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De Qualitate ManageMent Costruire la Qualità s iCurezza lavoro organizzazi one e cultura Sergio Bini

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De QualitateManageMent

Costruire la Qualità

siCurezzalavoro

organizzazione e cultura

Sergio Bini

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Collana Management - Costruire la Qualitàsupplemento a De Qualitate allegato al n. 6, Giugno 2009

teCna eDitriCe srl

Viale Adriatrico, 147 - 00141 RomaTel. 06-87182554-87194407

Fax 06-8182019

Direttore Responsabile: Roberto Scaramuzza

Finito di stampare nel mese di Maggiopresso la Tipografia CSR

Via di Pietralata, 157 - 00158 Romaper conto della Tecna Editrice

L’autoresergio Bini (Vasto, Chieti - 18 luglio 1953) ingegnere; dirigente d’a-zienda; qualitologo; vice presidente AICQ-ci (Associazione ItalianaCultura per la Qualità - centro insulare) di Roma; coordinatore delGruppo di Lavoro “indicatori e comunicazione per la Qualità” GL6dell’UNI. è autore di oltre centodieci pubblicazioni sulle diverse te-matiche della Qualità, di gestione delle organizzazioni e di traspor-ti/logistica; ha partecipato come relatore a numerosissimi Convegni,Conferenze, Seminari in Italia ed all’estero; ha tenuto lezioni nelleprincipali Università italiane. [[email protected]]

aiCQ-ci - Associazione Italiana Cultura per la Qualità – centro-in-sulare- è una delle As-sociazioni territoriali dell’AICQ, costituita e ri-conosciuta nel luglio 1994, e svolge per Sta-tuto la sua attività nelleregioni Lazio, Umbra, Abruzzo, Molise e Sardegna. All’Associazio-ne sono iscritti privati e professionisti, Enti ed Istituzioni, Aziendepubbliche e private, che desiderano condividere conoscenze, compe-tenze ed esperienze maturate nei diversi settori merceologici. AICQ-ci opera anche per attuare, nel proprio ambito territoria-le, le finalitàe progetti promossi dall’AICQ. A tal fine, l’AICQ-ci promuove ini-ziative e manifestazioni sul tema della Qualità coinvol-gendo le realtàlocali (Associazioni di categoria, Enti Locali, Scuole, Università, ecosì via), anche con la prevista attivazione di Delegazioni decentrate.L’AICQ-ci è collegata con le altre Associazioni territoriali, federateall’AICQ, nonché con i Comitati ed i Settori tecnologici. L’Associa-zione ha sede in Via San Vito, n. 17 – 00185 ROMA tel. 06.4464132;fax 06.4464145; mail: [email protected]; www.aicqci.it

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inDiCe

Presentazione pag. 04

1. la nuova norMativa Per la tutela Della salute e Della siCurezza nei luogHi Di lavoro pag. 10

1.1. Un “unico testo” in luogo del “testo unico” pag. 10

1.2. L’articolazione della norma pag. 10

1.3. Un nuovo concetto di lavoratore pag. 22

1.4. Le nuove definizioni pag. 22

2. lo stress nelle organizzazioni e negli aMBienti Di lavoro pag. 28

2.1. Lo stress come fenomeno globale … pag. 28

2.2. Lo stress da lavoro correlato e l’Accordo Europeo dell’8 ottobre 2004 pag. 31

3. la valutazione Dei risCHi Dello stress Da lavoro Correlato pag. 38

3.1. Lo stress legato all’ambiente lavorativo pag. 38

3.2. La valutazione dei rischi pag. 45

3.3. Misurare lo stress pag. 54

4. CoMe risolvere il ProBleMa Dello stress legato all’attivitàlavorativa pag. 61

4.1. Consigli per i dipendenti pag. 61

4.2. Consigli per i datori di lavoro pag. 62

4.3. Consigli per i professionisti pag. 64

5. ConClusioni pag. 66

6. BiBliograFia pag. 67

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Presentazione

La stragrande maggioranza delle “grandi riforme” che si sono suc-

cedute nel corso della recente storia repubblicana del nostro Paese si

sono troppo spesso fermate alla elaborazione ed alla emanazione di

una compendiosa norma; e quasi sempre mancata la gestione della

fase implementativa delle disposizioni contenute in articoli, commi ed

allegati (troppo spesso scritti con un linguaggio quasi mai facilmen-

te accessibile).

Potrebbe non fare eccezione, quindi, anche la recente normativa in

materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro

emanata con il Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n. 81.

Eppure, questa norma. più di tante altre, avrebbe bisogno di un inter-

vento “tecnico-scientifico” utile per assicurare una capillare assimila-

zione culturale da parte del maggior numero di persone possibile (in

quanto cittadini, prima che lavoratori) al fine di fare introiettare loro

le relative regole, norme, istruzioni e misure. La tutela della sicurezza

e della salute delle persone che operano all’interno di una organizza-

zione -comunque grande o comunque piccola- è essenzialmente il ri-

sultato di una rivoluzione culturale delle persone e della cultura stes-

sa delle organizzazioni (la cosiddetta “cultura d’impresa”).

Le azioni-chiave per assicurare una corretta implementazione del

nuovo Decreto Legislativo n. 81/2008 si ritengano siano infatti:

• organizzazione;

• cultura d’impresa;

• coinvolgimento delle persone;

• miglioramento continuo.

Merita di essere riportato un passaggio di una recente pubblicazione

del prof. Tommaso Prestipino:

“…ha consentito di evidenziare la continua evoluzione del concetto di

sicurezza e salute nelle imprese frutto dei contributi e dell’accresciu-

to interesse delle varie parti in gioco: legislatore, datore di lavoro, la-

voratori, sindacato, studiosi, ricercatori, movimenti politici, e così

via. Anche se notevoli progressi sono stati fatti in questi ultimi anni

è indubbio che ancora molto c’è da fare ….

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... per quanto riguarda la parte applicativa nell’organizzazione, oc-

corre:

• un salto culturale,

• una partecipazione più sentita,

• un reale interesse verso il problema,

• una visione globale che metta in relazione strategie e struttura og-

gettiva di tipo tecnico-organizzativo e manageriale e comportamen-

ti degli attori e faccia tesoro delle esperienze positive”.

Le aziende più sicure si discostano da quelle meno sicure per:

• il sostegno del vertice alla politica della prevenzione;

• l’attribuzione ai dirigenti di obiettivi di sicurezza sui quali sono

chiamati a rendere conto sistematicamente;

• la formalizzazione di responsabilità, procedure e istruzioni operati-

ve che supportino i comportamenti individuali;

• la qualità delle relazioni tra lavoratori e superiori/dirigenti;

• il coinvolgimento partecipativo dei collaboratori;

• l’elevata motivazione del lavoratore e di tutto il gruppo di riferi-

mento alla sicurezza;

• l’adozione di misure organizzative che concorrono ad accrescere il

grado di controllo esercitato dai lavoratori sulle loro condizioni di

lavoro (il potenziamento delle capacità di iniziativa viene indicato

con il termine di empowerment);

• l’ordine e la pulizia dei luoghi di lavoro;

• i bassi livelli di assenteismo;

• le politiche di formazione adottate, rivolte più all’organizzazione

informale del lavoro che a quella formale.

Le aziende possono quindi migliorare la sicurezza e favorire il benes-

sere organizzativo, definendo, in prima istanza, meccanismi decisio-

nali, organizzativi e gestionali che consentano di strutturare la politi-

ca e l’impegno nell’ottica della prevenzione …”.1

Tra le rivoluzioni silenziose più importanti per l’accrescimento dei li-

velli di competitività delle organizzazioni merita di essere evidenziata

5

Presentazione

1 PRESTIPINO Tommaso, LA SICUREZZA SUL LAVORO OGGI: nuove

prospettive, in AA.VV., QUALITA’ DELLA VITA E SICUREZZA NEI LUO-GHI DI LAVORO - strategie, ruoli, professionalità e interventi, Franco Ange-li Editore, Milano, 2005.

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quella che porta a considerare il “benessere organizzativo” come una

delle più importanti variabili competitive all’interno di una realtà la-

vorativa. Viene definito come benessere l’«insieme dei nuclei cultura-

li, dei processi e delle pratiche organizzative che animano la dinami-

ca della convivenza nei contesti di lavoro promuovendo, mantenendo

e migliorando la qualità della vita ed il grado di benessere fisico, psi-

cologico e sociale delle comunità lavorative».2

Anche il prof. Avallone propone un suo elenco di indicatori utili per

rappresentare il rapporto benessere-malessere:

All’interno del dibattito culturale sul “benessere organizzativo” me-

rita un ultimo richiamo alle affermazioni di un cattedratico, noto

esperto della materia, il prof. Spaltro che sostiene che: «per parlare

di benessere è necessario passare dalla società dei bisogni a quella

dei desideri: infatti il bisogno è la spinta che ci fa star male se non è

soddisfatto, mentre il poter avere i desideri, il poter aver i sogni fa star

bene, anche solo per il fatto di poterli esprimere, sperimentare; allo-

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Sicurezza Lavoro

2 AVALLONE F., BONARETTI M., BENESSERE ORGANIZZATIVO.

PER MIGLIORARE LA QUALITA’ DEL LAVORO NELLE AMMINI-

STRAZIONI PUBBLICHE, Rubettino Editore, 2003.

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ra l’organizzazione da oggettiva diventa soggettiva.

Se, quindi, ogni soggetto determina il proprio benessere ed è titolare

del proprio benessere, anche ogni organizzazione è titolare del pro-

prio bnenessere organizzativo. Se il clima è una percezione soggetti-

va, è una percezione psicologica, e una emozione, anche il benessere

al lavoro diventa una emozione collettiva che può essere progettata.

Se pensiamo al soggetto come titolare di un progetto di benessere, al-

lora anche il direttore delle risorse umane sarà titolare di un proget-

to di benessere organizzativo: un progetto che deve essere cooperati-

vo, perché non si può fare senza gli altri».

A tal fine il prof. Spaltro propone alcune variabili psico-organizzative:

Dall’esame della letteratura tecnica emerge con sufficiente nettezza

che “esistono sinergie e correlazioni tra clima e benessere organizza-

tivo: l’analisi del clima organizzativo è già un intervento, perché coin-

volge le persone, lavora sui conflitti positivi e prova a leggere la realtà

organizzativa da tanti punti di vista. Rispetto a questo, c’è un coin-

volgimento anche sul senso del lavoro, sul significato e, conseguente-

mente anche una possibilità di individuare e poi promuovere un pro-

getto di benessere dentro l’organizzazione”.

Da una serie di ricerche sul campo emergono nella loro importanza i

seguenti principali indicatori di benessere -che vanno monitorati

analiticamente e con grande attenzione-:

• chiara consapevolezza del ruolo;

• coerenza fra valori personali ed organizzativi;

7

Presentazione

3 SPALTRO Enzo, IL CLIMA LAVORATIVO. MANUALE DI METEO-

ROLOGIA ORGANIZZATIVA, Franco Angeli Editore, Milano, 2004.

• livello di funzionamento sociale;

• quantità e qualità del potere;

• autostima;

• bisogni e desideri;

• repressione e depressione;

• efficienza e sicurezza;

• comunicazioni e informazioni:

qualità e quantità;

• cambiamento;

• progetto e destino;

• etica e estetica;

• dovere e piacere;

• qualità di vita nel lavoro;

• dominanza e appartenenza;

• sentimento del benessere

vs pensiero positivo.3

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• comprensibilità ed accettazione delle norme;

• sentimento di appartenenza;

• sviluppo delle competenze;

• la solidarietà organizzativa;

• ricorso continuo al lavoro di gruppo;

• supervisione e sostegno.

Da questi otto indicatori di benessere emerge chiaramente la valoriz-

zazione delle persone e delle competenze ed il contributo e lo scambio

con il gruppo e con chi ha ruolo di supervisore, ma anche il ricorso a

valori di solidarietà e sostegno e comprensione delle norme.4

Infine, merita di ricordare, ancora una volta, il prof. Spaltro quando

afferma che «una teoria generale della sicurezza del lavoro deve es-

sere concepita come parte della teoria generale del comportamento

umano e non come una suddivisione degli uomini in buoni e cattivi.

