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1 AGENZIA FORMATIVA POLO BIANCIARDI GR0603 Materiale didattico corso IFTS “TECNICO SUPERIORE COMMERCIALE PER IL MARKETING E L’ORGANIZZAZIONE DELLE VENDITE” MATERIALE DIDATTICO ELABORATO PER IL CORSO IFTS “TECNICO SUPERIORE COMMERCIALE PER IL MARKETING E L’ORGANIZZAZIONE DELLE VENDITE” MATRICOLA 2012GR0096 La presente raccolta di materiali didattici viene consegnata ai corsisti iscritti al corso IFTS “TECNICO SUPERIORE COMMERCIALE PER IL MARKETING E L’ORGANIZZAZIONE DELLE VENDITE” allo scopo di supportare la preparazione agli esami di qualifica con ulteriori proposte di studio e approfondimento. La raccolta si riferisce a più tematiche trattate nelle diverse Unità Formative. 1. MARKETING e BUSINESS PLAN pag. 3 2. SWOT ANALYSIS pag. 30 3. LA GESTIONE DEI RECLAMI (pillola) pag. 35 4. VISUAL MERCHANDISING (pillola) pag. 37 5. LA COMUNICAZIONE pag. 39 6. MISSION, VALUES & VISION pag. 60 7. BALANCED SCORECARD pag. 65 8. Allegato

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Materiale didattico corso IFTS “TECNICO SUPERIORE COMMERCIALE PER IL MARKETING E L’ORGANIZZAZIONE DELLE VENDITE”

MATERIALE DIDATTICO

ELABORATO PER IL CORSO IFTS

“TECNICO SUPERIORE COMMERCIALE PER IL MARKETING E

L’ORGANIZZAZIONE DELLE VENDITE”

MATRICOLA 2012GR0096

La presente raccolta di materiali didattici viene consegnata ai corsisti iscritti al corso

IFTS “TECNICO SUPERIORE COMMERCIALE PER IL MARKETING E

L’ORGANIZZAZIONE DELLE VENDITE” allo scopo di supportare la preparazione agli

esami di qualifica con ulteriori proposte di studio e approfondimento.

La raccolta si riferisce a più tematiche trattate nelle diverse Unità Formative.

1. MARKETING e BUSINESS PLAN

pag. 3

2. SWOT ANALYSIS pag. 30

3. LA GESTIONE DEI RECLAMI (pillola) pag. 35

4. VISUAL MERCHANDISING (pillola) pag. 37

5. LA COMUNICAZIONE pag. 39

6. MISSION, VALUES & VISION

pag. 60

7. BALANCED SCORECARD

pag. 65

8. Allegato

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INTRODUZIONE (dal Repertorio Regionale Toscano delle Figure Professionali)

Il TECNICO SUPERIORE COMMERCIALE PER IL MARKETING E L’ORGANIZZAZIONE DELLE VENDITE trova una corrispondenza nel Repertorio Regionale Toscano delle Figure Professionali (RRTFP) nella seguente figura: “RESPONSABILE DELLA PROGRAMMAZIONE E PROMOZIONE DELLE VENDITE, APPROVVIGIONAMENTO E GESTIONE DEGLI ORDINI, CONTROLLO DELLA GESTIONE AMMINISTRATIVA” appartenente al settore “distribuzione commerciale” e all’ambito di attività “amministrazione e gestione”. Il suo livello di complessità appartiene al gruppo-livello C. Si tratta di una figura imprenditoriale non soggetta a subordinazione gerarchica e al rispetto di orari di lavoro che non siano quelli da lui stesso definiti per la propria azienda. È soggetto all'obbligo dell'iscrizione al registro delle imprese in Camera di Commercio, della gestione partita Iva, dell'iscrizione all'INPS, della tenuta delle scritture contabili e, nel caso si avvalga della collaborazione di personale dipendente, a tutti gli adempimenti relativi alla contrattualistica e alla gestione delle buste paga In merito alla sua collocazione organizzativa, è una figura che opera nella propria azienda ed ha un grado di autonomia molto elevato.

La figura prevede il presidio delle seguenti Aree di Attività; Approvvigionamento e gestione ordini Descrizione della performance da presidiare

Ricercare fornitori e materie prime per programmare il mix di assortimento sulla base della strategia dell'offerta cercando di ottimizzare i costi, effettuando ordinativi in linea con piani di previsione di spesa e con le esigenze dell'azienda in materia di qualità Controllo della gestione amministrativa Descrizione della performance da presidiare Controllare la gestione amministrativa dell'impresa avvalendosi anche di professionalità esterne per la consulenza e la gestione documentale nel rispetto delle normative fiscali vigenti Coordinamento e sviluppo delle risorse umane Descrizione della performance da presidiare Coordinare il gruppo delle risorse umane dell'azienda motivandolo e orientandolo al raggiungimento degli obiettivi previsti e favorendone lo sviluppo professionale qualificato attraverso piani di formazione del personale Cura del processo di vendita

Descrizione della performance da presidiare Soddisfare le esigenze del Cliente fornendo il prodotto richiesto e utilizzando tecniche di comunicazione per orientare e fidelizzare nel rispetto di standard di qualità Monitoraggio, analisi e valutazione delle vendite Descrizione della performance da presidiare Monitorare il venduto, analizzando il grado di soddisfazione del Cliente ed analizzando e valutando i risultati ottenuti e la redditività a fronte della pianificazione strategica dell'azienda Programmazione della vendita e della promozione del servizio Descrizione della performance da presidiare Programmare le azioni finalizzate alla predisposizione del piano di vendita dei prodotti, utilizzando adeguate tecniche e procedure promozionali nel rispetto delle strategie generali dell'azienda

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1. MARKETING

MARKETING MIX Ogni azienda necessita di un piano di marketing composto dalle diverse strategie da utilizzare per vendere prodotti/servizi. Il marketing mix è una combinazione di strategie che l’azienda progetta e sviluppa al fine di portare una campagna pubblicitaria o un prodotto/servizio verso il successo commerciale. Vista l’estrema complessità del mercato attuale, ogni azienda necessita di un marketing mix concepito “su misura” in base alle sue caratteristiche, agli obiettivi da raggiungere e alla situazione specifica. Rivediamo i quattro elementi base del marketing mix : il prodotto e le sue caratteristiche il prezzo e tutte le attività ad esso collegate (per esempio sconti, offerte ecc.) il punto vendita ossia i canali di distribuzione del prodotto la promozione ovvero la comunicazione pubblicitaria. Ultimamente sono stati aggiunti altri elementi alle classiche “4 p” del marketing mix. Si parla ad esempio di aggiungere: le persone coinvolte nel consumo di un prodotto, i processi ovvero i meccanismi con i quali si fruisce del prodotto/servizio, le prove fisiche ossia le testimonianze dei clienti soddisfatti. Altri esperti di marketing e comunicazione parlano invece di un marketing mix allargato, che si ottiene aggiungendo due elementi a quelli base: il potere ( gruppi di pressione, istituzioni…) le pubbliche relazioni ossia le relazioni esterne e la comunicazione verso pubblici specifici. Questa ultima P per alcuni economisti è compresa nella quarta “p” degli elementi base che è la “promozione”. In ogni caso, uno errore tra i più comuni nelle aziende è quello di porre l’attenzione quasi unicamente sulla “promozione”, trascurando gli altri elementi del marketing mix tra cui il “prezzo” l’ elemento delle “4p” che genera le entrate. Il prezzo è invece un fattore determinante nelle strategie di marketing ed esistono regole ben precise da seguire se si vuole mettere in atto una corretta strategia di pricing. Le attività promozionali più efficaci sembrano essere: - la pubblicità (tradizionale e web) grazie alla quale un messaggio può raggiungere un gran numero di potenziali consumatori.. - le pubbliche relazioni ossia i contatti con la stampa e le comunicazioni istituzionali anche nel web. - le promozioni commerciali che servono per far conoscere il prodotto e conquistare la fedeltà dei consumatori.

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ANALISI DI MERCATO

Una pianificazione sensata del marketing risiede in un’analisi preventiva dei trend di domanda e offerta. Di solito, questa richiede laboriose e costose ricerche di mercato che rilevino il comportamento dei consumatori/utenti e mettano in evidenza le offerte attuali della concorrenza.

Gli strumenti di analisi offerti dal web rendono queste osservazioni molto più semplici, rapide e, soprattutto, costantemente aggiornate: le strategie di tracking online permettono di monitorare in tempo reale tutto quello che accade su Internet:

• le parole più cercate sui motori di ricerca • i siti web più visitati • i percorsi di navigazione all’interno del sito e il tempo di permanenza • i percorsi di navigazione da un sito all’altro • la provenienza geografica degli utenti • il browser utilizzato e la risoluzione del monitor dell’utente • il tasso di clic su link, banner, annunci pubblicitari ed newsletter ed email • il tasso delle conversioni (quanti nuovi utenti richiedono un contatto)

Informazioni preziose per pianificare strategie di vendita e promozione vincenti, ma solo se comprese ed interpretate correttamente, trasformando i semplici dati quantitativi in conoscenza qualitativa. Si rivela ad esempio essenziale capire, per esempio, se il traffico nel tuo sito è generato da clienti nuovi o da utenti affezionati; con quale parola chiave i navigatori lo trovano; se comprano/richiedono informazioni o visitano solo le pagine, e su quali si soffermano di più; da dove arrivano; da quale strategia di comunicazione attivata dalla tua azienda. Appare altresì utile sapere quali strategie di copywriting richiamano maggiormente l’attenzione, quali sono i Banner e i messaggi promozionali che raggiungono i più alti livelli di click-through e quelli che garantiscono i migliori risultati in termini di vendite/contatti.

Occorre insomma dare forte rilievo al web tracking, che è l'analisi del rapporto tra accessi e risultati/vendite. Definire il Ritorno sugli Investimenti (ROI) è nel web un’opportunità del tutto nuova, che finalmente incoraggia anche piccole e medie imprese a far leva sulla comunicazione quale asset strategico di business.

Per qualsiasi azione di Marketing, prima di agire è fondamentale conoscere il mercato di riferimento e i competitors. L’analisi della concorrenza è fondamentale per studiare un progetto di comunicazione efficace. Queste sono alcune azioni della possibile concorrenza che occorre conoscere:

• strategie di comunicazione • sito aziendale e suoi contenuti

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• posizionamento nei motori di ricerca • posizionamento nel web nei settori di riferimento

La comunicazione è quel processo (nell’ambito commerciale) che induce la persona a cui è rivolta a fare o pensare qualche cosa di ben specifico.

Nel nostro contesto la Comunicazione "giusta" diventa lo strumento più efficace e vincente per fare business. Se vogliamo far conoscere di più la nostra azienda, vogliamo presentare o vendere un prodotto, creare interazione con i nostri clienti, comunicare nella maniera giusta e pertinente è fondamentale. Per esempio può rivelarsi strategico curare il Seo Copy (Search Engine Optimization), ovvero quel processo che ottimizza i testi di un sito, affinché appaiano nelle prime posizioni dei risultati di ricerca. I testi con cui vengono descritti i prodotti/servizi sono importanti al fine del posizionamento e possono aiutare un sito a raggiungere posizioni prominenti nei motori di ricerca.

Un’attività fondamentale da affiancare alle varie tecniche SEO per aumentare il traffico verso i siti web consiste nell’adattare i contenuti al fine di ottimizzarli per i motori di ricerca. Da non tr5ascureare, per esempio è l’attenzione da dare alla scrittura che deve essere efficace per catturare l’attenzione degli utenti e spingerli a leggere. Ottimizzare i contenuti per i motori significa:

• creare pagine dai contenuti né troppo corti né troppo lunghi • evidenziare in grassetto e corsivo le parole chiave • usare le keywords o le keyphrases ed eventuali combinazioni per ottenere buoni

posizionamenti anche su combinazioni di parole meno usate • fare attenzione alla keyword density • inserire le keywords nelle posizioni giuste all’interno del testo • titolare in modo corretto le pagine e utilizzare i termini giusti per i collegamenti interni

Scrivere per gli utenti significa:

• tenere presente che le parole non solo si “leggono” ma anche si “guardano” • evidenziare in grassetto e corsivo le parole chiave sia per migliorare la lettura • evidenziando il testo rilevante sia per dare maggior importanza ad alcune parole, magari

alle keywords • non appesantire troppo il testo scoraggiandone la lettura • utilizzare paragrafi brevi, elenchi puntati, didascalie ecc. • inserire messaggi “persuasivi” che operino una “call to action” (richiamo all’azione)

Se il Copy Writer, è colui che è in grado di giocare con le parole e, in ottica pubblicitaria, di creare testi accattivanti ed espressivi, il Seo Copy è specializzato nello scrivere contenuti ottimizzati, cioè ben indicizzati sui motori di ricerca.

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SITI WEB

Il sito web è il luogo in cui l’azienda incontra tutti i clienti attuali e potenziali che non potrebbe raggiungere in alcun altro modo. E’ il primo ed essenziale strumento di marketing online, è la presenza online del tuo brand, il modo più immediato per comunicare a tutti i tipi di pubblico, la vetrina più visibile per i tuoi prodotti o servizi, supporto alle attività di vendita, strumento di vendita diretto.

• Grafica (attraente e piacevole: coerente con l’immagine coordinata aziendale, capace di renderne immediatamente riconoscibile il marchio e di porre enfasi sui messaggi più importanti)

• Usabilità (pensato attraverso la prospettiva dell’utente: facile da visitare anche per il meno esperto; con una struttura immediatamente comprensibile, per una navigazione veloce, piacevole e soddisfacente)

• Contenuti (i testi redatti con cura e precisione formale, nella forma comunicativa più consona all’azienda e agli obiettivi di marketing del sito più specifici)

• Visibilità online attraverso il costante sviluppo di contenuti nuovi ed aggiornati, le cosiddette tecniche di ottimizzazione e di posizionamento sui motori di ricerca.

Un Sito Web ben sviluppato è fondamentale per:

• la comunicazione istituzionale, l’affermazione dell’immagine aziendale e la diffusione del Brand

• la promozione e la vendita dei prodotti • l’acquisizione di nuovi clienti • la vendita senza limiti spazio-temporali

La vendita online non richiede grossi investimenti né complicati sistemi di gestione aziendale, si fa pubblicità a prezzi inferiori rispetto ai media tradizionali, ottiene forti ritorni a livello economico e di immagine anche in caso di attività di tipo tradizionale. L’e-commerce può rappresentare un obiettivo di business.

Fare SEO, Search Engine Optimization significa fare una serie di attività finalizzate ad aumentare il volume di traffico verso un sito, sfruttando i motori di ricerca in modo “naturale” ossia senza l’attivazione di annunci pubblicitari o l’utilizzo di strumenti a pagamento.

Si tratta di un intervento indispensabile per permettere o aumentare la visibilità online di una azienda e dei relativi prodotti o servizi: viene effettuato attraverso un’attenta analisi del sito, di tutte le pagine che lo compongono e di tutti gli elementi in esse contenuti, al fine di intervenire tecnicamente su struttura, codice sorgente, usabilità, contenuti delle pagine, keywords ecc. L'ottimizzazione di un sito serve a posizionarlo tra i primi risultati delle ricerche online

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effettuate dagli utenti attraverso motori quali Google e Yahoo, che sono gli strumenti più utilizzati sul web. Se un sito non presenta i requisiti richiesti dai motori, finisce per apparire nelle ultime pagine di questi risultati di ricerca, che molto raramente un utente arriva a consultare. Il Search Engine Optimization (SEO) è uno dei più efficaci strumenti di marketing .

