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1 LANTERNA POLITECNICO Periodico dell’associazione studentesca “La Terna Sinistrorsa#38 All work and no play makes Jack a dull boy Estate2012

Lanterna 38

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Un paio di esami i primi di luglio e via. Due mesi lontano dalle mura universitarie, lontano coi pensieri, a lungo fissi sullo studio. Due mesi laschi, con la scelta di come esercitare il proprio svago come unico sforzo. Almeno, questo è ciò che la redazione del Lanterna vuole farci credere con questa edizione di impronta estiva. Meschini! Lo sappiamo tutti: lo studente del Poli è una macchina pensata per non fermarsi mai, e con la sessione di settembre che si avvicina inesorabile, vive l’estate come un agnello vive la quaresima. Ma non tutti allo stesso modo...

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LANTERNAPOLITECNICOPeriodico dell’associazione studentesca “La Terna Sinistrorsa”

#38

All work and no play makes Jack a dull boy

Estate2012

“ “

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INDICE

Anche Brindisi mi ha scosso03

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Terna Poligames

Critica alla ragion rinnovabile

Euro 2012: il campionato dell’ipocrisia

STOP! Summer time

Poliedro: opportunità, non diversità

Catena di produzione del (dis)incanto I

Tra videogiochi ed arte

Spazio giochi

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Chiamatela come volete, ma io ho avuto paura, quel giorno dell’attenta-to a Brindisi. Per tutto il giorno, forse angoscia, for-se rabbia. O magari terrore.Perchè anche i giorni seguenti, quan-do al telegiornale annunciavano una “terribile notizia”, un tragico even-to, ecco che il cuore iniziava a pul-sare forte, ecco che la mente cadeva nell’ombra più nera, pronta a sentire la notizia di un’altra bomba, un’altra strage.Ancora non si sa cosa sia veramente successo quel giorno a Brindisi, o me-glio: non si sa perchè sia successo, chi lo ha voluto e perchè. Sono sempre stato contrario al “parler pour parler”, ai vaneggiamenti, ai complottismi, alle ipotesi fantasiose. Però, sommer-si da notizie tanto veloci quanto prov-visorie, talvolta faziose, finanche mo-leste, non dobbiamo mettere da parte il nostro senso critico.

Io ci ho pensato e ripensato, non per ozio ma perchè non riuscivo a distrar-mi, ad andare avanti come se non fos-se successo nulla.L’ipotesi di tentata strage mafiosa. Tante le coincidenze: il nome della scuola, i giorni in cui è avvenuta, il passaggio della carovana di libera, la conclusione di recenti e importanti indagini. Altrettante, però, le contraddizioni: la mafia è molto più pratica di quel che si pensi. Se uccide lo fa general-mente per lanciare un messaggio ben preciso, per sbarazzarsi di potenziali testimoni, per eliminare personaggi scomodi. Evita, finchè possibile, gesti clamorosi, che non fanno altro che al-zare l’attenzione mediatica e il livello di guardia delle istituzioni.(Non a caso molti guardano alla stra-ge di Capaci e di via D’Amelio come un gesto estremo della mafia messa alle strette, ed infatti ci fu una duris-sima risposta da parte dello Stato). E poi, quale mafia? A quanto pare non è implicata la Sacra Corona Unita, che del resto con questo gesto avreb-be compromesso ogni suo legame con il territorio. “Un’incursione” di Cosa Nostra in Pu-glia? Molto strano.Tante personalità dell’antimafia, a partire dal Procuratore Nazionale An-timafia Grasso, hanno espresso questi dubbi circa la matrice mafiosa. Una delle poche, ma per me impor-tante, voce fuori dal coro è quella di Nando dalla Chiesa, che invita a non scartare tanto facilmente la pista ma-fiosa. Di certo su una cosa ha ragione: non fa mai male manifestare contro la

