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Focus su disturbi di personalità, schizofrenia, paranoia e isteria M. Cibin I. Hinnenthal F. Nava M. Ferdico centroSoranzo

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Focus su disturbi di personalità, schizofrenia, paranoia e isteria—M. Cibin I. Hinnenthal F. NavaM. Ferdico

centroSoranzo

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Laco-morbilità fra tossicodipendenza, alcolismo epatologie psichiatriche, meglio nota anche con iltermine di doppia diagnosi, è una condizione cli-nica molto frequente. Essa oltre a complicare il

quadro clinico, influenza notevolmente l’andamento el’evoluzione della dipendenza, peggiorando il funziona-mento sociale, psichico e relazionale del paziente, e favo-rendo anche in termini biologici la ricaduta.Determinare l’eziologia della comorbidità può portare

al tipico dibattito se sia nato prima l’uovo o la gallina. Lericerche esistenti sul rapporto causale tra disturbi psichia-trici e disturbi derivanti da sostanze stupefacenti non porta-no a conclusioni univoche: i sintomi dei disturbi mentali edei problemi legati alla tossicodipendenza interagisconol’uno con l’altro e si influenzano vicendevolmente. Da al-cune ricerce emerge che i disturbi psichiatrici e della per-sonalità spesso si manifestano prima dei disturbi derivantidall’uso di sostanze. D’altra parte le particolari caratteristi-che farmacodinamiche delle sostanze d’abuso le rendonopotenti manipolatori chimici dei circuiti neuronali che go-vernano l’espressione della tonalità emotiva della persona.Nella storia clinica di un tossicomane ricorre con una note-vole frequenza il dato della disregolazione affettiva, della

polarità anedonico/disforica del tono dell’umore (in questodel tutto simile ai pazienti borderline), della tendenza a re-golare i propri stati emotivi attraverso la sostanza. Sul pia-no cognitivo i pazienti tossicomani presentano una forte in-capacità di assumere decisioni appropriate sulla propriapersona, assumendo impulsivamente comportamenti a ri-schio per la salute fisica e mentale, che possono pregiudi-care la propria stabilità sociale. In tal senso si potrebbe sen-z’altro sostenere che le sostanze d’abuso hanno proprietà“patoplastiche” sui neuroni dei circuiti preposti alla regola-zione emotiva, in modo analogo alle proprietà patoplasti-che delle precoci esperienze disturbanti con il caregiver e ilgruppo familiare nella fase delicata di vulnerabilità neuro-biologica quale la prima infanzia.La prevalenza delle patologie psichiatriche di asse I fra

i consumatori di sostanze non è nota con certezza a causadella scarsità degli studi epidemiologici finora condotti, eanche della difficoltà di disegnare e portare a conclusionetali studi per le molte variabili, comprese quelle sociali egenetiche, che possono influenzare il fenomeno. Uno deipiù importanti studi epidemiologici di prevalenza sulladoppia diagnosi condotto negli Stati Uniti, l’ECA (Epide-miologic Catchment Area Study) ha provato che il 72% dei

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Focus su disturbi dipersonalità, schizofrenia,paranoia e isteriaM. CIBIN, I . H INNENTHAL, F . NAVA, M. FERDICO

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EInserire richiamo nel testo della Tabella 213-4

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soggetti che usano sostanze ha sofferto nell’arco dell’inte-ra vita (lifetime) di una o più patologie psichiatriche conco-mitanti. Fra i disturbi psichiatrici quelli particolarmente piùfrequenti risultano essere quelli dell’umore, d’ansia e psi-cotici. Un’altra questione dibattuta è il processo di valuta-zione dell’eventuale presenza di un concomitante disturbopsichiatrico nei consumatori di sostanze.L’uso di sostanze può infatti “mascherare” la presenza

di una eventuale patologia psichiatrica. La letteratura el’esperienza clinica indicano comunque che le comuni pro-cedure di assessment siano capaci di permettere di identifi-care la presenza di eventuali patologie psichiatriche anchenei consumatori di sostanze. In particolare un recente stu-dio ha dimostrato in un gruppo di 285 consumatori di so-stanze che l’utilizzo di uno strumento di valutazione stan-dardizzato come il Psychiatric Research Interview for Sub-stance and Mental Disorders per il DSM-IV sia capace diindividuare con una eccellente precisione i più comuni di-sturbi psichiatrici. Nelle fasi di assessment sarebbe oppor-tuno nel sospetto della presenza di una patologia psichiatri-ca chiedersi sempre se: 1. Possa essere stata esacerbata dacondizioni di intossicazioni e/o d’astinenza; 2. L’uso attivodi sostanze possa aver favorito la presenza della patologiapsichiatrica; 3. La malattia mentale sia indipendente dal-l’uso di sostanze.L’esperienza clinica ha ormai provato che i soggetti che

soffrono di patologie psichiatriche presentano, rispetto allapopolazione generale, un rischio notevolmente maggiore diuso di sostanze. È altresì evidente che molte situazioni psi-copatologiche latenti possono essere favorite dal consumodi alcol e droghe. In altri termini sono molti i consumatoriche utilizzano le sostanze per alleviare i propri disagi di na-tura psicologica e psichiatrica secondo una modalità di usoche oggi possiamo definire come “automedicazione”. Inquesto contesto l’uso di sostanze è in grado di aiutare ilsoggetto a “trattare” un disturbo psichiatrico primario co-me è il caso dell’uso di alcol per favorire l’addormenta-mento e combattere così l’insonnia.Alla luce di quanto det-to tre sono i possibili scenari che possono interessare i con-sumatori di sostanze con un concomitante disturbo psichia-trico di asse I:• Uso di sostanze può causare la comparsa di uno o piùsintomi di natura psichiatrica. È il caso ad esempio del-l’aumentato rischio di psicosi che si osserva nei consu-matori di cannabis;

• La malattia mentale può indurre l’uso di sostanze (lateoria dell’automedicazione). È il caso ad esempio delfumo eccessivo di tabacco, che può migliorare alcunisintomi cognitivi nei pazienti schizofrenici;

• L’uso di sostanze e la malattia psichiatrica possono coe-sistere per una sovrapposizione di fattori biologici, ge-netici e ambientali favoriti anche da situazioni di stress.Da punto di vista neurobiologico importanti evidenze

suggeriscono che nella doppia diagnosi il sistema dopami-nergico mesocorticale possa rappresentare il substrato neu-rochimico comune per l’insorgenza ed il mantenimentodella doppia diagnosi. In particolare, recenti studi attribui-

scono allo stress e quindi all’attivazione dell’asse ipotala-mo-ipofisario surrenalico (particolarmente attivato e sensi-bile nei pazienti con doppia diagnosi) un ruolo cruciale perlo sviluppo ed il mantenimento di alcuni processi neuro-biologici che sono alla base dei meccanismi che portano al-la dipendenza.In questo capitolo analizzeremo come la co-morbilità

psichiatrica interessi in modo diverso i consumatori dellesostanze più abusate (eroina, cocaina ed alcol) e ci soffer-meremo su alcune condizioni di co-morbilità come i distur-bi di personalità borderline ed antisociale, la schizofrenia,la psicosi e l’isteria.