La campagna pubblicitaria Pay-per-Click è una delle tecniche più diffuse di marketing online, adatta a qualsiasi attività commerciale, di ogni settore e dimensione: si paga in proporzione ai click (click-through rate), cioè solo quando un utente clicca effettivamente sul tuo annuncio pubblicitario. Questa strategia offre una serie di elementi di vantaggio: 1. La rilevanza della comunicazione per il pubblico: a differenza delle altre forme di pubblicità, il tuo annuncio viene proposto solo a coloro che si dimostrano ‘motivati’ a vederlo, perché attivamente alla ricerca del tuo tipo di attività (digitato nella pre-selezionata "parole chiave") 2. Tracking (per garantire l’efficienza della comunicazione e il massimo ritorno economico) E’ possibile tenere costantemente sotto controllo l’andamento della campagna e i risultati. L’efficienza di parole chiave, gruppi di annunci, singoli annunci: quanti clic, quante letture, quante visite, quante conversioni (quando gli utenti, cioè, rilasciano i propri dati in un form per ricevere l’una o l’altra informazione o essere ricontattati) Una grande facilitazione: una campagna PPC non richiede modifiche al contenuto del tuo sito corrente per ottenere le posizioni più visibili. Una buona campagna PPC aumenta notevolmente la visibilità di un sito e il riconoscimento del brand: la corretta individuazione di parole-chiave ed espressioni di ricerca rilevanti si traduce in un maggiore click-through: un numero più alto di clic al tuo annuncio, che vi porta visitatori. Se poi la leghiamo ad altre azioni di marketing una campagna PPC può garantire a un’azienda un pubblico di nuovi contatti e clienti.

La pubblicità attraverso i Banner su Internet: si tratta di box quadrati o rettangolari contenenti testi e immagini, in movimento (banner dinamici) o fisse (banner statici: del tutto simili alle pubblicità cartacee, ecc.). Le caratteristiche e i vantaggi sono quelli dei tradizionali annunci pubblicitari su stampa, cartellonistica, etc. con una semplice, essenziale differenza: il rapporto costi/destinatari raggiunti e risultati! Il vantaggio principale di una campagna di banner è la possibilità di ottenere quasi istantaneamente una risposta dal tuo mercato di riferimento.

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Cosa è una landing page ? significa pagina di atterraggio.

A questa pagina vengono rinviati tutti i visitatori che cliccano su un determinato link (una pubblicità, un articolo, un post, una newsletter, etc.). In questo modo, la Landing Page garantisce:

• traffico al sito reale, al quale rinvia la mail di avvenuta registrazione; • nuovi contatti commerciali qualificati: le informazioni per richiamare tutti quelli che

hanno cliccato su quei contenuti e, lasciando i propri dati, hanno specificatamente richiesto di essere, appunto, ricontattati.

Come sintetizzare in modo persuasivo la reason why: la ragione per cui i clienti dovrebbero scegliere un’azienda. attiviamo una campagna pay-per-click o comunque di link che dirigano i visitatori a una determinata landing page nella quale dobbiamo presentare un’offerta interessante o vantaggiosa. Questa è la condizione di base, anche se non sufficiente: quello che conta a questo punto è una comunicazione davvero efficace, che porti i visitatori a richiedere informazioni, o la chiamata di un commerciale, etc. La Lead Generation è un modello con lo scopo di acquisire contatti commerciali, ossia normali contatti come indirizzo email o numero telefonico che servono per avere riferimento di potenziali clienti da poter contattare successivamente con l’email marketing in caso di un indirizzo di posta elettronica,con lo scopo preciso di concludere il Lead in vendita e proporgli nuovi prodotti e servizi successivamente.

La Lead Generation sviluppata sul Web abbassa i costi dei contatti commerciali, grazie alle Landing Page, alle Squeeze Page ed a Google Adwords (il pay per clic di Google). Lo scopo nell’usare questo potentissimo strumento è apparire nella prima pagina dei risultati di ricerca, su determinate parole chiave. Grazie alla Lead Generation, si riescono ad avere ottime conversioni di acquisizione contatti targhetizzati e interessati all’acquisto,spendendo cifre irrisorie,generando molteplici vendite.

Blog, Social Network, Community: Portali, web community, web forum, piattaforme di blogging che sappiano riflettere e potenziare l’immagine del prodotto, brand o azienda. Che sappiano generare ed alimentare un dialogo on line tra gli utenti stessi, favorendo, allo stesso tempo, la comunicazione verso il ‘centro’ (azienda). Che sappiano sfruttare, insomma, la capacità relazionale del Web per sostenere il business: nel marketing, nella gestione organizzativa, nelle partnership. Condivisione online dei contenuti di qualsiasi genere per: Word of mouth marketing: approfittare delle potenzialità commerciali di Internet significa

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anche utilizzare le connessioni di passaparola online, il buzz: il continuo racconto tra gli utenti di gusti, esperienze, situazioni. Lo scambio comunicativo su un argomento - un topic - al quale tu stesso puoi prendere parte. Una volta che abbiamo specificato la proposta commerciale o la brand identity da promuovere, il target di riferimento e, quindi, un posizionamento ideale, si può creare un corporate blog - o una qualsiasi piattaforma di condivisione comunicativa (portali, community, forum) – che permette di capire/influenzare le posizioni dei cosiddetti opinion maker, quegli individui nel pubblico in grado di influenzare, a loro volta, gli altri. Allo stesso modo, si possono gestire campagne sui Social Network: pianificare il social media mix più efficaci perché si accenda e si mantenga un continuo passaparola positivo, analizzare e controllare, intervenire direttamente nella conversazione, gestire critiche, crisi e commenti negativi, ed imparare dagli errori. Collaborazioni professionali, interne ed esterne all’azienda. Reti e strumenti di partecipazione comunicativa del Web 2.0 permettono fertili collaborazioni all’interno e all’esterno dell’azienda e : - aumentano la produttività, facilitando i processi lavorativi grazie alla condivisione delle risorse - forniscono nuove opportunità di Business su piattaforme dedicate ad aziende e professionisti (business networking ) - supportano e favoriscono una migliore comunicazione tra l’azienda e tutti i suoi stakeholder interni ed esterni

Analisi dei Risultati. tra i vantaggi del marketing su Internet (che, in ogni caso, rappresenta ad oggi il mezzo di sviluppo di business più potente): poterne misurare concretamente il ritorno sugli investimenti, laddove i mezzi tradizionali permettono solo una valutazione approssimativa e, comunque, incerta.

Gli strumenti di analisi del Web possono tenere in costante monitoraggio l’andamento delle campagne pubblicitarie, misurando oggettivamente i costi affrontati per ciascun risultato raggiunto.

Uno software di rilevazione aggiorna costantemente sul tasso di queste conversioni, fornendoti i dati in tabelle come la seguente:

Impression (Impr.) sono le volte in cui l’offerta è stata mostrata, i clic sono tutte le dimostrazioni di interesse dei navigatori verso quell’offerta (si clicca per vederne il

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contenuto) e il CPC medio è il costo medio per clic, perché l’azienda paga solo per le persone che l’hanno effettivamente visualizzata (appunto, per clic).

Nell’esempio si è speso in media 6 euro e 80 Cent. per ogni persona che ha richiesto di essere contattata, perché predisposta all’acquisto.

Un buon marketing online sa determinare tanti altri importanti benefici, più difficilmente misurabili, perché intangibili o indiretti. Se l’effetto finale è comunque l’aumento delle vendite, i risultati conseguiti riguardano anche, per esempio, il consolidamento del Brand, la gratificazione dei clienti, il potenziale di crescita dell’azienda. Valutabili attraverso sistemi diversi, quali sondaggi pre- e post-campagna tra gli utenti, aumento/diminuzione delle lamentele percepite, aumento/diminuzione della quota di mercato, e così via. Ma attraverso gli strumenti di analisi offerti dal Web, si ha una reale quantificazione oggettiva del Ritorno sugli Investimenti fatti.

Analizzare i risultati a consuntivo di ogni azione di Comunicazione e Marketing è fondamentale.

L'analisi costante dei dati consente di intervenire in ogni azione per ri-tararla finalizzandola al raggiungimento degli obiettivi:

• misurazione Roi • costo conversione • CTR

Che rappresentano solo alcuni dei dati importanti da analizzare e sui quali lavorare. I report sono affiancati da relazioni approfondite su quanto succede, su quanto potrebbe succedere, ma sopratutto su quanto si potrebbe far succedere.

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STRATEGIE DI MARKETING

Le strategie di marketing devono essere specificate all’interno del Business Plan. Le strategie di marketing comprendono “le linee” lungo le quali un’azienda, nel medio-lungo periodo, vuole procedere per conseguire e raggiungere gli obiettivi posti nella fase della pianificazione.

Per essere efficace la strategia di marketing deve avere alcune caratteristiche, quali: l’orientamento al cliente, la visione di lungo termine, la differenziazione rispetto alla concorrenza, l’essere “flessibile”

Le strategie di marketing si compongono di alcuni elementi quali: la segmentazione, il posizionamento ed il marketing mix descritti nel BUSINESS PLAN.

Che cos’è la segmentazione del mercato? La segmentazione è la suddivisione del mercato in gruppi distinti di potenziali clienti e consumatori che hanno, al loro interno, un elevato grado di omogeneità; Più semplicemente ancora, il mercato del tuo prodotto /servizio può essere segmentato in base a:

1. variabili generali quali: età, sesso, luogo di residenza, stato civile, ciclo di vita familiare, classe sociale dei tuoi potenziali clienti

2. variabili comportamentali quali: occasione d’acquisto, status del cliente, intensità di uso, livello di fedeltà dei tuoi potenziali clienti

La segmentazione di mercato, ad esempio, di un atelier di moda può essere fatta sulla base delle seguenti variabili:

Variabili generali Età 30 - 45

Sesso donna Condizione professionale Libero professionista / dirigente

Variabili comportamentali Abitudine all’acquisto 1 volta al mese Status dell’acquirente benestante Occasioni di acquisto Occasioni mondane e ricorrenze varie

Dopo aver segmentato il mercato, devi decidere su quale segmento di mercato puntare. Successivamente devi occuparti del posizionamento sul mercato, ovvero devi differenziarti rispetto ai tuoi concorrenti: quindi il posizionamento sul tuo mercato consiste nel fatto che il tuo prodotto/servizio deve avere delle caratteristiche diverse rispetto a quelle della concorrenza. Solo dopo che hai segmentato il mercato e posizionato il prodotto/servizio, puoi far ricorso alle leve del marketing mix ( o cosiddette 4 P). Ciò significa che solo

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ora puoi decidere il genere e le caratteristiche del prodotto/ servizio che vuoi offrire, stabilirne il prezzo, scegliere le modalità di distribuzione nonché le sue modalità di promozione.

L’analisi dei costi è, forse, l’aspetto più rilevante del controllo di gestione poiché l’attività di controllo prende le sue mosse proprio da questa analisi. Solo che, quando si parla di controllo di gestione, sono pochi coloro i quali conoscono gli aspetti più “intimi” di questo approccio poiché siamo nel campo della contabilità industriale.

Partiamo da una considerazione di carattere generale: un sistema di rilevazione dei costi assolve ad alcune funzioni fondamentali quali: l’individuazione degli elementi che sono necessari per fissare il prezzo di vendita di un prodotto; successivamente, tale sistema serve per rilevare l’andamento economico dell’azienda consentendo di tenere “sotto controllo” i fatti di gestione; inoltre, la contabilità industriale consente all’imprenditore di effettuare delle valutazioni specifiche che non potrebbe fare analizzando solamente i dati provenienti dalla contabilità generale (CO.GE.).

A dimostrazione di quanto sopra, è sufficiente analizzare il metodo “classico” con il quale la stragrande maggioranza degli imprenditori stabilisce il prezzo di vendita del suo prodotto, che segue più o meno questo schema semplice:

COSTO DELLE MATERIE PRIME + COSTO DELLA MANODOPERA + QUOTA PARTE SPESE GENERALI = COSTO TOTALE + MARGINE % DI UTILE MARK UP = PREZZO DI VENDITA

Ciò significa che al COSTO TOTALE viene aggiunta una percentuale di “ricarico” e quindi si stabilisce il prezzo di vendita. Esempio: il COSTO TOTALE è 100 euro, ci aggiungo il 20% e quindi il prezzo “giusto” di vendita è 120 euro…………………….

Questo è il metodo “classico” utilizzato per la determinazione del prezzo di vendita di un prodotto, ma che presenta alcune lacune e imprecisioni che possono costare care all’imprenditore. Infatti, quello che deve essere tenuto in considerazione quando si effettua l’analisi dei costi, non è tanto capire come si comportano alcuni di questi costi, bensì comprendere come si comportano TUTTI i COSTI nell’ambito della gestione aziendale e capire come questi costi incidono sulla determinazione del prezzo.

Il punto di partenza potrebbe essere tenere presente la c.d. CLASSIFICAZIONE DEI COSTI, che è un’analisi abbastanza dettagliata di tutte le tipologie di costi che entrano in gioco quando si effettuano queste considerazioni; solo che, poi, il rischio è quello di perdersi. Sarebbe già sufficiente considerare la differenza netta tra COSTI FISSI e COSTI VARIABILI per calcolare la variazione che subiscono i costi al variare dell’attività dell’azienda. Allo stesso

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modo, considerare costi fissi e variabili sarebbe utilissimo per calcolare il Break Even Point, oppure per conoscere in modo preciso il margine netto sul singolo prodotto. Ma non solo: l’analisi dei costi fissi e di quelli variabili sarebbe già da sola sufficiente per studiare la convenienza per effettuare nuovi investimenti e calcolarne la redditività.

Utilizzando un sistema di analisi dei costi più specifico è possibile “scendere” in profondità del meccanismo di creazione dei costi e della loro attribuzione al singolo prodotto e determinare il prezzo di vendita “giusto”. Infatti, un sistema del genere permette di conoscere le componenti di costo del singolo prodotto in modo più preciso e consente di attribuire al singolo prodotto i “suoi costi” e non anche quelli che non gli competono.

L’analisi dei costi: un esempio

Facciamo un esempio: produco (e vendo) i prodotti A e B che richiedono una quantità diversa di tempo della manodopera (che è un costo) per essere realizzati. Supponiamo che il prodotto A richieda un’ora di manopera e il prodotto B ne richieda due e supponiamo che il costo della manodopera sia 10 euro/ora. Ciò significa che, utilizzando un sistema di attribuzione dei costi basato sull’analisi dei costi, attribuisco al prodotto A 10 euro di costo della manodopera e al prodotto B ne attribuisco 20; e quindi, quando vado ad effettuare il calcolo dei costi per ottenere i due prodotti, questi risentiranno in maniera diversa del “peso” del costo della manodopera.

Facendo, invece, come nel caso “classico” di calcolo del prezzo che abbiamo visto sopra, avrei semplicemente calcolato il costo complessivo della manodopera necessaria per fare i due prodotti (cioè 3 ore x 10 euro/ora = 30 euro) e lo avrei diviso “equamente” tra i due prodotti, cioè 15 euro ciascuno. Ma questo è un calcolo palesemente errato perché nel momento in cui devo definire il prezzo di vendita dei due prodotti, il prezzo stesso non tiene presente che il prodotto B ha una maggiore incidenza del costo di manodopera (20 euro) rispetto al prodotto A (10 euro). E, quindi, potrebbe capitare che quando vendo il prodotto B, lo vendo a un prezzo non sufficiente a “coprire” il suo effettivo costo di produzione, il che significa venderlo in perdita. E questo spiega perché molte aziende vendono alcuni prodotti in perdita senza capirne il motivo.

