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1 http://www.sharenotes.it DIRITTO DEL LAVORO (Manuale di Diritto del Lavoro, M.Roccella, 2010, IV Edizione, Giappichelli) Riassunti a cura di Federico Bisio CAPITOLO 1 PROFILO STORICO DEL DIRITTO DEL LAVORO IL DIRITTO DEL LAVORO DELLE ORIGINI: Con l‟affermazione delle fabbriche e della produzione capitalistica, nasce il lavoratore salariato, scompare l‟artigiano diventando dipendente del mercante, a sua volta convertendosi in imprenditore. Le prime forme di legislazione sociale sono interventi statali volti a contenere lo sfruttamento dei lavoratori, come la durata della giornata lavorativa nei confronti di donne e bambini e la razionalizzazione sociale. Dalla fine dell‟800 agli inizi del „900 si sono susseguite varie leggi su donne e bambini, lavoro notturno, riposo e infortuni. Il codice civile del 1865 ignora il lavoro operaio di industria ossia il „lavoratore subordinato‟. L‟attività lavorativa viene riconosciuta nel contratto di locazione che ha per oggetto le cose e le opere. Nelle opere rientrano il lavoro come locatio operarum (locazione delle opere per cui una delle parti impiega la propria forza all‟altrui servizio o trasporta cose/persone dietro corrispettivo) e la locatio operis come lavoro autonomo (appalto e lavoratori a cottimo). Il codice civile italiano è ispirato all‟individualismo liberale francese e ciò determinava il divieto di costituire rapporti di lavoro a tempo indeterminato affermando il principio di libertà, in contrapposizione con il sistema feudale, che sarà poi lasciato cadere quando si scoprirà la maggior funzionalità di quest‟ultimo rispetto all‟organizzazione della produzione industriale. L‟assenza di una specifica disciplina del rapporto di lavoro rispondeva alla convinzione che, in una società di liberi e uguali, l‟autoregolazione privata degli interessi fra imprenditore e lavoratore rappresentasse la soluzione ottimale; in questa fase di industrializzazione, nei diversi ordinamenti, un aspetto comune è costituito dal divieto di coalizione considerato un ostacolo alla libertà di mercato. Ludovico Barassi, fondatore della scienza del diritto del lavoro in Italia, contesta la nozione di contratto di lavoro” in quanto è limitata al lavoro manuale, ed esclude il concetto di locazione d‟opera. Definisce come contratto di lavoro una qualsiasi attività lavorativa effettuata verso corrispettivo, al quale si riconducono le figure del locatio operis (subordinato) e del locatio operarum (autonomo). Il diritto del lavoro veniva inteso come diritto delle attività professionali, che non coinvolge solo gli aspetti patrimoniali del lavoratore ma anche il suo essere. Viene istituito il collegio dei probiviri (magistratura non togata per risolvere le controversie individuali di lavoro). I collegi composti da rappresentanti degli imprenditori e dei lavoratori elaboravano regole di giudizio. Nel 1919 nasce Organizzazione Internazionale del Lavoro che stabilisce che il lavoro non è una merce come principio fondamentale. IL PERIODO CORPORATIVO: Il ventennio corporativo fu segnato da un grande attivismo legislativo in cui fu soppressa la libertà sindacale e istituita l‟illiceità penale (conflitto collettivo), fu pubblicato il sistema sindacale (incentrato sul ruolo dell‟unico sindacato fascista, titolare di poteri di rappresentanza istituzionale e abilitato alla stipulazione di contratti collettivi). Sindacati e contrattazione collettiva furono adoperati come strumento di politica economica in materia di salari. La contrattazione collettiva degli anni ‟30 cerca di estendere tutele riconosciute agli impiegati anche agli operai. Nel 1923 nacque la disciplina in materia di orario di lavoro (8 ore). Nel 1924 nacque la disciplina del contratto d‟impiego privato. Nel 1927 vi fu la Carta del lavoro (documento politico contente principi generali al fine di estendere tutele generalizzate). Nel 1942 nacque il codice civile contente una regolamentazione organica del rapporto di lavoro (Libro V) esplicitando sia le regole del lavoro subordinato, che quelle del lavoro autonomo, imprese e società (diritto commerciale).La sostanza della disciplina resta quella del contratto a prestazioni corrispettivi tra parti uguali, come frutto d‟incontro di volontà negoziali libere e uguali. DALLA COSTITUZIONE ALLO STATUTO DEI LAVORATORI : Grazie all‟art.1 della costituzione si stabilisce che l‟Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro privilegiando il diritto sindacale. Con la legge 563/1926 si ha il passaggio allo Stato totalitario ma con l‟art.39 Cost si

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DIRITTO DEL LAVORO (Manuale di Diritto del Lavoro, M.Roccella, 2010, IV Edizione, Giappichelli)

Riassunti a cura di Federico Bisio

CAPITOLO 1 – PROFILO STORICO DEL DIRITTO DEL LAVORO

IL DIRITTO DEL LAVORO DELLE ORIGINI: Con l‟affermazione delle fabbriche e della produzione capitalistica, nasce il lavoratore salariato, scompare l‟artigiano diventando dipendente del mercante, a sua volta convertendosi in imprenditore. Le prime forme di legislazione sociale sono interventi statali volti a contenere lo sfruttamento dei lavoratori, come la durata della giornata lavorativa nei confronti di donne e bambini e la razionalizzazione sociale. Dalla fine dell‟800 agli inizi del „900 si sono susseguite varie leggi su donne e bambini, lavoro notturno, riposo e infortuni. Il codice civile del 1865 ignora il lavoro operaio di industria ossia il „lavoratore subordinato‟. L‟attività lavorativa viene riconosciuta nel contratto di locazione che ha per oggetto le cose e le opere. Nelle opere rientrano il lavoro come locatio operarum (locazione delle opere per cui una delle parti impiega la propria forza all‟altrui servizio o trasporta cose/persone dietro corrispettivo) e la locatio operis come lavoro autonomo (appalto e lavoratori a cottimo). Il codice civile italiano è ispirato all‟individualismo liberale francese e ciò determinava il divieto di costituire rapporti di lavoro a tempo indeterminato affermando il principio di libertà, in contrapposizione con il sistema feudale, che sarà poi lasciato cadere quando si scoprirà la maggior funzionalità di quest‟ultimo rispetto all‟organizzazione della produzione industriale. L‟assenza di una specifica disciplina del rapporto di lavoro rispondeva alla convinzione che, in una società di liberi e uguali, l‟autoregolazione privata degli interessi fra imprenditore e lavoratore rappresentasse la soluzione ottimale; in questa fase di industrializzazione, nei diversi ordinamenti, un aspetto comune è costituito dal divieto di coalizione considerato un ostacolo alla libertà di mercato. Ludovico Barassi, fondatore della scienza del diritto del lavoro in Italia, contesta la nozione di “contratto di lavoro” in quanto è limitata al lavoro manuale, ed esclude il concetto di locazione d‟opera. Definisce come contratto di lavoro una qualsiasi attività lavorativa effettuata verso corrispettivo, al quale si riconducono le figure del locatio operis (subordinato) e del locatio operarum (autonomo). Il diritto del lavoro veniva inteso come diritto delle attività professionali, che non coinvolge solo gli aspetti patrimoniali del lavoratore ma anche il suo essere. Viene istituito il collegio dei probiviri (magistratura non togata per risolvere le controversie individuali di lavoro). I collegi composti da rappresentanti degli imprenditori e dei lavoratori elaboravano regole di giudizio. Nel 1919 nasce Organizzazione Internazionale del Lavoro che stabilisce che il lavoro non è una merce come principio fondamentale.

IL PERIODO CORPORATIVO: Il ventennio corporativo fu segnato da un grande attivismo legislativo in cui fu soppressa la libertà sindacale e istituita l‟illiceità penale (conflitto collettivo), fu pubblicato il sistema sindacale (incentrato sul ruolo dell‟unico sindacato fascista, titolare di poteri di rappresentanza istituzionale e abilitato alla stipulazione di contratti collettivi). Sindacati e contrattazione collettiva furono adoperati come strumento di politica economica in materia di salari. La contrattazione collettiva degli anni ‟30 cerca di estendere tutele riconosciute agli impiegati anche agli operai. Nel 1923 nacque la disciplina in materia di orario di lavoro (8 ore). Nel 1924 nacque la disciplina del contratto d‟impiego privato. Nel 1927 vi fu la Carta del lavoro (documento politico contente principi generali al fine di estendere tutele generalizzate). Nel 1942 nacque il codice civile contente una regolamentazione organica del rapporto di lavoro (Libro V) esplicitando sia le regole del lavoro subordinato, che quelle del lavoro autonomo, imprese e società (diritto commerciale).La sostanza della disciplina resta quella del contratto a prestazioni corrispettivi tra parti uguali, come frutto d‟incontro di volontà negoziali libere e uguali. DALLA COSTITUZIONE ALLO STATUTO DEI LAVORATORI: Grazie all‟art.1 della costituzione si stabilisce che l‟Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro privilegiando il diritto sindacale. Con la legge 563/1926 si ha il passaggio allo Stato totalitario ma con l‟art.39 Cost si

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ritorna alla libertà sindacale e con l‟art. 49 Cost. si ha il riconoscimento dello sciopero come diritto soggettivo. Il Titolo III parte I Cost. è dedicato al lavoro in generale e subordinato in particolare (la repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme e applicazioni). Vengono riconosciuti diritti sociali ai lavoratori subordinati (retribuzione sufficiente, riposo settimanale, ferie retribuite, parità donne/minori); il diritto al lavoro (la repubblica deve promuovere le condizioni x rendere effettivo l‟esercizio di politica economica a favore del lavoratore), il principio di eguaglianza riconosciuto (formale sostanziale per rimuovere ostacoli di ordine economico e sociale, per consentire l‟effettiva partecipazione di tutti i lavoratori alle organizzazioni politiche, economiche e sociali del paese). La costituzione riconosce la libertà di iniziativa economica privata. Tuttavia i valori cost. hanno tardato a penetrare nella realtà delle relazioni industriali. La legislazione antifraudolenta si compone di lavoro a domicilio, divieto di interposizione nelle prestazioni di lavoro e assunzioni a tempo determinato. Con la legge 604/1966 si afferma la stabilità del posto di lavoro (licenziamento per giusta causa). Con la legge 300/1970 nasce lo statuto dei diritti dei lavoratori dopo le lotte sindacali operaie e l‟opposizione di Confindustria nei confronti della nuova legge. Lo Statuto disciplina il rapporto di lavoro, promuove l‟azione sindacale, assicura le condizioni per esercitare l‟attività sindacale nei luoghi di lavoro e che in essi vengano esercitate le libertà costituzionali, tutela il lavoratore per licenziamento illegittimo. Con la legge 533/1973 si riforma il processo del lavoro introducendo nuove regole processuali per il riconoscimento dei diritti dei lavoratori sul piano sostanziale. LEGISLAZIONE DEL LAVORO E CRISI ECONOMICA: Nel 1973 finisce l‟età dell‟oro per i paesi occidentali e scoppia il Boom economico (piena occupazione, benessere sociale diffuso e tassi costanti di crescita, invece in Italia la crisi economica, caratterizzata da alta inflazione e disoccupazione). Si stabilisce che la legge può solo migliorare (e non peggiorare) la contrattazione collettiva. La legge è uno standard di trattamento, inderogabile sia in peggio che in meglio, rispetto ai criteri di computo dell‟indennità di anzianità, derogabile solo in peggio, quanto alle modalità di indicizzazione delle retribuzioni rispetto all‟inflazione. Dal 1975 al 1990 le imprese chiesero più flessibilità (affidata alla mediazione sindacale “garantismo flessibile”). Nacquero prassi concertative (accordi tra governo e parti sociali, nei quali si stabiliscono i principi per la futura legislazione “contrattata”).

TENDENZE E PROBLEMI ATTUALI DEL DIRITTO DEL LAVORO: Il problema della concentrazione riguarda accordi tripartiti che coinvolgono il governo e le associazioni rappresentative e si manifestano nell‟accordo che pone le basi per la politica dei redditi (adesione euro), nel patto del lavoro che riforma il collocamento (apertura a privati, decentramento istituzionale, lavoro interinale), nel Patto di Natale che segna la fine della concertazione ( che diventa “dialogo sociale”), e Patto per l‟Italia (accordo Governo-Confindustria e poi sindacati aderiscono dopo ma no CGIL). Il problema dell‟uguaglianza riguarda la privatizzazione del pubblico impiego (avente obiettivo di superare il divario settore pubblico e privato,applicando ai lavoratori pubblici le condizioni del lavoro privato). Si sviluppa la normativa promozionale del lavoro femminile attraverso la tutela anti discriminatoria e il riconoscimento dell‟azione positiva. Vengono concessi congedi parentali (responsabilità familiare), tutele per il licenziamento dei lavoratori delle piccole imprese, e diritto al lavoro dei disabili. Il problema della deregolamentazione riguarda la ricerca di forme di accesso al lavoro (flessibilità in entrata), la riforma del part-time e la liberalizzazione incontrollata delle assunzioni a termine. Viene presentato il “Libro bianco”(programma politico con proposte d‟intervento sui i rapporti di lavoro) e il quadro Mercato del Lavoro che individua i rapporti, incrementa la precarietà, esclude i sindacati dalla gestione delle regole sui nuovi tipi negoziali, segmenta il mercato del lavoro e aumenta la disuguaglianza e la povertà. Il problema della globalizzazione è un fenomeno socio-economico che abbatte le barriere alla circolazione di capitali e merci, consentendo di realizzare un‟ampia libertà di scambi. La mobilità dei processi produttivi, agevolata dalle nuove tecnologie, cerca ambienti più adatti a produrre con costi sociali minori comportando la delocalizzazione della produzione industriale e manifatturiero, il ricatto elle delocalizzazioni (declino dei Paesi che cercano scorciatoie riducendo salari/diritti), l‟‟inserimento di clausole sociali in trattati commerciali internazionali per limitare il

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potere delle multinazionali. Il problema dell‟europeizzazione della CE è un aspetto della globalizzazione che si concreta con il Trattato Amsterdam (1999 incrementa le competenze CE anche x rapporti di Lavoro), con l‟allargamento CE a 27 paesi comportando l‟applicazione dei elevati standard protettivi previsti dal diritto comunitario del lavoro e diminuendo la delocalizzazione contro nuovi paesi CE. DIRITTO DEL LAVORO, FONTI E RAFFRONTI: Nel diritto del il contratto collettivo assolve la funzione di fonte materiale delle regole del rapporto di lavoro. La contrattazione collettiva come fonte ha migliorato gli standard di trattamento previsti dalla legge e ha introdotto regole nuove, istituendo reciproco sostegno fra le 2 fonti principali del diritto del lavoro. Il principio del favore nei confronti del lavoratore indica che in caso di contrasto tra regole diverse, deve essere applicata quella dotata di maggiore efficacia protettiva. La riforma federalista introduce la competenza legislativa per le regioni in materia di tutela e sicurezza del lavoro. La disciplina di qualsiasi rapporto di lavoro rientra nella materia “ordinamento civile” di competenza esclusiva dello Stato. Il diritto comunitario ha influenzato tramite lo sviluppo del nostro diritto del lavoro. Il diritto del lavoro conserva natura contrattuale. Sociologia del lavoro ed economia del lavoro forniscono elementi utili di conoscenza ai giuristi del lavoro.

CAPITOLO 2 – IL LAVORO SUBORDINATO

LAVORO SUBORDINATO E DIRITTO DEL LAVORO: Il lavoro subordinato è il perno in base al

quale operano le normative di diritto del lavoro. Di fronte a un rapporto di lavoro di dubbia

qualificazione giuridica, occorre verificare se sia riconducibile allo schema negoziale astratto del

lavoro subordinato o del lavoro autonomo. Ludovico Barassi riconduce qualsiasi attività lavorativa

umana svolta dietro compenso allo schema della locazione (equipara il lavoro a un bene in

funzione del prezzo). Il diritto romano non conosceva la locazione delle opere che fu introdotta dal

codice francese del 1804 (2 specie locatio operis e locatio operarum). La distinzione tra le due

specie dipendeva dal fatto che l‟oggetto dell‟obbligazione fosse attività lavorativa. Nel codice civile

tedesco si distingue tra contratto di servizio e contratto d‟opera per far fronte ai problemi della

responsabilità per inadempimento che gravano sul lavoratore in caso di locatio operis e sul datore

di lavoro nella locatio operarum. La differenza tra le 2 specie consiste anche nella subordinazione,

intesa sottoposizione alle direttive del datore durante l‟esecuzione della prestazione. Nel lavoro

subordinato sussiste l‟impegno di svolgimento di un‟attività utile a fini produttivi come risultato utile

a soddisfare l‟interesse del creditore di lavoro (cliente). Nel lavoro autonomo l‟esecuzione

dell‟attività non vincola il risultato voluto dal creditore.

CONCETTO DI LAVORO SUBORDINATO: La prima tipizzazione di contratto di lavoro riguardò gli

impiegati esplicitando che il contratto di impiego privato è quello per il quale una società o un

privato, gestori di un‟azienda, assumono al servizio dell‟azienda stessa, l‟attività professionale

dell‟altro contraente. Il codice civile generalizza la definizione, comprendendo anche i non

impiegati e i datori di lavoro non imprenditori in quanto definisce che è prestatore di lavoro

subordinato chi si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell‟impresa, prestando il proprio

lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e diretto dell‟imprenditore (vincolo di

subordinazione). Per ciò che riguarda il lavoro autonomo, si dà luogo a un contratto d‟opera

quando una persona si obbliga a compiere verso un corrispettivo un‟opera o un servizio, con

lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente. Il

vincolo di subordinazione non trova definizione unica per inefficienza qualificatoria del codice, ma

si trovano diverse definizione in base al metodo tipologico (giudizio di approssimazione che

riconduce il fatto concreto alla norma) e al metodo sussuntivo (giudiziodizio sillogistico di identità

tra la fattispecie concreta e quella astratta). Il metodo tipologico è stato oggetto di molte critiche in

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quanto il tipo normativo sarebbe identificabile nell‟operaio della grande impresa, mentre la nozione

giuridica di lavoratore subordinato comprende diverse categorie di soggetti, ed è utilizzabile con

maggior fondamento negli ordinamenti privi di una nozione legale di lavoro subordinato. Non si può

dire che sia il più usato in Italia.Nella giurisprudenza di merito l‟adozione di tale metodo trova più

spazio, mentre la giurisprudenza della Cassazione si rivolge al metodo sussuntivo. Le sentenze

giurisprudenziali più recenti fanno uso di entrambi i metodi. L‟operazione qualificatoria viene

sempre compiuta secondo i tradizionali canoni del metodo sussuntivo. Emergono quattro elementi

caratterizzanti del lavoro subordinato ossia la retribuzione (rende il contratto oneroso di scambio e

differenzia il contratto tipico di lavoro subordinato da quello gratuito, l‟onerosità è un carattere

normale del lavoro subordinato mentre il titolo gratuito è particolare), la collaborazione (il lavoratore

subordinato solitamente opera con altri lavoratori o con il datore, non è un requisito discriminate in

quanto è, presente anche nel lavoro autonomo), la eterodirezione (sottoposizione a direttive del

creditore di lavoro, che può riscontrarsi anche in altri contratti; mentre l‟eterodirezione può risultare

sfumata nell‟ambito del lavoro subordinato, l‟eterodirezione, nella quale si risolve la subordinazione

tecnico-funzionale, costituisce il criterio distintivo in quanto per qualificare un rapporto come

autonomo o subordinato serve il requisito della subordinazione inteso come vincolo di carattere

personale che assoggetta il prestatore d‟opera al potere direttivo del datore di lavoro), e la

dipendenza (eterodeterminazione). Il lavoro subordinato consiste nel potere di impartire a chi

lavora precise istruzioni, cosa fare e cosa non fare, vi è il vincolo di soggezione al potere direttivo

del datore di lavoro che emana ordini, vigila e controlla le prestazioni.

LA QUESTIONE DELLA SUBORDINAZIONE NELLA GIURISPRUDENZA DELLA CORTE

COSTITUZIONALE: La Corte Costituzionale dagli anni „80 in poi ha valorizzato la volontà delle

parti e la definizione formale data da esse (nomen juris) per individuare il rapporto instaurato. Per

la Corte il rapporto descritto nel contratto come rapporto d‟opera non dovrebbe essere mai

suscettibile di una diversa qualificazione neppure in caso di contrasto tra il contratto e il risultato

del rapporto svolto tra le parti. Quando il contenuto concreto del rapporto e il suo effettivo

svolgimento, anche in contrasto, siano quelli propri del rapporto di lavoro subordinato, solo

quest‟ultima può essere la qualificazione da dare al rapporto. Secondo la Corte né il legislatore né

le parti del contratto potrebbero negare la qualificazione giuridica di rapporti di lavoro subordinato a

rapporti che oggettivamente abbiano tale natura. Il lavoro subordinato è considerato come un

rapporto economico-sociale specifico e non omologabile ad altri rapporti dell‟attività lavorativa. Per

giungere a tale risultato, la Corte distingue tra subordinazione tecnico-funzionale (riscontrabile in

altri contratti che coinvolgono la capacità lavorativa di una delle parti) e subordinazione in senso

stretto („lavoro alle dipendenze ossia una condizione di doppia alienità del lavoratore che si verifica

quando la prestazione lavorativa è destinata a svolgersi in un‟organizzazione produttiva altrui ed in

vista di un risultato di cui il titolare della stessa è immediatamente legittimato ad appropriarsi). Vi è

una netta differenza tra lavoro subordinato e lavoro autonomo in quanto la Corte ha ritenuto

legittima la normativa che riconosce alle libere professioniste il diritto all‟indennità di maternità

senza l‟obbligo di astensione dal lavoro, sottolineando l‟autorganizzazione tipica del lavoro

autonomo. L‟obbligo di astensione riguarda solo le lavoratrici dipendenti.

LA SUBORDINAZIONE TRA VECCHI E NUOVI LAVORI: Nel lavoro a domicilio l‟indicazione è

impropria perché vede come elemento determinante il luogo della prestazione, che rende

impossibile l‟esercizio del potere direttivo con la stessa continuità che è potenzialmente

riscontrabile nel lavoro subordinato svolto all‟interno dell‟impresa. Tuttavia, in esso si può

riconoscere la doppia alienità che è data dall‟inserimento dell‟attività lavorativa nel ciclo produttivo

dell‟azienda, di cui il lavoratore a domicilio diviene elemento esterno. Le prestazioni del lavoratore

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a domicilio devono riguardare l‟esecuzione parziale, il completamento o l‟intera lavorazione di

prodotti oggetto dell‟attività dell‟imprenditore-committente. Il rapporto di produzione è individuabile

attraverso il nesso tra lavoro, organizzazione e mercato, l‟accesso al quale è immediato e diretto

nel caso di lavoro autonomo, è escluso nel caso di lavoro subordinato. Il lavoro subordinato non

presuppone l‟identificazione tra subordinazione e dipendenza economica. Nel lavoro subordinato è

presente un elemento d‟inferiorità socio-economica dell‟una rispetto all‟altra parte del rapporto.

Non è accolta la sovrapposizione tra subordinazione ed eterodirezione. Non deve essere mai

oscurata la distinzione tra autonomia tecnico-esecutiva (propria di molti lavoratori subordinati) e

autonomia economico-organizzativa (comincia dove finisce il lavoro subordinato e costituisce un

tratto distintivo del lavoro autonomo).

COLLABORAZIONI COORDINATE CONTINUATIVE CO.CO.CO: Nel codice civile, in assenza di

specifica definizione, i tratti del lavoro autonomo si desumono dal contratto d‟opera che pone

l‟attenzione sul fatto che l‟attività lavorativa impegnata nell‟esecuzione dell‟opera deve essere

compiuta con lavoro proprio del prestatore. I rapporti di collaborazione coordinata e continuativa

vanno ricondotti ai caratteri propri del lavoro parasubordinato (nè lavoro autonomo, né

subordinato). Gli elementi che contraddistinguono un rapporto di lavoro subordinato sono la

collaborazione (deve mancare il vincolo della subordinazione nei confronti del soggetto

destinatario della prestazione lavorativa, la coordinazione (collegamento funzionale dell‟attività del

lavoratore parasubordinato con la struttura del committente), la continuità (la prestazione non deve

essere meramente occasionale, ma continuativa e resa in misura apprezzabile nel tempo, e la

personalità della prestazione (necessaria prevalenza del carattere personale del rapporto

lavorativo del prestatore rispetto all‟impiego di mezzi e/o di altri soggetti, dei quali pure il

collaboratore può avvalersi, purché non si perda la preminenza della sua personale partecipazione

né l‟unicità della responsabilità gravante sullo stesso). Il rapporto di lavoro parasubordinato

intercorre senza alcun vincolo di subordinazione, ha carattere unitario di durata, è svolto in modo

continuativo, non necessita di mezzi organizzati, è retribuito con periodicità e con ammontare

predeterminato e trova la sua fonte giuridica in un contratto. Si è istituita una gestione

pensionistica separata presso l‟INPS con obbligo d‟iscrizione per professionisti autonomi abituali e

titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, che assoggetta i relativi redditi ad

una contribuzione di livello minore a quella del lavoro subordinato, il che ha costituitolo un

incentivo all‟impiego di co.co.co in luogo di prestazioni di lavoro subordinato. Il Tertium Genus è

una tipologia interinale di rapporto di lavoro, né subordinato né autonomo, ma coordinato. Negli

iscritti alla gestione separata dall‟INPS si distinguono figure professionali di elevato livello; lavori

nuovi, gravitanti nell‟area del lavoro autonomo, e lavoro subordinato mascherato (questi ultimi 2

sono collaboratori puri). Per evitare un eccessivo abuso di co.co.co. è stata introdotta la figura del

contratto di lavoro a progetto.

LAVORO A PROGETTO: Si è riformata la struttura di diversi istituti sui quali si è costruito il diritto

del lavoro recente. Il contratto di lavoro a progetto sostituisce i rapporti di collaborazione

coordinata e continuativa (i cosiddetti co.co.co). Tale contratto deve essere redatto in forma scritta

e deve indicare, a fini probatori, la durata determinata o determinabile della prestazione di lavoro; il

progetto o programma di lavoro, o fasi di esso; il corrispettivo e i criteri per la sua determinazione, i

tempi e le modalità di pagamento e la disciplina dei rimborsi spese; le forme di coordinamento del

lavoratore a progetto con il committente; le eventuali misure per la tutela della salute e sicurezza. Il

contratto termina quando il progetto, il programma o la fase vengono realizzati. Il contratto a

progetto può essere applicato anche in attività operative telefoniche svolte dai call center purché

sia possibile individuare un preciso progetto o programma di lavoro; il collaboratore deve essere

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autonomo nella gestione dei tempi di lavoro; devono essere contemplate le modalità di

coordinamento consentite tra il committente ed il collaboratore. Il contratto a progetto può essere

applicato nel caso dei call center "out bound" nei quali il compito assegnato al collaboratore a

progetto è quello di contattare, per un arco di tempo determinato, l'utenza di un prodotto o di un

servizio riconducibile ad un singolo committente. Alle attività di call center "in bound" non sembra

potersi applicare il contratto di lavoro a progetto in quanto l'operatore non gestisce la propria

attività, né può in alcun modo pianificarla dato che questa consiste prevalentemente nel rispondere

alle chiamate dell'utenza, limitandosi a mettere a disposizione del datore di lavoro la propria attività

per un dato periodo di tempo. Il compenso deve essere proporzionato alla quantità e qualità del

lavoro eseguito e deve tenere conto dei compensi normalmente corrisposti per analoghe

prestazioni del luogo. È prevista una maggior tutela, rispetto alle co.co.co, del lavoratore in caso di

malattia, infortunio e gravidanza. La malattia e l'infortunio del lavoratore comportano solo la

sospensione del rapporto che però non è prorogato e cessa alla scadenza indicata nel contratto o

alla fine del progetto. Il committente può recedere se la sospensione si protrae per un periodo

superiore a 1/6 della durata stabilita nel contratto o superiore a 30 giorni per i contratti di durata

determinabile. La gravidanza comporta la sospensione del rapporto e la proroga dello stesso per

180 giorni. Il collaboratore può svolgere attività a favore di più committenti, salvo che le parti non si

siano accordate diversamente. Il collaboratore ha il diritto di essere riconosciuto autore

dell'invenzione fatta nello svolgimento del lavoro a progetto. Per il versamento dei contributi i

Lavoratori a Progetto devono iscriversi alla Gestione Separata Inps. La contribuzione è posta per

2/3 a carico del committente e per 1/3 a carico del lavoratore. Il contratto a progetto non può

essere stipulato con la pubblica amministrazione. Dopo il 24 ottobre 2004 le collaborazioni che non

sono state ricondotte a un progetto sono cessate automaticamente. Possono essere stipulati

accordi aziendali che stabiliscano che le collaborazioni non riconducibili a un progetto siano

trasformate in una forma di lavoro subordinato (intermittente, ripartito, distacco, somministrazione,

appalto, a termine).

