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LA RIVISTA DI ELETTRONICA APPLICATA, TECNOLOGIE E PRODOTTI TECNOLOGIE SPERIMENTALI TUTORIAL • PIC ® MICROCONTROLLER BY EXAMPLE VITAMINA C ALLA SCOPERTA DELL’OPTOELETTRONICA: IL DIODO LED ROBOMANIA INTRODUZIONE ALLA ROBOTICA Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. In L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma1, DCB Milano. In caso di mancato recapito, restituire all'editore che si impegna a pagare la relativa tassa presso il CPM di Roserio - Milano HARDWARE INTRODUZIONE ALLE LOGICHE PROGRAMMABILI DATA STORAGE BOX PROIETTORI HID XENON PER AUTOMOBILI CONTROLLO DI TEMPERATURA PER PC www.farelettronica.com N° 226 - APRILE 2004 - ANNO 20 EDIZIONI 4,50 - Frs 9,00 MISSILISTICA AMATORIALE: DATALOGGER A 5 CANALI ANALOGICI SPIRIT, UNA MISSIONE, UN ROBOT SCUOLABUS ITIS “ENRICO MATTEI“ ISERNIA PRATICAMENTE REGOLATORI DI TENSIONE INTEGRATI (ALIMENTATORE MILLEUSI) SCUOLABUS D ATA S TORAGE BOX COSTRUISCI UN HARD - DISK ESTERNO CON INTERFACCIA USB 2.0 DA CONNETTERE AL TUO PC

INTRODUZIONE ALLE LOGICHE PROGRAMMABILI • DATA … · rubriche Mailbox 6 News 8 Le fiere e mostre mercato 68 di Maggio 2004 In Vetrina: PROTEUS: L’unico software indispensabile

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L A R I V I S TA D I E L E T T R O N I C A A P P L I C ATA , T E C N O L O G I E E P R O D OT T I

TECNOLOGIE SPERIMENTALI

TUTORIAL

• PIC® MICROCONTROLLER BY EXAMPLE

• VITAMINA C

• ALLA SCOPERTA DELL’OPTOELETTRONICA:

IL DIODO LED

ROBOMANIA

• INTRODUZIONE ALLA ROBOTICA

Post

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• INTRODUZIONE ALLE LOGICHE PROGRAMMABILI

• DATA STORAGE BOX

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www.farelettronica.com

N° 226 - APRILE 2004 - ANNO 20

EDIZIONI

€ 4,50 - Frs 9,00

• MISSILISTICA AMATORIALE:

DATALOGGER A 5 CANALI ANALOGICI

• SPIRIT, UNA MISSIONE, UN ROBOT

SCUOLABUS

• ITIS “ENRICO MATTEI“ ISERNIA

PRATICAMENTE

• REGOLATORI DI TENSIONE INTEGRATI

(ALIMENTATORE MILLEUSI)

SCUOLABUS

DATA STORAGE BOXCOSTRUISCI

UN HARD-DISK

ESTERNO CON

INTERFACCIA

USB 2.0 DA

CONNETTERE

AL TUO PC

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Tiziano [email protected]

Conviene farlo o comprarlo?Quante volte vi siete posti questa domanda? Personalmente ogni volta che mi accingo acomprare un qualsivoglia prodotto elettronico. Comprarlo già fatto è si più economico, madove è la soddisfazione? Farlo è si più gratificante, ma quanto mi costa in termini di tempo edenaro, poi, sono sicuro del risultato?I dispositivi elettronici costano sempre meno e l’offerta supera largamente la domanda,quindi la risposta all’amletico dubbio sarebbe scontata: già fatto è più semplice ed economico.Ma pensiamoci un attimo, in questo caso che senso ha essere degli hobbisti? Quanto vale lasoddisfazione di costruire qualcosa?Sono sicuro che se fosse possibile reperire i componenti, molti di voi si imbarcherebbero nellarealizzazione del proprio telefono cellulare, magari grande e pesante come una lavatrice, ma lasoddisfazione di dire “l’ho fatto io, è frutto del mio ingegno” non ha prezzo. Il vostro ingegnonon ha prezzo.Autocostruire comporta sempre molte difficoltà, prima tra tutte il tempo libero (che spessonon è mai così libero), ma la soddisfazione di vedere ultimato ciò che hai creato con le tuemani, fa accrescere la pazienza che, unita ad una piccola dose di teoria, porta alla celebrazionedi matrimoni impensabili tra sensori e microchip, tra meccanica ed elettronica, tra softwareed hardware.A dimostrazione di questo, Enzo Brusati ha deciso di realizzare l’hard disk USB che presentiamoin questo numero. Cosa gli impediva di comprarlo già fatto? Cosa lo ha spinto ad imbarcarsiin questa avventura?La risposta è semplice: l’immenso piacere di imparare, di scoprire che si è capaci di fare, dimostrare a se stessi, più che agli altri, che si è risolto brillantemente un problema.Ed è proprio in questo che Fare Elettronica esprime tutto il suo potenziale: darvi gli strumentigiusti affinché il vostro ingegno sia stimolato a creare. Tutti i nostri articoli sono volti a que-sto, non cibo già pronto da scaldare nel microonde, ma ingredienti base di prima qualità ericette gustose. Al vostro ingegno il compito di creare il piatto.

Si conclude con questo numero Introduzione alle logiche programmabili di Simone Bernardi eSpirit una missione un robot di Riccardo Ricci, ma vi posso preannunciare che entrambi stannopreparando nuovi ed interessanti articoli per i prossimi numeri.Ritornano invece, dopo una breve pausa, Eugenio Cosolo che aggiunge un nuovo tasselloalla costruzione del nostro missile presentando un Datalogger analogico a 5 canali e Andrea

Marani che, dopo aver messo a nudo l’utilizzo dei led nell’automobile, questo mese vi spiegacome pilotare le famose lampade HID Xenon.Continuano i corsi PIC Microcontroller By Example e Vitamina C di Sergio Tanzilli, mentreMaurizio Del Corso ci propone una nuova ed interessante puntata di Praticamente doveapprofondisce l’utilizzo degli stabilizzatori di tensione, fino alla costruzione di un alimentatore

“milleusi”.A partire da questo numero tre nuovi autori iniziano la collaborazione con Fare Elettronica:Andrea Perilli che vi guiderà alla scoperta della optoelettronica dando ad ogni articolo un taglioteorico-pratico, Dario Mazzeo che vi propone un utile controllo di temperatura per PC (il primodi una serie di progetti interessanti) e Massimiliano Bracci che con Introduzione alla robotica viguiderà nella comprensione di questa affascinante disciplina.

Per concludere, ringrazio tutti voi per i tanti messaggi di apprezzamento per Scuolabus e viesorto a scrivere a [email protected] se volete che il vostro istituto venga presentatoin questa rubrica. Questo mese Scuolabus fa tappa ad Isernia per visitare l’ITIS “Enrico Mattei”.

Come al solito concludo questo mio intervento mensile augurarvi una piacevole lettura erinnovandovi l’appuntamento al prossimo numero in edicola a Maggio.

“IL VALORE DELL’INGEGNO…”

3

edito

riale

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DIRETTORE RESPONSABILE:

GianCarmelo Moroni

DIRETTORE DI REDAZIONE:

Tiziano Galizia ([email protected])

PROGETTO GRAFICO E IMPAGINAZIONE:

Graficonsult - Milano ([email protected])

HANNO COLLABORATO:

Sergio Tanzilli, Maurizio Del Corso, Simone Bernardi, Riccardo Ricci,

Enzo Brusati, Eugenio Cosolo, Esteban Mascarella, Andrea Marani,

Andrea Perilli, Dario Mazzeo, Massimiliano Bracci,

DIREZIONE - REDAZIONE - PUBBLICITÁ

INWARE srl

Via Cadorna, 27/31 - 20032 Cormano (MI)

Tel. 02.66504794 - 02.66504755 - Fax 02.66508225

[email protected] - www.inwaredizioni.it

STAMPA:

ROTO 2000

Via Leonardo da Vinci, 18/20 - 20080 Casarile (MI)

DISTRIBUZIONE:

Parrini & C. S.p.a.

Viale Forlanini, 23 - 20134 Milano.

Il periodico Fare Elettronica è in attesa del numero di iscrizione al ROC

UFFICIO ABBONAMENTI

PARRINI & C. S.p.a. Servizio abbonamenti

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Per informazioni, sottoscrizione o rinnovo dell’abbonamento:

Telefono: 02.66504794 - Fax: 02.66508225

Email: [email protected]

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(conv. In L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma1, DCB Milano

Abbonamento per l’Italia: € 39,00

Abbonamento per l’estero: € 99,00

Per la sottoscrizione degli abbonamenti, utilizzare il modulo stampatoin ultima pagina.

Gli arretrati potranno essere richiesti, per iscritto, al seguente costo:

Numero singolo: € 7,50

Numero doppio: € 9,00

Autorizzazione alla pubblicazione del Tribunale di Milano n. 647 del 17/11/2003 INWARE srl.

© Tutti i diritti di riproduzione o di traduzione degli articoli pubblicati sono riser-

vati. Manoscritti, disegni e fotografie sono di proprietà di INWARE srl.

Diritti d’autore: La protezione del diritto d’autore è estesa non solamente al con-

tenuto redazionale di Fare Elettronica ma anche alle illustrazioni e ai circuiti

stampati. Conformemente alla legge sui Brevetti n.1127 del 29-6-39, i circuiti e gli

schemi pubblicati su Fare Elettronica possono essere realizzati solo ed esclusiva-

mente per scopi privati o scientifici e comunque non commerciali. L'utilizzazione

degli schemi non comporta alcuna responsabilità da parte della Società editrice.

La Società editrice è in diritto di tradurre e/o fare tradurre un articolo e di utiliz-

zarlo per le sue diverse edizioni e attività, dietro compenso conforme alle tariffe

in uso presso la società stessa.

Alcuni circuiti, dispositivi, componenti ecc. descritti in questa rivista possono be-

neficiare dei diritti propri ai brevetti: la Società editrice non assume alcuna re-

sponsabilità per il fatto che ciò possa non essere menzionato.

Elenco inserzionisti

Richieste di assistenza

Artek 53-71Blu Nautilus 61Comis 75Compendio Fiere 27Elettroshop III copElettroterm 9Futura 11-105G.P.E. kit 83Grifo II copParsic 41-59Pianeta Elettronica 19Sandit 93Studio Fulcro 45

Collaborare con Fare ElettronicaLa redazione di Fare Elettronica è alla ricerca dicollaboratori per la stesura di articoli, progetti,tutorials, rubriche e libri.Le richieste di collaborazione vanno indirizzate aTiziano Galizia ([email protected]) eaccompagnate, se possibile, da una brevedescrizione delle vostre competenze tecniche e/oeditoriali, oltre che da un elenco degli argomentie/o progetti che desiderate proporre.

Per richiedere assistenza o chiarimenti sugli articolipubblicati, vi preghiamo di contattare l’autore, ilcui nome ed indirizzo email è sempre riportatosotto il titolo dell’articolo stesso.Nel caso ciò non fosse possibile potete scrivere [email protected], ricordandovi dispecificare il numero della rivista ed il titolodell’articolo per il quale chiedete chiarimenti,oltre al vostro nome, cognome ed indirizzo email.Tutte le richieste con informazioni insufficienti oanonime non saranno prese in considerazione.

Come contattarciIndirizzo email della Redazione:

[email protected]

Indirizzo email dell’Ufficio Abbonamenti:[email protected]

I nostri numeri telefonici:Telefono 02.66504794 Fax 02.66508225

Il nostro indirizzo postale:INWARE Edizioni

Via Cadorna, 27/31

20032 Cormano (MI)

www.farelettronica.com

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SOMMARIO

tecnologie sperimentaliMissilistica amatoriale 38Strumentazione:Datalogger a 5 canali analogicidi Eugenio Cosolo e Esteban Mascarella

Spirit, una missione, un robot 94(seconda parte)di Riccardo Ricci

tutorialPIC® Microcontroller 22By Example (sesta parte)di Tiziano Galizia e Sergio Tanzilli

Vitamina C (ottava parte) 56di Sergio Tanzilli

Alla scoperta dell’optoelettronica: 84I diodi LEDdi Andrea Perilli

praticamenteRegolatori di tensione integrati 62(alimentatore milleusi)di Maurizio Del Corso

scuolabusITIS “Enrico Mattei” Isernia 70

hardwareIntroduzione alle logiche 12programmabili (quinta parte)di Simone Bernardi

Data Storage Box 28di Enzo Brusati

Proiettori HID XENON per automobili 46di Andrea Marani

Controllo di temperatura per PC 90di Dario Mazzeo

rubricheMailbox 6

News 8

Le fiere e mostre mercato 68di Maggio 2004

In Vetrina:

PROTEUS: L’unico software indispensabile 110per la progettazione elettronica

robomaniaIntroduzione alla robotica 106di Massimiliano Bracci

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AMPLIFICATORE TV

Cara Redazione, posseggo il modulo ibrido Aurel

Mav-VHF 224 e vorrei amplificarne l'uscita RF per

migliorare le prestazioni in termini di distanza.

Come posso fare, senza usare un altro ibrido?

Simone Berchielli

Sul numero 215 (maggio 2003) di FareElettronica a pagina74, è stato pubblicato il pro-getto di un amplificatore TV per il canale H2 da600 mW, esplicitamente studiato per essere inter-facciato con i moduli Aurel.In figura 1 è riportato lo schema elettrico, maconsigliamo di leggere l'articolo per le informa-

R

D zioni sulla realizzazione e la taratura, in quantooperazioni un po’ delicate.

CONNESSIONE S-VIDEO/SCART

Spettabile Redazione, vorrei collegare l’uscita S-Vi-

deo e l’audio del mio portatile alla presa Scart della

TV, per poter vedere i miei filmati sulla televisione.

Avete uno schema adatto alle mie esigenze? Grazie

per la vostra attenzione.

Luca Bonfà

L’uscita S-Video presente sui PC portatili,ma anche sulla maggior parte delle schede videopiù recenti, si compone di due segnali: Intensità oLuminanza (Y), Colore o Crominanza (C) e relativiconduttori di massa.

R

D

Dubbi, perplessità,malfunzionamenti, opinioni,commenti o richieste? Inviateli a: [email protected]

Oppure scriveta a:Mailbox - Redazione di Fare ElettronicaInware EdizioniVia Cadorna, 27/31 - 20032 Cormano (MI)

Le lettere più interessanti saranno pubblicate in queste pagine.Per quanto possibile, inoltre, cercheremo di dare una risposta privata achiunque ci scriverà via email.

mai

lbox

MAILBOX6

Figura 1: Schema dell’amplificatore TV per canale H2 Figura 2: Connessioni della presa SCART

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Questi segnali possono essere direttamente con-nessi ai relativi pin della presa Scart come mo-strato nello schema di figura 2.

Il condensatore da 470 pF può essere inserito di-rettamente nell’involucro del connettore maschioMini-Din a 4 poli, utilizzato per la connessionecon il PC.Per l’audio consigliamo l’utilizzo di un jack stereoin modo da inserirlo direttamente nella presa cuf-fie del PC.In alcuni modelli di portatili, l’uscita S-Video facapo ad un connettore Mini-Din a 7 poli anziché4. Anche in questo caso lo schema proposto è an-cora valido in quanto il connettore a 4 poli puòessere inserito nella presa a 7 poli senza alcunamodifica.

RIUTILIZZO DI CARICABATTERIE

Sono un hobbista alle prime armi con tutt'altra for-

mazione scolastica (informatico), il mio interesse

verte soprattutto sull'utilizzo dei PIC applicati alla

robotica ed ho seguito con interesse i vostri. ultimi

articoli sull'argomento.

La mia domanda: avendo a disposizione diversi ca-

rica batterie di vecchi telefonini (distrutti), questi

possono essere utilizzati come normali alimentatori

per apparecchiature elettroniche?

Infine, quale'è la differenza tra alimentatore e carica

batterie? Grazie!

Gaetano Stella

Chiariamo innanzitutto la differenza tra unalimentatore ed un caricabatterie.Un alimentatore è un circuito in grado di fornire,in uscita, una tensione costante indipendente-mente dalla corrente richiesta dal carico. In realtàquesta indipendenza è solamente teor ica inquanto la corrente di uscita è comunque limitatae, se il carico assorbe corrente oltre tale limite, latensione di uscita diminuisce.

Normalmente per evitare il danneggiamento deidispositivi, gli alimentatori sono equipaggiati dasistemi di protezione contro i corto-circuiti ed isovraccarichi.Gli alimentatori possono essere costruiti con tec-nologia tradizionale (impiegando un trasforma-tore ed una serie di transistori con la funzione distabilizzare la tensione e fornire in uscita la cor-

R

D

rente richiesta) o in tecnologia “switching” in cuii transistori vengono utilizzati come interruttoriper generare onde quadre, che verranno applicatead un elemento con la funzione di “volano”, ilquale, a sua volta, le trasformerà in una tensionecontinua.La tecnologia switching consente di sfruttare almassimo i transistori (che restano in conduzioneper intervalli di tempo limitati) e di utilizzare tra-sformatori meno ingombranti.Per ricaricare una batteria, si deve far scorrere inessa una corrente (corrente di carica) che può es-sere costante, oppure molto grande nella fase ini-ziale e via via minore man mano che la batteria sicarica.

Risulta dunque evidente che un caricabatteria nonè altro che un alimentatore con qualcosa in più: ilcontrollo della corrente di uscita.

I caricatori più recenti sono tutti in tecnologiaswitching per cui possono erogare correnti di unacerta entità, mantenendo dimensioni ridotte e li-mitando il surriscaldamento.Con opportune attenzioni è dunque possibile uti-lizzare i tuoi vecchi caricabatteria come alimenta-tori.

Poiché i tuoi circuiti avranno bisogno di una ten-sione stabile, è opportuno utilizzare regolatori in-tegrati (tipo il 7805) connessi al caricabatteria,come mostrato in figura 3.

Benché tali regolatori siano in grado di erogarecorrenti fino ad 1 A, si deve fare attenzione a nonrichiedere al nostro caricabatteria una correntesuperiore a quella che è in grado di erogare (chenormalmente è indicata sull’etichetta).

Per quanto riguarda i regolatori integrati, la ri-mandiamo alla rubrica “Praticamente” che, que-sto mese, analizza in dettaglio le caratteristiche el’uso dei regolatori della serie 78xx, 79xx edLM317.

MAILBOX 7

Figura 3: Schema di uno stabilizzatore per caricabatteria

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variazione delle condizionidi illuminazione ambien-tale. L’idoneità della serieSrpc agli ambienti indu-striali è garantita dal fron-tale in alluminio conformeai requisiti Nema/Ip65,che assicura la tenuta sta-gna all’acqua e alla polve-re. Il sistema può essereespanso con qualsiasischeda Pci/Isa half-size.

readerservice.it 413 - 54

PROCESSORE PERSISTEMI RECORDERIl processore per sistemidisco fisso/Dvd recorderDiMeNsion 8652 (Dmn-8652) di Lsi Logic è undispositivo su singolo chipa elevate prestazioni diseconda generazionebasato sulla comprovataarchitettura DoMiNo. Èstato progettato per con-sentire ai produtori dioffrire modelli di recordercombinati rispondendo airequisiti di prestazioni e diprogettazione necessariper favorire lo sviluppodelle caratteristiche sem-pre più richieste di Dvr eDvd recorder.

readerservice.it 413 - 55

SISTEMA DI VISIONENational Instruments haannunciato Ni Cvs-1455Compact Vision Systemche, rispetto alla prece-dente versione Ni Cvs-1454, raddoppia la poten-za di elaborazione e qua-druplica la capacità dellamemoria, consentendo diaumentare in modo consi-derevole la produttivitàdelle applicazioni di visio-

NEWS413

Questo spazio è gentilmen-

te offerto da EONews, il

Quindicinale di notizie e

commenti per l’industria

elettronica di VNU Business

Publications Italia.

IDEE DI PROGETTO: LANUOVA INIZIATIVA SULWEB DI ELETTRONICAOGGI

“Idee di progetto – Design

Ideas” è la nuova rubrica di

Elettronica Oggi che è stata

lanciata dal mese di

Settembre 2003. Caratteri-

stica saliente di questa nuo-

va iniziativa è che sarà com-

pletamente ed esclusivamen-

te on line ed accessibile dal

sito www.ilb2b.it.

L’obbiettivo principale è crea-

re una vera e propria libreria

di idee alla quale tutti coloro

che operano in maniera pro-

fessionale nel mondo dell’elet-

tronica possano “catturare”

informazioni e suggerimenti

utili per il loro lavoro quotidia-

no. Questo nuovo strumento

vi permette di scaricare, con

un solo click, tutte le risorse

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cemente qualsiasi problema

e, in ultima analisi, minimiz-

zare il time to market.

CONVERTITORI A/DLe famiglie di convertitoriA/D da 12 e 10 bitMax1226-Max1231 eMax1026-Max1031 diMaxim Integrated Pro-ducts (Esco Italiana) pos-sono gestire 8, 12, 16ingressi analogici sbilan-ciati o 4, 6, 8 ingressi ana-logici bilanciati. Questidispositivi, grazie alla Fifointegrata, la possibilità discandire i canali d’ingres-so, il generatore di clockinterno e la possibilità d’e-seguire una media suicampioni del segnale con-vertito, riducono i requisi-ti di I/O del microproces-sore utilizzato con-giuntamente. L’integra-zione del sensore di tem-peratura con accuratezzadi +/-1 grado C, che forni-sce l’informazione dellatemperatura locale, elimi-na la necessità di un sen-sore esterno. Come risultato si ha unariduzione di costo e spaziosu scheda.

readerservice.it 413 - 51

DIODI LASER

Zarlink Semiconductor(Unique-Memec) ha pro-posto nuovi diodi laserFabry-Perot a lunghezzad’onda lunga (bande1300 o 1500 nm) cheoffrono i massimi livelli dipersonalizzazione.

Tradizionalmente im-piegata in applicazioni ditelecomunicazione, la fa-miglia Zl 60401 di diodilaser può essere facilmen-te personalizzata per uti-lizzi in una vasta gammadi apparecchiature, fra cuisistemi di riconoscimentografico e di sorveglianza,trasmissioni di video-proiettori e sistemi dimisura industriali. Fun-ziona da -40 a +85 gradiC, con pin-out accoppia-bile facilmente secondo leesigenze dei clienti. Leopzioni di package com-prendono Sc, St e prese Fcdi standard industriale,oltre a diverse opzionipigtail.

readerservice.it 413 - 53

PANEL PC

Sviluppato e prodotto daIcp Electronics (Contra-data), il panel Pc Srpc-5050A è provvisto dischermo Lcd da 15 polliciad altissima luminositàleggibile in piena lucesolare. Sette volte piùnumerosa dei normali Pa-nel Pc in commercio, coni suoi 1750 nits (cd/m2) laserie Srpc è ideale per leapplicazioni all’aria aper-ta. Grazie alla funzione diauto-dimming, non ènecessario regolare ma-nualmente la luminositàdello schermo in caso di

NEWS8

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ne artificiale.Dispone di un processoredalle elevate prestazioni,memoria non volatile e treporte Ieee 1394 (FireWire)che lo rendono uno stru-mento efficace per gestirequalsiasi compito di ispe-zione, da precisi comandidi assemblaggio a opera-zioni di ispezione del pac-kaging ad alta velocità. Con la possibilità di ese-guire 1.436 Mips, accele-ra l’ispezione visiva e per-mette di realizzare appli-cazioni con più videoca-mere senza dover ri-correre per questo a unitàdi elaborazione separate.

readerservice.it 413 - 56

TRANSCEIVERQUADRUPLOEspressamente studiatoper l’impiego in intercon-nessioni di tipo backpla-ne operanti a elevatavelocità che collegano leschede di linea e le sche-de di rete in applicazioniquali networking, storagee sistemi di elaborazione,il nuovo transceiverSerDes Scan50C400 aquattro canali operante a5 Gbps di NationalSemiconductor può esse-re utilizzato sui backplaneFr-4 esistenti progettatioriginariamente per sup-portare velocità di 1,25 e2,5 Gbps.L’I/O seriale di tipo Cml

del dispositivo è in gradodi gestire diverse velocitàdi trasferimento dati(1,25, 2,5 o 5 Gbps) su unbackplane a circuito stam-pato. In definitiva, è ingrado di garantire unthroughut totale pari a 40Gbps.

readerservice.it 413 - 57

MODULI SVGA

Toshiba ha ulteriormenteesteso la famiglia di Lcd

Tft a matrice attiva condue modelli Svga a colorida 31 cm (Ltd121C30S,Ltd121C31S), che combi-nano un’elevata luminosi-tà e un ampio angolo visi-vo con un sistema diretro-illuminazione incor-porato di lunga durata. Inuovi display rappresenta-no una soluzione moltoefficiente in termini dispazio, grazie al loro bassoprofilo, che dimostra disoddisfare i requisiti diuna vasta gamma diapplicazioni. Offrono unarisoluzione pari a 800 x600 pixel (Svga) e un’areadi visualizzazione attiva di246,0 x 184,5 mm inunità aventi un profilo

NEWS 9

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tecnologia Wireless

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compatto di dimensioni disoli 278,3 x 209,9 x 11,0mm, con valori di lumino-sità rispettivamente pari a350 e 250 cd/m2 e rap-porti tipici di contrasto di500:1 e 350:1.

readerservice.it 413 - 58

SUITE DI STRUMENTISOFTWARECypress Semiconductorha reso nota la disponibili-tà, a titolo gratuito per ipropri clienti, di una suitedi strumenti softwareesplicitamente concepitaper semplificare lo svilup-po di periferiche Usb 2.0.La nuova Usb MicroStudio1.0 comprende un devicedriver Usb 2.0 di tipogeneral purpose, una con-sole di controllo Usb,un’interfaccia Api, stru-menti per la configurazio-ne del dispositivo e un setcompleto di documenta-zione.

readerservice.it 413 - 59

RELÈ DI POTENZABIPOLARE

Plch di Tyco Electronics(Tyco Electronics AmpItalia) è un relè di potenzabipolare da 10 A, marchioOeg, disponibile in tre ver-sioni: da innesto su zocco-lo, da circuito stampato econ alette di fissaggio. I ter-minali faston assicurano uncollegamento senza salda-

tura rapido e facile. Tra leapplicazioni tipiche vi sonoi quadri elettrici, gli elettro-domestici e altre applica-zioni di potenza in cui ilrequisito economico è pre-dominante. È in grado disostenere una vita mecca-nica superiore a 10 milionidi cicli, pesa solo 32 g efunziona a una temperatu-ra compresa tra -10 e 55gradi C; è conforme allaclasse di infiammabilità Ul94 V-0.

readerservice.it 413 - 60

REGOLATOREMICROPOWERLt3023 è la sigla di un dop-pio regolatore micropowera rumore e dropout bassi,da 100 mA, reso disponibi-le da Linear Technology(Silverstar Celdis). Funzionacon un intervallo di tensio-ni di ingresso da 1,8 a 20 V,fornendo due uscite 100mA a tensioni di 1,22 V.Può alloggiare sorgenti apartire da celle singoleioni-litio o multicelle alca-line/Nmh, come anche ter-minali fissi a maggiore ten-sione. Con un condensato-re bypass da 0,01 microF, ilrumore di uscita è di 20microVrms su una larghez-za di banda da 10 Hz a 100kHz. Progettato per usi insistemi alimentati a batte-rie, la corrente di riposo di20 microA/canale lo rendeperfetto per massimizzaretempi di esecuzione. Lacorrente di riposo in moda-lità shutdown è meno di 1microA/canale e due pin dishutdown consentonocontrolli indipendenti. Latensione di dropout è di

soli 300 mV (a 100 mA).

readerservice.it 413 - 63

FILTRI PASSA BASSOTra le novità proposte daFrequency Devices (AllData) vanno segnalate leserie: D100B, famiglia di fil-tri passa banda a 2 poli;Db100L, famiglia di filtripassa basso Butteworth oBessel, a 4 o 8 poli.I filtri delle due famigliesono caratterizzati da livellidi rumore e distorsioneprossimi al minimo teorico(-120 dB). Il tutto in unpackage, grazie alla tecno-logia surface-mount e agliamplificatori ad elevateprestazioni, estremamentecontenuto (32 pin Din).Questi componenti sono,inoltre, “self contained”,non richiedono cioè modu-li esterni o condizionamen-ti ulteriori per funzionare.Ogni filtro viene imposta-to, poi, per operare in uncorner di frequenza com-preso in un range moltoampio: 100 Hz-100 kHz. Ifiltri sono pronti all’uso e

NEWS10

COME OTTENERE MAGGIORI INFORMAZIONI

EONews offre il servizio “reader service” che vi con-sente, utilizzando l’apposito codice riportato alla finedi ogni news, di ricevere maggiori informazioni.

Visitate il sito www.readerservice.it e compilate lacartolina virtuale con i vostri dati, il numero della rivi-sta, questo mese il 413, ed i numeri di reader servicepresi dalle notizie che vi interessa approfondire.

EONEWS provvederà, tempestivamente, a contattarele aziende interessate, che invieranno al vostro indi-rizzo tutta la documentazione disponibile.

perfetti per numeroseapplicazioni.

readerservice.it 413 - 64

CONVERTITORE A DUELOGARITMIIl nuovo convertitore a duelogaritmi Adl5310 diAnalog Devices offre la fun-zionalità di due convertito-ri discreti su un singolochip, fornendo ai progetti-sti di sistemi di comunica-zione ottica un’alternativaall’uso di convertitori ad unlogaritmo multipli. Funziona con una singolaalimentazione di 3 V econverte correnti diingresso lungo un campodinamico di 100 dB. Èottimizzato per monito-raggi di potenza in unavasta gamma di applica-zioni di sistemi di comu-nicazione ottica, compre-si circuiti di controllolaser, interruttori ottici,attenuatori, amplificatorie monitoraggi generali disistemi.

readerservice.it 413 - 65

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INTRODUZIONE ALLE

LOGICHE PROGRAMMABILI

INTRODUZIONE ALLE

LOGICHE PROGRAMMABILI

di Simone [email protected]

L’attuale complessità dei dispositividigitali rende pressoché impossibileprogettare attraverso l’inserimento dielementi schematici elementari comeregistri, porte logiche,bus, segnali di collega-mento; a parte il fattoche anche per progetti dimedia complessità ci vor-rebbero metri quadrati dicarta, il motivo principa-le è che apportare modi-fiche ad uno schemaelettrico complesso puòrisultare un lavoro enor-me. Pensate per esempioad un sistema che utilizziun bus a 10 bit; se ad uncerto punto dello svilup-po il progettista si accor-gesse che è necessarioaumentare la larghezzadel bus a 12 bit, dovreb-be correggere l’interodisegno. Questi e altriostacoli alla progettazione possonoessere superati agevolmente utiliz-

zando un approccio diverso, basto suun linguaggio di descrizione dell’-hardware.Per quanto possa sembrare strano,

tutto cominciò una trentina di annifa, quando, negli Stati Uniti nacque il

progetto VHDL, che sta per VHDSC

Hardware Description Language(VHDSC sta per Very High SpeedDigital Circuits). Il progetto si propo-

neva di elaborare un lin-guaggio codificato chesuperasse i limiti didescrizione e progetta-zione attraverso il dise-gno schematico classico,che permettesse di gesti-re la complessità cre-scente dei circuiti elet-tronici digitali e che rap-presentasse uno stan-dard condiviso: in que-sto modo si sarebbepotuto permettere a unteam di lavoro di svilup-pare sezioni autonomedi un progetto per poiassemblarle successiva-mente, con la possibilitàdi riutilizzare alcuneparti del lavoro per pro-

getti successivi. Il VHDL e gli altri linguaggi di descri-

La flessibilità e la potenzialità delle logiche programmabili sono dovute alla potenzadei tool di progettazione e di sintesi. Nelle puntate precedenti abbiamo illustrato leprincipali caratteristiche del tool MAX II Plus di Altera, illustrando come inserire unprogetto a partire dal disegno schematico. In questa puntata introduciamo l’argomentodei linguaggi di descrizione dell’hardware, uno dei più innovativi approcci allaprogettazione di hardware digitale.

HARDWARE

HARDWARE12

quinta parte

Figura 1: La scheda MiniMax-44 con la schedina di clock

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zione dell’hardware (Verilog,SystemC, ecc) sono gli strumentiquotidiani attraverso i quali migliaiadi ingegneri in tutto il pianeta pro-gettano gli attuali sistemi digitali.Anche se, inutile dirlo, tra questepagine non c’è lo spazio per un corsospecifico, gli esempi che realizzere-mo saranno indicativi delle potenzia-lità di questo tipo di approccio allaprogettazione.

UNA LOGICA PUÒ FARE…Un’applicazione classica per un dis-positivo logico programmabile èquella che prevede la realizzazione diperiferiche specifiche e personalizza-te da utilizzare in abbinamento asistemi a microprocessore. In questapuntata ci occuperemo di due appli-cazioni classiche, un controller permotori passo passo e un controllerPWM. Gli esempi si appoggiano sullascheda MiniMAX-44 prodotta dallaDigitronix, di cui abbiamo già parla-to nella puntata precedente; su unascheda di questo tipo è molto sem-plice allestire i più svariati esperimen-ti, realizzare progetti completi osezioni di progetti più complessi.Ricordo che la scheda MiniMAX-44,permette di programmare le CPLDEPM3032ALC44, EPM3064ALC44,EPM7032SLC44 e EPM7064SLC44 diAltera ed è realizzata in modo dapoter accedere a tutti gli ingressi e leuscite di una CPLD a 44 pin. Sullascheda è stato previsto un alimenta-tore in grado di fornire i 5V per leMAX70XX oppure, in alternativa, i3.3V per le MAX30XX; è sufficienteinserire o togliere un jumper per sele-zionare quale alimentazione usare.L’alimentazione può essere usataanche per alimentare schede esterne,a patto di non superare i 200-300mA di assorbimento.

Il segnale di clock

Al contrario di un microprocessore,una logica programmabile non hanecessariamente bisogno di un

segnale di clock per funzionare. Cisono tuttavia numerose applicazioni,tra le quale quelle presentate nellepagine che seguono, per le quali unsegnale di clock è indispensabile.Poiché la MiniMAX-44 non possiedeun oscillatore a bordo, questo segna-le deve essere fornito dall’esterno,usando, per esempio, un generatoredi onde quadre, oppure un piccoloplug-in come quello presentato nellapuntata scorsa. Vi ricordo che nellamaggior parte dei casi, è consigliabi-le utilizzare lo strip CON5. In questocaso il segnale di clock sarà applicatoal pin 26, che dovrà quindi essereassegnato ad una opportuna primiti-va di input.

UN CONTROLLER PWMDove si incontra per la prima volta

il linguaggio AHDL…

La necessità di generare una tensionevariabile attraverso dispositivi digitaliè molto frequente; controllo con osenza retroazione per motori, regola-zione dell’illuminazione dei display infunzione della luce ambiente, gene-razione di suoni sintetizzati, solo perfare qualche esempio. Per ottenereuna tensione variabile a partire da unsistema digitale ci sono due strategiepossibili: utilizzare un convertitoreD/A oppure un generatore PWM.Abbiamo visto come implementareun semplice D/A parallelo a 4 bitnella scorsa puntata; ovviamente larisoluzione dei D/A utilizzati in ambi-to elettronico è molto superiore a 4

bit, e può arrivare fino a 32 bit eoltre. Questa soluzione è adottata neicasi in cui il segnale convertito debbaavere caratteristiche di banda gene-ralmente elevate, diciamo oltre0.1÷1 MHz. Nei casi in cui, invece, ilsegnale analogico abbia una bandalimitata, diciamo sotto i 100 KHz, sipuò utilizzare la tecnica PWM. L’acronimo PWM sta per PulseWidth Modulator e significa cheviene generato un segnale ad ondaquadra con una frequenza fissa, macon larghezza dell’impulso variabile,come si vede in figura 2. Per ottene-re una tensione proporzionale allalarghezza di questo impulso è suffi-ciente un integratore, che può essererealizzato con un semplice filtropassa basso del primo ordine. La tec-nica PWM è quindi piuttosto sempli-ce e, utilizzando un solo pin del dis-positivo logico, permette notevolisemplificazioni rispetto all’utilizzo diun bus a 8, 16 o 32 segnali necessariper D/A paralleli.

L’utilizzo della tecnica PWM è tal-mente diffuso che molti microcon-trollori dispongono internamente digeneratori PWM dedicati; esistonoinoltre controllori PWM integrati.Nonostante la possibilità di reperirein commercio dispositivi già prontiad essere utilizzati, rimangono buonimotivi per affrontare insieme la rea-lizzazione di un controller PWM suuna logica programmabile:• Innanzitutto per motivi didattici,

poiché questa sarà la scusa per avvi-cinarsi ad uno dei linguaggi didescrizione dell’hardware.