Ovviamente, ci siamo limitati ad effettuare questa considerazione analizzando solamente il costo della manodopera; ma è abbastanza agevole comprendere che, se estendiamo questo sistema di analisi e attribuzione dei costi a tutti gli altri costi (fissi e variabili), alla fine la determinazione del COSTO TOTALE a cui aggiungere la percentuale di mark-up per determinare il prezzo di vendita vista sopra, si rivela una strategia completamente sbagliata: si sbaglia il calcolo del costo totale e, di conseguenza, si sbaglia la determinazione del prezzo. E, di conseguenza ancora, si possono anche azzeccare le proiezioni di fatturato, ma si sbagliano completamente quelle sui margini NETTI finali.

Fare tutte queste analisi e considerazioni nell’ambito della predisposizione del business plan si rivela una strategia davvero vincente nel momento in cui si affronta un interlocutore (una banca, un finanziatore privato o chi per loro) poiché, così facendo, è possibile dimostrare di

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avere una certa competenza e una decisa conoscenza di quello che accade nel bilancio di esercizio e, soprattutto, nell’ambito della gestione dell’azienda.

Fare l’analisi del bilancio all’interno di un business plan è fondamentale per conoscere lo stato di salute dell’azienda nei suoi particolari.

Queste analisi che vengono condotte a livello aziendale possono essere fatte a diversi livelli e utilizzando vari strumenti. Ma il punto di partenza è sempre lo stesso: il bilancio di esercizio dal quale prendono le mosse tutte le valutazioni e le considerazioni che si possono fare sulla gestione di un’azienda. Quello che cambia è il tipo di strumento da utilizzare e il livello di profondità al quale si vuole scendere, dipendentemente dal tipo di informazioni che si vogliono ottenere dal documento contabile.

Queste analisi sono rivolte a conoscere gli aspetti finanziari, quelli economici e quelli patrimoniali del business poiché questi tre aspetti sono tra loro strettamente interconnessi. Infatti, la gestione dell’azienda si sostanzia in una serie di fasi del ciclo aziendale:

ACQUISIZIONE MEZZI FINANZIARI

IMPIEGO MEZZI

FINANZIARI

PROCESSO DI

TRASFORMAZIONE

OPERAZIONE DI

VENDITA PRODOTTI

La gestione, nella sua complessità e nell’ambito dell’interconnessione degli aspetti finanziario, economico e patrimoniale, deve tendere all’ottenimento di tre equilibri parziali che insieme danno luogo all’equilibrio generale: si tratta dell’equilibrio finanziario, di quello economico e di quello patrimoniale. E qual è il compito dell’analisi del bilancio? E’ esattamente quello di verificare la sussistenza di questi tre equilibri.

Le tre gestioni (finanziaria, economica e patrimoniale) sono tre aspetti della gestione che non possono essere considerati separatamente poiché le fonti di finanziamento servono per alimentare gli investimenti i quali, a loro volta, servono per alimentare il ciclo di produzione e quindi di vendita dei prodotti/servizi i quali, alla fine, generano il fatturato. Ma

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se la situazione finanziaria non è in equilibrio, l’azienda si trova nella difficoltà di reperire risorse finanziarie e quindi non può effettuare investimenti e successivamente non può produrre di più per vendere (e quindi fatturare) di più, migliorando quindi anche l’aspetto economico. ….

Solitamente, l’analisi del bilancio prende in considerazione proprio questi tre aspetti contemporaneamente e può essere condotta a vari livelli. Ma, anche in questo caso, fin troppo spesso le analisi del bilancio si fermano ai soliti 5-6 indicatori e ai soliti 3-4 margini. I quali potrebbero essere sufficienti per capire la situazione in linea di massima, ma non lo sono se si vuole approfondire. E quando si vuole approfondire un po’ di più, le cose si complicano: perché, per esempio, se si volesse conoscere la reale situazione finanziaria da un punto di vista dinamico, gli indici e i margini non bastano più ma serve l’analisi dei flussi. Se si vuole conoscere un po’ più a fondo la situazione patrimoniale, non bastano più i “soliti” cinque indici di composizione, ma serve entrare un po’ di più nella composizione delle singole parti del patrimonio (attivo e passivo) nonché studiare le varie strategie (come quelle di capitale circolante) attuate dal management. E se si vuole conoscere a fondo la situazione economica, il ROI, il ROE, il ROS e il CTO (indici prevalentemente utilizzati in una certa prassi), non sono davvero sufficienti per capire!

Questo motivo spiega il perché quando un imprenditore si presenta da un finanziatore (banca, finanziaria, privati a o Stato) dovrebbe inserire l’analisi del bilancio nel business plan in modo approfondito e dettagliato: dopotutto, il piano d’impresa serve per fare comprendere nel miglior modo possibile all’interlocutore cosa si vuole fare, come lo si vuole fare, quando e in che tempi si vuole fare.

Business Plan e analisi del bilancio: iniziamo con il dire che, quando un imprenditore presenta il business plan a qualcuno, lo fa per vari motivi; il più importante dei quali è certamente legato al fatto che il piano d’impresa è la descrizione di quello che vuole fare l’imprenditore della sua azienda nel breve, medio e lungo termine. Ciò detto, è facile immaginare che chi legge un piano di business scritto da qualcuno, lo fa perché vuole capire la fattibilità economico-finanziaria dell’idea stessa. Esistono degli strumenti che consentono di capire abbastanza rapidamente se un’idea di business è più o meno profittevole? Mettendosi nei panni di una banca (per esempio), la quale vende soldi a chi glieli chiede e in cambio vuole avere una specie di certezza: che chi riceve il denaro in prestito è in grado di restituirlo, con tanto di interessi. E come fa una banca a valutare se un’idea di business è buona? Attraverso l’analisi del bilancio previsionale.

Partiamo da un presupposto semplicissimo: fare l’analisi su un bilancio passato è identico al fare la stessa analisi su un bilancio di previsione. L’unica differenza è data dal fatto che, mentre per un bilancio passato (e quindi depositato) i dati sono certi (proprio perché depositati), per il bilancio di previsione le analisi si basano su dati previsionali. Ma il tipo di analisi che si fa è la stessa.

L’analisi del bilancio all’interno del business plan

Il business plan è diviso in due parti: una descrittiva, all’interno della quale si racconta cosa si vuole fare dell’idea nel futuro (e quindi con tutte le analisi di mercato, le analisi della concorrenza, la stima delle vendite eccetera…). E l’altra è la parte tecnica, cioè la “traduzione”

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in numeri di quanto è stato raccontato nella parte descrittiva. E, nell’ambito dei numeri della parte tecnica, è ricompresa l’analisi del bilancio di previsione perché non bisogna dimenticare che a una banca (o chi per lei) interessano alcuni dati sulla patrimonializzazione dell’azienda; interessano alcuni aspetti cruciali relativi alla finanza e, ovviamente, interessano alcuni dati sull’aspetto economico del business; cioè alla differenza tra ricavi e costi di gestione.

E quindi, un finanziatore (che può essere una banca, oppure una finanziaria o lo stesso Stato), ha a disposizione alcuni strumenti di analisi che vanno dai più semplici a quelli più complessi. L’analisi del bilancio ha esattamente questa funzione: effettuare una sorta di check-up dell’azienda a tutti i livelli. E per fare questo check-up, l’economia aziendale ci ha dotato di alcuni strumenti: si tratta dei tre tipici livelli di analisi che si possono fare sul bilancio di un’azienda e sono:

1) l’analisi patrimoniale

2) l’analisi finanziaria (per margini e indici)

3) l’analisi economica

1) l’analisi patrimoniale del bilancio:

Questo tipo di analisi riguarda essenzialmente la composizione dello Stato Patrimoniale, sia dal punto di vista dell’attivo, che dal punto di vista del passivo e consente al valutatore di capire da “cosa è composto” il patrimonio dell’azienda; in tal senso, questa analisi serve per capire se c’è uno squilibrio tra l’attivo immobilizzato e il capitale circolante, nonché serve per studiare il meccanismo di formazione delle fonti di finanziamento. Questo tipo di analisi ha a che fare con la struttura dei costi (fissi e variabili) e la struttura dei finanziamenti e riguarda le analisi del punto di pareggio, di cui abbiamo parlato qui.

Questo tipo di analisi serve per conoscere le percentuali di “composizione” del patrimonio: serve, cioè, per capire se la struttura aziendale è più o meno “rigida” o “elastica” . Un’azienda con il 90% del capitale attivo composto da immobilizzazioni, è un’azienda “rigida”. Il che può comportare qualche problema in termini di ricavi necessari per coprire i costi (fissi). Ecco perchè riguarda l’analisi del Break Even Point (BEP). Se invece l’analisi patrimoniale evidenzia immobilizzazioni per il 30%, allora la struttura è “elastica”, poiché significa che il rimanente 70% del patrimonio attivo è composto da capitale circolante.

2) L’analisi finanziaria del bilancio: margini e indici

L’analisi finanziaria, invece, serve per capire come sta messa la situazione complessiva dell’azienda, dal punto di vista finanziario. Questa analisi viene solitamente effettuata per Margini e Indici finanziari i quali forniscono indicazioni essenziali per capire se la finanza dell’azienda versa in condizioni preoccupanti, oppure no. L’analisi finanziaria serve anche per indagare sui livelli più o meno ottimali dell‘indebitamento dell’azienda e usa indicatori come il LEVERAGE o l’INDICE DI INDEBITAMENTO, di cui abbiamo parlato in questo articolo. I Margini finanziari sono degli indicatori che danno notizia sulle differenze che ci sono tra le grandezze dell’attivo e del passivo dello stato patrimoniale. Se i tre margini (di Struttura, Di CCN e di Tesoreria) sono positivi, allora significa che l’azienda è finanziariamente equilibrata.

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Se, al contrario, i margini sono negativi, allora iniziano a suonare le campane di allarme!! E questo è uno dei motivi per i quali tantissimi imprenditori trovano difficoltà a farsi finanziare qualche idea di business: c’è troppo alto il rischio finanziario!

3) L’analisi economica del bilancio

In questo caso, entriamo a pieno titolo nell’ambito della valutazione relativa alla fattibilità economica di un’idea di business, cioè la valutazione al quanto i RICAVI sono maggiori dei COSTI. Perchè non basta che i ricavi siano maggiori dei costi, ma devono esserlo anche per un certo valore!! Quando parliamo di fattibilità economica, intendiamo riferirci a quello che abbiamo scritto in alcuni articoli che abbiamo scritto. Nella prassi ci sono alcuni indicatori maggiormente utilizzati, che sono i soliti ROI, ROE, ROS e CTO, di cui abbiamo già parlato. In linea di massima, questi quattro indici economici sono sufficienti per capire la situazione economica (anche previsionale) di un’azienda e sono, tra l’altro, gli indici maggiormente utilizzati nella prassi, anche se ve ne sono tantissimi altri molto più importanti che sono praticamente sconosciuti (anche alle banche!).

Quando l’analisi economica evidenzia che gli indici sopra menzionati vanno bene, allora il giudizio complessivo sull’azienda è positivo ma non sufficiente: l’analisi del bilancio viene effettuata a tutti i livelli, ed è sufficiente che una delle analisi fornisca risposte poco soddisfacenti per far cadere tutto. Ecco perché, soprattutto in fase previsionale è importante fare in modo che i risultati dei numeri scritti siano in equilibrio: sia dal punto di vista patrimoniale, che da quello finanziario che da quello economico. Il business plan consente di conoscere a priori le macro-grandezze che ci saranno in futuro.

“A cosa servono gli indicatori della performance aziendale?”. Iniziamo con il dire che il bilancio di esercizio, così com’è, serve sicuramente a fornire informazioni all’imprenditore e a chiunque ha una forma di interesse nei confronti dell’azienda; ma altrettanto certamente, possiamo aggiungere che lo stesso bilancio (sempre così com’è) non esaurisce la sua portata informativa. Infatti, basta osservare il conto economico per capire che quell’insieme di voci e numeri lascia (solitamente) perplessi la maggior parte degli imprenditori.

Per non parlare, poi, dello stato patrimoniale. Il quale, più che dire che “i debiti sono TOT, i crediti sono un altro TOT e la somma degli investimenti è X”, non dà molte altre informazioni. Non dà nessuna informazione sulla situazione finanziaria dell’azienda

Occorre poi parlare delle informazioni sulla produttività, ossia della “corretta allocazione delle risorse umane” in azienda. In questo caso, il bilancio non dice proprio niente.

Per “spremere” informazioni utili dal bilancio, occorre “metterci le mani”; occorre fare delle attività che servono per dare un altro senso a tutti i numeri che contiene. Questa attività di rimaneggiamento del bilancio è propedeutica proprio all’individuazione di una serie di indicatori della performance aziendale che servono ad avere un quadro più completo e chiaro della situazione complessiva dell’azienda. Poi, molto dipende anche da cosa si sta cercando. Infatti il bilancio di esercizio può essere osservato da varie angolazioni.

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Il bilancio può essere utilizzato allo stesso modo; e una volta sfruttato, girato e rigirato, fornisce davvero tutte le informazioni necessarie per sapere cosa sta accadendo all’interno dell’azienda.

Gli indicatori della performance aziendale, sono, dunque, il fine ultimo dell’attività di analisi. Sono l’obiettivo a cui dovrebbe tendere qualsiasi imprenditore per capire bene cosa accade nella sua azienda. Nella gestione aziendale si possono fare domande al bilancio, e il bilancio fornisce tutte le risposte. Si può chiedere al bilancio:”Come sta messa la redditività generale?”. Oppure:”Ma quanto è il reale margine di profitto percentuale sulle vendite?”. O ancora: “La situazione finanziaria rispetta l’equilibrio tra investimenti e finanziamenti?”. ”E la situazione dell‘indebitamento, come va?I debiti sono troppi, rischiamo il fallimento?”.

Poi, si possono fare domande anche più approfondite:”Il prodotto A lavora a margine di

contribuzione positivo, oppure negativo?”. “Il lancio del nuovo prodotto contribuisce alla copertura dei costi di struttura?”. “Conviene o no investire risorse in questo nuovo progetto?”. “Il cash flow prodotto dalla gestione è positivo o negativo?”. Possiamo fare al bilancio fare tutte le domande che vogliamo, su qualsiasi aspetto della gestione.

Ma soprattutto, gli indicatori della performance aziendale servono a una cosa fondamentale: sapere dove mettere le mani nel caso in cui si sia scoperto qualche problema! Infatti, analizzare il bilancio e scoprire qualche cosa che non va, diventa un’attività fine a se stessa se non viene utilizzata per apportare modifiche alla gestione. Sapere che la situazione dell’indebitamento è a rischio crisi finanziaria non serve a molto, se poi non si tenta di risolverla. Sapere che il prodotto “A” lavora a margine di contribuzione negativo non serve a niente, se poi il prodotto “A” viene mantenuto nella linea di produzione.

La portata informativa degli indicatori della performance aziendale è enorme: e, per quanto basata su proiezioni e stime, può essere molto utile anche in fase di redazione del business

plan. Infatti, il piano di business altro non è che la trasposizione nel futuro dell’attività. E questo spiega perché, in fase di preparazione, è meglio fare previsioni al ribasso, piuttosto che al rialzo (anche se reali).