Essa utilizza il concetto “ergonomico” di sistema uomo/ambiente e

come tale esprime il concetto di rapporto ottimale uomo/ambiente, se-

condo lo schema seguente:

Il rapporto quantitativo ottimale uomo/ambiente è quello in cui l’in-

put tende a diminuire e l’output tende ad aumentare ma non in asso-

luto. In pratica è il rapporto input/output che tende a diminuire di va-

lore. In conseguenza di ciò una teoria della sicurezza deve compren-

dere l’esame delle situazioni che permettono o causano una diminu-

zione di tale rapporto (l’infortunio che può nettamente essere defini-

to anche come una diminuzione brusca e violenta dell’output).

La sicurezza è definibile in questo senso come la ottimalizzazione del

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Sicurezza Lavoro

4 GALLO Rosanna, BENESSERE ORGANIZZATIVO, APPROCCI TEO-

RICI E LEGISLATIVI; la situazione attuale e le prospettive, in AA.VV.,QUALITA’ DELLA VITA E SICUREZZA NEI LUOGHI DI LAVORO - stra-tegie, ruoli, professionalità e interventi, Franco Angeli Editore, Milano, 2005.

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sistema uomo/ambiente. Ma anche in senso qualitativo e non solo

qualitativo. … il concetto di sicurezza dipende in parte dall’ambien-

te culturale in cui esso è impiegato …»5

Le argomentazioni rappresentate ed i diversi richiami a scritti di im-

portanti autori di psicologia del lavoro possono costituire una chia-

ve di lettura positiva e proattiva del testo del nuovo Decreto Legisla-

tivo 9 aprile 2008, n. 81 e quindi strutturare le azioni necessarie per

dare seguito ad una implementazione né fredda, né burocratica.

Piace comunque evidenziare che in questa preliminare ricognizione

multidisciplinare emerge lo schema del “processo” (con tanto di in-

put e di output) che è alla base del modello dei Sistemi di Gestione per

la Qualità coerenti con i requisiti fissati dallo standard internaziona-

le UNI EN ISO 9001:2008.

Infine sarebbe fantastico passare dalla “tutela della salute e della si-

curezza nei luoghi di lavoro” al “benessere organizzativo” per giun-

gere a costruire della “organizzazioni felici”.

Sì, il perseguimento della felicità all’interno delle organizzazioni non

dovrebbe costituire solo una sorta di utopia. Il filosofo greco Aristo-

tele teorizzava che “la gioia è la salute dell’anima”, e le sue parole

sono valide ancora oggi. Allora, ciascuno di noi potrà iniziare da so-

lo. Potrebbe essere sufficiente pensare ogni mattina a tre cose che

possono rallegrare la propria giornata, ad esempio:

• un incontro con un collega simpatico alla riunione prevista;

• un lavoro concluso;

• un buon pranzo;

• una passeggiata sotto il sole primaverile.

«Abbiamo già trovato oggi un motivo per essere felici?

No? Allora è giunto il momento! Dobbiamo sempre ricordarci: ogni

giorno ci riserva delle piccole gioie!» 6

È, solo, necessario predisporsi emotivamente a saperle cogliere.

Buona lettura.

9

Presentazione

5 SPALTRO Enzo, SICUREZZA E CLIMA LAVORATIVO NELLE OR-

GANOZZAZIONI, in AA.VV., QUALITA’ DELLA VITA E SICUREZZANEI LUOGHI DI LAVORO - strategie, ruoli, professionalità e interventi,Franco Angeli Editore, Milano, 2005.6 http://www.suva.ch.

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1. la nuova norMativa Perla tutela Della salute e DellasiCurezza nei luogHi Di lavoro

1.1. un “uniCo testo” in luogo del “testo unico”

In data 30 aprile 2008, sul numero 101 della Gazzetta Ufficiale è stato

pubblicato il Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n. 81 riguardante “latutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavori”, in attua-

zione di quanto fissato con la legge delega del 3 agosto 2007, n. 123.

Il percorso è durato trenta anni a partire dal lontano 1978, quando ven-

ne istituito il servizio sanitario nazionale. Infatti, nel 1° comma del-

l’articolo 24 della legge 23.12.1978, n. 833 veniva delegato il Gover-

no a provvedere ad emanare entro il 31 dicembre dell’anno successi-

vo un “Testo unico in materia di sicurezza del lavoro per prevenire gli

infortuni sul lavoro e le malattie professionali”.

Il termine del 31 dicembre 1979 spirò inutilmente; pertanto, successi-

vamente si dovettero formulate altre due deleghe:

• con l’articolo 3 della legge 29 luglio 2003, n. 229 e

• con l’articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123.

Con quest’ultima legge-delega n. 123/2007 si prevedeva sia la riorga-

nizzazione della normativa in materia di salute e sicurezza sui luoghi

di lavoro, sia l’armonizzazione di tutte le leggi vigenti in materia, in

modo tale da creare uno strumento unitario il cui utilizzo potesse esse-

re agevole per tutti i soggetti coinvolti nella gestione della sicurezza”.

1.2. l’artiColazione Della norMa

Il Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n. 81 è veramente voluminoso ed

esso “occupa” un intero “supplemento ordinario” alla Gazzetta Uffi-

ciale ed è un volume di trecentocinquanta pagine (senza un indice) che

si articola su:

a) 13 titolib) 306 artiColic) 53 allegatiI tredici “titoli” sono così articolati:

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Capitolo 1

La lunga teoria di “artiColi”, invece, è così strutturata.

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Sicurezza Lavoro

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Capitolo 1

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Sicurezza Lavoro

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Capitolo 1

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Sicurezza Lavoro

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Capitolo 1

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Sicurezza Lavoro

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Capitolo 1

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Sicurezza Lavoro

Infine, nei cinquantatre allegati vengono documentati i seguenti

argomenti e/o tematiche:

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Capitolo 1

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1.3. un nuovo “ConCetto” Dilavoratore

Con il Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n. 81 viene a cambiare

anche il “concetto” stesso di lavoratore.

Infatti, alla lettera a) del comma 1 dell’articolo 2 viene precisato

che per lavoratore si deve intendere la “persona che, indipen-

dentemente dalla tipologia contrattuale, svolge un’attività lavo-

rativa nell’ambito dell’organizzazione di un datore di lavoro

pubblico o privato, con o senza retribuzione, anche al solo fine

di apprendere un mestiere, un’arte o una professione, esclusi

gli addetti ai servizi domestici e familiari….”.

Quindi, il “concetto” viene esteso a tutte le persone che, a qua-

lunque titolo, vengono a trovarsi ad operare in un ambiente di la-

voro e/o in un processo produttivo.

Esaminando con un po’ di attenzione la nuova definizione emer-

ge un aspetto che meriterebbe una analisi approfondita e rende,

di fatto, più complesso lo stesso scenario applicativo del Decre-

to.

Infatti, fa la sua comparizione: “… l’ambito dell’organizzazione

di un datore di lavoro ...” significa che il luogo di lavoro va ben

oltre il classico e ben identificabile spazio fisico del datore di la-

voro entro il quale si svolgono le attività delle persone occupate.

Il perimetro si estende, quindi, ad una dimensione meno tangibi-

le quale è la “organizzazione di un datore di lavoro” e, come ta-

le, molto più complessa da definire ed individuare.

1.4. le “nuove” DeFinizioni

All’articolo 2 del Decreto Legislativo n. 81/2008 vengono fornite del-

le “nuove” definizioni relativamente alla terminologia richiamata nel-

lo stesso.

Si ritiene opportuno riportarle integralmente di seguito.

articolo 2. Definizioni

1. Ai fini ed agli effetti delle disposizioni di cui al presente decreto le-

gislativo si intende per:

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Sicurezza Lavoro

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a) «lavoratore»:

persona che, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, svol-

ge un’attività lavorativa nell’ambito dell’organizzazione di un da-

tore di lavoro pubblico o privato, con o senza retribuzione, anche

al solo fine di apprendere un mestiere, un’arte o una professione,

esclusi gli addetti ai servizi domestici e familiari. Al lavoratore co-

sì definito è equiparato: il socio lavoratore di cooperativa o di so-

cietà, anche di fatto, che presta la sua attività per conto delle so-

cietà e dell’ente stesso; l’associato in partecipazione di cui all’ar-

ticolo 2549, e seguenti del codice civile; il soggetto beneficiario

delle iniziative di tirocini formativi e di orientamento di cui all’ar-

ticolo 18 della legge 24 giugno 1997, n. 196, e di cui a specifiche

disposizioni delle leggi regionali promosse al fine di realizzare

momenti di alternanza tra studio e lavoro o di agevolare le scelte

professionali mediante la conoscenza diretta del mondo del lavoro;

l’allievo degli istituti di istruzione ed universitari e il partecipante

ai corsi di formazione professionale nei quali si faccia uso di labo-

ratori, attrezzature di lavoro in genere, agenti chimici, fisici e bio-

logici, ivi comprese le apparecchiature fornite di videoterminali li-

mitatamente ai periodi in cui l’allievo sia effettivamente applicato

alla strumentazioni o ai laboratori in questione; il volontario, come

definito dalla legge 1° agosto 1991, n. 266; i volontari del Corpo

nazionale dei vigili del fuoco e della protezione civile; il volonta-

rio che effettua il servizio civile; il lavoratore di cui al decreto le-

gislativo 1° dicembre 1997, n. 468, e successive modificazioni;

b) «datore di lavoro»:

il soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore o, co-

munque, il soggetto che, secondo il tipo e l’assetto dell’organizza-

zione nel cui ambito il lavoratore presta la propria attività, ha la re-

sponsabilità dell’organizzazione stessa o dell’unità produttiva in

quanto esercita i poteri decisionali e di spesa. Nelle pubbliche am-

ministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislati-

vo 30 marzo 2001, n. 165, per datore di lavoro si intende il diri-

gente al quale spettano i poteri di gestione, ovvero il funzionario

non avente qualifica dirigenziale, nei soli casi in cui quest’ultimo

sia preposto ad un ufficio avente autonomia gestionale, individua-

23

Capitolo 1

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to dall’organo di vertice delle singole amministrazioni tenendo

conto dell’ubicazione e dell’ambito funzionale degli uffici nei qua-

li viene svolta l’attività, e dotato di autonomi poteri decisionali e

di spesa. In caso di omessa individuazione, o di individuazione non

conforme ai criteri sopra indicati, il datore di lavoro coincide con

l’organo di vertice medesimo;

c) «azienda»:

il complesso della struttura organizzata dal datore di lavoro pub-

blico o privato;

d) «dirigente»:

persona che, in ragione delle competenze professionali e di poteri

gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell’incarico conferito-

gli, attua le direttive del datore di lavoro organizzando l’attività la-

vorativa e vigilando su di essa;

e) «preposto»:

persona che, in ragione delle competenze professionali e nei limi-

ti di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell’incari-

co conferitogli, sovrintende alla attività lavorativa e garantisce

l’attuazione delle direttive ricevute, controllandone la corretta ese-

cuzione da parte dei lavoratori ed esercitando un funzionale pote-

re di iniziativa;

f) «responsabile del servizio di prevenzione e protezione»:

persona in possesso delle capacità e dei requisiti professionali di

cui all’articolo 32 designata dal datore di lavoro, a cui risponde,

per coordinare il servizio di prevenzione e protezione dai rischi;

g) «addetto al servizio di prevenzione e protezione»:

persona in possesso delle capacità e dei requisiti professionali di

cui all’articolo 32, facente parte del servizio di cui alla lettera l);

h) «medico competente»:

medico in possesso di uno dei titoli e dei requisiti formativi e pro-

fessionali di cui all’articolo 38, che collabora, secondo quanto pre-

visto all’articolo 29, comma 1, con il datore di lavoro ai fini della

valutazione dei rischi ed è nominato dallo stesso per effettuare la

sorveglianza sanitaria e per tutti gli altri compiti di cui al presente

decreto;

i) «rappresentante dei lavoratori per la sicurezza»:

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Sicurezza Lavoro

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persona eletta o designata per rappresentare i lavoratori per quan-

to concerne gli aspetti della salute e della sicurezza durante il la-

voro;

l) «servizio di prevenzione e protezione dai rischi»:

insieme delle persone, sistemi e mezzi esterni o interni all’azienda

finalizzati all’attività di prevenzione e protezione dai rischi pro-

fessionali per i lavoratori;

m) «sorveglianza sanitaria»:

insieme degli atti medici, finalizzati alla tutela dello stato di salu-

te e sicurezza dei lavoratori, in relazione all’ambiente di lavoro, ai

fattori di rischio professionali e alle modalità di svolgimento del-

l’attività lavorativa;

n) «prevenzione»:

il complesso delle disposizioni o misure necessarie anche secondo

la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, per evitare o

diminuire i rischi professionali nel rispetto della salute della popo-

lazione e dell’integrità dell’ambiente esterno;

o) «salute»:

stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, non consi-

stente solo in un’assenza di malattia d’infermità;

p) «sistema di promozione della salute e sicurezza»:

complesso dei soggetti istituzionali che concorrono, con la parte-

cipazione delle parti sociali, alla realizzazione dei programmi di

intervento finalizzati a migliorare le condizioni di salute e sicurez-

za dei lavoratori;

q) «valutazione dei rischi»:

valutazione globale e documentata di tutti i rischi per la salute e si-

curezza dei lavoratori presenti nell’ambito dell’organizzazione in

cui essi prestano la propria attività, finalizzata ad individuare le

adeguate misure di prevenzione e di protezione e ad elaborare il

programma delle misure atte a garantire il miglioramento nel tem-

po dei livelli di salute e sicurezza;

r) «pericolo»:

proprietà o qualità intrinseca di un determinato fattore avente il po-

tenziale di causare danni;

s) «rischio»:

25

Capitolo 1

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probabilità di raggiungimento del livello potenziale di danno nelle

condizioni di impiego o di esposizione ad un determinato fattore o

agente oppure alla loro combinazione;

t) «unità produttiva»:

stabilimento o struttura finalizzati alla produzione di beni o all’e-

rogazione di servizi, dotati di autonomia finanziaria e tecnico fun-

zionale;

u) «norma tecnica»:

specifica tecnica, approvata e pubblicata da un’organizzazione in-

ternazionale, da un organismo europeo o da un organismo nazio-

nale di normalizzazione, la cui osservanza non sia obbligatoria;

v) «buone prassi»:

soluzioni organizzative o procedurali coerenti con la normativa vi-

gente e con le norme di buona tecnica, adottate volontariamente e

finalizzate a promuovere la salute e sicurezza sui luoghi di lavoro

attraverso la riduzione dei rischi e il miglioramento delle condi-

zioni di lavoro, elaborate e raccolte dalle regioni, dall’Istituto su-

periore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro (ISPESL), dal-

l’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul la-

voro (INAIL) e dagli organismi paritetici di cui all’articolo 51, va-

lidate dalla Commissione consultiva permanente di cui all’articolo

6, previa istruttoria tecnica dell’ISPESL, che provvede a assicurar-

ne la più ampia diffusione;

z) «linee guida»:

atti di indirizzo e coordinamento per l’applicazione della normati-

va in materia di salute e sicurezza predisposti dai Ministeri, dalle

regioni, dall’ISPESL e dall’INAIL e approvati in sede di Confe-

renza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le provin-

ce autonome di Trento e di Bolzano;

aa) «formazione»:

processo educativo attraverso il quale trasferire ai lavoratori ed

agli altri soggetti del sistema di prevenzione e protezione azienda-

le conoscenze e procedure utili alla acquisizione ìdi competenze

per lo svolgimento in sicurezza dei rispettivi compiti in azienda e

alla identificazione, alla riduzione e alla gestione dei rischi;

bb) «informazione»:

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Sicurezza Lavoro

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complesso delle attività dirette a fornire conoscenze utili alla iden-

tificazione, alla riduzione e alla gestione dei rischi in ambiente di

lavoro;

cc) «addestramento»:

complesso delle attività dirette a fare apprendere ai lavoratori l’u-

so corretto di attrezzature, macchine, impianti, sostanze, dispositi-

vi, anche di protezione individuale, e le procedure di lavoro;

dd) «modello di organizzazione e di gestione»:

modello organizzativo e gestionale per la definizione e l’attuazio-

ne di una politica aziendale per la salute e sicurezza, ai sensi del-

l’articolo 6, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 8 giugno

2001, n. 231, idoneo a prevenire i reati di cui agli articoli 589 e

590, terzo comma, del codice penale, commessi con violazione

delle norme antinfortunistiche e sulla tutela della salute sul lavoro;

ee) «organismi paritetici»:

organismi costituiti a iniziativa di una o più associazioni dei dato-

ri e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative

sul piano nazionale, quali sedi privilegiate per: la programmazio-

ne di attività formative e l’elaborazione e la raccolta di buone pras-

si a fini prevenzionistici; lo sviluppo di azioni inerenti alla salute e

alla sicurezza sul lavoro; l’assistenza alle imprese finalizzata al-

l’attuazione degli adempimenti in materia; ogni altra attività o fun-

zione assegnata loro dalla legge o dai contratti collettivi di riferi-

mento;

ff) «responsabilità sociale delle imprese»:

integrazione volontaria delle preoccupazioni sociali ed ecologiche

delle aziende e organizzazioni nelle loro attività commerciali e nei

loro rapporti con le parti interessate.

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Capitolo 1

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2. lo stress nelle organizzazionie negli aMBienti Di lavoro

2.1. lo stress CoMe FenoMenogloBale…

Dai documenti ufficiali emerge chiaramente che in Europa lo stress

costituisce il secondo problema di salute nel mondo del lavoro

In particolare, in una recente relazione dell’Osservatorio europeo dei

rischi7 viene fatto rilevare che sta aumentando il numero di persone

esposte a rischi psicosociali sul lavoro.

Più della metà delle giornate di lavoro perse è riconducibile allo stress.

In questi ultimi anni si è modificato, in maniera significativa e non

sempre condivisa, il cosiddetto mercato del lavoro; si è assistito ad un

aumento del ricorso a contratti flessibili, all’intensificazione delle at-

tività lavorative individuali, oltre ad un crescendo di episodi diversi di

violenza (mobbing, molestie, e così via), nonché ad un ampliamento

della distonia tra vita lavorativa e vita privata.

Sembra, quasi, che vi sia una sorta di assottigliamento dei momenti di

benessere, mentre il “malessere ambientale” accomuna sempre di più

la “zona lavorativa” rispetto alla “zona familiare” della vita quotidia-

na di ciascuno di noi. Non risulta più esserci una soluzione di conti-

nuità al malessere quotidiano di ciascun lavoratore; è quello che vie-

ne chiamato l’“effetto corridoio”. Anzi nei momenti di collegamento

dedicati agli spostamenti, la stessa mobilità (individuale, collettiva o

pubblica che sia) è causa di un accrescimento delle condizioni di ma-

lessere.

Una cosa è certa: è presente in maniera pesante un aumento delle si-

tuazioni di stress tra la stragrande maggioranza dei lavoratori.

28

7 L’Osservatorio europeo dei rischi, istituito nel 2005 come parte integrantedell’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro, si pone l’obiet-tivo di individuare i nuovi ed emergenti rischi, nonché di promuovere un in-sieme di azioni di prevenzione. Per farlo, l’Osservatorio analizza le tendenzee i cambiamenti nel mondo del lavoro determinandone le principali conse-guenze in termini di sicurezza e salute.

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A tal riguardo di recente in una pubblicazione il direttore dell’Agen-

zia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro (EU-OSHA) mani-

festava preoccupazioni per i dati che davano evidenza della crescita

continentale di questo fenomeno negativo; in particolare sottolineava

che “lo stress legato all’attività lavorativa è una delle principali sfide

dell’Europa nella sfera della salute e della sicurezza sul lavoro (SSL)

e il numero di persone che lamentano situazioni di disagio provocate

dallo stress o aggravate dal lavoro è destinato ad aumentare nel tem-

po”.

Si riportano alcuni dati per meglio rappresentare il fenomeno.

“Lo stress è il secondo problema sanitario legato all’attività lavo-rativa segnalato più di frequente in europa, un problema che col-

pisce il 22% dei lavoratori dell’UE (2005). Dagli studi condotti emer-

ge che una percentuale compresa tra il 50% e il 60% di tutte le gior-

nate lavorative perse è riconducibile allo stress”.

Nel 2002 il costo economico annuo dello stress legato all’attività la-

vorativa nell’Unione Europea ammontava a 20 miliardi di euro: i pro-

blemi psicosociali rischiano di incidere pesantemente non solo sulla

salute del singolo ma anche su quella delle aziende e delle economie

nazionali.

Dall’esame della 3^ relazione dell’Osservatorio europeo -sui rischi

nuovi ed emergenti- si rilevano, quindi, oltre ad importanti modifica-

zioni all’interno dell’ambito lavorativo (in conseguenza dell’introdu-

zione di nuove tecnologie, di nuovi materiali, di nuovi processi lavo-

rativi, e così via), un insieme di importanti famiglie di rischi psicoso-

ciali che si sintetizzano di seguito.

il lavoro precarioI lavoratori con contratti precari, generalmente a basso reddito e con

poche opportunità di formazione e progressione di carriera “tendono

a svolgere i lavori più pericolosi, a lavorare in condizioni peggiori e

a ricevere meno formazione in materia di salute e sicurezza sul lavo-

ro”.

L’incertezza lavorativa, legata alla precarietà, aumenta poi “in manie-

ra esponenziale lo stress causato dall’attività lavorativa”.

l’intensificazione del lavoro“Scadenze strette e un ritmo di lavoro serrato sottopongono un nu-

29

Capitolo 2

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mero crescente di lavoratori nell’UE a un carico di lavoro elevato e a

una pressione eccessiva”.

Causa di stress, in questo senso, è anche la “riduzione dei posti di la-

voro, il moltiplicarsi delle informazioni da gestire sul lavoro quale

frutto delle nuove tecnologie di comunicazione e un volume sempre

crescente di responsabilità condivise da sempre meno colleghi”.

violenza e bullismoIl fenomeno della violenza nei luoghi di lavoro sta assumendo dimen-

sioni sempre più preoccupanti, specialmente nei settori della sanità e

dei servizi. La conseguenza può portare al “deterioramento dell’auto-

stima, disturbi d’ansia, depressione e persino il suicidio”.

Questi fenomeni sono figli di un preoccupante incattivimento del-

l’ambiente di lavoro e di una disumanizzazione delle relazioni tra la-

voratori; in questi ambiti relazionali deteriorati le persone riescono a

dare il peggio di sé non riuscendo più ad inibire gli istinti animali del-

la sopraffazione anche nello stesso branco.

scarso equilibrio tra lavoro e vita privataMolto lavoro e orari poco flessibili o troppo variabili portano come

conseguenza un disequilibrio tra attività lavorativa e vita privata, so-

prattutto per le donne, che spesso sono costrette a fare “il doppio tur-

no”: prima sul lavoro, poi a casa.

Oltre il 40% dei lavoratori dell’Unione Europea con un orario di la-

voro lungo dichiara di non essere soddisfatto dell’equilibrio tra lavo-

ro e vita privata.

invecchiamento della forza lavoroL’innalzamento dell’età di pensionamento comporta come conse-

guenza una maggiore vulnerabilità ai pericoli derivanti da condizioni

di lavoro peggiori rispetto ai dipendenti più giovani.

Ai lavoratori più anziani si offrono meno opportunità di formazione

permanente con conseguente aumento della pressione mentale ed

emotiva.

Pertanto, ridurre lo stress legato all’attività lavorativa e i rischi psico-

sociali non può essere solo lasciato all’obbligo morale dei singoli, do-

vrebbe essere un dovere del legislatore nazionale e continentale per far

sì che cambi la cultura e le regole all’interno delle organizzazioni.

Influendo significativamente sulla salute delle persone inserite nei

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Sicurezza Lavoro

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processi lavorativi, lo stress condiziona pesantemente sia i costi sociali

della collettività, sia i costi aziendali.

2. 2 lo stress Da lavoro Correlato el’aCCorDo euroPeo Dell’8 ottoBre2004

Lo stress è uno stato di malessere “che si manifesta con sintomi fi-

sici, psichici o sociali legati alla incapacità delle persone di colmare

uno scarto tra i loro bisogni e le loro aspettative e la loro attività la-

vorativa”, ma “non è una malattia”, anche se “una esposizione pro-

lungata allo stress può diminuire l’efficienza lavorativa e causare

problemi di salute”.

Così riporta il testo dell’Accordo Europeo quadro firmato l´8 ottobre

2004 dalle quattro maggiori organizzazioni europee di lavoratori ed

imprenditori, e precisamente:

• la Confederazione europea dei sindacati - CES,

• l’Unione delle confederazioni industriali d’Europa - UNICE,

• l’Unione europea dell’artigianato e delle PMI - UEAPME

e

• il Centro europeo delle imprese pubbliche e delle imprese di interes-

se economico generale - CEEP.