Doppia diagnosi: una rassegna della letteraturadei più importanti studi

La doppia diagnosi nei consumatori di eroina

Lo studio della doppia diagnosi nei consumatori di eroinacomincia negli anni ’80. In uno dei primi studi condotti,Rounsaville et al. hanno trovato che l’86% di 533 eroino-mani in trattamento presentava un disturbo psichiatrico efra questi il 23,8% soffriva di depressione. Successivamen-te Khantzian e Teece hanno confermato questo dato dimo-strando che in un campione di 133 eroinomani i disturbimaggiormente prevalenti erano rappresentati da quelli del-l’umore (il 60%). Successivamente Calsyn et al. hanno ri-levato in un campione di 196 eroinomani in trattamentocon metadone di sesso maschile e 113 di sesso femminileche ben il 32% ed il 17% erano affetti rispettivamente da undisturbo dell’umore e psicotico. Nel campione in esame ledonne erano risultate più suscettibili a sviluppare una co-morbilità psichiatrica rispetto ai maschi. In un altro studio,Mason et al. hanno dimostrato che nei soggetti in tratta-mento con metadone i più frequenti disturbi psichiatricierano quelli dell’umore, fobici, antisociali e d’ansia gene-ralizzata. Una eguale tendenza di associazione fra consumodi eroina e disturbi dell’umore è stata dimostrata anche dastudi italiani. In particolare, Pozzi et al. hanno riportato inun campione di 390 consumatori di oppiacei un’alta per-centuale di co-morbilità soprattutto nell’area depressiva epsicotica. In particolare, lo studio ha rilevato che il 30% deisoggetti studiati era affetto da un disturbo dell’asse I e nel-lo specifico l’8,7% da distimia, il 5,6% da ansia, il 4,6% daaltri disturbi dell’umore, il 3,3% da psicosi ed il 6,9% da unaltro non specificato disturbo mentale. Un altro studio ita-liano condotto da Clerici ha dimostrato che su 275 eroino-mani circa il 90% era stato affetto almeno una volta nellavita da un disturbo psichiatrico ed in particolare di tipo de-pressivo e psicotico. Lo steso studio ha dimostrato che il30% era stato affetto lifetime da un disturbo di asse I(l’8,7% da un disturbo psicotico, il 7,3% da un disturbodell’umore, l’0,3% da un disturbo d’ansia, ed il 14,9% daun altro non specificato disturbo). Un più recente studioitaliano ha dimostrato che negli eroinomani in trattamentocon buprenorfina la co-morbilità era del 50% e che i distur-

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maggiore ed il 6% sia delle donne che degli uomini quellidel disturbo maniacale.La letteratura mette in evidenza anche uno stretto lega-

me fra consumo di alcol e disturbi d’ansia. A questo propo-sito lo studio ECA ha dimostrato che i soggetti che presen-tano un problema correlato all’abuso di alcol hanno un in-cremento del 50% nella possibilità di avere lifetime un di-sturbo d’ansia. Per quanto riguarda il tipo di disturbo d’an-sia, il più frequente è quello di panico seguito da quello os-sessivo compulsivo. Allo stesso modo lo studio NCS ha di-mostrato che il rischio di sviluppo di alcolismo è più eleva-to nelle donne con disturbo di panico e in coloro (indipen-dentemente dal sesso) che presentano un disturbo d’ansiageneralizzata. Frequente nei consumatori di alcol è anchela co-morbilità con i disturbi psicotici. Gli studi epidemio-logici suggeriscono che i pazienti schizofrenici hanno circatre volte maggiore la probabilità di sviluppare un disturbocorrelato all’uso di alcol rispetto alla popolazione generale.Le evidenze fin qui condotte dimostrano pertanto che fra iconsumatori di alcol la co-morbilità maggiormente fre-quente è quella dei disturbi dell’umore, d’ansia e psicotici.

Principi di trattamento dei soggetticon doppia diagnosi

Recentemente vari modelli d’intervento sono stati propostiper il trattamento dei pazienti con doppia diagnosi. Fra que-sti i più noti sono quelli sequenziali, paralleli ed integrati.Nel modello cosiddetto sequenziale, l’idea è che il tratta-mento di una condizione possa ripercuotersi necessaria-mente e positivamente anche sull’altra. In questo caso, unadelle maggiori questioni cliniche da risolvere è quella dicapire quale condizione deve essere trattata per prima. Nelmodello cosiddetto parallelo, entrambe le situazioni clini-che sono trattate simultaneamente ma da differenti équipe ein diversi setting. Il maggior limite di questo tipo di model-lo è la che i due gruppi terapeutici sono separati. Nel mo-dello integrato infine entrambe le condizioni cliniche sonotrattate simultaneamente con équipe integrate in modo chei programmi non siano né frammentati né inadeguati.Il trattamento dei pazienti con doppia diagnosi deve es-

sere personalizzato e flessibile, deve poter utilizzare, quan-do necessario, l’intervento sia farmacologico che compor-tamentale. In tutti i casi il progetto di cura deve essere mo-dulare e ripetibile (in quanto la condizione patologica è dinatura cronica). Come già accennato tutti i progetti di curadevono essere integrati e prevedere l’utilizzo del farmacoinsieme ad un intervento di tipo comportamentale. Fra que-sti ultimi, i più efficaci sono quelli motivazionali, di moni-toraggio tossicologico urinario, di contingency managmente di training di acquisizione di abilità (skill training).Quando l’uso dei farmaci è necessario questi devono esse-re scelti secondo dei principi che possono essere così rias-sunti: non devono indurre euforia; non devono causare di-pendenza; devono essere efficaci e sicuri anche nei sogget-ti che continuano ad usare droghe e/o alcol.

bi più frequenti erano quelli dell’umore, di personalità delcluster B, d’ansia e psicotici. Da quanto premesso è quindievidente come vi sia un’alta frequenza di co-morbilità deidisturbi psicotici, d’ansia e soprattutto dell’umore nei con-sumatori di eroina.

La doppia diagnosi nei consumatori di cocaina

È noto che il consumo di cocaina, soprattutto se cronico, siain grado di indurre quadri clinici psicotici prevalentementedi tipo paronoideo e delle profonde alterazioni del tono del-l’umore (prevalentemente disturbi depressivi) con spiccataanedonia. Gli studi epidemiologici suggeriscono come il33% dei consumatori di cocaina sia affetto da depressione(il 13% da depressione maggiore ed il 20% da distimia) edil 17% da un disturbo di tipo bipolare. Weiss et al. hannomesso in evidenza come il 53% dei cocainomani ospedaliz-zati sia affetto da un disturbo dell’umore (il 20% da depres-sione maggiore, il 17% da ciclotimia, il 7% da disturbo bi-polare, ed il 10% da un altro disturbo dell’umore). In unostudio successivo, gli stessi autori hanno trovato nella me-desima tipologia di consumatori una più bassa percentualedi pazienti affetti da disturbi dell’umore (il 21% invece del53%). In uno studio che ha coinvolto 207 pazienti ambula-toriali consumatori di cocaina è stato dimostrato che il 17%era affetto da disturbi dell’umore ed il 30% da un disturbod’ansia. In particolare, i disturbi più frequentemente presen-ti erano stati nell’ordine: fobici (il 27%), post traumatici dastress (il 18%) e dell’umore (il 16%). Newton et al. hannoinoltre notato come nei consumatori di cocaina sia l’entitàdel grado di irritabilità che della depressione possa esseredirettamente correlabile al consumo della droga.Alla luce dei dati presenti in letteratura e dall’evidenza

clinica è dunque chiaro come nei consumatori di cocaina ipiù frequenti disturbi psichiatrici di asse I siano quelli del-l’umore (in particolare la depressione ed i disturbi bipolari)e psicotici (in particolare stati paronoidei).