A che cosa serve l’analisi del bilancio? Partiamo dal bilancio di esercizio, il quale è il documento che rappresenta la realtà aziendale (e questo è il motivo per cui assume così tanta rilevanza all’interno dell’azienda). Senza entrare nei meandri della contabilità, diciamo che il bilancio di esercizio è composto da due prospetti contabili che sono lo stato

patrimoniale ed il conto economico, e da un documento che “spiega” cosa è accaduto negli altri due prospetti, che si chiama nota integrativa (nel senso che “integra” le informazioni dei due prospetti contabili). I dati contenuti nel bilancio possono essere letti o interpretati al fine di comprendere con maggiore consapevolezza alcuni aspetti particolarmente rilevanti della gestione aziendale nel suo complesso, e in particolare.

Interpretare i dati di un bilancio richiede, però, un po’ di conoscenza della tecnica contabile, per esempio la partita doppia. Infatti, l’analisi del bilancio tende ad ottenere informazioni significative relative a vari aspetti della realtà aziendale effettuando delle rielaborazioni dei due prospetti contabili secondo alcuni criteri. Queste rielaborazioni sono necessarie per poter confrontare i dati ottenuti nel tempo, ovviamente riferiti alla stessa impresa. Perché si rendono necessarie queste analisi? Per avere informazioni aggiuntive (e complementari a

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quelle fornite da due prospetti contabili) utili a studiare alcuni aspetti della gestione che non sono solo quelli relativi alla formazione del reddito di esercizio, ma che vanno ben al di là…

Questo, infatti, è uno degli errori più frequentemente commessi dagli imprenditori: osservare il conto economico, dare un’occhiata alla differenza RICAVI – COSTI, verificare che i primi siano quanto più possibile maggiori dei secondi e tirare un sospiro di sollievo una volta verificato che la gestione economica ha emesso il suo verdetto: UTILE DI ESERCIZIO!!! Se fosse stato sufficiente avere questa semplice informazione, di certo non ci sarebbe stato bisogno che qualcuno si spremesse le meningi per sapere qualcosa in più, anche più importante, a proposito di quello che accade nell’impresa!!

Proprio per questa ragione, la semplice lettura del bilancio viene spesso chiamata “analisi formale“: si chiama in questo modo perché ha come obiettivo la verifica della correttezza dei valori scritti nei due prospetti contabili. A questa analisi “formale” si contrappone l’”analisi operativa” perché la sua implementazione è destinata ad ottenere informazioni ben più importanti di quelle che si ottengono con l’analisi formale, e che servono ai soggetti esterni ed interni all’azienda (i c.d. stakeholders, ) per prendere decisioni di carattere operativo: è come indossare un paio di occhiali per vedere meglio (molto meglio) quello che accade veramente.

L’ANALISI DEL BILANCIO: OBIETTIVI

Gli obiettivi che persegue questo tipo di analisi sono vari, e di vario tipo: si passa da analisi di carattere reddituale, ad analisi di tipo patrimoniale e finanziarie per verificare che ci sia un equilibrio in tutti e tre questi aspetti fondamentali della gestione d’impresa. Ognuna di queste analisi fornisce informazioni sintetiche sugli aspetti fondamentali della gestione. Infatti, partendo dalla considerazione secondo cui la gestione aziendale è un tutt’uno unitario, non è possibile “sganciare” una valutazione di carattere economico da una di tipo finanziario e patrimonale. Ecco perché leggere che il conto economico ha emesso il verdetto di fine gestione con un bel “UTILE DI ESERCIZIO” non è sufficiente per esprimere un parere positivo, complessivo, sulla gestione nel suo complesso.”UTILE DI ESERCIZIO” significa tutto, ma significa anche niente.

Si può verificare una situazione di equilibrio economico ottimale (Utile di esercizio del conto economico), e contemporaneamente una situazione finanziaria disastrosa!! Qualcuno, forse, potrà obiettare che “non è possibile avere il conto economico in perfetto ordine, ed avere una situazione finanziario-monetaria squilibrata, ai limiti del collasso”. E invece è possibile.

Facciamo un esempio semplice, aiutandoci con un’immagine che, per questioni di esposizione, è sintetizzata al massimo. Supponiamo che il conto economico ci dia questa informazione:

CONTO ECONOMICO AL 31/12/2011 COSTI RICAVI

1.000.000 EURO

UTILE DI ESERCIZIO 400.000 EURO

1.400.000 EURO

TOT A PAREGGIUO 1.400.00 EURO TOT A PAREGGIUO 1.400.00 EURO

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In questo caso, un utile netto di 400.000 euro è indubbiamente un discreto risultato, e ci sarebbe di che essere contenti. Quindi, la situazione economica è OK! Poi, però, l’imprenditore ci dice che di questi € 1.400.000 ne ha incassati € 500.000 mentre gli altri € 900.000 sono in attesa di essere incassati, e di questi € 900.000, ce ne sono € 500.000 dal legale, perché magari chi glieli deve dare sta fallendo (e quindi non li vedrà mai…).

Ecco che, immediatamente, l’analisi della situazione finanziario-monetaria mette in evidenza un forte squilibrio, poiché mancano in cassa dei soldi. Soldi veri, non ipotetici. E anche nella redazione del business plan è sempre consigliabile effettuare le analisi operative di quello che sarà il business futuro.

Che rapporto c’è tra il fatturato e l’utile netto, ovvero perché, spesso, all’incremento del fatturato, segue una diminuzione dell’utile netto? . Le cause che determinano un andamento inversamente proporzionale tra fatturato ed utile netto, possono essere varie, ma forse quella più comune è legata al fatto che, inevitabilmente, l’incremento del fatturato significa impegnare una maggior quantità di risorse di vario tipo, non solo finanziarie. Si tratta di risorse organizzative, burocratiche e, ovviamente, finanziarie. In linea teorica, però, non dovrebbe essere così: e infatti molto spesso all’incremento del fatturato segue un incremento dell’utile netto, il che dovrebbe rappresentare la normalità. E quindi: perché si verifica una situazione del genere? Un incremento del fatturato potrebbe essere determinato, per esempio, dalla concessione di ampi crediti di dilazione in fase di vendita. L’imprenditore, per seguire una politica commerciale “un po’” aggressiva”, e per “fare fatturato”, decide di concedere dilazioni di pagamento ai suoi clienti superiori alla sua media, oltre che alla media del settore, per vendere di più. Diciamo che, in tempi di crisi, questa è una pratica quasi suicida! Quando si verifica una situazione del genere, di solito ci sono solo due modi per affrontarla, entrambe “pesanti” per la gestione: la prima è quella in cui l’azienda sta in ottime acque finanziarie (ha, cioè discrete riserve di liquidità), e quindi riesce a fronteggiare l’impegno di finanziare i suoi clienti attingendo alle riserve di liquidità. La seconda è fare fronte a questo impegno finanziario chiedendo in prestito soldi alla banca, o a qualche altro finanziatore. Il quale chiede gli interessi, che si trasformano in oneri finanziari che vanno a finire nel conto

economico, erodendo il margine di profitto. Ognuna di queste due soluzioni allo stesso problema (concessioni di dilazioni di pagamento), ha delle ripercussioni sull’aspetto finanziario-monetario della gestione, vuoi perché si rosicchiano le riserve di liquidità, vuoi perché ci sono gli oneri finanziari che “appesantiscono” il conto economico. La maggior parte degli imprenditori stanno sempre con un occhio sul fatturato, piuttosto che su altre variabili incredibilmente più importanti (come la gestione finanziaria). L’imperativo sembrerebbe essere: FATTURARE, FATTURARE, FATTURARE!!! A cosa serve aumentare il fatturato, se poi questo aumento “costa” la riduzione dell’utile netto, l’incremento dell’indebitamento, l’utilizzo di riserve finanziarie o la crescita geometrica dei processi aziendali (e ci riferiamo solo ai costi di fatturazione, resi su vendite, telefonate dai clienti etc…), con relativi costi? Sorvoliamo sul fatto che, in qualche caso, ci siamo trovati di fronte a “crediti verso clienti” mandati dal legale, pari a circa il 50% del fatturato, che rappresentano soldi che l’azienda non vedrà mai. O se li vedrà, nella migliore delle ipotesi ne vedrà la metà… Questo, a livello finanziario-monetario, è un danno abbastanza grave che si ripercuote sulle finanze dell’impresa. E allora: vale la pena mettere a rischio la finanza aziendale per aumentare il fatturato?

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Se si domanda a un imprenditore:”Preferisce fatturare 1 ml di euro e guadagnarne 100.000, oppure preferisce fatturare 3 ml di euro, per guadagnarne 80.000″? La domanda sembra banale e scontata. Solo che poi, assistiamo spesso alla “corsa al fatturato”, con relativo dispendio di energie e risorse, e compromissione dell’aspetto finanziario della gestione. Tutta l’azienda si tiene sulla finanza aziendale! E’ molto meglio stare attenti all’aspetto qualitativo del fatturato, piuttosto che all’aspetto quantitativo. Di solito nella gestione aziendale vale la “regola dell’80/20″, in base alla quale l’80% del fatturato, è generato dal 20% dei clienti. Questo è fatturato di qualità, e non di quantità. Quando si mette nero su bianco un business plan, anche questi aspetti della gestione dovrebbero essere tenuti in considerazione, oltre che le vendite e i costi di acquisto dei prodotti. Perché è meglio pensare prima a quali potranno essere le conseguenze di certe decisioni, dopo.

Uno degli aspetti più importanti da tenere in considerazione quando si scrive il Business Plan è l’analisi del bilancio previsionale. Infatti il piano d’impresa è composto da due parti fondamentali: la prima, quella descrittiva, è quella in cui si “raccontano” i dati relativi al business che si vuole fare; in cui si parla dei potenziali clienti, dei potenziali concorrenti, delle strategie che si vogliono usare per penetrare e servire il segmento prescelto, del ciclo produttivo.

La seconda parte, quella “tecnica”, è quella in cui si sintetizzano i dati raccolti nella parte descrittiva e si trasformano in numeri. In questa seconda parte, le previsioni fatte vengono sintetizzate all’interno di un bilancio di previsione al fine di valutare in anticipo la fattibilità economico-finanziaria dell’idea. Infatti, non è detto che un’idea economicamente conveniente sia anche finanziariamente fattibile. E questo dipende da una serie di variabili che escono fuori proprio facendo l’analisi del bilancio previsionale di cui si sostanzia la parte tecnica del piano di business.

Cosa significa fare l’analisi del bilancio? Significa andare a verificare se alcuni dati “stanno in piedi” e possono garantire la sostenibilità dell’iniziativa nel medio-lungo periodo.

L’analisi del bilancio che si fa all’interno del business plan (e quindi si tratta di un’analisi prospettica) è praticamente uguale all’analisi che si fa su un bilancio passato: i dati da analizzare e valutare sono gli stessi, le informazioni che si possono avere sono le stesse, le valutazioni sulla struttura patrimoniale e finanziaria dell’azienda sono le stesse e le valutazioni di carattere economico sono le stesse.

L’unica differenza è data dal fatto che un’analisi si riferisce a quello che è successo nel recente passato, e l’altra si riferisce a quello che potrebbe accadere in un prossimo futuro se tutte le condizioni ipotizzate si verificano. Questo è il motivo per cui insistiamo sempre nel non “dare i numeri” quando si fanno le previsioni nel business plan: i numeri sparati alle stelle devono essere oggetto di analisi e se una previsione si basa su un eccessivo ottimismo, la relativa analisi ne risente in modo determinante. Questo accade perché i dati oggetto di analisi sono proprio quelli contenuti nel bilancio di previsione.

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Il Business Plan e l’analisi di bilancio:

In passato abbiamo assistito ad un “fenomeno” abbastanza interessante: in qualche business plan sono stati mossi dei rilievi per “eccessiva redditività” dell’idea. Cosa significa “eccessiva redditività?”. Significa che chi ha studiato la fattibilità del business proposto in sede di istruttoria per l’approvazione o per la concessione di finanziamenti, si è trovato davanti ad alcuni dati un pò “strani”: ROI del 60% o ROE del 50% più altri indicatori di bilancio un pò esagerati rispetto a qualche media!. Ora: non è detto che questi siano valori in assoluto impossibili, anzi. Ma occorre dimostrarlo non solo con una serie di belle parole ma con alcuni fatti. In Italia ci sono delle pubblicazioni in cui sono riportati i dati di bilancio medi complessivi delle prime 1500 aziende italiane, divise per settore. Questi sono dati di carattere generale, che prendono in considerazione vari aspetti dei vari business: aspetti patrimoniali, economici e finanziari e un’altra serie di dati, cioè quelli che escono fuori dall’analisi del bilancio.

Se i dati di medi dicono che nel settore “X” la redditività media di ROI è del 9,1% e quella di ROE è il 10,7%, è poco credibile il fatto che io arrivo e dico: “Cari Signori, fino ad oggi Voi non avete capito niente e avete fatto male le Vostre analisi! Io ho inventato il sistema più innovativo e più economico per ottenere tassi di redditività molto, molto più alti!”.

Ora: può anche darsi che nel settore preso in considerazione ci siano effettivamente tassi di redditività più alti della media (proprio perché si tratta di una media che considera valori alti e valori bassi), ma dire che io ho inventato un sistema che migliora del 500% un tasso medio, risulta poco credibile. E quindi il Business Plan viene valutato poco credibile.

Per concludere: una volta fatte le dovute ricerche sul mercato di riferimento e assemblati i dati, occorre costruire un bilancio di previsione basato quanto più possibile su dati “credibili”., facendo le stime al ribasso e verificare che la successiva analisi garantisca tassi di ritorno economico e indicatori di equilibrio finanziario accettabili.

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Le cosiddette leve del marketing mix sono la combinazione di strumenti commerciali che puoi utilizzare per agire sul tuo mercato obiettivo e per influenzare i tuoi clienti. Le 4 P sono:

1. PRODOTTO: è sicuramente il primo ed il più importante tra gli elementi del marketing mix. Alla base di ogni attività di impresa vi è un prodotto, ovvero un’offerta. Quando si parla di PRODOTTO devi far riferimento non solo al prodotto in senso fisico e concreto che offri al mercato, ma anche alle sue qualità, alla sua linea, al colore, alla confezione, al servizio post vendita, alla garanzia, etc;

2. PREZZO: il prezzo di vendita del prodotto che intendi offrire al mercato, deve tenere in considerazione i costi aziendali, i prezzi praticati dalla concorrenza, le politiche di prezzo, gli sconti, le modalità ed i tempi di pagamento;

3. PUNTO VENDITA (DISTRIBUZIONE): devi scegliere le modalità in cui pensi di distribuire il tuo prodotto. Puoi decidere di avere un punto vendita diretto, oppure di avvalerti di un intermediario come ad esempio un grossista. La scelta del canale di distribuzione dipende dalle risorse finanziarie che hai a disposizione e dagli obiettivi che hai pianificato

4. PROMOZIONE: comprende tutte le attività di pubblicità, comunicazione e pubbliche relazioni che fai per far conoscere il tuo prodotto al mercato

E’ chiaro che le 4 P esprimono una visione del mercato secondo l’interesse del “venditore” e non del cliente. Questo perché il cliente nel valutare l’ offerta può avere un’idea diversa da

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quella del venditore. Pertanto le 4P del venditore possono essere sostituite dalle 4C che descrivono il punto di vista del cliente:

1. CUSTUMER VALUE cioè “valore per il cliente” 2. COSTO per il cliente 3. CONVENIEZA 4. COMUNICAZIONE

Quest’impostazione delle 4 C pone l’attenzione sul fatto che il cliente punta ad acquisire “VALORE” e che, quindi, ricerca la soluzione ad un suo problema o meglio cerca la soddisfazione ad un suo bisogno o desiderio. Da ciò consegue che l’impresa dovrebbe sovvertire completamente ciò che ha praticato fino ad ora e farebbe bene a pensare prima in termini di “valore” ricercato dal cliente, cioè le 4 C, e poi in termini di 4P.