EDITORIALE

ANCHE BRINDISI MI HA SCOSSO

di Federico Labriola

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mafia. Fa male dire che “la mafia non uccide i bambini”, perchè è una tragi-ca menzogna, e basterebbe chiederlo alle madri delle vittime. Fa male pen-sare che “non è mai la mafia”, come se ci fossimo già dimenticati di Falcone e Borsellino.L’altra pista: il terrorismo. Si, forse, oppure no. Del resto è questa la tra-gica chiave del terrorismo: colpire in modo imprevedibile, apparente-mente casuale, in modo che nessuno possa sentirsi sicuro, tutti si sentano costantemente sotto tiro. Solitamente, però, c’è una rivendica-zione, che non è ancora arrivata. Rimane, poi, ancora un dubbio: è evidente che per come è stato archi-tettato l’attentato era più che preve-dibile che inizialmente si attribuisse l’attentato alla mafia. Come del resto la bomba di Piazza Fontana inizial-mente poteva sembrare un atto degli anarchici, invece i processi hanno poi chiaramente indicato la pista dell’e-strema destra veneta.Io mi chiedo: quale organizzazione ha interesse a sviare le indagini “contro” la mafia? Non vedo una controparte della mafia allo stesso modo come negli anni ’70 si potevano contrapporre estrema de-stra e estrema sinistra. O meglio, non voglio ammettere chi potrebbe essere questa controparte...Forse sono andato anche troppo lon-tano con le mie sensazioni personali. Chiaramente non ho la sfera di cri-stallo, ma ho la presunzione di aver evidenziato le criticità di entrambe le attuali piste circa l’attentato di Brin-disi. In attesa delle indagini, che non

toccano a noi, non possiamo fare al-tro che rimanere vigili, non lasciare che lo sgomento, le lacrime ci offu-schino la vista. Al contrario, dobbiamo restare uniti, perchè qualsiasi cosa sia, è un attacco a tutta la società. E bisogna risponde-re insieme.

02-06-2012

Attentato a Brindisi

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Un paio di esami i primi di luglio e via. Due mesi lontano dalle mura universitarie, lontano coi pensieri, a lungo fissi sullo studio. Due mesi la-schi, con la scelta di come esercitare il proprio svago come unico sforzo. Almeno, questo è ciò che la redazione del Lanterna vuole farci credere con questa edizione di impronta estiva.Meschini! Lo sappiamo tutti: lo studente del Poli è una macchi-na pensata per non fermarsi mai, e con la sessione di settembre che si avvicina inesorabile, vive l’estate come un agnello vive la quaresima. Ma non tutti allo stesso modo.

Il razionale Calendario alla mano, fraziona le va-canze estive tra dovere e piacere, de-terminato a rispettare questa ferrea tabella di marcia. Passa quindi le sue giornate di relax in coda nel traffico cocente, in acque torbide tra greggi di meduse, a grigliare sotto la tempe-

sta perfetta. Quando si chiude in casa per studiare lascia fuori sereni giorni di sole, la dolce brezza rinfrescante e ragazze in bikini che fanno l’autola-vaggio. La tortura finisce la mattina dell’esame, quando recandosi in uni-versità viene investito da un furgonci-no dei gelati.

Il sovraccarico Dopo essersi posto l’ambizioso obiet-tivo di superare otto esami nei primi dieci giorni di settembre, vive un’e-state di studio tanto intenso quanto caotico. La sessione, tra confusione e voragini, è una catastrofe annunciata. Rimandato in sei esami e riprovato negli altri due, riesce comunque a portare a casa due crediti elemosi-nando davanti al campus.

LUCCIOLE PER LANTERNE

STOP! SUMMER TIME

di Bruno Pizziol

La sovraccarica

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L’aragosta

Il preparato Forte di un’assoluta padronanza della materia, passa un agosto di diverti-mento tra mare montagna, impegna-to ai campetti e dai flirt estivi. Il gior-no dell’appello scopre di non essersi iscritto su Webpoliself e di non poter sostenere l’esame. Disperato, si inca-tena ai binari del tram per suicidarsi, dimenticandosi della giornata di scio-pero nazionale.

L’aragosta Unendo l’utile al dilettevole, passa le ferie a studiare sotto il sole. Si presen-ta all’esame rossa come un semaforo. La pelle ustionata emette una potenza termica di mezzo MW, i vicini di ban-co svengono, la bottiglietta d’acqua sul tavolo esplode, il foglio protocollo va in combustione spontanea.

Il tirocinante Dopo 14 ore di giornata lavorati-va non retribuita, studia nottetem-po grazie alla fioca luce filtrata dalle sbarre della sua stanzetta. Riesce ad evadere scavando un tunnel sotter-raneo di 80 metri con una paletta da caffè, appena in tempo per sostenere l’esame. Perde i sensi proprio un mi-nuto prima della consegna, sfiancato dalla fatica e dalle ferite di frusta an-cora fresche sulla schiena.

Con l’augurio di un destino migliore, buono studio, buone vacanze!