COOP DI LAVORO: Una società cooperativa è costituita per gestire in comune un'impresa che si

prefigge lo scopo di fornire agli stessi soci (scopo mutualistico) quei beni o servizi per il

conseguimento dei quali la cooperativa è sorta. Sino al 2001 per costituire una cooperativa ci

volevano almeno 9 soci, mentre con un numero di soci da 3 a 8 si poteva costituire una piccola

società cooperativa. Con la riforma del diritto commerciale l'istituto giuridico della piccola

cooperativa è stato abrogato ed è possibile costituire società cooperative con un numero di soci

minimo di 3. La Repubblica riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di

mutualità e senza fini di speculazione privata. La cooperativa è un'impresa in forma di società nella

quale il fine e il fondamento dell'agire economico è il soddisfacimento dei bisogni della persona (il

socio): alla base della cooperativa c'è la comune volontà dei suoi membri di tutelare i propri

interessi di consumatori, lavoratori, agricoltori, operatori culturali. L'elemento distintivo e unificante

di ogni tipo di cooperativa si riassume nello scopo mutualistico, che consiste nell'assicurare ai soci

il lavoro, o beni di consumo, o servizi, a condizioni migliori di quelle che otterrebbero dal libero

mercato. Bisogna distinguere tra coop a mutualità prevalente e diverse. Sono coop a mutualità

prevalente quelle che svolgono la loro attività prevalentemente in favore dei soci, consumatori o

utenti di beni o servizi; si avvalgono prevalentemente delle prestazioni lavorative dei soci e degli

apporti di beni o servizi da parte dei soci. Il codice civile prevede criteri oggettivi per il calcolo della

prevalenza e fissa i vincoli statutari da adottare per le cooperative a mutualità prevalente. Le

cooperative sociali sono considerate di diritto a mutualità prevalente. Le agevolazioni fiscali

previste dalle leggi speciali si applicano soltanto alle cooperative a mutualità prevalente; inoltre

queste ultime non possono trasformarsi in società a scopo di lucro, mentre l'eventuale passaggio

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da cooperativa a mutualità prevalente a cooperativa a mutualità non prevalente è disciplinato dal

codice. Caratteristica propria della cooperativa è il principio di parità tra i soci che implica un voto

per testa e la un giudizio motivato sui motivi di ammissione o meno nei confronti di nuovi soci. Vige

il principio della porta aperta (non è necessario modificare l'atto costitutivo) e del capitale variabile.

La partecipazione dei soci al capitale può essere rappresentata da quote (struttura di SRL) o azioni

(struttura SPA). Le cooperative sono regolate dalle norme specifiche presenti nel Codice e dalle

disposizioni sulla SPA. Per le cooperative costituite da meno di 9 soci è obbligatoria l'applicazione

delle norme sulle SRL (e possono essere costituite esclusivamente da persone fisiche). Le norme

SRL possono essere applicate se il n° soci è minore di 20 o se l‟attivo è minore di 1 milione. Le

coop godono di autonomia patrimoniale perfetta, pertanto per le obbligazioni risponde solo la

società con il suo patrimonio.

L’ASSOCIAZIONE IN PARTECIPAZIONE: Per il contratto di associazione in partecipazione,

l‟associante attribuisce all‟associato una partecipazione agli utili della sua impresa verso il

corrispettivo di un determinato apporto, che può consistere anche in una attività lavorativa. È un

contratto di scambio (no società) e la titolarità dell‟impresa e la relativa gestione permangono in

capo all‟associante; l‟associato-lavoratore si trova ad operare in un‟organizzazione altrui, come un

lavoratore subordinato, ma a differenza in tal caso vi è alienità del risultato d‟impresa e per questo

gli sono attribuiti poteri di controllo sulla gestione della stessa.

CATEGORIE DEI LAVORATORI SUBORDINATI: L‟ordinamento riconosce molteplici figure di

lavoratori subordinati in base del contenuto professionale, alle posizioni di lavoro e alla

collocazione della struttura organizzativa dell‟impresa. I lavoratori subordinati sono divisi in

categorie divisibili per qualifica, ospitanti gruppi di mansioni professionalmente omogenee. Si

stabilisce che l‟imprenditore deve far conoscere al lavoratore, all‟assunzione, la categoria e la

qualifica assegnate in relazione alle mansioni per cui è stato assunto. I lavoratori subordinati si

distinguono in dirigenti, quadri, impiegati e operai. I criteri di differenziazione tra impiegato e

operaio sono la professionalità, la non manualità e la collaborazione. Si distingue tra

collaborazione all‟impresa (impiegato collabora all‟organizzazione dell‟attività produttiva a contatto

con l‟imprenditore) e collaborazione nell‟impresa (attività dell‟operaio svolta nella produzione). Al

vertice delle si rintracciano gli appartenenti alla categoria dei quadri (lavoratori che pur non

appartenendo alla categoria dei dirigenti, svolgono funzioni con carattere continuativo di rilevante

importanza ai fini dello sviluppo e dell‟attuazione degli obiettivi di impresa). I quadri hanno una

maggiorazione retributiva sotto forma di indennità di funzione. I dirigenti hanno organizzazione

sindacale separata rispetto a quella degli altri lavoratori ed è qualunque titolare di un contratto di

lavoro subordinato, che esercita verso gli latri lavoratori poteri di pertinenza degli imprenditori.

Riveste un ruolo caratterizzato dall‟ampiezza del potere gestorio, posto in posizione di sostanziale

autonomia tale da influenzare andamento e scelte di attività aziendale. Tra i dirigenti si distinguono

i top managers, i dirigenti meramente convenzionali (no poteri di direzione ma alte conoscenze

scientifiche e tecniche) e i dirigenti pubblici (datore di lavoro sostanziale verso i dipendenti PA).

L‟incarico di direzione, di solito viene conferito a termine, per una durata fra i 3 o 5 anni con

possibilità di rinnovo.

LE CATEGORIE E LA RAZIONALITA’ DEL DIRITTO DEL LAVORO: La legislazione e la

contrattazione collettiva hanno agito per elevare il trattamento degli operai a quello degli impiegati.

Vi è stata l‟eliminazione dei differenziali di trattamento legati all‟anzianità di servizio. Il T.F.R. viene

erogato a tutti i lavoratori, mentre le altre differenze sono state attenuate dalla contrattazione

collettiva. I dirigenti e quadri non sono titolari di tutte le tutele riconosciute al lavoro subordinato. I

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dirigenti non fruiscono delle limitazioni previste dalla legge in materia di durata dell‟orario di lavoro

e del licenziamento privo di giustificato motivo.

I RAPPORTI SPECIALI DI LAVORO: Il codice considera di carattere speciale sia i rapporti di

lavoro subordinato alle dipendenze di datori di lavoro non imprenditori, sia l‟apprendistato ed il

rapporto di lavoro a domicilio. Si parla di rapporti di lavoro a disciplina speciale, quando il

legislatore ha dettato regole specifiche nei confronti di una pluralità di rapporti, senza pretendere

d‟individuare una ratio unitaria della differenziazione normativa.

CAPITOLO 3 – ORGANIZZAZIONE DEL MERCATO DEL LAVORO E COSTITUZIONE DEL RAPPORTO

PARTE I – COLLOCAMENTO E POLITICHE ATTIVE DEL LAVORO

IL SISTEMA DEL COLLOCAMENTO, CENNI STORICI: Si concepiva il collocamento come

funzione pubblica, esercitata in regime di quasi-monopolio da uffici del ministero del lavoro, si

proibiva l‟esercizio della mediazione tra domanda e offerta di lavoro, anche se effettuata a titolo

gratuito, pena sanzioni penali; si imponeva ai datori di lavoro di procedere alle assunzioni previa

richiesta all‟ufficio di collocamento competente, pena sanzione amministrativa. Il divieto di

mediazione privata rispondeva ad obiettivi di controllo del mercato del lavoro, al fine di realizzare

un‟equa distribuzione delle occasioni di lavoro. A tal fine coloro che volevano concludere un

contratto dovevano iscriversi alle liste di collocamento che erano divise in tre classi ossia lavoratori

disoccupati o in cerca di prima occupazione, lavoratori già occupati ma che aspiravano ad una

diversa occupazione e pensionati in cerca di occupazione. L‟iscrizione alle liste era il presupposto

per compilare una graduatoria sullo stato di bisogno dei singoli (carico familiare, situazione

economica e patrimoniale, anzianità d‟iscrizione nelle liste). Era impossibile esercitare richieste

nominative all‟ufficio di collocamento per i lavoratori da assumere, fatte salve alcune eccezioni.

Doveva essere impersonale, indicando solo il n° dei lavoratori necessari, la categoria e la qualifica

professionale, e l‟ufficio era tenuto a rispondervi seguendo l‟ordine risultante dalla graduatoria.

Questo impianto non ha mai funzionato in maniera soddisfacente e si sono susseguite diverse

riforme, il cui fallimento ha indirizzando i successivi interventi verso una de regolazione del

sistema.

IL RUOLO DEL PUBBLICONELL’ORGANIZZAZIONE DEI SERVIZI PER L’IMPIEGO: Nel 1996

l‟attività formale degli uffici di collocamento è venuta meno. Successivamente la Corte di giustizia

dell‟UE censura il regime monopolistico. La riforma del collocamento del 1997 riguardava il

decentramento dei servizi per l‟impiego, tramite conferimento alle regioni dei compiti e funzioni in

materia di politica attiva del lavoro e riguardo al collocamento; il superamento della concezione del

collocamento come funzione pubblica da esercitarsi in regime di quasi-monopolio; el‟apertura nei

confronti dei privati ammessi a mediare tra domanda e offerta di lavoro. Tuttavia, tale riforma è

stata ritenuta in parte costituzionalmente illegittima, in quanto alcuni criteri direttivi vulneravano

l‟autonomia organizzativa regionale oltre il limite consentito. Tale riforma ha previsto l‟istituzione in

ogni provincia di una commissione per le politiche del lavoro. Nel 2000 furono emanati i principi

fondamentali per l‟esercizio della potestà legislativa delle regioni in materia di revisione e

razionalizzazione delle procedure di collocamento, modificati nel 2002. Ci furono interventi volti a

prevenire la disoccupazione giovanile e quella di lunga durata, è stato introdotto lo stato di

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disoccupazione (condizione di colui che si trova privo di lavoro, e che sia immediatamente

disponibile alla ricerca e allo svolgimento di lavoro, mediante autocertificazione presso servizio per

l‟impiego). Si è istituito un elenco anagrafico raccoglie i nominativi di coloro che si rivolgono al

Centro per l'Impiego per cercare o cambiare occupazione; che viene integrato e aggiornato sulla

base delle informazioni dei datori di lavoro, che consente ai lavoratori di mantenere l'iscrizione per

tutta la vita lavorativa salvo richiesta di cancellazione. I dati in esso registrati vanno riportati nella

scheda professionale del lavoratore, rilasciata dal Centro per l‟impiego e contenente informazioni

relative alle esperienze, alle disponibilità, alla certificazione delle competenze. Vengono abolite le

liste di collocamento ordinarie e speciali ad eccezione delle liste di mobilità e di quelle dei

lavoratori disabili e dello spettacolo. Sopravvive l‟obbligo di comunicazione delle assunzioni

effettuate (ex post data assunzione, sia dai datori che PA) verso i centri per l‟impiego. Le regioni

hanno compito di pevedere una quota di assunzioni riservata a lavoratori a rischio di esclusione

sociale.

IL RUOLO DEI PRIVATI NELL’ORGANIZZAZIONE DEI SERVIZI PER L’IMPIEGO, AGENZIE

PER IL LAVORO E ENTI BILATERALI: La riforma ha legittimato le agenzie private di

collocamento. Nel mercato del lavoro sono previste 4 attività ossia somministrazione di lavoro,

intermediazione, ricerca e selezione del personale, supporto alla ricollocazione professionale, che

possono essere svolte solo dalle agenzie per il lavoro autorizzate (entro 60 giorni dalla richiesta a

titolo provvisorio, dopo 2 anni e previo accertamento del corretto svolgimento dell‟attività a titolo

indeterminato entro 90 giorni dalla richiesta, vale il silenzio assenso per cui decorsi i tempi la

domanda di autorizzazione è accettata) dal ministero e iscritte a un albo. Tale autorizzazione può

essere rilasciata a un‟agenzia costituita nella forma di società di capitali o coop. Possono essere

autorizzate anche società di persone ma non nello svolgimento di attività di mediazione. I requisiti

riguardano amministratori e dirigenti non devono avere condanne penali, le agenzie di mediazione

devono garantire la loro attività interessi un ambito distribuito sull‟intero territorio nazionale e non

inferiore a 4 regioni. A tutela dei lavoratori, la loro attività deve essere a titolo gratuito, devono

assicurare il diritto di indicare i soggetti cui i propri dati devono essere comunicati e garantire

l‟ambito di diffusione di tali dati e le indicazioni fornite dai lavoratori stessi; sono bandite pratiche

discriminatorie (no indagini di preselezione a meno che le caratteristiche elencate siano un

requisito essenziale ai fini del lavoro e quando incidono sullo svolgimento dello stesso). Alle

agenzie private sono consentiti comportamenti che, ove posti in essere da un datore di lavoro in

fase di assunzione, sarebbero illegittimi. Nel 2003 è stato incrementato il n° di soggetti che

possono svolgere attività d‟intermediazione tra domanda e offerta di lavoro in quanto sono

aumentati i soggetti pubblici abilitati ad operare nel settore (università, comuni, camere di

commercio senza scopo di lucro, e accanto ai soggetti privati, spiccano le associazioni sindacali e

gli enti bilaterali.

LA CONCEZIONE ATTUALE DEL COLLOCAMENTO: Il collocamento svolge un servizio

pubblico, alla cui erogazione possono concorrere anche soggetti privati. Per rendere evidente il

rapporto tra pubblico e privato che comporta l‟instaurazione di forme di cooperazione strumentali al

miglior funzionamento del mercato del lavoro, è stato previsto che l‟autorizzazione a svolgere le

rispettive attività sia condizionata dall‟inviare all‟autorità concedente ogni informazione per un

efficace funzionamento del mercato del lavoro, soprattutto all‟obbligo di interconnessione con la

borsa nazionale del lavoro, il nuovo sistema informatico istituito al fine di accrescere la possibilità

d‟incontro fra domanda ed offerta.

I SISTEMI SPECIALI DI COLLOCAMENTO: Il criterio con cui si determina l‟incontro tra domanda

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e offerta di lavoro, è quello dell‟assunzione diretta, eccetto l‟obbligo di assunzione mediante

concorso. Ciò significa che il ricorso ad un intermediario è solo un‟opportunità offerta dal sistema,

ma non è obbligatorio. La borsa nazionale del lavoro accessibile da tutti i lavoratori e dalle imprese

che possono inserire nuove candidature direttamente senza rivolgersi ad intermediari.

IL COLLOCAMENTO DEI LAVORATORI EXTRACOMUNITARI: Vengono stabilite annualmente

le quote massime di stranieri ammissibili in Italia per lo svolgimento dell‟attività lavorativa

subordinata. Si provvede anche ad assegnare quote riservate agli Stati non UE con i quali sono

stati contratti accordi bilaterali, al fine di regolare i flussi d‟ingresso, che prevedono che i lavoratori

stranieri che intendono lavorare in Italia, devono iscriversi in apposite liste specificando le loro

qualifiche. I datori di lavoro che vogliono instaurare in Italia un rapporto di lavoro subordinato con

uno straniero residente all‟estero devono rivolgere allo sportello unico per l‟immigrazione

(organismo responsabile dell‟assunzione dei lavoratori extracomunitari) una richiesta nominativa di

nulla osta al lavoro, ed entro 40 gg lo sportello rilascia il nulla osta, previa verifica delle condizioni

offerte allo straniero risultanti dalla proposta di contratto di soggiorno stipulato presso lo sportello

unico entro 8 gg dall‟ingresso dello straniero in Italia e condizione per il rilascio per permesso di

soggiorno per motivi di lavoro. La più rilevante competenza dei centri d‟impiego riguarda l‟ipotesi in

cui il lavoratore straniero perda il posto di lavoro, anche a seguito di dimissioni. Previo

riconoscimento dello stato di disoccupazione, egli può avvalersi dei servizi pubblici per l‟impiego

per il periodo di residua validità del permesso di soggiorno e per un periodo non inferiore ai 6 mesi.

E‟ stato soppresso l‟istituto della prestazione di garanzia per l‟accesso al lavoro, che doveva

riguardare i costi di alloggio, sostentamento e assistenza sanitaria e poteva essere prestata da

singoli cittadini, da regioni, da sindacati ed enti pubblici. Lo straniero indicato nominativamente

poteva ottenere un‟autorizzazione all‟ingresso dalla questura e successivamente un permesso di

soggiorno della durata di 1 anno a fini d‟inserimento nel mercato del lavoro, in questo modo era

possibile l‟accesso regolare al mercato del lavoro anche di stranieri che non fossero titolari di

un‟offerta di lavoro.

IL COLLOCAMENTO DEI LAVORATORI ITALIANI DA IMPIEGARE ALL’ESTERO: Riguardo gli

italiani disponibili ad impegnarsi in un rapporto di lavoro subordinato all‟estero è stata prevista una

particolare procedura di collocamento: essi devono iscriversi in un‟apposita lista di collocamento

tenuta dalla direzione regionale del lavoro del luogo di residenza, la quale provvederà a rilasciare il

nulla osta all‟assunzione. Il datore di lavoro deve ottenere un‟autorizzazione del ministero del

lavoro entro 60 gg, dopo aver effettuato gli accertamenti sulle condizioni di lavoro offerte a

garanzia del lavoratore.

IL RECLUTAMENTO DEL PERSONALE NELLE PA: Il sistema di reclutamento del personale nel

pubblico esclude ricorso agli uffici di collocamento, anche in virtù di un disposto costituzionale

secondo cui si accede mediante concorso, salvi i casi stabiliti dalla legge. Le PA devono effettuare

una selezione fra gli iscritti nelle liste di collocamento; questi ultimi devono essere avviati alla

selezione numericamente secondo l‟ordine di graduatoria risultante dalle liste, che tende ad

accertare l‟idoneità del lavoratore a svolgere mansioni e prove attitudinali. A causa della

soppressione delle liste di collocamento, anche questo meccanismo è destinato a scomparire.

LE ASSUNZIONI OBBLIGATORIE: La disciplina delle assunzioni obbligatorie è mirata

all‟inserimento e all‟integrazione lavorativa delle persone disabili nel mondo del lavoro attraverso

servizi di sostegno e di collocamento mirato. Per collocamento mirato si intende la serie di

strumenti tecnici e di supporto che permettono di valutare adeguatamente le capacità lavorative

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delle persone con disabilità e di inserirle nel posto adatto, attraverso analisi di posti di lavoro,

forme di sostegno, azioni positive e soluzioni dei problemi connessi con gli ambienti, gli strumenti e

le relazioni interpersonali sui luoghi quotidiani di lavoro e di relazione. L‟obbligo di assunzione

grava su tutti i datori di lavoro, privati e pubblici, che occupano almeno 15 dipendenti e in

proporzione alla dimensione occupazionale dell‟organizzazione produttiva. Per accedere al

sistema di collocamento obbligatorio, i soggetti interessati devono sottoporsi ad un accertamento

delle condizioni di disabilità ad opera di speciali commissioni mediche. La possibilità di accedere al

mercato del lavoro è condizionata all‟iscrizione del disabile nell‟apposito elenco sulla base di

un‟unica graduatoria, necessaria nel caso in cui l‟assunzione avvenga su base numerica, ma le

richieste di assunzione dei disabili sono prevalentemente nominative. La richiesta deve essere

presentata agli uffici competenti entro 60 gg dal momento dell‟obbligo dell‟assunzione dei

lavoratori disabili. L‟aspetto più significativo delle assunzioni obbligatorie è il collocamento mirato

possibilità per le regioni di autorizzare, con oneri a proprio carico, lo svolgimento di attività di

riqualificazione professionale presso la stessa azienda che effettua l‟assunzione. Nel procedimento

di assunzione con i disabili vengono stipulate convenzioni d‟inserimento lavorativo nella quale

sono stabiliti tempi e modalità delle assunzioni che il datore s‟impegna a effettuare. Il regime

giuridico del rapporto di lavoro dei disabili assunti obbligatoriamente implica che ai disabili si

applica il trattamento economico e normativo previsto dalle leggi e dai contratti collettivi. Qualora si

determini una situazioni d‟incompatibilità fra le condizioni di salute del disabile e le mansioni, egli

ha diritto alla sospensione non retribuita del rapporto di lavoro fino a che l‟incompatibilità persista e

può essere impiegato durante tale periodo in un tirocinio formativo. La risoluzione del rapporto di

lavoro è ammessa solo quando si è accertato l‟impossibilità permanente del reinserimento del

disabile all‟interno dell‟azienda. Nel caso in cui il datore di lavoro rifiuti l‟assunzione del disabile, a

quest‟ultimo spetterà il diritto al risarcimento del danno. E‟ riconosciuta la possibilità di sottrarsi

all‟obbligo di assunzione di disabili alle imprese che aderiscono alle convenzioni quadro stipulate

dagl‟uffici competenti con i sindacati dei lavoratori e dei datori, aventi ad oggetto il conferimento di

commesse di lavoro alle cooperative sociali al fine di favorire l‟inserimento lavorativo dei lavoratori

svantaggiati e dei disabili.

PARTE II – CONTRATTO E RAPPORTO DI LAVORO

LA FONTE DEI RAPPORTI DI LAVORO: Il codice del 1865 ricostruiva il rapporto di lavoro come

una locazione. La concezione contrattualistica è rimasta sempre prevalente nella dottrina italiana

che dipendeva da una visione dell‟impresa come una sorta di istituzione all‟origine di una

comunione di scopo tra datore di lavoro e lavoratori.

CONTRATTO DI LAVORO, VIZI DEL CONSENSO, SIMULAZIONE: In caso di divergenza fra

dichiarazione di volontà e concreto assetto del rapporto, il problema viene risolto in sede giudiziale,

senza ricorrere allo schema civilistico della simulazione relativa. Per poter condurre

all‟annullamento del contratto per vizio di volontà (errore qualità lavoratore), deve esserci non solo

un errore riconoscibile dal lavoratore ma anche essenziale per il datore di lavoro. E‟ meglio inserire

nel contratto di lavoro la clausola di prova e la facoltà di recesso senza l‟obbligo di motivazione.

CONCEZIONE CONTRATTUALISTICA E DIRITTO POSITIVO: La facoltà di esercitare il potere di

recesso è collegata alla sussistenza di un inadempimento degli obblighi contrattuali del prestatore

del lavoro. L‟assunzione all‟impiego pubblico avviene con un contratto individuale di lavoro.

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LA PRESTAZIONE LAVORATIVA DI FATTO: La prestazione di fatto dispone che la nullità o

l‟annullamento del contratto di lavoro non produce effetto per il periodo in cui il rapporto ha avuto

esecuzione. Nel caso in cui la prestazione si svolge senza o contro la volontà del datore di lavoro,

non si determina l‟instaurazione di un rapporto; e al lavoratore si potrà riconoscere il diritto ad

ottenere un indennizzo per arricchimento senza causa. La prestazione di fatto può essere invocato

di fronte a un contratto nullo o annullabile, per neutralizzare gli effetti dell‟invalidità in relazione al

periodo durante il quale si è data esecuzione al contratto in questione. Ciò si limita a introdurre una

deroga rispetto al regime generale della retroattività della dichiarazione di nullità e della pronuncia

d‟annullamento: la regola generale, tornerà ad operare quando la nullità del contratto di lavoro

derivi dall‟illiceità dell‟oggetto o della causa determinante e comune ad entrambe le parti. In questi

casi la nullità dipende dalla violazione di norme imperative e non per illiceità dell‟oggetto/causa.

Quest‟ultima ipotesi ricorre soltanto di fronte ad attività intrinsecamente illecite, in cui svolgimento

si pone in contrasto con i principi di ordine pubblico. La prestazione di fatto vale per la violazione di

norme posti a tutela del lavoratore, in questo caso l‟interessato avrà diritto alla retribuzione.

CAPACITA’ GIURIDICA, CAPACITA’ DI AGIRE, FORMA E DOCUMENTAZIONE DEL

CONTRATTO DI LAVORO: Per la valida stipulazione del contratto di lavoro subordinato occorre il

requisito legale di età minima, fissata a 16 anni. La capacità giuridica riguarda l‟attitudine ad

essere parte di rapporti giuridici, non può acquistarsi dalla nascita, ma dal momento del

compimento dell‟età minima per l‟ammissione al lavoro. Si parla infatti di capacità giuridica

speciale. La capacità di agire riguarda la capacità di stipulare il contratto e di esercitare i diritti e le

azioni conseguenti. Nella sua versione originaria il codice fissava la maggiore età al compimento

del 21 anno di età e con essa l‟acquisto della capacità di prestare il proprio lavoro, salvo le leggi

speciali che stabiliscono un‟età inferiore.Poiché queste ultime attenevano alla capacità giuridica

speciale, solo ai minori diciottenni era riconosciuta la piena capacità d‟agire in materia di lavoro,

mentre il contratto di lavoro di un minore infradiciottenne doveva essere stipulato dal suo legale

rappresentante. Successivamente maggiore età è stata fissata a 18 anni e con essa la capacità di

agire. Sono state fatte salve le leggi speciali che stabiliscono un‟età inferiore per capacità a

prestare il proprio lavoro, in tal caso il minore è abilitato all‟esercizio dei diritti e delle azioni che

dipendono dal contratto di lavoro. Nel pubblico impiego possono essere inseriti coloro che

posseggono un‟età compresa tra gli anni 18 e i 40.

LA FORMA DEL CONTRATTO DI LAVORO: Per stipulare il contratto di lavoro vige la libertà di

forma. Un caso particolare è il contratto di arruolamento marittimo per il quale è prevista la

stipulazione per atto pubblico, mentre per i rapporti di lavoro atipici è richiesta la forma scritta, con

l‟obiettivo di rendere consapevole il lavoratore delle caratteristiche del rapporto instaurato.

L‟obbligo di forma scritta risulta per il contratto di apprendistato, inserimento, CFL, a tempo

determinato, parziale, ripartito, intermittente (fini probatori). Il datore ha l‟obbligo di informare il

lavoratore su elementi essenziali del rapporto come identità delle parti, luogo di lavoro, data inizio

rapporto, durata, inquadramento, importo e periodicità di versamento della retribuzione, ferie,

orario del lavoro, termini preavviso per licenziamento. Il datore di lavoro deve redigere e

consegnare al lavoratore un contratto di lavoro scritto, una lettera d‟assunzione o qualsiasi altro

documento scritto che deve ritenersi assistita da una presunzione di veridicità, gli deve essere

riconosciuta la possibilità di fornire ogni prova contraria, dimostrando che le informazioni contenute

nella comunicazione sono false.

IL PATTO DI PROVA: Nel patto di prova, che può essere inserito nel contratto, si possono

distinguere una funzione normativa e una funzione reale. La stipulazione del patto di prova

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risponde all‟interesse di entrambe le parti del rapporto: l‟imprenditore e il datore di lavoro sono

rispettivamente tenuti a consentire e a fare l‟esperimento che forma oggetto del patto di prova. La

funzione della prova soddisfa prevalentemente l‟interesse del datore di lavoro a verificare in

concreto le capacità del neoassunto, in caso negativo dell‟esperimento ricorre al licenziamento. In

mancanza di forma scritta il patto di prova va considerato nullo. Per la validità del patto è

necessaria la sottoscrizione di entrambe le parti e deve essere stipulato in momento anteriore alla

costituzione del rapporto. Durante il periodo di prova il rapporto di lavoro si trova in una condizione

di precarietà, entrambe le parti possono recederne, senza obbligo di preavviso né di motivazione.

La durata del periodo si differenzia per qualifiche professionali. Un limite legale di durata del

periodo di prova vale per quei lavoratori cui si applica la disciplina limitativa del potere di

licenziamento. Per i lavoratori assunti in prova si impone di giustificare il licenziamento dal

momento in cui l‟assunzione diviene definitiva e quando sono decorsi 6 mesi dall‟inizio del rapporto

di lavoro. Al lavoratore in prova spetta l‟indennità di anzianità, le ferie retribuite o la corrispondente

indennità sostitutiva. Il licenziamento durante la prova può essere esercitato discrezionalmente dal

datore o dal giudice. Compiuto il periodo di prova, l‟assunzione diviene definitiva e il servizio

prestato si computa nell‟anzianità del prestatore di lavoro. L‟esperimento deve riguardare mansioni

compatibili con lo stato d‟invalidità o di minoranza fisica del lavoratore, la valutazione sull‟esito

della prova non deve essere influenzata da considerazioni di minor rendimento dovute all‟infermità

o alle minoranze, nel caso il recesso del datore di lavoro deve avere un‟adeguata motivazione. La

clausola di prova è considerata legittima , purché la prova abbia d oggetto la valutazione

dell‟idoneità ad acquisire capacità professionale.

