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1 di 100 LIBRO SESTO DELLA TUTELA DEI DIRITTI TITOLO I Della trascrizione Capo I Della trascrizione degli atti relativi ai beni immobili 2643. Atti soggetti a trascrizione. Si devono rendere pubblici [preleggi 26; c.c. 1403] col mezzo della trascrizione [c.c. 2652, n. 5, 2655, 2657, 2658, 2679, n. 1, 2858, 2880, 2914, n. 1; c.n. 250, 865]: 1) i contratti che trasferiscono la proprietà di beni immobili [c.c. 769, 812, 1159, 1197, 1250, 1470, 2825, 2914; c.n. 1, 10 ]; 2) i contratti che costituiscono, trasferiscono o modificano il diritto di usufrutto [c.c. 978] su beni immobili, il diritto di superficie [c.c. 952], i diritti del concedente e dell'enfiteuta [c.c. 959, 960, 965, 980, 1350, nn. 2 e 3]; 2-bis) i contratti che trasferiscono, costituiscono o modificano i diritti edificatori comunque denominati, previsti da normative statali o regionali, ovvero da strumenti di pianificazione territoriale (1) ; 3) i contratti che costituiscono la comunione dei diritti menzionati nei numeri precedenti [c.c. 1100]; 4) i contratti che costituiscono o modificano servitù prediali [c.c. 1027, 1032, 1058], il diritto di uso [c.c. 1021] sopra beni immobili, il diritto di abitazione [c.c. 1022, 1350, n. 4]; 5) gli atti tra vivi di rinunzia ai diritti menzionati nei numeri precedenti [c.c. 507, 509, 550, 1070, 1350, n. 5]; 6) i provvedimenti con i quali nell'esecuzione forzata si trasferiscono la proprietà di beni immobili o altri diritti reali immobiliari [c.c. 2919; c.p.c. 555, 586], eccettuato il caso di vendita seguita nel processo di liberazione degli immobili dalle ipoteche a favore del terzo acquirente [c.c. 2853, 2889, 2896; c.p.c. 574, 590]; 7) gli atti e le sentenze di affrancazione del fondo enfiteutico [c.c. 971, 1350, n. 6]; 8) i contratti di locazione di beni immobili che hanno durata superiore a nove anni [c.c. 320, 1350, n. 8, 1572, 1573, 1599, 1607, 2923] (2) ; 9) gli atti e le sentenze da cui risulta liberazione o cessione di pigioni o di fitti non ancora scaduti, per un termine maggiore di tre anni [c.c. 1605, 2918, 2924]; 10) i contratti di società [c.c. 2247, 2291, 2313, 2328, n. 6, 2426, 2475, n. 5, 2518] e di associazione [c.c. 2549] con i quali si conferisce il godimento di beni immobili o di altri diritti reali immobiliari, quando la durata della società o dell'associazione eccede i nove anni o è indeterminata [c.c. 1350, n. 9, 2251]; 11) gli atti di costituzione dei consorzi che hanno l'effetto indicato dal numero precedente [c.c. 862, 2602];

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LIBRO SESTO

DELLA TUTELA DEI DIRITTI

TITOLO I

Della trascrizione

Capo I

Della trascrizione degli atti relativi ai beni immobili

2643. Atti soggetti a trascrizione.

Si devono rendere pubblici [preleggi 26; c.c. 1403] col mezzo della trascrizione [c.c. 2652, n. 5, 2655, 2657, 2658, 2679, n. 1, 2858, 2880, 2914, n. 1; c.n. 250, 865]:

1) i contratti che trasferiscono la proprietà di beni immobili [c.c. 769, 812, 1159, 1197, 1250, 1470, 2825, 2914; c.n. 1, 10 ];

2) i contratti che costituiscono, trasferiscono o modificano il diritto di usufrutto [c.c. 978] su beni immobili, il diritto di superficie [c.c. 952], i diritti del concedente e dell'enfiteuta [c.c. 959, 960, 965, 980, 1350, nn. 2 e 3];

2-bis) i contratti che trasferiscono, costituiscono o modificano i diritti edificatori comunque denominati, previsti da normative statali o regionali, ovvero da strumenti di pianificazione territoriale (1);

3) i contratti che costituiscono la comunione dei diritti menzionati nei numeri precedenti [c.c. 1100];

4) i contratti che costituiscono o modificano servitù prediali [c.c. 1027, 1032, 1058], il diritto di uso [c.c. 1021] sopra beni immobili, il diritto di abitazione [c.c. 1022, 1350, n. 4];

5) gli atti tra vivi di rinunzia ai diritti menzionati nei numeri precedenti [c.c. 507, 509, 550, 1070, 1350, n. 5];

6) i provvedimenti con i quali nell'esecuzione forzata si trasferiscono la proprietà di beni immobili o altri diritti reali immobiliari [c.c. 2919; c.p.c. 555, 586], eccettuato il caso di vendita seguita nel processo di liberazione degli immobili dalle ipoteche a favore del terzo acquirente [c.c. 2853, 2889, 2896; c.p.c. 574, 590];

7) gli atti e le sentenze di affrancazione del fondo enfiteutico [c.c. 971, 1350, n. 6];

8) i contratti di locazione di beni immobili che hanno durata superiore a nove anni [c.c. 320, 1350, n. 8, 1572, 1573, 1599, 1607, 2923] (2);

9) gli atti e le sentenze da cui risulta liberazione o cessione di pigioni o di fitti non ancora scaduti, per un termine maggiore di tre anni [c.c. 1605, 2918, 2924];

10) i contratti di società [c.c. 2247, 2291, 2313, 2328, n. 6, 2426, 2475, n. 5, 2518] e di associazione [c.c. 2549] con i quali si conferisce il godimento di beni immobili o di altri diritti reali immobiliari, quando la durata della società o dell'associazione eccede i nove anni o è indeterminata [c.c. 1350, n. 9, 2251];

11) gli atti di costituzione dei consorzi che hanno l'effetto indicato dal numero precedente [c.c. 862, 2602];

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12) i contratti di anticresi [c.c. 1350, n. 7, 1960];

12-bis) gli accordi di mediazione che accertano l'usucapione con la sottoscrizione del processo verbale autenticata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato (3);

13) le transazioni che hanno per oggetto controversie sui diritti menzionati nei numeri precedenti [c.c. 1350, n. 12, 1965, 1967];

14) le sentenze che operano la costituzione, il trasferimento o la modificazione di uno dei diritti menzionati nei numeri precedenti [c.c. 2646, 2655, 2932] (4).

----------------------- (1) Numero aggiunto dal comma 3 dell’art. 5, D.L. 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla L. 12 luglio 2011, n. 106. Il testo del presente numero, prima della conversione in legge del citato D.L. n. 70/2011, era il seguente: «2-bis) i contratti che trasferiscono i diritti edificatori comunque denominati nelle normative regionali e nei conseguenti strumenti di pianificazione territoriale, nonché nelle convenzioni urbanistiche ad essi relative.».

(2) La Corte costituzionale, con sentenza 12-21 ottobre 2005, n. 394 (Gazz. Uff. 26 ottobre 2005, n. 43 - Prima serie speciale), ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità degli artt. 261, 147 e 148, 2643, numero 8, 2652, 2653 e 2657 del codice civile, in riferimento agli artt. 3 e 30 Cost.

(3) Numero aggiunto dall’art. 84-bis, comma 1, D.L. 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla L. 9 agosto 2013, n. 98.

(4) Vedi la L. 21 gennaio 1983, n. 22, sulla responsabilità dei conservatori dei registri immobiliari; l'art. 45, L. fall. (R.D. 16 marzo 1942, n. 267); per quanto riguarda la trascrizione di atti relativi a brevetti per invenzioni industriali. Vedi gli artt. 66 e sgg., R.D. 29 giugno 1939, n. 1127. Per quanto riguarda la obbligatorietà fiscale delle trascrizioni, vedi il D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 347, che disciplina le imposte ipotecaria e catastale.

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Circolazione dei diritti edificatori e trascrizione dei relativi atti

Siano Caterina

c.c. art. 2643

D.L. 13-05-2011, n. 70, art. 5

FONTE Immobili e proprietà, 2014, 8-9, 500

Sommario: Premessa sull’art. 2643 n. 2-bis) cod. civ. - I negozi relativi alla c.d. “cubatura” - La natura giuridica dei diritti edificatori - La funzione della trascrizione ex art. 2643 n. 2-bis) cod. civ. - I diritti edificatori perequativi, compensativi e premiali - Conclusioni

Premessa sull’art. 2643 n. 2-bis) cod. civ.

La trattazione dell’argomento in epigrafe non può prescindere da alcune osservazioni preliminari finalizzate, in primis, a definire i cosiddetti “diritti edificatori” e, in subordine, ad inquadrare i medesimi nell’attuale sistema normativo.

La modificazione dell’art. 2643 cod. civ. con l’inserimento in esso del n. 2-bis), aggiunto dall’art. 5 del D.L. 13 maggio 2011 n. 70, convertito in legge n. 106 del 12 luglio 2011 ha, in un certo senso, costituito la “consacrazione giuridica” della categoria dei cosiddetti “diritti edificatori”. La predetta norma prevede che si debbono rendere pubblici, col mezzo della trascrizione, “i contratti che trasferiscono, costituiscono o modificano i diritti edificatori comunque denominati, previsti da normative statali o regionali, ovvero da strumenti di pianificazione territoriale”.

Bisogna dire che il legislatore è intervenuto “a valle” di un fenomeno già molto diffuso di contrattazione dei suddetti diritti, relativi allo sfruttamento della capacità edificatoria di un determinato fondo; pur consapevole di ciò - come ben si evince dal riferimento ai “diritti edificatori comunque denominati” - egli si è però limitato a risolvere la questione relativa alla pubblicità immobiliare di tali atti, non preoccupandosi di offrire una definizione della categoria, né di disciplinare le fattispecie negoziali ad essi relative.

Non è certamente questa la sede per indugiare in critiche al legislatore moderno; l’operatore pratico è ormai più che abituato a normative “last minute”, manchevoli, per definizione, di respiro sistematico. Ci si limita, dunque, a prendere atto dell’esistenza, da un lato, di una norma che impone la pubblicità immobiliare degli atti relativi ai cosiddetti diritti edificatori, e dall’altro, della mancanza di qualsiasi definizione dei medesimi.

Spettando, quindi, all’interprete l’inquadramento della categoria, l’indagine non può che partire dal dato storico. Da questo punto di vista, i diritti in esame possono essere ritenuti “figli” della nota fattispecie denominata “cessione di cubatura” o “volumetria”(1), fattispecie negoziale che, oltre ad aver avuto amplissima diffusione, ha conosciuto sviluppi imprevisti ed imprevedibili; infatti, dalle originarie contrattazioni relative alla medesima si è arrivati - in tempi certamente più recenti - alla formulazione dei cosiddetti “crediti edilizi”, di cui v’è traccia soprattutto all’interno delle legislazioni regionali, che costituiscono la nuova frontiera della materia che ci occupa(2).

I negozi relativi alla c.d. “cubatura”

Con il termine “cubatura” o “volumetria” si intende tradizionalmente il rapporto tra metri quadri di superficie di un fondo e i metri cubi di costruzione edificabile sul medesimo, secondo le disposizioni degli strumenti di pianificazione urbanistica vigenti sul territorio; in altri termini, essa configura la chance edificatoria del fondo, ovviamente già riconosciuto edificabile dai piani regolatori generali, nonché dagli altri strumenti di

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regolamentazione dell’assetto urbano. Non v’è chi non veda che la potenzialità edificatoria di un fondo, se concepita come entità a sé stante, può rappresentare per il proprietario del fondo un’utilitas suscettibile di autonoma valutazione economica e, dunque, monetizzabile ove resa oggetto di contrattazione(3).

La fonte normativa che ha sostanzialmente dato avvìo alle negoziazioni relative alla cosiddetta “cubatura” è l’art. 41-quinquies della legge n. 1150 del 1942(4), che ha introdotto nel nostro ordinamento il concetto di standard edilizio, quale espressione del rapporto tra la superficie interessata dall’intervento edificatorio ed il volume della costruzione da realizzare.

I predetti concetti derivano, com’è noto, dalla tecnica della “zonizzazione”, creata al fine di ottenere uno sfruttamento più razionale degli spazi fabbricabili: in sintesi, mediante questa tecnica l’area di interesse risulta divisa per zone di diversa destinazione (opere pubbliche, spazio verde, strade, costruzioni ecc.), prevedendosi, al contempo, un carico urbanistico massimo per l’intera zona (c.d. cubatura media), di guisa che resti ai privati un discreto ambito di negoziazione per la distribuzione di tale indice generale di edificabilità. Più in chiaro, stabilita complessivamente la densità edilizia di una determinata zona, si ammette che la volumetria fruibile complessivamente venga concentrata su una o più aree, attraverso l’accordo tra i privati proprietari delle medesime aree interessate. Da qui la pratica di negoziare la capacità edificatoria del proprio fondo a favore di un soggetto proprietario di un fondo limitrofo (o comunque appartenente alla medesima zona di interesse), affinché costui possa ottenere dall’autorità pubblica preposta (il Comune) un titolo abilitativo alla costruzione per una volumetria maggiore rispetto a quella spettante originariamente, cioè prima dell’acquisto della volumetria relativa al suolo del proprietario cedente.

Molto si è discusso in dottrina sulla natura giuridica della c.d. cubatura. Se da un lato, è sembrato facile riconoscere che essa rappresenti un’entità distinta dal relativo suolo, economicamente valutabile ed autonomamente trasferibile, dall’altro non poche difficoltà ha posto la questione della qualificazione giuridica della medesima e, segnatamente, il suo inquadramento in una delle tradizionali categorie dei diritti di natura reale o personale.

Analizzando dapprima la compatibilità con i caratteri della categoria dei diritti reali, non si può omettere di rilevare, preliminarmente, che la maggiore spinta di ordine pratico che ha portato una parte della dottrina a sostenere la tesi della natura reale della cubatura è venuta meno con la novella legislativa in esame, che ha consentito di superare il problema della pubblicità dei relativi atti nei registri immobiliari. D’altra parte però, l’inserimento del n. 2-bis nel corpo dell’art. 2643 cod. civ., non può affatto considerarsi un fattore determinante per la qualificazione dei diritti in esame quali diritti di natura reale, posto che la predetta norma contempla al suo interno anche la pubblicità di atti relativi a diritti personali di godimento.

Ad ogni buon conto, sembra opportuno rilevare che già con riferimento alla “cubatura” la teoria della natura reale lasciava spazio a molte perplessità. Infatti, scartata celermente la tesi, invero del tutto minoritaria, del diritto reale sui generis(5) eccezionalmente di fonte regolamentare in quanto traente origine dai piani regolatori, gli istituti all’uopo invocati dalla dottrina sono stati il diritto di superficie (ex art. 952 cod. civ. e, nello specifico, il cosiddetto ius aedificandi) e, soprattutto, le servitù(6). A confutazione del primo dei predetti inquadramenti si rileva una pregnante differenza tra la cessione di cubatura e la costituzione del “diritto di fare e mantenere una costruzione sul fondo altrui”: si osserva, infatti, che il trasferimento di cubatura costituisce una fattispecie negoziale predestinata al raggiungimento del precipuo scopo di ottenere un provvedimento edilizio abilitativo per una capacità edificatoria maggiore, da sfruttare su un fondo proprio e non su un fondo altrui. Contro l’inquadramento nell’ambito delle servitù e, nello specifico, della servitù di non edificare (in caso di cessione integrale) o della cosiddetta “altius non tollendi” (in caso di cessione parziale), si può invece mettere

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in evidenza che se da un lato il fatto che il proprietario cedente imponga sostanzialmente un peso a carico del proprio fondo, depotenziandolo della relativa volumetria, crea una certa analogia con i caratteri propri delle servitù, dall’altro esso non riesce né a giustificare causalmente l’effetto traslativo della volumetria dell’area di proprietà del cedente a quella del cessionario, né a spiegare la pratica, altrettanto diffusa, della cosiddetta “concentrazione di cubatura”, dove un unico soggetto proprietario di due o più aree della medesima zona provvede ad unificare la complessiva capacità edilizia su una soltanto di esse. Più in chiaro, la ricostruzione in termini di costituzione di servitù, a lungo propugnata da ampia parte della dottrina e della giurisprudenza(7), riesce ad abbracciare soltanto i casi di trasferimento della cubatura tra proprietari diversi o, al massimo, quelli di alienazione di un fondo già depotenziato, in tutto o in parte, della relativa capacità volumetrica per effetto della contestuale “riserva” della medesima da parte dell’alienante che, essendo proprietario di altro suolo contiguo o comunque rientrante nella stessa zona, intenda sfruttarla su quest’ultimo(8); infatti, solo in questi casi verrebbe rispettato il dato normativo ispirato al principio del nemini res sua servit (cfr. art. 1027 cod. civ.); né pare che al fine di dare supporto alla tesi della servitù si possa all’uopo invocare lo schema di cui all’art. 1062 cod. civ. della costituzione per destinazione del padre di famiglia, non tanto perché l’effetto costitutivo descritto dalla norma è legato ad una situazione materiale e non ad una vera e propria dichiarazione di volontà, ma perché essa si riferisce al caso tipico in cui un fondo cessi di appartenere al medesimo proprietario, situazione che non può dirsi sussistente allorquando si intenda semplicemente accorpare la chance edificatoria di due lotti, che continuano a rimanere nella esclusiva titolarità di un unico proprietario.

I limiti delle su esposte ricostruzioni hanno, dunque, spinto la dottrina a cercare altre soluzioni. In particolare, rilevato che ai fini della tutela dei terzi ciò di cui occorra dare pubblicità è sostanzialmente il depotenziamento o l’integrale depauperamento della capacità edificatoria di un determinato suolo, grande seguito ha avuto la soluzione di dar vita ad un “atto d’obbligo” (anche denominato “atto di asservimento”), contenente l’impegno solenne da parte del proprietario, con effetti vincolanti anche per i suoi successori o aventi causa, a non richiedere all’autorità pubblica competente il rilascio di alcun provvedimento edilizio abilitativo relativamente allo sfruttamento della volumetria ceduta. La formalizzazione di tale atto, ritenuta in un primo tempo necessaria nei soli casi di concentrazione della cubatura ed estesa poi anche ai casi di trasferimento e di riserva della medesima, ha consentito di palesare, in assenza di una norma ad hoc, il vincolo di inedificabilità creato sul fondo, attraverso la sua diretta trascrizione nei registri immobiliari, trascrizione da effettuarsi a carico del dichiarante ed a favore del Comune e, quindi, del tutto indipendente da quella relativa all’eventuale fattispecie traslativa(9).

La natura giuridica dei diritti edificatori

Con l’introduzione della disposizione di cui al n. 2-bis dell’art. 2643 cod. civ. è chiaramente venuto meno il problema della trascrizione degli atti relativi ai cosiddetti diritti edificatori, nel senso che essa è autonomamente richiesta per tutti gli atti ad essi concernenti. Al contrario, invece, non risulta sopito il dibattito sulla natura giuridica di tali diritti.

Parte della dottrina(10) ritiene che alla norma in esame debba essere riconosciuta una valenza maggiore rispetto a quella derivante dalla sua collocazione sistematica: nello specifico, si è affermato che essa svolge indirettamente anche la funzione di norma sostanziale, non solo perché elimina ogni dubbio circa la legittimità e meritevolezza di tutela delle fattispecie negoziali in esame, ma soprattutto perché “tipizza” i diritti edificatori, consentendo di inquadrarli nel rango dei diritti reali, nel pieno rispetto del principio di tipicità di questi ultimi. Collegato il dogma del numerus clausus dei diritti reali al principio di tipicità della trascrizione sulla base dell’idea che il primo si giustificherebbe per la necessità che, allorquando si tratti di diritti reali immobiliari, il carattere dell’assolutezza sia accompagnato da un adeguato regime di pubblicità, questa dottrina ritiene ormai superate le discussioni sull’inquadramento sistematico di tali diritti.

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Altra dottrina(11) ha, per contro, messo in evidenza che l’appartenenza dell’intera categoria dei diritti edificatori al rango dei diritti reali appare comunque fortemente dubbia, non solo in considerazione del fatto, già innanzi rilevato, che in seno all’art. 2643 cod. civ. convivono contratti ad effetti reali e contratti ad effetti obbligatori, di guisa che essa non può essere considerata parametro sicuro circa la natura reale dei diritti ivi ricompresi, ma anche perché la pratica ha posto l’interprete di fronte a diritti edificatori che mancano della costante inerenza ad una determinata res, carattere fondamentale e minimo comune denominatore di tutti i diritti reali su beni altrui(12).

Si osserva, inoltre, che il particolare regime giuridico della cosiddetta “proprietà edilizia” impone, com’è noto, il rilascio di permessi abilitativi da parte dell’autorità pubblica ai fini del regolare esercizio dello ius aedificandi, di guisa che la mera contrattazione tra privati non risulta da sola sufficiente al raggiungimento dello scopo di aumentare la volumetria edificatoria di una determinata area a discapito di un’altra; in altre parole, il materiale sfruttamento dei diritti in questione resta comunque assoggettato al rilascio del provvedimento amministrativo che autorizzi concretamente la realizzazione della costruzione, il che rende difficile il loro inquadramento nell’ambito dei diritti soggettivi ed ancor più in quelli reali ai quali si riconosce carattere di assolutezza.

Riguardo al rapporto tra fattispecie negoziale privata e provvedimento pubblico sono state prospettate due diverse ricostruzioni: se si assume la prospettiva della necessità del provvedimento pubblico per la realizzazione materiale dell’opera, quale scopo finale delle operazioni relative ai diritti edificatori, si accede alla tesi secondo cui i negozi privati costituiscono solo la prima fase di una “fattispecie complessa a formazione progressiva”, il cui elemento perfezionativo è costituito dal provvedimento pubblico(13); se, invece, si dà maggior rilevo al momento negoziale, ritenendo che esso costituisca comunque il presupposto imprescindibile del provvedimento edilizio richiesto all’autorità pubblica per il maggior volume, si relega l’intervento della p.a. al rango di una mera condizione di efficacia(14). Nella pratica è prevalsa questa seconda ricostruzione: infatti, l’efficacia degli atti relativi ai cosiddetti diritti edificatori è sovente espressamente sottoposta o alla condizione sospensiva del rilascio dell’autorizzazione pubblica oppure, specularmente, alla condizione risolutiva del mancato rilascio della medesima(15).

Relativamente all’efficacia di tali negozi, però, la questione più importante è se ad essi si possano riconoscere effetti reali immediati. Invero, l’espressa previsione della trascrizione degli atti relativi ai diritti edificatori comunque denominati nel quadro di una disposizione relativa al trasferimento di diritti immobiliari, notoriamente finalizzata ad assicurare l’opponibilità di tali negozi (cfr. art. 2644 cod. civ.), sembra non lasciare più spazio al dubbio. Tuttavia, come sottolineato da illustre dottrina(16), che prima della riforma del 2011 aveva sostenuto la natura esclusivamente obbligatoria dei negozi in esame, negandone la trascrivibilità, una cosa è la realità della situazione negoziata, altra è l’opponibilità del vincolo; infatti, la prima attiene alla natura ed ai caratteri del diritto, mentre la seconda riguarda esclusivamente il profilo circolatorio. Ne consegue, dunque, che né la novella disposizione in sé considerata, né la sua collocazione sistematica possono essere elevate ad indice incontroverso della natura reale dei diritti edificatori. Sembra perciò plausibile continuare a sostenere che si tratti di un contratto ad effetti obbligatori tra le parti ma opponibile quanto al vincolo di non sfruttabilità della capacità edificatoria che da esso nascerebbe(17).

La funzione della trascrizione ex art. 2643 n. 2-bis) cod. civ.

Se si ritiene che l’opponibilità del vincolo nei confronti dei terzi costituisca effettivamente il fine perseguito con l’inserimento del n. 2-bis) nel quadro dell’art. 2643 cod. civ., si dovrebbe coerentemente ammettere, dato il collegamento tra l’art. 2643 e l’art. 2644 cod. civ., che con tale norma il legislatore abbia inteso principalmente risolvere i possibili conflitti, non solo tra più aventi causa dei medesimi diritti alienati due volte, ma anche rispetto ad ipoteche o pignoramenti del bene di riferimento. A ben guardare, però, rispetto ai diritti edificatori tale risultato sistematico si presenta del tutto incerto, in

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ragione del carattere discrezionale del provvedimento amministrativo finale, preordinato all’esercizio concreto del diritto acquisito. Più in chiaro, all’acquirente che dovrebbe prevalere nel conflitto circolatorio secondo il meccanismo della priorità della trascrizione ex art. 2644 cod. civ., non sempre si riesce ad accordare una tutela reale; infatti, egli dovrà accontentarsi di una mera tutela risarcitoria qualora un altro acquirente dal medesimo dante causa ottenga dall’autorità pubblica competente il provvedimento edilizio abilitativo e riesca, quindi, a sfruttare materialmente per primo i diritti in oggetto.

In effetti, per raggiungere pienamente il risultato dell’opponibilità occorrerebbe che l’autorità pubblica, prima di accordare il permesso di costruire, si assumesse l’onere di verificare, attraverso la consultazione dei registri immobiliari, il soggetto a cui spettino i relativi diritti, secondo le ordinarie norme della priorità e continuità delle trascrizioni (artt. 2644 e 2650 cod. civ.). Tuttavia, tale ulteriore attività della p.a., da effettuarsi a prescindere dalle valutazioni per il rilascio del titolo abilitativo alla costruzione, non solo non è prevista dalla legge ma non è neppure giustificata dal mero carattere dichiarativo della trascrizione degli atti in esame, posto che rispetto ad essi, l’autorità pubblica non è né parte né avente causa ma terzo estraneo. Non v’è poi alcuna disposizione atta a rendere pubblico il momento della reale consumazione dei diritti negoziati; se è vero quanto innanzi rilevato a proposito del fatto che le contrattazioni in esame sono soventemente condizionate al rilascio del titolo edilizio da parte del Comune, sarebbe stato opportuno prevedere, per coerenza sistematica, l’annotazione ex art. 2655 cod. civ. del rilascio del provvedimento amministrativo, in caso di condizione risolutiva, ovvero la cancellazione dell’indicazione della condizione sospensiva ex art. 2668 cod. civ.

Altro limite evidente della norma in esame riguarda il fatto che essa non riesce ad offrire alcuna tutela all’acquirente rispetto al caso in cui sia lo stesso alienante a chiedere il permesso di costruire, in contrasto con l’avvenuta alienazione; escluso, infatti, per quanto detto sopra, l’obbligo di controllo della pubblica autorità, potrebbe sempre accadere che essa provveda a rilasciare al titolare dell’area il titolo abilitativo, in assoluta non curanza dell’avvenuta cessione della capacità edificatoria. Ciò è dovuto al fatto che l’intera vicenda si compone di due momenti distinti: infatti, una cosa è l’accordo tra privati, che produce l’effetto di trasferire la chance edificatoria mediante il conferimento della legittimazione al cessionario a richiedere alla pubblica autorità un provvedimento edilizio abilitativo per una volumetria maggiorata, altra è evidentemente la costituzione del vincolo reale, idoneo a far sì che effettivamente la capacità edificatoria ceduta non venga poi sfruttata dal cedente o da altro avente causa dal medesimo. Quest’effetto, a ben guardare, non può che essere legato ad un atto autonomo di costituzione di vincolo (atto di asservimento), da trascriversi a carico del disponente ed a favore della p.a.; a tal riguardo, si precisa che lo stesso legislatore ha successivamente alla novella in commento, ritenuto di dover dar seguito alle istanze provenienti dalla realtà di conferire idonea pubblicità nei registri immobiliari agli atti costitutivi di vincoli derivanti da convenzioni urbanistiche o atti d’obbligo nei confronti di enti pubblici territoriali o enti svolgenti un servizio di interesse pubblico, inserendo nel codice civile l’art. 2645-quater(18).

In buona sostanza, quindi, in ragione del necessario intervento della p.a. ai fini dello sfruttamento concreto della volumetria acquisita, l’oggetto della cessione tra privati non può che essere il mero “interesse legittimo pretensivo” all’ottenimento del titolo edilizio abilitativo, interesse legittimo che sul piano civilistico potrebbe essere assimilato ad un’aspettativa di diritto, autonomamente negoziabile. Orbene, appare evidente che il passaggio di tale posizione giuridica soggettiva, indubbiamente meritevole di tutela e qualificabile come aspettativa, ove anche sia stato debitamente reso pubblico, mediante la trascrizione dell’atto di trasferimento, così come prescritto dall’art. 2643 n. 2-bis) cod. civ., non produce effetti reali tout court, in quanto chiunque ottenga il provvedimento edilizio abilitativo è sempre naturalmente destinato a prevalere su qualunque altro avente causa del medesimo comune autore, con buona pace dei principi di priorità e continuità della trascrizione. Non v’è, infatti, alcun “diritto di sequela” (altro carattere fondamentale dei diritti reali) che assicuri al cessionario primo trascrivente la prevalenza

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in ordine al concreto esercizio dei diritti acquisiti rispetto a chiunque altro, proprietario cedente o altro avente causa dal medesimo, ottenga in concreto dall’autorità pubblica il permesso di costruire anche per la chance edificatoria già precedentemente ceduta.

Nessuna finalità riconducibile agli artt. 2644 e 2650 cod. civ. si ravvisa poi con riguardo ai diritti edificatori di cui si divenga titolari per effetto diretto di provvedimenti pubblici, ossia concessi ex novo dalla p.a. ai proprietari di aree interessate da progetti di riqualificazione edilizia. Che il legislatore abbia pensato anche ad essi risulta chiaro dalla formulazione testuale dell’art. 2643 n. 2-bis) cod. civ. laddove si fa espresso riferimento “ai contratti che costituiscono o modificano diritti edificatori comunque denominati”; infatti, la densità edificatoria di una determinata area è stabilita dall’autorità amministrativa e nessun potere hanno i privati cittadini in ordine a tali profili(19). Considerato, dunque, che fattispecie costitutive o modificative di questi diritti non possono essere certamente ricondotte a contratti tra privati, non si vede come si possano ipotizzare conflitti circolatori in tali casi. In altre parole, posto che il riferimento normativo prima evidenziato riguarda gli accordi tra cittadino e pubblica amministrazione derivanti dalle nuove tecniche di urbanizzazione e regolamentazione del territorio, risulta del tutto anomala la loro assimilazione alle fattispecie circolatorie tra privati, posto che in relazione ad essi non si può certamente configurare alcun contrasto “tra due o più aventi causa da un medesimo comune autore di diritti immobiliari tra loro incompatibili”, per due principali ordini di motivi: in primis, perché la pubblica autorità (dante causa) conserva piena discrezionalità in merito ai c.d. piani urbanistici e all’assetto del territorio, potendo quindi sempre procedere a modificarli o a dar seguito a procedure di esproprio per pubblica utilità e, in subordine, per il fatto che essa emette provvedimenti indirizzati a ciascun soggetto, titolare - almeno ab origine - di un determinato lotto urbano, di guisa che non è possibile che in questa fase si ingenerino conflitti(20).

In relazione a questi atti, quindi, la trascrizione richiesta dalla novella non può di certo svolgere funzione dichiarativa ma, al massimo, una mera funzione di pubblicità notizia(21); pertanto, sarebbe stata più consona una diversa collocazione sistematica della norma che la prevede.

Riguardo alla natura dei diritti edificatori nascenti dagli accordi tra cittadino e p.a., si potrebbe anche sostenere che, agendo quest’ultima iure privatorum, da essi derivi non un mero interesse legittimo pretensivo, bensì un vero e proprio diritto soggettivo di credito. Tuttavia, questa conclusione appare dubbia posto che, anche in questi casi, per l’esercizio concreto dei diritti acquisiti occorre comunque richiedere il titolo edilizio abilitativo, il cui rilascio da parte dell’autorità territoriale attiene alla sua funzione pubblica, risultando così del tutto discrezionale ed incoercibile.

I diritti edificatori perequativi, compensativi e premiali

La tecnica della zonizzazione, risalente alla c.d. legge Ponte del 1967(22), da cui - come detto - hanno preso avvio le contrattazioni relative alla cosiddetta cubatura, ha ben presto palesato alcuni risvolti negativi di grande rilievo. In particolare, si è notato che essa crea forti sperequazioni tra cittadini del medesimo Comune, alcuni considerevolmente avvantaggiati dal riconoscimento dell’edificabilità del suolo di proprietà, altri invece fortemente danneggiati dall’imposizione di vincoli o dall’inibizione della facoltà di costruire oppure, addirittura, colpiti dalla procedura espropriativa. Da qui la nascita di strumenti di pianificazione territoriale alternativi, di carattere “perequativo”, “compensativo” o “premiale”(23).

Nello specifico, si definiscono “diritti edificatori perequativi” quelli scaturenti dalla cosiddetta “perequazione urbanistica”, che consiste nell’attribuire lo stesso valore edificatorio a tutte le aree della zona oggetto di trasformazione urbanistica, a prescindere dalla concreta sfruttabilità dello stesso. Di conseguenza, i proprietari delle aree inedificabili, o sottoposte a vincoli, divengono titolari di diritti edificatori “virtuali”, in quanto non esercitabili materialmente sul fondo proprio; tali diritti sono però in grado di

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fornire comunque un’utilitas al proprietario dell’area che, alienandoli a titolo oneroso, potrà ottenere o il loro controvalore economico in denaro, oppure direttamente quote millesimali di proprietà delle nuove costruzioni.

Si definiscono, invece, “diritti compensativi” quelli scaturenti da altra forma di assegnazione e negoziazione dei diritti edificatori, qualificata “compensazione urbanistica”(24) perché consente ai Comuni di acquisire aree ed edifici privati senza dar luogo alle tradizionali forme di esproprio e, conseguentemente, al pagamento della relativa indennità al proprietario espropriato, bensì attribuendo a costui, “in compensazione” del sacrificio subito, diritti edificatori. Lo schema contrattuale di riferimento è, in questo caso, quello della datio in solutum(25); ottenuti così diritti edificatori negoziabili, è evidente che il proprietario espropriato non potrà direttamente sfruttare i medesimi, in quanto egli ha addirittura perso la proprietà dell’area, ma solo ricavarne un vantaggio economico mediante l’alienazione a titolo oneroso (vendita, permuta ecc.) ai proprietari delle aree edificabili.

In ultimo, sono qualificati “diritti edificatori premiali” quelli derivanti dalla cosiddetta “incentivazione urbanistica” che consente, invece, ai Comuni di stimolare l’iniziativa privata in ordine ad interventi di riqualificazione territoriale ed ambientale, mediante il riconoscimento, ai proprietari dei beni ricompresi nell’area di interesse, di diritti edificatori “aggiuntivi”(26), oppure a condizioni agevolate, rispetto ai normali parametri ed oneri connessi al loro sfruttamento.

Si nota che in tutti questi casi, l’inerenza alla res è requisito “sorgente” e “di atterraggio”, ossia necessario solo per il concreto esercizio dei diritti in esame e non anche per la mera titolarità e circolazione dei medesimi(27). Risulta, pertanto, esclusa la natura reale dei diritti in esame. Ciò non impedisce, però, di ritenere che gli atti relativi ai medesimi possano essere ascritti alla categoria dei negozi ad effetti reali, ossia in grado di trasmettere immediatamente e direttamente la titolarità dei diritti edificatori di cui innanzi. Infatti, una cosa è l’efficacia della fattispecie negoziale, altra è la natura del diritto negoziato. Relativamente a quest’ultima, scartata per quanto detto innanzi la riconduzione alla categoria dei diritti reali, l’alternativa posta dalla dottrina che si è occupata dell’argomento è tra la configurazione degli stessi quali crediti nei confronti della p.a., oppure direttamente quali beni, ex art. 810 cod. civ.

Quest’ultima tesi, nota come teoria della “reificazione” dei diritti edificatori, pur essendo autorevolmente sostenuta ed ampiamente condivisa in dottrina(28), lascia perplessi per le seguenti ragioni. In primo luogo, in considerazione del dato letterale dell’articolo in esame, che parla di diritti e non di beni; in secondo luogo, in ragione del fatto che l’art. 2643 cod. civ. si occupa della pubblicità delle fattispecie circolatorie dei diritti e non dei beni che ne costituiscono l’oggetto, di guisa che l’ascrizione alla categoria dei beni renderebbe sostanzialmente superflua la stessa previsione di una norma ad hoc, dovendosi inquadrare le fattispecie negoziali relative ai beni in una delle ipotesi già previste nella predetta norma; infine, per l’impossibilità di stabilirne la natura immobiliare o mobiliare, in ossequio alla dicotomia di cui all’art. 812 cod. civ., considerando che essi assumerebbero certamente la prima solo nella fase finale dello sfruttamento materiale, mentre sia in quella della circolazione (anche detta del “volo”) sia, talvolta, nella stessa fase iniziale (come visto per i diritti compensativi) e, comunque, dopo il cosiddetto “decollo”, mancherebbero del requisito essenziale dell’attaccamento ad un’area di riferimento. Ove poi si scegliesse di configurarli quali beni di natura immobiliare, altro profilo rilevante, assolutamente da non sottovalutare, considerate le sanzioni gravi previste dall’art. 29 comma 1-bis della legge n. 52 del 27 febbraio 1985 (sulla cosiddetta conformità catastale oggettiva e soggettiva), è la mancanza di dati catastali propri, nonché la loro eccezionale inipotecabilità ed impignorabilità nelle forme tradizionali di cui agli artt. 513 e 555 del codice di rito(29). In ultimo, non v’è chi non veda una certa analogia tra i diritti in commento e la c.d. colonna d’aria, rispetto alla quale è noto che la giurisprudenza di legittimità ha già perentoriamente escluso la configurazione quale bene autonomo dal suolo(30).

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Conclusioni

Alla luce delle precedenti considerazioni, non resta che verificare la compatibilità con i diritti di credito. In effetti, l’affinità con questi ultimi appare evidente soprattutto se si accede alla moderna considerazione del credito quale entità patrimoniale a sé stante e normalmente cedibile al fine di trarre un vantaggio economico indipendente dall’adempimento del debitore. Non a caso, infatti, in alcune leggi regionali per indicare i diritti in esame si parla espressamente di “crediti edilizi”(31).

Non v’è dubbio, tuttavia, che si tratti di crediti di peculiare natura(32): essi, infatti, non sono liberamente riscuotibili da parte del soggetto che ne divenga titolare, il quale non assume alcun potere discrezionale circa il loro esercizio e materiale sfruttamento, essendo sempre necessario il rilascio del permesso di costruire nonché, a monte, la proprietà di un’area edificabile di atterraggio(33). Sembra però coerente alle finalità della novella legislativa analizzata ritenere che il legislatore abbia scelto di stabilire una regola circolatoria diversa dal meccanismo generale della cessione del credito ex art. 1264 cod. civ., proprio in considerazione del fatto che dai diritti edificatori comunque conseguiti, cioè sia acquistati dal privato, sia direttamente concessi dalla pubblica autorità, deriva sostanzialmente la medesima posizione giuridica soggettiva di “aspettativa” per lo sfruttamento concreto di una determinata volumetria. Si osserva, inoltre, che la norma da ultimo richiamata non avrebbe avuto ragion d’essere in quest’ambito per due principali motivi: da un lato, perché non c’è un vero e proprio soggetto debitore posto che l’ufficio pubblico competente ha piena discrezionalità sul rilascio del permesso di costruire per la volumetria acquisita; dall’altro, perché non è possibile ipotizzare il pagamento indebito, o al creditore apparente, come evento da evitare in forza della notifica della cessione al debitore ceduto o della sua accettazione(34). D’altro canto, invece, sia la strutturazione su base personale dei registri immobiliari (ad eccezione delle zone dove vige il sistema tavolare) sia la naturale attrazione di questi diritti verso un bene immobile “di atterraggio”, hanno plausibilmente indotto il legislatore ad estendere il meccanismo della trascrizione per la pubblicità degli atti in esame; del resto, della compatibilità della trascrizione con i diritti di natura meramente creditoria non può dubitarsi alla luce sia dell’art. 2643 cod. civ. sia dell’art. 2645-bis cod. civ., mentre l’imposizione di un vincolo di natura reale a prescindere dalla presenza di una fattispecie negoziale traslativa è oggi prevista specificamente nell’art. 2645-ter.

Problemi si pongono, semmai, in alcuni casi con riferimento all’art. 2659 cod. civ.: infatti, mentre sia in relazione all’accordo costitutivo o modificativo con la pubblica autorità, sia in relazione al primo accordo tra privati, è chiaro che si debba fare riferimento al terreno di “decollo”, maggiori difficoltà sorgono circa l’indicazione dello stesso nella nota di trascrizione nei passaggi successivi, in assenza del riferimento ad un terreno di atterraggio (cioè nella cosiddetta fase del “volo”), nonché nelle ipotesi di accordi nei quali il proprietario di un suolo ceda solo parte dei diritti edificatori a lui spettanti, riservandosene altri, oppure provveda ad effettuare una cessione dei medesimi diritti in parte a favore di un soggetto in parte a favore di un altro. Le predette questioni appaiono tuttavia risolvibili nella pratica; infatti, con riferimento alla prima è stata prospettata la soluzione di compilare la nota di trascrizione facendo sempre riferimento al cosiddetto terreno “sorgente”, anche nelle fasi intermedie per così dire “del volo”, pur non essendo tale terreno di proprietà del soggetto a favore del quale si esegua la trascrizione; con riferimento alla seconda, invece, l’unica strada possibile è quella di inserire, nel cosiddetto “quadro D” della nota di trascrizione, l’indicazione della misura dei diritti edificatori ceduti(35).

----------------------- (1) Sull’argomento, ex multis, cfr. A. Candian, Trasferimento di cubatura, in Digesto disc. priv., sez. priv., (aggiornamento), Torino, 2000, 735; N. A. Cimmino, La cessione di cubatura nel diritto civile, in Riv. not., 2003, 1113; F. Gazzoni, La trascrizione immobiliare, Tomo I, artt. 2643-2644, in Codice civile comm. di P. Schlesinger, Milano, 1991, 655 ss.; M. Leo, Il trasferimento di cubatura, in Studi e materiali del Consiglio

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Nazionale del Notariato VI, t 2 1998-2000. In tempi più recenti: De Paolis, Riflessioni in tema di trasferimento di volumetria, in Riv. giur. edil., 2011, 5, 199 e Triola, Della tutela dei diritti. La trascrizione, Torino, 2012, 126 ss.

(2) Sulla divisione dei poteri tra Stato e Regioni, cfr. art. 117 Cost. Al riguardo, per gli aspetti di interesse in questa sede, si rinvia a Petrelli, Trascrizione immobiliare e legislazione regionale, in Riv. not., 2009, 741 ss.; sui cosiddetti “crediti edilizi”, cfr. Cirillo, La trascrizione dei diritti edificatori e la circolazione degli interessi legittimi, in Riv. not., 2013, 621.

(3) La possibilità di stipulare convenzioni in materia di trasferimento di cubatura edilizia è stata ampiamente riconosciuta dalla giurisprudenza di merito e di legittimità; essa rappresenta pertanto una realtà consolidata. In questo senso, cfr. S. Cervelli, I diritti reali, 2007, alla quale si rinvia per i riferimenti giurisprudenziali.

(4) Articolo aggiunto nella Legge Urbanistica (n. 1150 del 17 agosto 1942) con la c.d. Legge Ponte (n. 765 del 6 agosto 1967 - art. 17) ed abrogato, a decorrere dal 30 giugno 2003, ad esclusione dei commi 6, 8 e 9 che, pertanto, sono ancora in vigore, dal D.P.R. n. 380 del 6 giugno 2001, c.d. Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia (art. 136, comma 2, lett. b).

(5) Tesi del tutto minoritaria, di cui v’è traccia in una risalente pronuncia della Suprema Corte. Cfr. Cass. 30 aprile 1974, n. 1231, in Giust. civ., 1974, I, 1424.

(6) In giurisprudenza, cfr. Cass. 25 ottobre 1973, n. 2743, in Giust. civ., 1974, I, 922 e Cass. 20 dicembre 1983, n. 7499, in Giur. it., 1985, I, 1, 211. In dottrina, cfr. Di Paola, Trasferimento di cubatura di area e numero chiuso dei diritti reali, in Riv. not., 1975, 547.

(7) In dottrina, particolarmente, Di Paola, op. ult. cit., 547 e Grassano, La cessione di cubatura nel processo conformativo della proprietà edilizia privata, in Riv. not., 1992, 1069; in giurisprudenza, cfr. Cass. 25 ottobre 1973, n. 2743, in Riv. not., 1975, II, 547 e in Giust. civ., 1974, I, 922; Cass. 20 dicembre 1983, n. 7499, in Giur. it., 1985, I, 211.

(8) Sulla riserva di cubatura e sulle affinità e differenze della stessa rispetto alla cosiddetta deductio servitutis, si rinvia a G. Trapani, I diritti edificatori, in Riv. not., 2012, 4, 775.

(9) Riguardo al fondamento normativo di tale adempimento pubblicitario, gran parte della dottrina ha sostenuto che l’atto in questione dovesse essere inquadrato nella disposizione di cui all’art. 2643 n. 5) cod. civ. come se si trattasse di un atto rinunciativo del titolare del diritto sulla res. Avverso tale opinione, tuttavia, si è obiettato che per nessuna delle fattispecie richiamate nel testo risulterebbe possibile affermare la sussistenza di un effetto meramente rinunciativo-abdicativo: infatti, sia nel trasferimento di cubatura, sia nella cosiddetta riserva, la mera rinuncia allo sfruttamento della chance edificatoria da parte, rispettivamente, del cedente e del cessionario del suolo depotenziato, non riuscirebbe a giustificare l’effetto acquisitivo per l’una o l’altra parte; del resto, anche nell’ipotesi della cosiddetta “concentrazione”, la volontà privata non sarebbe affatto indirizzata ad una mera rinuncia, bensì ad un diverso sfruttamento da parte del medesimo proprietario dei fondi della complessiva capacità edificatoria a sua disposizione, ferma restando la necessità del titolo abilitativo. Prima dell’inserimento nell’ordinamento di una norma ad hoc, quale l’art. 2645-quater cod. civ. (di cui in prosieguo), la dottrina contraria alla suddetta tesi ha proposto, quale soluzione alternativa, o il ricorso all’art. 2672 cod. civ., invocabile però soltanto in presenza di una specifica fonte normativa, anche di matrice regionale (cfr. Petrelli, Trascrizione immobiliare e legislazione regionale, in Riv. not., 2009, 733), oppure mediante l’applicazione estensiva/analogica dell’art. 2645-ter cod. civ. (articolo aggiunto dell’art. 39-novies del D.L. 30 dicembre 2005, n. 273 cod. civ. convertito in legge 23 febbraio 2006, n. 51, del quale esiste amplissima letteratura; per ciò che concerne gli aspetti di

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interesse in questa sede valga il rinvio a Petrelli, La trascrizione degli atti di destinazione, in Riv. dir., civ., 2006, II, 166 ss.).

(10) Quest’opinione è condivisa, tra gli altri, da Amadio, I diritti edificatori: la prospettiva del civilista, in Urbanistica e attività notarile. Nuovi strumenti di pianificazione del territorio e sicurezza della contrattazioni, I quaderni della fondazione italiana per il notariato, Bari, 2011, 47 e Petrelli, Trascrizione degli atti relativi ai “diritti edificatori” (c.d. cessione di cubatura o di volumetria), in Rassegna delle principali novità normative di interesse notarile, 2011, 5 ss.

(11) Gazzoni, Trattato della trascrizione, Torino, 2012, vol. I, 208.

(12) Si tratta dei cosiddetti diritti edificatori “perequativi”, “compensativi” e “premiali”, derivanti dalle nuove tecniche di governo del territorio e della proprietà edilizia, sviluppate in tempi recenti dalla p.a., dei quali si parlerà in prosieguo.

(13) Cfr. Gazzoni, op. ult. cit., 208.

(14) Al riguardo, si rinvia allo studio del CNN a firma di Leo, Il trasferimento di cubatura, op. cit., 699 ss. dove sono riportate le diverse tesi sulla natura di condicio iuris ovvero di condicio facti, o di mera presupposizione del rilascio del provvedimento pubblico. Si osserva, infatti, che se da un lato senza il provvedimento amministrativo non è possibile effettuare una costruzione regolare, con tutto ciò che ne consegue in termini di qualificazione dell’immobile eretto come abusivo, dall’altro è altrettanto vero che il negozio tra privati relativo ai diritti immobiliari potrebbe anche prescinderne, ove l’acquirente se ne assuma il rischio, oppure essere inquadrato come una situazione giuridica futura, comune ad entrambe le parti, oggettiva ed indipendente dalla loro volontà, che in ogni caso i contraenti, anche in difetto di espressa previsione, sulla base del dato testuale dell’accordo, hanno tenuto in debita considerazione.

(15) Riguardo a tale ricostruzione, cfr. Patti e Russo, La cessione di cubatura tra diritto privato e diritto pubblico, in Vita not., 2001, 1678.

(16) Cfr. Gazzoni, op. cit., 2012, vol. I, 205 ss.

(17) Relativamente alla natura reale del vincolo a fronte di una fattispecie non necessariamente ad effetti reali, si rileva la sostanziale analogia con l’art. 2645-ter cod. civ., relativo al cosiddetto vincolo di destinazione.

(18) Articolo inserito con l’art. 6 del D.L. 2 marzo 2012, n. 16, convertito in legge 26 aprile 2012, n. 44. Relativamente a quest’ultimo sembra prevalere la tesi della funzione della mera pubblicità notizia, posto che l’istituto privatistico della trascrizione nei registri immobiliari non può interferire sull’efficacia dell’attività amministrativa rivolta al rilascio del provvedimento. Cfr. Gazzoni, op. ult. cit., vol II, 223 ss.

