del sistema autonomo dallʹespressione ϕ(s)=[φ(s+t0), t(s)= s+t0], con
s0 =0.
Questo banale accorgimento consente di tenere conto solo dei sistemi
autonomi nei risultati che seguiranno.
1.2.3 Stabilità delle soluzioni
La nozione di stabilità (o di instabilità) è molto importante nello studio
di una soluzione, infatti la stabilità garantisce in qualche modo una
proporzionalità tra la perturbazione dellʹingresso di un sistema
dinamico e la sua perturbazione. In linea di principio una soluzione
stabile di un sistema dinamico se leggermente perturbato varia di poco
la sua evoluzione.
Si definisce in maniera analitica questa forte proprietà con la
definizione dovuta a Lyapunov:
Sia φ(t, 0, x0) una soluzione del sistema dinamico autonomo definita
nellʹintervallo massimale destro I+, che si può sempre supporre come
[0, +∞)
9
Definizione (stabilità secondo Lyapunov)
La soluzione φ(t, 0, x0) si dice stabile (secondo Lyapunov) se t > 0, δ =
δ(t) tale che:
se 0 0x x allora la soluzione 0( ) ( ,0, )t t x è definita in [0, +∞) e
||ψ(t) − φ(t)|| < t t [0, +∞).
Se inoltre ||ψ(t) − φ(t)|| → 0 per t →∞, φ si dice asintoticamente stabile.
In pratica per una soluzione stabile secondo Lyapunov, se si da origine
ad un orbita sufficientemente vicino al x0, essa rimarrà confinata nelle
vicinanze di φ(t). Unʹorbita che non è stabile è detta instabile.
Metodo di linearizzazione
Il metodo di linearizzazione consente di determinare la stabilità locale
di un sistema dinamico nellʹintorno di una data soluzione.
Si consideri il sistema autonomo
y = f (y, t)
con f C1 (Ω), Ω aperto su Rn e tale che f(0) = 0 e sia Df(0) non singolare.
Sviluppiamo nellʹorigine la nostra f, che ricordiamo essere (almeno) C1:
( ) (0) ( ).f y Df y o y
Si ponga A ≡ Dyf(0) e si consideri il sistema (sistema linearizzato) :
z Az
Vale il seguente risultato, del quale si omette la dimostrazione:
10
Teorema
Se lʹorigine è asintoticamente stabile per il sistema z Az , allora lo è anche
per ( )y f y
Teorema (di stabilità lineare)
La soluzione nulla del sistema non lineare non autonomo
( ) ( , )z A t z o x t
è asintoticamente stabile se:
0
( , )) lim 0
) ( ) l imitata
c) se la soluzione per è asintoticamente stabile t
x
o x ta t
x
b A t
z Az
Risulta ovvio ricondursi al teorema precedente trasformando il sistema
non autonomo in un sistema autonomo.
1.2.4 Mappe di Poincaré
La mappa di Poincaré è una tecnica che consente di trasformare un
sistema di equazioni differenziali in un sistema discreto, comportando
una serie di vantaggi, tra i quali la riduzione delle dimensioni del
problema, senza nulla perdere in termini di interpretabilità dei risultati
ottenuti. Lʹidea di fondo di questa tecnica è, dato un sistema dinamico
autonomo, prendere una varietà Σ, n − 1‐dimensionale, nello spazio
delle fasi, tale che sia trasversale al campo dei vettori nel punto x , ovvero tale che:
11
( ) ( ) 0n x f x
Supponiamo di avere una soluzione γ di periodo T per il nostro sistema
dinamico. Allora si posizioni Σ su di un punto di questa orbita. Eʹ
possibile trovare su Σ un sottoinsieme aperto V , tale che x V , il
tempo che impiega un orbita originata da x a ritornare in Σ è prossimo
al periodo T . Chiamiamo questo tempo di ritorno con τ : V → R.
Allora si definisce la mappa di Poincaré P come la mappa che relaziona
un punto su V con il punto in cui lʹorbita da esso generata incide su Σ la
prima volta. Quindi:
:
( ( ), )
P V
x x x
Eʹ legittimo chiedersi come, data lʹarbitrarietà delle superfici di
Poincaré, le mappe varino al variare delle superfici. Eʹ possibile
dimostrare che, prese due superfici Σ1, Σ2 e di conseguenza due mappe
P1 e P2, esse siano localmente coniugate, cioè una funzione h tale che:
P1 ◦ h = h ◦ P2
Con h un difeomorfismo di classe C
r (mappa di classe C
r con una inversa
anchʹessa di classe Cr) , tale che:
h(Σ1)=Σ2
È possibile estendere questa idea ad un sistema dinamico autonomo,
effettuando una cosiddetta mappatura stroboscopia. Tale tecnica
consiste nel prendere un orbita φ(t, x0) e posizionare delle superfici
trasversali alla traiettoria scelta con periodo T . Quindi creare una
mappa:
1:
( ( ), )k kP
x x x
12
Questa mappatura ci servirà per poter trovare agevolmente gli
esponenti di Lyapunov per un sistema continuo.
1.2.5 Esponenti di Lyapunov
Ora per trattare questo fondamentale argomento nellʹambito dei sistemi
dinamici utilizzerà un approccio intuitivo, cercando di generalizzare a
partire dal semplice caso di una equazione di ricorrenza.
Si consideri, allʹinizio, unʹequazione di ricorrenza:
1 ( )k kx f x
E si prenda una sua traiettoria, originata da x0:
0 1 2, , ,...x x x
e la traiettoria originata da x0 sottoposto ad una perturbazione, che
chiameremo 0x :
0 1 2, , ,...x x x .
Per poter apprezzare di quanto varia la dinamica del sistema sotto
lʹeffetto della perturbazione, si vuole valutare il valore 1 1 1e x x
attraverso uno sviluppo lineare. Assumendo che e0 sia piccolo
1 1 1 0 0 0 0 0( ) ( ) '( ) ( )e x x f x f x f x e o e .
Dopo t istanti si ha che:
0
1'
0 0 0 0 0 0 00
( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( )t
t t tt k
kx
de f x f x f x e o e f x e o e
dx
.
Trascurando i termini o(e0):
13
1 1' '
0 00 0
( ) exp ln ( ) .
tt t
t tt k k
k k
e f x e t f x e
Per t →∞: 0( )0
L x tte e e ,
dove x0 è l’esponente di Lyapunov relativo all’orbita generata da x0 e la
sua definizione è:
1'
0
1( ) lim ln ( )
t
o ktk
L x f xt
Esso può essere interpretato, in analogia alla teoria dei sistemi dinamici
lineari, come la costante di tempo della dinamica dellʹevoluzione del
sistema, se ne viene perturbata un’orbita, per t →∞. Se L(x0) < 0 lʹorbita
si allontana indefinitamente, se L(x0)=0 la distanza rimane costante,
mentre per L(x0) > 0 la perturbazione si esaurisce riportando lʹorbita
perturbata su quella originale. Per un sistema monodimensionale, se la
sua orbita è non periodica, il valore dellʹesponente non può essere
calcolato esattamente, ma viene iterata la sua definizione finché non
converge.
Tale concetto può essere generalizzato per un sistema, sempre discreto,
ma di dimensione n.
Si supponga di avere un sfera n‐dimensionale di raggio infinitesimo con
condizioni iniziali nello spazio delle fasi. Se si trasforma la sfera sotto
lʹazione di una trasformazione lineare, la sfera diviene un ellisse, i cui
semiassi, diretti lungo le direzioni principali, sono lunghi
(considerando il raggio della sfera di partenza unitario) al tempo t,
1 2( ) ( ) ... ( )nr t r t r t
A partire da questi valori, si definiscono gli esponenti di Lyapunov per
la direzione i‐esima:
1( ) limln ( ) lim ln ( )t
i o i it tL x r t r t
t
Quindi per come abbiamo ordinato le lunghezze e per come abbiamo
definito gli esponenti:
14
1 2( ) ( ) ... ( )nL t L t L t
Alternativamente gli esponenti di Lyapunov possono essere calcolati
con la seguente definizione:
1 1
00 0
1( ) lim ln ( ) ( )
Tt t
i i k kt
k k
L x D x D xt
Indicando con λi{•} lʹautovalore i‐esimo della matrice in argomento, e
definendo:
1 1
0 0
( ) ( )Tt t
k kk k
M D x D x
,
si nota come la matrice sia simmetrica e di come valga, di conseguenza,
il risultato del teorema spettrale.
Anche qui lʹesponente di Lyapunov esprime il tasso medio al quale la
distanza di un orbita converge o diverge, diretta lungo la direzione
indicata dallʹautovettore corrispondente. Come detto, la matrice M è
simmetrica e quindi grazie al teorema spettrale i suoi autovalori sono
reali e gli autovettori formano una base ortonormale dellʹautospazio. Si
può quindi dire che lʹesponente di Lyapunov L1(x0) indica la direzione
di maggior crescita, mentre in generale lʹi‐esimo esponente Li(x0) indica
la direzione di maggiore crescita tra quelle ortogonali alle direzioni che
lo precedono nellʹordinamento indicato (quindi, ad esempio, il terzo
esponente è la direzione di maggiore crescita nello spazio ortogonale
alla prima e alla seconda direzione, e così via). Lungo una generica
direzione 0e ( che può essere vista come combinazione degli
autovettori considerati ) anche la divergenza dellʹorbita può essere vista
come combinazione dei moti proiettati lungo gli autovettori. Per una
quantità di tempo sufficientemente elevata i moti relativi agli altri
esponenti diventeranno trascurabili rispetto a quello relativo a L1(x0).
Allora per t→∞: 1 0( )
0L x t
te e e .
15
Lʹesponente maggiore quindi, a lungo andare, caratterizza la dinamica
del sistema.
Sistemi tempo‐continui
Per un sistema a tempo continuo lʹidea di esponente di Lyapunov
rimane sostanzialmente la stessa, cioè il tasso medio di divergenza delle
orbite perturbate. Per un sistema a tempo continuo è possibile definire
una mappa stroboscopica di periodo T che associa al punto x la sua
posizione a dopo T istanti:
x((k + 1)T )= P (x(kT )) T > 0
e poi calcolare gli esponenti di Lyapunov ( )i oL x per la mappa
stroboscopica. Gli esponenti di Lyapunov del sistema continuo
originale possono essere trovati sapendo che:
( )
( ) i oi o
L xL x
T
.
Osservazione
Benchè la scelta di T sia arbitraria, è sempre conveniente prende T
piccolo, perché una scelta di T grande indurrebbe molti errori nelle
simulazioni numeriche. Infatti le definizioni degli esponenti di
Lyapunov nel caso n> 1 sono numericamente divergenti.
Esistono comunque molti algoritmi convergenti per il calcolo degli
esponenti.
16
1.3 LA TEORIA DEL CAOS DETERMINISTICO
Il 29 dicembre 1979, il fisico Edward Lorenz presentò alla Conferenza
annuale dellʹAmerican Association for the Advancement of Science, una
relazione in cui ipotizzava come il battito delle ali di una farfalla in
Brasile, a séguito di una catena di eventi, potesse provocare una tromba
dʹaria nel Texas[14]. Lʹinsolita quanto suggestiva relazione, diede il
nome al cosiddetto butterfly effect, effetto farfalla.
Nel corso di un programma di simulazione del clima, Lorenz fece
unʹinaspettata quanto importante scoperta. Una
delle simulazioni climatiche si basava su dodici
variabili, incluse relazioni non lineari. Lorenz
scoprì che, ripetendo la stessa simulazione con
valori leggermente diversi, una serie di dati
veniva prima arrotondata a sei cifre decimali, e
successivamente a tre, lʹevoluzione del clima
elaborata dal computer si discostava nettamente
dai risultati precedenti: a quella che si
configurava appena una perturbazione, dopo
unʹeffimera somiglianza iniziale, si sostituiva un
modello climatico completamente diverso.
Queste osservazioni hanno portato allo
sviluppo della Teoria del Caos che pone limiti definiti alla prevedibilità
dellʹevoluzione di sistemi complessi non lineari.
Nei sistemi lineari, una piccola variazione nello stato iniziale di un
sistema fisico, chimico, biologico, o economico provoca una variazione
corrispondentemente piccola nel suo stato finale: per esempio,
colpendo leggermente più forte una palla da biliardo, questa andrà più
lontano.
Al contrario, sono non lineari le situazioni di un sistema in cui piccole
differenze nelle condizioni iniziali producono differenze non
prevedibili nel comportamento successivo.
Figura 1.1: Il fisico Edward Lorenz
17
Un sistema può anche comportarsi in modo caotico in certi casi e in
modo non caotico in altri. Per esempio, da un rubinetto non chiuso le
gocce cadono in una sequenza regolare, variando leggermente
lʹapertura del rubinetto, si può far sì che le gocce cadano invece in
modo irregolare, appunto caotico.
Eʹ impossibile prevedere il comportamento che un sistema caotico avrà
dopo un intervallo di tempo anche piuttosto breve. Infatti, per calcolare
il comportamento futuro del sistema, anche se descritto da
unʹequazione molto semplice, è necessario inserire i valori delle
condizioni iniziali.
Dʹaltra parte, nel caso di un sistema complesso non lineare, data la
grande sensibilità del sistema agli agenti che lo sollecitano, un piccolo
errore nella misura delle condizioni iniziali, oppure una modifica
apparentemente irrilevante dei dati immessi ed ovviamente anche il
loro successivo arrotondamento durante il calcolo, cresce
esponenzialmente con il tempo, producendo un radicale cambiamento
dei risultati.
Questo significa che i dati relativi alle condizioni iniziali dovrebbero
essere misurati con unʹaccuratezza teoricamente infinita, ma ciò é
praticamente impossibile.
Quanto detto spiega perché le previsioni meteorologiche, sebbene
descritte con le equazioni deterministiche della fisica, fluidodinamica e
termodinamica, ed elaborate
con raffinate tecniche di calcolo eseguite da super computer, producono
risultati molto approssimativi. Per rappresentare lʹatmosfera sono
necessari sei milioni di numeri e questo comporta i problemi connessi
alle misurazioni. Gli strumenti a terra sono molto accurati, ma le sonde
in quota possono rilevare la temperatura con un errore di un grado; i
satelliti pagano lo scotto di sondare spazi altrimenti irraggiungibili con
errori anche di due gradi.
Lʹeffetto farfalla in conclusione, sottolinea come nella maggior parte dei
sistemi biologici, chimici, fisici, economici e sociali, esistano degli
elementi che, apparentemente insignificanti, sono in grado, interagendo
18
fra loro, di propagarsi e amplificarsi provocando effetti catastrofici.
Questi elementi, e perché trascurati, e perché imprevedibili, e perché
non individuabili, costituiscono il dilemma del nostro secolo giacché,
come visto, possono condurci a conclusioni errate.
Ecco il motivo per cui molto spesso, ad esempio, per spiegare il
comportamento di un sistema come la crescita della popolazione,
lʹeutrofizzazione delle coste marine, o le variazioni climatiche, si ricorre
ad un modello.
Un modello è una riproduzione semplificata della realtà, ossia
unʹastrazione che considera solamente le principali caratteristiche di
quello che è il reale oggetto di studio. Tuttavia, un modello, sebbene
possa sembrare limitato, in quanto non riproduce completamente la
realtà, permette di esaminare gli aspetti più importanti di un problema.
