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Edipress Communications - Torino - Periodico bimestrale - Poste Italiane Spa - Spedizione postale DI 353/2003 (conv. in L. 27.02.2004 n. 46) art 1, comma 1,CB/Torino - (maggio/giugno 2013) - N. 3 - Abbonamento 6 numeri 30 euro. Anno VI - maggio/giugno 2013 - Prezzo di copertina 5,50 euro Periodico per la promozione dell’attività dell’Istituto Internazionale Conoscenze Tradizionali - ITKI UNESCO, Banca Mondiale sulle Conoscenze Tradizionali - TKWB, Premio Eco and the City Giovanni Spadolini, Distretti Energetici e Ambientali, Poli di ricerca, Rete delle Reti Angelo Vassallo, Osservatorio Europeo del paesaggio di Arco Latino. Etna, patrimonio UNESCO Giovanni Tomarchio racconta la montagna di fuoco che affascina e seduce Trento Apre il MUSE, l’avvenistica struttura disegnata da Renzo Piano Da Spadolini a Ferrari, quella certa idea dell’Italia Il Covenant parla abruzzese

ENERGEO MAGAZINE Anno VI Maggio - Giugno 2013

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ENERGEO MAGAZINE (www.energeomagazine.com) è il periodico delle Comunità energetiche sostenibili che puntano ad una maggiore conoscenza delle attività di un mercato in forte crescita. La mission di Energeo Magazine è quella di raccontare le vicende, le storie e le notizie che animano l’intero territorio nazionale nell’ambito delle iniziative di promozione delle energie rinnovabili

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Page 1: ENERGEO MAGAZINE Anno VI Maggio - Giugno 2013

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Anno VI - maggio/giugno 2013 - Prezzo di copertina 5,50 euro

Periodico per la promozione dell’attività dell’Istituto Internazionale Conoscenze Tradizionali - ITKI UNESCO, Banca Mondiale

sulle Conoscenze Tradizionali - TKWB, Premio Eco and the City Giovanni Spadolini, Distretti Energetici e Ambientali,

Poli di ricerca, Rete delle Reti Angelo Vassallo, Osservatorio Europeo del paesaggio di Arco Latino.

Etna, patrimonio UNESCOGiovanni Tomarchio racconta la montagna di fuoco che affascina e seduce

TrentoApre il MUSE, l’avvenistica struttura disegnata da Renzo Piano

Da Spadolini a Ferrari, quella certa idea dell’Italia

Il Covenant parla abruzzese

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Anno VI - maggio/giugno 2013 Anno VI - maggio/giugno 2013

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Per fortuna che c’è l’UNESCO che considera la montagna un patrimonio

da tutelare. A giugno l’Etna, per i siciliani “a’ muntagna”, è entrato a far

parte dei patrimoni tutelati dall’UNESCO, in una cerimonia che si e tenuta

a Phnom Penh, in Cambogia, in occasione della 37esima sessione del Comitato

del patrimonio mondiale, davanti ai rappresentanti di oltre 180 Paesi. Si tratta

del quarto tesoro ambientale entrato nel prestigioso scrigno del World Heritage

List dell’UNESCO, dopo isole Eolie, monte San Giorgio e Dolomiti.

L’Italia si conferma terra di risorse naturali di valore inestimabile, spesso purtroppo

trascurate o non adeguatamente tutelate. Alla vigilia delle celebrazioni del qua-

rantesimo anniversario della fondazione del Ministero per i Beni Culturali e

Ambientali, creato da Giovanni Spadolini, è un argomento su cui riflettere.

Lo conferma il Ministro dell’Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare,

Andrea Orlando, esultante dopo che la IUCN (Unione internazionale per la con-

servazione della natura) ha esaminato e giudicato positivamente la candidatura

dell’Etna e dell’ecosistema che lo circonda per l’importanza geologica, scientifica

e culturale e per la sua millenaria storia eruttiva (senza dimenticare l’impatto che

la montagna ha avuto nella mitologia dei popoli di tutto il bacino del Mediterra-

neo). “È un’opportunità per il nostro Paese per coniugare la tutela dell’ambiente

con la valorizzazione del territorio, investendo così nello sviluppo sostenibile - ha

dichiarato il Ministro Orlando - questa è la strada che dobbiamo percorrere”.

Ci vengono in mente le parole del senatore Giovanni Spadolini che amava ripe-

tere: “una moderna politica dell’ambiente e del territorio richiede il concorso di

tutte le forze vive della cultura e della società”. Effettivamente siamo sulla buona

strada, nonostante la crisi che incombe e che rende, a volte, vani gli sforzi per

tutelare il territorio delle popolazioni locali. Il “Gigante buono“ questo encomio

solenne di “eccezionale valore universale” se l’è proprio meritato. Così recita la

dichiarazione . “Il patrimonio mondiale (19,237 ettari) comprende le aree a mag-

gior protezione e di maggior rilevanza scientifica del monte Etna, situato all’interno

del Parco regionale dell’Etna. Il monte Etna è rinomato per l’eccezionale livello

di attività vulcanica e per le testimonianze inerenti a tale attività che risalgono a

oltre 2700 anni fa. La notorietà, l’importanza scientifica e i valori culturali ed

educativi del sito possiedono un significato di rilevanza globale”.

Energeo ha voluto rendere omaggio al più grande vulcano attivo d’Europa dedi-

candogli la copertina e raccogliendo in una bella intervista le emozioni di un

autentico “cantore“ del vulcano e del suo territorio. Il suo nome è Giovanni

Tomarchio. Puccio Corona, volto notissimo della televisione, inviato del Tg1, in un colloquio confidenziale, ha messo

insieme “suggestioni, emozioni e tanta passione” che hanno caratterizzato il lavoro del tele cineoperatore catanese della

RAI, che, attraverso i suoi reportage, ha fatto conoscere in tutto il pianeta l’Etna, impressionando sempre per l’irraggiun-

gibile bellezza delle immagini, una sequenza di fiumi di magma luccicante, fontane spettacolari di fuoco, esplosioni

accompagnate dal tonante ruggito del vulcano. Immagini che hanno fatto il giro del mondo, proprio perché esprimevano,

in modo perfetto, l’impressionante e irresistibile potenza della natura, l’esibizione delle viscere del pianeta. C’è anche

un’altra fetta dell’Italia che si muove in questo percorso, encomiabile, anche se in maniera diversa, per lo stesso coraggio

di “osare”, di far conoscere il linguaggio delle “terre calde”, quelle che fumano, ribollono, seducono, borbottano.

Fenomeni che si manifestano in tono minore, risorse naturali quasi sconosciute e riscoperte (le loro origini sono antiche)

grazie alla passione di una giovane geologa che ha raccolto questa nuova sfida nel sud (dove tutto è più complicato), come

Energeo racconta a pag. 40. All’interno del lavoro dell’UNESCO, si evidenzia il programma MaB, che riguarda l’Uomo e

la Biosfera, con il compito di identificare aree di particolare pregio ambientale e con caratteristiche antropiche peculiari

alle quali viene data la qualifica di riserva della biosfera. Il programma MaB non è formalmente parte della Convenzione

sul Patrimonio dell’Umanità. Non sono mancate le sorprese quest’anno nell’individuare le nuove MaB. Tra i paradisi natu-

rali inseriti dall’UNESCO nella lista delle Riserve della Biosfera troviamo il Monviso, il Re di Pietra che è stato riconosciuto,

soltanto qualche settimana fa, nona Riserva della Biosfera italiana, transfrontaliera, che riguarda anche il territorio francese.

Sono luoghi incontaminati e ricchi in biodiversità, protetti dalle comunità locali che si impegnano attivamente per la loro

conservazione (Man and the Biosphere è, non a caso, il titolo del programma). L’UNESCO comunque minaccia il cartellino

giallo alle Riserve della Biosfera (le prime inserite nei parchi nazionali) che non si metteranno in regola con il nuovo rego-

lamento. E’ possibile il riesame per alcuni siti, qualora non venissero individuate le nuove norme di idoneità indicate nello

schema di candidatura. Oggi l’UNESCO ritiene che debbano essere coinvolte le comunità locali e le parti interessate ad

una visione comune per lo sviluppo sostenibile attraverso l’utilizzo della riserva della biosfera come una piattaforma per

il dialogo e la partecipazione, inseriti in un “mosaico di ecosistemi terrestri, costieri o marini”. C’è la sensazione diffusa

che il brand UNESCO, nonostante le difficoltà per arrivare fino in fondo con la candidatura, affascini molto.

Ne sa qualcosa l’Associazione Città dell’Olio Res Tipica ANCI, la quale prima di avviarsi nel tortuoso percorso della can-

didatura (tentative list) ha organizzato un censimento del patrimonio olivicolo italiano. Energeo sarà presente il 27 luglio

2013 a Trento, dove sta per nascere il MUSE, questo nuovo luogo d’incontro, vitale e pulsante, un laboratorio della crea-

tività, dove sarà possibile divertirsi imparando, disegnato da una delle più importanti firme dell’architettura internazionale

contemporanea come Renzo Piano. Sarà un centro innovativo di diffusione della cultura scientifica, basato su un concetto

di crescita intelligente e sostenibile, con un programma culturale al servizio della società, attento ai temi della natura (in

particolare dell’ambiente alpino comprese le Dolomiti, patrimonio UNESCO), della scienza e dell’innovazione.

Il MUSE vuole raccontare e rendere omaggio alla passione per la conoscenza, la scienza, la natura, la società. Futuro,

inaugurazione, innovazione, interazione, natura, partecipazione, creatività, evoluzione, responsabilità, ricerca, conoscenza,

collaborazione, sostenibilità, territorio. Il Paese che vuole rinascere troverà un punto di riferimento.

T.R.

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LA RINASCITA del Belpaese

La rinascita del Belpaese riparte dal Trentino, dove l’impossibile diventa possibile, un territorio predisposto ad accogliere le novità, integrando e diffondendo soluzioni innovative.

In alto: Renzo Piano, che ha progettato l’avveniristica struttura del MUSE. A Sinistra: Un’immagine del Monviso, riserva della Biosfera transnazionale UNESCO

Una fontana spettacolare di fuoco durante l’eruzione dell’Etna, il vulcano che è entrato a far parte dei patrimoni tutelati dall’UNESCO. A destra: Giovanni Tomarchio, il tele cineoperatore catanese della Rai che, attraverso i suoi reportage, ha fatto conoscere in tutto il pianeta “a muntagna“.

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Anno VI - maggio/giugno 2013 Anno VI - maggio/giugno 2013

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Direttore responsabile: Taty [email protected]

Redazione:Pierpaolo [email protected]

Marketing: Luigi Letteriello 334.120.71.85

Progetti speciali e Pubblicità:Promedia [email protected]

Segreteria di Redazione:Lucrezia Locatelli

Realizzazione grafica: Stefania De Cristofaro

Comitato Scientifico:• Augusto Marinelli, già Magnifico Rettore dell’Università degli Studi di Firenze, Presidente della Giuria Premio Eco and the City Giovanni Spadolini.• Prof. Giovanni Puglisi Presidente CNI UNESCO e Magnifico Rettore della Libera Università di Lingue e Comunicazione IULM.• Giuseppe Blasi, già responsabile delle sede Rai della Campania, coordinatore dei corsi della Scuola di Giornalismo dell’Università di Salerno. • Dario Carella, MdA Mérit Europeenne, Fondation du Mérite Europeenne, Lussemburgo.• Andrea Chiaves, progettista emerito di impianti innovativi di cogenerazione e teleriscaldamento. • Stefano Masini, responsabile Ambiente e Consumi Coldiretti.• Fabrizio Montepara, Presidente Res Tipica ANCI.• Domenico Nicoletti, Docente Università degli Studi Scienze Ambientali di Salerno.• Angelo Paladino, Presidente dell’Osservatorio Europeo per il Paesaggio di Arco Latino.

• Dipak Pant, Professore di Antropologia e Economia, fondatore e direttore dell’Unità di Studi Interdisciplinari per l’Economia Sostenibile presso l’Università di Castellanza.• Carlin Petrini, fondatore e Presidente di Slow Food.• Luigi Spagnolli, Presidente Commissione Ambiente ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani). • Piero Sardo, Presidente della Fondazione Slow Food per la Biodiversità. • Alessandro Vercelli, docente di Economia e Ambiente Università di Siena.

Consulente tematiche e sviluppo azioni:• Dichiarazione UNESCO sul Paesaggio• Sistemi di Scienze locali, Tecniche e Conoscenze Tradizionali• Banca Mondiale Conoscenze Tradizionali (Banca del sapere) - TKWB• Pietro Laureano, Presidente dell’Itki International Traditional Knowledge Institute UNESCO

Consulente tematiche e sviluppo azioni:• ripristino centri storici• restauro conservativo• edilizia sostenibile• ricerca di materiali idonei• recupero dei centri abitati• utilizzo dei materialiMarcello Nebl - Tassullo Materiali Spa

Collaboratori:Andrea Accorigi, Maja Argenziano, Michaela Barilari, Gaia Bollini, Mario Bruga, Serena Ciabò, Claudio Chiaves, Alberto Chini, Leone Chistè, Angela Comenale, Puccio Corona, Maria D’Angelo, Filippo Delogu, Marco Devecchi, Pier Fedrizzi, Lello Gaudiosi, Luciano La Letta, Lisa Licitra, Gabriele Maniscalco, Viviana Martini, Alessandro Mortarino, Isidoro Parodi, Francesca Patton, Adriano Pessina, Marco Pontoni, Angelo Porta, Loredana Renaudo, Paolo Rognini, Bernardino Romano, Maurilio Ronci, Carlo Sacchettoni, Alessandro Sbrana, Marzia Spera, Enzo Siviero, Simone Taddei, Giulio Trussoni, Francesca Vassallo, Valeria Zangrandi.

Le fotografie di questo numero Copertina• COPERTINA: Marco Neri• EDITORIALE: Relazioni Esterne MUSE, Massimo Zarucco (Ufficio stampa PAT), Alessandro Gadotti, archivio Trento Futura.• ISTANTANEE: Renzo Ribetto, responsabile della didattica Parco del Po, Mario De Casa.• PRIMO PIANO: Ufficio stampa Fondazione Casa natale Enzo Ferrari, Scuola di Giornalismo Radiotelevisivo di Perugia.• UNA PREZIOSA ALLEANZA: Fondazione Spadolini Nuova Antologia, Ufficio stampa Fondazione Casa natale Enzo Ferrari.• NUOVI SPAZI: Ufficio stampa Fondazione Casa natale Enzo Ferrari.• NUOVI SPAZI: Relazioni Esterne Trentino Network, Relazioni Esterne Lepida SpA.• SPAZI “SPECIALI”: Relazioni Esterne Stampa MUSE, Alessandro Gadotti, archivio Trento Futura, Stefano Goldberg. Archivio RPBW, archivio MUSE Museo delle Scienze, Massimo Zarucco, Ufficio stampa PAT.• RISERVA BIOSFERA: Renzo Ribetto, responsabile della didattica Parco del Po, Mario DeCasa:• RES TIPICA & DINTORNI: Associazione nazionale Città dell’Olio, Relazioni Esterne Comune di Pollica (Sa), Giuseppe Cucco, Antico Frantoio Sant’Omero (Te).• COVENANT OF MAYORS: Relazioni esterne Regione Abruzzo, servizio di Politica Energetica, Qualità dell’Aria, SINA, Covenant of Majors Brussels.• PUNTO DI VISTA: Paolo Rognini, Luciano La Letta.• FENOMENOLOGIA DEL TERRITORIO: Marzia Spera, Maria d’Andrea.• I CANTORI DEI LUOGHI: Giovanni Tomarchio, Puccio Corona, Marco Neri.• INIZIATIVE: Relazioni esterne Co.Svi.G.• LA BIBLIOTECA DI ENERGEO MAGAZINE: Città di Faenza, Tenuta Colombara.

Gli articoli e le note firmate esprimono solo l’opinione dell’autore e non impegnano la direzione e la redazione di Energeo Magazine.

Tutela della Privacy:Energeo Magazine viene inviato in abbonamento postale. Il fruitore del servizio può chiedere la cancellazione o la rettifica dei dati ai sensi della Legge 675/96.Prezzo di copertina: Euro 5,50Abbonamento a 6 numeri Euro 30,00

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Direzione, Redazione, Abbonamenti:Edipress Communications Sas334.120.71.85 – 335 [email protected]

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Stampa:Società Tipografica Ianni SrlStrada Circonvallazione, 180 - SantenaTel. (+39)011.949.25.80 Registrazione Tribunale di Torino N° 4282 del 18-12-1990Copyright Energeo MagazineEdipress Communications SasPeriodico bimestralePoste Italiane SpaSpedizione Postale Dl 353/2003(conv. in L.27.02.2004 n.46) art.1, comma 1, CB/ TorinoAnno VI - N° 3 - Maggio/Giugno 2013Il periodico Energeo Magazine è iscrittonel Registro degli Operatori della Comunicazione (ROC) - N° iscrizione 17843

Questo periodico è associato all’Unione Stampa Periodica Italiana.

SOM

MARI

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SOM

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ISTANTANEE6 Le riserve della biosfera per la protezione della natura

PRIMO PIANO8 Un Premio per promuovere la ricostruzione9 Un’intensa storia umana e professionale10 Il combattente gentile10 L’Emilia ad un anno dal terremoto, un esempio virtuoso di best practice anche nella ricostruzione

UNA PREZIOSA ALLEANZA12 Da Spadolini a Ferrari, quella certa idea dell’Italia Enzo Ferrari, il poeta dell’automobile

NUOVI SPAZI14 Le officine del fare per guardare all’Europa15 Perché la sfida

SPAZI INNOVATIVI16 Coordinamento e sussidiarietà nasce una rete di Comunità senza fili né barriere18 Esaltare il valore della solidarietà attraverso l’innovazione

SCHEGGE DI FUTURO20 Muse, porte aperte per il futuro Una giusta sinergia di talenti creativi Un modo innovativo per incontrarsi con il pubblico Un successo annunciato

RISERVA BIOSFERA24 L’ultima vittoria del Re di pietra Parigi val bene una festa Il valore di un impegno Aree MAB ai raggi X Una strategia che promuove lo sviluppo sostenibile Il fiume Po al centro del progetto

RES TIPICA & DINTORNI30 L’ulivo che colora il paesaggio L’ulivo dei vangeli e nella storia Una storia lunga 20 anni Un’attività di marketing ben “oliata” Un sodalizio che miete successi

COVENANT OF MAYORS34 Il Covenant parla abruzzese Un progetto in linea con gli obiettivi 20-20-2036 Il Patto dei sindaci in cifre Una nuova intesa per proseguire insieme

PUNTO DI VISTA38 Il Belpaese: cosa resta del passato Lo schema dell’indagine Un fenomeno in costante crescita

FENOMENOLOGIA DEL TERRITORIO42 Un patrimonio geologico inestimabile da proteggere e valorizzare Alla scoperta delle Mofete e dei Sinkhole La ricerca di Energeo Mgazine La Dea dall’immagine bifronte L’Ultimo racconto del maresciallo Ma cosa centrano i terremoti

ROAD MAP48 Territori dal cuore caldo I CANTORI DEI LUOGHI50 Etna, la montagna di fuoco che ammalia Puccio Corona, un protagonista del giornalismo televisivo

INIZIATIVE54 Slow food, una filosofia vincente La comunità del cibo ad energie rinnovabili, un esempio virtuoso da esportare

LA BIBLIOTECA DI ENERGEO MAGAZINE56 Territorio e ceramica, una sinergia vincente Il racconto del riso

La cerimonia della consegna del cantiere (foto Massimo Zarucco, Ufficio Stampa PAT)

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Le riserve della biosfera per la protezione della naturaE

rnst Heinrich Haeckel, biologo, zoologo, filosofo e artista tedesco, vissuto

a cavallo dei due secoli passati (Potsdam, 16 febbraio 1834 - Iena, 9

agosto 1919), non avrebbe mai potuto immaginare che dalle sue scoperte,

descrizioni e denominazioni di nuove specie, si sarebbe sviluppato un sistema

di tutela di meraviglie naturali e paesaggi mozzafiato, che la natura talvolta ci

regala, successivamente definito dall’UNESCO Riserva della Biosfera. L’Orga-

nizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura, ha

introdotto in seguito alle raccomandazioni della Conferenza dell’UNESCO sull’uso

razionale e la conservazione delle risorse della biosfera e sullo sviluppo di relazioni

tra uomo e ambiente a livello globale (1968), la Riserva della Biosfera che viene

riconosciuta dall’UNESCO come componente chiave del “Man and Biosphere

Programme” (MAB, 1974), programma interdisciplinare di ricerca e formazione

nel campo delle scienze naturali e sociali.

Un aspetto centrale del programma MAB è la creazione e la gestione di una rete

mondiale di Riserve della Biosfera, che comprende un “mosaico di ecosistemi

terrestri, costieri o marini”, rappresentativi delle principali regioni biogeografiche

globali, gestiti attraverso politiche integrate di conservazione, uso sostenibile e

supporto logistico. Tale rete, a sua volta composta di sub-reti regionali, è finaliz-

zata a promuovere la cooperazione nella ricerca, il monitoraggio continuo e lo

scambio di informazioni.

Nel mondo si contano più di 621 Riserve, di cui 9 “portano” il tricolore italiano:

la Valle del Ticino in Lombardia, Miramare nel comune di Trieste, la Selva Pisana

e l’Arcipelago Toscano in Toscana, il Circeo nel Lazio, il Colle Meluccio-Monte

di mezzo nel Molise, Cilento, Vallo di Diano, Somma-Vesuvio e Miglio d’Oro in

Campania. L’ultimo riconoscimento, il più recente (una riserva di biosfera tran-

sfrontaliera) riguarda lo spartiacque delle Alpi Cozie, dominato dal Monviso, da

dove nasce il Po. In Italia, per alcune, è tempo di riesame.

Il comitato consultivo ha promosso un aggiornamento delle riserve della biosfera

esistenti, in modo che essi soddisfano i criteri del Collegio quadro, compresa

l’istituzione di chiara distinzione tra i parchi nazionali e le riserve della biosfera

e coinvolgendo le comunità locali e le parti interessate ad una visione comune

per lo sviluppo sostenibile attraverso l’utilizzo della riserva della biosfera come

una piattaforma per il dialogo e la partecipazione. Energeo Magazine, in tempo

di riesami, andrà a scandagliare la situazione, consapevole che in qualche caso

ci possano essere “timori e tremori”. Insomma, per capire se si può guardare

lontano perché il paradiso esiste ed è a portata di mano. Basta tutelarlo.

T.R.

Il Monviso è Riserva della Biosfera, il primo riconoscimento nazionale di carattere transfrontaliero. Il programma ha portato al riconoscimento UNESCO di una vasta area alle pendici delle Alpi Cozie, oggi impegnata a gestire le risorse nell’ottica della conservazione e dello sviluppo sostenibile, nel pieno coinvolgimento delle comunità locali, in sinergia con il versante francese.

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Queste terre, sovrastate dal Re di Pietra, vennero percorse da Mario Soldati e dalla sua troupe, negli anni cinquanta, come si ricorda in un filmato che resta negli archivi della televisione e torna oggi attuale per raccontare la storia e le tradizioni di questa terra, nota come Valle del Po.

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Il Premio Eco and the City è ripartito

da un luogo entrato nella storia

dell’automobilismo sportivo, tra

fiammanti monoposto del Campionato

di Formula 1, vere e proprie leggende

che hanno entusiasmato migliaia di

appassionati tra il 1950 e il 1994, ammi-

rate dai turisti e tifosi del Cavallino

Rampante, provenienti da tutto il

mondo. Il bando dell’ambito riconosci-

mento è stato riaperto il 20 maggio

scorso, in occasione della ricorrenza

del primo anniversario del sisma che

ha colpito l’Emilia e la confinante bassa

mantovana, dando il via alla terza edi-

zione del Premio dedicato a Giovanni

Spadolini, nel ricordo del suo impegno

culturale, politico, civile, autentico

volano per far dialogare i territori rico-

nosciuti come “officine del fare”.