La doppia diagnosi nei consumatori di alcol

Oggi la letteratura mette in evidenza una stretta correlazio-ne fra disturbi dell’umore e consumo di alcol. Più difficileè invece spiegare, così come accade per l’uso di sostanze,la natura della correlazione fra il consumo di alcol e la pre-senza dei concomitanti disturbi dell’umore. Circa l’80%degli alcolisti accusa sintomi depressivi nel corso della vi-ta e circa il 30% presenta un periodo di intensa depressioneche può durare anche per molte settimane. Oltre al già cita-to studio ECA che correla una alta prevalenza del consumodi alcol fra chi soffre di un disturbo dell’umore, un altro im-portante studio epidemiologico, il National ComorbiditySurvey (NCS) indica che fra i soggetti alcolisti (il 58% del-le donne ed il 28% degli uomini) presenta i criteri di un di-sturbo dell’umore. In particolare, il 48% delle donne ed il28% degli uomini presentano i criteri della depressione

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Disturbi di Personalità

Per disturbo di personalità si intende un modello abituale diesperienza interiore e di comportamento che devia marca-tamente rispetto alle aspettative della cultura dell’individuoe del contesto in cui vive e che si manifesta nelle aree co-gnitiva, affettiva, relazionale e nel controllo della impulsi-vità. Tale modello deve essere pervasivo nelle varie situa-zioni della vita, determinare un disagio clinicamente signi-ficativo e compromissione del funzionamento in aree vitaliimportanti; si manifesta nell’adolescenza o nella prima etàadulta ed è stabile e di lunga durata; non deve essere giusti-ficato da un altro disturbo mentale, dall’uso di una droga ofarmaco, o da una condizione medica generale.I disturbi di personalità attualmente riconosciuti sono

10; essi vengono raggruppati in tre “clusters” (Tab. 213-1).La frequente comorbidità tra disturbi di personalità, in par-ticolare del “Cluster B” (antisociale, borderliane, istrioni-co, narcisistico) e dei disturbi da uso di sostanze ha fattospesso pensare che ci siano delle dimensioni psicopatologi-che e cliniche in comune tra i due tipi di disturbi. In questoparagrafo parleremo in particolare del disturbo borderline edel disturbo antisociale, in quanto entità più chiaramentedelineabili e reperibili nella realtà clinica, e su cui si è cen-trata maggiormente l’attenzione di clinici e ricercatori,mentre i disturbi paranoide e istrionico vengono inclusi neiparagrafi “Paranoia” ed “Isteria”.

Disturbo borderline di personalità

Il disturbo borderline è descritto dai principali sistemi no-sografici delle malattie mentali (come il DSM o l’ICD) sul-la base di criteri che si possono facilmente riscontrare in unsoggetto che presenta una dipendenza da sostanze. La forteimpulsività, le frequenti fluttuazioni del tono dell’umore, lesensazioni di vuoto e di svilimento esistenziale, l’immagi-

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ne distorta e fallimentare di sé, la difficoltà di comprendereil senso delle proprie azioni e delle proprie relazioni inter-personali rappresentano un territorio psicopatologico co-mune ai due tipi di disturbi.Esiste un’ampia quantità di dati epidemiologici e clini-

ci che suggeriscono una forte correlazione tra il disturboborderline di personalità e i disturbi da uso di sostanze.L’analisi epidemiologica condotta con studi sistemici sullapopolazione generale attesta che la prevalenza del disturboborderline nella popolazione generale è del 2-5%, mentretra i soggetti che fanno uso di sostanze aumenta considere-volmente, dal 46%. Si tratta di una correlazione di impor-tanza non indifferente giacché l’esito dei trattamenti effet-tuati per pazienti che presentano un disturbo di personalitàBorderline associato all’uso di sostanze è spesso valutato intermini pessimistici. Un recente follow-up a 12 mesi di pa-zienti che all’inizio del trattamento per la propria dipen-denza presentavano un disturbo Borderline di personalitàregistrava una instabilità nella permanenza in trattamento,con frequenti uscite ed entrate (sebbene non diminuissero igiorni cumulativi di terapia rispetto ad altri pazienti) eun’alta incidenza di rischio di suicidio, di malattie infettivecorrelate allo scambio di siringhe e di attività illegali. A 36mesi gli esiti del trattamento restavano pressoché invariati,con una forte riduzione del consumo di eroina e una mag-giore stabilizzazione clinica ma, di contro, un’alta inciden-za di attività criminali, di episodi di depressione maggiore,di overdose, di problemi legati allo scambio di siringhe e dimalessere psicologico generale.La concorrenza di un disturbo borderline associato alla

dipendenza da sostanze rappresenta quindi un serio proble-ma clinico e fare diagnosi di entrambi i disturbi diventa im-portante in termini di gestione clinica e di valutazione pro-gnostica. Va comunque fatto notare che se può apparire re-lativamente agevole porre una diagnosi di dipendenza dasostanze, risulta alquanto complessa l’indagine clinica cheporta ad una diagnosi del disturbo borderline di personali-tà. Come è stato giustamente prospettato da certi autori, ladiagnosi del disturbo borderline è essenzialmente basatasulla conoscenza delle caratteristiche della personalità delpaziente, quindi su un modello di comprensione psicodina-mico, e non può essere desunta dalla semplice osservazio-ne dei comportamenti evidenti del paziente o dall’esecu-zione di scale di screening sintomatologiche. Altresì, l’out-come del trattamento non può essere desunto dalla regres-sione dei sintomi osservati nei pazienti borderline all’iniziodel trattamento. È necessario quindi, vista l’alta incidenzadella correlazione tra i due disturbi, stimolare una buonaconoscenza del disturbo borderline per porre un’esatta dia-gnosi e, visti i dati di outcome e di prognosi, una valutazio-ne delle possibile relazioni che esistono tra i due disturbi.Nella Tabella 213-2 appaiono parole come: instabilità

affettiva, impulsività dannosa, “sforzi disperati”, “senti-menti di vuoto”, “stress”... che lasciano intuire che si trattadi persone con un’alta sensibilità, che reagiscono eccessi-vamente agli stimoli ambientali. È come se la soglia di ri-sposta emozionale fosse ridotta e la risposta emotiva trop-

Tab. 213-1. Disturbi di personalità

Cluster ADisturbo Paranoide di P.: sfiducia e sospettosità Disturbo Schi-zoide di P.: distacco relazioni sociali, ristretta emotività Distur-bo Schizotipico di P.: disagio relazionale, eccentricità, distorsio-ni cognitive e percettive.

Cluster BDisturbo Antisociale di P.: vedi testo. Disturbo Borderline di P.:vedi testo Disturbo Istrionico di P.: emotività eccessiva, ricercadi attenzione Disturbo Narcisistico di P.: grandiosità, mancanzadi empatia.

Cluster CDisturbo Evitante di P.: inibizione, inadeguatezza , ipersensibili-tà Disturbo Dipendente di P.: sottomissione, bisogno di essereaccuditi Disturbo Ossessivo-compulsivo di P.: perfezionismo,controllo.

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po intensa; l’emotività eccessiva porta a reazioni compor-tamentali estreme, mentre l’attenzione e l’elaborazione ap-paiono ristrette. Pazienti borderline facilmente non pro-grammano e non focalizzano le possibili conseguenze del-le proprie azioni nell’attimo della reazione impulsiva. Inquesti momenti appaiono come animali feriti, che lottanocome se da questo dipendesse la loro vita verso presunti pe-ricoli, anche verso i potenziali salvatori. Vivono come inuno stato duraturo di allerta e di minaccia. Dopo un eventoemotivo fanno fatica a tranquillizzarsi e a tornare a un li-vello emotivo accettabile. Anche dopo il ristabilimento diuna calma apparente permane la stessa alta sensibilità persuccessivi stimoli emozionali. Vi è una paura patologica diessere abbandonato e un desiderio di essere curato. Questodovrebbe essere assicurato da una specifica persona, unsalvatore che è affettuoso e protettivo.La posizione di base è quella di porsi in una dipendenza

“affettuosa” da questo salvatore, salvo trasformare rapida-mente il salvatore in un nemico quando non è immediata-mente raggiungibile (è non èmai abbastanza raggiungibile!).Marsha M. Linehan descrive questa apparente contrad-

dittorietà dei pazienti come:• Passività attiva: affrontare problemi in modo passivo,chiedendo attivamente aiuto alle persone di riferimento.