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Marketing diretto e promozione delle vendite (pillola)

Il principio di base del marketing è quello di offrire ai clienti prodotti che soddisfino le loro aspettative. Dopo aver creato questi prodotti, deve promuoverli e valorizzare l'immagine dei prodotti esistenti e studiare quella dei concorrenti. Questo è un aspetto del marketing operativo. Tradizionalmente il marketing ha due principali obiettivi operativi:

1. Acquisire nuovi clienti 2. Fidelizzare i clienti acquisiti. Compito del marketing operativo è quello di creare eventi/iniziative di marketing per raggiungere questi obiettivi. Per fare questo solitamente le campagne di marketing diretto e le tecniche di promozione delle vendite seguono una sequenza di 7 passi principali: 1.Identificazione dei target 2.Definizione degli obiettivi 3.Pianificazione delle azioni 4.Elaborazione del marketing mix 5.Determinazione di un budget 6.Messa in pratica dell'azione 7.Misurazione dei risultati e calcolo della redditività. 1 – Marketing diretto: Il marketing diretto si basa su un messaggio personalizzato orientato verso un target identificato con l'obiettivo di ottenere una comunicazione personalizzata tra inserzionisti e clienti, quest'azione è fatta per coinvolgere il cliente e portarlo ad una reazione immediata. Per mettere in pratica un'azione di marketing diretto occorre una banca dati e l'utilizzo di canali di comunicazione adeguati. Le tecniche più comuni sono: • Invio postale (direct mail) • E-mailing • L'invio di fax • Il telemarketing • Carte fedeltà • Pubblicità nel punto vendita • Lo Street Marketing • Catalogo Guardiamo rapidamente alcune di queste azioni Invio postale consiste nell'invio di una lettera via posta partendo da una lista nominativi aggiornata, tale lista potrà essere mirata ad un target di persone che vogliamo raggiungere o inviata indiscriminatamente in determinate zone. Benché si tratti di una tecnica vecchia, essa può ancora essere utilizzata in determinati settori/prodotti. La composizione di base per l'invio di materiale promozionale via posta segue il seguente

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modulo: 1.Una lettera d'aggancio 2.Una busta "vettore" 3.Un depliant o una brochure 4.Un incentivo ad agire: modulo d'ordine o cartolina di risposta 5.Una busta di risposta prepagata. E-mailing: La procedura consiste nell'invio di una mail ad un numero maggiore o minore di utenti Internet, a volte può essere mirato altre volte le email vengono inviate indiscriminatamente a migliaia di persone. Questo metodo è nato naturalmente con l'avvento di Internet, si deve stare attenti a non intraprendere azioni di Spam (sanzionabili), ma ha molti vantaggi: • Un costo limitato • Un contatto veloce • Eccellente risposta • Tasso di rendimento superiore • Una maggiore misurabilità • Diversi formati possibili Un importante vantaggio delle azioni di e-mailing è il numero di opzioni che si possono impostare, come l'invio di un questionario, invio di coupon stampabili, l'invito a rispondere premendo semplicemente il tasto "rispondi", l'invito a telefonare, ecc. Nonostante la sua apparente facilità una campagna e-mailing efficiente deve soddisfare una serie di regole: una chiara identificazione del mittente, un “oggetto” sintetico, un messaggio personalizzato chiaro e preciso, l'invito all'azione. Come per la spedizione a mezzo posta, gli utenti tendono ad essere sommersi da messaggi pubblicitari di posta elettronica. Pertanto è necessario rendere l'offerta particolarmente attrattiva. Per fare questo è possibile individuare un certo numero di fattori: • Originalità • Organizzazione • Personalizzazione • La qualità del messaggio • Un invito all'azione • Perseveranza • La gestione efficace delle risposte • La misurazione e l'analisi dei risultati Tele-marketing: Esso comprende tutti i metodi che utilizzano il telefono per veicolare il messaggio. Solitamente il telemarketing è utilizzato per 3 scopi diversi (a volte i tre punti possono entrare in gioco in sinergia in un'unica telefonata): 1.L' esplorazione 2.La vendita 3.Il consiglio Il telemarketing ha preso proporzioni notevoli con lo sviluppo della tecnologia, dei computer e dei telefoni e con lo sviluppo di offerte di servizi di call center. Carte (fedeltà, punti, ecc.): Esse hanno conosciuto uno sviluppo significativo negli ultimi anni. Probabilmente non esiste

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insegna che non ha una sua carta dedicata. A seconda delle circostanze essa può avere funzioni diverse, da semplice carta sconti a raccolta punti, fino a carta di credito sostenuta da una banca convenzionata e associata a condizioni favorevoli per il titolare (sconti, promozioni speciali, ecc.). l'utilizzo delle carte aiuta a profilare i clienti ed a perfezionare il CRM. Pubblicità nel punto vendita: E' un classico negli Ipermercati e nei supermercati, questa pubblicità è composta da una serie di mezzi di comunicazione utilizzati nel luogo di vendita, è costituita da pannelli, espositori, video messaggi, stand, assaggi, ecc. L'obiettivo di questa pubblicità è attrarre l'attenzione del cliente, coinvolgerlo, e indurlo all'acquisto. Una variante della pubblicità nel punto vendita è l'informazione nel punto vendita. Quest'ultima, come la prima, punta ad informare il cliente sul prodotto con l'obiettivo di attirare l'attenzione. Street Marketing: Lo Street marketing è costituito da un insieme di tecniche che mirano a promuovere un evento, prodotto, o un servizio solo per strada. Gli strumenti utilizzati sono per lo più volantini, manifesti, campioni e in alcuni casi mezzi di comunicazione molto originali. Lo Street marketing è più efficace quando il luogo di comunicazione scelto è soggetto ad un notevole flusso di persone (Strade principali, stazioni, metro, ecc...). Catalogo: Anche se sembra uno strumento di marketing vecchio, il catalogo, ancora oggi rappresenta per alcune aziende un valido mezzo promozionale. Particolarmente utilizzato in settori quali: profumeria, cosmetica, bricolage, ferramenta, forniture per ufficio... 2 - Promozione delle vendite: La promozione delle vendite è definita come l'insieme di tecniche operative messe in atto per incrementare le vendite. Diversi i metodi possibili: le tecniche per approccio e le tecniche per gli obiettivi: Le tecniche per l'approccio sono: • Le tecniche basate sui prezzi: sconti, coupon, dilazioni sui pagamenti... • Le tecniche basate sul prodotto o su di un premio: più prodotto, gadgets, omaggi... • Le tecniche per ridurre il rischio: garanzia estesa, prova gratuita... • Le tecniche con giochi e concorsi: gratta e vinci, estrazioni... Le tecniche per gli obiettivi: • Incentivi per il 1° acquisto: buono per la riduzione del prezzo, prezzo di prova, pubblicità sul punto vendita... • Incentivi per il riacquisto: buono riduzione del prezzo sul prossimo acquisto... • Fidelizzazione: vendita in confezioni famiglia, raccolta punti con premio finale... Il marketing diretto e la promozione delle vendite offrono una moltitudine di strumenti per soddisfare qualsiasi esigenza, ma resta il fatto che questi strumenti devono essere utilizzati con saggezza. La natura del prodotto, il tipo di clienti, l'ambiente, i concorrenti, gli obiettivi, ecc, sono tutti elementi che devono essere presi in considerazione per ottimizzare i risultati.

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Tecniche di vendita (pillola)

Con il termine tecniche di vendita indichiamo tutti quei metodi utilizzati da venditori professionisti durante una trattativa di vendita. Obiettivo finale della tecnica di vendita è la chiusura della trattativa con la vendita di un prodotto o di un servizio. Le tecniche di vendita che possono essere utilizzate durante una trattativa sono varie e numerose, quasi tutte di origine statunitense, ma per semplificare possiamo dividerle in due categorie, le tecniche che mirano a carpire i bisogni e offrire al cliente una soluzione adeguata e le tecniche che hanno come unico scopo la vendita di un oggetto o di un servizio tralasciando bisogni, necessità e desideri del cliente. Seppur utili e valide le tecniche di vendita non devono condizionare la spontaneità del rapporto con il cliente, è quindi utile conoscere e utilizzare tali tecniche avendo l’accortezza di plasmarle a seconda della personalità del cliente con cui ci si sta relazionando. Di seguito esporremo brevemente solo alcune delle tecniche di vendita più conosciute.

A.I.D.A., questo termine è l’acronimo di alcuni termini che dovrebbero guidare il venditore durante una trattativa.

• A: Attenzione • I: Interesse • D: Desiderio • A: Azione

Con questi semplici quattro punti, l’ A.I.D.A. mira giusto alla chiusura della vendita. Per A=attenzione si intende la capacità del venditore di ottenere l’attenzione del cliente, dopo aver ottenuto l’attenzione, il venditore deve essere in grado di suscitare interesse. Per creare interesse nel cliente occorre non focalizzarsi sul prodotto, ma sui benefici che esso è in grado di produrre, occorre dimostrare “come” tale prodotto o servizio soddisfi un bisogno. Nella terza fase della A.I.D.A. si parla di desiderio, infatti, a questo punto occorre incitare il desiderio da parte del consumatore di possedere quel determinato prodotto, e di godere di tutti i vantaggi offerti nella nostra proposta. Quarta e ultima fase è l’azione, in questa fase occorre spingere l’acquirente all’ acquisto, utilizzando tattica e comunicazione. Ultimamente alla classica tecnica di vendita A.I.D.A. si è aggiunta una S (A.I.D.A.S.) che sta per soddisfazione, poiché un cliente soddisfatto è un soggetto che concluderà con voi nuovi affari, parlerà bene di voi e del vostro prodotto, vi porterà nuovi potenziali acquirenti.

S.P.I.N., il metodo Spin Selling è un’altra tecnica di vendita molto diffusa. Lo spin selling nasce da un’intensa attività di ricerca messa a punto da Neil Rackham e dalla sua compagnia la "Huthwaite". La sua ricerca è stata effettuata analizzando circa 35.000 trattative di vendita, e dimostra che la vendita non avviene travolgendo l’acquirente con fiumi di parole, ma

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semplicemente ponendo le giuste domande al potenziale cliente. Nella tecnica SPIN ci sono 4 tipi di domande:

• S: Situation Questions • P: Problem Questions • I: Implication Questions • N: Need-payoff questions

Per “Situation questions” si intendono tutte quelle domande rivolte all’ acquirente per capire l’attuale situazione, successivamente con le Problem question si chiede all’ acquirente di concentrarsi sull’ eventuale disagio che sta provando e si cerca di chiarire il problema, in questo modo si identificano le necessità implicite dell’acquirente. Le Implication question mirano a coinvolgere l’acquirente amplificando l’attuale situazione negativa prima di mostrare loro le possibili soluzioni, in questo modo si cercherà di aumentare nel cliente il desiderio di “cambiare” acquistando una possibile soluzione al problema. Con le need-payoff questions si chiede esplicitamente al cliente di esporre quali sono le sue reali necessità e successivamente quali benefici potrà ottenere optando per una delle soluzioni che gli avrete proposto. Solitamente i più grandi venditori si soffermano per la maggior parte del tempo sul problema del cliente e sui disagi che questo comporta, solo successivamente introducono la soluzione, il prodotto o il servizio che potrà dare un beneficio al cliente. Anche questa vendita per essere efficace dovrà essere pianificata nei dettagli, dovrete conoscere molto bene il prodotto e soprattutto tutte le situazioni in cui la vostra soluzione offre un reale beneficio. Prima di porre una domanda dovrete conoscere la possibile risposta.

Altre tecniche di vendita frequentemente utilizzate sono l’ascolto attivo e la vendita consulenziale, la prima si riferisce ad un comportamento assertivo tenuto dal venditore durante la trattativa e ad un coinvolgimento emotivo del cliente. La seconda invece, si riferisce ad una trattativa che si pone come scopo primario la soddisfazione del cliente, quindi, il venditore prima cercherà di comprendere quali sono i reali bisogni del cliente e poi gli offrirà una soluzione adeguata. La vendita consulenziale dà risalto alla professionalità del venditore che non “vende”, ma “consiglia” il cliente, creando un rapporto di fiducia e stima duraturo e proficuo. Alle tecniche citate ne possiamo aggiungere molte altre: vendita strategica, vendita collaborativa, vendita creativa, ecc. ecc., ma anziché prolungarci nella descrizione dei vari metodi di vendita, desideriamo evidenziare il fatto che non esistono tecniche perfette per vendere, la conoscenza e lo studio delle tecniche di vendita è utile solo se riuscirete ad adattarle al prodotto, alla vostra personalità e soprattutto ai vostri clienti. Solo una preparazione ed una costante pianificazione del lavoro potrà condurvi al raggiungimento dei vostri obiettivi.

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2. SWOT ANALYSIS

Quali connessioni ci sono tra Business Plan e analisi S.W.O.T. e a cosa serve la S.W.O.T. ANALYSIS

L’analisi SWOT è uno degli strumenti operativi più importanti che un imprenditore ha a disposizione per effettuare alcune considerazioni che si rivelano fondamentali per lo sviluppo del suo business. Infatti, l’acronimo S.W.O.T. sta per Strenghts, Weaknesses, Opportunities e Threats che significano, rispettivamente: Forza, Debolezza, Opportunità e Minacce. Cosa significa? In pratica, la S.W.O.T. è una matrice che serve all’imprenditore per valutare cosa accade nel mercato in cui opera, e gli serve per valutare quali possono essere i punti di forza e di debolezza del suo business, nonchè per valutare quali sono (o possono essere) le opportunità offerte dal mercato, oppure le minacce che lo stesso mercato presenta alla possibilità di realizzare (o espandere) il suo business.

Infatti, non esistono idee di business che non hanno punti di forza o punti di debolezza. Così come non esistono mercati che non offrono delle opportunità oppure presentano delle minacce. La difficoltà è una sola: fare un’approfondita analisi di mercato, studiare bene quello che accade nello stesso, analizzare nel dettaglio tutti i possibili scenari e quindi darsi da fare, oppure mollare la presa!!

Eh si…purtroppo anche l’ipotesi di lasciare perdere la propria idea di business deve essere considerata, anche se non è proprio il massimo dell’aspettativa di un imprenditore (e/o di un aspirante imprenditore). Come sempre, non diciamo questo perchè siamo pessimisti, e meno che mai perchè vogliamo dissuadere qualcuno a fare impresa!! Ma purtroppo spesso abbiamo visto (e vediamo) situazioni in cui l’imprenditore (e più spesso l’aspirante imprenditore) insistono nel volere portare avanti la loro idea di business pur quando è il mercato stesso a dire con chiarezza “lascia perdere”.

E, solitamente, il risultato di un atteggiamento simile è sempre lo stesso: IL FALLIMENTO, con conseguente perdita del denaro investito e ripercussioni di vario genere sulla vita dell’imprenditore… L’analisi S.W.O.T. ha proprio questo obiettivo: permettere

S

Punti di forza

W

Punti di

debolezza

O Opportunità

T

Minacce

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all’imprenditore di ridurre al minimo il rischio d’impresa e il conseguente rischio finanziario, conoscendo nel dettaglio una serie di cose. Vediamo quali.