• Perché i dispositivi di commerciohanno una risoluzione fissa,generalmente di 10 bit per quelliintegrati nei microcontrollori,mentre può risultare necessariorealizzare un controller a maggio-re precisione.

• Perché, come abbiamo avutomodo di ripetere più volte, unalogica programmabile può fare

HARDWARE

HARDWARE 13

Figura 2: Il segnale PWM e il segnale analogicorisultante

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molte cose contemporaneamente equindi permette di affiancare ablocchi logici diversi, tipo unaUART, un comparatore digitale, unamacchina a stati un controller diquesto tipo, senza problemi di velo-cità, di gestione interrupt e altro.

Il prossimo paragrafo descrive la realiz-zazione di un controller PWM a quat-tro bit utilizzando la scheda MiniMAX-44 e un semplicissimo circuito esternoper filtrare il segnale digitale; controlle-remo il generatore utilizzando i 4 dipswitch che fanno capo a S5.

Il primo progetto in AHDL

Il funzionamento di un controllerpwm può essere descritto a partireda blocchi funzionali, come descrittoin figura 3.

Il contatore a n bit incrementa il pro-prio stato di una unità ad ogni colpodi clock; il bus di uscita c[ ] vieneposto in ingresso ad un comparatoredigitale che ne confronta il valoreassunto con quello presente sul busa[ ]. In dipendenza dall’esito del con-fronto il segnale pwm_out vieneposto a 1 o a 0. Quello che si ottieneè mostrato come esempio in figura 4,in cui n=4 e il valore del bus a[ ] èposto al valore binario “0011”, corri-

spondente al valore decimale “3”.

La strada più veloce per realizzare unmodulo PWM nel tool di sintesi MAXII Plus di Altera è il linguaggio modu-lare ad alto livello per il progetto dicircuiti digitali AHDL, che sta perAltera Hardware DescriptionLanguage. Come ho avuto modo diaccennare nelle precedenti puntate,si tratta di una versione più semplicee immediata del linguaggio VHDL.Per cominciare, è utile riportare lastruttura di un flip flop di tipo D, checostituisce l’elemento base dei registripiù comunemente utilizzati (figura 5).Ricordo che il funzionamento di unflip flop di tipo D è il seguente: all’ar-rivo del fronte di salita del segnale diclock, il segnale di uscita q assume ilvalore logico presente sull’ingresso d(l’ingresso d viene “campionato”); ilsegnale q mantiene tale valore fino alsuccessivo fronte di salita, quando ilsegnale d viene nuovamente cam-pionato. Il segnale q_negato, ovvia-mente, assume sempre il valoreopposto al segnale q.

Detto questo, cominciamo a lavoraresu MAX II Plus, creando innanzituttola cartella pwm_dir nella vostra areadi lavoro, ad esempioc:\max2work\pwm_dir\, quindi

cominciate un nuovo progetto(NEW, menu File) scegliendo il tipoText Editor File, quindi attivate ilcomando Set Project To Current File(shortcut CTRL+SHIFT+J) e salvate ilfile con il nome di pwm_module.Notate che l’estensione di questotipo di file è .tdf.Il codice AHDL da inserire nel fogliodi lavoro è riportato nel riquadro 1.

Una volta inserito il testo, salvate ilfile. Vediamo come è composto ilcodice AHDL del modulo pwm. Sinoti che tutte le parole in maiuscolosono keywords riservate, mentre icommenti sono preceduti e termina-ti dal carattere %. Tutte le righe dicomando, inoltre, terminano con il

HARDWARE

HARDWARE14

Figura 5: Un flip flop di tipo D

Figura 3: Schema a blocchi di un generatore PWM

Figura 4: Il segnale di clock ed il segnale PWM di uscita

RIQUADRO 1:CODICE PWM_GENERATOR

SUBDESIGN pwm_module

(

a[3..0] : INPUT;

clk_in : INPUT;

pwm_out : OUTPUT;

)

VARIABLE

ff[3..0] : DFF;

BEGIN

ff[].clk=clk_in;

ff[].d=ff[].q + 1;

IF (ff[].q < a[]) THEN

% pwm_out <- high %

pwm_out=vcc;

ELSE

% pwm_out <- low %

pwm_out=gnd;

END IF;

END;

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punto e virgola, come in C. • La keyword SUBDESIGN indica il

nome del blocco gerarchico AHDLe deve essere seguita dal nome delfile (senza l’estensione), che nelnostro caso è pwm_module.tdf

• Segue la dichiarazione dei segnaliin ingresso e uscita, racchiusa tradue parentesi tonde. Nel nostrocaso abbiamo un gruppo (bus) diquattro segnali a[3..0] di tipoINPUT, ovvero di ingresso, il segna-le clk_in di clock, anch’esso diingresso ed il segnale pwm_out,che è un segnale di uscita.

• La keyword VARIABLE serve adichiarare le “variabili”. Per come siè abituati nell’uso dei linguaggi diprogrammazione, una variabile èuna locazione di memoria che con-tiene dei dati; nel caso che il lin-guaggio descriva una strutturahardware, il concetto di variabile diriferisce a sezioni del circuito, comeregistri, in grado di memorizzareuna certa configurazione binaria.La variabile che usiamo si chiamaff[3..0], ed è di tipo DFF, ovvero ècomposta da un gruppo di 4 flipflop di tipo “D”. In pratica si trattadi un registro a 4 bit.

• La keyword BEGIN segna l’iniziodella struttura vera e propria.

• La notazione ff[ ].clk significa let-teralmente “il segnale clk dell’og-getto ff[ ]”, ed identifica quinditutti i segnali di clock dei 4 flip flop“D”; come si vede, questi segnalisono connessi (il segno ugualesignifica connessione) al segnaleclk_in di ingresso, dichiarato all’ini-zio.

• La notazione ff[ ].d significa lette-ralmente “il segnale d dell’oggettoff[ ]”, ed identifica quindi i 4 bit diingresso del registro ff[3..0]; allostesso modo, la scritta ff[ ].q signi-fica letteralmente “il segnale q del-l’oggetto ff[ ]”, ed identifica quindii 4 bit di uscita del registro ff[3..0].

• Il comando ff[ ].d=ff[ ].q+1 significache il valore dell’ingresso del regi-

stro è ottenuto sommando il valore“1” a quello dell’uscita. Questosignifica che il tool di sintesi sipreoccuperà di inserire un bloccologico “sommatore” a 4 bit, inmodo da realizzare “fisicamente”la somma.

• Il blocco IF esegue una compara-zione tra lo stato del registro inter-no e il valore del bus a[3..0]; indipendenza dell’esito del confron-to, il segnale pwm_out viene postoa 1 logico (vcc) oppure a 0 logico(gnd). Come nel caso precedente,il tool di sintesi si preoccuperà diinserire un blocco logico “compa-ratore” a 4 bit, in modo da realiz-zare “fisicamente” il test.

Bè, a questo punto l’ideale sarebbepoter creare un blocco grafico a par-tire dal sorgente AHDL, con i pin diingresso e uscita che abbiamo sceltodi implementare, così da poterloinserire in un progetto schematico…Con MAX II Plus fare questo è sem-plicissimo, basta selezionare ilcomando Create Default Symbol(menu File) e il nuovo simbolopwm_module.sym è pronto. Per inci-so, è sempre consigliabile che tutti iblocchi gerarchici di un progetto tro-vino posto nella stessa cartella; assi-

curatevi sempre di lavorare secondoquesta regola.

A questo punto, cominciate unnuovo progetto, stavolta di tipo gra-fico. La trafila è sempre la stessa,selezionate NEW (menu File), sce-gliete il tipo Graphic Editor, quindiattivate il comando Set Project ToCurrent File (shortcut CTRL+SHIFT+J)e salvate il file con il nome dipwm_generator. Il file verrà salvatocon l’estensione .gdf.Fate un doppio click sull’area dilavoro e potrete vedere nella finestradi inserimento simboli, il bloccocreato in precedenza, elencato nellasezione Symbol Files. Selezionateloe date OK.Collegate le primitive di input e out-put come in figura 7, disegnate quin-di i fili di collegamento, facendoattenzione a disegnare correttamen-te il bus a[3..0] e editate il nome delleprimitive; quindi assegnate i pincome nella tabella 1, seguendo leindicazioni che abbiamo visto nellapuntata precedente.Scegliete quindi il dispositivo attra-verso la voce DEVICE (Menu Assign),dopodiché, come abbiamo vistonella puntata precedente, è necessa-rio assegnare alcune regole generalidi sintesi per la compilazione.Scegliete quindi la voce GlobalProject Logic Synthesis (MenuAssign) e spuntate le varie voci comein figura 8, soprattutto quella relativaai segnali globali (Automatic Global),che come ho ormai detto più volte,devono essere usati solo da maniesperte. Consiglio caldamente di uti-lizzare sempre queste impostazioni,perlomeno fino a che non avreteacquisito sufficiente dimestichezzacon i dispositivi ed il software. Bene,salvate e compilate il progetto.

Come realizzare il generatore

PWM sulla MiniMAX-44

Oltre alla sezione logica di figura 3,sono necessari altri due elementi per

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Figura 6: L’inserimento di un simbolo derivatodal codice AHDL

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la realizzazione del generatore PWM:un generatore di clock, che può esse-re ricavato da un generatore esternoo dalla schedina di clock di figura 1 eun circuito integratore. Quest’ultimopuò essere realizzato molto semplice-mente seguendo lo schema di figura9. La lista dei componenti utilizzati èriportata in tabella 2.

Il test del sistema è stato fatto utiliz-zando una EPM3064ALC44, alimen-tata a 3.3V. L’operazionale scelto è ilnotissimo LM358 ad alimentazionesingola, e, sebbene le sue specifichenon lo prevedano, funziona in questaapplicazione anche alimentato a3.3V, ovviamente con scarsa linearità.Se desiderate aumentare le prestazio-ni del sistema, potrebbe essere il casodi scegliere un amplificatore opera-zionale single supply funzionante abassa tensione. Il dimensionamentodella rete RC composta da R1 e C2 ètarato sulla frequenza di 5-10 KHzcirca, tenetene conto se voleteapportare modifiche al progetto. Il tutto trova posto sulla MiniMAX-44utilizzando il connettore CON3,mentre il clock deve essere applicato,

come già detto, al pin 26. Attraversoi dip-switch facenti capo a S5 si sce-glie un numero binario che determi-na la larghezza dell’impulso generatodalla CPLD e disponibile sul pin 40;l’uscita in tensione dopo l’integratoreal pin V_OUT sarà proporzionale atale larghezza.

UN CONTROLLER PER MOTORIPASSO PASSODove una logica programmabile

incontra gli ingranaggi e alla fine

scoppia l’amore…

Questo secondo esempio permettedi realizzare un controller per motoripasso passo unipolari, utilizzando lascheda MiniMAX-44 e un semplicissi-mo circuito esterno per pilotare inpotenza gli avvolgimenti del motore;prima di cominciare ad entrare nelvivo, approfitteremo dell’occasioneper fare un breve riassunto sul fun-zionamento di questo tipo di motori.Al contrario dei motori in correntecontinua, i motori passo passo pos-siedono diversi avvolgimenti distinti,chiamati “fasi” e la rotazione si ottie-ne eccitando tali fasi con una certasequenza. Uno schema semplificatodi un motore passo passo unipolare èriportato in figura 11.

Il motore dispone di quattro avvolgi-menti, un polo dei quali viene con-nesso in comune all’alimentazionepositiva. Se adesso poniamo a massala fase A, nell’avvolgimento corri-spondente scorrerà una corrente chemagnetizzerà il nucleo per induzio-ne, portando la freccia (che indica unipotetico polo N vincolato all’asse delmotore) a puntare verso l’alto. Sesuccessivamente colleghiamo amassa la fase B scollegando la fase A,per la stessa ragione il nucleo verràattratto dall’avvolgimento di destra,ed il motore compirà 1/4 di giro.Analogamente se “ecciteremo” lafase C.

In questo tipo di azionamento, le fasi

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Figura 7: Il progetto pwm_generator

Pin Assegnazione

clk 26

pwm_out 41

a0 8

a1 6

a2 5

a3 4

Tabella 1: pin assignment per il progettopwm_generator

Figura 8: La finestra Global Project Logic Synthesis

Figura 9: Schema elettrico del filtro integratore(passa basso)

Sigla Valore

R1 6.8 KΩ

R2 10 KΩ

C1 0.1 µF poliestere

C2 1 µF poliestere

IC1 LM358N

CON1Connettore a strip 90°Maschio 6 pin

Tabella 2: lista componenti del filtro integratore

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sono alimentate una per volta.Supponiamo che la coppia fornita inqueste condizioni abbia un valoreCoppia=1. È possibile anche alimen-tarne due in contemporanea, comevisibile in figura 13. In questo modoil flusso magnetico e, di conseguen-

za, la coppia che il motore genera,aumentano di circa 1 volta e mezzo,quindi con riferimento al valore pre-cedente Coppia=1,5.

I motori reperibili in commercio nonhanno ovviamente una risoluzione di

soli quattro passi, ma, generalmente48, 96, 100 o 200 passi a giro.Questo significa che, per esempio,un motore a 48 passi/giro ha unarisoluzione di 360/48=7.5 gradiangolari per ogni passo, mentre unmotore a 200 passi/giro ha una riso-luzione di 360/200=1.8 gradi; que-st’ultimo può quindi essere posizio-nato con molta maggiore precisionedel primo.Esiste un’ulteriore possibilità nell’a-zionamento di questi motori, chia-mata half step. Si tratta di una via dimezzo tra l’azionamento ad una sin-gola fase e quello a due fasi, come sivede in figura 14. Dalla figuradovrebbe risultare chiara la sequenzadi eccitazione.

La risoluzione del motore, in questomodo, raddoppia; ad esempio, unmotore a 48 passi/giro può essereimpiegato come se avesse 96passi/giro; la coppia risultante, dicontro, sarà una via di mezzo tra idue casi precedenti, quindiCoppia=1,25.Nella Tabella 3, 4 e 5 sono ripor-tate le sequenze di eccitazione diun motore a 4 fasi. Ovviamente,per la rotazione in un verso lasequenza dovrà scorrere verso ilbasso, e, raggiunta l’ultima riga diogni tabella, ricominciare dallaprima; per la rotazione nel versoopposto, la sequenza dovrà scor-rere verso l’alto e, raggiunta laprima riga di ogni tabella, rico-minciare dall’ultima.Vediamo come implementare tuttoquesto su un circuito digitale. Percominciare, un controller del tipoche stiamo per realizzare è caratte-rizzato da un insieme di “stati”. Icontroller della tabella 3 e 4 hannoquattro stati e ad ogni stato corri-spondono 4 uscite. Se invece consi-deriamo l’esempio in tabella 5, glistati sono otto, sempre con 4 usciteognuno. La successione degli stati ècadenzata da un segnale di clock e

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Figura 10: La scheda MiniMAX-44 su cui è statorealizzato il progetto pwm_generator

Figura 11: Schema semplificato di un motorepasso passo unipolare

Figura 12: Successione di eccitazione dei singoli avvolgimenti

Figura 14: Successione di eccitazione di avvolgimenti, half step

Figura 13: Successione di eccitazione di coppie di avvolgimenti

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comandata da un segnale di dire-

zione; se consideriamo il controllerin tabella 3 o in tabella 4, avremouna successione di “stati” come intabella 6.

Ciò di cui abbiamo bisogno per rea-lizzare tutto questo è quindi una“macchina a stati”, con un numerodi stati pari a 4 (full step) oppure 8(half step), avente un uscita a 4 bit(uno bit per ogni avvolgimento del

motore), un bit di ingresso per ilsegnale di clock e un bit per specifi-care la direzione di rotazione.

Il secondo progetto in AHDL

Anche per realizzare un circuito diquesto tipo la strada più veloce è illiguaggio AHDL. Create quindi lacartella step_dir nella vostra areadi lavoro, ad esempioc:\max2work\step_dir\, quindicominciate un nuovo progetto di

tipo testo, ovvero con estensione.tdf, inserendovi il codice riportatonel riquadro 2.A questo punto salvate il file con ilnome step_controller.tdf

Vediamo come è composto il codiceAHDL del controller per motoripasso passo. Si noti nuovamente chetutte le parole in maiuscolo sonokeyword riservate, mentre i com-menti sono preceduti e terminati dalcarattere %.

• La keyword SUBDESIGN indica ilnome del blocco gerarchicoAHDL e deve essere seguita dalnome del file, nel nostro casostep_control.tdf.

• Segue la dichiarazione dei segnalida e verso l’esterno, racchiusa tradue parentesi tonde. Nel nostrocaso abbiamo i quattro bit di tipoINPUT, ovvero di ingresso, clk,reset, dir e il segnale f_h di sele-zione half/full step, mentre abbia-mo un bus di 4 bit di tipo OUT-PUT, chiamato z[3..0]. Si noti cheper le macchine a stati descritte inAHDL il segnale di reset è obbliga-torio.

• La keyword VARIABLE serve adichiarare le variabili; la prima diqueste è la macchina a stati vera epropria, che nel nostro caso vienechiamata step_m. Il nome vieneassegnato attraverso le keywordsMACHINE OF BITS. Ogni macchi-na a stati così definita possiedenecessariamente un ingresso diclock e uno di reset. Tra parentesisegue la variabile di stato dellamacchina a stati, ovvero z[3..0]che coincide volutamente con ibit di uscita. Dopodiché, traparentesi, si dichiarano esplicita-mente i valori dei quattro stati, equindi delle quattro uscite corri-spondenti.

• La keyword BEGIN segna l’iniziodella struttura vera e propria. Lanotazione step_m.clk significa let-

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Fase 1 Fase 2 Fase 3 Fase 4

1° step OFF OFF ON ON

2° step OFF ON ON OFF

3° step ON ON OFF OFF

4° step ON OFF OFF ON

Tabella 4: Pilotaggio full step, due fasi per volta, Coppia=1,5

Fase 1 Fase 2 Fase 3 Fase 4

1° step OFF OFF OFF ON

2° step OFF OFF ON OFF

3° step OFF ON OFF OFF

4° step ON OFF OFF OFF

Tabella 3: Pilotaggio full step, una fase per volta, Coppia=1

Fase 1 Fase 2 Fase 3 Fase 4

1° step OFF OFF OFF ON

2° step OFF OFF ON ON

3° step OFF OFF ON OFF

4° step OFF ON ON OFF

5° step OFF ON OFF OFF

6° step ON ON OFF OFF

7° step ON OFF PFF OFF

8° step ON OFF OFF ON

Tabella 5: Pilotaggio half step, Coppia=1,25

Direzione = dx 1° step 2° step 3° step 4° step 1° step 2° step ecc.

Direzione = sx 4° step 3° step 2° step 1° step 4° step 3° step ecc.

Tabella 6: successione degli “stati” nella rotazione

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RIQUADRO 2: CODICE STEP_CONTROL

SUBDESIGN step_control(

Step : INPUT;reset : INPUT;dir : INPUT;f_h : INPUT;z[3..0] : OUTPUT;

)VARIABLEstep_m: MACHINE OF BITS (z[3..0])WITH STATES % current current %% state = output %(

s0 = b"0011",s1 = b"0010",s2 = b"0110",s3 = b"0100",s4 = b"1100",s5 = b"1000",s6 = b"1001",s7 = b"0001"

);BEGINstep_m.clk = step;step_m.reset = reset;TABLE% current input input next %% state, dir h_f, => state %step_m, dir, f_h => step_m;% full step %

s0, 0 ,0 => s2;

s0, 1 ,0 => s6;s1, 0 ,0 => s2;s1, 1 ,0 => s0;s2, 0 ,0 => s4;s2, 1 ,0 => s0;s3, 0 ,0 => s4;s3, 1 ,0 => s2;s4, 0 ,0 => s6;s4, 1 ,0 => s2;s5, 0 ,0 => s6;s5, 1 ,0 => s4;s6, 0 ,0 => s0;s6, 1 ,0 => s4;s7, 0 ,0 => s0;s7, 1 ,0 => s6;

% half step %s0, 0 ,1 => s1;s0, 1 ,1 => s7;s1, 0 ,1 => s2;s1, 1 ,1 => s0;s2, 0 ,1 => s3;s2, 1 ,1 => s1;s3, 0 ,1 => s4;s3, 1 ,1 => s2;s4, 0 ,1 => s5;s4, 1 ,1 => s3;s5, 0 ,1 => s6;s5, 1 ,1 => s4;s6, 0 ,1 => s7;s6, 1 ,1 => s5;s7, 0 ,1 => s0;s7, 1 ,1 => s6;

END TABLE;END;

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teralmente “il segnale clk dell’og-getto step_m”, così come lastep_m.reset significa letteral-mente “il segnale reset dell’ogget-to step_m”; questi due segnalivengono assegnati ai pin diingresso clk e reset. A questopunto viene definita la successio-ne degli stati, in funzione del valo-re dei segnali dir e f_h. Il primoblocco definisce la successionedegli stati in modalità full_step,(pin f_h=0), il secondo in modali-tà half_step (pin f_h=1).

Come fatto precedentemente, aquesto punto potete creare un bloc-co grafico a partire dal sorgenteAHDL, selezionando il comandoCreate Default Symbol (menu File); ilnuovo simbolo stepper_control.symsarà disponibile nella vostra cartelladi lavoro. Ripeto che è sempre con-sigliabile che tutti i blocchi gerarchi-ci di un progetto trovino posto nellastessa cartella.

Adesso apriamo un nuovo progetto,di tipo Graphic Editor File e chiama-telo Step_driver.gdf (non ripeto laprocedura). Fate un doppio clicksull’area di lavoro, assicuratevi che ladirectory step_dir sia riportata nelriquadro File Name e vedrete ilnome step_control nella finestra di

sinistra. Selezionate il simbolo e pre-mete OK. Adesso, inserite quattroprimitive di input e una primitiva dioutput e assegnate i nomi ad ognu-na di esse come in figura 15. Fatecaso che abbiamo collegato unaporta di uscita direttamente su unbus; questo è possibile, e semplificail lavoro, a patto di assegnare allaprimitiva di output un nome di tipobus, nel nostro caso step[3..0].Come è stato fatto notare nella terzapuntata, all’interno di MAX II Plus, ilnome dei segnali che lo compongo-no un bus è ereditato dal nome delbus stesso: il primo segnale del buss si chiamerà quindi step0, il secon-do step1 e così via.

Assegnate il dispositivo su cui com-pilare il progetto (menù Assign) equindi assegnate i pin di I/O ad ognisegnale, seguendo la figura 15 esecondo tabella 7:Collegate gli elementi circuitalicome in figura 15, facendo attenzio-ne al bus in uscita dal pin z[3..0],che deve risultare tracciato con iltratto “spesso”, e i fili di connessio-ne di ognuno dei segnali di I/O(tratto fine). Assegnate le proprietàdi sintesi, come visto in figura 8, sal-vate e compilate il circuito.

Come realizzare il controller per

motori passo passo sulla

MiniMAX-44

Oltre alla sezione logica di figura15, sono necessari altri due elemen-ti per la realizzazione del generato-re PWM: un generatore di clock,che può essere ricavato da un gene-ratore esterno o dalla schedina diclock di figura 1 e un circuito di

potenza per il pilotaggio degliavvolgimenti. Quest’ultimo puòessere realizzato molto semplice-mente seguendo lo schema di figu-ra 16. La lista dei componenti utiliz-zati è riportata in tabella 8.Il connettore CON1 della scheda dipotenza va inserito nel CON4 dellaMiniMAX-44, mentre il connettoreCON2 va alle 4 fasi del motore, e alfilo comune.L’alimentazione del motore, chepuò variare da 5 a 24 V a secondadel tipo utilizzato, deve essere por-tata ai morsetti V_STP+ e V_STP-

del CON3.Il test del sistema è stato fatto utiliz-zando una EPM3064ALC44, ali-mentazione a 3.3V e un motorestepper ricavato da un fax rottama-to; l’assorbimento di questo motoreè di circa 100 mA, in ogni caso con-siderate che il driver ULN2003ANsopporta fino a 500 mA.Ogni pin di uscita del chip è protet-to contro le extratensioni generatidalla commutazione degli avvolgi-menti attraverso un diodo, ma affin-ché tale protezione sia efficace èimportante che il pin 9 sia connessoal ramo positivo dell’alimentazionedel motore stepper V_STP+.Il tutto trova posto sulla MiniMAX-44 come in figura 17.Attraverso il dip switch S5/A, facen-te capo al pin 8 della CPLD, si sce-glie la direzione di rotazione; il dipswitch S5/D, facente capo al pin 4,permette di selezionare la rotazionefull o half step.Il pin di reset è posto a massa tra-mite la resistenza di pull-down pre-sente su ogni pin di I/O dellaMiniMAX-44; per resettare la mac-

HARDWARE

HARDWARE20

Figura 15: Il progetto step_driver

Pin Assegnazione

clk 26

reset 14

dir 4

f_h 8

step0 33

step1 34

step2 37

step3 39

Tabella 7: pin assignment per il progetto step_driver

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zione digitale sono sufficienti uncontatore e un blocco di confronto.Non solo, con poco sforzo sullasezione di confronto, potrebbeessere implementata anche unafunzione di accelerazione/rallenta-mento nelle fasi di partenza e distop, utilizzando la funzionalitàhalf step.Oltre che per motori passo passo,un sistema di posizionamento deltipo descritto può essere realizzatoanche con motori in corrente con-tinua provvisti di encoder; in passa-to ho utilizzato questa tecnica pervelocizzare la realizzazione di unprototipo di un sistema di control-lo assi.

DOVE REPERIRE IL MATERIALEHo acquistato la scheda di sviluppoMiniMAX-44 presso la dittaDigitronix, ad un prezzo di 49 €.L’indirizzo completo è:

DigitronixVia di Selvamaggio, 21/a53032 Colle di Val d’Elsa - SIENATel. 0577 [email protected]

Sul sito troverete tutti gli ulterioridettagli relativi all’acquisto e allespese di spedizione, il prezzo degliaccessori come la schedina di clock,l’alimentatore e le CPLD MAX30xx eMAX70xx.

Il distributore ufficiale Altera è Arrow

china a stati è necessario portarlo aVcc per un istante, premendo il pul-sante S1.

Infine, una possibile applicazione

Vorrei terminare suggerendo unaestensione possibile al progetto deldriver per motori passo passo.Supponiamo di avere un microcon-trollore che gestisce una tastiera edue motori passo passo, posizio-nando di questi ultimi in funzionedei tasti premuti.Il micro deve coordinare due task:monitorare la tastiera e, contempo-raneamente, azionare i motori,gestendo la successione di eccita-zione delle fasi e fermare ognuno diessi dopo un certo numero di passi.Poiché il micro può, in realtà, fareuna sola cosa alla volta, per affron-tare il problema, si può utilizzareuna tecnica di polling tra i due task,o utilizzare un interrupt.

Suggerisco una possibile soluzionealternativa: utilizziamo una CPLDper realizzare una periferica che,oltre ad implementare la macchinaa stati vista nel paragrafo preceden-te, posizioni automaticamente ilmotore dove voluto, sulla base diun dato ricevuto dal micro.Quest’ultimo, quindi, comunica laposizione di target dei motori allaCPLD utilizzando un bus parallelo oseriale, dopodiché può disinteres-sarsi completamente di essi.

Per realizzare un controllo di posi-

(www.arrow.com), sul sito sonoelencati tutti i distributori italiani.

ARRIVEDERCI…Questa serie di articoli introduttivialle logiche programmabili finiscequa. Spero che gli argomenti tratta-ti e gli esempi applicativi siano statidi vostro interesse, ma sperosoprattutto di avervi contagiato conl’entusiasmo che nutro per questotipo di approccio alla progettazionedigitale.Resto a disposizione per scambiareopinioni, chiarire eventuali dubbi erispondere alle domande attraversola mia mail.

Arrivederci.

DOWNLOADI file relativi ai progetti pwm_gene-

rator e step_driver presentati inquesto articolo sono scaricabili dalsito di Fare Elettronica.

HARDWARE

HARDWARE 21

Sigla Valore

IC1 ULN2003N

CON1Connettore a strip 90°Maschio 6 pin

CON2 Connettore 5 pin

CON3 Connettore 2 pin

Tabella 8: lista componenti della sezione di potenzaFigura 16: Schema elettrico della sezione di potenza

Figura 17: La scheda MiniMAX-44 su cui è statorealizzato il progetto step_driver

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TUTORIAL22

L'applicazione d'esempio cheintendiamo realizzare, utilizza il cir-cuito per la gestione di un displayLCD, presentato nello scorsonumero al quale aggiungeremo lasezione RS232 per realizzare unasorta di miniterminale seriale.In pratica con il nostro circuitopotremo visualizzare su displayLCD i caratteri ASCII trasmessi dalnostro PC su una qualsiasi portaseriale, tramite un normale emula-tore di terminale tipo:Hyperterminal (su Windows), Telix(su MS/DOS) o Minicom (suLinux).

SCHEMA ELETTRICOCome potete notare dallo schemaelettrico riportato in figura 1, labase del circuito è identica a quelladello scorso numero con la solaaggiunta del circuito integrato U3,del connettore a vaschetta DB9,per il collegamento alla porta seria-le del PC, e di una manciata dicomponenti accessori.L'integrato U3, un MAX232 pro-dotto dalla Maxim, si occupa diconvertire i segnali RS232 dai ±12V, necessari per trasmettere e rice-vere dati sulla porta seriale, ai 0/5 V

TTL gestibili direttamente dalleporte del PIC.Ma apriamo una parentesi e vedia-mo in dettaglio come funziona lacomunicazione seriale in RS232.

LA RS232Lo standard RS232 definisce unaserie di specifiche per la trasmissio-ne seriale di dati tra due dispositividenominati DTE (Data TerminalEquipment) e DCE (Data Com-munication Equipment).Come si può vagamente intuire dalnome, il Data CommunicationEquipment è un dispositivo che sioccupa di gestire una comunicazio-ne dati mentre il Data TerminalEquipment è un dispositivo che sioccupa di generare o ricevere dati.In pratica l'RS232 è stata creata perconnettere tra loro un terminaledati (nel nostro caso un computer)con un modem per la trasmissionea distanza dei dati generati.Per avere una connessione tra duecomputer è quindi necessario dis-porre di quattro dispositivi comevisibile in figura 2: un computer(DTE) collegato al suo modem(DCE) ed un altro modem (DCE)collegato al suo computer (DTE). In

questo modo qualsiasi dato gene-rato dal primo computer e trasmes-so tramite RS232 al relativomodem, sarà trasmesso da questoal modem remoto che a sua voltaprovvederà ad inviarlo al suo com-puter tramite RS232. Lo stesso valeper il percorso a ritroso.Al fine di usare la RS232 per colle-gare tra loro due computer vicinisenza interporre tra loro alcunmodem, dobbiamo simulare inqualche modo le connessioni inter-medie, realizzando un cavo NULLMODEM o cavo invertente, ovvero,un cavo in grado di far scambiaredirettamente tra loro i segnali pro-venienti dai due DTE come se traloro ci fossero effettivamente iDCE.Per connettere il PC al nostro cir-cuito, invece, simuleremo diretta-mente un DCE facendo credere alPC di essere collegato ad unmodem. Prima di fare questodiamo uno sguardo in dettaglio alprincipio di funzionamento di unacomunicazione seriale.

LA COMUNICAZIONE SERIALEASINCRONAPer consentire la trasmissione di

TUTORIAL

PIC® MICROCONTROLLER

BY EXAMPLE

PIC® MICROCONTROLLER

BY EXAMPLE

Nello scorso numero abbiamo visto come collegare al PICmicro un display LCD,vediamo questo mese come dotare il nostro PICmicro di una porta seriale RS232per poterlo collegare a un PC.

sesta partedi Tiziano Galizia ([email protected])

e Sergio Tanzilli ([email protected])

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dati tra il PC ed il modem, lo stan-dard RS232 definisce una serie dispecifiche elettriche e meccaniche.Una di queste riguarda il tipo dicomunicazione seriale che si vuoleimplementare la quale può esseresincrona o asincrona. Nel nostrocaso analizzeremo solo la comuni-cazione seriale asincrona ignoran-do completamente quella sincronain quanto più complessa e non dis-ponibile sui normali PC.Una comunicazione seriale consistein genere nella trasmissione e rice-zione di dati da un punto ad unaltro usando una sola linea elettri-ca. In pratica se desideriamo tra-smettere un intero byte dobbiamo

prendere ogni singolo bit in essocontenuto ed inviarlo in sequenzasulla stessa linea elettrica, un po'come avviene per la trasmissione incodice morse. La differenza sostan-ziale sta nel fatto che a generare ericevere dati non c'è il telegrafistama un computer per cui le velocitàdi trasmissione raggiungibili sonomolto superiori. Facciamo subitoun esempio pratico e vediamocome fa un PC a trasmettere, adesempio, il carattere “A” usando laRS232.Non è necessario ovviamente rea-lizzare gli esempi riportati di segui-to in quanto presuppongono l'usodi una coppia di PC ed un oscillo-

scopio non sempre disponibili neinostri mini-laboratori da hobbysta.Per comprendere il funzionamentodi quanto esposto è sufficiente fareriferimento alle figure a corredo.Se prendiamo una coppia di fili ecolleghiamo tra loro le porte seria-li di due PC (che denomineremoPC trasmittente e PC ricevente)secondo lo schema riportato infigura 3, otterremo la più semplicedelle connessioni in RS232. Lalinea Transmit Data (TxD) presentesul pin 3 del connettore DB9maschio, di cui il vostro PC è dota-to, è connessa alla linea ReceiveData (RxD) presente sul pin 2 delsecondo PC. Le masse (GND) pre-senti sul pin 5 di entrambi i PCsono connesse tra loro.Per osservare i segnali generati dalPC trasmittente durante la trasmis-sione seriale, colleghiamo tra lalinea TXD e la linea GND un oscil-loscopio e lanciamo in esecuzionesu entrambi i PC un programma diemulazione terminale (tipoHyperterminal o simili).Configuriamo le porte seriali dientrambi i PC a 9600 baud, 8 databit, 1 stop bit, no parity e disabili-tiamo il controllo di flusso (hand-shake) sia hardware che xon/xoff.In questo stato qualsiasi cosa digi-teremo sul PC trasmittente verràinviata immediatamente sulla portaseriale. Assicuriamoci inoltre che ilprogramma di emulazione termi-nale scelto sia opportunamenteconfigurato per usare la porta seria-le su cui siamo connessi (COM1 oCOM2). Proviamo a digitare la let-tera A maiuscola e verifichiamo se èstata correttamente ricevuta sul PCricevente. Fatto questo controlloandiamo a vedere sull'oscilloscopioche tipo di segnali sono stati gene-rati per effettuare la trasmissione.Quando non c'è nessuna trasmis-sione in corso la tensione sulla lineaTxD è di -12 V corrispondente allacondizione logica 1. Per indicare al

TUTORIAL

TUTORIAL 23

Figura 1: Schema elettrico dell'interfaccia per collegare la scheda display al PC via RS232.

Figura 2: Sistema per stabilire una connessione tra due computer

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PC ricevente che la trasmissione hainizio, il PC trasmittente porta a+12 V la linea TxD per un tempopari all'inverso della frequenza ditrasmissione ovvero al tempo ditrasmissione di un singolo bit. Nelnostro caso, avendo scelto di tra-smettere a 9600 bit per secondo, latensione di alimentazione rimarrà a+12 V per: 1/9600=0,104 ms.Questo segnale viene denominatoSTART BIT ed è sempre presenteall'inizio di trasmissione di ogni sin-golo byte.Dopo lo start bit vengono trasmes-si in sequenza gli otto bit compo-nenti il codice ASCII del caratteretrasmesso partendo dal bit menosignificativo.Nel nostro caso la lettera A maiu-scola corrisponde al valore binario01000001, per cui la sequenza ditrasmissione sarà quella riportata infigura 4.Una volta trasmesso l'ottavo bit (bit7), il PC aggiunge automaticamen-te un ultimo bit a 1, denominato

STOP BIT, ad indicare l'avvenutatrasmissione dell'intero byte. Lastessa sequenza viene ripetuta perogni byte trasmesso sulla linea.Aggiungendo al nostro cavo serialeuna connessione tra il pin TxD (pin3) del PC ricevente con il pin RxD(pin 2) del PC trasmittente, potre-mo effettuare una trasmissioneRS232 bidirezionale.Il cavo che abbiamo ottenuto è ilpiù semplice cavo NULL MODEM

in grado di mettere in collegamen-to tra loro due DTE.Come accennato prima, il nostrocircuito d'esempio simula un dispo-sitivo DCE. Questo significa che ilcavo che dovremo realizzare nondovrà essere di tipo NULL MODEM(o INVERTENTE) ma DRITTO ovve-ro con i pin numerati allo stessomodo connessi tra loro. Questotipo di cavo è identico a quelli chevengono usati per connettere al PCun modem esterno. Dato che i dis-positivi DTE sono sempre dotati diconnettore DB9 maschio, il nostrocircuito, essendo un DCE, avrà unconnettore DB9 femmina.In alcuni casi i PC sono dotati di con-nettori DB25 anziché DB9 per cui perle equivalenze occorre consultare lapiedinatura dei connettori RS232.Il cavo di collegamento tra il PC edil nostro circuito dovrà essere inte-stato a sua volta con un connettorefemmina da un lato per poter esse-re inserito nella seriale del PC ed unconnettore maschio dall'altro per

poter essere inserito nel connettoredel nostro circuito di prova. I colle-gamenti interni al cavo da usaresono riportati nella figura 5.