L’aragosta

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I Poligames nascono il 14 novembre 2006, da un’idea di Salvatore Gen-tile, allora responsabile della Terna Sinistrorsa a Ingegneria Industria-le, che durante una riunione a Bovi-sa propose di organizzare un grande evento nel campus. Unico problema: trovare tutti i fornitori entro un mese, per poter presentare la richiesta e ri-chiedere finanziamenti al Politecnico. Il gruppo ne fa una sfida: nel giro di 30 giorni, vengono reperiti i fornito-ri dei campi, dei vari articoli sportivi, dei premi e, ultime ma non meno im-portanti, della birra e delle salamelle. Non senza problemi e perplessità, nei mesi successivi i Terni lavorano per formalizzare i regolamenti, definire i contratti, pensare al logo, ai manifesti e alla pubblicizzazione dell’evento. A pochi giorni dalla chiusura delle iscrizioni, pare che l’evento non de-colli: non ci sono abbastanza parteci-

panti, forse la pubblicità non è stata sufficiente, o forse è il torneo in sé che non interessa molto… Al limite della scadenza, però, d’im-provviso si iscrivono 35 squadre su 32 previste! Superate difficoltà ed im-previsti come sfrecciare all’alba per recuperare le salamelle, o evitare di rimanere attaccati alla 380 V del Poli-tecnico per un errore di collegamento, il 22 maggio 2007 i primi Poligames della storia hanno inizio: gli studen-ti rispondono in maniera entusiasta ed il successo è enorme. Tant’è che si decide di organizzarli anche l’anno successivo. E poi quello dopo ancora. E poi di nuovo…: ed eccoci giunti alla 6a Edizione (2012)! Pian piano i pionieri si sono laurea-ti e hanno lasciato il Poli, ma i nuovi adepti li hanno sostituiti, cercando di far fruttare la loro preziosa eredità. Una menzione speciale va a Salva-

Partita di basket ai Poligames

TERNA POLIGAMESdi Anna Realini e Shendbart Dalani

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tore Gentile, che ha prima inventato i Poligames e poi ne ha tramandato la storia, e a Federico Rossi, coin-volto nell’organizzazione dal 2008 e responsabile nel biennio successi-vo, attualmente “guida spirituale” e paziente refugium peccatorum per problemi, imprevisti e lamentele. Ma forse qualcuno si chiederà: “Bene, fin qui ci avete raccontato una bella sto-ria. Ma … Cosa sono i Poligames?”I Poligames sono un torneo unico nel suo genere. Mettono infatti in cam-po squadre miste da 3 giocatori, che si devono cimentare in 3 discipline: minivolley, calcetto e basket, con par-

tite da 10 minuti ciascuna. È sempre necessario avere in campo almeno un giocatore per sesso, cercando di sti-molare una maggiore integrazione tra donne e uomini in un’università che ha molti corsi di studio caratterizza-ti da una forte prevalenza del sesso maschile. Ci sono 8 gironi da 4 squa-dre l’uno; dopo la fase eliminatoria, vengono ammesse ai quarti di finale le prime due classificate del girone, e poi si procede ad eliminazione diretta fino alle finali.A fare da contorno alla manifesta-zione, varie associazioni del sociale (Emergency, Ingegneria Senza Fron-

La Terna Sinistrorsa ai Poligames

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tiere, Amnesty International, Green-peace, Cibo per la Vita), con stand dedicati alle loro attività; un barbe-cue e un servizio bar, autogestiti, per rifocillare i giocatori e i tifosi, e nuo-ve attività e attrazioni che sono sta-te pian piano introdotte: alcune più tradizionali, come il calciobalilla e il pingpong, altre più innovative, come l’air hockey, alcune più vivaci, come il toro meccanico, altre più sedentarie, come gli scacchi e il Risiko.Il bello dei Poligames è che sono l’oc-casione di incontro per più di 3000 studenti, da tutti i campus, che si ritrovano a giocare e sudare fianco a fianco, ma anche a mangiare un panino con la salamella, a bere una birra, sfidarsi negli “sport” da tavolo, cantare a squarciagola con la musica di PoliRadio, ballare e divertirsi. Una grande festa primaverile, che riempie di vita e allegria il campus di La Masa,

e fa conoscere la Bovisa ad ogni ango-lo del Politecnico. Insomma, prendendo spunto da un altro grande evento di quest’anno, potremmo definire i Poligames come le Olimpiadi del Politecnico, in cui anzichè sfidarsi Italia e Marocco, Cina e Stati Uniti, a combattere per la gloria imperitura sono gli ingegneri Matematici di Leonardo e i Designer di Durando, gli Edili di Lecco e gli Ae-rospaziali di La Masa, gli Ambientali di Como e i Gestionali di Cremona, i Meccanici di Piacenza e gli Architet-ti di Leonardo. Il tutto condito da un sano spirito di competizione, ma an-che da tanta voglia di stare tutti assie-me e sentirsi, per almeno due giorni all’anno, uniti nella grande famiglia del Politecnico.