Questo l’inedito percorso seguito dalla

Fondazione Spadolini Nuova Antologia,

in sinergia con la CNI UNESCO e con

la collaborazione del periodico Energeo

Magazine, per promuovere, attraverso

il Premio, la ricostruzione nelle zone

colpite dal devastante terremoto (www.

ecoandthecity.it). E’ stata avviata una

preziosa alleanza tra due Fondazioni

che hanno il compito di valorizzare la

storia e il messaggio culturale lasciato,

rispettivamente, da Giovanni Spadolini

ed Enzo Ferrari. L’intento è di unire due

grandi protagonisti del secolo scorso

in un’unica, grande manifestazione

sempre più proiettata oltre i confini

nazionali, andando oltre al significato

del Premio che va alla ricerca di esempi

virtuosi, come quelli che sono stati

proposti dai territori che hanno avuto

la capacità di realizzare idee e progetti

di efficientamento energetico, ma

anche di affrontare i temi della biodi-

versità, sistema dei parchi, sviluppo

sostenibile, conoscenze tradizionali,

per ritrovare le identità territoriali nel

nostro Paese, mettendo in primo piano

il sapere delle genti. Il Museo Casa

Enzo Ferrari di Modena (tra i vincitori

del RIBA AWARDS 2013), diventato

un simbolo dell’identità modenese e

polo di attrazione culturale di livello

internazionale, dopo aver determinato

la griglia di partenza del Premio con un

vasto programma e nuove idee, azioni

concrete e supporti per la valorizzazione

dell’identità dei territori, ospiterà la

cerimonia conclusiva di conferimento

della Medaglia Spadolini, prevista il 9

novembre 2013, nel corso della quale

sarà monitorata la sfida di promuovere

la ricostruzione nelle zone colpite dal

terremoto. Allo stesso modo, in tale

occasione, il Premio commemorerà

Enzo Ferrari, al quale è dedicato il focus

del Premio (Identità culturale, ricostru-

zione solidale, innovazione) per pro-

La Fondazione Spadolini Nuova Antologia, insieme alla Fondazione Casa

Natale Enzo Ferrari, vogliono conferire ai giornalisti della Testata Giorna-

listica Regionale che sapranno meglio interpretare le tematiche del Premio

Eco and the City la Medaglia Spadolini, in memoria di Ezio Trussoni, responsa-

bile della redazione Rai di Milano, recentemente scomparso, esempio di attac-

camento alla vita e alla professione, svolta con impegno e senso etico non

comuni. Al giornalista, che a Milano aveva raggiunto i vertici della carriera, è

stata dedicata una Sezione Speciale (www.ecoandthecity.it), per la particolare

attenzione verso i giovani, in particolare i precari, per i quali vedeva un’azienda

nuova dove tutti avrebbero dovuto avere la possibilità di farcela. A due di loro,

Lorenzo Maria Grighi e Lucina Paternesi Meloni, studenti alla Scuola di Giorna-

lismo Radiotelevisivo di Perugia, sono state assegnate altrettante borse di studio

promosse dalla Rai. L’assegnazione dell’ambito riconoscimento ha l’obiettivo di

far emergere il grande lavoro che si svolge nelle redazioni Rai delle sedi regionali,

attraverso i reportage che raccontano il territorio, facendolo assurgere a prota-

gonista, con la dignità del bene culturale, cioè come memoria collettiva formatasi

attraverso il tempo: il paesaggio e le tradizioni immateriali, le vicende, anche

negative, come il dissesto ambientale, che caratterizzano i luoghi, le denunce

di mancata tutela dell’ambiente, le storie di vita e di genti, che rappresentando

uno dei più importanti momenti di riflessione e dibattito sul giornalismo d’inchie-

sta televisivo. In questo spazio di Energeo la moglie di Trussoni, Lisa Licitra,

insieme al figlio Giulio lo ricordano con tanta tenerezza.

muovere la storia e l’evoluzione di

questo territorio che ha dato vita a

intuizioni tecniche di grande portata e

difficilmente riproducibili: una realtà

speciale riconosciuta universalmente.

Enzo Ferrari rappresenta l’uomo che,

con una straordinaria intuizione, è

entrato nella storia dei grandi del nostro

tempo, creando il mito delle “rosse”.

Il geniale costruttore di automobili,

fulgido esempio della creatività italiana,

è stato un precursore dell’innovazione,

pur essendo un uomo profondamente

legato agli antichi valori, alle buone

abitudini, alla cucina tradizionale e ai

vini tipici, al dialetto modenese.

La scelta di legare il focus del Premio

al suo nome sarebbe stata apprezzata

da Enzo Ferrari che era appassionata-

mente legato alla propria terra, oggi

che i suoi luoghi d’origine, così grave-

mente colpiti dal terremoto, dovranno

reinventarsi la ricostruzione dopo il

sisma che si è abbattuto poco più di

un anno fa, non solo sugli edifici ma

anche sulla vita economica, sociale e

culturale del territorio.

Ferrari aveva capito che per realizzare

idee e progetti, occorre sapere che la

geografia e la storia hanno fatto del

paese Italia un luogo privilegiato per

realizzare iniziative e modelli di sviluppo

legati all’innovazione. L.L.

Tra fiammanti monoposto del Campionato di Formula 1 è stato presentato un vasto programma e nuove idee,

azioni concrete e supporti per la valorizzazione dell’identità dei territori alla ricerca di un rapporto in equilibrio

tra natura, società e innovazione

Il Prof. Cosimo Ceccuti, Presidente della Fondazione Spadolini Nuova Antologia, consegna ad Adriana Zini, segretario generale della Fondazione Casa natale Enzo Ferrari, la Medaglia Spadolini, nel segno dell’alleanza tra le due prestigiose istituzioni.

Il Senatore Stefano Vaccari. In alto: Ezio Trussoni

Nella gremita aula didattica del Museo Casa natale Enzo Ferrari, gli organizzatori del Premio Eco and the City Giovanni Spadolini hanno illustrato ai numerosi giornalisti presenti e ad una folta rappresentanza di sindaci delle zone colpite dal sisma il programma della manifestazione del 2013, ricca di nuove idee, azioni concrete ed adesioni di nuovi partners. Tra questi RES TIPICA ANCI.

Un Premio per promuovere la ricostruzioneL’iniziativa è stata presentata, a Modena nel Museo Casa Natale Enzo Ferrari, in occasione del primo anniversario

del sisma che ha sconvolto l’Emilia e la confinante bassa mantovana. La manifestazione, che si preannuncia di

grande spessore, vuole andare oltre il significato del Premio legato alla figura di Giovanni Spadolini, fondatore del

Ministero per i Beni Culturali e Ambientali, per commemorare Enzo Ferrari, uomo tenacemente legato alla sua

terra, al quale è stato dedicato il focus del Premio.

Un’intensa storia umana e professionaleNeppure la grave malattia ha impedito ogni giorno che si compisse questo

miracolo. Ezio conosceva e voleva trasmettere l’amore per la vita e lo faceva

ogni giorno in ogni circostanza con la determinazione di chi ne conosce il

valore più profondo.

Un riconoscimento per ricordare Ezio Trussoni

“un appassionato di vita”

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IL COMBATTENTE GENTILEEzio ha voluto iniziare la Sua lettera/

testamento scrivendo: io sono un uomo

fortunato. Spiega poi perché si sentiva

tale. In sostanza spiega come la vita

gli abbia offerto delle opportunità stra-

ordinarie. La più straordinaria: un lavoro

per la RAI. Quando parlava di queste

circostanze fortunate le paragonava ad

un cavallo bianco in corsa sulla spiag-

gia, aggiungeva che naturalmente

aveva visto molta televisione e che la

pubblicità lo aveva sempre molto

impressionato, incluso quella molto

nota in quegli anni che reclamizzava

un bagnoschiuma. Per la verità lui

sosteneva che su quel cavallo biso-

gnasse saltarci sopra senza lasciarlo

galoppare via come invece accadeva

in quel vecchio filmato. Non ci riferisce

cosa lo avesse spinto a saltare senza

paura sul cavallo bianco. Io provo a

farlo aggiungendo che questo accadde

per il suo modo di essere: era attento,

curioso, intraprendente, il suo tempe-

ramento sempre pacato. L’ironia attra-

verso cui filtrava molte vicende e la

sicurezza sono invece forse comparse

in età più matura ma hanno contribuito

a cogliere anche le opportunità più

tardive e lo hanno aiutato a vedere i

casi della vita in modo sereno quindi

solido. Mi pare di poter definire Ezio

una persona risolta. Così Ezio ha colto

le opportunità trasformandole tutte in

pezzi di vita intensissime. Immagino

stupendosene egli stesso, come in

effetti la lettera sembra suggerire.

Alcuni pezzi li abbiamo vissuti insieme.

In molti abbiamo avuto il privilegio di

essere travolti della passione e dall’e-

nergia con cui conduceva la sua vita.

Ezio era un “appassionato di vita”.

Neppure la malattia ha impedito che

ogni giorno si compisse lo stesso mira-

colo. La sua ultima battaglia l’ha ingaggiata dicendo al momento della comuni-

cazione della diagnosi: io ho vissuto tanto, voglio combattere. Dicendo questo

è risalito in macchina perché la redazione lo aspettava. Più le sue capacità

relazionali e motorie si riducevano e maggiore era l’energia che con il suo com-

portamento immediatamente restituiva in un bilancio positivo a nostro favore.

Per questo anche noi siamo persone fortunate. La sua energia ci ha dato la forza

di amarlo e di sostenerlo sempre. Nostro figlio ha saputo cogliere tutto questo

in due parole definendolo un “combattente gentile”. Ezio conosceva e voleva

trasmettere l’amore per la vita e lo faceva ogni giorno in ogni circostanza con la

determinazione di chi ne conosce il valore più profondo. Questo ci ha lasciato

cambiando profondamente il nostro modo di stare al mondo. Lisa Licitra e Giulio Trussoni

Un’intensa storia umana e professionale

Era visibilmente emozionato il neo senatore Stefano Vaccari, eletto a

febbraio nelle file del PD, il quale, un anno fa, come assessore alla

Protezione Civile della Provincia di Modena, ha coadiuvato con una

concreta e tempestiva azione e una composta capacità di reazione e di orga-

nizzazione, i sindaci del cratere, protagonisti assoluti dell’emergenza.

Questo fatto ha motivato il conferimento della Medaglia Spadolini 2012 (fuori

concorso) ai paesi dell’Emilia e dell’Oltrepò mantovano, colpiti dal sisma nella

Cerimonia ufficiale svoltasi a Trento, lo scorso anno. L’ex Assessore spiega

come la Provincia, tra le prime in Italia, sviluppò, oltre trent’anni fa, importanti

programmi di lavoro, in parte pionieristici, sull’ educazione ambientale, la difesa

del territorio dai rischi idrogeologici, sulla lotta di contrasto all’inquinamento,

fino all’ istituzione delle prime aree protette naturali.

Queste esperienze caratterizzate da forte originalità ed efficacia, hanno per-

messo di raggiungere rilevanti obiettivi nel governo del territorio, nell’ottica

dello sviluppo sostenibile. “Il terremoto - dice il senatore Vaccari - ci ha fatto

maturare altre esperienze su come si può affrontare l’emergenza. Il nostro

territorio è pronto per proporre scelte che saranno un esempio virtuoso di

best practice anche nella ricostruzione”.

L’Emilia ad un anno dal terremoto, un esempio virtuoso di best practice anche nella ricostruzione

Il Presidente della Scuola di Giornalismo Radiotelevisivo di Perugia Innocenzo Cruciani, la Presidente della Rai Anna Maria Tarantola, la signora Lisa Licitra, il figlio Giulio e la nipote Elisabetta Trussoni (da destra a sinistra) in un momento della cerimonia di assegnazione delle borse di studio promosse dalla RAI.

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Anno VI - maggio/giugno 2013 Anno VI - maggio/giugno 2013

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Due Fondazioni che si richia-

mano ad altrettanti protagoni-

sti del nostro tempo, Giovanni

Spadolini ed Enzo Ferrari. Con lo scopo

di tenerne viva la memoria e trasmet-

tere ai giovani la loro lezione di civiltà,

un patrimonio di valori che resiste ad

ogni sbandamento di certe mode e al

trascorrere del tempo.

La mazziniana religione del dovere, il

culto del lavoro, lo spirito di sacrificio,

il rispetto degli altri nella costante

ricerca del dialogo, l’interesse generale

al di sopra degli egoismi particolaristici.

E soprattutto uno sconfinato amore

per l’Italia, espresso idealmente nel

culto del tricolore. Sia pure due perso-

nalità così diverse fra loro, Giovanni

Spadolini ed Enzo Ferrari hanno con-

diviso quegli irrinunciabili valori.

Il tricolore, appunto, il simbolo espres-

sivo più alto. Chi si sofferma affascinato

dal modello di un’auto firmata Ferrari

di qualsiasi epoca, esposto al Museo

di Modena o a Maranello, o presso i

collezionisti privati diffusi nel mondo,

vede impresso inconfondibile il caval-

lino rampante (che fu di Francesco

Baracca e del suo aereo) coronato dai

tre colori della nostra bandiera, mani-

festazione convinta e orgogliosa di

italianità. Nella “casa dei libri” a Pian

dei Giullari, sulle colline fiorentine care

a Giovanni Spadolini, si prova profonda

emozione a percorrere con lo sguardo

le prime bandiere tricolori, quelle del

battaglione italiano di Napoleone,

datate 1796, con l’ inconfondibile banda

stretta e lunga, puntuale richiamo ai

drapeaux della presa della Bastiglia di

sette anni prima, in occasione della

grande Rivoluzione.

Affezionati entrambi alle loro rispettive

città di origine, la “patria dell’anima”,

Firenze e Modena, senza che mai

l’attaccamento alla propria terra si tra-

sformasse in un limitativo spirito di

campanile, tale da appannare in qualche

modo la più ampia visione nazionale e

internazionale.

Due case museo affascinanti per la

loro sobrietà e semplicità, e insieme

per la magica atmosfera che si respira

fra quelle pareti, sia fra le auto di Ferrari

che fra i libri di Spadolini.

“L’Italia civile”, avrebbe detto Norberto

Bobbio. Allergici, l’uno e l’altro, ad ogni

forma di retorica. La concretezza, lucida

ed essenziale, autentica espressione

della“gente del fare”, di quella parte

operosa del paese cui guarda il Premio

Eco and the City Giovanni Spadolini

nella prossima edizione datata 2014.

Un’ edizione particolare, che ha luogo

a venti anni dalla scomparsa di Spado-

lini e a quaranta dalla nascita del Mini-

stero da lui fondato, su incarico

dell’allora presidente del Consiglio Aldo

Moro. Il “Ministero per i beni culturali

e ambientali”: con competenza su

entrambi i settori, cultura ed ambiente,

quasi una inscindibile unità, ricchezza

straordinaria del nostro territorio.

Un patrimonio inestimabile che va al

di là dei magnifici monumenti e dei

capolavori che portano in Italia ogni

anno, nelle grandi città d’arte, milioni

di turisti provenienti da tutto il mondo.

Non solo Roma, Firenze Venezia, l’Ita-

lia può offrire l’ irripetibile bellezza dei

piccoli luoghi, delle piccole comunità,

figlie di una grande storia, patrimonio

per le sfide che le attendono nel diffi-

cile futuro. “Che cos’è l’Italia?”.

Si chiedeva a metà Ottocento lo storico

Cesare Cantù. E rispondeva “un

Comune e un Santo”.

Un Comune, ovvero il palazzo comunale

simbolo delle più antiche libertà; un

Santo, ovvero il Santo patrono, protet-

tore di ogni specifica comunità.

Questa è l’identità di base, il dna del

territorio, o meglio dell’ambiente, unito

pur nella sua molteplice diversità.

La riscoperta della bellezza delle origini,

dei borghi dimenticati come aveva

auspicato Spadolini quarant’anni fa,

impegno non secondario del nascente

ministero, un’esigenza viva e pressante

oggi più di ieri. L’impegno di Res tipica,

nell’ambito dell’ANCI, nella rivaluta-

zione del patrimonio locale e dei borghi

dimenticati, può rappresentare il modo

più valido per celebrare il quarantesimo

anniversario delle origini del Ministero.

Dal canto suo il Trentino, prezioso

alleato del Premio Eco and the City

Giovanni Spadolini, attraverso Trentino

Network, invita a “fare da sé, insieme

agli altri”, portando una ventata di

novità per far nascere una rete di Comu-

nità “senza fili né barriere”, con una

strategia che prevede di realizzare il

maggior numero possibile di sinergie

con gli operatori che agiscono sul ter-

ritorio, anche mettendo a disposizione

infrastrutture tecnologiche.

E la Toscana ha voglia di mettersi in

gioco con un territorio atipico, il com-

prensorio geotermico, dove le singole

Due case museo affascinanti per la magica atmosfera che si respira

fra quelle pareti, sia fra le auto di Ferrari che fra i libri di Spadolini

Un ricongiungimento che ci permette di conoscere lo spazio espositivo principale del Museo Casa Enzo Ferrari, ospitato nel doppio volume dell’officina, e concepito come un libro a grande scala , che permette al visitatore la lettura biografica di Enzo Ferrari attraverso capitoli espositivi e vari sistemi narrativi.

In alto: Adriana Zini, direttrice del Mef, il Museo Casa Enzo Ferrari di Modena. A destra: Cosimo Ceccuti, presidente della Fondazione Spadolini Nuova Antologia.

C’ è stato un ideale ricongiungimento tra la Casa dei Libri o Tondo dei Cipressi di Giovanni Spadolini, che raccoglie nella Villa di Pian de’ Giullari lo straordinario patrimonio culturale dello statista fiorentino (la preziosissima biblioteca è composta da 100 mila volumi) e la struttura polivalente Museo Casa natale di Enzo Ferrari.

In alto il Tricolore del 1796, quelle del battaglione italiano di Napoleone e il logo Ferrari coronato dai tre colori della nostra bandiera.

iniziative ed i programmi di sviluppo

vengono valutati secondo i criteri della

sostenibilità e dove le espressioni e le

conoscenze della tradizione si coniu-

gano con la ricerca, l’innovazione e il

trasferimento tecnologico. Insieme per

procedere nella stessa direzione.

ENZO FERRARI, IL POETA DELL’AUTOMOBILE Ferrari e Spadolini avevano in comune

anche l’amore per l’Emilia e Romagna.

Ferrari vi era nato; Spadolini vi aveva

trascorso gli anni forse più belli, tredici

per l’esattezza, quelli della direzione

del Resto del Carlino nella “sua” Bolo-

gna, dal 1955 al 1968.

Sarebbe lungo ricordare le numerose

occasioni di incontro in quegli anni

fondamentali nella vita di entrambi.

Basta ricordare un articolo del Direttore

del Carlino, apparso sulle colonne del

quotidiano bolognese il 22 dicembre

1967. Occasione, il conferimento per

volontà di Enzo Ferrari del premio inte-

stato alla memoria del figlio, Dino, a

Mario Zanasi, da poco scomparso e

profondamente legato all’uomo di

Maranello. Plaudendo alla scelta del

“grande e geniale costruttore che onora

e diffonde il nome dell’Italia nel

mondo”, Spadolini ricordava con com-

mozione il proprio indimenticabile gior-

nalista, inviato dietro i più gloriosi

“raids” degli ultimi decenni per un’au-

tentica scelta professionale, dettata

dalla genuina passione per l’automo-

bilismo. “Zanasi - sono parole di Spa-

dolini - ha legato alcune delle sue

pagine più belle al mondo del motore,

collaborando fino all’ultimo, con

costanza mai stroncata neppure dagli

assalti del male, alla pagina speciale

che il nostro giornale fu fra i primi a

introdurre e a potenziare, sotto la

sagace regia di Severo Boschi”.

Quel riconoscimento rappresentava

un omaggio che tutti gli ambienti

dell’automobilismo “impersonati e

riassunti nel nome e nel prestigio di

Enzo Ferrari, hanno voluto conferire

alla memoria di chi visse, come pochi,

e come pochi seppe tradurre in pagine

ispirate e felici la poesia dell’automo-

bile”. Quella poesia che ha vibrato in

Enzo Ferrari, poeta dell’automobile,

con accenti indimenticabili, fino all’ul-

timo minuto di respiro.

Cosimo Ceccuti Presidente Fondazione Spadolini

Nuova Antologia

Da Spadolini a Ferrari, quella certa idea dell’Italia Due grandi protagonisti del nostro tempo, personalità diverse che hanno condiviso uno sconfinato amore per l’Italia,

espresso idealmente nel culto del tricolore, il simbolo espressivo più alto. Chi si sofferma affascinato dal modello

di un’auto firmata Ferrari di qualsiasi epoca vede impresso il cavallino rampante (che fu di Francesco Baracca e del

suo aereo) coronato dai tre colori della nostra bandiera, manifestazione convinta e orgogliosa di italianità.

UNA P

REZI

OSA A

LLEA

NZA

UNA P

REZI

OSA A

LLEA

NZA

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Anno VI - maggio/giugno 2013 Anno VI - maggio/giugno 2013

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NUOV

I SPA

ZI

NUOV

I SPA

ZI

Doveva per forza partire da

Modena, “terra di motori” per

antonomasia, ma anche di

carrozzerie e di opifici, il progetto “offi-

cine del fare”. L’iniziativa si ispira alle

piccole, medie, officine specializzate,

create e dirette da persone che si sono

formate presso di loro e che hanno

realizzato un efficace trasferimento e

diffusione di know-how nel territorio,

proponendo soluzioni innovative. Tanti

territori “virtuosi”, da qui in poi, saranno

rappresentati “virtualmente” nel

Museo Casa Natale Enzo Ferrari di

Modena, un luogo entrato nella storia

dell’automobilismo sportivo, tra fiam-

manti monoposto del Campionato di

Formula 1, vere e proprie leggende

che hanno entusiasmato migliaia di

appassionati tra il 1950 e il 1994, ammi-

rate dai turisti e tifosi del Cavallino

Rampante, provenienti da tutto il

mondo. Il progetto “officine del fare”,

è legato alla figure di Giovanni Spado-

lini, fondatore del Ministero per i Beni

Culturali e Ambientali, ed Enzo Ferrari.

Dal Museo Casa natale del Drake,

destinato a diventare baricentro delle

attività di progetti locali e di attività

propedeutiche e di sostegno alle ini-

ziative che affrontano problemi di carat-

tere e interesse collettivo, come

l’ambiente, la salvaguardia dei beni

culturali e del paesaggio e la tutela

del territorio, è partita questa nuova

sfida di aggregare, attraverso il Premio

Eco and the City Giovanni Spadolini, i

territori considerati, appunto, “officine

del fare”, perché rappresentano i luoghi

in cui si coniugano gli aspetti ambien-

tali e di sostenibilità, elementi cruciali

di identificazione e di valorizzazione dei

territori. In pool position si trova a pieno

titolo il Distretto delle Energie rinnova-

bili della Toscana, progettato e realiz-

zato nel comprensorio delle aree

geotermiche, territorio in cui le singole

iniziative ed i programmi di sviluppo

vengono valutati secondo i criteri della

sostenibilità e dove le espressioni e le

conoscenze della tradizione si coniu-

gano con la ricerca, l’innovazione e il

trasferimento tecnologico.

Sulla griglia di partenza troviamo il

Cilento, un modello che unisce l’Italia:

barriere fisiche, storiche ed economi-

che sono state superate nel tempo,

proprio perché il territorio è stato

chiamato a dare il meglio della sua

specificità, sotto il segno di Angelo

Vassallo, il sindaco ucciso per difendere

la sua terra dalle speculazioni. Il Cilento,

intorno alla Dieta Mediterranea, ha

saputo costruire un sistema di valo-

rizzazione e di salvaguardia, dove i

vincoli del Parco omonimo, che com-

prende buona parte della Provincia di

Salerno, si sono già dimostrati uno

strumento formidabile di crescita. I

prodotti di questa terra, che raccontano

un rapporto secolare dell’Uomo con

l’ambiente, terrestre e marino, hanno

riscattato quella che veniva considerata

da sempre una cucina “povera” attra-

verso il contenuto di sapienza e di

cultura che ne costituisce la base e il

valore aggiunto, estendendolo all’intero

territorio, dalla costa alle montagne

dell’interno. La Regione Abruzzo, che

ha costruito un modello esclusivo di

cooperazione attraverso il servizio di

Politica Energetica, Qualità dell’Aria,

SINA, assumendo un ruolo guida in

Italia nell’applicazione delle azioni

necessarie per il raggiungimento degli

obiettivi futuri del Covenant of Mayors,

guarda, invece, all’Europa. Si tratta di

un modello esemplare di gestione e

Il progetto è diretto a quanti hanno realizzato un efficace trasferimento e diffusione di know-how nel territorio,

proponendo soluzioni innovative

La voglia di “fare” come quella manifestata dal giovanissimo Drake (nella foto), in tempo di crisi è importantissima, le “officine” nascono dalla consapevolezza che l’operosità italiana ha grandi potenzialità, oltre che sul mercato interno, anche su quello europeo e internazionale.

Da quello stesso entusiasmo, dalla stessa vocazione alla laboriosità di Enzo Ferrari nasce la sfida delle “officine del fare”, in collaborazione con Res Tipica ANCI e la Covenant of Majors, i cui temi centrali sono formazione, lavoro, cultura, innovazione, salvaguardia delle identità culturali e valorizzazione del territorio. Enzo Ferrari con il Cavallino Rampante, un simbolo immortale.