(19) Cfr. Trapani, Normative speciali e circolazione giuridica dei diritti edificatori, in Urbanistica ed attività notarile. Nuovi strumenti di pianificazione del territorio e sicurezza delle contrattazioni, Milano, 2012, 99.

(20) Al riguardo, cfr. Gazzoni, op. cit., 2012, vol I, 231, il quale osserva “che se poi per qualche motivo sorgesse un conflitto, esso andrebbe risolto di certo non già con lo strumento della trascrizione, ma con quello dell’autotutela amministrativa, cioè con strumenti pubblicistici o, in ultima analisi, con sentenza in sede di impugnativa dell’atto amministrativo”.

(21) Cfr. Amadio, I diritti edificatori: la prospettiva del civilista, in Urbanistica e attività notarile. Nuovi strumenti di pianificazione del territorio e sicurezza della contrattazioni, I quaderni della fondazione italiana per il notariato, Bari, 2011, 47 e Gazzoni, op. ult. cit., 232.

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(22) Vedi nota n. 4.

(23) Cfr. Marena, L’urbanistica consensuale e la negoziazione dei diritti edificatori, in Riv. not., 2013, 4, 893 ss.

(24) Cfr. Marzano Gamba, Credito edilizio, compensazione e potere di pianificazione. Il caso della legge urbanistica veneta, in Riv. giur. urb., 2005, II, 644.

(25) Cfr. Corte cost. 20 maggio 1999, n. 179 che ha indirettamente riconosciuto la legittimità della c.d. compensazione urbanistica, quale procedura alternativa all’indennizzo espropriativo, laddove ha affermato che, ferma restando la previsione di una forma di indennizzo, tutte le volta in cui si ha un provvedimento ablatorio oppure l’imposizione di un vincolo tendenzialmente perpetuo, si ammette ampia discrezionalità per la concreta liquidazione dell’indennizzo stesso.

(26) Cfr. Bartolini, I diritti edificatori in funzione premiale (c.d. premialità edilizie), in Riv. giur. urb., 2008, II, 436.

(27) In particolare, nel caso dei cosiddetti diritti edificatori compensativi il distacco dalla res materiale è di somma evidenza: essi infatti, come innanzi rilevato vengono assegnati proprio come corrispettivo del procedimento espropriativo dell’area di interesse pubblico.

(28) In dottrina la tesi fa capo a Trapani ed è da ultimo riportata in I diritti edificatori, in Riv. not., 2012, 4, 775 ss. e Normative speciali e circolazione dei diritti edificatori, in Not., 2012, 411.

(29) Cfr. Gazzoni, op. cit, 2012, vol. I, 226.

(30) In questo senso cfr. Cass., Sez. Un., 4 maggio 1989, n. 2084, in Nuova giur. comm., 1989, I, 878; in Giur. it., 1990, I, 1, 240; in Vita not., 1989, 207; in Giust. civ., 1989, I, 1536. In dottrina, cfr. Leo, op. cit., 671; in generale sulla natura della c.d. colonna d’aria si vedano: Salis, Proprietà dello spazio aereo e indennizzo di sopraelevazione, in Riv. giur. edil. 1960, I, 653 e Trinchillo, Breve analisi dei rapporti tra diritto di superficie ed edificio in condominio. Il diritto di sopraelevazione previsto dall’art. 1127, in Riv. not., 2002, 5, 1129.

(31) Cfr. Fracanzani, Il credito edilizio nella legge regionale Veneto n. 11/2004: emissione di cartamoneta?, in www.giustizia-amministrativa.it.

(32) Gazzoni, op. ult. cit., 221, il quale precisa che l’espressione “crediti edilizi” è comunque “atecnica” in quanto “a seguito dell’accordo di pianificazione, il privato non ha nei confronti della pubblica amministrazione un diritto perfetto, che possa risolversi in una pretesa, eseguibile magari in forma specifica, ma anche in questo caso una chance legata ad un interesse legittimo pretensivo, valutabile in chiave prognostica, sulla base dell’affidamento all’utilizzazione del c.d. credito, dovendo sempre intervenire un successivo provvedimento amministrativo, in sede di effettiva utilizzazione.

(33) Si precisa che in ogni caso il terreno sul quale poter materialmente sfruttare i diritti edificatori conseguiti non può essere liberamente scelto dal titolare dei diritti in esame, dovendo essere ricompreso necessariamente all’interno degli ambiti o comparti prefissati.

(34) Cfr. Gazzoni, op. ult. cit., 229.

(35) Cfr. Gazzoni, op. cit., 2012, vol I, 226 che però sottolinea la valenza di mera pubblicità notizia con esclusione di ogni effetto in termini di opponibilità.

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Riflessioni a margine della controversa questione del trasferimento dei diritti edificatori: bene o nuovo diritto?

Agnese Alamanni

c.c. art. 2643

FONTE Contratto e Impr., 2014, 3, 653

Sommario: 1. Premesse. – 2. Orientamenti dottrinali e giurisprudenziali. – 3. Profili ricostruttivi. – 4. La pretesa distinzione tra bene e diritto. – 5. I diritti edificatori: beni immateriali o materiali? – 6. Conclusioni.

1. – L’introduzione del n. 2 bis all’art. 2643 c.c. ha dato ulteriore vigore al già animato dibattito sulla cosiddetta cessione di volumetria(1), facendo il legislatore riferimento per la prima volta ai ‘diritti edificatori’ sul presupposto, verosimilmente, di una loro assimilabilità ad una situazione giuridica di tipo reale(2). La norma non detta però alcuna disciplina sostanziale del fenomeno, lasciando aperti gli interrogativi sulla qualificazione di detti diritti edificatori, e limitandosi solo a codificare la regola dell’opponibilità. È una tecnica, invero, già sperimentata con l’introduzione, ad esempio, degli atti di destinazione (art. 2645 ter).

Com’è noto, i diritti edificatori, o cubatura, indicano la volumetria edificabile e realizzabile su di un’area determinata, quale risulta consentita dagli strumenti urbanistici vigenti in un Comune, e, purché sia rispettata la cubatura media di zona (ed altri standars), detta capacità edificatoria può essere trasferita da un terreno ad un altro (appartenenti alla medesima zona), consentendo al cessionario di edificare sfruttando anche la cubatura acquisita in aggiunta a quella inerente l’area di sua proprietà(3).

È evidente in tale vicenda la commistione tra diritto pubblico e diritto privato, atteso che in assenza di un provvedimento abilitativo da parte della Pubblica Amministrazione la cubatura acquistata non potrebbe essere utilizzata.

I ‘crediti edilizi’ si distinguono poi dalle fattispecie sopra descritte in quanto non derivano dalla cessione di volumetria tra privati, ma vengono attribuiti direttamente dalla pubblica amministrazione in funzione perequativa o compensativa, e rilevano, nel tema trattato, in quanto possono poi essere oggetto di contrattazione successiva tra privati: alcune legislazioni regionali hanno previsto che una quantità volumetrica sia riconosciuta a coloro che eseguono determinati interventi di riqualificazione urbana (demolizione di opere incongrue, eliminazione opere di degrado ecc.) o a coloro che hanno subito un esproprio.

2. – Prima della integrazione dell’art. 2643 c.c. gli sforzi ricostruttivi si sono prevalentemente orientati verso l’individuazione della struttura del contratto e dei suoi effetti, piuttosto che essere diretti verso una preliminare analisi della natura della cubatura stessa, quale passaggio antecedente logicamente necessario per una più aderente ricostruzione della vicenda contrattuale in oggetto.

Secondo un primo orientamento, che valorizza il ruolo svolto dalla pubblica amministrazione, la cessione di volumetria sarebbe un negozio inserito all’interno dello stesso procedimento amministrativo(4). Secondo alcuni addirittura si configurerebbe un negozio trilaterale(5); secondo altri avverrebbe una cessione di un ipotetico contratto tra proprietario e Comune(6); secondo altri ancora la cessione di cubatura si risolverebbe in un atto di rinunzia ad edificare sul proprio terreno rivolta alla Pubblica Amministrazione.

Secondo altro orientamento, invece, la cessione di volumetria si collocherebbe all’esterno del procedimento amministrativo, avendo una sua autonomia, ma sarebbe un negozio ad

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effetti solo obbligatori, con cui il cedente si impegna a non sfruttare la propria volumetria e quindi a non richiedere la concessione edilizia(7).

Queste soluzioni, a parte la discutibilità della ricostruzione giuridica di volta in volta prospettata, denunciano tuttavia un difetto di tutela per il cessionario, per cui nella prassi, operativamente, si è fatto ricorso alla costituzione di un diritto di servitù negativa di non costruire(8), in quanto unico sistema per rendere opponibile ai terzi la privazione della cubatura del fondo servente, impedendo così che il cedente la cubatura potesse alienarla a terzi o utilizzarla per costruire sul proprio fondo(9). In tal caso l’effetto attributivo della cubatura lo si è fatto discendere, non senza forzature, da un provvedimento amministrativo abilitativo della costruzione con cubatura potenziata.

Queste interpretazioni, quindi, registrano una carente giustificazione dell’effetto attributivo della cubatura da un terreno all’altro(10), che costituisce invero un passaggio fondamentale nella qualificazione giuridica del fenomeno(11).

Devono essere poi ricordati tra gli orientamenti che rivendicano l’autonomia del negozio di diritto privato, quale momento distinto e produttivo di effetti rispetto al rilascio della concessione, quelli che, in linea con quanto disciplinato oggi dalla norma, qualificano la cessione di cubatura quale contratto ad effetti reali(12), ora come costitutivo di un diritto reale minore ora come determinante il trasferimento della proprietà della facoltà di edificare, intesa come bene in senso economico-giuridico(13).

Con la recente modifica legislativa, la legge – come si è evidenziato – ha tipizzato (almeno nel nomen) il negozio di cessione di cubatura stabilendo che “i contratti che trasferiscono, costituiscono o modificano i diritti edificatori comunque denominati, previsti da normative statali o regionali, ovvero da strumenti di pianificazione territoriale” devono essere trascritti, allo scopo di garantirne la certezza nella circolazione.

Alla luce del tenore normativo sembrerebbe dunque che il legislatore, mettendo in luce essenzialmente il momento traslativo del negozio, abbia voluto evidenziare (nonché avallare) la realità della vicenda, così che si possano ad oggi ritenere quantomeno ridimensionate le ipotesi ricostruttive della vicenda in chiave obbligatoria; tali conclusioni non sono invero unanimemente condivise in dottrina e giurisprudenza(14).

L’individuazione della struttura del negozio dispositivo, per essere correttamente operata, presuppone però una preliminare analisi della natura dei diritti edilizi: la dottrina è tuttora divisa tra coloro che ritengono abbiano la natura di diritto reale(15) assimilabile al diritto di superficie, o di diritto reale immobiliare “nuovo”, e coloro che invece ritengono si tratti di un bene giuridico autonomo(16), possibile oggetto di un diritto di proprietà o di un altro diritto reale.

Altra parte della dottrina, continuando a riservare un ruolo centrale al provvedimento della pubblica amministrazione, ha qualificato (in seguito alla nuova norma) la cessione di cubatura quale negozio ad effetti reali, ma avente ad oggetto il trasferimento di un ‘interesse legittimo’, di cui il cedente sarebbe titolare nel contesto del procedimento amministrativo(17).

Ma, a tal proposito, si potrebbe evidenziare che la posizione del soggetto che richiede un’autorizzazione edilizia alla pubblica amministrazione non ha una consistenza giuridica ‘attenuata’, dal momento che l’eventuale mancata autorizzazione si atteggia più come un evento dedotto in condizione(18), che nei termini di una incidenza sulla consistenza della situazione soggettiva(19); conseguendone che essa si colloca sul piano della realizzabilità degli interessi perseguiti col negozio di cessione – e quindi degli effetti – più che su quello della qualificazione giuridica della situazione giuridica.

In tal senso, l’autorizzazione amministrativa sembrerebbe rimuovere un limite all’esercizio del diritto di edificare di cui il privato è titolare, per cui egli potrà disporre

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della sua capacità edificatoria senza necessità dell’intervento della p.a. ai fini del perfezionamento della vicenda traslativa inter partes.

3. – Per parte della dottrina il fenomeno dei diritti edificatori introdurrebbe nel nostro ordinamento una nuova figura di diritto reale, assimilabile, per taluni, al diritto di superficie(20). Si tratterebbe in ogni caso di un diritto reale minore, dal momento che nel panorama dei diritti reali vi sono la proprietà e i diritti che nascono per derivazione da essa(21).

L’immediato riferimento al potere di costruire insito nel concetto del ‘diritto edificatorio’ ha fatto appunto pensare ad un diritto reale avente ad oggetto la facoltà edificatoria, che si staccherebbe – per effetto del negozio di trasferimento – in tutto o in parte dal diritto dominicale del cedente andando a costituire un diritto a sé stante che verrebbe acquisito dal cessionario(22).

A fondamento di tale tesi vengono addotti anche argomenti di carattere letterale, tra cui il fatto che se la volumetria fosse stata considerata come ‘bene’ dal legislatore non sarebbe stata necessaria l’autonoma previsione del n. 2 bis, risultando sufficiente ricondurre il ‘bene’ ad una situazione giuridica tipica, quale il diritto di proprietà e la norma di riferimento in tema di trascrizione sarebbe dovuta essere l’art. 2643 n. 1 o 10(23).

Inoltre la medesima dottrina ritiene che il riferimento della norma ai contratti “costitutivi” di diritti edificatori non sarebbe coerente con la qualificazione della volumetria come bene in sé(24).

Sebbene queste argomentazioni abbiano una certa plausibilità, paiono però non decisive dal momento che, come vedremo, nella cessione di cubatura non si determina un fenomeno di compressione o distacco di una facoltà, con conseguente costituzione di un nuovo diritto per derivazione dal diritto di proprietà (come invece dovrebbe affermarsi secondo la tesi qui avversata)(25).

In seguito al trasferimento della capacità edificatoria da un suolo ad un altro, seppur sia ravvisabile una forma di ‘limitazione’ o ‘decurtazione’ (concretantesi appunto nella diminuzione della capacità edificatoria), non viene però inciso il contenuto del diritto di proprietà, ma piuttosto la potenzialità edificatoria – ridotta o azzerata – riferita a quel terreno. Non priva quel trasferimento dunque, strutturalmente, il proprietario del diritto (potenziale) di edificare, come avviene, invece, per effetto della costituzione di un diritto reale minore, in cui il proprietario subisce ‘tecnicamente’ una compressione dei suoi poteri.

Il negozio di ‘trasferimento dei diritti edificatori’, pertanto, determinando la diminuzione dell’edificabilità connessa alla proprietà di un terreno, con correlativo ampliamento di quella connessa ad altro terreno, non comporta l’ablazione del diritto di edificare del cedente con acquisto del medesimo a favore del cessionario(26).

Nel fenomeno qui indagato il cessionario della volumetria è già proprietario di un suolo e quindi titolare di un autonomo potere di edificare che, in seguito al negozio di trasferimento, risulta solo maggiorato (il superficiario invece acquista il diritto di costruire proprio per effetto della costituzione del diritto di superficie). Si cede pertanto la potenzialità di edificare relativa al proprio terreno ad altro soggetto, che vede incrementati i poteri edificatori esercitabili.

Mentre il superficiario, costruendo sul terreno altrui, esercita le facoltà edificatorie del diritto di proprietà altrui, nel trasferimento di volumetria il cessionario costruisce esercitando il proprio diritto, ora ‘accresciuto’(27): in tal senso, il negozio non crea un nuovo diritto e non altera la natura e il contenuto del diritto di proprietà del terreno a cui ineriva la cubatura, (rimanendo quindi il cedente titolare di un diritto di proprietà pieno, strutturalmente idoneo a edificare)(28).

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E infatti nel caso in cui, successivamente, in seguito ad una modifica del piano regolatore, venisse attribuita una ulteriore cubatura al terreno del “cedente”, questi ben potrebbe sfruttarla costruendo. A questa medesima conclusione non si potrebbe invece pervenire qualora si ritenesse che il cedente abbia ‘svuotato’ il suo diritto di proprietà della facoltà di edificare attribuendola ad altro soggetto. Questa era, fra l’altro, una delle obiezioni che venivano rivolte alla tesi della cessione di cubatura nei termini di costituzione di una servitù negativa di non costruire.

Inoltre, altro elemento di ambiguità e incertezza deriva dal fatto che la ‘potenzialità edificatoria’, incidendo sul terreno, ha fatto erroneamente pensare alla compresenza di più diritti sul medesimo suolo – la proprietà da un lato e dall’altro il ‘diritto di costruire’ – da cui il fraintendimento consistente nel qualificare la volumetria quale ulteriore diritto reale (anche per evitare di arrivare all’assurdo di un ‘trasferimento in proprietà di un diritto reale’). Ma in realtà parlando di trasferimento del diritto edificatorio, non si trasferisce un diritto reale distinto dalla proprietà, ma un bene esprimente la misura di ciò che si potrà costruire, in proprietà.

Da quanto argomentato possiamo allora inferire che la cubatura, apprezzandosi quale “misura” ovvero come “entità” della capacità edificatoria, possa essere qualificabile come ‘bene’(29).

In tal senso, il comma 2 bis dell’art. 2463 c.c. non sembra disciplinare un negozio costitutivo di un diritto reale(30).

La possibilità della “cessione in volo” (per cui il diritto edificatorio può essere trasferito ad un soggetto prima che questi divenga proprietario di un terreno, quindi in assenza della individuazione del terreno cosiddetto di atterraggio)(31), non sposta i termini della questione, poiché oggetto della cessione è l’astratta edificabilità di una data misura aritmetica (tot mq di costruzione) che, come tale, può prescindere da un immediato riferimento ad un terreno, invece necessario al momento dell’esercizio in concreto della volumetria acquistata(32). La cessione in volo dei crediti edilizi pone piuttosto altri problemi di tipo operativo inerenti alle modalità di effettuazione della trascrizione.

Nel fenomeno del trasferimento dei cosiddetti diritti edificatori, pertanto, c’è la configurabilità e autonomizzabilità del bene prima dell’“atterraggio”. La volumetria è infatti già bene in sé: prima e indipendentemente dalla costruzione è identificabile un ‘quid’ che è in grado di soddisfare il requisito dell’oggetto dell’atto.

Nella costituzione di un diritto reale – si pensi al diritto di superficie, ad esempio – il riferimento ad un suolo è, al contrario, elemento essenziale ai fini del perfezionamento del negozio costitutivo e alla nascita del diritto stesso.

Nelle vicende dispositive dei diritti edificatori, invece, c’è autonomia tra il diritto e il suolo su cui potrà poi essere esercitato, proprio perché la cubatura è in sé il bene oggetto del contratto, rilevando, la connessione al suolo, solo per renderne attuale l’esercizio(33).

4. – Si cede dunque la volumetria quale “misura” della capacità edificatoria e con riferimento ad essa il trasferimento rinviene il suo oggetto-bene. Ma rispecchiata nella formula utilizzata dal legislatore, “diritto edificatorio”, essa ha, invero, ingenerato dubbi interpretativi.

La considerazione della volumetria sconta indubbiamente una certa ambiguità, favorendo fraintendimenti dogmatici sulla dicotomia ‘bene’ – ‘diritto’, la quale meriterebbe un ripensamento, nel tentativo di chiarire l’espressione ‘diritto edificatorio’(34).

Prescindendo, peraltro, in questa sede, da approfondimenti di tale complessa problematica, può però ribadirsi che il bene in generale – com’è noto – consistendo in ciò che può formare oggetto di un diritto, individua una entità rispetto alla quale il soggetto

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è legittimato a compiere una certa attività(35). Il diritto è, pertanto, qualificazione del potere che un soggetto vanta in ordine ad un bene

Se il bene è l’entità oggettiva e il diritto è la situazione soggettiva di legittimazione rispetto al bene, il legislatore utilizzando il termine ‘diritti edificatori’ allude alle potenzialità di costruire e in questo senso, per traslato, alla volumetria utilizzabile.

Il diritto edificatorio solo apparentemente potrebbe far pensare ad una nuova tipologia di diritti, ma, per quanto già argomentato, non identifica una nuova situazione soggettiva accanto ai diritti conosciuti sulle cose, alludendo solo alla possibilità che il proprietario di un suolo ha di vedere incrementata la capacità edificatoria a seguito del trasferimento dei diritti edificatori da parte di altri. L’ambiguità della norma pare risolvibile, dunque, intendendo il termine ‘diritto edificatorio’ in riferimento non ad una nuova situazione soggettiva ma alla volumetria – assunta nella sua dimensione di bene – quale oggetto di essa.

Ma al riguardo è opportuna una puntualizzazione: quando si parla di cessione del bene non si crea, in ogni caso, una impropria contrapposizione tra bene e diritto. La volumetria si atteggia come bene, ma non è dissociabile dalla posizione soggettiva di titolarità di un diritto. Dalla sua qualificabilità come bene, non consegue certo che non si ceda un diritto sullo stesso(36), non costituendo essi i termini di un’alternativa.

5. – Un altro aspetto merita di essere considerato: il riferimento alla potenzialità edificatoria, quale valore astrattamente apprezzabile, ha indotto parte della dottrina a ricondurre i diritti edificatori tra i beni immateriali(37).

Invero, però, l’individuazione della categoria di beni nella quale includere la volumetria, è tutt’altro che scontata e, data la complessità dei fenomeni coinvolti, investenti ancora il concetto stesso di bene giuridico, si rendono necessarie alcune specificazioni(38).

Molteplici sono – com’è noto – in dottrina le proposte di lettura del concetto di bene: si segnala, ad esempio la proposta di concentrare l’attenzione sul ‘valore’ di scambio, determinando così una oggettivazione che ne evidenzi il profilo patrimoniale (ex art. 2740 c.c.)(39), favorendo quindi una lettura dinamica(40) in luogo di un’idea statica del bene, colto solo nel suo valore d’uso, quale emerge fondamentalmente dalla lettura dell’art. 810 c.c.(41).

L’individuazione teorica in particolare della categoria della immaterialità è notoriamente alquanto discussa(42) e la dottrina più recente ritiene che la distinzione tra materiale e immateriale non si esaurisca solo nell’assenza di corporeità(43), come invece ritenuto secondo uno schematico e primitivo criterio discretivo di ascendenza romanistica,ma che debba essere ripensata tenendo contodel contenuto di esso e anche del riferimento alle modalità di un ‘uso’ diretto del bene(44).

A complicare il piano di indagine, rendendo maggiormente incerta la linea di confine tra il materiale e l’immateriale, ha contribuito l’emersione di una fenomenologia nuova e assai articolata: si pensi agli strumenti finanziari o alla digitalizzazione(45), quali esempi di beni ambigui, per certi aspetti attribuibili alla sfera dell’immateriale, ma aventi caratteristiche non assimilabili, ad esempio, a quelle proprie delle opere dell’ingegno(46).

Il problema che si pone nell’analisi dei diritti edificatori risiede dunque nel valutare se e in che senso sussista assenza di corporeità del ‘bene’ per escluderne la qualificazione quale bene materiale o se debbano concorrere ulteriori elementi.

A tal riguardo si possono svolgere alcune considerazioni: sebbene sia argomentabile in generale che l’immaterialità, in qualche misura, sia presente idealmente in ogni tipo di realizzazione concreta, intesa questa quale sviluppo e esito di un programma e di un procedimento prefigurato, non può non rilevarsi, però, che l’immaterialità, tecnicamente intesa, è da riferirsi alla ‘creazione’ in sé, all’idea estrinsecata, con la fondamentale

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conseguenza che il bene immateriale, anche ove per il suo esercizio debba essere inserito in un supporto materiale, non si esaurisce o trasferisce nel supporto medesimo, ma rimane sempre distinguibile dal bene “corporale“(47). Com’è ormai noto, infatti, la dottrina ha sempre valorizzato nella descrizione dell’opera dell’ingegno, prototipo di bene immateriale, un duplice riferimento all’elemento ideale quale contenuto creativo e all’elemento materiale, quale necessario strumento di estrinsecazione del primo, distinguendosi così il corpus mysticum dal corpus mechanicum.

Da quanto detto emerge che la presenza di un quid che esiste a prescindere dalle forme necessarie per il suo esercizio è tratto identitario dell’‘immateriale’, potendosi così affermare che questo non si identifica solo nell’assenza della tangibilità, ma anche per la sua costante distinguibilità e rilevabilità quale bene ideale rispetto alle forme corporali che ne fungono da supporto.

Ed ecco allora emergere, sotto questi profili, la estraneità della volumetria rispetto alla categoria dell’immateriale (ove tecnicamente intesa): se da un lato, infatti, è riscontrabile una (ovvia) ‘intangibilità’ nel contenuto della correlata situazione soggettiva, consistente nel potere di compiere una attività edificatoria, dall’altro la costruzione, in cui si manifesta il godimento del bene, non è certo equiparabile al ‘supporto materiale’(48), di cui si ragiona nella ricostruzione delle opere dell’ingegno, non potendosi qui ravvisare – neppure astrattamente – come entità separate e distinte una sorta di corpus mysticum e di corpus mechanicum: la cubatura, una volta esercitata, confluisce e si ‘confonde’ con la costruzione(49) o semmai, come si dirà, opera qui la sequenza titolarità – esercizio, propria di ogni situazione soggettiva, ma si tratta, ovviamente, di altra dimensione.

Può aggiungersi che nella volumetria il tratto di ‘intangibilità’, che contraddistingue i beni immateriali, è (forse) ravvisabile solo nel momento della rappresentazione dell’oggetto quale entità autonoma e individuabile ai fini della circolazione, ma non anche nel momento dell’attualizzazione: nella cessione di volumetria (a differenza del diritto di autore) il “destino” del diritto edificatorio non è di restare immateriale, ma di sfociare e trasformarsi in una dimensione materiale.

Del resto, non tutto ciò che è intangibile automaticamente è ascrivibile alla sfera dell’immateriale(50), e di tal guisa non si può affermare che la costruzione, frutto dell’esercizio della volumetria, equivalga alla ‘entità’, attraverso la quale si manifestano o si ‘incorporano’ i beni immateriali, dovendosi così ripensare la qualificazione della volumetria quale bene immateriale(51).

E pertanto nella sua tecnica accezione il bene immateriale può continuare ad essere correttamente e senza equivoco rappresentato(52), come ciò che è ‘evocabile’, quale entità ideale autonoma, e trascende lo strumento materiale (o informatico), la cui funzione si identifica solo in quella di supporto, che manifesta un valore (l’idea creativa) e per mezzo del quale questo acquista dimensione, oggettività e quindi rilevanza giuridica(53).

Al riguardo, si potrebbe in realtà concludere che l’intangibilità della volumetria, espressiva di una misura, invero, pare essere più correttamente riconducibile alla condizione propria di una situazione colta nel momento statico e potenziale del fenomeno prima della sua realizzazione, potendosi così ravvisare, come, del resto, per ogni situazione soggettiva, il momento della titolarità (e della potenzialità) e il momento dell’esercizio, senza dover certo invocare e riproporre la dicotomia immateriale – materiale.

L’apparente incorporeità della volumetria, che la rende non pienamente inquadrabile nella schematica definizione di ‘bene’ indicato dall’art. 810 c.c., è perciò ascrivibile alla sua rilevanza autonoma di “misura” in sé considerata e non già alla intangibilità propria del bene immateriale (quale, come si è visto, è ricostruibile il diritto d’autore), per cui parlare di immaterialità non ha un significato tecnico rigoroso, secondo i canoni ricostruttivi accolti fin qui dal pensiero civilistico.

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6. – Volendo ora operare una sintesi, si può rilevare che le difficoltà emerse in ordine alla individuazione della natura giuridica della volumetria sono forse anche il frutto di un fraintendimento ingenerato dalle peculiari ‘modalità di godimento’ di questa potenzialità edificatoria, consistenti appunto in un’attività (di tipo costruttivo). L’ambigua formula utilizzata dal legislatore, ‘diritti edificatori’, recependo l’incerta individuazione concettuale del fenomeno, ha poi favorito la suggestione che si trattasse di un nuovo diritto reale.

Da qui la necessità di operare una opportuna ‘decodificazione’, innanzitutto facendo chiarezza sulla formula adottata e ribadendo come in realtà non si ponga in ogni caso un’alternativa tra bene e diritto.

La norma parla infatti di ‘diritti edificatori’ per traslato, per significare non già il conio di una nuova figura soggettiva, ma solo la misura di ciò che si può costruire ‘in aggiunta’; in tal senso, la norma esprime una formula riassuntiva della possibilità di trasferire in proprietà la quantità di cubatura realizzabile e non già il diritto di edificare da una sfera proprietaria ad un’altra(54).

Pertanto la novità introdotta dalla norma è ravvisabile (non già nella introduzione di una nuova situazione giuridica soggettiva, ma) nella considerazione della volumetria come oggetto di trasferimento, nonché nella conseguente attribuzione di dignità giuridica alla medesima come bene e quindi più in generale al fenomeno della sua cedibilità.

Essendo, nei limiti descritti, i diritti edificatori una ‘realtà nuova’, il legislatore ha ritenuto opportuno valorizzarne l’autonomia disciplinandoli separatamente e introducendo così nel nostro panorama giuridico una nuova tipologia di bene giuridico.

Anche l’uso del plurale “i diritti edificatori”, nonché il riferimento di chiusura ad altri diritti “comunque denominati”, potrebbe essere un ulteriore indice per ritenere che il legislatore abbia pensato ai medesimi quale bene oggetto del diritto. Non vuole essere questa una sopravvalutazione del dato letterale, ma quella formula, interpretata sistematicamente, ribadisce l’intendimento di riferirsi alla potenzialità edificatoria quale oggetto di cessione.

In tal senso il trasferimento di cubatura si iscrive nella logica descrittiva propria del 2643 n. 1, nel cui ambito il ‘diritto edificatorio’ non evoca un nuovo diritto che interferisce nella sistematica della proprietà e degli altri diritti reali(55). E per questo l’integrazione, più opportunamente, avrebbe dovuto essere inserita come n. 1 bis.

In conclusione, intendendo il diritto edificatorio quale entità indicante la misura di quanto edificabile può, dunque, qualificarsi quale bene giuridico determinato nel suo immediato riferimento ad un valore astrattamente apprezzabile. Con ciò si può dubitare delle tesi che interpretano il comma 2 bis dell’art. 2643 c.c. quale norma introduttiva nel nostro ordinamento di una nuova figura di diritto reale immobiliare.

----------------------- (1) Ceccherini, Il c.d. “Trasferimento di cubatura”, Milano, 1985; Selvarolo, Il negozio di cessione di cubatura, Napoli, 1989; Candian, Il contratto di trasferimento di volumetria, Giuffrè, 1990 e Trasferimento di volumetria, in Digesto Civ., Torino, 2000, 735 e ss.; S. Scarlatelli, La cd. Cessione di cubatura, problemi e prospettive, in Giust. Civ., 1995, 439; Langella, Brevi cenni in tema di cessione di cubatura, in Vita Notar., 2007, 1, 428 e ss.; Patti-Russo, La cessione di cubatura tra diritto privato e diritto pubblico, in Vita not., 2001, 2, 1675 e ss.; Cimmino, La Cessione di cubatura nel diritto civile, in Riv. Notar., 2003, 2, 1113; Lavermicocca, La cessione di cubatura e l’asservimento di area tra presente e futura applicazione, in Urbanistica e Appalti, 2006, 8, 941 e ss.; Bartolini, Profili giuridici del c.d. credito di volumetria, in Riv. Giur. Urbanistica, 2007, 3, II, 302 e ss.; Candian, Chianale, Osservazoni sul cosiddetto trasferimento di volumetria, in Giur. It., 1989; R. Colletti, La servitù e la cessione di cubatura, in Nuova rassegna, 1996, 68; Leo, Il trasferimento di cubatura, in Studi e Materiali del Consiglio Nazionale del Notariato, Milano, 2001, 669 e ss.; Libertini, Sui “trasferimenti di cubatura”, in I contratti del Commercio, dell’industria e del mercato finanziario, trattato a cura di Galgano, 3,

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Torino, 1995, 2253 e ss.; G. Ceccherini, Trasferimento di cubatura e adempimento del cedente tramite presentazione alla p.a. di atto unilaterale di asservimento, in Nuova Giur. Civ. Comm., 2010, 322; A. Gambaro, Compensazione urbanistica e mercato dei diritti edificatori, in Riv. Giur. Edilizia, 2010, 3; F. Felis, Superficie e fattispecie atipiche. La cessione di cubatura, in Contratti e impresa, 2011, 632; G. Amadio, I diritti edificatori: la prospettiva del civilista, in I Quaderni della Fondazione Italiana per il Notariato, n. 3, 2011, 42 e ss.; G. Trapani, Normative speciali e circolazione dei diritti edificatori, in Notariato, 2012, 411; E. Smaniotto, La cubatura e la trascrizione della cessione di cubatura, in Immobili & proprietà, 2012, 374; S. Meucci, Diritti edificatori e regole di circolazione, Padova, 2012; R. Triola, I diritti edificatori e la c.d. Cessione di cubatura, in Trattato di diritto immobiliare, vol. II, I diritti reali limitati e la circolazione degli immobili, diretto da G. Visintini, Padova, 2013, 77.

(2) Pretesa riferibilità che non discende certo dalla trascrivibilità del negozio, essendo questa connessa solo al profilo dell’opponibilità del medesimo, ma che discenderebbe dall’espresso riferimento alla categoria del “trasferimento del diritto”, che non potrebbe essere svalutato intendendolo solo come atecnico riferimento alla possibilità di ‘autorizzare’ l’uso della propria volumetria.

(3) La prassi urbanistica dei trasferimenti di volumetria ha avuto origine con l’introduzione dei cc.dd. standards edilizi, ad opera della legge ponte (n. 765 del 1967) che nell’art. 17 (ora art. 41 quinquies L.U.) ha previsto con riferimento a zone territoriali omogenee, limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, distanza tra i fabbricati, nonché i rapporti massimi tra spazi destinati ad insediamenti residenziali e gli spazi riservati alle attività collettive, al verde pubblico o ai parcheggi. In particolare lo standard planovolumetrico stabilisce la volumetria complessiva delle costruzioni edificabili in una certa zona, fissando limiti inderogabili alla cubatura realizzabile, differenti a seconda della diversa destinazione delle varie zone in cui risulta suddiviso il territorio comunale.

(4) Cass. n. 9081 del 12/09/1998 in Banca Dati CED della Cassazione: la cessione di cubatura da parte del proprietario del fondo confinante, onde consentire il rilascio della concessione a costruire nel rispetto del rapporto area-volume, non necessita di atto negoziale ad effetti obbligatori o reali, essendo sufficiente l’adesione del cedente, che può esser manifestata o sottoscrivendo l’istanza e/o il progetto del cessionario; o rinunciando alla propria cubatura a favore di questi o notificando al Comune tale sua volontà, mentre il cosiddetto vincolo di asservimento rispettivamente a carico e a favore del fondo si costituisce, sia per le parti che per i terzi, per effetto del rilascio della concessione edilizia, che legittima lo “ius aedificandi” del cessionario sul suolo attiguo, sì che nessun risarcimento è dovuto al cedente. Cass. n. 20623 del 24/09/2009 in Banca Dati CED della Cassazione: nella cessione di cubatura si è in presenza di una fattispecie a formazione progressiva in cui confluiscono, sul piano dei presupposti, dichiarazioni private nel contesto di un procedimento di carattere amministrativo; a determinare il trasferimento di cubatura, tra le parti e nei confronti dei terzi, è esclusivamente il provvedimento concessorio, discrezionale e non vincolato, che, a seguito della rinuncia del cedente, può essere emanato dall’ente pubblico a favore del cessionario, non essendo configurabile tra le parti un contratto traslativo. Ne consegue che, qualora il cedente, con la stipulazione dell’atto unilaterale di vincolo avente come destinatario immediato la P.A., si sia prestato al compimento di tutti gli atti necessari per far ottenere al cessionario la concessione per una volumetria maggiore, il mancato rilascio della concessione edilizia maggiorata determina l’inefficacia del negozio concluso dai proprietari dei fondi limitrofi e non già la sua risoluzione per inadempimento del cedente.

(5) Si tenga presente che questa struttura dell’atto, volta a pervenire ad una cessione di cubatura, è stata adoperata dal Comune di Torino nel suo piano regolatore approvato con D.P.R. 6 ottobre 1959, in Gazz. Uff., 21 dicembre 1959, n. 308; si veda Note in tema di cubatura, in Giurisprudenza Italiana, 2010, 550; Gambaro, op. cit., 527.

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(6) Trojani, Tipicità e numerus clausus dei diritti reali e cessione di cubatura. Lo Stato della dottrina e della giurisprudenza e un’ipotesi ricostruttiva originale, in Vita not., 1990, 285-306.

(7) In dottrina, prima della recente integrazione della norma, hanno qualificato il contratto di cessione di cubatura come un contratto ad efficacia obbligatoria, Ceccherini, Il c.d. “trasferimento di cubatura”, cit., 53 ss.; Candian, Il contratto di trasferimento, cit., 101 ss., che, dopo aver negato che la volumetria sia un bene trasferibile, afferma che dal contratto di trasferimento di volumetria nascono una serie di obbligazioni a carico dei contraenti, assunte al fine di realizzare uno specifico risultato: l’aumento di edificabilità verso l’attribuzione di un prezzo. Più in particolare l’obbligazione del tradens è rappresentata da tutte quelle attività necessarie a che la P.A. rilasci il provvedimento concessorio.; Gazzoni, La trascrizione immobiliare, nel Commentario Schlesinger, 2ª ed., Milano, 1998, sub artt. 2643-2645 bis, 659 ss.; R. Triola, op. cit., 82; Id., La cessione di cubatura. Natura giuridica e regime fiscale, in Riv. Notar., 1974, 115 secondo il quale prima dell’introduzione dell’art. 2643, 2 bis c.c. la tesi preferibile era quella del negozio ad effetti solo obbligatori, e in particolare quella che specifica che la cessione di cubatura realizza una rinuncia dietro corrispettivo alla facoltà di edificare, alla quale fa seguito il rilascio da parte della p.a. del permesso di costruire. In giurisprudenza, per la cessione di cubatura quale contratto ad efficacia obbligatoria, con un netto mutamento rispetto ad un suo primo orientamento, la Cassazione (n. 4245 29.6.1981, in Banca Dati CED della Cassazione) ha qualificato il contratto di trasferimento di volumetria quale contratto atipico ad effetti obbligatori, rilevando che “il proprietario di un fondo rinuncia validamente ad una quota di cubatura attraverso una semplice manifestazione di volontà indirizzata all’Ente pubblico (ed espressa tramite l’adesione del “cedente” alla richiesta di concessione edilizia avanzata dal proprietario beneficiario)” e sottolineando che l’impegno assunto dal proprietario cedente opera solo quale presupposto rispetto al momento costitutivo rappresentato dall’intervento dell’Ente pubblico che rilascia la concessione. Secondo questo orientamento della Cassazione, che attribuisce decisiva rilevanza al provvedimento concessorio dell’ente pubblico, per determinare la nascita del vincolo di inedificabilità non sarebbe necessario un contratto tra i due proprietari confinanti diretto alla costituzione della servitù o di altro vincolo reale, ma esso discenderebbe direttamente dalla normativa urbanistica e rientrerebbe nei limiti di diritto pubblico alla proprietà privata. Si veda anche Cass., 22.2.1996, n. 1352, in Nuova Giur. Civ. Comm., 1997, I, 339, la quale infatti stabilisce che “l’accordo con il quale una delle due parti cede parzialmente o per intero la facoltà di edificare dal proprio terreno a quello appartenente all’altra parte, compreso nella stessa zona urbanistica, per consentirle di chiedere e ottenere una concessione per la costruzione di un immobile di volume maggiore di quello a cui avrebbe avuto diritto (c.d. trasferimento di cubatura), ha efficacia soltanto obbligatoria tra i suoi sottoscrittori”. Infatti il trasferimento di cubatura tra le parti e nei confronti dei terzi è determinato esclusivamente dal provvedimento concessorio, discrezionale e non vincolato, che a seguito della rinuncia alla utilizzazione della volumetria manifestata al Comune dal cedente, aderendo al progetto edilizio presentato dal cessionario, può essere emanato in favore di quest’ultimo dall’ente pubblico; con nota di P. De Martinis, Accorpamento urbanistico di più aree, con particolare riferimento al trasferimento di volumetria, in Nuova giur. civ. Comm., 1996, I, 342; Id., Asservimento di area e cessione di cubatura, in Nuova giur. civ. Comm., 1996, II, 213; Cass., 12.9.1998, n. 9081, in Mass. Giust. civ., 1998. Nello stesso senso cfr. anche la giurisprudenza amministrativa: da ultimo, Cons. Stato, 28.6.2000, n. 3637, in Giur. it., 2001, 400.

(8) In dottrina si veda, ad esempio, Picco e Marocco, I c.d. trasferimenti di cubatura, in Riv. Not., 1974, p. 676; Di Paola, Trasferimento di cubatura di area e numero chiuso dei diritti reali, in Riv. not., 1975, p. 547, secondo i quali la cessione di cubatura sarebbe un negozio mediante il quale il proprietario di un fondo lo grava di un peso a favore di altro fondo, secondo lo schema della servitù servitus non aedificandi nel caso in cui il cedente spogli integralmente della capacità edificatoria il fondo, o servitus altius non tollendi nel

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caso in cui le parti vogliano realizzare una parziale cessione di cubatura. In Giurisprudenza Cass. 25 ottobre 1973, n. 2743, in Giust. civ., 1974, I, 922; Cass. 20 dicembre 1983, n. 7499, in Giur. it., 1985, I, 1, 211, la quale, infatti, prendendo spunto da precedenti pronunce nelle quali eventuali deroghe pattizie a previsioni di piano regolatore relative a distanze e a altezze erano state riportate allo schema della servitù, afferma la stessa soluzione per la cessione di cubatura.

(9) In dottrina ritengono che il trasferimento di cubatura sia un atto traslativo di un diritto reale costitutivo di una servitù prediale con contenuto atipico, Picco-Marocco, I c.d. trasferimenti di cubatura, cit., 676; Di Paola, Trasferimento di cubatura di area e numero chiuso dei diritti reali, in Riv. not., 1975, 547; Libertini, Sui “trasferimenti di cubatura”, in Contr. e impr., 1991, 72; Grassano, La cessione di cubatura, in Riv. Notar., 1992, 1076 ss.

(10) Difatti l’interesse del cessionario (nel caso della costituzione di una servitù negativa, proprietario del fondo dominante) non è certo quello di limitare l’edificazione sul suolo confinante, quanto di ottenere esso direttamente una maggiore possibilità di edificazione: cfr. R. Triola,I diritti edificatori, cit., 80.

(11) In dottrina hanno tentato di superare questi rilievi sostenendo che potrebbe configurarsi una servità finalizzata, nella quale il peso sul fondo servente non consisterebbe solo in un’obbligazione di non fare, ma anche in un ‘pati’, cfr. N.A. Cimmino, op. cit., 1136. Critico su questo profilo R. Triola, I diritti edificatori, cit., 80, il quale rileva come non possa rientrare nel contenuto di una servitù la rinuncia alla possibilità di chiedere il risarcimento del danno (ai sensi dell’art. 872 c.c.) per la violazione di norme urbanistiche.

(12) Sulla natura traslativa del contratto di trasferimento di volumetria, v. Cass., 6.7.1972, n. 2235, in Mass. Giust. civ., 1972; Cass., 9.2.1973, n. 641;Cass., 21 marzo 1973, n. 802;Cass. n. 10979 del 14/05/2007, in Banca Dati C.E.D. della Cassazione, secondo la quale la “cessione di cubatura” consiste nel trasferimento di una facoltà inerente al diritto di proprietà, avente pertanto sicure caratteristiche di realità e in quanto tale è assoggettabile all’imposta di registro, giacché secondo la disciplina della detta imposta è suscettibile di imposizione ogni atto di trasferimento di diritti reali immobiliari, inclusa la rinunzia agli stessi. In dottrina si veda N. Grassano, La cessione di cubatura, cit., 1070; S. Scartelli, La c.d. Cessione di cubatura, cit., 287; M. Langella, Brevi cenni, cit., 439.

(13) Molto spesso la Cassazione, avendo l’esigenza di risolvere controversie di natura fiscale, ha preso posizione sulla natura in generale degli effetti, tra obbligatori e reali, trascurando una attenta ricostruzione della natura della volumetria, con conseguente sovrapposizione tra la qualifica della cubatura quale bene giuridico e nuovo diritto reale immobiliare: si veda ad es. Cass. n. 6807 del 14/12/1988 in Banca Dati C.E.D. della Cassazione, in cui da un lato assimila il trasferimento di cubatura ad un negozio traslativo di diritti reali immobiliari e dall’altro a fondamento di ciò osserva come “la facoltà di costruire sul proprio fondo, entro i limiti stabiliti dalle norme e dagli strumenti urbanistici che ne precisano l’ampiezza secondo un determinato rapporto area-volume, si traduce, per il proprietario, in un bene in senso economico-giuridico, in quanto rappresenta un’utilità che amplia il contenuto del diritto di proprietà, e che, quindi, quando, senza cedere anche il suolo cui inerisce, il proprietario rinunzia a sfruttare a suo vantaggio la volumetria permessa per consentirne l’utilizzazione da parte del proprietario del fondo finitimo, l’utilità in questione, dopo il rilascio della licenza edilizia e la realizzazione dell’opera, risulta trasferita dall’uno all’altro proprietario, con conseguente diminuzione ed ampliamento del contenuto del diritto reale a ciascuno d’essi appartenente”.

(14) Tesi anche recentemente ribadita dalla Corte di Cassazione n. 20623 del 24/09/2009, in Banca Dati CED della Cassazione: nella cessione di cubatura si è in presenza di una fattispecie a formazione progressiva in cui confluiscono, sul piano dei presupposti,

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dichiarazioni private nel contesto di un procedimento di carattere amministrativo; a determinare il trasferimento di cubatura, tra le parti e nei confronti dei terzi, è esclusivamente il provvedimento concessorio, discrezionale e non vincolato, che, a seguito della rinuncia del cedente, può essere emanato dall’ente pubblico a favore del cessionario, non essendo configurabile tra le parti un contratto traslativo. Ne consegue che, qualora il cedente, con la stipulazione dell’atto unilaterale di vincolo avente come destinatario immediato la P.A., si sia prestato al compimento di tutti gli atti necessari per far ottenere al cessionario la concessione per una volumetria maggiore, il mancato rilascio della concessione edilizia maggiorata determina l’inefficacia del negozio concluso dai proprietari dei fondi limitrofi e non già la sua risoluzione per inadempimento del cedente.

(15) G. Amadio, I diritti edificatori, cit., 42; nello stesso senso, B. Cretella, Trascrizione degli atti relativi a “diritti edificatori” (cd. cessione di cubatura o di volumetria), in Gazzetta Notarile, 2011, 481, secondi i quali il cedente, con la cessione, distaccherebbe in tutto o in parte la facoltà inerente al proprio diritto dominicale di costruire nei limiti della cubatura concessagli dal piano regolatore e, formando un diritto a sé stante, lo trasferirebbe all’acquirente, a beneficio di un suo fondo, confinante o contiguo.Una soluzione per così dire eterodossa è proposta da G.A. Di Vita, Riflessioni sul tema cessione di cubatura: una lettura provocatoria della novella, in Il Notaro, 2011 89 ss.

(16) Di recente con meditata valutazione nello stesso senso sul punto, A. Gambaro, I beni, in Trattato di dir. civ. e comm., A. Cicu, F. Messino e L. Mengoni, 2012, 126 ss.; nonché E. Bergamo, La cessione dei diritti edificatori, in Il Corriere del merito, 2012, 2, 119. Criticamente sul punto, invece, F. Gazzoni, op. cit., 210; va subito segnalato, in estrema sintesi, (in contrasto con l’affermazione di quest’ultimo Autore secondo la quale “non si comprende quale ruolo possa o debba svolgere la trascrizione”) che invece il ruolo della trascrizione nella circolazione dei diritti edificatori è senz’altro rilevante proprio perché consente l’emersione dei profili attributivi che sono ineludibili in una fattispecie complessa nella quale, altrimenti, l’accordo tra le parti diverrebbe meramente ancillare, o addirittura irrilevante, con un’eccessiva, conseguente enfatizzazione delle regole proprie del diritto amministrativo.

(17) F. Gazzoni, op. cit., 210, secondo il quale la qualificazione nei termini di contratto ad effetti obbligatori non apparirebbe più compatibile “con l’inserimento della previsione della sua trascrivibilità all’art. 2643 n. 2 bis c.c., norma che, ricollegandosi all’art. 2644 c.c., assumerebbe una valenza diversa, con la conseguenza che il contratto di cessione vada ora collocato tra quelli ad effetti reali e non più obbligatori”. Ma ritenendo comunque centrale e preminente il ruolo della pubblica amministrazione, l’A. afferma che la situazione giuridica soggettiva che circola, (escluso che si sia in presenza di un contratto traslativo della proprietà del bene cubatura o derivativo-costitutivo di un diritto reale su cosa altrui, o del trasferimento di un nuovo diritto reale tipico, denominato diritto edificatorio) avrebbe ad oggetto il trasferimento solo dell’interesse legittimo di cui il cedente è titolare nel contesto del procedimento amministrativo. Resterebbe sempre una vicenda di carattere pubblicistico: la cubatura sarebbe la misura dell’interesse legittimo del proprietario di un fondo edificabile ad ottenere un dato provvedimento amministrativo, nel senso che la chance edificatoria non riguarderebbe un provvedimento quale che sia, ma quel provvedimento che autorizza quella data edificabilità, anche, se del caso, maggiorata. Con la conseguenza, pertanto, che non sarebbe l’atto privato di cessione ad assegnare l’ulteriore edificabilità, ma il provvedimento amministrativo. “Staccare la cubatura dal terreno edificabile non ha dunque senso, onde sterile è la distinzione tra titolarità del bene e sua utilizzabilità o concreta fruizione, al fine di doppiare una vicenda unitaria, con una prima fase privatistica, che ipotizza l’esistenza di diritti soggettivi, ed un’altra pubblicistica basata su interessi legittimi. Il fatto che la potenzialità edificatoria sia senza dubbio un valore in termini economici e costituisca un vantaggio, vale solo a qualificare giuridicamente il bene terreno e quindi il regime della relativa proprietà in termini di conformazione, perché la cubatura è proprio il risultato del potere conformativo che, in materia edilizia, spetta alla legge. ... La chance,

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a sua volta, consiste nella possibilità, già esistente nel patrimonio del soggetto, di conseguire un vantaggio economico sperato, essendo inserita in una sequenza causale. Pertanto, pur in presenza di un interesse legittimo, la chance edificatoria è in grado di circolare alla stessa stregua di un diritto di credito, perché il soggetto ha la fondata probabilità che il Comune accolga l’istanza e rilasci il permesso di costruire, riferito a quella data cubatura maggiorata e dunque tenga quel dato comportamento, pur se non dovuto, ma frutto di discrezionalità. Del resto ‘ciò che caratterizza l’interesse legittimo e lo distingue dal diritto soggettivo è soltanto il modo o la misura con cui l’interesse sostanziale ottiene protezione’ e non dunque l’interesse in quanto tale, inteso”.