L’Accordo Quadro Europeo sottoscritto in data 8 ottobre 2004. per

combattere insieme lo stress sui posti di lavoro, è stato sottoposto alla

Commissione europea, e firmato dopo 9 mesi di negoziati.

è previsto che la violenza sul lavoro, il logorio e lo stress post-trau-

matico vengano discussi successivamente nell’ambito del dialogo so-

ciale europeo.

L’accordo volontario e non vincolante ha per obiettivo di “aumenta-

re la consapevolezza e la comprensione di imprenditori, lavoratori e

loro rappresentanti sulla questione dello stress lavorativo”.

“Non propone ricette miracolose, perchè lo stress è un problema

complesso, che varia secondo le persone e le aziende”.

Un alto tasso di assenteismo, di turnover, di conflittualità o di conte-

stazioni dei dipendenti sono alcuni dei segnali che dovrebbero allar-

mare gli imprenditori e i manager aziendali sul malessere che si cova

31

Capitolo 2

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all’interno delle loro organizzazioni.

Fattori di stress “oggettivi” sono:

• l’organizzazione del lavoro,

• le condizioni e l’ambiente lavorativi,

• la comunicazione.

Fattori di stress “soggettivi” sono:

• le pressioni psicologiche e sociali,

• la sensazione di incapacità ad affrontarle,

l’impressione di non essere sostenuti.

Gli imprenditori “hanno l’obbligo legale di proteggere la sicurezza e

la salute dei lavoratori”, conformemente alla direttiva europea 39 del

1989.

Gli Stati membri avranno tre anni di tempo dalla firma dell’Accordo

per trasporre nelle legislazioni nazionali le disposizioni contenute nel

testo.

Era stato previsto che trascorsi quattro anni sarebbe stato formulato un

bilancio delle realizzazioni fatte.

aCCorDo euroPeo sullo stress sullavoro

(Accordo siglato in data 8 ottobre 2004)

1. Introduzione

Lo stress da lavoro è considerato, a livello internazionale, europeo e

nazionale, un problema sia dai datori di lavoro che dai lavoratori.

Avendo individuato l’esigenza di un’azione comune specifica in rela-

zione a questo problema e anticipando una consultazione sullo stress

da parte della Commissione, le parti sociali europee hanno inserito

questo tema nel programma di lavoro del dialogo sociale 2003-2005.

Lo stress, potenzialmente, può colpire in qualunque luogo di lavoro e

qualunque lavoratore, a prescindere dalla dimensione dell’azienda, dal

campo di attività, dal tipo di contratto o di rapporto di lavoro.

In pratica non tutti i luoghi di lavoro e non tutti i lavoratori ne sono ne-

cessariamente interessati.

32

Sicurezza Lavoro

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Considerare il problema dello stress sul lavoro può voler dire una

maggiore efficienza e un deciso miglioramento delle condizioni di sa-

lute e sicurezza sul lavoro, con conseguenti benefici economici e so-

ciali per le aziende, i lavoratori e la società nel suo insieme.

Nel considerare lo stress da lavoro è essenziale tener conto delle di-

versità che caratterizzano i lavoratori.

2. Oggetto

Lo scopo dell’accordo è migliorare la consapevolezza e la compren-

sione dello stress da lavoro da parte dei datori di lavoro, dei lavorato-

ri e dei loro rappresentanti, attirando la loro attenzione sui sintomi che

possono indicare l’insorgenza di problemi di stress da lavoro.

L’obiettivo di questo accordo è di offrire ai datori di lavoro e ai lavo-

ratori un modello che consenta di individuare e di prevenire o gestire

i problemi di stress da lavoro. Il suo scopo non è quello di colpevoliz-

zare (far vergognare) l’individuo rispetto allo stress.

Riconoscendo che la sopraffazione e la violenza sul lavoro sono fat-

tori stressogeni potenziali ma che il programma di lavoro 2003-2005

delle parti sociali europee prevede la possibilità di una contrattazione

specifica su questi problemi, il presente accordo non riguarda né la

violenza sul lavoro, né la sopraffazione sul lavoro, né lo stress post-

traumatico.

3. Descrizione dello stress e dello stress da lavoro

Lo stress è uno stato, che si accompagna a malessere e disfunzioni fi-

siche, psicologiche o sociali ed che consegue dal fatto che le persone

non si sentono in grado di superare i gap rispetto alle richieste o alle

attese nei loro confronti.

L’individuo è capace di reagire alle pressioni a cui è sottoposto nel

breve termine, e queste possono essere considerate positive8, ma di

fronte ad una esposizione prolungata a forti pressioni egli avverte

grosse difficoltà di reazione.

Inoltre, persone diverse possono reagire in modo diverso a situazioni

33

Capitolo 2

8 Per lo sviluppo dell’individuo stesso (ndt)

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simili e una stessa persona può, in momenti diversi della propria vita,

reagire in maniera diversa a situazioni simili.

Lo stress non è una malattia ma una esposizione prolungata allo stress

può ridurre l’efficienza sul lavoro e causare problemi di salute.

Lo stress indotto da fattori esterni all’ambiente di lavoro può condur-

re a cambiamenti nel comportamento e ridurre l’efficienza sul lavoro.

Tutte le manifestazioni di stress sul lavoro non vanno considerate cau-

sate dal lavoro stesso.

Lo stress da lavoro può essere causato da vari fattori quali il contenu-

to e l’organizzazione del lavoro, l’ambiente di lavoro, una comunica-

zione “povera”, e così via.

4. Individuazione dei problemi di stress da lavoro

Data la complessità del fenomeno stress, questo accordo non intende

fornire una lista esaustiva dei potenziali indicatori di stress.

Tuttavia, un alto assenteismo o un’elevata rotazione del personale,

conflitti interpersonali o lamentele frequenti da parte dei lavoratori so-

no alcuni dei sintomi che possono rivelare la presenza di stress da la-

voro.

L’individuazione di un problema di stress da lavoro può avvenire at-

traverso un’analisi di fattori quali:

• l’organizzazione e i processi di lavoro (pianificazione dell’orario di

lavoro, grado di autonomia, grado di coincidenza tra esigenze impo-

ste dal lavoro e capacità/conoscenze dei lavoratori, carico di lavoro,

e così via),

• le condizioni e l’ambiente di lavoro (esposizione ad un comporta-

mento illecito, al rumore, al calore, a sostanze pericolose, ecc.),

• la comunicazione (incertezza circa le aspettative riguardo al lavoro,

prospettive di occupazione, un futuro cambiamento, ecc.)

e

• i fattori soggettivi ( pressioni emotive e sociali, sensazione di non

poter far fronte alla situazione, percezione di una mancanza di aiuto,

ecc.).

Se il problema di stress da lavoro è identificato, bisogna agire per pre-

venirlo, eliminarlo o ridurlo.

La responsabilità di stabilire le misure adeguate da adottare spetta al

34

Sicurezza Lavoro

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datore di lavoro.

Queste misure saranno attuate con la partecipazione e la collaborazio-

ne dei lavoratori e/o dei loro rappresentanti.

5. Responsabilità dei datori di lavoro e dei

lavoratori

In base alla Direttiva quadro UE 89/3919, tutti i datori di lavoro sono

obbligati per legge a tutelare la sicurezza e la salute dei lavoratori.

Questo dovere riguarda anche i problemi di stress da lavoro in quanto

costituiscano un rischio per la salute e la sicurezza.

Tutti i lavoratori hanno il dovere generale di rispettare le misure di

protezione decise dal datore di lavoro.

I problemi associati allo stress possono essere affrontati nel quadro del

processo di valutazione di tutti rischi, programmando una politica

aziendale specifica in materia di stress e/o attraverso misure specifi-

che mirate per ogni fattore di stress individuato.

6. Prevenire, eliminare o ridurre i problemi di

stress da lavoro

Per prevenire, eliminare o ridurre questi problemi si può ricorrere a

varie misure.

Queste misure possono essere collettive, individuali o tutte e due in-

sieme.

Si possono introdurre misure specifiche per ciascun fattore di stress

individuato oppure le misure possono rientrare nel quadro di una po-

litica anti-stress integrata che sia contemporaneamente preventiva e

valutabile.

Dove l’azienda non può disporre al suo interno di competenze suffi-

cienti, può ricorrere a competenze esterne in conformità alle leggi eu-

ropee e nazionali, ai contratti collettivi e alle prassi.

Una volta definite, le misure anti-stress dovrebbero essere riesamina-

te regolarmente per valutarne l’efficacia e stabilire se utilizzano in mo-

35

Capitolo 2

9 è la Direttiva UE che ha dato origine al Decreto Legislativo n. 626/1994(ndt).

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do ottimale le risorse disponibili e se sono ancora appropriate o ne-

cessarie.

Queste misure possono comprendere ad esempio:

• misure di gestione e di comunicazione in grado di chiarire gli obiet-

tivi aziendali e il ruolo di ciascun lavoratore, di assicurare un soste-

gno adeguato da parte della direzione ai singoli individui e ai team

di lavoro, di portare a coerenza responsabilità e controllo sul lavoro,

di migliorare l’organizzazione, i processi, le condizioni e l’ambiente

di lavoro.

• la formazione dei dirigenti e dei lavoratori per migliorare la loro con-

sapevolezza e la loro comprensione nei confronti dello stress, delle

sue possibili cause e del modo in cui affrontarlo, e/o per adattarsi al

cambiamento

• l’informazione e la consultazione dei lavoratori e/o dei loro rappre-

sentanti, in conformità alla legislazione europea e nazionale, ai con-

tratti collettivi e alle prassi.

7. Attuazione e controllo nel tempo

In base all’art. 139 del Trattato questo Accordo-Quadro europeo vo-

lontario impegna i membri dell’UNICE/UEAPME, del CEEP e della

CES ( e del Comitato di Collegamento EUROCADRES/CEC) ad im-

plementarlo in accordo con le procedure e le pratiche proprie delle

parti sociali nei vari Stati membri e nei paesi dell’Area Economica Eu-

ropea.

I firmatari invitano anche le loro organizzazioni affiliate nei paesi can-

didati ad attuare questo Accordo.

L’implementazione di questo accordo sarà effettuata entro tre anni dal-

la data della sua firma.

Le organizzazioni affiliate notificheranno l’applicazione dell’accordo

al Comitato del dialogo sociale.

Nel corso dei primi tre anni successivi alla firma dell’accordo il Co-

mitato del dialogo sociale predisporrà una tabella annuale riassuntiva

della situazione relativa all’implementazione dell’accordo.

Nel corso del quarto anno il Comitato redigerà un rapporto completo

sulle azioni intraprese ai fini dell’attuazione dell’accordo.

I firmatari valuteranno e riesamineranno l’accordo in qualunque mo-

36

Sicurezza Lavoro

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mento su richiesta di uno di loro una volta trascorsi cinque anni dalla

data della firma.

In caso di domande in merito al contenuto dell’ accordo le organizza-

zioni affiliate interessate possono rivolgersi congiuntamente o separa-

tamente ai firmatari che risponderanno loro congiuntamente o separa-

tamente.

Nell’attuare questo accordo i membri delle organizzazioni firmatarie

evitino di imporre oneri inutili alle PMI.

L’attuazione di questo accordo non costituisce un valido motivo per ri-

durre il livello generale di protezione concesso ai lavoratori nell’am-

bito di questo accordo.

Questo accordo non pregiudica il diritto delle partner sociali di con-

cludere, ai livelli adeguati, incluso il livello europeo, accordi che adat-

tino e/o completino questo accordo in modo da prendere in conside-

razione le esigenze specifiche delle parti sociali interessate.