FUNZIONAMENTO DEL MAX232Come accennato prima, nel nostrocircuito useremo un driver RS232,ovvero un integrato in grado diconvertire i segnali a ±12 V, tipicidella RS232, in segnali a 0/5 Vgestibili dalle porte del PIC.Seguendo lo schema elettrico,vediamo che il segnale di trasmis-sione proveniente dal PC entra dalpin 3 del connettore DB9 femminae viene trasferito sul pin 13 di U3.Sul pin 12 di U3 è presente unsegnale a 0 V quando sul pin 13 cisono +12 V e 5 V quando sul pin 13ci sono -12 V. Il segnale presentesul pin 12 di U3 viene quindi invia-to alla linea RA1 della porta A delPIC che in questo caso funge dalinea di ricezione. Sul pin 18 delPIC (RA1) avremo quindi la corri-spondenza di segnali con la lineaTxD del PC riportata in figura 6.Viceversa sul pin 17 (RA0) il PICgenera i segnali da inviare al PC alivello TTL che vengono convertitiin segnali RS232 da U3 tramite ipin 11 (ingresso TTL) e 14 (uscitaRS232) e quindi inviati al PC trami-te il pin 2 del connettore J2.

IL SOFTWAREMettiamo finalmente mano al sor-gente della nostra applicazione d'e-

TUTORIAL

TUTORIAL24

Figura 4: Sequenza di trasmissione della lettera AFigura 5: Cavo di collegamento tra il PC

ed il nostro circuito

Figura 3: La connessione RS232 più semplice

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sempio e vediamo come ricevere etrasmettere dati dal nostro PIC.Nel file riportato nel Listato 1 chepotrete scaricare comodamente dalnostro sito, troverete il sorgentecompleto del nostro terminale.Una volta montato il circuito e pro-grammato il PIC16F84, possiamoeseguire le connessioni al PC e for-nire alimentazione. Sul displayapparirà il cursore lampeggiante inalto a sinistra. A questo punto lanciamo in esecu-zione un programma qualsiasi diemulazione terminale e configuria-molo per usare la porta seriale a cuiè collegato il circuito a 9600 baud,8 data bit, 1 stop bit e no parity.Assicuriamoci inoltre che non siaabilitato alcun controllo di flussodei dati sulla seriale sia esso hard-ware che xon/xoff.Proviamo ora a premere qualchetasto sulla tastiera del PC ed osser-viamo come i caratteri digitati ven-gano visualizzati anche sul displayLCD del nostro circuito. Premendoi tasti CTRL-L potremo pulire loschermo dell'LCD e visualizzarenuove scritte.

ANALIZZIAMO IL SORGENTEAndiamo ora ad analizzare il sorgen-te LCDTERM.ASM della nostra appli-cazione (scaricabile dal nostro ito).Partiamo dalla linea 24 dove trovia-mo le seguenti direttive:

TX equ 0 ;Tx data

RX equ 1 ;Rx data

in cui vengono assegnate allecostanti TX e RX rispettivamente lelinee di trasmissione (TX) e ricezio-ne (RX) del PIC.In questa applicazione in realtà nonviene ancora usata la linea di tra-smissione in quanto il nostro mini-terminale è in grado per ora solo diricevere caratteri.Queste due costanti vengono utiliz-zate rispettivamente dalle subrouti-

ne di trasmissione e ricezione dicaratteri via RS232: TxChar edRxChar. Queste due subroutineconsentono in pratica di trasmette-re e ricevere byte in modalità seria-le asincrona a 9600 bps, 8 bit dati,1 stop bit e nessuna parità.Per trasmettere un carattere sullalinea TX basta inserire nel registro Wil valore da trasmettere ed effettuareuna chiamata alla subroutine TxChar.Ipotizzando di voler trasmettere ilcarattere “A” al PC dovremo inseri-re il seguente codice:

movlw 'A'

call TxChar

Per ricevere caratteri l'operazione èleggermente più complessa.Prendiamo in esame il nostro esem-pio a partire dalla linea 129:

MainLoop

btfsc PORTA,RX

goto MainLoop

call RxChar

In pratica il nostro programma ese-gue un loop infinito finché non rile-va uno stato logico 0 sulla linea RX.Quando questo avviene significache molto probabilmente è arrivatolo START BIT dal PC e che, secondoquanto detto sopra, arriveranno insequenza i bit appartenenti al datotrasmesso. In questo caso vienechiamata la RxChar che si occuperàdi leggere ogni singolo bit ricevuto,compattarli in un unico byte e resti-tuire il valore del byte così ricevutonel registro ShiftReg.Una volta lanciata la RxChar azzerail registro ShiftReg in cui verrannomemorizzati i bit man mano chevengono ricevuti:

RxChar

clrf ShiftReg

quindi mette a 8 il registroBitCount usato per il conteggio del

numero di bit in arrivo

movlw 8

movwf BitCount

a questo punto attende un periodopari a circa 1 bit e mezzo in mododa far scorrere il tempo necessarioalla trasmissione dello start bit ecampionare il valore del BIT 0 ametà circa del tempo di durata.

DELAY BIT_DELAY +

BIT_DELAY / 2

;Wait 1.5 bit

A questo punto legge lo statodella linea RX ed inserisce il valo-re letto nel flag di CARRY (C) delregistro STATUS e quindi effettuauna istruzione di Rotate Right F

Trought Carry (RRF), con il regi-stro ShiftReg, in modo da sposta-re verso destra tutti i bit ed inse-rire nel bit più significativo il valo-re appena letto dalla linea RX,come riportato nella figura 7.Questa lettura avviene per ottovolte ad intervalli di tempo parialla durata di un bit, in modo dacampionare il valore della lineaRX sempre al centro del bit inricezione.

wDB

btfss PORTA,RX

goto RxBitL

RxBitH

nop

bsf STATUS,C

goto RxShift

RxBitL

bcf STATUS,C

goto RxShift

RxShift

nop

rrf ShiftReg,F

Segue una attesa per un periodo ditempo pari ad 1 bit

DELAY BIT_DELAY

TUTORIAL

TUTORIAL 25

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quindi continua a campionare senon ha ancora letto tutti gli otto bit,

decfsz BitCount,F

goto wDB

ed esce da RxChar dopo aver lettol'ultimo bit.

return

A questo punto nel registroShiftReg dovrebbe esserci il bytetrasmesso dal PC.Una volta letto il byte provenientedal PC il nostro programma con-trolla se è un carattere di controllooppure un normale carattere davisualizzare su LCD.L'unico carattere di controlloimplementato dal nostro miniter-minale è il Form Feed (FF) corri-spondente al codice ASCII decima-le 12 (form feed).La trasmissione di questo carattereverso una stampante determina l'a-vanzamento di un foglio di carta,nel nostro caso pulisce il contenutodell'LCD. Il form feed può esseretrasmesso dal nostro simulatore diterminale su PC premendo il tastoCTRL seguito dalla lettera L.

Questa è la parte di codice che gesti-sce la ricezione di un Form Feed:

CheckFormFeed

movlw 12

xorwf ShiftReg,W

btfss STATUS,Z

goto _CheckFormFeed

clrf xCurPos

clrf yCurPos

call LcdClear

goto MainLoop

_CheckFormFeed

In pratica viene controllato se il valo-re ricevuto dalla subroutine RxCharè pari a 12. In caso affermativo ven-gono azzerati i registri xCurPos eyCurPos che mantengono il valore

X,Y del cursore su display.Quindi viene chiamata la subrouti-ne LcdClear che si occupa di inviarei comandi corretti al display LCDper azzerarne il contenuto. Nelcaso non sia stato trasmesso un FFdal PC, il carattere ricevuto vieneinviato “nudo e crudo” al displaycon il seguente codice:

movf ShiftReg,W

call putchar

Quindi ritorna ad attendere loSTART BIT del prossimo carattere,con la seguente istruzione:

goto MainLoop

La subroutine putchar in pratica invia ilvalore contenuto nel registro W al dis-play LCD nella posizione in cui si trovail cursore (xCurPos e yCurPos), quindisi occupa di mandarlo a capo se si èraggiunto il fine riga o di riportarlo allaprima riga se si è raggiunto il fine dis-play.In tutti i casi i registri xCurPos edyCurPos vengono aggiornati alla pros-sima posizione in cui poter scrivere ilsuccessivo carattere ricevuto dal PC.

CONCLUSIONIAbbiamo visto come gestire unaporta seriale ed inviare o riceveredati a/da un PC.Il prossimo mese aggiungeremoall’esempio appena realizzato, unricevitore ad infrarossi che ci con-sentirà la ricezione di comandi daun comune telecomando TV.

TUTORIAL

TUTORIAL26

Figura 6: Corrispondenza dei segnali RS232 con i TTL

Figura 7: Spostamento verso destra di tutti i bit nel registro ShiftReg

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DATA STORAGE BOXDATA STORAGE BOXdi Enzo [email protected]

L'idea nasce dalla necessità di tra-sportare qualche decina di Gbytesdi files da un computer ad un altro.Niente scheda di rete... che fare?Masterizzare un certo numero dicd-rom? Masterizzare 2 o 3 DVD?Forse usare il "vecchio" hard disk da40 Gbytes appoggiatosopra il PC è la soluzio-ne migliore, ma implicadi spegnere il computer(non prima di aver sal-vato tutto...), aprire ilcase, settare l'HDDcome slave, collegarloal posto del CD-ROM"tirando" un po' i cavi,riaccendere il compu-ter, copiare i files, spe-gnere tutto.Nuovamente, inserirel'HDD nell'altro PC edinfine ripetere il tuttosempre prestandomolta attenzione a non combinaredisastri.Come sarebbe comodo un harddisk esterno in queste situazioni!

COME È NATA L’IDEA…Un hard disk esterno può essereusato come secondo hard disk,

come supporto per l’archiviazionedei dati, oppure come veloce siste-ma di backup (vi sfido a dirmi chenon è utile…) ed, alla necessità,scollegando il cavetto USB da unPC e collegandolo ad un altro, puòessere sfruttato per condividere o

trasportare anche qualche centinaiodi Gbytes in poco tempo, comoda-mente e senza rischi (a parte la rot-tura dell’hard disk stesso).Gli hard disk esterni, rispetto allepiù piccole memorie USB, offronoprestazioni molto più elevate siacome velocità che come quantità

di dati archiviabili.In commercio esistono dei conteni-tori che “rendono esterni” quasiqualsiasi tipo di hard disk, maprima di acquistarne uno decisi divedere se l’elettronica “a portata dihobbista” poteva venirmi in aiuto

anche questa volta…

ASIC ED USB 2.0Da un po’ di anni aquesta parte l’interfac-cia USB, per la sua ver-satilità, ha preso piedediventando la piùcomune interfacciausata dalle periferichecollegabili al PC: tastie-re, mouse, stampanti,scanner, modem, joy-stick e molto altroancora. Ogni PCmoderno è dotato dialmeno un paio di

porte USB e, sempre più spesso, sivedono computer con queste portesul frontale per rendere più agevo-le e comoda la connessione delleperiferiche.Dopo qualche anno dalla nascitadell’interfaccia USB è nata, a con-ferma del suo successo, l’USB 2.0:

Facile da installare, veloce, trasportabile, è la periferica più adatta a chi ha necessitàdi trasportare una grossa mole di dati da un PC all'altro senza doverli necessariamenteregistrare su CD.Sì tratta di un completo hard disk esterno con interfaccia USB 2.0, compatibile 1.1,che offre prestazioni paragonabili a quelle degli hard disk interni ed è realizzabile dachiunque abbia un po’ di esperienza col saldatore.

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come molti già sapranno è in tuttosimile alla precedente ma ha veloci-tà di trasferimento ben 40 voltesuperiore. Le porte USB (1.0 e 1.1)hanno velocità di trasferimento di12 Mb/s, mentre le porte USB 2.0raggiungono ben 480 Mb/s.Notare che l’arrivo sul mercato diquesta nuova versione non rende leprecedenti obsolete o incompatibi-li con le periferiche attuali: è possi-bile collegare dispositivi USB 1.0 aporte USB 2.0 e viceversa senzaproblemi, ma la massima velocitàdi trasferimento sarà imposta dallaporta più lenta.Sul mercato esistono schede daicosti accessibili, che aggiungonodiverse porte USB 2.0 ai computerche ne sono sprovvisti.Informazioni dettagliate riguardol’interfaccia USB ed anche alcuniprodotti USB commerciali possonoessere trovate nel sito dell’USB

Forum: www.usb.org.

Nel campo dell’elettronica è oggipresente una varietà di componen-ti muniti di porte USB, sia micro-controllori e microprocessori cheASIC (acronimo di ApplicationSpecific Integrated Circuit). Questiultimi sono, in breve, circuiti inte-grati progettati appositamente persvolgere una precisa applicazione.Questo tipo di ASIC equipaggia disolito dispositivi prodotti in quanti-tà elevate, come ad esempio i tele-foni cellulari o gli oramai vecchidrive per floppy disk. Per queste emolte altre applicazioni è conve-niente, infatti, realizzare apposita-mente un circuito integrato piutto-sto che utilizzarne decine per otte-

nere lo stesso risultato. Tale motivoperò comporta il fatto che questicircuiti integrati sono di difficilereperibilità per l’hobbista, almenoin piccolissime quantità.Ad esempio, l’ASIC a bordo deldrive per floppy è composto dauna sezione analogica che gestiscele testine, una sezione digitale chegestisce la comunicazione con lamainboard, una sezione di poten-za che controlla il motore dellatestina ed altro ancora. Se si voles-se sostituire l’ASIC con componen-ti comuni, se ne dovrebbero usaredavvero tanti, con un aumentonotevole non solo delle dimensio-ni ma anche del costo finale deldispositivo.Chi volesse cimentarsi nell’autoco-struzione di una periferica USB hadue strade tra cui scegliere: utiliz-zare un microcontrollore dotato diporta USB e programmarlo secon-do le proprie esigenze, oppure, uti-lizzare un ASIC appositamente pro-gettato.

In commercio esistono molti com-ponenti nati per equipaggiare leperiferiche USB più comuni, traquesti troviamo anche diversi“bridge USB-to-IDE”. Sono degliASIC che in pratica fanno da“ponte”, o meglio da convertitore,tra l’interfaccia USB e l’interfacciaIDE, la più comune di cui sonodotati gli hard disk, i cd-rom emolte altre periferiche dedicate allamemorizzazione dei dati.Il cuore di questo progetto è pro-prio un complesso bridge USB-to-IDE che, contornato dei pochicomponenti necessari, rende dav-vero semplice la costruzione deldispositivo.L’ASIC qui utilizzato contienesostanzialmente un microcontrollo-re di discrete prestazioni, dotato diporte USB 2.0. Alcuni potrebberopensare che questo ASIC è sostitui-bile con un qualsiasi microcontrol-

lore opportunamente programma-to e dotato di interfaccia USB: èproprio così!Purtroppo la complessità di realiz-zazione del software in esso conte-nuto è molto spesso al di fuori dellaportata di un hobbista e, moltoprobabilmente, il progetto di unhard disk con interfaccia USB nonsarebbe stato realizzabile se nonusando un componente dedicato.

IL CIRCUITOCome detto in precedenza, il cuoredel dispositivo è l’ASIC U1, guar-dando lo schema elettrico è possi-bile rendersene conto immediata-mente. Per poter utilizzare questocircuito integrato, visti il numero dipin ed il passo davvero piccolo (0.5mm) del suo contenitore(TQFP100), si è resa indispensabilela realizzazione di un circuito stam-pato professionale a doppia faccia,fori metallizzati, solder su ambo ilati, fori passanti molto piccoli episte di segnale di larghezza infe-riore a 0.3 mm.

Attorno ad U1 sono presenti: unconnettore a vaschetta a 40 pin(J1) per la connessione dell’harddisk (la “porta IDE UDMA”) ed unapresa USB di tipo B (J4) che per-mette il collegamento con il PCmediante un comune cavetto USB.Quasi tutti i pin di J1 sono collega-ti all’ASIC mediante la serie di resi-stenze da 22, 33, ed 82 Ω; ancheper J4 è più o meno la stessa cosa.Raccomando, in fase di montaggio,di fare attenzione ai valori di questeresistenze e di non sostituirle conaltre di valore simile, pena il noncorretto funzionamento dell’inter-faccia.Notare che J4 porta sul pin 1 l’ali-mentazione a 5V fornita dal PC cheviene utilizzata sia per “segnalare”ad U1 quando il dispositivo è colle-gato al PC (segnale BUSPWR, il par-titore R15-R16 è necessario perché

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Figura 1: Questo logo indica le periferiche USB“High speed”, ossia USB 2.0

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Figura 2: Schema elettrico

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U1 funziona a soli 3.3 V) sia peragire sullo stadio di alimentazione(segnale VBUS), vedremo tra pocoin che modo.Cos’altro serve ad U1 per funziona-re? Un clock a 30 MHz, che puòessere generato da un quarzo (X1)o da un modulo oscillatore (U3):vista la non facilissima reperibilitàdi questi componenti, ho realizza-to il circuito stampato in modo taleche sia possibile montare, indiffe-rentemente, i componenti X1,R50, C2 e C3 se si usa il quarzo,oppure U3 ed R3 se si usa il modu-lo oscillatore.La memoria EEPROM U2, anch’essacollegata all’ASIC, contiene informa-zioni riguardanti il tipo di perifericacollegata all’interfaccia e deve esse-re programmata con il file .bin scari-cabile dal sito di Fare Elettronica(www.farelettronica.com); questofile garantisce la compatibilità conla maggior parte delle perifericheATA ed ATAPI reperibili in com-mercio.Gli ultimi componenti collegati a J3sono le resistenze R46, R48 ed R49,che a loro volta sono collegateanche a J3; questo è il connettoreper i quattro led da montare sulpannello, vedremo in seguito laloro funzione.Altra parte vitale del circuito, oltrel’interfaccia vera e propria, è lo sta-dio di alimentazione. L’interfacciadeve essere alimentata con unatensione di 15 Vdc ed una correntedi almeno 2÷3 A, attraverso J5. I 15V sono direttamente portati agliingressi (pin 1) di U5 ed U6, duestabilizzatori switching (riconosci-bili dalla presenza delle induttanzeL1-L2 e dei grossi diodi D1-D2) daben 3 A massimi ciascuno.La scelta dei regolatori switching èstata imposta dalle correnti elevatemediamente richieste dagli harddisk, impossibili da fornire con sta-bilizzatori di tensione tradizionali senon munendoli di grossi dissipato-

ri. Usando una coppia di LM2576,invece, è stato possibile realizzareun alimentatore switching, in gradodi erogare 5 V e 12 V con 3 A mas-simi per ciascuna tensione, dalledimensioni relativamente contenu-te e senza eccessiva dissipazione dicalore.Premetto che le resistenze R4-R5 edR6-R7 servono ad impostare la ten-sione di uscita dei regolatori nelcaso in cui si utilizzassero le versio-ni regolabili, questo verrà ripresonella descrizione del montaggio.La resistenza R51 collega i pin 5(ingresso ON/OFF) dei due regola-tori U5 ed U6 ed il pin centrale deljumper J6 alla tensione di 15 V. Seil pin 1 dei regolatori è mantenutoa livello alto dalla R51, questirimangono in stand-by. Inserendoun jumper in J6, in posizione 2-3(ossia verso C9), si porta il segnale/ON a livello basso abilitando iregolatori e accendendo quindi ildispositivo. Se si vuole accendere espegnere il dispositivo mediante uninterruttore, è sufficiente collegare idue terminali di questo ai pin 2 e 3del jumper J6. Montando invece iljumper in posizione 1-2, i regolato-ri vengono abilitati solo quando ilsegnale VBUS si porta a livello alto(e conseguentemente il transistorQ1 si chiude), accendendo e spe-gnendo il dispositivo assieme alcomputer. Nessun altro pulsante dapremere oltre quello di accensionedel PC! Comodo, no ?Sconsiglio, però, di montare il jum-per in questa posizione nel casol’interfaccia sia soggetta a frequen-ti “cambi di posto”: in questo casoè meglio dotarla di interruttore olasciarla permanentemente accesa.Anche ad interfaccia permanente-mente accesa è possibile mandarein stand-by l’hard disk (a patto chesupporti questa funzione…) assie-me al computer.Completa la parte di alimentazioneil circuito integrato U4: si tratta di

uno stabilizzatore di tensione che,partendo dai 5 V forniti da U5,genera la tensione di 3.3 V neces-saria ad U1.

Non solo per hard disk...

Questa interfaccia, nonostante ilcircuito stampato sia stato pensatosoprattutto per lavorare con glihard disk da 3.5’’, può essere colle-gata a qualsiasi periferica IDE pre-sente in commercio, anche se nonè possibile garantirne la compatibi-lità con tutte le periferiche esisten-ti. L’unico modo per avere l’assolu-ta certezza del perfetto funziona-mento è quello di provare (cosavalida anche per molti prodottiinformatici…). Periferiche comelettori CD-Rom, masterizzatori,DVD, unità ZIP, unità magnetico-ottiche ed altro ancora possonoessere collegate al connettore IDEdi questa interfaccia.Unica raccomandazione: l’alimen-tatore incorporato in questa inter-faccia eroga al massimo 3 A su 5 Ve 3 A su 12 V: è consigliabile assi-curarsi che la periferica consumicorrenti inferiori (consiglio ditenere 2.5 A come limite) per evi-tare problemi durante il normaleutilizzo.In genere, il consumo massimodegli hard disk da 3.5’’ è quasisempre inferiore a 2 A per ciascunatensione, mentre in stand-by puòessere anche inferiore ai 100 mA.Notare che il consumo sale soprat-tutto durante lo spin-up ossia quan-do il dispositivo, dopo essere statoacceso, porta i dischi alla normalevelocità di rotazione. Il consumosale, molto più limitatamente,anche durante le operazioni di let-tura e scrittura, cioè quando sihanno parecchi spostamenti delletestine.La corrente assorbita dalle altreperiferiche varia molto a secondadella loro natura: un lettore CD-Rom o DVD, ad esempio, può

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richiedere correnti di 1÷1.5 A pertutto il tempo in cui il disco rimanein rotazione.

MONTAGGIOIl circuito stampato è stato dimen-sionato per essere “unito” abba-

stanza facilmente a qualsiasi harddisk da 3.5’’, utilizzando come sup-porto una comune lastra in PVC,

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Figura 3a-3b: Il circuito stampato in scala 1:1, lato saldature (A) e lato componenti (B)

A

B

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spessa 5 mm, facilmente reperibile.I quattro fori presenti sugli angolidel circuito possono essere utilizza-ti per il fissaggio alla lastra median-te quattro colonnine M3 alte 5mm, mentre le lunette presenti suilati più lunghi permettono di acce-dere alle viti che uniscono lastra edhard disk. Semplice, no?

Da sapere: l’ASIC sarebbe statoprogettato per lavorare con com-ponenti di contorno in tecnologiaSMD, ma particolari accorgimentitenuti durante il posizionamentodei componenti e lo sbrogliohanno consentito l’utilizzo di com-ponenti tradizionali, questo perrendere il montaggio alla portata dichiunque abbia un po’ di esperien-za col saldatore.Per avere maggiori probabilità disuccesso nel montaggio, consigliol’utilizzo di un saldatore con puntafine e di potenza non superiore ai25÷30 W, soprattutto per evitare didanneggiare U1.

Informo che, a causa delle quantitàminime realizzabili o acquistabili,dispongo di un piccolo numero dicircuiti stampati con ASIC già sal-

dato (come visibile in figura 4) cheposso fornire a chi fosse interessa-to, come anche il solo circuitostampato o il solo ASIC.

Come per qualsiasi circuito, sicomincia il montaggio dei compo-nenti di dimensioni più piccole, inquesto caso le resistenze ed i con-densatori ceramici, per poi passarealle induttanze assiali e poi ai diodiSchottky D1 e D2. Riguardo questiprimi componenti, raccomando dinon sostituire le resistenze R2, R8,ed R16 con altre di differente valo-re poiché il circuito non funzione-rebbe; è bene che anche i diodinon vengano sostituiti con altrimodelli.Ricordo che il circuito può funzio-nare sia con modulo oscillatore checon un quarzo: nei primo caso ènecessario montare solo R3 ed U3,nel secondo solo C2, C3, X1, eR50. Nel caso non si trovasse ilquarzo, è possibile utilizzare ilmodulo oscillatore IQXO350 repe-ribile presso RS Components(www.rs-components.it), cod. 316-6816.Arrivati fin qui, il montaggio èall’80%, ora è il turno di saldare la

memoria U2 (che consiglio di mon-tare su zoccolo), il transistor Q1, leinduttanze radiali L1 ed L2, ed i cir-cuiti integrati U4, U5, U6 (da fissa-re meccanicamente al circuitostampato tramite vite e dado M3).L1 ed L2 sono due induttanzeradiali a passo 5.08 mm, devonosopportare una corrente di almeno1 A e comunque non inferiore aquella assorbita dall’hard disk perogni linea (+5 V e +12 V). Questedue induttanze, in versione da 1.4A massimi, possono essere reperiteda RS, cod. 228-501.I circuiti integrati U5 ed U6 vannodotati di dissipatore, il circuitostampato permette l’utilizzo didiversi tipi, tuttavia, consiglio ilmodello cod. 234-2306, sempredisponibile presso RS, che hannosuperficie ampia ed altezza relativa-mente contenuta.Ancora riguardo U5 ed U6: nel casoin cui le versioni a tensione di usci-ta fissa (LM2576-5.0 e LM2576-12)risultassero difficili da reperire, sipossono sostituire con le versioniregolabili (LM2576-ADJ). Se simonta un LM2576-ADJ al posto diU6, è necessario usare, per R4 edR5, delle resistenze da 18 KΩ e 2KΩ rispettivamente; allo stessomodo per U5 è necessario usare,per R6 ed R7, delle resistenze da6.8 KΩ e 2.2 KΩ rispettivamente.Il montaggio può proseguire con icondensatori elettrolitici C5, C6,C7, C8, e C10, prestando attenzio-ne a saldarli nel verso giusto, ossiarispettando le polarità. I terminalidi C5 e C7 devono essere piegati a90° prima della loro saldatura, suc-cessivamente il corpo dei conden-satori può essere incollato al circui-to stampato mediante due piccolegocce di silicone trasparente.Passiamo ora al montaggio deiconnettori.J1, che porta il bus IDE Ultra DMA,è un connettore per flat-cable dac.s. a 40 pin e va saldato sul circui-

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Figura 4: Circuito stampato (vista L.C. ed L.S.) con l’ASIC saldato

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Figura 5: Posizionamento dei componenti

Elenco componenti

Sigla Valore Sigla Valore

R1,R9,R11 1 KΩ 1/4 W C5,C7 1000 µF 35 V elettrolitico

R2,R16 62.9 KΩ 1/4 W C6,C8 100 µF 25 V elettrolitico

*R3 470 Ω 1/4 W C9,C10 10 µF 25 V elettrolitico

R4,R6 0 Ω D1,D2 Diodo schotkky 1N5821 (RS: 447-1557)

R5,R7 Non montare (vedi testo) Q1 BC547

R8 9.1 KΩ 1/4 W U1 ISD300A1

R10 5.6 KΩ 1/4 W U2 24LC02 (vedi testo)

R12,R13 39 Ω 1/4 W U3 Oscillatore IQXO350 (RS: 316-6816)

R14,R17,R18 1.5 KΩ 1/4 W U4 LM1117T-3.3 (RS: 349-4717)

R15 39 KΩ 1/4 W U5 LM2576T-5.0 su dissipatore (vedi testo)

R19÷R41 33 Ω 1/4 W U6 LM2576T-12 su dissipatore (vedi testo)

R42 82 Ω 1/4 W L1,L2 Induttanza radiale 100 µH (RS: 228-501)

R43,R44,R45 22 Ω 1/4 W L3,L4 Induttanza assiale 1 µH (RS: 191-0380)

R46,R47,R48 330 Ω 1/4 W J1 Connettore IDC 40 pin

R49 220 Ω 1/4 W J2 Connettore alimentazione HDD

*R50 100 Ω 1/4 W J3 Strip 5 poli maschio

R51 10 KΩ 1/4 W J4 Presa USB tipo B (RS: 324-8356)

R52 22 KΩ 1/4 W J5 Presa jack da c.s. Ø6mm

C1,C4,C11÷C25 100 nF ceramico J6 Strip 3 poli maschio con jumper

*C2,*C3 9 pF NP0 ceramico * Montare R3, U3 oppure C2, C3, X1, R50

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to stampato tenendo conto dellaposizione della chiavetta. J2 è ilconnettore volante femmina cheporta l’alimentazione all’hard disk eva collegato mediante degli spez-zoni di filo aventi sezione di almeno0.5 mm. Questo connettore puòessere convenientemente recupe-rato da un vecchio alimentatoreper computer (ricordo che il filogiallo porta +12 V ed il rosso +5 V,mentre i neri sono entrambi dacollegare a massa), per il collega-mento dei fili fare riferimento allafigura 7.In J3 devono essere saldati dei filiche andranno collegati ai led di

segnalazione, sul pannello frontaledel dispositivo. I quattro led indica-no la presenza dell’alimentazione(POWER), il collegamento ad unaporta USB 2.0 (HIGH SPEED), lacorretta inizializzazione del drive(INIT) e l’attività della periferica(ACTIVE).J4 è la presa USB di tipo B, reperi-bile da vari negozi e distributori(cod. RS 324-8356). J5 è unapresa per connettori tipo jack Ø6mm. J6 è uno strip maschio sulquale va inserito un jumper (la suafunzione è spiegata nella descri-zione del circuito).Con la saldatura dei connettori ter-

mina il montaggio dei componentielettronici.

COLLAUDOUltimato il montaggio, è possibilefare un primo collaudo allo stadiodi alimentazione dell’interfaccia.Per far ciò basta spostare il jumperJ6 in posizione 2-3 e collegare lascheda (senza l’hard disk) all’appo-sito alimentatore o comunque adun alimentatore che fornisca unatensione di 15 Vdc. A questo puntoè necessario verificare, medianteun multimetro, che sul connettoredi alimentazione per l’hard disksiano presenti 5 V sul filo rosso e 12V sul giallo; queste tensioni sono damisurare rispetto ai fili neri che por-tano la massa. Se le tensioni misu-rate sono differenti, si dovrà neces-sariamente ricontrollare il circuitoprima di collegare l’hard disk, seinvece queste tensioni sono regola-ri si potrà fare un ultimo controllodello stadio di alimentazione misu-rando la tensione sul pin 3 di U4,che deve essere di 3.3 V.

Una volta verificata anche la presen-za di questa tensione, si può toglie-re alimentazione alla scheda e pro-seguire con il collegamento del harddisk. Per far questo è necessario pro-curarsi uno spezzone di cavo piattoda 40 poli e di circa 7÷8 cm di lun-ghezza, alle estremità del qualevanno attestati due connettori fem-mina, prestando naturalmenteattenzione ad orientare le chiavettedi polarizzazione nello stesso senso.È poi necessaria una piccola modifi-ca al cavo prima di poterlo collega-re: mediante un taglierino, si devo-no separare i fili ottenendo quantovisibile in figura 6. Gli hard disk nonhanno il connettore IDE in una posi-zione fissa e con questo accorgi-mento si rende il cavo piatto legger-mente flessibile anche nel sensodella larghezza, risolvendo i proble-mi meccanici di collegamento.

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Figura 6: Circuito stampato montato e pronto all’uso

Figura 7: Collegamento dell’interfaccia

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Ricordo che la massima velocitàdella porta IDE dell’interfaccia è di66 Mbyte/s ed è sopportabile senzaproblemi dal corto spezzone dicavo che abbiamo utilizzato, lun-ghezze ridotte e separazione dei filicontribuiscono a diminuire le capa-cità parassite migliorando le carat-teristiche dei segnali.Rimane ora da inserire il connetto-re di alimentazione nell’hard disk,successivamente, sempre con J6 inposizione 2-3, ridando alimentazio-ne alla scheda si metterà in movi-mento l’hard disk. Collegando l’in-terfaccia al computer si completa,almeno per ora, la parte hardware.

IL SOFTWARELa procedura che andiamo adescrivere potrebbe essere legger-mente diversa, soprattutto nellaparte grafica, in base alle diverseversioni di Windows®, ad ognimodo la procedura rimane sostan-zialmente la stessa.Subito dopo il collegamento, il PCsi accorge della nuova perifericacollegata alla porta USB, mostran-do la finestra visibile in figura 8 esuccessivamente (solo al primo col-legamento) mostra la finestra dellafigura 9, chiedendo il driver.

Qui è necessario selezionare“Specificare percorso del driver” epoi cliccare su “Avanti”. Alla suc-cessiva finestra (figura 10) si devecercare il driver specificandone ilpercorso.

Il driver è scaricabile dal sito di FareElettronica, deve essere scompatta-to in una cartella a piacere prima dipoter essere utilizzato. Una voltache il computer ha riconosciuto ildriver mostra la finestra di figura 11e, pochi istanti dopo, visualizza unaconferma della corretta installazio-ne del dispositivo (figura 12).Accanto all’orologio sarà presenteuna nuova icona, come mostrato infigura 13 e, cliccando su “Risorsedel computer”, sarà possibile visua-lizzare ed accedere alla nuova unitàgestendola come un normale harddisk interno. A questo punto sia ilcollaudo che l’installazione del dri-ver sono completati.

Importante: per evitare perdite didati, prima di scollegare o di toglierealimentazione alla nuova periferica,

è indispensabile fare click col tastosinistro su questa icona, selezionarela voce “Safely remove…” ed aspet-tare il messaggio di conferma dellapossibile rimozione (figura 14).

Una volta verificato il corretto fun-zionamento, è possibile rimuovere laperiferica e spostare il ponticello J6in posizione 1-2 se si ha intenzionedi lasciare il dispositivo collegato alPC per la maggior parte del tempo.

IL CONTENITOREHo dotato questo dispositivo di uncontenitore “ad hoc”, realizzatointeramente in PVC, il risultato èstato giudicato più che buono,quindi riporto di seguito alcuneinformazioni riguardanti la suacostruzione.

Il materiale usato è PVC spesso 5mm, di colore blu trasparente per ilpannello frontale e per il retro,completamente trasparente per i

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Figura 8: La periferica è stata rilevata

Figura 9: Richiesta di installazione del driver

Figura 10: Ricerca del driver

Figura 11: Driver riconosciuto

Figura 12: La periferica è stata installatacorrettamente

Figura 13: La nuova icona, accanto all’orologio

Figura 14: Messaggio di possibile rimozionedel dispositivo

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rimanenti quattro lati e per la lastracentrale. Il PVC può essere reperito,

ed eventualmente anche fattotagliare su misura, presso queinegozi che trattano gomma e mate-rie plastiche.Il contenitore è realizzato attorno adun “telaio” composto dalle quattrolastre trasparenti, che sono fissatetra loro mediante incollaggio perlasciare il montaggio pulito. Su que-ste quattro lastre sono fissati il pan-nello frontale, il retro e la lastrainterna. Per queste parti sono stateutilizzate delle viti M2 ed M3 inmodo da rendere il dispositivo facil-mente smontabile in caso di manu-tenzione o sostituzione dell’harddisk per un possibile futuro aggior-namento.

Sulla lastra interna sono a lorovolta montati l’hard disk e la sche-da, come visibile nella foto in

figura 15.La presa di alimentazione e la presaUSB sono state volutamente fattesporgere di 5 mm dal circuitostampato, in modo da poter entra-re negli scassi da effettuare sulretro, arrivando a filo del conteni-tore senza sporgere.

Cos’altro dire, è consigliabile incol-lare quattro piedini in gomma mor-bida sulla base del contenitore (chepuò essere tenuto sia in verticaleche in orizzontale) in modo daattenuare le vibrazioni emesse dal-l’hard disk in movimento.Da notare che il contenitore cosìcostruito riduce notevolmente ilrumore emesso dai dischi in rota-zione, permettendo di lavorare sulcomputer senza fastidiosi rumori disottofondo.