(18) Lo ius edificandi è una facoltà del proprietario e solo il suo concreto esercizio risulta subordinato al rilascio del titolo abilitativo: si veda in tal senso Corte Cost. 25 gennaio 1980, n. 5, in Giur. Cost., 1980, I, 273, secondo la quale “la concessione a edificare non è attributiva di diritti nuovi ma presuppone facoltà preesistenti, sicché sotto questo profilo non adempie a funzione sostanzialmente diversa da quella dell’antica licenza, avendo lo scopo di accertare la ricorrenza delle condizioni previste dall’ordinamento per l’esercizio del diritto, nei limiti in cui il sistema normativo ne riconosce e tutela la sussistenza”.

(19) Critico nei confronti della qualificazione dei diritti edificatori nei termini di interesse legittimo G. Amadio, op. cit., 42, secondo il quale sarebbe fuorviante ridurre la rilevanza del fenomeno al piano dei rapporti con la pubblica amministrazione. Evidenzia come “la pretesa nei confronti della pubblica amministrazione in tanto potrà esercitarsi e realizzarsi, in quanto il richiedente possa vantare un titolo idoneo ad esercitarla: titolo che precede, logicamente e cronologicamente, l’esercizio della pretesa stessa, collocandosi sul diverso piano di riconoscimento giuridico proprio del diritto civile”.

(20) G. Amadio, op. cit., 53: sebbene neghi la qualificazione dei diritti edificatori quali diritto reale su cosa altrui, ritiene utile “l’assimilazione al diritto di superficie per ricostruire il contenuto della situazione giuridica e descriverne la genesi, che” avverrebbe “analogamente attraverso il distacco di una facoltà inerente il dominio e la sua elevazione a diritto a sé stante”. La previsione di cui al nuovo n. 2 bis dell’art. 2463 c.c. costituirebbe tipizzazione di un contratto e riconoscimento di un nuovo diritto reale.

(21) B. Cretella, Trascrizione degli atti relativi a “diritti edificatori” (cd. cessione di cubatura o di volumetria), in Gazzetta Notarile, 2011, 481: secondo l’impostazione riferita, non si tratterebbe, però, di un diritto reale su cosa altrui, atteso che in tal caso sarebbe necessario che il bene, su cui il nuovo diritto dovesse esercitarsi, fosse oggetto di una concorrente proprietà altrui. Parimenti G. Amadio, op. cit., 53, per il quale non si tratta di diritto reale su cosa altrui, poiché il bene su cui il nuovo diritto deve esercitarsi non è oggetto di una concorrente nuda proprietà altrui. Si veda anche G.A. Di Vita, Riflessioni, cit., 89 ss.

(22) Cass., 6.7.1972, n. 2235, in Mass. Giust. Civ., 1972; Cass., 9.2.1973, n. 641, in Foro it., 1973, I, 2117 e in Riv. notar., 1974, II, 115, con nota di Triola, La “cessione di cubatura”: natura giuridica e regime fiscale. Sempre nel senso che la cessione di cubatura produca effetti analoghi a quelli propri di un diritto reale immobiliare, Cass., 8.10.1976, n. 3334, ivi, 1977, II, 1006. Tale decisione ricomprende nel concetto di area edificabile di cui all’art. 14 della l. 2.7.1949, n. 408 (c.d. legge Tupini) la cessione di cubatura, sul presupposto che ampliare la propria area o aumentarne la volumetria sarebbe la stessa cosa.

(23) G. Amadio, I diritti edificatori, cit., 42; F. Gazzoni, I diritti edificatori, cit., 208 e per una diffusa illustrazione di questa tesi si veda Trapani, op. cit., 103.

(24) Trapani, op. cit., 103; G. Amadio, op. cit., 49, il quale ritiene superflua la qualificazione della volumetria quale bene giuridico, affermando che la previsione normativa di un contratto “costitutivo” di diritti edificatori (oggetto di aggiunta in sede di

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conversione) non sarebbe neppure concepibile considerando la volumetria come bene in sé. Invece il tenore letterario della norma rinverrebbe una coerente spiegazione, ove si costruisse la potenzialità edificatoria quale facoltà insita nel diritto dominicale: di tal guisa il contratto con cui il proprietario, il cui diritto incorpora la potenzialità edificatoria, attribuisce al terzo il suddetto diritto di edificare produrrebbe l’effetto costitutivo-attributivo indicato dalla norma; l’effetto traslativo-derivativo si determinerebbe qualora quel medesimo diritto venga poi ceduto ad altri.

(25) La critica mossa alla tesi dei diritti edificatori quale bene giuridico oggetto di un diritto di proprietà muove dalla considerazione che oggi, (in forza del n. 2 bis), essendo venuti meno gli ostacoli nascenti dal principio del numero chiuso dei diritti reali, non si porrebbe la necessità di “reificare” la volumetria per assicurarle tutela. Cfr. G. Amadio, op. cit., 49.

(26) Si pensi, ad esempio, ad un terreno edificabile che in seguito ad una modifica del piano regolatore viene poi destinato a terreno agricolo: in detta ipotesi il diritto di proprietà sul terreno non risulta certo depotenziato, per il mutamento della qualità del bene, rimanendo invariato il suo contenuto di godimento in modo pieno ed esclusivo di quel terreno (art. 832 c.c.). Seguendo la tesi invece della costituzione di un nuovo diritto reale, assimilabile nel contenuto al diritto di superficie, verrebbe attribuito il diritto di edificare sul suolo altrui, con la conseguente compressione del diritto di proprietà che risulterebbe proporzionalmente “depotenziato”.

(27) Il cessionario della volumetria, esercitando i diritti edificatori attinenti al proprio diritto di proprietà, realizza una costruzione pari a quella capacità maggiorata: il diritto di proprietà non si comprime nelle sue facoltà.

(28) Rimane peraltro da specificare il significato del dato letterale della norma nella parte in cui parla di “costituire”, che, ove tecnicamente inteso, parrebbe invero proprio richiamare la logica della nascita del diritto reale minore che, originandosi per distacco o compressione dalla proprietà, non è fenomeno derivativo ma appunto costitutivo. Dunque, il diritto edificatorio potrebbe, secondo la formulazione della norma, essere oggetto non solo di trasferimento a titolo di proprietà, ma anche compatibilmente di altri diritti reali: appare peraltro problematica la configurabilità di tale ipotesi, per quanto si argomenterà.

(29) L’orientamento che qualifica i diritti edificatori in termini di beni in senso tecnico ex art. 810 c.c. è condiviso in dottrina da A. Gambaro, Compensazione urbanistica, cit., 3; S. Meucci,op. cit., 80, la quale rileva la discontinuità con il dibattito relativo alla proprietà della cosiddetta colonna d’aria, che si originava da una nozione prettamente naturalistica dello spazio.

(30) Pertanto la qualificazione quale bene non discende tanto dall’oggettivazione del diritto di costruire, proprio perché oggetto del trasferimento è la capacità edificatoria di un terreno e non il diritto di costruire inerente al diritto di proprietà sul suolo del cedente.

(31) La “vita” dei diritti edificatori può essere schematizzata in tre fasi: a) il decollo: fase della creazione dei diritti edificatori da parte dell’ente comunale in seguito a procedimenti perequativi, compensativi o incentivanti; b) il volo: fase intermedia in cui i diritti sono già stati attribuiti ma non possono ancora essere esercitati in termini di maggior sfruttamento di capacità volumetrica, rimanendo tuttavia trasferibili a terzi analogamente alle cosiddette aspettative giuridiche; c) l’atterraggio: fase esecutiva dei diritti edificatori, che vengono esercitati aggiungendo la capacità volumetrica prevista ad un fondo diverso da quello che li ha generati.

(32) La diversa genesi di questi diritti edificatori determina differenze in sede di disciplina, non già in ordine alla loro natura: i diritti perequativi rimangono, infatti, assoggettati a revisioni in seguito alle modifiche del Piano che li ha previsti. I diritti compensativi, costituendo il corrispettivo di una prestazione che il privato ha già

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assolto cedendo l’area, sono – o dovrebbero essere – insensibili rispetto alle variazione del Piano. Analogamente i diritti incentivanti o premiali, attribuiti in considerazione dell’effettuazione di un intervento di riqualificazione urbana, sono – o dovrebbero essere – insensibili rispetto alle variazione del Piano.

(33) Così anche S. Meucci, op. cit., 89.

(34) Sui beni in generale, si veda S. Pugliatti, Beni (teoria generale), in Enciclopedia del diritto, vol. V, Milano, 1960, 173, secondo il quale “ il termine ‘bene’ (in senso) giuridico, può essere assunto, per i fini sistematici della scienza, nel significato generico di oggetto della tutela giuridica. Nella terminologia legale, invece, assume normalmente il significato di termine oggettivo di un diritto soggettivo. E in quest’ultimo significato va inteso il termine beni adoperato nel titolo I del libro III del c.c.”; cfr. infra nota 39.

(35) L’art. 810 c.c. non detta una definizione di ‘bene’; in dottrina si è affermato che la cosa diventa bene in quanto sia oggetto e referente di rapporti giuridici,. La scienza giuridica considera i beni sotto il profilo della tutela da parte dell’ordinamento giuridico. Il diritto determina i titoli che garantiscono il godimento, il possesso, la disponibilità dei beni ai soggetti: così S. Pugliatti, op. cit., 173 ss.

(36) In sintesi, quando nel trasferimento di diritti edificatori si parla di cessione del bene-volumetria, lungi dal voler significare che il fenomeno abbia ad oggetto (solo) un bene e non (anche) un diritto, si vuole in realtà solo significare che si ha il trasferimento del diritto (di proprietà) sul bene cubatura, nel senso più volte specificato.

(37) Secondo G. Trapani, Normative, cit., 429, la tesi della cubatura come bene immateriale è proponibile anche sotto il vigore dell’art. 2643 n. 2 bis c.c. ed anzi, proprio perché immateriale, permette di giustificare il trasferimento “in volo”, scisso dalla proprietà di un terreno: “si tratterebbe in specie nell’ipotesi della cubatura di un bene immateriale di origine immobiliare, certamente lecito e possibile e comunque astrattamente dotato delle caratteristiche di cui all’art. 1346 c.c. e quindi determinato o determinabile. Nessun ostacolo si frapporrebbe, in tal caso, ad ammettere che la volumetria possa essere intesa quale bene autonomo in senso economico e di conseguenza costituire oggetto di diritto reali, qualsiasi forma e struttura abbia assunto il negozio; in una tale ottica, andrebbe, poi, distinta la circolazione del bene cubatura dalla sua fruizione: la prima, devoluta esclusivamente alla regolamentazione pattizia, la seconda, subordinata all’esito favorevole dell’attività provvedimentale della pubblica Amministrazione”. Contra G. Amadio, op. cit., 51, secondo il quale l’immaterialità è inconcepibile per un bene che realizza l’interesse ad edificare e quindi non “può trovare realizzazione finale senza una relazione qualificata (proprietà o altro diritto idoneo) con il bene materiale “suolo””. Inoltre il trasferimento “in volo” del bene non realizzerebbe un valore di uso, ma di scambio, proprio di ogni diritto suscettibile di circolazione, onde i diversi modelli di diritto, in base a questo criterio, sarebbero indistinguibili.

(38) Cfr. per una trattazione dei beni giuridici, fra tanti, oltre S. Pugliatti, Beni, cit. 765; recentemente P. Grossi, I beni: itinerari fra ‘moderno’ e ‘post-moderno’, in Riv. trim. di dir. e proc. Civ., 1059, 2012 e A. Gambaro,I beni, in Comm. al c.c. Cicu-Messineo, Milano, 2012; si veda da ultimo L. Carota, I beni, in Trattato di diritto immobiliare, vol. I, tomo II, diretto da G. Visintini, Padova, 2013, 3ss.; cfr. per la registrazione dell’attuale orientamento verso ‘l’immateriale’, F. Zenati, Le immatériel et les choses, in Arch. phil. droit (43), 1999, p. 79; orientamento e tendenze, produttivi di rilevanti implicazioni, indotti dallo sviluppo tecnologico e dai caratteri della globalizzazione nell’economia e nel diritto: cfr. per alcune indicazioni essenziali, Ceri-Borgna (a cura di), La tecnologia per il XXI secolo, Torino, 1998; Ferrarese, Le istituzioni della globalizzazione, Bologna, 2000; Id., Il diritto al presente, Bologna, 2002; Irti, Le categorie giuridiche della globalizzazione, in Riv. dir. civ., 2002, I, p. 625 ss.; Stiglitz, La globalizzazione e i suoi

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oppositori, Trad. it. di D. Cavallini (Torino 2002); P. Grossi, Globalizzazione, diritto, scienza giuridica, in Foro it., 2002, V, p. 151 ss.; De Luca, Teoria giuridica e cyberspazio, in F. Maschio (a cura di), Il diritto della nuova economia, Padova, 2002, p. 749 ss.; Galgano, La globalizzazione nello specchio del diritto, Bologna, 2005; G. Giacobbe, Dimensione territoriale e sistema di valori nel diritto civile, in Riv. dir. civ., 2006, I, p. 101 ss.; G. Resta, Diritti esclusivi e nuovi beni immateriali, Torino, 2010.

(39) Si consideri oggi, ad esempio, la rilevanza della categoria, non solo tipologica ed economica, ma anche giuridica, dei valori mobiliari finanziari: cfr. F. Alcaro, Riflessioni ‘vecchie’ e ‘nuove’ in tema di beni immateriali: Il diritto d’autore nell’era digitale, in Rass. dir. civ., 2006, 953.

(40) F. Alcaro, Riflessioni, cit., 954 il quale si domanda “se e in che modo e in che senso il processo attuale di dematerializzazione dei beni ponga in risalto, e con quali effetti, un indice di attività, come elemento di conformazione e modalità di fruizione. Per un verso, infatti, viene a manifestarsi e ad accentuarsi un’attività di fruizione di tipo dispositivo in ordine al ‘bene’, che prescinde dal godimento materiale di esso; per un altro verso – che è poi conseguenziale al primo – l’immaterialità del bene postula atteggiamenti utilizzativi che siano idonei a permettere l’‘accesso’ all’uso del bene o a costituire la modalità che renda possibile l’esercizio del potere su di esso.” Cfr. per la valorizzazione di tali profili, Gius. Rossi, Il cyberlaw tra metafore e regole, in Riv. dir. civ., 2002, p. 779 ss.

(41) Cfr. Maiorca, voce Beni, in Enc. Giuridica, 1988, p. 11 ss.; in particolare Jannarelli, Beni, interessi, lavori. Profili generali, in Tratt. dir. priv. europeo, a cura di Lipari, II ed., Padova, 2003, p. 312.

(42) Il problema teorico dell’inquadramento giuridico della categoria dei beni immateriali è notoriamente connesso in dottrina al carattere di approssimazione, di relatività e di imprecisione delle qualifiche ‘materiale’ o ‘corporale’, ‘immateriale’ o ‘incorporale’ attribuite ai beni, si veda in tal senso ex multis, cfr. P. Greco, voce Beni immateriali, in Noviss. Dig. It., Torino, 1958, 357 ss.; Biondi, I beni, in Trattato Vassalli, Torino, 1956, 11 ss.; Are, voce Beni immateriali, in Enc. dir., Milano, 1959, 244 ss.; R. Franceschelli, Beni immateriali (Saggi di una critica del concetto), in Riv. dir. ind., 1956, I, 381 ss.; Messinetti, Oggettività giuridica delle cose incorporali, Milano, 1970; Id., voce Beni immateriali, in Enc. giur. Treccani, 1988; Pugliatti, voce Beni, cit., 184; Id., voce Cosa (Teoria generale), in Enc. dir., Milano, 1962, 33 ss., il quale nega la coincidenza della distinzione fra res corporales e incorporales e quella fra cose materiali e immateriali; Scozzafava, Dei beni, in Il codice civile. Commentario Schlesinger, Milano, 1999, p. 4 ss.; Zeno Zencovich, voce Cosa, cit., 438 ss.; G. Resta, op. cit., 21 ss. La tematica dei beni immateriali ripropone la discussione sul rapporto cosa-bene, mai sopita: cfr. R. Franceschelli, Beni immateriali, cit., p. 390 ss.; Maiorca, La cosa in senso giuridico. Contributo alla critica di un dogma, 1937, rist. Camerino 1981, p. 14 ss.; Pugliatti, voce Cosa (Teoria generale), cit., p. 19 ss.; Id., voce Beni, cit., 59. La questione è stata studiata principalmente in relazione al diritto d’autore: cfr. Ascarelli, Teoria della concorrenza e dei beni immateriali, cit., 698; Oppo, Creazione ed esclusiva nel diritto industriale, in Riv. dir. comm., 1964, 187 ss.; Greco-Vercellone, Le invenzioni e i modelli industriali, in Trattato Vassalli, Torino, 1968, 39, i quali hanno messo in risalto, quale principale profilo problematico, la necessaria sua ‘estrinsecazione’ sia pure in una qualunque forma, anche orale, al fine di poter considerare l’opera dell’ingegno oggetto del diritto correlativo e quindi di offrirgli una tutela. Varie sono le ipotesi al riguardo: resta fermo che l’opera dell’ingegno s’identifica con la creazione (dell’opera) che diviene “il titolo originario dell’acquisto del diritto di autore” (art. 2576), consistendo quindi nel suo elemento costitutivo. Si è al riguardo rilevato che il titolo d’acquisto del diritto d’autore sull’opera dell’ingegno, bene immateriale, tende a coincidere con il titolo di acquisto del diritto stesso sul bene mediante il quale quella si estrinseca, pur restando essi distinti, sul punto si veda Oppo, op. cit., 190 e Ascarelli, op. cit., 694.

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(43) F. Alcaro, Riflessioni, cit., 987, secondo il quale “nello scenario storico delle tipologie dei beni e dei relativi procedimenti di produzione, riferito a tempi meno recenti, il problema della distinzione si esprimeva e si risolveva essenzialmente in termini naturalistici e in chiave dogmatica, con l’intendimento di definire astrattamente ciò che atteneva all’immateriale: e difatti gli studi in materia coerentemente hanno indagato con insistenza il rapporto fra ‘corpus mechanicum e corpus mysticum’, cioè fra elemento materiale, strumento e forma di estrinsecazione, e l’idea, la creazione, il contenuto di pensiero, l’‘opera dell’ingegno’, mirando a chiarire l’oggetto del diritto e il titolo di acquisto, la qualificazione e la natura dell’oggetto, per dedurne poi le implicazioni sistematiche e disciplinari, anche, ovviamente, in chiave di tutela, sul presupposto specifico e rilevante della riproducibilità, in via di principio, in più esemplari dell’opera dell’ingegno”.

(44) Rivelano una costante attualità le riflessioni di R. De Stefano, Il problema del diritto non materiale, Milano, 1955, 144 ss. pur in una prospettiva più generale, sulla dimensione immateriale della realtà.

(45) Si pensi al recente fenomeno della c.d. dematerializzazione degli strumenti finanziari, secondo quanto previsto dalla disciplina introdotta dal D.lgs. n. 213 del 1998 art. 28 (e ulteriori aggiunte succesive, tra cui da ultimo D.Lgs. 179/2012) che segna il passaggio da un sistema basato sul possesso di un documento (la ‘chartula’) ad un altro imperniato sulla registrazione-iscrizione su un conto, con tutte le implicazioni conseguenziali: in tema di circolazione di tali ‘beni’, non assimilabili tout court alle res corporales, di tutela (anche possessoria), e naturalmente, di ricostruzione strutturale.

(46) P. Grossi, op. cit., 1075.

(47) Com’è ormai noto, la dottrina ha sempre valorizzato nella descrizione dell’opera dell’ingegno un duplice riferimento all’elemento ideale quale contenuto creativo e all’elemento materiale, quale necessario strumento di estrinsecazione del primo, distinguendosi così il corpus mysticum dal corpus mechanicum, cfr. F. Alcaro, Riflessioni, cit., 988.

(48) Quindi la costruzione in cui si estrinseca il godimento del bene ‘volumetria’ è fenomeno ben diverso dalla riproduzione in un supporto materiale necessaria per il godimento di taluni beni immateriali: si pensi, appunto, al diritto d’autore, tipico bene immateriale, il cui oggetto è l’idea creativa riproducibile in una molteplicità di esemplari, ma ciò che è discretivo è il rapporto che si instaura tra il contenuto del bene immateriale e la sua riproduzione. In tale prospettiva, non può dunque non rilevarsi una netta distinzione con la volumetria.

(49) Quindi, sebbene la volumetria, indicante una potenzialità edificatoria, consista nel potere di compiere una certa attività, privo di un immediato riferimento ad un corpo materiale, non si può però non porre in evidenza che essa, concretizzandosi nella realizzazione di una costruzione, perde ogni riferimento ad un’entità “ideale”, che è invece il tratto contraddistintivo dei beni immateriali.

(50) I diritti edificatori si potrebbero – forzatamente – collocare in quello scenario di ampliamento della categoria dell’immateriale, intesa in senso lato, che si specifica in una pluralità di significati, di modelli e di statuti (‘ontologici’ e quindi ‘giuridici’), che, nel loro insieme, la differenziano da quella usuale e tradizionale, connotata essenzialmente in senso negativo, per la sua contrapposizione a ciò che è corporale. La dematerializzazione o ‘digitalizzazione’ riguarda il versante degli strumenti di estrinsecazione dell’opera creativa, ma ciò non implica l’identificazione o la confusione con l’‘immateriale’, inteso fin qui quale contenuto d’idee (di carattere creativo) ‘trascendente’ la forma espressiva, cfr. Di Ciommo, Internet e crisi del diritto privato: tra globalizzazione, dematerializzazione e anonimato virtuale, in Riv. crit. dir. priv., 2003, p. 117 ss. Cfr. recentemente P. Grossi, op. cit., 1076, il quale rileva come la straordinaria

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evoluzione tecnica ha reso possibile una serie di soluzioni completamente de-materializzate; fenomeno, quello della dematerializzazione, in cui il bene si dissocia dalla cosa fino a divenire un’entità simbolica, incarnando un valore in sé. –

(51) Critico nei confronti della volumetria quale bene immateriale anche F. Gazzoni, op. cit., 209, secondo il quale può, innanzi tutto, ben contestarsi che, ammessane la configurabilità, la cubatura sia un bene immateriale, non solo perché semmai dovrebbe parlarsi di cosa materiale priva di forma corporale sensibile, al pari, ad esempio, delle energie, ma anche perché la cubatura è strettamente legata, e quindi condizionata, dalla materialità piena ed assoluta del terreno, a prescindere dal quale essa non è concepibile.

(52) Il bene immateriale ha un contenuto creativo che trascende il ‘mezzo’ la cui funzione resta identica, qualunque sia la sua strutturale consistenza, materiale o dematerializzata.

(53) F. Alcaro, Riflessioni, cit., 951.

(54) Non potendo essere configurata come un diritto soggettivo autonomo che può essere separato dal diritto di proprietà di un fondo per andare ad ampliare il contenuto di un altro diritto di proprietà.

(55) Quindi il diritto edificatorio è assunto nella sua dimensione di bene, ma il legislatore, attesa la specificità del fenomeno, ha ritenuto opportuno dedicare un ulteriore comma il 2 bis alla fattispecie in oggetto.

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La cessione di cubatura tra diritto reale e bene immateriale

Cimmino Rocco (*)

c.c. art. 2643

c.c. art. 2644

FONTE Notariato, 2014, 2, 152 Diritti reali

Con la previsione dei c.d. diritti edificatori, da parte dell'art. 2643, n. 2-bis, c.c., il legislatore dà finalmente risposta alle numerose istanze di regolamentazione, sollevate sia in dottrina che in giurisprudenza. La nuova previsione codicistica, tuttavia, non risolve la questione relativa all'inquadramento dogmatico dell'istituto.

Sommario: 1. Il nuovo art. 2643, n. 2-bis. Delimitazione del campo d'indagine - 2. La cessione di cubatura prima della novella. Le principali ipotesi ricostruttive - 3. Un nuovo diritto reale immobiliare e il principio di tipicità - 4. La volumetria come bene giuridico immateriale

1. Il nuovo art. 2643, n. 2-bis. Delimitazione del campo d'indagine

Il D.L. 13 maggio 2011, n. 70 (c.d. "decreto sviluppo"), convertito nella L. 12 luglio 2011, n. 106, si inserisce prepotentemente nel decennale dibattito dottrinale circa la ricostruzione dogmatica della cessione di cubatura. La norma, novellando l'art. 2643 del codice civile con l'introduzione del numero 2-bis, impone la trascrizione dei contratti che trasferiscono, costituiscono o modificano i diritti edificatori comunque denominati(1). Il legislatore, perseguendo tra l'altro lo scopo della tipizzazione di un nuovo schema contrattuale di uso nella prassi: la cessione di cubatura, intende fornire una risposta a tutte quelle istanze di regolamentazione dell'istituto sollevate dalla giurisprudenza(2). Conseguenza immediata è l'applicazione dell'art. 2644 c.c. ai trasferimenti di volumetria, con l'effetto fondamentale di rendere inopponibili al terzo acquirente la costituzione, il trasferimento o la modificazione di diritti edificatori, qualora non trascritti o trascritti successivamente.

La novità legislativa, tuttavia, non elimina il problema della natura reale o meno dei "diritti edificatori", rischiando, al contrario, di alimentare quella forviante e "tradizionale" sovrapposizione tra natura del diritto trasferito e natura degli effetti del trasferimento. La confusione tra profilo circolatorio e profilo ontologico, perpetrata da un cospicuo filone dottrinale(3), rende ancor più difficile la corretta ricostruzione del fenomeno(4).

Esigenze di economicità imposte al presente lavoro inducono, necessariamente, a restringere il campo d'indagine ad uno dei profili sopra esposti. Ebbene, l'esatta individuazione dell'oggetto della cessione e la sua qualificazione tecnico-giuridica, appaiono pregiudiziali rispetto all'individuazione della disciplina applicabile, nonché rispetto alla corretta declinazione dello strumento negoziale utilizzabile per il trasferimento della volumetria.

Da un punto di vista strettamente civilistico assume un ruolo centrale la natura giuridica della situazione trasferita: i diritti edificatori, di cui parla l'art. 2643, n. 2-bis, sono ascrivibili al genus dei beni in senso economico-giuridico (e sentitamente dei beni immateriali) o costituiscono, piuttosto, un nuovo diritto reale? Solo fornendo una risposta esaustiva a tale quesito si potrà indagare, con maggiore consapevolezza, il profilo circolatorio del trasferimento di cubatura.

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Punto di partenza dell'indagine è il concetto stesso di volumetria che trae origine dalla "legge Ponte" (la n. 765 del 1967) la quale, introducendo l'art. 41-quinquies della legge urbanistica del 1942, immette nell'ordinamento i c.d. standards urbanistici ed edilizi. Si tratta di parametri urbanistici volti a determinare gli indici di densità edilizia, di altezza e distanza tra i fabbricati, nonché i rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi, spazi pubblici e aree destinate a parcheggio.

Lo standard di tipo plano-volumetrico (c.d. cubatura o volumetria) indica, in termini strettamente ingegneristici, il rapporto tra il volume edificabile e la superficie del fondo disponibile. In altre parole la cubatura esprime l'indice di edificabilità che la legge o, nei limiti da questa stabiliti, il piano regolatore fissano per ogni zona con riferimento alle aree edificabili comprese nella zona stessa ed in misura proporzionale alla loro superficie.

La funzione di tale standard è quella di consentire uno sviluppo edilizio controllato; esso non implica una distribuzione della potenzialità edificatoria tra i proprietari dei fondi, comportando, invece, la distribuzione del carico edilizio sul territorio, indipendentemente da come esso sia frazionato tra i privati(5).

2. La cessione di cubatura prima della novella. Le principali ipotesi ricostruttive

L'accennata sovrapposizione (rectius: confusione) tra diritto trasferito e natura degli effetti del trasferimento ha ispirato diverse ricostruzioni che spesso, piuttosto che indagare il fenomeno dal punto di vista ontologico, si esauriscono nella predisposizione di mere modalità operative (più o meno) idonee a conseguire un determinato risultato.

La cessione di cubatura(6) si colloca in una zona di confine tra il diritto privato ed il diritto pubblico, coinvolgendo interessi di diversa natura: da un lato l'interesse dei proprietari dei due fondi a realizzare il trasferimento della potenzialità edificatoria, dall'altro l'interesse pubblico al rispetto delle prescrizioni urbanistiche vigenti. Per questo l'istituto de quo è considerato, da più parti, una fattispecie eterogenea che si compone dell'accordo privatistico e del provvedimento della Pubblica Amministrazione. L'effetto del trasferimento della volumetria è la risultante di queste due fasi: il rilascio della concessione edilizia maggiorata (o del permesso di costruire in misura maggiorata) ha nell'accordo tra privati il suo presupposto ontologico e funzionale(7).

Nel tentativo di conciliare il trasferimento di volumetria con le categorie tradizionali e "rassicuranti" dei diritti assoluti e dei negozi ad effetti reali, gli interpreti, prima della novella del 2011, ricostruivano la cessione di cubatura come una rinunzia abdicativa o traslativa, ovvero come una costituzione di servitù o un trasferimento di un diritto reale sui generis(8). Si tratta di soluzioni che, dal punto di vista operativo, presentano l'indubbio vantaggio della opponibilità erga omnes dell'incremento di volumetria, e della relativa trascrivibilità dell'atto di cessione(9).

In particolare la tesi della rinunzia traslativa riscuote un certo seguito soprattutto nella giurisprudenza più risalente(10). Secondo i giudici di legittimità l'acquisto della maggiore capacità edificatoria, da parte del c.d. "cessionario", non è un effetto automatico (come nel caso della rinunzia abdicativa(11)), bensì volontario, discendendo direttamente dalla dichiarazione del rinunziante di voler beneficiare un determinato soggetto, dietro corrispettivo, delle potenzialità edificatorie espresse dal proprio fondo.

La teoria della rinunzia traslativa ha molti punti in comune con la ricostruzione della cessione di cubatura quale trasferimento di un diritto reale sui generis(12). La capacità edificatoria integrerebbe un nuovo diritto reale, atipico, suscettibile di autonoma cessione attraverso i tradizionali schemi negoziali a causa traslativa(13).

Entrambe le ricostruzioni individuano l'oggetto della cessione in una delle facoltà in cui si estrinseca la proprietà fondiaria (lo "jus aedificandi") che, staccandosi dall'originario

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diritto del cui contenuto fa parte per accrescere il diritto del proprietario di un altro fondo, verrebbe a configurarsi come autonomo diritto reale immobiliare, sui generis.

In realtà, la facoltà di costruire fa parte del più ampio contenuto del diritto dominicale, e non può essere concepita come un diritto soggettivo autonomo che possa essere separato dal diritto di proprietà di un fondo per andare ad ampliare il contenuto del diritto di proprietà di un altro fondo(14): esso è inerente al diritto di proprietà, inscindibile da esso, seppure in attesa di espansione(15). A ciò si aggiunga l'obiezione fondata sul principio del numero chiuso dei diritti reali, principio che può essere derogato da norme di pari grado rispetto a quelle codicistiche, non certo da disposizioni di fonte regolamentare (come i piani regolatori generali comunali)(16). Appare dunque insostenibile la tesi secondo la quale strumenti locali di pianificazione territoriale possano creare una nuova figura di diritto reale, non contemplata dal codice civile, di cui potrebbero giovarsi solo alcuni soggetti (i proprietari di aree comprese nel territorio di un comune le cui norme urbanistiche consentano il trasferimento di cubatura) e non altri (i titolari di suoli ricompresi in territori comunali ove tali trasferimenti non siano consentiti).

Nel tentativo si superare le critiche fin qui mosse, senza smarrire però i vantaggi pubblicitari propri dei negozi ad effetti reali immobiliari, la prassi commerciale risolveva il problema della cessione di cubatura ricorrendo all'istituto della servitù(17). La convenzione tra i privati, prodromica rispetto al provvedimento amministrativo, sarebbe riconducibile ad un atto costitutivo di servitù non aedificandi o altius non tollendi. In altre parole il "cedente" costituisce a carico del proprio fondo una servitù di non edificare, ovvero di non edificare oltre una certa volumetria, in favore del fondo del "cessionario" il quale vedrebbe, di fatto, aumentata la potenzialità edificatoria del proprio suolo. Al fine di evitare abusi ai danni del comune interessato dallo "spostamento" di volumetria, la costituzione di servitù veniva normalmente affiancata da un atto unilaterale d'obbligo del cedente in favore del medesimo ente comunale, avente ad oggetto l'inedificabilità totale o parziale del fondo.

Anche in questo caso la centralità della Pubblica Amministrazione viene confermata, qualificando il rilascio della concessione edilizia maggiorata quale condizione volontaria di efficacia sia della costituzione di servitù sia dell'atto d'obbligo.

Di là dalle critiche che vengono mosse tradizionalmente alla teoria della servitù(18), questa ricostruzione è l'esempio più evidente della confusione, sopra accennata, tra natura del "diritto" trasferito e natura degli "effetti" del trasferimento: tale soluzione piuttosto che inquadrare la cubatura sotto il profilo ontologico, si preoccupa di rispondere a mere esigenze commerciali, individuando la tecnica operativa più "sicura"; essa appare, tra tutte, la soluzione più lontana dall'esatta configurazione dogmatica della volumetria, questione pregiudiziale rispetto all'individuazione dello strumento negoziale più idoneo al suo trasferimento(19).

Una diversa corrente di pensiero(20), valorizzando il momento pubblicistico su quello privatistico, nega la produzione di un effetto traslativo ad opera della convenzione stipulata tra i privati, collegando quest'ultimo al provvedimento amministrativo. Il negozio di cessione di cubatura sarebbe, in realtà, una fattispecie complessa, a formazione progressiva, in cui il primo elemento è rappresentato dall'accordo privato ad effetti meramente obbligatori, mentre il secondo elemento (perfezionativo e non mero requisito di efficacia) è costituito dall'emanazione del provvedimento da parte della Pubblica Amministrazione. In particolare, in forza della suddetta convenzione, sorge a carico del "cedente" l'obbligo di non richiedere il titolo abilitativo per lo sfruttamento (in tutto o in parte) della volumetria espressa dal proprio fondo, nonché l'impegno di aderire alle richieste del "cessionario" verso l'ottenimento di un permesso di costruire riferito ad una cubatura maggiorata.

Questa ricostruzione, negando il trasferimento di un diritto reale, rende impossibile la trascrizione del negozio stipulato dai privati, e dunque non garantisce né il cessionario né

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i terzi da possibili abusi da parte del cedente(21), a discapito della conservazione della c.d. "cubatura media di zona"(22).

3. Un nuovo diritto reale immobiliare e il principio di tipicità

Le tradizionali obiezioni mosse alla teoria del diritto reale autonomo sarebbero definitivamente superate dal riconoscimento normativo dei "diritti edificatori", operato dall'art. 2643, n. 2-bis, c.c.

La previsione di contratti che trasferiscono, costituiscono o modificano i diritti edificatori implica, secondo autorevole dottrina(23), un'assunzione di consapevolezza, da parte del legislatore, di quel fenomeno economico e giuridico conosciuto, nella prassi commerciale, come cessione di cubatura; mentre l'indicazione di diritti edificatori comunque denominati, previsti da normative statali o regionali, ovvero da strumenti di pianificazione territoriale, può considerarsi un chiaro indice della volontà legislativa di introdurre nel sistema un nuovo diritto reale, inteso quale situazione giuridica soggettiva autonoma, disponibile indipendentemente dal trasferimento della proprietà del suolo(24). Il legislatore avrebbe finalmente qualificato la cubatura come un vero e proprio "diritto immobiliare", un diritto reale e tipico.

Nonostante la sua chiara collocazione pubblicitaria, l'art. 2643 n. 2-bis nasconde un rilevante profilo sostanziale, considerata anche l'espressa motivazione di accompagnamento della nuova disposizione(25). La norma, oltre ad introdurre un nuovo tipo negoziale (il negozio costitutivo, traslativo o modificativo di diritti edificatori), ha riconosciuto al diritto de quo dignità di situazione giuridica soggettivamente autonoma, disponibile indipendentemente dal trasferimento della proprietà del suolo.

Se la tipizzazione del nuovo diritto edificatorio, quale diritto immobiliare, fosse stata già operata da un'altra norma sostanziale, le relative vicende circolatorie sarebbero già trascrivibili ai sensi dell'art. 2645 c.c. e la norma appena introdotta sarebbe inutile(26).

L'introduzione di una disposizione distinta ed autonoma, all'interno dell'art. 2643 c.c., impone una netta distinzione dei diritti edificatori rispetto agli altri diritti reali. Il diritto edificatorio attribuisce un'utilità positiva a colui che lo acquista: la possibilità di edificare utilizzando la volumetria ceduta, salva la necessità del titolo abilitativo edilizio. Tale utilitas corrisponde ad una delle facoltà di godimento del fondo "asservito" ed opera in modo non dissimile dagli altri diritti reali immobiliari(27).

La dottrina in esame, pur riconoscendo la mancanza di un'espressa e compiuta disciplina positiva, non esita a qualificare la fattispecie de qua come un diritto reale "nominato", in quanto espressamente contemplato dalla legge, e quindi coerente con il principio di tipicità dei diritti reali(28). Secondo tale impostazione era proprio l'assenza di una previsione normativa ad hoc ad imporre la ricostruzione dogmatica della volumetria quale "bene giuridico" in sé, idonea ad impedire la violazione del principio del numerus clausus dei diritti reali(29), esigenza venuta meno a seguito dell'intervento normativo del 2011.

Infine l'ennesimo dato letterale, desumibile dal combinato disposto dei numeri 2-bis e 3 dell'art. 2643 c.c. Quest'ultima disposizione, che impone la trascrizione dei contratti che costituiscono la comunione dei diritti menzionati nei numeri precedenti, sarebbe una conferma ulteriore della natura reale dei diritti edificatori: la comunione è un fenomeno normativamente riferibile proprio alla proprietà e agli altri diritti reali(30).

Se la volumetria fosse un bene, non sarebbe stata necessaria l'autonoma previsione del n. 2-bis, ma sarebbe semplicemente stato sufficiente ricondurre il medesimo bene ad una situazione giuridica tipica, quale il diritto di proprietà. In questo senso andrebbe letta la stessa evoluzione testuale della norma in sede di conversione che, con la previsione del

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contratto costitutivo del diritto edificatorio, renderebbe inconcepibile la volumetria in termini di bene giuridico.

4. La volumetria come bene giuridico immateriale

Risulta fin troppo agevole partire da argomentazioni testuali per accedere alla ricostruzione dogmatica della cubatura in termini di bene giuridico immateriale, ricostruzione che appare comunque preferibile(31).

Certamente non è riferibile al n. 2-bis dell'art. 2643 c.c. il brocardo in claris non fit interpretatio(32), in quanto la norma sembra espressione di quella tecnica legislativa che sempre più spesso, negli ultimi anni, si presenta approssimativa e sganciata dall'impianto codicistico. La stessa collocazione dei diritti edificatori in sede pubblicitaria potrebbe determinare l'insorgere di dubbi e perplessità sulla portata sostanziale della novella(33).

In favore della tesi della reificazione della volumetria(34) si potrebbe sottolineare la formulazione atecnica della nuova disposizione: l'espressione "diritti edificatori", in contrasto con il singolare "diritto", utilizzato negli altri numeri dell'art. 2643 c.c., suggerisce il riferimento, non ad un diritto reale vero e proprio (come negli altri casi), quanto ad una generica espressione, di ampia portata, idonea a ricomprendere i concetti di "cubatura", "volumetria" e simili, come sembrerebbe confermare quel successivo e onnicomprensivo "comunque denominati", a significare proprio un utilizzo atecnico dell'accezione(35).

In realtà è dal concetto stesso di "bene" che bisogna partire per verificare la tenuta della ricostruzione de qua: "Sono beni le cose che possono formare oggetto di diritti"(36). Secondo l'impianto codicistico si deve attribuire al termine "cosa" il significato di porzione materiale o ideale, ma determinata nel mondo esteriore, che diviene "bene" in senso tecnico laddove sia idonea ad adempiere ad una certa funzione economico-sociale. Una res può essere oggetto di rapporti giuridici solo in quanto bene, e dunque se idonea a soddisfare un bisogno umano giuridicamente tutelabile(37).

Com'è noto, si tratta di concetti di cui la dottrina(38) tende a fornire una lettura estensiva: il concetto di "bene", diversamente dal concetto di "cosa", è comprensivo non solo delle entità materiali o corporali (ivi comprese le energie) che, in senso giuridico, sono idonee a soddisfare i bisogni umani, ma anche di altri valori ugualmente idonei a fungere da oggetto di diritti. Il concetto di bene ha, dunque, dei contorni più ampi rispetto al concetto di cosa; esso comprende non solo le cose materiali o corporali, ma anche entità immateriali che, pur non essendo cose in senso tecnico, sono in grado di soddisfare interessi meritevoli di tutela.

Così leggendo l'art. 810 c.c., non si ravvisano ostacoli alla qualificazione della cubatura come un bene giuridico in senso tecnico, in grado di soddisfare svariate esigenze (abitative, lucrative, etc.) e quindi, come tale, astrattamente trasferibile(39). La realtà economico-commerciale (emersa con forza già prima della novella del 2011) conferma che la volumetria rappresenta un valore economico autonomo, in grado di staccarsi dalla proprietà del suolo per formare oggetto di autonoma negoziazione tra i privati(40); si tratta di un bene in sé, proprio perché giuridicamente del tutto indipendente dalla realizzazione di un fabbricato futuro, edificato in forza di essa(41).

Facendo tesoro dell'insegnamento di Salvatore Pugliatti(42), si potrebbe attribuire alla cubatura la natura di bene immateriale di origine immobiliare(43). Secondo tale dottrina, infatti, i beni immobili sono tali per effetto dell'accessione, in virtù di un legame che opera finché non venga sciolto. La qualità immobiliare discende dalla incorporazione naturale o artificiale rispetto al suolo e si verifica allorquando la cosa mobile faccia corpo al suolo e si immedesimi con esso, formando un tutto inseparabile senza danno(44). Il termine "immobile", utilizzato in senso proprio, serve a distinguere una classe di beni,

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mentre usato in senso improprio vale solo ad indicare il rapporto di accessione tra una cosa e l'altra(45). In altre parole alcune cose mobili sarebbero immobili proprio in virtù della relazione che hanno con altri beni (immobili), in quanto non sono immaginabili separatamente da questi. Tali considerazioni possono essere agevolmente estese alla fattispecie in esame che, dunque, proprio in forza della sua "naturale" relazione con il suolo-bene immobile, acquista una "coloritura immobiliare". La potenzialità edificatoria costituisce un bene immateriale, autonomo dal fondo, ma di origine immobiliare, idoneo a costituire oggetto di diritti reali, qualsiasi forma assuma il relativo negozio(46).

A voler essere più rigorosi, nell'ambito della tesi della reificazione della cubatura, si dovrebbe parlare di cosa materiale priva di forma corporale sensibile(47), al pari delle energie. La potenzialità edificatoria del fondo, lungi dall'essere (esclusivamente) espressione del rapporto matematico ed ingegneristico tra metri quadrati di superficie del lotto e metri cubi di costruzione edificabili sul medesimo, esprime un valore in termini economici e rappresenta una porzione della realtà empirica (ancorché immateriale), idonea a soddisfare interessi meritevoli di tutela. E in quanto res, suscettibile di formare oggetto di diritti, la cubatura può essere considerata un bene in senso tecnico-giuridico (art. 810 c.c.)(48).

Né si può obiettare, in senso contrario, l'impossibilità per lo spazio aereo (o colonna d'aria) di formare oggetto di diritti separatamente dalla proprietà del suolo a cui è connesso(49). Oggetto di diritto, e quindi suscettibile di trasferimento, può essere solo la porzione di materia, mentre lo spazio aereo che sovrasta il fondo non è una res, bensì la dimensione spaziale in cui si trova l'oggetto del diritto.

La cessione di cubatura, in realtà, non ha ad oggetto la colonna d'aria sovrastante il fondo, bensì la potenzialità edificatoria del suolo stesso che rappresenta - non solo giuridicamente, ma anche nel comune sentire e negli interventi normativi regionali - un valore economico autonomo, oggetto di attività negoziale tra i privati, sicuramente lecito e possibile, e comunque astrattamente dotato delle caratteristiche prescritte dall'art. 1346 c.c., e quindi determinato o determinabile.

Se è vero che i beni sono mobili o immobili non tanto perché astrattamente considerati tali, ma quanto perché concretamente regolati in un modo o nell'altro(50), si comprende l'utilità della nuova disposizione. Il legislatore ha avvertito la necessità di chiarire quale fosse la disciplina applicabile in concreto, considerate le notevoli incertezze interpretative ed operative che il fenomeno ha sempre ingenerato nella pratica commerciale e tra gli operatori(51).

La tesi del "bene giuridico immateriale" (o più correttamente della "cosa materiale incorporale") si colloca senza difficoltà all'interno dei principi generali dell'ordinamento: in primis tipicità e inerenza alla res di tutti i diritti reali. E questo vale anche nell'ipotesi del trasferimento di cubatura in volo(52). A tale proposito occorre distinguere tra circolazione e godimento (o sfruttamento) della cubatura: mentre quest'ultimo profilo resta subordinato al rilascio del titolo edilizio abilitativo, nonché alla titolarità del fondo in capo al cessionario della volumetria, la mera circolazione della stessa è indipendentemente dall'edificazione della nuova opera. La legittimità, nel nostro ordinamento, di contratti ad effetti reali differiti non è in discussione (si pensi alla vendita di cosa altrui o di bene futuro).

Allo stesso modo nella cessione di cubatura in volo il trasferimento della potenzialità edificatoria è realizzato a prescindere dal suo concreto, eventuale e futuro, sfruttamento edificatorio, che potrà anche mancare, non solo per decisione del soggetto titolare, ma anche per un sopravvenuto intervento normativo(53).

La cessione dei diritti edificatori è immediatamente efficace nei rapporti tra i privati, sia quando è realizzata in volo, senza necessità di decollo o atterraggio, sia quando i meccanismi di decollo e atterraggio sono ben definiti, come in materia di micropianificazione urbanistica o di perequazione(54). Al contrario, l'assenza dell'inerenza

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alla res, nel caso di trasferimento in volo, resta la debolezza maggiore della tesi del nuovo diritto dominicale(55).

A ciò si aggiungono le perplessità circa la coesistenza di un nuovo diritto reale, tipico, rispetto alla riserva di legge statale in materia di "ordinamento civile"(56). Una tale ricostruzione dogmatica non può non tenere in debito conto il tema della competenza Stato - Regioni alla luce dell'art. 117 della Carta Costituzionale. Pertanto diventa essenziale verificare se il tema dei "diritti edificatori", e la relativa cessione, travalichi o meno la competenza regionale concorrente in materia di "governo del territorio"(57).

Se è indubbia l'incidenza che il fenomeno del trasferimento di volumetria esercita nei rapporti inter-privati, è altrettanto evidente il coinvolgimento di primari interessi pubblicistici. Certamente un corretto sfruttamento del territorio e, in particolare, uno sviluppo edilizio controllato, rispettoso degli indici di edificabilità fissati dai piani regolatori locali, è ascrivibile a quel governo del territorio cui fa riferimento il terzo comma dell'art. 117 della Costituzione. Non può, però, negarsi la "deriva speculativa" che l'istituto de quo sta assumendo negli ultimi anni all'interno di una prassi commerciale sempre più diffusa (il pensiero va ai più recenti fenomeni del trasferimento di cubatura c.d. in volo e ai crediti di cubatura). In questo contesto appare riduttivo ascrivere la materia dei diritti edificatori alla competenza concorrente delle Regioni tout court, dovendosi riconoscere i pesanti riflessi privatistici della stessa, come conferma la "collocazione pubblicitaria" della nuova previsione codicistica.

Agli Enti locali compete, senz'altro, la fissazione degli indici di densità edilizia delle singole aree, ma rimettere alle Regioni o - peggio ancora - a strumenti [locali] di pianificazione territoriale l'esistenza stessa dei diritti edificatori rischia di essere una violazione di quel limite di competenza rappresentato dall'"ordinamento civile", laddove si ricostruiscano i diritti edificatori come un nuovo diritto reale. La legislazione regionale, che eventualmente intervenga in questo ambito, è legittima solo laddove persegua chiaramente finalità di carattere urbanistico, determinando limiti e modalità operative della cessione di cubatura(58). Mentre la previsione o meno di un nuovo diritto reale non può dipendere da uno strumento di pianificazione locale del territorio.