37

Capitolo 2

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3. la valutazione Dei risCHi Dello stress Da lavoro Correlato

3.1 lo stress legato alle attivitàlavorative

La European Agency for Safety anf Health at Work, in collaborazio-

ne con la Hedalthy Workplaces, ha lanciato una interessante “campa-

gna europea sulla valutazione del rischio”, disponibile su internet10,

della quale si ritiene utile riportare alcuni dei passaggi più significati-

vi, al fine di poter fissare i concetti-base.

a. stress legato all’attività lavorativa: un problema importante• Lo stress è il secondo problema di salute legato all’attività lavorati-

va che viene riferito più frequentemente;

• lo stress interessa quasi un lavoratore europeo su quattro;

• dagli studi condotti emerge che una percentuale compresa tra il 50 %

38

10 http://hw.osha.europa.eu

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e il 60 % di tutte le giornate lavorative perse è dovuta allo stress;

• nel 2002 il costo economico dello stress legato all’attività lavorativa

nell’UE a 15 era di circa 20.000 milioni di Euro;

• il numero di persone che soffrono di stress legato all’attività lavora-

tiva è destinato ad aumentare.

B. Perché è un problema di vasta portata?Sono sempre più numerose le persone che vengono colpite da proble-

mi di stress sul luogo di lavoro.

I principali motivi sono:

• innovazioni apportate alla progettazione, all’organizzazione ed alla

gestione del lavoro;

• contratti precari;

• precarietà del lavoro;

• aumento del carico di lavoro e del ritmo di lavoro;

• elevate pressioni emotive esercitate sui lavoratori;

• violenza e molestie di natura psicologica;

• scarso equilibrio tra lavoro e vita privata.

C. lo stress legato all’attività lavorativa • Lo stress si manifesta quando le persone percepiscono uno squilibrio

tra:

- le richieste avanzate nei loro confronti

e

- le risorse a loro disposizione per far fronte a tali richieste;

• lo stress diventa un rischio per la sicurezza e la salute quando è pro-

lungato nel tempo; 

• lo stress può portare a problemi di salute mentale e fisica.

D. chi ne è colpito?• Lo stress sul lavoro può colpire:

- chiunque, a qualsiasi livello;

- qualsiasi settore;

- aziende di ogni dimensione;

• lo stress influisce:

- sulla salute e la sicurezza delle singole persone;

- sulla salute delle imprese;

- sulla salute delle economie nazionali;

• lo stress può mettere in pericolo la sicurezza sul luogo di lavoro e

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Capitolo 3

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contribuire a far insorgere altri problemi di salute legati alle atti-

vità lavorative quali i disturbi muscolo-scheletrici;

• lo stress incide, in misura massiccia, sul risultato economico di

una organizzazione.

e. sintomi dello stress legato all’attività lavorativa a livello aziendale:• assenteismo;

• frequente avvicendamento del personale;

• problemi disciplinari;

• violenza e molestie di natura psicologica;

• riduzione della produttività;

• errori e infortuni;

• aumento dei costi d’indennizzo o delle spese mediche.

a livello individuale:• reazioni emotive (irritabilità, ansia, disturbi del sonno, depressio-

ne, ipocondria, alienazione, spossatezza, problemi relazionali con

la famiglia);

• reazioni cognitive (difficoltà di concentrazione, perdita della me-

moria, scarsa propensione all’apprendimento di cose nuove, ri-

dotta capacità decisionale);

• reazioni comportamentali (abuso di sostanze stupefacenti, alcol o

tabacco, comportamento distruttivo);

• reazioni fisiologiche (problemi alla schiena, indebolimento del si-

stema immunitario, ulcere peptiche, disturbi cardiaci, ipertensio-

ne).

F. normativa – responsabilità del datore di lavoro • Dal punto di vista giuridico, i datori di lavoro hanno l’obbligo di

gestire lo stress legato all’attività lavorativa al pari di qualsiasi al-

tro rischio per la salute e la sicurezza presente sul luogo di lavo-

ro;

• lo stress legato alle attività lavorative si può prevenire adottando

azioni appropriate;

• fondamentale, a tale proposito, è la valutazione dei rischi;

• i datori di lavoro hanno l’obbligo giuridico di effettuare regolar-

mente una valutazione del rischio sul posto di lavoro.

g. in cosa consiste la valutazione del rischio?

40

Sicurezza Lavoro

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• La valutazione del rischio è un processo di valutazione dei rischi

per la sicurezza e la salute dei lavoratori derivanti da pericoli pre-

senti sul luogo di lavoro. Consiste in un esame sistematico di tut-

ti gli aspetti dell’attività lavorativa per stabilire:

- cosa può provocare lesioni o danni;

- se è possibile eliminare i pericoli e, nel caso in cui ciò non sia

possibile;

- quali misure preventive o di protezione devono essere messe in

atto per controllare i rischi;

• la valutazione del rischio è la base per una gestione efficace dello

stress legato all’attività lavorativa.

H. la valutazione del rischio concernente lo stress • Indipendentemente da chi effettua la valutazione del rischio, è

fondamentale che i lavoratori vengano consultati e siano coinvol-

ti in questo processo. Essi:

- conoscono il luogo di lavoro;

- dovranno mettere in atto eventuali modifiche delle condizio-

ni/pratiche di lavoro;

• non è possibile stabilire dalla sola analisi della situazione il grado

di stress che essa può provocare.

• La valutazione del rischio concernente lo stress richiede l’adozio-

ne degli stessi principi e dei processi basilari degli altri rischi oc-

cupazionali;

• sono disponibili diversi metodi; tuttavia, per la maggior parte del-

le imprese potrebbe risultare positivo un semplice approccio in

cinque fasi:

a. individuare i pericoli e le persone a rischio;

b. valutare e attribuire un ordine di priorità ai rischi;

c. decidere quali azioni preventive adottare;

d. intervenire con azioni concrete;

e. controllare e revisionare.

i. Fase 1: individuare i pericoli e le persone a rischio Tra i fattori da considerare in relazione allo stress si annoverano:

• l’eccessivo carico di lavoro o l’esposizione a pericoli fisici;

• la possibilità che i lavoratori abbiano un controllo sullo svolgi-

mento delle proprie attività;

41

Capitolo 3

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• la comprensione o meno del proprio ruolo da parte dei lavora-

tori;

• le relazioni interpersonali, inclusi problemi quali molestie e

violenza;

• il sostegno dei colleghi e dei responsabili

• la formazione necessaria per eseguire le mansioni affidate.

• Ogni persona è vulnerabile, a seconda delle pressioni a cui è

sottoposta in un determinato momento;

• per determinare le persone o i gruppi di lavoratori a rischio pos-

sono essere utili i seguenti fattori:

- assenteismo,

- frequente avvicendamento del personale,

- comunicazione aggressiva,

- infortuni,

- problemi psicosociali,

- problemi di salute,

- lamentele da parte dei lavoratori,

- ecc.;

• particolare attenzione deve essere prestata ai gruppi di lavora-

tori maggiormente a rischio, per esempio i lavoratori con disa-

bilità, i lavoratori migranti, i lavoratori giovani e anziani.

l. Fase 2: valutare e attribuire un ordine di priorità ai rischi• Valutare i rischi derivanti dai pericoli individuati, consideran-

do:

- la probabilità che un pericolo arrechi danno;

- la possibile gravità del danno;

- la frequenza (e il numero) dei rischi a cui i lavoratori sono esposti;

• elencare i rischi in ordine di importanza;

• utilizzare l’elenco per redigere un piano d’azione.

M. Fase 3: decidere l’azione preventiva • è meglio prevenire i danni dello stress legato all’attività lavo-

rativa piuttosto che affrontarne le conseguenze a posteriori;

• la chiave per prevenire lo stress legato all’attività lavorativa va

ricercata nell’azienda e nella gestione del lavoro;

• tra le misure efficaci di prevenzione dello stress legato all’atti-

vità lavorativa vi sono:

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Sicurezza Lavoro

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- lasciare ai lavoratori il tempo necessario per eseguire le loro

mansioni;

- fornire descrizioni chiare dell’attività da svolgere;

- gratificare i lavoratori che assicurano buone prestazioni;

- consentire ai lavoratori di presentare lamentele e considerare

tali lamentele seriamente;

- permettere ai lavoratori di avere il controllo delle loro attività;

Tra le misure efficaci di prevenzione dello stress legato all’atti-

vità lavorativa ci sono anche:

• ridurre al minimo i rischi fisici;

• consentire ai lavoratori di partecipare alle decisioni che hanno

ripercussioni dirette su di loro;

• adattare i carichi di lavoro alle capacità e alle risorse di ciascun

lavoratore;

• assegnare le mansioni in modo che il lavoro sia stimolante;

• definire con chiarezza i ruoli e le responsabilità di lavoro;

• offrire possibilità di interazione sociale;

• evitare ambiguità per quanto riguarda la sicurezza del posto di

lavoro e le prospettive di sviluppo professionale.

n. Fase 4: intervenire • Mettere in atto misure di prevenzione e di protezione;

• un intervento efficace comprende l’elaborazione di un piano

che specifichi:

- le persone responsabili dell’attuazione di determinate misure;

- le scadenze entro cui portare a termine le azioni previste;

- i mezzi stanziati per mettere in atto le misure.

o. Fase 5: controllo e riesame• L’efficacia delle misure adottate per prevenire o ridurre lo

stress legato all’attività lavorativa deve essere monitorata;

• la valutazione dei rischi dovrebbe essere rivista:

- in caso di variazioni significative alla progettazione, all’orga-

nizzazione e alla gestione del lavoro;

- se le misure preventive in atto sono insufficienti o non sono

più adeguate;

- con sistematicità per garantire che i risultati della valutazione

dei rischi siano sempre pertinenti.

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Capitolo 3

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P. registrare la valutazione• La valutazione dei rischi deve essere registrata;

• tale registrazione può essere utilizzata per:

- trasmettere informazioni alle persone interessate (lavoratori, rap-

presentanti della sicurezza, dirigenti, preposti, e così via);

- monitorare se sono state introdotte le misure necessarie;

- fornire una prova alle autorità di vigilanza;

- rivedere le misure, nel caso in cui le circostanze cambino.

Q. Dove trovare informazioni• Sul sito della European Agency for Safety anf Health at Work so-

no disponibili molte informazioni e linee guida utili. In particolare:

- una sezione del sito dedicata allo stress legato all’attività lavorati-

va, comprendente pubblicazioni ed esempi di buona prassi da tut-

ta l’UE: http://osha.europa.eu/topics/stress

- una sezione del sito dedicata alla valutazione del rischio, com-

prendente strumenti e liste di controllo relativi alla valutazione dei

rischi: http://osha.europa.eu/topics/riskassessment

- informazioni specifiche per le PMI relative allo stress legato all’atti-

vità lavorativa: http://sme.osha.europa.eu/products/stress_at_work

- informazioni relative alle campagna sulla valutazione del rischio:

http://hw.osha.europa.eu

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Sicurezza Lavoro

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3.2. valutazione Dei risCHi11

La valutazione dei rischi è la base dell’approccio europeo per la pre-

venzione degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali.

Vi sono valide ragioni che confermano questa affermazione.

Infatti, se il processo di valutazione dei rischi viene condotto in ma-

niera inadeguata o se tale processo -che costituisce il punto di parten-

za dell’approccio alla gestione della salute e della sicurezza- non vie-

ne affrontato, è poco probabile che siano individuate o messe in atto

adeguate ed appropriate misure preventive.

Ogni anno milioni di persone all’interno della Unione Europea sono

vittime di infortuni sul lavoro o subiscono gravi danni alla salute.

è soprattutto questo il motivo per cui la valutazione dei rischi è vera-

mente importante e rappresenta la chiave di volta per realizzare con-

dizioni di sicurezza nei luoghi di lavoro.

La valutazione dei rischi è un processo dinamico, che consente alle

aziende e alle organizzazioni di mettere a punto una politica proattiva

di gestione dei rischi sul lavoro. Per queste ragioni è fondamentale che

ogni tipo di organizzazione (di qualsiasi dimensione) effettui regolar-

mente valutazioni dei rischi. Un’adeguata valutazione del rischio con-

siste, tra le altre cose, nell’assicurarsi che siano esaminati tutti rischi

pertinenti (non solo quelli classici e/o quelli di immediata percezione),

verificando l’efficienza delle misure di sicurezza adottate, documen-

tando gli esiti della valutazione e provvedendo regolarmente a una re-

visione della valutazione per garantire che rimanga aggiornata.

La norma comunitaria più importante in materia di valutazione dei ri-

schi è rappresentata dalla direttiva quadro 89/391/Cee.

Questa direttiva è stata recepita negli ordinamenti nazionali. Gli Stati

membri, tuttavia, hanno il diritto di poter adottare delle disposizioni

anche più rigorose al fine di tutelare i propri lavoratori.