• Finta competenza: i pazienti sembrano a colpo d’occhio“competenti”. Questo inganna facilmente nella valuta-zione della reale competenza a risolvere un problema.

• Crisi permanente: dopo una situazione di crisi i pazien-ti sono incapaci di tornare sul livello emotivo di “nor-male” funzionamento.

• Lutto inibito: situazione di continua esagerata richiestaemotiva dovuta a lutti inibiti/ non permessi.

SI NASCE BORDERLINE?

Kernberg sostiene che il disturbo borderline è frutto diesperienze interpersonali precoci. M. Linehan sostiene chela genesi del borderline si colloca nel modello della “vul-nerabilità verso stress” come era già stato introdotto daNuechterlein per la schizofrenia. Anche Mauchnik,Schmahl e Bohus descrivono questo forte intreccio tra fat-tori genetici, fattori ambientali ed eventi stressanti che pos-sono portare alla espressione clinica della sindrome. Lasintomatologia dell’affettività sregolata, la forte impulsivi-tà e il quadro comportamentale dissociativo con comporta-mento automutilanti è correlata a tracce organiche che sonovisibili sia nelle metodiche del neuroimaging (atrofia del-l’amigdala e dell’ippocampo) sia con l’EEG (rallentamen-to e aumento delle fase REM nelle polisonnografie), i po-tenziali evocati (aumento delle risposte di trasalimento aglistimoli acustici) e l’elettromiogramma che dimostra unaprolungata fase dell’attivazione negli amigdala. Come cor-relati bio-organici si osserva una ridotta trasmissione sero-toninergica associata alla impulsività aggressiva e una di-sfunzione prefrontale e limbica nella genesi dei sintomidissociativi. Se un bambino che nasce con questa vulnera-bilità emotiva genetica/organica incontra, dopo la sua na-scita, la madre o in generale la prima persona di riferimen-to, serena e solare, con “una luce negli occhi”, per usareun’immagine di Winnicott, si può considerare fortunato:questa madre sopporterà e tollererà la sua irritabilità gene-rale, gli attacchi di rabbia esagerata e i pianti nella notte.Questa madre crea per questo bambino un contenitore af-fettivo in cui può maturare e imparare a decifrare e conte-nere questa sua emotività feribile. Può magari evitare que-sto circuito pericoloso tra stress, trauma, ulteriore stress,ulteriore trauma come invece succede nel caso in cui ilbambino feribile nasce in una famiglia già stressata, maga-ri proprio per l’evento che ha già danneggiato anche ilbambino (come nel caso di un parto difficile, di una de-pressione post partum della madre o di un abbandono delnucleo familiare da parte del padre, etc.). Nell’interazionetra il bambino che rappresenta una sfida educativa maggio-re rispetto ad altri e l’ambiente familiare “invalidante”, co-me lo descrive la Linehan, è messo in crisi il corretto con-tatto con la propria emotività. Si comincia presto nella ri-cerca di stimoli che sono in grado di controllare la parte af-fettiva insopportabile. Qui facilmente colludono le figuregenitoriali e il bambino peggiorando involontariamente ilfenomeno: troppa TV, troppi giochi elettronici, poco sporto attività in cui si deve essere in diretto contatto con altribambini (e così manca ulteriormente la potenziale espe-rienza correttiva nella convivenza con altri), troppi cibi abase di zuccheri. Quest’ultimo fattore è ulteriormente ne-gativo a livello metabolico: l’asse dello stress già per contosuo interferisce con lo smaltimento del glucosio. Aumen-tando invece i livelli plasmatici di insulina, del cortisolo edi altre molecole dell’asse dello stress, si registra un’ecces-siva disponibilità di zuccheri al livello dei recettori dell’in-sulina. Questo meccanismo induce come feedback una sen-

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Tab. 213-2. Criteri diagnostici del disturbo borderlinedi personalità

Una modalità pervasiva di instabilità delle relazioni interperso-nali, dell’immagine di sé e dell’umore una marcata impulsività,comparse nella prima età adulta e presente in vari contesti, comeindicato da cinque o più dei seguenti criteri:• Sforzi disperati di evitare un reale o immaginato abbandono.• Un quadro di relazioni interpersonali instabili e intense, ca-ratterizzate dall’alternanza tra gli estremi di iperidealizza-zione e svalutazione

• Alterazione dell’identità: immagine di sé e percezione di sémarcatamente e persistentemente instabili.

• Impulsività in almeno due aree che sono potenzialmentedannose per il soggetto, quali spendere, abuso di sostanze,guida spericolata, abbuffate.

• Ricorrenti minacce, gesti, comportamenti suicidari, o com-portamenti automutilante.

• Instabilità affettiva dovuta a una marcata reattività del-l’umore.

• Sentimenti cronici di vuoto.• Rabbia immotivata• Ideazione paranoie, o gravi sintomi dissociativi transitori,legati allo stress.

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sazione di fame e ad uno smaltimento alternativo degli zuc-cheri verso grassi intracellulari, con un conseguente stressossidativo che disturba i processi intracellulari, anche a li-vello della traduzione molecolare delle informazioni gene-tiche. Di conseguenza si crea facilmente un notevole au-mento di peso ed un aumento del rischio di malattie dege-nerative.A volte l’occhio clinico riconosce persone, in particolare

donne, con problemi di disregolazione emotiva, già dallaobesità e dalle sue caratteristiche. Si trasmette così, anche al-l’occhio non clinico del semplice osservatore, un senso di di-stacco della persona e del suo corpo verso il mondo. Come sequeste donne volessero “sparire”, smarrire nel proprio corpo.Questo fatto porta facilmente a un’ulteriore auto-svalutazio-ne, a una riduzione del movimento, aumentando però così dinuovo la sensazione di essere esclusi dal gruppo, dalla felici-tà e dalla vita normale degli “altri”. Si crea presto una speciedi confusione tra desiderio, bisogno di affetto, di “cure e coc-cole” (maternal care), fame, desiderio sessuale e appare in-vece una sensazione inspiegabile e poco tollerabile di “vuo-to” e “ghiaccio” che si alterna con stati emotivi di “troppo” e“insopportabilmente forte”. L’emozione della vergogna edella feribilità generale rimane un tratto di base del carattere,e la fiducia nelle relazioni è fragile, oscillante tra la troppa ela troppo poca fiducia. Sembra che manchino le antenne diallarme per la vita. Il sistema emotivo non decifra bene i sta-ti emotivi degli altri visto che è già in difficoltà con i proprisentimenti. Potenziali partner vengono sottoposti a test cro-nici e quasi insuperabili.