Ebbene, nonostante le numerose aperture verso un diritto privato regionale(59), non è immaginabile che una nuova situazione giuridica soggettiva attiva, qualificabile in termini di vero e proprio diritto reale, possa discendere da normative regionali o, addirittura, da strumenti urbanistici locali. Ciò, oltre ad apparire in contrasto con i principi costituzionali in tema di ordinamento civile, non può che avere ricadute negative in termini di certezza del diritto.

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(*) Il contributo è stato sottoposto, in forma anonima, alla valutazione di un referee.

(1) Più precisamente l'art. 2643 c.c. recita: "Si devono rendere pubblici col mezzo della trascrizione: […] 2-bis) i contratti che trasferiscono, costituiscono o modificano i diritti edificatori comunque denominati, previsti da normative statali o regionali, ovvero da strumenti di pianificazione territoriale".

(2) Tra tutte: Cons. Stato 13 luglio 2010, n. 4545, in Riv. giur. edil., 2010, 5, I, 1541, relativa al piano regolatore di Roma, ove i giudici amministrativi sottolineano l'importanza di un intervento statale volto a "disciplinare in maniera chiara ed esaustiva la perequazione urbanistica, nell'ambito di una legge generale sul governo del territorio la cui adozione appare quanto mai auspicabile alla luce dell'inadeguatezza della normativa pregressa a fronte delle profonde innovazioni conosciute negli ultimi decenni dal dibattito amministrativo e da quello urbanistico".

(3) Tra tutti: A. Candian, Il contratto di trasferimento di cubatura, Milano, 1990, 51 ss.

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(4) Su questo punto: G. Amadio, I diritti edificatori: la prospettiva del civilista, in Aa. Vv., Urbanistica e attività territoriale. Nuovi strumenti di pianificazione del territorio e sicurezza delle contrattazioni. I quaderni della Fondazione Italiana per il Notariato, 2011, 3, 45.

(5) A. Candian, Trasferimento di volumetria, in Dig. disc. priv. sez. civ., Torino, 2000, 736; S. De Paolis, Riflessioni in tema di trasferimenti di volumetria, in Riv. giur. edil., 2011, 5, 199.

(6) Sulla cessione di cubatura in generale: A. Candian, Trasferimento di volumetria, cit., 735 ss.; Id., Il contratto di trasferimento di volumetria, Milano, 1994; Id., Il contratto di trasferimento di volumetria di fronte ai rimedi sinallagmatici e al recesso, in Recesso e risoluzione nei contratti, a cura di G. De Nova, Milano, 1994; F. Gazzoni, La c.d. cessione di cubatura, La trascrizione immobiliare, in Commentario al codice civile, diretto da P. Schlesinger, Milano, 1991, art. 2643-2645, vol. I, 655 ss.; N. A. Cimmino, La cessione di cubatura nel diritto civile, in Riv. not., 2003, 5, 1113 ss.; G. Ceccherini, Il c.d. "trasferimento di cubatura", Milano, 1985; Id., Funzione ed efficacia della cessione di cubatura, in Giust. civ., 1990, II, 103 ss.; Id., Asservimento di area edificabile e cessione di cubatura, in Nuova giur. civ. comm., 2009, II, 557 ss.; S. G. Selvarolo, Il negozio di cessione di cubatura, Napoli, 1989; P. De Martinis, Asservimento di area e cessione di cubatura, in Nuova giur. civ. comm., 1996, II, 213 ss.; M. Di Paolo, Trasferimenti di cubatura d'area e "numero chiuso" dei diritti reali, in Riv. not., 1975, 547 ss.; M. Leo, Il trasferimento di cubatura, Consiglio Nazionale del Notariato, Studi e Materiali, VI, 2, Milano, 2001, 669 ss.; Id., voce Trasferimento di volumetria, in Dizionario Enciclopedico del Notariato, Roma, 2002, V, 710 ss.; P. L. Trojani, Tipicità e numerus clausus dei diritti reali e cessione di cubatura. Lo stato della dottrina e della giurisprudenza ed una ipotesi ricostruttiva originale, in Vita not., 1990, 285 ss.; V. Vanghetti, Profili civilistici della c.d. "cessione di cubatura", in questa Rivista, 1996, 417 ss.; A. Chianale, Osservazioni sul cosiddetto trasferimento di volumetria, in Giur. it., 1989, I, 1, 1545 ss.; N. Grassano, La cessione di cubatura nel processo conformativo della proprietà edilizia privata, in Riv. not., 1992, 1069 ss.; M. Libertini, Sui "trasferimenti di cubatura", in Contratto e impresa, 1991, 73 ss.; Id., "I trasferimenti di cubatura", in I contratti del commercio, dell'industria e del mercato finanziario, Trattato diretto da F. Galgano, 3, 1995, 2253 ss.; G. B. Picco e A. M. Marocco, I così detti "trasferimenti di cubatura", in Riv. not., 1974, 626 ss.; A. Di Majo e L. Francario, voce "Proprietà edilizia", in Enc. dir., XXXVII, 356 ss.; A. Gambaro, La proprietà edilizia, in Trattato di diritto privato, diretto da P. Rescigno, 7, Torino, 1982, 526 ss.; Id., Compensazione urbanistica e mercato dei diritti edificatori, in Riv. giur. edil., 2010, 1, II, 3 ss.; A. Ruggiero, Contenuto e finalità delle convenzioni urbanistiche nella esperienza notarile, in Convenzioni urbanistiche e tutela nei rapporti tra privati, a cura di M. Costantino, Milano, 1995; F. Gerbo, La cessione di volumetria, in Il Notaro, 1998, 105 ss.; Id., I diritti immobiliari di godimento su cosa altrui, Milano, 2001, 246 ss.; F. Patti e F. Russo, La cessione di cubatura tra diritto privato e diritto pubblico, in Vita not., 2001, 1675: F. Felis, Superficie e fattispecie atipiche. La cessione di cubatura, in Contratto e impresa, 2011, 3, 632 ss. Successivamente alla novella dell'art. 2643 c.c.: G. Amadio, I diritti edificatori: la prospettiva del civilista, cit., 42 ss.; G. Trapani, Normative speciali e circolazione giuridica dei diritti edificatori, in Aa. Vv., Urbanistica e attività territoriale. Nuovi strumenti di pianificazione del territorio e sicurezza delle contrattazioni. I quaderni della Fondazione Italiana per il Notariato, 2011, 3, 75 ss., nonché in questa Rivista, 2012, 4, 411 ss.; B. Cretella, Trascrizione degli atti relativi a "diritti edificatori" (c.d. cessione di cubatura o di volumetria), in Gazzetta not., 2011, 481 ss.; G. A. Di Vita, Riflessioni sul tema cessione di cubatura: una lettura provocatoria della novella, in Il Notaro, 2011, 89 ss.; S. Meucci, La circolazione dei diritti edificatori, Padova, 2012; G. Trapani, I diritti edificatori, in Riv. Not., 2012, 4, 775 ss.; B. Mastropietro, Dalla cessione di cubatura al trasferimento "in volo" dei diritti edificatori: l'art. 2643, n. 2 bis, c.c., in Rassegna di diritto civile, 2012, 2, 569 ss.; Id., Natura e circolazione dei diritti edificatori, Napoli, 2013; G. P. Cirillo, La trascrizione dei diritti edificatori e la circolazione degli interessi legittimi, in Riv. Not., 2013, 3, 601 ss.; G.

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Marena, L'urbanistica consensuale e la negoziazione dei diritti edificatori, in Riv. Not., 2013, 4, 893 ss.

(7) Parla di fattispecie a formazione progressiva F. Gazzoni, La c.d. cessione di cubatura, cit., 656. Per un'ampia disamina del procedimento: G. Ceccherini, Il c.d. "trasferimento di cubatura", cit., 53 ss.; Id., Funzione ed efficacia della cessione di cubatura, cit., 103 ss.; R. Triola, nota a Cass. 30 aprile 1974, n. 1231, in Giust. civ., 1974, I, 1424 ss. Più di recente: Cass. penale 30 aprile 2009, n. 21177, secondo la quale "[...] la efficacia della volontà del proprietario "cedente" costituisce, all'interno del procedimento amministrativo di rilascio del permesso di costruire, presupposto di tale provvedimento, così che il trasferimento di volumetria si realizza soltanto con il rilascio finale del titolo edilizio. E questo Collegio ritiene di dovere ribadire che soltanto per effetto del rilascio del provvedimento amministrativo (licenza edilizia, concessione edilizia o permesso di costruire) si costituisce il "vincolo di asservimento" che, senza oneri di forma pubblica o di trascrizione, incide definitivamente sulla disciplina urbanistica ed edilizia delle aree interessate, in quanto nel territorio comunale il titolo abilitativo edilizio crea un nuovo lotto di pertinenza urbanistica dell'edificio, che non coincide con i confini di proprietà ed ha una consistenza indipendente rispetto ai successivi interventi nelle aree medesime, derivandone l'impossibilità di assentire e di richiedere ulteriori ed eccedenti realizzazioni di volumi costruttivi sul fondo asservito, per la parte in cui esso è rimasto privo della potenzialità edificatoria già utilizzata dal titolare del fondo in favore del quale ha avuto luogo l'asservimento". Nello stesso senso: Cons. Stato 28 giugno 2000, n. 3637, in Riv. giur. edil., 2000, I, 1170; Cass. 22 febbraio 1996, n. 1352, in questa Rivista, 1996, 5, 417; Cass. 12 settembre 1998, n. 9081, in Giust. civ. Mass., 1998, 1895. Alcuni intravedono nel provvedimento amministrativo una condicio iuris cui è subordinata l'efficacia del negozio concluso tra privati: così N. A. Cimmino, La cessione di cubatura nel diritto civile, cit., 1120. Altri parlano addirittura di presupposizione: S. Dettori, Il rapporto di presupposizione nel diritto amministrativo, Napoli, 2006, 68; in chiave dubitativa: S. De Paolis, Riflessioni in tema di trasferimenti di volumetria, cit., 216 ss. Un diverso orientamento giurisprudenziale, esaltando il profilo pubblicistico della vicenda, attribuisce un ruolo fondamentale al provvedimento amministrativo: Cass. 22 febbraio 1996, n. 1352, cit., secondo cui "a determinare il trasferimento di cubatura tra le parti e nei confronti dei terzi è esclusivamente il provvedimento concessorio [...]". In dottrina, tra tutti: F. Gazzoni, La c.d. cessione di cubatura, cit., 658-659; G. Ceccherini, Funzione ed efficacia della cessione di cubatura, cit., 105.

(8) Per una rassegna delle diverse ipotesi ricostruttive si vedano: V. Vanghetti, Profili civilistici della c.d. "cessione di cubatura", nota a Cass. 22 febbraio 1996, n. 1352, in questa Rivista, 1996, 5, 417 ss.; S. Cervelli, I diritti reali, Milano, 2007, 65 ss.

(9) La prassi notarile, per garantire la posizione del Comune, rispetto ad eventuali abusi, rafforzava l'accordo privato ad effetti reali attraverso un atto unilaterale d'obbligo del cedente in favore dell'ente comunale il cui territorio era interessato dal trasferimento di volumetria. Detto vincolo obbligatorio, anch'esso condizionato al rilascio della concessione edilizia maggiorata, veniva trascritto anche ai sensi dell'art. 2645-ter c.c.

(10) Cass. 6 luglio 1972, n. 2235, in Riv. not., 1973, 1165; Cass. 29 giugno 1981, n. 4245, in Giur. it., 1982, I, 1, 685; Cass. 20 dicembre 1983, n. 7499, in Giur. it., 1985, I, 1, 209.

(11) La rinunzia abdicativa non è compatibile con il fenomeno del trasferimento di volumetria, in quanto produce soltanto la dismissione di un diritto soggettivo, non anche (come accade nella cessione di cubatura) l'acquisizione del diritto da parte di un altro soggetto: nella rinunzia abdicativa l'acquisto del diritto non trova la sua causa nell'atto di rinunzia del precedente titolare, ma in un fatto diverso quale la consolidazione, l'occupazione, l'invenzione. Tra tutti F. Gazzoni, Manuale di diritto privato, Napoli, 2004, 841, il quale vede nella rinunzia traslativa un vero e proprio "negozio bilaterale di attribuzione e cioè un contratto".

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(12) In dottrina: A. Candian, Il contratto di trasferimento di cubatura, cit., 53 ss.; M. Di Paolo, Trasferimenti di cubatura di area e "numero chiuso" dei diritti reali, in Riv. not., 1975, II, 547 ss.; M. Libertini, Sui "trasferimenti di cubatura", cit., 92 ss. Invocano la figura del diritto di superficie atipico: M. Libertini, "I trasferimenti di cubatura", cit., 2277 ss., e G. Selvarolo, Il negozio di cessione di cubatura, Napoli, 1989, 77 ss.

(13) In giurisprudenza: Cass. 14 maggio 2007, n. 10979, in Giust. civ. Mass., 2007, 7-8; Cass. 22 febbraio 1996, n. 1352, cit.; Cass. 9 marzo 1973, n. 641, in Riv. not., 1973, 1165; Cass. 14 dicembre 1988, n. 6807, in Nuova giur. civ. comm., 1988, I, 371, secondo la quale "Agli effetti dell'applicazione dell'art. 2 del D.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633 concernente l'imposta sul valore aggiunto, e in relazione agli artt. 1, 2, n. 1 e 38 dello stesso decreto, nonché dell'art. 1 della tariffa all. A del D.P.R. 26 ottobre 1972 n. 634 sull'imposta di registro (nel testo originario anteriore alle modifiche apportatevi con i D.P.R. n. 24 e 94 del 1979), il cosiddetto trasferimento di cubatura va assimilato ad un negozio traslativo di diritti reali immobiliari e, come tale, è assoggettato a tassazione con imposta ordinaria di registro, considerato che la facoltà di costruire sul proprio fondo, entro i limiti stabiliti dalle norme e dagli strumenti urbanistici che ne precisano l'ampiezza secondo un determinato rapporto area-volume, si traduce, per il proprietario, in un bene in senso economico-giuridico, in quanto rappresenta un'utilità che amplia il contenuto del diritto di proprietà, e che, quindi, quando, senza cedere anche il suolo cui inerisce, il proprietario rinunzia a sfruttare a suo vantaggio la volumetria permessa per consentirne l'utilizzazione da parte del proprietario del fondo finitimo, l'utilità in questione, dopo il rilascio della licenza edilizia e la realizzazione dell'opera, risulta trasferita dall'uno all'altro proprietario, con conseguente diminuzione ed ampliamento del contenuto del diritto reale a ciascuno d'essi appartenente". Una severa critica alla tesi del diritto reale, prima della novella del 2011, veniva mossa da F. Gazzoni, La c.d. cessione di cubatura, cit., 657: "Tra le parti non è configurabile l'esistenza di un contratto traslativo [...]. È allora erroneo non solo parlare di costituzione di servitù, ma anche, più genericamente, di trasferimento di un diritto reale immobiliare non meglio identificato, come si legge in qualche sentenza, là dove si afferma che con la cessione il c.d. cedente distaccherebbe in tutto o in parte la facoltà inerente al proprio diritto dominicale di costruire nei limiti della cubatura concessagli dal piano regolatore e, formando un diritto a sé stante, lo trasferirebbe definitivamente all'acquirente, a beneficio del fondo di costui. Questa prospettazione della fattispecie è inaccettabile perché finisce per riconoscere al titolare del diritto di proprietà il potere di scindere le singole facoltà al fine di renderle autonome e di trasferirle quali nuovi autonomi e distinti diritti reali, che dovrebbero avere propria vista e propria altrettanto autonoma circolazione".

(14) Sullo jus aedificandi in generale: A. M. Sandulli, Diritto amministrativo, Milano, 1984, 843; Id., Manuale di diritto amministrativo, Napoli, 1989, II, 836 ss.; P. Stella Richter, voce Edilizia, II, Concessione edilizia, in Enc. giur. Treccani, 1989, 1; A. Gambaro, La proprietà edilizia, cit., 517; Id., Jus aedificandi e nozione civilistica della proprietà, Milano, 1975; M. Bernardini, Contenuto della proprietà edilizia, Milano, 1988, 166 ss.; P. Virga, Diritto amministrativo. I principi, Milano, 1989, 600 ss. In giurisprudenza: Corte Cost. 30 gennaio 1980, n. 5, in Giust. civ., 1980, I, 279, la quale riconosce, da un lato, lo jus aedificandi quale parte integrante del diritto di proprietà e, dall'altro, la sostanziale coincidenza tra la funzione della licenza e quella della concessione (oggi permesso di costruire), per il cui rilascio il Sindaco è dotato di una mera discrezionalità tecnica in base alla quale, una volta accertata la conformità dell'istanza del proprietario alle previsioni urbanistiche vigenti per l'area interessata, è da considerarsi atto dovuto ed irrevocabile. Per lo jus aedificandi inteso, dopo l'entrata in vigore della L. 28 ottobre 1977 n. 10, non più come attributo inerente al possesso dominicale del suolo, ma come qualità giuridica del tutto indipendente dallo stesso, attribuibile al privato solo a seguito di concessione da parte della competente autorità comunale, si veda tra tutti: A. Predieri, La legge 28 ottobre 1977 n. 10 sulla edificabilità dei suoli, Milano, 1977, passim.

(15) L'espressione è di A. M. Sandulli, Manuale di diritto amministrativo, cit., 836.

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(16) Secondo un'autorevole dottrina i piani regolatori comunali avrebbero addirittura la natura di atti amministrativi, essendo strumenti con cui vengono perseguiti interessi pubblici concreti: A. M. Sandulli, Sugli atti amministrativi generali a contenuto non normativo, in Foro it., 1953, IV, 217 ss.; M. S. Giannini, Provvedimenti amministrativi generali e regolamenti ministeriali, in Foro, it., 1953, III, I, 9 ss.; V. D'Angelo, Rassegna critica di giurisprudenza sui piani regolatori generali, in Riv. giur. edil., 1961, II, 26 ss.

(17) G. B. Picco e A. M. Marocco, I così detti "trasferimenti di cubatura", cit., 633 ss.; M. Di Paolo, Trasferimenti di cubatura d'area e "numero chiuso" dei diritti reali, cit., 547 ss.; N. Grassano, La cessione di cubatura, in Riv. not., 1992, 1078 ss. In giurisprudenza: Cass. 25 ottobre 1973, n. 2743, in Riv. not., 1975, II, 547 ss. e in Giust. civ., 1974, I, 922; Cass. 20 dicembre 1983, n. 7499, in Giur. it., 1985, I, 1, 211.

(18) In particolare si rileva che lo schema della servitù non è idoneo, di per sé, a produrre lo spostamento della capacità edificatoria da un fondo all'altro, essendo indispensabile il provvedimento amministrativo, e comunque mancherebbe un'utilitas del fondo dominante con carattere di permanenza, in quanto detta utilità si sostanzia in una facoltà di costruire da esercitarsi una tantum. Inoltre il trasferimento di cubatura tra due suoli appartenenti allo stesso proprietario si pone in evidente contrasto con il noto principio nemini res sua servit. Sul punto in dottrina: F. Messineo, Le servitù, Milano, 1949, 35; F. Gazzoni, Manuale di diritto privato, cit., 269. In giurisprudenza: Cass. 14 dicembre 1988, n. 6807, in Giur. imp., 1989, 164, secondo cui la fattispecie de qua non è riconducibile ad un atto costitutivo di servitù per la mancanza del requisito dell'inerenza oggettiva e per l'inattualità dell'asservimento.

(19) L'inadeguatezza della tesi della servitù viene rilevata da F. Gazzoni, Cessione di cubatura, "volo" e trascrizione, in Giust. civ., 2012, 3, II, 102: "Alla luce del nuovo art. 2643, n. 2-bis, c.c. questa teoria non è comunque più proponibile, se non altro perché la norma si riferisce anche al trasferimento di diritti edificatori, trasferimento ovviamente incompatibile con la servitù, tant'è che il n. 2-bis precede e non già segue il n. 3".

(20) A. Candian, Il contratto di trasferimento di cubatura, cit., passim; G. Ceccherini, Funzione ed efficacia della cessione di cubatura, cit., 103 ss.; F. Gazzoni, Manuale di diritto privato, cit., 269 e 270; Id., La c.d. cessione di cubatura, cit., 658 ss.; A. Gambaro, La proprietà edilizia, cit., 527, secondo il quale "lo schema del trasferimento di volumetria si attua mediante un accordo trilatero di cui sono parti i due privati ed il Comune ed è volto a regolare la distribuzione delle volumetrie consentite in quella determinata zona [...]. Non si può quindi, a rigore, parlare di trasferimento di volumetria, né di servitù, né di obligatio propter rem". In giurisprudenza: Cass. 29 giugno 1981, n. 4245, cit.; Cass. 22 febbraio 1996, n. 1352, in Questa Rivista, 1996, 5, 417; Cons. Stato 21 gennaio 1997, n. 63, in Giur. it., 1997, III, 1, 405; Cons. Stato 4 gennaio 1993, n. 26, in Foro it., 1993, III, 573. Si parla anche di contratto atipico ad effetti obbligatori, avente natura di atto preparatorio e procedimentale: così TAR Veneto 10 settembre 2004, n. 3263, Riv. giur. edil., 2004, I, 2109 e Cons. Stato 28 giugno 2000, n. 3637, cit.

(21) Se l'accordo stipulato dai privati ha efficacia meramente obbligatoria, esso può vincolare solo le parti ed i rispettivi eredi, ma non anche gli aventi causa a titolo particolare. Né servirebbe a rendere opponibile il vincolo erga omnes la sua trascrizione, trascrizione che al massimo assolverebbe ad una funzione di "pubblicità-notizia". La stessa configurazione del vincolo come obbligazione propter rem, cioè come obbligazione il cui soggetto passivo è determinato per relationem al rapporto di proprietà del fondo, non appare percorribile, scontrandosi con il principio di tipicità di tali obbligazioni. In dottrina: C. M. Bianca, Diritto civile, vol. 4, L'obbligazione, Milano, 1993, 66; G. Balbi, Le obbligazioni "propter rem", Torino, 1950, 667 ss.; C. Romeo, Obbligazioni propter rem, in Trattato dei diritti reali, vol. II, Diritti reali parziari, diretto da A. Gambaro e U. Morello, Milano, 2011, 401 ss. In giurisprudenza: Cass. 18 gennaio 1951, n. 141, in Giur. it., 1952, I, 1, 29; Cass. 26 giugno 1952, n. 1896, in Foro it., 1953, c. 141; Cass. 29 ottobre

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1955, n. 3554, in Foro pad., 1956, I, 581; Cass. 20 agosto 1993, n. 8797, in Giust. civ. Mass., 1993, 1307; Cass. 2 gennaio 1997, n. 8, in Riv. not., 1997, 1241.

(22) La tesi del contratto ad effetti obbligatori oggi appare superata dalla trascrivibilità del trasferimento dei diritti edificatori, prevista dal nuovo art. 2643 n. 2-bis; norma che, letta in combinato disposto con il successivo art. 2645 c.c., disciplina - come precisa G. Amadio, I diritti edificatori: la prospettiva del civilista, cit., 46 - vicende relative a immobili o diritti reali immobiliari. Di diverso avviso F. Gazzoni, Cessione di cubatura, "volo" e trascrizione, cit., 106 ss., secondo il quale la trascrivibilità della cessione non significa che l'accordo tra i privati sia necessariamente un vincolo di carattere reale, dovendosi tenere ben distinti i concetti di opponibilità e realità. Ciò chiarito, però, l'A. deve riconoscere che "la ricostruzione del contratto di cessione di cubatura come contratto ad effetti obbligatori non appare però in linea con l'inserimento della previsione della sua trascrivibilità all'art. 2643, n. 2-bis, c.c., norma che, ricollegandosi all'art. 2644 c.c., assume una valenza diversa, onde non può negarsi che il contratto di cessione vada ora collocato tra quelli ad effetti reali e non più obbligatori. Di conseguenza si tratta di stabilire quale sia la situazione giuridica soggettiva che circola". Ciò premesso, e ritenendo che l'intera vicenda abbia il suo fulcro nel procedimento amministrativo, l'A. conclude nel senso che l'oggetto del contratto (ad effetti reali) di cessione di cubatura sia la chance edificatoria, identificabile in un interesse legittimo pretensivo, situazione giuridica soggettiva correlata a beni della vita, patrimonialmente valutabili. Tale chance edificatoria sarebbe in grado di circolare alla stessa stregua di un diritto di credito e la vicenda inter partes, continua l'A., dovrebbe essere ricostruita alla stessa stregua del modello tipico della cessione del credito, applicato per altro ad un interesse legittimo. Sul punto si vedano: A. Bartolini, Profili giuridici del c.d. credito di volumetria, in Riv. giur. urb., 2007, 305; Cass., sez. un., 22 luglio 1999, n. 500, in Giust. civ., 1999, I, 2261, con nota di M. R. Morelli, Le fortune di un obiter: crolla il muro virtuale della irrisarcibilità degli interessi legittimi; G. P. Cirillo, La trascrizione dei diritti edificatori e la circolazione degli interessi legittimi, cit., 601 ss.

(23) G. Amadio, I diritti edificatori: la prospettiva del civilista, cit., 42 ss.; G. Petrelli, Trascrizione degli atti relativi a "diritti edificatori" (c.d. cessione di cubatura o di volumetria), in Rassegna delle principali novità normative di interesse notarile, 2011, primo semestre, 5 ss.

(24) Ancora G. Petrelli, Trascrizione degli atti relativi a "diritti edificatori" (c.d. cessione di cubatura o di volumetria), cit., 6, che parla di diritto immobiliare nell'accezione accolta dall'art. 2645 c.c., ossia come diritto inerente all'immobile e, come tale, dotato di diritto di eseguito ed opponibilità ai terzi. Conforme: G. Amadio, I diritti edificatori: la prospettiva del civilista, cit., 53, il quale però precisa che il diritto edificatorio avrebbe sì natura di diritto reale, ma non su bene altrui, in quanto il suo esercizio prescinde da una corrispondente proprietà (nuda) altrui. Contra: F. Gazzoni, Cessione di cubatura, "volo" e trascrizione, cit., 106 ss.: l'A., distinguendo tra opponibilità e realità (la prima attiene al profilo circolatorio, la seconda alla natura e ai caratteri del diritto [reale]), e ponendo l'accento sul momento pubblicistico della vicenda, esclude che l'accordo privatistico possa esse ricondotto ad un negozio traslativo di un nuovo diritto reale tipico.

(25) Il Decreto Legge 13 maggio 2011, n. 70, come modificato, in sede di conversione, dalla L. 12 luglio 2011, n. 106, recita testualmente: "Art. 5. Costruzioni private. 1. Per liberalizzare le costruzioni private sono apportate modificazioni alla disciplina vigente nei termini che seguono: c) tipizzazione di un nuovo schema contrattuale diffuso nella prassi: la "cessione di cubatura"; 3. Per garantire certezza nella circolazione dei diritti edificatori, all'articolo 2643 del codice civile, dopo il n. 2), è inserito il seguente: "2-bis) i contratti che trasferiscono, costituiscono o modificano i diritti edificatori comunque denominati, previsti da normative statali o regionali, ovvero da strumenti di pianificazione territoriale"".

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(26) Così G. Petrelli, Trascrizione degli atti relativi a "diritti edificatori" (c.d. cessione di cubatura o di volumetria), cit., 6.

(27) Anche se, per stessa ammissione di uno dei maggiori sostenitori della tesi del diritto reale (G. Amadio, I diritti edificatori: la prospettiva del civilista, cit., 53), non è ravvisabile, nel caso di specie, uno ius in re aliena: rispetto al diritto edificatorio è escluso in radice che il bene, su cui il nuovo diritto deve esercitarsi, sia oggetto di una concorrente proprietà (nuda) altrui. Una delle principali criticità di tale ricostruzione è ravvisabile laddove i suoi sostenitori sono obbligati ad affermare che la vicenda costitutivo-realizzativa del diritto edificatorio si svolge in relazione a due beni distinti, con evidente deviazione dal paradigma tradizionale in cui il diritto (anche su cosa altrui) nasce e si esercita con riferimento allo stesso bene, nonché laddove affermano che l'inerenza al bene su cui il diritto deve essere esercitato può mancare nell'ipotesi di diritti edificatori originari, ossia svincolati da un legame con un fondo sorgente (diritti rispetto ai quali proprio il nuovo termine "costituiscono" sembra, invece, alludere).

(28) Una conferma ulteriore di tale tipicità sarebbe ravvisabile, secondo G. Petrelli, Trascrizione degli atti relativi a "diritti edificatori" (c.d. cessione di cubatura o di volumetria), cit., 7, nell'espresso riferimento alla normativa statale o regionale, ovvero a strumenti di pianificazione territoriale. L'art. 2643 n. 2-bis c.c., secondo l'A., "richiede che il diritto edificatorio sia espressamente contemplato da una norma giuridica "di primo grado", di rango legislativo (statale o regionale) o regolamentare (strumento urbanistico territoriale). Il legislatore ha, in altri termini, ritenuto che l'esigenza di tipicità possa essere soddisfatta solo quando una norma giuridica contempli il diritto edificatorio (consentendo in tal modo di "staccare" dal fondo asservito la particolare utilità consistente nella possibilità edificatoria, per attribuirla ad un soggetto diverso dal relativo proprietario, a vantaggio quindi di un altro fondo)".

(29) G. Amadio, I diritti edificatori: la prospettiva del civilista, cit., 48.

(30) In questo senso ancora: G. Amadio, I diritti edificatori: la prospettiva del civilista, cit., 47.

(31) La debolezza del dato letterale viene evidenziata dallo stesso G. Amadio, I diritti edificatori: la prospettiva del civilista, cit., 47, laddove l'A. riconosce che sarebbe troppo facile e sbrigativo addurre conferme testuali [alla tesi del diritto reale]. Per una critica efficace al dato normativo F. Gazzoni, Cessione di cubatura, "volo" e trascrizione, cit., 118: "Quanto alla tipizzazione, il legislatore ha confermato di avere idee alquanto confuse in materia, reiterando, e anzi peggiorando, lo schema di cui all'art. 2645-ter c.c., là dove la disciplina del negozio di destinazione è, sul piano sostanziale, pressoché inesistente, mentre, in punto di circolazione, solo per la cessione ha un senso la prevista trascrivibilità, ai fini di cui all'art. 2644 c.c.".

(32) Sull'interpretazione, in generale, tra tutti: P. Perlingieri, Appunti per una teoria dell'interpretazione, Napoli, 1970; Id., L'interpretazione della legge come sistematica ed assiologia. Il brocardo in claris non fit interpretatio, il ruolo dell'art. 12 disp. prel. c.c. e la nuova scuola dell'esegesi, in Rass. dir. civ., 1985, 990; ora in Id., Scuole tendenze e metodi. Problemi del diritto civile, Napoli, 1989, 273 ss., ove l'A. rimarca come l'interpretazione sia, per definizione, "logico-sistematica" e "teleologico-assiologica", "cioè finalizzata all'attuazione dei nuovi valori costituzionali e dei nuovi princípi" (ivi, p. 284), superando così il noto brocardo. Da ultimo: P. Perlingieri, Interpretazione e legalità costituzionale, Napoli, 2012.

(33) In realtà la natura anche sostanziale dell'art. 2643 n. 2-bis non può essere messa in discussione: in questo senso giunge in soccorso la ratio legis posta a fondamento dell'intervento normativo e palesata della motivazione di accompagnamento al D.L. n. 70/2011. Del resto il legislatore ci sta abituando ad interventi normativi che, pur partendo dal sesto libro del codice civile, nascono con l'intento di produrre effetti non solo pubblicitari: si pensi all'art. 2645-bis in tema di trascrizione del contratto

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preliminare, all'art. 2645-ter con la trascrizione degli atti di destinazione e al recente art. 2645-quater.

(34) L'espressione è di G. Trapani, Normative speciali e circolazione giuridica dei diritti edificatori, cit., 428; Id., Dalla cessione di cubatura alle operazioni sui crediti di cubatura: evoluzione o mutazione del diritto?, in Studi e materiali del CNN, 2011, reperibile con il titolo La cubatura quale bene in senso tecnico su www.notaicomolecco.it. Sostengono la qualificazione della cubatura in termini di bene giuridico: A. Gambaro, I beni, in Trattato di diritto civile e commerciale, diretto da A. Cicu e F. Messineo, continuato da L. Mengoni, Milano, 2012, 126 ss.; e lo stesso G. Trapani, Normative speciali e circolazione giuridica dei diritti edificatori, cit., 428. In senso conforme: E. Bergamo, La cessione di diritti edificatori, in Il corriere del merito, 2012, 2, 119 ss.; S. De Paolis, Riflessioni in tema di trasferimenti di volumetria, cit., 215 ss. Prima della novella: F. Patti e F. Russo, La cessione di cubatura tra diritto privato e diritto pubblico, cit., 1686; G. Rizzi, I crediti edilizi: l'esperienza della Legge Regione Veneto n. 11 del 2004, reperibile su www.notaicomolecco.it; R. Conti (a cura di), La proprietà e i diritti reali minori. Beni, limiti, tutela nazionale e sovranazionale, Milano, 2009, 422 ss. Criticamente: F. Gazzoni, Cessione di cubatura, "volo" e trascrizione, cit., 103 ss., il quale, dopo aver definito "ambigua" la teoria del bene autonomo, sostiene che la stessa non sia in grado di superare due ostacoli: se davvero la cubatura fosse un bene giuridico sarebbe superfluo il nuovo n. 2-bis dell'art. 2643, essendo sufficiente ai fini della trascrizione l'art. 2643 n. 1 o 10; in secondo luogo, dal punto di vista della disciplina sostanziale, non può dirsi che la cubatura sia un bene a sé stante in senso tecnico-giuridico.

(35) G. Trapani, Normative speciali e circolazione giuridica dei diritti edificatori, cit., 428.

(36) Così recita testualmente l'art. 810 c.c.

(37) Sul punto: F. Santoro-Passarelli, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, 1989, 55 ss.; C. M. Bianca, Diritto civile, 6, La proprietà, 1999, Milano, 50 ss.

(38) F. Messineo, Manuale di diritto civile e commerciale, Milano, 1965, 333 ss.; M. Comporti, Diritti reali in generale, in Trattato di diritto civile e commerciale, diretto da A. Cicu e F. Messineo, continuato da L. Mengoni, Milano, 1980, VIII, 1, 128 ss.; F. Santoro-Passarelli, Dottrine generali del diritto civile, cit., 56 ss.; M. Leo, Il trasferimento di cubatura, cit., 672; S. Pugliatti, Beni (teoria generale), in Enc. dir., V, Milano, 1959, 164 ss.; Id., Cosa in senso giuridico (teoria generale), in Enc. dir., X, Milano, 1962, 19 ss.

(39) Qualificata la cubatura come bene, essa costituisce l'oggetto di una situazione giuridica attiva connotata dei caratteri della realità. In questa direzione conducono gli insegnamenti della dottrina più autorevole: F. Santoro-Passarelli, Dottrine generali del diritto civile, cit., 56, secondo il quale "la proprietà e gli altri diritti reali che dalla res si chiamano reali hanno ad oggetto una porzione della materia e si distinguono dagli altri diritti soggettivi appunto per il fatto che indicendo, come ogni altro diritto, una relazione fra soggetti, investono direttamente la res, tanto che la generalità degli altri soggiace ad un obbligo secondario di astensione. L'oggetto degli altri diritti è invece non una cosa ma un comportamento del soggetto passivo (come nel diritto di credito) o del soggetto attivo (come nel diritto potestativo), anche se serve per procurare una cosa".

(40) In questo senso: A. Ruggiero, Contenuto e finalità delle convenzioni urbanistiche nella esperienza notarile, cit., 149; M. Leo, Il trasferimento di cubatura, cit., 699, secondo cui l'utilizzabilità delle potenzialità edificatorie è certamente un'utilità oggettiva del lotto, in grado di avere un valore economico, magari anche notevole, espresso tecnicamente dal rapporto matematico ed ingegneristico tra metri quadrati di superficie del fondo ed i metri cubi di costruzione edificabili sul medesimo.

(41) In questi termini si esprime G. Trapani, Normative speciali e circolazione giuridica dei diritti edificatori, cit., 427. L'A. utilizza l'argomentazione dell'indipendenza ontologica tra

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volumetria e realizzazione della costruzione per supera le critiche connesse alla cessione di cubatura "in volo". Il bene cubatura (volumetria o diritti edificatori che dir si voglia) non subisce alcuna mutazione genetica o fisiologica se è incorporata ad un'area o a un fabbricato o se è in volo: questo semmai è proprio il limite della impostazione che qualifica la fattispecie quale diritto reale, trovandosi inevitabilmente a dover rintracciare un bene che forma oggetto del diritto stesso.

(42) S. Pugliatti, Beni e cose in senso giuridico, in Scritti giuridici, IV, 1958-1964, Milano, 2011, 620 ss.

(43) A tale conclusione giunge G. Trapani, Normative speciali e circolazione giuridica dei diritti edificatori, cit., 431, il quale ritiene ipotizzabile che la cubatura, così intesa, possa costituire anche oggetto di usufrutto e di possesso (nota 112).

(44) Così S. Pugliatti, Beni e cose in senso giuridico, cit., 622.

(45) Ancora S. Pugliatti, Beni immobili e beni mobili, in Scritti giuridici, V, 1965-1996, Milano, 2011, 692.

(46) È questa, in estrema sintesi, la ricostruzione di G. Trapani, Normative speciali e circolazione giuridica dei diritti edificatori, cit., 431. L' A., a conferma ulteriore della sua ricostruzione, ricorda l'esistenza, nella legislazione speciale, di alcune fattispecie similari, riconducibili al genus dei beni immateriali (e non dei diritti reali): le c.d. quote latte, il diritto al reimpianto del vitigno, i diritti/titoli all'aiuto. Sul punto si rinvia, ancora una volta, a G. Trapani, Normative speciali e circolazione giuridica dei diritti edificatori, cit., 431 e 432, e alla dottrina ivi citata.

(47) L'espressione è di F. Gazzoni, Cessione di cubatura, "volo" e trascrizione, cit., 104.

(48) In una prospettiva critica F. Gazzoni, Cessione di cubatura, "volo" e trascrizione, cit., 104, il quale immagina un nesso pertinenziale tra cosa mobile e immobile, essendo la prima (la cubatura) a servizio della seconda, sul piano dello sfruttamento della qualità edificatoria del terreno, con possibile cessazione del vincolo in esito ad alienazione separata della cubatura (art. 818, co. 2, c.c.).

(49) Sulla colonna d'aria in generale: L. Salis, Proprietà dello spazio aereo e indennizzo di sopraelevazione, in Riv. giur. edil., 1960, I, 653 ss.; C. Trinchillo, Breve analisi dei rapporti tra diritto di superficie ed edificio in condominio. Il diritto di sopraelevazione previsto dall'art. 1127 c.c., in Riv. not., 2002, 5, 1129 ss. Sul tema della colonna d'aria in relazione alla cessione di cubatura: M. Leo, Il trasferimento di cubatura, cit., 671; P. Urbani, Conformazione della proprietà, diritti edificatori e moduli di destinazione d'uso dei suoli, in Urb. e app., 2006, 908.

(50) Testualmente: S. Pugliatti, Beni immobili e beni mobili, cit., 694.

(51) "Senza la norma" - secondo G. Trapani, Normative speciali e circolazione giuridica dei diritti edificatori, cit., 435 - "sarebbe difficile immaginare la trascrizione nei registri immobiliari degli atti aventi ad oggetto la cubatura in volo".

(52) Contra: G. Amadio, I diritti edificatori: la prospettiva del civilista, cit., 50.

(53) G. Trapani, Normative speciali e circolazione giuridica dei diritti edificatori, cit., 433.

(54) Così espressamente, ancora una volta: G. Trapani, Normative speciali e circolazione giuridica dei diritti edificatori, cit., 433. Sul punto è fondamentale l'insegnamento di F. Santoro-Passarelli, Dottrine generali del diritto civile, cit., 55, ove si sottolinea che i beni immateriali possono formare oggetto di diritti assoluti, anche se la loro particolare natura ne determina un differimento di esercizio.

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(55) Debolezza che si cerca di superare distinguendo tra circolazione e realizzazione del diritto stesso: G. Amadio, I diritti edificatori: la prospettiva del civilista, cit., 52. L'A. riconosce nel rapporto qualificato con un suolo edificabile il presupposto di "realizzazione" dei diritti edificatori. "Prima che tale presupposto si realizzi", si legge testualmente, "il diritto edificatorio sarà assimilabile al credito inesigibile; ma non per questo vedrà mutare la propria natura giuridica". Si tratta di una ricostruzione indubbiamente affascinante, oltre che assolutamente originale, che però richiede uno sforzo maggiore laddove si associano concetti, tra loro così diversi, come i diritti reali e i crediti inesigibili. Senza contare le difficoltà concettuali, e di sistema, di fronte ad una cubatura suscettibile di diverse ricostruzioni dogmatiche a seconda delle varie fattispecie circolatorie astrattamente ipotizzabili (in volo o meno): la volumetria, quale diritto reale, dovrebbe essere dotata di taluni caratteri costanti. Tali rilievi assumono sempre più una sfumatura critica, laddove si considerino le molteplici species di diritti edificatori che possono originarsi dall'attuale testo dell'art. 2643, n. 2-bis, c.c. Sul punto si rinvia a G. Trapani, Normative speciali e circolazione giuridica dei diritti edificatori, cit., 436; F. Gazzoni, Cessione di cubatura, "volo" e trascrizione, cit., 120, ove si legge testualmente che "Un diritto reale senza un bene cui esso inerisca è davvero una contraddizione [...]".

(56) Art. 117, comma 2, lett. l), Cost.

(57) Art. 117, comma 3, Cost.

(58) Cfr., anche se in riferimento a materie diverse: Corte Cost. 16 giugno 2005, n. 232, in Le Regioni, 2005, 1253; nonché Corte Cost. 16 gennaio 2013, n. 6, in Il corriere giuridico, 2013, 8-9, 1057 ss., con nota di A. M. Benedetti, Norme regionali, distanze legali tra edifici e "ordinamento civile": si può fare, ma dipende dallo scopo. I giudici costituzionali sanciscono che in materia urbanistica le Regioni hanno titolo per apportare deroghe a regole di fonte statale, anche quando si verte in materie disciplinate dal diritto privato: la legittimità o illegittimità di queste deroghe dipende dallo scopo della norma regionale che, se consiste in finalità di carattere urbanistico generale, può salvarsi dalla pronuncia di incostituzionalità.

(59) S. Bellomia, Diritto privato regionale, perequazione urbanistica e nuovi sistemi di governo del territorio, in Riv. giur. edil., 2008, 2, II, 71 ss.; A. Gambaro, Il diritto di proprietà, in Trattato di diritto civile e commerciale, diretto da A. Cicu e F. Messineo, continuato da L. Mengoni, Milano, 1995, VIII, 2, 252 ss., dove il diritto privato regionale compare tra le fonti delle regole che governano la proprietà immobiliare. Sul tema del diritto privato regionale la letteratura è particolarmente ampia: G. Miele, La Regione, in Commentario sistematico della Costituzione italiana, diretto da P. Calamandrei e A. Levi, Firenze, 1950, II, 316 ss.; P. Virga, La regione, Milano, 1949, 55 ss. Più di recente: V. Roppo, Diritto privato regionale?, in Riv. dir. priv., 2003, 11 ss.; Id., Diritto dei contratti, ordinamento civile, competenza legislativa delle Regioni. Un lavoro complicato per la Corte costituzionale, in Il Corriere giuridico, 2005, 9, 1301 ss.; G. Alpa, Il limite del diritto privato alla potestà normativa regionale, in Contr. impr., 2002, 597 ss.; E. Lamarque, Regioni e ordinamento civile, Padova, 2005, 11 ss.; F. Addis, Fonti legali della proprietà privata e decentramento normativo, in Riv. dir. civ., 1994, II, 58 ss.; P. Vitucci, Gli ordinamenti territoriali distinti nella tradizione e nelle prospettive del diritto privato, in E. Calzolaio (a cura di), Il diritto privato regionale nella prospettiva europea, Milano, 2006, 233 ss.; Id., Proprietà e obbligazioni: il catalogo delle fonti dall'Europa al diritto privato regionale, in Europa e dir. priv., 2002, 747 ss.; A. M. Benedetti, Il diritto privato delle Regioni, Bologna, 2008, 271 ss.; S. Giova, Ordinamento civile e diritto privato regionale, Napoli, 2008, 146 ss.

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NORMATIVE SPECIALI E CIRCOLAZIONE DEI DIRITTI EDIFICATORI

Trapani Giuseppe

L. 06-08-1967, n. 765, art. 17

L. 17-08-1942, n. 1150, art. 41-quinquies

cost. art. 32

cost. art. 41

cost. art. 42

c.c. art. 2643

FONTE Notariato, 2012, 4, 411 Diritti edificatori

Il legislatore ha introdotto nell'articolo 2643 del codice civile, dopo il n. 2), il numero 2-bis) secondo il quale "i contratti che trasferiscono, costituiscono o modificano i diritti edificatori comunque denominati, previsti da normative statali o regionali, ovvero da strumenti di pianificazione territoriale" devono essere trascritti, allo scopo di garantire certezza nella circolazione dei diritti edificatori, attesa l'insufficienza degli strumenti offerti dalle amministrazioni comunali (sia pure innovativi quali, in via meramente esemplificativa, i titoli di credito di cubatura da esse stesse emessi). La norma innovativa dal punto di vista della scelta legislativa in ordine alla pubblicità delle vicende circolatorie dei diritti edificatori, tralascia del tutto la qualificazione tecnico giuridica della fattispecie che costituisce, tuttavia, un presupposto ineludibile per la scelta della disciplina applicabile.

Sommario: I fenomeni in gioco - 2. Le scarne regole - 3. Il nuovo panorama - 4. Conclusioni

I fenomeni in gioco

L'art. 17 della L. n. 765 del 1967 che ha inserito l'art. 41 quinquies della L. n. 1150 del 1942 (1) introduce per la prima volta il concetto di standards edilizi, diretti all'individuazione degli indici inderogabili di densità edilizia, quale espressione del rapporto tra la superficie interessata dall'intervento edificatorio e il volume del fabbricato realizzando.

Siffatti limiti sono determinati, di volta in volta, con riguardo a ben precisi criteri, quali in via esemplificativa la superficie edificabile in proprietà, le distanze tra i costruendi edifici, le aree destinate alle opere di urbanizzazione, alle attività collettive, pubbliche o private, a parcheggi ed a verde pubblico.

L'interesse tutelato da una siffatta previsione normativa è di rango costituzionale: si tratta del più razionale sfruttamento degli spazi fabbricabili, nel rispetto delle regole di programmazione territoriale, devolute alla mano pubblica, a salvaguardia della salute della collettività (art. 32 Cost.) per la promozione delle attività economiche (artt. 41 e 44 Cost.), in funzione di assicurare la più adeguata funzione sociale della proprietà (art. 42 Cost.).

Nella prassi negoziale sono diffuse da ormai molto tempo accanto a forme sempre più evolute di accordi rivolti alla urbanizzazione delle aree di espansione o riqualificazione

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urbana, alcune forme di "micropianificazione ad iniziativa privata" (2) consistenti in accordi tra privati, qualificati talora cessioni di volumetria o di cubatura (3), con i quali il proprietario di un'area cede la potenzialità edificatoria della stessa o parte di essa ad un soggetto cessionario che incrementando la capacità di espansione fabbricabile del proprio terreno, possa ottenere dal Comune un permesso di costruire (definito "maggiorato") idoneo alla edificazione di un manufatto avente un volume maggiore di quello che in origine avrebbe potuto esser realizzato (4).

In tal modo, la volumetria fruibile complessivamente in base agli indici di densità edilizia viene concentrata su una o più aree.

Non viene mutato, insomma, l'indice di densità complessivo della zona o del comparto, non essendovi alcun intervento premiale della condotta del privato istante da parte dell'Amministrazione comunale (5): qualora quest'ultima accolga la regolazione privata approntata dalle parti dello sviluppo edificatorio delle aree di loro spettanza, all'inedificabilità totale o parziale del fondo del cedente, corrisponderà un eguale incremento della volumetria utilizzabile nel fondo di cui è proprietario il cessionario (6). L'indice edilizio è, infatti, stabilito per zone e non per singole aree: l'interesse pubblico è soddisfatto perfettamente anche se le costruzioni vengono realizzate su una sola area, restando le residue aree inedificate ed inedificabili.

Non deve mutare, insomma, nella realizzazione dei manufatti urbanisticamente rilevanti, la distribuzione totale del carico urbanistico sul territorio (cd. "cubatura media"), indipendentemente dalla ripartizione e distribuzione reciproca da parte dei privati: "l'eccedenza di volumetria che si realizza in virtù del negozio in questione, trova compensazione nella correlativa minore edificazione dell'area asservita; cosicché, l'alterazione del rapporto di densità edilizia è da reputarsi, avuto riguardo alla considerazione complessiva della zona interessata, inesistente" (7).

In concreto, all'obiettivo di ancorare al parametro della superficie edificabile a disposizione dei singoli proprietari la capacità edificatoria corrisponde il concetto di "superficie minima edificabile" (8).

Le regole che presiedono il governo del territorio hanno subito nell'ultima decade del 1900 radicali innovazioni.

La disciplina urbanistica che affonda le proprie radici nelle norme del 1942 (9), improntata ad un rigido zoning, eredità dell'urbanistica razionalista, al pari del sistema degli standards, retto piuttosto da una logica rigidamente parametrica (metro cubo su metro quadrato) e dei vincoli preespropriativi diretti alla separazione delle aree sulle quali realizzare le opere pubbliche, è offuscata oggi dalla ricerca di soluzioni tecniche rivolte a favorire la compresenza di funzioni (10) (mixité) (11) che meglio permettano la realizzazione dei bisogni e degli interessi pubblici e della collettività che lì vive ed opera.