In alto: Il Presidente del Consorzio dei Comuni Trentini Marino Simoni consegna il testimone del Premio alla città di Modena, rappresentata dall’Assessore all’Ambiente e alla Protezione Civile dell’amministrazione modenese, Simona Arlecchi.

cooperazione che ha prodotto effi-

cienza, efficacia e concretezza e che

potrebbe essere esportato in tutto il

Paese. E poi il Trentino, la piccola terra

dai grandi numeri, una terra di confine

da sempre “ponte” fra l’Italia e l’Eu-

ropa, caratterizzata da un’ “autonomia

speciale” fra le più ampie nel vecchio

continente, modello di risoluzione paci-

fica dei conflitti e di convivenza operosa

e attiva. Orgoglioso delle sue radici ma

anche aperto a tutto ciò che è “altro

da sé”, il Trentino di oggi è sinonimo

di qualità della vita, cura del territorio

e dell’ambiente (pensiamo già solo alle

Dolomiti Patrimonio dell’Umanità

UNESCO), ma anche di ricerca, inno-

vazione, sviluppo sostenibile, solida-

rietà. In questa terra generosa il

Consorzio dei Comuni Trentini raccoglie

tutti i 217 comuni della Provincia Auto-

noma di Trento, che possono prenderlo

a riferimento per la Consulenza in

ambito amministrativo, appalti, urba-

nistica, tributi e informatizzazione, per

citarne solo alcuni.

Si occupa inoltre di Formazione e Inno-

vazione per dipendenti e amministratori

degli Enti soci, su tutte le materie di

competenza dell’Ente locale. E natu-

ralmente la città di Modena che ospita

il Museo Casa natale Enzo Ferrari e

che può raccontare l’epopea di auto-

mobili esclusive e del valore di tanti

meccanici, carrozzieri, tecnici, passati

dall’una all’altra officina, trasferendo

esperienza e conoscenza, come acca-

deva ai tempi di Enzo Ferrari.

PERCHÉ LA SFIDACosa può unire due grandi del secolo

scorso e le due Fondazioni che hanno

il compito di valorizzare la storia e il

messaggio culturale lasciato da Gio-

vanni Spadolini ed Enzo Ferrari, in

un’unica, grande iniziativa, proiettata

oltre i confini nazionali? Enzo Ferrari e

Giovanni Spadolini condividevano un

autentico amore per l’Italia, che si

traduceva nel culto del tricolore.

Il grande costruttore di automobili lo

aveva inserito quale cornice al cavallino

rampante “ereditato” dall’aereo di

Francesco Baracca, impresso nella

carrozzeria delle auto, le “rosse” fiam-

meggianti. Per Spadolini era il simbolo

più alto del suo sentimento nazionale.

L’albo speciale sarà gelosamente con-

servato nella casa-officina, situata nei

pressi della linea ferroviaria, a pochi

passi dal centro storico di Modena,

nella zona della prima espansione della

città fuori le mura (primi del ‘900), dove

Enzo Ferrari, nel 1903, bambino di

appena 5 anni, vide nel garage per la

prima volta una autovettura nuova di

zecca. Era la macchina di papà Alfredo,

una monocilindrica De Dion-Bouton.

Il piccolo Enzo ebbe come una folgo-

razione. Si innamorò di quella meravi-

glia a quattro ruote, la preferiva ai

giocattoli e agli amici del cortile.

La coccolava, la lucidava ogni giorno,

ne ascoltava incantato il motore.

Parti così la sfida che fece diventare

Enzo Ferrari con il Cavallino Rampante

un simbolo immortale. Da quello stesso

entusiasmo, dalla stessa vocazione alla

laboriosità nasce la sfida delle “officine

del fare”, in collaborazione con Res

Tipica ANCI e la Covenant of Majors,

i cui temi centrali sono formazione,

lavoro, cultura, innovazione, salvaguar-

dia delle identità culturali e valorizza-

zione del territorio, argomenti

imprescindibili per il rilancio delle poli-

tiche economiche del Paese. La voglia

di “fare” in tempo di crisi è importan-

tissima, le “officine” nascono dalla

consapevolezza profonda che l’opero-

sità italiana ha grandi potenzialità, oltre

che sul mercato interno, anche su

quello europeo e internazionale. L.L.

Le officine del fare per guardare all’EuropaIl Premio ha lanciato un’importante iniziativa che riconosce i territori

“officine del fare”, favorendo azioni concrete e supporti per la valorizzazione dell’identità dei luoghi.

Page 10: ENERGEO MAGAZINE Anno VI Maggio - Giugno 2013

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Anno VI - maggio/giugno 2013SP

AZI

INNOV

ATIV

I Quando si parla di futuro l’anello

di congiunzione rimane il ter-

ritorio, come ha ricordato

Berners-Lee, l’inventore di internet,

intervenendo a Trento per la presenta-

zione dei progetti ”smart city” del

territorio curata da Trentino Network.

Ed ancora. “La città - piattaforma e il

territorio presentano una visione che

interpreta il nuovo contesto dello svi-

luppo e si incarna in una progettazione

le cui conseguenze sono destinate a

influire sulla vita degli abitanti per lungo

tempo”. Fare da sé, insieme agli altri.

Nello spirito di cos’è l’autonomia.

E’ l’obiettivo di Trentino Network, che

ha preso in adozione la Sezione Inno-

vazione del Premio Eco and the City

Giovanni Spadolini, stimolato dalla for-

mula insolita per questo tipo di mani-

festazioni: “Adotta una Sezione del

Premio Eco and the City Giovanni Spa-

dolini”. Il progetto, in sostanza, si pro-

pone di far gestire le singole sezioni e

le iniziative collaterali dalle stesse

Comunità sostenibili e strutture terri-

toriali che vi hanno già preso parte, per

vivere insieme l’esperienza di un pro-

getto destinato a crescere anno dopo

anno. Lo scopo è di mettere le basi

per la costituzione di una Community

Network, una rete di Comunità senza

fili nè barriere, per costruire contatti

con la “gente di impresa”, in sinergia

con le altre strutture del Trentino che

hanno nel DNA la ricerca e l’innova-

zione. In questa prima fase è stata

coinvolta Lepida Spa, che presiede in

Emilia lo sviluppo di servizi innovativi

e la relativa integrazione nella rete

Lepida, la Fondazione Guglielmo Mar-

coni e la struttura del Co.Svi.G. (Con-

sorzio per lo Sviluppo per le Aree

Geotermiche) che dovrà occuparsi della

ricerca e delle tecnologie emergenti

legate allo sviluppo della geotermia.

“Consideriamo questa iniziativa di

grande interesse - dice Gianluca Maz-

zini, direttore generale Lepida - perché

fornisce un valore aggiunto alle nostre

strutture che potranno in tal modo,

interagire sull’intero territorio nazionale,

con la possibilità di aggregare, cataliz-

zare, dialogare, informare e fare rete”.

Ed aggiunge: “Vogliamo essere dei

facilitatori per realizzare il futuro,

facendo uno sforzo comune per trovare

nuove modalità di collaborazione, nel

rispetto dei propri ambiti di compe-

tenza”. La futura Community Network

ha, infatti, l’obiettivo di estendere il

proprio raggio d’azione anche in altre

regioni su cui fondare i futuri progetti

in materia di infrastrutture e piatta-

forme, puntando sullo sviluppo di ser-

vizi innovativi e di scambio con altre

strutture nel sistema pubblico e privato.

Si sta lavorando in una logica di coor-

dinamento e sussidiarietà al fine di

promuovere la banda larga e nuove

tecnologie laddove queste non siano

presenti. La strategia prevede di rea-

lizzare il maggior numero possibile di

sinergie con gli operatori che agiscono

sul territorio, anche mettendo a dispo-

sizione infrastrutture tecnologiche per

facilitare gli operatori stessi. In tal modo

si vogliono mettere insieme partners

promotori (si darà spazio anche ai part-

ners sostenitori) che ricoprono un ruolo

sul territorio, pronti a sviluppare colla-

borazioni. Emerge in tutta la sua dimen-

sione il ruolo della Fondazione

Spadolini Nuova Antologia che ha pro-

Trentino Network affianca il Premio per realizzare un progetto innovativo

Lo scienziato Berners-Lee, l’inventore di internet insieme ad Alessandro Zorer, amministratore delegato di Trentino Network.

Coordinamento e sussidiarietà, nasce una rete di Comunità senza fili né barriere La futura Community Network ha l’obiettivo di favorire

progetti in materia di infrastrutture e piattaforme,

sviluppo di servizi innovativi e sinergie con altre strutture

nel sistema pubblico e privato. La strategia prevede di

realizzare il maggior numero possibile di sinergie con gli

operatori che agiscono sul territorio, anche mettendo a

disposizione infrastrutture tecnologiche.

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Anno VI - maggio/giugno 2013SP

AZI

INNOV

ATIV

I

mosso il Premio, orgogliosa della pro-

pria autonomia, che sa dispensare

sempre nuovi stimoli al Paese, in par-

ticolare alla vigilia delle celebrazioni del

40°Anniversario di fondazione del Mini-

stero per i Beni Culturali e Ambientali

e in occasione della ricorrenza del 20°

anniversario della morte del professore

fiorentino. In sostanza saranno gli stessi

territori a promuovere altri territori,

diventando al tempo stesso protago-

nisti e sostenitori della manifestazione

che si ravviva con una partecipazione

collettiva. Una sponsorship inconsueta

che sarà applicata per dare valore

aggiunto anche dal punto di vista etico

al progetto, distante da speculazioni o

profitti non giustificati. Sono stati gli

stessi sostenitori del Premio Eco and

the City Giovanni Spadolini a suggerire

con convinzione questa formula, arric-

chendo con nuove idee i percorsi futuri.

“L’obiettivo immediato - spiega Ales-

sandro Zorer, amministratore delegato

di Trentino Network - riguarda l’orga-

nizzazione della manifestazione a

Modena assieme a Lepida Spa, della

parte tecnologica per mostrare il premio

in maxischermo e connettere la webTV,

in linea con il progetto “officine del

fare”. Con loro possiamo lavorare,

coinvolgendo la Protezione Civile della

Provincia di Trento e della Regione

Emilia Romagna e la stessa città di

Modena, per mostrare uno scenario di

intervento dei volontari, tramite le reti

tlc messe a disposizione dalla nostra

struttura”. L’iniziativa è piaciuta molto

all’assessore all’ambiente e alla prote-

zione civile della Città di Modena,

Simona Arlecchi: “Coinvolgeremo le

nostre organizzazioni locali al fine di

garantire una buona riuscita della mani-

festazione. Siamo pronti a collaborare.”

Coordinamento e sussidiarietà, nasce una rete di Comunità senza fili nè barriere

Il Premio Eco and the City Giovanni Spadolini, che

è riuscito a far dialogare i territori riconosciuti

come autentici officine delle buone pratiche

sostenibili, raccogliendo l’eredità dell’esperienza

fatta in Trentino, ha saputo esprimere, ancora una

volta, il concetto di continuità e di legame con i luoghi

dove ha messo le radici. La provincia di Trento ha

dimostrato di essere in grado di leggere e anticipare

i tempi, essendo riuscita a valorizzare l’integrazione tra tutti i suoi punti di forza,

dall’importante funzione turistica che tutela l’identità locale fino all’innovazione,

senza mai dimenticare il valore della solidarietà, predisponendo in maniera con-

creta iniziative a supporto della ricostruzione nei territori colpiti da calamità

naturali. A tali principi e valori di laboriosità ed etica si ispira il nuovo focus del

Premio che pone in prima linea la ricostruzione solidale, senza dimenticare l’i-

dentità culturale e l’innovazione. A poco più di un anno dal sisma che ha visto il

Corpo Permanente dei Vigili del Fuoco della Provincia Autonoma di Trento inter-

venire in aiuto delle popolazioni dell’Emilia colpite dal sisma (come aveva già

fatto in Abruzzo e in occasione di altri disastri), non si è esaurito l’impegno del

Trentino nell’Emilia colpita dal terremoto. Com’è costume di questa terra, l’ami-

cizia con chi è stato duramente colpito dalla sorte, prosegue, anche se i riflettori

della cronaca sono oggi puntati altrove. In questo impegno rientra l’accordo

firmato, a meta giugno, a Concordia, paese in provincia di Modena che è stato

uno dei simboli del terremoto (la sua chiesa è stata una delle più fotografate,

per i danni che ha subito). In base ad esso, la Protezione civile trentina realizzerà

alcune opere in collaborazione con la Parrocchia

locale, con le risorse raccolte nel Fondo sisma

2012. Al fine di testimoniare l’importanza di

queste azioni Trentino Network, Lepida SpA,

entrambi strumenti operativi promossi per la

pianificazione, lo sviluppo e la gestione delle

infrastrutture di Telecomunicazione e per l’e-

rogazione dei servizi informatici inclusi nell’ar-

chitettura di rete, e l’Assessorato alla Protezione

Civile della città di Modena stanno valutando

come organizzare, in occasione della Cerimonia

conclusiva del Premio che si terrà il 9 novembre

2013 nel Museo Casa natale Enzo Ferrari, la

simulazione di un intervento dei volontari, uti-

lizzando le tecnologie più innovative messe a

disposizione dalle due strutture.

Esaltare il valore della solidarietà attraverso l’innovazione

Un’esercitazione della Protezione Civile del Trentino con l’intervento dell’elicottero. In alto: Il Professor Gianluca Mazzini, direttore generale di Lepida S.p.A.

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Soltanto in Trentino, dove l’im-

possibile diventa possibile,

poteva nascere il MUSE, un

avveniristico spazio polivalente che è

contemporaneamente un Centro di

ricerca internazionale, un network di

saperi, un laboratorio dove si può toc-

care con mano la scienza, un luogo

che rappresenta un infinito patrimonio

di novità proposto in uno spazio stra-

ordinario, un’intera zona (galleria) dedi-

cata alla sostenibilità. Subito accanto

esiste un’area attrezzata, destinata al

confronto ed alla discussione, per pre-

sentazioni informali e dibattiti. Pro-

grammi regolari si alterneranno a

mostre estemporanee. Due tavoli

interattivi favoriranno lo scambio di

idee tra i visitatori, per incentivare e

incoraggiare la partecipazione alle

scelte politiche su questioni di carattere

scientifico. In pratica un luogo dove

contemporaneamente si potranno

vivere una serie di esperienze da “toc-

care con mano” e vivere “con tutti i

sensi”, pensando di essere lungo un

sentiero di alta montagna con roccia e

ghiaccio vero da toccare, oppure tuf-

fandosi nelle innumerevoli sorprese

che coinvolgeranno il visitatore il quale

si ritroverà, suo malgrado, ad interpre-

tare, conoscere e capire l’ambiente.

Appena inizia il percorso sembra di

essere catapultati nel passato, un passo

indietro di duecentomila anni nella

storia del pianeta, dall’evolversi con-

giunto della capacità tecnologica dell’u-

manità e del suo rapporto con la natura,

con il suo paesaggio, all’immergersi

attraverso una narrazione dinamica e

mutevole in un percorso storico, uti-

lizzando nuovi linguaggi. Questo è uno

dei nuclei concettuali più forti e inno-

vativi della nuova struttura. Il piano

espositivo della preistoria, con un acco-

stamento di temi e di esperienze del

tutto nuove nello scenario museale

internazionale, propone una riflessione,

a ben vedere, semplice e diretta. Bam-

bini e adulti potranno immergersi nei

suoni, colorare gli spazi con la loro

presenza per scoprire, incuriosirsi, sen-

tire con le orecchie ma anche con il

corpo, disegnare con la voce oltre che

con le mani: un’oasi dove rilassarsi e

sperimentare un nuovo modo di stare

al museo. E’ questa la novità che

attende il grande pubblico degli appas-

sionati della natura e della montagna,

ma anche delle tematiche sulla soste-

Il nuovo Museo delle Scienze rappresenterà una vetrina permanente della creatività e dell’imprenditorialità

del Trentino nel settore dello sviluppo di innovazione nel senso del futuro sostenibile, duraturo e desiderabile.

Le finalità del nuovo museo sono quelle di realizzare un centro di interpretazione culturale al servizio

della società dedicato alla natura e, nella prospettiva della sostenibilità, alla scienza e all’innovazione

nibilità e l’innovazione il prossimo 27

luglio, giorno della apertura ufficiale

del MUSE, nato all’interno di un con-

testo urbanistico e paesaggistico frutto

di un’unica visione progettuale che ha

l’ambizione di identificarsi come una

rilevante riqualificazione urbana di

questa parte della città, verso il suo

fiume Adige. La concezione urbanistica

dell’intero intervento si propone, infatti,

di ricreare un vero e proprio frammento

di città, con le sue articolazioni, le sue

gerarchie e la sua complessità funzio-

nale. Un progetto concepito per ridare

all’area ex Michelin un’anima. In queste

ore il direttore Michele Lanzinger e gli

addetti alle relazioni esterne sono in

fibrillazione, vanno su e giù nel cantiere

ancora allestito, dove saranno collocati

spazi con funzioni commerciali, resi-

denziali e di terziario, nonché una

successione di spazi e di volumi, di

pieni e di vuoti, adagiati su un grande

specchio d’acqua sul quale sembrano

galleggiare, moltiplicando gli effetti e

le vibrazioni della luce e delle ombre.

Il tutto è tenuto insieme, in alto, dalle

grandi falde della copertura che ne

assecondano le forme, diventando

elemento di forte riconoscibilità.

Le tecniche costruttive perseguono la

sostenibilità ambientale e il risparmio

energetico con un ampio e diversificato

ricorso alle fonti rinnovabili e ai sistemi

ad alta efficienza. C’è voluta la genialità

di Renzo Piano per intuire che in quell’a-

rea dismessa poteva starci una strut-

tura architettonica che avrebbe dato

uno straordinario valore aggiunto al

territorio. Il profilo dell’edificio gioca

con dei rimandi alle montagne circo-

stanti, creando un tutt’uno, un equili-

brio tra vuoti e pieni che aggiunge

fascino e valore a tutto l’apparato espo-

sitivo. Realizzato secondi criteri di eco-

compatibilità, è un modello che traccia

una via da seguire per l’economia verde

e il risparmio energetico per costruire

Muse, porte aperte sul futuroIl prossimo 27 luglio aprirà i battenti il MUSE, una prestigiosa dimensione architettonica ideata da Renzo Piano, che

si candida a divenire una delle icone più rilevanti di un Trentino caratterizzato da un sistema culturale costituito da

eccellenze quali i grandi musei provinciali, i parchi naturali, i numerosi festival, l’Università, le fondazioni di ricerca

e le diverse espressioni pubbliche e private dello sviluppo e dell’innovazione.

Il direttore Michele Lanzinger (nella foto in alto), una vita passata a svolgere attività di ricerca multidisciplinare nel settore delle scienze naturali, aveva pensato ad un progetto che rompesse gli schemi di organizzazione delle strutture museali tradizionali, realizzato grazie ad una giusta sinergia di talenti creativi.

Il MUSE, una prestigiosissima struttura architettonica ideata da Renzo Piano (foto piccola), che si candida a divenire una delle icone più rilevanti di un Trentino caratterizzato da un sistema culturale costituito da numerose eccellenze (musei provinciali, parchi naturali, numerosi festival, l’Università, le fondazioni di ricerca e le diverse espressioni pubbliche e private dello sviluppo e dell’innovazione).

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un gioco strabiliante di luci, forme e colore: un caleidoscopio che riassume il

mistero della storia e delle scienze della terra, in quell’atmosfera indefinibile ma

tangibile di una sorpresa dopo l’altra.

UNA GIUSTA SINERGIA DI TALENTI CREATIVIIl risultato sorprendente è stato ottenuto attraverso una giusta osmosi di talenti

creativi a partire dall’architetto genovese - tra i maggiori esponenti del panorama

internazionale, che considera il suo, un “mestiere di frontiera, in bilico tra arte

e scienza, al confine tra invenzione e memoria, sospeso tra il coraggio della

modernità e la prudenza della tradizione” - , al direttore Michele Lanzinger che

aveva pensato ad un progetto che rompesse gli schemi di organizzazione delle

strutture museali tradizionali, della stessa sostanza dei sogni. Il territorio ha fatto

la sua parte perché predisposto ad accogliere le novità, integrando e diffondendo

soluzioni innovative, con i risultati che sono agli occhi del mondo, esprimendo

un processo che ha sempre accompagnato il Trentino sia nelle sfide ecologiche

che in quelle educative. Tutto questo è il MUSE, una prestigiosissima dimensione

architettonica ideata da Renzo Piano, che si candida a divenire una delle icone

più rilevanti di un Trentino caratterizzato da un ampio sistema culturale costituito

da eccellenze quali i grandi musei provinciali, i parchi naturali, i numerosi festival,

l’Università, le fondazioni di ricerca e le diverse espressioni pubbliche e private

dello sviluppo e dell’innovazione. Il Museo delle Scienze di Trento (MUSE) è un

ente strumentale della Provincia autonoma di Trento che ha il compito di inter-

pretare la natura, a partire dal paesaggio montano, attraverso gli strumenti e le

domande della ricerca scientifica, cogliendo le sfide della contemporaneità,

invitando alla curiosità scientifica e al piacere della conoscenza per dare valore

alla scienza, all’innovazione, alla sostenibilità. “Il Museo delle Scienze - spiega

il direttore Michele Lanzinger - conduce attività di ricerca multidisciplinare, di

Muse, porte aperte sul futuro base e applicata, nel settore delle

scienze naturali, con lo scopo di inda-

gare, interpretare, educare, dialogare

e ispirare sui temi della natura, della

scienza, dell’innovazione e del futuro

sostenibile”. Allo stesso modo il

MUSE, per la sua consolidata capacità

di produrre e divulgare contenuti scien-

tifici di alta qualità, è l’unico museo ad

essere stato riconosciuto dalla Provin-

cia autonoma di Trento come “ente di

ricerca”, al pari dell’Università e delle

due fondazioni Mach e Kessler, ed

essere entrato a far parte del “Sistema

Trentino della Ricerca e dell’Alta For-

mazione”. Il MUSE è riconosciuto

come centro di eccellenza perché saprà

coniugare diverse discipline scientifi-

che, attraverso il dialogo e il confronto,

offrendo una fruizione e un coinvolgi-

mento attivo del pubblico e studiosi.

Fiduciosi a Trento aspettano il gran

giorno, allargando la partecipazione ai

più giovani, vivendo la vigilia con un

occhio attento al count down che scan-

disce il tempo che manca alla cerimo-

nia ufficiale. Questa attesa ci coinvolge.

Insistiamo ancora con Michele Lanzin-

ger che beve un sorso d’acqua, poi

quasi sussurra con un filo di voce:

“Siamo soltanto al punto di partenza…”

UN MODO INNOVATIVO PER INCONTRARSI CON IL PUBBLICOEnergeo avrà tempo, durante l’anno,

per spiegare come sarà il nuovo Museo

delle Scienze che si prepara a lanciare

un innovativo modo di confrontarsi con

il pubblico: exhibit multimediali, giochi

interattivi, sperimentazione in prima

persona e intreccio pratico della cultura

col “fare” sono gli strumenti di appren-

dimento informale con cui intervenire

nel dibattito scientifico sui grandi temi

locali e planetari. Ancora una curiosità.

Cosa significa Muse? Con un sorriso

e tanta pazienza il direttore Lanzinger

risponde: “L’acronimo MUSE, ricavato

con qualche licenza dal nome “Museo

delle Scienze”, è stato adottato durante

i lavori di elaborazione del piano cultu-

rale come termine operativo per indi-

care in breve la nuova struttura”.

E sottolinea:“Pur riferendosi intenzio-

nalmente alle origini etimologiche della

parola museo, quale segno di ricono-

scimento del valore di tali istituzioni

preposte alla conservazione, il MUSE

non rientra propriamente nelle tradi-

zionali categorie museologiche, perché

combina caratteristiche tipiche di un

museo di scienze naturali con elementi

provenienti dall’ambito dei Centri della

Scienza”. “Abbiamo inteso - conclude

- che nel MUSE, questa nuova impo-

stazione potesse arricchirsi di una forte

dimensione sociale proponendosi quale

luogo d’incontro e dialogo per e con i

visitatori e dell’importante compito di

valorizzazione del territorio locale, con

ruolo di agorà in cui discutere di pro-

blematiche a rilevanza globale.

Ci saranno nuovi programmi per il

pubblico, adottando nuovi linguaggi di

comunicazione destinati a tutte le fasce

di età e a tutti i livelli di preparazione

Trento elaborò uno studio di fattibilità

per ridefinire la propria missione cul-

turale, giungendo a scegliere una pro-

spettiva tutta incentrata sulla crescita

intelligente, sostenibile e inclusiva.

Il MUSE, che appoggia le sue radici

nel Museo Tridentino di Scienze Natu-

rali - un museo istituito verso la metà

del 1800 in forma di museo civico che

lungo il suo percorso storico ha assunto

una sempre più consistente connota-

zione di museo naturalistico di conser-

vazione - si candida a diventare una

vetrina permanente della creatività e

dell’imprenditorialità del Trentino nel

settore dello sviluppo di innovazione

nel senso del futuro sostenibile, dura-

turo e desiderabile.