DIVIETO DI INDAGINI SULLE OPINIONI E DI DISCRIMINAZIONI, RINVIO: Quel che si può

verificare sulle capacità professionali di un lavoratore durante il periodo di prova costituisce

oggetto di possibile accertamento prima dell‟instaurazione del rapporto di lavoro. Vige il divieto del

datore di lavoro di effettuare, indagini anche a mezzo di terzi, sulle opinioni politiche, religiose o

sindacali del lavoratore, nonché su fatti non rilevanti ai fini della valutazione dell‟attitudine

professionale del lavoratore, in modo che il lavoratore possa mantenere intangibile la sua sfera di

riservatezza entro la quale si svolgono le vicende della sua sfera privata. Si permette nella fase di

prova di effettuare indagini relative all‟acquisizione di elementi che consentano una valutazione di

tipo attitudinale dell‟aspirante all‟assunzione. È vietato ai datori di lavoro effettuare indagini per

accertare l‟esistenza dello stato di sieropositività in persone prese in considerazione per

l‟instaurazione del rapporto. Le indagini sulle opinioni politiche, religiose e sindacali possono

essere svolte da organizzazioni di tendenza (dai datori di lavoro che svolgono attività di natura

culturale, politica, di culto). Legittimo è l‟accertamento sulle opinioni di chi voglia essere assunto

come funzionario da un partito politico, ma illegittimo se l‟accertamento sarà utilizzato ai fini

dell‟assunzione di sorveglianza. I datori di lavoro devono sottoporre i lavoratori destinati a mansioni

che comportano rischi di sicurezza, incolumità e salute dei terzi ad accertamenti di assenza di

tossicodipendenza prima dell‟assunzione in servizio e dell‟assenza di sieropositività per lo

svolgimento di attività che comportano rischi per la salute di terzi. Devono ritenersi legittimi i test

psicologici, mentre quelli genetici sono illegittimi. Tali divieti operano anche dopo l‟assunzione.

CAPITOLO 4 – LA TIPOLOGIA DEI RAPPORTI DI LAVORO

LAVORO ATIPICO: Il lavoro atipico indica diversi tipi di lavoro difformi da quelli inerenti al modello

standard a tempo pieno e durata indeterminata. Il lavoro atipico nasce per rispondere all'esigenza

aziendale di assicurare flessibilità, in risposta alle variazioni della produzione, intendendo la

capacità dei lavoratori di adattarsi a funzioni e orari diversi in rapporto alle esigenze produttive.

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LAVORO A TEMPO INDETERMINATO: La durata a tempo indeterminato è l‟elemento che ha

caratterizzato il modello standard del rapporto di lavoro subordinato. Il riconoscimento del rapporto

di lavoro a tempo determinato è stato ispirato dalle preoccupazione di impedire il rischio di legami

di tipo servile dell‟epoca pre-industriale. Le assunzioni con rapporto a tempo indeterminato

risultavano sempre più diffuse nel periodo industriale. Occorreva che il legislatore si adeguasse

alla realtà riconoscendo nell‟ordinamento una forma di lavoro in grado di soddisfare il bisogno

dell‟imprenditore di poter contare nel tempo su personale esperto. La soluzione della legge

sull‟impiego privato fu estesa anche agli operai. Il contratto di lavoro si reputa a tempo

indeterminato, se il termine non risulta dalla specialità del rapporto o da atto scritto. Vi è libertà di

licenziare senza giustificazione alcuna gli assunti a tempo indeterminato.

LA DISCIPLINA ATTUALE DELLE ASSUNZIONI A TERMINE: L‟assunzione con contratto a

tempo determinato era sempre possibile purché il termine risultasse dalla specialità del rapporto o

da atto scritto. Ciò fu abrogato e si abolì anche il riferimento al termine speciale del rapporto

sostituendolo con un sistema detto “lista chiusa”, che consisteva in una serie di ipotesi,

sussistendo una delle quali, l‟assunzione a tempo determinato si sarebbe potuta considerare lecita

(es. assunzioni stagionali). Il rapporto a tempo indeterminato costituiva la regola e quello a termine

l‟eccezione. In conformità all‟UE si sono azzerati gli spazi di controllo sindacale del lavoro a tempo

determinato. L‟assunzione a termine poteva considerarsi legittima solo se effettuata per cause

previste dalla legge o dalla contrattazione collettiva; è consentita l‟apposizione di un termine alla

durata del contratto di lavoro subordinato per motivi di carattere tecnico, produttivo, organizzativo.

ULTERIORI PROFILI DI DISCIPLINA DEL LAVORO A TERMINE: L‟apposizione di un termine

deve risultare atto scritto, nel quale sono inoltre specificate le ragioni dell‟assunzione a tempo

determinato. In caso di assenza di forma scritta il lavoratore può chiedere in sede giudiziale la

conversione del contratto a termine in un contratto a tempo indeterminato. La sanzione massima

della conversione si applica sia quando il contratto a termine è illegittimo perché stipulato

omettendo di specificare la ragione dell‟assunzione o di indicare il termine finale. Quest‟ ultimo può

risultare direttamente o indirettamente in quanto si è confermata l‟ammissibilità dei contratti il cui

termine sia legato sin dall‟inizio ad una data determinata, e di quelli in cui il termine finale sia

fissato per relazione a u evento futuro e certo. La normativa previgente, secondo la quale

l‟assunzione a termine poteva essere ammessa solo a fronte di specifiche causali ritenute idonee a

giustificarla, non richiedeva che tali cause fossero indicate nel contratto, ma faceva gravare sul

datore di lavoro l‟onere della prova. La normativa attuale, invece, richiede la precisazione nel

contratto della ragione dell‟assunzione a termine, ma non prevede più un onere della prova in

quanto il datore deve provare solo l‟esistenza delle ragioni che giustificano l‟eventuale proroga del

termine. Il termine finale del contratto può essere prorogato, per una sola volta, quando il contratto

iniziale ha una durata inferiore a 3 anni e con il consenso del lavoratore. La proroga è ammessa

quando sussistono ragioni oggettive e si riferisce alla stessa attività lavorativa per la quale era

stato stipulato il contratto iniziale. In tal caso, la durata complessiva del rapporto di lavoro (durata

iniziale + proroga) non può superare i 3 anni. Se il rapporto di lavoro prosegue dopo la scadenza

del termine inizialmente fissato o successivamente prorogato, il datore di lavoro deve

corrispondere al lavoratore una maggiorazione della retribuzione complessiva pari al 20% fino al

decimo giorno successivo alla scadenza, e pari al 40% per ogni giorno ulteriore. Il termine per la

prosecuzione oltre la scadenza è di 20 giorni se il contratto a termine aveva una durata inferiore a

6 mesi, e 30 giorni negli altri casi. Se il rapporto di lavoro prosegue oltre i suddetti termini, il

contratto deve essere considerato a tempo indeterminato a partire dalla scadenza dei termini. Se il

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lavoratore viene riassunto a termine entro 10 giorni dalla scadenza di un contratto di durata fino a

6 mesi, oppure entro 20 giorni dalla scadenza di un contratto di durata oltre 6 mesi, il secondo

contratto si considera a tempo indeterminato. Se invece il lavoratore viene riassunto con contratto

a termine immediatamente dopo la scadenza del primo contratto, il rapporto di lavoro si considera

a tempo indeterminato fin dalla data della stipulazione del primo contratto. Qualora il rapporto di

lavoro, per effetto di successione di contratti a termine, abbia complessivamente superato i 36

mesi indipendentemente dai periodi di interruzione, il rapporto di lavoro si considera a tempo

indeterminato. Il limite è solo apparente, perché modificabile da contratti collettivi di qualsiasi

livello. Vi è il principio di parità di trattamento tra lavoratori precari e lavoratori assunti a tempo

indeterminato. Al lavoratore a termine spettano le ferie, la gratifica natalizia, la tredicesima

mensilità, il TFR e ogni altro trattamento in atto nell'impresa, a meno che non sia obiettivamente

incompatibile con la natura del contratto a tempo determinato. Non contrasta con il principio di

parità, la circostanza che ai lavoratori a tempo determinato non vanno riconosciuti quei trattamenti

che siano incompatibili con la natura del contratto a termine. Il lavoratore che abbia prestato attività

lavorativa a termine presso la stessa azienda per un periodo superiore ai sei mesi, ha diritto di

precedenza nelle assunzioni a tempo indeterminato per mansioni equivalenti, effettuate dal datore

di lavoro entro i 12 mesi dopo. Il lavoratore assunto a termine per lo svolgimento di attività

stagionali ha diritto di precedenza fatte salve diverse disposizioni dei contratti collettivi stipulati a

livello nazionale, territoriale o aziendale, nelle assunzioni a termine per le medesime attività

stagionali effettuate dal datore entro i dodici mesi successivi. Tali diritti di precedenza possono

essere esercitati a condizione che il lavoratore manifesti la propria volontà al datore di lavoro

rispettivamente entro 6 mesi o 3 mesi (per le attività stagionali) dalla data di cessazione del

rapporto di lavoro. Il lavoratore assunto a tempo determinato non può essere licenziato prima della

scadenza del termine se non per giusta causa (non per giustificato motivo). Il licenziamento

intimato senza giusta causa prima della scadenza del termine comporta il diritto del lavoratore al

risarcimento del danno, pari a tutte le mensilità fino alla scadenza, dedotto quanto eventualmente

percepito dal lavoratore lavorando presso un altro datore di lavoro nel periodo considerato.

L‟azione con cui si contesta in giudizio l‟illegittimità del termine (contratto a termine illegittimo), in

quanto azione di nullità parziale, è imprescrittibile. Il lavoratore può proporla in ogni tempo ed

ottenere il ripristino del rapporto. Non può essere assimilata la scadenza di un contratto a termine

illegittimo a un licenziamento, tranne nel caso in cui il datore di lavoro, anziché comunicare la

disdetta per scadenza del termine, abbia intimato un licenziamento. Nessuna delle due parti può

sottrarsi agli obblighi di contratto se non per giusta causa. Di fronte al recesso del datore di lavoro

privo di giustificazione, al lavoratore spetta il risarcimento del danno pari alle mensilità fino a

scadenza dedotte delle mensilità di altro lavoro..

ESCLUSIONI E DISCIPLINE SPECIFICHE: Si mantiene in vigore la preesistente

regolamentazione del lavoro a termine nel settore del trasporto aereo e dei servizi aeroportuali.

Limitatamente ai settori del turismo e dei pubblici servizi, vi è la possibilità di stipulare rapporti a

termine per l‟esecuzione di servizi di durata non superiore a tre giorni. Sono esclusi dalla

normativa rapporti di lavoro temporanei, per i quali operano discipline specifiche. Ai dirigenti si

applica la parità di trattamento e la computabilità nell‟organico dell‟impresa. Le PA si avvalgono

delle forme contrattuali flessibili di assunzione e di impiego del personale. La violazione di tali

regole non tramuta il rapporto in tempo indeterminato con le PA, tuttavia al lavoratore spetta il

risarcimento previsto per la violazione.

IL RAPPORTO DI LAVORO A TEMPO PARZIALE: Il contratto part-time prevede un orario di

lavoro inferiore alle 40 ore settimanali e vi si applica la disciplina del lavoro subordinato, salvo

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alcune eccezioni, disciplinate dalla contrattazione collettiva. Nel rapporto di lavoro subordinato

l‟assunzione può avvenire a tempo pieno (orario normale) o a tempo parziale (orario fissato dal

contratto individuale cui è tenuto il lavoratore inferiore alle 40 ore). Il part-time può essere

orizzontale (la riduzione di orario rispetto al tempo pieno è in relazione all‟orario giornaliero),

verticale (l‟attività si svolge a tempo pieno, ma limitatamente a periodi predeterminati nel corso del

periodo), o misto (combinazione dei 2 tipi). È richiesta la forma scritta a fini probatori (contratto

valido comunque). Nel contratto devono essere espresse le clausole che più influiscono sulla

condizione del lavoratore (durata, collocazione temporale dell‟orario con riferimento al periodo). Un

rapporto di lavoro a tempo parziale può essere instaurato come tale, oppure a seguito di

trasformazione di un rapporto a tempo pieno già in corso tra le parti. L‟accordo deve essere

formalizzato per iscritto e va convalidato dalla direzione provinciale del lavoro. Il rifiuto del

lavoratore di trasformare il proprio lavoro a tempo pieno in un rapporto a tempo parziale, o

viceversa, non costituisce un giustificato motivo al licenziamento. Per contrastare il fenomeno del

part-time involontario era previsto il diritto di precedenza per i propri dipendenti a tempo pieno e

che vogliono una trasformazione a tempo parziale. Con il criterio di proporzionalità pura i lavoratori

a tempo parziale sono computati nel numero dei lavoratori dipendenti in proporzione all‟orario

svolto, rapportato al tempo pieno. Vige il principio di non discriminazione rispetto ai lavoratori a

tempo pieno, salvo la proporzionalità rispetto alla retribuzione/ferie.

LAVORO SUPPLEMENTARE, CLAUSOLE FLESSIBILI E CLAUSOLE ELASTICHE: Rispetto

alla precedente disciplina si prevede maggiore flessibilità nella gestione dell'orario e minori vincoli

per la richiesta di prestazione di lavoro supplementare, lavoro straordinario, stipulazione di

clausole flessibili o elastiche. Per lavoro supplementare si intende quello svolto oltre l‟orario di

lavoro concordato ed entro il limite del tempo pieno. Il datore di lavoro può richiedere al lavoratore

a tempo parziale lo svolgimento di prestazioni supplementari, ma solo nel caso in cui si tratti di

lavoro part-time orizzontale. L‟effettuazione di lavoro supplementare richiede il consenso del

lavoratore a meno che il contratto collettivo abbia disposto in materia. Il rifiuto del lavoratore non

può essere oggetto di giustificato motivo di licenziamento. Le clausole flessibili consentono al

datore di modificare la collocazione temporale della prestazione lavorativa, e sono ammesse

anche nei rapporti a tempo determinato. Le clausole elastiche consentono al datore di aumentare il

numero delle ore pattuite, e sono applicabili solo al part-time di tipo verticale o misto. L‟elasticità

può riguardare la collocazione temporale della prestazione nel periodo o l‟estensione temporale

(durata) della stessa. Le clausole possono essere adottate se il datore dà preavviso di 5 giorni per

la modifica della durata e se al lavoratore si riconoscono compensazioni come da contratti

collettivi. Per tali forme di part-time è richiesto il consenso del lavoratore in forma scritta sia

all‟origine che in corso del rapporto. È stato abrogato il diritto al ripensamento che dopo almeno sei

mesi per motivate ragioni, prevede di tornare a svolgere la prestazione secondo quanto

inizialmente previsto. La forma scritta è richiesta a fini probatori, in mancanza è ammessa la prova

per testimoni. Se manca la prova di stipulazione, il lavoratore può chiedere che sia dichiarata la

sussistenza di un rapporto a tempo pieno a partire dal momento della accertata mancanza della

scrittura. Non è prevista la nullità del contratto part-time neppure quando risultano omesse le

indicazioni che obbligatoriamente devono comparire. Se l‟omissione riguarda la durata si può

dichiarare a tempo pieno; se riguarda la collocazione temporale dell‟orario, il giudice determina le

modalità temporali di svolgimento della prestazione. In entrambi i casi, per il periodo antecedente

la data della sentenza il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno. Il part-time si può applicare

ai dipendenti della PA e vi sono norme speciali applicabili sono in essa. Il pubblico dipendente può

chiedere la trasformazione del a tempo parziale e ha diritto ad ottenerla entro 60 giorni dalla

domanda. La trasformazione può essere negata solo se l‟eventuale attività lavorativa che il

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dipendente intende svolgere, comporti una situazione di conflitto d‟interessi. I dipendenti della PA

possono svolgere lavoro a tempo parziale non superiore al 50% di quello a tempo pieno. Solo

quest‟ultimi possono affiancare una seconda attività al proprio impiego pubblico, per tutti gli altri

costituisce una giusta causa di licenziamento. Ai pubblici dipendenti che scelgono il part-time è

stato concesso il diritto di ripensamento entro 2 anni. Secondo la Corte Costituzionale le forme

elastiche di part-time limitano il lavoratore nella programmazione di altri lavoro con cui integrare il

reddito e vi era il diritto al ripensamento anche per evitare effetti discriminatori a danno delle

donne.

IL RAPPORTO DI LAVORO RIPARTITO (JOB SHARING): Il lavoro ripartito è uno speciale

contratto di lavoro mediante cui due lavoratori assumono in solido l'adempimento di un'unica ed

identica obbligazione lavorativa. I lavoratori possono determinare discrezionalmente e in ogni

momento sostituzioni tra loro; possono modificare consensualmente la collocazione temporale

dell'orario di lavoro. Deve essere stipulato in forma scritta ai fini probatori e deve contenere la

misura percentuale e la collocazione temporale del lavoro nel periodo che si prevede venga svolto

da ogni lavoratore, il luogo di lavoro e il trattamento economico e normativo spettante a ciascun

lavoratore; le eventuali misure di sicurezza. Tra i lavoratori vale il principio di non discriminazione

(stesso trattamento economico-normativo dei pari livello). Al contratto ripartito si applica la

disciplina del lavoro subordinato. Il rapporto si estingue per dimissioni o licenziamento di uno dei

lavoratori (salvo che il datore proponga a uno dei due di continuare a lavorare e se esso accetta il

contratto diventa di lavoro subordinato), o impedimento di entrambi. Il datore di lavoro deve

assicurarsi che la prestazione venga eseguita dall‟uno o dall‟altro lavoratore, ed essi devono

essere a disposizione adempiere l‟intera obbligazione lavorativa.

IL RAPPORTO DI LAVORO INTERMITTENTE: Il lavoro intermittente è una forma di lavoro a

tempo parziale, detto anche part-time a zero ore in quanto si tratta di un contratto senza orario di

lavoro, con cui il lavoratore si pone a disposizione, pronto a rispondere all‟eventuale chiamata per

lo svolgimento di prestazioni di carattere discontinuo o intermittente. Se la disponibilità offerta dal

lavoratore è piena e incondizionata esso ha diritto a percepire un‟indennità di disponibilità mensile,

divisibile in quote orarie, come remunerazione dei periodi in cui garantisce la disponibilità in attesa

di utilizzazione. La misura di tale indennità è fissata dai contratti collettivi e non può essere

inferiore al 20% della retribuzione. Al lavoratore non spetta l‟indennità se non si obbliga a

rispondere alla chiamata del datore di lavoro (gli spetta solo la retribuzione per le prestazioni

svolte). L‟indennità di disponibilità non viene corrisposta in caso di malattia o di altro evento che

renda temporaneamente impossibile rispondere alla chiamata. Tale contratto può essere stipulato

da soggetti minori di venticinque anni e superiori ai cinquanta, anche se pensionati. Possono

stipularsi contratti di lavoro intermittente per periodi predeterminati nell‟arco del periodo, anche a

tempo determinato con forma scritta a fini probatori indicando durata, motivo, preavviso di

chiamata (non minore a 1 giorno), modalità. Se il lavoratore non rispondesse alla chiamata

ingiustificatamente vi è la risoluzione del contratto e risarcimento. Vale il principio di non

discriminazione in quanto il lavoratore intermittente non deve ricevere, per i periodi lavorati, un

trattamento meno favorevole rispetto al lavoratore di pari livello. Per tutto il periodo in cui il

lavoratore è disponibile alla chiamata, egli non è titolare di alcun diritto riconosciuto ai lavoratori

subordinati, né matura trattamenti economico-normativo.

I RAPPORTI DI LAVORO CON FINALITA’ NORMATIVE, L’APPRENDISTATO: Il contratto di

formazione e lavoro è un contratto di lavoro con finalità formative, caratterizzato da una prevalenza

della funzione di inserimento nel mercato del lavoro. La formazione professionale potenzia le

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possibilità di trovare occupazione. Il contratto di apprendistato può essere destinato a espletare il

diritto/dovere di istruzione e formazione (età minima 15 anni, durata minore di 3), o destinato

all‟acquisizione di una qualificazione attraverso una formazione su lavoro e un apprendimento

tecnico professionale (apprendistato professionalizzante, età tra 18 e 29 anni e durata tra 2 e 6

anni). Entrambi i tipi possono essere stipulati in tutti i settori tranne che in PA. Il contratto va

stipulato in forma scritta e vanno indicati il piano formativo individuale, la prestazione richiesta, la

qualifica o specializzazione professionale acquisibili al termine del contratto sulla base degli esiti

della formazione. L‟apprendistato implica un nesso di corrispettività fra lavoro da una parte,

retribuzione e formazione dall‟altra. L‟apprendistato si era trasformato in uno strumento di

reclutamento di personale a prezzi stracciati a causa del salario ridotto previsto dai contratti

collettivi e dell‟esenzione dei datori di lavoro dal versamento dei contributi previdenziali.

Gli apprendisti partecipano alle iniziative di formazione esterna all‟azienda la cui dimensione e

qualità dipende dalle determinazioni delle singole regioni. Il numero totale di apprendisti che un

datore può assumere non può superare il 100% delle maestranze specializzate e qualificate in

servizio (o minore di 3 se non ha dipendenti qualificati). Nel contratto di apprendistato può essere

inserito il patto di prova. Vi è il divieto di stabilire il compenso dell‟apprendista secondo tariffe di

cottimo. E‟ previsto un salario d‟ingresso secondo cui durante il rapporto la categoria di

inquadramento del lavoratore non potrà essere inferiore, per più di due livelli, alla categoria

spettante ai lavoratori addetti a mansioni che richiedono qualificazioni corrispondenti a quelle al

conseguimento delle quali è finalizzato il contratto. La retribuzione dell‟apprendista deve essere

graduale in rapporto all‟anzianità di servizio. Si può richiedere all‟apprendista maggiorenne sia lo

svolgimento di lavoro straordinario che di lavoro notturno, espressamente vietata per i minorenni,

per i quali vale la regola che la loro giornata lavorativa non può superare le 8 ore e le 40

settimanali. La contribuzione dovuta agli apprendisti è a poco meno di 3 euro per settimana. I

benefici contributivi sono mantenuti per un anno dopo la trasformazione del rapporto a tempo

indeterminato. Il datore può recedere dal contratto al termine del periodo di apprendistato, ma non

può farlo nel corso del rapporto senza giusta causa. In caso di inadempimento nell‟erogazione

della formazione, di cui è responsabile il datore, egli è tenuto a versare la differenza tra la

contribuzione versata e quella con riferimento al livello d‟inquadramento contrattuale superiore che

sarebbe stato raggiunto dal lavoratore al termine del periodo di apprendistato, maggiorata del

100% (maggiorazione che esclude altre sanzioni sanzione previste per omessa contribuzione). In

assenza di forma scritta il lavoratore può rivendicare in giudizio la sussistenza di un rapporto di

lavoro subordinato.

IL CONTRATTO DI INSERIMENTO: Il contratto di inserimento mira a inserire (o reinserire) nel

mercato del lavoro alcune categorie di persone, attraverso un progetto individuale di adattamento

delle competenze professionali del singolo a un determinato contesto lavorativo. L‟introduzione di

tale contratto ha compensato la limitazione del contratto di formazione e lavoro alle sole PA. La

finalità del legislatore è quella di agevolare la difficile collocazione di soggetti inoccupati o

disoccupati: giovani tra i 18 e 29 anni, disoccupati di lunga durata di età compresa tra 29 e 32 anni,

disoccupati con più di 50 anni di età, donne di qualsiasi età residenti in zone ad alto tasso di

disoccupazione femminile, persone con grave handicap. La durata può oscillare fra i 9 ed i 18

mesi, elevabili a 36 per disabili. Il contratto non è rinnovabile fra le stesse parti, ma può essere

prorogato entro la durata massima complessiva. Vige il divieto di stipulare tali contratti negli stessi

casi nei quali è vietato il lavoro a termine, a meno che nei 18 mesi precedenti il datore di lavoro

non abbia effettuato la trasformazione del 60% dei contratti di inserimento in contratti a tempo

indeterminato. I contratti collettivi possono prevedere percentuali massime di contratti di

inserimento rapportate all'organico dell'impresa. Il datore ha vantaggi da tale contratto perché gli è

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concesso inquadrare il lavoratore in una categoria fino a due livelli inferiore a quella corrispondente

alla qualifica da conseguire; tali lavoratori sono esclusi dal computo dell'organico ai fini della soglia

dimensionale necessaria per l'applicazione di alcune tutele legali e collettive; sono previste le

stesse riduzioni contributive previste per il CFL.

CONTRATTO DI FORMAZIONE E LAVORO (CFL): Il CFL è un contratto di lavoro subordinato a

tempo determinato con l'obbligo per il datore di fornire, oltre alla classica retribuzione a carattere

pecuniario, una formazione lavorativa specifica. Vi è la tassatività della durata (12 o 24 mesi) ed è

stipulabile solo da datori di lavoro che, al momento della richiesta di avviamento, abbiano

mantenuto in servizio almeno il 60% di coloro che avevano un contratto identico nei 24 mesi

precedenti. Per la stipula del contratto è richiesta la forma scritta pena assunzione a tempo

indeterminato. Sono autorizzati a stipulare CFL solo i datori di lavoro pubblici mentre vige il divieto

per i privati. Il CFL può essere stipulato solo per giovani lavoratori (tra i 16 e i 32 anni). Il CFL di

tipo A mira all‟acquisizione di professionalità intermedia o elevata, da 80 a 130 ore di formazione

retribuita da effettuarsi nel luogo di lavoro, durata massima 2 anni. Il CFL di tipo B è caratterizzato

da generiche finalità di inserimento professionale tramite esperienza lavorativa con momenti

formativi ridotti, 20 ore quantitativamente e qualitativamente, durata massima 1 anno. Si applicano

le disposizioni che disciplinano il lavoro subordinato. È prevista la possibilità del salario d‟ingresso,

la violazione da parte del datore pubblico delle regole in materia di CFL, non può comportare per il

lavoratore il riconoscimento della sussistenza di un rapporto a tempo indeterminato, ma soltanto il

diritto al risarcimento.

GLI STAGES: Denominati tirocini formativi e di orientamento, gli stages sono destinati a soggetti

che hanno completato l‟obbligo scolastico. Possono essere promossi da pubblici e privati senza

scopo di lucro e devono svolgersi sulla base di convenzioni stipulate tra promotori e datori pubblici

e privati. La durata dei tirocini va modellata in base ai soggetti e non può superare i 12 mesi, o i 24

(se handicappato). Lo svolgimento dello stage non presuppone un rapporto di lavoro subordinato,

il cui scopo dovrebbe essere quello di realizzare momenti di alternanza studio/lavoro e di

agevolare le scelte professionali tramite la conoscenza del mondo del lavoro. Lo stage non

dovrebbe concretarsi in lavoro utile a fini produttivi, tuttavia, se le modalità di svolgimento fossero

quelle di un lavoro subordinato, la sussistenza di quest‟ultimo e l‟applicazione delle relativa

disciplina potrebbero essere rivendicate. I promotori hanno l‟obbligo di assicurare i tirocinanti

contro gli infortuni sul lavoro, stipulando una convenzione con l‟Inail e per la responsabilità civile

con una qualsiasi assicurazione, garantire la presenza di un tutore come responsabile didattico

delle attività.

IL LAVORO SOMMINISTRATO: La somministrazione di lavoro è l‟attività di fornitura professionale

di manodopera a tempo indeterminato o a termine. Vi è dissociazione tra il soggetto

somministratore che assume i lavoratori allo scopo di mettere le prestazioni a disposizioni di terzi e

il soggetto utilizzatore che le riceve senza instaurare con i lavoratori alcuna relazione negoziale. La

somministrazione prevede un intreccio fra un contratto di lavoro subordinato, stipulato fra il

lavoratore e l‟agenzia fornitrice; e un contratto di natura commerciale stipulato tra l‟agenzia e il

soggetto utilizzatore. Il contratto di somministrazione di lavoro può essere concluso da ogni

soggetto che si rivolga ad altro soggetto a ciò autorizzato. Alle agenzie di somministrazione di

lavoro si applicano le regole riguardo le agenzie per il lavoro (iscrizione all‟albo, autorizzazione,

società di capitali). Per ricevere l‟autorizzazione esse devono rispettare l‟affidabilità finanziaria in

quanto devono avere un capitale versato non inferiore a 600 mila euro, devono disporre a garanzia

dei crediti dei lavoratori impiegati e dei corrispondenti crediti contributivi degli enti previdenziali per

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i primi due anni, di un deposito cauzionale di 350.000 euro presso un istituto di credito avente sede

in uno Stato membro dell‟UE, sostituito a partire dal terzo anno di attività, da una fideiussione non

inferiore al 5% del fatturato, al netto IVA, realizzato nell‟anno precedente. È necessario un

contratto di somministrazione di lavoro fra l‟agenzia e il soggetto utilizzatore, richiede la forma

scritta forma oggetto di responsabilità solidale tra le parti in relazione al pagamento delle

retribuzioni ai lavoratori ed al versamento dei relativi contributi previdenziali. Il somministratore

paga le retribuzioni ai lavoratori e i contributi previdenziali, e l‟utilizzatore rimborsa degli oneri

retributivi e previdenziali in questione. I poteri direttivi e di controllo sull‟attività lavorativa sono

attribuiti all‟utilizzatore, i lavoratori svolgono l‟attività nell‟interesse dell‟utilizzatore; il potere

disciplinare resta prerogativa del datore di lavoro. Vi è il divieto di ricorrere alla somministrazione

per sostituire scioperanti, di ricorso alla fornitura di personale per sorveglianza medica speciale e

lavori pericolosi. I rapporti di lavoro si imputano all‟utilizzatore effettivo quando la

somministrazione si svolge a prescindere dal rispetto delle regole stabilite. Se manca la forma

scritta, il contratto di somministrazione è nullo e i lavoratori sono considerati alle dipendenze

dell‟utilizzatore. La somministrazione è irregolare se sono violate le regole formali o i limiti di legge,

in tal caso il lavoratore può ottenere un rapporto di lavoro alle dipendenze dell‟utilizzatore, con

effetto dall‟inizio della somministrazione. L‟esercizio non autorizzato delle attività di

somministrazione è sanzionato l‟ammenda di 50€ per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata

lavorativa. La stessa pena si applica all‟utilizzatore che si sia avvalso dei servizi di un‟agenzia non

autorizzata. Se la somministrazione è fraudolenta, il somministratore ed utilizzatore sono passibili

di un‟ammenda di 20€ per ogni lavoratore per ogni giorno di somministrazione. La

somministrazione è illecita quando è posta in essere con la finalità di eludere norme inderogabili di

legge o di contratto collettivo applicato al lavoratore e il dolo è imputabile a soggetti specifici. Vi è

sanzione penale se si viola il divieto di percepire compensi a da parte dei lavoratori, può esserci

anche carcere e cancellazione dall‟albo. Le agenzie sono obbligate a versare ad un apposito

fondo bilaterale un contributo pari al 4% della retribuzione corrisposta ai lavoratori assunti da

destinarsi ad interventi di formazione. Il contratto di somministrazione può essere concluso a

termine o a tempo indeterminato. Il contratto a termine viene stipulato per motivi tecnici, produttivi,

organizzativi, sostitutivi perché più elastico di un assunzione a termine. Il termine inizialmente

posto può essere prorogato con il consenso del lavoratore e per atto scritto, nei casi e per la

durata prevista dal contratto collettivo applicato dal somministratore. Ai lavoratori somministrati è

riconosciuta parità di trattamento, in base al quale i dipendenti dell‟agenzia hanno diritto ad un

trattamento economico-normativo non inferiore a quello dei dipendenti di pari livello

dell‟utilizzatore, inoltre hanno il diritto di fruire di tutti i servizi sociali e assistenziali di cui godono i

dipendenti dell‟utilizzatore. Un‟eccezione a tale principio è prevista nel caso in cui le agenzie di

somministrazione assumono lavoratori svantaggiati nell‟ambito di specifici programmi di

formazione, inserimento e riqualificazione professionale. Riguardo ai rischi per la salute e la

sicurezza, l‟agenzia deve informare i lavoratori e deve fornire l‟attrezzatura di lavoro (obbligo che

può essere adempiuto anche dall‟utilizzatore). Al lavoro interinale si poteva ricorrere solo per

soddisfare esigenze temporanee previste dalla legge o dal contratto collettivo. Il ricorso alla

somministrazione dovrebbe implicare costi maggiori rispetto quelli dell‟assunzione a termine diretta

in quanto l‟utilizzatore è tenuto a saldare all‟agenzia una fattura comprensiva l‟importo di

retribuzione e di contributi erogati in favore del lavoratore, maggiorato del guadagno compensativo

dell‟attività di fornitura di personale. Il maggior costo è compensato dal fatto che la

somministrazione può risultare idonea a consentire in tempi rapidi il reperimento di personale in

possesso delle abilità necessarie. L‟utilizzatore non risente dell‟eventuale malattia del lavoratore

somministrato, in quanto può chiedere un‟immediata sostituzione all‟agenzia fornitrice.