È stato segnalato che proprio la progressiva consapevolezza che "il parametro suolo" è una risorsa limitata e "non rinnovabile", ha imposto "il passaggio da pianificazioni incrementali, fondate sulla diffusione urbana (sprawl), a piani connotati da una impostazione fortemente contenitiva, nella quale ogni ulteriore consumo di suolo agro - naturale deve trovare una rigorosa giustificazione" (12).

Si assiste, insomma, ad una frammentazione nella quale ciascuna amministrazione individua ex ante "i valori ai quali conformare l'azione pianificatoria, gli obiettivi da assumere nella fase di impostazione (framing) del piano e da ultimo gli strumenti e le tecniche più efficienti al raggiungimento dei risultati prefissi" (13).

In tale ottica, il ricorso alle metodiche della perequazione, della compensazione e della incentivazione rappresenta senz'altro espressione delle nuove tendenze.

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L'analisi di siffatti orientamenti urbanistici risulta in realtà difficile e complessa atteso il fatto che le sperimentazioni tecniche sono temporalmente anteriori ed addirittura anche indipendenti dalla regolamentazione delle medesime fattispecie da parte delle norme di fonte regionale, in assenza anche di un organico quadro dispositivo nazionale (14).

Storicamente, la soluzione perequativa, adottata in un primo tempo solo da alcune Amministrazioni comunali, trova un primo riscontro favorevole nel vaglio della giurisprudenza amministrativa (15), che si è espressa, in particolare, in tal senso in occasione dei ricorsi proposti contro il piano regolatore di Reggio Emilia; in siffatta pronuncia, che affronta specificamente la questione della legittimità delle previsioni urbanistiche, è affermata, a chiare lettere, l'indipendenza dello strumento perequativo rispetto alla necessità (presunta) di una modificazione della vigente legislazione sia essa di rango nazionale o regionale.

La perequazione consentirebbe, inoltre, secondo una tale impostazione, di far beneficiare del vantaggio dell'edificabilità la proprietà garantendo, nel contempo, l'elevazione della qualità urbana: la chiave di lettura della perequazione è, insomma, concentrata proprio "in questa inscindibilità tra vantaggi della trasformazione ed oneri infrastrutturativi" (16) o in altre parole tra l'utilità pubblica e l'utilità immediata dei cittadini uti singuli.

Il progressivo abbandono della zonizzazione importa, poi, che quest'ultima divenga espressione esclusiva di una mera componente progettuale: le tavole di zoning non coincidono più con il piano e sono organizzate più spesso per tessuti organici e sempre meno per zone omogenee (17). Si realizza, in tal modo, il singolare risultato di un doppio livello di pianificazione, che ha l'effetto di svincolare e, per così dire, liberare la cubatura sviluppata dai singoli lotti: il primo livello, diretto a disciplinare le previsioni insediative ed infrastrutturali; il secondo livello, funzionale alla allocazione delle dotazioni volumetriche ed al riparto dei costi infrastrutturali su un'ampia base di titolari del diritto di proprietà.

L'obiettivo di una siffatta scelta urbanistica è quello, evidente, di evitare l'insorgere di sperequazioni tra i proprietari delle aree interessate dall'attività di programmazione, indipendentemente dalla distinzione delle funzioni destinatorie delle aree medesime.

Il meccanismo richiede, tuttavia, in concreto, una modulazione dei diritti edificatori e della titolarità delle aree che ha assunto, nella realtà, diverse forme tecnico - giuridiche, senza purtuttavia pervenire ancor oggi, in assenza di un generale ed univoco dato normativo che coaguli le diverse locali esperienze urbanistiche a risultati che possano avere il pregio della soddisfazione.

Il modello perequativo tende, insomma, a generare il massimo dell'equità applicando all'intero territorio un unico indice di edificazione, con l'esclusione delle sole zone agricole e del centro storico. In tale luce, in prima approssimazione, la permuta o la cessione delle aree o lo scambio (a titolo oneroso) dei diritti edificatori ripartiti prima di tutto sui fondi cd. sorgente (sending areas) permetteranno al tempo della successiva concentrazione dei volumi (cd. fase di atterraggio) sui soli fondi cd. accipienti o riceventi (receiving areas) di garantire anche ai proprietari dei fondi cd. sorgente di ottenere una frazione in senso economico o nel senso dello sfruttamento edificatorio dell'attività di trasformazione del territorio urbano interessato dall'intervento (18).

Il rischio di un tale meccanismo, che richiede necessariamente di essere affinato è, però, palese: la totale parificazione delle aree, dal punto di vista urbanistico reca con sé, infatti, il risultato paradossale di non tenere in alcuna considerazione le differenze discendenti dalla allocazione delle medesime, generando in tal modo una disuguaglianza per così dire di ritorno.

Per evitare un tale risultato inefficiente e soprattutto iniquo e certo discordante con le premesse di partenza, è necessario procedere, allora, "alla decodificazione dei caratteri e delle invarianti territoriali" (la cd. classificazione dei suoli): i lotti compresi in una certa classe riceveranno una eguale potenzialità di cubatura, indipendentemente dalla

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destinazione finale; le dinamiche perequative consentono, infatti, con la revisione profonda delle regole di pianificazione, una maggiore flessibilità (19).

Dovranno essere, di conseguenza, fissate le regole di trasformazione all'interno di unità minime di intervento (comparti, piani attuativi, ambiti o distretti) o le regole di circolazione dei titoli volumetrici esattamente corrispondenti con la cubatura sviluppata da ciascun fondo interessato (20).

È necessario, a questo punto, definire i contorni degli istituti della perequazione e della compensazione, che concernono in concreto - nonostante di frequente vengano utilizzati in modo confuso e le linee direttrici dei piani e delle norme regionali disegnino ipotesi pratiche che sono talora espressione di una sorta di melting pot urbanistico - fattispecie del tutto diverse tra loro.

La perequazione (21), intesa quale equa ripartizione tra più proprietari dei vantaggi ed oneri derivanti dalla trasformazione in senso edificatorio delle aree, attuata mediante tecniche che "consentono il raggiungimento dell'indifferenza delle situazioni proprietarie rispetto agli effetti conformativi delle scelte discrezionali di allocazione delle diverse funzioni territoriali" (22) trova la propria fonte in numerose leggi regionali (23), ma ancor di più nei piani regolatori approvati con sempre maggiore frequenza negli anni più recenti, strumenti questi ultimi che danno maggiormente il segno dei modelli scelti ed in concreto praticati dalle amministrazioni locali.

Le disposizioni vigenti di rango regionale, insomma, sono diffuse in modo non organico ed unitario sul territorio nazionale, in assenza di disposizioni nazionali che abbiano un siffatto crisma, e subiscono deroghe anche rilevanti per effetto delle regole contenute nei piani di volta in volta approvati.

Un dato deve, tuttavia, essere sottolineato.

I sistemi perequativi non sono obbligatori e costituiscono semplicemente uno strumento opzionale nella pianificazione territoriale.

Si assiste, comunque, pur in assenza di una disposizione - quadro nazionale che incentivi la creazione e la fruizione di tali fattispecie, ad una progressivo irrobustimento della prospettiva perequativa, soprattutto per effetto di interventi della giurisprudenza amministrativa (24) secondo la quale in ipotesi di vaste acquisizioni di aree, il modello della perequazione giunge a divenire obbligatorio, proprio in considerazione dei rilevanti vantaggi che esso in concreto presenta; in particolare, in ipotesi di reiterazione dell'imposizione di vincoli urbanistici scaduti, nella motivazione del provvedimento amministrativo deve darsi certamente conto della "mancanza di possibili soluzioni alternative o di perequazione fra i proprietari espropriabili" (25), atteso che le alternative su base volontaria all'esito espropriativo devono sempre e comunque essere privilegiate dall'amministrazione pubblica.

In tale luce, la riproposizione di un tessuto vincolistico sulle aree da destinare alla realizzazione di opere pubbliche può trovare spazio solo laddove motivi squisitamente urbanistici inibiscano il ricorso alle metodiche perequative e compensative.

Nei modelli urbanistici tradizionali viene, infatti, trascurata, sempre ed integralmente, la dimensione distributiva; nel modello perequativo, ispirato ad un parametro di eguaglianza sostanziale, oggetto dell'analisi sono invece il numero, l'entità e l'allocazione delle aree, secondo il criterio del maximin (maximum minimorum) (26): "la strategia egualitaria si concentra, in realtà, sull'innalzamento del risultato ottenibile dei proprietari altrimenti svantaggiati" (27).

Per effetto del modello perequativo, invece, ai fondi che secondo il modello tradizionale verrebbero gravati da vincoli, viene riconosciuta una frazione della cubatura complessiva, addirittura modulabile e fruibile in altre aree contigue o meno.

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È opportuno ricorrere ad un esempio tratto dalla recente dottrina (28) per chiarire gli elementi sin qui esposti: nei piani tradizionali, un solo fondo è beneficiato della capacità volumetrica derivante dalla sua utilizzazione edificatoria in misura 1mc/1mq e contestualmente altri 4 fondi sono assoggettati a vincoli per la realizzazione delle opere infrastrutturali o quale verde privato. Nei piani ispirati ai modelli perequativi, invece, lo sviluppo volumetrico è ripartito equamente tra i cinque lotti a ciascuno dei quali verrà assegnato un indice perequativo 0,2mc/1mq, con contestuale identificazione di un solo fondo sul quale avverrà la concentrazione edificatoria e delle aree da destinare a verde o ad infrastrutture.

L'obiettivo di una maggiore eguaglianza tra i cittadini nello sfruttamento delle risorse del territorio è, in definitiva, di tutta evidenza.

Diverso dalla perequazione in senso tecnico è, invece, lo strumento della compensazione, che sino ad oggi ha avuto una maggiore diffusione rispetto alla prima (29).

Siffatto ultimo meccanismo si è risolto, talora, nell'inserimento in piani di stampo tradizionale di accordi di scambio tra aree destinate alla realizzazione di infrastrutture e diritti edificatori o ancora nel rapporto matematico con l'esecuzione delle opere a scomputo, in un'ottica che offrisse nel contempo una soluzione alla storica inefficienza della pubblica Amministrazione, senza per questo abbandonare gli schemi consolidati classici di pianificazione urbanistica, nell'erroneo convincimento per altro verso che "la moneta volumetrica" (30) fosse per i Comuni a costo nullo o quasi nullo, ponendo al contrario nuove questioni, mai postesi prima, in ordine al "consumo di territorio a fini edificatori" (31).

Le tecniche utilizzate dalle Amministrazioni e dalle leggi regionali sono molto diverse tra loro ed in assenza di precise e chiare disposizioni - quadro nazionali profondamente eterogenee.

Non esiste, infatti, un unico modello perequativo o compensativo (32).

Appare difficile, in tal senso, individuare addirittura uno schema categoriale unitario al quale fare riferimento allo scopo di definire le regole urbanistiche e la disciplina civilistica applicabile, soprattutto in considerazione della poca precisione tecnica con la quale tali termini vengono impiegati (indifferentemente) nella redazione delle disposizioni regionali e delle norme degli strumenti urbanistici (33), spesso frutto di commistioni di fattispecie eteronome.

È stato innanzi tutto posto in dubbio, come già ricordato, al proposito se fosse necessaria o meno una "copertura legislativa" (34) nazionale o quanto meno regionale per l'adozione da parte dei singoli comuni dei sistemi perequativi (35).

In realtà, un'opera di conformazione delle tecniche perequative e compensative ai principi desumibili dalla legislazione vigente in tema di esercizio della pianificazione territoriale è stata effettuata dalla giurisprudenza amministrativa la quale ha consentito di volta in volta di verificare che lo strumento tecnico in questione non deroga ma attua le scelte del legislatore nazionale, "declinando il modulo base del comparto di cui all'art. 23 della legge urbanistica del 1942" (36): in tale luce, non è neppure necessaria (ma semmai fortemente opportuna) l'adozione di una disciplina da parte delle regioni, ferme restando appunto le linee direttrici fissate dal legislatore nazionale (37).

Secondo un'impostazione recente (38), che fa proprie tali considerazioni, dovrebbe, innanzi tutto più correttamente esser fatto riferimento più che alla perequazione ed alla compensazione, alle perequazioni ed alle compensazioni.

È possibile, allora, tracciare alcune linee guida distintive delle diverse ipotesi:

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1. La perequazione urbanistica pura: è previsto, in tal caso, dal piano un'equa ed ampia distribuzione dei vantaggi dell'edificazione mediante un'attribuzione omogenea delle cubature alle aree nelle quali saranno effettuate le trasformazioni urbanistiche e le aree (cd. interstiziali) che devono restare immodificate per ragioni urbanistiche;

2. La perequazione infrastrutturale (o infrastrutturativa) o con oneri di cessione: si tratta di un modello che segue logiche di equità e conformazione condivisa; il piano deve prevedere oltre un'equa ed ampia distribuzione dei vantaggi dell'edificazione l'acquisizione di aree senza esborsi di sorta a carico del Comune; in tale ipotesi trovano spazio possibilità edificatorie ben più ampie del caso della cd. perequazione urbanistica pura, con contestuale cessione delle aree al Comune per la realizzazione delle infrastrutture pubbliche e concentrazione della cubatura nelle aree esattamente individuate;

3. La perequazione con volumetria pubblica aggiuntiva: oltre allo schema proprio dei modelli sopra descritti ai numeri 1 e 2, il piano attribuisce al Comune una frazione della volumetria concentrabile su lotti specifici (39); in tali ipotesi, il Comune potrà o cedere tale volumetria a titolo oneroso a terzi (anche privati) o realizzare mediante l'utilizzazione diretta di essa dei programmi di social housing (40);

4. La perequazione sui residui: si tratta del piano che si occupa di tutte le previsioni edificatorie espresse dai piani precedenti, rimaste inattuate e giudicate non confermabili; in tale caso, si prevede una trasformazione delle potenzialità edificatorie in veri e propri diritti edificatori che possono formare autonomo oggetto di scambio; l'obiettivo del piano in questione è di orientare altrove l'atterraggio dei diritti edificatori, perseguendo una sorta di equità intertemporale tra piani;

5. La compensazione infrastrutturativa: l'amministrazione comunale individua delle aree nelle quali - in considerazione dell'importanza delle opere da realizzare - essa non può rinunciare all'imposizione di vincoli preespropriativi quinquennali ed alla conseguente potestà di espropriazione delle stesse; il ristoro del proprietario potrà avere luogo solo attraverso l'attribuzione di un credito compensativo (41) in luogo del consueto indennizzo (42); l'obiettivo non è di esercitare un principio di autorità, quanto piuttosto incentivare l'adesione del privato a meccanismi convenzionali, che presentano un minor grado di diseconomicità;

6. La compensazione paesaggistico - ambientale: si tratta di un piano in cui in considerazione di rischi ambientali o paesaggistici (per la presenza di manufatti in via esemplificativa degradati o abusivi) è possibile invitare i privati a procedere ad operazioni di riqualificazione urbana i cui oneri vengono remunerati mediante l'attribuzione di "crediti compensativi".

Emergono, in definitiva, dalla classificazione proposta i tratti distintivi delle fattispecie delle perequazioni dalle ipotesi di compensazioni, che purtroppo la prassi urbanistica non presenta distinte in modo altrettanto netto.

In maggiore sintesi, la perequazione costituisce una efficiente alternativa all'imposizione del vincolo, allargando la platea dei soggetti proprietari sui quali si distribuiscono i vantaggi e gli oneri del piano, "spalmando" sui proprietari i vantaggi del piano ed è fondata su un'adesione volontaria del proprietario al quale, in ogni caso, competono dei vantaggi. La redistribuzione permette, poi, di diffondere i vantaggi derivanti dall'edificazione, senza tenere in considerazione le differenze delle aree stesse; il diritto edificatorio, insomma, "viene ad accedere al fondo, anche se tale potenzialità, prodotta dal fondo, non sarà dispiegabile sul fondo" (43) stesso.

È stato, poi, sottolineato (44) che l'applicazione delle tecniche di perequazione può avvenire all'interno di ambiti o piani attuativi (cd. perequazione endoambito) oppure su tutta la porzione territoriale interessata, mediante la circolazione dei diritti edificatori (cd. perequazione estesa) (45).

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A] Il primo caso, definito quale perequazione endoambito, è il modello più diffuso nelle normative regionali e trova applicazione in perimetri (anche discontinui) (46) denominati in modo non univoco (47). Il meccanismo è attuato mediante l'assegnazione di una potenzialità volumetrica all'intero ambito da parte del piano regolatore, dedotta la volumetria degli edifici esistenti; è, poi, il piano attuativo a ripartire tra tutti i proprietari le capacità edificatorie e gli oneri derivanti dalle trasformazioni territoriali. I proprietari attraverso la redazione di un piano di ricomposizione fondiaria avente ad oggetto un complesso sistema di permute e cessioni reciproche consentono la realizzazione dell'intervento pubblico. Invero, è proprio il vincolo di attuazione necessariamente unitario delle previsioni di piano a imporre (o consigliare) ai proprietari di cooperare fattivamente, fatta salva la loro rinuncia generale ai vantaggi edificatori; e la cooperazione presuppone certamente che la redistribuzione delle aree (e della loro volumetria) sia percepita equa dagli stessi attori della vicenda urbanistica. In tale ipotesi, la perequazione è attuata attraverso delle ricomposizioni fondiarie, che assumono generalmente la forma delle cessioni di volumetria.

B] La seconda ipotesi, qualificata perequazione estesa (48), consiste nella dematerializzazione della dotazione volumetrica del fondo sorgente sub specie di diritto edificatorio cedibile a titolo oneroso a terzi. Tale diritto edificatorio (generato da un lotto insuscettibile di una variazione in senso edificatorio) può atterrare sui soli fondi cd. accipienti o riceventi (receiving areas), previsti quali aree di concentrazione necessaria realizzando l'obiettivo di garantire anche ai proprietari dei fondi cd. sorgente di ottenere una frazione in senso economico o di sfruttamento edificatorio dell'attività di trasformazione del territorio urbano interessato dall'intervento. Il piano regolatore, in tale secondo caso, lascia libere le parti di modulare le diverse ipotesi di atterraggio dei diritti edificatori, con l'unico limite di un coefficiente di ponderazione avente la forma di un indice fondiario differenziato (49) che consente, nel caso in cui il meccanismo riguardi aree poste in parti del territorio aventi accentuate differenze morfologiche, di modulare il diritto edificatorio in funzione delle aree di atterraggio dello stesso, nel rispetto del principio di eguaglianza. Il vantaggio di tale ultima prospettiva è rappresentato dalla grande libertà della quale godono i proprietari nella realizzazione di fattispecie piuttosto complesse, giungendo addirittura ad ipotizzare una sorta di mercato dei titoli volumetrici nel quale sia agevole identificare un elevato numero di interlocutori: tale meccanismo escluderebbe così proprio le patologie tipiche del mercato, che impedirebbero al modello di funzionare (50).

La compensazione rappresenta, invece, uno strumento che svolge una piena funzione di ristoro per eliminare le conseguenze pregiudizievoli derivanti dall'imposizione dei vincoli stessi o per soddisfare gli oneri sostenuti per il facere sostenuto, mirando a ridurre gli effetti sfavorevoli e negativi del piano stesso; svolge insomma una funzione indennitaria (nel caso della compensazione cd. infrastrutturativa) o economica (nel caso della compensazione paesaggistica o ambientale) per rendere neutra in tal modo l'imposizione di interventi posti a carico dei privati (51).

Al proprietario del terreno gravato da un vincolo viene attribuita un'utilità consistente in una cubatura fruibile in altra area edificabile o in un credito compensativo trasferibile anche a terzi (52), ispirata da ragioni di evidente efficienza amministrativa. Il privato, insomma, è dinanzi ad un'alternativa: accettare, senz'altro, la somma liquidata a titolo di indennizzo economico oppure accettare il credito compensativo.

Colui che adempie una precisa obbligazione di tipo urbanistico, ottiene un pieno ristoro mediante l'assegnazione di un titolo che permette una soddisfazione differita mediante lo sviluppo delle esigenze circolatorie. Si può configurare, in concreto, in tal ultimo caso, una sorta di datio in solutum atipica (53) ad effetti non reali consistenti esattamente nell'attribuzione di siffatto credito compensativo che potrà essere utilizzato direttamente su fondo accipiente dal titolare o da costui ceduto a terzi.

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Deve essere evidenziato, tuttavia, un possibile rischio di penalizzazione dei crediti compensativi rispetto ai diritti edificatori assegnati al momento stesso di entrata in vigore del piano e scambiabili sin da allora (54); invero, i primi hanno origine, invece, soltanto in seguito alla cessione volontaria al Comune o all'esatto adempimento degli obblighi di riqualificazione paesaggistico - ambientale e, quindi, sorgono in un tempo necessariamente successivo ai secondi, con l'effetto paradossale di permettere al titolare una minore scelta tra le aree di atterraggio disponibili e conseguentemente generare un minore valore economico. Per evitare, insomma, una disarmonica ed iniqua fruizione delle volumetrie è necessario immaginare la previsione di una sorta di quota riservata a favore dei titoli che siano espressione dei crediti compensativi.

Essi potranno, infatti, essere oggetto di scambio solo dopo la cessione volontaria al Comune o l'impegno irrevocabile ad effettuarla o ancora dopo l'esatto adempimento degli obblighi di riqualificazione paesaggistico - ambientale ora ricordati (55), fatta eccezione per le fattispecie nelle quali vi è una espressa previsione normativa regionale che dispone in senso diverso.

È il caso, ad esempio, delle Regioni che hanno adottato a chiare lettere il registro dei crediti di cubatura nei quali, ancor prima della cessione al Comune dell'area vincolata, essi potrebbero essere iscritti (magari in una speciale sezione) sin dall'apposizione iniziale del vincolo (56).

2. Le scarne regole

Il fenomeno della circolazione dei diritti edificatori affonda le proprie origini qualche decennio fa nella prassi, generata proprio negli studi notarili, in specie negli accordi di micropianificazione.

In particolare, la cessione di cubatura nasce e si sviluppa nella pratica e trova riscontro ed espressione nell'elaborazione della dottrina e della giurisprudenza, di massima amministrativa, in assenza per lungo tempo, di alcuna specifica disciplina normativa, in considerazione non solo dell'esigenza di disciplinare l'accordo intervenuto tra le parti nei limiti consentiti all'autonomia privata, ma anche di garantire ai terzi la piena conoscibilità dello stato giuridico dei terreni (57).

Le difficoltà che il trasferimento, l'accorpamento e la riserva della cubatura pongono, divengono ancora maggiori nelle ipotesi della perequazione cd. estesa e della compensazione, nelle quali è permessa la circolazione di titoli volumetrici anche a favore di più aventi causa in tempi successivi tra loro, in modo da permettere al loro titolare originario, che non sia anche proprietario del fondo accipiente, di cederli a fronte di un prezzo ad altro soggetto, anch'egli estraneo alla titolarità del lotto recipiente; le vicende traslative dei titoli volumetrici divengono così talmente astratte da prescindere dal collegamento reale immobiliare che le ha originate.

Se dal punto di vista meramente descrittivo, la fattispecie può essere disegnata con brevi tratti, l'ostacolo concreto è, invero, un altro; difetta, infatti, del tutto una qualsiasi regolamentazione organica della fattispecie nella legislazione nazionale, essendo la disciplina fissata spesso solo in disposizioni di legge regionale ed ancor più frequentemente da norme contenute negli strumenti di programmazione urbanistica; manca, inoltre, la disciplina civilistica applicabile alle fattispecie, certamente non delegabile alla competenza normativa delle singole regioni: la materia del diritto privato, a mente dell'art. 117, comma secondo, lett. l della Costituzione ("ordinamento civile") è esclusivamente riservata alla competenza normativa del Parlamento della Repubblica, restando devoluta, invece, alla legislazione concorrente la regolamentazione del "governo del territorio" (art. 117, comma terzo, Cost.) (58).

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In assenza di tali, auspicate, disposizioni quadro di legge nazionale, che fissino i punti fermi della disciplina perequativa, delineando esattamente il confine tra la competenza statuale e la competenza delle regioni (59), soccorrono, allora, alcune norme regionali che attribuiscono al Comune interessato lo svolgimento di un ruolo attivo di equilibrio e di garanzia nell'incontro tra domanda ed offerta di tali titoli volumetrici (60).

Le soluzioni accolte in concreto sull'intero territorio nazionale non hanno certo il pregio della loro reciproca uniformità e coerenza.

È evidente, insomma, che le Regioni hanno regolato la fattispecie in questione in modo del tutto diverso tra loro, come emerge sin dall'impiego di termini non omogenei in ordine alla definizione dei meccanismi compensativi: si fa rispettivamente riferimento in Veneto, ai crediti edilizi, in Lombardia alla disciplina di incentivazione, in Umbria agli incrementi premiali o alle compensazioni, ed ancora nella provincia di Trento alla compensazione urbanistica.

L'obiettivo delle norme regionali è però chiaro: riempire (nei limiti concessi dall'ordinamento giuridico nazionale e dal dato costituzionale) un vuoto e, nel contempo, garantire la certezza dei negozi giuridici perequativi in presenza di un sistema pubblicitario nazionale informatizzato presso l'Agenzia del Territorio impostato su canoni tecnici rigidi, poco flessibili e fondato sulla tipicità delle situazioni giuridiche (61), dall'accesso al quale sistema, appunto, allo stato sembravano essere escluse l'accesso le fattispecie urbanistiche in argomento.

È possibile rinvenire, ciò nonostante, alcuni elementi comuni nella complessiva normazione regionale.

Un dato unificante delle diverse discipline diffuse sul territorio può, innanzi tutto, essere rinvenuto nello scopo riconosciuto dell'istituto premiale, giustificato proprio generalmente dall'esecuzione di interventi di riqualificazione urbanistica ed ambientale; alcune regioni aggiungono, tuttavia, ad un tale elemento di coesione, anche altri obiettivi quali, ad esempio, la realizzazione di interventi di edilizia residenziale pubblica (Lombardia, Trento e Puglia), la tutela e la valorizzazione di beni storico - artistici in generale (Lombardia e Veneto) e dei centri storici in particolare (Umbria), il risparmio energetico (Lombardia) ed infine la prevenzione sismica (Umbria) (62).

Un altro elemento normativo comune alle disposizioni regionali è dato dalla necessaria perimetrazione delle aree di intervento, la cui individuazione è devoluta in gran parte dei casi allo strumento urbanistico (Trento, Umbria e Veneto), talaltra semplicemente alla sola pianificazione attuativa (Lombardia).

Purtroppo, gli elementi unificanti, almeno sino all'approvazione, molto attesa, di una legge quadro nazionale, sono destinati a rimanere esili e rari.

È diverso, infatti, il criterio per determinare i luoghi di cd. atterraggio del credito: secondo un'impostazione della normativa regionale (Veneto), quest'ultimo può essere utilizzato in ambiti anche diversi da quelli di origine; in altra (Provincia di Trento), invece la fruizione potrà avere luogo solo negli ambiti di perequazione, eccezion fatta qualora vi sia un'espressa previsione del piano regolatore; altrove (Umbria), i crediti possono atterrare, invece, solo nell'area nella quale si svolge l'intervento di riqualificazione che lo origina, ad eccezione dei casi in cui esso sia diretto a realizzare attrezzature e servizi, in aggiunta agli standards, o a migliorare la qualità ambientale, nei quali i esso può essere esercitato al di fuori dell'ambito di origine (63); in Lombardia, ancora, lo sfruttamento potrà trovare spazio solo nell'ambito di origine, senza eccezioni di sorta.

Altrettanto eterogeneo è il criterio di quantificazione della misura del credito stesso: talora, è delineata una disciplina che consente un incremento non superiore al quindici per cento rispetto alla volumetria ammessa (Lombardia), talaltra, invece, un incremento corrispondente ai costi, sostenuti dal Comune o ai benefici che quest'ultimo ne ha tratto

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(Umbria); o ancora, è consentito un incremento nella misura da definirsi in sede di approvazione dello strumento urbanistico (Provincia di Trento) o, infine, addirittura, in senso diametralmente opposto, non è dato rinvenire alcuna limitazione normativa né alcuna definizione, per così dire, a monte dei criteri generatori (Veneto) (64).

Altrettanto non uniforme nel tessuto normativo regionale, è la definizione del regime della commerciabilità, che in alcuni casi è libero (Veneto), in altri è limitato ad alcune fattispecie soltanto (in Umbria agli interventi nei centri storici, nella Provincia di Trento agli ambiti perequativi), ed in altri ancora è del tutto escluso (Lombardia).

Anche la previsione di meccanismi pubblicitari di siffatte operazioni su base squisitamente localistica è il frutto di interventi normativi disorganici e spazialmente diffusi a macchia di leopardo e non basta a risolvere in modo conforme tutte le questioni poste sul tappeto al proposito. Alcune leggi regionali (Provincia di Trento, Veneto e Lombardia) soltanto hanno, ad esempio, introdotto un registro di diritti (e crediti) edificatori gestito, dal Comune nel quale sono annotati (rectius trascritti) (65), dopo l'assegnazione, i diritti edificatori ed i crediti compensativi e (annotate) le loro vicende circolatorie, laddove altre nulla hanno previsto al riguardo.

La carenza, in realtà, sino a ieri, di un sistema pubblicitario organico e generalmente diffuso sul territorio nazionale è, tuttavia, essa stessa espressione del limite e della valenza parziale di siffatte previsioni; difetta, inoltre, in tali registri introdotti solo da alcune Regioni, la funzione primaria di regolazione dei conflitti che è, invece, propria dei registri immobiliari.

In definitiva, le registrazioni operate dall'amministrazione comunale permettono solo ed esclusivamente di far conoscere la disponibilità di titoli volumetrici ai proprietari dei fondi cd. accipienti o riceventi (receiving areas).

L'assenza di qualsivoglia disposizione in materia non però è oggi certo un dato di attualità: alla essenzialità delle norme presenti nella legislazione nazionale (pur in mancanza di ormai necessarie disposizioni quadro) fa da contraltare un'ipertrofia evidente della legislazione regionale (66), che trascura, tuttavia, per l'espresso limite di cui all'art. 117 della Costituzione che devolve al legislative nazionale la regolamentazione delle fattispecie di diritto privato.

La questione assume maggiore difficoltà proprio a proposito della perequazione cd. estesa e della compensazione nelle quali si realizza un distacco vero e proprio del diritto edificatorio dal suolo che lo ha generato a vantaggio di soggetti che non sono titolari di diritti reali sul fondo stesso; secondo recente dottrina (67) è possibile, al riguardo, ipotizzare una sorta di dematerializzazione dello ius aedificandi o ancor meglio qualificare la rispettiva fattispecie "alla stregua di un (nuovo ed autonomo) bene di natura non reale (superando, in tal modo, il problema del numero chiuso dei diritti reali)".

Alcuni sporadici interventi del legislatore nazionale confermano un tale assunto (68).

La L. 15 dicembre 2004, n. 308 (69) all'art. 1, comma 21, dispone che "qualora per effetto di vincoli sopravvenuti diversi da quelli di natura urbanistica non sia più esercitabile il diritto di edificare che sia già stato assentito a norma delle vigenti disposizioni è in facoltà del titolare del diritto di chiedere di esercitare lo stesso su un'altra area del territorio comunale, di cui abbia acquisito la disponibilità a fini edificatori".

Ed al comma 22 aggiunge che "in caso di accoglimento dell'istanza presentata ai sensi del comma 21, la traslazione del diritto di edificare su area diversa comporta la contestuale cessione al Comune a titolo gratuito dell'area interessata dal vincolo sopravvenuto" (70).

L'art. 1, commi 258 e 259 della L. n. 244 del 24 dicembre 2007 (71) dispone, poi, che all'interno dei meccanismi perequativi e delle previsioni degli strumenti urbanistici, in

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aggiunta delle aree necessarie per garantire gli standards, siano definiti ambiti (e non più zone) la cui trasformazione è subordinata alla cessione gratuita da parte dei proprietari, singoli o riuniti in forma consortile, di aree o immobili da destinare a edilizia residenziale sociale in rapporto al fabbisogno locale e in relazione all'entità e al valore della trasformazione. In tali ambiti, è possibile prevedere, inoltre, l'eventuale fornitura di alloggi a canone calmierato, concordato e sociale (72). Si può, poi, prevedere in occasione della localizzazione di interventi finalizzati alla realizzazione di edilizia residenziale sociale, di rinnovo urbanistico ed edilizio, di riqualificazione e miglioramento della qualità ambientale degli insediamenti, una premialità di cubatura che deve restare nei limiti di incremento massimo della capacità edificatoria prevista per gli ambiti stessi, come definiti dalla medesima legge (73).

I Comuni potranno, insomma, mediante i propri strumenti urbanistici, definire gli ambiti nei quali è permessa l'attribuzione di diritti premiali purché:

- il diritto edificatorio premiale sia assegnato per il perseguimento di finalità relative all'attuazione dell'edilizia residenziale sociale, al rinnovo urbanistico ed edilizio, e alla riqualificazione e miglioramento della qualità ambientale degli insediamenti;

- l'incremento volumetrico non superi l'incremento massimo della capacità edificatoria prevista per gli ambiti nei quali sono collocate le aree destinate all'edilizia residenziale sociale.

L'art. 11 della L. 6 agosto 2008, n. 133 (74), sotto la rubrica "Piano Casa", contiene le linee guida per l'emanazione di un decreto legislativo che abbia quale fine il garantire su tutto il territorio nazionale i livelli minimi essenziali di fabbisogno abitativo per il pieno sviluppo della persona umana (75). È evidente il segnale di un nuovo interesse del legislatore per l'edilizia residenziale sociale, la cui incentivazione è fondata sul ruolo degli imprenditori privati ai quali è devoluto il compito della promozione dell'iniziativa (76).

Tale disposizione contiene al comma 5 (77) tre precise indicazioni normative che per la prima volta - nella legislazione nazionale - attribuiscono alla cubatura in sé (rectius ai diritti edificatori), vera e propria dignità di bene, inteso nel senso tecnico giuridico di cui all'art. 810 c.c.: la volumetria cessa insomma di essere un mero rapporto matematico per assurgere essa stessa ad oggetto del diritto.

In particolare, gli interventi del Piano Casa potranno essere realizzati anche:

- mediante il trasferimento di diritti edificatori in favore dei promotori degli interventi di incremento del patrimonio abitativo (lett. a);

- mediante incrementi premiali di diritti edificatori finalizzati alla dotazione di servizi, spazi pubblici e di miglioramento della qualità urbana, nel rispetto delle aree necessarie per le superfici minime di spazi pubblici o riservati alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggi di cui al decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444 (lett. b);

- ed ancora mediante la cessione, in tutto o in parte, dei diritti edificatori come corrispettivo per la realizzazione anche di unità abitative di proprietà pubblica da destinare alla locazione a canone agevolato, ovvero da destinare alla alienazione in favore delle categorie sociali svantaggiate (lett. e).

Dopo il primo timido tentativo della ricordata L. 15 dicembre 2004, n. 308, ma ancor più dopo le disposizioni appena menzionate del 2007 e del 2008, il legislatore nazionale inizia a mostrare un interesse nuovo nei confronti dell'urbanistica perequativa, compensativa e premiale, sia con riguardo alla sua genesi, sia alla circolazione vera e propria dei diritti edificatori, legittimando e, forse, anche incentivando, la creazione di prassi negoziali (78): la carenza assoluta di una disposizione - quadro di legge nazionale avrebbe, infatti, rafforzare il tentativo di dissuadere il pratico e l'interprete dalla ricerca di soluzioni

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negoziali che fossero sempre più appaganti, proprio per l'assunto della riserva costituzionale alla mano del legislatore nazionale e della preclusione al legislatore regionale di qualsiasi intervento su tale materia.

Va, invece, in senso nettamente contrario, segnalato, come acutamente già evidenziato (79), che le appena ricordate disposizioni sembrano piuttosto presupporre il fenomeno e non assumere il ruolo di elementi fondanti dello stesso: la generazione ed il trasferimento dei diritti edificatori sono semplicemente enunciati, lasciando che "ambiti, contenuti e condizioni" siano regolati da normative regionali e prassi applicative alle quali è devoluta la disciplina delle ipotesi, delle forme e delle modalità di trasferimento (80).

La ricordata produzione normativa nazionale, magari non organica e carente nelle sue linee definitorie e contenutistiche, magari anche colorata dal sapore dell'occasionalità, ha, però, certo il pregio di avere per la prima volta dato un chiaro e inequivoco fondamento tecnico giuridico alle attività negoziali che hanno ad oggetto siffatti diritti, sulla scorta della variegata disciplina regionale.

È, per altro verso, vero, infatti, che la regolazione convenzionale delle fattispecie premiali affonda, in realtà, le proprie radici addirittura nella legge urbanistica del 17 agosto 1942, n. 1150, laddove attribuisce direttamente ai Comuni il potere di conformazione della proprietà immobiliare.

La riconduzione ultima della urbanistica premiale nell'alveo della disciplina urbanistica del 1942 reca in sé la soggezione di essa ad alcuni evidenti limiti: in particolare, il richiamo essenziale alla zonizzazione (art. 7) ed all'obbligo di determinare per ciascuna zona "limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza di distanza tra i fabbricati (art. 41 quinquies), con l'effetto tecnico pratico che l'atterraggio dei diritti edificatori potrà avvenire solo ed esclusivamente nelle zone a tal uopo esattamente destinate dallo strumento urbanistico vigente (81).

Ecco, perché il legislatore nazionale, nella scrittura delle scarne disposizioni appena citate, si è limitato quasi a dichiarare semplicemente come presupposto un fenomeno che appare creato dal diritto vivente.

La vera novità è tuttavia rappresentata dall'art. 5 del D.L. 13 maggio 2011, n. 70 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 110 del 13 maggio 2011 ed entrato in vigore in data 14 maggio 2011.

I profili di interesse per la materia sono due: innanzi tutto la previsione al comma primo, lett. c) della "tipizzazione di un nuovo schema contrattuale diffuso nella prassi, denominato "cessione di cubatura" e la previsione al terzo comma della stessa disposizione dell'accesso ai registri immobiliari di siffatte operazioni (82).

In occasione della conversione del citato D.L. sono state apportate alcune modifiche al testo originario. Sulla Gazzetta Ufficiale n. 160 del 12 Luglio 2011 è stato infatti pubblicata la legge di conversione 12 luglio 2011, n. 106, rubricata: "Semestre Europeo - Prime disposizioni urgenti per l'economia" che reca modifiche all'art. 5, comma 3, del D.L. ora ricordato secondo il testo seguente: "Per garantire certezza nella circolazione dei diritti edificatori, all'articolo 2643 del codice civile, dopo il n. 2), è inserito il seguente: «2-bis) i contratti che trasferiscono, costituiscono o modificano i diritti edificatori comunque denominati, previsti da normative statali o regionali, ovvero da strumenti di pianificazione territoriale».".

Ed ancora il comma nono dello stesso suddetto art. 5 (non modificato in occasione della conversione in legge del decreto) statuisce che al fine di incentivare la razionalizzazione del patrimonio edilizio esistente nonché di promuovere agevolare la riqualificazione di aree urbane degradate con presenza di funzioni eterogenee e tessuti edilizi disoprganici o incompiuti nonché di edifici a destinazione non residenziale dismessi o in via di dismissione ovvero da rilocalizzare tenuto conto anche della necessità di favorire lo

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sviluppo dell'efficienza energetica e delle fonti rinnovabili le regioni approvano entro sessanta giorni dall'entrata in vigore del presente decreto specifiche leggi per incentivare tali azioni anche con interventi di demolizione e ricostruzione che prevedano:

a) il riconoscimento di una volumetria aggiuntiva rispetto a quella preesistente come misura premiale;

b) la delocalizzazione delle relative volumetrie in area o aree diverse;

c) l'ammissibilità delle modifiche di destinazione d'uso purché si tratti di destinazioni tra loro compatibili o complementari;

d) le modifiche della sagoma necessarie per l'armonizzazione architettonica con gli organismi edilizi esistenti (83).

Si tratta di un premio di volumetria la cui regolamentazione è in prima battuta devoluta alle regioni (a statuto ordinario), salva la disciplina dettata per la carenza di previsioni.

3. Il nuovo panorama

Il quadro di riferimento appare oggi, insomma, modificato in un senso certamente deciso: alla "tipizzazione di un nuovo schema contrattuale diffuso nella prassi, denominato "cessione di cubatura" si accompagna la previsione dell'accesso ai registri immobiliari di siffatte operazioni traslative, indipendentemente dalla espressione della qualità giuridica specifica dei diritti edificatori.

Al legislatore deve essere certamente riconosciuto il merito di avere fotografato una realtà che con forza stava trovando emersione nella pratica, attraverso il ricorso a metodiche poco trasparenti.

Il limite della disposizione è in un certo senso rappresentato proprio dall'aver regolato la pubblicità della fattispecie, senza disciplinare il fenomeno giuridico in sé; il richiamo della memoria è al meccanismo di cui all'art. 2645 ter c.c., con un dato differenziale però chiaro: nell'ipotesi dei diritti edificatori l'esecuzione della formalità della trascrizione era già effettuata nella prassi sia pure con il ricorso ricostruttivo dell'ipotesi in termini di servitù (altius non tollendi o inaedificandi); nel caso, invece, dell'atto di destinazione che diviene trascrivibile, la nuova disposizione ha imposto limitazioni soggettive (in ordine alla individuazione dei beneficiari) e di validità e/o di efficacia (in ordine all'espressione di un giudizio di meritevolezza ai sensi dell'ai sensi dell'art. 1322 c.c.) che hanno impedito all'istituto di avere nuova vitalità e concreta applicazione nella quotidiana pratica giurdica.

L'esigenza di una regolazione della materia, che era già emersa durante l'attesa dell'auspicata conversione in legge del decreto, dall'analisi degli emendamenti presentati al testo, conferma la sostanziale condivisione da parte di tutti gli schieramenti politici dei profili definitori e pubblicitari dettati dal legislatore d'urgenza.

Dalla lettura della disposizione emergono alcuni dati di rilievo che è necessario sottolineare:

la natura giuridica dei diritti edificatori:

Il legislatore ha reputato che per garantire certezza nella circolazione dei diritti edificatori, essendo insufficienti gli strumenti offerti dalle amministrazioni comunali (sia pure innovativi quali, in via meramente esemplificativa, i titoli di credito di cubatura da esse stesse emessi) all'articolo 2643 c.c., dopo il n. 2), dovesse essere inserito il seguente numero 2-bis) secondo il quale "i contratti che trasferiscono, costituiscono o

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modificano i diritti edificatori comunque denominati, previsti da normative statali o regionali, ovvero da strumenti di pianificazione territoriale" devono essere trascritti.

Per lungo tempo è stato sollevato il dubbio che la cubatura potesse essere considerata quale bene giuridico autonomo, valutabile dal punto di vista patrimoniale (84).

La questione è prepotentemente riemersa oggi all'indomani della approvazione delle nuove norme.

Dalle prime letture, emergono due schemi interpretativi.

1. La teoria dello ius in re aliena

È stato di recente sostenuto (85) che - escluso il carattere obbligatorio della fattispecie, quale specie di diritto di credito - il diritto edificatorio possa, invece, essere ricondotto agevolmente allo schema del diritto assoluto ed in particolare del diritto reale. È stato infatti al riguardo segnalato poi che una tale lettura abbia maggiore forza proprio a seguito della recente modifica normativa ed inoltre che, per altro verso, la ricostruzione dogmatica dei diritti edificatori quale bene risenta di una difettosa prospettiva storica, ormai superata appunto in base al recente dato positivo.

Secondo tale impostazione, infatti, presupposto un interesse pacificamente meritevole di tutela (quale la circolazione dei crediti edificatori, mediante l'accesso ad un sistema pubblicitario tecnicamente affidabile), era proprio l'assenza di una specifica norma ad imporre la ricerca una ricostruzione dogmatica della volumetria quale "bene giuridico" in sé, idonea ad impedire la violazione del principio del numerus clausus dei diritti reali.

Un tale sforzo di ricerca e di interpretazione sarebbe oggi sulla base delle considerazioni appresso indicate oggi del tutto inutile .

Secondo tale opinione, il nuovo n. 2 bis dell'art. 2643 c.c., andrebbe letto in consecuzione con il numero 3 che segue immediatamente della stessa disposizione che fa riferimento alla trascrizione nei registri immobiliari dei contratti, che sui "diritti menzionati nei numeri precedenti" costituiscono una comunione, fenomeno normativamente riferibile proprio alla proprietà e agli altri diritti reali.

Un tale riferimento letterale consentirebbe di qualificare i diritti edificatori in termini di realità. Si tratterebbe, infatti, secondo una tale impostazione, di un diritto reale e tipico proprio per effetto di due controprove; in primo luogo, se la volumetria fosse realmente un bene, non sarebbe stata affatto necessaria l'autonoma previsione del n. 2 bis, ma sarebbe semplicemente stato sufficiente ricondurre il c.d. bene ad una situazione giuridica tipica, quale il diritto di proprietà (86).

In secondo luogo, la conferma in positivo di una tale impostazione, discenderebbe dall'evoluzione testuale della norma in sede di conversione, mediante la previsione normativa del contratto costitutivo del diritto edificatorio.

Ebbene, la costituzione non sarebbe neppure concepibile, se fosse vero che la volumetria è bene in sé; se la potenzialità edificatoria al pari del suo incremento, a seguito di previsione urbanistica, si costruisce come facoltà insita nel diritto dominicale, deriverebbe che tale facoltà assurga ad autonoma situazione giuridica soggettiva riconducibile allo schema della costitutività.

Secondo tale indirizzo, resterebbe ancora da spiegare la possibilità che un diritto qualificato come reale, possa essere acquistato da un soggetto nella cui sfera giuridica può anche mancare un bene idoneo alla sua realizzazione; invero, sempre secondo tale opinione alle medesime difficoltà andrebbe incontro anche la teoria che identifica nella cubatura un bene autonomo, poiché la "proprietà della volumetria" non potrà cioè mai

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diventare proprietà di un edificio, se non in quanto quell'acquirente disponga di un suolo su cui costruire. Il vero limite, insomma, di ogni ricostruzione sarebbe rappresentato dal c.d. diritto in volo.

In realtà, può osservarsi al contrario che la volumetria è bene in sé proprio perché è giuridicamente e di fatto del tutto indipendente dalla realizzazione di un fabbricato futuro, edificato in forza di essa cubatura: si pensi, ad esempio, non solo all'ipotesi in cui il titolare non voglia per le ragioni più disparate (personali o economiche) realizzarlo, ma anche al caso in cui per effetto di modifiche normative (nazionali, regionali semplicemente di piano), successive alla origine dei diritti edificatori o al loro trasferimento all'attuale titolare, la capacità edificatoria venga ridotta o addirittura del tutto annullata, ponendo seri problemi evizionali.

Invero, il bene cubatura (volumetria o diritti edificatori che dir si voglia), non subisce alcuna mutazione genetica o fisiologica se è incorporato ad un'area o a un fabbricato (87) o se è in volo: questo semmai è proprio il limite della impostazione che qualifica la fattispecie quale diritto reale, trovandosi inevitabilemente a dover rintracciare un bene che forma oggetto del diritto stesso (88). Tale ultima osservazione, inoltre, appare non propria in quanto sovrappone la lettura e la ricerca delle regole di circolazione con l'analisi del contenuto del bene stesso, come destinato alla circolazione.

Secondo l'impostazione riferita che qualifica la fattispecie in esame in termini di realità, non si tratterebbe, però, di un diritto reale su cosa altrui, atteso che in tal caso sarebbe necessario che il bene, su cui il nuovo diritto dovesse esercitarsi, fosse oggetto di una concorrente proprietà (nuda) altrui, cosa che in questa materia è radicalmente esclusa. Semmai il richiamo alla superficie potrebbe essere utile magari per ricostruire il contenuto della situazione giuridica, con il conseguente distacco di una facoltà inerente il dominio e la sua elevazione a diritto a sé stante.

In conclusione, secondo tale tesi, il nuovo n. 2 bis del 2643 costituirebbe tipizzazione di un contratto e riconoscimento di un nuovo diritto reale. Il trasferimento dei diritti edificatori potrebbe essere qualificato contratto consensuale avente a oggetto il trasferimento di un diritto reale, che ha come contenuto lo sfruttamento edificatorio (in misura quantitativamente predeterminata) del suolo.

Le difficoltà di una tale impostazione sorgono, come è evidente, laddove è logicamente obbligata ad affermare che la vicenda costitutivo-realizzativa del diritto previsto dalla nuova disposizione si svolge in relazione a due beni distinti, con evidente "deviazione dal paradigma tradizionale, in cui il diritto (anche su cosa altrui) nasce e si esercita con riferimento allo stesso bene", nonché laddove afferma che l'inerenza al bene su cui il diritto deve esercitarsi potrà mancare nell'ipotesi di diritto edificatori creati originari, ossia svincolati da un legame con un fondo sorgente, diritti ai quali proprio il nuovo termine "costituiscono (posto appunto dopo il termine "trasferiscono", impiegato dal legislatore nella stesura del testo adottato in occasione del decreto legge, prima della conversione) sembra, invece, appunto alludere.

Non si pone in realtà un problema di irrealizzabilità tecnica di una trascrizione non riferita direttamente a un immobile, ma al contrario proprio di una definizione tecnica della stessa, come emerge dall'attesa dell'intervento di un decreto attuativo del numero 2 bis. È la norma a prevedere, infatti, la trascrizione nei registri immobiliari degli atti di trasferimento aventi ad oggetto la cubatura in volo.

È evidente che la fattispecie "diritti edificatori" non possa assumere colorazioni diverse dal punto di vista tecnico se è in volo, se sorge, se atterra o se non è originata, ma è sempre eguale a sé stesso in ogni diversa ipotesi: anzi, è proprio questa la novità vera della nuova disposizione che omologa dal punto di vista della pubblicità i diritti edificatori comunque denominati, siano essi previsti da normative statali o regionali, ovvero da strumenti di pianificazione territoriale.