STRENGHTS: sono i punti di forza. In linea di massima, ogni imprenditore presenta dei punti di forza che gli consentono di differenziarsi dalla concorrenza. Questi punti di forza possono essere di vario tipo: capacità imprenditoriale; qualità di prodotto; qualità di processo; puntualità di consegna; cortesia; marketing; aspetti finanziari; penetrazione di mercato; soddisfazione del cliente; lay out produttivo; location; competenza tecnica eccetera. In pratica, ogni aspetto in cui l’imprenditore eccelle, è un suo punto di forza. E, ovviamente, l’imprenditore deve basare la sua differenziazione proprio su questi aspetti.

WEAKNESSES: sono i punti di debolezza. Anche in questo caso, in linea di massima, ogni imprenditore ha dei punti di debolezza del suo business. Possiamo dire che i punti di debolezza sono “il contrario” dei punti di forza: scarsa potenza finanziaria; scarsa penetrazione di mercato; poca qualità di prodotto; scarsa competenza manageriale; poco utilizzo del marketing; scarsa soddisfazione del cliente e così via… é chiaro che un imprenditore deve conoscere i punti di debolezza del suo business poiché rappresentano quelle aree passibili di miglioramento. E se in un business c’è qualcosa da migliorare, va migliorato…

OPPORTUNITIES: sono le opportunità offerte dal mercato. In ogni mercato ci sono delle opportunità che possono essere sfruttate dall’imprenditore per migliorare la sua performance generale. Le opportunità sono dietro ogni angolo, basta solo stare con le “antenne dritte” ed essere capaci di coglierle!! Gli esempi di opportunità che sono state sapientemente sfruttate sono praticamente infiniti: i PONY EXPRESS degli anni passati, hanno sfruttato l’inefficienza del servizio di posta nazionale; INTERNET è un’opportunità offerta dalla tecnologia; la legge sul casco obbligatorio è stata una manna per i produttori di caschi; in un periodo di crisi economica come quello che stiamo attraversando per tante attività è un momento durissimo, ma per chi lavora nel “recupero crediti” è un momento di gloria. E così via… Insomma, le opportunità ci sono!! E quindi, non siamo per niente d’accordo con chi dice che va sempre tutto male!! E’ come l’andamento della Borsa Valori: tutti dicono che “… Il titolo X ha perso il 25%… il titolo Y ha perso il 50%…è una catastrofe!!”, ma pochi dicono che se da una parte c’è chi ha perso il 25 o il 50% su un titolo, dall’altra c’è qualcuno che quel 25 o 50% lo ha guadagnato. Dipende solo da dove si puntano gli occhi e da quale parte si vuole stare…

THREATS: sono le minacce che provengono dal mercato. Anche in questo caso, ogni mercato presenta delle minacce. Negli anni ’80 il PONY EXPRESS ha offerto una valida alternativa al servizio postale nazionale, facendo guadagnare bene chi si è “buttato” in questo business. Ma l’avvento della posta elettronica, ha reso praticamente inutile tale attività. Un concorrente molto aggressivo (da qualsiasi punto di vista) può essere una minaccia. Il cambiamento dei gusti dei consumatori, è una minaccia. Anche il meteo può diventare una minaccia!! E, anche in questo caso, occorre stare con le antenne ben dritte per approntare le dovute difese, prima che essa diventi effettivamente tale e porti l’azienda al DEFAULT.

Ovviamente, punti di forza, di debolezza, opportunità e minacce devono essere messe tutte insieme all’interno della matrice poiché non ha senso considerarle separatamente, ma occorre avere un “quadro generale” della situazione per poter decidere. Ecco perché fare un’analisi

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S.W.O.T. è abbastanza complicato: occorre avere dati di mercato di cui, spesso, non si conosce nemmeno l’esistenza!!E, soprattutto, i dati devono essere VERI!!!

E questo spiega perchè la S.W.O.T. ANALYSIS deve essere inserita all’interno del business plan: è una parte fondamentale del PIANO DI MARKETING e serve per dare all’imprenditore la massima consapevolezza di quello che sta facendo, limitando al massimo il suo rischio d’impresa…

La businnes idea_ quando devi progettare la tua business idea, la prima cosa da fare è sederti a tavolino e pensare a tutto quello che ti viene in mente a proposito dell’idea stessa. In un primo momento, infatti, molto spesso le idee nascono da una banale e semplicissima intuizione: solo dopo averle studiate in alcuni loro aspetti specifici, emergono delle criticità a cui non avevi pensato fino a quel momento.

Fare il business plan è sicuramente il primo passo per iniziare a considerare tutto quello che non hai mai considerato fino a quel momento, e analizzarlo in termini di soluzione. E’, infatti, analizzando le varie criticità che si presentano, che puoi capire dove è necessario “intervenire” per trasformare eventuali punti di debolezza, in punti di forza.

Il primo passo da fare è quello di definire con precisione il percorso che ti ha portato a maturare l’IDEA di business e a confrontarla con le tue capacità, le tue competenze e con l’ambiente esterno in cui operi, o vuoi operare. Attenzione, però: molto più spesso di quanto non possa sembrare, accade di confondere l’IDEA IMPRENDITORIALE con il “sogno nel

cassetto” che magari è rinchiuso nei meandri della mente da tanto tempo. In realtà è necessario che tramuti il tuo “sogno” in IDEA e poi realizzi il PROGETTO d’IMPRESA. E per realizzare il tuo progetto di impresa, lo strumento più indicato è sicuramente il Business Plan. Per essere consapevole che è possibile realizzare il “sogno nel cassetto” e trasformarlo in un’idea di business, un buon punto di partenza è effettuare una specie di “autoanalisi” della situazione, rispondendo ad alcune domande come le seguenti:

• Come è nata l’idea? • E’ qualcosa che parte da me ed è collegata ad un mio hobby, ad una mia competenza o

altro? • E’ qualcosa che ho visto fare in altri contesti? • Nasce da un bisogno? • In che cosa consiste esattamente l’idea imprenditoriale? • A chi mi rivolgo? • Chi sono i miei clienti? • Chi sono i miei concorrenti? • Come mi organizzo? • E’ un idea realizzabile • Quali sono le competenze tecniche e gestionali che occorre avere?

A queste domande di solito ne seguono altre, che vanno un po’ più nello specifico di alcuni aspetti strettamente imprenditoriali:

• Che cosa mi spinge a mettermi in proprio e ad avviare un’impresa? • Per quale motivo voglio realizzare questa idea?

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• quali competenze ed esperienze potrei utilizzare per la realizzazione dell’idea? • Ho dei contatti personali che mi possono aiutare a realizzare l’idea? • Quali sono le risorse economiche e finanziarie che posso investire?

Dopo aver condotto questa autoanalisi che ti aiuta a capire se c’è coerenza tra l’IDEA e le tue caratteristiche personali, successivamente devi rivedere l’idea in relazione al mercato di riferimento e alle risorse a disposizione. Questo è il momento di affrontare gli aspetti più specifici del mercato di riferimento.

Per realizzare con un buon margine di realismo questi aspetti, devi scrivere il piano di marketing, che è una parte fondamentale del business plan E’ proprio all’interno del piano di marketing che riesci ad individuare e conoscere gli aspetti rilevanti del mercato in cui vuoi operare. In tal modo, riesci anche a fissare degli obiettivi concreti e realizzabili, nonché ad immaginare le strategie più idonee per conseguire i tuoi obiettivi. A questo punto, il passaggio dalla pianificazione all’azione è abbastanza rapido, e semplice.

Per far questo devi porti le seguenti domande:

• A quali bisogni/desideri risponde la mia idea? • Chi sono i miei clienti? • Quanti sono i miei potenziali clienti? • Dove si trovano? • Come posso raggiungerli? • Perché dovrebbero comprare da me e non da altri? • Che cosa offrono i miei concorrenti? • Chi sono e quanti sono i miei concorrenti? • Di quali risorse economiche, finanziarie e tecniche avrò bisogno?

Come vedi, sono tutte domande che presuppongono un certo grado di consapevolezza del tuo business; dalle opportunità che offre il mercato, alle minacce in esso presenti. Conoscere le opportunità e le minacce del tuo mercato ti serve per sapere con quale strategia puoi aggirare l’ostacolo! Una volta elaborata la strategia che più si adatta alle esigenze del mercato, non ti resta che tradurre in azioni coerenti quello che hai immaginato.

Quando si parla di consulenza aziendale, di consulenza direzionale e di consulenza manageriale, solitamente ci si riferisce a quelle attività che vengono svolte da professionisti (o da aziende) che stanno all’esterno dell’azienda e che riguardano alcuni aspetti particolari della gestione aziendale come, per esempio, la redazione del business plan.

In particolare, queste attività solitamente riguardano la gestione strategica dell’impresa dove per “gestione strategica” si intende tutto ciò che riguarda l’impresa nel suo aspetto economico, patrimoniale e finanziario, passando attraverso il marketing e il controllo della gestione nel suo complesso.

Infatti il panorama imprenditoriale italiano è costituito per circa l’80% da aziende di Piccole e Medie dimensioni (PMI) le quali, nella stragrande maggioranza dei casi, sono aziende nate dall’intuito imprenditoriale dei loro fondatori i quali, spesso, sono uomini e donne che hanno deciso di mettersi “in proprio” partendo da zero e che hanno scelto di dare una svolta diversa

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alla loro vita. Non mancano, ovviamente, anche i casi di aziende ereditate da una tradizione più o meno “familiare” e che sono diventate, grazie agli eredi, dei veri e propri casi di successo.

In moltissime di queste aziende, però, manca una vera e propria “cultura aziendale” una cultura, cioè, volta all’utilizzo degli strumenti più moderni messi a disposizione dall’economia aziendale e che sono utili per il miglioramento complessivo della performace aziendale. E’ il caso, per esempio, della finanza aziendale: moltissimi imprenditori, infatti, nel momento in cui devono finanziare nuove idee di business o nuovi investimenti per attività già esistenti, si rivolgono a una banca con un unico obiettivo: ottenere il tasso di interesse più basso possibile!

Questo, di per se, non è un errore; ma di sicuro non è la cosa più importante da “contrattare” nel momento in cui ci si rivolge alla banca per ottenere dei finanziamenti. Infatti, il tasso di interesse sui finanziamenti attinti, non è la cosa più importante da considerare ma forse è la terza o quarta in ordine di importanza poiché la cosa più importante da considerare dovrebbe essere la scadenza temporale dei finanziamenti ossia il “tempo” necessario che ci vuole per restituirli a chi li ha prestati. Questo della scadenza temporale è solo uno degli aspetti rilevanti della finanza d’impresa e che assai spesso è totalmente sconosciuto alla maggior parte degli imprenditori i quali non fanno tanto caso alla qualità del finanziamento ma si fermano a considerare solamente il suo costo (e cioè il tasso d interesse che devono pagare alla banca).

Allo stesso modo, si possono fare delle considerazioni a proposito del marketing, attività che riguardano la “vendita”: ma la vendita è solo la parte finale del processo di marketing il quale è, invece, è tutto ciò che l’imprenditore deve (o dovrebbe sapere) a proposito del suo mercato ben prima di entrarci dentro e servirlo. Addirittura, potremmo dire che “MARKETING” è tutto ciò che dovrebbe spingere un imprenditore a fare o non fare impresa!

Quando poi si scende ad analizzare aspetti della gestione molto più specifici (quali ad esempio il controllo della gestione, l’analisi dei flussi finanziari prodotti o assorbiti dalla gestione stessa) ecco che quasi tutti gli imprenditori brancolano nel buio e iniziano a chiedere “la consulenza aziendale, direzionale o manageriale” a qualche consulente …

Una delle domande che ci poniamo di frequente è: “E se le imprese (cioè gli imprenditori) avessero a disposizione gli strumenti dell’economia aziendale per gestire le loro aziende, cosa sarebbero capaci di fare?”. Questa non è una domanda retorica né tantomeno polemica: è una domanda che nasce dalla consapevolezza che le “nostre” aziende, in tanti casi, sono gestite con il solo intuito imprenditoriale mentre dovrebbero essere gestite con strumenti razionali e “sicuri”.

IMPRESA SVILUPPO & MANAGEMENT opera nel settore della consulenza aziendale e della pianificazione del business da più di dieci anni e ha scelto come target di riferimento proprio quegli imprenditori che, con opportune competenze strategiche e conoscenze tecniche, potrebbero gestire le loro aziende in modo più efficace ed efficiente e ottenere risultati più performanti dal punto di vista generale.

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3. LA GESTIONE DEI RECLAMI (pillola)

L'attività di gestione dei reclami è molto importante per la fidelizzazione del cliente e per il successo dell’azienda. Il cliente che reclama, infatti, è un cliente che sta dando ancora una possibilità alla nostra azienda di tenerlo con sé. L'analisi dei comportamenti dei clienti dimostra inoltre che spesso il cliente più fedele è colui che ha visto risolto il suo reclamo con successo piuttosto che il cliente che non ha mai avuto motivo di reclami. Per svolgere questa attività è quindi lungimirante avere persone preparate alla gestione dei reclami, quindi:

� consapevoli che con il loro lavoro contribuiscono sia alla riduzione dei costi che al successo commerciale della propria azienda. Un reclamo può, infatti, contenere anche opportunità di vendita;

� capaci di creare la relazione con il cliente e di usare le tecniche di comunicazione e di vendita;

� abili nel controllare la propria emotività di fronte a clienti aggressivi. consulenza

Fornire le conoscenze e le tecniche per svolgere questa importante e difficile attività, ottimizzandone i risultati, è l’obiettivo del Corso La Gestione dei Reclami.

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4. VISUAL MERCHANDISING (pillola)

Il visual merchandising cerca di ottimizzare tutte le possibilità offerte dalla vendita visiva in qualsiasi spazio vendita, grande o piccolo che sia. Esso si occupa di valorizzare al meglio il prodotto, il reparto, il punto vendita, facendo sì che il prodotto giusto sia nel posto giusto, al momento giusto ed al prezzo giusto.

Rendere autosufficiente il cliente tramite la facilità di lettura dello spazio visivo significa ridurre il personale di vendita e quindi le spese, oltre a fare cosa gradita al cliente stesso, il quale spesso ama scegliere in autonomia. Una disposizione ottimale delle merci sul punto vendita è inoltre sinonimo di una gestione scrupolosa e ordinata ed evita il peregrinare inutile e stressante di chi non trova ciò che cerca. Analisi dell'offerta e delle aggregazioni merceologiche. Il punto di partenza è quello di un'attenta e scrupolosa analisi dell'offerta studiata sulla propria clientela-obiettivo, delle sue esigenze, dei suoi comportamenti abituali di acquisto, nell'ottica di ricavarsi uno spazio differente rispetto ai propri competitors. Questa prima analisi è essenziale e deve guidare tutte le scelte che si presenteranno al visual merchandiser, dal momento che determina il tipo di specializzazione e l'identità stessa del punto vendita. Un secondo passo molto importante consiste nel dare luogo ad aggregazioni merceologiche comunicative quanto più possibile logiche ed intuitive per il cliente. Esse possono essere guidate da criteri differenti, quali l'affinità o la complementarità delle destinazioni d'uso, la stagionalità, l'occasionalità, lo stile di vita etc. Per fare un esempio pratico, tenendo conto dell'occasione e del luogo di utilizzo dei prodotti, una delle aggregazioni-tipo di un negozio di elettrodomestici potrebbe essere la seguente: pulizia della casa (aspirapolveri, scope elettriche, accessori, etc.), cucina (frigoriferi, cucine a gas, forni, lavastoviglie, casalinghi etc.), lavastiro (lavabiancheria, ferri da stiro, stenditoi, etc.), tempo libero (audio, video, accessori etc.). Il layout.