Dalla scoperta di Lorenz molto cammino è stato compiuto in tutte le
branche del sapere. Tra tutte le definizioni create sul 1900, una sembra
la più significativa: il 1900 è il secolo delle Rivoluzioni. Dopo la
Relatività e la Meccanica Quantistica, la rivoluzione più importante è la
scoperta della teoria del Caos.
Essa ha investito spazi come quello dei matematici, una volta isolati e
gelosi delle proprie scoperte, dei fisici, dagli studiosi della meccanica
dei liquidi, agli astronomi, dei chimici e degli studiosi di etologia, degli
informatici e di quanti si occupano di crittografia, dei cardiologi, degli
analisti, dei chirurghi, degli studiosi del comportamento
nellʹorganizzazione aziendale, nella comunicazione o nella geriatria.
In tutte le discipline lo studio del Caos ha dato conferme sorprendenti e
sorprendenti ne sono state finora le conseguenze applicative. Gli studi
di tutti gli scienziati dimostrano che il comportamento naturale dei
fenomeni è non lineare.
I comportamenti della maggioranza dei fenomeni della natura e
dellʹuomo non procedono con ritmi che si ripetono, ma, dopo un
periodo regolare, presentano in modo inaspettato una biforcazione in
un punto critico che si moltiplica fino a generare una turbolenza. Un
flusso regolare si scompone in vortici e mulinelli. Strutture irregolari
19
interrompono la continuità del confine tra fluido e solido, per esempio
quando il liquido si ghiaccia [15].
La turbolenza genera entropia: mescolanza, disordine, casualità.
Tuttavia, le parti scomposte, i vortici nel moto dei fluidi, non fuggono
via, ma restano vicini, pur seguendo regole proprie.
Ciò avviene per un fenomeno che dà luogo ai cosiddetti attrattori strani.
In poche parole la turbolenza si produce restando tuttavia allʹinterno di
una fase.
Alla fine dellʹintero processo si produce unʹautoorganizzazione in una
situazione nuova, che a sua volta può riprodurre un altro momento
caotico e così via.
Ciò, come già detto, è impredicibile, sebbene si sappia che avviene in
forma rigorosa e deterministica.
Uno degli aspetti più interessanti dello studio della dinamica dei
sistemi non lineari è lʹorganizzazione che emerge spontaneamente
dallʹinterazione di molte componenti elementari [16]. Un classico
esempio è quello di un fluido riscaldato dal basso dove in presenza di
opportune condizioni al contorno i moti convettivi delle molecole si
dispongono secondo le cosiddette colonne di Bénard, che sono
formazioni verticali a nido dʹape. Si instaura cioè unʹinattesa
cooperazione tra molecole laddove sarebbe atteso semplicemente un
aumento del disordine molecolare. I sistemi complessi reagiscono alle
modificazioni dellʹambiente esterno riorganizzandosi in modo da
esibire proprietà innovative. Lʹautoorganizzazione, infatti, è una struttura
spazio‐temporale che non è imposta dallʹesterno ma emerge
spontaneamente dallʹevoluzione del sistema stesso come funzione della
sua dinamica. Lʹorganizzazione emergente è osservabile ad una scala
spazio‐temporale diversa, molto maggiore, da quella molecolare.
La costruzione di modelli matematici per tali sistemi evidenzia che le
equazioni che li reggono sono in genere estremamente sensibili alle
condizioni iniziali, in modo che fluttuazioni estremamente piccole danno
luogo a storie dinamiche completamente diverse.
20
Questo indeterminismo di fatto, ma non di principio, non è eliminabile,
dato che in un sistema numerico è comunque necessario fissare un certo
grado di precisione non infinito e qualsiasi grado anche più alto di
precisione produrrà storie dinamiche differenti. Questo è il cosiddetto
caos deterministico, dove il sistema ha un comportamento
complessivamente regolare ma irregolare nel dettaglio, e quindi è
impossibile prevedere il suo comportamento negli istanti futuri.
Si definisce allora il Caos come un comportamento non predicibile di un
sistema dinamico deterministico a causa della sua sensibilità alle condizioni
iniziali [15].
Più precisamente, un insieme S esibisce sensibilità ai valori iniziali se
esiste una ρ tale che, per ogni ε > 0 e per ogni x in S, esiste un y tale che
|x ‐ y | < ε , e |xn ‐ yn |> ρ per n > 0. Allora esiste una distanza fissa r
tale che, per quanto precisamente si specifichi uno stato iniziale, ci sono
stati vicini che alla fine si allontanano di una distanza r.
Questo è ciò che avviene nei sistemi caotici. Un sistema caotico esibirà
quindi sensibilità alle condizioni iniziali, comportandosi in modo
complesso.
Non linearità e sistemi dinamici
In natura, molti sistemi sono lineari o approssimabili alla linearità, e
grazie alla trasformata di Fourier per cui ogni funzione matematica
periodica può essere rappresentata da una serie di onde sinusoidali
pure, si è giunti alla modellizzazione di moltissimi fenomeni naturali.
Per alcuni sistemi fisici la linearità non è sostenibile, e la loro
modellizzazione diviene estremamente complessa: quasi tutti i sistemi
dinamici sono caotici, quindi intrinsecamente deterministici, e di fatto
non predicibili [12] [13].
21
Le funzioni lineari si comportano in modo tale che:
f(ax+by) = af(x) + bf(y).
Nei casi in cui non vale questa eguaglianza, e qui entra in gioco la non
linearità, tutto diviene matematicamente più difficile. Ad esempio se:
f(x) = 0 e f(y) = 0
per ogni a e b non vale più f(ax+by) = 0, perciò la soluzione va cercata
con metodi particolari.
Nessun modello reale è veramente lineare, ma spesso si può
approssimare ad una funzione lineare. I sistemi non lineari esibiscono
effetti complessi non deducibili con metodi lineari, caratteristica
particolare dei sistemi dinamici. Tuttavia, introducendo delle
approssimazioni, essi possono essere linearizzati e risolti numericamente
con tecniche tipiche dei sistemi lineari.
Come già anticipato nel paragrafo precedente, un sistema si dice
sistema dinamico quando esprime la variabilità di uno stato, ossia un
punto in uno spazio vettoriale, nel tempo:
( , ) (*)
: differenziabilen n
dXF X t
dt
F W R R
La soluzione del sistema è lʹinsieme delle traiettorie in funzione delle
condizioni iniziali. Un sistema dinamico è completamente definito da
uno spazio delle fasi o degli stati, le cui coordinate lo descrivono in ogni
istante, e da una regola che specifica lʹandamento futuro di tutte le
variabili di stato. I sistemi dinamici sono deterministici se esiste un unico
conseguente per ciascuno stato, stocastici se ne esistono diversi con una
certa distribuzione di probabilità come il classico lancio di una moneta.
22
Lo spazio delle fasi è la collezione di tutti i possibili stati di un sistema
dinamico. Può essere finita, come nel caso della moneta in cui si hanno
due stati, o infinita se le variabili sono numeri reali.
Matematicamente, un sistema dinamico è descritto da un problema ai
valori iniziali. La curva nello spazio delle fasi tracciata da una soluzione
di un problema ai valori iniziali è chiamata traiettoria del sistema
dinamico.
Si definisce traiettoria costante una soluzione costante x(t) = x(0) di (*),
ossia un vettore x(0) per il quale ciascuna componente della parte destra
di (*) è zero.
Una traiettoria costante è detta stabile se sono soddisfatte le seguenti
condizioni:
a) deve esistere un numero positivo ε tale che, ogni traiettoria
che parte allʹinterno di ε di x(0), deve avvicinarsi asintoticamente
a x(0),
b) per ogni numero positivo ε, deve esistere un numero positivo
δ(ε), tale che, una traiettoria sia garantita stare entro di x(0)
semplicemente richiedendo che abbia inizio entro δ(ε) di x(0),
c) lʹinsieme di tutti i punti che possono essere stati iniziali di
traiettorie che si avvicinano asintoticamente ad una traiettoria
stabile è detto regione di attrazione della traiettoria stabile.
Si definisce ciclo limite, o attrattore ciclico, una curva chiusa nello spazio
n‐dimensionale con le seguenti proprietà:
a) nessuna traiettoria costante è contenuta nel ciclo limite,
b) qualsiasi traiettoria che abbia inizio in un punto nel ciclo
limite deve stare entro il ciclo limite anche in seguito,
23
c) deve esistere un numero positivo ε tale che ciascuna
traiettoria che abbia inizio entro δ(ε) del ciclo limite deve
avvicinarsi asintoticamente al ciclo limite,
d) per ogni numero positivo ε deve esistere un numero positivo
δ(ε) tale che una traiettoria sia garantita stare entro e del ciclo
limite semplicemente richiedendo che abbia inizio entro δ(ε) del
ciclo limite.
In sintesi, se alcune traiettorie convergono in qualche punto, lʹinsieme
degli stati iniziali di tali traiettorie generate è detto regione di attrazione
del punto. Una regione di attrazione è in definitiva un insieme di punti
nello spazio degli stati di diametro finito tale per cui ogni traiettoria
entra e non esce più.
Lʹattrattore, allora, può essere visto come una generalizzazione della
nozione di equilibrio, e rappresenta ciò su cui si arresta, o verso cui è
attratto il comportamento di un sistema.
Prendiamo un comune pendolo che si muove sottostando a forze
dʹattrito che lo rallentano fino a farlo fermare. Si può descrivere il
movimento del pendolo utilizzando il cosiddetto diagramma di fase, o
di stato, in cui vengano rappresentati su un asse lʹangolo del pendolo
con la verticale e sullʹaltro la velocità con cui cambia lʹangolo. Il moto
oscillante del pendolo è allora rappresentato da un punto che gira
intorno allʹorigine del diagramma di fase; man mano che il pendolo
perde energia, il punto si avvicina a spirale allʹorigine dove infine va a
fermarsi. In questo caso lʹorigine sembra attrarre il punto in movimento
del diagramma di fase.
Questo è il tipo più semplice di attrattore, il cosiddetto attrattore a punto
fisso che descrive, visto, un sistema che evolve sempre verso un singolo
stato. Si passa poi alla forma più complessa di attrattore, detta ciclo
limite. Esso corrisponde ad un sistema, pendolo ideale senza attriti, che
evolve verso uno stato periodico. Nello stato delle fasi vicino al ciclo
limite le traiettorie seguono un percorso regolare che può essere
circolare o ellittico.
24
Altri attrattori, definiti semplicemente attrattori strani, descrivono
sistemi che non sono né statici né periodici. Nello spazio delle fasi
vicino a un attrattore strano, due traiettorie che presentano condizioni
iniziali praticamente identiche divergono rapidamente e su lunghe
distanze temporali divengono molto differenti. Un sistema la cui
descrizione presenta attrattori strani è caotico ed un tipico esempio
sono le equazioni di Lorenz. Ma vediamo più in dettaglio le
caratteristiche delle diverse tipologie di attrattore.
Attrattori puntuali
Lʹattrattore è una figura geometrica nello spazio degli stati cui converge
il vettore di stato di un sistema dinamico, esaurito il transitorio.
Linearizzando nellʹintorno del punto di equilibrio si può dimostrare che
gli autovalori della matrice Jacobiana hanno parte reale negativa e
quindi tale punto è un attrattore puntuale. Scegliendo qualunque stato
Figura 1.2: Convergenza delle traiettorie verso un attrattore puntuale nello spazio di stato
25
iniziale la traiettoria conseguente converge verso lʹattrattore seguendo
una linea di flusso dellʹenergia.
Attrattori periodici
Se lo stesso sistema precedente viene polarizzato in modo diverso, per
esempio sommando un opportuno valore costante alla seconda curva
isoclina, il punto di equilibrio diventa instabile.
Esiste tuttavia unʹorbita o ciclo‐limite, verso cui tendono le traiettorie di
stato a partire sia dallʹinterno sia dallʹesterno. Una volta raggiunta
lʹorbita, questa viene ripercorsa periodicamente allʹinfinito.
Figura 1.3a Convergenza delle traiettorie verso un ciclo limite nello spazio di stato
26
La pendenza positiva nel tratto intermedio della seconda curva isoclina
destabilizza il punto di equilibrio per questa particolare polarizzazione;
tuttavia, la pendenza della curva è negativa allʹesterno del tratto
intermedio e questo è sufficiente a garantire la stabilità in senso lato del
sistema, pur non essendo asintoticamente stabile.
Attrattori caotici o strani
Il fatto di avere un punto di equilibrio instabile, accoppiato ad una
stabilità alla Lyapunov in senso lato, non implica necessariamente la
presenza di un attrattore periodico.
Si consideri, ad esempio, il sistema dinamico non lineare di ordine 3
(sistema di Lorenz):
Figura 1.3b: Convergenza delle traiettorie verso un attrattore periodico nello spazio di stato
27
1
2
3
( , , ) ( )
( , , )
( , , )
dxf x y z y x
dtdy
f x y z rx xz ydtdz
f x y z xy bzdt
Il sistema è costituito di tre equazioni differenziali di primo ordine in
forma normale nelle variabili x, y e z. Lo spazio delle fasi è
tridimensionale, e le variabili (x,y,z) non sono variabili spaziali, ma
legate ai campi di velocità e temperatura di un fluido in moto
convettivo (σ, b e r sono parametri idrodinamici che possono assumere
solo valori positivi).
Durante lo studio del sistema precedente, Lorenz si accorse di un
andamento non periodico, mentre allora si riteneva che il
comportamento tipico di un sistema di equazioni differenziali fosse
quello periodico. Volendo ricontrollare i dati ottenuti fino allʹistante T,
decise di ripetere lʹintegrazione numerica, e per risparmiare tempo non
scelse la condizione iniziale (x (0), y (0), z (0)), ma un punto intermedio
tʹ < T, le cui coordinate erano già state stampate dal calcolatore.
Ovviamente si aspettava di ritrovare gli stessi punti già ottenuti
nellʹintervallo [tʹ,T], ma ciò non si verificò. Con suo grande stupore
constatò infatti che la causa di questa discrepanza non era attribuibile a
errori di integrazione, bensì soltanto a valori iniziali leggermente
diversi: mentre nella prima integrazione il punto (x(tʹ), y(tʹ), z(tʹ)) era
stato memorizzato con sei cifre significative, nel ripetere lʹintegrazione,
la seconda volta, Lorenz ne ricopiò soltanto tre.
In figura 1.4 (pag. seguente) è mostrato il tipico attrattore di Lorenz,
come proiezione della traiettoria nel piano x.
28
I punti C1 e C2 rappresentano punti instabili per il sistema considerato.
La soluzione si muove con percorso a spirale attorno ad uno dei due
punti fissi, per poi passare ad avvolgersi attorno all’altro sempre con
moto a spirale. Tale andamento si ripete all’infinito, ed il numero di
rivoluzioni attorno ad un punto fisso, prima di alternarsi, varia in
maniera apparentemente randomica.
