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7 Introduzione Questo secondo libro di fiabe che fanno crescere si apre sulla scia del primo — che ha il sottotitolo «Superare paure e difficoltà, accettare consigli e critiche» — ed è stato pensato per fornire un approfondimento delle tematiche precedentemente affrontate. In modo particolare, si sottolinea il valore dell’impegno, della stima di sé e di imparare a dire «no» quando è necessario. Anche in questo caso l’obiettivo del testo è fornire un mo- mento di oasi a genitori e figli presi da una vita piena di ritmi veloci, in cui spesso si corre e si vive senza pensare. L’obiettivo è in primo luogo stare bene leggendo delle fiabe divertenti e «poetiche», immergersi nel presente con divertimento. In secondo luogo lo scopo è aiutare i bambini — sia quelli che, per varie ragioni, sono più fragili, sia quelli che sono già forti — a sviluppare le loro capacità di affrontare la vita e i problemi. La metodologia, come nel primo volume, consiste nel rac- contare e far rappresentare fiabe appositamente ideate per aiutare i bambini ad affrontare uno specifico problema. Il bambino si identifica con il personaggio base ideato e adotta le sue strategie di risoluzione. Con questa modalità si agisce sulla sfera cognitiva, emotiva e comportamentale dei bambini. Infatti, se un bambino pensa a se stesso come incapace di compiere una certa azione (cognizione), questa sua convinzione avrà una forte ricaduta — in questo caso negativa — sul suo sentire (sfera emotiva) e ciò a sua

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Page 1: Le favole che fanno crescere - shop.erickson.it · accettare consigli e critiche» — ed è stato pensato per ... governato da re Agenore e dalla regina Mariella. I due sovrani

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Introduzione

Questo secondo libro di fiabe che fanno crescere si apre sullascia del primo — che ha il sottotitolo «Superare paure e difficoltà,accettare consigli e critiche» — ed è stato pensato per fornire unapprofondimento delle tematiche precedentemente affrontate. Inmodo particolare, si sottolinea il valore dell’impegno, della stima disé e di imparare a dire «no» quando è necessario.

Anche in questo caso l’obiettivo del testo è fornire un mo-mento di oasi a genitori e figli presi da una vita piena di ritmi veloci,in cui spesso si corre e si vive senza pensare.

L’obiettivo è in primo luogo stare bene leggendo delle fiabedivertenti e «poetiche», immergersi nel presente con divertimento.In secondo luogo lo scopo è aiutare i bambini — sia quelli che, pervarie ragioni, sono più fragili, sia quelli che sono già forti — asviluppare le loro capacità di affrontare la vita e i problemi.

La metodologia, come nel primo volume, consiste nel rac-contare e far rappresentare fiabe appositamente ideate per aiutarei bambini ad affrontare uno specifico problema. Il bambino siidentifica con il personaggio base ideato e adotta le sue strategie dirisoluzione. Con questa modalità si agisce sulla sfera cognitiva,emotiva e comportamentale dei bambini. Infatti, se un bambinopensa a se stesso come incapace di compiere una certa azione(cognizione), questa sua convinzione avrà una forte ricaduta — inquesto caso negativa — sul suo sentire (sfera emotiva) e ciò a sua

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volta influirà sulle sue prestazioni (azioni). Al contrario, il pensarea se stesso in modo positivo (cognizione) porterà a un cambiamen-to in senso costruttivo nella sfera emotiva e avrà una ricadutapositiva a livello di messa in pratica di azioni e strategie (azione).

Le fiabe sono state costruite (e il lettore potrà inventarne altre)in tre fasi:

Fase 1: consiste nell’ideazione dei protagonisti. Si sceglie un perso-naggio base con cui il bambino inizierà a identificarsi.

Fase 2: consiste nell’ideazione della trama di cui il personaggiobase e altri attori sono i protagonisti. In ogni avventura ipersonaggi imparano ad affrontare una nuova situazione, sitrovano in difficoltà ma la affrontano in modo costruttivo.

Fase 3: consiste nell’epilogo. Alla fine il protagonista riesce a rag-giungere il suo obiettivo.