Sfida di calcetto al Poligames

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Pronunciarci su argomenti generali che abbiamo razionalizzato è sempli-ce. Parlare delle nostre esperienze e delle emozioni che ci hanno provoca-to… questo è lo scoglio.Che si fa insormontabile quando l’ar-gomento è l’omosessualità. C’è chi lo evita per paura di essere associato agli stereotipi che la società ci im-pone, c’è chi lo esaspera cercando di crearsi intorno un’aura di cinismo e superiorità. E c’è chi nasconde tutto, come una colpa. Può essere una colpa innamorarsi?Ho vissuto la mia omosessualità se-condo tutte queste forme, poi ho ca-pito che nessuna di esse ha senso, perché sono tutte dettate da paura e vergogna. La paura di essere isolati, di essere derisi, di essere picchiati. E la vergogna scatenata da quella do-manda che hai sempre dentro: cosa penserebbero le persone con cui con-dividiamo ogni giorno lezioni, studio

e svago se sapessero?Poi la svolta. Ho capito che devo fare qualcosa per cambiare la mentali-tà dominante su argomenti ancora considerati tabù come l’omosessuali-tà, soprattutto in un ambiente come quello di ingegneria che il senso co-mune vuole il più macho possibile. È ora di far crollare gli stereotipi che circolano nelle nostre aule, nella spe-ranza di arrivare al giorno in cui stu-denti e professori eviteranno di usare le parole “frocio” e “ricchione” con la stessa facilità con cui usano le parole “teorema” e “integrale”.Ho deciso quindi di fondare insieme ad altri ragazzi e ragazze un’associa-zione studentesca con l’intenzione di promuovere la parità non solo dei diritti ma del modo in cui le persone vengono considerate e trattate. L’as-sociazione si chiama PoliEdro, ad indicare le numerose sfaccettature dell’individualità umana.

POLIEDRO: OPPORTUNITÀ, NON DIVERSITÀ

di Jacopo Sestili

Poliedro: un punto di incontro

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Ci metto la faccia e sarò coinvolto in prima persona, insieme a tutti quelli che vorranno aggregarsi. Rischio bat-tute in aula o altre dimostrazioni di scemenza e immaturità? Forse, ma ne vale la pena. Le cose cambieranno e io voglio fare il possibile perché suc-ceda presto. Discutendo con gli altri fondatori dell’Associazione abbiamo poi capito che non dovevamo puntare la nostra attenzione solo su genere e orientamento sessuale, ma anche su etnia, provenienza geografica, condi-zione sociale. Questo significa che ci impegneremo affinché tutte le diffe-renze individuali e sociali caratteriz-zanti gli studenti del Politecnico di Milano vengano percepite non come

diversità ma come opportunità di cre-scita e arricchimento personale.A tal fine, noi di PoliEdro vogliamo organizzare eventi ricreativi, didatti-ci, sportivi per permettere l’interazio-ne sia tra i membri dell’associazione sia tra questi e tutti gli altri studenti del PoliMi interessati alle nostre ini-ziative.Qua a Milano, infatti, il tempo libe-ro degli universitari è molto spesso relegato a locali e discoteche. Questo è ancora più vero per gli universitari gay, portati a frequentare locali e di-scoteche “a tema”, con un’interazione che non va oltre l’occasione della se-rata. Ma non basta a nessuno.L’Associazione Poliedro vuole essere

Per abbattere gli stereotipi e i pregiudizi ed evitare discriminazioni

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un posto in cui dare un contributo costruttivo a se stessi e agli altri con-frontandosi sui temi più svariati, da quelli impegnativi a quelli frivoli.Nel tentativo di creare una rete con le associazioni analoghe delle altre università milanesi, organizziamo un evento con B.E.St (Bocconi Equal Stu-dents) e KOB (Bicocca). Il 17 maggio, in occasione della giornata mondiale contro l’omofobia e la transfobia, c’è stato un aperitivo al Kitsch caratte-rizzato da confronto e svago, dove presenteremo le Associazioni e dedi-cheremo il restante tempo a networ-king e divertimento. Questo e magari altri progetti congiunti renderanno la vita degli studenti di Milano più ricca e libera e meno circoscritta a locali e discoteche.Last but not least, ringrazio i ragazzi e le ragazze della Terna e i miei com-pagni di corso per avermi aiutato a raccogliere le firme al fine di costitu-

ire l’associazione PoliEdro. E ringra-zio ancora la Terna per avermi dato la possibilità di raccontare su questo giornale una parte delle esperienze mie e di altri studenti LGBT*, ma non solo, del PoliMi.

