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CAPITOLO 5CAPITOLO 1
Introduzione alla chirurgia parodontale
Diagnosi e terapia delle malattie parodontaliSecondo la definizione data dalle linee-guida della Società Italiana di Parodontologia
e Implantologia:
«la parodontologia è una disciplina di area odontoiatrica che promuove la salute
dell’individuo attraverso la prevenzione, la diagnosi e la terapia delle patologie che
colpiscono i tessuti di supporto dei denti e degli impianti […]. La parodontologia
si propone di conservare o ripristinare lo stato di salute dei tessuti di supporto di
denti e impianti, contribuendo così a conservare o migliorare il comfort, la fun-
zione masticatoria, la fonazione e l’estetica dei pazienti. Lo scopo principale della
parodontologia è quello di preservare la dentatura naturale».
Appare pertanto evidente come il principale compito dello specialista sia quello di
diagnosticare e curare le malattie parodontali, che possono essere schematicamente
suddivise in gengiviti e parodontiti.
Le gengiviti interessano la gengiva marginale, sono evidenziate clinicamente dai sin-
tomi aspecifici dell’infiammazione quali edema, iperemia dei tessuti gengivali e san-
guinamento, che può essere evocato o spontaneo; le gengiviti sono completamente
reversibili e possono talora evolvere in una parodontite.
Le parodontiti interessano i tessuti di supporto dell’elemento dentario (osso alveo-
lare, cemento e legamento parodontale) e si manifestano clinicamente con la for-
mazione di tasche o recessioni gengivali, distruzione dell’osso alveolare e dell’ap-
parato di attacco; gli effetti delle parodontiti sono, nella maggior parte dei casi,
irreversibili (Fig. 1.1).
Per quanto riguarda le parodontiti, nel 1999 l’American Academy of Periodontology
ha proposto una classificazione che le suddivide in:
✓parodontiti aggressive;
✓parodontiti croniche;
✓parodontiti necrotizzanti;
✓parodontiti associate a malattie sistemiche.
Questo sistema classificativo è tuttora ritenuto valido e universalmente condiviso
dall’intera comunità scientifica.
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Introduzione alla chirurgia parodontaleCAPITOLO 1
Dati epidemiologiciDal punto di vista prognostico, poiché la parodontite ha un’eziologia batterica e una
patogenesi di tipo immunitario, il decorso, nonché l’esito finale della malattia, sono
costantemente influenzati dall’equilibrio tra fattori ambientali e suscettibilità dell’ospite.
I dati epidemiologici più recenti affermano che la prevalenza della malattia paro-
dontale nel mondo supera globalmente il 50% e le forme più severe di parodontite si
attestano intorno a valori del 5-20% (con una prevalenza standardizzata del 11,2%)
costituendo la principale causa di perdita degli elementi dentari.
In Italia la gengivite ha un’alta prevalenza in età scolare (oltre il 70%) ma tende a
diminuire con l’aumento dell’età, mentre, per quanto riguarda la parodontite, essa
colpisce circa il 30% dei pazienti compresi tra i 25 e i 29 anni, il 40% dei pazienti
compresi tra i 30-34 anni e oltre il 50% dei pazienti compresi tra i 55-64 anni.
Globalmente considerati, questi dati ci inducono a riflettere ancora una volta su quale
sia l’importanza della diagnosi e della terapia delle malattie parodontali e su quanto
sia auspicabile che il professionista abbia un’adeguata preparazione in tal senso.
Percorso diagnostico e terapeuticoPer poter formulare una corretta diagnosi di malattia parodontale e impostare di con-
seguenza un adeguato piano terapeutico, il clinico dovrà necessariamente seguire un
processo decisionale che può essere schematicamente suddiviso nelle seguenti fasi:
✓diagnosi;
✓ terapia causale;
✓ terapia meccanica non chirurgica (levigatura radicolare);
✓ rivalutazione;
✓ terapia chirurgica (se necessaria);
✓ terapia di supporto parodontale.