L'organizzazione vera e propria dello spazio di vendita (layout) prevede il disegno dei percorsi e della circolazione, in cui la sequenza delle aggregazioni merceologiche deve risultare naturale e di facile lettura per la propria clientela-obiettivo. Generalmente si crea un percorso principale, che stimoli il cliente a seguirlo, e spazi di viabilità secondaria, all'interno delle diverse are del punto vendita. Nel fare ciò ci si deve assicurare che i percorsi siano sufficientemente ampi da garantire il passaggio agevole della clientela e dei commessi, eliminandone i punti morti. La presenza di un' illuminazione studiata e di una segnaletica efficace ma non invasiva deve, inoltre, guidare l'attenzione dei clienti verso i punti di maggiore attrattiva del locale.

Punti focali e dei punti display. E' anche importante un'accorta gestione dei punti focali e dei punti display, spazi appositi, collocati in punti di forte visibilità, studiati per mettere in evidenza un reparto, dei prodotti o delle soluzioni d'acquisto particolarmente accattivanti. Punto di forza del negozio, definiscono il suo stile, la sua particolare offerta merceologica e vanno allestiti in modo differente dal restante punto vendita, per vivacizzarlo ed attrarre l'attenzione. Spesso questi spazi, ospitano anche le promozioni, e devono essere aggiornati su base periodica.

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Le attrezzature.

Un altro aspetto importantissimo sono le attrezzature. Esse devono essere diversificate per conferire dinamismo e rompere gli schemi, spesso troppo rigidi ed uniformi, e per adattarsi alle diverse caratteristiche dei prodotti, senza risultare, per questo, invasive. E' preferibile utilizzare attrezzature flessibili e modulari che consentano una buona caratterizzazione del reparto attraverso forme, colori, tipi di materiali diversi. Svariate sono le tipologia di attrezzature cui si può ricorrere: scaffali perimetrali a ripiani, armadi, vetrine e mobili chiusi, banchi di vendita presidiati, tavoli, pedane, cestoni, ballet, bancarelle, espositori da terra o da banco, etc.

La vetrina.

Altro punto fondamentale è la vetrina, vero e proprio biglietto da visita del negozio, che deve essere coordinata e coerente con lo stile del punto vendita. E' bene non appesantirla con molti prodotti: ne bastano pochi, infatti, ma selezionati con cura, che ben rendano le peculiarità dell'offerta merceologica del negozio. Si deve prestare particolare attenzione alla scelta delle attrezzature della vetrina, alla collocazione dei prezzi e dei cartellini, all'abbinamento dei colori ed all'illuminazione, che ha il compito di esaltare i prodotti anche tramite l'uso di luci e ed ombre.

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5. LA COMUNICAZIONE

Comunicazione persuasiva: l’arte di essere convincenti (5 consigli pratici)

Alcune persone hanno innata la dote, dell’assertività, ovvero la capacità di parlare e agire in modo talmente naturale da suscitare attenzione e positività nell’interlocutore e così raggiungere i propri obiettivi. Come tutte le capacità, l’assertività e l’arte della persuasione possono essere acquisite attraverso la conoscenza del metodo, la pratica e la motivazione. Di seguito qualche suggerimento per poter intraprendere questa strada. Come essere persuasivi?:

1) Applicare la regola delle 3 componenti del messaggio assertivo. Specificatamente: i) Sintetizzare i dati e fatti della situazione; ii) Esprimere pensieri e sensazioni; iii) Affermare con chiarezza desideri e bisogni includendo le ricadute positive per l’altra parte ovvero rendere felice l’altro nel fare quello che avete suggerito. Siate specifici e affermate le vostre idee in maniera semplice e chiara. La tripartizione del messaggio assertivo sarà la base per essere più convincenti, affermare il proprio pensiero e far comprendere all’altro i vantaggi della soluzione proposta.

2) Chi domanda comanda. Conoscere questo adagio? Niente di più vero. Sapete che le domande hanno l’importantissima capacità di spostare il focus del vostro interlocutore. Una domanda efficace inserita nel momento giusto può cambiare le sorti di un discorso. Le domande sono uno strumento vitale per imparare ed evitare incomprensioni ma anche uno strumento per placare un conflitto e persuadere le persone perché a nessuno piace essere rimproverato ma una serie di domande aperte aiuterà a comprendere le ragioni che sottostanno al vostro punto di vista.

3) Spesso basta un sorriso, in ogni caso, l’atteggiamento conta. Non c’è niente di più potente di un bel sorriso per aprire una relazione, distendere l’atmosfera e mostrarsi recettivi all’altro. Il sorriso è il primo passo nella costruzione di un rapporto. Dietro il sorriso c’è anche un atteggiamento. Essere costruttivi, propositivi, vedere le cose dal lato positivo aiuta moltissimo un dialogo e una conversazione.

4) Dare considerazione all’altro. Uno dei modi più sicuri per fasi un amico e influenzare le opinioni di un altro consiste nel dare considerazione alla sua opinione, in modo che si senta importante. Quando l’altro si sente apprezzato e considerato, il suo atteggiamento diventa più aperto al vostro punto di vista. La persuasione significa portare le persone dalla propria parte senza l’uso della forza o dell’intimidazione. Passo dopo passo, per essere poter fare un discorso persuasivo, bisogna craere un rapporto empatico, costruire la fiducia, trovare un terreno comune, strutturare le proprie idee, mostrare i pro e i contro, creare consenso sulle soluzioni proposte.

5) La preparazione è la parte più rilevante dell’intero processo. Con una buona preparazione si potranno fare miracoli e raggiungere i risultati desiderati. Se non si sa dove si sta andando è impossibile raggiungere la propria meta. E’ importante quindi chiarirsi l’obiettivo che si vuole raggiungere, scriversi i passi del messaggio tripartitico sopra evidenziato, prevedere le risposte dell’altro, simulare i vari scenari. Parlo anche di simulare di fronte uno specchio o davanti un video dove è possibile anche vedere e gestire il proprio linguaggio del corpo e la conoscenza dei passaggi più importanti. E' importante anticipare il comportamento delle altre persone e preparare le risposte, preparare le domande efficaci, insomma predisporsi alla conversazione che avverrà. Questo accrescerà la vostra sicurezza e padronanza dell’intero processo. I veri comunicatori lavorano per accrescere le proprie capacità espressive.

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La comunicazione efficace

Il termine “comunicazione” indica, in generale, quell’insieme di segni e di messaggi – verbali e non – che servono per trasferire ad altri informazioni, ma anche emozioni e sentimenti. Comunicare, infatti, non significa semplicemente informare, ma anche e soprattutto "entrare in relazione" con soggetti esterni a noi. La parola è un dono che solo l’uomo possiede, ma anche gli animali possono comunicare e possiamo affermare che, per ogni essere vivente, non comunicare è praticamente impossibile. Per quanto riguarda la comunicazione umana, un classico saggio del professor Albert Mehrabian ha dimostrato che solo il 7% del significato viene veicolato dalle parole pronunciate, mentre il 38% di esso viene comunicato attraverso la tonalità in cui vengono espresse, e il restante 55% non ha nulla a che vedere con le parole, bensì con la fisiologia. Il silenzio, uno sguardo, la postura, le smorfie del volto o il modo di respirare, l’abbigliamento o il profumo usato sono aspetti che "parlano" per noi e manifestano il nostro modo d’essere, l’universo dei nostri stati d’animo, ancor più delle nostre parole. Il filosofo russo Gurdjieff sosteneva che "noi diventiamo le parole che ascoltiamo". In effetti, le parole che ascoltiamo o che pronunciamo lasciano una traccia in noi. Tutte le parole, e in particolare quelle sbagliate, ci condizionano, seminando scorie, generando atteggiamenti distorti e "storpiature" che ci complicano l’esistenza e ci intossicano la mente. Una volta pronunciate, infatti, le parole vanno ad agire almeno su due cervelli: quello di chi parla e quello di chi ascolta. In entrambi, esse diventano materia mediante un preciso percorso chimico-fisico (oltre che simbolico) che attraversa corpo e psiche a partire dall’orecchio (Morelli, 2005). Il nostro cervello è un terreno fecondo su cui le parole, le nostre come quelle altrui (se sono nostre questo discorso vale anche per le parole solo pensate) cadono come tanti semi. Ascoltando se stessi e gli altri, si diventa il fertile ricettacolo di questi semi, che poi fruttificano e germogliano nel corpo. Ogni forma di comunicazione incide dunque nella nostra psiche, lavora nel nostro inconscio per giorni, mesi, anni, arrivando a cambiare la nostra mentalità e lasciando una traccia fisica nel nostro corpo. Gurdjeff aveva intuito giustamente: noi diventiamo per davvero le parole che ascoltiamo ma, ancor di più, quelle che pensiamo o pronunciamo e che continuiamo a pronunciare.

E’ importante diventare consapevoli della nostra comunicazione, degli effetti che essa ha su di noi, sui nostri interlocutori e sulle nostre relazioni per trasformarla in comunicazione efficace. Affinché le parole diano sollievo e creino benessere, in noi stessi e negli altri, aiutandoci a ridurre lo stress, gli errori e le incomprensioni, è indispensabile acquisire consapevolezza di che cosa diciamo, di come parliamo, degli stati emozionali nostri e di coloro con cui stiamo interagendo, sia di persona che al telefono o attraverso una comunicazione scritta.

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La consapevolezza è alla base dell’empatia: quanto più aperti siamo verso le nostre emozioni, tanto più abili saremo anche nel leggere i sentimenti altrui. Questa capacità che ci consente di sapere come si sente un altro essere umano entra in gioco in continuazione, sia in ambito privato (nelle relazioni sentimentali, con i figli o con gli amici) che in ambito professionale (si pensi alla giornata lavorativa di un venditore o di un dirigente). Un fattore determinante affinché le relazioni interpersonali siano efficaci è l’abilità con la quale un individuo riesce ad entrare in sincronia emotiva con gli altri, che consiste nel rispecchiare a livello corporeo, in modo inconscio e impercettibile ad occhio nudo, gli stati d’animo dell’interlocutore. Afferma Goleman che quando due persone interagiscono, lo stato d’animo viene trasferito dall’individuo che esprime i sentimenti in modo più efficace a quello più passivo. Gli individui incapaci di ricevere e trasmettere emozioni sono destinati a relazioni interpersonali problematiche, dal momento che spesso gli altri si sentono a disagio con loro, pur non riuscendone a spiegare il motivo (Goleman, 1999). Quelli che invece sanno entrare in sintonia con gli stati d’animo altrui, o riescono facilmente a trascinare gli altri nella scia dei propri, allora, dal punto di vista emozionale, godranno di relazioni interpersonali più armoniose. La caratteristica che contraddistingue un leader carismatico o un bravo executive sta proprio nella capacità di trascinare a sé gli interlocutori in questo modo. La sintonia emotiva funziona nel modo migliore quando nasce al di fuori della sfera cosciente e quando sorge spontaneamente. Tuttavia, si tratta di un’abilità che si può apprendere, e che può contribuire a migliorare enormemente la nostra capacità di comunicare con gli altri. Spunti di riflessione: 1. LA NOSTRA CAPACITA' DI OSSERVAZIONE Molte persone hanno gli occhi aperti ma non "vedono". Perche ? Per "vedere" uno deve paragonare quello che osserva a qualcos'altro, un dato acquista valore se lo raffrontiamo ad un altro dato. Se applichiamo ciò all'osservazione scopriamo che una persona per poter cogliere le cose , sopratutto le negatività, deve avere degli ideali, ossia sapere come le cose dovrebbero essere. Se ad esempio il nostro ideale prevede un ambiente ordinato, possiamo subito cogliere il disordine. Senza questi ideali uno si ritroverebbe ad accettare ambienti disordinati considerandoli normali. Ma cos'è ideale ? " La bionda dagli occhi azzurri" ? "Il principe azzurro" ? Beh, un ideale corretto ti aiuta, non ti crea problemi, altrimenti, probabilmente si tratta di una tua idea fissa. 2. IMPARARE AD AFFRONTARE LE SITUAZIONI Per qualcuno "tirarsi indietro" è la regola. Spesso le persone non capiscono che un problema è essenzialmente composto di dati. Se ti procuri tutti i dati relativi ad una situazione, puoi vedere la strada che ti porta fuori. L'alternativa è un ritirarsi dal comunicare, aspettare, mentre cumulonembi neri prendono forma sopra la tua testa, pronti a scaricare il loro carico di pioggia, grandine e scariche elettriche. Uno deve "decidere" di risolvere.

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3. AVERE L'IDEA DI COMUNICARE Arriva il momento in cui si decide di comunicare. L'idea o pensiero sta alla base delle nostre azioni, è un momento di consapevolezza dove coscientemente decidiamo di comunicare. Spesso l'omissione di questo punto è indice di un tipo di comunicazione istintivo, ad una reazione verso uno stimolo. L'idea di comunicare ci fa prendere coscienza della comunicazione come vero e proprio strumento dalle infinite possibilità e ci apre la porta al comunicare ed agire ponderato. 4. POSSEDERE LA VOLONTA' DI COMUNICARE Senza volontà nulla si può ottenere. Alle volte ci giustifichiamo dicendo " ma glielo avevo detto" con un nulla di fatto. In realtà la nostra comunicazione mancava di volontà e di spinta. Alcuni confondono la volontà con l'aggressività o la collera. Queste sono cose diverse e centrano come un paraurti per cena con la volontà. La volontà è la spinta che imprimi per far avanzare le cose. Una persona può risultare efficacissima ed al tempo stesso gentilissima. L'intenzione va prima elaborata e costruita nella nostra testa e poi comunicata assieme a quello che diciamo. Solo allora arriverà una cannonata che sortirà l'effetto desiderato. 5. DARE ATTENZIONE Dov'è bloccata la nostra attenzione ? Alle volte essa ci viene carpita da grattacapi, da problematiche, che ce la sottraggono. Il mondo intero grida desiderando attenzione da parte vostra, così come le persone, i media, la pubblicità. Una famosa intervista ad Andy Warhol: giornalista - " che ne pensa della critica che le sta dando addosso?" Andy - " non ciò ancora messo l'attenzione ". Quindi la nostra attenzione ci appartiene e la possiamo controllare. Qualcuno, ogni tanto, fa un sacco di baccano per avere la vostra attenzione, voi gliela date, lui adesso è nella vostra testa, ora voi avete un problema. Impariamo ad essere noi a valutare l'importanza che hanno le cose per noi. 6. SAPER ATTIVARE LA COMUNICAZIONE Sapete rompere il ghiaccio con persone che non conoscete ? Ognuno deve essere l'imprenditore della propria comunicazione. " 7. CREARE LA COMUNICAZIONE Sapete fare un discorso vostro ? Vi limitate a riferire cose già sentite o lette ? Se vi manca creatività provate a non considerare il passato di esperienza che avete nei confronti della cosa che state osservando. Questo vi aiuterà ad acquisire un punto di vista nuovo o diverso, e vi ritroverete ad essere creativi. Evitate frasi stereotipate, luoghi comuni, commenti scontati. " Non ci sono più le mezze stagioni", non lo sapevo.