Le finalità del nuovo museo sono quelle

di realizzare un centro di interpretazione

culturale al servizio della società dedi-

cato alla natura e, nella prospettiva

della sostenibilità, alla scienza e all’in-

novazione. In sintesi, una rappresen-

tazione in forma di museo di un

progetto di sviluppo di un territorio,

pensata per ispirare i propri cittadini e

- al contempo - una straordinaria desti-

nazione per il turismo culturale di livello

internazionale. Per questo la complessa

rete di istituti di ricerca trova all’interno

del MUSE professionalità qualificate

capaci non solo di produrre contenuti

scientifici ma anche di trasferirli,

insieme a quelli prodotti da altre realtà,

dal ricercatore al pubblico cittadino nei

settori di ricerca di punta e di maggior

interesse sul territorio.

Lungo un percorso di tecniche e di rete

di territori che caratterizzano la società

attuale, nella consapevolezza che sol-

tanto il passato può insegnare al futuro.

Pierpaolo Bo

del pubblico”. Questa ricerca di un

nuovo ruolo si tradurrà nell’ideazione

e produzione di numerose mostre

temporanee di successo. Ai temi natu-

ralistici si affiancherà una programma-

zione che si amplia ai temi dell’energia

e dello sviluppo sostenibile, ai giochi

scientifici interattivi, all’astronomia e

alla matematica. Viene messo a punto

un ricchissimo programma di attività

educative che si estendono oltre l’am-

bito delle discipline naturalistiche.

UN SUCCESSO ANNUNCIATONel 2003 la Provincia autonoma di

Il MUSE presenta ambienti che potremmo definire “immersivi”. Vale a dire degli spazi all’interno dei quali il visitatore perde il rapporto con l’esterno per essere totalmente inserito in un mondo virtuale, come in un sogno.

Il MUSE dedica uno spazio appositamente progettato per i piccoli visitatori (4-8 anni) da fruire da soli, con i genitori o con la presenza di un facilitatore. Lo spazio e gli oggetti a disposizione intendono offrire ai bambini la possibilità di esplorare il mondo naturale che li circonda mediante l’uso dei sensi.

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Per avere una scheda essenziale

basta consultare wikipedia. Il

Monviso (Vísol in occitano, Viso

in piemontese- 3.841 m s.l.m) - detto

anche Re di Pietra - è la montagna più

alta delle Alpi Cozie. Il massiccio è ben

visibile dalla pianura per via della sua

forma piramidale e l’altezza che supera

di oltre 500 metri i picchi circostanti.

Con 2.062 metri di quota, la sua pro-

minenza è la decima dell’intero arco

alpino e la ventitreesima in tutta Europa.

È anche conosciuto perché ai suoi piedi

si trova la sorgente del fiume Po, il

corso d’acqua più lungo d’Italia. Dal 28

Maggio 2013 è diventato patrimonio

dell’UNESCO come riserva di biosfera

transfrontaliera. Per scoprirlo e perce-

pire il fascino delle terre alte della Valle

Po occorre frequentare i sentieri che

si affacciano sui grandi paesaggi e sugli

spazi e laghetti alpini che hanno costi-

tuito il teatro della vita delle genti di

questo territorio che si protende verso

la grande piramide rocciosa del Mon-

viso. Seguendo le antiche strade che

si snodano ai piedi della montagna e

lungo l’alto corso del Grande Fiume

che ha plasmato la Pianura Padana,

facciamo un passo indietro per riallac-

ciarci allo scrittore-regista Mario Soldati

che, nel 1957, immagina e realizza per

la televisione in bianco e nero, una

serie in dodici puntate il cui intento è

quello di far scoprire e conoscere le

valli del Po con un viaggio nella sua

tradizione culinaria. Le campagne

padane, sovrastate dal Monviso, ven-

gono percorse da Soldati e dalla sua

troupe e ci restituiscono un’Italia post-

bellica dove nel tratto linguistico prevale

ancora il dialetto (piemontese, Occi-

tano, valdese) e dove i cibi sono legati

a una tradizione povera che limita i lussi

alimentari ai giorni di festa.

Un’Italia genuina, quella della valle del

Po, raccontata nei suoi colori e sapori,

in un filmato cult che resta negli archivi

della televisione e torna oggi attuale

per raccontare la storia e le tradizioni

di questa terra, il cui valore è stato

La grande piramide rocciosa è anche conosciuta perché ai suoi piedi si trova la sorgente del fiume Po,

il corso d’acqua più lungo d’Italia

riconosciuto dall’UNESCO.

Il viaggio dello scrittore torinese parte

da Crissolo, alle pendici del Monviso,

là dove il Po nasce e per lunghi tratti

mantiene ancora la dimensione del

torrente. Le tappe piemontesi del

“Viaggio” saranno diciotto, suddivise

in cinque puntate televisive, sufficienti

per raccontare il vasto territorio che si

estende per 716 chilometri quadrati.

Il Po non è paragonato a un dio pagano,

ma è semplicemente lo spunto per

poter osservare da vicino la vita della

gente più umile, per conversare di

letteratura, per documentare tradizioni

che, nella fase di passaggio dalla civiltà

contadina all’economia industriale,

rischiano di scomparire.

La buona tavola “è semplicemente un

mezzo per sviluppare la fantasia e darle

sfogo”, scrisse Soldati nel febbraio ’64

nella rubrica che aveva pubblicato sul

quotidiano “Il Giorno”. Un pretesto,

insomma. E allora che cos’è questo

“Viaggio” che vogliamo ripercorrere

alla luce di cosa è successo in questi

giorni? È uno spaccato storico-antro-

pologico, come l’ha definito Carlo

Petrini, fondatore di “Slow Food”?

Soldati fa questo preambolo: “In questo

viaggio non sarò né sistematico, né

esauriente”. Non potrà essere certa-

mente più esauriente Energeo che ha

potuto soltanto immaginare ciò che è

accaduto in questi giorni a Parigi, dove

è stato celebrato il territorio alle pendici

della piramide di pietra.

PARIGI VAL BENE UNA FESTAPer consacrarlo è stata necessaria una

scelta epocale, nel quartiere generale

dell’Organizzazione delle Nazioni Unite

per l’Educazione, la Scienza e la Cultura,

in Place di Fontenoy, a Parigi. Il Re di

pietra, la montagna più alta delle Alpi

Cozie, è stata formalmente riconosciuta

nuova Riserva della Biosfera nazionale

e transfrontaliera nel programma

UNESCO “Man and Biosphere”.

Il conferimento dell’ambìto diploma

avverrà a novembre, il mese scorso,

comunque, si è fatto un notevole passo

in avanti, al termine della 25a Sessione

L’ultima vittoria del Re di pietraIl Monviso, la montagna più alta delle Alpi Cozie, è stata formalmente riconosciuta nuova Riserva della Biosfera

nazionale e transfrontaliera nel programma UNESCO “Man and Biosphere”.

L’idea del riconoscimento si è concretizzata nel dicembre 2011, quando l’Ente Parco del Po ha iniziato il lavoro per

presentare il dossier di candidatura a Riserva Mab, per l’ampia area del Monviso, riassumendo sul questionario

dell’UNESCO tutta l’attività di collaborazione e attività transfrontaliera svolta con il Parco del Queyras ed altri

partner, italiani e francesi, iniziata nel 2002.

Il fiume Po, dopo il Ponte di Riondino, si arricchisce dell’apporto di altre innumerevoli sorgenti; dopo l’abitato di Crissolo prende a scorrere impetuoso nell’omonima valle. Lo scrittore Mario Soldati (nel riquadro).

Mario Soldati è l’unico che abbia amato esprimere, costantemente e sempre, la gioia di vivere. Non il piacere di vivere, ma la gioia; il piacere di vivere è quello del turista che visita i luoghi del mondo assa-porandone le piacevolezze e le offerte ma trascurandone o rifuggendone gli aspetti vili, o malati, o crudeli; la gioia di vivere non rifugge nulla e nessuno: contempla l’universo e lo esplora in ogni sua miseria e lo assolve.

Il luogo comunemente identificato come Sorgente del Po si trova a 2.020 m.s.l.m. in un pianoro denominato Pian del Re, nell’Alta Valle Po in provincia di Cuneo, ai piedi del Monviso. La località si raggiunge da Crissolo in auto percorrendo una strada interamente asfaltata ma tortuosa e stretta negli ultimi chilometri, della lunghezza complessiva di km 7,6.

A sinistra: Silvano Dovetta, Presidente del Parco del Po, che ha guidato la delegazione piemontese a Parigi.

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del Consiglio Internazionale di Coordinamento (ICC) del Programma MaB dell’U-

NESCO, composto da 12 membri, tra cui illustri esponenti accademici ed esperti

in materia, in carica per 4 anni, svoltasi a porte chiuse. Chairperson dell’ICC del

MaB è la professoressa Boshra Salem, dell’Università di Alessandria d’Egitto.

Attesa al piano terra dai componenti della Rappresentanza Permanente d’Italia

presso l’UNESCO, la ristretta delegazione del Parco del Po, guidata dal Presidente

dell’Ente Parco Silvano Dovetta, era giunta con un discreto anticipo, come vuole

la rigorosa consuetudine piemontese. La presidente egiziana, con un copricapo

verde che la fasciava come una morbida sciarpa e addosso un elegante vestito

antico, a nome dell’UNESCO, ha salutato con un sorriso i rappresentati piemon-

tesi del Parco del Po, unitamente ai colleghi francesi in rappresentanza della

Riserva “gemella Mont Visò” che interessa il Parco del Queyras dal Parc naturel

regional du Queyras, e la delegazione del Ministero dell’Ambiente, della Tutela

del Territorio e del Mare . Nella grande sala conferenze del Palazzo dell’UNESCO,

dove erano convogliate anche le delegazioni straniere, tutto era pronto per il

grande evento. Dopo una breve attesa si è dato avvio alla procedura del ricono-

L’ultima vittoria del Re di pietra scimento MAB. Un rito che per l’Italia

non si celebrava da dieci anni, dopo

l’ultima iscrizione, nel 2003, che ha

riguardato la Selva Pisana, compren-

dente il Parco Regionale di Migliarino,

San Rossore, Massiciuccioli. L’attesa

è stata febbrile, l’emozione era visibile

tra i presenti, la tensione si tagliava

con il coltello. Il rito si consumava

lentamente come dal rigoroso cerimo-

niale UNESCO, nel silenzio assoluto,

rotto soltanto dall’intercalare della voce

della presidente egiziana del Consiglio

Internazionale, la quale ha pronunciato

il fatidico “approvato” e battuto ener-

gicamente, con un gesto simbolico, il

martelletto sul tavolo della presidenza.

A quel punto nella sala sono esplose

grida di gioia e saliti applausi senza

fine. Qualcuno, raggiante, ha telefonato

alla sede del Parco di Saluzzo per dare

la notizia ai colleghi rimasti in Piemonte,

subito diramata dalle agenzie e dalla

tv. “Parigi val bene una festa - ha

commentato Silvano Dovetta - una

festa importante per l’ambiente e tutto

il territorio del Monviso, la popolazione

e le attività avranno ora uno strumento

in più per puntare ad uno sviluppo

compatibile dell’intera area. Ciò signi-

fica la stretta relazione esistente tra le

iniziative e le attività del Parco stesso

e il nuovo ruolo, ad esso riconosciuto,

di motore di uno sviluppo “sostenibile”

per un territorio ben più vasto, in quanto

l’”Area della Biosfera” comprende 88

Comuni su circa 300.000 ettari”.

La “strategia” ha individuato quattro

obiettivi principali: usare le Riserve di

Biosfera per conservare la diversità

naturale e culturale; utilizzare le Riserve

della Biosfera come modelli di gestione

del territorio e di sviluppo sostenibile;

usare le Riserve di Biosfera per la

ricerca, il monitoraggio, l’educazione

e la formazione; implementare il con-

cetto di Riserva di Biosfera.

Grazie al risultato ottenuto, il parco

entra, dopo undici anni di attesa, nella

rete mondiale delle riserve delle bio-

sfera, insieme ai cugini francesi.

L’idea del riconoscimento si è concre-

tizzata nel dicembre 2011, quando il

Parco ha iniziato il lavoro per presentare

il dossier di candidatura a Riserva Mab,

per l’ampia area del Monviso, riassu-

mendo sul questionario dell’UNESCO

tutta l’attività di collaborazione e tran-

sfrontaliera svolta con il Parco del

fondi necessari per sviluppare tutta la

parte di progettazione. In corso d’opera,

da parte del Mab Francia e del Mab

Italia è giunta ai due parchi la proposta

di presentare un’integrazione per giun-

gere subito all’auspicata Riserva Tran-

sfrontaliera del Monviso. I due parchi,

sostenuti dai comitati nazionali, hanno

accettato la sfida e presentato questo

ulteriore tassello“.

IL VALORE DI UN IMPEGNOQuella del Monviso rappresenta la

prima candidatura nazionale di carattere

transfrontaliero.

Il Programma MAB (Man and the Bio-

sphere) è stato avviato dall’UNESCO

negli anni ’70 allo scopo di migliorare

il rapporto tra uomo e ambiente e

ridurre la perdita di biodiversità attra-

verso programmi di ricerca e capacity-

building. Il programma ha portato al

riconoscimento, da parte dell’UNESCO,

delle Riserve della Biosfera, aree

marine e/o terrestri che gli Stati membri

s’impegnano a gestire nell’ottica della

conservazione delle risorse e dello

sviluppo sostenibile, nel pieno coinvol-

gimento delle comunità locali. Scopo

della proclamazione delle Riserve è

promuovere e dimostrare una relazione

equilibrata fra la comunità umana e gli

ecosistemi, creare siti privilegiati per

la ricerca, la formazione e l’educazione

ambientale, oltre che poli di sperimen-

tazione di politiche mirate di sviluppo

e pianificazione territoriale. In tutto il

mondo vi sono attualmente 621

Riserve, di cui 9 in Italia, 12 transfron-

taliere. La designazione a Riserva Tran-

sfrontaliera è condizionata alla

sottoscrizione dell’accordo di coope-

razione tra lo stato italiano e quello

francese, che dovrà essere presentato

dai Ministeri di competenza, entro il

Queyras e altri partner, italiani e fran-

cesi, iniziata nel 2002.

“I vari programmi comunitari Interreg

Alcotra - spiegano i tecnici del Parco

- e la vicinanza dei due territori avevano

portato ad una notevole maturazione

delle attività e soprattutto dell’inter-

scambio di progetti ed idee comuni.

Grazie al Programma Integrato Tran-

sfrontaliero, il “Pit Monviso, l’uomo e

le territoire”, sono stati inseriti progetti

quali il contratto di fiume per l’alto Po

e la candidatura delle due riserve, una

per il versante italiano ed una per quello

francese, che hanno così ottenuto i

Il Monviso è una grande montagna appartenente al massiccio geologico delle pietre verdi, lava solidificata sul fondo del mare e venuta alla luce, successivamente, nel corso del grandioso processo dell’orogenesi alpina. Alle pendici, in un catino nella roccia, è adagiato il Lago Superiore.

Il Monviso si fa sempre più vicino e severo, un gigante magico. Nella foto di Mario De Casa l’apertura dei lavori della 25a Sessione del Consiglio Internazionale di Coordinamento (ICC) del Programma MaB dell’UNESC0.

Al centro: Boshra Salem, dell’Università di Alessandria d’Egitto, Chairperson MaB.

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novembre 2013. Attualmente le aree

Mab in Italia svolgono un lavoro esem-

plare. Energeo, nei prossimi numeri,

andrà a conoscere le Riserve della

Biosfera riconosciute nel nostro Paese.

AREE MAB AI RAGGI XLa Road Map partirà dal Parco nazionale

del Vesuvio per proseguire con il Cilento

e Vallo di Diano, la Selva di Colleme-

luccio in Molise, il Circeo, Miramare a

Trieste, la Valle del Ticino, il Parco

dell’arcipelago toscano e la Selva

Pisana. Per il 2013-2014 sono attese

le nuove candidature (tentative list) -

Siracusa, il Delta del Po, la Costiera

amalfitana, la Sila, Trento - che, se

approvate, andranno ad ampliare la

rete italiana dei territori riconosciuti

dall’UNESCO. La certificazione

UNESCO viene rilasciata agli Stati che

si impegnano a gestire aree territoriali

con regole ben precise e con una

visione comune di gestione attraverso

L’ultima vittoria del Re di pietra politiche integrate di conservazione, uso sostenibile delle risorse e supporto

logistico. L’ICC è l’organo decisionale del programma MAB chiamato ad esprimere

la decisione finale sulle nuove candidature a Riserva della Biosfera presentate

dai singoli Stati, sulla base delle valutazioni tecniche formulate dal relativo organo

consultivo, l’International Advisory Commitee for Biosphere Reserves (IACBR).

L’area interessata dall’iniziativa è costituita da una “core area” formata dal parco

regionale del Po cuneese e dalle relative aree contigue - promotori della candi-

datura-, dal sito SIC/ZPS “Gruppo del Monviso e bosco dell’Alevè” e da una

buffer zone composta da altri 88 Comuni coinvolti nel Piano Integrato Transfron-

taliero “PIT Monviso”. Analogo processo è stato avviato, sul versante francese,

dal Parc naturel regional du Queyras. La candidatura è stata sostenuta dalla

Regione Piemonte, con la sottoscrizione del relativo Dossier, ed è stata ufficial-

mente presentata lo scorso settembre 2012.

UNA STRATEGIA CHE PROMUOVE IL TURISMO SOSTENIBILEGli assi prioritari della strategia proposta sono riconducibili a tre tematiche legate

alla sostenibilità ambientale: energie rinnovabili, turismo e produzioni.

La prima è stata condotta in stretta collaborazione con gli operatori locali, quella

del turismo sostenibile sarà condotta in riferimento alla “Carta europea del

turismo sostenibile” che definisce una strategia di sviluppo turistico condivisa

a livello locale tra tour operator e soggetti rappresentativi del territorio, ed infine

sarà condivisa la questione relativa alle produzioni tipiche in campo agro-forestale

e dell’artigianato. “Ora ci tocca lavorare con un maggiore impegno - dice il Pre-

sidente dell’Ente Parco Silvano Dovetta - Grazie al prestigioso riconoscimento

internazionale ottenuto, il Monviso, una delle montagne simbolo del Piemonte,

è entrato a fare parte di un importante circuito internazionale di eccellenze, che

porterà grandi occasioni di sviluppo e di promozione delle risorse turistiche,

energetiche, produttive e naturalistiche locali e regionali. L’augurio è che ora il

Governo Francese e quello Italiano sottoscrivano l’accordo di cooperazione

richiesto dall’UNESCO per completare il riconoscimento del Monviso a Riserva

transfrontaliera, oltre che nazionale, della Biosfera”.

La sinergia tra il Parco del Po Cuneese, il Ministero dell’Ambiente e il Comitato

MaB Italia in corso dal 2012, è stata fondamentale. “Ci aspetta un intenso lavoro

per definire i progetti concreti, la fase due del MaB Monviso. - Con questa nuova

identità possiamo avere un ruolo di primo piano nel rilancio dello sviluppo locale.

Con la regia del Parco e del territorio ci prepariamo per un futuro di progetti

concreti, che porteranno per l’area MaB i risultati attesi” - conclude Dovetta.

IL FIUME PO AL CENTRO DEL PROGETTOCosa accadrà ora? La prima sfida per ottenere definitivamente il riconoscimento

parte subito con la fase del cosiddetto “Mab Monviso 2.0”, la più delicata.

E’ un ostacolo non facile da superare. Gli 88 Comuni coinvolti dovranno dar prova

di credere in questo progetto che va ben oltre la valle del Po e l’area Parco.

“Si è voluto ragionare sul territorio interessato dal Pit Monviso e quindi, in qual-

che misura, già abituato a collaborare e progettare insieme. - chiariscono i tecnici

dell’Ente Parco - Abbiamo la zona delle valli, dalla valle Maira alla Valle Varaita e

la Valle Po, con l’aggiunta di Bobbio Pellice, un’area di fondovalle che ben si

fonde con l’ampia pianura coinvolta e che arriva a toccare i primi comuni delle

Langhe”. E poi c’è il Grande Fiume che riafferma la centralità dell’acqua nell’ot-

tica di uno sviluppo eco-sostenibile. Al Po si dedica oggi particolare attenzione

con il Contratto di Fiume Alto Po, iniziativa finanziata grazie al Pit Monviso e

realizzata direttamente con la collaborazione della Regione Piemonte e la con-

sulenza di un’ATI di studi piemontesi

altamente specializzati nel settore.

Il progetto individua una serie di ambi-

ziosi obiettivi che consentono la

gestione e la valorizzazione di un’area

idrografica che si estende per 716 km

quadrati e in cui risiedono più di 90 mila

persone. Punto nodale è la sensibiliz-

zazione di amministrazioni, Comuni e

Unioni di Comuni, associazioni agricole

e di categoria, privati e popolazione

sulla “risorsa acqua”. Il progetto ha

coinvolto sindaci, tecnici, operatori e

bambini e ragazzi di valle e di pianura

in un percorso di conoscenza dei corsi

d’acqua, del suolo, della flora e della

fauna delle zone umide, promuovendo

il fiume come ecosistema da tutelare

e valorizzare. Il “contratto” è ormai

entrato nella fase attuativa, sarà uno

strumento fondamentale di program-

mazione negoziata che permetterà di

avviare la gestione partecipata e inte-

grata di tutte le figure istituzionali nella

“governance” del territorio.

Loredana Renaudo

La montagna è quasi una catena di montaggio dove i laghi si alimentano a vicenda: il Lago Superiore (in primo piano) attraverso un ruscelletto si immette nel Lago Lausetto.

Sulle Alpi Cozie sono innumerevoli gli specchi d’acqua adagiati su un fondo di pietre sciolte grossolane. Il Lago Fiorenza supera i quindici metri di profondità. Sullo sfondo si intravede il Monviso da una particolare angolatura.

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Salvaguardare il patrimonio olivi-

colo dei paesi del Mediterraneo,

attraverso la cura dell’ambiente

circostante. E’ questo l’obiettivo di un

importante progetto di candidatura

UNESCO, come patrimonio intangibile,

che vede in prima linea l’Associazione

Città dell’Olio, aderente a Res Tipica

ANCI, incoraggiata dal Ministero delle

Politiche Agricole, attraverso la propria

rete dei coordinamenti regionali, i quali

dovranno mettere a sistema le espe-

rienze locali di salvaguardia del patri-

monio olivicolo, culturale, archeologico

(molti frantoi ipogei sono di origine

romana, risistemati in epoca medievale;

in gran parte hanno continuato a lavo-

rare fino a metà ’800, quando si comin-

ciò a realizzare frantoi epigei più

funzionali e produttivi), paesaggistico

ed ambientale. Come in pochissimi

altri casi, i temi della tutela dell’am-

biente, della difesa degli equilibri natu-

rali e dello sviluppo sostenibile del

territorio convivono ad intreccio con la

storia dei popoli che affondano le radici

nella saggezza contadina.

Agricoltori insediati in masserie che

spuntano tra i rami degli olivi ricchi di

foglie coriacee e frutti a drupa (Olea

europaea) che si perdono a vista d’oc-

chio. Imponenti fabbricati, sorti a partire

dal XVI secolo come torri a difesa dei

sottostanti frantoi dove si produceva

la vera ricchezza di questo territorio:

l’olio. Il tipo di candidatura rientra nella

particolare categoria “paesaggi cultu-

rali”, introdotta dall’UNESCO con le

Linee guida Operative per l’implemen-

tazione della Convenzione sul patrimo-

nio mondiale del 2005 che considera

il paesaggio quale “lavoro combinato

di uomo e natura” la cui protezione

può contribuire ad uno sviluppo soste-

nibile ed a supportare il mantenimento

della diversità biologica. Tale accezione

considera che Paesaggio e Ambiente

rappresentano un’unità inscindibile,

tant’ e vero che nelle nuove richieste,

in linea con la recente Dichiarazione

UNESCO di Firenze, devono essere

ben evidenziati i presupposti per soste-

nere le differenze tra paesaggio “este-

tico” (da guardare) e paesaggio “etico”

(da vivere), “perché difendere il pae-

saggio e l’ambiente rappresenta un

gesto etico”. Gli olivi sono il nostro

paesaggio storico, quello stesso che

ha accompagnato i Normanni e gli

Aragonesi, gli Angioini e gli Spagnoli,

i Borboni e i Piemontesi.

L’UNESCO considera il concetto di

“bellezza naturale” per offrire una

visione in cui la natura è integrata

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Patrimonio da scoprire, tutelare e valorizzare

Le olive maturano solitamente in ottobre, se di varietà precoce, o in dicembre e gennaio, se più tardive. Oltre che in base al tipo di olivo, il momento ideale per la raccolta varia in ragione delle condizioni climatiche stagionali e della tecnica colturale utilizzata. La raccolta avviene principalmente con due metodi entrambi consigliati, attraverso la raccattatura che tiene conto del momento opportuno della maturazione dell’oliva, in quanto è sufficiente aspettare che la natura faccia il suo corso e le olive cadano spontaneamente nelle reti stese sul terreno e la brucatura a mano che impegna i raccoglitori in un paziente lavoro.