Figura 1.4: Attrattore caotico di Lorenz
Figura 1.5: Attrattore caotico di Lorenz nello spazio di stato per le tre variabili
29
Riassumendo: un particolare sistema deterministico può generare un
comportamento caotico inteso come comportamento aperiodico,
duraturo nel tempo, delle proprie traiettorie. In tal caso, a causa della
dipendenza sensibile dalle condizioni iniziali, si possono avere
traiettorie che non raggiungono punti di equilibrio e non si chiudono su
cicli limite, ma continuano a muoversi nello spazio di stato presentando
oscillazioni non periodiche non determinabili a priori. In base alle
condizioni iniziali degli elementi il sistema può volgere verso una certa
direzione lungo le traiettorie ed evolvere verso la stabilità o l’instabilità.
In un circuito elettronico autonomo, come quello di Chua oggetto del
presente lavoro, questo comportamento non è dovuto a fattori forzanti
esterni ma è una proprietà intrinseca del sistema caotico.
1.4 CAOS PER LA SICUREZZA DELLE COMUNICAZIONI
Come appena visto, una delle caratteristiche più conosciute di un
sistema caotico è la sua sensibilità alle condizioni iniziali. Si rivelò
quindi sorprendente la scoperta ottenuta da Pecora e Carroll, i quali per
primi mostrarono che sistemi caotici possono essere sincronizzati
inviando solo una parte delle informazioni relative allo spazio di stato
da un sistema all’altro [25]. Dopo poco fu suggerito di usare questo
risultato per creare chiavi crittografiche, costruite con le informazioni
dello spazio di stato non inviate per la sincronizzazione; un primo
utilizzo di quest’idea avvenne per l’equazione di Lorenz. L’idea alla
base è che accedere al messaggio risulta impossibile senza conoscere i tre
parametri dell’equazione, e per questo motivo tale insieme è detto
super‐chiave.
Tuttavia questo sistema si rivela facilmente violabile e la super‐chiave si
può determinare rapidamente dal segnale di sincronizzazione. Altre
soluzioni che rendono più efficace e sicuro questo sistema da attacchi
30
esterni sono state studiante del corso degli anni [22] [23][24], ed esse si
basano sulla riduzione della durata del segnale di sincronizzazione,
fornendolo periodicamente nel tempo; ciò comporta tuttavia un ritardo
nel raggiungimento della condizione di sincronizzazione.
Il requisito di sicurezza, fondamentale nella crittografia, rientra
naturalmente anche nella crittografia caotica, e costituisce una
motivazione importante per la ricerca nel campo della comunicazione
caotica. Pertanto, diverse tecniche sono state supposte e sviluppate,
quali masking con segnale caotico aggiuntivo, switching caotico, e
modulazione con portante caotica. Questo per sistemi a tempo continuo.
Sviluppi in ambito dell’elettronica digitale sono stati altresì proposti,
primo fra tutti l’utilizzo di sistemi caotici per generare sequenze
numeriche random (RNG) utilizzabili come chiavi o maschere del testo
in chiaro. Tuttavia, l’implementazione numerica non gode di particolari
vantaggi rispetto al caso analogico. Poiché i calcolatori sono in grado di
rappresentare le cifre con una precisione finita, qualunque tipo di orbita
di un attrattore caotico, in uno spazio delle fasi a dimensione finita sarà
necessariamente periodica. In altre parole, non è possibile generare il
caos con sistemi a stati finiti. Si avrà pertanto una periodicità del sistema
(e da qui la definizione di PRNG, pseudo‐random numbers generator),
e quindi una maggiore vulnerabilità da attacchi esterni.
31
CAPITOLO 2
IL CIRCUITO DI CHUA
2.1 PERCHÈ IL CIRCUITO DI CHUA?
Il circuito di Chua è un circuito elettronico non lineare, e sin dal suo
sviluppo nel 1983 ad opera del prof. Leon
O.Chua (figura 2.1 ), docente
dell’università della California, Berkeley, è
stato oggetto di numerose attività di
ricerca scientifica. Esso ha il pregio di
essere l’unico circuito autonomo in cui la
presenza del caos è stata provata in
maniera analitica, tanto da essere definito
a universal paradigm for chaos.
Prima del 1983, nessun circuito
elettronico autonomo aveva mostrato
comportamento caotico, nonostante gli
sforzi del prof. Matsumoto di realizzare un circuito analogico a partire
dalle equazioni di Lorenz. Nel 1984 fu lo stesso Matsumoto a
Figura 2.1: Il prof. Leon O. Chua
32
dimostrare l’intriseca caoticità di un circuito realizzato dal suo collega, e
da lui stesso battezzato circuito di Chua, mediante simulazioni al
calcolatore ( [1] e [2] ). La verifica sperimentale del comportamento
caotico arrivò pochi mesi dopo, ad opera di Zhong ed Ayrom [3].
Nel corso degli anni, e fino ai giorni nostri, sono stati sviluppati diversi
modelli e varianti del circuito in questione. Una delle soluzioni più
gettonate è quella di realizzare il componente non lineare (il cosiddetto
Diodo di Chua, che consente il comportamento caotico del circuito), in
maniera semplice ed economica mediante una coppia di amplificatori
operazionali e sei resistori di polarizzazione [4].
Grazie al basso costo ed alla efficienza pratica il circuito di Chua è
divenuto il circuito di riferimento per applicazioni che richiedono una
sorgente di segnale caotico robusta ed economica.
Figura 2.2: Il circuito di Chua
33
2.2 ANALISI DEL CIRCUITO
Il circuito di Chua contiene quattro elementi lineari (due condensatori,
un induttore ed un resistore) ed un resistore non lineare. Ha pertanto i
requisiti minimi necessari (ma non sufficienti) affinchè presenti
comportamento caotico:
almeno tre componenti dinamici,
almeno un componente non lineare,
almeno un componente attivo.
La sua peculiarità di essere un circuito autonomo fa sì che non sia
necessario pilotarlo mediante una tensione ac. Partendo dal
presupposto che il resistore R, l’induttore L, e i condensatori C1 e C2
assumano valori nominali positivi, risulta necessario che, affinchè il
circuito oscilli o esibisca comportamento caotico, l’elemento non lineare
sia attivo.
Ciò vuol dire richiedere che la sua caratteristica tensione‐corrente
appartenga almeno per alcuni tratti al secondo e quarto quadrante,
dove il prodotto v*i risulta negativo, e quindi che l’elemento in
considerazione fornisca energia agli elementi passivi. Però, visto che
nessun dispositivo fisico è in grado di fornire una quantità di potenza
infinita, la scelta di una caratteristica v*i fisicamente realizzabile deve
ricadere sulla caratteristica di un bipolo asintoticamente passivo.
34
Il circuito di Chua rappresentato in figura potrà allora esibire
comportamento caotico. In particolare, modificando il valore del
resistore lineare, sarà possibile scorrere la gamma delle possibili
dinamiche di questo circuito, che esibisce una varietà di biforcazioni e
di andamenti caotici.
Il circuito sopra mostrato è caratterizzato da tre variabili di stato, e
pertanto può essere descritto dalle seguenti equazioni circuitali:
Figura 2.3: Caratteristica del diodo di Chua
Figura 2.4: Il circuito di Chua con resistore variabile
35
1
2 1 1
2
2 1
2
1
2
1 1[ ( )]
1 1[ ]
1
C
C C C
C
C C L
LC
dvv v f v
dt C R
dvv v i
dt C R
div
dt L
dove:
− vC1 rappresenta la tensione ai capi del condensatore C1,
− vC2 rappresenta la tensione ai capi del condensatore C2,
− iL rappresenta la corrente passante attraverso l’induttore L,
− f(vC1) rappresenta la caratteristica tensione‐corrente del
componente non lineare, approssimata come detto con una
spezzata lineare a tratti.
Quest’ultima ha la seguente espressione, con l’andamento riporato
in figura:
1( )
2b a bf v G v G G v E v E
A partire da tali equazioni, è possibile adiamensionalizzare il sistema
per poterlo trattatare in unaforma più maneggevole nel seguente modo:
Figura 2.5: Caratteristica del diodo di Chua
36
( )x y x g x
y x y z
z y
dove sono state effettuate le seguenti sostituzioni:
1 2
22 2
2 1
, y , z , , a , b , , ; C C L
a b
v v i R C C Rtx RG RG
E E E RC C L
E dove:
1( ) 1 1
2
, y , z .
g x bx a b x x
dx dy dzx
dt dt dt
2.3 MORFOLOGIA DELLA DINAMICA
Come già anticipato, agendo sul valore del resistore lineare, è possibile
apprezzare le varie dinamiche che il circuito è in grado di offrire. Infatti,
variando R variano conseguentemente anche i punti di equilibrio delle
regioni esterne della caratteristica.
È necessario a questo punto ricavare quali sono i punti di equilibrio del
sistema. Il passo successivo sarà quindi l’analisi per piccoli segnali nei
punti di equilibrio, ovvero linearizzare il sistema per ogni punto
trovato, e traslare in questi ultimi gli assi considerando la
linearizzazione dell’elemento non lineare. In pratica ciò avviene
arrestando al 1° termine lo sviluppo in serie di Taylor arrestato
mediante lo Jacobiano del sistema, che in questo caso specifico risulta
essere diverso per le tre zone rettilinee della caratteristica in figura.
37
0= ii
Ax bd x
A x A x bdt
Ax b
,
(1 ) 0
1 1 1
0
b
A k
,
0
0
a b
b
,
0
(1 ) 0
1 1 1
0
A
;
Dove i=‐1,0,1 rispetto alle tre regioni di linearità
-1 11 ; - -A A A b b b .
In questo modo lo Jacobiano diventa la matrice di stato A per il piccolo
segnale e in generale sarà una funzione delle variabili di stato.
Valutando A in ogni punto di equilibrio si possono così ricavare dati
aggiuntivi sul tipo di equilibrio dei punti. In particolare esiste un
teorema che afferma:
“Nell’intorno di un punto di equilibrio di un sistema dinamico non lineare, il
tipo di comportamento del sistema linearizzato coincide con quello del sistema
non lineare, a meno che non risulti che i punti di equilibrio siano di tipo
iperbolico, cioè punti per cui almeno un autovalore λi abbia Re( λi ) nulla” .
Grazie a questo teorema è possibile calcolare le frequenze naturali
relative ad ogni punto di equilibrio dall’equazione:
0,iDet I A
risolvendo, cioè, il polinomio caratteristico per il sistema normalizzato:
38
3 2[1 (1 )] [ (1 )(1 ) ] [(1 )( ) ] 0k v a k v
dove v=a oppure v=b a seconda della zona della caratteristica rettilinea
a tratti dell’elemento non lineare che si sta considerando.
Si noti in particolare che si otterranno, per 0 , un autovalore reale e
due complessi coniugati, e per 0 tre autovalori reali.
Indicando allora con λi gli autovalori e con ηi i rispettivi autovettori, le
soluzioni saranno del tipo:
31 21 1 2 2 3 3( ) tt t
ix t W e W e W e X
Con iW costanti dipendenti dalle condizioni iniziali e 1ii iX A b punti
di equilibrio per A non degenere, che nelle tre regioni valgono:
1
1
eqX x
Come già detto questo vale solo localmente, cioè solo all’interno di una
stessa regione. Tuttavia se la traiettoria attraversa nel suo percorso più
regioni, la soluzione può essere ottenuta come somma delle soluzioni
calcolate separatamente nelle rispettive zone. La traiettoria seguita dal
sistema partirà pertanto da un certo punto iniziale (corrispondente allo
stato iniziale) seguendo l’andamento indicato dall’equazione della
soluzione finché non raggiungerà uno dei piani di confine. Infatti,
quando ciò avviene, essa entra nella nuova regione con un’orbita
determinata ancora dalla stessa equazione, ma in cui parametri sono
dettati dalla nuova zona e il punto di partenza corrisponde a quello in
cui la traiettoria attraversa il confine. Si è quindi in grado di calcolare
l’orbita ad ogni istante e partendo da qualsiasi condizione iniziale.
39
Come già anticipato, la dinamica del circuito può essere modificata
variando R. In tal caso infatti variano conseguentemente anche i punti
di equilibrio delle regioni esterne della caratteristica non lineare.
Quindi, nel caso in cui si volessero mantenere inalterati questi punti di
equilibrio, ciò che bisognerebbe fare è andare a modificare 1C
mantenendo costante R. Così facendo l’unico valore a cambiare nel
polinomio caratteristico sarebbe α, il quale non contribuisce alla
determinazione dei punti di equilibrio. Però, per esigenze costruttive,
queste variazioni non sono di grande praticità, e quindi è preferibile far
variare il parametro R del circuito.
Allora, partendo dal presupposto di poter variare R, con l’ausilio
grafico di un oscilloscopio è possibile visualizzare i vari attrattori
raggiunti dalle traiettorie del circuito. Per fare questo è necessario però
che l’oscilloscopio permetta la visualizzazione in X‐Y Mode , e che sugli
assi si plottino due delle tre grandezze di stato del circuito (solitamente
VC1 e VC2 ). Utilizzando allora l’oscilloscopio Tektronix Tds224, e con il
supporto del software LabView, si è potuto sperimentare che:
Per R sufficientemente grande [R=2kOhm] si ha che i punti di
equilibrio delle regioni esterne sono stabili, mentre l’origine è un
punto di equilibrio instabile. Il sistema si porterà quindi, a
seconda del suo stato iniziale, su uno dei punti di equilibrio
stabile per rimanervi indefinitamente. Se ci si pone in un punto
della regione interna, la traiettoria si allontanerà in modo
esponenziale dall’origine in direzione delle regioni esterne dove
l’effetto dell’autovalore negativo costringerà la traiettoria ad
avvolgersi spiralmente nel punto di equilibrio della stessa
regione. In poche parole, la traiettoria si adagia su uno dei punti
di equilibrio delle zone esterne.
Diminuendo R [R=1.88kOhm], la parte negativa degli autovalori
complessi delle regioni esterne diminuisce e crescerà il tempo
necessario all’orbita per portarsi in uno dei punti di equilibrio
40
stabile. Allora la traiettoria passa dalla regione esterna a quella
interna e da questa nuovamente in quella esterna di partenza,
dando così origine ad un’orbita periodica che esegue un solo giro
intorno al punto di equilibrio instabile: il cosiddetto ciclo limite 1.
Diminuendo ulteriormente la resistenza R [R=1.85kOhm e
R=1.84kOhm ] si arriva a dei valori per i quali si ottiene la
biforcazione di Hopf. In corrispondenza di essa i punti di
equilibrio delle regioni esterne perdono la loro stabilità e i punti
instabili del sistema passano da uno a tre. La nuova situazione
che si viene a creare tuttavia, pur modificando totalmente il
comportamento delle regioni esterne, non altera quello della
regione interna.
Tale biforcazione, portando duplicazione del periodo, consente
all’orbita di eseguire prima due e successivamente quattro giri
attorno alla instabilità rispettivamente per i valori sopracitati.
Questi cicli vengono detti ciclo limite 2 (figura 2.7) e ciclo limite 4.
Figura 2.6: La traiettoria nello spazio di stato è costituita da un attrattore periodico, ciclo limite‐1
41
L’orbita nelle regioni esterne allora segue sempre un andamento
a spirale con centro il punto di equilibrio instabile, ma ora è
caratterizzata da un’espansione e dunque ritorna nella regione
interna dopo un periodo più o meno lungo. Poiché l’orbita non
può stare indefinitamente in nessuna regione dello spazio di fase,
si osserva un continuo cambio di regione da parte della stessa.