La Commissione europea ha elaborato delle linee guida per aiutare gli

Stati membri, i datori di lavoro e i lavoratori a ottemperare agli obbli-

ghi a loro derivanti in materia di valutazione dei rischi ai sensi della

direttiva quadro 89/391/CEE.

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Capitolo 3

11 http://osha.europa.eu/it/topics/riskassessment/index_html

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Le informazioni fornite in questo capitolo sono riprese proprio da tali

linee guida:

• normativa;

• definizioni;

• scopo della valutazione dei rischi;

• strumenti di valutazione dei rischi.

normativaLa norma comunitaria più importante per quanto concerne la valuta-

zione del rischio è rappresentata dalla direttiva quadro 89/391/CEE.

Questa direttiva fornisce un quadro comprendente i “principi gene-rali relativi alla prevenzione dei rischi professionali… nonché di-rettive generali per l’attuazione dei principi generali precitati”(articolo 1, paragrafo 2). Essa stabilisce che i datori di lavoro sono re-

sponsabili di garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori in tutti gli

aspetti connessi con il lavoro, e che la valutazione dei rischi è un

aspetto integrante di questa gestione obbligatoria della sicurezza e del-

la salute sul lavoro (OSHM). Ai sensi della direttiva, la valutazione dei

rischi deve costituire il punto di partenza per un processo completo di

gestione della sicurezza e della salute sul lavoro. Essa gioca un ruolo

centrale poiché consente ai datori di lavoro di mettere in atto le misu-

re necessarie per tutelare la sicurezza e la salute dei loro dipendenti.

la direttiva quadro è stata recepita nella legislazione nazionale.

Definizioni

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Sicurezza Lavoro

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scopo della valutazione dei rischiQualsiasi datore di lavoro ha il dovere di garantire la sicurezza e la sa-

lute dei lavoratori in tutti gli aspetti connessi con l’attività lavorativa.

Lo scopo della valutazione dei rischi è di consentire al datore di lavo-

ro di adottare le misure necessarie per la tutela della sicurezza e della

salute dei lavoratori.

Tali misure comprendono:

• prevenire i rischi occupazionali;

• informare i lavoratori;

• addestrare i lavoratori;

• mettere a disposizione l’organizzazione e i mezzi per attuare le mi-

sure necessarie.

Sebbene lo scopo della valutazione dei rischi comprenda la preven-

zione dei rischi occupazionali -che è l’obiettivo principale al quale è

indispensabile mirare- ciò non sempre è possibile.

In questo caso, si rende necessario cercare, comunque, di ridurre il

grado di pericolosità e di mantenere sotto controllo i rischi residui.

I rischi residui andranno, a loro volta, rivalutati (in fasi successive ed

all’interno di un programma di revisione) considerando la possibilità

di eliminarli del tutto, grazie alla utilizzazione di nuove conoscenze

e/o di nuovi ritrovati.

La valutazione dei rischi dovrebbe essere strutturata e applicata in

maniera tale da consentire ai datori di lavoro di:

• individuare i pericoli presenti nell’ambiente di lavoro e valutare i

rischi associati a questi pericoli; stabilire quali misure vadano adot-

tate per proteggere la salute e la sicurezza delle persone dipendenti

e, comunque, di tutti i lavoratori, come previsto dalla vigente nor-

mativa;

• valutare i rischi allo scopo di una scelta informata delle attrezzatu-

re di lavoro, delle sostanze o dei preparati chimici utilizzati nonché

sia per attrezzare nel migliore dei modi gli ambienti di lavoro, sia per

garantire la migliore organizzazione delle attività lavorative previste;

• verificare che le misure poste in essere siano adeguate;

• dare un ordine di priorità per le eventuali altre misure ritenute ne-

cessarie ed individuate in conseguenza della valutazione dei rischi;

• dimostrare a se stessi, alle autorità competenti, ai lavoratori e ai lo-

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Capitolo 3

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ro rappresentanti di aver preso in considerazione tutti i fattori ri-

guardanti le attività lavorative e di aver conseguito un giudizio vali-

do ed informato relativamente ai rischi ed alle misure resesi neces-

sarie per tutelare al meglio la salute e la sicurezza dei lavoratori;

• garantire che le misure preventive ed i metodi di lavoro e di produ-

zione (ritenuti necessari e attuati in funzione di una valutazione dei

rischi) assicurino il miglioramento del livello di protezione dei la-

voratori.

strumenti di valutazione dei rischiLa letteratura tecnica mette a disposizione molteplici strumenti e me-

todologie per la valutazione dei rischi che possono risultare utili alle

organizzazioni al fine di valutare tutti i rischi presenti negli ambienti

di lavoro.

La scelta del metodo dipenderà dalle condizioni dei luoghi di lavoro:

per esempio, dal numero di lavoratori, dalla tipologia delle attività e

delle attrezzature utilizzate, dalle caratteristiche dei luoghi di lavoro e

dagli eventuali relativi rischi specifici.

Gli strumenti di valutazione dei rischi più comuni sono contenuti

in liste di controllo, che contribuiscono a individuare i pericoli esi-

stenti.

Altri tipi di strumenti di valutazione dei rischi comprendono: guide,documenti orientativi, manuali, opuscoli, questionari e “strumen-ti interattivi” (ad esempio: software specifici specializzati).

Questi strumenti possono essere generici oppure specifici per setto-

re/rischio.

L’Agenzia Europea ha elaborato una apposita banca dati degli stru-

menti di valutazione dei rischi, alimentata con dati che provengono da

tutta Europa. Questi strumenti sono disponibili gratuitamente on-line;

è previsto un aggiornamento continuo della suddetta “banca dati”.

Come effettuare una valutazione dei rischi A livello comunitario non risulterebbero esistere norme specifiche che

stabiliscono come effettuare le valutazioni dei rischi.

Tuttavia, in previsione di una valutazione dei rischi, è bene rispettare

i seguenti due principi:

1. strutturare la valutazione in modo da garantire che tutti i pericoli e

i rischi pertinenti siano presi in considerazione (per esempio, non

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Sicurezza Lavoro

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devono essere trascurate attività - come le pulizie - che potrebbero

essere svolte al di fuori del consueto orario di lavoro oppure servi-

zi secondari, come lo smaltimento dei rifiuti);

1. nel momento in cui si individua un rischio, è necessario avviare la

valutazione partendo dalla questione di base, vale a dire analizzan-

do se il rischio possa essere eliminato.

un approccio graduale alla valutazione dei rischiLe linee guida europee sulla valutazione dei rischi sul lavoro propon-

gono un approccio graduale per fasi.

Certamente, non si tratta dell’unico modo per svolgere una valutazio-

ne dei rischi, sussistendo a tale scopo una ampia varietà di metodi.

In altri termini non esiste il modo “giusto” per effettuare una valuta-

zione dei rischi: a seconda delle circostanze, possono rivelarsi effica-

ci approcci diversi.

è possibile suddividere la procedura di valutazione dei rischi (che in-

clude elementi di gestione dei rischi) in una serie di fasi, che vengo-

no elencate di seguito:

1. fissare un programma di valutazione dei rischi sul lavoro;

2. strutturare la valutazione (decidere l’approccio da adottare: geo-

grafico/funzionale/basato sui processi/sui flussi);

3. raccogliere informazioni;

4. individuare i pericoli;

5. individuare le persone a rischio;

6. identificare i modelli di esposizione dei soggetti a rischio;

7. valutare i rischi (la probabilità di subire un danno/la gravità del

danno nelle circostanze attuali);

8. esaminare le possibilità di eliminare o controllare i rischi;

9. attribuire un ordine di priorità alle azioni e decidere quali misure

di controllo attuare;

10. attuare le misure di controllo;

11. registrare la valutazione;

12. valutare l’efficacia delle azioni attuate;

13. rivedere le azioni (nel caso in cui vengano apportate delle modifi-

che o periodicamente);

14. monitorare il programma di valutazione dei rischi.

Per la maggior parte delle aziende, in particolare le piccole e medie

49

Capitolo 3

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imprese, dovrebbe essere sufficiente un semplice approccio alla valu-

tazione dei rischi in cinque fasi (che include elementi di gestione del

rischio).

Fase 1. individuare i pericoli e le persone a rischioIndividuare sul luogo di lavoro quali fattori siano potenzial-

mente in grado di arrecare danno e, quindi, identificare i la-

voratori che potrebbero risultare esposti a tali pericoli.

Fase 2. valutare e attribuire un ordine di priorità ai rischi  Valutare i rischi esistenti (la gravità, il grado di probabilità

di eventuali danni, e così via) e classificarli in ordine di im-

portanza.

Fase 3. Decidere l’azione preventiva Identificare le misure adeguate per eliminare o per tenere

sotto controllo i rischi residui.

Fase 4. intervenire con azioni concreteMettere in atto misure di protezione e di prevenzione attra-

verso un piano che definisca delle priorità.

Fase 5. Controllo e riesame La valutazione dei rischi dovrebbe essere periodicamente ri-

vista per essere mantenuta aggiornata.

Risulta, tuttavia, importante evidenziare che esistono metodi diversi,

altrettanto idonei, in particolare per quanto concerne rischi e situazio-

ni più complessi.

La scelta dell’approccio alla valutazione da adottare dipende da:

• la natura del luogo di lavoro (per esempio: una sede fissa oppure una

transitoria);

• il tipo di processo implicato (per esempio: operazioni ripetitive, pro-

cessi che si evolvono o che cambiano, lavoro secondo il fabbisogno);

• l’attività svolta (per esempio: attività ripetitive, incarichi occasiona-

li oppure ad elevato rischio);

• la complessità tecnica.

In alcuni casi può essere appropriato anche un unico esercizio di va-

lutazione, che tenga conto contemporaneamente di tutti i rischi pre-

senti sul lavoro o caratteristici di un’attività. In altri casi potrebbero ri-

sultare necessari approcci diversi per aree diverse all’interno dello

stesso ambiente di lavoro.

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Sicurezza Lavoro

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Documentare la valutazione dei rischi è necessario conservare una registrazione dei risultati delle valutazio-

ni dei rischi sul lavoro.

Tale registrazione può essere utilizzata come base per:

• trasmettere informazioni alle persone interessate;

• monitorare l’introduzione delle misure necessarie;

fornire una prova alle Autorità di vigilanza;

• provvedere ad una revisione, in caso di mutamenti nelle circostanze.

In particolare, viene raccomandato di registrare almeno le seguenti

principali informazioni:

• nome e funzione della persona o delle persone che effettuano l’ana-

lisi;

• pericoli e rischi individuati;

• gruppi di lavoratori esposti a determinati rischi;

• misure di protezione necessarie;

• informazioni specifiche sull’introduzione delle misure, fra cui nome

della persona responsabile e data;

• dati relativi alle successive disposizioni per il monitoraggio e la re-

visione, comprese le date e le persone coinvolte;

• informazioni in merito al coinvolgimento dei lavoratori e dei loro

rappresentanti nel processo di valutazione dei rischi.

Le registrazioni delle valutazioni vanno redatte consultando e coin-

volgendo i lavoratori e/o i loro rappresentanti ed andrebbero messe a

loro disposizione, a titolo informativo.

In ogni caso, i lavoratori interessati devono essere informati circa l’e-

sito di ciascuna valutazione che riguardi la loro postazione di lavoro e

sulle relative azioni da intraprendere.

ruoli e responsabilità dei datori di lavoro Rientrano fra le responsabilità dei datori di lavoro la puntuale prepara-

zione di ciascuna attività nell’ambito della valutazione dei rischi non-

ché l’attuazione delle misure necessarie per proteggere la sicurezza e la

salute dei lavoratori. A tal fine, si raccomanda ai datori di lavoro di

adottare un piano d’azione per l’eliminazione e il controllo dei rischi.

Il piano d’azione dovrebbe includere:

• commissione, organizzazione e coordinamento della valutazione;

• nomina di personale competente in grado di svolgere le valutazioni.

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Capitolo 3

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La valutazione del rischio può essere svolta da:

• i datori di lavoro stessi;

• i lavoratori designati dai datori di lavoro;

• gli addetti alla valutazione e fornitori di servizi esterni, se in azienda

non dovessero essere presenti le necessarie competenze.