Marcataproliferazionedell’epitelio giunzionale
CEJ
Aumentodella diapedesi dei granulociti neutrofili
Aumento dell’infiltrato infiammatorio:le plasmacellule arrivano a costituireil 10-30%
Gengivite cronica Parodontite
Migrazione apicaledell’epitelio giunzionale
Perdita ossea marginale
Le plasmacellule arrivano a costituire>50% dell’infiltrato infiammatorio
Fig. 1.1 Rappresentazione grafica
che illustra le principali differenze
istopatologiche tra gengivite e
parodontite.
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Introduzione alla chirurgia parodontale CAPITOLO 1
Valutazione del paziente candidato a chirurgia parodontale
Il primo passo che il clinico dovrà compiere, prima ancora di affrontare il percorso
terapeutico, sarà quello di raccogliere tutta una serie di dati utili a una valutazione
globale del paziente, sia dal punto di vista sistemico (indagando qualsiasi condizione
fisiologica o patologica che sia potenzialmente in grado di interferire con la terapia
parodontale e, in particolar modo, con la terapia chirurgica) sia sotto un profilo più
strettamente odontoiatrico e parodontale.
Valutazione sistemica
La valutazione medica a livello sistemico dovrà essere condotta espletando ciascuno
dei seguenti punti:
✓ anamnesi personale fisiologica: stili di vita quali obesità, uso di tabacco, alcol o
sostanze stupefacenti, eventuali allergie, presenza di comportamenti a rischio per
malattie sessualmente trasmissibili, profilo psicologico del paziente;
✓ anamnesi patologica prossima: motivo della visita, principali sintomi eventualmente
presenti ed epoca di insorgenza, farmaci recentemente assunti;
✓ anamnesi patologica remota: valutazione dello stato di salute generale del paziente,
patologie e interventi chirurgici pregressi ed eventuale richiesta di ulteriori esami
radiologici o di laboratorio.
Va ricordato che, in sede anamnestica, è piuttosto frequente la tendenza da parte
del paziente a dimenticarsi di riferire al curante l’esistenza di patologie croniche o di
alcune terapie farmacologiche, soprattutto se di lunga durata quali, per esempio, car-
diopatie o diabete: il clinico dovrà sempre tener presente questo particolare aspetto
allo scopo di evitare una raccolta di dati incompleta e potenzialmente pericolosa.
Tutti questi dati, fondamentali per il prosieguo del percorso terapeutico, dovranno
essere raccolti e trascritti su un’apposita cartella che verrà consegnata al paziente e
restituita debitamente compilata e firmata (Fig. 1.2). Oltre all’anamnesi, al paziente
candidato a chirurgia parodontale saranno richiesti alcuni esami preoperatori stan-
dard che hanno lo scopo di intercettare alcune patologie sistemiche asintomatiche
(Fig. 1.3). Va tuttavia osservato che, nonostante sia una prassi diffusa e consolidata,
mancano ancora dati incontrovertibili circa la reale utilità clinica di prescrivere gli
esami preoperatori sopra citati.
Valutazione odontoiatrica e parodontale
La valutazione odontoiatrica e parodontale riveste un significato di particolare impor-
tanza poiché riguarda più da vicino l’area di pertinenza specialistica; durante questa
fase il clinico dovrà indagare i seguenti punti:
✓ richieste e aspettative da parte del paziente;
✓ esame obiettivo (EO) extra- e intraorale;
✓presenza di protesi incongrue;
✓disordini temporo-mandibolari, parafunzioni, elementi sottoposti a trauma da occlusione;
✓ elementi sottoposti a terapia endodontica (lesioni endo-parodontali);
✓ visita parodontale, familiarità per malattia parodontale (Fig. 1.4).
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Introduzione alla chirurgia parodontaleCAPITOLO 1
SCHEDA ANAMNESTICA
Nome……………………..…. Cognome………..........………....... Indirizzo………………………......................…..............
Tel. Casa…………...........….. Tel. Ufficio……………………......... Professione……………………....................................
Data di nascita…………...……......... Codice Fiscale…………..................… Inviato da……………..............................….
Per favore compili il questionario nel modo più completo possibile senza omettere nessun particolare; queste domande sono formulate allo scopo di conoscere il suo stato di salute generale e permettere cosi al medico di attuare al meglio ogni provvedimento terapeutico.Si rammenti che tali informazioni sono strettamente confidenziali e non possono in alcun modo essere rese di pubblico dominio.