In una situazione di questo tipo risulta difficile prevedere
l’andamento globale del sistema.
Passando ad un valore di R ancora inferiore, i cicli diventeranno
allora 8, 16, 32 e così via fino a raggiungere, al limite, infiniti cicli
dell’orbita [R=1.79kOhm]. Questa situazione corrisponde ad uno
strano attrattore, detto strano attrattore a spirale di Chua (figura
2.8). Esso rappresenta l’esempio più semplice nello spazio delle
fasi di un regime caotico.
Figura 2.7: Biforcazione della traiettoria nello spazio di stato, ciclo limite‐2
42
Diminuendo ulteriormente la resistenza [R=1.74kOhm]
appaiono diversi attrattori di questo tipo separati uno dall’altro
tramite zone ambigue. Si osserva, cioè, che l’orbita esegue un
fissato numero di giri attorno al suo punto instabile poi passa
nella zona interna della linearità dell’elemento non lineare dove
compie a sua volta una spirale attorno alla sua instabilità per poi
ritornare nella zona di partenza. Le due spirali si uniranno
pertanto nel formare questo nuovo tipo di attrattore chiamato
Attrattore Double Scroll (figura 2.9).
Figura 2.8: Attrattore caotico a spirale
Figura 2.9: Attrattore caotico double‐scroll
43
Continuando a diminuire R [R=1.49kOhm] si osserva sempre un
attrattore caotico di tipo double scroll. Tuttavia per taluni valori
di R, l’orbita caotica può mostrare condizioni di periodicità di
periodo‐8, periodo‐16, e così via: sono le cosiddette finestre nel caos
(figura 2.10).
Infine, per R=1.4kOhm si ottiene il limite critico (figura 2.11), dal
quale in poi un’ulteriore diminuzione del valore di R
provocherebbe una instabilità generale del sistema. Ciò
porterebbe l’orbita ad una divergenza a spirale verso l’infinito
(condizione di saturazione).
Figura 2.10: Attrattore periodico, finestra nel caos
Figura 2.11: Ciclo limite instabile di saturazione
44
CAPITOLO 3
SINCRONIZZAZIONE DI DINAMICHE
CAOTICHE
3.1 INTRODUZIONE
Lo studio del concetto di sincronizzazione è basilare per la comprensione
dei fenomeni di auto‐organizzazione che si verificano accoppiando
circuiti caotici di tipo dissipativo, come nel nostro caso.
Il concetto di sincronizzazione implica che processi caratterizzati da
periodi multipli, con differenti frequenze naturali, acquisiscano un
frequenza naturale comune come risultato della loro interazione, mutua
o unidirezionale. Per secoli, fenomeni di sincronizzazione collettiva
sono stati osservati in sistemi sociali, fisici, biologici e chimici. Un
esempio di questo fenomeno può essere osservato in sistemi oscillanti,
che mostrano una frequenza comune differente dalla frequenza
naturale dei singoli oscillatori del sistema. Come esempio in biologia si
può considerare un gruppo di lucciole, che brillano in sincronia!
45
3.2 GENERALITÀ SULLE RETI DI SISTEMI
Recentemente, allo studio di reti complesse è stato dedicato un interesse
crescente, come mostrato anche in [17]. In aggiunta, molte attenzioni ha
ricevuto anche la sincronizzazione di reti complesse accoppiate, poiché
il fenomeno di sincronizzazione non solo può spiegare alcuni fenomeni
naturali [18], ma presenta anche diverse applicazioni nel campo della
sicurezza delle comunicazioni, dell’image processing [19] e così via.
In generale, una rete ha bisogno di diversi parametri per poter essere
descritta in maniera efficace, poiché è la topologia stessa che determina
il funzionamento della struttura. La comprensione della rete presenta
pertanto difficoltà intrinseche dovute alle possibili variazioni di tali
parametri, tra cui:
Complessità strutturale, dovuta alle connessioni tra i nodi;
Evoluzione della rete, le connessioni possono variare nel tempo;
Diversità dei collegamenti, i quali possono presentare valenza,
direzione e verso differenti;
Complessità dinamica, i nodi possono essere costituiti da sistemi
dinamici non lineari;
Diversità dei nodi, che possono appartenere a tipologie
differenti.
In riferimento al caso in esame nel presente lavoro, si suppone che la
rete sia costituita da sistemi dinamici, accoppiati secondo particolari
connessioni, ed in cui i nodi presenti attrattori di tipo caotico. Nel corso
degli anni alcuni studi si sono rivolto agli effetti dell’architettura di
accoppiamento su questo tipo di dinamiche, ed è emerso che reti di
sistemi caotici identici possono presentare questa caratteristica di
46
sincronizzazione del loro comportamento erratico, fenomeno curioso ed
interessante per le applicazioni di cui sopra.
Per un ampio range di topologie di rete, la sincronizzazione
dell’evoluzione caotica richiede che l’accoppiamento non risultì né
troppo debole, nè al limite troppo forte, in quanto quest’ultima condizione
può portare a comportamenti instabili [20].
È sempre possibile identificare un parametro relativo all’accoppiamento
dei sistemi considerati; indicando questa grandezza con k, in [21] è
mostrato che, se essa risulta maggiore di un valore critico k*, allora è
possibile sincronizzare i sistemi accoppiati. Tale k* dipende come
prevedibile dalla matrice di accoppiamento dei sistemi, definita dalla
topologia della rete, ma anche dal comportamento dinamico del singolo
sistema non accoppiato.
3.3 SINCRONIZZAZIONE DELLE DINAMICHE DI
CIRCUITI CAOTICI
Nel 1990, L. Pecora e T. Carroll dimostrarono che particolari sistemi
caotici posseggono proprietà di auto sincronizzazione [25].
Un sistema dinamico autonomo n‐dimensionale sarà decomponibile
(drive decomposable) se può essere suddiviso in due sistemi, uno
guidato (response, o brevemente R) e uno guidante (drive, o D). Il
sistema R è influenzato dalla dinamica di D, mentre D è indipendente.
Il sistema caotico complessivo è detto autosincronizzante nel caso in cui
tutti gli esponenti di Lyapunov del sottosistema guidato risultano
negativi. Nel sistema D ci saranno delle variabili che influenzeranno R,
e altre che non lo influenzeranno. Le prime sono rappresentate
mediante il vettore m‐dimensionale v e le seconde con il vettore k‐
47
dimensionale u, mentre il vettore l‐dimensionale w rappresenta le
variabili del sottosistema R.
Quindi in sintesi:
( , ) dimensione
( , ) dimensione
( , ) dimensione
u f u v mD
v g u v l
R w h w v k
L’obiettivo è quello di rendere il sistema R stabile, quindi che presi due
punti w(0), w’(0) e le relative orbite che ne scaturiscono, w(t) e w0(t), si
sincronizzino. Bisogna cioè identificare le condizioni per le quali
||w’(t) − w(t)|| → 0.
Altro obiettivo è quello di mantenere il sistema globale caotico, per
poter approfittare dei vantaggi che esso comporta.
Essendo le due orbite in considerazione generate dallo stesso sistema, si
ha che:
', , ( , ) ( , )ww h w v h w v D h w v w o v w .
Con Δw suffcientemente piccolo, è possibile trascurare lʹerrore o(v,w). Il
sistema linearizzato è:
( , )ww D h w v w
ed è quindi un sistema differenziale lineare a coefficienti non costanti,
poiché il primo differenziale primo del sistema linearizzato varia nel
tempo.
La maggior parte delle tecniche risolutive di questa tipologia di
problemi si basa su ipotesi particolari sulla natura del termine Dwh(w,v),
ma avendo a che fare con segnali caotici bisogna intraprendere unʹaltra
strategia. Una soluzione del problema può essere trovata calcolando gli
esponenti di Lyapunov, infatti se si riuscisse a verificare che tutti gli
esponenti sono negativi, allora il sottosistema w risulterà stabile.
48
Questi esponenti di Lyapunov, poiché non legati direttamente al
sistema complessivo u, v, w, possono allora essere definiti esponenti
condizionali o sub‐esponenti.
La possibilità di calcolare il valore dei sub‐esponenti di Lyapunov è
fondamentale, perché essi danno una stima (in generale buona) del
tempo che impiega il sistema a sincronizzarsi, quindi di quanto tempo è
necessario attendere prima di godere dei vantaggi dellʹavvenuta
sincronia nei due sistemi.
Considerando un sistema discreto, si possono definire i seguenti
formalismi:
1
( )
( ( ))... ( ( )) ( )
x
n nx
T x D f
T T f x T f x T x
In genere per calcolare il primo esponente è sufficiente fare il limite:
limln nxn
T u
per quasi qualsiasi u, dato che i moti relativi ad gli altri esponenti
divengono trascurabili per grandi valori di t.
con riferimento al seguente sistema dinamico continuo:
x( ), linearizzato x= Dx f x f x
la prima equazione alle variazioni sarà:
xZ= D f Z ,
con Z(0) = Id. La soluzione è
Z(t) =Dx0φ.
Il tempo del nostro sistema può essere discretizzato prendendo T=τ .
Allora la soluzione del problema discreto
49
( ( 1)) ( ( ))x n f x n è 0( ) ( )nx n f x .
Allora 0 00( ) ( )n n
x xZ t D f x T .
La scelta del valore di τ, ovvero il passo di discretizzazione del tempo,
deve essere ragionevole. Questo perchè nel calcolare Tnx , il numero di
prodotti matrici che vengono svolti è proporzionale a τ‐1, e un τ elevato
induce una perdita di precisione.
Presa la matrice T(x), è possibile fattorizzarla, e tale scomposizione è
unica se la matrice è non singolare. Ponendo T(x) = Q1R1, con Qk una
matrice ortogonale e Rk una matrice triangolare superiore, allora,
1
1 1( ( )).... ( ( ))n nxT T f x T f x Q R
avendo definito 11( ( ))n k
k kT T f x Q , allora 1 '
2 1( ( ))...n nxT T f x T R .
A sua volta T’k può essere decomposta secondo una fattorizzazione QR:
'
k k kT Q R e allora: 12 2 1( ( ))...n n
xT T f x Q R R .
Iterando: 2 1...nx n nT Q R R R .
Si può dimostrare che la scelta di Q è ininfluente al fine della
determinazione degli esponenti di Lyapunov, risultato che è comunque
ragionevole, dato che una matrice ortogonale è una trasformazione che
conserva la misura.
Lʹesponente i‐esimo si può trovare mediante la relazione:
1lim ln( )n
ii in n
dove λii(n) è lʹelemento i‐esimo della diagonale principale della matrice
Rn . . .R2R12.
Lʹidea alla base della trattazione esposta è quella di prendere un sistema
caotico cercando di stabilizzarne una sua parte (il sistema R)
50
nonostante esso sia influenzato da un segnale v dal comportamento
caotico. Quindi si sincronizza un sistema w inserendo al suo interno
una dipendenza da v. Questo approccio può risultare limitante, dato
che solo un numero limitato di accoppiamenti possibili possono essere
presi, cioè solo quei sotto‐sistemi in cui i sub‐esponenti di Lyapunov
risultano essere negativi. Ma è possibile generalizzare lʹapproccio
esposto precedentemente.
Il sistema dinamico caotico in esame:
( )x f x
può essere sempre formalmente scritto sotto forma di sistema non‐
autonomo
( , ( ))x f x s t
con s(t) = h(ξ) oppure ( , ( ))s s t , indicando con ξ un sottoinsieme
qualsiasi delle variabili del sistema dinamico precedente. Una copia del
sistema dinamico di cui sopra, lavorerà per ipotesi da ricevitore:
( , ( ))y f y s t
si può allora considerare la differenza delle due variabili e = x − y.
Il sistema risulta, sviluppando y nellʹintorno di x (ovvero nellʹintorno di
e = 0):
( , ( )) ( , ( )) ( , ( )) ( , ( ))
( , ( )) ( ( , ( ))) ( ) ( , ( ))( ) ( ( , ( ))) ( )
( , ( )) ( , ( ))( )
( , ( ))
x s x s
x x
x
e f x s t f y s t f x s t f x e s t
D f x s t D f x s t s t D f x s t x e D f x s t s t
D f x s t D f x s t x e
e D f x s t e
Si nota subito che la soluzione e = 0 (quindi y = x ) è una soluzione del
sistema linearizzato e risulta stabile solamente se i sub‐esponenti di
Lyapunov per e = 0 sono minori di zero. Per quanto non sia stato ancora
dimostrato in maniera formale, questa tecnica risulta da simulazioni al
calcolatore strutturalmente stabile (cioè tollerante rispetto a piccole
51
variazioni di parametro). Questo rappresenta un incredibile vantaggio
nelle applicazioni, visto che è impossibile riprodurre con infinita
precisione un sistema, indipendentemente dalla bontà del processo
produttivo.
3.4 ESEMPI D’INTERESSE IN LETTERATURA
In [8] è dimostrato come la scelta di sincronizzare di tre circuiti di Chua
mutuamente accoppiati fra loro mediante una sola variabile di stato
presenti robustezza e garanzia di successo maggiori rispetto ad un
accoppiamento su due o tre variabili di stato.
Con riferimento ad un singolo circuito di Chua, partendo dalle
equazioni di stato:
1
2 1 1
2
2 1
2
1
2
1 1[ ( )]
1 1[ ]
1
C
C C C
C
C C L
LC
dvv v f v
dt C R
dvv v i
dt C R
div
dt L
Figura 3.1: Circuito di Chua
52
con
1( )
2NR b NR a b NR NRf v G v G G v E v E
caratteristica del diodo di Chua, è possibile considerare il seguente
sistema equivalente, adimensionalizzato nei suoi parametri:
( )x y x g x
y x y z
z y
con
1 2
22 2
2 1
, y , z , , a , b , , ; C C L
a b
v v i R C C Rtx RG RG
E E E RC C L
e dove 1
( ) 1 12
, y , z .
g x bx a b x x
dx dy dzx
dt dt dt
Di seguito è riportato il modello utilizzato in [8], dove si considerano
due circuiti di Chua accoppiati mutuamente con legge diffusiva su tutte
le variabili di stato:
( )
( )
( )
( )
( )
( )
x
y
z
x
y
z
x y x f x k x x
y x y z k y y
z y k z z
x y x f x k x x
y x y z k y y
z y k z z
dove kx, ky e kz sono i fattori di accoppiamento, mentre le equazioni dei
diodi di Chua sono:
53
1( ) 1 1
21
( ) 1 12
f x bx a b x x
f x b b x a a b b x x
Come si nota dalle precedenti equazioni, in questo modello vengono
previste variazioni sui parametri circuitali del secondo circuito rispetto
al primo, ed esse sono tenute in contro tramite i termini Δα, Δβ, Δa, Δb
(si ricorda che i parametri circuitali sono stati in precedenza
adimensionalizzati proprio tramite α, β, a, b).
Il seguente circuito è quello di riferimento per la pubblicazione in
questione (l’accoppiamento per la variabile z non è mostrato):
Come già detto, da tale esperimento risulta che i migliori risultati per la
sincronizzazione si ottengono quando ky e kz vengono assunti uguali a
zero, e cioè quando l’accoppiamento è solo per la variabile x. Negli altri
casi, comunque, i fattori di accoppiamento considerati sono stati uguali
e pari a un valore maggiore del valore critico determinato in [10], cioè si
è posto
kx = ky = kz = δ > δ*.