*LGBT (o GLBT) è un acronimo uti-lizzato come termine collettivo per riferirsi a persone Lesbiche, Gay, Bi-sessuali e Transgender

Poliedro non punta l’attenzione solo sul genere o l’orientamento sessuale

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Lo ammetto, oggi il vello della peco-ra sarà folto ma molto più pallido del solito.Giovedì 19 Aprile, nell’aula Carlo De Carli (per i Leonardini: è in Bovisa) si è svolto un evento di importanza na-zionale per il settore del fotovoltaico: il quarto “Solar and Energy Report”.Ebbene, i risultati del resoconto par-lano chiaro: dopo 4 anni di forte cre-scita e trainato fino a ieri dagli incen-tivi più generosi del pianeta, il cavallo da corsa,definito drogato dagli stessi operatori del settore, comincia a sen-tire i primi acciacchi.La spesa dei contribuenti (46 mld € in vent’anni) ci ha portato ad avere una potenza fotovoltaica installata di “ben” 12,8 GW (circa il 10% totale) per una produzione energetica che si aggira al 3,5% del fabbisogno energe-

tico nazionale. Puntando il dito, chi più chi meno, sulla crisi econimica mondiale, per molte imprese si pro-spetta la cassa integrazione (con un ulteriore esborso per l’Erario) mentre la delocalizzazione all’estero è vista, da un lato, come via di fuga dal falli-mento economico e, dall’altro, come il preludio del fallimento sociale della politica verde, per non aver creato i posti di lavoro che ci si aspettava da una filiera con un grande indotto.E quindi, che fare?Attendendo che il “Conto Energia”, ovvero il programma di sostegno del-le fonti rinnovabili, venga integrato in un progetto di respiro nazionale e duraturo, credo che sia necessario rafforzare gli interventi in due ambiti: razionalizzare gli stimoli e aumentare la percentuale di autoconsumo dell’e-nergia da parte dei produttori.

LA PECORA GRIGIA

CRITICA ALLA RAGION RINNOVABILE

di Federico Morelli

Pale per energia eolica

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Con “razionalizzazione” non intendo solo una riduzione degli incentivi (già messa in pratica dal Ministero) ma la formulazione di un piano di spesa con tempistiche ed obbiettivi ben definiti,che permettano di raggiungere la tan-to agoniata “Grid Parity” (ovvero il momento in cui il l’energia prodotta da fonte fotovoltaica avrà lo stesso prezzo di quella tradizionale e potrà quindi camminare con le sue gambe), evitando altri colpi di coda retroattivi sulle incentivazioni.Soluzioni simili, presenti nell’ultimo “Conto”, risultano estremamente in-visi al mondo del credito e rendono quest’ultimo restio (quando mai) a finanziare l’acquisto di nuovi pannelinonchè a prendersi le proprie respon-sabilità in un momento così delicato.Con “autoconsumo”, intendo la li-mitazione della sterile speculazione, perchè lo Stato non deve promuovere la rendita ma la crescita economica, e deve quindi concentrare la spesa per far ripartire il motore della nostra economia: le piccole e medie impre-

se. Esse pagano lo scotto di un’ener-gia più cara rispetto al resto d’Europa mentre, paradossalmente, rappresen-tano l’unica realtà in cui si trarrebbe il massimo vantaggio dall’impiego dell’energia solare. Infatti un vantag-gio del fotovoltaico è che produce di più mentre gli altri arrancano, ovve-ro nelle ore centrali della giornata, quando anche la domanda è consi-stente e quindi (legge della domanda-offerta) l’energia risulta essere più cara. Così facendo, per le nostre im-prese si ridurrebbe la voce di spesa relativa all’energia, si garantirebbe loro una fonte di rendita (in questo caso concessa) per i momenti meno rosei, si alleggerirebbero le reti di tra-sporto e dispacciamento dell’energia, si risparmierebbe il suolo (120 campi da calcio per 70MW fotovoltaici = 1 campo da calcio per una produzione convenzionale) e, ovviamente, anche un po’ di energia.Scusate se è poco.