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I primi interventi dell'Agenzia del Territorio, ancor oggi all'attenzione di alcuni tribunali e non pubblicati, sembrano proprio confermare la diversa impostazione che conduce alla cosificazione della cubatura, trascrivendo con riserva gli atti che difettano di determinazione contenutistica della volumetria medesima, in relazione alle disposizioni che lo regolano.

2. La teoria della cubatura quale bene

È stato sostenuto (89), per altro verso, sviluppando i contributi offerti dalla dottrina e dalla giurisprudenza anteriori alla riforma del 2011, che la volumetria costituisca appunto una res.

Sarebbe, tuttavia, troppo semplice per sostenere l'opinione della reificazione della cubatura che si preferisce, richiamare o enfatizzare letture testuali della disposizione (90), ricordandone la genesi: l'uso al plurale e non al singolare del termine diritti (e non diritto) edificatori, (in contrasto con l'accezione singolare del termine diritto nell'art. 2643 c.c.) (91), la distinzione tra i contratti di cubatura e l'oggetto di essi quali diritti edificatori (con il retaggio di difficoltà che una tale ipotesi recherebbe in sé) e l'altrettanto ovvia (ma non scontata) affermazione in senso opposto che il termine "diritti edificatori" non sarebbe altro che un sinonimo, magari più elegante, dei termini forse abusati "cubatura" e "volumetria".

Sarebbe troppo semplice in tale luce enfatizzare l'endiade "comunque denominati" che segue le parole "diritti edificatori", per significare che l'accezione alla quale il legislatore si riferisce prescinde dal dato nominalistico, anche se evidente che è proprio il dato testuale già in prima lettura a condurre ad un'interpretazione diversa da quella che riconduce la fattispecie ad un nuovo diritto reale, tipico in quanto previsto proprio dalla nuova disposizione (art. 2643 n. 2 bis c.c.).

Va subito ricostruita la fattispecie alla luce dell'inciso del comma 3 dell'art. 5 della L. n. 106 del 2011: l'introduzione del meccanismo della pubblicità nei registri immobiliari per il nuovo tipo di contratto tipizzato allo scopo di "garantire certezza nella circolazione dei diritti"; a tal fine, andranno trascritti tutti i contratti che trasferiscono, costituiscono o modificano i diritti edificatori comunque denominati, previsti da normative statali o regionali, ovvero da strumenti di pianificazione territoriale.

Deve, invece, essere ribadito - contrariamente all'opinione di coloro che in tale assunto vedono un limite della lettura che si preferisce - che è proprio lo studio della prospettiva storica a condurre alla qualificazione della volumetria quale bene: la trascrizione è, infatti, funzionale ad un meccanismo di circolazione che abbia il canone della certezza, principio che l'assenza di un intervento normativo rendeva e renderebbe, invece, estremamente difficoltoso; non si trattava, infatti, soltanto di ammettere semplicemente un tale ingresso per le operazioni di micropianificazione urbanistica, ricondotte ormai pacificamente, secondo lo schema maggioritario, alla servitù (altius non tollendi o inaedificandi), ma di trovare piuttosto delle soluzioni tecnico giuridiche che realizzassero tale obiettivo, indipendentemente dall'ambito generativo della cubatura; l'esigenza di regole sicure di circolazione è avvertita, insomma, non solo in relazione ad un'ipotesi di tipo tradizionale quale appunto è la micropianificazione urbanistica, ma anche in ipotesi in cui vi sia il ricorso a meccanismi perequativi, compensativi, incentivanti o, per rendere l'ipotesi ancor più complessa, di tipo misto. Inoltre, l'introduzione dell'obbligatorietà della trascrizione per la realizzazione degli effetti di cui all'art. 2644 c.c. in tutte le ipotesi di cessione di cubatura, quale sia la fonte o il contenuto di un tale bene, comunque siano essi denominati, consente di superare tutte le opinioni in ordine qualificazione delle operazioni di cubatura anteriori alla riforma, tale da consentire l'emersione pubblicitaria di tali atti.

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Il ricorso a mere scritture private non autenticate, la semplice sottoscrizione di elaborato progettuali, o in altri casi l'adesione a convenzioni e la creazione di carthulae che inglobano siffatti diritti, nella prospettiva di una prossima cartolarizzazione, il tutto regolato non tanto o non solo da leggi regionali tra loro dissonanti e scarne norme nazionali, ma soprattutto da disposizioni di piani regolatori diversi da Comune a Comune o addirittura da da strumenti di pianificazione territoriale, non ben precisati e talora non chiare nella loro portata ed efficacia, rendeva la materia particolarmente delicata e permetteva l'espressione di una seria preoccupazione non solo da parte dei tecnici del settore e dei pratici del diritto, ma anche e soprattutto da parte della pubblica Amministrazione che avrebbe perso contezza della identificazione soggettiva del soggetto titolare della fattispecie.

La capacità edificatoria di un lotto, espressa in termini di volumetria, rappresenta sempre di più, anche nel comune sentire e nelle previsioni normative delle regioni, un valore economico che costituisce esso stesso oggetto direttamente di attività negoziale tra privati.

La difficoltà maggiore nell'ammettere che la cubatura possa formare oggetto di diritti è, però, legata alla impossibilità di immaginare che lo spazio aereo connesso alla proprietà del suolo possa essere oggetto di diritti separatamente dalla proprietà del suolo (92). Quest'ultima è però ormai una prospettiva non solo sbagliata, ma anche superata dalle recenti evoluzioni del dato positivo.

Oggetto di diritti e, quindi, oggetto di trasferimento può essere solo la porzione di materia, la res corporalis, e lo spazio non è una cosa, bensì il mezzo in cui si trova l'oggetto del diritto (93).

Essenziale è, tuttavia, sulla questione l'interpretazione dell'art. 810 c.c. che recita "sono beni le cose che possono formare oggetto di diritti" (94); tale disposizione offrirebbe un criterio di qualificazione solo per quei beni definibili cose.

Vi sono cose che non sono beni e non possono formare oggetto di diritti e beni che, d'altro canto, non sono cose (95). In realtà, il concetto di bene è più ampio del concetto di cosa, comprendendo non solo le cose materiali o corporali (tra le quali sono le energie), ma anche quelle entità immateriali o ideali che pur non essendo cose sono idonee a formare oggetto di diritti, per la soddisfazione degli interessi tutelati dal nostro ordinamento giuridico (96).

La scelta normativa del legislatore del 1942 permette di attribuire al termine cosa il significato di porzione materiale o ideale, ma determinata del mondo esteriore che diviene bene in senso giuridico proprio nel momento in cui è idonea ad adempiere una certa funzione economica (97).

Le cose per potere costituire oggetto di rapporti giuridici debbono essere beni: "ciò vuol dire che debbono essere utili,atte a soddisfare un bisogno umano, senza di che mancherebbe persino l'interesse giuridicamente tutelabile" (98); ed il bene costituisce, insomma, l'oggetto del diritto soggettivo (99).

Resterebbe, comunque, da chiarire se, qualificata la cubatura come bene astrattamente idoneo a formare oggetto di diritto e quindi di per sé trasferibile, la situazione giuridica della quale formi oggetto possa essere ricondotta tra quelle reali o tra quelle personali (100), rispetto al bene immobile (101) al quale inerisce.

È stato affermato (102), anticipando con sensibilità una tendenza dai connotati all'epoca di redazione dello studio solo appena precisati, che pur non risultando difficoltoso verificare se riguardo alla fattispecie in esame sussistano astrattamente i presupposti per adattare "la disciplina civilistica dei beni o estendere ad essa la tutela delle situazioni proprietarie", in concreto l'utilizzabilità delle potenzialità edificatorie del fondo, se non è un bene in senso tecnico giuridico, è certamente almeno un'utilità oggettiva del lotto, in grado di

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avere un valore economico, magari anche notevole, espresso tecnicamente dal rapporto matematico ed ingegneristico tra i metri quadrati di superficie del lotto e i metri cubi di costruzione edificabili sul medesimo, in rappresentazione figurativa delle dimensioni che la futura costruzione dovrà avere.

Il rapporto matematico, insomma, è l'unità di misura della cubatura che in quanto tale è in sé stessa bene in senso giuridico e non esso stesso un sinonimo della volumetria (103) ed il bene - cubatura, in quanto tale è un elemento idoneo a formare oggetto di diritto (104).

Il segno dell'evoluzione del pensiero giuridico sul punto è però evidente, nell'ammettere che la cubatura, quale bene giuridico autonomo non urta, poi, con il principio del numero chiuso dei diritti reali, non costituendo essa stessa un diritto (105), bensì un bene in sé, bene, dotato di una sua apprezzabilità economica, che può costituire oggetto di accordo tra privati ed in particolare oggetto di diritti reali (106).

Secondo un'autorevole opinione (107), "mentre il suolo è immobile per sé, la fabbrica è immobile in quanto costituisca accessorio del suolo"; i beni immobili sono, in altre parole, tali per effetto dell'accessione, in virtù di un legame che opera finché non venga sciolto. La qualità immobiliare discende dalla incorporazione naturale o artificiale rispetto al suolo e si verifica allorquando la cosa mobile "faccia corpo al suolo" e "si immedesimi con esso, formando un tutto inseparabile senza danno" (108).

Il termine immobile, insomma, secondo tale impostazione, usato in senso proprio serve per distinguere una classe di beni, in senso improprio "vale solo ad indicare il rapporto di accessione tra una cosa e l'altra": in senso improprio, insomma, alcune cose mobili sono immobili in relazione al loro rapporto con altre, proprio perché non si possono considerare disgiunte da queste (109). Il regime immobiliare trova applicazione solo in quanto queste cose siano in connessione con gli immobili veri e propri.

Un esempio può agevolare la comprensione.

Con riguardo agli alberi, essi sono dichiarati immobili per natura: l'esecuzione immobiliare sul fondo si estende agli alberi, mentre un'esecuzione separata su di essi non è possibile, perché danneggerebbe l'agricoltura (110). Quanto ai frutti, invece, pur essendo anch'essi immobili per natura è possibile l'esecuzione separata nelle forma mobiliare. Essi stessi, ad esempio, possono formare oggetto di furto, reato che concerne evidentemente i beni mobili.

In realtà, la dottrina prevalente reputa che quando la legge detta in un caso per i mobili le disposizioni relative agli immobili in altro distingue nettamente o ancora quando in generale le disposizioni relative agli immobili vengono estese a certi mobili, questi agli effetti della legge sono beni mobili, atteso che "i beni sono mobili o immobili non tanto perché astrattamente considerati tali, ma quanto perché concretamente regolati in un modo o nell'altro" (111). I frutti in definitiva sono mobili per per certi effetti e per altri effetti immobili, in funzione della previsione normativa.

Tali considerazioni possono agevolmente estese alla fattispecie in esame.

Si tratterebbe in specie nell'ipotesi della cubatura di un bene immateriale di origine immobiliare (112), certamente lecito e possibile e comunque astrattamente dotato delle caratteristiche di cui all'art. 1346 c.c. e quindi determinato o determinabile (113).

Nessun ostacolo si frapporrebbe, in tal caso, ad ammettere che la volumetria possa essere intesa quale bene autonomo in senso economico e di conseguenza costituire oggetto di diritto reali, qualsiasi forma e struttura abbia assunto il negozio; in una tale ottica, andrebbe, poi, distinta la circolazione del bene cubatura dalla sua fruizione: la prima, devoluta esclusivamente alla regolamentazione pattizia, la seconda, subordinata all'esito favorevole dell'attività provvedimentale della pubblica Amministrazione (114).

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Ulteriore conferma di una siffatta soluzione è possibile rinvenire nella ricostruzione tecnico - giuridica di alcune fattispecie del tutto speculari seppur afferenti materie del tutto diverse, alle operazioni aventi ad oggetto i diritti edificatori.

Il primo esempio è offerto dalle cd. quote latte: nel contesto della disciplina emanata in applicazione delle normativa comunitaria avente ad oggetto la regolazione le quote della produzione del latte bovino assegnate a ciascun produttore, la titolarità di essa compete al produttore nella sua qualità di conduttore dell'azienda agricola, salve diverse pattuizioni tra le parti (art. 10, comma 1, L. 26 novembre 1992, n. 468); il secondo comma della stessa disposizione prevede poi che il conduttore possa cedere o affittare totalmente o parzialmente, anche per singole annate, la quota latte senza alienare l'azienda agricola, a condizione che l'azienda del produttore cessionario sia ubicata nella medesima regione e si trovi in un territorio della medesima categoria.

La quota latte è perciò un bene immateriale, incorporale, collegato all'azienda dell'allevatore quale elemento di essa, e non più al terreno. Si tratta, insomma, di un bene oggetto di una specifica tutela giuridica il diritto sul quale, esercitato dal rispettivo titolare, è ricostruito dalla giurisprudenza europea (115) e costituzionale (116) quale diritto di proprietà, che può essere dismesso in cambio di un'indennità o ceduto in tutto o in parte, definitivamente o temporaneamente a favore di un terzo in cambio di un certo prezzo.

Altra ipotesi è il cd. diritto al reimpianto del vitigno (117) che può esser trasferito a favore di altri viticoltori, con modalità autonome rispetto all'azienda di appartenenza originaria che siano determinate tra le parti convenzionalmente. Una tale fattispecie acquisisce in tal modo il rilievo oggettivo di un vero e proprio bene - nel significato di cui all'art. 810 c.c. - del tutto indipendente anch'esso rispetto al terreno di riferimento.

Ipotesi del tutto analoga è quella dei diritti/titoli all'aiuto, la cui disciplina frammentata (118) prevede che l'agricoltore al quale tali quote sono assegnate in alternativa alla richiesta di pagamento possa trasferirle unicamente ad altro agricoltore stabilito nello stesso Stato membro (119), "a titolo oneroso o mediante qualsiasi altro trasferimento definitivo, con o senza terra". Si tratta anche in questo caso di beni immateriali, sia pure collegati ad un bene immobile, secondo l'interpretazione preferibile (120).

La dottrina, pur ricostruendo nei termini di volta in volta sopra ricordati, la fattispecie della cessione di volumetria, senza giungere, se non occasionalmente, a qualificare quale bene in sé la cubatura stessa ha, tuttavia, sempre dimostrato, nel tempo, un atteggiamento prudente, forse in più o meno consapevole attesa di un intervento normativo che fosse indice di un segnale di mutamento da parte del legislatore nazionale.

Il difetto di un elemento normativo nel panorama legislativo di qualsiasi rango ha indotto, poi, anche la dottrina più lungimirante al termine di un'approfondita analisi a discernere la circolazione del bene - cubatura, dalla sua concreta fruizione e dal suo godimento sottoposto in ogni caso alla valutazione amministrativa.

Secondo una recente impostazione (121), inoltre, la circolazione del bene - cubatura, pur oggettificato dal punto di vista giuridico, deve essere distinta rispetto al godimento ed allo sfruttamento di essa sul lotto beneficiato dall'attribuzione, che in ogni caso è subordinata all'esito positivo dell'iter procedimentale per il rilascio del permesso di costruire.

Ebbene, siffatti diritti edificatori, pur costituendo la dimensione quantitativa dello ius aedificandi, assurgono oggi proprio a seguito dei ricordati interventi del legislatore ordinario, alla dignità di bene, inteso nel senso tecnico giuridico di cui all'art. 810 c.c. e possono costituire essi stessi oggetto di rapporti giuridici e del diritto soggettivo (122).

La cubatura reificata consiste, insomma, in una chance ossia "una potenzialità di trasformazione in termini volumetrici del territorio" (123), ed è bene in sé distinto dal bene

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finale (la costruzione), la cui prerogativa è la concreta possibilità di impiego della volumetria corrispondente, proprio in considerazione dell'elevato grado di rigore che anima la disciplina urbanistica ed edilizia. Né una tale segmentazione può condurre a escludere la cosificazione della cubatura.

Se nessun dubbio vi è infatti in ordine alla possibilità che un contratto possa avere ad oggetto un bene (rectius la proprietà di un bene) pur non essendo idoneo a produrre effetti reali immediati (come nelle ipotesi di trasferimenti sospensivamente condizionati o nelle diverse fattispecie di compravendite ad effetti reali differiti), invero nell'ipotesi della cessione di diritti edificatori il bene in questione è trasferito dal cedente e dal cessionario, indipendentemente, anzi a prescindere dal suo concreto, eventuale e futurante sfruttamento edificatorio, che potrà mancare non solo per decisione del soggetto titolare ma anche per un sopravvenuto intervento normativo.

La peculiarità della fattispecie è, dunque, evidente: le operazioni sulla volumetria si pongono sull'esatto confine tra diritto amministrativo e diritto civile, atteggiandosi la cubatura quale bene che può formare oggetto di diritti nei rapporti interprivatistici e contemporaneamente interesse legittimo nei confronti della pubblica Amministrazione strettamente collegato al potere di pianificazione di quest'ultima.

Riemerge, allora, in modo prepotente la questione mai sopita del rilievo che per il giurista hanno le categorie ordinanti (124).

La chance edificatoria - la cui lesione sul piano extracontrattuale è, peraltro, ormai perfettamente risarcibile - si può conformare, insomma, in modo diverso (quale rispettivamente diritto soggettivo ed interesse legittimo), in relazione al piano sul quale si opera (125): essa è, nei rapporti tra le parti private immediatamente efficace (126) sia allorquando il trasferimento opera in volo, senza necessità di decollo o atterraggio oppure, come avviene, ad esempio, in materia di micropianificazione urbanistica o di perequazione, nelle quali i meccanismi di decollo e atterraggio sono ben definiti; assume, invece, almeno sino al tempo dell'avvenuto rilascio del titolo edilizio che ne costituisce lo scopo ultimo (127), la veste di interesse legittimo nei confronti della pubblica Amministrazione (128).

Appare evidente, in una tale configurazione della fattispecie, il rilievo del profilo contrattuale e con esso il ruolo che il notaio deve svolgere, attesi i rischi che la circolazione di siffatta chance, reca proprio per i suoi chiari profili di indeterminatezza; l'atterraggio potrebbe essere, infatti, impedito, in concreto, dalla mancanza o dalla scarsità delle aree o ancora da sopravvenienze di tipo normative o addirittura di fatto.

Inoltre, qualora si aderisse alla impostazione (129) secondo la quale l'oggetto immediato del rapporto contrattuale è costituito dall'interesse legittimo di tipo pretensivo sopra descritto, ne discenderebbe una effettiva imprescrittibilità che ha indotto un interprete a sollecitare uno specifico intervento normativo sul punto (130).

È preferibile, invece, ritenere che il regime della prescrizione operi in funzione della natura giuridica del diritto in gioco, in linea con la conformazione del rapporto giuridico effettuata dalle parti.

Il pregio della distinzione nella qualificazione della fattispecie tra diritto soggettivo (nei rapporti tra le parti, atteggiato a sua volta nei termini richiesti da ciascuna fattispecie) avente ad oggetto il bene cubatura ed interesse legittimo (nei riguardi della pubblica Amministrazione), permette, allora, di realizzare anche lo scopo di porre accanto al chiaro richiamo allo strumentario del contrattualista nella predisposizione dell'atto negoziale, che curerà l'emersione dei profili di realità (131), il riferimento evidente ai meccanismi di salvaguardia specifici della situazione giuridica lesa nei confronti dell'ente pubblico (132).

Né è vero che la prospettiva storica non aiuta.

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È stato ricordato prima che la dottrina prevalente reputa che quando la legge detta in un caso per i mobili le disposizioni relative agli immobili in altro distingue nettamente o ancora quando in generale le disposizioni relative agli immobili vengono estese a certi mobili, questi agli effetti della legge sono beni mobili, atteso che "i beni sono mobili o immobili non tanto perché astrattamente considerati tali, ma quanto perché concretamente regolati in un modo o nell'altro" (133).

Ebbene, anche nell'ipotesi di diritti edificatori in volo è proprio il legislatore ad aver affermato che le regole di circolazione seguono le norme dettate in tema di pubblicità immobiliare, ancorché la cubatura svincolata dall'area o dal fondo che la ha prodotta, abbia appunto una natura mobiliare.

È, infatti, la legge a dettare le regole; ed è questa semplicemente la ragione per la quale era necessario chiarire legislativamente quale fosse la disciplina applicabile in concreto, restando in assenza di essa altrimenti un ampio margine di dubbio. Senza la norma, in conclusione, sarebbe difficile immaginare la trascrizione nei registri immobiliari degli atti di trasferimento aventi ad oggetto la cubatura in volo.

La reificazione dei diritti edificatori (o della cubatura, volumetria o capacità edificatoria, che dir piaccia) costituisce insomma la soluzione più appagante dal punto di vista teorico, ma anche pratico (134) ed economico (135).

Restano in conclusione ancora alcune considerazioni di rilievo in ordine alle ulteriori difficoltà che la teoria della cubatura quale diritto reale non riesce ad offrire soluzioni condivisibili.

La cubatura in volo non può assumere una nuova fisionomia rispetto alla cubatura che circola immediatamente dal fondo sorgente al fondo di atterraggio; ed è inoltre difficilmente ipotizzabile un diritto reale a contenuto talmente lato da dover ogni volta essere necessariamente identificato e qualificato analiticamente.

È vero che il diritto di servitù coniuga la tipicità della genere con un ampio numero di specie, ma nell'ipotesi dei diritti edificatori la assunta salvaguardia del principio del numero chiuso dei diritti reali finirebbe per essere scardinata proprio in relazione alle innumerevoli tipologie di diritti edificatori ipotizzabili.

Inoltre, la qualificazione dei diritti edificatori quale ius in re aliena mal si concilia con le ipotesi di concentrazione o accorpamento di cubatura, nelle quali operazioni di micropianificazione la unisoggettività dei titolari è incompatibile con la necessaria alterità dei soggetti titolari. Eppure l'esigenza di una emersione pubblicitaria di tali fattispecie è stata di recente rilevata con forza dal Consiglio di Stato (136). L'ipotesi opposta richiamerebbe alla mente la distinzione operata dai glossatori tra usufrutto formale ed usufrutto causale: il primo corrisponde al diritto reale su cosa altrui e concorre con la proprietà (nuda ) del bene stesso spettante ad altro soggetto; il secondo individua "le facoltà - corrispondenti al diritto di usufrutto - del proprietario sul proprio bene e troverebbe la sua causa nella proprietà del bene stesso" (137). Ebbene, una tale distinzione, funzionale all'assetto del diritto comune, non trova spazio negli ordinamenti moderni, come non trovava nel diritto romano nel quale l'usufrutto non può avere riguardo al godimento di cose proprie e si estingue se l'usufruttuario acquista la proprietà del bene che ne forma oggetto (138).

Ciò nonostante è stato oggetto di discussione se il debitore pieno proprietario potesse ipotecare la sola facoltà di godimento che gli spetta quale proprietario a solo scopo di garanzia, riservandosi la proprietà per il tempo successivo ad un'eventuale attività di espropriazione che avesse dovuto subire, scindendo in tal modo l'usufrutto dalla proprietà (nuda). Solo a seguito dell'esecuzione forzata l'aggiudicatario godrà di un diritto di usufrutto formale e non causale. Anche una tale questione viene risolta negativamente poiché l'azione esecutiva garantita che si verrebbe a creare non solo non è legislativamente prevista, ma non può neppure essere devoluta all'iniziativa negoziale

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delle parti: il creditore, insomma, ben potrebbe espropriare un usufrutto formale, ma non un unsufrutto causale (139).

La questione si ripropone per le operazioni aventi ad oggetto la cubatura.

L'iscrizione di ipoteca su un fondo, ove i diritti edificatori siano qualificati come ius in re aliena, comporta l'impossibilità di esclusione dell'estensione di essa a questi ultimi; anzi non solo è inevitabile l'estensione dell'ipoteca ai diritti edificatori (non potendo in tale luce neppure essere ipotizzabili diritti edificatori per così dire causali), ma non sarebbe neppure ipotizzabile la cancellazione dell'ipoteca dai diritti edificatori, manente l'unicità del soggetto titolare del diritto di proprietà del fondo e dei diritti edificatori stessi.

La questione potrà essere affrontata diversamente ove si acceda alla diversa ricostruzione che qui si accoglie.

L'art. 2811 recita che l'ipoteca si estende ai miglioramenti, alle costruzioni e alle altre accessioni dell'immobile ipotecato, salve le eccezioni stabilite dalla legge.

L'interpretazione estensiva della disposizione permette di applicarla anche all'ipotesi in cui il disponente voglia applicarla ai diritti edificatori.

Tutta tale disciplina è derogabile pacificamente (140) con atti di autonomia privata. È infatti pacificamente lecito il patto che limiti o escluda l'estensione dell'ipoteca a tutti gli accessori o ad una categoria di essi o a un singolo bene; un tale patto può essere coevo alla costituzione dell'ipoteca o anche successivo ed è configurato come una rinuncia parziale all'ipoteca quanto a capacità forma ed opponibilità.

Nessun dubbio insomma che una siffatta pattuizione possa riguardare anche i diritti edificatori. Va però prestata attenzione nell'ipotesi in cui l'ipoteca sull'area di partenza sia iscritta prima della trascrizione della cessione dei diritti edificatori, con conseguente evidente prevalenza della prima sulla seconda.

Se è corretta una tale ricostruzione potrà anche ipotizzarsi una restrizione di ipoteca, che liberi i diritti edificatori dalla garanzia reale che ad essi si è estesa; un tale orientamento pare ammesso nelle prime applicazioni pratiche dell'Agenzia del territorio, del tutto ingiustificabile laddove si qualifichi appunto la fattispecie quale ius in re aliena.

Resta di tutta evidenza la difficoltà del compito devoluto all'operatore contrattuale, chiamato a dipanare una matassa tecnico giuridica che diviene vieppiù complessa ove si pone mente alla sempre più mobile frontiera dei diritti reali (141).

Una tale ricostruzione opererebbe, però, chiaramente in funzione limitativa del contenzioso, atteso che ciascuno dei profili della fattispecie sarebbe soggetto alla propria disciplina ed, in particolare, ai meccanismi di tutela propri di essa, ordinaria o amministrativa. E la salvaguardia sarebbe vieppiù maggiore quanto più ampio è l'ambito di atterraggio di siffatti diritti, come nell'ipotesi della cd. perequazione estesa (142).

A) la omogeneità degli stessi dal punto di vista del genus e la tipizzazione di diverse species

Le tipologie di diritti edificatori non possono essere accomunate in unica specie.

L'attuale testo del n. 2 bis dell'art. 2643 c.c. concerne infatti i contratti che trasferiscono, costituiscono o modificano i diritti edificatori comunque denominati, previsti da normative statali o regionali, ovvero da strumenti di pianificazione territoriale (143). Gli atti aventi ad oggetto la costituzione, il trasferimento o la modificazione dei diritti edificatori, quale sia il loro nomer iuris devono essere trascritti.

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Si tratta di ipotesi aventi una diversa fonte (non solo legislativa statale o regionale, ma spesso, semplicemente derivante da norme comunali di piano), alla quale è necessario fare un immediato riferimento per potere regolare al meglio contrattualmente i rapporti tra le parti e conseguentemente tra costoro e la pubblica amministrazione, limitando i rischi di un contenzioso che potrebbero discendere dalla difettosa qualificazione della fattispecie.

Vengono quoad effectum in definitiva accomunate ipotesi diverse in ordine alla fonte dalla quale promanano; vanno trascritti infatti i contratti che trasferiscono diritti edificatori comunque denominati nelle normative regionali e nei conseguenti strumenti di pianificazione territoriale; in sede di conversione del decreto legge è stato soppresso l'inciso "nonché nelle convenzioni urbanistiche ad essi relative".

Mancava nel testo originario del decreto il riferimento alle normative statali nella indicazione della disposizione oggi vigente, introdotto in sede di conversione; è evidente però che ben la norma avrebbe potuto essere completa anche se il tenore di essa fosse stato semplicemente "vanno trascritti infatti i contratti che trasferiscono diritti edificatori comunque denominati".

In senso inverso, del tutto ultroneo appariva il riferimento alle convenzioni urbanistiche, che difficilmente costituiscono la fonte prima dalla quale i diritti edificatori promanano. Più corretto sarebbe stato il riferimento agli strumenti urbanistici comunali nonché dai conseguenti strumenti di pianificazione territoriale. Del tutto condivisibile appare allora la soluzione adottata.

La disposizione ha riguardo alla trascrizione dei contratti traslativi dei diritti edificatori, ma tralasciava qualsiasi riferimento alle fattispecie modificative e costitutive degli stessi.

A prima lettura potrebbe sembrare una svista del legislatore. Può invece esprimersi una considerazione di segno opposto.

Ebbene, certamente con riguardo alle prime può agevolmente sostenersi che la modificazione operata dalla pubblica Amministrazione del contenuto del diritto edificatorio come conformato in origine dalla fonte dalla quale promana è frutto dell'azione esclusiva dell'attività urbanistica comunale, non potendo in alcun modo su di esso incidere la condotta delle parti.

Di tale evenienza se ne dovrà tenere conto nella modulazione delle garanzie contrattuali allo scopo di predeterminare il reale impatto di tali alterazioni sul rapporto sinallagmatico. È stato osservato prima che la distinzione nella qualificazione della fattispecie tra diritto soggettivo (nei rapporti tra le parti, atteggiato a sua volta nei termini richiesti da ciascuna fattispecie) ed interesse legittimo (nei riguardi della pubblica Amministrazione), permette, allora, di realizzare anche lo scopo di porre accanto al chiaro richiamo allo strumentario del contrattualista nella predisposizione dell'atto negoziale, che curerà l'emersione dei profili di realità (144), il riferimento evidente ai meccanismi di salvaguardia specifici della situazione giuridica lesa nei confronti dell'ente pubblico.

In tale luce, qualsiasi variazione contenutistica dei diritti edificatori, qualunque ne sia la loro origine, non può trovare emersione dai registri immobiliari, avendo una colorazione squisitamente urbanistica.

Ciò che rileva dal punto di vista della pubblicità immobiliare sono evidentemente le vicende concernenti il trasferimento di siffatti beni e non i provvedimenti amministrativi che li conformano.

Le vicende che riguardano i permessi di costruire, dal rilascio all'eventuale ritiro in autotutela all'annullamento non possono avere emersione pubblicitaria presso i registri dell'Agenzia del Territorio, ma solo evidentemente le vicende dei diritti reali sugli immobili realizzati in forza di essi.

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Allo stesso modo, nessun rilievo pubblicitario possono avere le vicende inerenti il contenuto del diritto edificatorio. In questo senso, allora la vicenda estrema dell'estinzione del diritto edificatorio per effetto di successivi provvedimenti amministrativi non ha nessun rilievo pubblicitario, pur avendo grande rilevanza urbanistica e contrattuale in relazione alla caducazione del contratto stesso.

Del pari, per le stesse ragioni nessun rilievo pubblicitario è necessario che abbia l'evento costitutivo del diritto edificatorio.

Resta impregiudicata la possibilità di costituire diritti reali parziali su tali beni. Se il bene dal quale promana il diritto edificatorio che viene ceduto è gravato di usufrutto (di qualsivogli durata temporale), nell'atto di cessione dovranno intervenire nel loro rispettivo titolo usufruttuario e nudo proprietario; ed allora perché proprio in considerazione della natura di bene dei diritti edificatori non immaginare anche un acquisto da parte di aventi causa che abbia la medesima connotazione tecnica.

Alcune di tali questioni trovano espressione nell'emendamento n. 5.47 (145) (primo firmatario Morassut) che propone un nuovo testo dell'art. 2643, n. 2 bis, c.c. del seguente letterale tenore: "vanno trascritti infatti i contratti che trasferiscono costituiscono o modificano i diritti edificatori comunque denominati, previsti da normative statali o regionali o da strumenti di pianificazione territoriale" ed un art. 2645 quater c.c. in virtù del quale si imponga la trascrizione degli atti anche unilaterali aventi ad oggetto beni immobili (siano essi convenzioni o contratti) con i quali vengono costituiti a favore dello Stato delle Regione o degli altri enti pubblici territoriali ovvero degli enti svolgenti un servizio di interesse pubblico vincoli di uso pubblico e comunque ogni altro vincolo a qualsiasi altro fine richiesto dalle normative statali e regionali, dagli strumenti urbanistici comunali nonché dai conseguenti strumenti di pianificazione territoriale e dalle convenzioni urbanistiche ad essi relative.".

Tale ultima disposizione proposta chiarisce i limiti dell'impiego dell'atto di destinazione in materia urbanistica, che numerose critiche ha trovato, soprattutto in considerazione della presenza di un termine novantennale di efficacia del vincolo.

B) la emersione pubblicitaria dai registri immobiliari quale condizione di opponibilità e di regola dei conflitti

L'inserimento dei contratti che trasferiscono diritti edificatori comunque denominati tra gli atti che si devono rendere pubblici col mezzo della trascrizione reca in sé anche l'applicazione della disciplina di cui all'art. 2644 c.c. che statuisce il cd. effetto di prevalenza; gli atti di cui all'art. 2643 c.c. non hanno effetti riguardo ai terzi che a qualunque titolo hanno acquistato diritti sugli immobili in base ad un atto trascritto o iscritto anteriormente alla trascrizione dei medesimi. È pertanto conseguente che seguita la trascrizione non può avere effetto contro colui che ha trascritto alcuna trascrizione o iscrizione di diritti acquistati verso il suo autore, quantunque l'acquisto risalga a data anteriore.

La disposizione si riferisce poi non solo ai conflitti tra più atti aventi ad oggetto il trasferimento di diritti edificatori (come nell'ipotesi della cd. doppia alienazione, con conseguente configurazione della responsabilità contrattuale del secondo acquirente primo trascrivente), ma anche al caso in cui il conflitto sorga con diritti reali minori; si pensi all'ipotesi di concessione dell'ipoteca a garanzia di un mutuo iscritta anteriormente alla trascrizione di un contratto di cessione di volumetria ai sensi del citato n. 2 bis dell'art. 2643 c.c. o alla concessione di diritti reali minori che possono incidere - sia pure astrattamente - sulla legittimazione alla cessione della cubatura medesima.

Non parrebbe che possano trovare emersione pubblicitaria, invece, i contratti preliminari di trasferimento della volumetria, ad una prima lettura. Il contratto preliminare, pur

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preordinato ad un mutamento della titolarità di un immobile, importa invero semplicemente la costituzione di un'obbligazione di trasferire ed ha pertanto natura squisitamente obbligatoria.

L'art. 2645 bis c.c. dispone che possono essere trascritti solo i contratti preliminari aventi ad oggetto la conclusione di taluno dei contratti di cui ai numeri 1) 2) 3) e 4) dell'art. 2643 c.c. anche se sottoposti a condizione o relativi ad edifici da costruire o in corso di costruzione; la preclusione della tassativa enunciazione numerica nell'incipit della disposizione non può essere neppur superata mediante il richiamo alla disciplina degli immobili da costruire, attesa l'assoluta inconferenza del richiamo con la materia dei diritti edificatori.

Si tratta piuttosto di un banale difettoso coordinamento dispositivo, che in concreto non inibisce ovviamente la stipulazione dei contratti preliminari di trasferimento della cubatura; sembrerebbe tuttavia contraddittoria una siffatta interpretazione ed in contrasto con una previsione normativa che tipizza il contratto di cessione di cubatura, ma che nel contempo inibisce esclusivamente la loro emersione pubblicitaria.

È preferibile allora un'interpretazione favorevole all'estensione al preliminare avente ad oggetto un obbligo di cedere la cubatura la possibilità di accesso ai registri immobiliari.

L'art. 2650 c.c. dispone poi che nelle ipotesi in cui un atto di acquisto è soggetto a trascrizione come nell'ipotesi dei contratti aventi ad oggetto il trasferimento della cubatura, le successive trascrizioni od iscrizioni a carico dell'acquirente non producono effetto se non è stato trascritto l'atto anteriore di acquisto e che quando siffatto atto è trascritto le successive iscrizioni e trascrizioni producono effetto secondo il loro ordine rispettivo. L'inefficacia delle trascrizioni ed iscrizioni in difetto di continuità è solo temporanea atteso che esse riprendono vigore ed efficacia secondo il loro ordine rispettivo quando eseguita la trascrizione del passaggio omesso sia stata ripristinata la continuità.

Il principio di continuità delle trascrizioni deve insomma essere letto in relazione al principio di prevenzione di cui all'art. 2644 c.c., in modo da assicurare la completezza delle risultanze dei registri immobiliari, consentendo di determinare la consecuzione temporale dei diversi titolari sino all'originario dal quale la circolazione dei diritti edificatori promana.

È però evidente che nell'ipotesi dei diritti edificatori la continuità è assicurata a far data dalla trascrizione del primo atto di trasferimento della cubatura non essendo per nulla necessaria l'emersione dai registri immobiliari di qualsivoglia atto della pubblica amministrazione dal quale sia promanata la nuova volumetria o più in generale la volumetria ceduta.

Un tale meccanismo salvaguarda insomma la corretta circolazione delle volumetrie nei rapporti tra le parti.

Appare invero poi paradossale il mancato richiamo dell'art. 2651 c.c. (sotto la rubrica Trascrizione di sentenze) alla impossibilità di trascrivere le sentenze civili che concernano il trasferimento dei diritti edificatori. Si tratta anche in questa ipotesi di un mero difettoso coordinamento delle nuove disposizioni.

Non pare che invece sussistano dei limiti in ordine alla trascrizione delle domande giudiziali; devono infatti essere trascritte le domande giudiziali esattamente indicate all'art. 2652 c.c. e nell'art. 2653 c.c. qualora abbiano ad oggetto le fattispecie di cui all'art. 2643 c.c. e tra esse i diritti edificatori.

C) La chiara ammissibilità di atti dispositivi di tali beni

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La disciplina del rapporto convenzionale avente ad oggetto diritti sulla volumetria risente inevitabilmente della soluzione e più in particolare della configurazione specifica a monte alla quale si accede.

L'art. 5 del D.L. 13 maggio 2011 n. 70, come convertito nella L. 12 luglio 2011, n. 106 come prevede al comma primo lettera c) la tipizzazione di un nuovo schema contrattuale diffuso nella prassi, denominato "cessione di cubatura che deve essere reso pubblico con il mezzo della trascrizione a norma dell'art. 2643 c.c.

Atteso tale presupposto, indipendentemente dall'analisi in ordine alla natura giuridica della fattispecie, non si può prescindere dalla forma scritta ad substantiam: solo l'atto pubblico o la scrittura privata autenticata permettono, secondo le regole codicistiche, l'accesso ai registri immobiliari ed assicurano in tal modo l'adempimento delle condizioni idonee per la pubblicità del negozio stipulato.

L'interprete deve poi indicare altri elementi ricostruttivi che la norma molto scarna non offre. Negli atti deve certamente essere definito l'oggetto, che deve avere i requisiti di cui all'art. 1346c.c.: oltre alla possibilità e liceità esso deve essere determinato o determinabile, in modo da escludere incertezze che possano derivare dalla sua definizione, anche attraverso meccanismi di tipo relazionale.

La volumetria generata è poi un bene presente, spendibile concretamente in seguito mediante la realizzazione dell'opera a cubatura maggiorata, ma non certo un bene futuro di cui all'art. 1348 c.c.

Tali negozi possono, allora, avere carattere gratuito o liberale (richiedendo il rispetto dei requisiti legali in ipotesi in cui si configuri una donazione vera e propria (146)) o oneroso.

In particolare sul punto, se la cubatura costituisce un bene, del tutto attuale, economicamente apprezzabile immediatamente dal suo titolare, indipendentemente dall'atterraggio futuro sul fondo di destinazione, non vi è ostacolo alcuno alla possibilità che la volumetria possa formare oggetto di negozi gratuiti o liberali non trovando evidentemente alcuna applicazione il divieto di cui all'art. 771 c.c. in materia di donazione di beni futuri.

È stata ipotizzata (147), poi, la possibilità di configurare accanto alla usuale vendita, una permuta (anche di bene presente con bene futuro (148)), o una datio in solutum, ma anche una cessione a terzi dell'area sorgente con riserva al cedente dei diritti edificatori.

Può ipotizzarsi invero il ricorso alla vendita con riserva di proprietà di cui all'art. 1523 c.c.; tale norma dispone che nella vendita a rate il venditore può riservarsi la proprietà del bene sino all'integrale pagamento del prezzo, benché il bene venga immediatamente consegnato al venditore (149). Si tratta, insomma, sotto il profilo squisitamente economico di un istituto che assolve ad una funzione di finanziamento e di incentivazione degli affari, a fronte della quale la riserva di proprietà salvaguarda il venditore dai rischi di inadempimenti ed abusi dell'acquirente (150).

Sebbene la norma non faccia espresso riferimento ai beni immobili, non sorge alcun dubbio in ordine alla possibilità che tali diritti possano formarne oggetto sia in considerazione del rinvio generico al termine cessione nel ricordato art. 5, sia in virtù dell'impiego nella ricordata disposizione del termine "cosa", sia ancora in forza del generale principio dell'autonomia contrattuale.

È del pari ipotizzabile la cessione di diritti edificatori totalmente o parzialmente altrui.

La reificazione dei diritti edificatori permette agevolmente di ammettere anche un conferimento in società sia in fase costitutiva (151), sia in fase di aumento di capitale (152) non solo di una società a responsabilità limitata, trattandosi indubbiamente a norma

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dell'art. 2464 c.c. di elementi dell'attivo suscettibili di valutazione economica, ma anche di una società per azioni appunto in quanto bene.

In tutte le ipotesi comunque convenzionalmente configurate ed ipotizzate, sarà poi fortemente opportuno il ricorso a meccanismi di regolazione dell'evizione o anche di tipo condizionale, ad eccezione della permuta in occasione della quale l'elemento accidentale della condizione diviene addirittura necessario ed imprescindibile (153).

Ed ancora i diritti edificatori possono essere oggetto di apposita disposizione testamentaria, anche di tipo divisionale. È immaginabile che possano formare oggetto di accordi diretti alla reintegra dei diritti del legittimario leso o pretermesso.

Non può essere costituita sui diritti edificatori un'ipoteca per la difettosa previsione dell'art. 2810 c.c.

Mediante l'atto di divisione più soggetti partecipanti ad una comunione pongono fine ad essa, ottenendo in via esclusiva la titolarità di alcuni beni già comuni in misura corrispondente al valore della quota a ciascuno di essi spettante. Èipotizzabile, in via esemplificativa, non solo una divisione tra i contitolari della volumetria sviluppata da un lotto in occasione della cessione volontaria di esso al Comune, destinata ad atterrare in lotti già in proprietà divisa dei condividenti, ma anche divisioni nelle quali l'apporzionamento delle quote venga effettuato mediante assegnazioni di volumetria ad alcuni condividenti e di beni (mobili o immobili) ad altri ed ancora assegnazioni di cubatura ad uno dei condividenti con conguagli in danaro agli altri.

4. Conclusioni

Per paesaggio si intende il territorio espressivo di identità, il cui carattere deriva dall'azione di fattori naturali, umani e dalle loro interrelazioni. Secondo il comma quinto dell'art. 131 del codice dei beni culturali "la valorizzazione del paesaggio concorre a promuovere lo sviluppo della cultura" (154).

Ebbene, anche il territorio è un valore che gli enti preposti devono spendere con parsimonia nell'interesse collettivo.

La valorizzazione di entrambi deve essere attuata nel rispetto rigoroso delle esigenze della loro tutela e salvaguardia.

L'introduzione di regole certe che governano i diritti edificatori e la circolazione di essi è allora ormai un'esigenza non ulteriormente differibile.

Per troppo tempo le società restano inchinate a quello che John Maynard Keines chiamava l'incubo del contabile e cioè il pregiudizio secondo cui nulla si può fare, se non comporta frutti economici immediati (155).

La definitiva regolamentazione delle operazioni aventi ad oggetto il trasferimento di cubatura nella linea indicata dall'art. 5 del Decreto Sviluppo non costituisce in definitiva un costo economico che aggrava la circolazione di tali beni e conseguentemente un costo sociale, ma un vantaggio collettivo proprio per la maggiore certezza che ad esse attribuisce sia in termini di garanzia in ordine alla loro titolarità sia in ordine alla conformazione alle esigenze ed agli interessi dei soggetti in gioco, in virtù dell'autonomia privata; ed il ruolo giocato dal notaio sarà in questa luce essenziale.

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(1) Tale disposizione recita nel testo come ulteriormente modificato a seguito del Testo Unico dell'Edilizia "1. Nei Comuni dotati di piano regolatore generale o di programma di fabbricazione, nelle zone in cui siano consentite costruzioni per volumi superiori a tre

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metri cubi per metro quadrato di area edificabile ovvero siano consentite altezze superiori a metri 25 non possono essere realizzato edifici con volumi ed altezze superiori a detti limiti se non previa approvazione di apposito piano particolareggiato o lottizzazione convenzionata estesi all'intera zona e contenenti disposizione planovolumetrica degli edifici previsti nella zona stessa. 2. In tutti i Comuni, ai fini della formazione di strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, debbono essere osservati limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza tra i fabbricati, nonché rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggi. 3. I limiti e i rapporti previsti dal precedente comma sono definiti per zone territoriali omogenee, con decreto del Ministro per i Lavori pubblici di concerto con quello per l'interno, sentito il Consiglio superiore dei lavori pubblici. In sede di prima applicazione della presente legge, tale decreto viene emanato entro sei mesi dall'entrata in vigore della medesima.".

(2) L'espressione di A. Gambaro, La proprietà edilizia, in Trattato dir. civ. diretto da P. Rescigno, VII, Torino 1982, 527, è poi ripetuta dall'Autore in Il diritto di proprietà, in Trattato dir. civ. e comm., a cura di A. Cicu e F. Messineo, Milano, 1995, 309.

(3) Sulla cessione di cubatura tra i tanti si ricordano i contributi di A. Candian, Trasferimento di cubatura, in Digesto disc. priv., Sez. priv. (aggiornamento), Torino, 2000, 735; A. Ceccherini, Funzione ed efficacia della cessione di cubatura, in Giust. civ., 1990, II, 103; Id., Asservimento di area edificabile e cessione di cubatura, in Nuova giur. civ. comm., 2009, 557; S. Cervelli, I diritti reali, Milano, 2001, 65-67; N.A. Cimmino, La cessione di cubatura nel diritto civile, in Riv. not., 2003, 1113; R. Conti (a cura di), La proprietà e i diritti reali minori, Milano, 2009, 413; C. Franco, Appunti sulla cd. cessione di cubatura, in Vita not., 1997, CXC; A. Gambaro, La proprietà edilizia, cit., 527, Id., Il diritto di proprietà, cit., 309; F. Gazzoni, La trascrizione immobiliare, I, artt. 2643-2644, in Il codice civile comm. diretto da P. Schlesinger, Milano, 1991, 655 ss.; F. Gerbo, I diritti immobiliari di godimento su cosa altrui, Milano, 2001, 246; Id., La cessione di volumetria, in Il Notaro, 1998, 105; N. Grassano, La cessione di cubatura nel processo conformativo della proprietà edilizia privata, in Riv. not., 1992, 1070 (ed in Giur. it., 1990, IV, 383); A. Iannelli, La cessione di cubatura e i così detti atti di asservimento, in Giur. Merito, 1977, IV, 740; M. Langella, Brevi cenni in tema di cessione di cubatura, in Vita not., 2007, 428; M. Leo, Il trasferimento di cubatura, in Studi e materiali del Consiglio Nazionale del Notariato, VI, 2, 1998-2000, Milano, 669; Id., Trasferimento di volumetria, voce del Dizionario Enciclopedico del Notariato, Roma, 2002, V, 710, M. Libertini, Sui trasferimenti di cubatura, in Contr. e Impr., 1991, 73; Id., Sui trasferimenti di cubatura, in I contratti del commercio, dell'industria e del mercato finanziario diretto da F. Galgano, 3, Torino, 1995, 2253; M. Marè, Natura e funzione dell'atto d'obbligo nell'ambito del procedimento di imposizione di vincoli di destinazione urbanistica, in Riv. not., 1990, 1347; M. A. Mazzola, Le servitù, in Proprietà e diritti reali (a cura di G. Cassano), Padova, 2007, II, 1815; F. Patti e F. Russo, La cessione di cubatura tra diritto privato e diritto pubblico, in Vita not., 2001, 1675; S. Scarlatelli, La cd. cessione di cubatura, problemi e prospettive, in Giust. civ., 1995, II, 287; R. Triola, La "cessione di cubatura": Natura giuridica e regime fiscale, in Riv. not., 1974, 115; P.L. Trojani, Tipicità e numerus clausus dei diritti reali e cessione di cubatura. Lo stato della dottrina e della giurisprudenza ed una ipotesi ricostruttiva originale, in Vita not., 1990, 285; G. Viotti, Vincoli di destinazione convenzionali e loro efficacia nei confronti degli enti pubblici, in Vita not., 2001, 148, nota ad App. Ancona 19 giugno 1999. Per le monografie si rinvia a G. Ceccherini, Il cd. trasferimento di cubatura, Milano, 1985; A. Candian, Il contratto di trasferimento di volumetria, Milano, 1994; S.G. Selvarolo, Il negozio di cessione di cubatura, Napoli, 1989; C. T. Sillani, I limiti verticali della proprietà fondiaria, Milano, 1994, 575. Per comodità di lettura si segnala che in tutti i richiami alle opere precedenti all'entrata in vigore del Testo Unico dell'Edilizia i richiami al permesso di costruire si intendono fatti dal rispettivo Autore alla licenza edilizia o alla concessione edilizia (salvo espresso riferimento in contrario). Deve poi essere richiamato l'originale ed interessante contributo di A. Fusaro, La determinazione convenzionale circa l'uso dei beni immobili nel diritto inglese e nel diritto italiano, Genova, 2002, ricevuto per la consueta cortesia

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dell'Autore. Sia consentito un riferimento ai miei contributi Dalla cessione di cubatura alle operazioni sui crediti di cubatura: evoluzione o mutazione del diritto, in Studi e Materiali del Consiglio Nazionale del Notariato, cit., 339-438, alla relazione Dalla cessione di cubatura al credito di cubatura: evoluzione o mutazione del diritto, in Attualità e problematiche in materia di contratti e diritti reali, Atti del Convegno di Savelletri di Fasano (Brindisi 18-19 giugno 2010) Edizioni Viverein, 2011, 143-150, ed al breve studio Cessione di cubatura e legge regionale dell'Emilia Romagna Fattispecie particolare, in Cnn Notizie, 17 febbraio 2011, 32, 14-16, (quesito n. 529/2010) nonché in Studi e Materiali del Consiglio Nazionale del Notariato, 2011, 2, 602.