È o è stato in cura da un medico negli ultimi 5 anni? SI NO
Se sì, per quale motivo?....................................................................................................................................................
Ha subito ricoveri o interventi chirurgici negli ultimi 5 anni? SI NO
Se si, quale è stata la causa?............................................................................................................................................
Negli ultimi 7 giorni ha assunto qualche farmaco? SI NO
Se sì, quale farmaco?........................................................................................................................................................
È o è mai stato affetto da una delle seguenti malattie? (sottolinerei le malattie di cui ha sofferto o soffre tuttora specifi-candone di seguito i particolari): ansia, angina, infarto cardiaco, aritmie cardiache, shock anafilattico, ictus, pressione alta o bassa, emofilia, anemia, emorragie, iper- o ipo-tiroidismo, ulcera, calcoli biliari o renali, febbre da fieno, enfisema, allergie, diabete, epilessia, tubercolosi, epatite A, epatite B, epatite C, tumore, cirrosi epatica, asma, HIV positivo, AIDS, malattie veneree, reumatismo articolare, altre malattie…………...............………………………………………………………..
Fuma? SI NO
Beve alcolici? SI NO
È allergico a qualche farmaco o agli anestetici? SI NO
Se si, quali?........................................................................................................................................................................
Ha mai effettuato anestesie locali? SI NO
Quali sono state le conseguenze?.....................................................................................................................................
Ha subito in precedenza altri interventi chirurgici? SI NO
Ha mai avuto reazioni allergiche con gli antibiotici o gli anti-infiammatori? SI NO
È portatore di pacemaker? SI NO
È in gravidanza? SI NO
Nel caso non volesse o non potesse rispondere in modo completo ad alcune domande del questionario, la preghiamo di rivolgersi personalmente al medico per avere ulteriori chiarimenti.
Data…………………………… Firma……………………………………..
Fig. 1.2 Scheda anamnestica.
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Introduzione alla chirurgia parodontale CAPITOLO 1
AZOTEMIA
GLICEMIA
CREATININEMIA
EMOCROMO COMPLETO CON F. LEUCOCITARIA
VES
PT, PTT
INR
GAMMA – GT
URINE STANDARDFig. 1.3 Esami preoperatori stan-
dard da prescrivere al paziente.
Fig. 1.4 Protocollo di valutazione
del paziente parodontale.
ANAMNESI PERSONALEFISIOLOGICA
ANAMNESI PATOLOGICAPROSSIMA
ANAMNESI PATOLOGICAREMOTA
RICHIESTA E ASPETTATIVEDA PARTE DEL PAZIENTE
ESAME OBIETTIVO (EO)EXTRA- E INTRAORALE
PRESENZA DI PROTESIINCONGRUE
DISORDINI TEMPORO-MANDIBOLARI E /O
PARAFUNZIONI
ELEMENTI SOTTOPOSTIA TRAUMA
DA OCCLUSIONE
ELEMENTI SOTTOPOSTIA TERAPIA
ENDODONTICA(LESIONI
ENDO-PARODONTALI)
PRESENZA DI FAMILIARITÀPER MALATTIAPARODONTALE
VISITA PARODONTALE
VALUTAZIONESISTEMICA
VALUTAZIONEODONTOIATRICAE PARODONTALE
VALUTAZIONEDEL PAZIENTE
PARODONTALE
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Introduzione alla chirurgia parodontaleCAPITOLO 1
La visita parodontale è generalmente considerata parte integrante della visita odon-
toiatrica e verrà pertanto eseguita nella stessa seduta; tuttavia, per motivi organiz-
zativi o a causa di scelte operative individuali, è anche possibile differirla in un’altra
seduta per dedicarle tutto il tempo e l’attenzione necessari.
Visita parodontale
Sondaggio parodontale
Per quanto riguarda la visita parodontale, il mezzo diagnostico più importante è senza
dubbio rappresentato dal sondaggio, effettuato mediante una sonda parodontale mil-
limetrata che consente di misurare e registrare i seguenti indici:
✓profondità di tasca (PPD);
✓ livello di attacco clinico (CAL);
✓ recessione gengivale (REC);
✓ sanguinamento al sondaggio (BOP);
✓ coinvolgimento delle forcazioni radicolari (sonda di Nabers);
✓presenza di tartaro sottogengivale;
✓ valutazione di eventuali difetti ossei;
✓ valutazione del profilo osseo (bone sounding) (Fig. 1.5).