Figura 3.2: Circuiti di Chua accoppiati sulle tre variabili di stato
54
Di seguito è riportato il modello utilizzato in [9], dove sono tre i circuiti
di Chua considerati ed accoppiati con legge diffusiva:
1 1 1 2 3 1
1 1 1 1 2 3 1
1 1 2 3 1
2 2 2 2 1 3 2
2 2 2 2 1 3 2
2 2 1 3 2
3 3 3 3 1 2 3
3 3 3 3 1 2 3
3 3 1
( ) 2
2
2
( ) 2
2
2
( ) 2
2
x y x f x k x x x
y x y z k y y y
z y k z z z
x y x f x k x x x
y x y z k y y y
z y k z z z
x y x f x k x x x
y x y z k y y y
z y k z
2 32z z
In tale modello non sono previste variazioni sui valori dei parametri nei
differenti circuiti (essi sono cioè assunti idealmente identici), ed inoltre
l’accoppiamento avviene in maniera uguale su tutte le tre variabili di
stato mediante il coefficiente di accoppiamento k.
Un altro efficiente metodo per garantire la sincronizzazione tra due
circuiti di Chua –uguali‐ accoppiati come rappresentato nello schema
seguente:
Figura 3.3: Circuiti di Chua con doppio accoppiamento unidirezionale
55
è quello presentato da Brucoli in [11] e consiste nel definire il vettore e
errore di sincronizzazione come:
'e x x
dove
( )
' ' ( )d
d
x Ax g x
x Ax g x
sono i vettori di stato del sistema in considerazione ed A è definita
come
0 0 0 0
1 ( 1 ) 1 0 0
0 0 0 0 0
0 0 0 0
0 0 1 ( 1 ) 0
0 0 0 0 0
K K
A
M M
con K ed M coefficienti di accoppiamento del precedente circuito.
Definendo allora il seguente vettore:
e Ae
come errore dinamico si determina che, se gli autovalori della matrice A
hanno tutti parte reale negativa, allora esso risulta globalmente
asintoticamente stabile e la sincronizzazione tra i due circuiti è
garantita.
56
3.5 PARTICOLARIZZAZIONE DEL MODELLO DI
ACCOPPIAMENTO PER I CASI DI STUDIO
Per completezza è sembrato utile provare ad utilizzare il modello [9], ed
adattarlo alle caratteristiche dei circuiti che si intende realizzare
(mostrati nel capitolo 4), per la determinazione del coefficiente di
accoppiamento. In tal caso il modello prevede accoppiamento su tutte le
tre variabili di stato, e pertanto il sistema complessivo risulta:
1 1 1 1 2 3 1
1 1 1 1 2 3 1
1 1 2 3 1
2 2 2 2 1 3 2
2 2 2 2 1 3 2
2
x = (y - x - f(x )) + k(x + x - 2x ) ,
y = x - y + z + k(y + y - 2y ) ,
z = - y + k(z + z - 2z ) ,
x = (y - x - f(x )) + k(x + x - 2x ) ,
y = x - y + z + k(y + y - 2y ) ,
z
2 1 3 2
2 3 3 3 1 2 3
3 3 3 3 1 2 3
3 3 1 2 3
= - y + k(z + z - 2z ),
x = (y - x - f(x )) + k(x + x - 2x ) ,
y = x - y + z + k(y + y - 2y ),
z = - y + k(z + z - 2z ) .
Ad esso, secondo quanto illustrato in [9], corrisponde:
0 10 10 0
1 1 1 1 1 1 22.86
0 0 0 17.88 0E
A A A
Il criterio per garantire sincronizzazione mostrato in [9], nel caso di n
circuiti accoppiati, è quello di scegliere il coefficiente di accoppiamento
pari a:
24 1 cos
A Lk
n
nel caso di n=3, la precedente espressione può essere semplificata come:
57
3
A Lk
L si ricava dalla condizione di lipschitzianità per f(x), per la quale si può
scrivere:
( ) ( )f x f x a x x ,
con L=‐a.
Alla luce di ciò, il k risulterebbe pari a:
k = (22.86+1.35)/3=8.07
Vediamo però a cosa corrisponde esattamente tale parametro.
Partendo dalla seguente equazione adimensionalizzata
1 1 1 1 2 3 1( - - ( )) ( -2 )x y x f x k x x x
ed andando a sostituire ad ogni parametro l’espressione
corrispondente:
11 2 1 1 1 1 1 131 2 2 1 1 1 1 1 2 1
1
1- - 1 1 -2
2cc c c c c c c c
B A B
vd v v v v v v v vRC CRG RG RG k
dt E C E E E E E E E E
semplificando:
11 2 1 1 1 1 1 131 2 2 1 1 1 1 1 2 1
1
1 1- - - 2
2 1 1 1 1 1cc c c c c c c c
B A B
vd v v v v v v v vRC CRG R G G E E k
dt E C E E E E E
11 2 1 1 131 2 2 1 1 2 11 1
1
1- - - 2
1 1 1cc c c c c
c
vd v v v v vRC C Rg v k
dt E C E E E E
1 1 22 2 1 1 1 1 11 1 1 2 3 1
1
- - 2cc c c c c c
d v CRC v v Rg v k v v v
dt C
58
adesso, per ritornare alla 1° equazione di stato del circuito:
c1 1 1 1 2 12 c2 c1 c1 c1 c1 c11 1 1 2 3 1
2 2 1 2
c1 1 11 c2 c1 c1 c1 c1 c11 1 1 2 3 1
2
c1 1 11 c2 c1 c1 c1 c1 c11 1 1 2 3 1
2
v C C C CRC = v - v +R v + k v + v -2 v
RC RC C RC
v C1C = v - v +R v + k v + v - 2 v
R RC
v C1C = v - v + v + k v + v -2 v
R RC
dg
dt
dg
dt
dg
dt
ora al secondo membro il termine 1c1 c1 c12 3 1
2
Ck v + v -2 v
RC deve
essere una tensione su una resistenza (per poter essere sommato al
termine che lo precede), quindi 1
2
Ck
RC è l’inverso di una resistenza
1 2
2 acc 1 acc
C C1 R k
RC R C Rk
Allora, sostituendo i valori corrispondenti, si ricava
2acc acc
1
C R 1780R R 10 2206
C k 8.07 .
Verificando tale risultato al calcolatore con l’ausilio del software di
simulazione circuitale PSpice, imponendo tale valore resistivo per il
resistore di accoppiamento, si ottiene che per esso i tre circuiti si
sincronizzano. Il modello utilizzato non fornisce un valore limite, ma un
cosiddetto valore di sicurezza: effettuando simulazioni per R maggiori, si
vede infatti che la sincronizzazione è mantenuta, ma scegliendone il
valore con tale metodo si è sicuramente all’interno del range di valori
validi per la sincronizzazione.
59
3.6 CENNO SUI SISTEMI IPERCAOTICI
Due sistemi caotici possono essere accoppiati in maniera tale che il
comportamento complessivo del sistema sia caratterizzato da una
dinamica più ricca di quella originata dal singolo sistema. Il caos è,
nella sua forma più semplice, caratterizzato da un solo esponente di
Lyapunov positivo. Dal punto di vista geometrico, esiste quindi nello
spazio delle fasi una direzione lungo la quale la distanza tra due
traiettorie che hanno origine in punti iniziali vicini si espande. Tuttavia,
in un sistema caotico di n‐dimensioni, lungo le altre n‐1 direzioni tale
distanza si contrae (esponente negativo) o al più resta costante
(esponente nullo). Un numero maggiore di esponenti di Lyapunov
positivi aumenta la complessità del sistema e in tal modo la sua
impredicibilità, perché è indice di un numero maggiore di direzioni
lungo le quali la distanza tra le traiettorie cresce. Si parla in questo caso
di sistemi ipercaotici, caratterizzati da 2 o piú esponenti di Lyapunov
positivi.
60
1
2
3CAPITOLO 4
4REALIZZAZIONE, SIMULAZIONI E
VERIFICHE SPERIMENTALI
Fino ad ora sono state introdotte conoscenze basilari relative alla teoria
del caos, alle dinamiche caotiche del circuito di Chua, e al fenomeno di
sincronizzazione. Questo consente adesso di poter procedere con una
analisi sperimentale di quanto studiato in teoria.
Ciò è mostrato di seguito, ed è stato ottenuto attraverso tre fasi.
Inizialmente è stata delineato il progetto circuitale, mediante lo studio
di quanto presente in letteratura al riguardo.
A questa prima fase è potuta seguire una serie di verifiche al calcolatore
delle dinamiche, realizzate mediante il software di simulazione
circuitale SwitcherCAD in ambiente SPICE; dopodiché, si è proceduto
con la parte sperimentale vera e propria in laboratorio.
4.1 DEFINIZIONE DEL LAY‐OUT
Il primo passo da fare per procedere in questa direzione è far si che il
circuito da realizzare funzioni in regione caotica: ciò può essere fatto,
61
come visto in precedenza, tramite lo studio degli esponenti di
Lyapunov del sistema. Nel nostro caso, tuttavia, ciò risulta superfluo, in
quanto tale studio è già stato effettuato in passato. In letteratura infatti è
possibile trovare dei set di valori dei componenti del circuito per i quali
sono specificati i relativi regimi di funzionamento.
Stabiliamo allora che il circuito debba esibire un attrattore di tipo
double scroll: questo garantisce un buon margine di sicurezza per il
comportamento caotico. Scegliamo allora i valori dei componenti come
mostrato in letteratura [8] [9]: è necessario, per visualizzare un
attrattore di tipo double scroll, che essi assumano i seguenti valori:
10 , 10 , 18 , 1,78 ,
0,756 , 0,409 , 1
È allora provvedere allora alla fisica realizzazione del circuito mediante
componenti presenti in commercio del valore opportuno.
Il realtà il circuito effettivamente realizzato non è direttamente quello
della figura 4.1, in quanto induttore e diodo di Chua a loro volta
devono essere opportunamente implementati.
Figura 4.1: Circuito di Chua, schema SwCAD
62
4.1.1 L’induttore
Per quanto riguarda l’induttore, ad esempio, basta osservare che una
induttanza pari a 18mH realizzata in modo particolare (avvolgimento in
rame su nucleo ferromagnetico) presenta una resistenza parassita di
valore tale che molte volte non permette l’innesco dell’oscillazione. La
soluzione più adottata è quella di usare o il circuito di Antoniou o, più
semplicemente, un condensatore in cascata ad un giratore, il quale
trasforma la capacità del condensatore in una induttanza del valore
desiderato con resistenza praticamente nulla. Per ottenere le migliori
performance pertanto l’induttore è stato realizzato in modo equivalente,
tramite due amplificatori operazionali TL082, più capacità e resistenze
di polarizzazione (figura 4.2 ).
Il seguente circuito:
Figura 4.2: Schema circuitale dell’induttore realizzato tramite induttanza equivalente
63
rappresenta un circuito giratore costruito come un trasformatore di
impedenza, il quale simula il comportamento di un induttore ideale. Il
valore di induttanza equivalente può essere calcolato con la seguente
formula:
7 9 103
8eq
R R RL C
R .
4.1.2 Il diodo di Chua
Tra tutti i componenti che compongono il circuito di Chua, il resistore
non lineare è indubbiamente la più difficile per quanto riguarda la
realizzazione. Come anticipato nel paragrafo 2.1, per la sua
realizzazione sono necessari due OpAmp e sei resistori. È allora utile
introdurre la genesi concettuale di tale componente [7].
Una realizzazione generica di resistore a resistenza negativa è mostrata
in figura:
Figura 4.3: Resistenza negativa, schema SwCAD
64
Dalla legge di Kirchoff delle correnti (KCL) al nodo N1 si ottiene che:
01
1I V V
R ,
mentre dalla legge di Kirchoff delle tensioni (KVL) alla maglia chiusa
dai N1‐N3‐N0‐N1 si ottiene:
30
2 3d
RV V V
R R
,
Inoltre, sapendo che l’operazionale segue la legge V0=A*Vd dove A è il
guadagno, si può ricavare che:
2 3
02 3
(1 )d
R A RV V V
A R R
,
e sostituendo nella formula trovata la KCL si ricava:
3 2
1 2 3
(1 )
(1 )
R A RI V
R R A R
,
che per A molto grande si può approssimare a:
2
1 3
RI V
R R
,
e scegliendo R1=R2 si ottiene finalmente la resistenza negativa:
3
1I V
R .
Il modello considerato funziona in regione lineare. In realtà nessun
dispositivo reale può erogare energia indefinitamente. In questo caso la
limitazione cade sull’operazionale, il quale se ha una R3 piccola rispetto
alla tensione applicata non è in grado di rispondere correttamente alla
richiesta di corrente; al contrario se e sono troppo grandi la tensione in
uscita dall’operazionale risulterebbe inaccettabile, inoltre se né corrente
65
né tensione sono regolate si potrebbero presentare problemi di potenza.
Si può allora procedere allo studio della avvenuta saturazione
dell’operazionale, tenendo conto della sua caratteristica.
Una volta in saturazione la tensione all’uscita del operazionale rimane
fissata alla tensione Esat e la corrente nel dipolo non lineare sarà pari a
I=(V‐Esat)/R1, che non è nient’altro che la caratteristica tensione‐corrente
di una resistenza positiva traslata. Si noti la regolazione della tensione
di offset che è in relazione alla simmetria delle orbite disegnate dal
circuito di Chua. In definitiva la caratteristica reale sarebbe:
66
Dove
32 3
satEE R
R R
Per problemi di limitazione in potenza, inoltre, è necessario che gli
elementi attivi siano due. Essi vengono disposti in parallelo come
mostrato in figura:
Fintanto che gli operazionali lavorano in zona attiva, il dispositivo si
comporta come se avesse due resistenze negative in parallelo e quindi
vedrà:
3 6
1 1I
V R R
Quando però un primo operazionale satura, cioè quando:
Figura 4.4: Realizzazione del diodo di Chua, schema SwCAD
67
3 62 63 5
, sat satE EV Min R R
R R R R
allora la conduttanza vista in ingresso verrà modificata. In particolare:
3 61 6 2 63 5
3 64 3 2 63 5
1 1 se
1 1 se
sat sat
sat sat
E EIR R
V R R R R R R
E EIR R
V R R R R R R
Infine se entrambi gli amplificatori sono saturi si avrà:
1 4
1 1
I
V R R
In modo analogo si procede per la tensione negativa, che è in modulo
uguale a quella positiva dato che i livelli di saturazione sono duali; così
facendo si arriva ad una caratteristica del diodo di Chua che presenta
due pendenze negative e una positiva.
Dove:
Figura 4.5: Caratteristica finale ottenuta per il diodo di Chua
68
3 62 63 5
1 , ed 2sat satE EE R E R
R R R R
oppure viceversa. In figura 4.6 lo schema finale del resistore non
lineare.