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Figura 16: Retro del dispositivo

Figura 15: Il contenitore visto dall’alto

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MISSILISTICA AMATORIALE

STRUMENTAZIONE:

DATALOGGER A 5 CANALI

ANALOGICI

MISSILISTICA AMATORIALE

STRUMENTAZIONE:

DATALOGGER A 5 CANALI

ANALOGICIdi Eugenio Cosolo ([email protected])

ed Esteban Mascarella ([email protected])

Questo progetto, semplice e pococostoso nella realizzazione, mamolto versatile e potente, prevedeanche l’alimentazio-ne a batteria peraumentarne il campod’impiego.Il progetto è integratoalla serie di articolisulla Missilistica ama-toriale in quanto origi-nariamente è statoconcepito per assolve-re la funzione di data-link telemetrico instal-lato sulla capsula pay-load del razzo in costruzione, per ilrilevamento dei parametri di volo.Lo stesso dispositivo sarà ancheusato come registratore dati, accop-piato al banco di test per motori a

razzo, oggetto di una delle prossimepuntate, insieme ad una cella di cari-co ad estensimetri.

LO SCHEMA ELETTRICOIl dispositivo è costruito intorno aduno dei “best-seller” dellaMicrochip, il validissimo microcon-trollore PIC16F876, dotato di un effi-

ciente convertitore analogico/digita-le shiftabile su diversi ingressi.I pochi componenti esterni al micro-

controllore sono ilgeneratore di clock(un oscillatore a 4Mhz), uno stabilizzato-re di tensione a 5 Volt,una memoria EEPROM24LC64 (oppure24LC256), un displayLCD da 16 caratteri sudue linee ed un con-vertitore di protocolloseriale MAX232.In questa configurazio-

ne il circuito ci permette di campio-nare le tensioni presenti sui 5 ingres-si (nel range di 0 a 5 V), di visualizza-re i valori digitali sul display, dimemorizzare le letture sulla memo-

Si tratta di uno strumento di laboratorio indispensabile quando si ha la necessità dimonitorare e registrare tensioni analogiche in rapida variazione, da analizzarecomodamente in un secondo tempo con il proprio personal computer. Le applicazionisono moltissime, come anche la gamma di sensori che possono essere collegati agliingressi dello strumento, ad esempio: sensori di pressione, sonde di temperatura,accelerometri, fotocellule, celle di carico, eccetera. Qualsiasi tensione in continua nelrange da 0 a 5 Volt può essere monitorata dallo strumento, inoltre, interfacciando ildatalogger a dei moduli RF digitali, possiamo ottenere un valido sistema di telemetria.

TECNOLOGIE SPERIMENTALI

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ria e di ritrasmetterle in un secondotempo ad un personal computer,dove un opportuno programma puòinterpretarle a piacimento.L’attivazione dei campionamenti erelativa trasmissione in RS232 intempo reale viene comandata dalla

pressione del pulsante P1, premen-do nuovamente lo stesso pulsante sicomanda lo STOP, mentre la visualiz-zazione e la contestuale trasmissioneseriale al PC dei dati memorizzativiene attivata dal pulsante P2. I datisono conservati intatti anche in

assenza di alimentazione mentre lacancellazione dei vecchi dati vienefatta al momento del nuovo campio-namento.Il clock del microcontrollore è gene-rato dal quarzo XT da 4 Mhz insiemeai condensatori C2 e C3.

TECNOLOGIE SPERIMENTALI

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Figura 1: Schema elettrico del Datalogger

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Scegliendo un quarzo di frequenzapiù alta il campionamento varia diconseguenza ed è possibile montareun quarzo fino a 20 Mhz. Attenzioneperò agli eventuali problemi di tra-smissione seriale.Il display LCD è collegato alle porteRB0-RB4 tramite il connettore CN1,mentre gli ingressi analogici sonocollegati alle porte RA0-RA3, impo-stabili a seconda delle necessità inmodalità digitale oppure analogica(AN0-AN3).Il connettore CN2 raggruppa tuttigli ingressi da campionare, insiemead un pin di massa e uno a 5 volt,utile per alimentare alcuni sensoriattivi.I pulsanti di servizio sono collegatialle porte RC0-RC2 e sono disponibi-li sia sul connettore CN1, sia sulCN7, dedicato appositamente perquesto scopo.Sulla porta RC5 è collegato un buz-zer piezoelettrico attivo e un led persegnalare visivamente l’attivazione.L’archiviazione dei dati viene fattanella memoria 24LCxxx, connessa alPIC tramite le porte RC3-RC4 (lineeSCL e SDI).Contestualmente alla memorizzazio-ne le letture sono trasmesse sull’in-terfaccia seriale disponibile sulleporte RC6-RC7. Lo standard TTL èconvertito in protocollo RS-232 dalchip MAX232 della Maxim, sostitui-bile con i modelli equivalenti prodot-ti da altre case.Se si ha la necessità di inviare ilsegnale ad una stazione di ricezioneremota (radio telemetria) è possibileprelevare il segnale in standard TTLed inserirlo sull’ingresso di un tra-smettitore radio (ad esempio imoduli ibridi prodotti da diversecase).Il segnale RS-232 è disponibile sulconnettore CN3, previsto per la con-nessione al personal computer.In questo caso il cavo di connessionerichiede solo un polo oltre allamassa. Ricordarsi però di cortocircui-

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Scheda madre

Elenco componenti

Sigla Valore Sigla Valore

R1 27 KΩ 1/4 W C10 47 µF elettrolitico

R2 27 KΩ 1/4 W C11 100 nF poliestere

R3 27 KΩ 1/4 W C12 47 µF elettrolitico

R4 10 KΩ 1/4 W C13 100 nF poliestere

R5 22 KΩ 1/4 W C14 1 µF elettrolitico

R6 47 KΩ 1/4 W DS1 1N4148

R7 470 Ω 1/4 W TR1 BC547

R8 470 Ω 1/4 W XT Quarzo 4 Mhz

R9 10 KΩ 1/4 W L1 Led rosso

R10 10 KΩ 1/4 W L2 Led verde

R11 470 Ω 1/4 W L3 Led giallo

R12 1 KΩ trimmer IC1 PIC16F876/20

R13 390 Ω 1/4 W IC2 24LC256

C1 100 nF poliestere IC3 MAX232

C2 22 pF ceramico IC4 78SL05

C3 22 pF ceramico LCD Display LCD 16x2

C4 10 nF poliestere P1-P3 Pulsanti da circuito stampato

C5 10 nF poliestere S1 Interruttore a slitta

C6 2,2 µF elettrolitico BUZ Buzzer piezoelettrico

C7 2,2 µF elettrolitico 1 zoccolo per integrato a 28 pin

C8 2,2 µF elettrolitico 1 zoccolo per integrato a 8 pin

C9 2,2 µF elettrolitico 1 zoccolo per integrato a 16 pin

Figura 2: Circuito stampato in scala 1:1 (lato saldature) della scheda madre

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tare i pin 7-8 e 4-6 sul connettore a9 poli da collegare al PC.Il connettore CN11 è usato per laprogrammazione ON-BOARD,molto utile per evitare di estrarre ilmicro dallo zoccolo. Per program-marlo in questo modo serve un

apposito programmatore ed in que-sta fase i ponticelli sul CN10 e sulCN11 devono essere momentanea-mente rimossi.

LA COSTRUZIONEPer la costruzione dei circuiti stam-

pati, potete utilizzare i disegni difigura 2 e 4. Per consentire la realiz-zazione in casa del circuito stampatosenza troppe complicazioni è statodisegnato a singola faccia, è peròimportante ricordare di inserire i treponticelli in filo di rame tra le piazzo-le predisposte.Una volta forata la basetta con lapunta da 0,8 mm ed averla adegua-tamente sgrassata procederemo conl’inserimento e saldatura degli zoc-coli, dei connettori a passo 2,54,delle resistenze e dei condensatori,successivamente saranno montati icomponenti attivi.Il montaggio del display LCD è pre-visto sul pannello anteriore del con-tenitore, così anche i pulsanti e i led.Controllare la zoccolatura del displayin base al modello disponibile (verifi-care tabella illustrata).

TECNOLOGIE SPERIMENTALI

TECNOLOGIE SPERIMENTALI 41

Figura 3: Piano di montaggio della scheda madre

VISUAL PARSIC Compilatore grafico per Microchip Picmicro

Telecamere a colori e b/n

trasmittenti e via cavo

Gruppi di continuità

da 500 VA fino a 160 KVA

Programmatori PIC

ICD Debugger

Programmatori Willem

originali olandesi

Schede PLC per PICmicro

Display LCD/VFD

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Per chi vuole scrivere un programma in Assembler senza scrivere un solo rigo di codice

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L’interruttore di alimentazione, lapresa seriale RS232 e il connettoremultipolare per gli ingressi sarannoinvece installati sul pannello poste-riore.

Nelle foto è visibile uno dei prototipirealizzati dagli autori, nella fattispe-cie si tratta della versione portatile,alimentata a batteria. Il circuito deldatalogger è il modulo centrale,mentre a fianco si può vedere l’am-

plificatore per celle di carico adestensimetri, che sarà oggetto di unprossimo articolo.Sul pannello anteriore è installato ildisplay LCD, i pulsanti di comando ei Led di status. Sul pannello posterio-re sono disponibili gli interruttori perle diverse sezioni e le prese per l’in-terfacciamento con l’esterno.

COME SI USAPossiamo collegare ad una o più

entrate un valore di tensione in con-tinua compreso da 0 e 5 Volt, perfare dei test sono sufficienti anchedei normali potenziometri o trimmercon un terminale a massa, l’oppostoai 5V disponibili sullo zoccolo di col-legamento e il cursore centrale sul-l’ingresso. Regoliamo inizialmente ipotenziometri o i trimmer in mododa connetterli a massa.

Diamo tensione dl circuito e leggere-mo sul display la scritta: Telemetric

System Ready.Premiamo una volta il pulsante distart P1 e un breve suono ci avviseràche il campionamento è iniziato.Sulle due righe del display potremoleggere:A0000B0000C0000D0000E0000

REC

Se sposteremo i potenziometrivedremo che il valore 0000 cambie-rà indicando altre cifre.Una tensione di 5V sarà rappresenta-ta dalla cifra 1024, perciò ogniaumento di un Volt della tensionepresente sul segnale in entrata cau-serà un incremento di 205 unità suldisplay.La scritta REC indica che si è in fasedi campionamento e registrazione,mentre il LED lampeggia.Il sistema continua a memorizzare idati fino a quando non premeremonuovamente il pulsante P1 oppure siesaurirà la capacità della memoriaEEPROM (794 letture con unamemoria 24LC64 e 3176 letture con

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TECNOLOGIE SPERIMENTALI42

Figura 5: Piano di montaggio della scheda display

Figura 4: Circuito stampato in scala 1:1 (lato saldature) della scheda display

Scheda Display

Elenco componenti

Sigla Valore

R1 390 Ω 1/4 W

R2 Trimmer 1 KΩ

S1 Interruttore a levetta da cs

P1÷P3 Pulsanti NA da cs

LC,D1 Display LCD 2x16

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una 24LC256).A questo punto possiamo collegare ildispositivo alla porta seriale RS232del nostro PC, lanciamo il program-ma di scaricamento e premiamo ilpulsante P2.Sulle due righe del display potremoleggere:A0000B0000C0000D0000E0000

PLAY

Il led rimarrà acceso in continuazio-ne mentre i dati si trasferiranno sulPC dove potranno essere archiviati inun file con il nome assegnato e riela-borati successivamente. A trasferi-mento terminato il LED si spegnerà.I dati rimarranno in memoria anchea circuito spento e saranno cancella-ti automaticamente solo al momen-to di un nuovo campionamento.

IL PROTOCOLLO DITRASMISSIONESull’uscita seriale, sia in tempo

reale che in fase di scaricamentodati memorizzati, disponiamo diuna serie di stringhe con i seguen-ti parametri: 9600 baud, 8 bit,nessuna parità, 1 bit di stop, econ il seguente protocollo: 255,ch0-h, ch0-l, ch1-h, ch1-l, ch2-h,ch2-l, ch3-h, ch3-l, ch4-h, ch4-l,cks-h, cks-l.

Spieghiamo bene cosa significa-no in dettaglio i sopra descrittisimboli:Per prima cosa attendiamo la rice-zione del codice 255, che serve amarcare l’inizio della sequenza. Èstato scelto questo valore poichéin nessun caso potrà essere usatodagli altri segnali.

Quelli che seguono sono 10 valoriraggruppati a due a due, infine i duevalori del checksum, che servono adautenticare i dati precedenti.

La coppia di dati, ad esempio ch0-h e ch0-l, rappresentano il valoreeffettivo del canale 1, suddivisi indue tronconi in formato “bcd”, ilprimo indica la parte alta ed ilsecondo la parte bassa.Questi due valori devono essereriassemblati per ottenere il valorecompleto disponibile sul canale.Ad esempio, se il carattere ch0-hconvertito in decimale è di 09 e ilcarattere ch0-l convertito in deci-male è di 72, il valore risultantesarà: (09 *100) + 72 = 972

Una semplice procedura scritta inQbasic per lo scarico dei dati èdisponibile sul sito di Fare elettro-nica, come anche il firmwarenecessario alla programmazionedel PIC.

I SENSORI INTERFACCIABILIAl momento sono stati sviluppati i

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Figura 6: Alcune viste del datalogger da noi realizzato

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seguenti tipi di sensori:

• Accelerometri a singolo e doppioasse, con un range da 2 a 50 G.

• Barometro ambientale per lamisura della pressione atmosfe-rica, utile per implementare unaltimetro.

• Voltmetro per misurare lo statodegli accumulatori di bordo.

• Sensore termico, per la misura-zione della temperaturaambientale.

• Cella di carico ad estensimetri,per la misura di forze, pesi, tor-sioni, sollecitazioni e vibrazioni.

Sono allo studio anche altri tipi disensori, ad esempio una bussolaelettronica ed un inclinometro. Inuna delle prossime puntate saran-no presentati i principi di funzio-namento e gli schemi applicativi.

IL FIRMWAREIl programma da caricare sulmicroprocessore potrete trovarlo

sul sito di Fare Elettronica(www.farelettronica.com).Una volta in possesso del filedovrete trasferirlo nella memoriadel microcontrollore, usando unapposito programmatore oppureil metodo della programmazioneIn-Circuit, molto comoda perchéevita di smontare il chip dallo zoc-colo ed inserirlo nel programma-tore, operazione che a lungoandare può compromettere l’inte-grità dei piedini.Durante la programmazione con ilmetodo In-Circuit è necessariotogliere i ponticelli installati sulconnettore CN11 e quelli che ali-mentano i LED (CN10).

IL DISPLAY LCDI collegamenti del display LCD(tipo CDL4162 ma compatibilecon molti altri display) sono iseguenti:

Pin 1 massaPin 2 +5V

Pin 3 regolazione contrasto(trimmer 10 da Kohmtra +5 e massa)

Pin 4 RS (pin RB5 del micro)Pin 5 R/W (a massa)Pin 6 E (pin RB4 del micro)Pin 7÷10 massaPin 11 (pin RB0 del micro)Pin 12 (pin RB1 del micro)Pin 13 (pin RB2 del micro)Pin 14 (pin RB3 del micro)

CONCLUSIONIAnche per questo mese abbiamoconcluso, nel rinnovarvi l’appun-tamento al prossimo numero, viricordiamo che per qualsiasi infor-mazione potete contattarci viaemail:

• Per la parte hardware:Eugenio Cosolo([email protected])

• Per la parte software:Esteban Mascarella([email protected])

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Figura 7: Alcune immagini della cella di carico utilizzata

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PROIETTORI HID XENON

PER AUTOMOBILE

PROIETTORI HID XENON

PER AUTOMOBILEdi Andrea [email protected]

Circa un annetto fa mi sonomesso alla ricerca su internet dicostruttori o distributori di luciper auto, per la precisione cheproponessero kit per convertire leluci di profondità della propriaautomobile da alogene a HID,ebbene, il mercato offre tantissi-mo: sono davvero molte le ditteche ti propinano kit, più o menopotenti o mirabolanti, dal colorebianco, bianchissimo,azzurro, azzurro por-pora e chi più ne hapiù ne metta. Unicacostante di tutta laricerca è che i prezzinon scendono sottoal milione e mezzodelle vecchie lire osettecentocinquantaEuro circa. Cifra nonda poco.

Anche se queste lampade a gashanno una durata di molto supe-riore alle alogene, non si brucianoma si consumano pian pianocome una lampada al neon. Nonavendo il filamento ma due elet-trodi vicini tra cui si instaura la

scarica, non soffrono di stress davibrazioni, emanano meno caloree, come per tutte le lampade ascarica, a parità di potenza sonoefficienti circa sette otto volte dipiù.Proiettori allo xeno per auto se nevedono già parecchi, di primainstallazione, adesso anche inautovetture non proprio di lussoma questo è pur sempre un optio-

nal che costa tanto.Inutile ricorrere alle lampade alo-gene blu, promettenti miracoli,caricate con gas xeno e altre millediavolerie, perché colorando diblu il bulbo la luminosità divieneminore, inoltre, più facile saràincrinare il bulbo della lampada acausa della carbonizzazione del

colorante.Insomma se si vuole lo Xeno HIDdovremo comprare il kit ocostruirne uno da noi.Ed è proprio quello che faremo.Nella foto possiamo vedere unalampada HID per auto il cui zoc-colo è universale per cui potremosostituirla alle vecchie alogeneanabbaglianti. Beh, presto e fatto,direte voi… Eh no! Il problema

sorge proprio adesso.

Le nostre vecchie ecare alogene dallaluce giallastra funzio-nano a 12 V mentre lelampade a scaricahanno bisogno di tut-t’altra tensione perfunzionare. Occorreperciò un apposito

convertitore di tensione ed unaccenditore non di molto diffe-rente da quelli usati per le lampa-de a vapori metallici.Anche le lampade allo Xeno sonoa vapori metallici ad alta pressio-ne, per precisione caricate congas raro Xeno al fine di ottenereluce bianchissima e brillante.

In queste righe sveleremo la tecnica ed i segreti dei nuovi proiettori per auto a scaricadi gas xeno.Caratterizzanti le auto più lussuose quali BMW, Audi e Mercedes, ora con il nuovocodice della strada che prevede le luci accese in strade extraurbane e autostrade,avere un impianto luci efficiente e dalla lunga durata diviene fatto determinante.

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HID letteralmente significa HighIntensity Discharge, ovvero, lam-pade a scarica alta intensità deltipo MHD (Metal HalideDischarge) o scarica a sali metallici.Si tratta in genere di bulbi di circa4 cm di lunghezza, larghi circa 6mm, al cui interno vi è un’ampol-lina contenente il gas raro e dueelettrodi, ebbene, all’interno diquest’ultima avviene la scarica.Un secondo involucro di vetroserve da schermo per i raggi ultra-violetti emessi, per proteggere laparabola in caso di scoppio e assi-cura alla lampada un’ottimainsensibilità agli urti e vibrazioni.Le lampade utilizzate in automo-bile in prima installazione, cioèequipaggiate con Xenon dallacasa madre, utilizzano particolarizoccoli ottimizzati per l’alta ten-sione (figura 1), le differenze tracostruttore e costruttore non sonopoi così notevoli, come potrete

vedere in figura 2 con il confrontotra Philips e Osram Sylvania.Differenti sono i tipi di lampadeper kit post vendita che dovrannoavere zoccoli diversi per poteressere alloggiate in parabole pre-disposte per altro tipo di lampa-de. In figura 3 possiamo vedereuna lampada HID di costruzionecinese con zoccolo specifico peralogena, in figura 4 un ibrido bilu-ce con alogena per abbaglianti eHID per anabbaglianti, tutto inuna sola lampada. Questo perconvertire lampade bifilamento.Per fare un raffronto la figura 5rappresenta una lampada a scari-ca per proiettori LCD.La figura 6 vi mostra differentisoluzioni tecniche per auto conlampade a scarica alta potenza,utilizzabili in Rally e corse, assolu-tamente non omologabili. La figura 7 mostra un bulbo HIDcinese di basso costo che, prova-to non ha dato risultati malvagima non è stata testata la durata

della lampada.Nella figura 8 possiamo vedereuna lampada da 35W per utilizzoaeronautico, ad occhio nudo ledifferenze sono davvero minime.Per definire al meglio i rapportitra alogene e lampade xeno perautomobile riferitevi alla tabella 1dove in lunghezza avrete l’effi-cienza in lumen della lampadaoltre ai gradi Kelvin di temperatu-ra colore. Le lampade a scaricasono da 35W e le alogene 55W. Ilrendimento delle prime è noninferiore all’85% mentre per quel-le a filamento esso si fissa a circa il35%. Una lampada alogena gene-ra circa 3300 Lumen mentre unaHID circa 25000 Lumen. La dura-ta dell’alogena è circa 1200 Ore,della HID circa 5000 Ore.

Definito ciò parleremo dettaglia-tamente delle tensioni che servo-no all’accensione delle lampadeHID, per mantenere la scarica eper la riaccensione rapida, moltoimportante in automobile.

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Figura 1: Lampada HID per automobile ditipo universale

Figura 2: Confronto HID tra Osram e Philips

Figura 3: Lampada HID per auto con zoccolospecifico per sostituzione con alogena

Figura 4: Ibrido biluce con alogena perabbaglianti e HID per anabbaglianti

Figura 5: Lampada a scarica per proiettori LCD

Figura 6: Lampade HID per competizione nonomologabili per eccessiva potenza

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Dovremo però ricordare una cosa:il circuito dell’auto dovrà esseremodificato in quanto ogni voltache da anabbaglianti passeremoagli abbaglianti, le prime si spen-gono per accendere le seconde.Questo non deve accadere perchédopo il lampeggio, se spente, leHID forniranno luce meno intensae bluastra per circa 20 secondi.Per evitare il problema occorreràmodificare l’impianto come dafigura 9, nei pressi del relè del

devioluci. Le lampade HIDdovranno essere usate solo per lecosiddette mezze luci e non gliabbaglianti, il faro dovrà averecontrollo di altezza elettronico omotorizzato: esistono nuovissimelampade HID dette bixeno chetramite un solenoide ed unoschermo mobile modificano ilfascio da anabbagliante ad abba-gliante, queste costano davverotanto, sono montate di serie sullaLancia Thesis, Mercedes S,Wolksvagen Tuareg e Porsche.

COME FUNZIONANO LELAMPADE HIDLe HID debbono essere alimentate acirca 85 V corrente alternata enecessitano di circa 20 KV per l’im-pulso di accensione, questo deveessere iniettato su di uno dei due filidella lampada e da accese richiedo-no circa mezzo ampere di correntea tensione di mantenimento.All’atto dell’accensione, cioèquando è appena scoccata la sca-rica, la lampada consuma tantissi-mo ma solo per le poche decine disecondi in cui gli elettrodi diven-tano incandescenti favorendo la

scarica controllata. Questo fran-gente, definito “start up” fa cade-re la tensione alla lampada di oltre50 V essendo la corrente richiestavicina ai 10 A.Va da se che l’alimentatore conver-titore dovrà essere piccolo macapace di sopportare per pocotempo extracorrenti notevolissime.A questo scopo si usano alimenta-tori SMPS con mosfet molto capa-ci in corrente.Il prototipo che vi proponiamo direalizzare è abbastanza semplice, alcontrario dei modelli commerciali,spesso dotati di DSP o componenticomplessi e multipli stadi circuitali(figure 10÷13). Bobine sparse quae là limitano disturbi e abbattonoresidui di radiofrequenza, trasfor-matori in ferrite innalzano la tensio-ne per la lampada o inducono l’im-pulso EHT di accensione.

GLI ACCENDITORICOMMERCIALIA seconda del costruttore gli ali-mentatori per lampade HID si dif-ferenziano anche notevolmentetra loro; ad esempio la ST utilizzaun circuito piuttosto complicatoche comprende un convertitorestep-up isolato con un solo mosfetche innalza la tensione da 12 V adoltre il centinaio, supervisionatoda un PWM driver, poi raddrizzatae filtrata la media tensione vieneresa alternata di nuovo tramite unponte ad H di mosfet ed inviataalla lampada.Tutto con anelli di reazione in cor-rente e tensione.Il circuito è protetto da tutto e datutti!

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Figura 7: Bulbo HID a basso costo diproduzione cinese

Figura 8: Lampada HID 35W per uso aeronautico

Figura 9: Circuito luci modificato per lampade HID

Tabella 1: Comparazione tra alogena e HID per temperatura colore ed efficienza

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Il circuito di trigger per l’alta ten-sione utilizza un 555 che pilota unaltro mosfet realizzando un boo-ster di tensione a circa 800 V talida far scaricare un condensatore

sul trasformatore di trigger indu-cendo sulla lampada oltre 20 KVper l’accensione.Differente la scelta di Hitachi eNational Semiconductors i quali si

affidano ad un circuito integratoche assolve a tutti i compiti di rito,dall’innalzamento della tensionedi batteria, alla tensione EHT difiring fino a tutti i controlli.Non mi sono capitati tra le maniconvertitori di Philips e Sylvaniaperò ho potuto notare come talu-ni convertitori cinesi siano proprioridotti all’osso, un solo inverterDC/AC e il circuito di firing, soloquattro transistori in croce e tuttofunziona.A questo proposito ho realizzatoun circuito di prova che vi pro-

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Elenco componenti

Sigla Valore

R1 220 Ω 1 W

R2

R3, R4 470 Ω1/4 W

R5, R6 100 Ω 1 W

R7, R8 10 Ω 1/4 W

R9 4,7 Ω 20 W

R10 39 KΩ 2 W

P1

C1 3300 µF 16 V elettrolitico

C2 100 nF 100 V ceramico

C3 1000 µF 16 V elettrolitico

C4 100 nF 100 V veramico

C5 100 µF 16 V elettrolitico

C6

C7 220 nF 1000 V

IC1 CD4047B

TR1, TR2 BD139

MOS1, MOS2 STDH190

D1 1N5401

D2 1N4001

DZ1 Zener 10 V 1 W

SC1 Scaricatore 750 V

PR1 Ponte 1 A 1000 V

T1

Trasformatore con nucleo in ferrite doppia E oppure OLLAPrimario: 4+4 spireSecondario A: 45 spire di filo da 0,5 mmSecondario B: 400 spire di filo da 0,5 mm

T2Trasformatore con nucleo in ferrite doppia E oppure OLLAPrimario: 2 spire di filo da 1 mm smaltatoSecondario: 60 spire di filo da 0,5 mm

L1 20 spire di filo da 1 mm su toroide da 2 cm

L2 20 spire di filo da 0,5mm su toroide da 1 cm

C6 470 pF ceramico

P1, R2 47 KΩ

Figura 10: Alimentatore per lampade HID ditipo commerciale cinese

Figura 11: Alimentatore per lampade HID peruso subacqueo

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pongo e per il quale vi rimandoalle figure 14 e 15.Il costo costruttivo dell’accendito-re non è elevatissimo, si tratta in

realtà di un inverter DC-AC da 12a 100 V circa e di un circuito ditrigger che preleva tensione sem-pre da un secondario del trasfor-

matore principale ma con tensio-ne vicina agli 800 V. Il circuitotrigger è di tipo a scarica capaciti-va con scaricatore in ceramica da800 V, in questo modo si crea unoscillatore basato sulla scaricarepentina del condensatore sulprimario di T2 determinata dalloscatto in conduzione dello scari-catore SC. Sul secondario di T2avremo ben 20 KV in serie allalampada.In questo modo avremo sicuraaccensione anche quando la lam-pada è calda o appena spenta.

ISTRUZIONI DI MONTAGGIODELL’ACCENDITOREIn figura 16 e 17 sono riportatirispettivamente circuito stampatoe piano di montaggio del nostroaccenditore, mentre le figure18÷21 mostrano come appare ilprototipo finito ed alcuni elemen-ti dello stesso.

Occorre prestare attenzione almontaggio del circuito, i mosfetdi potenza debbono essere isolatitra loro e posti a contatto del dis-sipatore o del contenitore metalli-co, isolati con miche e passanti inplastica termoresistente.

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Figura 12: Alimentatore HID per auto commercialeFigura 13: Altro alimentatore per lampada HID

per uso mobile

Figura 14: Schema a blocchi convertitore per HID

Figura 15: Schema elettrico del nostro convertitore

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Abbondate con il grasso siliconico.Il trasformatore T1 è in ferrite adolla o doppia E con minimonumero di spire sui primari a zerocentrale e rapporto superiore sulsecondario 100 V. L’altro seconda-

rio sarà realizzato con cavetto tipocapillare ricordando di isolare connastro in carta ogni passata di filosul rocchetto.Cura ben maggiore andrà postaper realizzare T2 che avrà per

secondario circa 60 spire di filo da0,35 mm doppio isolamento e pri-mario 2 spire di filo da 1 mm

HARDWARE

HARDWARE 51

Figura 18:Prototipo montato del nostro convertitore

Figura 19: Circuito montato e fissato entro ilcontenitore in alluminio

Figura 20: Particolare della ventola utilizzatanel nostro convertitore

Figura 16: Circuito stampato scala 1:1 (lato rame)

Figura 17: Posizionamento dei componenti

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smaltato. Tutto avvolto su ferritesempre ad olla o doppia E. Ilsecondario alta tensione andràavvolto ricordando di isolare concarta alto isolamento l’avvolgi-

mento ogni 5 spire avvolte.I cavi di uscita debbono essere peralta tensione simili a quelli per leTV a colori relativi al cinescopio.Tutto deve essere ben isolato e

chiuso in scatola metallica a provadi umidità.Il circuito è racchiuso in una sca-tola in alluminio di un vecchioinverter completo di ventola; leconnessioni a 12 V sono assicura-te con morsetti da circuito stam-pato per alte correnti mentre l’al-ta tensione per la lampada utilizzadue pin a pressione ben isolati.Tutto il circuito dovrà essere benprotetto dall’umidità e irrorato dispray antiarco.

La prova di funzionamento potre-te farla connettendo la lampada alcircuito che dovrà accendersisubito dopo aver dato tensione.Il collegamento del circuito all’im-pianto dell’auto impone qualchemodifica al circuito originale del-l’auto. Il circuito originale è visibi-le in figura 22 mentre quello

HARDWARE

HARDWARE52

Figura 21: Il nostro prototipo di convertitore HIDmontato e inscatolato Figura 22: Circuito luci originale

Figura 23: Circuito luci modificato per lampade HID

Figura 24: Conversione casalinga di una lampada alogena in HQI 70W

Figura 25:Lampada HQI 70W non ancora montata

Figura 26: Particolare dello zoccolo per alogenaauto modificato

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modificato che comporta l’uso diun diodo (D1 - minimo 50V/20A)e un relè, è visibile in figura 23.

Ricordo a tutti che il progetto

ha veste sperimentale in quanto

gli apparecchi utilizzati non

sono omologabili per cui l’utiliz-

zo su strada non è consentito.

Per chi fosse interessato e volessefare come il sottoscritto è possibi-le utilizzare per la modifica le piùcomuni lampade HQI da 35 W peruso discoteca o illuminotecnicocivile, con conseguente abbatti-mento del costo della lampada.Potrete modificare lo zoccolodella ex alogena da auto e fissarglisopra uno zoccolo ceramico perlampada a scarica quindi bloccaretutto con araldite termoresistente.

Queste lampade sono moltomeno costose, fanno una granluce ma tendono a non riaccen-

dersi bene se calde, ovvero sononecessari circa 20 secondi per lariaccensione.Ho in uso questo tipo di lampadesu di un fuoristrada tipo quad e,anche se maltrattate, hanno sop-portato ogni tortura. Per la modi-fica riferitevi alle figure 24÷28.

Buon divertimento.

HARDWARE

HARDWARE 53

Figura 27: Alogena auto originale non ancoramodificata Figura 28: Conversione alogena in HQI terminata

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Riprendiamo questo mese ad occuparci di teoria prendendo in esame le variecaratteristiche di base del linguaggio C. Per chi non avesse letto le parti precedentiricordiamo che per effettuare le prove di compilazione abbiamo usato l'ambiente disviluppo C/C++ BloodShed Dev C++ scaricabile gratuitamente dal sitohttp://www.bloodshed.net.

TUTORIAL56

GLI OPERATORIGli operatori consentono di effettuareoperazioni matematiche o logiche suuna o più variabili.La sintassi per descrivere una espres-sione matematica è in molti casi assaisimile a quella che abbiamo appresoalle scuole elementari, ad esempio:

a = b + c;

per sommare due variabili, oppurea = b - c;

per sottrarle.In alcuni casi, invece, la sintassi si dif-ferenzia nettamente da quella classicae consente di esprimere concetti spe-cifici nella programmazione come adesempio:

a = &b;

dove &b indica il puntatore alla loca-zione di memoria dove è memorizza-ta la variabile b.

L'operatore di assegnazione (=)

L'operatore di assegnazione =, comu-nemente detto "uguale", consente diassegnare alla variabile indicata allasua sinistra il risultato dell'espressioneriportata alla sua destra. Ad esempio:

a = 1;

assegna alla variabile a il valore 1,a = 10 + 23;

assegna alla variabile a il valore risul-tante dalla somma 10 + 23 = 33,

a = c + b;

assegna ad a il valore risultante dallasomma tra le variabili c e b,

a = a + 1;

incrementa di uno il valore contenutoin a.

Operatore di comparazione (==)

L'operatore di comparazione == (dop-pio uguale) valuta il risultato dell'e-spressione alla sua sinistra con quellodell'espressione alla sua destra e ritor-na una condizione di vero in caso diuguaglianza. Chi conosce già altri lin-guaggi di programmazione, trovaspesso complesso comprendere la dif-ferenza tra questo operatore e l'ope-ratore di assegnazione = (singolouguale), per questo vediamo qualcheesempio che ne evidenzi le differenze:

main ()

int a;

a=1;

if (a==1)

printf("a vale 1\n");

else

printf("a non vale

1\n");

In questo esempio assegniamo alla

variabile a il valore 1 con l'espressionea=1 e quindi ne verifichiamo il conte-nuto all'interno della if con l'espressio-ne a==1.Dato che a è uguale a 1, allora la con-dizione all'interno della if sarà soddi-sfatta ed il programma eseguirà l'i-struzione:

printf("a vale 1\n");

Se proviamo a cambiare il valore ini-ziale di a da a=1 ad a=0:

main ()

int a;

a=0;

if (a==1)

printf("a vale 1\n");

else

printf("a non vale

1\n");

la condizione all'interno della if nonsarà soddisfatta, per cui verrà eseguitasolo l'istruzione dopo la else, cioè

printf("a non vale 1\n");

Proviamo ora vedere cosa succedesostituendo, all'interno della if, a==1

con a=1:

TUTORIAL

VITAMINA CVITAMINA Cdi Sergio [email protected]

ottava parte

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main ()

int a;

a=0;

if (a=1)

printf("a vale 1\n");

else

printf("a non vale

1\n");

L'istruzione che verrà eseguita è:printf("a vale 1\n");

indipendentemente dal valore inizialeche assegniamo ad a.Questo è dovuto al fatto che l'opera-tore di assegnazione a=1 che abbia-mo inserito come condizione all'inter-no della if non controlla il contenutoma assegna un contenuto. Il valoreche ritorna alla if coincide quindi conil valore assegnato alla variabile a

ovvero 0 se scriviamo a=0 e 1 se scri-viamo a=1.Il C, come vedremo di seguito, inter-preta ogni valore diverso da zerocome una condizione logica vera e lozero come condizione logica falsa.Scrivere if (a=1) equivale a scrivereif(1) ovvero una condizione if semprevera.

Operatori matematici (+ - * /)

Gli operatori matematici consentonodi scrivere espressioni del tipo:

b + c;

per sommare due valori,b - c;

per sottrarli,b * c;

per moltiplicarli,b / c;

per dividerli.