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LAVORO A DOMICILIO: Il lavoro a domicilio costituisce un aspetto delle strategie imprenditoriali

di decentramento produttivo. È atipico per il luogo di lavoro. La prestazione va svolta presso il

domicilio dell‟interessato o i locali in cui egli abbia la disponibilità; quando la prestazione viene

svolta in locali dell‟imprenditore, per l‟uso di tali locali deve essere corrisposto al datore di lavoro

un compenso di qualsiasi natura, chi la esegue non è un lavoratore e deve considerarsi

dipendente con rapporto a tempo indeterminato. La subordinazione ricorre quando il lavoratore a

domicilio è tenuto ad osservare le direttive dell‟imprenditore circa le modalità di esecuzione e i

requisiti del lavoro da svolgere nell‟esecuzione di prodotti oggetto dell‟attività dell‟imprenditore

committente. Il lavoro a domicilio deve avvenire per ragioni tecnico-organizzative, vi è il divieto di

accogliere la domanda di iscrizione nel registro dei committenti lavoro a domicilio presentata da

imprenditori che perseguono l‟obiettivo di sostituzione. Vi è il divieto verso le imprese che hanno

licenziato, di affidare lavoro a domicilio per la durata di 1 anno dall‟ultimo licenziamento. Ai

lavoratori a domicilio si deve corrispondere una retribuzione sulla base di tariffe di cottimo pieno

risultanti dai contratti collettivi, in mancanza provvede una commissione regionale che ha il

compito di stabilire la percentuale sull‟ammontare della retribuzione dovuta al lavoratore a titolo di

rimborso spese per l‟uso delle macchine e energia, e maggiorazioni retributive a titolo di indennità

per il lavoro festivo e ferie e il TFR. La legge vieta l‟esecuzione di lavoro a domicilio per attività che

comportano l‟impiego di sostanze nocive e pericolose per la salute e per l‟incolumità del lavoratore

e dei suoi familiari. Il lavoratore a domicilio può svolgere la propria attività per conto di uno o più

imprenditori, egli non può eseguire lavoro per conto proprio o di terzi in concorrenza con

l‟imprenditore solo quando questo gli affida una quantità di lavoro idoneo a procurargli una

prestazione continuativa corrispondente all‟orario normale di lavoro (obbligo di fedeltà). Vige il

divieto di avvalersi dell‟opera di intermediari, i quali uniti alle persone che hanno lavorato a

domicilio, sono considerati alle dipendenze del datore di lavoro per conto e nell‟interesse del quale

hanno svolto l‟attività.

TELELAVORO: Il telelavoro è una forma particolare di lavoro a domicilio, venuta alla luce a

seguito dell‟impiego da parte delle imprese di tecnologie informatiche. Un telelavoratore è

chiunque utilizzi nello svolgimento della propria attività lavorativa uno strumento di carattere

telematico, implicando spesso problemi di salute. Sorgono problemi in quelle forme di telelavoro in

cui la prestazione viene eseguita a distanza dall‟impresa, con l‟uso di strumenti telematici collegati

al computer centrale dell‟impresa. Il telelavoro può presentarsi sotto diverse forme: quella tipica è

quella interattiva online che comporta un collegamento bidirezionale fra il computer centrale e i

terminali esterni all‟impresa, con la possibilità di effettuare controlli in tempo reale, inoltre esiste

l‟offline ossia una connessione elementare tra azienda-madre e i lavoratori esterni, tali da

consentire controlli sulle lavorazioni effettuate, in virtù di un collegamento unidirezionale. Al

telelavoratore spettano gli stessi diritti previsti per il lavoratore che svolge attività nell‟impresa. Le

PA possono avvalersi di forme di lavoro a distanza, autorizzando i propri dipendenti ad effettuare,

a parità di salario, la prestazione lavorativa in un luogo diverso dalla sede di lavoro. Ai

telelavoratori è garantita la possibilità di poter essere reintegrati nella sede di lavoro originaria. I

telelavoratori sono lavoratori subordinati.

ATTIVITA’ LAVORATIVE SENZA RAPPORTO DI LAVORO E LAVORO ACCESSORIO: Si tratta

di lavori socialmente utili facenti parte di politiche pubbliche per l‟occupazione. L‟impiego di

soggetti interessati in l.s.u. non determina l‟instaurazione di un rapporto di lavoro e neppure la

sospensione e la cancellazione dalle liste di mobilità. Coloro che sono impegnati in l.s.u. senza

essere titolari di un trattamento previdenziale, hanno diritto non ad una retribuzione ma ad un

assegno di 489 euro per un orario settimanale di 20 ore erogato dall‟Inps, nel caso di orario

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superiore è dovuto un importo integrativo a carico del soggetto utilizzatore; sono riconosciuti ai

soggetti coinvolti riposi e malattia. Lo stesso trattamento non vale per le borse di lavoro e per i

piani d‟inserimento professionale, in cui è previsto un trattamento economico a carico dei soggetti

utilizzatori, entrambi sono stati introdotti per favorire l‟accesso effettivo al mercato del lavoro di

giovani disoccupati mediante una preventiva esperienza lavorativa.

LAVORO ACCESSORIO: Il lavoro accessorio può essere svolto da soggetti a rischio di esclusione

sociale come disoccupati da oltre un anno, studenti, casalinghe, pensionati e lavoratori

extracomunitari, purché abbiano comunicato la loro disponibilità ai centri per l‟impiego. Il lavoro

accessorio riguarda attività lavorative marginali, come piccoli lavori domestici di carattere

straordinario, assistenza domiciliare ai bambini e anziani, insegnamento privato supplementare,

lavori di giardinaggio. Accessorio significa di natura meramente occasionale, perciò con un

compenso totale non superiore ai 5000 euro nel corso dell‟anno solare. Chi intende avvalersi di tali

prestazioni non versa la retribuzione al lavoratore, ma è tenuto all‟acquisto di blocchetti di buoni, il

cui valore viene fissato dal ministro del lavoro. Ogni buono va consegnato al lavoratore e questo a

sua volta al concessionario del servizio che provvederà al pagamento del compenso dovutogli.

Sull‟importo riscosso il concessionario è tenuto ad effettuare il versamento dei contributi a INPS e

INAIL. Il ricorso al lavoro accessorio non comporta la costituzione di un rapporto di lavoro e il

compenso è esente da qualsiasi imposizione fiscale e non incide sullo stato di disoccupato.

CAPITOLO 5 – PARITA’ E NON DISCRIMINAZIONE

IL LAVORO DEBOLE E LA SUA DISCIPLINA, TUTELA O PARITA’?: La crescente offerta di

lavoro femminile ha imposto di affrontare il problema della conciliazione fra vita familiare e vita

professionale. Le donne erano già presenti nel mercato del lavoro nella seconda metà del XIX

secolo in agricoltura e nel settore tessile. Nelle due guerre mondiali vennero impiegate per

sostituire la manodopera maschile inviata al fronte. Le donne e i bambini sono soggetti deboli che

hanno bisogno di una tutela differenziale. Vi è l‟obiettivo di promozione delle pari opportunità di

lavoro e di riconoscimento delle azioni positive. Nei confronti degli extracomunitari legalmente

soggiornanti in Italia risulta operante una parità di trattamento introdotta attraverso la legislazione

ordinaria.

LOGICA PROTETTIVA DEL LAVORO FEMMINILE: Nella prospettiva paritaria la donna

lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore.

Nella logica protettiva si cerca l‟adempimento della sua essenziale funzione familiare e per

assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione. Poiché il lavoro femminile

risultava più costoso e il rischio maternità più elevato, i datori di lavoro non esitavano a far firmare,

all‟atto dell‟assunzione, lettere di dimissioni in bianco, che avrebbero poi compilato al momento

opportuno; oppure ad inserire nel contratto apposite clausole di nubilato, che condizionavano la

permanenza del rapporto all‟assenza di vincoli matrimoniali. Si posero limiti alla libertà di

licenziamento, stabilendo la nullità delle clausole di nubilato, dei licenziamenti intimati per causa di

matrimonio, delle dimissioni rassegnate dalla lavoratrice, a meno che sia la stessa entro un mese

a confermarle presso la direzione provinciale del lavoro. Vi è divieto di licenziamento per lavoratrici

madri esteso per il periodo di gestazione fino al compimento di un anno di età del bambino ed è

operante in connessione con lo stato oggettivo di gravidanza. Si può licenziare una lavoratrice in

maternità per colpa grave, cessazione dell‟attività dell‟azienda, scadenza del termine, esito

negativo della prova. Il licenziamento intimato ad una lavoratrice in cui opera il divieto è nullo e non

temporaneamente inefficace. Per legittimare un licenziamento, il motivo addotto deve risultare

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ancora sussistente una volta cessato il periodo di operatività del divieto. A tutela delle lavoratrici

madri vi è il divieto di abdizione a lavori pesanti durante il periodo di gravidanza fino a 7 medi di età

del figlio e un divieto di abdizione a qualsiasi attività lavorativa durante il periodo, immediatamente

precedente e successivo al parto (astensione obbligatoria). Queste disposizioni sono applicate sia

alle lavoratrici private che pubbliche, eccetto quelle a domicilio e alle domestiche che non sono

interessate dal divieto di adibizione dai lavori pesanti e dal licenziamento. Vi erano divieti per le

donne di lavorare nelle cave, miniere e gallerie e per le minorenni di lavori pericolosi e insalubri.

Erano previsti limiti riguardo al trasporto e al sollevamento pesi e all‟orario di lavoro al fine di

consentire una pausa.

LOGICA PARITARIA DEL LAVORO FEMMINILE: Vi è parità di diritti tra lavoratori di ambo i sessi.

Lo statuto dei lavoratori indica vari motivi per cui qualsiasi differenza di trattamento è vietata

(divieto di atti e patti discriminatori). Il divieto di discriminazione fondata sul sesso si applica anche

alle iniziative di orientamento, formazione e perfezionamento professionale. La donna può

accedere a tutte le cariche ed impieghi pubblici senza limitazioni di mansione e svolgimento nella

carriera. Il divieto di discriminazione si applica nell‟intero mercato del lavoro e a tutte le

professionalità. È prevista un‟eccezione che non costituisce discriminazione ossia legare

l‟assunzione in attività di moda, dell‟arte e dello spettacolo all‟appartenenza all‟uno o all‟altro

sesso, quando ciò sia essenziale alla natura del lavoro. Vi è parità di trattamento retributivo tra

lavoratori e lavoratrici quando le prestazioni sono uguali e di pari valore, a prescindere dal

rendimento individuale. Il sostegno all‟offerta di lavoro femminile alleggerisce il costo del lavoro

tramite la fiscalizzazione degli oneri retributivi connessi al godimento dei riposi per allattamento. I

periodi di astensione obbligatoria per maternità devono essere considerati ai fini della progressione

nella carriera. Vi è differenza di trattamento per età pensionabile delle donne rispetto a quella degli

uomini. Le lavoratrici possono continuare a prestare la loro opera fino agli stessi limiti previsti per

gli uomini, godendo delle stesse protezioni in caso di licenziamento ingiustificato. Permane il

divieto di svolgere mansioni pesanti e di adibire le donne al lavoro dalle ore 24 alle ore 6,

dall‟accertamento dello stato di gravidanza fino al compimento di 1 anno di età del bambino. Non

sono obbligate a prestare lavoro notturno la lavoratrice madre di un figlio di età inferiore a 3 anni o

il padre convivente con la stessa; la lavoratrice o il lavoratore che sia l‟unico genitore affidatario di

un figlio convivente di età inferiore ai 12 anni; la lavoratrice o il lavoratore che abbia a proprio

carico un soggetto disabile.

L’ESTENSIONE DELLA TUTELA ANTIDISCRIMINATORIA, LE DISCRIMINAZIONI INDIRETTE:

La segregazione del lavoro femminile è meno accentuata per quanto riguarda l‟accesso ai diversi

settori occupazionali, mentre si avverte sul piano retributivo, a causa dell‟addensamento delle

lavoratrici nei livelli più bassi (segregazione verticale). Costituisce discriminazione diretta la

situazione in cui una persona è trattata, in base al sesso, meno favorevolmente di quanto sia

trattata un‟altra in una situazione analoga. La fonte di discriminazione, può risultare da prassi

unilaterali o clausole contrattuali, o da un comportamento, da regole di un contratto collettivo e da

norme di legge. Ciò che conta è l‟effetto pregiudizievole, non l‟intento del suo autore. Le

discriminazioni alla rovescia sono i trattamenti a sfavore degli uomini. Si è estesa la tutela

antidiscriminatoria alle molestie sessuali nei luoghi di lavoro aventi lo scopo o l‟effetto di violare la

dignità di una lavoratrice o di un lavoratore e di creare un clima degradante, ostile, offensivo e

umiliante. Costituisce discriminazione indiretta la situazione in cui una disposizione, un criterio o

una prassi apparentemente neutri possono mettere in una situazione di particolare svantaggio le

persone di un determinato sesso rispetto a persone dell‟altro, a meno che tale disposizione, criterio

o prassi siano oggettivamente giustificati da una finalità legittima e i mezzi impiegati per il

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conseguimento della finalità stessa siano appropriati e necessari. La discriminazione indiretta non

deve riguardare requisiti essenziali allo svolgimento dell‟attività lavorativa e deve riconoscersi al

datore di lavoro la possibilità di giustificare obiettivamente. Criteri di formazione ed adattabilità ad

orari e luoghi di lavoro variabili sono di carattere indirettamente discriminatorio per le lavoratrici.

Così anche i sistemi di classificazione basati sulla natura delle mansioni da svolgere nell‟impresa.

DISCRIMINAZIONI INDIRETTE E UGUAGLIANZA SOSTANZIALE: La discriminazione indiretta

può essere individuata solo valutando la posizione del singolo in rapporto alla situazione tipica del

gruppo di riferimento. Le donne a causa di impegni casalinghi e familiari di cui hanno la

responsabilità possono meno facilmente organizzare il loro orario di lavoro in modo flessibile

rispetto i lavoratori. La ricerca della dimensione sostanziale dell‟uguaglianza ha il fine di favorire

l‟occupazione femminile realizzando uguaglianza sostanziale tra i sessi. Le azioni positive sono

misure che consentono di rimuovere gli ostacoli impediscono la realizzazione di pari opportunità.

Le azioni positive hanno carattere unidirezionale a favore delle donne, e si riscontra in favore di

certi gruppi di minoranza e trova conferma nel diritto comunitario. Discriminazioni alla rovescia cioè

misure sfavorevoli nell‟area del trattamento economico-retributivo, vanno considerate

discriminazioni dirette basate sul sesso. Per ostacoli che impediscono la realizzazione di pari

opportunità non si intendono la gravidanza e la maternità. Le azioni positive sono misure correttive

di carattere temporaneo, perché rivolte a rimuovere handicap di carattere socio-culturale al lavoro

delle donne, e possono incidere sull‟accesso al lavoro, sul trattamento retributivo, sull‟inserimento

in certi settori professionali. Vi è un diverso modo di intendere le politiche di pari opportunità ossia

se esse debbano limitarsi ad assicurare parità nei punti di partenza o parità nei risultati. I progetti di

azione positiva possono essere promossi da una pluralità di soggetti pubblici (comitato nazionale)

e privati (datori di lavoro). Le azioni positive hanno anche carattere volontario tranne che per la PA

che ha l‟obbligo di adottare piani di azioni positive triennali.

PROFILI PROCESSUALI E ISTITUZIONALI DELLA NORMATIVA ANTIDISCRIMINATORA: Il

giudice che ritiene sussistenti le discriminazioni, ordinerà all‟autore del comportamento denunciato,

con decreto motivato ed immediatamente esecutivo, la cessazione del comportamento illegittimo e

la rimozione degli effetti. E‟ possibile ottenere il risarcimento del danno anche non patrimoniale nei

limiti della prova fornita. Vi è la parziale inversione dell‟onere della prova nei giudizi in materia di

discriminazioni e la connessa legittimazione della prova statistica (di rilievo ai fini dell‟accertamento

dell‟impatto diverso conseguente all‟adozione di un criterio neutro). E‟ riconosciuta ai consiglieri

nazionali e regionali di parità, la facoltà di agire in giudizio su delega della persona che vi ha

interesse, oppure di intervenire nei giudizi promossi dalla stessa. Essi possono promuovere

un‟azione pubblica per accertare discriminazioni collettive. La legge non distingue discriminazioni

collettive dirette e indirette, ma l‟azione pubblica è stata pensata per le seconde, in quanto il

ricorso può essere presentato anche quando non siano individuabili in modo immediato e diretto i

soggetti lesi. L‟esito positivo del ricorso dell‟azione pubblica porta a una sanzione collettiva

dell‟illecito (il datore deve rimuovere le discriminazioni fissando i criteri da osservarsi ai fini della

definizione ed attuazione dello stesso). Il Comitato Nazionale e i Consiglieri di parità hanno il

compito di adottare ogni iniziativa utile per la realizzazione delle politiche antidiscriminatorie e di

promozione di pari opportunità. Il comitato formula annualmente il programma-obiettivo indicando

le azioni positive che intende promuovere, esprimendo il proprio parere sul finanziamento dei

progetti di azioni positive, ne controlla la corretta attuazione e l‟esito finale. I Consiglieri di parità,

oltre a partecipare con diritto di voto agli organismi di governo del mercato del lavoro ai diversi

livelli territoriali, sono titolari di poteri di agire in giudizio. Per sostenere gli oneri legati all‟attività dei

consiglieri è stato istituito un fondo nazionale. La rete coordinata dal consigliere nazionale di parità,

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è composta da tutti i consiglieri regionali e provinciali.

LAVORO DEI MINORI: La disciplina del lavoro minorile prevede parità rispetto alle retribuzioni e

tutela verso soggetti il cui sviluppo potrebbe essere compromesso dal lavoro. La norma

costituzionale riconosce ai minori, a parità di lavoro, il diritto alla parità di retribuzione. La legge si

applica a tutti i lavoratori minorenni distinti in bambini (minori di 15 anni con obbligo scolastico) e

adolescenti (tra 15 e 18 anni senza obbligo scolastico). L‟età minima di ammissione al lavoro dei

minori è 15 anni compiuti (non più obbligo scuola), eccetto in attività di carattere culturale, artistico

e sportivo dove è necessario l‟assenso scritto dei genitori e l‟autorizzazione della direzione

provinciale del lavoro, affinché non si tratti di attività nocive alla salute. Il datore deve sottoporre il

minore a visita medica preventiva di idoneità da ripetersi ad intervalli non superiori a 1 anno presso

un servizio medico nazionale a spese del datore. Vi è un divieto di abdizione dei minori al lavoro

notturno, l‟orario di lavoro dei bambini non può superare le 7 ore giornaliere e le 35 settimanali,

mentre per gli adolescenti 8 ore giornaliere e 40 settimanali. I minorenni hanno diritto ad una

pausa di almeno un ora, quando l‟orario giornaliero superi le 4 ore e mezza o le 3 ore in caso di

lavori pericolosi e ad un periodo di ferie annuali retribuite, non inferiori a 1 mese per coloro che non

abbiano ancora compiuto i 16 anni e 20 giorni per gli altri. E‟ previsto un riposo settimanale di 2

giorni comprendente la domenica.

IL LAVORO DEGLI EXTRACOMUNITARI, DALLA PARITA’ ALLA TUTELA

ANTIDISCRIMINATORIA: A tutti i lavoratori stranieri soggiornanti nel nostro paese è assicurata

una parità di trattamento e piena uguaglianza di diritti rispetto ai lavoratori italiani. È

discriminazione qualsiasi atto o comportamento che produce un effetto pregiudizievole

discriminando, anche indirettamente, i lavoratori in ragione della loro appartenenza ad una razza,

ad un gruppo etnico o linguistico, ad una confessione religiosa, ad una cittadinanza. È

discriminazione indiretta ogni trattamento pregiudizievole conseguente all‟adozione di criteri che

svantaggino in modo proporzionalmente maggiore i lavoratori appartenenti ad una determinata

razza, gruppo etnico o linguistico, confessione religiosa o cittadinanza e riguardino requisiti non

essenziali allo svolgimento dell‟attività lavorativa. È possibile un‟azione civile esercitabile contro le

discriminazioni in materia di lavoro. In caso di accoglimento si ha un‟ordinanza con cui il giudice

può ordinare la cessazione del comportamento pregiudizievole e adottare ogni altro provvedimento

idoneo a rimuovere gli effetti della discriminazione e condannare il convenuto al risarcimento del

danno, anche non patrimoniale. È ammessa la prova statistica per discriminazione collettive,

esercitabile dalle rappresentanze (sindacati) a seguito della quale il giudice può orinare la

rimozione delle discriminazioni.

L’AMPLIAMENTO DEL RAGGIO D’INCIDENZA DELLA TUTELA ANTIDISCRIMINATORIA: La

tutela antidiscriminatoria è applicabile alle discriminazioni dovute alla razza, all‟origine etnica, alla

religione, alle convinzioni personali, agli handicap, all‟età e alle tendenze sessuali. La

discriminazione diretta ricorre quando una persona è trattata meno favorevolmente di un‟altra in

una situazione analoga. Non costituiscono discriminazioni le differenze di trattamento dovute a

caratteristiche relative alla razza, alla religione, all‟origine etnica, qualora, per la natura di

un‟attività lavorativa o per il contesto in cui essa viene espletata, si tratti di caratteristiche che

costituiscono un requisito essenziale e determinante ai fini dello svolgimento dell‟attività

medesima. Il divieto di discriminazioni razziali ed etniche non riguarda le differenze di trattamento

basate sulla nazionalità, lasciando impregiudicate le regole relative all‟ingresso, al soggiorno e

all‟accesso al lavoro degli impiegati extracomunitari. Il divieto di discriminazioni in relazione all‟età

non mette in discussione disposizioni che prevedono trattamenti differenziati con riguardo ad

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adolescenti, giovani, anziani, motivati dalla particolare natura del rapporto e da legittime finalità di

politica del lavoro, di mercato del lavoro e di formazione professionale. Alle organizzazioni di

tendenza è consentito praticare differenze di trattamento basate sulla professione di una

determinata religione, qualora si configurano come un requisito essenziale, legittimo e giustificato

ai fini dello svolgimento dell‟attività lavorativa. Non possono considerarsi discriminazioni le

differenze di trattamento che siano giustificate oggettivamente da finalità legittime perseguite

attraverso mezzi appropriati e necessari.

CAPITOLO 6 – LO SVOLGIMENTO DEL RAPPORTO DI LAVORO

LA PRESTAZIONE DI LAVORO, PROFILI GENERALI: Il lavoro subordinato è costituito dallo

scambio l‟obbligazione di lavorare e quella di versare una retribuzione, e risulta accompagnato da

obblighi di fedeltà e di diligenza in capo al lavoratore e di sicurezza in capo al datore di lavoro. La

prestazione di lavoro è l‟oggetto dell‟obbligazione fondamentale del lavoratore. Il rapporto di

lavoro si caratterizza per il coinvolgimento del del debitore di attività lavorativa. L‟obbedienza e la

diligenza costituiscono modalità necessarie della prestazione lavorative e intese come criteri

normativi predeterminati di valutazione dell‟esattezza dell‟adempimento della prestazione dovuta

dal lavoratore. La prestazione lavorativa deve tendere al soddisfacimento dell‟interesse soggettivo

dell‟imprenditore. La diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura dell‟attività esercitata. Gli

obblighi preparatori all‟adempimento indicano certi comportamenti fuori dall‟orario di lavoro, ma

funzionali all‟adempimento della prestazione lavorativa.

OBBLIGO DI FEDELTA’: La diligenza costituisce una modalità della prestazione lavorativa, la

fedeltà comporta un obbligo accessorio rispetto all‟obbligazione principale gravante sul lavoratore,

che sussiste anche di fronte ad ipotesi in cui la prestazione lavorativa non è dovuta (partecipazione

ad uno sciopero). Sono previsti divieti a carico del lavoratore (obblighi di protezione) al fine di

tutelare l‟interesse del datore. L‟obbligo di non concorrenza implica il divieto di trattare affari, per

conto proprio o di terzi, in concorrenza con l‟imprenditore, la cui violazione è fonte di responsabilità

contrattuale, volto ad impedire la concorrenza differenziale (sviamento clientela, storno dipendenti,

conflitto di interessi). L‟obbligo di segreto è volto a tutelare il patrimonio immateriale (notizie di

impresa la cui diffusione potrebbe nuocere, opera in modo assoluto a prescindere dal verificarsi di

un danno). Tale obbligo si distingue tra notizie che tutti i lavoratori sono in grado di apprendere

perché inseriti in organizzazione produttiva (segreto aziendale, conseguenze civili); e notizie che

possono essere conosciute solo in virtù dello svolgimento di determinate mansioni (segreto

professionale o industriale, conseguenze penali). Tale obbligo riguarda le notizie di carattere

organizzativo-produttivo. La durata dell‟obbligo di fedeltà grava sul lavoratore anche dopo la

cessazione se si tratta di segreto professionale. Il divieto di concorrenza se si tratta di segreto

aziendale si esaurisce alla cessazione ma vi è possibilità di protrarre gli effetti nel tempo ricorrendo

a un patto accessoria. Il patto di non concorrenza è legittimo se in forma scritta, è nullo se fissa un

corrispettivo in favore del lavoratore e non preveda limiti di oggetto, tempo e luogo. La durata non

può eccedere i 5 anni per i dirigenti e i 3 per gli altri lavoratori.

INVENZIONI DEL LAVORATORE: Le invenzioni occasionali sono invenzioni industriali realizzate

da un lavoratore non nell‟esecuzione del contratto di lavoro, (al di fuori dell‟orario di lavoro e con

mezzi propri) ma rientranti nel campo di attività dell‟impresa da cui dipende. I diritti di tali

invenzioni spettano a chi le ha realizzate ma è previsto un diritto di opzione per l‟uso

dell‟invenzione, esercitabile dal datore entro tre mesi dalla data di ricevimento della comunicazione

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dell‟avvenuto deposito della domanda di brevetto. L‟esercizio dell‟opzione comporta il versamento

all‟interessato di un corrispettivo. Le invenzioni di servizio sono fatte nell‟esecuzione di un contratto

di lavoro, in cui l‟attività inventiva costituisce oggetto del contratto. Le invenzioni aziendali sono

realizzate in connessione con lo svolgimento del rapporto. In entrambi i casi i diritti derivanti

dall‟invenzione spettano al datore di lavoro. Quando però il lavoratore non sia stato assunto e

retribuito per lo svolgimento di attività inventiva, il datore di lavoro, solo nel caso in cui ottenga il

brevetto, dovrà corrispondergli un equo premio. Al lavoratore spetta il diritto di essere riconosciuto

autore dell‟invenzione fatta nello svolgimento del rapporto di lavoro.