Queste fiabe possono essere lette al bambino la sera prima diandare a letto oppure in un momento tranquillo della giornata.Molti insegnanti le usano in classe come veri e propri momenti dioasi. È importante comunque non leggere queste fiabe al bambinosubito dopo che ha manifestato un problema, perché potrebbevivere la fiaba stessa come frustrante o come meramente consola-toria. È meglio presentargliela in un momento piacevole e gioiosodell’interazione, perché lo scopo è preventivo.

La prima fiaba — «La principessa che voleva essere un ranoc-chio» — insegna ai bambini ad avere una buona stima di se stessi.Essa fa riferimento al concetto più profondo, intrinseco a unabuona autostima, che è quello di «valore». Il valore qui viene intesocome l’essenza unica e irripetibile della persona: noi abbiamovalore per il solo fatto d’esistere, di respirare, di essere stati creati edi essere umani.

Se riuscissimo a trasmettere questa idea ai nostri figli, moltesofferenze potrebbero essere evitate: «Io ho valore anche se ho presoinsufficiente», «Il fatto che il mio compagno mi abbia detto “rac-chia” non diminuisce il mio valore», «Il fatto che io non abbia

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l’ennesima Barbie non mette in discussione niente». La vita stessasarebbe diversa.

In questa prima fiaba così si ripercorrono le vicende dellaprincipessa Noemi, che vive in un contesto un po’ anomalo peruna principessa delle fiabe: infatti la sua mamma «era una veradonna in carriera, una manager (erano già lontani i tempi in cuiuna regina poteva fare solo la regina, e nient’altro). Gestiva la cassadel regno ed era abilissima a giocare in borsa e a procacciare nuoviaffari. Aveva l’ammirazione di tutti gli economisti». Noemi invecea volte si aggirava nella sala grande, che era piena di specchi. Questispecchi erano dei prototipi che la regina aveva fatto costruire per gliistituti di bellezza del regno: appena vedevano qualcuno, facevanol’elenco dei suoi difetti. «Non è che hai messo su un paio di chiletti?Oggi ti consiglierei di mangiare solo un’insalatina, cara» oppure:«Tesoro, ma ti sei accorta di come stona il colore del vestito con latua carnagione? Ti sbatte proprio» e via di seguito… La principessaNoemi era convinta di non essere in grado di fare niente, di nonessere né bella né brava. Attraverso numerose strane vicissitudiniriuscirà però a diventare una persona nuova, con tanta fiducia in sé.

La seconda fiaba — «Le avventure di Bettina e Viola» —focalizza l’attenzione sugli obiettivi e sulla volontà di pagare ilprezzo necessario per raggiungerli. Anche questo è un momentoessenziale dell’educazione: trasmettere ai propri figli o ai propriallievi l’idea che, nella vita, stabilire gli obiettivi o le mete daraggiungere è importante. Gli obiettivi sono stimoli che rendonovivi, che guidano l’azione, ma raggiungere qualsiasi meta richiedesempre di pagare un prezzo, che molto spesso è l’impegno. Èimportante che i bambini, con linguaggi ed esempi appropriati,siano aiutati a comprendere che questa dimensione è presenteanche nella loro vita e che per ottenere quello che vogliono devonoimpegnarsi e conquistarselo.

La piccola Bettina, con i suoi capelli biondo scuro e gli occhisempre vispi, vuole imparare a suonare uno strumento particolare:

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la viola da gamba. E non si arrende davanti alle difficoltà: lotta eprova anche quando diventa difficile. Come finirà questa «batta-glia» lo si scoprirà leggendo la storia...

La terza fiaba — «Albertino, la fata e il giardiniere cinese» —è stata pensata per tutti quei bambini che hanno l’argento vivoaddosso, come Albertino. Il messaggio è che tutti i bambini, anchequelli che vogliono ottenere tutto subito, possono imparare adautocontrollarsi, a fare le cose poco per volta, a vivere bene ilmomento presente e ad ascoltare. Tutto inizia con una fata troppogiovane ed entusiasta: Annalisa, nella foga di donare tante bellequalità al suo protetto Albertino, gli dà «troppo». Così Albertinoha tantissime qualità, tutte insieme e in grande quantità, il che glicausa una certa confusione. Il bimbo diventa incontenibile, macon il tempo imparerà a usare bene tutto quel potenziale.