La sonda parodontale deve essere inserita all’interno del solco gengivale con una
corretta angolazione (la parte millimetrata deve essere parallela all’asse longitudinale
del dente) con una pressione adeguata (stabilita in circa 0,25 N) e deve essere fatta
scorrere per tutta la circonferenza del dente; convenzionalmente, vengono annotati
in cartella parodontale i valori registrati su sei punti (disto-buccale, centro-buccale,
mesio-buccale, disto-orale, centro-orale, mesio-orale) per ciascun elemento dentario.
Esistono diversi tipi di cartella parodontale, generalmente basati su una rappresen-
tazione grafica piuttosto che numerica (Figg. 1.6 e 1.7).
SONDAGGIO PARODONTALE
PROFON-DITÀ
DITASCA(PPD)
LIVELLODI
ATTACCOCLINICO
(CAL)
RECESSIONE GENGIVALE
(REC)
SANGUINA-MENTO
ALSONDAGGIO
(BOP)
LESIONIDELLE
FORCAZIONI(SONDA
DINABERS)
PRESENZADI TARTAROSUBGENGI-
VALE
VALUTA-ZIONE DIFETTI
INTRAOSSEI
VALUTA-ZIONE
PROFILOOSSEO (BONE
SOUNDING)
Fig. 1.5 Obiettivi del sondaggio parodontale.
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Introduzione alla chirurgia parodontale CAPITOLO 1
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Fig. 1.6 Cartella parodontale cartacea con rappresentazione numerica.
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Fig. 1.7 Cartella parodontale cartacea con rappresentazione grafica.
La cartella parodontale riveste un’importanza cruciale poiché permetterà di stabi-
lire con certezza una baseline che servirà da riferimento per tutti i successivi punti
nodali del percorso terapeutico; la cartella potrà essere redatta e conservata in forma
cartacea oppure in forma elettronica, lasciando al clinico la facoltà di scegliere tra
l’uno o l’altro tipo (Fig. 1.8).
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Fig. 1.8 (a) Cartella parodontale in formato cartaceo. (b) Cartella parodontale in formato elettronico (per gentile concessione del dott. Christoph Ramseier).
a
b
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Introduzione alla chirurgia parodontaleCAPITOLO 1
Esistono diversi parametri (relativi all’operatore piuttosto che alle condizioni ambien-
tali) in grado di influenzare l’attendibilità del sondaggio parodontale; sarà quindi
essenziale individuarli e controllarli per non alterare irrimediabilmente un elemento
di fondamentale importanza nel processo diagnostico.
Per quanto riguarda le condizioni ambientali, vanno ricordati fattori quali profondità
della tasca, stato infiammatorio dei tessuti nonché le caratteristiche proprie della
sonda parodontale (Fig. 1.9)
A influenzare la variabilità del sondaggio concorrono inoltre differenze intra-indivi-
duali (differenti profondità di sondaggio rilevate dallo stesso operatore) e differenze
inter-individuali (sarebbe opportuno che il sondaggio venisse eseguito sempre dallo
stesso operatore) (Fig. 1.10)
INTRAINDIVIDUALE INTERINDIVIDUALE
VARIABILITÀSONDAGGIO
PRESSIONE DI SONDAGGIO
PROFONDITÀ DI SONDAGGIO
INCLINAZIONE E POSIZIONE SONDA
DIAMETRO DELLA SONDA
PRESENZA DI INFIAMMAZIONE
Fig. 1.9 Variabili ambientali che influiscono sulla profondità di sondaggio. Fig. 1.10 Variabili inter e intra-individuali che influiscono sulla profon-
dità di sondaggio.
Esami radiologici
A compendio del sondaggio parodontale possono essere eseguiti esami radiografici
con la tecnica dei raggi paralleli; l’indagine di scelta è generalmente rappresentata
dalla radiografia endorale periapicale.