Il paesaggio olivicolo è un patrimonio inestimabile da scoprire e tutelare sia per l’importante contributo che conferisce all’agricoltura italiana con i suoi frutti, che per la cultura millenaria che racconta. L’Associazione Città dell’Olio ha avviato un progetto di candidatura del patrimonio olivicolo dei luoghi che si affacciano sul Mediterraneo, nella particolare categoria “paesaggi culturali” introdotta dall’UNESCO come patrimonio intangibile dell’Umanità.

In alto: Il presidente dell’Associazione Enrico Lupi.

dall’opera e dalla presenza dell’uomo

a definire i valori ambientali, culturali

e sociali. Tema che sarà ribadito,

quest’anno, nel programma della Set-

timana DESS UNESCO promossa

dall’ONU. L’incontro con questi olivi

millenari ha un che di magico: rivestono

dolci colline e le loro pendici fino a

raggiungere il mare, formano boschi

che ancora oggi regalano la sensazione

di poter andare indietro nel tempo, di

potersi calare nella storia, di immergersi

in un paesaggio eterno, rimasto intatto

nei secoli.

L’ULIVO DEI VANGELI E NELLA STORIANell’immaginario collettivo il paesaggio

olivicolo più conosciuto è rappresentato

dal podere di Getsemani, un giardino

collocato sul limitare della Valle di

Cedron, situata tra la Città Vecchia di

Gerusalemme e il Monte degli Ulivi.

Questo luogo, oggi meta di pellegri-

naggio da parte dei cristiani, viene

ricordato per l’episodio del Vangelo

che vide Gesù lasciare il gruppo degli

Apostoli per pregare in disparte, prima

di essere tradito da Giuda e arrestato,

un luogo noto come Orto degli Ulivi.

L’episodio viene ricordato, ogni anno,

la domenica delle Palme, con la distri-

buzione ai fedeli di rami di ulivo bene-

detti a dimostrazione di propositi di

pace. Ampia appare l’iconografia o

raffigurazioni pittoriche che ritraggono

l’episodio del Vangelo che hanno per

sfondo paesaggi in cui compare l’ulivo,

una pianta longeva e forte che si adatta

a tutte le condizioni climatiche, la cui

traccia di coltura è stata ritrovata già

negli scavi di Micene dall’archeologo

Schiemann, che ha scoperto e recu-

perato reperti risalenti al XIV sec. A.C.

Dell’ulivo parla anche Omero nell’Iliade

e l’Odissea. La pianta di ulivo è da

sempre associata all’immagine del

nostro Paese, della sua storia e della

sua economia. Una pianta salvaguar-

data da generazione di agricoltori che

hanno contribuito a tutelare, secondo

regole ed usi non scritti, questo patri-

monio storico, naturale, culturale, antro-

pologico e paesaggistico. Molti furono

gli Artisti che interpretarono l’episodio

del Vangelo, avvenuto nell’Orto degli

Ulivi, attraverso rappresentazioni che

richiamano risvolti magico-simbolici,

misteriosi legami tra uomo e natura,

tra umano e divino, a partire dai capo-

lavori di Andrea Mantegna, Pedro

Berruguete, Giotto e altri noti artisti.

L’ulivo che colora il paesaggioL’Associazione Città dell’Olio, aderente a Res Tipica ANCI, incoraggiata dal Ministero delle Politiche Agricole,

attraverso la propria rete dei coordinamenti regionali, ha avviato la ricognizione sull’intero territorio nazionale per

mettere a sistema le esperienze locali di salvaguardia del patrimonio olivicolo, culturale, archeologico. L’obiettivo è

ambizioso: avviare un progetto di candidatura del patrimonio olivicolo dei luoghi che si affacciano sul Mediterraneo,

nella particolare categoria “paesaggi culturali” introdotta dall’UNESCO come patrimonio intangibile dell’Umanità.

La pianta di ulivo è da sempre salvaguardata da generazioni di agricoltori che hanno contribuito a tutelare secondo

regole ed usi non scritti questo patrimonio storico, naturale, culturale, antropologico e paesaggistico.

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Gli olivi secolari, tra storia, natura e agricoltura, costituiscono il paesaggio agra-

rio arboreo più antico esistente. “Una civiltà che ora chiede di essere tutelata

dall’UNESCO - dice Enrico Lupi presidente dell’Associazione Città dell’Olio -

Dobbiamo affrontare un lungo e impegnativo percorso che conduce, nei casi più

fortunati, considerate le sempre più stringenti limitazioni poste per le nuove

inscrizioni (tentative liste), a far parte della Lista del Patrimonio Mondiale dell’U-

NESCO”. “Il pericoloso abbandono della coltura olivicola, degli alberi e dei ter-

ritori, - avverte il presidente Enrico Lupi - dimostra quanto sia davvero importante

impegnarsi in azioni di tutela e salvaguardia dei territori olivicoli.

Una politica territoriale, ambientale e agraria che guardi di più e meglio al pae-

saggio degli oliveti e che salvaguardi il paesaggio agrario tradizionale come bene

e risorsa, impedendo la cancellazione di paesaggi storici, è un obiettivo che come

Città dell’Olio abbiamo il dovere di raggiungere”.

Nello specifico, agli associati alla RETE Città dell’Olio, viene chiesto di segnalare

all’Associazione i siti olivicoli al massimo grado di tutela normativa nazionale,

regionale, provinciale o comunale e anche quei siti olivicoli che al momento non

godono di nessuna tutela normativa, ma che potrebbero essere di interesse per

un inserimento futuro nella Lista UNESCO in relazione alle particolari caratteri-

stiche storico, culturali, scientifiche e ambientali. L’obiettivo è avere una mappa

dei siti di maggiore interesse, su cui fare ulteriori e più approfondite valutazioni,

portando a termine, in tempi ragionevolmente brevi, il primo step del lungo

percorso verso la presentazione della candidatura.

L’ulivo che colora il paesaggio UNA STORIA LUNGA 20 ANNIL’Associazione Nazionale Città dell’O-

lio ha sede a Villa Parigini nel Comune

di Monteriggioni (Siena).

Fondata a Larino (Campobasso) nel

dicembre 1994, riunisce Comunità

Montane, Camere di Commercio, Pro-

vince e Comuni a chiara vocazione

olivicola e si impegna a promuovere

l’olio extravergine di oliva quale pro-

dotto fondamentale nella tradizione

agricola, alimentare e culturale del

nostro Paese e a valorizzare i suoi

territori di produzione.

Nello specifico l’Associazione ha tra i

suoi compiti principali quello di divul-

gare la cultura dell’olivo e dell’olio di

oliva di qualità; tutelare e promuovere

l’ambiente ed il paesaggio olivicolo;

diffondere la storia dell’olivicoltura;

garantire il consumatore attraverso la

valorizzazione delle denominazioni di

origine, l’organizzare eventi, l’attua-

zione di strategie di comunicazione e

di marketing mirate alla conoscenza

del grande patrimonio olivicolo italiano.

“Sono 342 i soci delle Città dell’Olio,-

spiega il Direttore Antonio Balenzano

- Enti pubblici italiani uniti nella salva-

guardia dell’Olio Extravergine d’Oliva.

Cresce infatti, di anno in anno, il numero

delle Regioni italiane che aderiscono

alla rete delle Città dell’Olio, potendo

vantare una produzione di Olio Extra-

vergine d’Oliva di qualità o di Olio

d’Oliva Extravergine Dop ed Igp, diven-

tata ormai un vero e proprio motore

economico per i territori a forte voca-

zione olivicola”. L’Associazione da

sempre è impegnata a sostenere e

valorizzare le produzioni e i territori che

espongono il marchio Città dell’Olio.

Dalla Lombardia alla Sicilia così come

nelle Regioni del Centro Italia sono

tantissime le amministrazioni pubbliche

che attraverso la rete Città dell’Olio

investono nella cura e nella conserva-

zione dei frantoi antichi e tipici, nella

costruzione di percorsi ad hoc dedicati

alla scoperta dell’oro giallo, con visite

guidate al paesaggio ricco di oliveti

secolari e degustazioni di Olio Extra-

vergine nei ristoranti e nelle piazze.

UN’ATTIVITÀ DI MARKETING BEN “OLIATA”L’Associazione Nazionale Città dell’O-

lio, che applica in pieno il Manifesto

dei Valori di Res Tipica ANCI, è da

sempre impegnata nella valorizzazione

dei territori olivetati d’Italia, attraverso

la definizione di strategie di marketing

territoriale, la creazione di occasioni

qualificate di incontro diretto tra

domanda e offerta, attraverso la par-

tecipazione a fiere o saloni di settore

specifici, la realizzazione di progetti

dedicati che hanno l’obiettivo di favo-

rire la comprensione e l’apprezzamento

dell’olio extravergine d’oliva presso il

grande pubblico.

Sono stati inoltre avviati progetti di

educazione alimentare dei bambini,

che mirano a promuovere la cono-

scenza e la valorizzazione dell’olio

extravergine d’oliva DOP attraverso un

programma formativo ad hoc e la Carta

dell’Olio, e sulle iniziative Andar per

Frantoi, Mercatini e Pane e Olio in

Frantoio, la giornata nazionale dei pani

e degli oli tipici.

E infine Girolio d’Italia dedicato al Pae-

saggio Olivicolo: un itinerario per le 18

Tappe regionali alla scoperta delle pecu-

liarità paesaggistiche e produttive d’I-

talia attraverso la valorizzazione

dell’ambiente olivicolo”.

Infine l’Associazione nazionale Città

dell’Olio, che ha intrapreso un’attività

di supporto tecnico per i soci in mate-

ria di Piani di Sviluppo Rurale e di pro-

getti Europei, è presente con il proprio

stand e il materiale informativo sulle

attività che svolge, nelle principali fiere

internazionali dedicate al food e al

turismo.

Eventi che rappresentano un’occasione

di visibilità per i suoi soci e una vetrina

utile alla valorizzazione e alla promo-

zione del paesaggio olivicolo nazionale

e dei territori di produzione dell’olio.

L’Associazione partecipa inoltre a con-

gressi e convegni sui temi dell’alimen-

tazione, nelle quali porta il proprio

contributo di riflessione e progettualità.

L’olio di oliva extra vergine, che rap-

presenta uno dei prodotti consigliati

nella dieta mediterranea, è oggi prota-

gonista di una campagna orientata

verso una maggiore consapevolezza

sull’importanza delle abitudini alimen-

tari e sui vantaggi derivanti da una

corretta alimentazione, soprattutto per

quanto riguarda i bambini e i giovani,

ma anche i consumatori in generale in

un’ottica di prevenzione di malattie e

salvaguardia della salute.

T.R.

degli Oli DOP, un innovativo strumento

volto a qualificare l’offerta di oli extra-

vergine nei ristoranti per la valorizza-

zione dell’eccellenza della produzione

olivicola italiana.

UN SODALIZIO CHE MIETE SUCCESSI“Vogliamo coinvolgere il grande pub-

blico - insiste il Presidente Enrico Lupi

- nella riscoperta delle mille, affascinanti

tradizioni culturali che scaturiscono,

con differenti tratti e coloriture, da ogni

paese e da ogni campagna olivetata.

I nostri progetti puntano sul Turismo

Le olive ammaccate del Cilento (Presidio Slow Food) in una foto di Giuseppe Cucco. Antonio Balenzano, Direttore dell’Associazione nazionale Città dell’Olio.

I colori di un’antico albero di ulivo risalente a circa seicento anni fa nel variare delle stagioni nella tenuta di Antonio Di Emidio a Sant’Omero, piccolo paese dell’entroterra abruzzese, dove si trova anche un Antico Frantoio.

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Una piccola regione, l’Abruzzo,

ha immaginato un grande pro-

getto, destinato a portare lon-

tano, per costruire un modello esclusivo

di cooperazione, prima localmente tra

le 4 province, 305 Comuni e ANCI per

attuare le politiche del Patto dei Sindaci,

in seguito maturando il convincimento

di poter esportare nel resto d’ Italia il

modello di gestione che nella regione

ha prodotto efficienza, efficacia e con-

cretezza, per condividerlo tra gli attori

del Patto (settore pubblico, privato,

comunità scientifica e cittadini), affin-

ché essi partecipino attivamente all’i-

niziativa dell’UE. Dovranno farlo,

ciascuno nelle proprie funzioni, per

corroborare i punti di forza ed affrontare

insieme in modo efficace le sfide pre-

sentate dall’implementazione delle

politiche del Patto del Sindaci di oltre

duemila Comuni italiani impegnati a

ridurre le proprie emissioni di CO2 di

almeno 20% entro il 2020, e preferi-

bilmente aumentando nel contempo

del 20% il livello di efficienza energetica

e del 20% la quota di utilizzo delle fonti

di Energia rinnovabile sul totale del mix

energetico. Nel capoluogo abruzzese

si sono messe le basi per la condivi-

sione delle differenti azioni di gover-

nance - in una successiva fase questo

dovrà essere fatto attraverso un net-

work nazionale per la cooperazione e

divulgazione dell’attività concreta- rea-

lizzate per l’attuazione del Patto dei

Sindaci nei propri territori, ma anche

nell’ottica di capire in che modo con il

Patto dei Sindaci, divenuto un’iniziativa

importante in Europa e soprattutto in

Italia, si può creare una filiera dei livelli

di governance, che rappresentano le

azioni di intrapresa nelle scelte e nelle

politiche territoriali locali, legate alle

tematiche della sostenibilità ambien-

tale. Azioni che dovranno essere pro-

COVE

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COVE

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Ai fini del corroboramento

dell’iniziativa del Patto dei Sindaci

(in inglese Covenant of Mayors),

le Regioni rappresentano il

fulcro centrale della multi-level

governance. Attraverso il servizio

di Politica Energetica, Qualità

dell’Aria, SINA, la Regione Abruzzo

ha assunto un ruolo guida in

Italia nell’applicazione delle azioni

necessarie per il raggiungimento

degli obiettivi futuri del Covenant

of Mayors. Si tratta di un

modello esemplare di gestione

e cooperazione che ha prodotto

efficienza, efficacia e concretezza

e che potrebbe essere

ripetuto in tutto il Paese.

L’azione avviata dalla Regione mira ad individuare forme di cooperazione tra i vari

livelli di governo e tra settore pubblico, privato e comunità scientifica sviluppate da

coordinatori italiani ed esteri, evidenziando il ruolo che gli enti locali e regionali stanno

svolgendo nel panorama delle politiche climatiche ed energetiche dell’UE

Il Patto dei Sindaci ha voluto riprendere la sua corsa dall’Abruzzo, regione che ha interpretato al meglio l’iniziativa della Commissione Europea, mirata ad implementare un piano per ridurre di almeno il 20% le emissioni ad effetto serra nel territorio dell’ente, proprio per focalizzare le problematiche che hanno rallentato la consegna del PAES nei termini previsti. Il metodo innovativo di applicazione, illustrato nel corso di un recente incontro nel capoluogo abruzzese potrà essere esteso a tutti i sostenitori del Patto dei Sindaci, nei propri territori, ed apre le porte ad una serie di azioni di replicabilità a livello nazionale ed anche europeo.

I Sindaci Italiani erano i più numerosi nell’emiciclo del Parlamento Europeo, in occasione di un incontro storico (Covenant of Mayors Ceremony), orgogliosi di trovarsi , con tanto di fascia tricolore, faccia a faccia con le Istituzioni Europee. Foltissima la delegazione abruzzese ad ascoltare il discorso di inaugurazione di José Manuel Barroso. Tante le donne sindaco per testimoniare con la firma simbolica del Patto dei Sindaci che i valori delle Comunità locali, si sposano perfettamente con le scelte europee in materia di ambiente, produzione energetica e risparmio energetico.

pedeutiche per individuare forme di

collaborazione tra i vari livelli di governo

e tra settore pubblico, settore privato

e comunità scientifica, sviluppate da

coordinatori italiani ed esteri, eviden-

ziando il ruolo che gli enti locali e regio-

nali stanno svolgendo nel panorama

delle politiche climatiche ed energeti-

che dell’UE. Interventi che dovranno

essere formalizzati e programmati

attraverso lo sviluppo di un Piano di

Azione per l’Energia Sostenibile (PAES)

e sostenuti nelle sedi decisionali, come

per esempio la Conferenza delle

Regioni, per dare forza e pregnanza

istituzionale ad un modello particolar-

mente efficace di sviluppo.

UN PROGETTO IN LINEA CON GLI OBIETTIVI 20-20-20Il Patto dei Sindaci ha voluto riprendere

la sua corsa dall’Abruzzo, regione che

ha interpretato al meglio l’iniziativa della

Commissione Europea, mirata ad

implementare un piano per ridurre di

almeno il 20% le emissioni ad effetto

serra nel territorio dell’ente, proprio

per focalizzare le problematiche che

hanno rallentato la consegna del PAES

nei termini previsti.

Anche se il pacchetto clima ed energia

dell’UE si rivolge direttamente agli Stati

Membri, il ruolo degli enti locali e regio-

nali è fondamentale per raggiungere

gli obiettivi della politica climatica ed

energetica europea. Da qui l’importanza

dell’iniziativa del Patto dei Sindaci che

coinvolge tali enti nel fornire un fonda-

mentale contributo a livello territoriale

in linea con gli obiettivi 20-20-20, per

lo sviluppo sostenibile e la creazione

di posti di lavoro, che significa innan-

zitutto pianificare una crescita soste-

nibile sul territorio, valorizzarne le

risorse economiche, ambientali ed

umane, aumentare la qualità della vita

e creare lavoro e sviluppo. E’ apparsa

determinante l’azione avviata lo scorso

maggio a Pescara, da replicare in Italia

attraverso la condivisione delle diffe-

renti azioni di governance realizzate

per l’attuazione del Patto dei Sindaci,

nonostante le difficoltà incontrate

durante l’attuazione dello stesso, nei

propri territori. E’ il percorso intrapreso

dal servizio di Politica Energetica, Qua-

lità dell’Aria, SINA della Regione

Abruzzo, attraverso il quale l’istituzione

ha assunto un ruolo guida in Italia

nell’applicazione delle azioni necessa-

rie per il raggiungimento degli obiettivi

futuri del Patto dei Sindaci. Un progetto

che potrà evolvere ulteriormente nel

nostro Paese, grazie al prezioso sup-

porto dell’agguerrito staff abruzzese

che ha fatto da apripista pensando,

costruendo e applicando un modello

di efficienza concretizzato dalla Regione

che continua a mietere consensi e

riconoscimenti anche in Europa.

Oggi il metodo innovativo di applica-

zione, illustrato nel corso di un recente

incontro nel capoluogo abruzzese - che

si è avvalso della partecipazione della

Commissione Europea DG Energia e

DG JRC (Joint Research Centre), del

Ministero dello Sviluppo Economico,

dell’Ufficio Patto dei Sindaci, Regioni,

Province, Comuni d’Europa, e di ANCI,

Il Covenant parla abruzzese

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COVE

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- potrà essere esteso a tutti i sostenitori del Patto dei Sindaci, nei propri territori,

ed apre le porte ad una serie di azioni di replicabilità a livello nazionale ed anche

europeo. “Visti i risultati, - è emerso dalla riunione - si continuerà ad investire

sul Patto dei sindaci e a finanziare i Piani di azione già ampiamente programmati”.

Ai fini della prosecuzione del Patto dei Sindaci, avvalorato più volte nella giornata

di lavoro, le Regioni rappresentano il fulcro centrale della multi-level governance.

Attività molto efficace ed importante è quella svolta dalle Agenzie per L’Energia

perché rappresentano uno strumento tecnicamente qualificato e permanente

che migliora la cooperazione Regioni-Province-Comuni. “Insieme alla Commis-

sione Europea - spiega Iris Flacco, Dirigente Servizio Politica Energetica - abbiamo

voluto assumere un ruolo guida in questa fase delicata dell’iniziativa europea.

La Regione ha adottato fin dal primo momento un modello innovativo del Cove-

nant of Mayors, attuato in Abruzzo in collaborazione con tutte le Amministrazioni

Provinciali, come strutture di supporto, ANCI e tutti i 305 Comuni della Regione,

firmatari del Patto dei Sindaci. Il nostro modello di gestione allo stato attuale

appare unico in Italia e presenta la caratteristica di integrare la gestione dei fondi

POR fesr con le attività del Patto dei Sindaci”. Nella sua analisi Mauro Di Dal-

mazio, assessore all’ambiente e alle politiche per lo Sviluppo sostenibile è ancora

più chiaro. “La Regione, già premiata per questa attività con la Medaglia Spa-

dolini, e con il recente riconoscimento come “officine del fare”, ha destinato

300 mila euro alle Province per assistere i Comuni nella redazione dei Piani

Operativi e 35 milioni di euro dei fondi strutturali per supportare l’implementa-

zione del Patto dei Sindaci, nell’ambito delle attività di promozione della produ-

zione di energia da fonti rinnovabili sul territorio regionale”. “Inoltre - precisa

l’Assessore Dalmazio - il Covenant è entrato in sinergia con il Concorso regionale

per le Scuole “Energiochi” con lo scopo di promuovere la conoscenza dei criteri

di risparmio energetico e delle energie rinnovabili, e per favorire la consapevo-

lezza dell’incidenza dei propri gesti quotidiani sull’ambiente e sulle risorse

disponibili”.

Il Covenant parla abruzzese

Tutto prende inizio da un’iniziativa avviata dalla Commissione Europea il 29

gennaio 2008, denominata Patto dei Sindaci (Covenant of Mayors) nell’am-

bito della seconda edizione della Settimana europea dell’energia sosteni-

bile (EUSEW 2008), un progetto destinato a coinvolgere attivamente le città

europee nel percorso verso la sostenibilità energetica ed ambientale. In Europa

il Patto è stato sottoscritto da oltre 4500 Comuni, in rappresentanza di circa 166

milioni di cittadini. L’Italia detiene il record di adesioni, quasi la metà del totale.

Le adesioni sono oltre 2.000, in rappresentanza di quasi un italiano su due: circa

28 milioni. 124 sono i coordinatori in Europa, 84 i sostenitori, 21 i partner asso-

ciati, 2704 i PAES consegnati, 1195 accettati.

In Italia mettendo insieme, uno a fianco all’altro, Comuni (anche piccoli) e Città

che hanno aderito al Patto dei Sindaci (le adesioni sono 2.195), si può creare un

territorio per superficie e per numero di abitanti (27. 739.852) pari a quasi la metà

della popolazione del nostro Paese, uno stato poco più piccolo dell’Ungheria,

Svizzera e Belgio messi insieme. In pratica un Paese nel Paese che rappresenta

un’unica, grande “officina del fare” per lo sviluppo delle buone pratiche della

sostenibilità che trasformeranno le città e i loro territori in un modello di econo-

mia a bassa emissione di carbonio, elevando la qualità della vita dei cittadini.

Rimane il fatto che la consegna dei PAES va un po’ a rilento: è inferiore alla

percentuale di firmatari in altri Paesi con alta adesione come la Spagna (1285

firmatari di cui il 66% ha consegnato il proprio Piano). Da qui appare evidente il

ruolo fondamentale dei Coordinatori territoriali e dei Sostenitori del Patto nel

supportare i firmatari nella stesura e

sviluppo dei loro PAES.

Il numero dei sindaci firmatari, che si

sono ritrovati sospesi dal prestigioso

elenco con relativa notifica per iscritto

dal segretariato del Patto dei Sindaci,

almeno in Italia, è di 358, oltre il 50%

del totale. Le attuali sospensioni sono

dovute alla mancata consegna del PAES

entro i limiti di tempo fissati dall’ac-

cordo. Non tutto però viene compro-

messo. Un firmatario che non rispetta

i tempi è sospeso, non cancellato dalla

lista. Questo perché una volta conse-

gnato il PAES vedrà il suo status di

firmatario ristabilito. Colpa della crisi

che ha costretto i Comuni a rivedere i

bilanci? Le risposte a questa provviso-

ria débâcle, dipenderanno dalle politi-

che che saranno determinate da qui in

poi, fortissimamente volute dopo l’in-

contro dei coordinatori a Pescara, i quali

dovranno fornire, d’ora in poi, indica-

zioni precise sulle situazioni considerate

critiche nei loro territori. L’evento di

Pescara potrà aiutare in effetti a capire,

ma occorrono sinergie e intese per

proseguire insieme.

UNA NUOVA INTESA PER PROSEGUIRE INSIEMEUn primo passo è stato fatto in Abruzzo.

Energeo potrebbe fare da cinghia di

trasmissione, come ha fatto in passato,

di queste problematiche, anche con

l’edizione on line ed attraverso il Premio

Eco and the City Giovanni Spadolini.