Il risultato di una espressione mate-matica è fortemente condizionato daitipi di variabili utilizzate.Se ad esempio dividiamo il valore diuna variabile intera e lo memorizzia-mo in un'altra variabile intera, quello

che otteniamo è un valore intero.Vediamo un esempio:

main ()

int a = 10;

int b;

b = a / 4;

printf("%d\n",b);

Il risultato visualizzato a video è 2mentre il risultato vero sarebbe dovu-to essere 2,5. Per ottenere un risultatocorretto dobbiamo definire sia a che bcome variabili in virgola mobile (floa-ting point).

main ()

float a = 10;

float b;

b = a / 4;

printf("%f\n",b);

Operatori composti

In alcuni casi è possibile combinare traloro diversi operatori per ottenere unaforma abbreviata di alcune espressio-ni. Ad esempio:

a = a + b;

si può scrivere nella forma equivalen-te:

a += b;

La stessa forma abbreviata si puòadottare per la sottrazione, la moltipli-cazione e la divisione. Se l'incrementoè limitato ad una sola unità si può scri-vere:

a++;

che equivale all'espressione:a = a + 1;

Per decrementare un valore di unaunità si può scrivere:

a--;

Un significato particolare ha la dispo-

sizione degli operatori rispetto alnome della variabile.Se si scrive a++ l'incremento vieneeffettuato dopo aver calcolato il valo-re dell'intera espressione.Se si scrive ++a l'incremento vieneeffettuato prima di aver calcolato ilvalore dell'intera espressione.Ad esempio:

main ()

int a;

a=1;

printf("%d\n",a++);

Visualizza a video:

Passo 1: a=1

Passo 2: a=2

Mentre:

main ()

int a;

a=1;

printf("Passo 1:

a=%d\n",++a);

printf("Passo 2:

a=%d\n",++a);

genera il seguente risultato:

Passo 1: a=2

Passo 2: a=3

Nel primo caso a viene incrementatodopo aver visualizzato il contenuto.Nel secondo caso a viene incrementa-to prima di visualizzare il contenuto.Contrariamente a quanto si potrebbepensare, queste forme abbreviatesono utilissime per aumentare la leg-gibilità del codice. Ad esempio:

main ()

int a;

a=1;

TUTORIAL

TUTORIAL 57

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printf ("2 * %d =

%d\n",a,2*a);

a = a + 1;

printf ("2 * %d =

%d\n",a,2*a);

a = a + 1;

printf ("2 * %d =

%d\n",a,2*a);

a = a + 1;

printf ("2 * %d =

%d\n",a,2*a);

a = a + 1;

printf ("2 * %d =

%d\n",a,2*a);

a = a + 1;

printf ("2 * %d =

%d\n",a,2*a);

a = a + 1;

printf ("2 * %d =

%d\n",a,2*a);

a = a + 1;

printf ("2 * %d =

%d\n",a,2*a);

a = a + 1;

printf ("2 * %d =

%d\n",a,2*a);

a = a + 1;

printf ("2 * %d =

%d\n",a,2*a);

Visualizza la tabellina del 2 a video.

2 * 1 = 22 * 2 = 42 * 3 = 62 * 4 = 82 * 5 = 102 * 6 = 122 * 7 = 142 * 8 = 162 * 9 = 182 * 10 = 20

Utilizzando l'operatore ++ si ottieneun listato molto più chiaro:

main ()

int a;

a=1;

printf ("2 * %d =

%d\n",a,2*a++);

printf ("2 * %d =

%d\n",a,2*a++);

printf ("2 * %d =

%d\n",a,2*a++);

printf ("2 * %d =

%d\n",a,2*a++);

printf ("2 * %d =

%d\n",a,2*a++);

printf ("2 * %d =

%d\n",a,2*a++);

printf ("2 * %d =

%d\n",a,2*a++);

printf ("2 * %d =

%d\n",a,2*a++);

printf ("2 * %d =

%d\n",a,2*a++);

printf ("2 * %d =

%d\n",a,2*a++);

Usando il ciclo for possiamo migliora-re ulteriormente la leggibilità del pro-gramma:

main ()

int a;

for (a=1;a<=10;a++)

printf ("2 * %d =

%d\n",a,2*a);

OPERATORI LOGICIGli operatori logici consentono dieffettuare comparazione logiche ditipo AND, OR o NOT tra variabili. Ilrisultato di questi tre operatori puòassumere solo due valori:

• Vero, rappresentato dal numero 1.• Falso, rappresentato dal numero 0.

L'operatore AND (&&)

AND, dall'inglese "E", è un operatoreche verifica due condizioni logiche,se entrambe sono vere il risultato èvero. Se solo una delle due è falsa, ilrisultato è falso. Per determinarequale sarà il risultato di una operazio-ne AND basta leggere ad alta voce

l'espressione. Ad esempio:if (a && b)

si legge: "se la condizione a è vera Ela condizione b è vera allora il risulta-to è vero". In C si traduce in:

main ()

int a=1;

int b=1;

if (a&&b)

printf("Risultato

vero\n");

else

printf("Risultato

falso\n");

dove l'operatore AND è rappresenta-to dai due caratteri &.

L'operatore OR (||)

L'OR, dall'inglese "O" o "OPPURE", èun operatore che verifica due condi-zioni logiche. Se solo una è vera ilrisultato è vero. Se entrambe sonofalse il risultato è falso.Per determinare quale sarà il risultatodi una operazione OR basta leggeread ad alta l'espressione. Ad esempio:

if (a||b)

si legge: "se la condizione a è veraOPPURE la condizione b è veraallora il risultato è vero". In C si tra-duce in:

main ()

int a=1;

int b=0;

if (a||b)

printf("Risultato

vero\n");

else

printf("Risultato

falso\n");

dove l'operatore OR è rappresentatodai due caratteri |.

TUTORIAL

TUTORIAL58

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Ad esempio:

main ()

printf("Numero di byte:

%d\n",sizeof(int));

Se eseguita su un PC genera ilseguente risultato:

Numero di byte: 4

Il valore rappresentabile da una wordda 32 bit (4 byte) va da -2.147.483.648 a +2.147.483.647.In notazione binaria questi due valoriestremi si rappresentano con questesequenze di bit:

10000000 00000000 0000000000000000 = -2.147.483.64801111111 11111111 1111111111111111 = +2.147.483.647

L'operatore NOT (!)

Il NOT, dall'inglese "NON", è un ope-ratore inverte il valore di una condi-zione logica. Se si applica il NOT adun valore vero diventa falso e vicever-sa. Vediamo un esempio:

main ()

int a=1;

if (a)

printf("a = vero\n");

else

printf("a =

falso\n");

if (!a)

printf("!a =

vero\n");

else

printf("!a =

falso\n");

GLI OPERATORI SUI BITAlcuni operatori del C consentono dimanipolare direttamente i bit con cuivengono rappresentate le variabili inmemoria.Per capire come questi operatori agi-scono dobbiamo dare una breveocchiata a come vengono effettiva-mente memorizzate le variabili all'in-terno della memoria del computer.Quando definiamo una variabile inte-ra, il C riserva uno spazio di memoriapari al numero di bit di dati che laCPU riesce a gestire con una singolaistruzione. Nei comuni PC questa lun-ghezza equivale a 32 bit, mentre sumolti microcontrollori utilizzati perapplicazioni embedded equivale a 16bit.Per conoscere la lunghezza in byteutilizzata per memorizzare una varia-bile è possibile usare la funzione:

sizeof(int);

TUTORIAL

TUTORIAL 59

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Il bit più a sinistra, detto MSB (MostSignificative Bit. Bit più significativo),viene utilizzato per memorizzare ilsegno del valore (0=positivo, 1=nega-tivo) i restanti 31 bit indicano il valoreintero.

Gli operatori di shift (<< >>)

Gli operatori di shift consentono dispostare tutti i bit che rappresentanoun valore in memoria a destra (>>) oa sinistra (<<). Vediamo un esempiopratico:

main ()

int a;

a=2;

printf("a=%d\n",a);

a = a>>1;

printf("a=%d\n",a);

Se eseguiamo questo programma ilrisultato che otteniamo è il seguente:

a=2

a=1

Un pratica l'operazione a = a >> 1

memorizza in a il suo stesso valore macon i bit spostati a destra di un posto.Quindi dal valore iniziale:00000000 00000000 0000000000000010 = 2 decimalea passa al valore00000000 00000000 0000000000000001 = 1 decimale

Anche per gli operatori di shift è pos-sibile adottare la forma contratta:

main ()

int a;

a=2;

printf("a=%d\n",a);

a >>= 1;

printf("a=%d\n",a);

Gli operatori sui bit AND (&) e

OR (|)

Gli operatori sui bit AND e OR fun-zionano per certi versi come gli ope-ratori logici visti in precedenza, ope-rando però, sul valore di ogni singo-lo bit che compone una variabileinvece che sul suo valore globale.Vediamo un esempio:

main ()

int a,b,c;

a=1;

b=0;

c = a & b;

printf("c=%d\n",c);

Questo programma visualizza:

c=0;

L'operazione che compie è un ANDtra i bit presenti nella variabile a ed ibit presenti nella variabile b:a = 00000000 00000000 00000000

00000001b = 00000000 00000000 00000000

00000000c = 00000000 00000000 00000000

00000000Il risultato riportato in c è l'and logicotra ogni bit della variabile a ed il corri-spondente bit della variabile b. Se unodei due bit vale 0 anche il bit corri-spondente nella variabile c varrà zero.La variabile b rappresenta in praticauna "maschera di bit" ovvero unavariabile in grado di far passare nellavariabile c solo il valore dei bit in a lacui posizione coincide agli 1 presentinella variabile b.In questo caso essendo tutti i bit di ba zero nessun bit a uno di a passa inc. Ad esempio se scriviamo in a il valo-re:a = 01010101 01010101 01010101

01010101ed in b il valoreb = 11111111 00000000 11111111

00000000effettuando l'AND tra a e b otterremoc = 01010101 00000000 01010101

00000000ovvero solo i bit che non sonomascherati da bit a zero nella variabi-le b riescono a passare indenni nellavariabile c.L'operatore OR viene invece spessoutilizzato per forzare a 1 alcuni dei bitcontenuti in una variabile. Vediamocome:

main ()

int a,b,c;

a=0x01;

b=0xF0;

c = a | b;

printf("c=%x\n",c);

In questo caso abbiamo usato la nota-zione esadecimale (HEX) per metterein evidenza l'operazione compiutadall'OR tra bit.Il valore 0x00 corrisponde al valorebinario:a = 00000000 00000000 00000000

00000001mentre 0xF0 corrisponde ab = 00000000 00000000 00000000

11110000

Effettuando l'operazione:c = a | b

se uno qualsiasi dei bit in a o in b vale1 il bit corrispondente in c varrà 1.Quindi il risultato sarà:c = 00000000 00000000 00000000

11110001ovvero, 0xF1. In pratica, quello cheotteniamo è una funzione degli 1 pre-senti in a con gli 1 presenti in b.

CONCLUSIONIProseguiremo il mese prossimo con lateoria sul linguaggio C analizzandoapprofonditamente come funzionanole stringhe, gli array, le strutture e leunion.

TUTORIAL

TUTORIAL60

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PRATICAMENTE...

REGOLATORI DI

TENSIONE INTEGRATI(ALIMENTATORE

“MILLEUSI”)

PRATICAMENTE...

REGOLATORI DI

TENSIONE INTEGRATI(ALIMENTATORE

“MILLEUSI”)di Maurizio Del [email protected]

ANALISI E SPECIFICHE DELPROBLEMAIl circuito da progettare è un ali-mentatore stabilizzato con uscitavariabile da 1.5V fino a circa 20V,che sia in grado di erogare una cor-rente massima di 1A. Il circuitodovrà consentire la regolazionedella tensione di uscita in modocontinuo o in passi standard 1.5V,3V, 4.5V, 6V, 9V, 12V.

LA SOLUZIONE OTTIMALELa soluzione che proponiamo impie-ga uno stabilizzatore integratoLM317 connesso come mostrato infigura 2.

Analizziamo la funzione di ogni sin-golo componente.Il trasformatore TR1 ha il compito diridurre la tensione di rete (220Vac)al valore di 18Vac. Questa tensione

viene raddrizzata dal ponte BR1 elivellata dai condensatori C1 e C2.La tensione ottenuta viene applicataall’ingresso E del regolatore LM317e viene anche utilizzata per accen-

dere il LED1 che indica lo stato ONdell’alimentatore. La resistenza R2limita a circa 10mA la corrente nelLED.Il diodo D2 garantisce la scarica dei

In questo numero approfondiremo lo studio dei regolatoridi tensione integrati della serie 78xx e gli LM317. Come applicazionepratica realizzeremo un alimentatore variabile da 1.5V fino a 20V con correntemassima di 1A che diverrà uno strumento indispensabile per il nostro laboratorio.

PRATICAMENTE

PRATICAMENTE62

Figura 1: Schema a blocchi del circuito da progettare

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condensatori di uscita C4 e C5 allospegnimento dell’alimentatore,mentre il diodo D1 garantisce la sca-rica di C3 in caso di corto-circuitosull’uscita.Il regolatore integrato LM317 con-sente la stabilizzazione della tensio-ne, mediante due sole resistenzesecondo lo schema di principioriportato in figura 3.

La tensione di uscita Vout dipendeesclusivamente dai valori di Ra edRb secondo la relazione:

Vout=1,25(1+Rb/Ra)

Il costruttore consiglia di utilizzareper Ra una resistenza da 220Ω men-tre il valore di Rb viene scelto aseconda della tensione di uscitadesiderata. Nel nostro caso, volendouna tensione di uscita variabile, pos-siamo sostituire la Rb con un poten-ziometro (P1, in figura 2). Con unpotenziometro da 4,7KΩ si ottiene,in teoria, una tensione di uscita mas-sima pari a circa 28V. Posizionando ilcommutatore S2 nella posizione 1, èdunque possibile regolare la tensionedi uscita con continuità da 1,25V finoal massimo valore possibile che, per iltrasformatore scelto, vale circa 22V.

Volendo variare la tensione di uscitain passi predefiniti, anziché il poten-ziometro si dovrà utilizzare un com-mutatore a 6 posizioni che permet-te di selezionare una resistenza

PRATICAMENTE

PRATICAMENTE 63

Figura 2: Lo schema dell’alimentatore “milleusi”

Figura 3: Uso del regolatore integrato LM317

Figura 4: L’alimentatore “milleusi” modificato per una maggiore corrente in uscita

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diversa a seconda della posizione.Collegando un trimmer a ciascuna posi-zione, sarà possibile, dopo la fase ditaratura iniziale, impostare i valori ditensione di uscita a proprio piacimento.Il commutatore S2 permette di sce-gliere se variare la tensione di uscitacon continuità (posizione 1) o in passipredefiniti (posizione 2). In ogni caso,la tensione sulla resistenza variabileinserita, viene mantenuta costantedal condensatore C3 che funziona unpo’ come una “zavorra” per la tensio-ne al piedino R del regolatore.La tensione di uscita così ottenutaviene ulteriormente filtrata dallacoppia di condensatori C4 e C5.Benché il regolatore LM317 siadotato di una protezione contro icorto-circuiti sull’uscita, è bene inse-rire un fusibile (F1) che garantisca lospegnimento dell’alimentatorecome ulteriore sicurezza. Il valoredel fusibile si sceglie tenendo contoche il prodotto tensione-corrente alprimario del trasformatore è costan-te anche al secondario, pertantolimitando 100mA sul primario silimita a circa 1,2A la corrente sulsecondario.

SOLUZIONI ALTERNATIVEIncremento della corrente di uscita

Come già visto, lo schema di figura

2 è in grado di erogare all’uscita unacorrente massima di 1,2A, limiteimposto dalla presenza del fusibile.Anche se non fosse presente il fusi-bile, la corrente di uscita non supe-rerebbe comunque gli 1,5A in quan-to questo è il valore limite per ilregolatore integrato. Volendo unacorrente maggiore, si deve ricorrereal circuito dei figura 4.

Come si può notare, è stato aggiun-to il transistore T1 e la resistenza R3.Quando in uscita vengono richiestecorrenti molto basse, il transistoreT1 risulta interdetto quindi è comese non ci fosse e la corrente di usci-ta è fornita direttamente dal LM317.Quando la corrente di uscita (quindiquella che attraversa R3) è tale daprovocare su R3 una tensione dicirca 0,7V, allora T1 entra in condu-zione ed è lui che diviene il respon-

sabile della corrente erogabile. Si fanotare che in questo modo si eludela protezione del LM317 contro icorto-circuiti sull’uscita che, in que-sto caso, provocherebbero la rotturadi T1 se non intervenisse tempesti-vamente il fusibile F1. Si consiglia dicollegare T1 ad un dissipatore pergarantirne il raffreddamento in casodi alte correnti erogate.

Tensioni negative regolabili

Per generare tensioni negative rego-labili si deve utilizzare lo schema difigura 5. Tale schema è molto similea quello di figura 2 ed ha comunquelo stesso funzionamento. Si noti lapolarità invertita del ponte raddriz-zatore e dei vari condensatori elet-trolitici. Anche i diodi sono collegatiin maniera opposta in quanto tuttele correnti nello schema di figura 5hanno verso opposto rispetto a

PRATICAMENTE

PRATICAMENTE64

Figura 5: L’alimentatore “milleusi” modificato per tensioni negative

Figura 6: Regolatore di corrente con LM317

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quello nello schema di figura 2.

Regolazione della corrente

Può presentarsi la necessità di ero-gare una determinata corrente indi-pendentemente dal carico applica-to. In questo caso si può connetterel’LM317 come mostrato in figura 6.La corrente di uscita dipende sola-mente dalla resistenza R1 secondo larelazione:

Iout=1,25/R1

Attenzione alla scelta della resisten-za R1: la corrente di uscita scorreanche attraverso R1 pertanto que-st’ultima dovrà essere scelta dipotenza appropriata. Ricordo chela potenza dissipata da una resi-stenza è data dal prodotto tra ilvalore della resistenza ed il quadra-to della corrente che la attraversa.Facciamo un esempio: volendo unacorrente di uscita Iout=500mA sidovrà scegliere R1=2,5 Ohm. Lapotenza dissipata da tale resistenzaè quindi R1⋅Iout2=0,625 Watt percui si dovrà scegliere R1 di potenzasuperiore a 1W.

Alimentatore a tensione fissa

positiva

Se si deve disporre di una tensionestabilizzata non regolabile, si posso-no utilizzare i regolatori integratidella serie 78xx. Il numero “xx”, chesegue la cifra 78, indica la tensioneerogata dallo stabilizzatore.Acquistando un 7812, avremo dun-que a disposizione una tensione sta-bilizzata di 12V, un 7805 darà inuscita 5V stabilizzati. Lo schemaapplicativo è standard per la serie78xx ed è quello di figura 7.

La funzione dei condensatori è quel-la di filtrare i disturbi. Normalmentesull’ingresso vengono utilizzati con-densatori di capacità più elevata inquanto in ingresso la tensione nonstabilizzata è sicuramente affetta da

disturbi relativi alla tensione di rete,quindi a frequenza relativamentebassa (50Hz). Qualitativamente pos-siamo affermare che più piccola è lacapacità, maggiore è la frequenzadei segnali di disturbo che viene eli-minata.I valori standard per la serie 78xxsono 5V, 6V, 8V, 9V, 12V, 15V, 18V,20V, 24V e sono in grado di erogarefino ad 1A di corrente all’uscita.Qualora si richiedano valori di ten-sione leggermente diversi da quellistandard, è possibile inserire undiodo od una serie di diodi tra il pie-dino M e la massa, come indicato infigura 8. Ciascun diodo alza il valoredella tensione di uscita di circa 0,6V.Se si desiderano 6,2V basterà impie-

gare un 7805 con due diodi sul pie-dino M.

Se si intende diminuire la tensionerispetto al valore standard, allora idiodi andranno inseriti in serie all’u-scita, come mostrato in figura 9.Ciascun diodo diminuirà la tensionedi uscita di circa 0,6V, ma questaconfigurazione funziona se vengonorichiesti in uscita almeno una decinadi mA e comunque i diodi dovrannoessere idonei a sopportare tutta lacorrente eventualmente richiestadal carico.

Alimentatore a tensione fissa

negativa

Analogamente a quanto visto per la

PRATICAMENTE

PRATICAMENTE 65

Figura 7: Regolatore di tensione con 78xx

Figura 8: Modifiche per tensioni di uscita non standard: innalzamento della tensione di uscita

Figura 9: Modifiche per tensioni di uscita non standard: abbassamento della tensione di uscita

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generazione di tensioni fisse positi-ve, è possibile utilizzare regolatoriintegrati della serie 79xx per otte-nere tensioni stabilizzate negativerispetto al terminale di massa. Ilfunzionamento è identico a quellodella serie 78xx ed in figura 10 èriportato uno schema completo perun alimentatore duale da ±5V/1A

utilizzando un 7805 per la tensionepositiva ed un 7905 per quellanegativa.

Questo circuito impiega un trasfor-matore con presa centrale ed unsecondario di 6+6Vac. Il ponte rad-drizzatore dovrà essere in grado disopportare una tensione di almeno

24V ed una corrente di 2A. Il circui-to è protetto dai corto-circuiti inuscita grazie alla protezione integra-ta nel 7805 e 7905.

IL QUESITO DEL MESEConsideriamo il circuito di figura 11:quanto vale la tensione di uscita?Aspetto le vostre risposte!

Ecco la soluzione al quesito del mesescorso: se uno dei due ingressi IN1 eIN2 (o entrambi) è a livello alto, ilrelativo transistore sarà in saturazio-ne (equivalente ad un interruttorechiuso) ed il LED risulterà acceso inquanto il suo catodo si troverà colle-gato alla massa. Solamente nel casoin cui entrambi gli ingressi sono alivello basso, i due transistori sonointerdetti ed il LED risulterà spento.Il circuito funziona quindi come unaporta NOR.

NEL PROSSIMO NUMERONel prossimo numero la “pillola dielettronica” sarà dedicata agli ali-mentatori con batteria in tampone,ovvero alimentatori in grado di fun-zionare per un certo periodo anchein assenza di rete elettrica.

PRATICAMENTE

PRATICAMENTE66

Figura 10: Alimentatore duale ±5V/1A realizzato con regolatori integrati

Figura 11: Il quesito del mese

Pin-out e caratteristiche del regolatore integrato LM317

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PRATICAMENTE

PRATICAMENTE 67

Pin-out e caratteristiche del regolatore integrato LM317

Pin-out e caratteristiche del regolatore integrato LM78xx

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ALCUNE DELLE DATE INDICATE POTREBBERO SUBIRE VARIAZIONI

Una fiera che riunisce le ultime invenzioni nel campo della radiantistica, dell'elettronica e del-l'informatica e dell’hi-fi, una vetrina per conoscere i progressi della tecnica e aggiornarsi suinuovi sistemi di radiodiffusione, le ultime frontiere del car-audio, dell'audio/video e dell'emer-gente settore del car-theater.

30 Aprile / 1-2 Maggio 2004

39a RADIOAMATORE / HI-FI

LUOGO: Viale Treviso, 1 – PORDENONEORARI: dalle 9.00 alle 18.30ORGANIZZATORE: Ente Autonomo Fiera Di Pordenone

(www.fierapordenone.it – Tel 043.4232111)

INGRESSO: € 7,50

Quello di Forlì è uno degli appuntamenti “classici” per gli appassionati di mostre mercato, una

“full immersion” nel mondo dell’elettronica che attira specialisti e curiosi che vogliano entra-

re nell’Era Digitale senza spendere una follia. Il tema generale che accomuna i principali “sot-

toinsiemi” della fiera è quello della comunicazione: trasmissione, ricezione, archiviazione e pro-

tezione dei dati. A Forlì troverete computer, programmi, periferiche, accessori, telefonia fissa

e mobile, sistemi di sicurezza, strumenti di misurazione, smart card, decoder, antenne e parabole, schede, apparecchia-

ture per radioamatori, CB, ma anche radio d’epoca, antesignane dei moderni mezzi di comunicazione, pezzi rari, valvo-

le e ricambi. Tra i banchi della grande fiera dell’elettronica si trovano poi tantissimi prodotti elettro-elettronici: attrezzi per

il bricolage, piccoli elettrodomestici, lampadine a basso consumo, pile ricaricabili e tanti altri oggetti utili o futili, ma sicu-

ramente venduti a prezzi concorrenziali rispetto ai normali canali distributivi.

8-9 Maggio 2004

GRANDE FIERA DELL’ELETTRONICA - XX EDIZIONE

LUOGO: Fiera di Forlì, Via Punto di Ferro - FORLÌORARI: dalle 9.00 alle 18.00ORGANIZZATORE: Blu Nautilus

(www.blunautilus.it – Tel 0541.439573)

INGRESSO: € 7,00 (il biglietto è valido anche per ilFlight Simulator Show)

2004

Le fiere e mostre mercatodi MaggioLe fiere e mostre mercatodi Maggio

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Nell’ambito della Grande Fiera dell’Elettronica si svolge il Flight Simulator Show, eventoorganizzato dal Flight Simulator Club Romagna e che presenta una panoramica completasulla realtà del volo simulato in Italia: produttori hardware e software, librerie specializzate,scuole di volo, compagnie aeree ma anche Associazioni, Club e Compagnie aeree virtuali.Una passione che unisce migliaia di giovani e adulti che non possono conseguire un brevet-to per il volo reale: condizioni di salute, costi eccessivi, paura, sono i motivi ricorrenti. La

simulazione diviene così una valida alternativa in grado di trasmettere emozioni fortissime ma senza alcun pericolo.Nell’ambito del Flight Simulator Show si svolge il VI° Contest Trofeo Fabio Fanelli, organizzato dall’Associazione PVI -Piloti Virtuali Italiani. Il Contest comprende sia il volo civile, una gara di regolarità e abilità al pilotaggio, sia quello mili-tare, con acrobazie e combattimenti, il tutto reso spettacolare grazie ad una proiezione su maxi schermo e al com-mento in diretta delle varie fasi di gara.

8-9 Maggio 2004

FLIGHT SIMULATOR SHOW - CONTEST FABIO FANELLI

LUOGO: Fiera di Forlì, Via Punto di Ferro - FORLÌORARI: dalle 9.00 alle 18.00ORGANIZZATORE: Blu Nautilus

(www.blunautilus.it – Tel 0541.439573)

INGRESSO: € 7,00 (il biglietto è valido anche per laGrande Fiera dell’Elettronica)

22-23 Maggio 2004

30° MERCATINO DEL RADIOAMATORE

LUOGO: Zona Industriale - MONOPOLI (BA)ORARI: dalle 9.00 alle 13.00 e dalle 15.30 alle 20.00ORGANIZZATORE: A.R.I. Castellana Grotte

(Tel 080.748931)

INGRESSO: n.p.

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XXXIV MOSTRA MERCATO NAZIONALE DEL RADIOAMATORE,DELL’ELETTRONICA E DELL’INFORMATICA

LUOGO: Comunità Incontro Molino Silla – Amelia (TR)ORARI: dalle 9.00 alle 19.00ORGANIZZATORE: A.R.I. Sezione di Terni

(Tel 0744.422698 - 338.5412440)

INGRESSO: n.p.

Mostramercato attrezzature radioamatoriali e componentistica, hardware, software, ricezio-ne satellitare, editoria specializzata, radio d’epoca.

15-16 Maggio 2004

11° MARC DI PRIMAVERA

LUOGO: Fiera di GenovaORARI: dalle 9:00 alle 18:30ORGANIZZATORE: Studio Fulcro

(www.studio-fulcro.it – Tel 010.561111)

INGRESSO: n.p.

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Le risorse a disposizione degli allievidell’Istituto sono notevoli: diversilaboratori, aule multimediali, AulaMagna, palestra, teatro all’aperto,campo da calcetto, biblioteca.Le risorse più importanti, però,sono indubbiamente quelle legatealla professionalità di tutto il perso-nale della scuola e al suo spirito dicollaborazione al comune intentoformativo.Nell’erogazione e nell’ottimizzazio-ne del servizio educativo e formativoè coinvolto tutto il personale

SCUOLABUS70

dell’Istituto, che sicompone di: docen-ti, insegnanti tecni-co-pratici, assistentitecnici, personaleamministrativo edausiliario.L'Istituto opera nel-l'ambito definito daldettato Costituzionale,proseguendo i compitiformativi ed educativi,attribuiti alla scuoladalle normative vigenti

e dalle più recenti direttive ministeriali,che, pur in assenza di una organicariforma della secondaria superiore,hanno ridefinito i nuovi programmidell'istruzione tecnica industriale.L’istituto inoltre, recepisce e riela-bora le richieste degli studenti edelle loro famiglie, unitamente aquelle di un mondo del lavoro conl’obiettivo di fornire ai suoi diplo-mati, insieme ad una buona prepa-razione di base, capacità di adatta-mento, flessibilità e attitudine allavoro di equipe.

INTERVISTA AL DIRIGENTESCOLASTICO,PROF. MARIANO BONTEMPO

Quali sono gli indi-

rizzi di studio?

Abbiamo tre specia-lizzazioni: Elet-trotec-nica ed Automazione,Elettronica e Tele-comunicazioni ed

Informatica Industriale.Riesce ad organizzare il suo lavoro in

modo efficiente per entrambe le

scuole con orientamento così diversi?

Ho collaboratori responsabili e profes-sionali. Devo a loro la mia sopravvi-venza… Sull’efficienza devono esseregli studenti a dare un giudizio che,spero, sia positivo.Quali sono le prospettive occupazio-

nali che l’istituto Tecnico Industriale

offre ai suoi allievi?

La preparazione dei diplomati è spen-dibile sia per ulteriori approfondimentiuniversitari, che per intraprendere atti-vità professionali subordinate od auto-nome: il titolo rilasciato dalla nostrascuola, dopo il tirocinio e l’esame di

Le origini dell’ITIS “Enrico Mattei” risalgono al 1970. L’Istituto, che è stato autonomodal 1977 al 1999, attualmente appartiene al Distretto Scolastico n° 3 e costituisceinsieme al Liceo Classico, l’Istituto d’Istruzione Superiore Unificato “O. Fascitelli”.La sede della scuola si trova ad Isernia, in Contrada Nunziatella, una zona in forteespansione urbanistica, prospiciente alla piscina e allo stadio comunale. Il complessoscolastico si sviluppa su una superficie di circa 10000 mq dei quali più della metàrisultano coperti da edifici destinati ad attività formative.

SCUOLABUS

ITIS “ENRICO MATTEI”

ISERNIA

ITIS “ENRICO MATTEI”

ISERNIAA cura del Coordinamento Area di Progetto

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formazione di tecnici con elevataspecializzazione particolarmenterichiesta dal mercato del lavoro Test Center per il conseguimentodella Patente Europea del Computer(E.C.D.L).L’Istituto è inoltre accreditato pressola Regione Molise come agenzia for-mativa per lo svolgimento di corsi diformazione e post diploma in siner-gia con gli Enti Locali.Attività sportive: preparazione epartecipazione a manifestazioni pro-vinciali, regionali, nazionali.

stato, permette infatti l’iscrizione ad unalbo professionale e quindi di esercita-re la libera professione.I programmi di studio sono attuali?

La scuola nel suo complesso e moltidei nostri insegnanti collaborano con ilmondo industriale o svolgono attivitàdi libera professione: ciò comporta uncontinuo aggiornamento per quantoattiene alle conoscenze, alle disciplinee alle nuove tecnologie. Inoltre i con-tatti con le imprese e gli Enti Locali,sono costanti e proficui: i ragazzi nelleclassi terminali dei corsi di studio svol-gono periodi di stage; ciò permette diridurre lo scollamento che di solito esi-ste tra sistema scolastico e mondo dellavoro.

ALCUNI DATI SULL ’ISTITUTOParcheggio interno per auto e motoci-cli, Biblioteca rinnovata, Palestra attrez-zata, Aula magna con palcoscenico,

16 laboratori di cui 4 di informatica,532 alunni, 26 classi, 88 Docenti, 1Dirigente Scolastico, 1 Direttore ServiziAmministrativi, 10 Assistenti Tecnici, 6Assistenti Amministrativi, 9 CollaboratoriScolastici.

PROGETTUALITÀ E CORSI DIFORMAZIONE DELL ’ISTITUTOProgetti di Alfabetizzazione e di

Formazione Lavoro, destinati aragazzi in obbligo formativo, disoc-cupati; l’obiettivo di questi interven-ti è l’acquisizione di competenzetecnico professionali nell'ottica diprevenzione della disoccupazione edi inserimento lavorativo attraversola riconversione.Progetti IFTS - Istruzione TecnicoScientifica SuperioreProgetti POST-DIPLOMA, destinatiad utenza diplomata. L'obiettivoprincipale di questi interventi è la

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Questo progetto ha consentitoinfatti di utilizzare molti dei disposi-tivi studiati nel corso del V° anno eha permesso di affrontare molteproblematiche legate all’utilizzo diquesti componenti: dalla ricercadei prodotti disponibili in commer-cio, alla progettazione, per finirecon l’assemblaggio ed il collaudo.Ovviamente, trattandosi di unaapplicazione didattica va sottoli-neato che le scelte operate, sonostate guidate da criteri di valenzaeducativa più che di efficienza tec-nico-economica.

OBIETTIVIQuesto progetto consiste nella rea-lizzazione di un “Radiotermostato”,ovvero di un sistema capace di rile-vare e controllare la temperatura diun ambiente in cui è posta unasonda termometrica, collegata viaradio ad una stazione remota.La stazione trasmittente è dotata diun sistema di rilevamento, elabora-zione e visualizzazione digitale chepermette la lettura del valore dellatemperatura; è inoltre dotata di uncomando di regolazione per l’im-

postazione della condizione termi-ca desiderata.La stazione ricevente, tramite unopportuno segnale radio prodottodalla stazione di rilevamento e con-trollo è in grado di pilotare inmodo on-off un attuatore (peresempio una caldaia o un qualsiasialtro dispositivo remoto).

SPECIFICHE TECNICHE DELSISTEMARange della temperatura postasotto controllo: 0 C° ÷ 50 C°.Precisione: ± 1 C°, con visualizza-zione digitale.Comando per il controllo dellatemperatura: potenziometro prov-visto di scala graduata in C°.Collegamento radio tra stazioneremota e fissa con portante a 433Mhz.

FASI DI SVILUPPO DELPROGETTO1 Definizione delle specifiche tecni-

che ed operative del sistema.2 Individuazione delle grandezze di

ingresso e di uscita e delle rela-zioni che intercorrono tra di esse.

3 Reperimento della documenta-zione tecnica e normativa neces-saria per scegliere la configura-zione circuitale più adatta.

4 Scelta tecnico-economica (edidattica) dei dispositivi più ido-nei e progettazione dei circuiti.

5 Realizzazione dei disegni per lafase di ingegnerizzazione: sche-de layout, master per i circuitistampati.

6 Assemblaggio dei componentisui circuiti stampati.

7 Collaudo del sistema.

CARATTERISTICHE DELLASTAZIONE DI TRASMISSIONEIn figura 1 viene riportato lo schemaa blocchi della stazione di rileva-mento e trasmissione. Il sottosiste-ma di acquisizione del segnale, tra-mite un trasduttore di temperaturarileva la grandezza in esame conver-tendola in un segnale elettrico.Il blocco di elaborazione condizio-na analogicamente la grandezzafornita dal trasduttore, amplifican-dola, traslandola e filtrando even-tuali disturbi; successivamente latensione ottenuta viene acquisita

SCUOLABUS72

SCUOLABUS

IL PROGETTO:

TELECONTROLLO DI

TEMPERATURA VIA RADIO

IL PROGETTO:

TELECONTROLLO DI

TEMPERATURA VIA RADIOdei Proff. Franco Tedeschi, Nicola De Crescenzo e gli alunni della Va D

Il presente lavoro è stato realizzato nell’ambito dell’Area di Progetto della classe Va Dnell’anno scolastico 2002-2003. Gli obiettivi didattici del progetto sono stati quelli diintegrare ed applicare le conoscenze acquisite sui metodi di progettazione, sulle tecno-logie e i dispositivi elettronici, con particolare riferimento ai temi legati all’acquisizionedati, ai sistemi di trasmissione e di controllo, che costituiscono la parte fondamentaledel corso di studi del quinto anno per l’indirizzo in Elettronica e Telecomunicazioni.

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dal sistema di conversione A/D edal sistema di controllo. Il primomodulo tramite apposite elabora-zioni trasforma il segnale acquisitoin un valore di temperatura digitalea due cifre. Il sistema di controllo,tramite un anello di controreazio-ne, provvede alla regolazione on-off della temperatura, interagendocon un modulo ibrido a radiofre-quenza che invia un opportunosegnale alla postazione remota.L’alimentazione viene ottenuta apartire dalla tensione alternata direte tramite un apposito circuito.

PROGETTO E DESCRIZIONE DEISOTTOSISTEMI DELLASTAZIONE MOBILEAcquisizione del segnale

L’acquisizione della temperaturaavviene tramite un trasduttore inte-grato, che sfrutta la variazione delleproprietà elettriche di una giunzio-ne al silicio, fornendo in uscita unavariazione di tensione pressochéproporzionale alla temperatura del-l’ambiente.Tra i diversi componenti cherispondevano alle specifiche delprogetto, è stato scelto l’integratoLM335 della National Semicon-ductor, che è in grado di rilevaretemperature da –40 C° a +100 C° e

lavora con correnti comprese tra0,4 e 5 mA.Il dispositivo ha una caratteristicadi trasferimento del tipo:

V = 2.73 + Kt ⋅ T

dove T è la temperatura in gradiKelvin e Kt = 10 ⋅ 10–3 mV/K°.La tensione ottenuta ai capi deltrasduttore è quindi legata allatemperatura secondo una leggelineare.