In alternativa, viene utilizzata anche la radiografia endorale di tipo bite wing, con
la quale è possibile valutare lesioni ossee marginali non particolarmente profonde.
Qualsiasi sia la tecnica di scelta, si raccomanda sempre l’impiego degli appositi cen-
tratori porta-pellicola allo scopo di raccogliere immagini che siano il più possibile
standardizzate e paragonabili nel tempo (Fig. 1.11).
Fig. 1.11 (a) Centratore di Rinn per radiografie endorali periapicali. (b) Centratore di Rinn per radiografie endorali di tipo bite wing.
a b
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Introduzione alla chirurgia parodontale CAPITOLO 1
Va sottolineato che l’esame radiografico endorale è caratterizzato da un’alta specifi-
cità sulle lesioni ossee consolidate (basso numero di falsi positivi) ma presenta una
sensibilità piuttosto limitata, in ragione della sua natura bidimensionale (tendenza
a sottostimare lesioni ossee poco profonde); in ogni caso, è sempre opportuno ricor-
dare che la radiografia endorale rappresenta un esame invasivo e il suo impiego deve
essere pertanto limitato ai casi di effettiva necessità (Figg. 1.12-1.14).
Fig. 1.12 Radiografia endorale periapicale dell’ele-
mento 2.2.
Fig. 1.13 Radiografia endorale periapicale dell’elemento 3.6. Fig. 1.14 Radiografia endorale periapicale dell’elemento 1.3.
Elementi di terapia parodontale
Terapia causale e terapia meccanica non chirurgica
Al termine della visita parodontale il clinico avrà acquisito tutti gli elementi neces-
sari per poter formulare una corretta diagnosi di parodontite.
Il paziente parodontopatico sarà quindi sottoposto innanzitutto a una fase di terapia
attiva (comprendente terapia causale e terapia meccanica non chirurgica), completata
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Introduzione alla chirurgia parodontaleCAPITOLO 1
la quale dovrà essere rivalutato a distanza di tempo per verificare se siano stati rag-
giunti i risultati attesi e stabilire la necessità o meno di un’ulteriore fase chirugica.
Va infatti ricordato che non sempre la terapia chirurgica si rivela indispensabile per
arrestare il decorso della malattia parodontale: la maggior parte delle parodontiti può
infatti essere trattata con successo tramite la sola terapia non chirurgica, al termine
della quale si assisterà a una diminuzione dei segni tipici dell’infiammazione (edema e
sanguinamento) e a una riduzione della profondità delle tasche (PPD) associata a lieve
guadagno di attacco clinico (CAL) e incremento della recessione gengivale (REC).
Tuttavia, i siti che dopo la terapia non chirugica ancora esibiscono sondaggi patolo-
gici rappresentano delle nicchie ecologiche dove più facilmente si potrà riformare un
biofilm patogeno che potrà, in buona sostanza, favorire la progressione della malattia.
Terapia chirurgica
Nei casi sopra citati sarà quindi necessaria un’ulteriore fase di terapia chirurgica
mirata all’eliminazione delle tasche e dei difetti ossei a esse associati: per questo
motivo, la fase chirurgica viene spesso denominata anche con il termine di “terapia
aggiuntiva” (o additional therapy).
Le procedure di chirurgia parodontale verranno esaminate dettagliatamente nei suc-
cessivi capitoli: in questa sede ci limiteremo a ricordare che, globalmente considerate,
condividono tutte lo stesso obiettivo: correggere gli effetti della malattia parodon-
tale e ricreare le condizioni anatomiche che consentiranno al paziente un adeguato
mantenimento igienico nel lungo periodo.
Strumentario chirurgicoLo strumentario generalmente impiegato in chirurgia parodontale può essere clas-
sificato in aspecifico e specifico.
Lo strumentario specifico può essere a sua volta suddiviso, in base alla sua funzione,
in strumentario diagnostico, strumentario per la rimozione del tartaro subgengivale
e strumentario per la rimozione ossea (Fig. 1.15).