Servirà anche un’analisi scrupolosa

dello sviluppo delle politiche del Patto

in Italia ed in Europa: in questo conte-

sto, un contributo fondamentale può

venire dalla comunità scientifica. Sulla

base di questi presupposti si potrà

meglio individuare quali azioni si met-

teranno in campo. Alcuni suggerimenti

preziosi sono venuti dall’Abruzzo. Un

modo come tanti per guardare avanti.

Il Patto dei Sindaci in cifreIn Europa il Patto è stato

sottoscritto da oltre 4500 Comuni,

in rappresentanza di circa 166

milioni di cittadini.

L’Italia detiene il record di adesione,

quasi la metà del totale. Le adesioni

sono oltre 2.200, in rappresentanza

di quasi un italiano su due: circa

28 milioni. 124 sono i coordinatori

in Europa, 84 i sostenitori, 21 i

partner associati, 2704 i PAES

consegnati, 1195 accettati. Rimane

il fatto che la consegna dei PAES

va un po’ a rilento: è inferiore alla

percentuale di firmatari in altri

Paesi con alta adesione come la

Spagna (1285 firmatari di cui il 66%

ha consegnato il proprio Piano).

Da qui appare evidente il ruolo

fondamentale dei Coordinatori

territoriali e dei Sostenitori del

Patto nel supportare i firmatari

nella stesura e sviluppo dei loro

PAES.

Il progetto avviato dalla

Commissione Europea

il 29 gennaio 2008, è destinato

a coinvolgere attivamente

le città europee nel percorso

verso la sostenibilità energetica

ed ambientale.

All’incontro di Pescara si è registrata la partecipazione della Commissione Europea DG Energia e DG JRC (Joint Research Centre), del Ministero dello Sviluppo Economico, dell’Ufficio Patto dei Sindaci, Regioni, Province, Comuni d’Europa, e di ANCI. A sinistra Iris Flacco, dirigente del servizio di Politica Energetica, Qualità dell’Aria, SINA della Regione Abruzzo, attraverso il quale l’istituzione ha assunto un ruolo guida in Italia nell’applicazione delle azioni necessarie per il raggiungimento degli obiettivi futuri del Patto dei Sindaci. In primo piano l’Assessore all’Ambiente e allo Sviluppo sostenibile della Regione Mauro Di Dalmazio.

In Europa il Patto è stato sottoscritto da oltre 4500 Comuni, in rappresentanza di circa 166 milioni di cittadini. L’Italia detiene il record di adesione, quasi la metà del totale. Le adesioni sono oltre 2.200, in rappresentanza di quasi un italiano su due: circa 28 milioni. 124 sono i coordinatori in Europa, 84 i sostenitori, 21 i partner associati, 2704 i PAES consegnati, 1195 accettati.

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Anno VI - maggio/giugno 2013 Anno VI - maggio/giugno 2013

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Ce ne sono per tutti i gusti di

foto d’epoca che risalgono

anche a fine ottocento ed arri-

vano fino ai giorni nostri, immagini che

ritraggono le marine ed i panorami, ma

anche luoghi, palazzi e monumenti

storici. Ogni località ha la sua storia.

Oggi queste immagini ingiallite appar-

tengono a tanti appassionati collezio-

nisti. Vedendo questi pezzi rari la mente

va lontano nel tempo anche perché si

vedono luoghi oggi irriconoscibili.

L’argomento è oggetto di studio. Ener-

geo Magazine, in collaborazione con

autorevoli docenti dell’Università di

Pisa, ha avviato un’indagine della cono-

scenza dei territori per stabilire una

chiave di lettura appropriata, in parti-

colare dell’inquinamento visivo,

avviando una serie di “lezioni” ad ampio

raggio per il lettori del nostro giornale

che presto sarà diffuso anche on line.

L’ecologia urbana e sociale è stata

fondata da Paolo Rognini (nella foto) e

Paolo Fuligni (rispettivamente geoan-

tropologo e psicologo) con l’intento di

creare una disciplina che potesse com-

prendere finalmente, in modo “olistico”

l’uomo e l’ambiente in un’unica acce-

zione, senza vederne necessariamente

separate le parti. Infatti, la distinzione,

necessaria rispetto ad altre già più o

meno consolidate discipline quali geo-

grafia urbana e umana, psicologia

sociale, antropologia culturale, socio-

logia urbana, ecologia urbana, ecologia

sociale, si esprime in primo luogo per

la specificità dell’oggetto: lo studio dei

luoghi e degli stimoli fisici che danno

adito a comportamenti. Per comporta-

menti si intendono attività, abitudini e

costumi che cambiano tali luoghi, gene-

rando nuovi stimoli, all’interno di una

continua reciproca variazione. In tale

studio gli ambienti urbani e i gruppi

sociali che li abitano, le tecniche di

produzione, gli strumenti materiali ed

ideali, le tecnologie, le mode, la diffu-

sione di modelli di comportamento,

hanno tutti pari dignità e sono concepiti

come componenti di un sistema, di

fatto, inscindibile. Questa vuole essere

una ripartizione particolarmente spe-

cializzata di cui si sente l’esigenza, non

certo per carenze nelle precitate disci-

pline, quanto per la velocità di muta-

zione dell’enorme complesso di

fenomeni osservabili in questo settore

PUNTO

DI V

ISTA

PUNTO

DI V

ISTA

Fotografiamo i casi di inquinamento visivo più clamorosi

Piazza Grande - Il titolo della foto ai tempi nostri appare ad oggi un eufemismo poiché di “grande” ha solo il palazzo centrale. Quindi più che di piazza si dovrebbe parlare di un insieme articolato di spazi e strade che a questo punto hanno finito per perdere i connotati propri sia di strada che di piazza. L’impostazione errata dell’ubicazione del palazzo fa si che questo viene svalorizzato in una sua potenziale qualità architettonica. Così ci viene in mente la ricetta per dequalificare uno spazio urbano: si prenda una bella e grande piazza di stile palladiano, con statue, fontane e aiuole al centro, contornata agli angoli da eleganti edicole; ad un estremo la cattedrale col suo sagrato, a quello opposto il Municipio. È stata concepita per accogliere la gente, per esser luogo di passeggio, di incontro e palcoscenico di pubbliche cerimonie, civili e religiose. Adesso costruiamo al centro di essa un grosso parallelepipedo, un edificio che contiene negozi, uffici, un fast-food e un cinema. Davanti al medesimo facciamo il terminal cittadino degli autobus con alternanza parallela di pensiline e banchine, grossi veicoli arancione, pali, cartelloni pubblicitari, semafori, tabelloni luminosi, insegne. Risultato: ogni prospettiva è scomparsa, anzi, la piazza - visivamente - non esiste più. È l’alterazione gravissima dell’identità storica e culturale di quel centro, lo stravolgimento di quella preziosa fisionomia architettonica. Nessun impiego sociale e socializzante è più possibile; lo spazio residuo ospita piccioni e rari passanti che attraversano di corsa la strada per evitare i veicoli in transito.

Cisternone prima e dopo - Cisternone, opera del Poccianti, pregevole esempio di architettura neoclassica con richiami all’arte greca con la sezione della cupola che riprende il Pantheon a Roma. L’idea aveva previsto la possibilità di accedere alla terrazza che poggia sulle colonne all’esterno dell’edificio per poter godere della vista del viale e dei giardini vicini. Poccianti era ossessionato dalle proporzioni così che prima di inserire il “suo” Cisternone nella piazza fece un attento studio affinché il tutto risultasse armonico nel contesto urbanistico. I gradini dovevano apparire più alti rispetto alla sede stradale per riprendere il concetto di tempio greco. L’immagine che deriva dalla fotografia d’epoca ci dà un senso di ordine, di serenità, di senso dello spazio sia per l’assenza del traffico veicolare, sia per l’equilibrio formale che c’è tra gli edifici opposti che addirittura oltre ad essere di altezza inferiore al Cisternone stesso, sono arretrati rispetto al filo stradale. Invece, nella nuova immagine l’impatto è immediatamente sconvolgente, in quanto vengono ribaltati tutti i canoni che il grande architetto aveva prefissato: il “famoso” ex palazzo di vetro, totalmente invasivo, fuori scala per dimensioni e per scelta di materiali, la cui presenza da sola sarebbe sufficiente ad annullare la presenza degli alberi che erano in perfetto equilibrio con le strade e le case; il traffico, sempre congestionato, il parcheggio selvaggio e la delimitazione della carreggiata stradale con cordolo in cemento quasi a creare una barriera tra il vecchio e il nuovo da rendere visivamente inaccessibile il luogo consacrato a contenere questo monumento dimenticato.

che appare in espansione continua.

Questo ci induce a cercare di isolarlo

e a predisporre appositi strumenti per

sottoporlo ad indagine. Il tentativo è

quello di esprimere uno studio attuale

dell’interazione ambiente urbano/com-

portamenti, una metodologia che con-

senta l’approccio alla suddetta

rapidissima variazione in tempo reale

e non a posteriori. L’epoca presente

ed il contesto urbano industrializzato

di cui si tratta, rappresentano probabil-

mente il complesso di trasformazioni

più veloce che mai si sia registrato sino

ai giorni nostri e manifestano evidenti

segni di ulteriore accelerazione.

“Occorre dunque realizzare un metodo

che tenga conto della velocità, - sug-

gerisce il Professor Paolo Rognini - ma

anche del disordine in cui tali muta-

menti ambientali/sociali/culturali/com-

portamentali si manifestano. Il classico

presupposto di ordinare i fenomeni per

classificarli e inserirli in precisi e univoci

schemi causali, che è caratteristica

delle discipline scientifiche, non è appli-

cabile a quello che ben si può definire

come studio del disordine socio-

ambientale”.

LO SCHEMA DELL’INDAGINEQualsiasi elemento architettonico, sia

esso un edificio, un ponte o una strada,

può costituire un fattore di inquina-

mento visivo. Pensiamo, come citato

in precedenza, all’inserimento del

“nuovo” sul “vecchio” che si è verifi-

cato in Italia nell’immediato dopo-

guerra. La devastazione bellica e la

frenesia di ricostruzione da un lato

assieme alla mancanza di una vera e

propria “cultura della salvaguardia”

dall’altro, hanno sovente dato vita alla

sovrapposizione di architetture cosid-

dette “moderne” su un territorio che

conservava ancora in larga parte antichi

assetti urbanistici e ambienti paesag-

gistici di elevato valore storico-naturale.

Negli ultimi anni, poi, si sono aggiunte

le speculazioni edilizie, gli abusivismi

e le cementificazioni.

Alcuni esempi possono essere elo-

quenti per mostrare la parte “malata”

di un’architettura poco rispettosa e

lungimirante che ha contribuito a com-

promettere le bellezze del “Belpaese”:

Il Belpaese: cosa resta del passatoEnergeo, insieme agli esperti dell’Università di Pisa, va alla ricerca della parte “malata” di un’architettura poco

rispettosa e lungimirante che ha contribuito a compromettere le bellezze italiane. La mancanza di una vera e

propria “cultura della salvaguardia”, le speculazioni edilizie, gli abusivismi, le cementificazioni hanno dato vita alla

sovrapposizione di architetture cosiddette “moderne” su un territorio che conservava antichi assetti urbanistici e

ambienti paesaggistici di elevato valore storico-naturale.

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Anno VI - maggio/giugno 2013 Anno VI - maggio/giugno 2013

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PUNTO

DI V

ISTA

PUNTO

DI V

ISTA

1. Pastiches architettonici, ovvero l’introduzione e la giustapposizione

di elementi gravemente incongrui per provenienza, epoca e stile;

2. I capannoni industriali-commerciali in cemento armato

nel paesaggio agricolo;

3. L’omologazione e la ripetizione ossessiva di modelli architettonici

(ad es. l’assemblaggio di elementi prefabbricati per le civili abitazioni

o il recente fenomeno delle “villette a schiera”);

4. L’inserimento di edifici pubblici avulsi dal contesto e/o

architettonicamente sgradevoli;

5. Le cementificazioni costiere;

6. I “quartieri dormitorio” ovvero le periferie sub-urbane delle medie

e grandi città con il loro traumatico impatto sulla campagna;

7. Il fenomeno degli “ambulanti”, delle “baracchine” con annessa vendita

di gadgets e di oggetti kitsch inseriti in luoghi ad altissimo valore

artistico-culturale;

8. Le macrostrutture destinate a ristoranti ed hotel sui punti panoramici

d’Italia come vette, coste, fiumi…;

9. I ponti o cavalcavia in aree di pregio architettonico;

10. I parcheggi a raso;

11. Le strade e le autostrade.

UN FENOMENO IN COSTANTE CRESCITA Questi sono solo alcuni esempi che

danno il senso e la dimensione di un

fenomeno in costante crescita.

Ma chiunque di noi può quotidiana-

mente esercitarsi ad osservare “casi”

di inquinamento visivo, sia che risieda

in città o in campagna, in periferia o in

un piccolo centro abitato.

Per definire l’inquinamento visivo di

tipo architettonico è necessario consi-

derare due aspetti di base:

a) il dato quantitativo: siamo una

società voluminosa, ingombrante e gli

oggetti architettonici creati divorano

inesorabilmente lo spazio.

Vi è una visione distorta dello spazio,

sia esso campagna o area industriale

dismessa, quasi sempre percepito dai

pianificatori come spazio vuoto da riem-

pire[1].

b) il dato qualitativo: esistono molti

modi di costruire, di modificare lo

spazio. E’ innegabile che la trasforma-

zione dell’ambiente sia un processo

inarrestabile ma il punto è come.

Ci sono moltissimi esempi di valoriz-

zazione, di “riqualificazione”che dimo-

strano come le “buone pratiche” anche

nell’ambito della pianificazione, pos-

sano restituire ai cittadini aree o zone

degradate.

Paolo RogniniProf. a c. Psicologia Socio-Ambientale

Università di PisaHa collaborato l’Architetto Luciano La Letta

Il Belpaese: cosa resta del passato

Cavalcavia della stazione - Eccoci finalmente di fronte ad uno degli scempi visivi più eclatanti nella città di Livorno. Perché uno scempio? Vediamo. Sullo sfondo vi è una preesistenza storica importante, le Fonti del Corallo, inaugurate nel 1910 alla presenza del Re Vittorio Emanuele chiamate anche “Acque della Salute”: cinque sorgenti di acque minerali dalle notevoli doti terapeutiche, dal trattamento di disturbi dello stomaco, del fegato, dell’intestino alla cura dell’obesità, dell’uricemia e della gotta. Una zona a giardini con le belle strutture delle Fonti e della stazione ferroviaria, edifici equilibrati e assonanti per dimensione e per stile Questo “centro benessere” del passato era frequentato principalmente dalla nobiltà, dalla borghesia e da famosi artisti italiani. Esso, oltre che luogo di distensione e relax, era concepito per offrirsi agli occhi di chi arrivava in città.Adesso vediamo in primo piano il cavalcavia, una struttura moderna in acciaio e cemento armato che risponde appieno alla tipologia costruttiva delle strade extraur-bane ad elevata percorrenza. Lo scempio deriva non tanto dal cavalcavia in sé ma dall’accostamento di questa megastruttura ad una realtà storica caratterizzante e dall’assoluto disinteresse a valorizzare un luogo di tale importanza. Così, oltre alla bruttura di tutta l’area che risulta ulteriormente peggiorata dalle retrostanti alte strutture della Cigna e della Porta a Terra, questo spazio risulta assolutamente non fruibile e socialmente abbastanza insicuro, esposto com’è a traffici e commerci di natura assai discutibile.

Largo bellavista - “Bellavista” perché evidentemente questo angolo livornese era stato concepito per offrire - appunto - qualcosa di bello di cui godere. La foto d’epoca infatti ci mostra come appariva Livorno nei primi del ‘900 e quanta ricercatezza c’era nel curare i particolari degli edifici anche se di modesta entità, con un

forte senso del decoro e del rispetto di una ricerca armonica dell’insieme. La ricostruzione dell’edificio, nella foto di oggi, ci fa notare la scarsa attenzione nella cura dell’aspetto decorativo, il semplice riempimento di un vuoto senza alcun riferimento al passato. A peggiorare ulteriormente la situazione vi è stato l’inserimento di un arredo urbano poco rispettoso come spartitraf-fico, rotatorie, illuminazione stradale, alberi, tutti ele-menti che generano una sensazione di caos visivo. In definitiva, oggi il bello è stato cancellato in un’ot-tica ipoteticamente “funzionalista”; evidentemente il valore concreto del bello non è più avvertito né dagli amministratori né dai cittadini.

Dal 1866 sempre

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Anno VI - maggio/giugno 2013 Anno VI - maggio/giugno 2013

43

L a tutela del patrimonio geologico

è necessaria per riconoscere le

tappe evolutive della storia del

nostro pianeta “scritte nelle sue pro-

fondità e sulla sua superficie, nelle

rocce e nel paesaggio” (Dichiarazione

Internazionale della Memoria della

Terra, 1991). Fenomenologia del terri-

torio come campo di ricerca, indagine

e conoscenza. Il realismo fenomeno

logico si applica anche ai temi del

mondo attuale, dove spesso si osserva,

senza farci caso, senza comprendere,

senza porsi una domanda, senza chie-

dersi cosa sono quegli aspetti così

inconsueti del territorio? Hai idea delle

caratteristiche del tuo territorio, dei

punti di forza da promuovere, dei biso-

gni e dei vuoti da colmare, delle zone

che credi di conoscere a menadito,

degli aspetti che ti sembrano familiari?

In questa sezione di Energeo impare-

remo a leggere il territorio, dagli aspetti

geografici e paesistici, agli aspetti geo-

logici e ambientali, e i cosiddetti effetti

speciali creati dalla terra attraverso

l’acqua, l’aria e il fuoco. I nostri esperti

ci aiuteranno ad imparare a conoscere

ciò che ci circonda, per avvicinarci alle

esigenze del territorio, inteso come

bene culturale e ambientale da tutelare.

L’analisi del linguaggio di parole sco-

nosciute ci aiuterà a semplificare la

lettura di queste pagine. La rubrica non

è diretta a esperti, ma alla gente

comune che quello strano fenomeno

che avviene sotto casa lo ha notato da

sempre, sul quale sono fiorite storie e

leggende locali, mischiandolo ad una

miriade di miti, riti e narrazioni. Si tratta

comunque di patrimonio locale, storie

che proviamo a raccontare anche con

l’aiuto di cantori e scrittori locali, auten-

tici appassionati e testimoni di storia

antica, personaggi che cercheremo in

ogni località. Iniziamo questo viaggio

con il percorso tra le mofete che hanno

avuto una grande attrazione in antichità.

ALLA SCOPERTA DELLE MOFETE E DEI SINKHOLEIl geologo Marzia Spera ci ha accom-

pagnato lungo il percorso geoarcheo-

logico alla scoperta delle Mofete e dei

Sinkhole della Media ed Alta Valle del

Sele, guidata da un anziano cantore

del territorio, lo storico locale Damiano

Pipino, 80 anni, che ci ha lasciati, all’im-

provviso, proprio nei giorni in cui sta-

vamo realizzando questa inchiesta (fine

maggio). Un uomo generoso che non

aveva mai smesso di incoraggiare la

ricerca della studiosa ebolitana. Aveva

lavorato fino all’ultimo, appassionato

di storia locale e il suo sviluppo, un

autentico autodidatta, fornito di un

intuito straordinario e una passione

coltivata fin da giovane, prima di entrare

a far parte dell’Arma dei Carabinieri

con il grado di maresciallo, e negli anni

sviluppata in una lunga raccolta di scritti

e di pubblicazioni locali con testimo-

nianze esclusive e ricerche accurate,

manoscritti che oggi rappresentano la

memoria storica di un vasto territorio

( partendo dalla Lucania, alla Val Sele,

dagli Alburni, al Cilento, dalle grotte di

Pertosa e Castelcivita, all’itinerario fra

natura e archeologia, fino all’ultima

scoperta (1992) della grotta del Rosa-

rio, in località Isca Perrigno, vicina alla

foce del Tanagro) ancora inesplorato,

di origini antiche (Neolitico, Eneolitico

o Età del Rame), luoghi (Alta Val Sele)

dove si arrestò la civiltà Hallstattiana

(Età del Ferro). Un modo raffinato per

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Energeo propone una lettura del territorio che parte dagli aspetti geografici, geologici ed ambientali, per finire agli

effetti speciali creati dalla terra attraverso l’acqua, l’aria e il fuoco. Un percorso geoarcheologico alla scoperta delle

Mofete e dei Sinkhole della Media ed Alta Valle del Sele. Un prezioso patrimonio troppo spesso percepito come

semplice monumento della natura, singolarità geologica, mentre la condivisione della sua conoscenza e la sua

fruizione possono trasformarlo in risorsa scientifica ed economica.

Alla scoperta delle Mofete e dei Sinkhole della Media ed Alta Valle del Sele

Un formidabile laboratorio di educazione ambientale, un inedito e straordinario circuito turistico

La geologa Marzia Spera effettua una campionatura di una venuta di gas delle Mofete della zona di San Sisto. Miti e leggende si mescolano alla storia; in località San Sisto, nei pressi di Oliveto Citra, si osservano paesaggi surreali, in una natura incontaminata e aspra dove le mofete caratterizzano il luogo con fuoruscite di vapori e odori di H2S dal terreno.

In alto: Gli ori scoperti in una tomba ritrovata nel sito archeologico di Santo Stefano.

far ricordare, preservare, condividere

e far conoscere la storia locale così

ricca di interesse in una terra già di per

se particolare che ha conosciuto storie

di brigantaggio e di culti antichi, di lupi

mannari e divinità italiche come quelle

delle acque presso il Fonte di Plinio,

consentendo alla popolazione locale di

visualizzare quei luoghi che hanno

migliaia di anni (ci sono tracce che

riportano agli uomini dell’età della

pietra, graffiti paleocristiani e insedia-

menti rupestri, totem neolitico, come

testimoniano recenti scoperte stimo-

late dal maresciallo che guardava con

la lente di ingrandimento il territorio) e

storie ancora avvolte nel mistero come

il mito delle sirene.

Il particolare metodo di “indagare”

sulla “storia del tempo che fu”, oggi

viene testimoniato nei numerosi “rac-

conti del Maresciallo”. Lo scrittore

autodidatta aveva anche intuito come

nell’area del “cratere” del terremoto

che ha colpito la Campania nel 1980

ci fosse un autentico giacimento di

storia ancora molto da esplorare, dimo-

strando di essere un abile narratore

con grande fiuto, fino a scoprire che

sulle pendici nord-orientali della collina

che sovrasta il paese di Buccino, nel

salernitano, fosse conservato un sito

di grande interesse. “In effetti ebbe

ragione - chiarisce l’archeologa Maria

D’Andrea - perché, dopo il terremoto,

vennero alla luce lungo un’area arche-

ologica caratterizzata dalla presenza di

risorgive, (gli scavi eseguiti a seguito

del sisma sono stati completati da

alcuni anni), le testimonianze archeo-

logiche di Buccino che attestano una

diffusa frequentazione ed occupazione

del sito che vanno dall’età Neolitica

fino alla tarda antichità. In età storica

le tracce insediative più consistenti

risalgono alla seconda metà del VII sec.

a.C. continuano per tutto il VI sec. a.C.,

maggiormente nell’età Lucana (IV-III

sec. a.C.) e consistenti testimonianze

si riferiscono alla fase romana.

Nell’area di Santo Stefano, posizionata

sul versante settentrionale del centro

storico della località, sorge un com-

plesso monumentale con funzioni san-

Un patrimonio geologico inestimabile da proteggere e valorizzare

Page 24: ENERGEO MAGAZINE Anno VI Maggio - Giugno 2013

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Anno VI - maggio/giugno 2013 Anno VI - maggio/giugno 2013

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tuariali, tra cui una sala da banchetto con pavimento a mosaico databile alla fine

del IV sec. a.C. Successivamente con l’insediarsi dei romani l’area subisce una

serie di risistemazioni, all’interno di quest’area sacra viene realizzata una piazza

lastricata e viene eretto un altare dedicato alla dea Mefite, divinità italica legata

alle acque, invocata per la fertilità dei campi e per la fecondità femminile. Colle-

gata all’acqua, rappresentava nell’immaginario religioso la potenza divina prepo-

sta ai campi coltivati e alla loro prosperità. Era, insomma, la dea della fecondità.

Una dea mediterranea che probabilmente incarnava l’aspetto più magico e

imperscrutabile della Grande Madre Mediterranea. Per quanto riguarda le origini

e la fondazione della città, il nome Volcei compare intorno alla fine del V sec.

a.C., la cui radice sembra rinviare a un gruppo gentilizio di origine etrusca. All’e-

sterno del sito ci sono altre testimonianze risalenti al neolitico e all’ eneolitico:

gli scavi nell’area sacra di Santo Stefano, dal nome della borgata, hanno riportato

alla luce le Tabernae, il Criptoportico, le Grotte”.