Elaborazione del segnale

Dato che la tensione fornita dal tra-sduttore nel campo di temperature0÷50 C° può variare da 2.73 a 3.23V, è necessario condizionare ilsegnale perché l’escursione massi-

SCUOLABUS 73

SCUOLABUS

Figura 1: Schema a blocchi della stazionedi trasmissione Figura 2: Schema del circuito generatore di offset

Figura 3: Schema blocco convertitore A/D e visualizzazione

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ma di tensione coincida con ilcampo di misura del convertitoreA/D (nel nostro caso 0-5V).La tensione ottenuta deve quindiessere opportunamente amplificatae traslata, nonché filtrata per elimi-nare eventuali componenti spuriead alta frequenze.La dinamica del segnale fornitodal trasduttore è 3.23-2.73 = 0.5V, mentre quella da ottenere perl’ADC è di 5V, quindi il fattore diamplificazione necessario è ugualea 10. In questo modo si ottieneuna tensione variabile tra 0V e 5V,con un’escursione di 5V, ma ina-deguata rispetto al campo di

misura del convertitore A/D inquanto il segnale è caratterizzatoda un offset di 2,73 Volt che biso-gna eliminare.A questo scopo è stato utilizzato ilcircuito riportato in figura 2, chepermette di generare una tensionedi riferimento di 2,73 Volt necessa-ria per traslare il segnale fornito daltrasduttore.

In figura 3 viene riportato lo sche-ma del blocco di conversione A/D edi visualizzazione. L’amplificazionedel segnale è stata realizzata conun amplificatore operazionaleTL081 in configurazione differen-ziale ai cui ingressi sono stati colle-gati il segnale del generatore di off-set e il segnale prodotto dal tra-sduttore LM335. Il segnale diffe-renziale viene amplificato con unguadagno di 10.

Come modulo A/D è stato utilizza-to un ADC0804: si tratta di un con-vertitore ad otto bit del tipo adapprossimazioni successive. Ilcampo di misura è di 5V positivi

applicabili su due ingressi differen-ziali ad alta impedenza d’ingresso.La conversione viene gestita con unclock generato dallo stesso chip,con il solo ausilio di un condensa-tore ed una resistenza.La tensione di riferimento utilizzatadal convertitore per effettuare laconversione è stata generata trami-te un partitore resistivo realizzatomediante due resistenze di preci-sione.Il convertitore ADC 0804, cheopera in modalità fre-running, pro-duce in uscita dei dati ad 8 bit chevengono utilizzati per indirizzareuna EEPROM 27C256 che è stataprogrammata tenendo conto che:

• La risoluzione in termini di tem-peratura vale:

• La precisione richiesta al sistemaè di ± 1 C°

In figura 4 sono indicate le modalitàdi corrispondenza delle codifiche deilivelli digitali/tensione/temperatura.

All’interno delle locazioni dellaEEPROM sono stati codificati i valo-ri in codice BCD corrispondenti allecifre delle temperature da visualiz-zare. In pratica o valori vanno da“00” fino a “51” e sono caricati inmaniera ordinata ogni 5 locazioniconsecutive. La figura 5 mostra lastruttura dei dati nella EEPROM e,per semplicità sono state riportatele prime 15 locazioni (dall’indirizzo0000 all’indirizzo 000E) e le ultime11 (dall’indirizzo 00F5 a 00FF).L’uscita dati della EEPROM è statacollegata direttamente a due visua-lizzatori esadecimali con decodificaintegrata TIL311.

SISTEMA DI CONTROLLOON/OFF DELLA TEMPERATURAIl principio di funzionamento del

R = 50 = 0,19 0,2 C°256

SCUOLABUS74

SCUOLABUS

Figura 4: Modalità di corrispondenza dellecodifiche dei livelli digitali/tensione/temperatura

Figura 6: Schema a blocchi del sistema di controllo

ADDRESSCODE

Dec HEX

0-4 0000÷0004 00

5-9 0005÷0009 01

10-14 000A÷000E 02

… ... ...

245÷249 00F5÷00F9 49

250÷254 00FA÷00FE 50

255 00FF 51

Figura 5: Valori codificati all’interno della EEPROM

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sistema di controllo utilizzato puòessere descritto facendo riferimen-to alla figura 6.

Il blocco di reazione rileva la gran-dezza c(t) controllata dal sistema(temperatura) e la converte in unsegnale elettrico f(t) (tensione),confrontato con un altro di riferi-mento r(t); dal nodo di confrontoesce un segnale e(t) che vieneinterpretato dal blocco di coman-do, il quale agisce sul dispositivo dipotenza del sistema controllato.L’azione esercitata dal blocco dicomando è semplicemente quelladi attivare o disattivare l’elementodi potenza del sistema controllato.Il dispositivo che si vuole realizzaredeve spegnere un riscaldatore,quando la temperatura dell’am-biente supera quella di riferimento,e riaccenderlo quando la tempera-tura torna ad essere inferiore.Un sistema di controllo che realizzaquesta funzione può essere realiz-

zato secondo lo schema a blocchifunzionale indicato in figura 7.Il funzionamento può essere cosìschematizzato:

• Il traduttore rileva la temperaturadell’ambiente c(t) e determinauna tensione proporzionale adessa.

• Questa tensione viene confronta-ta con un’altra di riferimentoVr(t) e se:

Vf(t) < Vr(t) → Ve(t) = VHil riscaldatore rimane acceso

Vf(t) ≥ Vr(t) → Ve(t) =VLil riscaldatore si spegne

SCELTE OPERATIVESistema di controllo

In figura 8 viene riportato lo schemaelettrico del sistema di controllo.

Un oscillatore del tipo a tre punti,realizzato con un quarzo a 4 MHz edue condensatori da 22 pF generail segnale di temporizzazione

necessario al funzionamento delmicrocontrollore PIC16F84.L’uscita del comparatore LM311,(che opera il confronto fra il segna-le di riferimento prodotto dal parti-tore resisitivo e il segnale prove-nente dal trasduttore LM335) èmonitorata direttamente dal micro-controllore. Il dispositivo legge ildato che arriva sull’ingresso RB1 edecide se fornire o meno sull’ usci-ta RB0 un’onda quadra ad una fre-quenza di circa 2.3 Khz, generatatramite una routine firmware.L’uscita del microcontrollore man-tiene gli standard elettrici TTL perla comunicazione con il modulotrasmittente.

PROGETTO DEL BLOCCOGENERATORE DEL SEGNALEDI RIFERIMENTOCon riferimento alla figura 9, l’o-biettivo è quello di avere sull’uscitadel potenziometro una tensionevariabile tra 2,73 e 3,23 Volt inmodo da poter operare un con-fronto nel comparatore con la ten-sione prodotta dal trasduttoreLM335.Il diodo zener da 3,9 Volt viene

SCUOLABUS76

SCUOLABUS

Figura 8: Schema elettrico del sistema di controllo

Figura 7: Schema a blocchi funzionale del sistema di controllo

Sistema di controllo

Dispositivo di potenza Riscaldatore

Blocco di reazioneTrasduttore ditemperatura

Nodo di confrontoComparatore ditensione

Blocco di comandoInterruttore azionatoelettricamente BJT

Grandezza controllataTemperaturadell’ambiente

Segnale di reazioneTensione proporzionalealla temperaturadell’ambiente

Segnale di riferimentoTensione proporzionalealla temperatura chesi vuole stabilire

Segnale di erroreTensione solo su duelivelli: basso e alto

Azione di comando

Interruzione o noninterruzione dellaalimentazionedell’attuatore

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usato per mantenere la tensionestabile sul carico.Imponendo nel partitore di tensio-ne una corrente Ip di 1 mA, è possi-bile impostare il seguente sistemamatematico in tre equazioni e treincognite:

Risolvendo il sistema si ricava:

R14 = 0.67 KohmR10 = 1,76 KohmR9 = 1,56 Komh

Il valore della resistenza di limita-zione collegata tra Vcc ed il diodozener viene ricavato imponendouna corrente max di 5 mA e di con-seguenza:

R15 = ≈ 220 Ohm0,005

5-3,9

ALIMENTAZIONEL’alimentazione è ottenuta dai 220 Vca di rete mediante un alimentatorestabilizzato con uscita 5 V continua;lo schema è riportato in figura 10.

MODULO DI TRASMISSIONEIl trasmettitore utilizzato (riportatoin figura 11) è un modulo ibrido aradiofrequenza (TX- 433SAW),operante su una portante di433,92MHz (ottenuta mediante unoscillatore SAW). La trasmissioneavviene tramite una modulazioneOOK, cioè in ON-OFF (la portanteviene trasmessa se il segnale è unMARK e quando c’è uno SPACE nonviene trasmesso nulla). La potenzadi uscita è variabile tra 7,5dB e10,5 dB immessi su un’antennaadattata a 50 ohm. Tutti i compo-nenti sono SMD (a montaggiosuperficiale) montati su una piastra

di allumina, per ottenere unaminiaturizzazione del modulo e permantenere un’elevata precisione.Sono state inoltre utilizzate delleantenne a stilo (con impedenza di50 ohm e tarate sulla frequenza di433,92 MHz), costituite da un con-duttore interno rivestito in gomma.Dimensioni: H= 90mm con diame-tro alla base di 10 mm e vite di fis-saggio di diametro 6 mm.

FIRMWARE DELMICROCONTROLLOREPIC16F84

;*****************

; Control.ASM

;*****************

PROCESSOR 16F84

RADIX DEC

INCLUDE "P16F84.INC"

ERRORLEVEL -302

SCUOLABUS 77

SCUOLABUS

Figura 9: Blocco generatore del segnale di riferimento

Figura 10: Alimentatore per il sistema

Figura 11: Modulo ibrido di TX a 433 Mhz e modalità di collegamento

⋅ (R9+R10) = 3,23

⋅ R9 = 2,73(Potenziometro

al minimo)

(Potenziometro

al massimo)

R14+R10+R9 =VD

=Ip 0.001

3,9

R14+R9

3,9

R14+R10+R9

3,9

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__CONFIG 0x3FF1

OUT EQU 0

IN EQU 1

ORG 0x0C

Count RES 1

ORG 0x00

bsf STATUS,RP0

movlw B'00011111'

movwf TRISA

movlw B'11111110'

movwf TRISB

bcf STATUS,RP0

Main

btfss PORTB,IN

goto Main

bsf PORTB,OUT

call Delay

bcf PORTB,OUT

call Delay

goto Main

Delay

movlw.40

Movwf Count

LOOPD

nop

nop

decfsz Count,1

goto LOOPD

return

END

La prima parte del codice contie-ne le informazioni necessarie alcompilatore, la dichiarazione dellevariabili d’utente, la definizionedelle etichette e la configurazionedelle porte.Il programma ha inizio con ilmonitoraggio dello stato dell’in-gresso RBO, collegato all’uscitadel comparatore LM311: se que-sta è a livello alto il micro provve-de a generare un’onda quadra aduna frequenza di circa 2,3 Khz sul-l’uscita RB1; non viene invecegenerato alcun segnale su RB1 nelcaso in cui l’ingresso RB0 sia alivello logico basso.L’onda quadra viene generataattraverso una successione di atti-vazioni on-off dell’uscita RB0 e dichiamate ad un routine di ritardo.

Questa subroutine è utilizzata perfar permanere ad uno stato alto obasso per un determinato tempol’uscita RBO; la sua struttura è svi-luppata in modo da ottenere unritardo tale da consentire di gene-rare un’onda quadra con una fre-quenza di circa 2,3 Khz da utilizza-re per la trasmissione dal moduloibrido. Il funzionamento è moltosemplice: viene ripetuto per 40volte un ciclo di decremento di uncontatore in modo da ottenere iltempo di ritardo desiderato.

STAZIONE DI RICEZIONELo schema a blocchi del sistemautilizzato per la ricezione dei dati

inviati dalla stazione remota èindicato in figura 12.Il blocco di ricezione, è compostoda un modulo ibrido AUREL, tara-

SCUOLABUS78

SCUOLABUS

Figura 12: Schema a blocchi della stazione diricezione

Figura 13: Schema della stazione ricevente

Figura 14: Radioricevitore

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to su una portante di 433.92 MHzcollegato ad un’antenna esternarivestita in gomma.Il sottosistema di elaborazione halo scopo di effettuare la conversio-ne frequenza tensione del segnaleproveniente dal modulo ibrido. E’stato utilizzato a questo fine unconvertitore LM331.II sistema di controllo, è costituitoda un transistor BC107 pilotatodai due livelli di tensione prodottidal convertitore frequenza tensio-ne, in corrispondenza della tra-smissione On-Off dell’onda qua-dra a 2,3 Khz generata e controlla-ta dal microcontrollore PIC16F84sulla base dei livelli ricevuti dalcomparatore LM311.Il transistor BJT a sua volta pilota labobina di un relé elettromeccani-co responsabile dell’alimentazionedell’attuatore da controllare.

Il ricevitore (figura 14) è unmodulo ibrido a radiofrequenza(RF290A-433SAW), operante suuna portante di 433,92MHz (otte-nuta mediante un oscillatoreSAW). La ricezione avviene trami-te una modulazione OOK, cioè inON-OFF (la ricezione della por-tante equivale ad un MARK, lamancanza di essa è uno SPACE).Tutti i componenti sono SMD (amontaggio superficiale) montatisu una piastra di allumina, perottenere una miniaturizzazionedel modulo e per mantenere un’e-levata precisione.

Alimentazione della stazione

mobile

La stazione mobile è alimentatada una pila alcalina che fornisceuna tensione continua di 9 V. La

tensione di 5 V fissi che serve adalimentare il circuito viene ottenu-ta da un circuito realizzato conuno stabilizzatore 7805 secondolo schema indicato in figura 15.

SCUOLABUS 79

SCUOLABUS

Figura 16a: Circuito stampato scala 1:1 della stazione di trasmissioneFigura 15: Alimentatore per la stazione mobile

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REALIZZAZIONE DEI PROTOTIPII prototipi sono stati realizzati par-tendo dalla progettazione dei circui-ti stampati, con l’ausilio di program-mi CAD per il disegno elettronico.Nel nostro caso sono stati utilizzatii pacchetti software ORCAD CAP-TURE e ORCAD LAYOUT, per la rea-lizzare gli schemi elettrici, layout dei componenti e per lo sbroglio.

Nelle figure da 16 a 19 sono ripor-tati i circuiti stampati ed elenchicomponenti dei diversi componen-ti del sistema.La fase successiva è stata quelladella fotoincisione articolata neiseguenti passi:• Utilizzo del bromografo per poli-

merizzare il photoresist presentesulle basette.

• Sviluppo delle basette tramiteRVP positivo.

• Incisione del rame tramite cloru-ro ferrico.

• Strippaggio del fotoresist residuo

SCUOLABUS80

SCUOLABUS

Convertitore A/D

Elenco componenti

Sigla Valore

R1, R4 1 KΩ 1/4 W

R2 2,2 KΩ 1/4 W

R3, R5, R6 10 KΩ 1/4 W

R4 1 KΩ 1/4 W

U1 TL081

D1 LM335

C5 120 pF ceramico

U2 ADC0804

U3 27C256Figura 17: Layout e circuito stampato per

display TIL311

Sistema di controllo

Elenco componenti

Sigla Valore

R9 1,56 KΩ 1/4 W

R10 Potenziometro 2 KΩ

R11, R13 10 KΩ 1/4 W

R12 12 KΩ 1/4 W

R14 670 Ω 1/4 W

R15 220 Ω 1/4 W

D5 Zener 3,9 V

U1 LM311

C7, C8 22 pF ceramico

Y1 Quarzo 4 MHz

U2 PIC16F84

Figura 16b: Posizionamento componenti della stazione di trasmissione

Alimentazione trasmettitore

Elenco componenti

Sigla Valore

R1 470 Ω 1/4 W

C1 2200 mF elettrolitico

C2÷C5 100 nF ceramico

D1 Zener 9,1 V

Q1 BC337

D2, D3 1N4007

P1 Ponte raddrizzatore 0,5 A

U1 LM7805

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sulle piste ed i pad.• Foratura dei Pad tramite trapano

a colonna.Una volta ultimati i circuiti stampa-ti, si è passati alla saldatura deicomponenti sulle schede utilizzan-

do una stazione saldante.

COLLAUDOUn iniziale collaudo è stato effettuatorealizzando un cablaggio su bread-board dei vari sottosistemi al fine di

verificarne il corretto funzionamento.In questa fase sono stati verificati econfrontati i dati di progetto dei para-metri elettrici (tensioni, correnti) conquelli reali rilevati sul circuito tramitestrumentazione (tester digitale, oscillo-scopio, eccetera). In seguito si è proce-duto alla taratura dei vari trimmer persoddisfare le specifiche richieste. Lataratura è stata eseguita con l’ausilio diun termometro campione.Una volta verificato il funzionamentodel circuito si è passati alla realizzazio-ne dei circuiti stampati e successiva-mente al montaggio; la fase di collau-

SCUOLABUS 81

SCUOLABUS

Figura 18: Layout e circuito stampato della stazione ricevente

Stazione ricevente

Elenco componenti

Sigla Valore

R1, R3, R9 10 KΩ 1/4 W

R2 6,81 KΩ 1/4 W

R4 100 KΩ 1/4 W

R5 68 KΩ 1/4 W

R6 12 KΩ 1/4 W

R7 5 KΩ 1/4 W

R10 330 Ω 1/4 W

C1 10 nF ceramico

C2 1 µF elettrolitico

C3 470 pF ceramico

U1 LM331

U2 40106

Q1 BC107

D2 1N4007

D3 LED

K1 Relè

Alimentatore stazione mobile

Elenco componenti

Sigla Valore

D1 1N4007

C3,C4 100 nF ceramico

U1 LM7805

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do è stata quindi ripetuta prestandoparticolare attenzione alla continuitàdelle piste e alla verifica delle saldature.Come ultima fase è stato testato il fun-zionamento del sistema complessivo,valutandone sperimentalmente anchela portata che è risultata di circa 200 m.

TARATURA E MANUTENZIONELa taratura è stata effettuata diretta-mente in fase di assemblaggio, quindinon è più necessaria durante l’utilizzodel dispositivo.

CARATTERISTICHE FISICHE EMECCANICHE DEL SISTEMARicevitore: Contenitore plastico dicolore beige ed azzurro - Dimensioniesterne 210x45x85 - mm aggiuntivi diantenna esterna (90 mm) - Peso 800 gcirca.Trasmettitore

Contenitore plastico di colore beige ed

azzurro - Dimensioni esterne210x45x85 mm aggiuntivi di antennaesterna (90 mm) - Peso 1.5 Kg circa -Portata (raggio di azione): circa 200metri.

PARTECIPARE A SCUOLABUSLa partecipazione è riservata ad istitutitecnici e professionali, con specializza-zione in elettronica, informatica e tele-comunicazioni. Per partecipare a que-sta iniziativa, inviate la vostra richiestaa mezzo:Email: [email protected]: 02.66504794Fax: 02.66508225

SCUOLABUS82

SCUOLABUS

Figura 23: Sistema complessivo

Figura 20: Stazione di rilevamento e trasmissione

Figura 21: Stazione fissa lato componenti

Figura 22: Fase di taratura e verifica della stazionedi rilevamento/visualizzazione tramitetermometro campione

Figura 24: Classe V° D con i Proff. Franco Tedeschi e Nicola De Crescenzo

Generatore di offset

Elenco componenti

Sigla Valore

D1 1N4007

R2 Potenziometro 10 KΩ

R3 2,2 Ω 1/4 W

C3,C4 100 nF ceramico

U1 LM7805

Figura 19: Layout e circuito stampato del modulogeneratore di offset

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Per tutti gli adoratori del DIO-do Led una nuova rubrica dedicata alla optoelettronica,in cui tratteremo di tutti quei componenti, semiconduttori e discreti, che hanno a chefare con la luce.Inizieremo con qualche cenno sulle giunzioni P-N per capire come funziona un diodoper poi passare immediatamente ai Led e di volta in volta per ogni puntata parleremodi un componente diverso, non solo da un punto di vista teorico ma soprattutto pratico.Potremo infatti costruire qualche progetto e alcuni gadget, tutti utili a comprendere leapplicazioni possibili dei componenti trattati nella parte teorica.

TUTORIAL84

COSA È UN DIODOIl diodo a semiconduttore nascecome sostituto delle valvole avuoto che, seppure efficienti eranomolto ingombranti e necessitava-no di circuiti ad alta ten-sione per poter funzionare.Il suo nome è dovuto alfatto di avere, come il suogemello valvolare, duepiedini (triodo » 3; tetrodo» 4; pentodo » 5).I primi a nascere furonoquelli al Germanio inseguito quelli al Silicio.Strutturalmente il diodo èformato da due parti dettezone che unite formanoappunto una giunzione(figura 1).

Ogni zona è drogata con unasostanza diversa, cioè nei mineralidi base puri, Silicio o Germanio,vengono inserite delle sostanzeestranee dette droganti, in modo

che una sezione sia più ”propensa”a cedere elettroni (ZONA N) e l’al-ta sia più incline a ricevere elettro-ni (ZONA P).Il drogaggio di tipo N avviene inse-rendo delle sostanze chimiche che

aumentano il numero di elettroniliberi. Le sostanze più usate sono: ilFosforo (P), l’Antimonio (Sb) el’Arsenico (As).Il drogaggio P si ottiene inserendodelle sostanze chimiche i cui atomi

tendono a catturare un elettronelibero. Le sostanze più usate sono:il Gallio (Ga), l’Indio (In),l’Alluminio (Al) e il Boro (B).In pratica si dice che in un settorevi sono elettroni liberi, cioè capaci

di sfuggire all’attrazionedei protoni e quindi di cir-colare (zona N), mentrenell’altro vi sono delle lacu-ne cioè atomi in cui l’ulti-ma orbita può ospitareelettroni di passaggio(zona P).Il bello avviene quandoquesti due settori vengonocostruiti su una stessa bar-retta, perché come per duevere e proprie calamite, iloro opposti potenziali si

attraggono e nella zona di contat-to avviene un fenomeno importan-te: si forma la regione di svuota-mento.Avviene infatti che gli elettronidella zona N più vicini alla giunzio-

TUTORIAL

ALLA SCOPERTA

DELL’OPTOELETTRONICA:

IL DIODO LED

ALLA SCOPERTA

DELL’OPTOELETTRONICA:

IL DIODO LEDdi Andrea [email protected]

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ne vengono attratti dalle lacunedella zona P. Migrando dalla zonaN alla zona P si genera una regio-ne di svuotamento nella quale gliatomi sono stabili.Grazie a questa barriera il diodosvolge la propria funzione disemiconduttore e quindi di rad-drizzatore.Se infatti polarizziamo direttamen-te un diodo cioè diamo tensionepositiva all’anodo e massa al cato-do, il diodo condurrà, ma solo se latensione sarà capace di abbatterela barriera della regione di svuota-mento, infatti, la soglia di condu-zione di un diodo è 0,2 V per quel-lo al germanio e 0,7 V per quello alsilicio.Se invece polarizzeremo inversa-mente un diodo questo non potràcondurre, perché una volta che lelacune della zona P saranno colma-te, gli elettroni non riusciranno apassare attraverso la regione disvuotamento.

IL DIODO LEDEccoci giunti finalmente a parlaredel nostro componente preferito:il diodo LED.Cominciamo col dire cosa significala sigla LED: è l’acronimo di LightEmitting Diode cioè diodo emetti-tore di luce. Praticamente il led èun diodo che percorso da correnteemette luce, non è una lampadinacome alcuni erroneamente pensa-no perché, pur emettendo luce,conserva tutte le caratteristiche diun diodo: semiconduttività, tensio-ne di soglia, tensione di rottura ecosì via.Dalla sua invenzione il led fu subi-to impiegato nelle segnalazioniluminose prendendo il posto dellelampade spia a filamento e alneon.Quello che giocava a suo favoreerano le proprie caratteristiche chegià da allora lo facevano preferirealle comuni lampade spia. Basti

pensare che un diodo vanta comedurata minima qualche decina dimigliaia di ore di funzionamento,può essere alimentato con bassatensione (contro i 110/220 V dellelampade al neon), a pieno regimeevidenzia un basso consumo edinfine dispone di varie tonalità dicolore senza l’utilizzo di ghierecolorate.Tutto questo ha fatto si che il leddiventasse molto importante nelleapplicazioni in cui c’è bisogno diun segnalatore luminoso. Bastaguardarci un po’ intorno per sco-prire che siamo circondati da dis-positivi che li adottano: nella TV,nel telecomando, nell’impianto Hi-Fi, nel cellulare, per strada i cartel-loni pubblicitari, i semafori, isegnali luminosi nelle gallerie ecc.Certo che dalla sua invenzione adoggi il led ha subito una grandeevoluzione pur restando però, uncomponente di largo impiego.

COME È FATTO UN LEDStrutturalmente il led è composto

da tre parti, come visibile in figura 3:

• Corpo plastico.• Giunzione.• Terminali o reofori.

IL CORPO PLASTICO è un bulboin cui è contenuta la giunzione,può essere trasparente o a diffusio-ne (colorato) ed è quello che stabi-lisce la forma del led, può esserecilindrico, quadrato, rettangolare ocon diametro di 3, 5, 8 o 10 mm.

TUTORIAL

TUTORIAL 85

Figura 1: Struttura di un diodo

Figura 2: Esempio di polarizzazione di un diodo

Figura 3: Struttura di un diodo led

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Sul corpo dei led cilindrici è pre-sente uno smusso con cui è possi-bile individuare il catodo.LA GIUNZIONE è il cuore del leded è grazie ad essa che il diodoemette luce come spiegheremopiù avanti. Se la guardiamo conattenzione noteremo che i due ele-menti non sono uguali perché ilcatodo è più largo dell’anodo cosìda facilitarne l’individuazione.I TERMINALI sono i piedini delled, quando sono integri è possibi-le identificare il catodo come il ter-minale più corto.

I COLORI DEL LEDL’emissione di luce colorata non èda attribuirsi al corpo plastico maalle sostanze droganti che costitui-scono la giunzione, infatti ognisostanza si comporta diversamenteal passaggio degli elettroni, libe-rando dei fotoni su lunghezzed’onda diverse per ogni tipologiadi sostanza e generando quindicolori diversi (figura 4).

POLARIZZAZIONE DI UN LEDParliamo ora di come far funziona-re un led: la prima cosa da sapere

prima di alimentare un led è chenon va sottoposto a correnti mag-giori di 15/20 mA oppure si bruce-rà; la seconda è che proprio comeun comune diodo dovremo pola-rizzarlo direttamente se vorremofarlo accendere; la terza è che ognitipo di led possiede una caduta ditensione che corrisponde allasoglia di accensione al di sottodella quale il led resta spento.

Dalla figura 4 possiamo ricavare ivalori delle cadute di tensione equindi stabilire il valore della resi-stenza da applicare in serie al ledper limitare la corrente a 15 mA.Useremo una semplice formula:

Rc = (Val-Vled) : 0,015

Dove:• Rc è il valore espresso in ohm

della resistenza di caduta da col-legare in serie.

• Val è il valore della tensione dialimentazione.

• Vled è il valore dei volt cadutadel led da applicare.

• 0,015 è il valore espresso inampere della corrente che attra-verserà il led.

Nell’esempio di figura 5, abbiamoproposto una tensione di 9 V e un ledverde che ha una caduta di 2 V, nerisultata quindi una resistenza da 466Ω comodamente sostituibile con unvalore commerciale di 470 Ω.Per concludere la puntata propo-

TUTORIAL

TUTORIAL86

Elemento erogante Simbolo Colore Caduta (Volt)

Arseniuro di Gallio GaAs Infrarosso 1,1

Arseniuro + Fosfuro

di GallioGaAsP ROSSO 1,8

Fosfuro di gallio GaP GIALLO 1,9

Fosfuro di gallio GaP VERDE 2

Allumio + Indio + Gallio

+ FosforoAlInGaP AMBRA 2

Nitruro di Gallio GaN BLU 3

BIANCO 3

Figura 4: Caratteristiche dei diversi tipi di led

Figura 5: Esempio di polarizzazione di un diodo led verde

Figura 6: Ecco come appare la scheda montata Figura 7: Foto di un ciondolo laser

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niamo un circuito che utilizza unled alta luminosità rosso e un altrodiodo famoso a tutti: il Laser.

LA PRATICA: COMANDOLASER A DISTANZAIl progetto proposto è un coman-do a distanza che impiega cometrasmettitore un puntatore lasertascabile.Sfruttando la sua caratteristicaproiezione a lunga distanza, riusci-remo ad azionare un relé da unacinquantina di metri.Inutile illustrarne tutte le possibiliapplicazioni (dalle luci in giardi-no all’apertura di un cancellooppure una barriera laser a lungadistanza…) sarà la vostra fantasiaa proporle.

Cominciamo col dire che cos’è unlaser:la sigla LASER è l’acronimo diLight Amplification by StimulatedEmission of Radiation: amplifica-zione di luce tramite emissione sti-molata della radiazione, in praticaè un dispositivo capace di genera-re e amplificare radiazioni di fre-quenza ottica sfruttando il princi-pio fisico dell’emissione stimolata.Esistono diversi tipi di laser:

• Solidi (a rubino o neodimio).• A gas (elio-neon o argon).• A coloranti.• A semiconduttori.

I primi a essere diffusi furono i lasera gas elio-neon, erano dei tubi a

vuoto simili alle valvole, molto effi-cienti purtroppo però necessitava-no per il loro innesco di triplicatorie di alta tensione che li rendevanoingombranti e pericolosi.In seguito con l’avvento dei semi-conduttori furono introdotti i diodilaser a semiconduttore, peccatoche erano molto costosi e sensibi-lissimi alle cariche elettrostatiche,tanto da doverli maneggiare con ilpolso collegato alla messa a terra.Più tardi grazie alle modifichestrutturali e alla loro diminuzionedi prezzo si scatenò la moda deiciondoli laser.

Questi ultimi sono dei piccoli diodilaser racchiusi in ciondoli porta-chiavi in cui alloggiano tre batteriee un pulsante (vedi figura 7), sonoalla portata di tutti perché moltoeconomici rispetto ai puntatori piùpotenti e professionali, inoltresono facilmente reperibili in qual-siasi negozio di giocattoli. Questigadget oltre al puro scopo disvago sostanzialmente non hanno

molte applicazioni. Qualche cac-ciatore li ha usati come mirini apuntamento laser, qualcun altro liha impiegati come effetti specialiper le feste e la discoteca, qualchealtro ancora li ha usati come pisto-le laser per tiro al bersaglio.La loro caratteristica peculiare èche con soli 5 mW riescono aproiettare il loro puntino luminosofino a qualche centinaio di metri, apatto però che siano collimati. Neesistono diversi modelli che si dif-ferenziano principalmente per illoro grado di colorazione che disolito si aggira su una lunghezzad’onda di circa 635÷655 nm, lospettro del rosso.In figura 8 possiamo notare lospettro colore e le diverse lunghez-ze d’onda relative alle emissionicolorate.

Sullo stesso principio funzionano idiodi led sia a diffusione che ad altaluminosità, diversi dai primi perchésul loro corpo includono una lenteche concentra il fascio luminoso.

TUTORIAL

TUTORIAL 87

Colore ROSSO ULTRA

If (max) 50 mA

Vf 1,9 V

Vr (max) 5 V

Intensità a 20 mA 2000 mcd

Angolo di osservazione 15°

Lunghezza d’onda di picco 654 nm

Figura 9: Caratteristiche del led impiegato nel nostro progetto (dal catalogo RS Components)

Figura 8: Spettro cromatico e relative lunghezze d’onda

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Nel nostro progetto impieghiamoun diodo led alta luminosità cheemette un raggio luminoso sullastessa lunghezza d’onda del diodolaser. Le caratteristiche del ledsono indicate in figura 9.

UN LED COME RICEVITOREQualcuno si chiederà il perché diquesta scelta, ma ciò è facilmentespiegabile:

• Con un fotodiodo o una fotoresi-

stenza avremmo reso il circuitosensibile ad ogni tipo di luceanche poco intensa.

• Sfruttando la lente del led e il suoangolo di osservazione possiamorestringere ulteriormente la sen-sibilità al fascio laser.

• Il fatto stesso di possedere lastessa lunghezza d’onda del laserdà origine ad una sorta di chiavein codice.

Il principio di funzionamento

sfruttato dal circuito è molto sem-plice: una giunzione P-N, in que-sto caso un diodo led, esposta aduna fonte luminosa genera unatensione direttamente polarizzataverso i suoi capi, accade per i foto-diodi ma anche per i led ad altaefficienza.Il led quindi funziona anche inmodo reversibile, infatti se polariz-zato direttamente emette luce, seinvece esposto alla luce generatensione anche se di solito non

TUTORIAL

TUTORIAL88

Figura 10: Schema elettrico

Figura 11: Circuito stampato scala 1:1 (lato rame)

Figura 12: Piano di montaggio

Elenco componenti

Sigla Valore

R1 12 KΩ 1/4 W

R2 120 KΩ 1/4 W

R3 1 KΩ 1/4 W

D1, D2 Diodo 1N4148

D3 Diodo 1N4007

DL1 Led vedi testo

U1 LM324

U2 CD4017

Q1 BC547

RLRelé NAIS 12 V doppioscambio

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supera il volt. Nel nostro caso lafonte luminosa è il fascio laser checoncentra una grande intensità inun solo puntino.

SCHEMA ELETTRICOPassiamo ora a spiegare il funzio-namento. Lo schema elettrico difigura 10 è già molto esplicito enon necessiterebbe di eventualispiegazioni ma d'altronde chegusto c’è a progettare se poi nondevi spiegare?

Partiamo da U1, l’operazionale cheè montato come comparatore ditensione non invertente.Al suo ingresso invertente, il pin 2,è collegato il partitore R1-D1 cheha il compito di fissare la soglia diriferimento a 0,7 V. Nel momentoin cui il led DL1 viene investito dalfascio laser ai suoi capi si generauna differenza di potenziale cheinduce U1 a commutare la propriauscita a un livello logico alto (12V)che attraverso D2 giunge al pin 14di U2, questo segnale sarà il clockche scandirà accensione e spegni-mento.Invece del solito Flip-Flop che ciobbligava a circuiti di clock, set,reset e cosi via, abbiamo scelto diusare un C-Mos tipo 4017 chemontato opportunamente ci daràsia l’accensione che lo spegnimen-to con un solo segnale (come sefosse un Flip-Flop D o un D-Latch),non solo, usando questo integratochi in seguito vuole modificare ilcircuito, avrebbe a disposizioneben 10 uscite sequenziali da attiva-re ad ogni “colpo“.Il pin 4 (che in sequenza sarebbe laterza uscita) è collegato al pin 15(reset) in modo che dopo il secon-do segnale di clock il contatore siazzeri e riparta daccapo. Questopiccolo accorgimento fa si che conun impulso il relé si ecciti e con unulteriore impulso torni a riposo.Dal pin 3 di U2, attraverso R3,

polarizziamo la base di Q1, untransistor NPN che a sua volta pilo-ta il relé, il quale rende disponibileuno scambio “pulito” da utilizzareliberamente.Al pin 3 è collegata la resistenza R3che polarizza la base di Q1 che asua volta attiva il relé. Il diodo D3serve a proteggere il transistor ed èdiverso dagli altri due diodi.

POSSIBILI MODIFICHE Per chi vuole modificare il circuitoriportiamo l’ordine dei pin del4017 attivabili in sequenza: 3, 2, 4,7, 10, 1, 5, 6, 9 e 11. Quindi, perottenere tre uscite, il pin 15 direset va collegato al quarto pin insequenza, cioè il pin 7; per quattrouscite bisogna collegare il pin direset al pin 10 e così via, in base alnumero di uscite che vogliamoattivare in sequenza.Per chi invece ha bisogno di uncomando pulsante può eliminareU2 e collegare il pin 14 col pin 3servendosi di un ponticello.

REALIZZAZIONE PRATICAAvendo a disposizione il master difigura 11 possiamo realizzare lanostra scheda col metodo dellafotoincisione. Ottenuta la nostrascheda potremo iniziare a montarei componenti partendo da quelli abasso profilo, aiutandoci con ilpiano di montaggio di figura 12.Cominciamo col saldare le resi-stenze e in seguito i tre diodi al sili-cio facendo attenzione alla lorofascia di orientamento.Proseguiamo il montaggio saldan-do gli zoccoli per gli integratifacendo riferimento al pin 1. Inseguito salderemo il relé e il trans-istor Q1, avendo cura per quest’ul-timo di non montarlo troppo bassoper non surriscaldarlo troppo infase di saldatura. Per concluderesalderemo il led DL1 nella posizio-ne più consona al nostro utilizzodel circuito. Dopo aver inserito gli

integrati negli zoccoli (attenti alloro verso) possiamo procedere alcollaudo.Colleghiamo un carico al relé e,dopo aver dato tensione al circui-to, allontaniamoci; col puntatorelaser cerchiamo di “colpire” il led.Se avrete buona mira, al primocolpo il relé si ecciterà attivando ilcarico, ad un nuovo centro il relédisattiverà il carico.

ULTIME RACCOMANDAZIONILa prima raccomandazione è distare attenti al fascio laser perché,se puntato negli occhi, può causa-re danni alla vista.