DIPENDENZA, PERSONALITÀ E NEUROBIOLOGIA

Per quanto il quadro concettuale del disturbo borderline dipersonalità resti a tutt’oggi centrato su modelli psicodina-mici, alcune linee di ricerca sperimentali e cliniche si sonoorientate nell’esplorazione di come alcune condizioni distress infantile, provocate dalle relazioni precoci di attacca-mento con la madre (caregiver), possano essere in grado diinfluenzare le proprietà fisiologiche del tono, dell’intensitàe della frequenza di scarica di quei circuiti neuronali, di ori-gine sotto-corticale (la cosiddetta area limbica, sede anchedella memoria breve), che regolano l’emotività adulta. Perdirla con Jaak Panksepp “tutte le patologie mentali condi-vidono delle disregolazioni delle attività fisiologiche deineuroni catecolaminergici e oppioidi che costituiscono icircuiti di base dell’emotività”; pertanto non sorprende cheparticolari esperienze disturbanti che possono verificarsinella prima infanzia, intesa dal punto di vista neurobiologi-co come una particolare fase di vulnerabilità in cui i circui-ti neuronali che regolano l’emotività, possono essere pro-fondamente modificati dalle prime esperienze relazionalinella “taratura” dei propri parametri fisiologici. Le disrego-lazioni emotive della prima infanzia si mantengono stabilinel tempo e rappresentano una base neurobiologica utileper comprendere l’organizzazione psicopatologica del pa-ziente Borderline. Inoltre, tenendo conto dell’attuale visio-

ne di una forte embricatura dei processi affettivi con quellirazionali, si assume attualmente che le disregolazioni emo-tive della prima infanzia determinino un difetto nella fun-zione di “mentalizzazione”, intesa come la capacità di dareun senso alle proprie azioni e a quelle degli altri attraversola comprensione degli stati mentali (emozioni, credenze,desideri, idee) di Sè e degli altri , ed aumentino il rischio diepisodi psicotici, in situazioni di forte pressione emotiva.Il comportamento umano è sempre più interpretato co-

me l’espressione di una “dual mind”, di due processi ope-rativi che permettono una rappresentazione della realtà (in-terna e ambientale) a due velocità. Il primo processo opera-tivo, di natura affettiva, è rapido, non necessita di partico-lari sforzi elaborativi ed è quindi rappresentabile in modoautomatico e senza spreco di energia; è un processo in lar-ga parte inconscio, inflessibile e altamente dipendente dalcontesto in cui è stato costruito. Il secondo processo opera-tivo, razionale, è lento e dispendioso in termini di energia,controllabile, flessibile e meno dipendente dal contesto. Èun processo che necessita di una memoria di lavoro (wor-king memory) come requisito di base; pertanto è un pro-cesso cosciente ed esplicito. L’aspetto rivoluzionario delmodello “dual mind” è che i due processi non sono stretta-mente correlati in modo gerarchico, ma sono in larga parteinter-dipendenti, nel senso che, per usare le parole di Evanse Frankish, “... si combinano e competono nel determinareun unico comportamento”. In tal senso, la separazione net-ta di processi emotivi e razionali assume sempre minor sen-so. In ogni caso il paziente Borderline a livello della me-moria è come un’orchestra senza dirigente: le memorie(quella più emotiva, dove è anche la principale sede dei ri-cordi postraumatici e quella più razionale, dove vengonoprogrammati le azioni e le valutazioni) non suonano “lastessa musica”, come se il mondo fosse scisso o la personastessa si vivesse in più mondi. Il “sentire” e il seguente “fa-re” vengono così facilmente scollegati tra di loro. Il pa-ziente viene percepito dagli altri come “pazzo” o “esagera-to”. E lui o lei stessa non capisce a distanza di poche ore,pochi giorni le proprie reazioni comportamentali.

LE EMOZIONI E LE LORO DISREGOLAZIONI

Nei suoi studi sulla neurobiologia dell’affettività Pankseppdistingue 8 emozioni di base associate ai compiti primaridella sopravvivenza e dell’intelligenza sociale, il cui com-pito è quello di modulare in modo flessibile il repertorio deicomportamenti di un individuo alle esigenze ambientali.Sul piano biologico le emozioni di base corrispondono aspecifici circuiti neuronali, che si integrano e si assembla-no grazie all’incessante lavoro di specifici neurotrasmetti-tori e di neuromodulatori, in grado di mantenere e/o modi-ficare i ritmi di attività biologica dei circuiti emotivi. Leemozioni di base sono: la motivazione generale positiva, lacuriosità, la rabbia, l’ansia, la sessualità, la cura maternaassociata alla nutrizione, il panico collegato alla separazio-ne, e il gioco.

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pre pronto ad attivare i circuiti emotivi del panico da sepa-razione, e una polarità “on”, ad alto tono oppioidergico, inquei casi di esperienze fortemente gratificanti e stimolanti onel caso di un’assunzione tossicomanica di oppiacei. È soloin questi casi che i soggetti con un sistema oppioidergico“bifasico” sono in grado di provare una profonda gratifica-zione dalle relazioni con gli altri e con l’ambiente. Anche iltono dopaminergico, che sostiene gli apprendimenti motiva-ti, tende a seguire lo stesso orientamento.Il materiale genetico però non è “rotto”, è solo inespres-

so o espresso male. Questo a livello terapeutico fa pensareche per fattori di plasticità in momenti più fortunati e favo-revoli della vita di un paziente Borderline questi sistemifragili possono anche migliorare e parzialmente corregger-si. In effetti persone diagnosticate come franchi pazientiBorderline, in altri momenti della loro vita possono appari-re quasi normali.

TERAPIA PSICOFARMACOLOGICA

Il medico è spesso messo davanti alla richiesta di psicofar-maci da parte dei pazienti Borderline nel tentativo di mo-dulare in modo legale le proprie emozioni. Senza volerlo ilmedico viene perciò in fretta facilitatore nelle più svariatedipendenze, in particolare delle benzodiazepine. Usandospesso anche l’alcol come altra sostanza psicoattiva e met-tendo in atto comportamenti pericolosi come la guida spe-ricolata o tentativi di suicidio il medico, dopo poco tempo,si comincia a sentire a disagio e tende a dare sempre menoretta al paziente che, a sua volta, si sente rifiutato e non ca-pito. Così si finisce a litigare o a prescrivere farmaci di tut-ti i tipi, nonostante il disagio, per fare uscire al più presto ilpaziente dal proprio ambulatorio. Purtroppo non esistonospesso servizi facilmente raggiungibili per questi pazienti,perché non si considerano “tossici” e dunque non usufrui-scono delle offerte dei dipartimenti delle dipendenze o deiSerT, ma non vengono neanche così volentieri accolti daiservizi della Salute Mentale che si considerano spesso ser-vizi solo per disturbi dell’asse I del DSM IV (la schizofre-nia, i disturbi d’ansia o dell’umore, etc.). Così il medico ri-mane facilmente da solo con questo tipo di patologia senzastrumenti terapeutici ma con il chiaro vissuto di allarme.Clinicamente è però giusto concedere una terapia psico-

farmacologica (meglio con l’aiuto di uno specialista) sce-gliendo:• Benzodiazepine con un’emivita breve;• Antidepressivi solo dell’ultima generazione (per il peri-colo del suicidio), meglio solo con la componente delSSRI;

• Stabilizzatori d’umore (p.e antiepilettici dell’ultima ge-nerazione);

• Neurolettici: meno possibile e solo dell’ultima genera-zione.Anche alcuni farmaci sostitutivi, usati specificamente

per i trattamento delle dipendenze, quali metadone e bupre-norfina hanno un importante azione di stabilizzazione emo-

C A P I T O L O 2 1 3 - FOCUS SU DISTURBI DI PERSONALITÀ, SCHIZOFRENIA, PARANOIA E ISTERIA 7

Il sistema oppioide è ampiamente rappresentato nellamodulazione di tutte le tonalità positive delle emozioni dibase. E gli oppioidi hanno un ruolo rilevante nella modula-zione delle emozioni di base che sono coinvolte nella sin-drome Borderline: la gioia del gioco (+/-), il panico dellaseparazione (-), la cura materna (+/-), la curiosità (+). Sitratta di emozioni maturate presto nella vita. Il panico daseparazione, che è considerato come una dimensione emo-tiva fondamentale della sindrome Borderline, è un‘emozio-ne fortemente modulata dagli oppioidi e viene attivataenergicamente nel caso della loro mancanza. Panksepp(2003), a tal proposito, riporta delle interessanti analogietra la sintomatologia del panico come emozione attivatadalla carenza di oppioidi e la crisi di astinenza da oppioidinei soggetti dipendenti dall’eroina. Negli schemi delleemozioni di base, la dopamina, il neurotrasmettitore chiavedell’apprendimento e del mantenimento di comportamentimotivati invece è coinvolta nella modulazione della curamaterna. Nel loro complesso la dopamina e gli oppioidisembrano i due sistemi di neurotrasmissione che mostranoun ruolo di fondamentale importanza nello sviluppo del-l’attaccamento. Bisogna immaginarsi che non esiste unasemplice correlazione tra i fattori genetici e la loro espres-sione fenomenologica emotiva. Tuttavia, è verosimileaspettarsi da un attaccamento fiducioso e sicuro alla madreuna migliore espressione fenotipica di questi circuiti neuro-nali, che li rende capaci di fornire, nel loro complesso, unamodulazione più fine dei toni affettivi in risposta agli sti-moli ambientali e di offrire una particolare resistenza adeventi disturbanti e traumatizzanti. Nei modelli biologicidell’ansia su modelli animali, si è osservato come una buo-na “maturazione” dei sistemi di neurotrasmissione del pa-nico, attraverso i buoni legami di attaccamento, sia in gra-do di compensare la “lettura genetica”, cioè i fattori di ri-schio genetico per i disturbi d’ansia.Emerge così, dalle neuroscienze dell’affettività, il fatto