(4) F. Gazzoni, La trascrizione immobiliare, cit., 655, ricorda che "talvolta" la cessione di cubatura trae origine dalla espressa previsione nei piani regolatori (per tutti quello della città di Torino, approvato con D.P.R. 6 ottobre 1959, art. 6); M. Leo, Il trasferimento di cubatura, cit., 669 ss., ritiene invece che "il trasferimento di cubatura è un'operazione giuridica ed economica in grado di esprimere una indubbia utilità sociale e non solo nell'ipotesi in cui il P.R.G. lo preveda espressamente". Secondo F. Patti e F. Russo, La cessione di cubatura tra diritto privato e diritto pubblico, cit., 1689 ss., sono possibili quattro diverse ipotesi in ordine all'atteggiamento del Comune in relazione alla cessione di volumetria; in particolare il Comune potrà: a) prevedere, ammettere e regolare espressamente la fattispecie della cessione di volumetria; b) negare espressamente l'ammissibilità del trasferimento di volumetria; c) prevedere la cessione di cubatura in particolari casi soltanto e previa espressa autorizzazione; d) non prevedere nulla in relazione alla fattispecie de qua. In tale ultima ipotesi, che ad avviso degli Autori, è la più ricorrente, è del tutto legittimo lo strumento della cessione di cubatura allo scopo di trasferire la volumetria da "un'area contigua a quella direttamente interessata dalla costruzione (Cons. St., sez. V, 8 settembre 1983, n. 366, citato dagli Autori stessi senza altri riferimenti)". Il permesso di costruire sarà allora rapportato alla volumetria disponibile pari a quella sviluppata dall'immobile sul quale sorgerà il manufatto e quella acquisita a seguito di cessioni di cubatura. Nello stesso senso, A. Gambaro, Il diritto di proprietà, cit., 312, il quale ricorda che le cessioni di volumetria prescindono da una previsione di piano espressa, atteso che essi svolgono una funzione utile maggiormente proprio nelle zone non disciplinate da alcuno strumento urbanistico. Si segnala di recente AA.VV., Della trascrizione, in Commentario al codice civile a cura di P. Cendon, Milano, 2009, che dedica un intero capitolo alla questione della cessione di cubatura.

(5) A differenza di quanto accade nella disciplina dei crediti di cubatura, nei quali, invece, è proprio la condotta collaborativa a generare un premio consistente esattamente nell'incremento dell'indice di cubatura dell'area appartenente al soggetto stesso.

(6) N.A. Cimmino, La cessione di cubatura nel diritto civile, cit., 1113, il quale afferma che per inedificabilità, totale o parziale, a seguito della cessione di volumetria, "si intende non solo l'impossibilità a costruire sull'area, ma anche l'impossibilità che l'area stessa venga nuovamente presa in considerazione ai fini del calcolo della volumetria per il rilascio di una nuova concessione edilizia".

(7) L'espressione è di N. Grassano, La cessione di cubatura nel processo conformativo della proprietà edilizia privata, cit., 1070.

(8) M. Leo, Il trasferimento di cubatura, cit., 669 ss., il quale afferma che "l'attività sulle aree è consentita solo se a disposizione del costruttore vi sia un'area con la superficie minima idonea a contenere una determinata volumetria.".

(9) Il riferimento è naturalmente alla legge urbanistica del 17 agosto 1942, n. 1150. In particolare sull'evoluzione dello zoning, M. Miglioranza, Le funzioni delle zone e degli edifici: individuazione e conseguenze in Riv. giur. edil., 2005, 245.

(10) Sulla questione, E. Boscolo, Le perequazioni e le compensazioni, relazione pubblicata in atti del Convegno organizzato dalla società Paradigma tenuto nel mese di marzo 2009 in Milano e nel mese di aprile 2009 in Roma. Inoltre, A. Bartolini, I diritti edificatori in

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funzione premiale (le cd. premialità edilizie) (pubblicato anche in Giust. Amm., 2008, 4, 163); E. Micelli, La perequazione urbanistica in alcune esperienze di piani e progetti (slides); A. Quaglia, Gli strumenti di concertazione pubblico-privato nelle politiche di rinnovamento urbano; G. Rizzi, I crediti edilizi: l'esperienza della Legge Regione Veneto n. 11 del 2004; P. Urbani, La perequazione tra ipotesi di riforma nazionale e leggi regionali, relazioni pubblicate tutte negli atti del Convegno organizzato dalla società Paradigma nel mese di febbraio 2009 in Milano. I riferimenti ai contributi appena citati si intendono fatti alle pagine del rispettivo dattiloscritto pubblicato, ad eccezione del saggio di A. Bartolini, per il quale varranno i richiami al testo pubblicato in Giustizia Amministrativa. Sulla questione dei crediti di volumetria diffusamente altresì, A. Bartolini, Profili giuridici del cd. credito di volumetria, in Riv. Giur. Urb., 2007, 302; P. Marzaro Gamba, Credito edilizio compensazione e potere di pianificazione. Il caso della legge urbanistica veneta, in Riv. Giur. Urb., 2005, 644; P. Urbani, Conformazione della proprietà diritti edificatori e moduli di destinazione d'uso dei suoli, in Urb. e app., 2006, 905. Sul tema della perequazione, E. Boscolo, Una conferma urbanistica (e qualche novità legislativa) in tema di perequazione urbanistica, in Riv. Giur. Edil., 2003, 3, 823; S. De Paolis, Pianificazione di dettaglio e perequazione, in Riv. Giur. Edil., 2008, 527; P. Stella Richter, La perequazione urbanistica, in Riv. Giur. Edil., 2005, 169; P. Urbani, La perequazione tra ipotesi di riforma nazionale e leggi regionali, in www.pausania.it/files/perequazione. Si rinvia per un inquadramento generale delle fattispecie in esame a N. Assini, Pianificazione urbanistica e governo del territorio, Padova, 2000, 148 ss.; N. Centofanti, Diritto urbanistico, Padova, 2008; E. Micelli, Perequazione urbanistica, Marsilio, 2004; P. Urbani, Urbanistica consensuale, Bollati Boringhieri, 2000; AA.VV., Urbanistica e perequazione a cura di S. Carbonara e C.M. Torre, Franco Angeli, 2008. In tema di lettura della fattispecie dal punto di vista fiscale A. Pischetola, Utilizzo di volumetria perequativa e ipotesi di applicabilità delle agevolazioni ex L. n. 10 del 1977, in Studi e Materiali del Cons. Naz. Not., 2006,1, 556.

(11) E. Boscolo, Le perequazioni e le compensazioni, cit., 1.

(12) E. Boscolo, Le perequazioni e le compensazioni, cit., 6, il quale sottolinea anche un problema di formazione del consenso intorno ai modelli della perequazione e della compensazione, dal momento che oggi spesso le uniche possibilità di intervento sono rappresentate dalla "ricucitura di circoscritte aree interstiziali" e che anche in un piano che preveda il mantenimento delle capacità insediative anteriori (i cd. residui di piano), i proprietari delle aree attualmente edificabili chiamati a condividere le possibilità edificatorie vivono tale situazione quale "un'autentica privazione"; rispetto, infatti, ad un piano tradizionale in cui il saldo volumetrico non subisce variazioni mutano "gli esiti individuali". Deve essere segnalato che la tecnica dello zoning segnava inevitabilmente anche le sorti dei proprietari sulla base delle linee disegnate dal pennarello del pianificatore (9). La perequazione costituisce insomma il rimedio alle "esternalità negative dello zoning (10). Questione questa delicatissima, ma già segnalata in un risalente ma attuale saggio da P. Stella Richter, Il potere di pianificazione nella legislazione urbanistica, in Riv. Giur. Edil., 1968, II, 123, il quale già all'epoca affermava il carattere intrinsecamente discriminatorio degli schemi tradizionali.

(13) E. Boscolo, Le perequazioni e le compensazioni, cit., 2.

(14) Il richiamo esemplificativo può esser fatto al piano regolatore di Torino che prescinde dall'assenza di una regolamentazione regionale della materia.

(15) Tar Emilia Romagna, sez. I, 14 gennaio 1999, n. 22, con nota di E. Boscolo, Dalla zonizzazione alla perequazione, in Riv. Giur. Urb., 2000, 5 ed in Urb. App., 2000, 780, con nota di A. Mandarano, Nuove tendenze della pianificazione: perequazione, integrazione funzionale, tutela ambientale.

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(16) L'espressione è di E. Boscolo, Le perequazioni e le compensazioni, cit., 10. Sottolinea l'Autore che intorno agli anni novanta il valore etico dell'equità che già era stato utilizzato in materia sociale o tributaria, trova spazio anche in materia urbanistica.

(17) E. Boscolo, Le perequazioni e le compensazioni, cit., 11.

(18) In questo senso, E. Boscolo, Le perequazioni e le compensazioni, cit., 11; P. Urbani, Conformazione della proprietà diritti edificatori e moduli di destinazione d'uso dei suoli, cit., 905, ricorda che "una certa dose di diseguaglianza è connaturale alla pianificazione urbanistica", dal momento al contrario verrebbe meno la possibilità stessa di differenziare "attraverso tale tecnica, le forme di utilizzazione, di trasformazione e di tutela del territorio". Ed aggiunge che questa impossibilità egalitaria riemerge nella disciplina delle tutele parallele (paesaggio, difesa del suolo delle acque, beni ambientali e naturali).

(19) Diffusamente, sul punto, E. Boscolo, Le perequazioni e le compensazioni, cit., 12; P. Urbani, La perequazione tra ipotesi di riforma nazionale e leggi regionali, cit., 2.

(20) E. Boscolo, Le perequazioni e le compensazioni, cit., 13, segnala che occorre l'identificazione di un set di indicatori conoscibili e rendere aperta ad un'autentica partecipazione l'attività di applicazione di tali indicatori ai suoli e che spesso manca nei piani regolatori e addirittura nelle leggi regionali in argomento proprio la qualificazione giuridica delle classi differenziate dei suoli.

(21) P. Urbani La perequazione tra ipotesi di riforma nazionale e leggi regionali, cit., 3, distingue tra la perequazione di valori e la perequazione di volumi. La prima consiste nella monetizzazione dei diritti edificatori unita ai trasferimenti compensativi delle disparità derivanti dalla pianificazione; si tratta di un modello che richiede l'applicazione all'intero territorio comunale ed è quindi di difficile applicazione concreta. La seconda, piuttosto diffusa negli strumenti di pianificazione già adottati, si realizza allorquando a certe aree (o ambiti) esattamente individuate, è attribuito un unico indice territoriale. Compete ai privati il trasferimento e la conseguente distribuzione delle quote di edificabilità; alla pubblica Amministrazione posta in posizione di terzietà spetta il controllo sul rispetto delle previsioni di piano.

(22) L'espressione è di P. Urbani, La perequazione tra ipotesi di riforma nazionale e leggi regionali, cit., 2.

(23) Si indicano di seguito tra parentesi le fonti che regolano la fattispecie in ciascuna regione; Toscana (L. 3 gennaio 2005, n. 1, che ha sostituito l'originaria L. 16 gennaio 1995, n. 5); Emilia Romagna (24 marzo 2000, n. 20); Basilicata (11 agosto 1999, n. 23); Lazio (22 dicembre 1999, n. 38); Puglia (27 luglio 2001, n. 20); Calabria (16 aprile 2002, n. 19); Campania (22 dicembre 2004, n. 16); Veneto (23 aprile 2004, n. 1); Lombardia (11 marzo 2005, n. 12); Umbria (22 febbraio 2005, n. 11) Provincia di Trento (11 novembre 2005, n. 16 sostituita dalla L. 4 marzo 2008, n. 1) Friuli Venezia Giulia (23 febbraio 2007, n. 20); Provincia di Bolzano (2 luglio 2007, n. 3 a modifica della L. 11 agosto 1997, n. 13 art. 55 bis).

(24) Cons. Stato, sez. IV, 16 ottobre 2006, n. 6171;Cons. Stato, sez. IV, 30 giugno 2005, n. 3535, entrambe in Ced Cassazione.

(25) Cons. Stato, sez. IV, 16 ottobre 2006, n. 6171, cit., in Ced Cassazione. E. Boscolo, Le perequazioni e le compensazioni, cit., 4, sottolinea l'importanza nel diritto amministrativo del principio di proporzionalità - idoneità, in specie dello strumento rispetto agli obiettivi che ciascun Comune si prefigge di raggiungere.

(26) E. Boscolo, Le perequazioni e le compensazioni, cit., 7.

(27) L'espressione è di E. Boscolo, Le perequazioni e le compensazioni, cit., 7. L'Autore ricorda ancora che alla soddisfazione di alcun proprietari corrisponderà l'insoddisfazione

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di altri, soprattutto per effetto del confronto inevitabile tra lo strumento urbanistico originario e quello perequativo. È però vero che in una oggettiva carenza di spazi edificabili è proprio l'adozione di un criterio perequativo a garantire maggiormente la pace sociale, proprio perché appare particolarmente stringente l'esigenza di estendere ad un sempre maggiore numero di proprietari, evitando oggettive discriminazioni l'allocazione della cubatura disponibile (in particolare nota 7 di 7).

(28) L'esempio è di E. Boscolo, Le perequazioni e le compensazioni, cit., 7, nota 31.

(29) Ricorda P. Urbani, La perequazione tra ipotesi di riforma nazionale e leggi regionali, cit., 5, che è stata la sentenza della Corte Costituzionale n. 179 del 1999 a legittimare l'istituto della compensazione e che la rimozione nell'art. 11 della L. 7 agosto 1990, n. 241, dei limiti apposti agli accordi sostitutivi di provvedimento ai soli casi previsti dalla legge.

(30) L'espressione è di E. Boscolo, Le perequazioni e le compensazioni, cit., 8. Aggiunge un Autore (P. Urbani, Conformazione della proprietà diritti edificatori e moduli di destinazione d'uso dei suoli, cit., 906) che il vero problema è rappresentato dalla crisi sistemica che conduce gli enti a "utilizzare la risorsa territorio come merce di scambio per coprire il fabbisogno di opere di urbanizzazione e di servizi per la collettività ".

(31) L'espressione è di P. Urbani, Conformazione della proprietà diritti edificatori e moduli di destinazione d'uso dei suoli, cit., 906.

(32) Anche la terminologia in ordine ai meccanismi compensativi è diversa da una regione all'altra: si fa rispettivamente riferimento in Veneto, ai crediti edilizi, in Lombardia alla disciplina di incentivazione, in Umbria agli incrementi premiali o alle compensazioni, nella provincia di Trento alla compensazione urbanistica.

(33) P. Urbani, La perequazione tra ipotesi di riforma nazionale e leggi regionali, cit., 4, ricorda che i legislatori regionali hanno pasticciato "creando commistioni tra perequazione di valori e di volumi".

(34) L'espressione è di P. Urbani, La perequazione tra ipotesi di riforma nazionale e leggi regionali, cit., 4.

(35) In giurisprudenza, per tutte, Tar Emilia Romagna, sez. I, 14 gennaio 1999, n. 22, con nota di E. Boscolo, Dalla zonizzazione alla perequazione, in Riv. Giur. Urb., 2000, 5 ed in Urb. App., 2000, 780, con nota di A. Mandarano, Nuove tendenze della pianificazione: perequazione, integrazione funzionale, tutela ambientale, cit., sulla non necessità di una regolazione a monte della materia.

(36) In questo senso, P. Urbani, La perequazione tra ipotesi di riforma nazionale e leggi regionali, cit., 5.

(37) Sul punto, si rinvia alla storica pronuncia, già ricordata, del Tar Emilia Romagna sez. I, 14 gennaio 1999, n. 22, cit., con nota di E. Boscolo, Dalla zonizzazione alla perequazione, in Riv. Giur. Urb., 2000, 5 ed in Urb. App., 2000, 780, con nota di A. Mandarano, Nuove tendenze della pianificazione: perequazione, integrazione funzionale, tutela ambientale, cit.

(38) E. Boscolo, Le perequazioni e le compensazioni, cit., 16-18.

(39) Si può trattare di lotti facenti parte di piani attuativi o di recupero di edifici dismessi; in tal senso, E. Boscolo, Le perequazioni e le compensazioni, cit., 17.

(40) Solleva qualche perplessità al riguardo, E. Boscolo, Le perequazioni e le compensazioni, cit., 17, il quale sottolinea la necessità che il diritto edificatorio dovrebbe comunque essere legato ad un fondo, affinché il proprietario possa farne un uso efficiente; desta dubbi la possibilità che l'amministrazione possa godere di diritti

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edificatori disancorati dal suolo stesso. Un siffatto modello è previsto dalla legge urbanistica calabrese.

(41) Un siffatto ristoro può assumere la veste di quote di edificabilità o di recupero di cubature in altra area o la possibilità di permuta con altre aree o addirittura la possibilità di mantenere la proprietà dell'area sulla quale realizzare direttamente gli interventi pubblici per servizi gestendoli mediante convenzione; sulla questione P. Urbani, Conformazione della proprietà diritti edificatori e moduli di destinazione d'uso dei suoli, cit., 906.

(42) Secondo E. Boscolo, Le perequazioni e le compensazioni, cit., 18, la definizione di perequazione infrastrutturativa discende proprio dal fatto che è una tale esigenza a dominare la condotta della pubblica amministrazione. L'Autore ricorda, al proposito, che l'incentivazione del ricorso alla cessione bonaria è espressione di un ruolo fondamentale di "approcci neocomportamentali" e di "modelli di formazione delle preferenze individuali" (37).

(43) L'espressione è di E. Boscolo, Le perequazioni e le compensazioni, cit., 43. P. Urbani, Conformazione della proprietà diritti edificatori e moduli di destinazione d'uso dei suoli, cit., 907 segnala che la scarsa applicazione dell'istituto del comparto è dovuta alla sua rigidità, dimostrando all'epoca più duttile applicazione il meccanismo della lottizzazione convenzionata; aggiunge che una tale duttilità agevola la diffusione dello strumento perequativo atteso che oggi l'esigenza più sentita concerne la riqualificazione degli edifici già realizzati e relativa dotazione di opere e servizi.

(44) E. Boscolo, Le perequazioni e le compensazioni, cit., 22.

(45) Ricorda siffatta distinzione dogmatica lo schema, già ricordato, proposto da P. Urbani, La perequazione tra ipotesi di riforma nazionale e leggi regionali, cit., 3 tra perequazione di valori (consistente nella monetizzazione dei diritti edificatori unita ai trasferimenti compensativi delle disparità derivanti dalla pianificazione, modello da applicarsi all'intero territorio comunale, di difficile applicazione concreta, che ricorda la cd. perequazione estesa ) e perequazione di volumi (che si realizza allorquando a certe aree o ambiti esattamente individuati, è attribuito un unico indice territoriale che ricorda la cd. perequazione endoambito).

(46) E. Boscolo, Le perequazioni e le compensazioni, cit., 23, richiama al riguardo alla nota 87 l'art. 16 delle Norme Tecniche di attuazione del Comune di Piacenza. Aggiunge poi che le difficoltà ricostruttive incontrano poi l'ulteriore ostacolo della tassazione incerta (35); il carattere della contiguità dei fondi non è, comunque, elemento essenziale della fattispecie; è possibile ipotizzare, infatti, comparti discontinui, nei quali le receiving areas non sono attigue alle sending areas produttive di diritti edificatori (36). Sulla questione, E. Micelli, La perequazione urbanistica in alcune esperienze di piani e progetti, cit., 2; P. Urbani, Conformazione della proprietà diritti edificatori e moduli di destinazione d'uso dei suoli, cit., 907.

(47) Si tratta di piani attuativi, ambiti, distretti della trasformazione.

(48) Ne è espressione l'art. 11, comma secondo, della legge della regione Lombardia del giorno 11 marzo 2005, n. 12. Si tratta di una fattispecie di minore diffusione territoriale. Sul punto, P. Urbani, Conformazione della proprietà diritti edificatori e moduli di destinazione d'uso dei suoli, cit., 908, il quale rileva che i diritti edificatori costituiscono in tal modo autonomi beni giuridici che circolano indipendentemente dagli immobili di riferimento.

(49) E. Boscolo, Le perequazioni e le compensazioni, cit., 25.

(50) E. Boscolo, Le perequazioni e le compensazioni, cit., 26, ricorda che un tale modello permette di escludere forme monopolistiche, di dipendenza e di atteggiamento predatorio

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che diventerebbero "fattori esiziali di inceppamento del modello". L'amministrazione comunale, nei modelli perequativi, svolge una funzione diretta ad ottenere il risultato urbanistico programmato, con la massima efficienza, "intesa come allocazione dei titoli volumetrici e delle possibilità edificatorie nelle mani dei soggetti interessati allo sfruttamento". Inoltre, se la pianificazione deve essere impostata su un meccanismo di stampo essenzialmente consensualistico è bene che il piano sia corredato da schede contenenti simulazioni di scenari secondo ipotesi come nella teoria dei giochi (32). A tale proposito, devono essere poi accentuati i sistemi che permettono la realizzazione dei risultati urbanistici prefissati, al fine di escludere che il principio consensualistico divenga paradossalmente un ostacolo insormontabile; espressione di un tale assunto è l'art. 27, comma 5 della L. 1° agosto 2002, n. 166 nel quale è statuito che i proprietari delle aree equivalenti alla maggioranza assoluta di un piano esecutivo possono richiedere che si proceda all'esproprio delle aree dei proprietari non rimanenti di cui sono titolari i proprietari non cooperanti, che non vogliono partecipare al consorzio attuativo del piano stesso (33).

(51) Accanto ai vincoli urbanistici espropriativi, sussistono dei vincoli che limitano l'attività d'impresa svolta su una certa area; il D.Lgs. n. 227 del 2001 prevede la possibilità di compensare il sacrificio imposto alle attività incompatibili con la normativa forestale mediante indennizzi; analoghe disposizioni sono previste dalla disciplina di tutela delle acque (D.Lgs. n. 152 del 1999); sulla questione, P. Urbani, Conformazione della proprietà diritti edificatori e moduli di destinazione d'uso dei suoli, cit., 906.

(52) La previsione di soluzioni alternative all'espropriazione trova la sua fonte nella sentenza della Corte Costituzionale n. 179 del 1999, già ricordata, e di essa ne è espressione la L. 15 dicembre 2004, n. 308, esaminata nel paragrafo seguente per i profili concernenti l'oggetto del presente studio.

(53) L'espressione è di E. Boscolo, Le perequazioni e le compensazioni, cit., 37; sulla questione diffusamente A. Quaglia, Gli strumenti di concertazione pubblico-privato nelle politiche di rinnovamento urbano, cit., 8 ss.; si tratta, invero, di accordi complessi, che consentono di sgravare la pubblica Amministrazione del costo di esproprio e/o dell'esecuzione di opere pubbliche, nelle quali il riconoscimento della edificabilità compensa le spese affrontate dal privato.

(54) E. Boscolo, Le perequazioni e le compensazioni, cit., 43, definisce i diritti edificatori un "prodotto interno del piano". Sulla questione P. Urbani, Conformazione della proprietà diritti edificatori e moduli di destinazione d'uso dei suoli, cit., 908 segnala che la carenza di un'adeguata disciplina pone il rischio che la possibilità di utilizzare altrove le volumetrie dissolve l'elemento organizzativo contrattuale che lega i comproprietari dei fondi allocati nel comparto, depotenziando la potestà decisionale dell'apparato pubblico. E se addirittura taluni soggetti facessero incetta di tali diritti, aggiunge l'Autore, concentrandole in aree il cui valore crescerebbe in modo esponenziale, l'amministrazione si troverebbe costretta a concordare con i privati l'allocazione dei maggiori diritti edificatori in altre aree in grado di sostenere l'impatto di essi dal punto di vista sociale, ambientale ed estetico, ottenendo in concreto proprio una lesione del principio di eguaglianza che i canoni perequativi mirano a realizzare.

(55) Va segnalato che i diritti edificatori possono essere oggetto di revisione da parte dell'amministrazione comunale, salva un'eventuale autolimitazione da parte del Comune stesso, sia pure limitata nel tempo; diversa la regola per i crediti compensativi che hanno origine in una prestazione già effettuata (quale la cessione dell'area o la sua riqualificazione paesaggistico - ambientale).

(56) E. Boscolo, Le perequazioni e le compensazioni, cit., 38, segnala, infatti, che il credito, ancor prima della cessione al Comune, potrebbe essere iscritto in una speciale sezione del registro sin dall'apposizione del vincolo; in tal modo, la circolazione anticipata del credito stesso "fungerebbe da volano dell'intero sistema". È evidente che l'intero

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meccanismo indennitario subisce un radicale mutamento dall'impianto della L. 25 giugno 1865, n. 2359, più volte rimaneggiata sino al Testo Unico di cui al D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327. La compensazione permette un ristoro economicamente più accettabile al privato il cui terreno sia stato assoggettato a vincolo.

(57) M. Leo, Il trasferimento di cubatura, cit., 669 ss., segnala ricostruendo storicamente la nota questione dello ius aedificandi, sintetizzando l'ampio dibattito dottrinale e giurisprudenziale sulla questione, che il dato di novità della L. 28 gennaio 1977, n. 10 è il passaggio dal sistema della licenza edilizia a quello della concessione, che - come evidenziato dalla lettura della Corte Costituzionale n. 5 del 30 gennaio 1980 (pubblicata in Riv. giur. Edil., 1980, I, 17 ed in Giur. Cost., 1980, 21) - ha carattere puramente nominalistico, restando il diritto di edificazione parte integrante del contenuto del diritto di proprietà del suolo. In ordine alle intese che precedono il rilascio del permesso di costruire Cass. 13 luglio 2001, n. 9524, in Riv. Not., 2002, 488.

(58) Sulla questione della legislazione concorrente in materia di urbanistica e pianificazione del territorio G. Rizzi I crediti edilizi: l'esperienza della Legge Regione Veneto n. 11 del 2004, cit., 1.

(59) Sul punto, P. Urbani, La perequazione tra ipotesi di riforma nazionale e leggi regionali, cit., 6, in specie in ordine alla necessità di chiarire e definire la qualificazione dei diritti edificatori. Sul punto, G. Rizzi, I crediti edilizi: l'esperienza della Legge Regione Veneto n. 11 del 2004, cit., 3, precisa che la disciplina urbanistica regionale non può in alcun modo derogare i principi posti dal diritto civile.

(60) E. Boscolo, Le perequazioni e le compensazioni, cit., 27, il quale ipotizza indici perequativi temporalmente limitati oppure indici progressivamente destinati a diminuire con il decorso del tempo (28). Si può verificare, inoltre, la programmazione di un sistema di "aste amministrate" nel quale il Comune assume la garanzia della regolarità delle trattative tra titolari e terzi interessati all'acquisto dei diritti edificatori (ad esempio in Basilicata e Veneto); oppure un intervento di mediazione a mezzo di una società pubblica (ad esempio la società Veneto scambi s.p.a.).

(61) Secondo E. Boscolo, Le perequazioni e le compensazioni, cit., 28, la trascrivibilità dei negozi aventi ad oggetto titoli volumetrici nei registri immobiliari presso l'Agenzia del territorio potrebbe avere luogo solo laddove questi vengano considerati diritti atipici di natura reale pur se una tale configurazione urterebbe contro il principio del numero chiuso dei diritti reali. Invero, non tutte le situazioni giuridiche che hanno emersione pubblicitaria sono caratterizzate dalla realità: basti pensare alla locazione ultranovennale o all'anticresi.

(62) Sul punto, A. Bartolini, I diritti edificatori in funzione premiale (le cd. premialità edilizie), cit., in Giust. Amm., 165.

(63) A. Bartolini, I diritti edificatori in funzione premiale (le cd. premialità edilizie), cit., in Giust. Amm., 165, segnala che in ipotesi di intervento nei centri storici il diritto edificatorio può essere esercitato al di fuori di essi in aree particolari individuate dallo stesso programma o dagli strumenti urbanistici in modo espresso.

(64) Sul punto, A. Bartolini, I diritti edificatori in funzione premiale (le cd. premialità edilizie), cit., in Giust. Amm., 165.

(65) Il termine annotazione, utilizzato probabilmente per rappresentare l'attività di registrazione su supporto cartaceo o elettronico, evoca in realtà l'esecuzione delle formalità nei registri tenuti dall'agenzia del territorio o nei registri dello stato civile; si tratta tuttavia di una suggestione priva di concretezza; i registri dei diritti e crediti edificatori, previsti semplicemente da norme regionali, hanno una valenza molto limitata: non è chiaro infatti il metodo né l'accessibilità della consultazione.

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(66) Un tale dato riguarda tuttavia solo alcune Regioni particolarmente sensibili sulla questione.

(67) E. Boscolo, Le perequazioni e le compensazioni, cit., 29.

(68) Un antecedente storico può essere rinvenuto nell'art. 30 della L. 28 febbraio 1985, n. 47 che dispone "In luogo della indennità di esproprio, i proprietari di lotti di terreno, vincolati a destinazioni pubbliche a seguito delle varianti di cui all'art. 29 possono chiedere che vengano loro assegnate equivalenti lotti disponibili nei piani di zona di cui alla L. 18 aprile 1962, n. 167, per costruirvi singolarmente o riuniti in cooperativa la propria prima abitazione. I proprietari di terreni coltivatori diretti o imprenditori agricoli a titolo principale possono chiedere al comune in luogo dell'indennità di esproprio, l'assegnazione in proprietà di equivalenti terreni facenti parte del patrimonio disponibile delle singole amministrazioni comunali, per continuare l'esercizio dell'attività agricola. I proprietari degli edifici per i quali è prevista la demolizione possono chiedere l'assegnazione di un lotto nell'ambito dei piani di zona di cui alla L. 18 aprile 1962, n. 167, per costruirvi la propria prima abitazione". Su tale disposizione, P. Urbani, Conformazione della proprietà diritti edificatori e moduli di destinazione d'uso dei suoli, cit., 906.

(69) Pubblicata con la rubrica Delega al Governo per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della legislazione in materia ambientale e misure di diretta applicazione nella Gazzetta Ufficiale del 27 dicembre 2004, n. 302, suppl. ord. n. 187.

(70) I commi 23 e 24 così recitano: "Il Comune può approvare le varianti al vigente strumento urbanistico che si rendano necessarie ai fini della traslazione del diritto di edificare di cui al comma 21" e "L'accoglimento dell'istanza di cui ai commi 21 e 22 non costituisce titolo per le richieste di indennizzo, quando, secondo le norme vigenti, il vincolo sopravvenuto non sia indennizzabile. Nei casi in cui, ai sensi della normativa vigente, il titolare del diritto di edificare può richiedere l'indennizzo a causa del vincolo sopravvenuto, la traslazione del diritto di edificare su area diversa, ai sensi dei citati commi 21 e 22 è computata ai fini della determinazione dell'indennizzo eventualmente dovuto".

(71) Recita il ricordato comma 258 "Fino alla definizione della riforma organica del governo del territorio, in aggiunta alle aree necessarie per le superfici minime di spazi pubblici o riservati alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggi di cui al decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444 e alle relative leggi regionali negli strumenti urbanistici sono definiti ambiti la cui trasformazione è subordinata alla cessione gratuita da parte dei proprietari, singoli o in forma consortile, di aree o immobili da destinare a edilizia residenziale sociale in rapporto al fabbisogno locale e in relazione all'entità e al valore della trasformazione. In tali ambiti è possibile prevedere, inoltre, l'eventuale fornitura di alloggi a canone calmierato, concordato e sociale.". Ed il comma 259 aggiunge: "Ai fini dell'attuazione di interventi finalizzati alla realizzazione di edilizia residenziale sociale, di rinnovo urbanistico ed edilizio, di riqualificazione e miglioramento della qualità ambientale degli insediamenti, il comune può, nell'ambito delle previsioni degli strumenti urbanistici, consentire un aumento di volumetria premiale nei limiti di incremento massimi della capacità edificatoria prevista per gli ambiti di cui al comma 258.".

(72) P. Urbani, La perequazione tra ipotesi di riforma nazionale e leggi regionali, cit., 9, critica una siffatta disposizione, pur definendola "lodevole", nel senso che per l'edilizia sociale non è stata stabilita una misura minima degli standards, lasciando alla contrattazione tra le parti pubblica e privata la sua definizione quantitativa. In senso diverso sulla questione la L. n. 12 del 2008 della Regione Puglia.

(73) P. Urbani, La perequazione tra ipotesi di riforma nazionale e leggi regionali, cit., 10, rileva, inoltre, l'enfatizzazione dell'urbanistica per accordi delle nuove norme soprattutto in considerazione delle esigenze della residenzialità sociale. Sul punto, anche A. Bartolini,

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I diritti edificatori in funzione premiale (le cd. premialità edilizie), cit., in Giust. Amm., 166.

(74) La legge reca la rubrica "Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, recante disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria" pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 195 del 21 agosto 2008, suppl. ord. n. 196.

(75) I commi 2, 3 e 4 dell'art. 11 così dispongono: 2."Il piano è rivolto all'incremento del patrimonio immobiliare ad uso abitativo attraverso l'offerta di abitazioni di edilizia residenziale, da realizzare nel rispetto dei criteri di efficienza energetica e di riduzione delle emissioni inquinanti, con il coinvolgimento di capitali pubblici e privati, destinate prioritariamente a prima casa per: a) nuclei familiari a basso reddito, anche monoparentali o monoreddito; b) giovani coppie a basso reddito; c) anziani in condizioni sociali o economiche svantaggiate; d) studenti fuori sede; e) soggetti sottoposti a procedure esecutive di rilascio; f) altri soggetti in possesso dei requisiti di cui all'articolo 1 della L. 8 febbraio 2007, n. 9; g) immigrati regolari a basso reddito, residenti da almeno dieci anni nel territorio nazionale ovvero da almeno cinque anni nella medesima regione. 3. Il Piano nazionale di edilizia abitativa ha ad oggetto la costruzione di nuove abitazioni e la realizzazione di misure di recupero del patrimonio abitativo esistente ed è articolato, sulla base di criteri oggettivi che tengano conto dell'effettivo bisogno abitativo presente nelle diverse realtà territoriali, attraverso i seguenti interventi: a) costituzione di fondi immobiliari destinati alla valorizzazione e all'incremento dell'offerta abitativa, ovvero alla promozione di strumenti finanziari immobiliari innovativi e con la partecipazione di altri soggetti pubblici o privati, articolati anche in un sistema integrato nazionale e locale, per l'acquisizione e la realizzazione di immobili per l'edilizia residenziale; b) incremento del patrimonio abitativo di edilizia con le risorse anche derivanti dall'alienazione di alloggi di edilizia pubblica in favore degli occupanti muniti di titolo legittimo, con le modalità previste dall'articolo 13; c) promozione da parte di privati di interventi anche ai sensi della parte II, titolo III, Capo III del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163; d) agevolazioni, anche amministrative, in favore di cooperative edilizie costituite tra i soggetti destinatari degli interventi, potendosi anche prevedere termini di durata predeterminati per la partecipazione di ciascun socio, in considerazione del carattere solo transitorio dell'esigenza abitativa; e) realizzazione di programmi integrati di promozione di edilizia residenziale anche sociale. 4. Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti promuove la stipulazione di appositi accordi di programma, approvati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, previa delibera del CIPE, d'intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, al fine di concentrare gli interventi sulla effettiva richiesta abitativa nei singoli contesti, rapportati alla dimensione fisica e demografica del territorio di riferimento, attraverso la realizzazione di programmi integrati di promozione di edilizia residenziale e di riqualificazione urbana, caratterizzati da elevati livelli di qualità in termini di vivibilità, salubrità, sicurezza e sostenibilità ambientale ed energetica, anche attraverso la risoluzione dei problemi di mobilità, promuovendo e valorizzando la partecipazione di soggetti pubblici e privati. Decorsi novanta giorni senza che sia stata raggiunta la predetta intesa, gli accordi di programma possono essere comunque approvati.".

(76) In questo senso, A. Bartolini, I diritti edificatori in funzione premiale (le cd. premialità edilizie), cit., in Giust. Amm., 166.

(77) I commi 5 e 6 dell'art. 11 così recitano: "5. Gli interventi di cui al comma 4 sono attuati anche attraverso le disposizioni di cui alla parte II, titolo III, Capo III, del citato codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, mediante:a) il trasferimento di diritti edificatori in favore dei promotori degli interventi di incremento del patrimonio abitativo;b) incrementi premiali di diritti edificatori finalizzati alla dotazione di servizi,

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spazi pubblici e di miglioramento della qualità urbana, nel rispetto delle aree necessarie per le superfici minime di spazi pubblici o riservati alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggi di cui al decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444; c) provvedimenti mirati alla riduzione del prelievo fiscale di pertinenza comunale o degli oneri di costruzione; d) la costituzione di fondi immobiliari di cui al comma 3, lettera a) con la possibilità di prevedere altresì il conferimento al fondo dei canoni di locazione, al netto delle spese di gestione degli immobili; e) la cessione, in tutto o in parte, dei diritti edificatori come corrispettivo per la realizzazione anche di unità abitative di proprietà pubblica da destinare alla locazione a canone agevolato, ovvero da destinare alla alienazione in favore delle categorie sociali svantaggiate di cui al comma 2. 6. I programmi di cui al comma 4 sono finalizzati a migliorare e a diversificare, anche tramite interventi di sostituzione edilizia, l'abitabilità, in particolare, nelle zone caratterizzate da un diffuso degrado delle costruzioni e dell'ambiente urbano.".

(78) In questo senso, A. Bartolini, I diritti edificatori in funzione premiale (le cd. premialità edilizie), cit., in Giust. Amm., 166.

(79) A. Bartolini, I diritti edificatori in funzione premiale (le cd. premialità edilizie), cit., in Giust. Amm., 167.

(80) Le espressioni sono di A. Bartolini, I diritti edificatori in funzione premiale (le cd. premialità edilizie), cit., in Giust. Amm., 167.

(81) A. Bartolini, Profili giuridici del cd. credito di volumetria, cit. 309, afferma che per derogare a tale disciplina e trasferire fuori zona la cubatura è necessaria una specifica previsione normativa nazionale e/o regionale, nel rispetto comunque della predeterminazione delle aree di atterraggio la cui individuazione non può essere lasciata al privato cessionario.

(82) Il testo originario della disposizione era "per garantire certezza alla circolazione dei diritti edificatori, all'art. 2643, comma 1, c.c. dopo il numero 2) è inserito il comma seguente: 2bis) i contratti che trasferiscono diritti edificatori comunque denominati nelle normative regionali e nei conseguenti strumenti di pianificazione territoriale, nonché nelle convenzioni urbanistiche ad essi relative".

(83) L'art. 5 della L. n. 106 del 2011 dispone ai commi successivi: "10. Gli interventi di cui al comma 9 non possono riferirsi ad edifici abusivi o siti nei centri storici o in aree ad in edificabilità assoluta, con esclusione degli edifici per i quali sia stato rilasciato il titolo abilitativo edilizio in sanatoria. 11. Decorso il termine di cui al comma 9, e sino all'entrata in vigore della normativa regionale, agli interventi di cui al citato comma si applica l'articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 anche per il mutamento delle destinazioni d'uso. Resta fermo il rispetto degli standard urbanistici, delle altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell'attività edilizia e in particolare delle norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie, di quelle relative all'efficienza energetica, di quelle relative alla tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, nonché delle disposizioni contenute nel codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42. 12. Le disposizioni dei commi 9, 10 e 11 si applicano anche nelle Regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con le disposizioni degli statuti di autonomia e con le relative norme di attuazione. 13. Nelle Regioni a statuto ordinario, oltre a quanto previsto nei commi precedenti, decorso il termine di sessanta giorni (dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto,) e sino all'entrata in vigore della normativa regionale, si applicano, altresì, le seguenti disposizioni: a) è ammesso il rilascio del permesso in deroga agli strumenti urbanistici ai sensi dell'articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 anche per il mutamento delle destinazioni d'uso, purché si tratti di destinazioni tra loro compatibili o complementari; (b) i piani attuativi, come denominati dalla legislazione regionale, conformi allo strumento urbanistico generale vigente, sono approvati dalla

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giunta comunale.) 14. Decorso il termine di 120 giorni (dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto,) le disposizioni contenute nel comma 9, fatto salvo quanto previsto al comma 10, e al secondo periodo del comma 11, sono immediatamente applicabili alle Regioni a statuto ordinario che non hanno provveduto all'approvazione delle specifiche leggi regionali. Fino alla approvazione di tali leggi, la volumetria aggiuntiva da riconoscere quale misura premiale, ai sensi del comma 9, lettera a), è realizzata in misura non superiore complessivamente al venti per cento del volume dell'edificio se destinato ad uso residenziale, o al dieci per cento della superficie coperta per gli edifici adibiti ad uso diverso. Le volumetrie e le superfici di riferimento sono calcolate, rispettivamente, sulle distinte tipologie edificabili e pertinenziali esistenti ed asseverate dal tecnico abilitato in sede di presentazione della documentazione relativa al titolo abilitativo previsto.".

(84) Sia consentito un richiamo al mio Dalla cessione di cubatura alle operazioni sui crediti di cubatura: evoluzione o mutazione del diritto, cit., 339-438, in ordine alla ricostruzione delle ipotesi dogmatiche formulate al proposito.

(85) G. Amadio espressa autorevolmente sinora solo verbalmente in numerosi interventi dall'Autore e pubblicata in questo volume con il titolo I diritti edificatori: la prospettiva del civilista. Nello stesso senso, B. Cretella, Trascrizione degli atti relativi a "diritti edificatori" (cd. cessione di cubatura o di volumetria), in Gazzetta Notarile, 2011 481. Una soluzione per così dire eterodossa è proposta da G. A. Di Vita, Riflessioni sul tema cessione di cubatura: una lettura provocatoria della novella, in Il Notaro, 2011 89 ss.

(86) Una tale considerazione sembra, invero, in contraddizione con la prospettiva di partenza secondo la quale appunto era proprio l'assenza di una specifica norma ad imporre la ricerca una ricostruzione dogmatica della volumetria quale "bene giuridico" in sé, idonea ad impedire la violazione del principio del numerus clausus dei diritti reali. Inoltre, è la legge a dettare lo statuto del bene; senza la norma sarebbe difficile immaginare la trascrizione degli atti circolatori aventi ad oggetto la cubatura in volo.

(87) Si pensi all'ipotesi della demolizione e successiva ricostruzione con diversa sagoma di un edificio preesistente.

(88) In tutti gli atti notarili, ad esempio, la struttura lessicale "vendo la mia casa di abitazione sita in …" sottintende evidentemente proprio il trasferimento del diritto di proprietà che ha ad oggetto la casa di abitazione stessa. Ebbene, in questo caso, il trasferimento della cubatura sottintende il trasferimento del diritto di proprietà del bene "cubatura", "diritti edificatori" o "volumetria", che dire piaccia.

(89) Di recente con meditata valutazione nello stesso senso sul punto, A. Gambaro, I beni, in Trattato di dir. civ. e comm. A. Cicu, F. Messino e L. Mengoni, 2012, 126 ss.; nonché E. Bergamo, La cessione dei diritti edificatori, in Il Corriere del merito, 2012, 2, 119. Criticamente sul punto, invece, F. Gazzoni, Cessione di cubatura, "volo" e "trascrizione", in www.judicium.it, pubblicato appena in occasione della rilettura delle bozze del presente contributo; va subito segnalato, in estrema sintesi, (in contrasto con l'affermazione di quest'ultimo Autore secondo la quale "non si comprende quale ruolo possa o debba svolgere la trascrizione") che invece il ruolo della trascrizione nella circolazione dei diritti edificatori è senz'altro rilevante proprio perché consente l'emersione dei profili civilistici che sono ineludibili in una fattispecie composita e complessa nella quale, altrimenti, l'accordo tra le parti diverrebbe meramente ancillare, con un'eccessiva, conseguente enfatizzazione delle regole proprie del diritto amministrativo. Pur criticando aspramente l'impostazione di chi (Amadio) reputa il diritto edificatorio un nuovo diritto reale tipico, non giunge a definirlo se non come "un mostruoso ircocervo giuridico", esprimendo con ciò il disagio dello studioso dinanzi ad una nuova costruzione giuridica del legislatore e evitando in buona sostanza di effettuare una scelta di campo.

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(90) Il riferimento è proprio all'aver vissuto quasi in diretta con alcuni amici la nascita della disposizione.

(91) Con la sola eccezione del riferimento ai diritti del concedente e dell'enfiteuta in cui il plurale riguarderebbe proprio la diversità del diritto del direttario e dell'utilista.

(92) Sul punto, M. Leo, Il trasferimento di cubatura, cit., 671, P. Urbani, Conformazione della proprietà diritti edificatori e moduli di destinazione d'uso dei suoli, cit., 908.

(93) In questo senso, M. Leo, Il trasferimento di cubatura, cit., 671.

(94) Tale disposizione manca nel codice civile del 1865 nel quale l'art. 406 così recitava: tutte le cose che possono formare oggetto di proprietà pubblica o privata sono beni immobili o mobili".

(95) F. Santoro Passarelli, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, 1989, 55.

(96) M. Leo, Il trasferimento di cubatura, cit., 672; S. Cervelli, I diritti reali, cit., 1.

(97) In questo senso, S. Cervelli, I diritti reali, cit., 1. Ricorda C.M. Bianca, Diritto civile, 6, La proprietà, cit., 54, che alle nozioni di bene e cosa corrispondono i termini bona e res delle fonti romane; la prima rileva per il suo valore intrinseco economico, al netto delle passività.

(98) L'espressione è di F. Santoro Passarelli, Dottrine generali del diritto civile, cit., 55, il quale aggiunge che i beni devono poi essere suscettibili di appropriazione atteso che un bisogno umano quale l'aria e l'acqua fluente proprio perché comune a tutti non può formare oggetto di rapporto giuridico.

(99) C.M. Bianca, Diritto civile, 6, La proprietà, cit., 50.

(100) Secondo F. Santoro Passarelli, Dottrine generali del diritto civile, cit., 56, la proprietà e gli altri diritti reali che dalla res si chiamano reali hanno ad oggetto una porzione della materia e si distinguono dagli altri diritti soggettivi appunto per il fatto che "pur indicendo, come ogni altro diritto, una relazione fra soggetti, investono direttamente la res" tanto che la generalità degli altri soggiace ad un obbligo secondario di astensione. L'oggetto degli altri diritti è invece non una cosa ma un comportamento del soggetto passivo (come nel diritto di credito) o del soggetto attivo (come nel diritto potestativo), anche se serve per procurare una cosa.

(101) L'art. 812 c.c. definisce beni immobili il suolo, le sorgenti e i corsi d'acqua gli alberi gli edifici e le altre costruzioni anche se unite al suolo a scopo transitorio, e in genere tutto ciò che è incorporato al suolo. Al secondo comma statuisce che sono altresì reputati immobili i mulini, i bagni e gli altri edifici galleggianti quando sono saldamente assicurati alla riva o all'alveo e sono destinati ad esserlo in modo permanente per la loro utilizzazione.

(102) M. Leo, Il trasferimento di cubatura, cit., 699 ss.

(103) Al pari delle altre unità di misura (litri, grammi, chilometri, metri e così via) il rapporto matematico tra i metri quadrati di superficie del lotto e i metri cubi di costruzione edificabili sul medesimo, è la misura della cubatura e non la cubatura essa stessa. Solo superando un tale equivoco, è possibile affermare che la cubatura è essa stessa bene in senso giuridico.

(104) C.M. Bianca, Diritto civile, 6, La proprietà, cit., 54, afferma che beni sono tutte le entità fisiche o ideali idonee a costituire oggetto di diritto; le cose sono invece i beni corporali.