La seconda è di scegliere con curail led che farà da ricevitore, perchépiù è stretto il suo angolo di osser-vazione e più il laser e il leddovranno essere allineati per poterfunzionare; se nonostante unampio angolo di osservazione nonriuscite lo stesso a centrare il led(questione di mira) basterà togliereil cappuccio del laser e svitare oavvitare la ghiera della collimazio-ne fino a che il puntino rosso siallargherà diventando un trattino.Naturalmente anche se le lunghez-ze d’onda non sono coincidenti ilcircuito potrebbe non funzionare.

La terza raccomandazione: perapplicazioni che prevedono usiprolungati del laser è consigliabileusare un alimentatore, ma attentiche la sua tensione non superiquella delle batterie o potrete direaddio al laser.

La quarta e ultima: se collegherete alrelé un carico a 220 V, converrà rac-chiudere il circuito in una scatolaplastica per evitare scosse elettriche.

Nella prossima puntata parleremodi raggi infrarossi e realizzeremoun circuito sempre utile: un “provatelecomandi”.

TUTORIAL

TUTORIAL 89

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CONTROLLO DI

TEMPERATURA PER PC

CONTROLLO DI

TEMPERATURA PER PCdi Dario [email protected]

Il circuito in esame può essereapplicato in vari campi, come perla gestione di sistemi di condiziona-mento, ventilazione e controllodella temperatura.Nel nostro caso lo utilizziamo perl’attivazione automatica delle ven-tole supplementari del PC, quandola temperatura internadel case supera una certasoglia.I vantaggi che ne deriva-no sono notevoli, sia perla riduzione del rumoreprodotto dalle ventoleche è di circa 30dBognuna, sia per l’aumen-to della vita media dellestesse, dal momento chesono utilizzate soloquando è necessario.Il circuito presenta due varianti perl’alimentazione dei carichi esterni:la prima utilizza la tensione di ali-mentazione di 12 V (per la gestioneventole), la seconda utilizza tensio-ni indipendenti (carichi di qualun-que tipo).In seguito verranno specificate lemodalità di connessione.La logica di funzionamento del cir-

cuito può essere rappresentatasecondo lo schema a blocchiseguente:un primo blocco (sensore) ha ilcompito di convertire la tempera-tura esterna in una tensione pro-porzionale; il secondo blocco (con-trollo) produce un’uscita affermata

(valore logico alto), se il valoredella temperatura esterna è supe-riore al valore stabilito; in caso con-trario, si ha un’uscita negata (valo-re logico basso).

LO SCHEMA ELETTRICOIl sensore utilizzato è un termo-resi-store, ovvero, un resistore che cam-bia la resistenza interna in funzionedella temperatura.

La tabella di figura 1 mostra comela tensione (Vo), sul terminale deltrimmer, cambia in funzione dellatemperatura.I valori di tensione Vo, sono statideterminati sfruttando un partitoreresistivo, alimentato a 12 V e costi-tuito dalla serie di due resistori da 56

KΩ e dal termo-resistoreda 4.7 KΩ.L’elemento visibile cheindica l’attivazione delrelé, è costituito da unLED di colore verde, pilo-tato da un transistor2N2222 plastico conresistore da 680 Ω sulcollettore.In questo modo è possi-bile avere correnti di

15÷18 mA che producono una luceben visibile del LED, come indicatonello schema di figura 2.Per l’attivazione del relé, è statousato un transistor 2N2222 in allu-minio, polarizzato in modo daavere correnti di collettore pari a200 mA.Il condensatore elettrolitico da470 µF ha lo scopo di aumentare itransitori di attivazione e spegni-

Un circuito elettronico di semplice realizzazione, a basso costo, adatto a molteapplicazioni, in grado di gestire l’attivazione e la disattivazione di un relé quandola temperatura esterna si discosta dal valore prestabilito. In una delle due versioniproposte può gestire direttamente le ventole del vostro PC.

HARDWARE

HARDWARE90

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trimmer nella direzione opposta finoall’attivazione.Fatto questo il nostro circuito èpronto a funzionare, assemblateloall’interno del PC e collegatelo all’a-limentazione a 12 V utilizzando unadelle uscite dell’alimentatore del PC(fili rosso e nero), successivamentecollegate le due ventole alle uscitepreviste.Il vostro PC vi ringrazierà!

mento; in questo modo, variazionibrusche della temperatura esternanon produrranno variazioni al fun-zionamento dei carichi, in terminidi accensione e spegnimento.Il diodo 1N4001 posto in paralleloai morsetti del relé e contropola-rizzato, è utilizzato come diodo dilibera circolazione.Il circuito di controllo è costituitoda un trigger, il quale produceuscita negata (valore logicobasso), quando la temperaturaesterna è inferiore a quella presta-bilita, e uscita affermata (valorelogico alto) quando la temperatu-ra esterna è superiore a quella pre-stabilita.L’operazionale utilizzato è unUA741 con resistore di retroazionedel valore di 150 KΩ.Il valore del resistore è stato calco-lato in modo da avere un ciclo diisteresi (differenza di temperaturatra l’attivazione e lo spegnimento)pari a 1÷2° C. Aumentando o ridu-cendo tale valore è possibile,rispettivamente, abbassare oaumentare l’isteresi del sistema.

REALIZZAZIONEÈ necessario procurarsi il materialeriportato nell’elenco componenti erealizzare il circuito stampato adat-to alle prorpie esigenze secondo idisegni di figura 3 o 4. In seguito icomponenti dovranno essere salda-ti sul circuito stampato partendo daquelli più bassi.Il circuito stampato è disponibile indue versioni:

• La versione 1.0 prevede che ilcarico sia connesso direttamenteall’alimentazione del circuito; inquesto caso è possibile alimenta-re direttamente le ventole sup-plementari del proprio PC.

• La versione 2.0, non alimenta ilcarico ma svolge esclusivamenteil compito di cortocircuitare i duecontatti del relé.

Calibrazione del sensore

Per ottenere i risultati desiderati, ènecessario regolare il trimmer inmodo da avere sul terminale centrale,un valore di tensione prossimo a quel-lo esposto nella tabella di figura 1.Il metodo più semplice è quello diruotare il trimmer fino alla disattiva-zione del carico; successivamente,quando si è raggiunta la temperatu-ra desiderata, occorre ruotare il

HARDWARE

HARDWARE 91

Figura 1: Termo-Resistore: andamento della tensione in funzione della temperatura

Figura 2: Schema elettrico

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HARDWARE

HARDWARE92

Figura 5: Installazione del circuito (1.0) per lagestione delle ventole supplementari del PC

Elenco componenti

Sigla Valore

R1 56 KΩ 1/4 W

R2 150 KΩ 1/4 W

R3, R4 560 Ω 1/4 W

R5 47 Ω 1/4 W

R6 5.6 KΩ 1/4 W

R7, R9 820 Ω 1/4 W

R8 3.3 KΩ 1/4 W

R10 680 Ω 1/4 W

FR1 Termoresistore 4.7 KΩ

TR1Trimmer 100 KΩ

1/4 W lineare

C1 470 µF 16 V elettrolitico

D1 1N4001

D2 LED verde

Q2 2N2222 plastico

Q1 2N2222 alluminio

IC1 UA741

RL1 12VDC 3A

MO1, MO2Morsetto serrafilo2 posti (2.0)o 3 posti (1.0)

MO3Morsetto serrafilo 2posti

Figura 3: : Circuito stampato e posizionamento componenti del circuito 1.0

Figura 4: : Circuito stampato e posizionamento componenti del circuito 2.0

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SPIRIT, UNA MISSIONE, UN ROBOT

PLANETARY ROBOTICS

LABORATORY:

LE ORIGINI DI SPIRIT

SPIRIT, UNA MISSIONE, UN ROBOT

PLANETARY ROBOTICS

LABORATORY:

LE ORIGINI DI SPIRITdi Riccardo [email protected]

Il Planetary Robotics Laboratory(PRL) è il laboratorio di ricerca delJPL (Jet Propulsion Laboratory) chenegli ultimi anni si è occupato diprogettare alcuni prototipi dirobot da impiegare in missioni spa-ziali. In modo particolare il PRL si èdedicato alla sperimentazione diveicoli capaci di muoversi edesplorare superfici di altri pianeti edi prevedere quindi, diverse possi-bili condizioni di terreno, di pen-denza e di rischio.

Le condizioni di superficie dadover affrontare su altri pianetipossono essere simulate sulla Terrama non è sempre possibile ripro-durre tutti i diversi fattori ambien-tali ed imprevisti: su Marte, adesempio, soffiano venti che posso-no raggiungere anche i 400 Km/he le diverse condizioni di gravitàriducono il peso del robot; la tem-

peratura esterna può inoltre rag-giungere anche i –100°C e, comeabbiamo visto nella scorsa punta-ta, l’atterraggio del robot avviene

praticamente come se questovenisse lasciato cadere dal terzopiano...Il robot dovrà quindi sopportare

Nella scorsa puntata abbiamo illustrato le principali caratteristiche della missioneSpirit e del suo rover-robot. Ma come nasce il progetto di un robot per l’esplorazionedi superfici planetarie? Quali sono gli elementi da dover considerare e quali soluzionivengono adottate? E quali caratteristiche hardware e software sono necessarie?

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Figura 1: Spirit è basato sul progetto FIDO, sperimentato e messo a punto dal Planetary Robotics Laboratory

seconda parte

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uno “stile di vita” un po’ particola-re e inizialmente movimentatodurante il quale dovrà anche por-tare a termine gli obiettivi scientifi-ci per i quali è stato costruito, con-siderando anche la necessità dicomunicare da grandissime distan-ze i dati raccolti.Le prime scelte progettuali devonoquindi tenere conto di aspetti chenon possono essere assolutamentetrascurati e anche se l’esperienzadelle missioni precedenti offre unadiscreta base di competenze e diinformazioni già acquisite, a causadei diversi obiettivi ogni progettorichiede uno sviluppo indipendente.I progetti più interessanti e ritenutiidonei, diventano reali robot esplo-ratori e proprio come nel casodelle missioni gemelle Spirit eOpportunity, diventano protagoni-sti di un’avventura unica nellaquale devono dimostrare tutto illoro valore e la loro affidabilità.

E, a proposito di affidabilità vedre-mo più avanti i piccoli guai di pro-gettazione che hanno afflittoSpirit.

Ma torniamo al nostro argomentoprincipale e vediamo come ilPlanetary Robotics Laboratory hadato vita e sviluppato i progetti deirover. Fino ad oggi il laboratorio harealizzato prototipi e modelli perraggiungere diversi scopi principali:

• Fido Rover: FIDO è l’acronimo diField Integrated Design &Operation ed è il prototipo dacui derivano i rover attualmenteimpiegati su Marte. Fido ha 6ruote, un braccio meccanico sulquale sono montati degli utensi-li, una “testa” con telecamere, epuò trasportare altri strumentiscientifici per compiere rilevazio-ni ed analisi.

• Robot Work Crews: sono robotstudiati per formare una squadra

e lavorare insieme per raggiun-gere determinati obiettivi; adesempio si coordinano per affer-rare e trasportare oggetti digrandi dimensioni, cooperanoper ottenere una corretta distri-buzione dei pesi ed altro ancora.

• All Terrain Exploration: sonoveicoli studiati per affrontare ter-reni ad alto rischio, utili percalarsi all’interno di crateri o persuperare dislivelli e picchi con-tando su strutture ad assettovariabile, su doti di equilibrismoe sulla cooperazione con altrirobot.

• Lemur: l’unico robot dotato dizampe, piccolo, agile, utile nellamanipolazione e in lavori cherichiedono doti tattili. Viene con-siderato il “coltellino svizzero”per la grande versatilità e capaci-tà nell’utilizzo dei suoi utensili.

Vediamo in dettaglio le principalicaratteristiche e funzionalità diogni progetto.

IL PROGETTO FIDOIl rover Fido è considerato unastruttura di base sulla quale posso-no essere montati diversi dispositi-vi in funzione delle necessitàrichieste da ogni missione di esplo-razione scientifica.Il cuore del robot è formato da unpiccolo computer con CPU IntelPentium a 266 Mhz. Dispone di 4porte seriali, 2 porte USB, 1 portaparallela, 64 MB di memoria RAMe un hard-disk da 384 MB allostato solido. Quest’ultima soluzio-ne (Flash Memory) si rende neces-saria per evitare i potenziali rischidell’utilizzo di normali hard-diskbasati su elementi in micromovi-mento e sull’impiego di una tecno-logia “magnetica” che nello spaziorisulta essere poco affidabile senon adeguatamente schermata daradiazioni di vario tipo. E’ inoltrepresente una scheda con ben 96

porte di ingresso/uscita, 16 ingres-si analogici (A/D con risoluzione di12 bit) , 32 uscite analogiche (D/Aa 8 bit), una scheda di ingresso perencoder a 16 bit e ulteriori 16porte di ingresso.Il sistema è gestito da un sistemaoperativo “VxWorks” con cui ven-gono amministrate tutte le funzio-ni di controllo attraverso una archi-tettura a tre livelli: il primo, deno-minato “Application Layer” sioccupa della gestione dei dispositi-vi video (CCD per l’identificazionedegli ostacoli, riprese a largocampo, uso del microscopio, ecc.)mentre il successivo “DeviceLayer” coordina i processi di movi-mento, di elaborazione della visio-ne, dell’impiego degli strumentiscientifici, ecc). Il terzo livello“Device Driver” gestisce tutto ilcomplesso sistema di I/O.Il rover si muove per mezzo di 30attuatori e ogni spostamento vienemonitorato con l’utilizzo di enco-der di posizione, di sensori inerzia-li e di sensori di accelerazione dis-posti su tre assi. I motori elettricisono controllati in PWM (pulsewave modulation) secondo le ela-borazioni fornite dal software diguida.

Lo schema a blocchi mostra il det-taglio dei collegamenti tra il com-puter e tutte le periferiche delrover (figura 2).

Una delle caratteristiche più interes-santi del robot è il sistema di visio-ne ed elaborazione delle immaginicon il quale si ricavano dati sempremolto precisi sullo stato del terrenocircostante.Cadere, ribaltarsi o rimanere inca-gliati su un altro pianeta non è unevento consigliato vista l’impossi-bilità di ricevere aiuto fisico daqualche passante. Un passo falso sipaga per sempre. Per questo moti-vo il sistema di visione è particolar-

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mente accurato e preciso; comeprima cosa viene effettuata la loca-lizzazione e l’analisi degli ostacoliattraverso l’individuazione di duefattori principali: l’altezza delsuolo, intesa come dislivello dasuperare, e l’angolo di inclinazionedella superficie da affrontare. IFido-rover, così come Spirit eOpportunity, devono capire se ilterreno può essere affrontato senzacorrere rischi di alcun tipo e primadi ogni movimento elaboranoquindi le immagini acquisite condiversi passaggi: vengono perprima cosa posizionati tutti i datirelativi ai dislivelli del terreno e leeventuali piccole aree prive di dativengono ricreate tramite interpola-zione, cioè attraverso l’uso di algo-ritmi che ipotizzano il valore deldislivello sulla base dei dati circo-stanti alla stessa area. Vengono

quindi elaborate tutte le altezzedel piano fino a ricreare virtual-mente la mappa del terreno sulquale il rover dovrà muoversi.Dalla mappa si individuano e siestraggono zone di potenzialerischio e si evidenziano le aree rite-nute “libere” che potranno essereutilizzate per avanzare.

Le immagini da cui vengono rica-vati i dati per l’elaborazione delterreno sono fornite dalle “hazardavoidance cameras”, una coppia digrandi CCD in bianco e nero situa-ti sia sul fronte che sul retro delrobot, capaci di offrire un ampiocampo di visione di 112° di baseper 84° di altezza. I CCD sonoinclinati di circa 60° verso il bassoper valutare il terreno fino ad unadistanza massima di 2,5 metri eforniscono quindi una visione

grandangolare frontale e posterio-re che permette di valutare in det-taglio la conformazione fisica delsuolo. La digitalizzazione dell’im-magine stereo avviene ad una riso-luzione di soli 640x480 pixel con256 livelli di grigio.

Proviamo ora a diventare per unattimo supervisori della missione eimmergiamoci nelle considerazionie nei pensieri dei progettisti.Sappiamo che la struttura del roverè progettata per superare dislivellidi terreno e ostacoli con altezzafino a 20 cm e che può affrontarependenze fino a 45°. Questi valorisono più che sufficienti per affron-tare superfici sabbiose, compatte ocosparse di rocce, come quelle diMarte. Il software di riconoscimen-to delle zone di rischio dovrà quin-di basarsi sia su tali limiti struttura-

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Figura 2: Lo schema a blocchi con la struttura del Fido Rover

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li del rover che sui dati rilevati sulposto. Ma se limitassimo a questaconsiderazione la nostra funzionedi supervisione, probabilmente lamissione fallirebbe. Dobbiamoinfatti considerare, come dicevamoall’inizio, tutte le potenziali condi-zioni ambientali che si potrebberoverificare sulla superficie di un pia-neta. Nel caso di Marte, oltre alletemperature sottozero, si potrannoincontrare tempeste di sabbia eventi fino a 400 Km/h. Trovarsiinclinati di 45° con un peso di 180Kg ridotto al 40% a causa delladiversa gravità e con i pannellisolari dispiegati come ali, potrebbeessere una temibile condizione persperimentare funzioni di volo libe-ro non previste... E’ quindi megliolimitare di parecchio la portatadelle azioni del rover. Questa ed unaltro milione di più complicateconsiderazioni saranno nei nostripensieri fino al momento in cui ladata del lancio sarà talmente vicinada soffocare la nostra capacitàmentale, momento nel quale avre-mo semplicemente paura e nien-t’altro. Immersi come siamo nellenostra ricerca per mettere a nudotutti i potenziali rischi, prevedere,calcolare, ottimizzare e sperimen-

tare, avremo sempre il dubbio diaver trascurato qualche cosa di tal-mente evidente che abbiamo datoper scontato...E purtroppo, in ambito spaziale cisono diversi precedenti causati dal-l’eccessiva concentrazione su spe-cifici problemi, situazioni che nonconsentono di “vedere” l’interoprogetto nel suo insieme.... Adesempio, una delle ultime sonde siè schiantata sulla superficie del pia-neta a causa di un banale errorecommesso nella conversione traunità di misura metriche, valoreche ha tratto in errore il sistema dinavigazione e di rilevamento del-l’altezza. Un altro incidente menorecente ha visto la perdita di unconsistente carico spaziale a causadell’utilizzo di uno stesso affidabilee sperimentato software di naviga-zione su un nuovo razzo vettore: ilnuovo razzo però, a differenza delsuo predecessore, disponeva divelocità e potenze maggiori la cuirilevazione ai sensori generavavalori superiori ai numeri digitaligestiti per un massimo di 16 bit.Non avendo previsto questa situa-zione di “overflow” il software sibloccava lasciando il controllo delrazzo al computer secondario che,essendo identico al primo si bloc-cava per la stessa ragione, facendoperdere la traiettoria al veicolo

dopo pochi secondi dalla partenza.

Finché siamo in tempo usciamodalla testa dei progettisti e tornia-mo a valutare dalla nostra più tran-quillità posizione gli altri aspettidel rover. Come già visto, Fido simuove su 6 ruote ciascuna dellequali è autonoma e dotata di unproprio motore da 15 Volt aziona-to in PWM con un apposito driverLMD18245 (National), capace difornire una corrente di 3 Amperecon picchi massimi di 6A. Le ruotesono montate su un sistema disospensioni passive (brevettato dalJPL) che su ogni lato collega traloro la ruota anteriore e quella cen-trale bilanciandole su un pernolibero mentre la ruota posteriore ècollegata con un braccio alla strut-tura portante del rover. Questaparticolare organizzazione dellatrasmissione assicura la massimaefficienza di trazione, e permettedi mantenere il controllo della sta-bilità nelle diverse possibili condi-zioni di terreno. Durante le arram-picate o il superamento di ostacolila geometria variabile del sistemaprovvede inoltre ad assorbire granparte dei dislivelli e grazie al movi-mento dell’asse sul quale sono col-legate le due ruote, il compito delrover viene alleggerito di molto. Inpratica, il veicolo si troverà adaffrontare ostacoli gestendo i pro-pri movimenti con uno sforzadimezzato rispetto a quello chesarebbe normalmente richiesto ad

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Figura 4: Le due “hazard avoidance camera” ela prima analisi dell’immagine acquisita

Figura 5: Particolare delle parti che compongonola ruota del Fido

Figura 3: Esempio di riconoscimento e valutazione del terreno. Le aree verdi (disegnosopra) mostrano le zone libere e privedi rischi. Sotto, la mappa del terrenoche viene realmente costruita con leimmagini fornite dalla visione stereo

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altri mezzi. Un ulteriore esempio dicome idee semplici possano daregrandi soluzioni.

I movimenti “in sicurezza” vengo-no controllati non solo per gli spo-stamenti sulla superficie ma ancheper salvaguardare l’integrità ditutte le parti del robot nell’espleta-mento delle proprie funzioni. Ilsolito sistema di telecamere abbi-nato al software “anti-rischio”supervisiona anche i movimenticompiuti dal braccio meccanicoper evitare che questo possa inter-ferire in modo inappropriato con lastruttura dello stesso rover e conl’ambiente circostante. Oltre alleazioni di movimento autonomo, ilbraccio può essere azionato anchedalla Terra ma il solo punto di vistaofferto dalle telecamere potrebbenon fornire una completa perce-zione visiva per impartire i giusticomandi da una così grandedistanza. Ogni comando è quindisempre assistito da un softwareche con lo stesso metodo già vistoper la visione 3D costruisce unamappa dell’ambiente circostante eun conseguente modello di areeproibite per lo spostamento delbraccio. Vengono cioè calcolatitutti potenziali punti di contattocon il terreno, con le strutture delrobot e con altri eventuali ostacolia portata di braccio. Il software sibasa sullo sviluppo di “Oriented

Bounding Boxes” cioè sulla crea-zione virtuale di “scatole” che con-tengono tutti le parti che il bracciopuò muovere e tutti gli oggetti coni quali esse possono collidere.Ciascuna scatola è in realtà forma-ta da tanti sottoelementi che per-mettono di simulare e identificarecon la massima precisione le possi-bili collisioni tra i vari elementi.Questo particolare metodo è statosviluppato da S.Gottschalk, M.C.Lin e D.Manocha ed è descrittointegralmente in una serie di docu-menti consultabili on-line sul sitodella University of North Carolina,dove è possibile scaricare anchedei files sorgente in linguaggio C.Davvero una bella cosa:www.cs.unc.edu/~geom/papers/subject.shtml#COLLISION

Oltre ad essere affidabile, questastrategia crea la mappa delle colli-sioni utilizzando una quantità dimemoria davvero minima (circa16KB) e permette di far parte diquella logica di ottimizzazioneadottata per non gravare sul siste-ma. Su specifica richiesta, il soft-ware può eventualmente operareanche con un maggiore grado didettaglio e risoluzione per compie-re operazioni particolarmente deli-cate e precise. In questo caso ilmodello tridimensionale occupa

una quantità di memoria doppiarispetto alla precedente.

Il braccio meccanico del Fido ha 4gradi di libertà, impiega una spallaruotante, un gomito e un polso;ogni parte del braccio è realizzatain alluminio, grafite e resine ed ècollegata alle articolazioni con deigiunti sui quali si muovono le spaz-zole per i motori elettrici e gliingranaggi di trasmissione; questiultimi hanno un diverso rapportodi riduzione su ogni articolazionein funzione dei diversi carichi emovimenti che devono affrontare.Ogni movimento è controllato daencoder interni posizionati sull’as-se di ogni motore e da ulterioripotenziometri esterni posizionatisu ogni punto mobile. Il braccio hauna estensione massima di circa 50cm e la sua estremità può sorreg-gere fino a 2 Kg. di carico, general-mente formato da un massimo di 3strumenti scientifici, gestibili inmodo indipendente. Esiste tuttaviauna quarta possibilità di gestioneriservata per eventuali necessitàfuture.La parte superiore del rover pre-senta un altro braccio, già descrit-to la volta scorsa tra le caratteristi-che di Spirt. Come ricorderete piùche un braccio è un lungo colloche sorregge la testa sulla qualesono posizionati i sistemi di visionein alta risoluzione e panoramici.

Gli esperimenti condotti sulla Terracon il Fido hanno richiesto disposi-tivi di comunicazione bidirezionale(centro di controllo - rover) ridottirispetto a quelli che sono normal-mente impiegati per le trasmissioniplanetarie. Inoltre, il prototipo ter-restre è stato dotato anche di GPSper permettere l’acquisizione e ilcontrollo, da parte del robot, dellapropria posizione. I dati del GPSvengono sempre e comunque con-frontati con i valori di movimento

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Figura 6: Gli Oriented Bounding Boxes avvolgonole parti mobili del braccio e dell’ambientein cui esso opera

Figura 7: Il braccio robotico al lavoro visto dagliocchi di Spirit

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rilevati dai sensori e dagli encoder.

A proposito di comunicazioni eposizione, torniamo brevementenella testa dei progettisti e vedia-mo quali possono essere, a grandilinee, le valutazioni generali dacompiere. Sulla Terra funzionatutto come previsto, le comunica-zioni sono regolari e perfette, il cal-colo della posizione è preciso. SuMarte però non possiamo usare unGPS, in quanto il sistema di trian-golazione satellitare presuppone,appunto, la presenza di satellitidedicati nell’orbita del pianeta. Ilriferimento assoluto della posizio-ne del robot dovrà quindi essereacquisito con modalità diverse e,comunque, con la stessa precisio-ne (Il GPS terrestre del Fido avevaun margine di errore di soli 2 cm).Inoltre, non possiamo neancheaffidarci all’uso di una bussola inquanto la maggior parte dei piane-ti, Marte incluso, hanno un campomagnetico trascurabile. Posizionee comunicazione sono strettamen-

te legate tra loro in quanto trovan-doci a dover comunicare da grandidistanze, le antenne direzionali delrover dovranno essere puntateesattamente verso la Terra (e vice-versa). Marte appare come unpuntino luminoso in cielo e così laTerra, appare anch’essa un piccolopunto se vista dal pianeta rosso.Un piccolo bersaglio mobile conun campo di poche frazioni digrado da dover inquadrare. Il pro-blema di comunicazione e di pun-tamento dell’antenna è comunquepiù complesso per due motivi: ilprimo è che una volta posizionatal’antenna nel campo utile, questosi sposterà quasi subito a causadella rotazione del pianeta.Proviamo a chiarire la situazionecon un esempio: supponiamo chel’antenna di comunicazione sia inrealtà una lunghissima asta rigidache parte da Marte e che raggiun-ge la Terra. Una volta allineata l’a-sta i due pianeti sono in contattotra loro ma Marte, così come laTerra, gira su sé stesso e quindi l’a-

sta tende a girare con esso. Vista lagrande distanza in gioco, la piùpiccola rotazione di Marte sposteràl’asta molto lontano dal punto dicontatto con la Terra. E’ quindinecessario, sulla base della propriaposizione di trasmissione indivi-duare la Terra e mantenerla sem-pre al centro del proprio “mirino”annullando il moto di rivoluzionedel pianeta. Per farlo utilizzeremouna antenna direzionale motoriz-zata che dopo essersi orientatagirerà sullo stesso asse del pianetacompensandone lo spostamento. Ilprimo problema è risolto visto chele tecnologie di puntamento edallineamento sono supportate daun software che osservando il cieloe la posizione degli astri si orientaper ricavare la posizione dellaTerra. Un CCD e un Sun-Sensorpermettono di rilevare esattamen-te la propria posizione sul pianetae di orientarsi (sempre che le con-dizioni atmosferiche permettano divedere la volta celeste o il Sole).Il secondo problema riguarda inve-

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Fido opera su terreni simili a quelli di Marte (vegetazione a parte!)in alcune simulazioni compiute sulla Terra.

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ce la trasmissione vera e propria edè stato già accennato in uno scor-so numero a proposito della ricer-ca SETI, il progetto con il quale sicercano possibili emissioni radioinviate da eventuali civiltà extrater-restri a testimonianza della propriaesistenza. Nella comunicazioneradio è necessario considerarediversi fattori: la distanza, il temponecessario alle onde radio percompiere il percorso Terra / Marte,il moto di rivoluzione dei pianeti eil moto che essi compiono lungo leloro orbite. Sostanzialmente sia laricezione che la trasmissione deidati avvengono tra corpi moltodistanti e in movimento. Abbiamoquindi che le onde radio arriveran-no con una potenza molto bassa eche la loro acquisizione non saràdiretta ma richiederà probabilmen-te una successiva elaborazione acausa dell’effetto Doppler. Anchein questo caso possiamo utilizzareun semplice esempio per spiegaremeglio la dinamica di una trasmis-sione effettuata in movimento:supponiamo che le onde radiosiano delle onde sonore che pos-siamo quindi ascoltare con lenostre orecchie. L’esempio piùclassico e utilizzato è quello del-l’ambulanza che, nella sua corsa asirena attivata, si avvicina veloce-mente a noi per poi superarci eallontanarsi. Il suono della sirenasubisce una sorta di “distorsione”facilmente rilevabile, e presenta il

classico effetto di passaggio invelocità. Questo si verifica in quan-to la distanza tra due fronti d’ondasuccessivi (quelli della sirena) èsempre più breve all’avvicinarsidell’ambulanza. Da ciò ne conse-gue che i fronti d’onda raggiungo-no l’osservatore con una frequenzamaggiore rispetto alla sorgente.All’allontanarsi dell’ambulanza, siotterrà l’effetto opposto. La rice-zione di onde radio si comporteràin modo più o meno simile e sullabase di diverse conoscenze qualil’effetto Doppler, la natura e lapropagazione delle onde, sidovranno usare algoritmi capaci diriportare il segnale radio alla suaforma originale.Fino a certi limiti tale situazione ètrascurabile ma se questi aspettinon fossero stati considerati proba-bilmente molte delle comunicazio-ni spaziali apparirebbero a primavista danneggiate.Come ultima informazione, sidovrà poi valutare che nonostantela velocità di propagazione delleonde radio nel vuoto sia pari allavelocità della luce, ogni trasmissio-ne impiegherà circa 10 minuti percoprire la grande distanza chesepara i due pianeti. Ogni coman-do inviato al rover dalla Terra rice-verà quindi una risposta di confer-ma che arriverà solo dopo 20minuti. Lo studio di protocolli dicomunicazione ottimizzati e rapidirenderà un po’ più agevole la nonsemplice relazione a distanza.

Apriamo a questo proposito unainteressante parentesi per vederecome si è comportato il fratellomaggiore del Fido Rover impegna-to nella propria missione “vera”:dopo 18 giorni di soggiorno suMarte il rover stava posizionando ilproprio braccio meccanico per uti-lizzare l’utensile abrasivo con cuiavrebbe dovuto iniziare a “lavora-re” una roccia. Nel corso della

mattinata si era però verificato unproblema di comunicazione e ilcentro di controllo aveva perso ilsegnale del lontano robot. Dopo lenecessarie verifiche terrestri aisistemi di trasmissione e ricezione,il centro iniziò a pensare ad unproblema del rover e formulò leprime ipotesi: probabilmente Spiritaveva subíto un arresto del sistemache lo aveva condotto in una pre-vista modalità di sicurezza con laquale aveva cessato ogni attività.Questa prima ipotesi fu affinata evenne successivamente considera-ta la possibilità di un imprevistoreset del computer, probabilmentedovuto a problemi nella gestionedella memoria Flash (utilizzatacome hard-disk allo stato solido).Nel corso del pomeriggio, prima diuna prevista sessione di comunica-zione, il centro aveva tentato nuo-vamente il contatto richiedendoun “bip” a Spirit per confermarel’avvenuta corretta ricezione delmessaggio. Il bip arrivò e il centroipotizzò quindi un normale riavviodel sistema e rimase in attesa dellesuccessive comunicazioni già pre-viste dal piano di normale contattoquotidiano. Ma i dati non arrivaro-no e questo fatto, abbinato al pre-cedente problema, evidenziò epurtroppo confermò che il roveraveva davvero qualche serio pro-blema. Fare ipotesi su un pazientecosì lontano sembrava essere unascommessa impossibile ma il gior-no seguente Spirit si fece vivo conil satellite Mars Global Surveyor(vedere i dettagli nella scorsa pun-tata): in modo quasi agonizzanteattivò la sola portante UHF, senzatrasmettere alcun dato. E rimasemuto al successivo passaggio delsecondo satellite (Odissey).Cosa stava succedendo tra le pol-veri del pianeta rosso? C’era mododi capire la natura del problema erisolverlo dalla Terra?I tecnici formularono nuove ipotesi

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Figura 8: Spirit sulla Terra in una fase disimulazione e test

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utilizzando come uniche informa-zioni i silenzi e i tentativi di tra-smissione compiuti nella bandaUHF. Il software che controlla ilrover prevede infatti che al verifi-carsi di eventuali errori di sistemavengano automaticamente attivatedelle procedure di protezione agaranzia della sopravvivenza delveicolo. Tali procedure riduconosubito il consumo di energia eimpongono anche un cambio divelocità di connessione per lecomunicazioni. Con questo accor-gimento, anche in assenza di dati,Spirit riesce in ogni caso a far capi-re al centro di controllo che si èverificato un problema e che sitrova in una condizione non idea-le. Vennero quindi analizzate lepossibili e uniche cause che pote-vano innescare la modalità di pro-tezione e ne furono consideratealcune tra le più probabili: l’erroreera dovuto ad un arresto del siste-ma, ma questo poteva avere diver-se cause, hardware, software oanche dovuto a difetti nell’alimen-tazione. L’indagine doveva esserepiù accurata e servivano altri ele-menti per poter arrivare a identifi-care la vera natura del problema.Ulteriori tentativi di comunicazio-ne effettuati dal centro fallironofino all’improvviso destarsi delrover che lanciò una nuova comu-nicazione contenente un po’ didati. Il messaggio venne decifratoe svelò che la comunicazione pro-veniva dall’anno 2053 (data disistema) e che gran parte di essaera corrotta. Per quanto bizzarra,questa comunicazione rallegrò ilcentro: era stato fornito, nel beneo nel male, un nuovo elemento diquesta complessa partita a MasterMind. Ma quale utilità potevaavere una comunicazione senzasenso? Lo vedremo tra poco. Ilcentro proseguì nel tentativo dicontatto, richiese al rover di aprireuna comunicazione ad alta velocità

e di inviare dati relativi al propriostato di salute. La risposta di Spiritiniziò ad arrivare ma si interruppe10 minuti prima del normaletempo previsto per l’invio dei dati.Gli elementi ricevuti furonocomunque di grande utilità: ilrover segnalava di aver avuto ungran numero di reset e di riavviidel sistema e che stava lottandoper rimanere sempre attivo e svol-gere le proprie funzioni.Finalmente altri tasselli di unimprevedibile puzzle informatico-spaziale cominciarono ad orientarei pensieri degli ingegneri versoun’unica direzione: il file corrottoprecedentemente ricevuto e oraun nuovo reset durante la fase ditrasmissione di file. Entrambi ele-menti che confermavano un errorenella gestione dei file sulla memo-ria Flash e che potevano giustifica-re il reset, dovuto alla mancatacapacità di lettura dei files in corsodi invio. In pratica, Spirit si sveglia-va, iniziava a svolgere i propricompiti, ma quando arrivava agestire files in quantità o in unaipotetica zona di memoria si verifi-cava un errore che bloccava leoperazioni provocando un resetdel computer.I files di Spirit vengono gestiti uti-lizzando un “file system” che tienetraccia di tutti i dati presenti nellamemoria. L’imprevista quantità difile accumulatasi, raggiungeva ilimiti della Flash Memory e li supe-rava nel tentativo di aggiornamen-to del “file system”. La memoriaera finita e il file system, interrotto,poteva includere solo di un certonumero di files. I progettisti delsoftware di Spirit non avevanoconsiderato l’eventualità del rag-giungimento del limite di memo-ria, ma avevano invece valutato lapossibilità di far lavorare il compu-ter senza utilizzare il file system inuna modalità definita “cripple-mode”, caratterizzata da una esa-

sperante lentezza operativa. E così,nei due giorni successivi, si riuscì astabilizzare il computer lavorandoin questa modalità e sfruttandoogni sessione di comunicazioneper gestire eventi e strategie diriparazione diverse, visto che nonsi aveva ancora la certezza mate-matica della reale causa del proble-ma. Operato il necessario debug-ging sul software venne conferma-ta la causa e, forse in modo un po’affrettato, venne decisa la format-tazione della Flash Memory e l’in-vio di un file system vergine da cuifar ripartire la memoria di Spirit.Molti dati vennero persi per sem-pre ma il problema era stato risol-to e Spirit era “nuovo” e prontoper riprendere il lavoro dove loaveva lasciato, con il braccio anco-ra pronto per “spazzolare” la roc-cia appena raggiunta. Dopo duesettimane e mezzo di ipotesi, disimulazioni, di tentativi e didebugging, il team che seguivaSpirit poteva alzare la testa. Duesettimane e mezzo vissute al ritmodi 18-24 ore di lavoro al giorno almassimo della concentrazione neltentativo di comprendere tutte lepossibili cause di un problemadefinito inizialmente critico e serio.Un gioco a distanza contro iltempo, scandito solo dallo sporadi-co presentarsi di piccoli e frammen-tari indizi. Dopo 3 ore e mezza dicancellazione, riformattazione eriavvio, Spirit era tornato a funzio-nare al meglio di sé. Seguì una con-ferenza stampa, il mea culpa delprogettista del software e l’occasio-ne per i membri del team di confer-mare alle proprie famiglie di essereancora vivi dopo questo periodo diisolamento dal mondo esterno. Eper il futuro? Per le prossime missio-ni ci si è appuntati ben in evidenzala necessità di sviluppare softwarein grado di permettere l’identifica-zione e la natura di eventuali pro-blemi con maggiore rapidità e pre-

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cisione. Un ulteriore momento diesperienza che si aggiungerà al giàricco panorama di casi e di conside-razioni da ricordare...