Pannelli fotovoltaici

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La mia è delusione: rabbia mi sembra una parola cocente, che può essere usata solo da chi ama morbosamente il cinema. Un osservatore che punta il dito verso l’ovvio, come me, non ha ragioni per sentirsi ferito. Tra progetti mai realizzati, saghe scomposte e sto-rie ridicole, Hollywood ha perso negli anni buona parte della sua credibilità. Il pubblico si è abituato, e ormai non ci fa più caso: un articolo di un paio d’anni fa scherzava sulla possibilità di usare giochi da tavola come soggetti per i film. Quest’anno la Hasbro ha prodotto “Battleship”, un film basato su “Battaglia navale”, prova che nean-che l’industria cinematografica stessa si prende sul serio.Il termine Blockbuster fu coniato dalla stampa americana durante la secon-da guerra mondiale, riferendosi alle bombe che radevano al suolo interi isolati: il termine venne riciclato per

descrivere i film dagli incassi straor-dinari, che resuscitarono un’industria cinematografica sull’orlo del baratro. Per me il concetto di devastazione è ancora attuale: il processo creativo si è trasformato in catena di montaggio e l’incanto del grande schermo vie-ne capitalizzato, prodotto in massa, quotato in borsa. Le azioni della Pixar piombarono del 15% prima del rila-scio di “Up”, perché le banche teme-vano che un film senza un’opportuno merchandise non avrebbe garantito l’investimento. Infatti, solo i diritti d’immagine del precedente “Cars” avevano fruito 10 miliardi di $. Non esiste nessun opera d’arte al mondo che abbia un valore monetario para-gonabile agli happy meals con dentro le simpatiche auto di plastica.

CATENA DI PRODUZIONE DEL (DIS)INCANTO I

di Shendbart Dalani

“Cars” grande successo Pixar

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Non vorrei parlare poi della pub-blicità occulta: non è una disciplina arcana come sembrerebbe indicare il nome, ma di sicuro fa comparire i soldi dal nulla. Basta introdurre un certo prodotto nelle scene chiave del film, affiancandolo ad attori famosi e situazioni ammiccanti: questo è un concetto molto importante, perché la Mercedes rifiutò di far filmare le sue auto nello squallore rappresentato in “Slumdog Millionare”, ma non mi ri-cordo se tale politica fosse estesa an-che ai film sui gangster (decisamente no – ndr).Il maggior esponente di tale arte è di sicuro Michael Bay, un regista che sa fare le cose in grande: dopo aver intro-dotto 35 marche di prodotto all’inter-no di “The island”, si chiese se le case automobilistiche avrebbero pagato per vedere le loro auto protagoniste del suo nuovo “Transformers”. Risul-tato: General Motors sborsò 3 milioni

di $ per far interpretare ai loro veicoli la parte degli eroi (e in modo velato i loro concorrenti vennero introdotti come antagonisti).Io sono ben cosciente che è la gran-dezza dell’industria cinematografica che rende possibile la realizzazione della maggior parte dei film, e come ogni industria moderna necessita di appoggio finanziario e piani preci-si. Voglio solo rammentare che tale grandezza ha smesso di sfidare la nostra immaginazione: i blockbu-ster hanno inibito la nostra abilità di guardare oltre l’immediato intratte-nimento, di godere del vero conflitto che l’arte può scatenare all’interno di noi. Siamo rimasti disincantati da-vanti ad un grande schermo pieno di promesse mancate...[to be continued]

Le “macchine” di Trasformers sono costate 3 milioni di $ a General Motors

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Giugno 2012: in Ucraina fervono i preparativi per gli Europei di calcio.Ospitare una tale competizione è senz’altro un impegno serio e ingen-te, tanto quanto i vantaggi in termi-ni economici e d’immagine che esso porterà alla nazione ospitante.Ma mentre le squadre di tutta Europa pensano ad allenarsi e a qualificarsi, le proteste si diffondono in maniera virale.A scandalizzare numerose persona-lità politiche europee (uno fra tutti, il Presidente della Commissione Eu-ropea Barroso) è il drammatico caso di Julija Tymošenko, eroina della Ri-voluzione Arancione ed ex-premier dell’Ucraina, attualmente in carcere con l’accusa di “abuso di potere”.Il processo, risalente all’autunno 2011, è stato ampiamente contestato in quanto pare mosso da scopi politici più che da illeciti realmente commes-si; la leader dell’opposizione parla