L’ultima fiaba — «Xy46, il bambino trasparente» — insegnaai bambini a saper dire di no. Questa abilità è fondamentale perchésiano in grado di respingere richieste e proposte che loro conside-rano sbagliate, scorrette o comunque di cui non hanno bisogno. Sei bambini imparano sin da piccoli questo, sapranno utilizzarequesta abilità anche da adolescenti, contando molto sui loro valorie ragionando in maniera autonoma.

La storia riguarda un bambino, di nome Xy46, che vive sulmisterioso e sfuggente pianeta Rainbow, effettivamente ancorasconosciuto qui sulla Terra. Il piccolo combina tanti pasticci perchénon riesce mai a dire no, ma in questo vortice imparerà a dire «no»quando è necessario.

Tutto ciò di cui abbiamo parlato in queste divertenti fiabenon può essere raggiunto se noi stessi — genitori, insegnanti,educatori — non trasmettiamo con l’esempio e l’entusiasmo nellanostra stessa vita i concetti presentati in questo libro. Quindi iprimi lettori di queste storie potremmo essere proprio noi adulti…

* * *

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La principessa chevoleva essere un

ranocchio

C’era una volta, neanche troppo tempo fa, un

regno felice e sereno, governato da re Agenore

e dalla regina Mariella.I due sovrani erano molto amati da tutti,

perché erano buoni, giusti e saggi, anche se unpo’ strani. Infatti, per dirla tutta, la regina ave-

va un caratterino… Era una vera donna in car-riera, una manager (erano già lontani i tempi

in cui una regina poteva fare solo la regina, enient’altro). Gestiva le casse del regno ed era

abilissima a giocare in borsa e a procacciarenuovi affari. Aveva l’ammirazione di tutti gli

economisti, però a volte risultava un po’ fred-da e brusca, questo bisogna proprio dirlo.

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Il re, al contrario,era un gran buon-

tempone, appassio-nato di giardinag-

gio: la sua piùgrande preoc-

c u p a z i o n eerano le gela-

te, che pote-vano rovina-

re la fiorituradelle sue ma-

gnifiche rose.Questa coppia

un po’ bizzar-ra, anche se molto am-

mirata, aveva una solafiglia: la principessa Noemi. Anche la principes-

sina, che i genitori amavano tantissimo, eravenuta un po’ strana. Figlia di persone tanto

sicure di se stesse, e tanto soddisfatte della lorovita, Noemi invece non era per niente sicura, né

soddisfatta di sé.Immagino che vi chiederete come poteva una

principessa non essere felice di sé… be’… nonè che sia sempre facile e divertente essere una

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principessa. Quelle delle storie sono tutte me-ravigliose, affrontano un sacco di guai, ma poi

si risolve tutto e in genere sposano un princi-pe azzurro e se ne vanno a vivere in qualche

posto da favola, appunto. Ma le principesse dicui le storie non parlano… quelle sono ragaz-

zine come tante, che in più hanno il problemache tutti le osservano e si aspettano da loro cose

incredibili.Noemi, poi, aveva una madre sempre piena

di idee e di proposte in cui voleva coinvolgerlaa ogni costo, mentre lei avrebbe preferito star-

sene chiusa da qualche parte nel castello, lon-tana da tutti a leggersi un bel libro. Un po’ no-

ioso e monotono se volete, ma Noemi pensavache fosse il massimo della vita.

Anche perché in genere la vita al castello lesembrava abbastanza un incubo.

C’era la sala grande, che era piena di spec-chi. Specchi magici, naturalmente. Niente a che

vedere con quelli della matrigna di Biancane-ve: questi erano dei prototipi che la regina Ma-

riella aveva fatto costruire dagli gnomi di cor-te per gli istituti di bellezza del regno: appena

vedevano qualcuno, gli facevano l’elenco dei suoidifetti. «Non è che hai messo su un paio di chi-

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letti? Oggi ti consiglierei di mangiare solo un’in-salatina, cara» oppure: «Tesoro, ma ti sei accor-

ta di come stona il colore del vestito con la tuacarnagione? Ti sbatte proprio» e via di seguito.