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(105) Tale opinione è stata sostenuta da G. Rizzi, I crediti edilizi: l'esperienza della Legge Regione Veneto n. 11 del 2004, cit., 12; l'Autore, partendo da un'indagine approfondita delle norme che disciplinano la materia delle operazioni su volumetria nella Regione Veneto nella quale Egli vive ed opera, trae le conclusioni della sua analisi tentando di delineare alcune linee in ordine alla definizione della natura giuridica della fattispecie; innanzi tutto afferma che il credito edilizio non può esser certo ricondotto ad alcuna fattispecie di diritti reali tipici atteso che nel caso di specie anche il ricorso alla servitù (o ad altro diritto reale tipico) apparirebbe vano, in considerazione del fatto che la cubatura edificabile che il credito edilizio stesso rappresenta "perde ogni collegamento con il bene immobile oggetto dell'intervento o della cessione che ha determinato il credito medesimo, potendo lo stesso circolare ed essere negoziato in maniera autonoma" (12); aggiunge poi che la fattispecie non può assumere una colorazione esclusivamente obbligatoria e che in realtà la "prestazione cui ha diritto il titolare del credito (consistente nella possibilità di utilizzare un determinata quantità volumetrica ai fini edilizi) sia suscettibile di valutazione economica"; è evidente infatti che non mancano i profili di realità: 1) "titolare di detto credito non può che essere il proprietario di un immobile oggetto di uno degli interventi di riqualificazione urbanistico/ambientale; 2) il credito per la sua realizzazione presuppone la titolarità in capo al creditore di un immobile" "nel quale riversare la quantità volumetrica riconosciuta dal credito". Attese tali premesse, l'Autore afferma quindi che il credito edilizio è un diritto atipico di natura reale, posta la non unanime adesione al principio del numero chiuso dei diritti reali, che tuttavia la Suprema Corte ha dimostrato di preferire con la pronuncia citata n. 6807/88 pubblicata in Nuova giur. comm., 1989, I, 372, con nota M. Costanza con nota (anepigrafa), già cit., affermando che nella cessione di cubatura si è in presenza di un trasferimento diritto reale immobiliare. Invero, dalla lettura dello studio di Giovanni Rizzi emerge chiaramente il tentativo di superare il muro che separa la concezione (pur gravida di incognite) della cubatura quale diritto reale atipico dalla cubatura quale bene in sé, bene, dotato di una sua apprezzabilità economica, che può, a sua volta, costituire oggetto di diritti reali ovvero, secondo la prospettazione delle parti, di un rapporto obbligatorio, impostazione che a tacer d'altro incontra a suo favore non solo il dato normativo, ma anche il sentire comune. L'Autore avverte infatti la forte esigenza che la cubatura sia destinata a circolare in modo autonomo; inoltre, la qualificazione del credito edilizio "in termini di diritto reale atipico" (18) consegue ad un'attività interpretativa di una situazione giuridica che concerne la materia urbanistica che ben rientra nella competenza concorrente del legislatore regionale al quale spetta la regolazione del governo del territorio (art. 117, terzo comma, Cost.). Ad una tale ricostruzione, che rievoca nella materia della compensazione e della perequazione il ricorso allo schema del diritto reale atipico, pur nella meritevolezza delle istanze che la motivano, non è di impedimento l'eventuale deroga al principio del numero chiuso, quanto la regola che nega alle facoltà l'autonomia del diritto cui attengono. È inaccettabile, infatti, ammettere che le singole facoltà possano essere rese autonome e trasferite quali specifici diritti reali, dotati di vita propria e proprie regole di circolazione. Il diritto di proprietà non è, in realtà, un fascio di facoltà autonome separabili, ma un diritto pieno ed unitario che può essere compresso per effetto della costituzione di diritti reali parziali per poi riespandersi a seguito della loro estinzione.

(106) F. Patti e F. Russo, La cessione di cubatura tra diritto privato e diritto pubblico, cit., 1686, i quali distinguono il caso della concentrazione di cubatura, dal caso della cessione in senso tecnico nel quale oggetto del trasferimento è la cubatura in sé, quale autonomo oggetto del rapporto tra le parti, al quale si accompagna una servitù di non edificazione corrispondente alla misura di volumetria rinunciata dal cedente. Gli Autori sottolineano poi che la cessione di cubatura costituisce un'indubbia operazione socialmente utile, in grado di soddisfare variegati interessi pubblici e privati. Nello stesso senso di recente R. Conti (a cura di), La proprietà e i diritti reali minori, cit., 422 il quale sostiene che non vi è alcun conflitto tra cubatura e principio del numero chiuso dei diritti reali; la cubatura infatti non è un diritto ma l'oggetto di esso: "è il bene giuridico economicamente apprezzabile che può formare oggetto di un diritto reale ovvero di un rapporto obbligatorio". Secondo P. Urbani, Conformazione della proprietà diritti edificatori e moduli

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di destinazione d'uso dei suoli, cit., 908, l'impossibilità di qualificare il diritto edificatorio come diritto reale, sganciato dalla proprietà dell'area, come diritto reale, per la tipicità di essi, ha condotto a valutare la fattispecie "in termini di bene immateriale e si è coniata la formula del credito edilizio o volumetrico ricorrendo in luogo del contratto di trasferimento della volumetria al contratto con effetti obbligatori"; creditore sarebbe il privato titolare del diritto edificatorio debitrice l'amministrazione comunale tenuta ad adempiere l'obbligazione; può, invero, obiettarsi a tale ultima impostazione che la reificazione dei diritti edificatori importa la loro soggezione ad un diritto soggettivo (reale o di credito), restando piuttosto sempre qualificabile come interesse legittimo la posizione nei confronti della pubblica Amministrazione. In tal modo non si urta alcuno dei principi portanti del nostro ordinamento giuridico. La configurazione che si accoglie permette di escludere che i contenziosi tra privato possano coinvolgere la pubblica Amministrazione, che è e resta arbitro della moneta urbanistica. Sulla questione del numero chiuso, diffusamente anche C.M. Bianca, Diritto civile, 6, La proprietà, cit., 133 ss.

(107) S. Pugliatti, Beni e cose in senso giuridico pubblicato nel volume Scritti giuridici, IV 1958-1964, Milano, 2011, 620.

(108) L'espressione è di S. Pugliatti, Beni e cose in senso giuridico, cit., 622.

(109) Sul punto S. Pugliatti, Beni immobili e beni mobili pubblicato nel volume Scritti giuridici, V 1965-1996, Milano, 2011, 692, al quale appartiene l'espressione virgolettata.

(110) In questo senso, S. Pugliatti, Beni immobili e beni mobili, cit., 692.

(111) In questo senso, S. Pugliatti, Beni immobili e beni mobili, cit., 694.

(112) È ipotizzabile in questo senso che la cubatura in quanto bene immateriale di origine immobiliare possa costituire oggetto di usufrutto ed anche di possesso. La qualcosa non deve destare perplessità ben potendo anche le energie costituire oggetto di possesso.

(113) Nessun dubbio anche in ordine alla divisibilità della cubatura tra la pluralità di aventi causa.

(114) F. Patti e F. Russo, La cessione di cubatura tra diritto privato e diritto pubblico, cit., 1689, affermano che se la circolazione del bene cubatura potrà essere attuata con il ricorso a schemi negoziali aventi una struttura e caratteri squisitamente privatistici, il suo godimento è piuttosto "strettamente legato all'intervento della a. e si realizza al momento in cui emana il provvedimento abilitativo della costruzione".

(115) Si tratta della pronuncia n. 44/89 del 22 ottobre 1991 della Corte di Giustizia.

(116) Il riferimento è al giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale di cui alla sentenza 10-11 dicembre 1998, n. 398, in G.U., I serie spec., 16 dicembre 1998, n. 50, 11. La quota latte è definita dal Giudice delle Leggi quale un bene immateriale suscettibile di costituire l'oggetto di negozi di trasferimento separatamente dal complesso aziendale al quale inerisce. Nello stesso senso, sentenza n. 100 del 26 marzo 6 aprile 1998, in G.U., I serie spec., 15 aprile 1998, che in particolare afferma che la disciplina delle quote latte non tocca e non altera in alcun modo i rapporti giuridici tra proprietario ed affittuario, a vantaggio dell'uno o dell'altro, ma concerne esclusivamente la regolamentazione dei quantitativi di produzione e la legittimazione al compimento degli atti relativi.

(117) Si tratta di una fattispecie regolata dal Regolamento del 18 febbraio 1980, n. 456/80, diretto ad incentivare l'abbandono definitivo o temporaneo delle superfici vinicole, che aveva previsto a favore di coloro che sceglievano la formula dell'abbandono temporaneo, il diritto a procedere al reimpianto delle viti dopo otto campagne vitivinicole; il regolamento del 16 marzo 1987, n. 822/87, nel vietare ogni nuovo impianto di viti stabiliva poi che il diritto al reimpianto può essere esercitato su una superficie

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equivalente a quella oggetto di estirpazione dello stesso fondo o del fondo altrui purché destinato alla produzione di vini di qualità prodotti in regioni determinate (v.q.p.r.d.).

(118) Artt. 46 ss. Regolamento CE n. 1782 del 2003 Regolamento CE n. 795 del 2004 e art. 10 D.M. 5 agosto 2004.

(119) È fatta eccezione per la successione o l'anticipo di successione.

(120) Sul punto M. L. Mattia, Appunti sul regime di trasferimento dei diritti all'aiuto previsti dal regolamento Ce n. 1782/2003 nell'ambito della riforma della politica agraria comune, Studio n. 2-2007 della Commissione Studi Comunitari del Consiglio Nazionale del Notariato approvato il 2 febbraio 2007 e pubblicato sul Notiziario il 21 maggio 2007.

(121) R. Conti (a cura di), La proprietà e i diritti reali minori, cit., 427.

(122) A. Bartolini, I diritti edificatori in funzione premiale (le cd. premialità edilizie), cit., in Giust. Amm., 167, da un lato, afferma che i diritti edificatori costituiscono "una situazione soggettiva attinente alla dimensione quantitativa di una facoltà insita nel diritto di proprietà", dall'altro, si limita ad aggiungere che il diritto edificatorio "riguarda un bene della vita oggetto della disciplina del potere di piano", che in mancanza di un espresso divieto, "può essere liberamente commerciabile, trattandosi di diritti personali e non reali naturalmente". Il proficuo risultato sino ad ora raggiunto parrebbe a questo punto privo di utili effetti concreti e sembrerebbe essere stato ricondotto in un alveo gravido di dubbi se si afferma che per un verso la cubatura è un bene della vita e, per altro, che essa può essere liberamente commerciabile, trattandosi di un diritto personale e non reale; in realtà, seguendo una tale impostazione dogmatica, si sovrappone il bene - cubatura al diritto che si esercita su di essa, che invero a sua volta può essere reale o personale.

(123) L'espressione è di A. Bartolini, I diritti edificatori in funzione premiale (le cd. premialità edilizie), cit., in Giust. Amm., 167.

(124) Sulla questione delle categorie ordinanti, A. Gambaro, I diritti reali come categoria ordinante, in Trattato dei diritti reali a cura di A. Gambaro e U. Morello, 1, Proprietà e possesso, op. cit., 3 ss., A. Guarnieri, Diritti reali e diritti di credito, in Trattato dei diritti reali a cura di A. Gambaro e U. Morello, 1, Proprietà e possesso, cit., 29; Id., Le categorie ordinanti nel diritto civile (a proposito di Rodolfo Sacco, Il fatto, l'atto, il negozio), in Riv. dir. civ., 2007, 547; R. Sacco, Il fatto, l'atto, il negozio, in Trattato di diritto civile diretto da R. Sacco, Torino, 2005.

(125) A. Guarnieri, Diritti reali e diritti di credito, cit., 42, ricorda la concezione classica dei diritti reali caratterizzata dal rapporto giuridico intercorrente tra titolare ed omnes, obbligati ad astenersi da ogni ingerenza sul bene, sino a giungere nel distinguere il diritto reale dal diritto di credito in virtù della bipartizione immediatezza/mediatezza e assolutezza / relatività e sottolinea, ricordando la rivisitazione offerta da M. Giorgianni (nella celebre voce Diritti reali (diritto civile), in Nuov. Dig. It., Torino, 1968, V, 748), che "un punto di debolezza dell'antitesi è stato costituito in passato dall'elenco sempre variabile dei diritti reali"; aggiunge, poi, lo stesso Autore che vanno ricordati anche i tentativi, soprattutto provenienti dalle dottrine tedesca e francese dirette a costruire una categoria intermedia tra diritti reali e diritti di credito, motivata dall'esigenza di allocare in modo coerente al sistema alcune ipotesi del tutto peculiari (quali ad esempio il diritto del conduttore). In realtà, egli continua, è la tipicità stessa degli iura in re aliena a dimostrare la presenza di una crisi della ricordata bipartizione tra diritti reali e di credito proprio perché i diritti su cosa altrui paiono semplicemente destinati ad essere riassorbiti nell'alveo di una proprietà che nel disegno codicistico appare essere libera da pesi, vincoli ed oneri di sorta. Si determina in tale modo un avvicinamento tra il diritto in alienis e il diritto obbligatorio che trova timido spazio nel nostro ordinamento (si pensi all'obbligo di miglioramento del fondo da parte dell'enfiteuta, il cui adempimento deve essere letto alla luce del criterio di cui all'art. 1176 c.c.), seppur già riconosciuto con maggiore ampiezza

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in altri ordinamenti, come nel BGB che secondo gli interpreti permette l'applicazione ai diritti reali su cosa altrui del diritto delle obbligazioni [par. 269] del tempo dell'adempimento [par. 271], della mora del creditore [par. 293] e della responsabilità del debitore per il fatto commesso da chi lo sostituisce nell'adempimento o ancora nell'art. 7 del codice svizzero che dispone che le regole del diritto delle obbligazioni relative alla conclusione, agli effetti ed all'estinzione dei contratti possono essere applicabili anche alle altre materie del diritto civile o infine l'art. 308 del codice cubano che estende le regole in tema di obbligazioni ai rapporti tra nudo proprietario e titolare di un diritto su cosa altrui.

(126) Anche i beni immateriali possono formare oggetto di diritti assoluti, anche se per la particolare natura del loro oggetto ne differiscono in modo rilevante nell'esercizio; in tal senso, secondo una autorevole impostazione (F. Santoro Passarelli, Dottrine generali del diritto civile, cit., 55) non può correttamente parlarsi di proprietà letteraria o industriale. È, tuttavia, vero che la i diritti edificatori costituiscono un bene diverso da questi ultimi.

(127) A. Bartolini, I diritti edificatori in funzione premiale (le cd. premialità edilizie), cit., in Giust. Amm., 168, riconduce i crediti di volumetria nell'alveo dei rapporti aventi natura obbligatoria. Critica, poi, una visione bifronte della situazione giuridica in esame, A. Bartolini, Profili giuridici del cd. credito di volumetria, cit., 304, il quale osserva che una siffatta soluzione appare artificiosa, doppiando una situazione soggettiva unitaria, in un diritto edificatorio che riguarda l'astratta titolarità e nell'interesse legittimo che riguarderebbe la legittimazione ad esercitare il diritto; ed aggiunge che un tale sdoppiamento, "utile dal punto di vista logico", non appare "perseguibile sotto un profilo giuridico, atteso che di diritto edificatorio si potrà parlare solo laddove sia stato rilasciato il titolo ampliativo, il quale consentirà di esercitare concretamente l'astratto diritto che in realtà è un interesse legittimo pretensivo". La posizione dell'Autore in tale ultimo suo contributo risente della carenza del dato positivo, al tempo della sua redazione dato che è stato integrato, come ricordato a far tempo solo dal 2007.

(128) C.M. Bianca, Diritto civile, 6 La proprietà, cit., 24, qualifica l'interesse legittimo, interesse alla legittimità degli atti amministrativi; nei diritti soggettivi l'interesse del soggetto è tutelato direttamente in via autonoma, laddove negli interessi legittimi la tutela è in via indiretta solo mediante il potere di impugnativa degli atti illegittimi, dinanzi al giudice amministrativo.

(129) A. Bartolini, Profili giuridici del cd. credito di volumetria, cit., 310.

(130) A. Bartolini, Profili giuridici del cd. credito di volumetria, cit., 311, propone l'introduzione di un limite quinquennale.

(131) L'inquadramento della fattispecie di volta in volta all'esame dell'interprete in termini di realità o obbligatorietà non è scevra di effetti; sulla questione diffusamente A. Guarnieri, Diritti reali e diritti di credito, cit., 54 ss.; in particolare, senza pretese di esaustività, nelle due ipotesi mutano le regole di circolazione, le tecniche di rinuncia al diritto, le ipotesi di estinzione (confusione per i diritti di credito e consolidazione per i diritti reali) le regole di protezione sul piano della tutela aquiliana e sul piano possessorio, ed infine le regole processuali. È, poi, discusso se l'atto emulativo, l'abuso del diritto, la funzione sociale e le regole di correttezza siano indistintamente applicabili ad ambedue le categorie.

(132) G. Amadio, in La teorica degli effetti preliminari tra fattispecie e situazioni giuridiche soggettive in corso di pubblicazione ricorda a p.17 del testo dattiloscritto del contributo, ricco di innumerevoli, proficui spunti che "il passaggio da una sistematica incentrata sul paradigma del diritto soggettivo a una considerazione comprensiva di pluralità di schemi mediante i quali la norma formalizza le diverse posizioni di interesse soggettivo che giudica meritevoli di protezione, attribuendo ad esse giuridica rilevanza" e che "il risultato più importante di tale processo evolutivo la consistenza effettiva della cubatura, gli indici di adeguamento della stessa in funzione dei fondi riceventi, nonché il suo eventuale

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contenuto temporale (previsione di scadenze per la fruizione della cubatura o una modulazione della stessa in funzione inversamente proporzionale al decorso del tempo) ed, infine, gli oneri ai quali è subordinata la fruizione del diritto edificatorio." Aggiunge che " aver riconquistato completa autonomia alla situazione pendente, liberandola dal vincolo di strumentalità esclusiva, e dunque di dipendenza da quella finale,rappresentata dal diritto soggettivo pieno".

(133) In questo senso, S. Pugliatti, Beni immobili e beni mobili, cit., 694.

(134) In considerazione della maggiore capacità di autonomia dell'interprete e del pratico in ordine alla determinazione del contenuto del bene.

(135) In relazione alla migliore ed agevolata tassazione.

(136) Il riferimento è alla pronuncia del Consiglio di Stato, sez. IV, 6 luglio 2010 n. 4333, in Ced Cassazione.

(137) L'espressione è di G. Musolino, L'usufrutto, Torino, 19 il quale ricorda il brocardo "competit ex causa proprietatis et conjunctus est cum causa". Nello stesso senso, G. Musolino, Usufrutto e proprietà, in Riv. Not., 2011, 1321.

(138) G. Musolino, L'usufrutto, cit., 19; Id., Usufrutto e proprietà, cit., 1329.

(139) In questo senso, G. Musolino, L'usufrutto, cit., 20; Id., Usufrutto e proprietà, cit., 1329-1330.

(140) Rubino, L'ipoteca, Milano, 159.

(141) L'espressione "mobili frontiere dei diritti reali" è di A. Guarnieri, Diritti reali e diritti di credito, cit., 61. Sulla questione dello smembramento del diritto reale U. Mattei, Regole sicure Milano, 2006, in part. 234 ss. Di una tale difficoltà è espressione il richiamo all'atto ricognitivo di cui all'art. 1988 c.c. la cui applicazione, secondo un'impostazione ristretta ai soli diritti di credito, andrebbe alla luce di una diversa lettura, ora estesa anche ai diritti reali. In tale ultimo senso, sia pure non in modo completo, di recente Cass. 13 ottobre 2004, n. 20198, in I contratti, 2005, 437, con nota di A. Valentini, Efficacia della dichiarazione ricognitiva di diritti reali su beni immobili.

(142) P. Urbani, Conformazione della proprietà diritti edificatori e moduli di destinazione d'uso dei suoli, cit., 908, paventa un proliferare dei contenziosi contro la pubblica Amministrazione ed un depotenziamento del suo ruolo, soprattutto in ipotesi di cd. perequazione estesa. Può obiettarsi che adottando, invece, la diversa impostazione che qui si accoglie, con l'enfatizzazione del ruolo antiprocessuale del notaio, un tale rischio è senz'altro limitato.

(143) Si riporta per comodità di lettura il testo contenuto nel d.l. prima della conversione "2bis) i contratti che trasferiscono diritti edificatori comunque denominati nelle normative regionali e nei conseguenti strumenti di pianificazione territoriale, nonché nelle convenzioni urbanistiche ad essi relative".

(144) L'inquadramento della fattispecie di volta in volta all'esame dell'interprete in termini di realità o obbligatorietà non è scevra di effetti; sulla questione diffusamente A. Guarnieri, Diritti reali e diritti di credito, cit., 54 ss.; in particolare, senza pretese di esaustività, nelle due ipotesi mutano le regole di circolazione, le tecniche di rinuncia al diritto, le ipotesi di estinzione (confusione per i diritti di credito e consolidazione per i diritti reali) le regole di protezione sul piano della tutela aquiliana e sul piano possessorio, ed infine le regole processuali. È, poi, discusso se l'atto emulativo, l'abuso del diritto, la funzione sociale e le regole di correttezza siano indistintamente applicabili ad ambedue le categorie.

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(145) Il riferimento è al testo delle commissioni riunite V (Bilancio, tesoro e programmazione) e VI (Finanze) alla data del 7 giugno 2011.

(146) R. Conti (a cura di), La proprietà e i diritti reali minori, cit., 427.

(147) N. A. Cimmino, La cessione di cubatura nel diritto civile, cit., 1143; M. Leo, Il trasferimento di cubatura, cit., 671.

(148) F. Patti e F. Russo, La cessione di cubatura tra diritto privato e diritto pubblico, cit., 1688; R. Conti (a cura di), La proprietà e i diritti reali minori, cit., 427. Si tratterebbe dello scambio tra cubatura ed unità immobiliari da realizzare in forza della volumetria ampliata.

(149) Sulla questione della compravendita con riserva di proprietà M. Leo e A. Ruotolo, Vendita con riserva di proprietà e comunione legale dei beni, in Studi e materiali, VI.1, Milano, 2001, 197.

(150) A. Luminoso, I contratti tipici e atipici, cit., 102; A. Rizzieri, La vendita obbligatoria, Milano, 2000, 85.

(151) La questione del conferimento della cubatura in società di capitali, soprattutto in sede di costituzione appare meno problematica per le società a responsabilità limitata laddove nell'art. 2464 c.c. è espressamente statuito al secondo comma che possano essere conferiti appunto tutti gli elementi dell'attivo suscettibili di valutazione economica. E la cubatura intesa quale bene è certamente un elemento dell'attivo suscettibile di valutazione economica.

(152) F. Patti e F. Russo, La cessione di cubatura tra diritto privato e diritto pubblico, cit., 1688, ricordano che nei negozi aventi ad oggetto la cubatura, intesa quale bene in sé "potrà essere introdotto l'elemento accidentale della condizione che appare quasi necessario nella fattispecie permutativa", ed inoltre che la condizione è elemento accidentale essenziale solo nell'ipotesi del contratto di permuta mancare in tutti gli altri casi in cui la cubatura formi oggetto di attività negoziale (in via esemplificativa, la cessione onerosa o gratuita, la datio in solutum, il conferimento sociale e così via).

(153) R. Conti (a cura di), La proprietà e i diritti reali minori, cit., 427.

(154) Ed aggiunge John Maynard Keines (in National Self Sufficiency, in The Yale Review XXII (1933) n. 4 755 tratto dalla traduzione italiana del volume Come uscire dalla crisi, a cura di P. Sabatini, Laterza, Roma - Bari, 2009, 101 ss.) che "tale fine le amministrazioni pubbliche promuovono e sostengono, per quanto di rispettiva competenza, apposite attività di conoscenza, informazione e formazione, riqualificazione e fruizione del paesaggio nonché, ove possibile, la realizzazione di nuovi valori paesaggistici coerenti ed integrati".

(155) Ricorda che "invece di utilizzare l'immenso incremento delle risorse materiali e tecniche per costruire la città delle meraviglie, abbiano creato ghetti e bassifondi; e si ritiene che sia giusto così perché fruttano mentre - in the imbecile idiom of the financial fashion - la città delle meraviglie potrebbe ipotecare il futuro. Questa regola autodistruttiva di calcolo finanziario governa ogni aspetto della vita. Distruggiamo le campagne perché le bellezze naturali non hanno valore economico. Saremmo capaci di fermare il sole e le stelle perché non ci danno alcun dividendo".

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LA CESSIONE DI DIRITTI EDIFICATORI

Bergamo Elio

D.L. 13-05-2011, n. 70

c.c. art. 2643

L. 12-07-2011, n. 106

FONTE Corriere Merito, 2012, 2, 119

Sommario: La fonte normativa e la "perequazione" - Cessione di cubatura e cessione di diritti edificatori - Possibili sviluppi - Natura giuridica e aspetti problematici - Conseguenze pratiche - Come si trascrive il contratto

La fonte normativa e la "perequazione"

La legge 12 luglio 2011, n. 106 di conversione del D.L. 13 maggio 2011, n. 70, concernente Semestre Europeo - Prime disposizioni urgenti per l'economia, al comma 3 dell'art. 5, la legge n. 106 prescrive che : "per garantire certezza nella circolazione dei diritti edificatori all'art. 2643 c.c., dopo il n. 2) è inserito il seguente: 2 bis. i contratti che trasferiscono, costituiscono o modificano i diritti edificatori comunque denominati, previsti da normative statali o regionali, o da strumenti di pianificazione territoriale".

La norma, apparentemente meramente descrittiva, prevedendo la possibilità di trascrivere i contratti aventi ad oggetto diritti edificatori apre la possibilità ad un grande sviluppo del settore immobiliare.

A seguito della novella, se Tizio e Caio sono proprietari di due terreni (anche non confinanti) e su quello di Caio sono edificabili 900 metri cubi, Caio potrà ad esempio limitare la propria costruzione a 700 metri cubi e vendere o donare i 200 metri cubi residui a Tizio il quale, con il permesso del Comune, potrà sfruttarli sul proprio fondo; e, ed qui la novità, chiunque comprerà il lotto dal quale la volumetria è stata "prelevata" sarà reso avvertito, dalla lettura dei registri immobiliari, che si tratta di un fondo a capacità edificatoria nulla o ridotta. (1)

Più in generale, la norma in questione sdogana, sotto il profilo civilistico, la fattibilità concreta della pianificazione urbanistica impostata sul principio della cosiddetta "perequazione": con questo sistema, in sintesi, viene impresso a ogni metro quadrato di territorio comunale, senza distinzioni, un indice volumetrico standard, di modo che il proprietario del fondo che sia destinato a non essere edificato (perché ad esempio è un'area di uso pubblico o a verde) possa cedere la sua virtuale edificabilità a quel proprietario cui invece la pianificazione comunale consente di costruire. Realizzando in tal modo una completa equiparazione tra cittadini beneficiati dai "retini" del pianificatore comunale e cittadini invece titolari di fondi privi di capacità edificatoria. In concreto, però, l'acquirente potrà usare la volumetria se gli strumenti urbanistici comunali lo consentono. (2)

Cessione di cubatura e cessione di diritti edificatori

È interessante quindi tentare di comprendere se, al di là del diverso nomen iuris, "cessione di cubatura" e "cessione di diritti edificatori" siano due fenomeni giuridici diversi.

Il tema dei diritti edificatori non può essere risolto con l'affermazione che si tratta di un vecchio istituto - la cessione di cubatura - rivestito a nuovo in quando tra cessione di cubatura e diritti edificatori vi sono significative differenze che affondano le proprie origini

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nella radicale diversità che la pianificazione del territorio ha oggi assunto con l'istituto della perequazione. (3)

Nella cessione di cubatura il cedente rinuncia a realizzare la cubatura attribuita al proprio fondo per trasferirla su un altro fondo; ne discende che, affinché possa realizzarsi la cessione di cubatura, debbono essere sempre individuati il fondo del cedente e quello del cessionario.

Invece, i diritti edificatori attribuiti ad un soggetto in seguito a perequazione, compensazione o incentivazione sono invece svincolati dalla titolarità di un fondo al quale collegarli. (4)

In concreto, al momento dell'attribuzione della volumetria il beneficiario dei diritti edificatori potrebbe, infatti, anche non essere proprietario di altro fondo su cui sfruttare la volumetria attribuitagli, avendo già ceduto al Comune l'area di sua proprietà e dovendosi, pertanto, limitare a mantenere i diritti edificatori in vista di un acquisto futuro o a cederli a terzi.

Inoltre, secondo un costante orientamento giurisprudenziale, la cessione di cubatura può avvenire soltanto tra aree comprese in una stessa zona, mentre i diritti edificatori possono costituire oggetto di negoziazione - laddove gli strumenti urbanistici perequativi lo ammettano - anche se generati da aree esterne ai comparti o tra aree comprese in comparti discontinui.

Possibili sviluppi

Prima del Dl Sviluppo, al risultato pratico di trasferire la cubatura da un fondo all'altro si giungeva mediante vari escamotage: quello più praticato era la costituzione di una servitù, mediante la quale veniva individuato come "fondo servente" quello gravato da un vincolo di inedificabilità (e cioè con il vincolo di non ospitare costruzioni di volumetria corrispondente a quella "ceduta") e come "fondo dominante" quello che acquisiva la capacità volumetrica inibita al fondo servente, il tutto ovviamente previo beneplacito comunale circa la possibilità di usare questa volumetria nel fondo dominante. (5)

Oggi si aprono scenari prima impensabili: la volumetria acquisita non deve essere legata da subito a un fondo specifico ma può restare in sospeso sino a quando il proprietario non abbia deciso quale sia il fondo nel quale sfruttarla concretamente. Non è quindi inimmaginabile uno scenario nel quale, qualora le transazioni aventi a oggetto la volumetria si facessero frequenti, si formi un vero e proprio "borsino" della volumetria, magari regolamentato, dove si possano incontrare finanzieri, intenzionati a investire in diritti volumetrici, e costruttori alla ricerca di volumetria per i propri interventi edificatori. (6)

Natura giuridica e aspetti problematici

Resta peraltro il problema della natura giuridica dei diritti edificatori.

Nuovo diritto reale? Facoltà del diritto di proprietà? Bene immateriale autonomo?

Probabilmente è da escludere la natura di nuovo diritto reale stante il principio del relativo numero chiuso, come anche è da escludere la possibilità che si sia resa autonoma una facoltà del diritto di proprietà perché anche in tal caso si sarebbe creato un nuovo diritto reale.

Non manca peraltro chi (7) ritiene che si tratterebbe di un diritto a metà strada tra la proprietà ed il diritto di superficie: a metà strada perché della proprietà il diritto edificatorio avrebbe alcune facoltà ma non il terreno che nel diritto edificatorio assumerebbe un rilievo solo per determinare la nascita e la spendita del diritto, e perché della superficie come diritto di fare e mantenere una costruzione al di sopra del suolo il

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diritto edificatorio avrebbe solo l'aspetto relativo al diritto di fare ma non anche quello del mantenere che è legato alla titolarità di un terreno sul quale il diritto possa essere speso. Il diritto edificatorio sarebbe il diritto di fare una costruzione, diritto distinto ed autonomo rispetto alla costruzione, per la cui realizzazione occorrerà il consolidamento del diritto edificatorio con il diritto di proprietà di un suolo. Il diritto reale di fare una costruzione consentirebbe, dunque, di staccare dal diritto di proprietà del terreno, dal quale il diritto edificatorio sorge, alcune facoltà che costituirebbero il contenuto di un diritto reale autonomo, il diritto edificatorio; diritto appunto di fare una costruzione, diritto che potrebbe liberamente circolare ma che necessiterebbe, per poter, poi, essere materialmente esercitato con l'effettuazione della costruzione, di consolidarsi con la proprietà di un terreno suscettibile secondo le previsioni di piano di essere edificato. (8)

L'opinione peraltro, seppur affascinante non persuade.

Di fatto si è solo inserito una nuova norma nell'ambito dell'art. 2643 sulla trascrizione, norma che non contempla solo i diritti reali, ma anche quelli personali di godimento.

La difficoltà maggiore nell'ammettere che la cubatura possa formare oggetto di diritti è legata alla impossibilità di immaginare che lo spazio aereo connesso alla proprietà del suolo possa essere oggetto di diritti separatamente dalla proprietà del suolo. Oggetto di diritti e, quindi, oggetto di trasferimento potrebbe essere solo la porzione di materia, la res corporalis; lo spazio non è una cosa, bensì il mezzo in cui si trova l'oggetto dei diritto.

Peraltro sono note le ricostruzioni effettuate e che hanno portato all'affermazione che la cubatura, in quanto tale, è in sé stessa bene in senso giuridico ed in quanto tale è un elemento idoneo a formare oggetto di diritto. Si è affermato, infatti, che la cubatura, quale bene giuridico autonomo, non urta con il principio del numero chiuso dei diritti reali, non costituendo essa stessa un diritto, bensì un bene in sé, bene, dotato di una sua apprezzabilità economica, che può costituire oggetto di accordo tra privati ed in particolare oggetto di diritti reali.

Si tratterebbe in specie di un bene immateriale di origine immobiliare, lecito, possibile e comunque astrattamente dotato delle caratteristiche di cui all'art. 1346 c.c. e quindi determinato o determinabile.

Nessun ostacolo si frapporrebbe, in tal caso, ad ammettere che la volumetria possa essere intesa quale bene autonomo in senso economico e di conseguenza costituire oggetto di diritto reali, qualsiasi forma e struttura abbia assunto il negozio.

Potendosi trascrivere nei registri immobiliari i contratti che hanno a oggetto il volume edificatori, si riconosce che la cubatura è un "bene" (evidentemente da collocare nella categoria dei beni immateriali, gli intangible assets, come il marchio, il know-how, la griffe, il software eccetera) e che, come tale, ai sensi dell'art. 810 c.c., può "formare oggetto di diritti". (9) Inoltre, in conseguenza del fatto che la volumetria può essere oggetto di un contratto e che, con ciò, essa diventa un vero e proprio "bene" (di natura probabilmente "immobiliare", anche se intangibile), non sembra lontano il giorno in cui la volumetria possa essere concessa in ipoteca, a garanzia del finanziamento che il suo proprietario (sia esso un costruttore oppure un "immagazzinatore" di cubatura) richieda a una banca (10).

Astrattamente i diritti edificatori potrebbero essere oggetto di vari diritti; oltre che del diritto di proprietà, per esempio, anche del diritto di usufrutto. Di fatto però così non può essere.

Cosa succederebbe, infatti, se, ceduto il diritto di usufrutto della cubatura, una volta realizzato l'immobile corrispondente, il diritto di usufrutto cessasse?!?

Verosimilmente si avrà accessione della costruzione al terreno.

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Resta da chiedersi, infine, in quanto tempo debba essere realizzata la cubatura acquistata con la perequazione e cosa succeda se - prima dell'edificazione - il Comune ne modifichi o ne limiti l'utilizzo con una variante al Prg; verosimilmente il rischio ricadrà per intero sull'acquirente. (11)

Conseguenze pratiche

L'inserimento della norma nel testo dell'art. 2643 c.c. vale a chiarire che la trascrizione è disposta a fini di opponibilità ai terzi e che, dunque, l'eventualità della c.d. doppia cessione di diritti edificatori vada risolta sulla base dei principi della trascrizione ai sensi dell'art. 2644 c.c. (e non sulla base dei principi del diritto amministrativo, per effetto dei quali si riteneva che ancorché fosse stata trascritta la cessione di cubatura, in caso di doppia cessione di cubatura a prevalere non era il primo trascrivente ma il primo che fosse riuscito ad ottenere dal Comune il rilascio di una concessione edilizia maggiorata. (12)

Inoltre la collocazione della nuova norma al n. 2 bis dell'art. 2643 c.c. consente di affermare la sicura trascrivibilità degli atti tra vivi di rinunzia ai diritti edificatori rientrando questi ultimi nell'ambito della previsione di cui al n. 5 dell'art. 2643 c.c. che prevede, appunto, la trascrizione degli atti tra vivi di rinunzia ai diritti menzionati ai numeri precedenti (13). Stesso discorso per i contratti che costituiscono la comunione dei diritti edificatori sicuramente trascrivibili ex art. 2643 c.c., n. 3, norma che contempla la trascrivibilità dei contratti che costituiscono la comunione dei diritti menzionati nei numeri precedenti. (14)

Per quanto attiene, poi, alla tipologia di atti si è segnalato un problema che merita attenzione: la trascrivibilità di un atto di divisione di diritti edificatori. (15)

La trascrizione delle divisioni è contemplata dall'art. 2646 c.c. il quale afferma che si devono trascrivere le divisioni che hanno per oggetto beni immobili.

La norma non fa, dunque, riferimento al diritto ma all'oggetto della divisione: beni immobili; ne consegue che se si ritiene che il diritto edificatorio sia un nuovo diritto reale che, comunque, non potrà non avere ad oggetto un bene immobile, non vi è nessuna difficoltà ad ammettere la trascrivibilità di una divisione relativa ai diritti edificatori, mentre maggiori difficoltà ci sono nell'affermare la trascrivibilità di una divisione avente ad oggetto diritti edificatori nel caso in cui si ritenga che si sia in presenza non di un nuovo diritto ma di un nuovo bene.

La nuova norma, peraltro, parla espressamente di "modifica" e sarebbe restrittivo e privo di alcuna logica ammeterne la trasferibilità e non anche la divisibilità visto che nulla impone di trasferire i diritti edificatori nel loro complesso.

Ossia se si possono trasferire solo parte dei diritti edificatori posseduti, perché non si potrebbero dividere, e legittimamente trascrivere, gli atti di divisione aventi ad oggetto gli stessi?

Per finire qualche ulteriore considerazione di ordine pratico.

Quali sono i dati che deve contenere un contratto di cessione di diritti edificatori

Alcune di queste considerazioni mutano, peraltro, a seconda della circostanza che si ritenga il diritto edificatorio un bene capace di diritti reali o esso stesso un diritto reale. (16)

Per quanto attiene al primo aspetto, e cioè i dati che deve contenere un contratto di cessione di diritti edificatori, si ritiene (17):

- che al contratto non debba partecipare il Comune;

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- che nel contratto sia opportuno indicare la fonte del diritto edificatorio che costituisce oggetto di cessione nonché disciplinare le conseguenze di eventuali variazioni della misura del diritto edificatorio generato da un terreno, variazioni derivanti dalle variazioni del piano che li prevede;

- che i diritti edificatori debbano essere identificati attraverso i dati catastali del terreno dal quale derivano;

- che nel contratto debba essere indicata la misura del diritto edificatorio trasferito, gli ambiti entro i quali il diritto edificatorio può essere speso, gli eventuali termini entro i quali il diritto edificatorio può essere speso;

- che sia opportuno indicare gli estremi di iscrizione nel registro dei crediti edilizi, ove esistente.

Se si ritiene che il diritto edificatorio sia un bene andrà indicato il diritto reale - proprietà - che viene ceduto sul diritto edificatorio.

In questo caso una possibile clausola di cessione del diritto edificatorio può essere la seguente: "Tizio, con ogni garanzia di legge e senza alcuna riserva, cede a Caio che, in buona fede, accetta ed acquista il diritto di piena proprietà sul diritto edificatorio - pari a complessivi mc. 1.000 - derivante dal seguente appezzamento di terreno". (18)

Se si ritiene che il diritto edificatorio sia esso stesso un diritto reale non andrà invece indicato il diritto che viene ceduto.

In questa seconda ipotesi una possibile formulazione della clausola di cessione del diritto edificatorio può essere la seguente: "Tizio, con ogni garanzia di legge e senza alcuna riserva, cede a Caio che, in buona fede, accetta ed acquista il diritto edificatorio - pari a complessivi mc. 1000 - derivante dal seguente appezzamento di terreno". (19)

Lo schema può ritenersi valevole, però, anche nel caso di c.d. "cessione in volo", cioè di cessione che venga effettuata non dal titolare del fondo che ha generato i diritti edificatori ma da parte di chi su quel fondo non vanti alcun diritto e si ritrovi, ciò nonostante, titolare di diritti edificatori.

Anche qui, dunque, il diritto edificatorio andrà identitificato con riferimento ai dati catastali del terreno dal quale il medesimo è originato.

Problema ulteriore, sia in sede di prima che di ulteriore cessione, è come sia possibile controllare che i diritti edificatori generati da quel fondo non siano stati già consumati.

Se, infatti, la trascrivibilità del contratto di cessione dei diritti edificatori riconduce il controllo sulla titolarità e libera disponibilità, il consumo dei diritti edificatori effettuato dal titolare sul fondo dal quale i medesimi sono generati, come anche su altro fondo, non presuppone necessariamente la stipula di un atto. (20)

Ritenendo che il diritto edificatorio sia un bene autonomo, nei contratti aventi ad oggetto il trasferimento di un fondo dal quale derivano diritti edificatori sarà necessario precisare se in detta cessione siano compresi o meno i diritti edificatori generati dal terreno.

Se, infatti, i diritti edificatori sono un bene autonomo e distinto dalla proprietà del terreno è evidente che la sola cessione della proprietà del terreno senza che nulla sia detto in merito alla cessione dei diritti edificatori pone l'interprete di fonte al quesito se in detta cessione siano o meno compresi i diritti edificatori. (21)

Alla conclusione positiva si può, forse, comunque addivenire sulla base delle normali previsioni contenute nei contratti di compravendita, laddove normalmente si prevede la cessione con tutte le pertinenze, accessioni, accessori, diritti inerenti, o anche sulla base

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della qualificazione dei diritti edificatori come frutti pendenti del fondo. In realtà la conclusione sarebbe suscettibile di essere facilmente ribaltata sol che si pensi che il diritto edificatorio, considerato come bene e non come diritto e ceduto insieme al terreno, dovrebbe, comunque, costituire oggetto di una autonoma trascrizione e, dunque, dovrebbe essere espressamente menzionato nel contratto (22).

Se si ritiene, invece, che i diritti edificatori siano un diritto reale una simile precisazione sarà solo opportuna e non anche necessaria in quanto è chiaro che se il titolare del terreno non scinde la titolarità del terreno dalla titolarità del diritto edificatorio quando cede il diritto di proprietà del terreno, senza nulla dire sulla sorte del diritto edificatorio, sta cedendo anche e sicuramente il diritto edificatorio dovendo in un simile caso la riserva del diritto edificatorio a favore suo o di un terzo (che, peraltro, come sappiamo non è tecnicamente vera riserva) dover essere espressa e contestuale al contratto di trasferimento del terreno.

Non sembra comunque che vi siano ostacoli ad ammettere non solo una contestuale cessione del terreno ad un soggetto e dei diritti edificatori ad un altro soggetto ma anche la sola cessione del terreno con riserva in testa al cedente dei diritti edificatori che dal medesimo scaturiscono (23).

Resta da precisare, infine, che non troverà applicazione la normativa che prevede che negli atti aventi ad oggetto il trasferimento di terreni si alleghi agli stessi il relativo Certificato di destinazione urbanistica, in quanto è evidente che con il contratto in oggetto non si trasferisce un terreno (24).

Come si trascrive il contratto

Sono stati segnalati (25)due problemi: se il diritto edificatorio è un bene nella nota andrà indicato come diritto il diritto di proprietà; come dati dell'immobile quelli relativi al terreno dal quale sorgono i diritti edificatori; il problema sorge quando dobbiamo indicare nella nota la misura del diritto edificatorio trasferito; allo stato non è possibile indicare questo dato nel quadro relativo all'immobile, dovendosi, dunque, utilizzare il quadro "D" della nota per una simile indicazione.

Se il diritto edificatorio è un diritto reale per evitare di dover concludere che senza una modifica dell'elenco dei diritti trascrivibili il contratto non sia trascrivibile e, dunque, di fatto la novità legislativa non sia ancora operante si può, forse, ritenere di utilizzare, se si accetta la ricostruzione del diritto edificatorio in termini di diritto di fare una costruzione, il codice del diritto di superficie, avendo cura di indicare nel quadro "D" che viene ceduto il diritto edificatorio, oltre alla necessità di indicare, anche qui, la misura del diritto.

Qualche dubbio può derivare dall'utilizzo anche nelle note di trascrizione degli atti di cessione c.d. in volo dei diritti edificatori dei dati catastali di un terreno di cui il cedente non è proprietario; il nostro sistema ipotecario è, però, basato sulle persone e non sui beni, per cui il dubbio, se ha motivo di esistere, va circoscritto alle Regioni, Province e Comuni in cui vige il sistema tavolare (26).

----------------------- (1) Cfr. Busani - Lucchini, in Cubatura in libera vendita, in Ilsole24ore, 24 agosto 2011.

(2) Dove ci sono vincoli legati, per esempio, all'altezza degli edifici, una sopraelevazione potrebbe essere impossibile (Busani - Lucchini, cit.).

(3) Tecnica urbanistica tendente all'uguale distribuzione dei valori e degli oneri della trasformazione urbanistica del territorio tra tutti i proprietari interessati; Restaino, I diritti edificatori, in http://www.e-glossa.it/wiki/idirittiedificatori.aspx

(4) Cfr. Restaino, I diritti edificatori, cit.

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(5) Per una panoramica sulle problematiche inerenti la "cessione di cubatura si veda, G. Trapani, studio per il CNN n. 671/2009/C approvato dalla Commissione studi civilistici il 16 marzo 2011; nonché A. Candian, Trasferimento di cubatura, in Digesto disc. priv. Sez. priv. (aggiornamento) Torino, 2000, 735; Ceccherini, Funzione ed efficacia della cessione di cubatura, in Giust. Civ., 1990, II, 103; Ceccherini, Asservimento di area edificabile e cessione di cubatura in Nuova Giur. Civ. comm. 2009, 557; S. Cervelli I diritti reali Milano, 2001, 65-67; N.A. Cimmino, La cessione di cubatura nel diritto civile,in Riv. Not., 2003, 1113; R. Conti (a cura di), La proprietà e i diritti reali minori Milano, 2009, 413; C. Franco, Appunti sulla cd. cessione di cubatura, in Vita Not., 1997, CXC; A. Gambaro, La proprietà edilizia, op. cit., 527; A. Gambaro, Il diritto di proprietà, op. cit., 309; F. Gazzoni, La trascrizione immobiliare Tomo I artt. 2643-2644, in Il codice civile comm., diretto da P. Schlesinger, Milano, 1991, 655 e ss.; F. Gerbo, I diritti immobiliari di godimento su cosa altrui, Milano, 2001, 246; F. Gerbo, La cessione di volumetria, in Il Notaro 1998, 105; N. Grassano, La cessione di cubatura nel processo conformativo della proprietà edilizia privata, in Riv. Not., 1992, 1070 (ed in Giur. It. 1990, IV,c. 383); A. Iannelli, La cessione di cubatura e i così detti atti di asservimento, in Giur. Merito 1977, IV, 740; M. Langella, Brevi cenni in tema di cessione di cubatura, in Vita Not., 2007, 428; M. Leo, Il trasferimento di cubatura, in Studi e materiali del Consiglio Nazionale del Notariato, VI, t. 2, 1998-2000, Milano, 669; M. Leo, Trasferimento di volumetria voce del Dizionario Enciclopedico del Notariato Roma 2002, volume V, 710; M. Libertini, Sui trasferimenti di cubatura, in Contr. e Impr., 1991, 73; M. Libertini, Sui trasferimenti di cubatura in I contratti del commercio, dell'industria e del mercato finanziario, diretto da F. Galgano, t. 3, Torino 1995, 2253; M. Maré, Natura e funzione dell'atto d'obbligo nell'ambito del procedimento di imposizione di vincoli di destinazione urbanistica, in Riv. Not., 1990, 1347; M. A. Mazzola, Le servitù in Proprietà e diritti reali (a cura di G. Cassano), Padova, 2007, t. 2, 1815; F. Patti e F. Russo, La cessione di cubatura tra diritto privato e diritto pubblico, in Vita Not. 2001, 1675; S. Scarlatelli La cd. cessione di cubatura, problemi e prospettive, in Giust. Civ., 1995, II, 287; R. Triola, La "cessione di cubatura": Natura giuridica e regime fiscale, in Riv. Not. 1974, 115; P.L. Trojani, Tipicità e numerus clausus dei diritti reali e cessione di cubatura. Lo stato della dottrina e della giurisprudenza ed una ipotesi ricostruttiva originale, in Vita Not., 1990, 285; G. Viotti, Vincoli di destinazione convenzionali e loro efficacia nei confronti degli enti pubblici, in Vita Not., 2001, 148, nota a Corte App. Ancona 19 giugno 1999. Per le monografie si rinvia a G. Ceccherini, Il cd. trasferimento di cubatura, Milano, 1985; A. Candian, Il contratto di trasferimento di volumetria, Milano, 1994; S.G. Selvarolo, Il negozio di cessione di cubatura, Napoli, 1989; C. T. Sillani, I limiti verticali della proprietà fondiaria, Milano, 1994, 575.

(6) Cfr. A. Busani - E. Lucchini, cit.

(7) Cfr. L. Restaino, I diritti edificatori, cit.

(8) Cfr. L. Restaino, I diritti edificatori, cit.

(9) Cfr. A. Busani - E. Lucchini, cit.

(10) G.A. Di Vita, Riflessioni sul tema "cessione di cubatura": una lettura provocatoria, Il Notaro, 2011, 94, esclude tale possibilità basandosi sul tenore letterale dell'art. 2810, senza peraltro considerare che tale norma non prevede la nuda proprietà, relativamente alla quale, peraltro, non si dubita circa la relativa ipotecabilità

(11) Quanto al terreno dal quale sono stati prelevati i diritti edificatori va segnalata la pronuncia della Sez. IV del C.d.S. che, con la sentenza n. 4134/2011, affronta il problema delle conseguenze degli atti costitutivi del vincolo di asservimento, cioè le cosiddette "cessioni di cubatura", negando la possibilità per le aree asservite di esprimere ulteriore capacità edificatoria in caso di variante del Prg migliorativa degli indici di fabbricabilità. Ossia i terreni da cui è stata "prelevata" la cubatura non beneficiano degli incrementi di potenzialità edificatoria dettati in un secondo tempo dal piano regolatore.

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(12) Cfr. L. Restaino, I diritti edificatori, cit.

(13) Cfr. L. Restaino, I diritti edificatori, cit.

(14) Cfr. L. Restaino, I diritti edificatori, cit.

(15) Cfr. L. Restaino, I diritti edificatori, cit.

(16) Cfr. L. Restaino, I diritti edificatori, cit.

(17) Cfr. L. Restaino, I diritti edificatori, cit.

(18) Cfr. L. Restaino, I diritti edificatori, cit.

(19) Cfr. L. Restaino, I diritti edificatori, cit.

(20) Cfr. L. Restaino, I diritti edificatori, cit.

(21) Cfr. L. Restaino, I diritti edificatori, cit.

(22) Cfr. L. Restaino, I diritti edificatori, cit.

(23) Cfr. L. Restaino, I diritti edificatori, cit.

(24) Contra, G.A. Di Vita, Riflessioni sul tema "cessione di cubatura": una lettura provocatoria, Il Notaro, 2011, 94

(25) Cfr. L. Restaino, I diritti edificatori, cit.

(26) Cfr. L. Restaino, I diritti edificatori, cit.