4.1.3 Componenti e tolleranze
Per quanto riguarda il modello di operazionale da utilizzare non ne
esiste uno specifico, ma come elemento attivo è possibile optare tra i
diversi modelli di amplificatore operazionale presenti in commercio
adatti al caso, tra cui un AD712 oppure un TL082 oppure ancora un
uA741, a larga scala produttiva. Forse quello che si adatta meglio alle
esigenze del caso è il TL082 della ST Microelectronics, il quale presenta
due OpAmp senza i rispettivi morsetti per la regolazione dell’offset, già
Figura 4.6: Diodo di Chua
69
tarato, e questo garantisce una messa a punto più facile per i problemi
di simmetria ad esso associati.
Le resistenze associate alla parte non lineare devono essere anch’esse
fortemente considerate in quanto devono tarare la curva del resistore
attivo. Il valore delle altre resistenze presenti nel circuito è meno
cruciale.
A queste valutazioni bisogna però ricordare che, dato l’obiettivo del
presente lavoro, è fondamentale riuscire a realizzare più circuiti di
Chua quanto più possibile identici fra loro. Questo, come detto, a causa
della variabilità del loro comportamento caotico in relazioni alle
perturbazioni iniziali, che in questo caso sono proprio i valori dei
componenti. Risulta allora critico il valore di tolleranza dei componenti,
che rappresenta lo scostamento massimo percentuale del valore reale
rispetto a quello nominale, ed in base al quale essi vengono acquistati.
4.2 SIMULAZIONE E REALIZZAZIONE HARDWARE
DELLA TOPOLOGIA SCELTA
Per una verifica iniziale di quanto detto, si è provveduto a simulare al
calcolatore il comportamento di un circuito di Chua, realizzato come descritto,
e a visualizzarne le dinamiche al variare del parametro di biforcazione R.
70
Figura 4.7 Implementazione del circuito di Chua per la simulazione in SwCAD
Per R=2kOhm, l’attrattore determinato è dato dal seguente ciclo limite:
Figura 4.8: Ciclo limite ottenuto nello spazio di stato per R=2kOhm, simulazione SwCAD
71
Per R=1800 Ohm, si ottiene invece il double-scroll:
Per R=1450 Ohm, invece, il circuito si porta in saturazione con il seguente
attrattore:
Figura 4.9: Attrattore double‐scroll ottenuto per R=1.8kOhm, simulazione SwCAD
Figura 4.10: Ciclo limite di saturazione ottenuto per R=1.45kOhm, simulazione SwCAD
72
Realizzando in laboratorio il circuito precedentemente mostrato, è stato
possibile confermare quanto appena visto in simulazione.
Tuttavia, dal momento che il circuito reale non è mai uguale al circuito teorico,
il comportamento è risultato leggermente diverso in termini quantitativi, in
funzione cioè del parametro R. La dinamica è stata visualizzata tramite un
oscilloscopio Tektronix TDS224.
Per il montaggio del circuito, è stata utilizzata una board stampata realizzata ad
hoc (figura 4.11 e 4.12), sulla quale, date le dimensioni e la forma, hanno
trovato posto i componenti di quattro circuiti di Chua, ciascuno secondo i
valori dello schema precedente.
Figura 4.11: Progetto in CAD della PCB stampata su cui verranno montati i quattro
circuiti di Chua
73
Figura 4.12: Retro della board stampata, con le connessioni e i componenti già saldati
In laboratorio tuttavia non era presente un resistore da 53,7 Ohm, come
considerato nel progetto iniziale, necessario alla realizzazione
dell’induttore virtuale del circuito. È stato perciò sostituito da una
coppia di resistori in parallelo, rispettivamente del valore di 100 e 110
Ohm, all’1% di tolleranza. La resistenza che si ottiene è di 52 Ohm.
Con questi valori dei componenti, risulta evidente che il valore di
induttanza equivalente non è più quello considerato nel progetto
iniziale:
11 9 86
10
17.16eq
R R RL C mH
R
Tale valore risulta inferiore a quello di 17.72 mH considerato sia
durante le simulazioni che nel modello analitico, il che ha reso
necessaria una nuova verifica delle dinamiche. E’ emerso comunque
che il comportamento del circuito non è variato qualitativamente, e
probabilmente la modifica è solo quantitativa: l’andamento caotico è
presente.
Lo schema circuitale relativo ai Chua effettivamente realizzati è stato
allora il seguente:
74
Figura 4.14: I quattro circuiti di Chua completi
Figura 4.13: Progetto completo del circuito di Chua
75
4.3 SIMULAZIONI SPICE DELLA SINCRONIZZAZIONE
A questo punto del lavoro è stato possibile andare ad esaminare cosa
accade collegando fra loro due o più circuiti di Chua: si è cioè
provveduto alla verifica della sincronizzazione tra più circuiti di Chua
funzionanti in regime caotico.
Per fare questo, si è dapprima considerato un caso semplice con due
circuiti, per poi estendere l’analisi ad una situazione più complessa e
più generale in cui erano accoppiati fra loro tre circuiti di Chua.
La sincronizzazione può essere ricercata sia accoppiando i circuiti
attraverso una sola variabile di stato, oppure una qualsiasi loro
combinazione. In [8] tuttavia è mostrato come l’accoppiamento
attraverso una sola variabile di stato non solo sia sufficiente per
raggiungere la sincronizzazione del sistema complessivo, ma
addirittura presenti robustezza e garanzia di successo maggiori rispetto
ad un accoppiamento su due o tre variabili di stato. Pertanto, si è scelto
di realizzare un accoppiamento sulla sola variabile di tensione ai capi
dell’elemento non lineare (alias “Vc1”, tensione ai capi del condensatore
in parallelo al diodo di Chua) nei diversi circuiti.
In entrambi gli scenari analizzati (coppia di circuiti o tris di circuiti),
l’accoppiamento è stato realizzato mediante un interruttore che collega
tali variabili. In questo modo si può avere un fase iniziale in cui i
circuiti lavorano in maniera indipendente l’uno dall’altro; dopodiché,
alla chiusura dell’interruttore, si ha interazione tra i diversi circuiti e
quindi si possono valutare le condizioni che portano alla
sincronizzazione del comportamento caotico dei singoli circuiti di Chua
e quindi alla definizione di un unico andamento per il sistema
complessivo, qualora questa si verifichi.
76
4.3.1 Coppia di circuiti
In questo primo caso sono state analizzate le dinamiche di
accoppiamento di due circuiti di Chua uguali fra loro per tutti i
parametri ad eccezione del valore dei 2 resistori lineari (di seguito,
circuito a e circuito b).
Sono state quindi effettuate delle simulazioni del comportamento dei 2
circuiti realizzati in SWCAD, secondo lo schema sottostante:
Figura 4.15: Implemantazione SwCad dell’accoppiamento di due circuiti di Chua
Tali simulazioni hanno interessato differenti casi le misure hanno
interessato differenti casi al variare dei resistori Ra ed Rb dei due
circuiti.
In tutte le analisi effettuate si parte da una situazione in cui
l’interruttore è aperto e tra i due circuiti di Chua non è presente
accoppiamento. Dopo un tempo pari a 10ms l’interruttore si chiude, e a
questo punto i circuiti risultano accoppiati tramite il resistore lineare
Rx.
Sono stati analizzati diversi scenari, in quanto si sono considerati valori
di Ra ed Rb variabili tra 1500 e 2000 Ohm, con risultati pressoché simili
77
in termini di qualità della sincronizzazione, e valori di Rx variabili tra
0.1 e 10 kOhm.
Nel caso di seguito riportato, i valori utilizzati sono: Ra 1800 Ohm, Rb
2000 Ohm, Rx 1 kOhm.
Circuiti in evoluzione indipendente: circuito (a), particolare attrattore
double scroll, circuito (b) ciclo limite.
Figura 4.16: Circuito a : traiettoria nello spazio di stato a 5.8 ms. Attrattore caotico
double scroll ottenuto per R=1.8kOhm,
78
Figura 4.17: Circuito b : traiettoria nello spazio di stato a 5.8 ms.
Ciclo limite periodico ottenuto per R=2kOhm
Come si nota dal grafico sottostante, l’andamento delle tensioni nei due
circuiti è completamente indipendente.
Figura 4.18: Andamento delle tensioni Vc1a e Vc1b a 5.8 ms
79
Chiusura dell’interruttore (24ms): circuiti accoppiati e inizio della
sincronizzazione.
Figura 4.19: Andamento delle tensioni Vc1a, Vc1b e segnale di pilotaggio dell’interruttore a
24 ms. Vc1a e Vc1b risultano sovrapposte dopo la chiusura dell’interruttore
Alla chiusura dell’interruttore (in azzurro), dopo un breve transitorio
temporale si vede come i valori delle tensioni mostrino il medesimo
andamento. Sia (a) che (b) ora descrivono uno stesso attrattore double
scroll: la sincronizzazione è raggiunta.
Nell’ovale è evidenziato il brusco passaggio che porta alla variazione
della tipologia di attrattore:
Figura 4.20: Circuito b : traiettoria nello spazio di stato a 24 ms. Il ciclo limite periodico
diviene un attrattore caotico double‐scroll
80
Sono stati analizzati anche i casi in cui Rx=0.1, Rx=10, Rx=100, con
risultati equivalenti. Nel caso di Rx=10 kOhm, invece, non si riesce a
raggiungere la sincronizzazione.
4.3.2 Tris di circuiti
Volendo simulare una situazione in cui sono tre i circuiti caotici
accoppiati, è possibile scegliere tra tre diversi scenari di collegamento: a
triangolo, a stella, ad array. In realtà, le prime due topologie citate godono
della equivalenza elettrotecnica stella‐triangolo, pertanto è stato
considerato superfluo simularle entrambe al calcolatore.
L’accoppiamento a stella perciò verrà esaminato esclusivamente nel
paragrafo seguente (in quanto è stato comunque realizzato fisicamente
in laboratorio) ma verrà trascurato nel discorso che segue.
Nel primo scenario esaminato è stata adottata la topologia a triangolo, in
cui ogni circuito è accoppiato con entrambi gli altri.
Dal momento che si ha intenzione di verificare poi praticamente i
circuiti, è opportuno analizzare una situazione il più possibile
corrispondente alla realtà: per fare questo, vengono introdotte delle
tolleranze sui valori dei parametri circuitali.
A livello industriale, infatti, risulta pressoché impossibile riuscire a
realizzare elementi quali resistori, condensatori, ecc., di valore
esattamente eguale, e ciò a causa di fluttuazioni di processo ed
inevitabili tolleranze, e si è altresì già discusso di quanto sia basilare
conoscere le condizioni iniziali di un sistema caotico, se si vuole
quantomeno stimare il comportamento negli istanti successivi. Ai fini
della sincronizzazione, inoltre, è importante che i circuiti considerati
siano il più uguali possibile, per far si che essi lavorino nella stessa
regione caotica.
81
Per tenere conto di queste non idealità, allora, è necessario introdurre
delle perturbazioni parametriche. Questo può essere fatto, dal punto di
vista analitico, introducendo nelle equazioni di stato del circuito le
perturbazioni Δα e Δβ sui parametri adimensionalizzati α e β del
sistema equivalente [8]. Per quanto riguarda le simulazioni al
calcolatore, invece, si può tenere conto di queste variazioni
parametriche effettuando simulazioni in modalità Monte Carlo. Tale
funzione Spice consente di attribuire a prescelti elementi circuitali un
valore che rientra in un range pari a [valore nominale +/‐(tolleranza%)],
dove la tolleranza è scelta dall’utente. A diverse iterazioni,
corrisponderanno in maniera randomica diversi valori appartenenti
all’intervallo stabilito.
Si riportano a questo punto le equazioni adimensionalizzate del caso in
esame:
1 1 1 1 2 3 1
1 1 1 1
1 1
2 2 2 2 2 1 3 2
2 2 2 2
2 2 2
2 3 3 3 3 1
x = (y - x - f(x )) + k(x + x - 2x ) ,
y = x - y + z ,
z = - y ,
x = (y - x - f(x )) + k(x + x - 2x ) ,
y = x - y + z ,
z = - y ,
x = (y - x - f(x )) + k(x +
2 3
3 3 3 3
3 3 3
x - 2x ) ,
y = x - y + z ,
z = - y .
Come si nota analizzando il precedente sistema, si è tenuto conto
dell’accoppiamento sulla sola variabile x (in quanto questa è la tipologia
diaccoppiamento che si intende poi realizzare praticamente) mediante il
parametro k, coefficiente d’accoppiamento, e considerando un
accoppiamento di tipo diffusivo.
Come si nota dalle equazioni precedenti, inoltre, i coefficienti di
accoppiamento sono stati considerati uguali, in quanto si suppone di
collegare i circuiti mediante tre resistori di egual valore. Inoltre, come
82
anticipato, si è tenuto conto delle possibile tolleranze nei vari
componenti utilizzati nella realizzazione dei circuiti, e tali differenze
sono espresse tramite i termini Δα2, Δα3 , Δβ2, Δβ3.
Il caso di interesse è quello in cui ogni singolo circuito di Chua
utilizzato presenti comportamento caotico con attrattore double scroll,
come già anticipato.
Per ottenere questa condizione, i valori dei parametri adimensionali
devono risultare:
α = 10; β = 17.88; a = ‐1.35; b = ‐0.73;
dove per gli α e β dei tre circuiti si terrà conto delle tolleranze sopra
citate.
A questo punto, è possibile visualizzare l’evoluzione ed il risultato di
tale scenario mediante simulazioni al calcolatore. Il circuito complessivo
utilizzato è il seguente:
4.21 Implementazione dell’accoppiamento di tre circuiti di Chua in SwCAD con
topologia a triangolo
83
I diversi parametri sono distinti dai pedici a, b e c, a seconda che essi
appartengano al primo, secondo o terzo circuito. Il valore di tolleranza
assunto è dell’1% sui condensatori dei circuiti.
Esportando ed elaborando in MATLAB i dati ottenuti in SwCAD è stato
possibile determinare il valore degli errori di sincronizzazione sulle tre
variabili di stato, per i diversi circuiti. Nei grafici che seguono e1, e2 ed
e3 sono gli errori per la variabile Vc1 dei tre circuiti, calcolati nel modo
seguente:
1 1 1 ,
2 1 1 ,
3 1 1 .
Figura 4.22: errori di sincronizzazione calcolati sulla variabile Vc1 per i tre circuiti, con
Racc=1 kOhm
Dai grafici emerge che, successivamente all’istante di accoppiamento
dei tre circuiti (15 ms), l’errore di sincronizzazione si riduce e risulta
contenuto entro un valore limitato. Ciò non avviene istantaneamente,
ma con transitorio stimato di circa 2.5 ms:
84
Figura 4.23: errori di sincronizzazione calcolati sulla variabile Vc1 per i tre circuiti alla
chiusura dell’interruttore, con Racc=1 kOhm
Per le altre variabili di stato il procedimento è analogo.
Sono stati calcolati gli errori complessivi per i tre circuiti, per ognuna
delle 3 variabili di stato, come:
| | | | | |
3
| | | | | |
3
| | | | | |
3
Ciò che si ottiene per E1 ed E2 è mostrato in figura:
Figura 4.24: Errori complessivi per ciascun circuito, per le variabili in tensione
85
Mentr per E3:
Figura 4.25: Errori complessivi per ciascun circuito, per la variabile in corrente
Andando a normalizzare gli errori appena calcolati rispetto alla loro
norma, nello spazio degli errori si ottiene:
Figura 4.26: inviluppo dell’errore complessivo nello spazio degli errori
Da esso, possiamo dire che l’errore complessivo è confinato nello spazio
da una sfera centrata nello zero e con raggio r=0.0786 (distanza massima
dall’origine). Considerazioni simili possono essere fatte anche
86
considerando invece degli errori, i loro corrispondenti normalizzati (in
questo caso per le rispettive norme).