L’IMPLICAZIONE DELLA PERSONA NELL’ATTUAZIONE DEL RAPPORTO DI LAVOOR, LA

TUTELA DELLA PERSONALITA’ MORALE DEL LAVORATORE: E‟ riconosciuto il diritto di

manifestare liberamente il proprio pensiero senza distinzioni politiche politiche, sindacali e religiose

all‟interno dei luoghi di lavoro. Vige la libertà di abbigliamento anche quando si aderisce ad una

religione particolare perché esprime la personalità del lavoratore. La libertà di manifestazione del

pensiero deve potersi esercitare tramite lo scritto, la parola e ogni altro mezzo. Il datore non può

dettare regole su abbigliamento o aspetto personale. La libertà del lavoratore può essere limitata

solo per motivi di sicurezza o quando le mansioni del lavoratore comportino un contatto con la

clientela. È riconosciuto il diritto di critica esercitabile al di fuori del luogo di lavoro e con i mezzi più

svariati nei confronti del proprio datore. Tale diritto è legittimo se si rispetta la continenza formale

che impone un‟esposizione misurata dei fatti contestati e soprattutto di continenza sostanziale, in

forza del quale i fatti narrati devono corrispondere al vero. Quando si parla dell‟obiezione di

coscienza non si può parlare di impossibilità sopravvenuta della prestazione, ma di inesigibilità

della stessa in quanto la specifica prestazione sarebbe possibile, ma non può essere richiesta.

Resta ferma la facoltà di adibire il lavoratore a mansioni compatibili con i dettami della propria

coscienza. La libertà di coscienza del singolo è destinata a cedere di fronte all‟ideologia di cui

l‟organizzazione è portatrice nel caso delle organizzazioni di tendenza, perché la loro ragion

d‟essere è legata alla diffusione di un certo orientamento di pensiero cui i dipendenti devono

aderire. La prestazione lavorativa è l‟obbligazione del lavoratore, e il datore ha diritto

all‟adempimento della prestazione. Se il datore è inadempiente ha l‟obbligo di risarcimento danni in

proporzione alla retribuzione. Il lavoratore ha diritto allo svolgimento della prestazione, dove essa

è funzionale anche alla formazione professionale, e durante il periodo di prova, affinché la

valutazione dell‟attività lavorativa svolta condiziona l‟assunzione definitiva. Il demansionamento

comporta uno svuotamento delle mansioni in precedenza attribuite o costringe il lavoratore in una

situazione di quasi totale inoperosità, in tal caso il lavoratore ha diritto all‟esecuzione delle propria

prestazione, cui il datore di lavoro ha l‟obbligo di applicarlo.

POTERE DIRETTIVO, NOZIONE E LIMITI GENERALI: Il datore ha potere direttivo e ciò

caratterizza il lavoro subordinato. Vige l‟obbligo di attenersi alle direttive del datore (dovere di

obbedienza). Il potere direttivo consiste nella facoltà di impartire disposizioni per l‟esecuzione e per

la disciplina e può essere esercitato anche per mezzo di collaboratori da cui il lavoratore dipende.

Il datore deve attenersi al rispetto dei limiti previsti dalla legge. Vi è il divieto di atti discriminatori

pena nullità dell‟atto che reca pregiudizio al lavoratore, compreso il divieto di indagine sulle

opinioni. La privacy tutela il diritto alla protezione dei dati personali di fronte alla diffusione di

banche dati e del trattamento dei dati medesimi. Il trattamento dei dati sensibili può accompagnarsi

a implicazioni discriminatorie ed è tutelato tramite consenso scritto verso il datore e autorizzazione

del garante della privacy. Buona fede e correttezza sono criteri idonei a verificare che quei poteri

non siano esercitati in modo irrazionale.

MANSIONI ESIGIBILI: Le mansioni sono l‟insieme di compiti che il lavoratore è tenuto ad

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adempiere in esecuzione del contratto di lavoro, individuano la prestazione che è oggetto dell‟obbligazione. Non è necessario che l‟oggetto sia determinato ma deve essere determinabile. Il potere di conformazione indica che la manifestazione del potere direttivo non implica una determinazione unilaterale dell‟oggetto del contratto di lavoro, ma solo una sua specificazione. Quando il datore esercita il potere direttivo esso può modificare le mansioni del lavoratore al di là di quanto convenuto al momento dell‟assunzione, ma sono consentiti solo spostamenti a mansioni equivalenti (mobilità orizzontale) o superiori (mobilità verticale). La mobilità orizzontale è consentita nel rispetto del limite dell‟equivalenza professionale (il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto, cioè a mansioni equivalenti alle ultime effettivamente svolte) e garantendo il mantenimento del livello retributivo acquisito nella mansione di provenienza. Per le nuove mansioni occorrerà verificare se il patrimonio di esperienza lavorativa acquisita nella fase del rapporto sia sufficiente. La mobilità verticale è consentita solo verso l‟alto e comporta in favore del lavoratore il riconoscimento di un duplice diritto: il trattamento retributivo corrispondente alle mansioni superiori va corrisposto immediatamente, mentre l‟assegnazione alle mansioni diventa definitiva dopo un periodo fissato dai contratti collettivi, e non superiore ai 3 mesi, a meno che l‟assegnazione a mansioni superiori è dipesa dalla sostituzione di un lavoratore con diritto alla conservazione del posto. Il diritto all‟assegnazione definitiva presuppone il trascorrere di tre mesi continui (a meno che il datore voglia eludere, si possono sommare periodi). In caso di contrasto fra la tutela della professionalità acquisita e quella di altri beni di rilevanza costituzionale (salute) si ha la nullità di ogni patto contrario, e il lavoratore deve essere assegnato a mansioni inferiori mantenendo la retribuzione precedente. Tale norma impedisce il licenziamento di un lavoratore inabile se è possibile assegnarlo ad altre mansioni equivalenti o inferiori. In caso di riassorbimento di lavoratori eccedenti l‟assegnazione a mansioni inferiori non mantiene la retribuzione precedente. La violazione determina la condanna del datore di lavoro a rassegnare il lavoratore alle mansioni precedentemente svolte e risarcimento. E‟ possibile adibire il pubblico dipendente oltre che alle mansioni di assunzione, anche a quelle. Riguardo alla mobilità verticale vi è il divieto di dequalificazione professionale; deve trattarsi di mansioni proprie della qualifica immediatamente superiore; lo spostamento deve dipendere da cause tipiche predeterminate o da sostituzione di altro dipendente con conservazione del posto(assegnazione a mansioni superiori non oltre di 6 mesi, prorogabili fino a 12 qualora siano state avviate per la copertura dei posti vacanti). L‟assegnazione a mansioni superiori non comportala promozione automatica. Al pubblico dipendente è riconosciuto solo il diritto al trattamento previsto per la qualifica superiore, la garanzia retributiva opera anche se l‟assegnazione a mansioni superiori è nulla perché disposta illegittimamente.

IL TRASFERIMENTO DEL LAVORATORE: Di mobilità del lavoratore si può parlare in senso di

mutamento di mansioni o di mutamento del luogo di lavoro. Il luogo di adempimento della

prestazione dovuta dal debitore è determinato dal contratto (il datore può variarlo) o dagli usi, in

mancanza si può desumere dalla natura della prestazione. Il trasferimento di un lavoratore si

giustifica solo per comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive. Per evitare

licenziamenti indotti psicologicamente, l‟onere della prova grava sul datore in caso di controversia

giudiziaria. Vigono anche obblighi di carattere procedurale (comunicazione preventiva a

rappresentanze sindacali in azienda); sostanziale (limiti al potere di trasferimento per i lavoratori in

età avanzata); requisito di forma scritta per comunicazione di trasferimento; attribuzioni

patrimoniali per lavoratore trasferito. Un provvedimento di trasferimento non può essere utilizzato

come sanzione disciplinare ma è ammesso per incompatibilità ambientale del lavoratore (tra unità

produttive diverse). La tutela del lavoratore riguarda l‟ipotesi di mutamento di residenza o dimora e

non di spostamento all‟interno della stessa attività produttiva. Il trasferimento comporta uno stabile

mutamento del luogo di lavoro; la trasferta comporta un cambiamento del luogo di lavoro legato ad

un‟esigenza organizzativa precircoscritta nel tempo. Il trasferimento è applicabile anche ai

dipendenti pubblici ed è basato sulla domanda dell‟interessato mediante cui un‟amministrazione,

con il consenso di quella di appartenenza del lavoratore, può provvedere alla copertura dei posti

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vacanti in organico (temporaneo).

LA DISCIPLINA DEL DISTACCO: Il distacco è un‟operazione triangolare che prevede che un

datore di lavoro pone uno o più lavoratori a disposizione di un altro soggetto per l‟esecuzione di

una determinata attività lavorativa. Durante il distacco il datore di lavoro rimane responsabile del

trattamento economico-normativo a favore del lavoratore. Il consenso del lavoratore non è

necessario, a meno che non vi sia un mutamento delle mansioni. Quando il distacco comporta un

trasferimento a una sede di lavoro a più di 50 km da quella di provenienza, esso può avvenire

soltanto per comprovate ragioni organizzative, tecniche, produttive o sostitutive.

LA GESTIONE DELL’ORARIO DI LAVORO: L‟orario è un parametro per la determinazione della

retribuzione. La fissazione di limiti è volta alla tutela della salute e dell‟integrità psico-fisica dei

lavoratori. Il potere direttivo del datore di lavoro può esercitarsi nel rispetto dei limiti legali e

contrattuali di durata della prestazione lavorativa. I limiti si applicano nel privato e nella PA tranne

che per il personale scolastico e forze armate. L‟orario di lavoro è qualsiasi periodo in cui il

lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell‟esercizio della sua attività e delle

sue funzioni. La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge e non può

eccedere le 8 ore al giorno e le 48 ore settimanali di lavoro effettivo, a cui è possibile aggiungere

lavoro straordinario, purché non superi le 2 ore al giorno e le 12 settimanali. La settimana

lavorativa è di 40 ore distribuite in 5 giorni e la durata massima settimanale è una durata media

sulla base di un periodo. La durata massima settimanale è stabilita dai contratti collettivi che sono

tenuti a rispettare due criteri inderogabili ossia che la durata media non può superare le 48 ore

settimanali, comprese le ore di lavoro straordinario; e che essa deve essere calcolata con

riferimento ad un periodo non superiore a quattro mesi, e sei mesi in caso di contratti collettivi, e

fino ad un massimo di dodici mesi in caso di ragioni organizzative e tecniche. Il limite dell‟orario

giornaliero e quello settimanale devono essere considerati autonomi e non alternativi. Un limite

giornaliero di durata della prestazione lavorativa è previsto in tredici ore, riconoscendo ai lavoratori

il diritto a 11 ore di riposo consecutivo ogni 24 ore. I lavoratori hanno diritto ad una pausa

giornaliera di almeno 10 minuti, quando si eccede il limite di 6 ore.

LAVORO STRAORDINARIO: Il lavoro straordinario è quello svolto oltre le 40 ore settimanali

previste dalla legge. Se il contratto prevede un orario inferiore alle 40 ore, la prestazione che

eccede l'orario contrattuale fino alle limite legale delle 40 ore è denominata lavoro

supplementare. È ammesso lavorare oltre l‟orario contrattuale per eccezionali esigenze tecnico-

produttive e impossibilità di fronteggiarle attraverso l'assunzione di altri lavoratori; casi di forza

maggiore, eventi particolari legati alla attività produttiva. Vi è il tetto massimo di straordinario

annuale di 250 ore ma la contrattazione collettiva ha stabilito limiti inferiori, così come le modalità

di esecuzione e i limiti massimi giornalieri e settimanali e la maggiorazioni retributive e i riposi

compensativi.

LAVORO NOTTURNO: Il lavoro notturno che comporta un maggior affaticamento psicofisico e,

sacrifici alla vita effettiva, di relazione e familiare del lavoratore. Si ha lavoro notturno quando

l‟attività è svolta nel corso di un periodo di almeno 7 ore consecutive comprendenti l‟intervallo tra la

mezzanotte e le ore cinque del mattino. E‟ lavoratore notturno, colui che durante tale periodo

svolge, in via non eccezionale, almeno tre ore del tempo giornaliero o comunque, una parte del

suo orario normale di lavoro e chi svolge un lavoro notturno per almeno 80 giorni lavorativi annui.

L‟orario di lavoro non può superare le 8 ore in media nelle 24 ore; salva l‟individuazione da parte

dei contratti collettivi, di un periodo di riferimento più ampio. Se il datore volesse introdurre il lavoro

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notturno dovrà consultare preventivamente i sindacati o le organizzazioni territoriali dei lavoratori e

da concludersi entro sette giorni; e dovrà comunicare annualmente per iscritto ai servizi ispettivi

del lavoro territorialmente competenti e ai sindacati l‟esecuzione di lavoro notturno svolto

continuativo o compreso in regolari turni periodici, in caso in cui esso non sia previsto dal contratto

collettivo. Il lavoro notturno non può avvenire in danno della salute e dell‟integrità psico-fisica dei

lavoratori e il datore deve controllare periodicamente lo stato di salute dei lavoratori notturni. Nel

caso di sopravvenuta inidoneità il lavoratore verrà assegnato al lavoro diurno, in altre mansioni

equivalenti, se esistenti e disponibili. Vi è il divieto di adibire le donne al lavoro, dalle ore 24 alle

ore 06, dall‟accertamento dello stato di gravidanza fino al compimento di un anno di età del

bambino. Non sono obbligati e il loro rifiuto non è sanzionabile la lavoratrice madre di un figlio

entro tre anni o, in alternativa il padre convivente con la stessa; il lavoratoreche sia unico genitore

affidatario di un figlio convivente entro 12 anni; e il lavoratore che abbia a proprio carico un

soggetto disabile.

IL SISTEMA DELLE DEROGHE: Riguardo riposo giornaliero, pause, durata del lavoro notturno è

stata riconosciuta un‟ampia facoltà derogatoria ai contratti collettivi. In mancanza di disciplina

collettiva, possono essere derogate una serie di attività con decreto del ministro del lavoro, che

può essere adottato su richiesta delle parti sociali non necessariamente congiunta. Tutte le

deroghe previste sono accompagnate dalla clausola di salvaguardia che ne subordina

l‟ammissibilità alla condizione che ai lavoratori siano accordati periodi equivalenti di riposo

compensativo o una protezione adeguata. Le regole in materia di durata settimanale normale o

massima dell‟orario di lavoro e di lavoro straordinario non si applicano ai lavoratori la cui durata

dell‟orario di lavoro non può essere determinata dai lavoratori stessi (dirigenti, lavoro a domicilio,

telelavoro)

IL TEMPO DI NON LAVORO, RIPOSO SETTIMANALE, FESTIVITA’,FERIE: Il rapporto di lavoro

è interrotto da pause al fine di consentire il recupero di energie psico-fisiche e a fruire del tempo

libero necessario alle relazioni sociali. Il diritto al riposo settimanale è irrinunciabile. Il lavoratore ha

diritto ogni 7 giorni ad un riposo di almeno 24 ore consecutive in coincidenza con la domenica (o

altri giorni, anche con turni), da cumulare con le 11 ore di riposo giornaliero. Se si lavora la

domenica al lavoratore spetta una maggiorazione retributiva a titolo di risarcimento del danno da

usura psicofisica. Il diritto alle festività infrasettimanali non è concesso per tutelare la salute dei

lavoratori, ma si tratta di tempo libero che può essere usato anche x svolgere attività lavorativa,

richiesta dal datore di lavoro (doppia retribuzione). Le ferie annuali sono retribuite ed è un diritto

irrinunciabili. Il datore determina il periodo che va preventivamente comunicato all‟interessato e

deve essere continuativo. I lavoratori avrebbero diritto a un periodo annuale di ferie retribuite non

inferiore a quattro settimane di cui almeno due consecutive in caso su richiesta da godere nel

corso dell‟anno di maturazione e per le 2 restanti settimane, nei 18 mesi successivi al termine

dell‟anno di maturazione. Le ferie non possono essere sostituite dall‟indennità per ferie non godute

a meno che il rapporto di lavoro cessi prima del periodo fissato dall‟impresa per il godimento delle

ferie o limitatamente a quella parte del periodo feriale che ecceda la durata minima legale. Il

lavoratore presta un anno di servizio ininterrotto, le ferie maturano giorno per giorno e vanno

godute anno per anno, in proporzione all‟anzianità di servizio maturata (principio di introannualità)

IL POTERE DI CONTROLLO: Il potere di controllo è una proiezione del potere direttivo del datore

di lavoro. Sono riconosciuti controlli sull‟esatto adempimento della prestazione lavorativa e controlli

funzionali ad assicurare l‟integrità del patrimonio aziendale. Le guardie giurate possono essere

usate dal datore soltanto per scopi di tutela del patrimonio aziendale (non possono contestare

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azioni diverse da quelle patrimoniali; non possono vigilare sull‟andamento dell‟attività lavorativa e

non possono accedere nei locali dove si svolge tale attività). Le visite personali di controllo sono

vietate e eccezionalmente ammesse, solo se risultino indispensabili ai fini della tutela del

patrimonio aziendale (perquisizioni all‟uscita dal luogo di lavoro con salvaguardia di dignità e

riservatezza, con sistemi di selezione automatica imparziale a campione). L‟attività lavorativa può

essere controllata attraverso personale adibito a tale funzione. Il datore deve comunicare ai

lavoratori i nominativi e le mansioni del personale di vigilanza. I controlli effettuati dall‟agenzia

investigativa, sono legittimi a fronte di attività da svolgersi all‟esterno della struttura aziendale e se

non differiscono da quelli che potrebbero essere esercitati da qualsiasi cliente dell‟impresa.

L‟attività lavorativa può essere controllata anche da macchine e vige il divieto di usare impianti

audiovisivi ed altre apparecchiature che abbiano finalità di controllo dei lavoratori salvo che tali

impianti siano richiesti da esigenze produttive e organizzative o dalla sicurezza del lavoro. Per il

datore vige il divieto di effettuare accertamenti tramite un proprio medico di fiducia su assenze per

malattie e infortunio (svolgibile da INAIL su richiesta datore). Alle strutture sanitarie è affidato, su

richiesta del datore di lavoro, il controllo sull‟idoneità fisica del lavoratore.

IL POTERE DISCIPLINARE: Il potere disciplinare è la facoltà del datore di applicare sanzioni

disciplinari di fronte alla violazione dei doveri di diligenza e dell‟obbligo di fedeltà. L‟esercizio di tale

potere presuppone l‟esistenza di un contratto di lavoro subordinato. Le sanzioni disciplinari hanno

la funzione di diffidare dal compimento di ulteriori violazioni e deve essere proporzionata alla

gravità. La responsabilità contrattuale è diversa da quella disciplinare. Il datore di lavoro preferisce

far valere la responsabilità disciplinare del dipendente, perché consente l‟applicazione di rimedi di

facile esperibilità. È necessaria la predisposizione di un codice disciplinare, contenente indicazioni

sulle infrazioni, sulle sanzioni e sulle procedure di contestazione. La consegna al lavoratore di una

copia del contratto collettivo non è sufficiente per renderlo informato del codice disciplinare, ma il

contratto va portato a conoscenza dei lavoratori mediante affissione in luogo accessibile a tutti. La

sanzione disciplinare presuppone il rispetto di una procedura al fine di garantire il diritto di difesa

del lavoratore interessato, che va avviata attraverso la contestazione preventiva dell‟addebito, da

effettuarsi per iscritto. La contestazione scritta consente ai lavoratori di difendersi con l‟assistenza

di un rappresentante del sindacato. Nessun‟altra sanzione può essere applicata prima di cinque

giorni dalla contestazione per iscritto del fatto che vi ha dato causa (pausa di riflessione) a meno

che le difese del lavoratore siano state presentate prima del termine (si applica la sanzione se non

sono state accolte le difese). La funzione di contestazione deve avere carattere di specificità e

immutabilità. Il principio di immediatezza della contestazione deve tener conto di elementi come la

natura dell‟addebito e la complessa struttura aziendale, che possono influire sulla valutazione della

reazione del datore di lavoro pena nullità della sanzione. La contestazione può riguardare anche la

recidiva ma solo se essa sia essenziale per integrare gli estremi di un‟infrazione (non va contestata

quando influisce sull‟entità della sanzione irrogata e non hanno alcun effetto le sanzioni disciplinari

decorsi due anni dalla loro applicazione). Le sanzioni possono essere rimprovero verbale,

ammonizione scritta, multa (fino a importo di 4 ore retribuzione base) e sospensione dal lavoro e

dalla retribuzione (fino a 10 giorni). Divieto di irrogare sanzioni disciplinari che comportino

mutamenti definitivi del rapporto di lavoro. Le sanzioni vengono definite conservative. Sono

ammesse anche quelle espulsive (licenziamento). Il datore può adottare un provvedimento di

sospensione cautelare, ma all‟interessato spetta comunque la retribuzione. Oltre che davanti

all‟autorità giudiziaria, le sanzioni disciplinari possono essere impugnate con la procedura arbitrale

(ricorso del lavoratore all‟arbitrato entro venti giorni dalla sanzione). Lo stesso effetto sospensivo si

determina se il datore di lavoro preferisce rivolgersi al tribunale (la sanzione resta sospesa fino alla

definizione del giudizio). La sanzione resta senza effetto se il datore di lavoro tiene un

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comportamento passivo, limitandosi a non nominare il proprio rappresentante nel collegio arbitrale

entro dieci giorni dall‟invito rivoltogli dall‟autorità amministrativa. Nella PA è un termine entro cui la

sanzione deve essere applicata, trascorsi inutilmente 15 giorni dalla convocazione per la difesa del

dipendente, la sanzione viene applicata nei successivi 15 giorni. Tramite il patteggiamento, con il

consenso del dipendente la sanzione può essere ridotta, ma non è più impugnabile.

L’OBBLIGO DI SICUREZZA DEL DATORE DI LAVORO: L‟obbligazione principale del datore è il

pagamento della retribuzione. L‟imprenditore è tenuto ad adottare le misure necessarie per tutelare

non solo la personalità morale, ma anche l‟integrità fisica dei lavoratori. Il principio della massima

sicurezza tecnologicamente fattibile implica che il datore è tenuto ad apprestare tutte le cautele

consentite dall‟evoluzione della tecnica a tutela della salute dei lavoratori. La responsabilità

contrattuale del datore può essere fatta valere per il solo fatto della mancata predisposizione delle

misure di sicurezza, a prescindere dal verificarsi di un danno alla salute (funzione preventiva). I

lavoratori hanno il diritto di controllare mediante proprie rappresentanze, l‟applicazione delle norme

per la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali. Il testo unico in materia di tutela

della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro ha provveduto all‟abrogazione di quasi tutte le

discipline precedenti riorganizzandole in un contesto normativo unitario riguardante privati e PA. Il

datore deve valutare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, e deve redigere un

documento con indicazioni sui criteri seguiti nella valutazione, e sulle misure di prevenzione e di

protezione adottate, e sul programma delle misure opportune per garantire il miglioramento nel

tempo dei livelli di sicurezza. Il datore di lavoro si avvale di un servizio di prevenzione e protezione

da lui organizzato in impresa o esterno, un medico competente e un rappresentante per la

sicurezza eletto dai lavoratori (secondo metodi di contrattazione collettiva). I lavoratori devono, in

caso di pericolo grave immediato ed inevitabile, allontanarsi dal posto di lavoro, senza subire alcun

pregiudizio. Ogni lavoratore deve ricevere una formazione sufficiente ed adeguata con riferimento

al proprio posto di lavoro e alle proprie mansioni. Il lavoratore può chiedere il risarcimento del

danno biologico rappresentato dalle lesioni all‟integrità psicofisica. Il mobbing consiste in pratiche

dirette ad isolare un dipendente dall‟ambiente di lavoro e ad espellerlo, intaccandone l‟equilibrio

psichico. L‟obbligo di sicurezza del datore è esteso alla tutela dal fumo passivo e al divieto di

fumare in ogni luogo di lavoro chiuso. Per i fumatori sono riservati appositi locali.

CAPITOLO 7 – LA RETRIBUZIONE

INTRODUZIONE: L‟obbligo del datore e il diritto primario del lavoratore subordinato, consiste in

un‟attribuzione patrimoniale (retribuzione). Si usa il termine salari per indicare le retribuzioni degli

operai e stipendi per gli impiegati.

I PRINCIPI COSTITUZIONALI IN MATERIA DI RETRIBUZIONE: La retribuzione è il termine di

scambio dell‟attività lavorativa e definisce il contratto a prestazioni corrispettive. La merce

scambiata rispetto alla quale la retribuzione si pone come controprestazione, è inseparabile dalla

persona di chi esegue la prestazione. Tuttavia, l‟obbligazione retributiva permane anche se la

prestazione lavorativa non viene resa. Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla

quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla sua famiglia

un‟esistenza libera e dignitosa (livello minimo). Nessuna attività è dovuta se non corrisponde

almeno a un livello minimo di remunerazione, al di sotto del quale non si può lecitamente

concludere alcun accordo (salario minimo legale). In assenza di una legislazione sui minimi

salariali opera la giurisprudenza sulla retribuzione sufficiente che ha determinato una estensione

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erga omnes dell‟ambito di efficacia dei contratti collettivi, rendendoli operanti anche verso soggetti

non rientranti nella loro sfera applicativa e correggendo retribuzioni fissate dal contratto individuale

troppo basse.

PARITA’, PROPORZIONALITA’, GARANZIA DEL SALARIO REALE: La garanzia di parità

retributiva riconosce alle lavoratrici e ai minori nei verso i lavoratori e i maggiorenni, parità di

retribuzione. Vige il divieto di trattamenti economici collettivi discriminatori al fine di evitare

differenze di trattamento illegittime, per motivi sindacali, politici e religiosi che non possono essere

poste a discrezione del datore. Le PA sono tenute a garantire ai propri dipendenti parità di

trattamento contrattuale e comunque trattamenti non inferiori a quelli previsti dai contratti collettivi.

Una volta fissato un rapporto di proporzionalità tra lavoro e retribuzione, tale rapporto dovrebbe

restare inalterato nel tempo (salario reale)

MODALITA’ DI CORRESPONSIONE E TIPO DI RETRIBUZIONE: La retribuzione deve essere

versata al lavoratore con le modalità e nei termini in uso nel luogo in cui il lavoro viene eseguito. Il

diritto al pagamento sorge solo a fronte dell‟effettuazione della prestazione lavorativa, operando il

principio della postnumerazione. La retribuzione diretta viene erogata mensilmente, in

corrispondenza con le singole prestazioni lavorative, per sopperire ai bisogni quotidiani

dell‟esistenza. La retribuzione indiretta è corrisposta ad ampi intervalli (anno). La mensilizzazione è

corrisposta in base alle ore lavorate nel periodo preso in considerazione per determinare la

cadenza del pagamento. Vige l‟obbligo di consegnare a tutti i lavoratori, assieme alla retribuzione,

un prospetto di paga, contenente le voci retributive, le trattenute e il periodo di riferimento, che

dovrebbero rendere più agevole il controllo sull‟esattezza. La retribuzione a tempo é in grado di

assicurare con certezza il reddito del lavoratore subordinato (proporzionale al tempo richiesto per

lavorare). La retribuzione a cottimo è tipica del lavoro autonomo ed è funzionale a stimolare un

maggior rendimento in quanto la quantità della prestazione e la relativa retribuzione dipendono

dall‟intensità dell‟impegno del lavoratore nel periodo. Il cottimo a tempo prevede che oltre al fisso

(in base alla durata) si affianca il cottimo (percentuale del fisso). Il lavoratore deve essere retribuito

a cottimo quando il tipo di organizzazione impone l‟osservanza di un certo ritmo o quando la

valutazione della prestazione è fatta in base al risultato delle misurazioni dei tempi di lavorazione.

La provvigione è un compenso proporzionato al valore degli affari conclusi (procurare affari

all‟impresa da cui dipendono). Le prestazioni in natura sono benefici riconosciuti al personale di

qualifica più elevata (auto aziendale). La partecipazione agli utili prevede un compenso in base agli

utili netti delle imprese risultanti da bilancio. L‟azionariato dei dipendenti non è una forma

retributiva, ma una tecnica di coinvolgimento nelle sorti dell‟impresa.

NOZIONE E STRUTTURA DELLA RETRIBUZIONE, LA QUESTIONE

DELL’ONNICOMPRENSIVITA’: Nella busta paga compare l‟indicazione delle varie attribuzioni

patrimoniali che costituisce la struttura della retribuzione. La retribuzione diretta è composta da:

Minimi retributivi: costituiti da minimi tabellari (retribuzione di qualifica, stabilita dai contratti

collettivi e rapportata alle diverse professionalità raggruppate in livelli di inquadramento),

indennità di contingenza (emolumento legato all‟andamento del costo della vita), scatti di

anzianità.

Superminimi: emolumenti che incrementano il livello retributivo standard e derivano da

accordi collettivi o individuali (assegni di merito) o di erogazioni unilaterali del datore

(assegni ad personam).

Maggiorazioni: percentuali di incremento della retribuzione oraria, dovute in relazione a

prestazioni di valore più elevato rispetto a quelle usuali (lavoro straordinario, notturno e

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festivo).