Le due studiose, aiutandosi con il racconto della memoria, fatto dalla gente dei

luoghi sottoposti ad indagine conoscitiva, e ai preziosi suggerimenti del mare-

sciallo, confermano che il termine “Mofete” deriva da Mefite, la dea legata alle

acque e alle sorgenti in generale. Il culto era diffuso in tutta l’Italia che parlava

la lingua osco-sabellica, in particolare nelle zone abitate o frequentate dalle

popolazioni sannitiche. Notizie di scrittori antichi e rinvenimenti archeologici ne

documentano l’esistenza in Irpinia a Rocca San Felice e Frigento, nella Valle

d’Ansanto e a Casalbore, in Lucania a Rossano di Vaglio e Grumentum, a Casal-

vieri (in località Pescarola) a Casa Lattico (in località San Nazario), nella valle di

Canneto a Settefrati al crocevia fra Molise, Lazio e Abruzzo. La presenza di Mefite

si riscontra anche fuori dell’area osco-sabellica: a Cremona e a Lodivecchio,

presso Lodi, a Roma - dove sono attestati un tempio (Aedes Mefitis) ed un

boschetto sacro (Lucus Mefitis) a lei dedicati sull’Esquilino fin dal III a.C., e a

Tivoli. I luoghi di culto di Mefite sono situati quasi sempre in un ambiente carat-

terizzato dalla presenza di acque fluviali o lacustri. È stato ipotizzato che la divinità,

dopo la romanizzazione dell’Italia, sia stata connessa maggiormente e poi esclu-

sivamente alle esalazioni emanate da mofete, da acque sulfuree o corrotte come

quelle stagnanti, che essa doveva impedire, o comunque a luoghi contrassegnati

Un patrimonio geologico inestimabile da proteggere e valorizzare da fenomeni vulcanici. Un aspetto non

ancora indagato è l’eventuale rapporto

tra questo culto e un rito di transizione

quale la transumanza, che costituiva il

passaggio delle greggi ai nuovi pascoli

stagionali. Questa ipotesi è rafforzata

dal fatto che, a ridosso dei percorsi

tratturali, erano presenti antiche aree

sacre dedicate alla Mefite. Non esiste

un’indagine conoscitiva particolareg-

giata su come i Comuni utilizzano

queste risorse poco conosciute per

finalità promozionali del territorio.

LA RICERCA DI ENERGEO MAGAZINE Ci proverà Energeo Magazine, a sup-

porto di un lavoro avviato dal Co.Svi.G

(Consorzio Sviluppo delle Aree geoter-

miche), insieme ad altri Comuni inte-

ressati all’indagine, che va alla ricerca

dei territori dal “cuore caldo“ per farne

un’associazione d’identità aderente a

Res Tipica ANCI, per meglio sprigionare

il calore dell’accoglienza e della tutela,

in una logica di rete e di cooperazione

trasversale ed aperta tra le diverse

realtà del nostro Paese, al fine di

esaltare gli effetti speciali di questi

territori che continuano a stupire.

“L’Alta e Media valle del fiume Sele-

informa Marzia Spera - è tra le aree

più interessanti della Campania dal

punto di vista del paesaggio.

Le bellezze che la contraddistinguono

spaziano dalla semplice osservazione

del paesaggio agli aspetti archeologici

- storici e culturali, passando anche per

quelli enogastronomici.” In un conte-

sto simile non poteva mancare un

percorso di divulgazione culturale ad

ampio spettro che potesse abbracciare

soprattutto gli aspetti geologici ed

archeologici legati a questa porzione

di territorio dell’Italia Meridionale.

“Il comune di Oliveto Citra, in provincia

di Salerno - dice Italo Lullo, sindaco

della località della Val Sele - si inserisce

tra i comuni italiani come quello più

interessante per quanto riguarda il

degassamento naturale dal suolo”.

Con tale terminologia si definisce una

miscela di gas naturali (CO2, SO2 –

Anidride solforosa - H2S - acido solfo-

rico, Elio, Metano, Azoto, idrocarburi

aromatici ed altri gas) che, risalendo

dalle profondità della Terra, trovano

come via preferenziale faglie e fratture.

Grazie all’indagine avviata dal geologo

Spera, sono state riscontrate nel com-

prensorio comunale di Oliveto Citra

ben dieci venute di gas, le cosiddette

“Mofete”, con o senza la presenza di

acqua. Queste “Mofete” costituiscono

un sito di particolare interesse geolo-

gico definito “geosito”.

L’individuazione dei “geositi” offre

numerose opportunità: dalla valorizza-

zione e conservazione del patrimonio

geologico, alla promozione del territo-

rio comunale e provinciale, integrando

la conoscenza di questi fenomeni natu-

rali nei dati nella pianificazione territo-

riale. In questo modo si potenzia

l’attrattiva esercitata dal territorio e

quindi dell’offerta turistica, con la pos-

sibilità di implementare i posti di lavoro

attraverso servizi collegati con l’ attività

turistico-didattica, la cui offerta dovrà

essere potenziata. Eppure questo pre-

zioso patrimonio viene troppo spesso

percepito come semplice monumento

della natura, singolarità geologica,

mentre la condivisione della sua cono-

scenza e la sua fruizione possono tra-

sformarlo in risorsa scientifica ed

economica: un formidabile laboratorio

di educazione ambientale, un inedito

e straordinario circuito turistico.

Durante la risalita dalla profondità della

Terra questi gas possono intercettare

la falda acquifera dando vita spesso a

manifestazioni spettacolari con la for-

mazione di soffioni e/o geyser; altre

volte il degassamento avviene senza

l’intercettazione della falda, in questi

casi si assiste alla visione sul suolo di

zone in assenza completa di vegeta-

zione (fenomeno causato dal fatto che

questi gas sono letali per la maggior

parte degli esseri viventi fatta ecce-

zione per alcune specie di batteri) e

con forte odore di zolfo.

LA DEA DALL’IMMAGINE BIFRONTE Il nome Mefitis è sicuramente osco,

con significato di “colei che fuma nel

mezzo” oppure “colei che si inebria”

o ancora - sembra con maggiore pro-

babilità - “colei che sta nel mezzo”.

A lei veniva attribuito il potere di fare

divinità generalmente femminili legate

ai culti di dèi sotterranei e personifica-

zione di forze sismiche e/o vulcaniche.

Da sempre immaginata bifronte.

Essa è sia Afrodite che Hera, protettrice

della bellezza, dispensatrice di fecon-

dità, ma anche Persefone, signora della

morte. Lo scenario è il territorio tra la

Campania e la Lucania cioè l’Irpinia,

terra antica di transito e di scambio.

Alcuni autori ritengono che sia stata

lei a suggerire il fango come elemento

che regala bellezza ed è toccasana per

una pelle morbida e ad aver ispirato il

piacere di andare alle terme per fare

del proprio corpo una espressione di

bellezza e dolcezza femminile.

Nelle aree sannitiche questa divinità

doveva essere venerata sulle rive dei

laghi e davanti alle sorgenti dei fiumi.

L’ULTIMO RACCONTO DEL MARESCIALLODamiano Pipino, 80 anni, compianto

maresciallo dei carabinieri in pensione

(ci ha aiutato moltissimo in questa

inchiesta) è stato il cantore indiscusso

di questa vasta area. Ha scritto per

Energeo testualmente: “[…] esatta-

mente nel tratto che va dalla località

Casale di Oliveto Citra alla confluenza

del Tanagro con il Sele, in tenimento

di Contursi Terme, lungo le sponde del

da tramite tra la vita e la morte e di

presenziare agli scambi. L’oracolo di

Delfi in Grecia, attribuito al Dio Apollo,

(Dio che si propone come tramite tra

ZEUS e gli uomini) era situato proprio

vicino ad una venuta di gas.

E’ lungo questo loro percorso, pas-

sando anche attraverso Oliveto Citra

e Contursi (zona del Tufaro), giungendo

fino a Vaglio della Basilicata, in provin-

cia di Potenza, che gli Osci divenuti in

seguito Hirpini incontrano “le acque

mefitiche”. Ecco, questo è il luogo

della dea Mefite, una divinità ctonia

come vengono indicate tutte quelle

Fluidi aggressivi a varia temperatura fuoriescono anche oggi in varie parti del Comune di Oliveto Citra. A pochi chilometri di distanza, nell’area compresa tra Monte Ogna, Il Lago di Palo, Monte Pruno e Ponte Oliveto si sono verificati vistosi sprofondamenti che hanno coinvolto le rocce carbonatiche e i detriti calcarei quaternari. L’ultimo sprofondamento è avvenuto nel 1982. Tali fenomeni, chiamati sinkholes, (nella foto sono riconoscibili quelli in località Perrazze, dal punto di osservazione Canale, frazione di Oliveto Citra), rappresentano il risultato della dissoluzione delle rocce carbonatiche causata dai fluidi di origine profonda.

“Il linguaggio delle pietre aiuta a comprendere l’universo fisico che vediamo intorno a noi, da cui muove una rassegna di luci e di ombre, di verità e di errori attraversati dal pensiero umano nella lunga marcia alla scoperta di Dio.” Il compianto maresciallo Damiano Pipino spiegava così perchè la storia e la lettura del territorio lo appassionavano tanto. Energeo Magazine vuole rendergli omaggio pubblicando “l’ultimo racconto del maresciallo”.

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FENO

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FENO

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ERRI

TORI

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Fiume vi sono numerose sorgenti sulfurose che la gente del posto chiama

Mofete, mufete, mefite. Nelle vicinanze di dette sorgenti sono stati rinvenuti

casualmente ex voto, quali monete di vario tipo, vasetti votivi e qualche penda-

glio di ambra rossa. Inoltre, ad Oliveto Citra, nelle vicinanze della sorgente San

Sisto, non mancano i ruderi di antiche chiese cristiane: quella di S. Nicola in

località Pistello Murzio a confine col tenimento di Senerchia, e quelle di Santa

Maria de Faris alla località Casale. Presumiamo che questi fatti trovino un certo

collegamento con quelli della sorgente mefitica di Valle D’Ansanto, della quale,

forse perche meglio conosciuta, per i tempi antichi si hanno le testimonianze di

Cicerone, Seneca, Virgilio, Plinio, Claudiano e Servio […]. Il culto mefitico venne

minato prima dalla politica di Roma e dopo dal Cristianesimo, quindi scomparve

del tutto durante il IV secolo d.C. Le tracce di esso vennero cancellate quasi del

tutto dalle successive invasioni barbariche e dagli stessi fedeli, i quali divenuti

Un patrimonio geologico inestimabile da proteggere e valorizzare

cristiani, abbandonarono e distrussero i templi della dea Mefite […]. Così costru-

irono nuove chiese ad una certa distanza dalle sorgenti mefitiche, ritenendo che

il posto risentisse della superstizione (Gambino N. Op. cit. pag. 76). Tuttavia,

non potendo cambiare le abitudini popolari relative alle feste e le celebrazioni,

ebbero l’accortezza di intitolare le nuove chiese a Santi i cui festeggiamenti

coincidevano con le ricorrenze liturgiche del precedente culto pagano. (Gambino

N. Op. cit. pag. 71). Queste prime chiese cristiane è probabile che col passare

dei secoli siano state soppiantate da quella di Santa Maria de Faris in località

Casale, della Madonna della Grazie e con le cappelle di S. Antonio a “Ponte

Mefita” in Contursi Terme le cui ricorrenze liturgiche sono precedute da fiere

che non sono altro che la continuazione di antiche manifestazioni pagane. (la

fiera di Piceglie di Oliveto Citra istituita nell’Agosto del 1768 è il prosieguo della

festività pagana). Sulla scorta di tutti questi elementi crediamo si possa affermare

che la dea Mefite fu veramente la maggiore divinità degli Irpini, i quali ne diffu-

sero il culto in questa valle del Sele durante la loro discesa in Lucania. Fatto che,

oltre tutto, potrebbe essere confer-

mato da gli ex – voto rinvenuti vicino

alle sorgenti . […]Plinio (Naturalis Histo-

rie, II, 30) parlando dell’ambra riferisce

che si usava portarla appesa al collo

per combattere le malattie della gola.

Non è improbabile che in questi posti

la portassero per scongiurare il pericolo

dei gas delle sorgenti mefitiche, che

producono appunto il soffocamento”.

MA COSA CENTRANO I TERREMOTI?La penisola italiana è frequentemente

soggetta a sismi di intensità e tipologie

variabili in larghissimo spettro conti-

nuamente monitorati, in meridione e

nelle isole dall’Osservatorio Vesuviano,

Istituto Nazionale di Geofisica e Vulca-

nologia, che svolge analisi nel labora-

torio di Geochimica dei Fluidi, utilizzando

le metodologie gas-cromatografiche.

E’ stata realizzata una stazione auto-

matica per la misura della pressione

dei fluidi posizionata sulla mofete “La

Varchera”, con trasmissione dei dati

via GSM per monitorare la pressione

dei fluidi emessi, la pressione atmo-

sferica, la temperatura dell’aria e tem-

peratura della manifestazione gassosa.

Il progetto ha previsto e prevede ancora

il prelievo e le relative analisi dei gas

e/o acque di 9 venute gassose distri-

buite lungo circa 180 km dell’Appen-

nino meridionale lungo un arco che va

dal Lazio meridionale al Potentino.

Questo settore è caratterizzato sia da

importanti emissioni gassose quasi

tutte a CO2 dominante, che da cata-

strofici terremoti avvenuti negli ultimi

due secoli. Si prevede con questo

studio di valutare le eventuali variazioni

della composizione chimica dei gas

delle diverse venute, in risposta alle

variazione della permeabilità crostale.

Tra il degassamento dal suolo, le acque

circolanti, gli sprofondamenti (i cosidetti

Sinkhole) e la sismicità dell’area d’in-

teresse esistono forti legami.

In particolare l’area dell’Appennino

Meridionale, considerando la zona che

si estende dal Molise alla Basilicata, è

stata interessata in un non lontano

passato da forti eventi sismici, con

intensità anche maggiore del X grado

MCS, con aree epicentrali sia nella

regione molisana che in quella cam-

pano-lucana. L’ultimo forte terremoto,

quello del 23 novembre del 1980, ha

causato la morte di circa 3000 persone.

Cosa centrano le mofete da tempo

oggetto di approfonditi studi scientifici?

“La comprensione del meccanismo di

degassamento del Mantello, il contri-

buto alla deformazione crostale e alla

generazione di terremoti, è il principale

obiettivo delle Scienze della Terra nella

Nostra Penisola e merita grande atten-

zione” - conferma il geologo Marzia

Spera. Ne consegue che il compren-

sorio di Oliveto Citra con le sue

“mofete” rappresenta un promettente

laboratorio naturale verso una migliore

definizione tra variazioni geochimiche

e attività sismica.

Luigi LetterielloHanno collaborato

Marzia Spera, geologo; Maria D’Andrea, archelogaDamiano Pipino,

storico autodidatta, maresciallo in pensione

GLOSSARIO DEI TERMINI UTILIZZATI IN QUESTA INCHIESTA

MOFETA […] in geologia, emissione diretta di anidride carbonica (CO2) e di altri gas allo stato secco, diret-tamente dal suolo. Deriva dal greco mephitìs = fetore.

SINKHOLE […] Il termine sinkhole (letteralmente significa “buco sprofondato”) è stato introdotto per la prima volta da Fairbridge (1968) per indicare una depressione di forma sub-circolare dovuta al crollo di piccole cavità carsiche sotterranee, sinonimo dunque di dolina. In Italia il termine sinkhole è stato introdotto, a partire dagli anni novanta, per indicare un tipo particolare di sprofondamento, con forma sub-circolare, ma di genesi incerta che si apre rapidamente in terreni a granulometria variabile.

MEFITE […] divinità italica legata alle acque. Il nome Mefitis è sicuramente osco, con significato di “colei che fuma nel mezzo” oppure “colei che si inebria” o ancora - sembra con maggiore probabilità - “colei che sta nel mezzo”. A lei veniva attribuito il potere di fare da tramite tra la vita e la morte e di presenziare agli scambi.

ANIDRIDE CARBONICA (CO2) […] L‘anidride carbonica (nota anche come biossido di carbonio o diossido di carbonio è un ossido acido (anidride) formato da un atomo di carbonio legato a due atomi di ossigeno.È una sostanza fondamentale nei processi vitali delle piante e degli animali. È ritenuta uno dei principali gas serra presenti nell’atmosfera terrestre. Respirare un’atmosfera particolarmente ricca di CO2 produce un sapore acidulo in bocca ed un senso di irritazione nel naso e nella gola; ciò è dovuto al suo reagire con l’acqua per formare acido carbonico. Non è tossico in sé, ma non è respirabile.

MCS è la scala Mercalli modificata. E’ una scala che misura l’intensità di un terremoto tramite gli effetti che esso produce su persone, cose e manufatti. La scala Mercalli trae origine dalla semplice scala Rossi-Forel, di 10 gradi, derivando poi il nome da Giuseppe Mercalli, sismologo e vulcanologo famoso in tutto il mondo. Nel 1902 la Scala Mercalli di 10 gradi venne espansa a 12 gradi dal fisico italiano Adolfo Cancani. Essa fu in seguito completamente riscritta dal geofisico tedesco August Heinrich Sieberg e divenne nota come scala Mercalli-Cancani-Sieberg, abbreviata con MCS.

MANTELLO In geologia e in geofisica il mantello terrestre è uno degli involucri concentrici che costituiscono la Terra. Si tratta di un inviluppo solido, a viscosità molto elevata, compreso tra la crosta e il nucleo, avente uno spessore di circa 2970 km.Rappresenta l’84% in volume dell’intero pianeta

Il geologo Marzia Spera, l’archeologa Maria D’Andrea e il maresciallo Damiano Pipino ci hanno aiutato a raccontare la fenomenologia del territorio, attraverso le “scritte nelle sue profondità e sulla sua superficie, nelle rocce e nel paesaggio”. Un territorio che ci riserva sempre delle sorprese, come nella foto a pag. 47, con le caratteristiche venute di gas.

Geologi, “gente del fare” (nella foto mentre posizionano una stazione di misura) che hanno una conoscenza approfondita dell’ambiente fisico, in superficie e nel sottosuolo. Queste informazioni rappresentano il punto di partenza irrinunciabile per una precisa analisi dei processi geologici e geodinamici in atto sul nostro pianeta, per la valutazione e il corretto uso delle risorse utilizzabili dall’uomo, per la pianificazione di un uso corretto del territorio, indispensabili per individuare ed evidenziare le possibili situazioni di rischio (frane, alluvioni, subsidenza, attività sismica, attività vulcanica, etc.) e per la progettazione degli interventi tesi a prevenirle, correggerle o a mitigarne i danni.

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Anno VI - maggio/giugno 2013 Anno VI - maggio/giugno 2013

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Chi l’ha detto che nei territori

lavici o che presentano mani-

festazioni di vapore acqueo a

temperatura elevata, tra sorgenti e

fumarole, non nasce un filo d’erba?

Vulcania, il Forum internazionale sui

vini bianchi prodotti in suoli vulcanici,

lo ha smentito categoricamente, costi-

tuendo una rete di territori vitivinicoli

che da qualche tempo hanno deciso

di studiare le problematiche comuni e

di discuterne in una serie di convegni

itineranti, che si sono svolti in varie

località coinvolte nel progetto. Si tratta

di alcuni fra i posti più interessanti

d’Italia, belli in quanto tali e resi ancor

più conosciuti dai rispettivi vini, famosi

in tutto il mondo. Parliamo della zona

del Soave, presso Verona, così come

dei Campi Flegrei o di Ischia nei dintorni

di Napoli, o ancora dell’Etna, di Gam-

bellara, di Pitigliano, della Lessinia,

patria del Durello, e dei meravigliosi

Colli Euganei, in provincia di Padova.

Vulcania potrebbe interagire con la

nascente Associazione delle località

dal Cuore caldo, aderente a RES Tipica

ANCI, al fine di scambiarsi esperienze

e buone pratiche, lavorare in sinergia,

raccontare, ascoltare, sostenersi a

vicenda, promuovere il confronto a più

livelli su cibo, vino e territorio. Con la

lente di ingrandimento andiamo alla

ricerca di questi luoghi, invitandovi a

visitarli, unendo magari un rilassante

soggiorno termale, perché, guarda

caso, dove la terra ha il “cuore caldo”,

il benessere è garantito da sorgenti,

fumarole, fanghi che si trovano pres-

sochè in tutti questi territori, con centri

attrezzati ed altamente qualificati e,

grazie ad una ricerca scientifica all’

avanguardia, tutti gli stabilimenti di cura

utilizzano sofisticate tecnologie per

ogni tipo di terapia. Come ad esempio

a Montegrotto e Abano sui Colli Euga-

nei, dove natura e cultura vanno a

braccetto: una visita (con “medita-

zione” inclusa) alla splendida villa cin-

quecentesca inaugurata giusto un paio

d’anni fa dal FAI, Fondo Ambiente

Italiano, dopo anni di restauri costati

sette milioni di euro. Si tratta della Villa

dei Vescovi di Luvigliano di Torreglia,

donata al FAI dalla famiglia Olcese.

Fu costruita fra il 1535 e il 1542 come

“pensatoio” per il vescovo di Padova

Francesco Pisani, da un’idea del nobile

veneziano Alvise Cornaro e col con-

corso di alcuni grandi architetti dell’e-

poca, come Giovanni Maria Falconetto,

Giulio Romano e Vincenzo Scamozzi.

Logge meravigliose si affacciano sulla

vigna che circonda il terrapieno sul

quale sorge la villa.

Dai loggiati si può ammirare dal vivo il

paesaggio dei Colli Euganei, quello

stesso che si ritrova sulle pareti interne,

affrescate dal fiammingo Lambert

Sustris. Per proteggere quel verde è

nato il Parco dei Colli, con numerose

vigne dalle quali nasce la recente Docg

Fior d’Arancio, prodotta soprattutto in

versione spumantizzata. Bollicine da

moscato giallo, ottime per concludere

in leggerezza un pasto. Istituito con L.

R. 10.10.1989 n.38, il Parco com-

prende, totalmente o in parte, 15

Comuni e si estende per circa 18.694

ettari. Sono presenti i maggiori rilievi

ROAD M

AP

ROAD M

AP

Road Map nelle località caratterizzate

da sorgenti,fumarole e fanghi

collinari della Pianura Padana. Essi si

ergono, nettamente isolati, a sud-ovest

di Padova (la massima elevazione, il

Monte Venda, raggiunge quota 601).

La particolare ubicazione e genesi vul-

canica, le diverse condizioni climatiche

a seconda della zona, la presenza attiva

dell’uomo fin dai tempi più remoti,

rendono il Parco unico per le sue ampie

ricchezze naturali, paesaggistiche,

ambientali, culturali, artistiche e socio-

economiche. Con la Legge Istitutiva e

l’approvazione del Piano Ambientale,

il Parco si dota di adeguati strumenti

per la tutela e valorizzazione dell’am-

biente, per l’incremento dello sviluppo

economico e sociale del suo territorio

in una logica di sostenibilità.

La zona dei Colli Euganei è tra le più

rinomate d’Italia per quanto riguarda

la presenza di risorse termali, che costi-

tuiscono una importante attrazione

turistica a livello internazionale.

Riguardo all’origine del termalismo si

fa riferimento ad un modello che

esclude qualsiasi relazione tra le acque

calde e il fenomeno vulcanico euganeo,

troppo antico per rappresentare ancora

una sorgente attiva di calore. Nei Colli

Euganei sono presenti due categorie

fondamentali di rocce: vulcaniche e

sedimentarie. Le rocce sedimentarie

si sono formate nel corso di milioni di

anni dal deposito di fanghiglie calcaree

e microrganismi.Tali rocce contengono,

in molti casi, i resti fossilizzati di orga-

nismi marini ed è attraverso lo studio

dei fossili (in particolare dei microfossili)

che è possibile la datazione delle rocce

stesse. L’ottanta per cento della super-

ficie del territorio del Parco Colli è terra

coltivata. Il Parco dei Colli Euganei è

una realtà del tutto singolare, plasmata

nei millenni dall’attività dell’uomo: la

vite sui Colli era già coltivata nell’Età

del Ferro, l’ulivo era presente sin dall’e-

poca romana. “All’Ente Parco spetta

il compito di garantire ed incentivare

le produzioni di pregio tipiche del ter-

ritorio, per un equilibrato sviluppo dell’e-

conomia locale. - spiega il Presidente

Gianni Biasetto. La storia geologica del

territorio euganeo, la singolare morfo-

logia dei rilievi e il clima hanno favorito

lo sviluppo di diversi habitat, dove

ambienti di tipo montano, quali boschi

di castagno o quercia, lasciano il posto

repentinamente ad altri caldo aridi

come macchia mediterranea e prati

aridi calcarei. Un mondo pulsante di

vita che sfiora, circonda o attraversa

gli habitat dell’uomo facendo proprie

le aree verdi destinate a parchi e giar-

dini. Impareremo a conoscere le altre

località. Le più note sono i Campi Fle-

grei, le isole di Ischia e Procida e il

Parco nazionale del Vesuvio.