Le persone incaricate dal datore di lavoro di effettuare le valutazioni

dei rischi possono dare prova della loro competenza, dimostrando le

seguenti capacità:

• una comprensione dell’approccio generale alla valutazione dei rischi;

• la capacità di applicare queste conoscenze sul posto di lavoro;

• la capacità di identificare le situazioni in cui non sarebbero in grado

di valutare i rischi in modo adeguato senza un aiuto e la capacità di

segnalare la necessità di ulteriore assistenza;

• consultare i rappresentanti dei lavoratori in merito alle disposizioni

per la nomina delle persone che effettueranno le valutazioni;

• fornire le informazioni, la formazione, le risorse e il sostegno neces-

sari ai valutatori dipendenti dei datori di lavoro;

• garantire un adeguato coordinamento tra i valutatori (se necessario);

• coinvolgere la direzione ed incoraggiare la partecipazione dei lavo-

ratori;

• decidere le linee direttrici per il riesame e la revisione della valuta-

zione dei rischi;

• garantire che le misure di prevenzione e di protezione tengano con-

to dei risultati della valutazione;

• assicurare che la valutazione dei rischi sia documentata;

• monitorare le misure di protezione e di prevenzione, per garantirne

l’efficacia nel tempo;

• informare i lavoratori e/o i loro rappresentanti dei risultati della va-

lutazione e delle misure introdotte (mettere a loro disposizione le re-

gistrazioni).

ruoli e responsabilità dei lavoratori è importante che i lavoratori partecipino attivamente al processo di

valutazione dei rischi. Normalmente i lavoratori conoscono meglio di

altri le problematiche del lavoro e dovrebbero sapere bene come an-

drebbe svolto correttamente e nel dettaglio l’adempimento delle loro

mansioni, delle loro attività e/o delle loro incombenze; per questo mo-

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Sicurezza Lavoro

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tivo dovrebbero essere coinvolti nel processo di valutazione.

Le loro conoscenze o competenze pratiche, inoltre, sono spesso ne-

cessarie per elaborare misure di prevenzione efficaci.

La partecipazione dei lavoratori non è soltanto un diritto, bensì un’a-

zione fondamentale per assicurare una gestione della sicurezza e del-

la salute sul lavoro efficiente ed efficace da parte del datore di lavoro.

I lavoratori e/o i loro rappresentanti hanno il diritto/dovere di:

• essere consultati in merito all’organizzazione della valutazione dei

rischi ed alla nomina delle persone incaricate di effettuarla;

• partecipare alla valutazione dei rischi;

• avvertire i preposti, i dirigenti o i datori di lavoro sugli eventuali ri-

schi percepiti;

• segnalare i cambiamenti intervenuti all’interno dei luoghi di lavoro;

• essere informati sui rischi per la loro sicurezza e salute e sulle misu-

re necessarie per eliminare o ridurre tali rischi;

• essere coinvolti nel processo decisionale relativo alle misure di pre-

venzione e di protezione da mettere in atto;

• chiedere al datore di lavoro di attuare misure adeguate e di presenta-

re proposte per ridurre al minimo i rischi o rimuovere il pericolo al-

la fonte;

• cooperare per consentire al datore di lavoro di garantire un ambien-

te di lavoro sicuro;

• ricevere formazione/istruzioni relativamente alle misure di preven-

zione e protezione da mettere in atto;

• prendersi cura (per quanto possibile) della loro sicurezza e salute e

di quella di coloro che potrebbero subire eventualmente le conse-

guenze delle loro azioni, in conformità della formazione e delle istru-

zioni ricevute dal proprio datore di lavoro.

Inoltre, è importante che i rappresentanti dei lavoratori ricevano una

formazione adeguata, tale da consentire loro di comprendere bene le

tecniche e le dinamiche dalla valutazione dei rischi, nonché di essere

consapevoli del proprio ruolo all’interno della stessa

suggerimenti per chi valuta i rischiLe persone incaricate di svolgere le valutazioni dei rischi sul lavoro

devono essere a conoscenza di (e/o essere informate) su:

• i pericoli e i rischi già noti nonché le modalità con cui si verificano;

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Capitolo 3

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• i materiali, le attrezzature e le tecnologie impiegate sul lavoro;

• le procedure di lavoro, l’organizzazione dell’attività lavorativa e

l’interazione dei lavoratori con i materiali utilizzati;

• il tipo, la probabilità, la frequenza nonché la durata dell’esposizione

ai pericoli. In alcuni casi ciò potrebbe comportare l’applicazione di

tecniche di misurazione moderne e convalidate;

• il rapporto tra l’esposizione a un pericolo e il suo effetto;

• le norme e i requisiti giuridici pertinenti ai rischi presenti sul luogo

di lavoro;

• ciò che è ritenuto buona prassi nei settori non regolamentati da nor-

me specifiche.

I datori di lavoro devono assicurarsi che chiunque effettui la valuta-

zione dei rischi, che si tratti di un dipendente o di un consulente ester-

no, parli con i lavoratori o con altre persone, come i contraenti, che ef-

fettivamente svolgono l’attività esaminata.

Quando i dipendenti di datori di lavoro diversi operano nello stesso

luogo di lavoro, i valutatori dei rischi possono aver bisogno di condi-

videre informazioni concernenti i rischi e le misure di protezione del-

la salute e della sicurezza messe in atto per far fronte a tali rischi.

In questo caso, risulta indispensabile valutare e gestire anche i rischi

derivanti dalle “interferenze” tra le attività poste in essere dai lavora-

tori dipendenti dalle differenti organizzazioni.

Spetta, quindi, al datore di lavoro dell’organizzazione “padrona di ca-

sa” favorire questo scambio di informazioni e poi di predisporre il Do-

cumento di Valutazione dei Rischi da Interferenza (il DUVRI).

3.3. Misurare lo stress

Recentemente è stata elaborata da parte di PRIMA-EF [The European

Framework for Psychosocial Risk Management] una interessantissi-

ma scheda dedicata al Monitoraggio dei rischi Psicosociali sul la-voro12.

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Sicurezza Lavoro

12 La SCHEDA n. 08 PRIMA-EF ISBN 978-88-6230-040-7. La scheda ègratuitamente disponibile su internet nel sito www.prima-ef.org. Si è rite-nuto, pertanto, utile riportarne un ampio stralcio del testo per la divulgazio-ne del modello.

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PRIMA-EF si pone l’obiettivo di promuovere un forte Programma

Europeo che affronti con forza i rischi psicosociali sul lavoro.

Come si è visto anche nelle pagine precedenti, i rischi psicosociali cor-

relati al lavoro riguardano aspetti relativi alla progettazione ed alla ge-

stione del lavoro oltre che al suo contesto sociale ed organizzativo che

è potenzialmente in grado di causare danni psicologici o fisici.

Tali rischi sono stati identificati come una delle maggiori sfide per la

salute e per la sicurezza occupazionali e sono legati a problemi sul po-

sto di lavoro, quali stress da lavoro e violenza, molestie e mobbing.

Lo stress da lavoro si verifica quando le richieste dell’ambiente lavo-

rativo superano la capacità dei lavoratori di farvi fronte (o di control-

larle). La violenza sul lavoro si verifica quando uno o più lavoratori o

dirigenti sono aggrediti da utenti, pazienti o allievi.

Mobbing e molestie si verificano quando uno o più lavoratori o diri-

genti sono maltrattati, umiliati o aggrediti da colleghi o superiori.

All’interno del “modello PRIMA-EF” tra i pericoli psicosociali, sono

inclusi anche violenza, mobbing e maltrattamenti sul lavoro.

Tuttavia, il mobbing deve essere anche visto e discusso quale conse-

guenza di un ambiente lavorativo psicosocialmente povero.

Il monitoraggio dei rischi psicosociali è molto importante per identifi-

care gruppi e lavori a rischio e per valutare l’efficacia di programmi,

politiche ed interventi per prevenirli. Nell’Unione Europea tra i primi

passi nel processo di monitoraggio dei cambiamenti e dei progressi su

questi temi vi sono l’identificazione dei principali indicatori rappre-

sentativi e la gestione dei rischi psicosociali sul lavoro, come pure la

realizzazione di metodologie appropriate per svilupparli.

La SCHEDA “08 PriMa-eF” si pone come obiettivo quello di for-

nire sistematicamente linee guida e raccomandazioni per il monito-

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Capitolo 3

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raggio dei rischi psicosociali sul lavoro e per la loro gestione; la stes-

sa può essere utilizzata come punto di riferimento per tutte le tipolo-

gie di organizzazioni. Per sviluppare queste linee guida, da parte di

PRIMA-EF, sono state realizzate le seguenti fasi:

1) sviluppo di un modello di indicatori per monitorare i rischi psico-

sociali sul lavoro e per valutare la gestione del rischio psicosociale;

2) analisi delle metodologie per monitorare la gestione del rischio psi-

cosociale e dei rischi psicosociali sul lavoro;

3) ricognizione e priorità dei principali indicatori relativi alla gestione

dei rischi psicosociali sul lavoro;

4) individuazione delle lacune tra gli indicatori disponibili e ritenuti

necessari per monitorare i rischi psicosociali sul luogo di lavoro ed

il processo di gestione del rischio psicosociale.

Per sviluppare un modello integrato per il monitoraggio dei rischipsicosociali, sono stati presi in considerazione diversi criteri.

Attraverso il modello degli indicatori (figura 1) si potranno:

• identificare gli indicatori di esposizione (cioè i fattori di rischio psi-

cosociali), effetti e azioni preventive o interventi;

• illustrare il processo ciclico di gestione del rischio psicosociale;

• affrontare tre livelli di impatto: il livello individuale, il livello orga-

nizzativo ed il livello società/settore o nazionale.

I rischi psicosociali possono essere costituiti da fattori organizzativi,quali mancanza di relazioni di sostegno sul lavoro, insicurezza del la-

voro o cultura aziendale. Tuttavia, anche fattori societari o settoria-li, come un clima troppo competitivo o una recessione economica,

possono avere un effetto aggravante sui rischi psicosociali sul posto di

lavoro. L’esposizione ai fattori di rischio psicosociali sul lavoro può ri-

sultare in una condizione di stress da lavoro, nel quale l’individuospesso sente tensione, preoccupazione, minor vigilanza e minor effi-

cienza nelle prestazioni. Lo stress correlato al lavoro dipende dalla

percezione che gli individui hanno dell’ambiente lavorativo: a secon-

da delle risorse disponibili sul posto di lavoro e nell’organizzazione

(ad esempio: il sostegno dei collaboratori e dei superiori può avere

conseguenze negative, quali effetti negativi sulla salute, aumento del

rischio di incidenti, diminuzione delle prestazioni che possono, even-

tualmente, portare all’abbandono del lavoro).

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Queste conseguenze hanno un impatto sia a livello individuale che a

livello organizzativo, ma possono anche avere un impatto a livello di

settore e nazionale.

Al contrario, compiti che richiedono un alto grado di controllo perso-

nale e diverse capacità, insieme a un ambiente organizzativo che in-

cluda risorse quali relazioni sociali di sostegno, possono contribuire

positivamente al benessere, alla salute e produttività dei lavoratori, co-

me pure alla crescita ed alla produttività dell’organizzazione.

Per prevenire e gestire i rischi psicosociali sul lavoro ed il loro impat-

to negativo, devono essere implementate azioni preventive o inter-

venti diretti primariamente alla sorgente del rischio sul posto di lavo-

ro e al livello organizzativo, sostenute però anche da azioni dirette sui

singoli lavoratori, alle loro competenze, abilità e capacità.

Le azioni preventive possono anche comprendere misure strutturali,

quali implementazione di politiche o l’integrazione delle tematiche re-

lative alla gestione del rischio psicosociale nei sistemi e nelle struttu-

re delle attività aziendali.

Per la misura degli indicatori in questo ambito sono disponibili diver-

se metodologie.

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Capitolo 3

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Gli indicatori sono traducibili in domande o check-list a risposta mul-

tipla, trasmesse verbalmente o in forma scritta, o mediante un norma-

le questionario, un’indagine via web o internet, o una check-list.

Tra le metodologie più usate vi sono le interviste tramite posta, usan-

do un questionario stampato, interviste telefoniche o una check-list.

Grazie allo sviluppo tecnologico, sono sempre più impiegate indagini

via web o internet. Queste indagini possono attrarre diverse tipologie

di intervistati, ciò può costituire un problema quando la rappresentati-

vità del campione è importante e questa è la sola metodologia impie-

gata. L’impiego di registri può essere un altro importante modo di rac-

cogliere informazioni su alcuni indicatori.