Indennità: hanno la funzione di remunerare la prestazione di lavoro svolta in particolari

condizioni di modo, tempo e luogo. Non si può parlare di retribuzione quando una

determinata indennità sia attribuita a titolo di rimborso spese (trasferta).

La retribuzione indiretta comprende compensi dovuti per ferie e festività non lavorate, mensilità

aggiuntive (tredicesima per natale e quattordicesima per ferie), premi di produzione (variabili) e

gratifiche di bilancio. Vi è poi la retribuzione imponibile che è la base di calcolo dei contributi

previdenziali e IRPEF (reddito persone fisiche). La nozione di retribuzione imponibile ai fini

previdenziali è sostituita da una nozione unitaria di reddito, rilevante sia a fini fiscali che

contributivi. La retribuzione è il termine di riferimento per il calcolo di altre attribuzioni patrimoniali

di natura retributiva dovute al lavoratore. Il principio di onnicomprensività della retribuzione tendeva

a rispondere all‟interrogativo sull‟esistenza o meno di una nozione legale di retribuzione unitaria e

di generale applicabilità per i fini indicati. Tale nozione e il connesso principio di onnicomprensività,

furono costruiti valorizzando alcuni indicatori ritenuti caratterizzanti ossia determinatezza,

obbligatorietà, corrispettività e continuità (TFR). Il principio di irriducibilità della retribuzione indica

che il lavoratore costretto al mutamento di mansioni non dovrà vedersi diminuita la sua

retribuzione. Le indennità estrinseche possono essere fatte cessare mentre quelle intrinseche

(professionalità lavoratore) non possono venir meno. Il lavoro straordinario viene calcolato con una

maggiorazione del 10% rispetto al minimo legale per assicurare un vantaggio economico pari o

superiore a quello del modello legale.

AUTOMATISMI RETRIBUTIVI: Gli automatismi retributivi sono quegli emolumenti il cui incremento

dipende da fattori automatici come il costo della vita o l‟anzianità di servizio. In Italia vigeva

l‟indennità di contingenza il cui importo aumenta periodicamente in base all‟indice dei prezzi al

consumo sulla base di un meccanismo automatico (scala mobile) che protegge gli stipendi rispetto

all‟inflazione. Tale sistema è stato soppresso e il compito di adeguare le retribuzioni all‟andamento

del costo della vita è affidato ai contratti collettivi nazionali, che vengono rinnovati ogni 2 anni. È

stata prevista l‟indennità di vacanza contrattuale per ritardi nel rinnovo dei contratti collettivi ed è

erogata nella misura del 30% del tasso di inflazione dopo un ritardo di tre mesi nel rinnovo (50%

se il ritardo supera i 6 mesi): questa indennità comporta un incremento di paga base ex-

contingenza destinato ad essere riassorbito una volta stipulato il rinnovo contrattuale. Gli

automatismi comprendono gli scatti di anzianità estesi dai contratti collettivi agli impiegati privati e

agli operai.

TFR: L‟emolumento più importante legato all‟anzianità di servizio è il TFR indennità di anzianità) e

spetta in ogni caso di risoluzione del rapporto di lavoro. Il TFR si calcola sommando quote di

retribuzione accantonate anno per anno dal datore. La quota d‟accantonamento annuale si

determina dividendo per 13,5 un importo pari o non superiore a quello della retribuzione annuale

(comprese prestazioni in natura a titolo non occasionale ed esclusi rimborsi spese). Il 31 dicembre

di ogni anno gli accantonamenti devono essere rivalutati, applicando un tasso costituito dall‟ 1,5%

fisso e dal 75% dell‟aumento dell‟indice Istat dei prezzi al consumo. C‟è la possibilità di utilizzare il

TFR per far fronte a bisogni di rilievo sociale ed è consentita l‟anticipazione cui può avere accesso

il lavoratore con almeno 8 anni di anzianità e non può eccedere il 70% del TFR maturato alla data

della richiesta e può essere usata annualmente entro il 4% del numero dei dipendenti. Il fondo di

garanzia è alimentato da contributi dei datori, cui il lavoratore si può rivolgere per ottenere il

pagamento del TFR in caso di insolvenza del datore di lavoro. L‟intervento del Fondo è previsto

anche quando il datore inadempiente al pagamento del TFR, non sia assoggettabile a procedure

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concorsuali se il lavoratore abbia inutilmente esperito la procedura di esecuzione forzata per il

soddisfacimento del suo credito. è stata avviata l‟uniformazione fra pubblico e privato, gli assunti

prima del 2000 hanno opzione di passaggio o automatica adesione al fondo di previdenza

complementare, i nuovi assunti hanno la facoltà di aderire ai fondi pensione con destinazione

totale del TFR ad essi.

CAPITOLO 8 – LA SOSPENSIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO

Durante rapporto di lavoro possono verificarsi vicende che ne determinano una temporanea

sospensione dell‟obbligo di eseguire la prestazione lavorativa. Occorre distinguere cause

sospensive che attengono alla sfera del lavoratore (impossibilità sopravvenuta della prestazione

per infortunio, malattia, maternità; assolvimento di obblighi giuridici come militare o iniziativa del

lavoratore come lo sciopero) o cause sospensive che attengono alla sfera dell‟impresa. Il

godimento dei riposi sono pause che che non comportano una sospensione del rapporto di lavoro,

in quanto modalità di svolgimento dello stesso, legata ricorrenze e previsti. Vi è una triplice tutela a

favore del lavoratore in quanto esso ha la garanzia di conservazione il posto per un periodo

(stabilito dalla legge, dai contratti collettivi, dagli usi o secondo equità; periodo di irrecedibilità o di

comporto per di malattia e infortunio); ha la garanzia di un trattamento economico di carattere

previdenziale e retributivo; e ha diritto alla computabilità nell‟anzianità di servizio dei periodi di

assenza dal lavoro dovuto ad una di tali cause.

INFORTUNIO E MALATTIA: Infortuni e malattie sono cause di sospensione perché determinano

una condizione di incapacità lavorativa. Accanto al comporto secco relativo ad un singolo evento

invalidante vi è il comporto per sommatoria (il delimitare la durata del periodo di conservazione del

posto a fronte di più malattie in un periodo). Gli impiegati hanno diritto di continuare a percepire la

retribuzione, gli operai percepiscono un‟indennità giornaliera (60% retribuzione normale fino a 180

giorni) di carattere previdenziale, a partire dal quarto giorno (per i primi 3 giorni del periodo di

carenza sono obbligati a pagare i datori) dopo l‟inizio dell‟evento invalidante, da parte dell‟Inps per

le malattie o dell‟Inail per infortuni. Il lavoratore deve trasmettere, a mezzo di raccomandata con

avviso di ricevimento, entro due giorni dal rilascio da parte del medico curante, l‟attestazione

sull‟inizio e la durata presunta della malattia al datore di lavoro. I controlli sullo stato di salute dei

lavoratori dovranno essere effettuati entro lo stesso giorno della richiesta, anche se domenicale o

festivo in fasce orarie di reperibilità al fine di prevenire comportamenti abusivi (se il lavoratore è

assente ingiustificato alla visita decade il diritto a qualsiasi trattamento economico sino a dieci

giorni e nella misura della metà per l‟ulteriore periodo).

MATERNITA’ E CONGEDI PARENTALI: La sospensione del rapporto riguarda anche la maternità

(gravidanza e puerperio). In favore della lavoratrice opera il divieto di licenziamento e di adibizione

a qualsiasi attività lavorativa. Tale divieto comporta una sospensione dal rapporto per un periodo di

astensione obbligatoria (congedo di maternità) della durata totale di cinque mesi a partire dal mese

precedente il parto e nei quattro mesi successivi. Le lavoratrici conservano il posto e rientrano

nella stessa unità produttiva restandoci fino al compimento di un anno di età del bambino. È

prevista la corresponsione di un‟indennità giornaliera di carattere previdenziale, a carico dell‟ente

pubblico pari all‟80% della retribuzione. In caso di morte o di infermità della madre, il padre

lavoratore ha diritto di astenersi dal lavoro per tutta la durata del congedo di maternità successivo

al parto che sarebbe spettato alla lavoratrice (congedo di paternità). È sottoposto alla stessa

disciplina economica-normativa applicabile al congedo di maternità. Oltre all‟astensione

obbligatoria, per le lavoratrici è concessa l‟astensione facoltativa di 6 mesi fruibile nel primo anno

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di vita del bambino, che può essere esercitata anche dal lavoratore padre. Ogni genitore ha diritto

di fruire del congedo parentale nei primi 8 anni di vita del figlio, per un periodo massimo di 10 mesi

di cui 6 mesi, continuati o frazionati. Per incentivare i lavoratori all‟assolvimento dei propri compiti

familiari è stata prevista l‟elevazione a 11 mesi, a condizione che il padre eserciti il proprio diritto al

congedo per un periodo continuativo o frazionato, non inferiore a 3 mesi. Le lavoratrici madri,

durante il primo anno del bambino, hanno diritto a due periodi di riposo di un‟ora ciascuno, da

considerarsi come attività lavorativa, durante i quali possono allontanarsi dal luogo di lavoro. Lo

stesso diritto è riconosciuto al padre lavoratore, non solo quando la madre non possa esercitarlo,

ma anche quando la madre non intenda avvalersene. Entrambi i genitori, con un‟idonea

certificazione medica, hanno il diritto di astenersi dal lavoro durante le malattie del bambino entro 3

anni. Lo stesso diritto può essere esercitato da uno o dall‟altro genitore, quando la malattia insorga

nella fascia d‟età compresa fra i 3 e gli 8 anni, nel limite di 5 giorni lavorativi all‟anno per ciascun

genitore.

SERVIZIO MILITARE: L‟adempimento degli obblighi militari non può pregiudicare la posizione di

lavoro. In relazione alla sospensione del rapporto per chiamata alle armi non è riconosciuta

nessuna garanzia di carattere economico, come quella di cui godono i lavoratori richiamati alle

armi.

CONGEDI FAMILIARI E FORMATIVI: I congedi familiari danno diritto ad un permesso retribuito di

3 giorni all‟anno in caso di decesso o di grave infermità del coniuge o di un parente entro il 2°

grado o del convivente. E‟ prevista la possibilità di richiedere un periodo di congedo non retribuito

e non computabile nell‟anzianità di servizio, fino a due anni, in cui è riconosciuta la conservazione

del posto ma vige il divieto all‟interessato di svolgere qualsiasi attività lavorativa. Del congedo per

la formazione possono avvalersi lavoratori con almeno cinque anni di anzianità di servizio per un

periodo fino a 11 mesi, continuativo o frazionato, nell‟arco dell‟intera vita lavorativa, senza computo

di anzianità e con perdita della retribuzione, è stata prevista la possibilità di richiedere

l‟anticipazione del TFR.

CAPITOLO 9 – TRASFORMAZIONI E CRISI DELL’IMPRESA E GESTIONE

DELLE ECCEDENZE DI PERSONALE

CASSA INTEGRAZIONE: La sospensione del rapporto può dipendere da situazioni dell‟impresa

che ricorre della Cassa Integrazione Guadagni CIG ed è disciplinata da diritto speciale. Le causali

dette “cause integrabili” che consentono di ricorrere alla CIG sono la possibilità di riduzione

dell‟orario; la modifica dell‟organizzazione; l‟assicurare una continuità di reddito ai lavoratori in

caso di difficoltà temporanea dell‟impresa, la salvaguardia dei livelli occupazionali; il consentire

all‟impresa di affrontare una situazione di difficoltà a costi contenuti. Non trattandosi di impossibilità

sopravvenuta, l‟imprenditore non potrebbe ritenersi liberato dall‟obbligo retributivo; in caso di

sospensione per cause del datore, l‟impiegato ha diritto alla retribuzione normale.

DISCIPLINA CIG: Il ricorso alla CIG si giustifica sia quando i lavoratori sono sospesi con cassa a

zero ore, sia quando la sospensione è parziale. L‟intervento ordinario della CIG applicabile a

impiegati, operai e quadri, riguarda situazioni aziendali dovute ad eventi transitori e non imputabili

all‟imprenditore e agli operai e crisi di mercato. L‟intervento straordinario riservato a imprese con

più di 15 dipendenti nel semestre precedente la richiesta, ricorre per ristrutturazioni e

riorganizzazioni aziendali; crisi aziendali con rilevanza sociale, settoriale, locale; per fallimento.

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L‟intervento ordinario resta nel settore industriale, mentre quello straordinario è esteso a imprese

commerciali con più di 200 dipendenti, imprese artigiane e imprese di trasporto aereo. Il ricorso

alla CIG presuppone una procedura sindacale e amministrativa. La fase sindacale implica che

l‟impresa comunichi preventivamente ai sindacati prima di sospendere l‟attività (programma da

attuare), e che vi sia un esame congiunto sul programma, pena l‟inammissibilità della richiesta. La

fase amministrativa si svolge localmente per la CIG ordinaria. La domanda va presentata alla sede

provinciale INPS ed è accolta tramite delibera di una commissione provinciale tripartita costituita

da funzionari amministrativi e rappresentanti delle parti sociali. Può essere concessa per 3 mesi

continuativi, prorogabile di altri 3 fino ad un massimo di 12 mesi. È finanziata da un contributo a

carico delle imprese in percentuale sulle retribuzioni. Per la CIG straordinaria, la domanda va

presentata al Ministero del lavoro e può essere concessa fino a 2 anni, con la possibilità di

ottenere due proroghe, ciascuna di durata non superiore ad 1 anno. Il finanziamento grava sul

bilancio dello Stato. Il limite di 1 anno con proroga massima di 6 mesi è previsto per la CIG erogata

a lavoratori di imprese in fallimento ed è previsto anche limite cumulativo (per ogni unità produttiva

i trattamenti straordinari non possono avere una durata complessiva superiore a 36 mesi nell‟arco

di un quinquennio). In entrambi i casi di CIG è previsto un contributo addizionale cui sono tenute le

imprese calcolato in percentuale della CIG corrisposta ai propri dipendenti ed è raddoppiato se

l‟impresa usufruisce di CIG straordinaria. Lo stesso trattamento è riconoscibile nell‟ammissione del

lavoratore a CIG straordinaria per anzianità lavorativa presso l‟impresa di almeno 90 giorni alla

data di richiesta. L‟entità della CIG è l‟80% della retribuzione totale spettante per le ore di lavoro

non prestate fino al limite di 40 ore settimanali.

PROBLEMI APPLICATIVI DELLA CIG: I criteri di individuazione dei lavoratori da sospendere

devono formare oggetto delle comunicazioni e dell‟esame congiunto, pena l‟illegittimità del

provvedimento amministrativo di ammissione alla CIG e delle sospensioni, con la conseguenza

che il datore dovrà corrispondere la retribuzione. L‟impresa che ritiene di non aver adottato

meccanismi di rotazione tra i lavoratori con uguali mansioni nell‟unità interessata dalle sospensioni,

deve indicarne i motivi nel programma e le ragioni che impediscono la rotazione vanno indicate

durante l‟esame congiunto. Il ministro del lavoro può ritenere infondati tali motivi promuovendo tra

le parti u‟intesa se no stabilirà con decreto l‟adozione di meccanismi di rotazione. L‟impresa può

evitare di applicarli ed optare per il pagamento doppio del contributo addizionale per ogni

lavoratore. Quando viene raggiunto un accordo di rotazione, l‟intesa può essere composta da

clausole di rientro in servizio in favore dei lavoratori coinvolti, la cui violazione comporta lesione di

un diritto soggettivo e legittima i lavoratori al risarcimento. Il collocamento dei lavoratori in CIG

dipende da un potere dell‟imprenditore che può essere esercitato solo dopo la procedura sindacale

e amministrativa. Le cause integrabili sono valutate dalla competente autorità amministrativa, il cui

provvedimento impugnabile, ha natura costitutiva del potere di sospensione ed è la fonte della

deroga al diritto comune. Prima del provvedimento di ammissione alla CIG il rapporto è retto dal

diritto comune e l‟obbligazione retributiva resta inalterata nonostante la sospensione dell‟attività

produttiva, e in caso di rifiuto della domanda l‟imprenditore è tenuto al pagamento delle retribuzioni

non versate e al risarcimento per il ritardo. Se l‟imprenditore omette o ritarda la richiesta di CIG e

da ciò deriva la perdita del trattamento per i lavoratori, esso deve corrispondere ai lavoratori una

somma equivalente alla CIG non percepita, anche se la sospensione è per impossibilità

sopravvenuta.

CIG NEL SISTEMA DEGLI AMMORTIZZATORI SOCIALI: La CIG consente di gestire eccedenze

temporanee di personale senza ricorrere alla risoluzione dei rapporti ed è cruciale nell‟ambito degli

ammortizzatori sociali. Sono previste misure di sostegno del reddito e dell‟occupazione per

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ristrutturazione aziendale e per crisi di categorie e settori sprovvisti del sistema di ammortizzatori

sociali (banche ed assicurazioni).

CONTRATTI DI SOLIDARIETA’: Il contratto di solidarietà viene stipulato quando un‟impresa vuole

procedere ad un licenziamento collettivo, al fine di evitare la riduzione di personale. Esso

presuppone la stipulazione di un contratto collettivo aziendale nel quale viene stabilita una

riduzione dell‟orario che è lo strumento solidale tra lavoratori (riducendo l‟orario si ripartisce il

lavoro fra più lavoratori evitando il licenziamento del personale eccedente). La CIG viene

corrisposta in misura pari al 60% della retribuzione persa a seguito della riduzione dell‟orario. Per

stimolare le imprese alla stipulazione di tali contratti si consente la riduzione della contribuzione

previdenziale, entro un massimo di 2 anni a condizione che la riduzione d‟orario sia superiore al

20%. I contratti di solidarietà sono di tipo difensivo e offensivo in quanto si stipula un contratto

collettivo aziendale riducendo l‟orario di lavoro e la retribuzione, ma si ha l‟obiettivo di incrementare

i livelli occupazionali tramite nuovo personale a tempo indeterminato.

TRASFERIMENTO D’IMPRESA: Il trasferimento di azienda è una qualsiasi operazione che

comporta il mutamento nella titolarità di un‟attività economica organizzata e che conserva la

propria identità. L‟acquirente dell‟azienda subentra nei che non abbiano carattere personale, ciò

vale anche per i contratti di lavoro subordinato a meno che non pattuito diversamente. Il principio

della continuità dei rapporti a fronte di un mutamento nella titolarità dell‟impresa risponde

all‟interesse dell‟alienante di conseguire il massimo ricavato dalla cessione e all‟interesse del

cessionario di acquisire un‟impresa in grado di operare. Il trasferimento di un‟azienda non può

costituire un giustificato motivo di licenziamento né per il cedente né per il cessionario. In caso di

trasferimento d‟azienda il rapporto continua con il concessionario e il lavoratore conserva tutti i

diritti. I lavoratori possono rassegnare le dimissioni con diritto all‟indennità di mancato preavviso se

le loro condizioni di lavoro subiscano una sostanziale modifica (legittima ma rilevante sul

lavoratore) nei tre mesi successivi al trasferimento. L‟obbligo dell‟acquirente è quello applicare lo

stesso trattamento economico-normativo previsto dai contratti collettivi applicati dal cedente fino

alla loro scadenza, salvo che ad essi si sostituiscano immediatamente altri contratti collettivi (di

stesso livello) applicabili all‟impresa del cessionario. Cedente e cessionario sono obbligati in solido

per tutti i crediti che il lavoratore aveva al tempo del trasferimento. Per aziende con più di 15

dipendenti, cedente e cessionario devono informare 25 giorni prima dell‟atto, per iscritto le

rispettive rappresentanze aziendali e i sindacati, sulla data per il trasferimento, sui motivi, sulle

eventuali misure previste verso i lavoratori. Può fare seguito un esame congiunto su richiesta delle

rappresentanze sindacali, da concludersi entro 10 giorni, a prescindere dal fatto che sia stato

raggiunto o meno un accodo tra le parti.

TRASFERIMENTO DELLE IMPRESE IN CRISI: Al trasferimento di imprese in fallimento nel caso

in cui la continuazione dell‟attività non sia stata disposta o sia cessata e qualora durante la

consultazione con le rappresentanze sindacali sia stato raggiunto un accordo circa il

mantenimento anche parziale dell‟occupazione non si applica il principio del mantenimento dei

diritti dei lavoratori che passato sotto il cessionario. Il trasferimento non riguarda il personale

eccedente, che può rimanere alle dipendenze dell‟alienante.

ESTERNALIZZAZIONI, APPALTI E TRASFERIMETNO DI RAMO: In alcuni casi determinate

attività sono svolte tramite prestazioni di lavoratori dipendenti da altri lavoratori. Il ricorso al

contratto di appalto è sempre stato ritenuto legittimo. Il contratto di appalto si distingue dalla

somministrazione di lavoro per l‟organizzazione dei mezzi necessari da parte dell‟appaltatore,

nonché per l‟assunzione dello stesso del rischio d‟impresa. L‟appalto è il contratto con il quale una

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parte assume con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il

compimento di un‟opera o di un servizio verso un corrispettivo in denaro. Il committente è obbligato

in solido con l‟appaltatore e con eventuali subappaltatori entro di 2 anni dalla cessazione

dell‟appalto, a corrispondere ai dipendenti delle imprese appaltatrici i trattamenti retributivi e

previdenziali dovuti.

Trascorso tale termine, i dipendenti dell‟appaltatore possono esercitare l‟azione diretta di rivalsa

chiamando in giudizio il committente per conseguire quanto è loro dovuto, fin quando il

committente è in debito verso l‟appaltatore. Se vi è un contratto d‟appalto privo di requisiti legali, il

lavoratore può ottenere verso il committente un rapporto di lavoro dipendente. L‟impiego di

manodopera costituisce l‟elemento essenziale ai fini dell‟esecuzione del contratto.

Le regole in materia di trasferimento di azienda si applicano anche al trasferimento di ramo

d‟azienda, intesa come articolazione funzionalmente autonoma dell‟impresa, preesistente come

tale al trasferimento e che conserva la propria identità.

CAPITOLO 10 – I LICENZIAMENTI

LA CESSAZIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO: Il licenziamento è una ipotesi di cessazione del

rapporto. La cessazione del contratto di lavoro può dipendere anche dal mutuo consenso delle

parti. L‟impossibilità sopravvenuta della prestazione può dipendere sia da eventi riguardanti il

lavoratore o l‟impresa. L‟estinzione del rapporto può verificarsi anche per morte del lavoratore ma

non per morte del datore di lavoro.

RECESSO UNILATERALE, DIMISSIONI: Il recesso unilaterale è lo strumento attraverso cui

ciascuna parte può cessare il vincolo contrattuale ed è applicabile ai contratti di durata (tempo

indeterminato). È un diritto potestativo, con cui la parte recedente determina volontariamente il

termine degli effetti del contratto a tempo indeterminato. Si configura come atto unilaterale ricettizio

in quanto i suoi effetti si producono solo dal momento in cui l‟altra parte ne viene a conoscenza. Le

dimissioni possono dissimulare un effettivo licenziamento (lettera in bianco) o possono risultare

inficiate da un vizio del consenso (pressioni psicologiche). La richiesta di dimissioni presentata

dalla lavoratrice in gravidanza o durante il primo anno di vita del bambino, deve essere convalidata

dal servizio ispettivo del ministero del lavoro. Le dimissioni rassegnate dalla lavoratrice (per

matrimonio) nell‟arco di tempo indicato dalla legge sono parificate al licenziamento per causa di

matrimonio ed affette da nullità.

PREAVVISO: Il preavviso permette alla parte che subisce il recesso di poter fruire di un periodo di

tempo per affrontarne le conseguenze: (sostituto per il datore e altro lavoro per il lavoratore). La

parte recedente deve dare preavviso nel termine e nei modi stabiliti dai contratti collettivi, dagli usi

o dall‟equità. I contratti collettivi determinano la durata del preavviso a seconda dell‟anzianità e

dell‟inquadramento del lavoratore. In mancanza di preavviso, il recedente è tenuto verso l‟altra

parte a un‟indennità sostitutiva pari all‟importo della retribuzione che sarebbe spettata per il

periodo di preavviso. Il preavviso ha efficacia reale. Al posto del preavviso, si può corrispondere

l‟indennità sostitutiva il cui versamento non vale estingue il rapporto. L‟obbligo del preavviso viene

meno solo in presenza di una giusta causa, tuttavia se essa è invocata da un lavoratore, le

dimissioni per giusta causa comportano il diritto all‟indennità sostitutiva del preavviso. L‟indennità

sostitutiva è dovuta anche in caso di morte del lavoratore, in favore dei familiari; per fallimento o

liquidazione (non sono giusta causa).

L’EVOLUZIONE DELLA DISCIPLINA DEI LICENZIAMENTI, DAL RECESSO AD NUTUM ALLA

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TUTELA REALE: Il recesso ha origine da quattro nuclei normativi. Nell‟originaria disciplina del

codice non compare il termine “licenziamento”, ma compare il termine “recesso”, per evocare un

potere attribuito ad entrambe le parti (libertà eguale, concezione liberista, licenziamento ad natum).

Tra la II guerra e il 1966 sono stati introdotti dei limiti al potere di licenziamento dalla contrattazione

collettiva e dagli accordi interconfederali applicabili nel solo settore industriale. Nel nuovo sistema

la giusta causa giustifica la legittimità del licenziamento (trasformazione del potere di licenziamento

da atto privato insindacabile a negozio giuridico la cui legittimità deve essere giustificata). Il

licenziamento illegittimo (no giusta causa/motivo) resta valido ed efficace, poiché idoneo a

determinare la cessazione del rapporto. Il datore in caso di accertamento di illegittimità può

scegliere di riassumere il lavoratore entro tre giorni dalla sentenza, oppure di consolidare la propria

decisione versando risarcimento al lavoratore. Con lo statuto dei lavoratori l‟atto illegittimo diventa

privo di ogni effetto giuridico ed il datore è condannato alla reintegrazione del lavoratore nel posto

di lavoro (stabilità del posto di lavoro). Nel 1990 una legge ha ampliato il campo di applicazione

dello statuto e ha reso residuale l‟area di operatività del licenziamento ad nutum.

CONTENUTO E CAMPO DI APPLICAZIONE DELLE TUTELE IN MATERIA DI

LICENZIAMENTO: E‟ inefficace sia il licenziamento non comunicato per iscritto, sia quello di cui

su richiesta del lavoratore, non siano stati comunicati per iscritto i motivi. Il licenziamento

discriminatorio è nullo indipendentemente dalla motivazione addotta. Il giudice, con la sentenza

con cui dichiara inefficace o annulla il licenziamento, ordina al datore di lavoro di reintegrare il

lavoratore nel posto (stesso posto) e il rapporto si ricostituisce come se non fosse mai stato

interrotto. Il lavoratore ha diritto anche al risarcimento (indennità in base a retribuzione totale dal

giorno di licenziamento fino a reintegrazione) e non può essere inferiore a 5 mensilità. Il lavoratore

può rinunciare alla reintegrazione chiedendo un‟indennità di 15 mensilità. La riassunzione non

corrisponde alla reintegrazione propria della tutela reale. Se il rapporto deve ritenersi estinto,

l‟eventuale riassunzione comporta l‟instaurazione di un nuovo tra le parti. Al datore è comunque

consentito optare per il risarcimento (da 2,5 a 6 mensilità determinata dal giudice tenendo conto

del numero dei dipendenti, delle dimensioni dell‟impresa, dell‟anzianità, del comportamento delle

parti). La tutela reale si applica a tutti i datori, imprenditori e non imprenditori, che occupino più di

15 dipendenti (5 se agricole) nello stesso comune in cui avuto luogo il licenziamento. È applicabile

il regime di tutela forte contro il licenziamento illegittimo anche verso ogni datore con più di 60

dipendenti. La tutela reale si applica sempre in caso di licenziamento discriminatorio. La

privatizzazione del pubblico impiego ha comportato l‟applicazione della disciplina alle PA a

prescindere dal numero dei dipendenti. Il regime debole (tutela obbligatoria) di tutela contro il

licenziamento illegittimo opera nei confronti di tutti i datori, cui non risulta applicabile la disciplina

della tutela reale. La tutela obbligatoria si applica quale che sia il numero dei dipendenti, alle

organizzazioni di tendenza (datori non imprenditori senza fini di lucro attività politica, sindacale,

culturale e di religione).

RESIDUA OPERATIVITA’ DEL LICENZIAMENTO AD NATUM: Il licenziamento ad nautm

sopravvive nell‟ambito dei lavori domestici (non assoggettabili a regole generali), dei lavoratori

over 65 in possesso di requisiti pensionistici, dei dirigenti (giustificazione del licenziamento

altrimenti il dirigente può ottenere risarcimento) e dei lavoratori in prova (licenziabili senza

preavviso)

GIUSTA CAUSA E GIUSTIFICAMTO MOTIVO E CRITERI GIUDIZIALI DI CONTROLLO: Il

licenziamento è legittimo se esiste giusta causa o giustificato motivo. Il giustificato motivo può

essere soggettivo (con preavviso a causa di inadempimenti notevoli del lavoratore pena

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illegittimità) o oggettivo (causato da ragioni inerenti l‟attività produttiva, l‟organizzazione e il suo

funzionamento). Il controllo giudiziale sulla sussistenza del giustificato motivo oggettivo deve

basarsi sull‟effettività delle ragioni economiche-produttive; sull‟effettività della soppressione del

posto di lavoro e sul nesso di causalità fra l‟una e l‟altra. Esso è sussistente in situazioni di crisi

aziendale, di innovazione dei processi produttivi e nell‟ipotesi di un riassetto organizzativo per far

fronte a situazioni sfavorevoli. Non è consentito al datore invocare un giustificato motivo per

scaricare sui lavoratori le conseguenze negative del ciclo economico. Il datore oltre a provare

effettività e nesso deve anche dimostrare l‟impossibilità di utilizzare il dipendente in altre mansioni

anche minori. Le ragioni del licenziamento devono sussistere al momento della sua intimazione e

non possono fondarsi su circostanze future. Il licenziamento per giusta causa è in tronco. La

differenza tra giusta causa e giustificato motivo soggettivo dipende dalla gravità

dell‟inadempimento del lavoratore in quanto la giusta causa non si esaurisce nella violazione degli

obblighi contrattuali ma deve comportare una perdita di fiducia (teoria oggettiva quantitativa),

inoltre può dipendere da comportamenti non rientranti nella sfera dell‟inadempimento (teoria

qualitativa). Nell‟accertamento della giusta causa si prescinde dalla sussistenza di un danno

provocato dal comportamento del lavoratore e se tale danno è modesto si esclude la giusta causa.