Strumentario aspecifico
Lo strumentario aspecifico è comune a tutte le branche della chirurgia orale e paro-
dontale; un kit chirurgico di base è tipicamente costituito dal tagliente (solitamente
vengono preferite lame di tipo Bard-Parker® 15C con rispettivo manico portalame,
che può essere retto o angolato: il manico angolato è da preferirsi nei settori linguali
dove l’accesso e la visibilità sono generalmente limitati (Figg. 1.16-1.18).
Qualora ci fosse la necessità di una miglior maneggevolezza e controllo del tagliente
si potrà optare, in alternativa, per una mini-lama del tipo Beaver® 6400; a differenza
delle lame di tipo tradizionale, queste vengono ritenute su un apposito manico por-
talame tramite un meccanismo a vite e sono generalmente più indicate per operare
in spazi ristretti (Figg. 1.19-1.21).
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Introduzione alla chirurgia parodontale CAPITOLO 1
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Fig. 1.15 Strumentario chirurgico.
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Introduzione alla chirurgia parodontaleCAPITOLO 1
Dopo essere stato inciso, il lembo mucoperiosteo dovrà essere separato dalla corti-
cale ossea ed elevato per mezzo di uno scollaperiostio: i modelli tipo Mead, Prichard
o Molt sono tra quelli più largamente utilizzati (Figg. 1.22-1.27).
Per mantenere il lembo in trazione, in modo da consentire al primo operatore un
accesso e una visibilità ottimali, sarà opportuno munirsi di una coppia di divaricatori:
tra i più diffusi ricordiamo i divaricatori di Langenbeck e di Farabeuf, entrambi utili
per scostare sia il lembo di accesso sia le guance del paziente (Fig. 1.28).
Fig. 1.16 Manico porta-lama di tipo Bard-Parker® retto. Fig. 1.17 Manico porta-lama di tipo Bard-Parker® angolato.
Fig. 1.18 Lama di tipo Bard-Parker® 15C. Fig. 1.19 Manico porta-lama di tipo Beaver®.
Fig. 1.20 Mini-lama di tipo Beaver® 6400. Fig. 1.21 Manico e mini-lama di tipo Beaver® assemblati: la lama è rite-
nuta mediante un sistema a vite.
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Introduzione alla chirurgia parodontale CAPITOLO 1
Fig. 1.22 Scollaperiostio di tipo Prichard: la parte attiva è affilata ma
di forma tondeggiante per evitare danni iatrogeni ai tessuti circostanti.
Fig. 1.23 Scollaperiostio di tipo Prichard: la spatola nell’estremità oppo-
sta serve da retrattore per tessuti.
Fig. 1.24 Scollaperiostio di tipo Mead: la parte attiva è tagliente per
agevolare lo scollamento tra l’incisione crestale e gli elementi dentari.
Fig. 1.25 Scollaperiostio di tipo Mead: l’estremità opposta dello stru-
mento è affilata e di forma tondeggiante.
Fig. 1.26 Scollaperiostio di tipo Molt 2-4: questo strumento può essere
utilizzato indifferentemente come scollaperiostio o come curette chirur-
gica (estremità più piccola).
Fig. 1.27 Scollaperiostio di tipo Molt 2-4: questo strumento può essere
utilizzato indifferentemente come scollaperiostio o come curette chirur-
gica (estremità più grande).
Fig. 1.28 (a) Coppia di divaricatori di Farabeuf. (b) Coppia di divaricatori di Langenbeck con manico da 21 cm.
a b
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Introduzione alla chirurgia parodontaleCAPITOLO 1
In alternativa, per tenere il lembo adeguatamente divaricato durante tutta la proce-
dura chirurgica, è anche possibile ancorarlo tramite una sutura che sarà poi rimossa
a fine intervento (Fig. 1.29).
Fig. 1.29 Il lembo palatale è man-
tenuto divaricato da una sutura
eseguita con monofilamento 3/0.
Per effettuare la sutura sarà inoltre necessario un porta-aghi: ne esistono di molti tipi
(alcuni sono più diffusi, altri lo sono di meno) che differiscono tra di loro per forma
e dimensioni in rapporto al tipo di intervento programmato.
I modelli più frequentemente impiegati sono di tipo Crile-Wood, Arruga o Mathieu;
in chirurgia parodontale, data la natura dei tessuti da trattare, gli strumenti con
branche sottili e presa delicata sono generalmente da preferirsi rispetto a profili più
massicci e ingombranti (Figg. 1.30-1.32).