di “repressione” e Amnesty Interna-tional grida alla violazione dei diritti umani.La goccia che fa traboccare il vaso è il ricovero coatto del 20 aprile. La Tymošenko infatti soffre da mesi di ernia al disco e la notte del 20 Aprile viene prelevata con la forza dalla sua cella del carcere di Kharkiv per essere ricoverata contro la sua volontà. Du-rante il trasferimento, subisce violen-te percosse da parte degli inservienti incaricati. Seguono 19 giorni di scio-pero della fame, al termine dei quali decide di sottoporsi alle cure medi-che. Il caso fa discutere e spinge mol-ti al boicottaggio della manifestazio-ne sportiva. Contemporaneamente, un’altra denuncia sorge dalle pagine del web e dai social network: le voci degli animalisti si alzano contro il massacro di cani e gatti che sta insan-guinando le strade dell’Ucraina.

EURO 2012: IL CAMPIONATO DELL’IPOCRISIA

di Sofia Croci

Julija Tymošenko

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I randagi, nel 2010 circa 12mila nella sola Kiev, rischiano di minare il pre-stigio e il decoro del Paese e per “ripu-lire” le città le soluzioni più veloci ed economiche sono bocconi conditi con veleno per topi e colpi di fucile. Il me-todo risulta talmente efficace che di quei 12 mila randagi, ora, a Kiev non c’è più traccia; la situazione si ripete in modo identico nella città di Lea-lopi, dove verranno disputate alcune delle partire del Campionato.Poichè il calcio é uno sport dalla ri-levanza mediatica altissima ed es-sendo le competizioni internazionali particolarmente seguite dal pubblico, sarebbe un dovere morale di chi le or-

ganizza preoccuparsi del messaggio che esse trasmettono.La UEFA propone una campagna dal significativo nome “Respect”, volta a “supportare le comunità locali, af-frontare temi sociali e lavorare per la parità di sesso, razza, religione e abi-lità”.Questa nobile iniziativa si colloca in modo un po’ stridente tra i pestaggi a una prigioniera politica, palesi viola-zioni dei diritti umani, e lo sterminio di migliaia di randagi. Sorge il dubbio che il motore che muove tutta la ba-racca abbia poco a che vedere con il “rispetto” o con qualsivoglia principio etico e troppo, invece, con l’enorme

Manifestazione contro l’operazione di “pulizia” dai randagi in Ucraina

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giro di denaro e pubblicità (cioè, altro denaro) che gli Europei muovono.L’ipocrisia dell’evento in sé è disar-mante, ed è resa ancora più grave dal gran numero di tifosi che, pur spinti da una passione sincera per uno sport che di genuino ha ben poco, alimen-terà questa impietosa macchina di soldi. In un mondo migliore, sarebbe auspicabile che le organizzazioni cal-cistiche, ben consapevoli del potere che detengono sugli spettatori, deci-dessero di compiere un atto esempla-re e simbolico spostando la sede del campionato europeo.Riporre una speranza nella buona fede e nella sensibilità degli organiz-zatori è decisamente ingenuo.L’appello è piuttosto da lanciare ai

singoli tifosi, a quelli che non hanno ancora del tutto perso il senso mora-le: non fatevi annebbiare la testa, non lasciatevi ingannare dall’emozione momentanea che può darvi la partita, ma pensate a tutto il marcio che c’è dietro alla facciata brillante che vede-te in TV.Spegnete gli schermi e aprite gli oc-chi.

L’appello è per tutti i tifosi: spegnete gli schermi e aprite gli occhi

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L’estate si avvicina, la calura inonda le strade, le piogge improvvise e tor-renziali si abbattono incostanti e, so-prattutto, gli esami incalzano.Come sfruttare, dunque, queste ulti-me settimane di libertà?Si può andare alle colonne per pro-varci con le sgrille, oppure a farsi un giro al Duomo, o passare la serata in Feltrinelli a dimezzare i nostri rispar-mi.Se siete invece gente più tranquilla e parsimoniosa, e magari anche un po’ amanti dell’arte in tutte le sue forme, anche questa volta i videogiochi spa-lancheranno mondi e universi narra-tivi capaci di rapirci durante le pause tra equazioni differenziali e resisten-ze in serie.Il primo titolo che mi viene in men-te è One and One Story, ideato da un giovane talentuoso italiano all’età di 18 anni, Mattia Traverso (in arte MatX), premiato anche all’estero in