Tra problemi, previsioni, hardwaree tecnologie del Fido e di Spiritabbiamo compiuto una rapida car-rellata sul prototipo che è poidiventato il mezzo con cui si sonoconcretizzate due importanti mis-sioni spaziali. La sperimentazione ela ricerca svolgono ruoli fonda-mentali per la messa a punto diquesti mezzi, ancora una voltamolto più vicini a noi rispetto alleavanzate tecnologie coperte da

segreto che potremmo ipotizzare.Grazie all’era dell’informazionepossiamo oggi disporre di cono-scenze che mai avremmo potutoraggiungere e anche se alcuni det-tagli costruttivi rimangono ancoranon divulgabili siamo riusciti adavere una completa visione diinsieme, interessante e potenzial-mente utile.

Un’ultima nota: vi siete già chiestiperché i robot spaziali utilizzanol’energia solare come unica fontedi sostentamento? Premetto chenon c’è una risposta certa in quan-to la situazione è piuttosto discus-

sa. A parità di possibilità, quellasolare è forse la fonte di energiameno efficace e, come nel caso deirover di Marte, garantisce unaautonomia limitata alle ore diurnee per i soli pochi mesi di pienoSole. Abbiamo visto nello scorsonumero il perché. In passato sonostate lanciate almeno una ventinadi sonde (oggi ancora attive) cheutilizzavano l’energia nucleare(generatori termoelettrici a radioi-sotopi) ma già da tempo questafonte non è più impiegata. C’è chiparla di prevenzione dei potenzialirischi di una incontrollata contami-nazione terrestre in caso di even-tuali esplosioni in fase di lancio(come è purtroppo accaduto aduno dei primi Shuttle). Si discutequindi anche di “immagine” delleagenzie spaziali, di politica, di eco-logia terrestre e planetaria. Dalpunto di vista funzionale si scopro-no anche interferenze che possonodisturbare l’impiego di sofisticatistrumenti e capaci di alterareanche le percezioni di alcuni tipi diosservazione compiute dai satelliti.Subentrano probabilmente anchefattori riguardanti le dimensioni, ilpeso e magari tanti altri elementiche consigliano, oggi, di compierele scelte viste. Si pensi poi a certicasi passati nei quali alcuni satelliti“nucleari” caddero sulla Terra percause varie contaminando real-mente parti di oceano e altre zonedel nostro pianeta.

Vediamo ora gli altri progetti svi-luppati dal Planetary RoboticsLaboratory

ROBOT WORK CREWS (RWC)Questi robot sono stati studiati percooperare nel trasporto di oggettie per collaborare in lavori cherichiedono funzioni di spostamen-to di materiali. Si muovono su 4ruote articolate su un sistema disospensioni indipendenti, hanno

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Figura 10: Alcuni esempi di cooperazione autonoma impiegata per il trasporto di barre

Figura 9: Il Robot Work Crews afferra gli oggetti e li trasporta cooperando con altre unità simili

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un robusto braccio meccanico esupervisionano i loro movimentisul terreno con lo stesso metodo divisione 3D già visto sul Fido. Leoperazioni di manipolazione sonoinvece controllate da una specificacamera indipendente. Il sistema èazionato da una CPU Pentium a266 Mhz con 32 MB di RAM pro-grammato a moduli in ANSI-C;lavora a 24 Volt ed è dotato di sen-sori inerziali e di accelerazione, diporte A/D, di encoders, ed altrisensori anch’essi simili a quelli giàvisti sul Fido, visto che quest’ulti-mo è il progetto di base sul qualesono stati sviluppati questi RWC. Ilbraccio manipolatore è dotato diuna pinza che consente di afferraredelicatamente gli oggetti per posi-zionarli su un piano di sostegno suldorso del rover. Il dorso presentauna cavità mobile che supportaquindi il carico distribuendone ilpeso sulle 4 ruote senza gravare sulbraccio e sulle sue articolazioni.Tutti i movimenti compiuti dalbraccio sono rilevati dall’esternotramite potenziometri posizionatisu ogni articolazione.Ogni robot è studiato per lavorarecon altre unità simili secondo unalogica di controllo decentralizzatoche impiega, per ragioni di econo-mia energetica, solo comunicazio-ni di base per sincronizzare le atti-vità principali. Essenzialmente lastruttura di supervisione si basa sulcontrollo del comportamento deirobot in base alla formazione ditrasporto richiesta, alla divisionedel carico, al controllo dei pesi e alcalcolo della direzione e della velo-cità di spostamento utilizzabile.Ad oggi due unità cooperanti sonogià operative e si sono distinte inoperazioni di trasporto effettuatecon diversi livelli di difficoltà. Lacapacità di adattamento alle condi-zioni dell’ambiente in funzionedella configurazione di trasportoadottata è un elemento autonomo

e deve considerare anche eventualipendenze, spostamenti di caricoper bilanciare i movimenti e peralleggerire il compito del compa-gno eventualmente in difficoltà. Lesimulazioni sono state compiute suterreni con pendenze fino a 10° uti-lizzando come carico delle sbarremetalliche. Le stesse vengono tra-sportate dal luogo di prelevamentoal luogo di destinazione in modoautomatico secondo scelte “intelli-genti” attuate autonomamente.

ALL TERRAIN EXPLORATIONAnche i rover di questo progettosono studiati per cooperare e fun-zionare insieme per svolgere compi-ti definiti “ad alto rischio”. Se da unlato le operazioni dei rover-robotsono limitate proprio per nonrischiare, con questo progetto sicercano soluzioni per affrontaremissioni nelle quali i rischi potreb-bero rappresentare una condizioneindispensabile per raggiungeredeterminati obiettivi scientifici. Adesempio, potrebbe essere estrema-mente utile potersi calare all’internodi crateri o di canyon naturali maquesto richiederebbe al robot pre-stazioni che talvolta sono fisicamen-te impossibili da attuare. Lo svilup-po del progetto si è diviso in duedistinti settori: con il primo sonostate affrontate situazioni estremema gestibili da un solo rover facen-do uso di assetti variabili e controbi-lanciando le pendenze con lo spo-stamento di un braccio meccanico,usato come contrappeso.Il secondo fronte ha invece ideato i“cliff-bot” cioè dei robot scalatoriche con l’aiuto di altri compagniriescono a calarsi per mezzo dicorde. Il principio adottato è di persé semplice e prevede la presenzadi due “anchor–bot” posizionatiall’esterno del bordo del cratere odel pendio che rilasciano duecorde alle quali è assicurato ilrobot-scalatore. In questo modo,

la cooperazione rende affrontabilequalunque pendenza e al limiteconsente anche di calare il cliff-botall’interno di eventuali cavità nelsottosuolo nelle quali non c’è con-tatto con le pareti. Il sistema dicontrollo del rischio, capace didecisioni autonome, si basa sullastessa architettura già vista sulFido, flessibile piattaforma di baseche garantisce diverse possibilità disperimentazione.

LEMURL’ultimo progetto è il Lemur, ilprimo veicolo sperimentale chenon si muove su ruote. Lemur è un

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Figura 11: Alcuni rover alle prese con terreniad alto rischio

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piccolo e agile robot a sei zampestudiato per compiere operazionidi manutenzione e di ispezione. Lesue doti tattili gli consentono dimuoversi anche su superfici parti-colari, come ad esempio griglie,tubi o altri spazi nei quali le ruotepossono essere solo di impiccio.Su ogni lato del robot ci sono trezampe e la coppia di arti frontali èutilizzata, oltre che per la locomo-zione, anche per compiere delleoperazioni di manipolazione. Lecoppie di zampe centrali e quelleposteriori compiono movimenti su3 gradi di libertà mentre la coppiaanteriore dispone di un ulteriorelivello di mobilità che consente dicreare uno spazio di lavoro propriodavanti al robot. Tale spazio è con-trollato dal solito sistema di CCDstereo che assiste ogni operazione,

come già visto sui robot precedenti.Nello studio degli arti, si è cercatodi ridurre al minimo sia la partemeccanica che il peso mantenen-do quelle caratteristiche indispen-sabili per i corretti movimenti delrobot. Gli arti manipolatori, oltread essere sorretti da “spalle” sferi-che, sono stati inoltre dotati di unsistema di sgancio rapido degliutensili (a baionetta) che consentel’impiego di una grande varietà distrumenti potenzialmente utili perlo svolgimento dei compiti di basedel Lemur.

Tra gli utensili principali ci sonodelle “mani” dotate di 3 dita indi-pendenti con 3 articolazioni cia-scuna, il “ball driver”, una sorta dipiede di appoggio che può anchediventare un utensile di supportoper alcune operazioni di riparazio-ne e di assemblaggio e la “footcamera”, un minuscolo microsco-pio che permette il controllo delleoperazioni in spazi limitati grazieall’uso di fibre ottiche posizionabi-li. Il Lemur non è diverso dagli altriprogetti è anch’esso basa il propriohardware su un Pentium 266 MHzdotato del solito corredo multiplodi I/O. Tra i sensori utilizzati spicca-no però quelli tattili, qui impiegatiper ovvi motivi legati all’uso di arti.

CONCLUSIONISiamo giunti al termine di questabreve incursione nella roboticaspaziale e spero sinceramente chele considerazioni fatte e le soluzio-ni viste in queste due puntate pos-sano aver trasferito al lettore ancheil lato umano che è parte fonda-mentale di ogni progetto. Le tec-nologie, in questo settore, nonsono mai usate a caso ma vengonoideate e studiate per operare insinergia con tutto il sistema, perintegrarsi perfettamente con lacreatività, l’entusiasmo e l’analisidei progettisti.Chissà se quanto visto non ha giàscatenato la vostra fantasia e vogliadi sperimentazione... Se aspettatesolo che si presenti qualche neces-sità od obiettivo reale da persegui-re per realizzare “qualcosa”, libera-te la vostra creatività e utilizzate lenumerose indicazioni già datempo illustrata tra le pagine diFare Elettronica.Minisumo? Robot a 6 zampe?Beam?Strategie, creatività, tecnologie esoluzioni meccaniche darannopane ai vostri denti fino a quandonon sarete pronti per inviare ivostri progetti al PRL e conquistareinsieme al mondo qualche altropianeta!

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Figura 13: Le caratteristiche degli arti e dell’innesto a baionetta degli utensili

Figura 12: Il Lemur in movimento su una nonfacile struttura

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INTRODUZIONE ALLA

ROBOTICA

INTRODUZIONE ALLA

ROBOTICA di Massimiliano Bracci [email protected]

La robotica rappresenta nell’imma-ginario collettivo una delle attivitàpiù affascinanti e coinvolgenti.Data la grande varietà di forme, dimetodi utilizzati per l’ azionamentoe di campi di applicazione, non èfacile dare una definizione imme-diata e univoca del robot per cui cisi può limitare ad indicare generica-mente il tipo di azione per la qualeè stato predisposto oppure si posso-no mettere in evidenza le caratteri-stiche fondamentali di funziona-mento, con particolare riguardo aimovimenti relativi ai suoi elementimobili. Possiamo dire così che unrobot è una macchina:

• che può sostituire l’uomo indiverse attività,

• che può essere programmato,• che è in grado di memorizzare un

certo numero di istruzioni date,• che è flessibile, quindi in grado di

eseguire operazioni differenti.

Per costruire e programmare unrobot, il più semplice possibile,comunque è necessaria un’espe-rienza in numerosi campi, quali lameccanica, l’elettronica, l’informa-tica, la fisica e magari anche la bio-logia.

Di seguito verranno trattate temati-che inerenti l’ingegneria meccanicadei robot.

GENERALITÀNel vasto panorama dell’automazio-ne (con tale termine si intende quel-la tecnologia il cui obiettivo è quellodi sostituire la macchina all’uomo inun processo di produzione, non soloper quanto riguarda le operazionimateriali ma anche per ciò che con-cerne le elaborazioni intelligentidelle informazioni sullo stato delprocesso), un ruolo fondamentale è

svolto dai robot che consentono,con la loro struttura e i loro movi-menti, assai simili a quelli di un brac-cio umano, di automatizzare e ren-dere più efficienti numerose opera-zioni rispetto a quelle dell’uomo. Losviluppo di unità elettroniche dicontrollo ad elevate prestazioni haallargato il campo di applicazione anumerosi settori, facendo del robotuno strumento indispensabile aduna moderna e competitiva indu-strializzazione.La struttura meccanica dei robot ècostituita da una sequenza di ele-

“Robotica: scienza che studia la connessione intelligente tra percezione e azionemediante un sistema meccanico e un sistema sensoriale entrambi gestiti da unaunità di governo.”

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Figura 1: Esempio di robot domestico

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menti meccanici connessi tra loro dagiunti che ne consentono il motorelativo (figura 1).

In funzione dell’applicazione, dellaprecisione e della ripetitività deimovimenti si usano comunquedistinguere normalmente due tipi dimeccanismi:

• I manipolatori: utilizzati solo peril carico e lo scarico di oggetti dauna posizione ad un’altra, con ladeposizione dei medesimi semprein un punto, o in una serie di puntiben definiti.In genere, non richie-dono una particolare precisionenel movimento e nel posiziona-mento del oggetto spostato.

• I robot: rispetto ai precedentihanno la possibilità di variare rapi-damente il ciclo di spostamento;funzionano in genere con traietto-ria prefissata e permettono, consistemi a retroazione, un controlloed una regolazione istante peristante della posizione, della velo-cità e dell’accelerazione.

La flessibilità di un sistema robotiz-zato è espressa dalla facilità dimodificare rapidamente il tipo dilavoro svolto senza la necessità didover cambiare profondamente lamacchina, anzi deve essere normal-mente sufficiente modificare osostituire il programma contenutonel sistema di controllo del robot.Secondo una definizione nelcampo industriale maggiormentericorrente, il robot è un “manipola-tore riprogrammabile, multifunzio-nale, progettato per muovereoggetti”.Da questa definizione si deduceche le caratteristiche peculiari di unrobot sono quindi:

a) La possibilità di manipolareoggetti.

b) Programmabilità.c) Flessibilità.

Molto spesso questo tipo di mac-china viene indicata con il nome dirobot antropomorfo, proprio per l’a-nalogia dei suoi movimenti conquelli del braccio dell’uomo; anziper rafforzare questa somiglianza inquesto tipo di robot, le varie partied i relativi movimenti vengonoindividuati con gli stessi nomi concui sono indicati nel corpo umano(figura 2).

Le parti indicate sono:1. 1 Piede2. Spalla3. Braccio4. Avambraccio5. Polso

I movimenti del braccio sono:6. Oscillazione del braccio7. Rotazione della spalla8. Estensione del gomito

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Figura 2: Definizione antropomorfa delle parti di un robot

Figura 3: I movimenti del polso

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I movimenti del polso di rotazione,sono detti:

9. Beccheggio10. Imbardata11. Rollio

Questi movimenti si possono osser-vare anche in figura 3. In conse-guenza alla loro forma e al tipo dimovimentazione, i robot antropo-morfi risultano essere i più versatili equindi usati per svariate applicazioni.Un cenno ad un concetto importan-te: i robot si possono muovere nellospazio controllandone posizione edorientamento. Un arbitrario sposta-mento di un corpo può essere otte-nuto componendo dei singoli spo-stamenti fondamentali; ognuno diessi rappresenta un grado di libertàper l’oggetto. Con il termine gradi dilibertà di un robot, quindi, si intendeil numero di movimenti (talvoltadenominati anche “numero assi”) dicui il robot è dotato. È chiaro chemaggiore è il numero di gradi dilibertà, maggiore è la flessibilità e lacomplessità del robot stesso.

CARATTERISTICHE ESTRUTTUREUn robot deve essere in grado diraggiungere con il suo organo dilavoro un punto qualunque all’inter-no del proprio spazio d’azione ed èindispensabile che i meccanismi cheassicurano i movimenti al robotsiano in grado di offrire al sistemaalmeno 3 gradi di libertà. Tenendopoi conto che per eseguire il propriolavoro la mano del robot non devesolamente essere posizionata in unparticolare punto ma è indispensa-bile che, da questa posizione, essapossa agire verso una qualsiasi dire-zione liberamente orientata.Per laparte terminale risultano necessarialtri 3 gradi di libertà. Per poter rag-giungere quindi una posizione in unpunto qualsiasi dello spazio il siste-ma deve possedere come minimo 6gradi di libertà.

La figura 4 illustra le principali strut-ture con cui sono realizzati i robotindustriali.Esse differiscono fondamentalmentenella disposizione e nel tipo dellecoppie cinematiche usate, che

generalmente sono quella rotoidalee quella prismatica.

• Robot a portale. Comunementechiamato robot cartesiano. Nellospazio ogni punto è raggiungibi-

ROBOMANIA

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Figura 4: Schematizzazione delle strutture di robot industriali

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le attraverso un comando concoordinate cartesiane. I tre movi-menti principali sono realizzati daaltrettante coppie prismatiche.Solitamente presentano struttureingombranti.

• Robot a montante.

Cinematicamente sono simili airobot cartesiani, ma il loro volu-me di lavoro può essere ancheassai ampio grazie alla sua strut-tura.

• Robot cilindrico. È costituito da unasse rotatorio e due lineari; sichiama così in quanto ognipunto del volume utile di lavoroè individuabile con una terna diriferimento cilindrica.

• Robot polare. È costituito da dueassi rotatori ed uno lineare ed ipunti interni al volume utile dilavoro sono individuabili tramiteuna terna di riferimento polare.Esso ha una scarsa flessibilitàoperativa.

• Robot articolato. È sicuramente lastruttura più versatile e maggior-mente utilizzata. La sua configu-razione si avvicina molto a quelladi un essere umano, tanto chequando presenta un numero digradi di libertà superiore o ugua-le a 5, viene anche detto antro-pomorfo. Anche se generalmen-te non presentano volumi dilavoro particolarmente estesi,possiede il notevole vantaggio dipoter raggiungere i vari punti daqualsiasi direzione e con qualsia-si orientamento della mano.

• Robot SCARA. Sono robot espres-samente costruiti per operazionidi montaggio automatico di pic-coli componenti.Cinematicamente sono di solitocostituiti da due movimenti rota-tori attorno a due assi paralleli edun movimento lineare lungo unasse verticale.

DEFINIZIONI PIÙ RIGOROSENegli ultimi anni lo sviluppo delle

tecnologie nel settore della produ-zione manifatturiera, metalmecca-nico e in quello attuale della medi-cina ha portato sempre più verso iprincipi dell’automazione flessibile.

Le capacità di impiego oggi sonoinfatti tra le più disparate; da appli-cazioni in ambienti ostili comequello spaziale e sottomarino non-ché militare, ad applicazioni di ser-vizio domestico e assistenza medi-ca fino alle numerose applicazioniin campo puramente industriale.I vari enti che si interessano a taleaspetto si sono quindi impegnati arilasciare delle definizioni.

La definizione proposta dalla ISO

(Interational Organization forStandardization) è la seguente: Il

robot è un manipolatore multifun-

zionale, riprogrammabile, con con-

trollo di posizione a più assi in

grado di movimentare materiali,

pezzi, utensili, mediante operazioni

programmate per una varietà di

compiti.

La classificazione proposta dallaIFR (International Federation ofRobotic) ha distinto i robot indu-striali nei seguenti tipi:

• Robot comandato in sequenza

(con operazioni mai eseguite con-

temporaneamente).

• Robot comandati con traiettoria

predefinita.

• Robot adattativi (dotati di sensori

ROBOMANIA

ROBOMANIA 109

il cui interveto può modificare il

programma che si sta eseguendo).

• Robot telecomandato (comandati

a distanza ad esempio mediante

onde radio).

Nella classificazione Giapponese siusa il termine robot per indicare,oltre a dei manipolatori riprogram-mabili, anche dei manipolatori nonriprogrammabili. Più precisamenteda parte della JIS (JapaneseIndustrial Standard) è stata propo-sta la seguente classificazione:

• Manipolatore (controllato da un

operatore mediante pulsantiera).

• Robot sequenziale (manipolatore

che esegue una sequenza fissa,

modificabile con difficoltà).

• Robot a controllo numerico (robot

guidato da una macchina a con-

trollo numerico).

• Robot intelligenti (robot dotati di

sensori con capacità di interfac-

ciarsi con il mondo esterno e che in

base alle loro informazioni posso-

no modificare le funzioni assegna-

te, per adattarle alle nuove).

Nei prossimi articoli si passerà inrassegna ad una classificazione deirobot vista “da vicino” sia perquanto concerne la meccanica

strutturale che la cinematica di

movimento, descrivendo successi-vamente il sistema di controllo, lecapacità sensoriali ed in fine accen-nando alla architettura hardware ealle tipologie di programmazioni.

BIBLIOGRAFIA

“Automazione industriale” – L. Rossi.

“Automazione” – E.Dabormia, G.B. Tornato.

“Tecnologia meccanica e studi di fabbricazione” – F. Giusti,

M. Santocchi.

“Controllo numerico e automazione” – M. Bartorelli.

“Automazione industriale” - G. Colombo.

“Organi di presa per robot” - G.Belforte.

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PROTEUS:L’UNICO SOFTWARE

INDISPENSABILE PER LA

PROGETTAZIONE ELETTRONICA

Questo eccezionale prodotto, risultato di oltre 15 anni dicontinui sviluppi, è stato considerato il migliore di tuttoil panorama EDA dalla rivista internazionale “ElectronicsWorld”, in una recente analisi comparativa.La suite Proteus include anche la tecnologia rivoluziona-ria “Virtual System Modeling” (VSM, appunto), che per-mette la simulazione dei progetti a microcontrollore(Microchip, Atmel AVR, 8051, HC11, Basic Stamp), con-temporaneamente all’elettronica necessaria al suo fun-zionamento. E’ anche possibile interagire in tempo realecol progetto utilizzando appositi modelli animati di peri-feriche quali display a LED/LCD, tastiere ed interruttori,terminali RS232 ecc.Il prodotto è garantito da un supporto tecnico dedicatoe sono disponibili almeno quattro aggiornamenti all’an-no, forniti mediante un adeguato servizio di abbona-mento agli aggiornamenti.Ma vediamo in dettaglio da cosa è composta la suite…

ISIS SCHEMATIC CAPTURE (MOLTO PIÙ DI UN PAC-CHETTO PER IL DISEGNO DI SCHEMI ELETTRONICI)ISIS Schematic Capture è il cuore di Proteus. Si tratta di unsoftware di disegno perfetto per la realizzazione di schemicome quelli che compaiono sulle riviste, molto accatti-vanti rispetto ai più “piatti” ed essenziali schemi elettriciprodotti normalmente dai CAD. Grazie alla possibilità diesportare da ISIS file grafici o passare l’immagine alla clip-board di Windows, è semplicissimo incorporare nei soft-ware di impaginazione gli schemi (o parti di schemi) peruna ottimale generazione della documentazione tecnica.Con ISIS è possibile definire stili di template applicabili siagli aspetti grafici complessivi che alle librerie.

ISIS supporta la gestione di schemi multi foglio e gerar-chici. E’ possibile definire ed utilizzare appositi compo-nenti che rimandano ad altre parti del progetto, e tuttele modifiche alla struttura potranno essere fatte in qual-siasi momento senza alcuna limitazione.In ISIS la gestione dei bus avviene sia a livello di compo-nente che di schema. I bus sono infatti indispensabili perrisparmiare tempo nella stesura e spazio sul foglio, edun’accurata gestione previene errori ed inutili lungaggi-ni nel disegno.

Altra parte essenziale in un pacchetto per schematic cap-ture è la libreriaa. ISIS viene fornito con oltre 8000 com-ponenti, tra cui simboli standard come transistors, diodi,valvole termoioniche, TTL, CMOS, ECL, microprocessorie memorie, PLD, analog IC ed op-amp. Sono inoltre dis-ponibili una serie di librerie specifiche per National

PROTEUS:L’UNICO SOFTWARE

INDISPENSABILE PER LA

PROGETTAZIONE ELETTRONICA

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Dalla società inglese Labcenter, Elettroshop propone la suite Proteus, una soluzionecompleta per la progettazione elettronica comprendente uno schematic capturecompleto di simulatore mixed mode SPICE, PCB layout ed autorouter, perfetti perla progettazione, test e sbroglio dei circuiti elettronici.

Figura 1: L’ambiente ISIS

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Semiconductor, Philips, Motorola, Teccor, Texas e Zetex.L’assegnazione della corrispondenza tra il simbolo delloschematico e quello del PCB è un’annosa questione. InISIS viene brillantemente risolta grazie ad un appositostrumento che li visualizza contemporaneamente per-mettendone un accurato controllo. La gestione dellelibrerie è versatile in quanto permette la definizione disimboli ad elementi singoli (es. il timer 555), a multi ele-mento omogenei (es. 4 porte 7400) ed a multi elemen-to eterogenei (contatti e bobine dei relè).ISIS supporta in modo nativo diversi formati di netlist perl’interfacciamento ai CAD più diffusi, inoltre è possibilegenerare netlist custom, elenchi materiali personalizzabi-li e liste di controllo sulla coerenza dei circuiti (ERC).

PROSPICE(UN SIMULATORE MOLTO VICINO ALLA REALTÀ)PROSPICE è costruito intorno allo standard SPICE, ilsimulatore analogico sviluppato dall’Università diBerkeley in California. Tuttavia, intorno a questo algorit-mo, sono state fatte una serie di implementazioni pergarantire in condizioni di simulazione mixed mode (ana-logico e digitale) il massimo delle prestazioni e dell’at-tendibilità dei risultati. PROSPICE garantisce la pienacompatibilità con i modelli di simulazione SPICE fornitidai costruttori di componentistica, che sempre di piùaffiancano queste librerie alla loro tradizionale docu-mentazione. Attualmente sono disponibili oltre 5000modelli di simulazione già associati ai simboli di ISIS.

Con PROSPICE è possibile anche la modellazione dellelogiche programmabili (PLD) e sono disponibili numero-si modelli delle più popolari logiche sul mercato all’in-terno della sua libreria. La possibilità di leggere diretta-mente le informazioni contenute nel file Jedec (generatodall’assembler) evita l’impiego di sistemi dedicati allo svi-luppo delle logiche programmabili.

Il “valore aggiunto” di PROSPICE è l’animazione interattivadei circuiti. Infatti, oltre al tradizionale grafico, è possibilecontrollare appositi simboli “animati” (es. interruttori,potenziometri) e verificare le variazioni su indicatori (es.LED, display 7 segmenti) dinamicamente e in tempo reale.E’ anche possibile creare i propri simboli animati ed utiliz-zare i numerosi strumenti virtuali (voltmetri, amperometri,Oscilloscopio, Analizzatore di stati logici, Generatore disegnali, Generatore di pattern digitali) per un approcciointuitivo e decisamente simile al mondo reale.Se i progetti includono microprocessori quali PIC, AVR,MCS8051/52, 68HC11 è possibile acquistare i moduliVSM addizionali per questi componenti. Questa avanza-tissima tecnologia consente di simulare completamente

un progetto basato su microcontrollore, inclusa tuttal’elettronica (sia digitale che analogica) a velocità che siavvicinano molto al real time (es. un 8051 a 12MHz puòessere simulato con un Pentium II a 300MHz). Mediantel’opzione VSM è pos-sibile fare il debugcontrollando i registried il contenuto dellamemoria, inserendobreakpoints o utiliz-zando la modalità apassi ed è persinosupportato il debugad alto livello!

Quando si simulano circuiti complessi è importante con-centrarsi sulle parti critiche che si intendono sottoporread un’attenta analisi. Per questo scopo PROSPICE consi-dera solamente le parti del circuito comprese tra gli sti-moli ed i probe, permettendo una perfetta focalizzazio-ne del lavoro. Con PROSPICE è possibile creare dei pro-pri modelli di simulazione utilizzando un apposito

IN VETRINA 111

Figura 2: Editing dei componenti

Figura 3: Diversi tipi di simulazioni

Figura 4: Interfaccia grafica del generatoredi segnali e l’oscilloscopio virtuale

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ambiente integrato, mediante VSM API è invece possibi-le utilizzare le DLL di Windows programmando in C++per disegnare componenti animati particolarmentecomplessi.Un’ultima, ma non meno importante, caratteristica diPROSPICE, è la cosiddetta analisi di conformità. E’ possi-bile infatti confrontare i risultati della simulazione condati di riferimento pre-determinati, per verificarne lacoerenza.

ARES (ADVANCE ROUTING & EDITING SOFTWARE)ARES è il pacchetto software per la progettazione deiPCB che si integra perfettamente con ISIS attraverso lenetlist che descrivono gli schemi elettrici generati dallostesso ISIS. Integrando avanzati sistemi di posizionamen-to automatico dei componenti e di autorouting, ARESconsente di risparmiare tempo nella progettazione deiPCB; in alternativa è sempre comunque possibile lo sbro-glio manuale del circuito stampato.Di seguito sono illustrate le caratteristiche principali diARES.Gestione di Netlist e Ratsnest

ARES consente il piazzamento dei componenti con unarisoluzione fino a 10nm su una board di dimensioni mas-sime di 20m. Durante l’operazione di piazzamento, ven-gono mostrati sia i vettori di forza sui singoli componen-ti, sia il ratsnest ovvero i collegamenti elettrici con gli altricomponenti. Entrambi vengono automaticamenteaggiornati in seguito al trascinamento di un componen-te ed il ratsnest viene aggiornato anche durante l’opera-zione di sbroglio. Il sistema è costantemente collegatoad ISIS in modo che una modifica apportata allo schemaelettrico venga automaticamente riportata nel PCB.Viceversa uno scambio di pin od uno scambio di portesu di un componente, viene riportata anche nello sche-ma elettrico.Piazzamento e modifica di piste

Patendo dalle linee ratsnest è possibile aggiungeremanualmente una pista che, una volta completata, com-porterà la rimozione della relativa linea ratsnest. In ognicaso la pista è comunque modificabile ed è possibileritracciare o cancellare qualsiasi parte della pista. Se lapista viene tracciata attraverso punti piuttosto stretti,come ad esempio tra due pad di un circuito integrato, ilprogramma modifica automaticamente lo spessore dellapista attenendosi comunque alle regole di progettazioneimpostate.Piani di alimentazione e di potenza

Per progetti in cui sono in gioco potenze e correnti ele-vate, è possibile realizzare piste costituite da zone intera-mente ricoperte di materiale conduttivo. Se nella zonaviene inclusa una pista esistente, il programma provve-

derà automaticamente amantenere una distanzaopportuna in accordo alleregole impostate. Una voltadelimitata la zona si puòscegliere se ricoprirla intera-mente o meno. È previstoanche il supporto per il rile-vo termico.DRC

Il Design Rule Checks viene effettuato durante tutto iprocesso di sbroglio manuale e l’utente viene immedia-tamente avvisato se viene infranta una delle regole fisi-che o elettriche precedentemente impostate. In qualsia-si momento è possibile fare una verifica totale a seguitodella quale verranno visualizzati gli eventuali errori. Undoppio click su un errore ed ARES mostrerà in qualepunto della board è stato rilevato tale errore.Librerie di package

Con il programma viene fornito un grande numero dilibrerie di package per dispositivi “through hole” qualidiodi, transistor, integrati e connettori. In ogni caso pos-sono essere creati nuovi componenti da aggiungere allelibrerie personalizzate.Uscite per CAD/CAM

Oltre ad essere compatibile con le stampanti Windows,ARES è provvisto anche di driver HPGL per plotters apenna. È possibile esportare i file Gerber sia nel formatoRS274D che nel più recente formato RS274X oltre al for-mato Excellon per la foratura. È possibile inoltre estrarreanche il file ASCII relativo al posizionamento dei compo-nenti, adatto ai macchinari per il montaggio automati-co. I file Gerber possono essere visualizzati con il viewerinterno.Posizionamento automatico

Utilizzando il posizionamento automatico dei compo-nenti viene ridotto al minimo l’intervento dell’utentenella realizzazione del PCB. In alternativa è possibile uti-lizzare il posizionamento automatico a seguito del piaz-zamento manuale di particolari componenti critici.Sbroglio automatico

Lo sbroglio automatico può avvenire su 8 layers con diver-si spessori per le piste che vengono posizionate con ango-li di 45° o 90°. La modalità “Rip-up&Retry” consente dirimuovere piste esistenti per consentire il passaggio dinuove garantendo così il completamento dello sbroglio.

Per ulteriori informazioni:Elettroshop

Via Cadorna, 27/31 - 20032 Cormano (MI)Tel. 02.66504794 Fax [email protected] - www.elettroshop.com

IN VETRINA112

Figura 5: Due diversi modi diriempimento delle“power zones”

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Nome e Cognome Azienda

Via Cap Città Prov.

Tel. Fax E-mail

Sessione Workshop:

Mattutina (€ 99,00 + Iva compreso un sistema HD1100)

Pomeridiana (€ 99,00 + Iva compreso un sistema LS100)

Entrambe (€ 189,00 + Iva compreso un sistema HD1100 e un LS100)

Evento di*: Roma Milano Padova Torino

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ISCRIVITI AD ENTRAMBE LE SESSIONI AL PREZZO IRRIPETIBILE DI € 189,00 +Ivacompresi 2 sistemi del valore complessivo di € 250,00 +IVA (1 mod. HD1100 + 1 mod. LS100)

SCHEDA DI PREREGISTRAZIONE

Da compilarsi in ogni sua parte ed inviare via fax al n. 02 66508225 o per e-mail ad [email protected]È possibile iscriversi online all’indirizzo www.elettroshop.com/academy

Il corso permetterà al partecipante di

apprendere nozioni sulla configurazione

ed integrazione dei dispositivi

Sena Technologies (www.hellodevice.it)

serie HD1x00, Serie Super SS110, SS400, SS800

QUOTA DI PARTECIPAZIONE € 99,00 + IVA*

COMPRESO UN MICRO WEB SERVER

MOD. HD1100 DEL VALORE DI € 125,00 + IVA

QUOTA DI PARTECIPAZIONE € 99,00 + IVA*

COMPRESO UN SERIAL/ETHERNET CONVERTER

MOD. LS100 DEL VALORE DI € 125,00 + IVA

Il corso permetterà al partecipante di

apprendere nozioni sulla configurazione ed

integrazione dei dispositivi Sena Technologies

(www.hellodevice.it) serie Lite, Pro, STS, VTS.

L’INTERFACCIAMENTO

DEI DISPOSITIVI SERIALI

ALLE RETI LAN

EMBEDDED

INTERNET

Argomenti principali della sessione:

• la conversione Seriale/Ethernet semplice ed economica

• bridge di dispositivi seriali mediante LAN

• interfacciamento di dispositivi con diversi livelli di

integrazione (dal modulo all’apparato multiporta)

• il console management

• domande e risposte

Argomenti principali della sessione:

• problematiche di connessione di apparecchiature

e dispositivi elettronici alle reti TCP/IP

• i micro web servers Sena Technologies ed

i loro possibili campi di applicazione

• tecniche per il controllo remoto e via web

• domande e risposte

In collaborazione con: SENA TECHNOLOGIES

*Seguiranno dettagli sulle date degli eventi (I Workshop si terranno nei mesi di Aprile/Maggio 2004)e sulle modalità del saldo della quota di partecipazione

Ses

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8.00

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I° WORKSHOP SUL

DEVICE NETWORKING

Autorizzo il trattamento dei dati personali ai sensi della Legge 675/96

Firma

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Bollettino Utilizzare il C/C N. 22790232 intestato ad Inware srl,

postale indicando nella causale “Abbonamento a Fare Elettronica”

Bonifico Appoggiarlo sulla banca: Poste Italiane

bancario CIN: Z - ABI: 07601 - CAB: 01600 - C/C: 000022790232

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Rinnovo: Sono già abbonato ed intendo rinnovare il mio abbonamento in scadenza. Fare Elettronica per un anno

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Regalo: Regalo ad un amico Fare Elettronica per un anno (11 uscite) a soli € 35,00 anziché € 51,00

Riservato agli abbonati, il mio codice abbonamento è

Scuole: Cinque abbonamenti a Fare Elettronica per un anno (11 uscite) a soli € 156,00 anziché € 195,00

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