che la fisiopatologia dei sistemi di neurotrasmissione possaessere intesa come un insieme di piccole proprietà capaci,nel loro insieme, di modulare “toni” (attività di scarica difondo) e “fasi” (attività veloci, rapide, che permettono dimodificare radicalmente gli stati mentali). Sono queste ca-ratteristiche quelle che determinano le soglie della reattivi-tà emotiva degli individui in un’ottica di contesto in cui vasempre bilanciata, per le proprie valutazioni e decisioni, lanecessità di assolvere i propri mandati biologici, ancestrali,con le opportunità offerte dall’ambiente.Al contrario, le esperienze di privazione sociale, di rifiu-

to e di separazione dal caregiver sembrano provocareun’imperfetta maturazione del sistema oppioidergico, cherisulta così insufficiente a garantire quel tono di necessarioper la costruzione di una competenza sociale soddisfacentee adeguata. Nel caso in cui si verifichino esperienze trauma-tiche e stressanti, il sistema oppioidergico sembra svilup-parsi in modo bifasico, privo di una qualsiasi regolazione fi-ne (di un “fine tuning”) a sostegno di qualsiasi esperienza.Si osserverà così una polarità “off”, a basso tono oppioider-gico, che corrisponde al tono emotivo di base, e quindi sem-

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tiva, che risulta spesso utile nel trattamento della comorbi-dità dipendenza/ disturbo di personalità. Sembra che più ègrave il disturbo emotivo di stile “on-off”, più diventa utilel’utilizzo del metadone come agonista semplice; se il pa-ziente invece ha ancora un “finetuning” emotivo funzio-nante vive il metadone facilmente come emotivamentetroppo anestetizzante e si sente meno “legato” con l’usodell’antagonista parziale buprenorfina.

LA PSICOTERAPIA DEL DISTURBO BORDERLINE

Fino a pochi anni fa la sindrome Borderline veniva conside-rata pressoché incurabile: questi pazienti venivano ritenutipiuttosto manipolatori che veri pazienti sofferenti. Solo do-po i primi lavori di Kernberg e Kohut, e più tardi della Li-nehan, abbiamo avuto una nuova visione clinica. I pazientinon possono cambiare il loro modo di “sentire” emozioni,ma non sono per questo condannati a fare “danni” col lorocomportamento. Possono imparare ad accettarsi come sonoe a diventare il proprio migliore psicoterapeuta con l’aiutodi un sistema di terapia che non cerca di “cambiarli”, ma direnderli più consapevoli. Devono imparare a convivere conil loro modo di essere disfunzionale al mondo, devono im-parare di evitare certi contesti potenzialmente stressanti.Devono tornare a controllare con precise tecniche i lorocomportamenti e cercare attivamente contesti che induconoconsapevolezza e rilassamento. I pazienti borderline devonotornare a valorizzare anche il lato razionale di se e usarlo perlimitare i danni indotti dalla emotività sregolata.Secondo Kernberg, il terapeuta deve avere una relazio-

ne con il paziente che funziona da protesi dell’ ”Io” debole:stare vicino al paziente con pazienza infinita, senza farsiagitare o includere nelle dinamiche patologiche, consigliar-lo anche nelle piccole faccende di vita come se fosse un na-vigatore di macchina o un eterno genitore. Più che quelloche dice conta come lo dice e quanto riesce a non farsi “di-struggere”, ma non farsi neanche mai assegnare questo ruo-lo dell’unico salvatore possibile. Una terapia troppa breveo troppo emotiva può facilmente creare più danni che po-tenziali benefit. Una terapia troppo lunga e razionale puòessere altrettanto inutile. Spesso anche il medico internistadiviene, volente o nolente, parte di questa protesi dell’Ioperché ha sempre qualche tratto da figura riconosciuta co-me autorità genitoriale (inutile sottolineare che pazientiborderline sono esperti in “doctorshopping”).Marsha Linehan ha messo a punto un modello di psico-

terapia per pazienti borderline da lei stessa definita “dialet-tico-comportamentale”; questo approccio è stato validicatosia su borderline “puri” che su soggetti con associati distur-bi da uso di sostanze.La Linehan definisce come obiettivi principali di tera-

pia da lei sviluppata:• Inibire comportamenti disadattati come conseguenza diintese emozioni negative o positive.

• Imparare a diminuire l’eccitazione vegetativa indotta datroppa emozione.

• Imparare a focalizzare l’attenzione anche durante inten-si vissuti emotivi.

Disturbo antisociale di personalità (Tab. 213-3)

Il disturbo antisociale di personalità è caratterizzato dal di-sprezzo patologico del soggetto per le regole e le leggi del-la società, da comportamento impulsivo, dall’incapacità diassumersi responsabilità ed dall’indifferenza nei confrontidei sentimenti altrui. Il dato psicodinamico fondamentale èla mancanza del senso di colpa o del rimorso. Ciò che di-stingue il disturbo antisociale dal comportamento antiso-ciale e dalla criminalità è la pervasività del comportamentonelle diverse situazioni ed aree vitali: il delinquente abitua-le ha dei codici e dei valori, per quanto deviati, mentre l’an-tisociale applica la violazione dell’altro in tutti i contesti.Spesso gli antisociali non tollerano relazioni umane caldeed empatiche, e reagiscono ai tentativi di instaurare tali re-lazioni con rabbia ed aggressività. Il contatto con soggetticon disturbo antisociale avviene spesso in contesti giudi-ziari ed in contesti terapeutici dove si svolgano programmialternativi alla pena. Il rapporto con questi pazienti è dun-que difficile, anche perché spesso dominato da intenti ma-nipolatori, finalizzati al raggiungimento di benefici.Il disturbo si manifesta prevalentemente nei maschi, con

rapporto 3:1 rispetto alle femmine. La prevalenza è pari al3,6% nella popolazione generale, e aumenta al 3-30% inambiente clinico. Alcuni studi segnalano una correlazionetra la gravità del disturbo, età di insorgenza, situazione so-cio-economica. La comorbidità tra disturbo antisociale e di-sturbi da uso di alcol è del 30%, mentre con i disturbi da usodi sostanze illecite è circa il 10%. Spesso i soggetti con di-pendenza presentano comportamenti antisociali legati al-l’uso di sostanze, che si attenuano o scompaiono conl’astensione. Tali situazioni non vanno confuse con l’antiso-cialità legata ad un disturbo di personalità, in cui il compor-tamento persiste anche ove si riesca a realizzare un stabileastinenza. Questi livelli di comorbidità spiegano la frequen-te presenza di soggetti antisociali in contesti di cura delle di-pendenze. Non vi sono studi sistematici sul trattamento diqueste situazioni, anche se alcuni autori segnalano una cer-ta efficacia dei gruppi di autoaiuto composti da pari.L’uso di sostanze è frequente nei pazienti schizofrenici;

d’altra parte le sostanze possono indurre quadri dissociati-vi (disturbo psicotico indotto da sostanze) in cui i sintomiallucinatori o deliranti si sviluppano durante l’intossicazio-ne o astinenza dalla sostanza, o entro un mese da queste econ una correlazione etiologica con la sostanza stessa. Perporre la diagnosi di psicosi indotta da sostanze è necessarioche vi siano elementi che fanno pensare non trattarsi di undisturbo psicotico “primitivo”, non indotto da sostanze,quali la dinamica dell’insorgenza dei sintomi (prima o do-po l’uso), la persistenza per tempi lunghi dopo l’intossica-zione o l’astinenza, l’intensità maggiore rispetto all’attesoin relazione al tipo di sostanza ed alla durata dell’uso, o unastoria di ricorrenti episodi non correlati a sostanze.