In Basilicata il Vulture, e in Sicilia, il

Parco dell’Etna che raggruppa 20

Comuni che si adagiano con almeno

una parte del loro territorio sulla fascia

etnea, semmai accompagnati da Gio-

vanni Tomarchio, il tele cineoperatore

della RAI che ci ha fatto conoscere,

in queste pagine, alcune escursioni del

vulcano ancora attivo. La road map di

Energeo Magazine, alla ricerca delle

zone dal “cuore caldo” continua.

Mario Bruga

Territoridal cuore caldoVulcania, il Forum internazionale sui vini bianchi prodotti in suoli vulcanici, ha costituito una rete di territori vitivinicoli

che da qualche tempo hanno deciso di studiare le problematiche comuni e di discuterne in una serie di convegni

itineranti, che si sono svolti in varie località coinvolte nel progetto. Si tratta di alcuni fra i posti più interessanti

d’Italia, belli in quanto tali e resi ancor più conosciuti dai rispettivi vini, famosi in tutto il mondo.

Il clima dei Colli Euganei è temperato, caratterizzato da condizioni termiche quasi mediterranee, inverni miti, estati calde e asciutte e buone escursioni termiche fra il giorno e la notte.

In alto: Gianni Biasetto, presidente dell’Ente Parco dei Colli Euganei. A fianco: La villa dei Vescovi di Luvigliano di Torreglia, donata al FAI dalla famiglia Olcese.

A destra: Il Monte Fasolo, caratterizzato da boschi di carpini, frassini, roverella e un sottobosco tipico con corniolo e biancospino. Lungo i sentieri, in primavera, è possibile vedere la fioritura rosa dell’albero di Giuda, mentre in autunno si accende il rosso delle foglie dello scotano.

A sinistra: Il paesaggio dei Colli Euganei è un’eccezione alla regola orizzontale del paesaggio che lo circonda. Un luogo che conserva angoli miracolosamente incontaminati, una storia con radici antichissime, un legame speciale con la cultura.

Nel riquadro: L’Enoteca offre la possibilità di degustare i vini prodotti dai viticoltori associati al Consorzio Tutela vini Colli Euganei.

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Anno VI - maggio/giugno 2013 Anno VI - maggio/giugno 2013

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I CANTO

RI D

EI L

UOG

HI

I CANTO

RI D

EI L

UOG

HI

Era l’alba a quota duemila, un’alba

livida, triste. I primi raggi di un

nuovo sole accarezzavano

radenti i fianchi del vulcano. Lungo un

crinale, in totale controluce, la silouette

di un gruppo di uomini che scendevano

verso valle. Sulle spalle di ogni coppia

- uno avanti, l’altro dietro - una bara.

Ad ogni passo, il lento incedere dei

piedi creava una nuvola nera che si

sollevava avvolgendo la scena di impal-

pabile fuliggine e creando come una

nebbiolina che rifrangeva la luce. Uno

spettacolo di immensa suggestione,

una visione bella e terribile. Perché in

quelle bare c’erano i corpi di nove

medici che, a Catania per un congresso,

erano saliti in gita fino al cratere centrale

dell’Etna ed erano morti colpiti da

enormi massi scagliati dal cratere

durante un’improvvisa attività esplo-

siva.Sono passati tanti anni, ma

quell’immagine non la dimenticherò

finche’ campo, anche perché, nella

storia millenaria del vulcano, fu quella

la prima e ultima volta che un’eruzione

provocò delle vittime. Quanti perché

mi sono posto fin da allora! Perché un

cono nero, di forma dunque banale,

senza una macchia di verde o una pozza

d’acqua, senza un prato né un fiore,

fatto solo di enormi distese di ruvida

lava, riesce a suscitare tante passioni

e tanto amore da condizionare intere

esistenze di uomini?

Perché l’Etna è un mal sottile che

comincia a circolare nel tuo corpo e

dal quale non ti liberi più? Ce ne sono

stati, ce ne sono e ce ne saranno tanti

di uomini il cui cuore batte all’unisono

con i boati del vulcano: uno di loro,

giornalista e operatore della RAI, ha

lavorato con me per moltissimi anni

ed è il più grande, geniale, autentico

testimone degli ultimi 40 anni di attività

di questo vulcano che è ora entrato

finalmente nel prestigioso scrigno del

patrimonio dell’umanità dell’UNESCO.

Il suo nome è Giovanni Tomarchio.

I suoi reportage hanno sempre impres-

sionato per l’irraggiungibile bellezza

delle immagini, una sequenza di fiumi

di magma luccicante, fontane spetta-

colari di fuoco, esplosioni accompa-

gnate dal tonante ruggito del vulcano.

E ovviamente, hanno fatto il giro del

mondo, proprio perché esprimevano,

in modo perfetto, l’impressionante e

irresistibile potenza della natura, l’esi-

bizione delle viscere del pianeta.

“Vivevo, e vivo, a Zafferana Etnea - dice

con quel suo quieto parlare - e la pas-

sione per l’Etna l’ho ereditata da mio

padre, che era un bravissimo fotografo

e che ha introdotto a Catania per primo

Puccio Corona intervista Giovanni Tomarchio, il cineoperatore della RAI, che, attraverso i suoi reportage,

ha fatto conoscere in tutto il pianeta l’Etna. L’irresistibile potenza della natura raccontata attraverso le immagini:

fiumi di magma, fontane spettacolari di fuoco, esplosioni accompagnate dal tonante ruggito del vulcano

Etna, la montagna di fuoco che ammaliaIl più grande vulcano attivo d’Europa ha peculiarità naturalistiche e culturali che lo rendono un luogo straordinario. Il

fascino dei crateri sommitali e la magia della Valle del Bove, uno scenario naturale potente e terribile che seduce.

Un’enorme distesa di ruvida lava riesce a suscitare tanta emozione da condizionare intere esistenze di uomini. Grandi vulcanologi e straordinarie guide hanno condiviso la passione per “a muntagna”, animati dalla stessa passione di Giovanni Tomarchio, nella foto,in alto,

insieme alla guida dell’Etna Turi Carbonaro e al vulcanologo dell’INGV Marco Neri.

Giovanni Tomarchio ha ereditato da suo padre la passione per la fotografia. Giornalista e operatore della RAI, è considerato il più grande testimone dell’attività dell’Etna, il vulcano attivo più grande d’Europa, riconosciuto dall’UNESCO patrimonio dell’Umanità.

In alto: Una sequenza di fiumi di magma luccicante, che provocano boati ed esplosioni, rappresentano l’irresistibile potenza della natura.

Puccio Corona (nella foto) è tra i volti più noti e stimati del giornalismo italiano. Professionista a soli 24 anni, comincia subito a lavorare con la Rai nella redazione di Catania. Nell’azienda di Viale Mazzini si occupa di molteplici argomenti, dallo sport alla cronaca, prevalentemente come inviato. Firma prestigiosa del Tg1, nell’autunno del 1986 è uno degli artefici del successo di Uno mattina, la trasmissione che da oltre 25 anni sveglia tutti gli italiani nelle loro case. Nel luglio del 1994 passa alla conduzione di un nuovo programma sul mare, da lui stesso ideato: Lineablu. La trasmissione ottiene ascolti importanti e resta sotto la conduzione di Corona fino al 1998. Con-duttore televisivo, inviato di guerra, telecronista. E soprattutto amico di Giovanni Tomarchio, il cantore dell’Etna, suo conterraneo col quale condivide la passione per la televisione e quella per la sua terra di origine: Catania.

Puccio Corona, un protagonista del giornalismo televisivo

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Anno VI - maggio/giugno 2013I C

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la foto a colori. Quando andava, lui mi

portava con se’ sul vulcano e i miei

occhi si riempivano di colori, sensazioni,

emozioni assolutamente unici. Poi

questa mia passione si è sposata con

la professione: cinque anni di scuola

del cinema a Roma, poi operatore alla

RAI di Catania, poi giornalista. E l’Etna,

grazie alla RAI, è stata per me una

vetrina straordinaria”.

Vediamo di scavare un po’. Ci fai

capire l’origine di questa passione?

Perché l’Etna ti avvince da quando eri

bambino? La risposta è sorprendente:

“Mi sfugge e basta. So soltanto che

questo vulcano fa parte della mia vita.

È diventato un punto di riferimento.

Vivo questa passione con la massima

semplicità, è una cosa spontanea,

cresciuta nel tempo. La’ ho gli amici

più cari, la’ quasi dimentico la mia vita

privata, la’ ho trascorso esperienze

indimenticabili. Una volta ero in gita

con la famiglia - finalmente - e improv-

visamente mi chiamarono perché era

cominciata un’eruzione. Piantai tutti e,

mentre andavo, mia figlia, che era

proprio piccola, mi chiese semplice-

mente: la gita è finita?”.

In fondo hai avuto il privilegio di accop-

piare un bel lavoro con una grande

passione. Immagino che ti consideri

un uomo felice…

“Non è completamente così, in realtà

la mia è una passione, come dire?,

inquinata, perché, quando lavori per i

telegiornali e un servizio si riduce ad

un solo minuto, senti una profonda

delusione, hai la consapevolezza che

non sei riuscito ad esprimere la realtà,

non hai trasmesso quello che hai vis-

suto assistendo a quello spettacolo

straordinario. È per questo che adoro

l’aspetto documentaristico della mia

professione. Nel documentario scegli

L’Etna, un territorio dal cuore caldo luce, tempi, atmosfera, vento, vai anche quando il vulcano è a riposo, non è

scattata la macchina dei controlli, non sei sacrificato alla stretta attualità. Il mio

è un rapporto quieto, silenzioso, intimo. Per tutta la vita ho fatto questo lavoro

da mediano; quando giro un documentario mi sento un attaccante. E allora

preferisco salire su in cima all’Etna quando al lavoro sono di riposo, armato di

una semplice telecamerina nello zaino. Documentare è il mio mestiere, il mio

vizio e, forse, la mia vanità. E allora sì che sono un uomo felice”.

Passione è un termine piuttosto banale. Come la chiameresti, in altro modo?

“Devozione, perché spesso mi pongo la domanda: documentare le magie del

vulcano o tenere gelosamente tutto per se’? Anche perché, dietro le quinte di

questa rappresentazione teatrale in quota che è un’eruzione, ci sono interessi

privati, protagonismi, carriere, meschinità, che col tempo mi hanno provocato

un crescente disagio”. E parla indirettamente, Giovanni, anche dell’aspetto

distruttivo del vulcano che ad ogni eruzione seppellisce regolarmente alberghi,

impianti di risalita, casematte, rifugi, strade, coltivazioni. E l’uomo, arrogante,

ricomincia a costruire, sfregiandolo, sfidandolo. Un’eterna e impari lotta con la

natura. Ce ne sono tanti, di uomini animati dalla stessa, bruciante passione di

Giovanni Tomarchio. Li ricorda lui stesso, con la consueta modestia.

Grandi vulcanologi come Fanfan Le Guern, Tazieff, Villari, Bàrberi, Marco Neri e

straordinarie guide come Alfio Mazzaglia, Turi Carbonaro, i fratelli Antonio e

Orazio Nicoloso (che definisce, vulcanologicamente, uno “effusivo e l’altro

esplosivo”). “Per me l’Etna è maschio, anche se ha generato questi fantastici

personaggi”. Uno dei suoi cinque, splendidi documentari, Giovanni Tomarchio

l’ha intitolato “La corda spezzata”, come si spezza la vita degli alberi investiti

dalla lava incandescente, che emettono prima di bruciare un sibilo, una sorta di

lamento finale. “Mi sento sedotto e intimorito - conclude -, fragile presenza in

tanta dilagante natura”.

Puccio Corona

Il vulcanologo Marco Neri ha scattato questa suggestiva foto dove la colata di lava sembra lambire il campanile della chiesa di Zafferana Etnea, paese natale di Giovanni Tomarchio, il giornalista-operatore che ha diffuso, attraverso la Rai, in tutto il mondo le suggestive immagini dell’Etna.

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Anno VI - maggio/giugno 2013 Anno VI - maggio/giugno 2013

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Carlin Petrini, presidente di Slow

Food Internazionale, uno dei

più convinti sostenitori di un’a-

gricoltura maggiormente “compati-

bile”, l’aveva promesso e l’ha fatto.

La visita in Toscana era stata prean-

nunciata soltanto qualche settimana

prima, confermata all’assessore Anna

Rita Bramerini che l’aveva invitato per

fargli conoscere le particolari peculiarità

del territorio geotermico.

L’iniziativa si è svolta a Larderello, in

una sala gremita, organizzata da

Co.SVI.G. (Consorzio Sviluppo delle

Aree Geotermiche) e da Slow Food

Toscana per far incontrare le aziende

della Comunità del Cibo ad Energie

Rinnovabili, nata a seguito del progetto

“Gusto Pulito”, condiviso tra le due

organizzazioni, volta a valorizzare la

produzione di cibo a filiera corta pro-

dotto utilizzando energia rinnovabile.

Lo scopo era quello di promuovere

l’interesse legato al cibo come porta-

tore di piacere, cultura, tradizioni, iden-

tità, e uno stile di vita, oltre che

alimentare, rispettoso dei territori e

delle tradizioni locali. Il progetto, avviato

nel 2007 nel Distretto delle Energie

Rinnovabili, all’interno della cosiddetta

area geotermica tradizionale, ha por-

tato, successivamente, alla costituzione

di quella che può essere considerata

la prima Comunità del Cibo a livello

mondiale che ha posto l’attenzione

sull’energia utilizzata nel ciclo produt-

tivo oltre che, naturalmente, sulla qua-

lità delle materie prime.

Il filo rosso che valorizza il metodo di

produrre cibo a filiera corta e di alta

qualità è proprio il fatto di utilizzare

energie rinnovabili. Un percorso che è

iniziato dalla geotermia e adesso ha

intercettato anche tutte le altre energie

rinnovabili. Nel corso dell’incontro

Petrini, piemontese di Bra, ha dato il

via ad un appassionato intervento sul

valore del cibo che ormai ha soltanto

un prezzo e non più valore.

“Un tempo si risparmiava anche la

legna utilizzata nel camino. Sono cre-

sciuto - ha confidato prima di intervenire

alla riunione - in un mondo in cui il cibo

era un momento di condivisione cen-

trale e rituale, di cui si conoscevano

tutti i passaggi, rispettando la fatica

che ci stava dietro. Avevo anche impa-

rato a pulire il focolare e preparare le

“balote”, palle di carta di giornale

bagnata, pressata e asciugata, insupe-

rabili per accendere il camino. E questa

esperienza mi ha invogliato a occuparmi

di cibo “buono, pulito e consapevole”.

Con la forza comunicativa che lo ha

reso famoso in tutto il mondo (il Time

ha definito Carlin Petrini uno degli

uomini in grado di salvare il nostro

pianeta) e con l’eloquio di chi è abituato

a pesare le parole, ha avvertito, prima

di entrare nella discussione: ”Questa

visone olistica è indispensabile per i

nuovi paradigmi, siatene orgogliosi”.

Poi, rivolgendosi agli agricoltori che

hanno realizzato il progetto, dopo aver

fatto un’analisi delle origini della crisi

attuale e indicato la strada per uscirne:

“ritornate al vero concetto di economia

che è governo della casa, mentre

questo modello economico non l’ha

governata ma l’ha distrutta”. Ed ha

aggiunto: “Bisogna, invece, ritrovare

la giusta armonia tra prezzo e valore,

laddove, per valore non s’intende sol-

tanto quello economico, ma il com-

plesso di cultura, storia, tradizioni e

saperi locali che ogni prodotto della

Terra porta con sé”.

La sua teoria parte dalla spiegazione

di questa crisi che, a suo avviso, non

si risolve con gli aiuti alle imprese, ma

è di tipo entropico. Bisogna far capire

che se si vuole superare questo

momento economico bisogna ripensare

la produzione: produrre meno, produrre

meglio, produrre pulito, produrre più

qualità. E’ nessessario tornare alle

origini, si deve abbandonare l’ottica di

produzione industriale e tornare a una

produzione artigianale che ponga l’at-

INIZ

IATIVE

INIZ

IATIVE

Incontro a Larderello con Carlin Petrini, fondatore di Slow Food, un’associazione internazionale non-profit,

che conta 100 000 iscritti, volontari e sostenitori in 150 Paesi e una rete di 2000 comunità che praticano

una produzione di cibo su piccola scala, sostenibile e di qualità

tenzione sull’energia utilizzata nel ciclo

produttivo oltre che, naturalmente,

sulla qualità. “Ci tenevo a partecipare

a questo incontro - ha detto Petrini -

perché parlare di qualità del cibo in

Toscana e abbinare questo allo sviluppo

delle energie rinnovabili, cuore del pro-

getto avviato da Co.SVI.G. e Slow Food

Toscana, significa introdurre uno

sguardo di modernità e di speranza per

il futuro e da qui può partire un segnale

di grande respiro per tutte le comunità”.

LA COMUNITÀ DEL CIBO AD ENERGIE RINNOVABILI UN ESEMPIO VIRTUOSO DA ESPORTARE“Si tratta di una grande battaglia di

civiltà - ha chiarito Petrini - da combat-

tere sconfiggendo le crisi del momento:

finanziaria, ambientale, energetica e,

non ultima, culturale e politica.

E’ una crisi di sistema alla quale bisogna

reagire partendo dalle cose più semplici

come ad esempio il cibo, per proteg-

gere la salute del pianeta, partendo

dalla difesa dell’ambiente e dal con-

sumo del territorio”. Ha poi aggiunto:

“Questo approccio deve guardare ad

una produzione agricola di qualità, a

ridurre gli sprechi, a salvaguardare la

biodiversità, ad una ricerca di armonia

tra agricoltura e produzione energetica

che rifugga dal concetto di concentra-

zione della produzione di energia

perché fare grandi produzioni energe-

tiche, siano campi di fotovoltaico o

campi di mais per le biomasse, mette

a rischio il futuro della produzione agri-

cola e della zootecnia, perché l’approc-

cio della concentrazione segue la linea

dell’entropia e rappresenta un ricatto

nei confronti dei contadini”.

Un approccio, quello richiamato dal

Presidente di Slow Food Internazionale,

che è l’anima del progetto della Comu-

nità del Cibo a energie rinnovabili, che

lui ha definito un “esempio virtuoso

da portare anche dove non c’è la geo-

termia”. “Questa visione olistica è

anche il metodo - ha spiegato l’Asses-

sore regionale all’ambiente Annarita

Bramerini - che ha ispirato le azioni in

cui mettendo assieme l’energia con le

altre politiche ambientali abbiamo cer-

cato di legare meglio e puntare su due

elementi che sono fortemente carat-

terizzanti e identitari della nostra

regione, ovvero da un lato la presenza

di un ambiente di grande valore che

tiene assieme l’agricoltura, il paesaggio

e la sapienza nella sua trasformazione

e dall’altro la presenza di una risorsa

importante come il calore che viene

dalla terra”. Sono state individuate due

direttrici: la filiera del calore e la filiera

del legno. La presenza di aree boscate

e aree agricole ci consegna un quan-

titativo di biomassa a filiera corta impor-

tante, così come il mantenimento di

questi ambienti è altrettanto importante

per la difesa del suolo e per contrastare

il dissesto idrogeologico.

La filiera del calore significa geotermia

con tutte le sue declinazioni e in parti-

colare la media entalpia che ruota

attorno ai comuni geotermici e la bassa

Slow food,una filosofia vincenteCarlin Petrini ha incontrato le aziende della Comunità del Cibo ad Energie Rinnovabili, nata a seguito del progetto

“Gusto Pulito”, condiviso tra Co.SVI.G. (Consorzio Sviluppo delle Aree Geotermiche) e Slow Food Toscana. Un

percorso che è iniziato dalla geotermia e adesso ha intercettato anche tutte le altre energie rinnovabili.

Il progetto, avviato nel 2007 nel distretto delle energie rinnovabili ha fatto da apripista ad altre iniziative simili, nella

consapevolezza che il cibo deve essere “buono, pulito e giusto”.

L’Assessore regionale all’ambiente Annarita Bramerini ha fatto notare come In Toscana, nel sottosuolo, ci siano potenzialità inespresse da tradurre in risorse: l’energia rinnovabile rappresenta un elemento distintivo.

Carlin Petrini, fondatore di Slow Food (a destra), ha incontrato le aziende della Comunità del Cibo ad Energie Rinnovabili, nata a seguito del progetto “Gusto Pulito”, condiviso tra Co.SVI.G. (Consorzio Sviluppo delle Aree Geotermiche) e Slow Food Toscana. Un percorso che è iniziato dalla geotermia e adesso ha intercettato anche tutte le altre energie rinnovabili. A sinistra il direttore generale del Co.Svi.G. Sergio Chiacchella.

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Anno VI - maggio/giugno 2013IN

IZIA

TIVE

entalpia che è più ubiquitaria.

Lo sviluppo della media entalpia

potrebbe anche consentire di mettere

assieme il mondo della ricerca e dell’im-

presa in modo da creare una filiera

almeno nazionale. “In Toscana - ha

concluso l’Assessore Bramerini -

abbiamo potenzialità inespresse e

dovremmo essere capaci di tradurre

le risorse che abbiamo nel sottosuolo,

che non possiamo permetterci di but-

tare e che abbiamo saputo declinare

solo in parte, per fare in modo che un

mondo vivace come quello dell’energia

possa rappresentare un elemento

distintivo. Noi abbiamo il diritto e il

dovere di sognare per la nostra regione

un marchio Made in Tuscany anche

per le energie. Il progetto della comu-

nità del cibo è in sintonia con questo

approccio”. Il tempo è trascorso

veloce, tutti avrebbero voluto rendere

Petrini partecipe delle proprie attività

e ricavarne consigli e incoraggiamenti.

In chiusura del suo intervento Carlin

Petrini ha ribadito: “Questa è una crisi

che si manifesta in un’economia neo-

liberista che si trova di fronte ad una

finitezza delle risorse e che pone la

logica del modello economico passato

in una situazione di difficoltà.

Quindi per uscirne è necessario un

cambio di paradigma in cui il cibo è il

punto cardine di un nuovo modello:

consumare prodotti di stagione, pro-

dotti del territorio, prodotti di qualità,

un modello che può soltanto agevolare

l’agricoltura”. “E’ arrivato, - ha concluso

Petrini - il momento dei grandi obiettivi,

quelli che si costruiscono solo con le

alleanze, temute dalla gente che non

ha idee né, ideali”.

Pierpaolo Bo

Slow food, una filosofia vincente

LA BIBLIOTECA DI ENERGEO MAGAZINE

Territorio e Ceramica, una sinergia vincenteAutore: Ennio NonniEdizione: Comune di Faenza - www.comune.faenza.ra.it/

Nel libro curato dall’arch. Ennio Nonni (176 pp. Italiano/

Inglese), edito dal Comune di Faenza, viene affrontato

in modo circolare il rapporto fra la ceramica e lo sviluppo

del territorio. Urbanistica e ceramica: un binomio

imprescindibile. Se l’urbanistica è l’attività di regolazione

dell’assetto e del disegno urbano, la ceramica, per

Faenza, non è un materiale, è l’essenza stessa della città. L’urbanistica faentina

guarda alla ceramica a partire dall’ ideazione, dalla sua capacità di arricchire lo

spazio urbano e di elevarne il livello di riconoscibilità in un mondo globalizzato.

La ceramica, quella inventiva e non di imitazione, ha bisogno dell’urbanistica,

delle sue strategie, di una visione di lungo periodo per affrontare realisticamente

nuove sfide, nuove occasioni di lavoro, nuove direzioni, impensabili fino a qual-

che decennio fa.

Il racconto del riso Autore: Gianni Berengo Gardin

Con i contributi di: Carlin Petrini, Gianni Rondolino,

Marco Vallora - Edizione: Contrasto

Gianni Berengo Gardin, fotografo che più di

ogni altro ha saputo interpretare visivamente le

trasformazioni del Novecento italiano, ci narra con

un esercizio fotografico sorprendente, il silenzio

assordante “che caratterizza le terre del riso che

in primavera si fanno acqua per generare uno

degli elementi più importanti nella vita dell’uomo: il riso”

- come ricorda Carlin Petrini nella prefazione. I segni di questa cultura sono

ancora presenti nella tenuta Colombara, culla di Acquerello, oggi uno degli

esempi più rappresentativi di unione tra i valori e la cultura del passato ed

i metodi moderni di produzione. Nel 1500, con lo sviluppo della risicoltura

nel Vercellese, la Tenuta divenne un’azienda risicola completa, un “mondo

cascina”, con la chiesa e il cimitero, l’osteria, la scuola, i laboratori, le

abitazioni per 30 famiglie ed il dormitorio delle mondine utilizzate fino

al 1970. Alla Colombara è stato realizzato un ecomuseo spontaneo per

restituire la memoria del passato al luogo. Giovanni Berengo Gardin ha

realizzato un racconto per immagini appassionato e vibrante.

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