Fig. 1.30 Porta-aghi di tipo Arruga. Fig. 1.31 Porta-aghi di tipo Crile-Wood.
Fig. 1.32 Porta-aghi di tipo
Mathieu.
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Introduzione alla chirurgia parodontale CAPITOLO 1
Un modello particolarmente utile in questo senso è il porta-aghi di Castroviejo poiché,
soprattutto se dotato di manico a sezione tonda, si rivela estremamente manegge-
vole anche in situazioni ove sia necessaria una particolare delicatezza o in condizioni
caratterizzate da un accesso particolarmente difficoltoso (Fig. 1.33).
Fig. 1.33 Porta-aghi di tipo
Castroviejo.
Molto importanti sono naturalmente le pinzette da dissezione anatomiche, da pre-
ferirsi a quelle chirurgiche per via della minore traumaticità su tessuti sottili.
Servono sia per trattenere e guidare l’ago sia per trazionare i tessuti in determi-
nati tempi operatori (per esempio, durante le manovre di detensione di un lembo
mucoperiosteo).
Idealmente, una pinzetta anatomica dovrebbe avere una parte attiva sottile e atrau-
matica (tipo Adson) con una zigrinatura antiscivolo sufficiente a trattenere i tessuti
ma al, contempo, non eccessivamente pronunciata da lederli (Figg. 1.34 e 1.35).
Fig. 1.34 Pinzetta da dissezione anatomica. Fig. 1.35 Pinzetta da dissezione di tipo Adson.
Sarà inoltre necessario completare il kit chirurgico di base con un paio di forbici per
suture; uno dei modelli più largamente utilizzati è il tipo Iris (Fig. 1.36).
Fig. 1.36 Forbici per suture di
tipo Iris.
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Introduzione alla chirurgia parodontaleCAPITOLO 1
Un particolare tipo di forbici è rappresentato dalle forbici da dissezione di Metzenbaum
che, utilizzate con un movimento “ad aprire”, servono a effettuare lo sbrigliamento
del piano sottomucoso e muscolare per via smussa grazie alla particolarità di avere le
punte stondate e atraumatiche in modo da evitare danni iatrogeni a strutture nobili
quali vasi o tronchi nervosi (vedi oltre nel capitolo) (Fig. 1.37).
Fig. 1.37 Forbici da dissezione di
tipo Metzenbaum.
Strumentario specifico
Lo strumentario specifico è dedicato esclusivamente alla chirurgia parodontale e
viene suddiviso in strumentario diagnostico, strumentario per la rimozione del tar-
taro subgengivale e strumentario per la rimozione ossea.
Oltre alle categorie sopra citate (che verranno ampiamente descritte poco più avanti),
esistono altri tipi di strumenti, alcuni dei quali espressamente ideati per la chirugia
parodontale, che si rivelano un valido ausilio per ottimizzare le varie fasi della pro-
cedura chirurgica.
Per esempio, uno scollatore di Buser può rivelarsi particolarmente utile per elevare
la papilla interdentale durante le procedure chirurgiche che prevedano la preserva-
zione della papilla interdentale: l’estremità acuta seve per sollevare la papilla senza
che vi sia il pericolo di lacerarla involontariamente, mentre l’estremità arrotondata
viene usata come micro-retrattore (Figg. 1.38 e 1.39).
Fig. 1.38 Scollatore per papille interdentali tipo Buser: la parte appuntita
serve a sollevare la papilla precedentemente incisa.
Fig. 1.39 Scollatore per papille interdentali tipo Buser: la parte teondeg-
giante non affilata serve come micro-retrattore.
Alcuni modelli di pinzette sono espressamente dedicati a un impiego in chirurgia
parodontale, come per esempio le pinzette di Corn (ideate per trattenere un lembo
sottile che debba essere perforato dall’ago per sutura) o un paio di pinzette da micro-
chirurgia: queste pinzette hanno la particolarità di avere branche estremamente
sottili, la cui parte interna è priva di zigrinature antiscivolo allo scopo di limitare al
massimo il traumatismo sui tessuti molli (Figg. 1.40 e 1.41).
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