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Uno studio condotto su 194 soggetti schizofrenici segui-ti ambulatorialmente in Australia ha dimostrato che la pre-valenza di uso di sostanze presente e lifetime (ossia, un usodi sostanze precedente o successivo al disturbo psichiatrico)è rispettivamente del 26,8% e del 59,8%. L’alcol, la canna-bis e gli psicostimolanti (come le amfetamine e la cocaina)risultano essere le sostanze più utilizzate. Lo studio ha inol-tre messo in evidenza che gli schizofrenici assuntori sono inprevalenza giovani, di sesso maschile e con precedenti pe-nali. Uno studio successivo ha confermato i dati precedentimettendo in evidenza un’alta percentuale di uso (anche dipiù sostanze insieme) fra gli schizofrenici che nel 47% abu-sano di cannabis, nel 42% di alcol, nel 25% di psicostimo-lanti ed nel 18% di allucinogeni. Recentemente è stato an-che osservato come soprattutto fra i soggetti schizofreniciche presentano dei deficit cognitivi vi sia una maggiore pro-babilità di sviluppare una dipendenza da nicotina. Questatendenza del resto è già riconosciuta da tempo nei soggettischizofrenici in trattamento con neurolettici classici checonsumano grandi quantità di nicotina e caffeina per contra-stare gli effetti sedativi della terapia farmacologica.Quali sono le basi del legame tra schizofrenia ed uso di

sostanze? Gli studi sono concordi nel ritenere che le ipote-si eziologiche di co-morbilità possono essere riassunte nel-la presenza di:• Determinati fattori ambientali favorenti (ad es., disponi-bilità di sostanze, pressione fra pari, ecc.);

• Una vulnerabilità biologica in grado di favorire l’esor-dio schizofrenico e la dipendenza da sostanze attraversomeccanismi neurobiologici legati all’attivazione comu-ne del sistema dopaminergico meso-limbico corticale;

• Comportamenti d’uso come auto-terapia dei sintomischizofrenici (sia negativi che positivi).Particolarmente interessante dal punto di vista neurobio-

logico è il legame fra consumo di cannabis, psicosi e schi-

zofrenia: l’uso di tale sostanza è in fatti capace di slatentiz-zare o “smascherare” in soggetti predisposti lo sviluppo del-la malattia mentale. La base neurobiologica che lega l’usodi cannabis alla slatentizzazione della patologia schizofreni-ca è l’esistenza della stretta connessione fra il sistema endo-geno cannabinoide e quello dopaminergico. L’uso cronicodi cannabis in grado di attivare a livello centrale i recettoriCB1 dei cannabinoidi e sarebbe perciò capace di slatentizza-re il sistema dopaminergico meso-limbico corticale e quin-di favorire l’insorgenza degli episodi psicotici e schizofreni-ci. Il fumo cronico di cannabis sarebbe inoltre in grado di in-fluenzare negativamente, sempre attraverso l’attivazionedel sistema dopaminergico, la responsività del sistema dellagratificazione. Il legame esistente fra il sistema cannabinoi-de e quello dopaminergico sarebbe perciò anche in grado dispiegare perché numerosi soggetti schizofrenici continuanoad usare la cannabis, anche se il fumo è in grado di peggio-rare i deficit cognitivi e la gravità della malattia mentale.Il legame tra uso di sostanze e schizofrenia nella quoti-

dianità clinica è complesso: secondo alcuni autori infatti ipazienti schizofrenici che consumano sostanze trovano at-traverso queste ultime un “nuovo adattamento”. Secondoquesti autori sarebbero proprio i soggetti schizofrenici conun livello maggiore di adattamento premorboso, e quindipiù socievoli, ad avere una più elevata propensione ad usa-re sostanze e quindi utilizzare le droghe anche con l’inten-to di sviluppare un’identità più accettabile e diversa daquella del comune “malato di mente”. Secondo altri autoriinfatti fra i soggetti schizofrenici che utilizzano sostanze visarebbe una sorta di “paradosso” in quanto questi sarebbe-ro da una parte più disturbati a livello comportamentale ma,nello stesso tempo, più efficienti dal punto di vista sociale.Come abbiamo già sottolineato dal punto di vista noso-

grafico possiamo ipotizzare due condizioni: una in cui lapatologia schizofrenica si associa all’uso di sostanze (co-morbilità primaria) ed un’altra in cui la schizofrenia è in-dotta dall’uso di droghe (co-morbidità secondaria). Diversiautori hanno tentato di differenziare la schizofrenia checoesiste con l’uso di sostanze da quelle indotta dall’uso.Mentre alcune ricerche non hanno rilevato differenze clini-che e di decorso sostanziali fra i due quadri, altre hannosottolineato delle differenze. In particolare uno studio hamesso in evidenza che nei soggetti schizofrenici in cui lamalattia è stata indotta dall’uso di LSD sono più frequentile allucinazioni visive. Ad ogni modo dal punto di vista cli-nico risulta superfluo riuscire a distinguere fra una condi-zione cosiddetta primaria e una secondaria. La distinzionefra la prima e la seconda è invece importante sul piano deldecorso prognostico che appare essere sensibilmente peg-giore nelle forme cosiddette primarie. Dal punto di vistaneurobiologico entrambe le condizioni riconoscono delleprecise basi (Chambers et al., 2001). Nel patologia schizo-frenica indotta da sostanze l’uso di droghe può essere de-terminata da una disregolazione dei sistemi dopaminergicie glutamatergici a livello del nucleo accumbens tale da de-terminare un’alterazione funzionale dei sistemi ippocam-pali e frontali in grado di accrescere le proprietà rinforzan-

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Tab. 213-3. Criteri diagnostici del disturbo antisocialedi personalità

• Il soggetto mostra inosservanza e violazione dei diritti deglialtri fin dall’età di 15 anni, che si manifesta con almeno 3 deiseguenti elementi:– Incapacità di conformarsi alle norme sociali per quanto ri-guarda il comportamento legale, con ripetersi di condottesuscettibili di arresto

– Disonestà: il soggetto mente, usa falsi nomi, truffa gli altri– Impulsività o incapacità di pianificare– Irritabilità e aggressività– Inosservanza della sicurezza propria e degli altri– Irresponsabilità: incapacità di far fronte a obblighi finan-ziari o di sostenere un'attività lavorativa con continuità omancanza di rimorso

• L’individuo ha almeno 18 anni 3.• Presenza di un disturbo della condotta con esordio preceden-te ai 15 anni 4.

• Il comportamento antisociale non si manifesta esclusivamen-te durante un episodio maniacale o nel decorso della schizo-frenia.