Sulla base dell’inventario di metodologie disponibili per il monitorag-

gio in generale ed in particolare per i rischi psicosociali, si può con-

cludere che la metodologia appropriata per il monitoraggio è forte-

mente dipendente dall’obiettivo, dal contesto e dal tema specifico del-

lo studio.

Le grandi organizzazioni possono beneficiare di questionari e ricerche

via web, mentre le check-list possono essere più consone alle PMI.

Nella revisione degli indicatori disponibili negli attuali strumenti di

monitoraggio sulla qualità del lavoro e, più specificamente, sui rischi

psicosociali sul lavoro, è stata individuata una carenza.

In diversi strumenti di monitoraggio sono già disponibili indicatori di

esposizione e di rischio, come pure indicatori degli effetti, ma manca-

no indicatori sulle azioni preventive e sugli interventi.

Nelle tabelle seguenti viene riprodotto il riepilogo degli indicatori che

possono essere impiegati in relazione:

• all’esposizione,

• alle conseguenzeed

• alle azioni preventive.13

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Sicurezza Lavoro

13 LEKA, S., COX, T. (Eds.), the european Framework for Psychosocialrisk Management: PriMa-eF. i-WHo, Nottingham, 2008. ISBN 978-0-9554365-2-9.LEKA, S., COX, T. (Eds.). PriMa-eF: guidance on the european Fra-mework for Psychosocial risk Management. WHo, Geneva, 2008.Disponibili sul sito: www.prima-ef.org

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Capitolo 3

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4. CoMe risolvere il ProBleMa Dello stress legato

all’attività lavorativa14

4.1 Consigli Per i DiPenDenti

Fattori da considerare in relazione allo stress legato all’attività la-vorativa:

• atmosfera (o “cultura”) nel posto di lavoro e come viene considera-

to lo stress;

• richieste di lavoro a cui si è sottoposti e pericoli a cui si è esposti;

• controllo sull’esecuzione della propria attività;

• chiarezza nella definizione delle funzioni affidate;

• sostegno da parte dei colleghi e dei responsabili;

• formazione fornita per eseguire la mansione affidata.

sintomi rivelatori della presenza di stress legato all’attività lavo-rativa da tenere sotto controllo:

• cambiamenti dell’umore o del comportamento quali problemi con i

colleghi, situazioni di irritabilità o indecisione, problemi di rendi-

mento sul lavoro;

• la sensazione di non essere in grado di affrontare la situazione o di

non averne il controllo;

• maggiore ricorso ad alcool o fumo o consumo di sostanze illecite;

• problemi di salute tra cui frequenti mal di testa, disturbi del sonno e

problemi digestivi.

I datori di lavoro sono giuridicamente obbligati a tutelare la salute e la

sicurezza sul lavoro dei lavoratori, inclusa la protezione dagli effetti

dello stress.

I datori di lavoro devono individuare le cause dello stress legato al-

l’attività lavorativa, valutare il rischio e adottare misure preventive per

prevenire le malattie sul lavoro.

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14 http://osha.europa.eu/it/topics/stress

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I collaboratori o i rappresentanti sindacali devono essere consultati in

merito ai cambiamenti introdotti nel posto di lavoro che possono in-

fluire sulla salute e la sicurezza dei lavoratori, soprattutto nel caso di

cambiamenti che potrebbero dar luogo a situazioni di stress legato al-

l’attività lavorativa. I lavoratori possono fornire il proprio contributo

individuando i problemi e proponendo possibili soluzioni.

Di seguito si riportano alcune azioni che si possono adottare per evi-

tare situazioni di stress:

• chiedere di avere maggiore responsabilità nella pianificazione del

proprio lavoro;

• chiedere di essere coinvolti nel processo decisionale relativo al pro-

prio ambito di lavoro;

• parlare al superiore, al rappresentante dei lavoratori o a un collega

comprensivo se si ritiene di aver subito molestie, e annotare in det-

taglio le vessazioni subite;

• conferire con il proprio superiore se le responsabilità del proprio la-

voro non sono ben chiare;

• richiedere formazione nel caso in cui si senta di averne bisogno;

• parlare con il proprio dirigente o con un rappresentante dei lavorato-

ri nel caso in cui non ci si senta in grado di affrontare la situazione.

Sarebbe, inoltre, appropriato impegnarsi al fine di migliorare lo stile

di vita; sicuramente questo sforzo non risolverà il problema, ma po-

trebbe essere di aiuto a prevenire o ridurre il danno subito.

Tra i miglioramenti dello stile di vita si possono annoverare una ali-

mentazione più sana, una maggiore attività fisica, un consumo di al-

cool non eccessivo, la riduzione o l’abolizione del fumo e i contatti

con familiari e amici.

Consultare il medico nel caso in cui si tema per la propria salute.

4.2. Consigli Per i Datori Di lavoro

i datori di lavoro hanno l’obbligo di gestire lo stress legato all’at-tività lavorativa, in conformità alla direttiva quadro 89/391/Ceeconcernente la salute e la sicurezza nell’ue. Questa direttiva e la le-

gislazione che la recepisce a livello di Stati membri pongono ferma-

mente il problema dello stress sul lavoro nell’ambito giuridico della

sicurezza e salute professionale. Si intravede in questi strumenti una

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Sicurezza Lavoro

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forte aspettativa che lo stress sul lavoro venga affrontato con la stessa

logica e sistematicità riservate ad altre questioni di salute e sicurezza,

applicando il modello di gestione dei rischi, con particolare attenzio-

ne alle azioni preventive.

Anche l’“accordo Quadro relativo allo stress connesso all’attivitàlavorativa” e l’“accordo quadro sulle molestie e la violenza sulluogo di lavoro” forniscono linee guida ai datori di lavoro dell’UE su

come gestire lo stress sul luogo di lavoro.

Gli Stati membri inoltre hanno creato proprie linee guida pratiche e

strumenti preventivi in materia di stress, violenza e altri rischi psico-

sociali.

Lo stress legato all’attività lavorativa è prevenibile e l’azione volta a

contenere tale problema può essere molto efficace rispetto ai costi.

Ogni posto di lavoro è diverso dall’altro, e le prassi di lavoro e le so-

luzioni ai problemi devono essere adattate alle situazioni specifiche

effettuando una valutazione del rischio.

I rischi psicosociali, tuttavia, raramente sono unici, pertanto possono

essere adottate soluzioni analoghe in diversi settori e aziende di varie

dimensioni e nei diversi Stati membri.

Non mancano infatti gli esempi di buona prassi nella gestione dello

stress sul luogo di lavoro da cui si può trarre ispirazione.

la valutazione del rischio concernente lo stress richiede l’adozio-ne degli stessi principi e processi basilari di altri pericoli presentisul luogo di lavoro: identificare i pericoli, decidere quali azioni è ne-

cessario intraprendere, comunicare i risultati della valutazione e revi-

sionarli a intervalli appropriati. Il coinvolgimento dei lavoratori e dei

loro rappresentanti in questo processo è fondamentale per il suo buon

esito.

Tra i fattori da considerare in relazione allo stress si annoverano:

l’eccessivo carico di lavoro o l’esposizione a pericoli fisici;

la possibilità che i lavoratori abbiano il controllo dello svolgimento

delle proprie attività;

• la comprensione o meno del proprio ruolo da parte dei lavoratori;

• le relazioni interpersonali, inclusi problemi quali molestie e violen-

za;

• il sostegno dei colleghi e dei responsabili;

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Capitolo 4

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• la formazione necessaria per eseguire le mansioni affidate.

In passato “la gestione dello stress” si è concentrata più sulle singo-

le persone anziché sulle organizzazioni.

Tuttavia, la chiave per prevenire lo stress legato all’attività lavorativa

e i rischi psicosociali va ricercata nell’azienda e nella gestione del la-

voro.

è meglio prevenire i danni dello stress legato all’attività lavorativa

piuttosto che affrontarne le conseguenze a posteriori.

Tra le misure efficaci di prevenzione dello stress legato all’attività la-

vorativa vi sono:

• lasciare ai lavoratori il tempo necessario per eseguire le loro man-

sioni;

• fornire descrizioni chiare dell’attività da svolgere;

• gratificare i lavoratori che assicurano buone prestazioni;

• consentire ai lavoratori di presentare lamentele e considerarle seria-

mente;

• permettere ai lavoratori di avere il controllo delle loro attività;

• ridurre al minimo i rischi fisici;

• consentire ai lavoratori di partecipare alle decisioni che hanno riper-

cussioni dirette su di loro;

• adattare i carichi di lavoro alle capacità e alle risorse di ciascun la-

voratore;

• assegnare le mansioni in modo che il lavoro sia stimolante;

• definire con chiarezza i ruoli e le responsabilità di lavoro;

• offrire possibilità di interazione sociale;

• evitare ambiguità per quanto riguarda la sicurezza del posto di lavo-

ro e le prospettive di sviluppo professionale

4.3. Consigli Per i ProFessionisti nelCaMPo Della siCurezza e Dellasalute sul lavoro

L’Agenzia Europea offre l’accesso a un’ampia gamma di studi con-

cernenti l’efficacia dei diversi approcci alla prevenzione e alla lotta al-

lo stress legato all’attività lavorativa, per aiutare le persone interessa-

te al problema per motivi di carattere professionale.

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Sicurezza Lavoro

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In particolare, questi studi hanno consentito di individuare un certo

numero di fattori importanti per il successo degli interventi di preven-

zione dello stress sul luogo di lavoro.

Essi comprendono:

• un’analisi adeguata del rischio;

• un’attenta pianificazione e un approccio graduale al problema;

• una combinazione di misure destinate all’organizzazione dell’atti-

vità e ai lavoratori stessi;

• soluzioni specifiche per i singoli luoghi di lavoro;

• operatori dotati di esperienza e interventi basati su prove concrete;

• il dialogo, la collaborazione e la partecipazione dei lavoratori;

• la continuità della prevenzione e il sostegno del personale dirigen-

ziale.

l’agenzia europea offre inoltre accesso a soluzioni e strumentipratici che possono risultare utili e di cui i professionisti in materia di

salute e sicurezza sul lavoro possono avvalersi per ridurre i rischi psi-

cosociali e prevenire lo stress.

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Capitolo 4

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5. ConClusioni

è difficile concludere un lavoro su un tema così ampio, avvincen-

te ed attuale come quello affrontato con il presente instant-book.

è un percorso che si snoda all’interno di un poliedro multidisci-

plinare ad assetto variabile delimitato dalla esigenza di poter de-

clinare in modo olistico argomenti cruciali per la vita delle perso-

ne e delle aziende: stress, benessere, qualità, organizzazione, cul-

tura d’impresa e così via. Per concludere si ritiene opportuno, al-

lora, prendere in prestito le parole da quelle dette da un autorevo-

le personaggio dello scenario mondiale.

Robert Kennedy a conclusione di un suo discorso presso l’Uni-

versità del Kansas, affermava che:

“non possiamo misurare lo spirito nazionale sulla base dell’Indi-

ce Down-Jones, né i successi del Paese sul suo PIL.

Perché quest’ultimo comprende l’inquinamento dell’aria e la

pubblicità delle sigarette, e le ambulanze per sgomberare le no-

stre autostrade dalle carneficine dei fine settimana …

Il PIL non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qua-

lità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago.

Il PIL non misura la bellezza della nostra poesia o la solidità dei

nostri valori familiari, l’intelligenza del nostro dibattere, o l’one-

stà dei nostri pubblici dipendenti (…)

Il PIL non misura l’arguzia, né il nostro coraggio, nemmeno la

nostra saggezza.

Misura tutto, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di es-

sere vissuta”.

Forse anche questi aspetti sarebbe necessario insegnare a dirigen-

ti, quadri e responsabili di posizioni organizzative affinché utiliz-

zino quotidianamente, con attenzione e maestria, le dimensioni in-

tangibili (ambienti, relazioni, cultura, comportamenti, valori, e co-

sì via) per creare le migliori condizioni lavorative possibili indi-

spensabili per assicurare alle persone quelle condizioni che con-

sentano loro di lavorare serenamente, con elevato grado di coin-

volgimento e, quindi, in modo sicuro.

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6. BiBliograFia

6.1. BiBliograFia

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Finito di stampare nel mese di Maggio 2009

presso la Tipolitografia CSR

Via di Pietralata, 157 - 00158 Roma

per conto del

TECNA EDITRICE- Roma