Figura 4.27: errori normalizzati per i tre circuiti, relativi alle tre variabili di stato,
calcolati in sincronizzazione
In tale grafico sono stati considerati solo i campioni successivi all’istante
di tempo per il quale esso risulta appartenente ad un boundary limitato.
Di seguito vediamo l’andamento degli errori complessivi, anch’essi
normalizzati e considerando solo i campioni in condizioni di
sincronizzazione.
Figura 4.28: Inviluppo degli errori normalizzati per i tre circuiti, relativi alle tre
variabili di stato, calcolati in sincronizzazione, nello spazio degli errori
87
Effettuando più simulazioni, variando Racc, è possibile determinare i
diversi valori di errore corrispondenti ai diversi Racc.
A tal proposito, sono stati presi in considerazione quattro possibili
scenari, al variare delle tolleranza ammesse sui componenti.
Tali valori sono riassunti nella tabella che segue.
% sulle resistenze del
circuiti
% sulle capacità del
circuiti
Tolleranza A ±1 ±2
Tolleranza B ±1 ±5
Tolleranza C ±2 ±8
Tolleranza D ±5 ±10
Per ognuno di essi non si è operato con analisi di tipo Montecarlo, in
quanto essa, come prima notato, non avrebbe permesso di valutare
esattamente il worst case delle tolleranze in gioco, bensì imponendo
manualmente i valori dei componenti tenendo conto delle possibili
variazioni nel range considerato.
Inoltre, come anticipato, sono state effettuate diverse iterazioni per
diversi valori di Racc.
Quindi è stato valutato l’andamento dell’errore di sincronizzazione al
variare di Racc, per diverse combinazioni di tolleranze ammesse sui
componenti, calcolato come somma delle norme degli errori
precedentemente definiti, cioè:
| | | | | |
| | | | | |
88
| | | | | |
Il seguente grafico mostra i risultati ottenuti:
Figura 4.29: Errore complessivo, al variare del resistore di accoppiamento e della
tolleranza sui componenti
Risulta evidente che utilizzare componenti a bassa tolleranza è pagante
in termini di qualità della sincronizzazione.
Un’analisi similare può essere valutata anche considerando una
topologia differente per la rete dei tre circuiti.
Eliminando l’accoppiamento diretto tra due circuiti, si passa da una
topologia a triangolo (tutti sono connessi con tutti) ad una topologia
invece ad array (in fila). Ciò equivale al porre un resistore di
accoppiamento al valore infinito (lasciando quindi un circuito aperto),
cioè a considerare un coefficiente di accoppiamento k pari a 0. Di
seguito lo schema circuitale utilizzato:
89
4.30 Schema dell’accoppiamento di tre circuiti di Chua con topologia ad array
Nell’ovale si è evidenziata l’assenza di accoppiamento diretto.
In tal caso, non essendo presente accoppiamento diretto per due
circuiti, il sistema di equazioni di stato valutato in precedenza viene a
modificarsi come segue:
1 1 1 1 2 3 1
1 1 1 1
1 1
2 2 2 2 2 1 2
2 2 2 2
2 2 2
3 3 3 3 3 1 3
x = (y - x - f(x )) + k(x + x - 2x ) ,
y = x - y + z ,
z = - y ,
x = (y - x - f(x )) + k(x - x ) ,
y = x - y + z ,
z = - y ,
x = (y - x - f(x )) + k(x - x ) ,
3 3 3 3
3 3 3
y = x - y + z ,
z = - y .
90
dove le variabili contraddistinte dai pedici 2 e 3 sono quelle poste alle
estremità dell’array.
Effettuando una simulazione considerando valori di tolleranza del caso
“b” precedentemente considerato, si nota che da un certo valore di Racc
in poi non si ottiene sincronizzazione, in quanto per almeno uno dei tre
circuiti si raggiunge un regime di saturazione.
In figura sono mostrati l’andamento dell’errore calcolato come già
effettuato per la topologia a triangolo, nonché l’andamento delle
variabili di stato per Racc=8 kOhm: come si vede, non si raggiunge la
sincronizzazione. Inoltre, superato il valore di soglia di Racc=4.5 kOhm,
l’errore misurato aumenta quasi di un ordine di grandezza.
Figura 4.31: Errore calcolato per la topologia ad array, al variare di Racc [Ohm]
91
Figura 4.32: andamento delle Vc1 e Vc2 per i tre circuiti con Racc=8kOhm: alla
chiusura dell’interruttore i circuiti si portano in saturazione, e la sincronizzazione non
avviene.
Oltre a quanto mostrato, sono state effettuate anche analisi
considerando valori di tolleranza maggiori, tuttavia con risultati
insoddisfacenti.
Ad esempio, considerando una tolleranza del 5% per i valori di tutti gli
elementi lineari del circuito, procedendo con simulazione Monte Carlo
per 20 iterazioni, la sincronizzazione si è ottenuta in soli 5 casi: tale
valore di tolleranza sui componenti, pertanto, risulta troppo elevato per
poter essere considerato accettabile come valore di tolleranza reale dei
componenti di un circuito fisico.
4.3.3 Considerazioni sulle simulazioni
Dalle diverse simulazioni effettuate, è emerso innanzitutto che la
capacità di sincronizzazione del sistema complessivo (che esso sia
costituito da due o tre circuiti di Chua mutuamente accoppiati) dipende
fortemente dal valore dei parametri di accoppiamento.
92
Per entrambi i casi infatti, a partire da certi valori di Racc crescenti, (e
quindi del coefficiente di accoppiamento k in maniera inversa), diversi
a seconda delle peculiarità del circuito, il fenomeno della
sincronizzazione non si verifica: i circuiti risentono sì
dell’accoppiamento, variando il loro regime, ma l’influenza reciproca
non è tale da consentire al sistema complessivo di raggiungere un
comportamento omogeneo, nonché un ritratto di fase comune.
Naturalmente, come suggerisce anche la legge di Ohm, valori Racc
piccoli inducono anche differenze minori fra le tensioni accoppiate, e
quindi una sincronizzazione migliore.
Per quanto mostrato, inoltre, si evince che uno sforzo nel realizzare
circuiti di Chua il quanto più possibile simili tra loro comporta un
notevole miglioramento in termini di qualità della sincronizzazione.
Qualora non fosse possibile utilizzare componenti realizzati con
maggior precisione, è possibile, seppur in maniera limitata, ridurre il
valore di Racc per migliorare il comportamento del circuito complessivo.
4.4 RISULTATI SPERIMENTALI
Nel seguito, per i circuiti A, B, C, D, si intendono i quattro circuiti di
Chua realizzati come descritto nel par. 4.2.
Al fine della sincronizzazione, è importante che ciascun circuito lavori
in regime caotico, e pertanto bisogna scegliere opportunamente il valore
del resistore lineare affinchè l’attrattore sia con buona sicurezza lontano
dai comportamenti periodici delle finestre sul caos.
Per fare questo, i circuiti sono stati dapprima composti con un resistore
variabile: con l’ausilio di un oscilloscopio Tektronix TDS224 e di un
93
multimetro Agilent 33401A è stato possibile determinare il valore di R
opportuno. Durante le misure, per tutti si presentavano più finestre sul
caos in regime caotico, a valori diversi di R; tuttavia, il comportamento
del circuito D è quello risultato più singolare e diverso rispetto altri tre,
probabilmente a causa di qualche componente fuori tolleranza, e per
questo è stato “scartato”.
Con tre circuiti rimasti, è stato possibile calcolare un valore di R
ottimale, cioè che consentisse ad ognuno di funzionare in regime
caotico sufficientemente lontano dalle finestre periodiche. Tale valore è
risultato di 1663 Ohm: ottenuti tre resistori opportuni, essi sono stati
sostituiti nei singoli circuiti al posto del potenziometro fin qui
utilizzato. A questo punto, i circuiti sono pronti per poter procedere alla
sincronizzazione.
Le misure seguenti sono state effettuate con l’ausilio di un oscilloscopio
Tektronix TDS5104B a quattro canali (figura 4.33)
Figura 4.33: La piastra con i tre circuiti di Chua alimentata. Sullo schermo
dell’oscilloscopio è visibile come le Vc1A, Vc1B e Vc1C mostrino andamento caotico.
94
4.4.1 Coppia di circuiti
E’ stata effettuata una verifica della sincronizzazione tra i circuiti A e B.
Innanzitutto, si sono portati entrambi i circuiti in regime caotico, in cui
entrambi presentano l’attrattore double scroll.
In queste condizioni di funzionamento, si sono provati diversi possibili
accoppiamenti collegando i circuiti A e B sulla variabile Vc1 tramite un
resistore (accoppiamento passivo e bidirezionale).
Il valore Ohmico è stato dapprima variato mediante un potenziometro,
così da avere un’idea complessiva della dinamica, e poi
successivamente sostituendo valori di R più precisi man mano che ci si
avvicinava al valore di transizione dedotto dall’analisi precedente. I
risultati emersi sono riportati di seguito, e per graficare l’andamento
delle tensioni è stata utilizzata la seguente convenzione:
linea gialla 1: tensione prelevata dal canale 1 del circuito A, VC1A,
linea azzurra 2: VC1B,
linea fucsia 3: VC2A,
linea verde scuro 4: VC2B,
linea arancio M1: ABS(VC1A+VC1B)*0.5, valore assoluto della forma
d’onda media tra Vc1A e Vc1B,
linea viola M2: ABS(VC1A‐ VC1B), differenza tra le tensioni su C1A e
C1B,
linea rossa M3: ABS(VC2A+VC2B)*0.5,
linea verde chiaro M4: ABS(VC2A‐VC2B).
M2 e M4 rappresentano, rispettivamente, gli errori istantanei sulla Vc1
e sulla Vc2. Di M1, M2, M3, M4 sono poi stati calcolati, caso per caso, i
valori medi.
95
Si ricorda che l’accoppiamento è effettuato sulla variabile Vc1: è
pertanto per essa che si attendono i migliori risultati, rispetto alla Vc2.
Racc= 0.5 kOhm
Tale valore è stato scelto come prova iniziale, per verificare
che tutto funzionasse al meglio. Per esso (come per i valori
successivi) sono mostrati gli andamenti delle tensioni.
Come si nota dal grafico, le tensioni sono molto prossime:
l’offset visualizzato è un artifizio per consentire una migliore
comprensione del risultato.
In tali condizioni i circuiti sono funzionanti in regime caotico, e
ciò si evince visualizzando gli attrattori nello spazio di stato:
96
Figura 4.34: Attrattori caotici double scroll per i circuiti in esame (Vc1 vs Vc2)
È evidente come gli attrattori, nonostante siano caotici, risultino
pressoché identici. Risulta, inoltre:
ABS(Vc1A+Vc1B)0.5
[mV]
ABS(Vc1A‐ Vc1B)
[mV]
Errore
[%]
VC1 M1= 177.6* M2=7.25* 4.1
VC2 M3=19.1* M4=2.13* 11.2
*valore medio
Si prevede pertanto che la sincronizzazione è migliore per la
variabile 1. Ciò è confermati dalle rette di sincronizzazione, dove
quella relativa alla prima variabile di stato (in giallo, Vc1 vs Vc2)
risulta più stretta:
97
Figura 4.35: Rette di sincronizzazione nel piano di stato (Vc1A vs Vc1B in
giallo, Vc2A vs Vc2B in rosa)
Racc= 4.6 kOhm
Di seguito sono presentati i risultati come nel caso
precedente:
I circuiti sono ancora in regime caotico:
98
Figura 4.36: Attrattori caotici double scroll per i circuiti in esame (Vc1 vs Vc2)
Dalle misure risulta che:
ABS(Vc1A+Vc1B)0.5
[mV]
ABS(Vc1A‐ Vc1B)
[mV]
Errore
[%]
VC1 M1= 171.8* M2=7.93* 4.6
VC2 M3=23.54* M4=5.59* 23.7
*valore medio
Come si legge dalla tabella, la sincronizzazione è ancora buona
per la variabile su cui è effettuato l’accoppiamento, mentre per la
Vc2 l’errore percentuale è aumentato in maniera considerevole.
Nel piano di stato:
99
Figura 4.37: Rette di sincronizzazione nel piano di stato (Vc1A vs Vc1B in
giallo, Vc2A vs Vc2B in rosa)
a conferma di quanto appena detto.
Racc= 5 kOhm
La situazione in questo caso non varia nella sostanza rispetto
al caso precedente: si riportano solo i risultati delle misure:
*valore medio
Racc= 5.45 kOhm
Ora inizia a divenire leggermente più complicata: ciò è segno
che ci si sta avvicinando al valore limite per la
ABS(Vc1A+Vc1B)0.5
[mV]
ABS(Vc1A‐ Vc1B)
[mV]
Errore
[%]
VC1 M1= 173.89* M2=9.14* 4.5
VC2 M3=24.16* M4=6.32* 26.2
100
sincronizzazione. I circuiti funzionano sempre in regime
caotico:
Tuttavia già dal precedente grafico è evidente la distorsione
per la seconda variabile di stato (fucsia, verde). Dalle misure
infatti:
*valore medio
Inoltre, nello spazio di stato:
ABS(Vc1A+Vc1B)0.5
[mV]
ABS(Vc1A‐ Vc1B)
[mV]
Errore
[%]
VC1 M1= 170.50* M2=22.69* 7.5
VC2 M3=20.09* M4=13.71* 68.1
101
Figura 4.38: Attrattori caotici double scroll per i circuiti in esame (Vc1 vs Vc2)
Il comportamento può ancora definirsi caotico, ma è difficile
trovare delle coincidenze fra i due attrattori. Ancora:
Figura 4.39: Rette di sincronizzazione nel piano di stato (Vc1A vs Vc1B in
giallo, Vc2A vs Vc2B in rosa)
Questa situazione potrebbe essere definita come “sincronia
parziale”.
102
Racc= 5.47 kOhm
Questo valore risulta proprio a ridosso della transizione.
Infatti, come si nota dal grafico, nella parte sinistra e destra le
tensioni hanno comportamento completamente diverso: per
la Vc1 ad esempio, a sinistra l’andamento è simile a quello
che assumerebbe in saturazione, per poi tendere ad un
comportamento caotico nella seconda metà del grafico.
Ciò vuol dire che anche gli attrattori mutano la loro forma:
Figura 4.40: Attrattori c per i circuiti in esame (Vc1 vs Vc2)
103
Per quanto riguarda la retta di sincronizzazione nello spazio
di stato, essa ovviamente assume un altro aspetto: in
particola, essa non è stabile, ma “salta” da una figura all’altra
in maniera apparentemente impredicibile.
Di seguito, alcune forme assunte nel tempo:
Figura 4.42a
Figura 4.41b
Figura 4.41a, 4.41b: Rette di sincronizzazione nel piano di stato (Vc1A vs
Vc1B in giallo, Vc2A vs Vc2B in rosa)
Non si riportano i risultati delle misure: non sono significativi
a causa della mancata sincronizzazione dei segnali.