ALTRE IPOTESI DI INVALITDITA’ DEL LICENZIAMENTO: Il licenziamento ingiustificato è

annullabile e sanzionato. Il licenziamento è invalido se inefficace, discriminatorio o intimato senza

osservare procedure prescritte. Il licenziamento intimato senza il rispetto della forma è inefficace.

Se intimato dal datore nel regime della tutela reale, la sanzione è quella del risarcimento e

reintegrazione nel posto di lavoro. Se è intimato nel regime della tutela obbligatoria, resta

improduttivo di effetti e inidoneo ad incidere sulla continuità del rapporto, il lavoratore ha diritto al

risarcimento. Il licenziamento disciplinare illegittimo per vizi procedurali comporta il diritto del

lavoratore alla corresponsione dell‟indennità sostitutiva del preavviso. Se il lavoratore licenziato è

un dirigente, esso ha il diritto all‟indennità sostitutiva del preavviso e all‟indennità supplementare. Il

licenziamento discriminatorio è nullo indipendentemente dalla ragione addotta. Vi è invalidità del

licenziamento per matrimonio (datore paga retribuzione fino alla riammissione in servizio) e

intimato alla lavoratrice madre (ripristino del rapporto, prova di gravidanza all‟epoca del

licenziamento). Riguardo al licenziamento del lavoratore in prova esso deve dimostrare

l‟illegittimità per mancato o inadeguato esperimento della prova o perché imputabile ad un motivo

illecito (rimedi licenziamento ingiustificato, diritto completamento prova o risarcimento).

QUESTIONI PROCESSUALI: Per l‟impugnazione del licenziamento è previsto un termine di

decadenza di 60 giorni dalla comunicazione scritta del licenziamento. L‟atto di impugnazione può

essere anche di carattere extragiudiziale; una volta evitata la decadenza, l‟azione in giudizio può

essere esercitata secondo gli ordinari termini di prescrizione. L‟onere della prova della giusta

causa o del giustificato motivo grava sul datore, mentre quando si vuole far valere il carattere

discriminatorio ricade sul lavoratore. Il datore potrebbe non eseguire l‟ordine del giudice di

reintegrare il lavoratore, limitandosi a corrispondere le retribuzioni. Tutti gli importi erogati dal

datore in esecuzione della sentenza che ordina la reintegrazione costituiscono risarcimento e sono

interamente ripetibili a seguito della sentenza di riforma in appello che esclude con effetto

immediato l‟illecito e l‟obbligo di retribuzione.

LICENZIAMENTI COLLETTIVI: I licenziamenti collettivi hanno maggiore rilevanza sociale perché

colpiscono più lavoratori e la loro disciplina è estesa anche ai datori di lavoro non imprenditori. Il

licenziamento collettivo deve coinvolgere più lavoratori (minimo di 15 dipendenti se ne vogliono

licenziare almeno 5). I licenziamenti devono essere effettuati nell‟arco di 120 giorni nella singola

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unità produttiva e devono essere riconducibili alla riduzione o trasformazione di attività o di lavoro.

Si parla di licenziamento tecnologico quando si ha la riduzione del personale senza la riduzione di

strutture o attività produttive. Se non viene superata la soglia dei 15 dipendenti, si parlerà di

licenziamento plurimo per giustificato motivo (no regole licenziamento collettivo). Le regole in

materia di licenziamenti collettivi si applicano a fronte della cessazione dell‟attività, alle riduzione di

personale riguardanti soci lavoratori di coop di produzione e lavoro; non operano per scadenza dei

rapporti di lavoro a termine e per attività stagionali o saltuarie. Al licenziamento collettivo si può

pervenire direttamente quando l‟imprenditore ritiene che la situazione di eccedenza del personale

sia irreversibile; o dopo un periodo di ricorso alla CIG straordinaria durante il quale ritiene di non

essere in grado di garantire il reimpiego a tutti i lavoratori sospesi e di non poter ricorrere a misure

alternative.

REGOLE PROCEDURALI LICENZIAMENTO COLLETTIVO: Una volta presa la decisione del

licenziamento collettivo è necessario che l‟impresa attivi la procedura per la dichiarazione di

mobilità articolata in due fasi. La fase sindacale presuppone l‟invio di una comunicazione scritta

alle rappresentanze sindacali aziendali e ai sindacati di categoria, contenente informazioni tali da

consentire una discussione sulle possibili alternative al licenziamento (motivi di eccedenza

personale e motivi impraticabilità alternative, numero, collocazione aziendale e profili professionali

del personale cedente). Entro 7 giorni dalla si ha un esame congiunto al fine di individuare misure

alternative (contratti di solidarietà, part-time, distacco temporaneo presso altre imprese). L‟esito

negativo dell‟esame congiunto va comunicato alla direzione provinciale del lavoro che convocherà

le parti per un nuovo esame determinando l‟apertura della fase amministrativa. Nel corso

dell‟esame congiunto, se accertata l‟impossibilità di superare le ragioni del licenziamento collettivo,

le parti devono esaminare la possibilità di facilitare la riqualificazione dei lavoratori licenziati.

Terminata la procedura con o senza accordo sindacale, l‟impresa attua il licenziamento collettivo,

collocando i lavoratori eccedenti in mobilità (no dirigenti), previa comunicazione scritta a ciascuno

di essi del recesso, nel rispetto dei termini del preavviso. L‟impresa deve inviare una

comunicazione sia alla direzione regionale del lavoro, sia ai sindacati di categoria, contenente

informazioni sui lavoratori licenziati. La fase sindacale deve concludersi entro 45 giorni dal

ricevimento della comunicazione dell‟impresa; quella amministrativa entro 30 giorni dal ricevimento

dell‟esito negativo della fase sindacale. I termini sono dimezzati se i lavoratori in mobilità siano

meno di 10.

CRITERI DI SCELTA ED APPARATO SANZIONATORIO: I lavoratori da licenziare si scelgono

secondo 3 criteri legali di scelta in concorso tra loro ossia i carichi di famigli, le esigenze tecnico-

produttive e organizzative. Tali criteri si applicano solo se i contratti collettivi non abbiano stabilito

criteri propri contrattuali (criterio età e contribuzione per pensione). I criteri vanno applicati all‟intera

azienda, a meno che il progetto di ristrutturazione si riferisca solo a uno dei settori, e devono

attenersi al rispetto dei divieti di discriminazione. È inefficace il licenziamento intimato senza forma

scritta o procedura, è annullabile in caso di violazione dei criteri,il lavoratore può impugnarlo con

atto scritto entro 60 giorni dalla comunicazione. Sia per il licenziamento inefficace, sia per quello

annullabile, opera la tutela reale. Se la reintegrazione nel posto di lavoro sia stata per mancato

rispetto dei criteri di scelta, l‟impresa può procedere alla risoluzione del rapporto di un numero di

lavoratori pari a quello di lavoratori reintegrati senza dover esperire una nuova procedura. Se il

recesso è intimato da un‟organizzazione di tendenza, si applicano le regole della tutela

obbligatoria.

INDENNITA’ DI MOBILITA’: Dopo il licenziamento collettivo l‟impresa è tenuta a partecipare al

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finanziamento del trattamento di disoccupazione (indennità di mobilità) che viene riconosciuto ai

lavoratori che hanno perso il lavoro per riduzione del personale. L‟iscrizione dei lavoratori licenziati

nella lista di mobilità serve per dare precedenza al ricollocamento nelle assunzioni entro 6 mesi

della stessa impresa (per tutti) e per dargli diritto all‟indennità di mobilità (se per riduzione

personale) che viene corrisposta per periodi diversi in base all‟età (max 1 anno o 2 per lavoratori

over 40 o 3 per over 50 e fino a 4 per il sud) e per importi decrescenti nel tempo (1 anno al 100%

CIG straordinario, poi 80%). L‟indennità spetta ai lavoratori da almeno dodici mesi di cui 6 di lavoro

effettivo e non può essere erogata per un periodo superiore all‟anzianità. Il lavoratore è cancellato

dalla lista alla scadenza del godimento dell‟indennità, o quando sia stato assunto a tempo pieno e

indeterminato, o abbia percepito in un‟unica soluzione l‟indennità o in caso di rifiuto di lavoro

professionalmente equivalente.

ECCEDENZE DI PERSONALE E MOBILITA’ COLLETTIVA NELLE PA: Le PA che hanno

un‟eccedenza di personale di almeno 10 dipendenti, devono informare preventivamente le

rappresentanze del personale e i sindacati firmatari del contratto collettivo nazionale; alla

comunicazione può far seguito, a richiesta delle organizzazioni sindacali, un esame congiunto per

verificare la possibilità di ricollocare il personale eccedente nella stessa o altra amministrazione

nella stessa provincia. Il personale che risulta ancora eccedente viene collocato in disponibilità

dall‟amministrazione di appartenenza (sospensione di tutte le obbligazioni inerenti il rapporto per la

durata massima di 24 mesi durante i quali il lavoratore ha diritto ad un‟indennità, i cui oneri

gravano sul bilancio dell‟amministrazione di appartenenza, di importo pari all‟80% della

retribuzione) e comporta l‟iscrizione dei lavoratori eccedenti in appositi elenchi. Se non si è

concretizzata alcuna possibilità di reimpiego, il rapporto si intende definitivamente risolto alla

scadenza dei 24 mesi.

CAPITOLO 11 – LA TUTELA DEI DIRITTI

LE GARANZIE DEI LAVORATORI: La tutela del contraente debole avviene attraverso

l‟attribuzione alla norma dell‟inderogabilità (espressa o ricavabile). L‟inderogabilità può venire

meno solo se la legge preveda deroghe consensuali nel caso in cui il contratto individuale ponga

regole di maggior favore per il lavoratore (inderogabilità unilaterale per tutelare il lavoratore

individualmente e come membro di un gruppo). L‟eventuale contrasto fra legge ed autonomia

privata, viene risolto sostituendo alle clausole nulle le norme imperative violate (nullità parziale). La

disciplina della prescrizione vige per i crediti retributivi, giustificabili in base al rilievo costituzionale

del lavoratore. La tutela giurisdizionale differenziata è un processo speciale che consente di

rispondere rapidamente alla richiesta di soddisfazione del diritto violato. Il ministero del lavoro

esercita funzioni di ispezione e di controllo sul rispetto delle discipline, lavoristiche e previdenziali

al fine di difendere i diritti dei lavoratori. Per evitare che l‟inderogabilità assuma solo rilievo formale,

subentra la disciplina delle rinunzie e transazioni che comprende l‟inderogabilità (tratto normale

della norma) e l‟indisponibilità dei diritti (attributo dei diritti derivanti da norme inderogabili)

applicabile a privati, parasubordinati e PA. le rinunzie e le transazioni invalide sono quelle incidenti

su diritti originati da norme inderogabili di legge o contratti collettivi (no individuali e no derogabili).

La transazione è nulla se i diritti oggetto della lite sono sottratti alla disponibilità delle parti.

L‟impugnazione (annullabilità) deve essere proposta tramite qualsiasi atto scritto del lavoratore,

pena decadenza, entro 6 mesi dalla cessazione del rapporto o dalla rinunzia o dalla transazione,

se queste sono accadute dopo la cessazione. Una volta impedita la decadenza, il lavoratore potrà

agire in giudizio entro 5 anni (termine prescrizione per annullamento). L‟annullabilità delle rinunzie

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e transazioni riguarda l'invalidità dei negozi di disposizione di diritti già acquisiti. Le transazioni

collettive sono intese attraverso cui il sindacato non concorre a determinare una nuova

regolamentazione dei rapporti, ma dispone di diritti già entrati nel patrimonio dei singoli al fine di

consolidare situazioni giuridiche incerte, come strumento di accordo tra le parti.

PRESCRIZIONE E DECADENZA NEL DIRITTO DEL LAVORO: La prescrizione costituisce una

modalità di estinzione dei diritti collegata al decorso del tempo ed all‟inerzia del titolare. La

prescrizione ordinaria è decennale e riguarda il diritto al risarcimento per totale o parziale

omissione contributiva, diritto al risarcimento del danno contrattuale, diritto alla corresponsione di

certe voci retributive erogate una tantum, diritto alla qualifica. Per i crediti retributivi opera la

prescrizione quinquennale. La prescrizione presuntiva è applicabile anche ai crediti di lavoro non

comporta l‟estinzione del diritto, limitandosi ad integrare una presunzione legale del suo

soddisfacimento, che può essere superata fornendo la prova contraria. La prescrizione decorre dal

giorno in cui il diritto può essere fatto valere. La prescrizione presuntiva può essere vinta

attraverso la confessione giudiziale del datore deferendo allo stesso il giuramento decisorio. La

decadenza costituisce un modo di estinzione generale di diritti, tranne per quelli indisponibili e

imprescrittibili e opera esclusivamente nei casi previsti comportando l'estinzione del diritto a

seguito del mancato esercizio da parte del titolare entro il termine stabilito. I casi di decadenza di

fonte legale sono l'impugnazione delle rinunzie e transazioni; il termine di 60 giorni alla

comunicazione per l'impugnazione del licenziamento, l'inutile decorso di tempo (rinuncia tacita). Le

clausole contrattuali di decadenza vengono sono valide se il termine da esse previsto risulti non

inferiore a 6 mesi e cominci a decorrere quando cessa il rapporto.

FONDO DI GARANZIA: L'istituto del pignoramento è sottoposto a forti restrizioni quando si tratta

di farne applicazione nei confronti di crediti di lavoro: le somme dovute a titolo di retribuzione o di

altre indennità relative al rapporto possono essere pignorate nella misura di 1/5 per ogni tipo di

credito, tranne per i crediti alimentari riguardo ai quali la misura del pignoramento è quella

autorizzata dal presidente del tribunale o da un giudice da lui delegato. E' possibile anche il

sequestro dei crediti di lavoro o la loro assoggettabilità a compensazione. In favore dei crediti di

lavoro è prevista una causa legittima di prelazione (in procedure concorsuali) che riconosce un

privilegio generale sui beni del datore debitore, che assiste le retribuzioni e tutte le indennità

dovute x effetto della cessazione del rapporto. A tutela dei crediti dei lavoratori subordinati in caso

di insolvenza del datore di lavoro è previsto il fondo di garanzia che assicura il pagamento delle

retribuzioni, previo accertamento giudiziale del relativo credito. Il pagamento effettuato dal fondo

non può essere superiore ad una somma pari a 3 volte la misura massima della CIG straordinaria

mensile al netto delle trattenute previdenziali e assistenziali.

TUTELA GIURISDIZIONALE DIFFERENZIATA: Il tribunale in composizione monocratica è

competente a trattare le controversie di lavoro in 1° grado relative a rapporti di lavoro subordinato

privato e dei pubblici dipendenti privatizzati. Del processo del lavoro possono beneficiare anche i

lavoratori titolari di contratti agrari e co.co.co. L‟obiettivo è la tutela del lavoro subordinato e del

lavoro autonomo e riguarda tutte le controversie che hanno come elemento comune la

subordinazione. Nell'ordinamento furono introdotti strumenti ispirati a principati di oralità,

concentrazione e immediatezza. Nel ricorso devono essere contenuti la l‟oggetto della domanda,

l‟esposizione dei fatti e degli elementi sui quali essa si fonda e le conclusioni, i mezzi di prova e

documenti di cui ci si intende avvalere. Il convenuto deve prendere posizione sui fatti affermati

dall'attore ed è tenuto a farlo in modo preciso (non generico); deve proporre tutte le difese ed

indicare mezzi di prova che intende usare nel processo. Nell'udienza fissata per la discussione

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della causa, il giudice, dopo l'interrogatorio delle parti, tenta la conciliazione della lite: l'esito

positivo del viene riprodotto in un verbale cui si riconosce efficacia di titolo esecutivo. Il tentativo di

conciliazione è obbligatorio perché è condizione di procedibilità, e va espletato entro 60 giorni dalla

presentazione della richiesta innanzi ad una commissione di conciliazione (presso la direzione

provinciale del lavoro dal direttore dell'ufficio e da rappresentanti delle parti sociali). Trascorso

inutilmente il termine, il tentativo si considera espletato e la domanda in giudizio può andare avanti.

Il verbale con l‟indicazione delle ragioni del mancato accordo, si forma anche in caso di esito

negativo. La domanda giudiziale diventa procedibile trascorsi 90 giorni dalla promozione del

tentativo. Il processo prosegue fino alla pronuncia della sentenza, che se condanna al pagamento

di crediti è provvisoriamente esecutiva. Il giudice d‟appello può sospenderne l‟esecutorietà, quando

ricorrono gravi motivi o nel caso in cui da essa possa derivare alla controparte un gravissimo

danno. Il lavoratore ha il diritto a percepire ulteriori attribuzioni patrimoniali a titolo di interessi e

rivalutazione.

CONCILIAZIONE MONOCRATICA: La conciliazione monocratica è gestita da un solo funzionario

amministrativo e non da una commissione. La conciliazione monocratica in cui le parti possono

farsi assistere da un sindacato o da un professionista, conduce alla sottoscrizione di un verbale.

L‟arbitrato rituale è ammissibile solo se la clausola compromissoria sia prevista dal contratto

collettivo e purché ciò avvenga senza pregiudizio della facoltà delle parti di adire l'autorità

giudiziale. L‟arbitrato irrituale deve essere previsto dai contratti collettivi nazionali e vi si può

ricorrere se il tentativo obbligatorio di conciliazione non riesce o è decorso il termine ed è

configurato come arbitrato volontario e di diritto. Sulle controversie aventi ad oggetto la validità del

sentenza arbitrale decide in unico grado il Tribunale. Il ricorso nei confronti della sentenza irrituale

deve essere depositato entro 30 gg dalla sua notificazione. Trascorso tale termine, o se le parti

hanno dichiarato per iscritto di accettare la decisione o se il ricorso è stato respinto dal Tribunale,

la sentenza è depositata e il tribunale su istanza della parte interessata, lo dichiara esecutivo con

decreto.

DIRITTO DEL LAVORO (Diritto del Lavoro, M.V. Ballestrero, V.De Simone, 2012, Torino, Giappichelli)

PREMESSA

PREMESSA: Nel diritto del lavoro coesistono fonti legali e fonti collettive (contratti collettivi). Il contratto collettivo è tale perché le parti stipulanti sono soggetti collettivi e perché i destinatari del contratto sono un numero indeterminato di soggetti. È un atto di autoregolamentazione tra datori e lavoratori. I rapporti regolati dai contratti collettivi non riguardano le parti contraenti (sindacati) ma altri soggetti per il potere di rappresentanza. L‟obiettivo è quello di regolare i contratti individuali dei datori determinandone i contenuti essenziali. Le origini del contratto collettivo risalgono all‟Italia liberale (primi XX sec.), e ha avuto la natura di fonte durante il fascismo e fino alla soppressione delle corporazioni (post II guerra). Nonostante non sia più una fonte in senso tecnico è considerato tale in virtù della funzione che svolge e della sua forza vincolate e concorre con altre fonti. DALLE NORME CORPORATIVE ALLA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA DI DIRITTO COMUNE: Nel 1942 le norme corporative (contratti nazionali di categoria, ordinanze, sentenze) erano fonti del diritto subordinate a legge e regolamenti. Nel 1944 l‟ordinamento corporativo è stato

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soppresso ma i contratti sono stati conservati per 10 anni come fonti e sostituiti poi con decreti legislativi. ASSOCIAZIONI SINDACALI E CONTRATTI COLLETTIVI NELLA LEGISLAZIONE FASCISTA: La legge sindacale fascista sopprimeva la libertà sindacale e lo sciopero e prevedeva che per ogni categoria (interessi comuni, datori e lavoratori in categorie predeterminate) si riconoscesse solo un sindacato. I sindacati hanno acquistato personalità giuridica di diritto pubblico (organi) controllati dal ministero per le corporazioni e hanno rappresentanza legale della categoria. L‟organizzazione dei sindacati si basava sulla federazione (organizzazione nazionale di categoria) e confederazione

(organizzazione nazionale delle federazioni). I sindacati avevano potere di stipulare contratti

collettivi (corporativi) con efficacia erga omnes (su tutti membri categoria). Tali contratti erano di diritto pubblico conclusi tra enti pubblici e avevano durata determinata la cui scadenza non produceva cessazione del contratto che continuava a produrre effetti fino al nuovo contratto o sentenza (se inerzia parti). L‟inderogabilità implica che la legge obbligava i singoli a uniformare il contratto individuale al collettivo pena la sostituzione automatica di clausole difformi con quelle previste. Ha efficacia normativa sia sui contratti preesistenti che sui futuri a meno che non siano previste condizioni più favorevoli verso lavoratori. ORGANIZZAZIONE SINDACALE E CONTRATTI COLLETTIVI NELLA LEGISLAZIONE VIGENTE: Nel 1944 fu soppresso l‟ordinamento corporativo e i sindacati fascisti. Il nuovo quadro giuridico venne creato dall‟assemblea costituente del 1946 che si trovò di fronte la precostituita CGIL. Infatti, dopo l‟armistizio del 1943 si svolsero in clandestinità le trattative tra sindacati di partiti antifascisti per costituire la confederazione generale italiana del lavoro CGIL che si conclusero nel 1944 con la dichiarazione dell‟unità sindacale cui aderirono lavoratori di categorie diverse. La costituzione (art.39) infine recitò che l‟organizzazione sindacale è libera indicando ai sindacati non possono essere imposti obblighi dal governo se non quello di essere registrati in uffici secondo i modi stabiliti dalla legge a condizione che sanciscano un regolamento interno democratico. Per ciò che riguarda l‟efficacia dei contratti erga omnes veniva proposta una rappresentanza di tutti i sindacati registrati in proporzione al numero di iscritti e fu stabilito il principio proporzionale (il contratto poteva essere stipulato solo dalla rappresentanza unitaria ove tutti erano rappresentati). LA MANCATA ATTUAZIONE DELL’ART. 39, RAGIONI E CONSEGUENZE: I contrasti tra le forze politiche hanno reso inapplicati alcuni commi dell‟art.39 a causa del modello aderente la CGIL unitaria che portò alla rottura del patto tra i partiti. Da una parte era schierata la CGIL (comunista) dall‟altra la CISL (che affermava la natura privatistica del sindacato e l‟autonomia dallo stato) e infine la UIL (che era sfavorevole a ogni forma di controllo numerico del sindacato). La CGIL era favorevole al controllo numerico perché avrebbe resistito all‟emarginazione che subiva nelle fabbriche che favorivano la CISL. L‟art.39 non trovò attuazione anche per il complesso meccanismo di registrazione e proporzione in quanto le procedure devono essere previste da una legge che se non viene emanata non può essere applicata. I sindacati erano comunque d‟accordo sul dare efficacia erga omnes ai contratti collettivi al fine di garantire trattamenti minimi inderogabili ai lavoratori tuttavia emergevano contrasti su quali contratti andavano dotati di efficacia e verso chi. Ciò determinò la sostituzione del sistema dell‟art.39 con la privatizzazione del diritto sindacale.

CAPITOLO 1 – L’ORGANIZZAZIONE SINDACALE

LIBERTA’ SINDACALE, SIGNIFICATO, ESTENSIONE, LIMITI: L‟art.39 recita che l‟organizzazione sindacale è libera quindi non serve una norma attuativa. È prevista dalla costituzione la libertà di associazione, ciò implica che l‟associazione per fini sindacali è lecita e illimitata. Tuttavia l‟art.39 si riferisce a libertà di organizzazione e la questione è controversa in quanto alcune rappresentanze di natura sindacale non hanno struttura associativa. È definita come sindacale ogni attività diretta all‟autotutela degli interessi connessi al lavoro e presuppone un‟aggregazione di soggetti (organizzazione necessaria o coalizione). Per libertà sindacale si intende l‟indipendenza da poteri pubblici e privati e la libertà di agire. Ciò implica un diritto

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individuale in quanto ognuno deve coalizzarsi per tutelare i propri interessi e partecipare per realizzarli; e un diritto collettivo per la libertà di agire.

- Libertà sindacale negativa: E‟ controversa la questione se la libertà sindacale individuale abbia oltre il contenuto positivo (diritto di aderire) il contenuto negativo (diritto di non aderire). La libertà sindacale negativa è sancita dallo statuto dei lavoratori che prevede la nullità di ogni atto discriminante diretto a subordinare l‟occupazione di un lavoratore alla condizione di adesione a sindacato. È nulla la clausola union security (obbligo dei lavoratori ad affiliarsi o meno a un sindacato ai fini di assunzione o mantenimento del posto o carriera). Vige la volontarietà di adesione e il pluralismo sindacale.

- Il fine sindacale e i sindacati di comodo: E‟ vietato ai datori di costituire o sostenere con qualsiasi mezzo sindacati di lavoratori. È vietato agli imprenditori di crearsi tramite illecito sostegno un interlocutore sindacale di comodo (sindacato giallo). È sindacale un‟organizzazione atteggiata antagonisticamente nei confronti della contro parte (tutela tramite contratti gli interessi). Vi è il divieto di sindacati misti datori/lavoratori. Tali divieti danno attuazione all‟esercizio di libertà sindacale in quanto evitano che esso sia ostacolato da altri soggetti. La violazione del divieto non implica lo scioglimento del sindacato in quanto la libertà di associazione è a tutela, ma tale sindacato non può agire come tale.

- L‟estensione della libertà sindacale: Ai datori è garantita la libertà sindacale ma non l‟azione sindacale (no diritto di serrata per eguaglianza sostanziale). Si prevedono eguali diritti di negoziazione collettiva e di ricorso ad azioni collettivi per la difesa dei propri interessi. Ai lavoratori autonomi (dipendenti dal committente, parasubordinati, co.co.co e co.co.progetto) è riconosciuta la libertà sindacale. Ai pubblici dipendenti a seguito della privatizzazione del pubblico impiego è riconosciuta la libertà e attività sindacale.

- Limiti legali alla libertà sindacale, militari e polizia: I militari in carriera non possono costituire o aderire ad associazioni sindacali e non possono fare sciopero. I militari di leva prima che fosse abolita potevano iscriversi a sindacati ma non potevano svolgere attività durante il servizio. La polizia può costituire o aderire a sindacati ma tali sindacati devono essere composti solo da poliziotti e non possono aderire a sindacati di altre categorie, resta vietato lo sciopero.

ORGANIZZAZIONI DEI LAVORATORI: Il pluralismo sindacale determina la presenza e la concorrenza di più sindacati ai quali aderiscono liberamente i lavoratori di una categoria. I maggiori sindacati sono CISL, CIGIL, UIL e hanno struttura organizzata orizzontalmente (intercategoriale) o verticalmente (di categoria). L‟organizzazione orizzontale si articola su strutture territoriali provinciali, struttura regionale (federazioni, confluiscono le territoriali) e struttura nazionale (confederazione, confluiscono federazioni). L‟organizzazione verticale è organizzata tramite la struttura a livello del luogo di lavoro, la struttura territoriale, regionale e nazionale (federazione). Il pluralismo sindacale si manifesta sia nella pluralità di sigle sia nella pluralità di modelli organizzativi in base all‟interesse settoriale tutelato (sindacati autonomi non confederati che poi si sono riuniti in organizzazioni confederali come CISAL, CONFSAL, CISAS, UGL). Nell‟UE opera la Confederazione Europea dei Sindacati cui aderiscono le confederazioni nazionali. Esiste anche la CISL internazionale cui aderirono subito CISL e UIL e poi CIGL. ORGANIZZAZIONI DEI DATORI: Le divisioni sindacali si basano sul piano settoriale, le strutture orizzontali hanno ampie funzioni (Confindustria, Confapi, Confcommercio, Confesercenti, Confagricoltura, Coldiretti, Confcoltivatori). Le imprese di servizi pubblici locali fanno capo alla Confservizi cui aderiscono le federazioni di categoria. Anche le coop e gli artigiani svolgono funzioni sindacali. A Confindustria sono associate anche imprese private o privatizzate del terziario ed è organizzata orizzontalmente (associazioni provinciali raggruppate in confindustrie regionali raggruppate in federazioni). La Confederazione è la struttura orizzontale di vertice in cui confluiscono anche le strutture verticali nazionali. Nell‟organizzazione degli imprenditori industriali hanno ruolo rilevante le Associazioni industriali (assistenza, applicazione cc, controversie) e Confederazione (responsabilità di scelte politiche per relazioni). In UE gli imprenditori sono organizzati nella UNICE che unisce le confederazioni, mentre i datori pubblici nel CEEP.