vari concorsi dedicati ai videogiochi indipendenti. La peculiarità di questo videogioco è la capacità di raccontare una storia d’amore e, contempora-neamente, declinare la giocabilità in base all’evoluzione della relazione. Ogni livello è diverso dal precedente non solo in quanto a struttura, bensì per un gameplay caratteristico: trove-remo il livello in cui sarà tutto buio e dovremo andare a tentoni, quello in cui uno dei personaggi si muoverà autonomamente e dovremo cercare di non farlo morire, e tante altre idee stuzzicanti e piacevoli. La trama col-pisce allo stesso modo: all’interno dei vari livelli appariranno delle scritte in sovrimpressione che ci racconteran-no l’evoluzione del rapporto di questi due giovani, tra alti e bassi, difficoltà e piaceri, perfino con colpo di scena finale (se saprete trovarlo).

TRA VIDEOGIOCHI ED ARTE

di Federico Bortot

One and One Story

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Se siete stati appena lasciati dalla ra-gazza (o dal ragazzo) e siete più ma-linconici e solitari, allora The Com-pany of Myself è il titolo che fa per voi. La meccanica di gioco su cui si basa è molto semplice: dovremo su-perare dei livelli ricchi di enigmi, per risolvere i quali avremo bisogno... di noi stessi. Premendo la barra spazia-trice, infatti, ricominceremo il livello da capo, con l’aggiunta di un’ombra che ripeterà esattamente i nostri stes-si movimenti svolti prima di riavviare il livello; il tutto richiederà una cer-ta dose di tempismo e pianificazione per essere portato a termine con suc-cesso. Nonostante il gameplay solido e originale, anche The Company of Myself si distingue per una compo-nente narrativa molto ispirata, e de-scrive le vicende di un uomo in fin

di vita che ripercorre la propria esi-stenza. Ma mica tutti hanno il muso lungo e il morale a terra, e se voi non siete tra questi, allora vi aspetta I saw her standing there, un platform dal-la grafica minimalista e dal gameplay fatto di salti e buoni riflessi. Benchè semplice dal punto di vista della gio-cabilità, la qualità del titolo deriva dalla narrazione ironica e scanzonata del travagliato rapporto tra un ragaz-zo e la sua ragazza. Ancora ragazze e ragazzi? Basta! E invece no, perchè la simpatia del titolo sta nel fatto che la ragazza si è trasformata in uno zom-bie e vi vuole mangiare. Come risolve-re questa brutta faccenda? Semplice-mente dovremo zompettare a destra e manca e attirare la nostra amata in una gabbia, evitando al contempo al-tri zombie rivali d’amore.

I saw her standing there

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Don’t look back

The Company of Myself

Per gli amanti della mitologia greca, Terry Cavanagh (di cui vi ho già par-lato, ricordate VVVVVV?) ci propone una rivisitazione del mito di Orfeo ed Euridice nel suo Don’t look back. Il titolo, caratterizzato da sole tinte di rosso e nero, ci farà rivivere l’avven-tura dell’innamorato, costretto ad attraversare l’aldilà per riportare in vita la sua ragazza defunta. Il game-play è basato sul solito salta e schiva ed è caratterizzato da una difficoltà non certo adatta a tutti, ma la cosa che più colpisce è la narrazione, espli-citata senza l’uso delle parole, e solo con l’ausilio di qualche pixel riesce a tarsmettere emozioni forti e contra-stanti, lasciandoci con un sacco di domande una volta giunti alla fine dell’avventura: un finale a sorpresa che ci colpirà con la forza di mille soli.Potete giocarere tutti i titoli citati gra-tuitamente semplicemente cercando su internet.Per chi volesse provare ancora qual-cosa di atipico, concludo consiglian-

do qualche titolo che lascio scoprire a voi: Get home (con una strepitosa colonna sonora), Asylum (cercatelo accostato a “Ludum Dare”), Raptus (avventura interattiva italiana, vi la-scerà piuttosto scossi), Alice is dead: Episode 1 (e relativi seguiti) e Vox Po-puli, Vox Dei: a werewolf thriller.

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SPAZIO GIOCHISudato Sudoku Riesci ad arrivare in fondo a

questo gelato?

Inviaci la risposta con una breve motivazione, a: [email protected] I tre fortunati vincitori riceveranno un premio dalla redazione!

Questo problema impegna un bambino per 5 minuti, ad un pro-grammatore occorre un ora per capirlo,

uno studente del Poli invece ci riesce in...scopritelo da soli!

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