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ti delle sostanze e ridurre il potere di controllo corticale sul-l’uso. Nella condizione cosiddetta primaria possono inveceessere presenti delle alterazioni neurobiologiche dei siste-mi neuronali della motivazione e della gratificazione pre-esistenti all’esposizione alla sostanza tali da determinarenell’individuo una maggiore vulnerabilità all’uso.Un capitolo importante della co-morbilità è infine quel-

lo che lega il consumo di sostanze con l’influenza del de-corso della schizofrenia. Un interessante studio è andato adanalizzare le cartelle cliniche di pazienti schizofrenici am-bulatoriali e ha messo in evidenza che ben il 55% di essiconsumava sostanze e che in quest’ultimi era più marcata lasintomatologia negativa, maggiore l’ospedalizzazione e piùbassa la compliance alla terapia. Non c’è dubbio quindi chel’uso di sostanze ed alcol sia un fattore in grado di peggio-rare il decorso prognostico della malattia schizofrenica.

Paranoia

Per paranoia si intende una psicosi caratterizzata da un de-lirio cronico basato su un sistema di convinzioni e pensieriirrazionali a tema persecutorio. Il termine paranoia, che de-riva dal greco !!"#$%!, “fuori dalla mente”, è quindi unacondizione associata a determinate forme di psicosi ed inparticolare alla schizofrenia, e non va confuso col disturboparanoie di personalità, che definisce una personalità carat-terizzata da diffidenza e sospettosità pervasive.Numerose evidenze suggeriscono che l’uso di determina-

te sostanze, a forte attivazione dopaminergica, come l’alcol,

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la cannabis, le amfetamine e la cocaina possono portare al-l’insorgere di condizioni mentali paranoiche o rendere allu-cinatorie tendenze paranoidi già presenti in forma latente. Si-curamente gli psicostimolanti come la cocaina e le amfeta-mine che sono in grado di attivare potentemente il sistemadopaminergico sono fra le sostanze più frequentemente ca-paci di indurre delle sindromi paronoidi. Chiare evidenze in-fatti hanno provato come la somministrazione intravenosa dicocaina in consumatori della sostanza ad un dosaggio com-preso fra i 40 e gli 80 mg sia in grado di indurre paranoia esospettosità. È anche noto come negli alcolisti siano partico-larmente frequenti e caratteristici i cosiddetti deliri di gelosia(deliri che presentano delle analogie con quelli di tipo para-noideo) che in casi estremi sono anche in grado di condurrea comportamenti violenti fino all’omicidio ed il suicidio. Neiconsumatori di cannabis, la comparsa del delirio paranoideoè invece più complessa in quanto è spesso associata ad uncorteo sintomatologico accompagnato da depersonalizzazio-ne e derealizzazione. Non dobbiamo infine dimenticare chealcuni farmaci utilizzati nei consumatori di sostanze come ildisulfiram, un inibitore dell’acetaldeide deidrogenasi utiliz-zato per il trattamento dell’alcolismo ma che è anche in an-che in grado di inibire la dopamina-beta-idrossilasi e quindiaumentare i livelli cerebrali di dopamina, siano in grado diindurre in soggetti predisposti (o in associazione all’uso dicocaina o altre sostanze) delle forti reazione paranoidi. Dalpunto di vista neurobiologico il legame che esiste fra para-noia e l’uso di sostanze è quindi prevalentemente sostenutodalla dopamina. Questo è provato da diverse evidenze fra cuianche dal fatto che i neurolettici classici, che agiscono pre-valentemente come antagonisti dei recettori della dopamina,sono in grado di sopprimere efficacemente i sintomi positividelle psicosi e della schizofrenia. Recenti evidenze suggeri-scono che altri sistemi neurotrasmettitoriali fra cui anchequello dinorfinergico possono contribuire in soggetti vulne-rabili allo sviluppo del delirio paranoideo.Alcune evidenze suggeriscono l’esistenza di una possi-

bile vulnerabilità individuale allo sviluppo della paranoiaindotta dall’uso di sostanze. Diversi studi hanno provatoche soggetti con più alti livelli di ansia ed attivazione del si-stema d’allerta hanno una maggiore probabilità di svilup-pare paranoia, soprattutto se assuntori di cocaina. Più re-centemente, un interessante studio condotto su coppie difratelli ha messo in evidenza la presenza di un maggiore ri-schio fra i familiari di sviluppare paranoia a seguito del-l’uso di cocaina. La ricerca ha in particolare dimostrato chela severità del grado di dipendenza nei confronti della co-caina e la precoce comparsa dell’uso sono dei fattori stret-tamente associati allo sviluppo della paranoia.

Isteria

Per isteria si intende uno stato mentale di incontrollabileagitazione con eccessi di tipo emozionale. L’isteria, che de-riva dal termine greco hysrerikos in quanto la malattia si ri-teneva essere principalmente riferita alle donne, può rico-

Tab. 213-4. Criteri diagnostici per la schizofrenia

• Sintomi caratteristici: due o più dei sintomi seguenti– deliri– allucinazioni– eloquio disorganizzato– comportamento grossolanamente disorganizzato o catato-nico

– sintomi negativi, cioè appiattimento dell’affettività, alogiaabulia

• Disfunzione sociale/lavorativaPer un tempo significativo, il livello di importanti funzioni vita-li quali lavoro, relazioni interpersonali, o la cura di sé sono no-tevolmente al di sotto del livello raggiunto prima della malattia)

• Durata segni continuativi del disturbo persistono per almenosei mesi

• Esclusione dei disturbi schizoaffettivi e dell’umore

• Il disturbo non è dovuto agli effetti fisiologici diretti di unasostanza o a una condizione medica generale

• Se vi è una storia di disturbo artistico o di altro disturbo pervasi-vo dello sviluppo la diagnosi di schizofrenia si fa solo se sonopure presenti deliri o allucinazioni rilevanti per almeno unmese.

Si distinguono i seguenti sottotipi: paranoide, disorganizzato,catatonico, indifferenziato, residuo

Page 12: Focus su disturbi di personalità, schizofrenia, paranoia e ... · che oggi possiamo definire come “automedicazione”. In questo contesto l’uso di sostanze è in grado di aiutare

noscere diverse cause (anche non apparenti), essere favori-ta da situazioni di stress ed essere accompagnata da unostato di forte agitazione psicomotoria ed emotiva che puòanche essere somatizzata (cioè centrata sul corpo o su unaparte di essa). Oggi in Psichiatria il termine isteria è obso-leto tanto che nel 1980 l’American Psychiatric Associationha introdotto la diagnosi di “disordine di conversione” peruna condizione che può essere assimilata in parte a quellache in passato si definiva come isteria. Ove invece il qua-dro abbia le caratteristiche di un disturbo di personalità,può configurare la diagnosi di Disturbi istrionico di perso-nalità, definito come un quadro pervasivo di emotività ec-cessiva e di ricerca di attenzione.Aparte le terminologie oggi adottate in clinica possiamo

tuttora distinguere due forme di isteria: la somatiforme e ladissociativa. Nella forma cosiddetta somatiforme il pazien-te presenta sintomi fisici come dolori muscolari fino anchealla vera e propria perdita di funzione di zone del corpo co-me gli arti, senza soffrire di apparenti cause fisiche. Nellaforma dissociativa possono essere invece presenti delle ve-re e proprie fughe amnestiche. Premettendo che il legamefra quello che oggi intendiamo isteria e l’uso di sostanze èindefinito, possiamo pensare come l’uso di droghe ed alcolpossa determinare una vulnerabilità emotiva ed una ridottaresistenza allo stress tale da favorire in soggetti particolar-mente proni lo sviluppo della “crisi isterica”. A questo pro-posito è facile ipotizzare come l’uso di sostanze depresso-gene come l’alcol e l’eroina possono favorire, per forte disi-nibizione e specialmente durante le fasi astinenziali, l’insor-genza delle forme cosiddette somatiformi mentre l’uso dipsicostimolanti ed allucinogeni possa determinare lo svilup-po delle forme cosiddette dissociative.

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