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LE ASSOCIAZIONI SINDACALI, NATURA GIURIDICA: Il sindacato ha struttura di associazione ma non sempre e ciò non è necessario in quanto l‟art.39 non è applicabile e quindi i sindacati non possono chiedere la registrazione assumendo personalità giuridica. Dal diritto comune emerge che i sindacati organizzati in forma associativa hanno soggettività giuridica delle associazioni non riconosciute. L‟ordinamento e l‟amministrazione dell‟associazione sono regolati dagli accordi degli associati ed essa può stare in giudizio nella persona del presidente/direttore. È previsto un fondo comune costituito con i contributi degli associati che permane fino allo scioglimento e non può essere diviso, con cui l‟associazione risponde delle obbligazioni salva la responsabilità personale e solidale di chi ha agito in nome e per conto dell‟associazione (autonomia patrimoniale imperfetta). Il sindacato non deve essere conforme a presunte categorie naturali o fissate da leggi. La categoria sindacale è il gruppo che l‟associazione rappresenta e del quale persegue interesse ciò determina che venga considerata categoria da un sindacato quella che non è considerata tale da un altro e che per uno costituisca autonoma categoria ciò che per l‟altro è solo parte di una categoria. La categoria contrattuale è il ramo di applicazione del contratto collettivo. LA RAPPRESENTANZA SINDACALE: Coloro che hanno rappresentanza dell‟associazione non riconosciuta hanno rappresentanza volontaria (volontà viene formata ed espressa da un soggetto diverso da quello cui sono imputabili gli effetti). L‟adesione al sindacato è considerata costitutiva del potere dell‟associazione di rappresentare nella negoziazione l‟interesse degli associati e di imputare loro gli effetti dei negozi. L‟interesse collettivo è diverso da quello individuale, è privato (solo dei volontari) ed è la somma degli interessi singoli. Il potere negoziale è considerato proprio del sindacato non fondato sul mandato degli scritti, l‟interesse collettivo è proprio del sindacato (mediazione fra interessi diversi) e la rappresentanza non è concepita come strettamente associativa ma generale (estesa al di fuori degli iscritti) quindi non si fa più riferimento alla rappresentanza volontaria ma a quella politica (rappresentatività). LA RAPPRESENTATIVITA’ SINDACALE: E‟ rappresentativo il sindacato capace di dare effettiva tutela agli interessi collettivi che rappresenta. La rappresentatività (maggior rappresentanza) diventa un concetto giuridico quando l‟ordinamento affida ad essa al funzione di selezionare e qualificare i soggetti collettivi. Le rappresentanze sindacali vanno costituite nell‟ambito di associazioni aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale. La confederazione era capace di compensare egoismi di settore. La scelta della confederazione si basava sull‟effettività della capacità rappresentativa e non sulla quantità di iscritti (no monocategorie). Attualmente si usa il criterio di selezione dei sindacata comparativamente più rappresentativi. Ai contratti collettivi stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi è affidata la funzione di integrare o modificare la legge e non di scegliere quale contratto applicare. La rappresentatività deve essere misurabile mediante il calcolo del peso effettivo di rappresentanza: sarà rappresentativo il sindacato che effettivamente rappresenta una quantità consistente di interessati e maggiormente rappresentativo quello che effettivamente rappresenta la maggioranza degli interessati (ci si riferisce di nuovo alla rappresentanza volontaria e al reperimento del consenso al di fuori degli iscritti). I criteri di peso non sono stati stabiliti dalla legge ma le organizzazioni sindacali hanno stipulato un accordo vincolante solo chi lo ha sottoscritto e si basa sulla ponderazione del n° iscritti e del n° voti raccolti nelle elezioni delle rappresentanze sindacali. Nel 2011 è stata introdotta una legge che garantisce l‟efficacia generale ad accordi aziendali che derogano in peggio i contratti collettivi. ORGANIZZAZIONE SINDACALE NEI LUOGHI DI LAVORO: Lo statuto dei lavoratori ha previsto il diritto di costituire proprie rappresentanze aziendali RSA nei luoghi di lavoro. Lo statuto garantisce a tutti i lavoratori di costituire associazioni sindacali, di aderirvi e di svolgere attività nei luoghi di lavoro al fine di garantire il diritto alla libertà sindacale. Essi possono creare rappresentanze sindacali o nuovi sindacati aziendali. Lo statuto tutela tutte le forme di organizzazione e di aggregazione aziendale. Lo statuto delimita la costituzione delle RSA ad iniziativa dei lavoratori nell‟ambito delle associazioni aderenti le confederazioni maggiormente rappresentative, delle associazioni sindacali non affiliate ad esse firmatari di contratti applicati in

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azienda. Lo statuto assicura la libertà di associazione e di azione sindacale esprimendo la politica di favorire l‟ordinato svolgimento del conflitto sociale e comporta una selezione dei soggetti protetti fondata sulla loro effettiva rappresentatività. Le RSA possono essere costituite in ogni unità produttiva anche nell‟ambito di qualunque sindacato firmatario. Secondo la Corte lo statuto non determina una struttura delle RSA ma individua una categoria rappresentativa nella quale possono confluire diverse strutture associative e in ogni caso la RSA non è un organo del sindacato ma è dotato di autonoma soggettività giuridica. Il datore non può porre limiti o condizioni all‟iniziativa dei lavoratori. L‟iniziativa può essere presa da lavoratori iscritti e non al sindacato nel cui ambito è costituita la rappresentanza (iniziativa anche da un solo lavoratore). Le minoranze dissenzienti potrebbero costituire proprie RSA. LA RIFORMA DELLE RAPPRESENTANZE SINDACALI MEDIANTE REFERENDUM: Tramite referendum si è cancellato il privilegio accordato alle confederazioni e si è soppressa la qualificazione come nazionale/provinciale del contratto collettivo applicato nell‟unità produttiva. RSA possono essere costituite ad iniziativa dei lavoratori nell‟ambito di sindacati firmatari di contratti collettivi applicati nell‟unità produttiva. La sottoscrizione di un contratto collettivo anche solo aziendale abilita il sindacato ad essere ambito di riferimento per la costituzione di una RSA. I sindacati, per essere firmatari, devono aver preso attivamente parte alla trattativa contrattuale e il contratto deve regolare in modo organico i rapporti almeno per un settore importante della disciplina anche integrando a livello aziendale un contratto nazionale/provinciale già applicato all‟unità. È controversa la questione sul carattere del contratto che può essere normativo (regolare un rilevante numero di contratti individuali) o gestionale (crisi, mobilità, potere datore) in quanto esprime la capacità negoziale del sindacato. E‟ esclusa la possibilità che il datore che non si iscrive a sindacati e non applica alcun contratto collettivo, impedisca che i suoi dipendenti possano costituire RSA. RAPPRESENTANZE SINDACALI UNITARIE RSU: La disciplina contrattuale è contenuta in un accordo stipulato tra governo e confederazioni e prevede una struttura sindacale aziendale unitaria RSU a composizione mista (elettiva/associativa) i cui 2/3 dei componenti sono eletti a suffragio dei lavoratori dell‟unità (+15 dipendenti) iscritti o meno ai sindacati che possono presentare liste; 1/3 è eletto dai sindacati firmatari del contratto. Le due componenti si ricompongono in unico collegio con principio maggioritario. Le liste elettorali possono essere presentate dai sindacati aderenti alle confederazioni firmatarie l‟accordo o che vi hanno aderito, dai sindacati firmatari il contratto collettivo, dalle associazioni che abbiano atto costitutivo e statuto accettando la disciplina RSU e cui aderiscono il 5% dei votanti. L‟iniziativa di costituzione RSU è assunta dalle associazioni autorizzate alle liste o dalla RSU tre mesi prima che scada il mandato. Le RSU durano 3 anni poi decadono. Nelle RSU confluiscono le funzioni di rappresentanza degli elettori e quelle sindacali (organismo rappresentativo della generalità dei lavoratori). I sindacati firmatari dell‟accordo interconfederale o ad esso aderenti rinunciano a costituire RSA. I componenti RSU subentrano ai dirigenti delle RSA nella titolarità di diritti, permessi, libertà sindacale e tutele, nei poteri e funzioni. I poteri dei dirigenti RSA restano propri della persona del sindacalista e non della RSU. La RSU può stipulare il contratto aziendale congiuntamente ai sindacati firmatari del contratto collettivo nazionale. Vi sono due problemi, il primo riguarda la coesistenza RSU/RSA che può porsi nel caso di sindacati non firmatari di contratto collettivo e accordo interconfederale siano firmatari del contratto aziendale ai quali è consentito di essere ambito di costituzione di una RSA. Il secondo deriva dal fatto che nelle imprese non aderenti le organizzazioni stipulanti l‟accordo interconfederale i lavoratori possono costituire RSA ma non RSU (prevale l‟idea che non possono fare né RSA né RSU).

CAPITOLO 2 – IL CONTRATTO COLLETTIVO

IL CONTRATTO COLLETTIVO DI DIRITTO COMUNE: I contratti collettivi sono di diritto comune in quanto la loro disciplina in mancanza di una legge specifica va rinvenuta nel diritto privato e nel codice (contratti). Il contratto regola i rapporti in corso o futuri in virtù del potere di rappresentanza

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volontaria che conferiscono alle parti collettive all‟iscrizione ai sindacati. In mancanza di disposizioni vige il principio della libertà di forma. L‟interpretazione del contratto va fatta secondo i criteri dettati dal codice in materia, privilegiando il senso letterale per individuare la volontà delle parti, tuttavia è ammesse l‟interpretazione per criteri oggettivi secondo cui le clausole si interpretano le une per mezzo delle altre attribuendo il senso del complesso. È escluso il ricorso all‟analogia. È ammesso il ricorso in Cassazione per violazione e falsa applicazione del contratto nonché la risoluzione in via pregiudiziale delle questioni concernenti l‟efficacia, la validità e l‟interpretazione. LA STRUTTURA DEL CONTRATTO COLLETTIVO, PARTE OBBLIGATORIA E NORMATIVA: La funzione del contratto è quella di regolare in modo uniforme il contenuto dei contratti individuali dettando regole relative allo svolgimento dei rapporti come la retribuzione, l‟orario, le ferie e le feste, la classificazione, la disciplina. Le clausole contenenti tali regole costituiscono la parte normativa (parte cui sono destinatari datori e lavoratori e per i quali il contratto è una fonte di disciplina del rapporto). La parte obbligatoria riguarda clausole dirette a non creare diritti/obblighi delle parti individuali ma ad instaurare rapporti obbligatori tra sindacati stipulanti che regolano i rapporti con le parti sindacali (tregua sindacale, raffreddamento conflitto, informazione sindacale, organismi per controversie). Quando una clausola è ricondotta alla parte obbligatoria la violazione ha rilevanza solo tra i soggetti stipulanti e non individuali a meno che non si tratti di condotta antisindacale (violazione del datore all‟informazione). EFFICACIA SOGGETTIVA DEL CONTRATTO COLLETTIVO: Solo il datore iscritto al sindacato stipulante è tenuto all‟applicazione del contratto verso i soli lavoratori iscritti al rispettivo sindacato stipulante. Se il datore recede dal sindacato è liberato dall‟obbligo di applicare i contratti successivamente al recesso ma resta obbligato per i contratti precedenti fino a scadenza. L‟efficacia soggettiva (cerchia di destinatari) è dunque limitata. ESTENSIONE ERGA OMNES, LEGGE VIGORELLI: La legge delega Vigorelli consentì l‟estensione erga omnes dei contratti in attesa della legge di attuazione dell‟art.39 al fine di risolvere l‟efficacia soggettiva limitata assicurando a tutti gli appartenenti a una categoria trattamenti economico-normativi minimi. Veniva emanato un decreto per ogni contratto che poi andava depositato presso il ministero del lavoro che lo pubblicava in un bollettino. Tutti i datori appartenenti a una categoria di cui era stato emanato il decreto dovevano applicare il contratto a tutti i lavoratori. Il testo del contratto andava recepito nella sua interezza e per clausole illegittime si pronunciava il giudice. Il criterio di successione nel tempo dei contratti indica che prevale il contratto più favorevole. Il contratto esteso con decreto si sostituisce immediatamente a quelli in essere a meno che esso non abbia trattamenti più favorevoli. Il contratto conserva efficacia oltre scadenza (ultrattivo) e fin quando non è sostituito da altro erga omnes. I datori affiliati a sindacati che avevano stipulato nuovi contratti in quanto obbligati da vincolo associativo potevano sostituire i trattamenti economico/normativo previsti dal contratto erga omnes con quelli del nuovo contratto se più favorevoli. Il raffronto tra condizione avviene talvolta con riferimento all‟insieme delle clausole e talvolta alla complessiva disciplina di ciascun istituto (interessi, conglobamento) che consente l‟applicazione integrale della disciplina dell‟istituto più favorevole evitando il cumulo di clausole più favorevoli. Scaduti i termini previsti dalla legge Vigorelli e impedita una legge proroga ne conseguì che i contratti collettivi stipulati prima di tale legge estesi erga omnes e i nuovi contratti collettivi tornavano a essere ad efficacia soggettiva limitata. ESTENSIONE DEL CONTRATTO AL DATORE NON ISCRITTO: Sono stati previsti criteri interpretativi che consentono di applicare il contratto collettivo anche al di fuori della cerchia degli iscritti. Se le parti individuali al fine di determinare il contenuto del contratto hanno fatto esplicito rinvio al contratto collettivo esso è recepito e il datore non può liberarsi da tale obbligo perché esso ha fonte nel contratto individuale a meno che non c‟è il consenso del lavoratore. La recezione può essere implicita se si applicano i contratti collettivi o numerose clausole di essi nel contratto individuale. La recezione riguarda uno specifico contratto collettivo e non quelli successivi.

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ESTENSIONE DEL CONTRATTO COLLETTIVO AI LAVORATORI NON ISCRITTI: Il datore iscritto a un sindacato firmatario del contratto collettivo è tenuto ad applicarlo a tutti i suoi dipendenti indipendentemente dall‟iscrizione degli stessi ad altri sindacati stipulanti. La ragione deriva dal fatto che con l‟adesione al sindacato, il datore conferisce ad esso il potere di rappresentarlo e impegnarlo inoltre, evita una doppia contabilità e non incentiva iscrizioni a sindacati stipulanti e non viola il divieto di discriminazione. Ultimamente si sono stipulati contratti collettivi separati (sottoscritti solo da alcuni dei sindacati che hanno partecipato alle trattative e che rifiutano il nuovo accordo collettivo anche se hanno sottoscritto il vecchio). Tale questione è stata risolta dalla garanzia che i contratti collettivi siano stipulati da sindacati che rappresentano la maggioranza dei destinatari collegando alla rappresentatività maggioritaria l‟efficacia del contratto. APPLICAZIONE INDIRETTA ADEL CONTRATTO: Il riferimento costituzionale alla sufficienza e proporzionalità della retribuzione in relazione a quantità e qualità di lavoro prestato consente un‟indiretta applicazione dei contratti collettivi limitatamente alla parte salariale. Il giudice che ritiene che la retribuzione individuale sia inferiore a quella collettiva non applicata e contraria al principio costituzionale, dichiara nulla la clausola individuale. Il contratto collettivo è un parametro di riferimento di retribuzione anche per chi non aderisce ai sindacati ma non è erga omnes in quanto il giudice può tenere conto di diversi fattori per giustificare una retribuzione inferiore ai minimi salariali collettivi. AMBITO DI APPLICAZIONE DEL CONTRATTO COLLETTIVO: Ai fini applicativi del contratto l‟appartenenza alla categoria si determinava in base all‟attività esercitata dall‟imprenditore (se più attività, più contratti a condizione che sia iscritto ai vari sindacati). Tuttavia, tale disposizione è esclusa dalla dottrina perché in contrasto con l‟art.39. Per datori che aderiscono a sindacati o contratti di altra categoria è valido il contratto applicato in quanto la mera corrispondenza tra l‟attività e la categoria non è sufficiente perché sorga l‟obbligo di applicare il contratto di categoria (può essere termine di riferimento per retribuzione). Per datori che sono iscritti e applicano contratti di categoria ma esso non corrisponde all‟attività effettiva il contratto è comunque valido. Il datore non iscritto non è tenuto all‟applicazione. La corrispondenza tra attività e contratto ha ambito residuale consentendogli in alcuni casi di individuare lo specifico contratto applicabile, ed è riconosciuta la funzione di individuare il contratto di categoria che indica la retribuzione (clausola sociale mediante cui l‟imprenditore per usufruire di benefici statali si obbliga a garantire trattamenti non inferiori ai collettivi). FUNZIONE NORMATIVA E INDEROGABILITA’ DEL CONTRATTO: Il contratto collettivo è disciplina giuridica comune di tutti i rapporti individuali tra datori e lavoratori della categoria cui si applica, i singoli sono obbligati a uniformare il contenuto individuale a quello collettivo, le clausole difformi sono sostituite con quelle collettive, è efficace sia nei contratti preesistenti che in quelli futuri modificando il contenuto individuale, fanno eccezione solo le clausole più favorevoli ai lavoratori modificabili solo consensualmente. Tali disposizioni indicano l‟inderogabilità del contratto. Fu sancita l‟invalidità delle rinunce e delle transazioni del lavoratore su diritti derivanti da norme inderogabili della legge e dei contratti collettivi. È controversa la questione se il contratto collettivo sia una fonte eteronoma (disciplina individuale indipendentemente dalla volontà delle parti) ma in linea di principio l‟individuale deve adeguarsi al collettivo. L‟incorporazione del contratto collettivo in quello individuale avviene quando le parti non obbligate all‟applicazione del collettivo volontariamente ne recepiscono le clausole DEROGABILITA’ IN MELIUS DEL CONTRATTO: L‟inderogabilità del collettivo fa eccezione per le sole clausole individuali più favorevoli che trovano fonte nel contratto individuale e possono essere modificate solo consensualmente (autonomia delle parti). EFFICACIA NEL TEMPO DEL CONTRATTO: I contratti hanno scadenza anche per evitare perpetuità dei vincoli obbligatori (che non potrebbero essere perpetui anche senza scadenza). La durata è rimessa alla volontà delle parti e prevedono proroga o rinnovo tacito di anno in anno evitabili mediante disdetta con preavviso di tre mesi. In caso di disdetta il contratto scade al

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termine dei 3 mesi cessando di produrre effetti a meno che nono preveda espressamente una clausola di ultrattività secondo cui il contratto scaduto resta in vigore fino al nuovo contratto. Ai contratti divenuti inapplicabili si applicano le altre discipline vigenti. La disciplina del contratto individuale segue le vicende della sua fonte. Il venir meno del contratto e della retribuzione non è ostacolato dal principio di irriducibilità della stessa potendo pattuire retribuzioni inferiori nel periodo di vacanza contrattuale senza prescindere dal principio di parità di trattamento. I trattamenti più favorevoli (superminimi) che trovano fonte nel contratto individuale sopravvivono alla scadenza del collettivo.

CAPITOLO 3 – SISTEMA CONTRATTUALE E CONTRATTAZIONE

IL SISTEMA CONTRATTUALE: Il contratto collettivo può avere un ambito di applicazione (livello) diverso a seconda che sia nazionale o aziendale e ha una durata determinata o determinabile che determinerà la sostituzione con uno nuovo. Nella stessa azienda possono essere applicati contratti di diverso livello. Il sistema contrattuale è la disciplina delle dinamiche contrattuali e dei rapporti tra livelli. A partire dalla soppressione dell‟ordinamento corporativo le grandi confederazioni sindacali hanno rappresentato gli interessi dei lavoratori e la capacità interlocutoria con i governi. Dagli anni ‟60 i contratti collettivi riconobbero la contrattazione articolata segnando il passaggio a un sistema coordinato su più livelli. Nel periodo delle lotte sindacali la contrattazione aziendale divenne trainante in industria raggiungendo il massimo decentramento. Con la crisi economica degli anni ‟70 si centralizzo nuovamente la contrattazione collettiva ridimensionando quella aziendale e presero il via le prime negoziazioni triangolari di politica economica e sociale tra governo, Confindustria e CGIL, CISL, UIL. Dagli anni ‟80 si ebbe una ripresa della contrattazione collettiva a tutti i livelli e negli anni ‟90 una ripresa della concertazione sociale. La necessità di soddisfare criteri UE creò le condizioni per il rientro dei pubblici poteri. Nel 1992 vi fu un accordo che abolì la scala mobile (adeguamento retribuzioni a inflazione tramite indennità). Nel 1993 il Protocollo ha previsto un sistema contrattuale articolato su due livello ossia sul contratto nazionale (4 anni per la parte normativa e 2 per quella salariale) e sul contratto aziendale (4anni). I livelli contrattuali hanno competenze diverse e non sono sovrapponibili (i nazionali definiscono effetti economici inflazionistici, gli aziendali definiscono effetti economici produttivi) basata sul sistema di clausole di rinvio (dal nazionale all‟aziendale) mentre è riservata al livello aziendale la gestione di vicende interne. La coerenza tra i due livelli è affidata alla disciplina delle RSU e ai negozi tra queste e i sindacati stipulanti il contratto. Nel 2009 il sistema del protocollo fu sostituito con l‟accordo quadro AQ (CGIL non ha firmato) che ha confermato il modello dei 2 livelli ma il contratto nazionale durava 3 anni (per parte normativa ed economica abrogandone la distinzione, riguarda trattamenti comuni) e viene ridotta e unificata la durata a 3 anni per l‟intero contratto; il contratto aziendale durava 3 anni (riguarda deleghe del contratto nazionale e materie non negoziate in altri livelli). Sono introdotte le clausole di uscita ossia accordi aziendali derogatori che modificano i singoli istituti disciplinati dal nazionale, sulla base di parametri oggettivi nazionali approvati dalle parti stipulanti i contratti nazionali. Nel 2011 sono state introdotte nuove regole che superano la logica separatista, il nuovo accordo unitario non disciplina tutte le materie precedenti le quelli sono considerate vigenti purché non contestate dalla confederazione che non aveva sottoscritto gli accordi 2009. Si è ribadito il ruolo centrale del contratto nazionale come garante dei trattamenti comuni e si è condiviso l‟obiettivo di diffondere la contrattazione di secondo livello per le materie delegate dal nazionale. Per il contratto nazionale si è fissata la soglia minima di rappresentatività sindacale (consenso cui il sindacato gode ponderato tra n° iscritti e voti ottenuti) non inferiore al 5% al fine di poter contrattare. Solo nell‟intesa CGIL, CISL, UIL allegata all‟accordo è previsto che le federazioni indicano una sorta di referendum sul consenso al contratto prima di sottoscriverlo. DINAMICHE CONTRATTUALI: Le dinamiche contrattuali trovano disciplina nel Protocollo in materia di rinnovo (3 mesi prima della scadenza trattative per il rinnovo, se si protraggono oltre è prevista l‟indennità di vacanza contrattuale che comporta l‟aumento della retribuzione del 30% dell‟inflazione e 50% oltre 6 mesi). Nel 2009 l‟indennità di vacanza è stata soppressa.

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SOSTITUZIONE DEL NUOVO CONTRATTO A QUELLO SCADUTO: Quando al contratto scaduto fa seguito il rinnovo succede la nuova disciplina alla precedente. In caso di successione tra contratti di stesso livello le clausole del nuovo si sostituiscono in toto alle vecchie anche se peggiori. Le disposizioni dei collettivi non si incorporano nel contenuto degli individuali dando luogo a diritti sottratti al potere sindacale ma operano dall‟esterno sui rapporti come fonte eteronoma concorrente a quella individuale. Pertanto nella successione fra collettivi le disposizioni non vanno conservate secondo il criterio del trattamento più favorevole che riguarda il rapporto collettivo/individuale a meno che non sia previsto da apposita clausola. La sostituzione del vecchio non può incidere sui diritti quesiti dai lavoratori dal contratto vecchio che siano entrati a far parte del patrimonio (maggiorazione). CONTRATTO COLLETTIVO AZIENDALE: La contrattazione aziendale fece la sua comparsa nel ‟60 dopo che quella collettiva aveva introdotto l‟articolazione contrattuale prevedendo il livello aziendale con funzione integrativa e applicativa del nazionale. La disciplina della contrattazione aziendale era stata introdotta con il Protocollo e nuove regole erano state introdotte nel 2009 e nel 2011. Tali regole avevano ad oggetto la competenza, la durata, il rinnovo, clausole di uscita ma vi sono molte questioni scoperte.

- soggetti stipulanti: Da parte del datore il soggetto stipulante è lui stesso che opera per conto proprio o tramite l‟associazione ma comunque assume in proprio le obbligazione. Da parte del lavoratore l‟agente contrattuale è la RSU ma è concorrente con quella dei firmatari il contratto nazionale, tuttavia dal 2011 i contratti aziendali per le parti economiche/normative sono efficace per tutto il personale e vincolano tutti i sindacati firmatari dell‟accorto Interconfederale operanti in azienda se approvati da maggioranza dei componenti delle rappresentanze sindacali. Da ciò ne deriva che la competenza RSU sia esclusiva tuttavia bisogna considerare i casi in cui vi siano anche RSA o non vi sia proprio la RSU

- Efficacia soggettiva: Quando il contratto aziendale è stipulato dalla RSU come unica interlocutrice del datore e rappresentante dei lavoratori su base elettiva si ritiene che il contratto ha efficacia generale su tutti i lavoratori. Tuttavia all‟interno della RSU sono presenti una minoranza e una maggioranza ove capitano conflitti interni. Per ovviare al problema si è stabilito che i contratti aziendali per le parti economiche/normative sono efficaci per tutto il personale e vincolano i sindacati firmatari l‟accordo 2011 operanti in azienda se approvati da maggioranza. Il principio di maggioranza non è compensato dal meccanismo referendario sul consenso dei lavoratori interessati. Quando il contratto è stipulato dalle RSA sorge il problema di quali RSA non siedono al tavolo di contrattazione e su quali lavoratori ricada l‟efficacia. In caso di presenza di RSA i contratti collettivi esplicano pari efficacia verso tutti i lavoratori e approvati dalle RSA costituite nell‟ambito di sindacati che risultino destinatari della maggioranza delle deleghe relative ai contributi sindacali conferite dai lavoratori aziendali nell‟anno precedente la stipulazione. I contratti approvati dalle RSA vanno sottoposti al voto dei lavoratori promosso dai sindacati a seguito di una richiesta entro 10 giorni dalla conclusione da un sindacato firmatario l‟accordo 2011 o dal 30% dei lavoratori aziendali. La consultazione è valida se partecipa il 50%+1 degli aventi diritto al voto, l‟intesa è respinta con il voto della maggioranza semplice dei votanti.

- Efficacia nel tempo: Per i contratti aziendali privi di scadenza è previsto il recesso unilaterale con preavviso in base al principio della non perpetuità che legittima l‟estinzione del rapporto, e in base al principio della buona fede nell‟esecuzione del contratto. È controversa la questione della sopravvivenza del contratto aziendale alla sopravvenienza di quello nazionale che viene risolta da clausole di inscindibilità (le disposizioni del contratto sono correlative e inscindibili tra loro e non commutabili con altre) di dubbia legittimità. L‟abrogazione dell‟aziendale per sopravvenienza del nazionale si verifica se le parti vogliono sostituire tutte le discipline e se tra i due contratti esista un rapporto di sistema (norme vincolanti sulle competenze, contratti di diverso livello conclusi tra soggetti collegati).

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RAPPORTI TRA CONTRATTI DI DIVERSO LIVELLO: I rapporti tra contratto aziendale e aziendale sono dubbi quando quello aziendale deroga in peggio quello nazionale applicato in impresa. La deroga in meglio non crea problemi a meno che il nazionale non preveda inderogabilità. La giurisprudenza ritiene che la deroga in peggio è legittima entro certi limiti e con certi requisiti (contratti ablativi per situazioni di crisi in deroga al trattamento più favorevole). Era stato preso in considerazione il criterio cronologico fermo restando la pari dignità tra contratto aziendale e nazionale, criterio abbandonato perché dovrebbe trattarsi della stessa fonte. Si ritiene che il problema possa essere risolto con il criterio della competenza se la deroga ha oggetto una materia di cui l‟aziendale è ritenuto competente. Le parti sociali sono favorevoli a liberare la contrattazione aziendale dal vincolo del rispetto del contratto nazionale. A tal fine l‟accordo 2011 ha previsto la clausola d‟uscita (deroghe in peggio): è prevista la possibilità che siano stipulati contratti aziendali derogatori nei limiti e con procedure previste dal nazionale considerando la situazione transitoria e il caso in cui il contratto nazionale non disponga in materia (in entrambi i casi il contratto aziendale derogatorio va stipulato congiuntamente tra RSU o RSA e sindacati aderenti le confederazioni firmatarie l‟accordo 2011, il contratto dovrà trovare consenso nelle rappresentanze aziendali e nei sindacati). Il legislatore nel 2011 ha formato una legge non gradita secondo cui i contratti collettivi aziendali possono realizzare specifiche intese con efficacia verso tutti i lavoratori a condizione di essere sottoscritte sulla base di un criterio maggioritario delle rappresentanze sindacali che lo hanno sottoscritto, finalizzate a maggiore occupazione, qualità, partecipazione, lavoro nero, competitività, salari, crisi, investimenti e nuove attività. Ha attribuito quindi la possibilità di derogare erga omnes al contratto nazionale e a leggi in materia di lavoro.