104
Racc= 6.7 kOhm
In tale scenario si è in completa saturazione dei circuiti.
Il comportamento non è caotico, bensì periodico, e la
sincronizzazione non ha rilevanza.
4.4.2 Tris di circuiti
Guardando i circuiti, ci si rende subito conto che per collegare i tre
Chua si possono effettuare varie scelte, nell’ambito dell’accoppiamento
passivo mutuo che si sta analizzando.
Sono state pertanto prese in considerazione tre possibili topologie di
collegamento:
a triangolo, a stella, ad array.
Poiché l’oscilloscopio utilizzato presenta 4 canali, le misure sono state
effettuate solo sulla variabile di accoppiamento Vc1. Così facendo sono
stati impiegati i primi tre canali. Il quarto è stato solitamente utilizzato
105
per visualizzare l’andamento della Vc2 del circuito A, per avere
conferma di essere in regime caotico.
La convenzione utilizzata per i grafici è la seguente:
linea gialla 1: tensione prelevata dal canale 1 del circuito A, VC1A,
linea azzurra 2: VC1B,
linea fucsia 3: VC1C,
linea verde scuro 4: VC2A,
linea arancio chiaro M1: ABS(VC1A‐ VC1C), differenza tra le tensioni
su C1A e C1C,
linea viola M2: ABS(VC1A‐ VC1B),
linea arancio scuro M3: ABS(VC1C‐ VC1B),
linea verde mela M4: ABS(VC1A+VC1B+VC1C )/3, valore assoluto della
forma d’onda media tra VC1A,VC1B e VC1C.
4.4.3.1 Topologia a triangolo
Figura 4.42 schema concettuale della connessione a triangolo fra i circuiti A, B, C
I circuiti sono collegati fra loro, sulla variabile Vc1, in maniera reciproca.
106
Racc= 4.5 kOhm
In questa situazione, i circuiti funzionano in regime caotico e
presentano una sincronizzazione di qualità soddisfacente:
l’errore percentuale è confinato in valori molto bassi.
x‐y ABS(Vc1x‐ Vc1y)
[mV]
ABS(Vc1A+Vc1B+Vc1C )/3
[mV]
Errore
[%]
A‐C M1=6.62*
M4= 176.5*
3.7
A‐B M2=6.90* 3.9
B‐C M3=6.01* 3.4
*valore medio
Infatti, come si evince dal grafico e dai risultati mostrati, la
sincronizzazione avviene in maniera quasi perfetta:
107
Figura 4.43: Retta di sincronizzazione Vc1A vs Vc1B, e attrattore double scroll (Vc1C
vs Vc2C)
Racc= 5 kOhm
Anche in questo caso, la sincronizzazione avviene con successo:
x‐y ABS(Vc1x‐ Vc1y)
[mV]
ABS(Vc1A+Vc1B+Vc1C )/3
[mV]
Errore
[%]
A‐C M1=6.44*
M4= 175.2*
3.7
A‐B M2=6.75* 4.3
B‐C M3=6.03 3.4
* Valore medio
Racc= 5.45 kOhm
In questo caso il comportamento è simile al caso precedente.
La sincronizzazione che si ottiene è comunque accettabile:
108
x‐y ABS(Vc1x‐ Vc1y)
[mV]
ABS(Vc1A+Vc1B+Vc1C )/3
[mV]
Errore
[%]
A‐C M1=14.73*
M4= 166.7*
8.8
A‐B M2=15.19* 9.1
B‐C M3=14.36* 8.6
* Valore medio
Figura 4.44: Retta di sincronizzazione Vc1A vs Vc1B, e attrattore double scroll Vc1C vs
Vc2C
109
Figura 4.45: Rette di sincronizzazione nel piano di stato (Vc1A vs Vc1C in giallo, Vc1B
vs Vc1C in rosa)
Racc= 5.5 kOhm
La soglia per la sincronizzazione è stata superata: i circuiti A
e C si portano in saturazione.
110
Figura 4.46: Rette di sincronizzazione nel piano di stato (Vc1A vs Vc1C in giallo, Vc1B
vs Vc1C in rosa)
Racc= 6.3kOhm
Ora tutti e tre i circuiti mostrano comportamento periodico: le
tensioni hanno andamento simile e risultano sfasate tra loro.
111
4.4.3.2 Topologia a stella
Figura 4.47 schema concettuale della connessione a stella fra i circuiti A, B, C
In tale tipologia di connessione i circuiti sono collegati tramite i resistori
ad un punto comune, a potenziale flottante. Essa è equivalente alla
precedente, viene tuttavia analizzata per verificare che tale equivalenza
sia valida anche nel caso di circuiti caotici, o meglio che la differente
struttura non modifichi la dinamica rispetto al caso precedente.
Racc= 2.5 kOhm
La sincronizzazione si verifica con successo:
112
x‐y ABS(Vc1x‐ Vc1y)
[mV]
ABS(Vc1A+Vc1B+Vc1C )/3
[mV]
Errore
[%]
A‐C M1=6.39*
M4= 170.1*
3.7
A‐B M2=6.78* 4.0
B‐C M3=6.04* 3.6
*valore medio
Figura 4.48: Retta di sincronizzazione Vc1A vs Vc1B, e double scroll Vc1C vs Vc2C
Figura 4.49: Rette di sincronizzazione nel piano di stato (Vc1A vs Vc1C in giallo, Vc1B
vs Vc1C in rosa)
113
Racc= 5.38 kOhm
La sincronizzazione è ancora buona, seppur leggermente
peggiorata rispetto al caso precedente:
x‐y ABS(Vc1x‐ Vc1y)
[mV]
ABS(Vc1A+Vc1B+Vc1C )/3
[mV]
Errore
[%]
A‐C M1=11.08*
M4= 176.3*
6.3
A‐B M2=9.11* 5.2
B‐C M3=8.03* 4.6
*valore medio
Le rette di sincronizzazione sono ancora riconoscibili nello
spazio di stato:
114
Figura 4.50: Rette di sincronizzazione nel piano di stato (Vc1A vs Vc1B in giallo, Vc1B vs Vc1C in rosa)
Racc= 5.46 kOhm
In tale scenario, si ottiene per un certo periodo di tempo
dall’istante iniziale di accoppiamento una sincronizzazione
soddisfacente, dopodiché essa viene perduta ed i circuiti si
portano da regime caotico a regime periodico.
Nei grafici sottostanti sono mostrati i due risultati:
115
x‐y ABS(Vc1x‐ Vc1y)
[mV]
ABS(Vc1A+Vc1B+Vc1C )/3
[mV]
Errore
[%]
A‐C M1=12.56*
M4= 172.9*
7.3
A‐B M2=11.9* 6.9
B‐C M3=9.17* 5.3
*valore medio
Per le rette di sincronizzazione nei due casi si ottiene pertanto:
Figura 4.51: Rette di sincronizzazione nel piano di stato (Vc1A vs Vc1B in giallo, Vc1B
vs Vc1C in rosa)
116
Figura 4.52: Rette di sincronizzazione nel piano di stato (Vc1A vs Vc1B in giallo, Vc1B vs Vc1C in rosa)
Racc= 5.8 kOhm
I circuiti sono in saturazione, analizzando attentamente le
tensioni si evince che esse hanno andamento simile tra loro, a
meno di una differenza di fase:
117
Figura 4.53: Rette di sincronizzazione nel piano di stato (Vc1A vs Vc1B in giallo, Vc1B
vs Vc1C in rosa)
Racc= 6 kOhm
Circuiti in saturazione, tensioni periodiche e sfasate tra loro.
118
4.4.3.3 Topologia ad array
Figura 4.54 schema concettuale della connessione ad array fra i circuiti A, B, C
Ora i circuiti sono accoppiati in maniera che solo il circuito A risulti
collegato agli altri 2: è praticamente simile alla topologia a triangolo,
con il collegamento B‐C aperto.
Racc= 2 kOhm
Si ottiene una buona sincronizzazione fra i tre circuiti, e
l’errore percentuale risulta pertanto piuttosto basso:
119
x‐y ABS(Vc1x‐ Vc1y)
[mV]
ABS(Vc1A+Vc1B+Vc1C )/3
[mV]
Errore
[%]
A‐C M1=6.16*
M4= 164.80*
3.7
A‐B M2=5.98* 3.6
B‐C M3=6.56* 4.0
*valore medio
Racc= 2.9 kOhm
Per tale valore di R, il comportamento dei tre circuiti diviene
complesso: per un periodo iniziale di durata variabile si ha
una buona sincronizzazione, che poi viene perduta a favore
di un comportamento caotico indipendente dei tre circuiti. In
un primo momento si ha:
120
Con i seguenti risultati:
x‐y ABS(Vc1x‐ Vc1y)
[mV]
ABS(Vc1A+Vc1B+Vc1C )/3
[mV]
Errore
[%]
A‐C M1=7,48*
M4= 173,10*
4,3
A‐B M2=7,99* 4,6
B‐C M3=10,96* 6,3
*valore medio
In un secondo momento invece le tensioni, come visibile dalle
figure seguenti, risultano qualitativamente simili ma diverse
quantitativamente: inevitabile la perdita di sincronizzazione.
121
x‐y ABS(Vc1x‐ Vc1y)
[mV]
ABS(Vc1A+Vc1B+Vc1C )/3
[mV]
Errore
[%]
A‐C M1=37,0*
M4= 159,2*
23,2
A‐B M2=36,9* 23,1
B‐C M3=73,3* 46,0
*valore medio
Nello spazio di stato, la retta di sincronizzazione muta forma non
appena cambia la dinamica del sistema, ed assume un comportamento
irregolare:
Figura 4.55.a
122
Figura 4.55.b
Figura 4.55.c
Figura 4.55.d
Figura 4.55.a, b, c, d: Rette di sincronizzazione nel piano di stato (Vc1A vs Vc1B in giallo, Vc1B vs Vc1C in rosa
123
Racc= 3 kOhm
A tale valore di R, i circuiti sono in saturazione:
comportamento periodico, nessun interesse nella
sincronizzazione. Analizzando le forme d’onda, salta però
all’occhio che due di esse (relative ai circuiti B e C) son simili,
con una differenza nella fase.
Racc= 5.5 kOhm
Come è logico aspettarsi, anche per tale valore di R si è in
saturazione. Come prima, le tensioni di B e C sono simili ma
sfasate tra loro.
124
4.4.3 Analisi dei Risultati
Sono stati analizzati due diversi scenari per la sincronizzazione: a due e
a tre circuiti. L’accoppiamento effettuato, in tutti i casi, è stato di tipo
passivo e mutuo, cioè è avvenuto collegando i circuiti mediante un
resistore. Sono state effettuate diverse misure al variare di quest’ultimo.
Per la sincronizzazione a due si è determinato un valore limite
per la sincronizzazione, date le caratteristiche dei due circuiti in
esame.
Tale valore ohmico, compreso tra 5.45 e 5.47 kOhm, può altresì
essere riportato in termini di coefficiente di accoppiamento, come
calcolato nel par. 3.5. Così facendo si ottiene:
2
1 acc
C R 166310 3.05
C R 5450k
Per quanto analizzato con le misure, allora, è possibile riportare
l’errore percentuale che è stato calcolato in funzione di Racc (o,
equivalentemente, di k calcolato come rapporto tra la differenza
locale tra le variabili di stato, mediata su un valore n di campioni,
e la forma d’onda media delle variabili di stato corrispondenti, in
valore assoluto:
| 1 1 | | 1 1 1 /3|⁄
Il grafico che segue riassume brevemente i risultati ottenuti.
125
Errore percentuale di sincronizzazione per la coppia di circuiti
Come si vede dal grafico, la sincronizzazione è migliore per la
variabile accoppiata: l’ errore percentuale su Vc2 è sensibilmente
maggiore rispetto a quello su Vc1.
È possibile stabilire, come limite per la sincronizzazione, il valore
di errore percentuale calcolato sulla variabile accoppiata pari al 10
%: oltre questo valore si perde la sincronizzazione (parte non
visualizzata nel grafico).
Per la sincronizzazione a tre circuiti, le topologie di
interconnessione studiate sono state: a triangolo, a stella, ad array.
In realtà, data l’equivalenza elettrotecnica delle prime due, è
possibile suddividere i risultati in due classi: quelli relativi alla
topologia chiusa (triangolo, stella) e quelli relativi alla topologia
aperta (array).
Per quanto riguarda la prima classe, tenendo presente la suddetta
equivalenza, non sorprende che la soglia determinata risulti
praticamente la stessa sia in connessione a triangolo che a stella, in
1,00
10,00
100,00
0,50 4,60 5,00 5,45
VC2
VC1
126
quanto questo è proprio il risultato atteso. Tale soglia inoltre
coincide con la stessa calcolata per il caso a due. In effetti, le tre
situazioni non differiscono in sostanza tra di loro: tutti i circuiti
risultano collegati con lo stesso valore di Racc l’uno all’altro. Si
ricorda, infatti, che il valore considerato è quello visto tra i due
circuiti: nella topologia a stella, esso non si riferisce pertanto al
singolo resistore montato nel collegamento, bensì al valore effettivo
in accoppiamento. Anche per le due topologie sopracitate, l’errore
in sincronizzazione rimane compreso nel 10 % del valore medio dei
segnali su cui viene calcolato, per poi schizzare a valori più alti non
appena tale condizione viene a mancare.
Errore percentuale di sincronizzazione per la topologia a triangolo
Per la seconda classe essendo essa profondamente diversa dalle
precedenti (manca un collegamento), si sono ottenuti risultati
diversi, e più stringenti. Il valore limite di Racc=2.9 kOhm, a cui
corrisponde un valore di k=5.73.
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
4,5 5 5,45
A‐C
A‐B
B‐C
127
Errore percentuale di sincronizzazione per la topologia ad array
Come si vede, tra i circuiti direttamente accoppiati i risultati sono
praticamente equivalenti, mentre per i due circuiti alle estremità la
qualità della sincronizzazione risulta notevolmente inferiore.
4.5 CONCLUSIONI
L’analisi della sincronizzazione robusta di sistemi di circuiti di Chua è stata portata a termine con successo, con un ragionevole accordo tra le
previsioni dei modelli teorici, delle simulazioni SwCAD e degli
esperimenti. In particolare sono stati trattati in modo completo i casi a
due ed a tre circuiti, con l’analisi della robustezza (mediante
simulazioni) a diversi livelli di tolleranza dei componenti in presenza di
accoppiamento di tipo diffusivo ed al variare della topologia. Ciò ha
permesso di definire livelli di tolleranza accettabili per gli esperimenti e
1,00
10,00
100,00
2,00 2,90 2,91
A‐C
A‐B
B‐C
128
di realizzare prototipi in accordo a tali livelli. Sui circuiti effettivamente
realizzati, dopo la fase di testing e di “selezione” di esemplari più
omogenei, è stata condotta l’analisi di robustezza al variare del valore
dei resistori di accoppiamento e della topologia (chiusa o ad array). I
risultati sperimentali sono in buon accordo sia qualitativo che
quantitativo con modelli e simulazioni.
Questo lavoro pone le basi per una analisi della sincronizzazione
robusta di numeri elevati (n=50, 100) di sistemi caotici, al variare sia del
tipo di accoppiamento che della topologia (regolare/random).
129
5
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