Erano specchi molto amati dalle signore «in» delregno, perché aiutavano a essere sempre impec-

cabili, ma Noemi, che non si considerava certo

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una top model, li odiava e non sopportava dientrare in quella stanza.

Poi c’era la stanza dei folletti consiglieri eco-nomici di sua madre. Un vero inferno. Lì tutti

urlavano e, quando qualcosa non andava nelverso giusto (cosa abbastanza frequente), ini-

ziavano a passarsi le colpe, per evitare di avere

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su di sé le ire della regina, che quando si arrab-biava si arrabbiava sul serio. Così, davanti a un

problema, il primo folletto si girava e diceva aquello più vicino: «È colpa tua!», passandogli le

carte incriminate; questo faceva lo stesso conil suo vicino e così di seguito, un po’ come gio-

care a «darsela».Se Noemi passava di lì, andava sempre a fi-

nire che si trovava in mano un sacco di cartepiene di brutte notizie da consegnare a sua

mamma, e con una valanga di folletti che conle loro vocine acute le sussurravano: «È colpa tua!

È colpa tua!». Naturalmente lei sapeva che eraassurdo: non lavorava lì, non sapeva neanche

cosa stava succedendo, quindi come poteva avercausato un guaio qualsiasi? Però un certo ma-

lessere la assaliva comunque e alla f ine si con-vinceva che, anche se non era proprio colpa sua,

magari indirettamente aveva fatto o pensatoqualcosa che aveva causato tutte quelle brut-

te cose… e il suo morale precipitava immanca-bilmente a terra.

A volte, dopo aver passato un po’ di tempocon gli amici e i collaboratori dei suoi, scappa-

va letteralmente nei vasti giardini del padre,dove era facile far perdere le sue tracce, e an-

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dava a sfogarsi con Ivano, un pappagallo cheera diventato il suo più caro amico.

«Non sai come non sopporto quella vecchiacomare di madama Carlotta!» aveva iniziato un

giorno come tanti. «Sai oggi cosa mi ha detto?Appena mi ha visto, non ho neanche fatto in

tempo a salutare, e lei subito, senza neancheguardare me, ma rivolta a mia madre, ha det-

to: “Ma che tesoro, la bimba!Avrà senz’altro un sacco

di spasimanti, con quelfaccino! Sembra

una bambolina diporcellana!”. Avrei

voluto morire! Da-vanti a tutti!»

«E tu non sei sta-ta zitta vero? Avrai

ben risposto a tono aquella cornacchia —

con rispetto per le cor-nacchie, ovviamen-

te…» aveva subito ri-battuto Ivano, che

amava molto le ma-niere dirette.

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«Certo! Ehm… che domande!» aveva rispostoNoemi.

«Le ho detto chiaro e tondo di farsi i fattisuoi, che pensasse alla sua faccia da cavallo in-

vece di preoccuparsi della mia.»«Hai fatto bene! Vedrai che la prossima vol-

ta ci penserà su prima di parlare, quella! Cosìmi piaci: sono orgoglioso di te! Fai grandi mi-

glioramenti!» gracchiò felice il pappagallo.«E invece no!» singhiozzò per tutta risposta

Noemi. «Non le ho detto niente. Ho pensato dirisponderle così, ma poi… non ce l’ho fatta. Tutti

se la sarebbero presa con me. Avrei fatto la fi-gura della maleducata e la mamma mi avreb-

be fatta nera… Così… sono stata zitta.»«Tanto per cambiare!»

«Tanto per cambiare, lo so… ma la prossimavolta…»

«La prossima volta starai ancora zitta, altri-menti ti sentiresti in colpa per essere stata scor-

tese, come fai sempre.»«Sì, sì… hai ragione. Devo proprio imparare

a farmi valere, ma poi… sto peggio perché misembra di essermi comportata male, e allora

perché farlo? Tanto, stare male per stare male,almeno così sto male solo io» sospirò Noemi.