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8. COSA STIAMO INVIANDO ? Spesso le persone mettono attenzione sui contenuti verbali della propria comunicazione, ma all'aspetto prettamente verbale s'aggiungono la comunicazione para verbale e non verbale. L'aspetto verbale include le parole, le frasi ed il linguaggio. La comunicazione para verbale è composta da elementi quali: volume, tono, ritmo, cadenza, timbro ed energia. Gli elementi della comunicazione non verbale si elencano in: fisiognomica, look, mimica facciale, gestualità, postura, prossemica, cenestesi. Più aspetti quindi concorrono a determinare il tipo di messaggio che vogliamo far arrivare. Mai rifiutato l'elemosina a qualche mendicante ? Cosa non vi aveva convinto ? 9. DIFFERENTI VISIONI DELLA REALTA'. Spesso uno confonde la propria realtà od esperienza con la "verità" . Ognuno di noi quindi si convince di asserire una "verità". Ognuno vive la propria realtà che può benissimo differire da quella di un altro. Queste differenze vanno valutate quando comunicate perché possono bloccare la vostra comunicazione. Lasciar essere uno quello che è, senza necessità di cambiarlo, vi porterà ad un più alto livello di comunicazione. Buona tolleranza ! 10. CONTROLLARE LA COMUNICAZIONE. Sappiamo riportare l'interlocutore sull'obiettivo, quando sembra che se ne allontani ? Sappiamo porre fine ad una conversazione con naturalezza ? Conosciamo come dar vita ad una comunicazione ? Noi tutti cerchiamo di avere controllo della nostra vita, fosse solo dell'automobile che guidiamo. Certuni hanno un controllo opprimente che non è vero controllo. Il vero controllo deve produrre un'esperienza piacevole e non sgradevole. 11. FISSARE L'OBIETTIVO DELLA COMUNICAZIONE. Molte comunicazioni non hanno un obiettivo. Alle volte ti ritrovi ad ascoltare qualcuno per poi domandarti che cosa avesse voluto da te. Le comunicazioni senza obiettivo creano confusione, mentre quello con un obiettivo hanno una direzione di marcia. Stabilisci dove voler arrivare con la tua comunicazione. 12. IL SENSO DEL TEMPO Alcune persone non hanno senso del tempo. Relatori che annoiano, l'ospite che non capisce quando è ora di dare il commiato, discorsi banali che durano un'eternità, discorsi importanti risolti in minuti. La regola da applicare in questi casi e di non mettere le persone nella condizione di dover pensare negativo. E' una questione di sensibilità capire quando è venuto il momento di alzarci.

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13. SENSO DELLA VELOCITA' Alcune persone parlano troppo velocemente, a discapito della comprensione. Errori ed imprecisioni derivano sia dal parlare troppo velocemente, sia troppo lentamente. Il velocista, che vuole guadagnare tempo, si ritroverà a perderlo facendo errori dovuti a mancanza di comprensione. Chi comunica troppo lentamente crea uno stato soporifero negli astanti i quali, dopo alcuni minuti, sperimenteranno una generale sonnolenza. 14. INTENSITA' SONORA Alcune persone sono troppo chiassose, ad esempio in treno con il telefonino, ma anche al ristorante, al bar. Se uno dovesse accorgersi di questo difetto, dovrebbe porvi rimedio immediatamente. L'eleganza nella comunicazione ti suggerisce di parlare leggermente sottovoce. All'inverso, continuare ad annuire la persona che, ad un metro da te, non la senti, è una strategia che non può essere portata avanti per troppo tempo. 15. UNA COMUNICAZIONE CHIARA Alcune persone non si esprimo in modo chiaro e dopo che le hai ascoltate ti domandi cosa avessero voluto da te. Le persone che hanno raggiunto il dominio di sé si esprimo in modo chiaro e semplice. Diffidate dalle complicazioni, le cose non sono necessariamente complesse, a meno che uno non nasconda un interesse particolare verso il vostro portafoglio. 16. UNA COMUNICAZIONE INTERESSANTE "Roby non riesce a capire come mai la sua fidanzata non ami studiare le ali della mosca Asilidae e non riesce a farsene una ragione". Possedendo una realtà estremamente soggettiva, qualcuno non riesce veramente a valutare l'interesse per l'argomento da parte dell'interlocutore. "Eduard non riesce a capire come mai Anne, la sua amica, non si interessi ai suoi problemi, e si che la sera precedente, a cena, ne ha parlato con lei per ben tre ore". La soluzione è quella di essere noi interessati all'interlocutore, di modo che poi lui si interessi a noi. 17. IMPATTO. Le comunicazioni efficaci hanno impatto. Ma come ottenere questo effetto ? Beh, per avere impatto dobbiamo sempre seguire le regole, lo puoi notare nel cosidetto avere gusto nel vestire. Pensate ad uno scrittore che cambia punto di vista ad ogni capitolo, che impatto può avere nel lettore. Imparate le regole, seguitele e sarete in grado di creare impatto.

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18. VALUTARE LE CONSEGUENZE Le comunicazioni creano delle conseguenze. Una parola può risultare efficace quanto una pallottola. Sentire continuamente comunicazioni negative alla lunga ci annoia. Le comunicazioni positive ci aiutano. Il denigratore al lavoro vi dirà che le sue comunicazioni riflettono la "verità", non crediamogli. 19. C'E' QUALCUNO IN CASA ? Le comunicazioni necessitano di un punto ricevente. La garanzia di ricevere una risposta deriva dall'avere qualcuno all'altro capo del filo. Quindi bussate e controllate se c'è qualcuno in casa. Alle volte un po' di affinità fa miracoli. 20. MA HA COMPRESO QUELLO CHE GLI HO DETTO ? Alle volte diciamo A mentre lui capisce b, alle volte diciamo A e lui capisce a, alle volte diciamo A e lui capisce A. Abituatevi a verificare la comprensione dell'interlocutore perchè è il risultato che si prefigge la comunicazione.

Il fenomeno della comunicazione

Situati al crocevia di molte discipline, i processi comunicativi hanno da sempre suscitato l’interesse di scienze diverse quali la filosofia, la sociologia, la psicologia, le scienze politiche, la cibernetica, le scienze cognitive ed altre ancora.

Infatti, allorché si analizzi il fenomeno comunicativo ci si imbatterà immediatamente nella difficoltà di definizione del proprio oggetto di studio. Per quanto riguarda la comunicazione si può affermare che non esiste una scienza unitaria, poiché non esiste una sola "idea" di comunicazione, bensì tante idee quante sono le derivazioni scientifiche e culturali in vario modo implicate nell’analisi.

Pertanto l’oggetto empirico rimane confuso entro un arco assai variabile che spazia dalla "onnicomprensività" del paradigma informazionale, che comprende anche gli scambi tra macchine, alla "selettività" del paradigma relazionale, che considera pienamente comunicativo soltanto quel processo in cui si raggiunga la formulazione di un’unità sociale a partire dai singoli individui.

Tale complessità è testimoniata anche dall'evoluzione semantica del termine comunicazione.

Esso assume tradizionalmente due significati principali, ed entrambi mettono l'accento sulla creazione di un qualche tipo di "comunanza" tra persone. Il primo è di origine senz'altro più antica e fondamentale, ed è quello legato al "mettere in comune" gli oggetti (non le idee o i pensieri delle persone) o al "partecipare insieme" a un evento. E' un significato che si richiama a strutture sociali comunitarie. Solo secondariamente, e come metafora del primo, appare il significato di "rendere comuni" idee e pensieri, più vicino al concetto odierno di comunicazione, il cui riferimento non è più la comunità intesa come dato scontato, ma gli individui come interlocutori pensati isolatamente. Se si

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guarda alla storia della parola a partire dalla sua derivazione latina, si nota che il secondo significato ha acquisito, con l'andar del tempo, una sempre maggiore importanza, fino a diventare il significato primario.

"Comunicare" deriva infatti dal latino communicare (dall'aggettivo communis, <<comune, che appartiene a parecchi>>, ma anche <<affabile e cortese>> e, sostantivato <<comunità, nazione, bene comune>>). Il primo significato di communicare è appunto: <<mettere in comune qualche cosa>> e poi <<accomunare, dividere (cose tra persone), fare o essere partecipe di, prender parte a, condividere>>. C'è sempre un accento sull'esistenza o sulla produzione di una comunanza fra persone. La base di tutto ciò era la communitas, ovvero la <<condizione comune>> dei membri di una comunità, data per scontata e connotata positivamente: communitas significa infatti anche <<socievolezza, affabilità>>. La comunanza poi è riferita prima di tutto a oggetti e solo secondariamente a eventi o a comunicazioni, e questo è degno di nota per chi voglia fare ipotesi sull'origine del modo di intendere la comunicazione come trasmissione o trasferimento di informazioni. Infatti i verbi latini transmittere e transferire, da cui hanno origine i nostri "trasmettere" e "trasferire", si riferiscono prima di tutto proprio allo spostamento "da qui a là" di oggetti.

Gradualmente, all'immagine della comunanza si è affiancata quindi, e con forza uguale se non superiore, quella del passaggio, del movimento, del trasferimento, dapprima di cose e persone e poi, per analogia, di informazioni. Alla base del paradigma trasmissivo sta quindi la metafora di un passaggio di oggetti o di uno scambio di "fluidi" (la famosa metafora idraulica) e di conseguenza l'ipotesi che la comunicazione consista nel trasferimento di un messaggio come se fosse un oggetto, ovvero nel "trasporto" di un contenuto di coscienza della sorgente nella coscienza del destinatario.

Tuttavia vanno distinte almeno due differenti modalità in cui tale passaggio può aver luogo: la prima avviene quando un individuo trae alcune informazioni da un altro individuo, ad esempio osservandone il comportamento.

La seconda avviene quando un individuo trasmette intenzionalmente alcune informazioni ad un altro (Bara, 1990).

Indicatori e segni sono mezzi attraverso i quali si realizza un passaggio di informazione, ma non hanno nulla a che vedere con la comunicazione in senso pieno.

Per parlare di comunicazione è necessario che ci sia l’intenzionalità; in questo caso il mezzo attraverso cui si realizza la comunicazione si chiama segnale.

Mano a mano quindi, l'idea di comunicazione si va complessificando. I progressi più consistenti riguardano la crescente importanza teorica data ai concetti di contesto della comunicazione e di aspettative dei comunicanti. In particolare queste ultime, che includono conoscenze, atteggiamenti, condizioni psicologiche momentanee e così via, non permettono di pensare ai codici comunicativi come a un qualcosa di indipendente dai soggetti. Diventa sempre più chiaro perciò che non si può pensare la comunicazione come se si trattasse di un semplice passaggio di oggetti.

Introducendo i concetti di contesto e di interpretazione, viene così superata l'idea puramente trasmissiva di comunicazione.

A questo punto sono ormai presenti molti degli elementi del processo comunicativo:

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• fonte o emittente: individuo, gruppo o istituzione che produce un messaggio

• messaggio: tutto ciò che costituisce l’oggetto "di scambio" in una pratica comunicativa, ovvero l'informazione trasmessa e prodotta secondo le regole del codice • un contesto in cui il messaggio è inserito e a cui si riferisce. Infatti La semplice identificazione del segnale da parte del ricevente non implica l’automatica interpretazione corretta del messaggio; il messaggio può essere influenzato dalla natura del mezzo col quale viene emesso; il messaggio può essere alterato da un’interferenza fisica o psicologica (rumore) che "disturba" il segnale, influenzando la percezione del significato e l’efficacia; anche nella fase finale può essere modificato dal feedback. L’attenzione che si presta è regolata dalle nostre motivazioni e dalla loro intensità relativa. L’efficacia dipende essenzialmente dall’importanza che esso assume in relazione ad altri segnali e messaggi oltre che dal valore intrinseco attribuitogli dal ricevente, a sua volta collegabile alla predisposizione e/o alla competenza. L’interpretazione dipende anche dal contesto nel quale viene ricevuto il messaggio • canale comunicativo: mezzo fisico attraverso il quale si svolge l’atto comunicativo.

• codice: un sistema generalmente condiviso per l’organizzazione di segni, è il sistema di riferimento in base al quale il messaggio viene prodotto. E’ caratterizzato dalla convenzionalità; la dimensione sociale dei codici comunicativi paga inevitabilmente un prezzo di pluralismo e confusione rispetto all’architettura razionale dei codici numerici, rimandando a codici di comportamento, etici, estetici e linguistici, che possiedono gradi di libertà più o meno ampi.

• un ricevente (o ascoltatore) che è colui che riceve e interpreta il messaggio. Con l'introduzione del concetto di feedback l’unidirezionalità del vecchio schema viene definitivamente dissolta e si ipotizza il controllo dell’emittente sulla decodifica del messaggio.

Per realizzare concretamente una comunicazione, occorre quindi non soltanto codificare il messaggio in maniera intersoggettivamente comprensibile, ma anche controllare le condizioni circostanti e assumere, entro certi limiti, il punto di vista del destinatario (G.H. Mead: role-taking).

L’organizzazione

Per comprendere il concetto di comunicazione organizzativa, occorre ora introdurre la definizione di organizzazione ed alcune delle principali teorie organizzative che ne hanno segnato l'evoluzione.

L'organizzazione è un costrutto sociale fatto di persone e risorse di varia natura formalmente

costituito per raggiungere un qualche obiettivo .

Con il termine organizzazione si intende, dunque, un'associazione volontaria di soggetti che, attraverso la concretizzazione in un' entità a carattere stabile e la formalizzazione dei propri accordi, mira ad attuare fini ed obiettivi che siano comuni ai consociati e definiti in modo preciso.

Alla base di ogni organizzazione esistono due importanti processi, ovvero, la differenziazione e l'integrazione. Il processo di differenziazione fa riferimento alla divisione del lavoro o alla specializzazione, cioè, a quel meccanismo per cui gli individui si impegnano a svolgere nel miglior modo possibile determinate mansioni; mentre il processo di integrazione consente di riportare ad unità di intenti gli sforzi compiuti dalle persone che ricoprono i singoli ruoli, grazie anche alla posizione gerarchica del capo che dovrebbe essere in grado di garantire che tutte le attività svolte dai

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suoi subordinati siano reciprocamente coerenti e, soprattutto, attinenti a quanto stanno facendo altre parti dell'organizzazione.

Alcune teorie organizzative

Facendo un breve excursus delle diverse teorie organizzative nate nel secolo scorso è possibile osservare come la complessità interna delle organizzazioni si è fatta ogni giorno più evidente, diventando oggetto dell'attenzione di vari studiosi.

L'organizzazione a struttura piramidale, fortemente gerachizzata, teorizzata dal Taylorismo dello statunitense F.W. Taylor (1865-1915), nella quale si prevede la parcellizzazione dei processi lavorativi e la programmazione della produzione, lascia il posto ad organizzazioni nelle quali le dinamiche interne si dimostrano più articolate e complesse.

E' con il lavoro di Elton Mayo e altri ricercatori che, negli anni '30, prende piede la Scuola delle Relazioni Umane che riconosce l'importanza del fattore umano e del ruolo del gruppo di lavoro come realtà organizzativa in grado di influenzare i comportamenti lavorativi dei singoli.

A questi fattori se ne aggiungono altri, come l'importanza di una leadership condivisa nella gestione di un team lavorativo, e, come sostenuto dalla Teoria del Campo del tedesco Kurt Lewin, l'influenza dell'ambiente esterno sull'organizzazione. Poiché Lewin concepisce l'organizzazione come un sistema composto da numerose particelle, ognuna delle quali è in grado di modificare il tutto, la comunicazione diventa il mezzo cruciale per far sì che le varie parti possano entrare in contatto, scambiarsi le informazioni necessarie e permettere all'intero sistema di funzionare.

Già in una concezione dell'organizzazione di questo tipo, la comunicazione non si presenta più come un flusso di informazioni e di ordini che dall'alto della scala gerarchica scende verso il basso senza feedback, come accade nell'organizzazione tayloristica, né segue solo una direzione verticale (top-down

e bottom-up) e orizzontale, come teorizzano i fautori delle Human Relations, ma prevede anche l'esistenza di flussi comunicativi trasversali proprio perché le parti componenti il sistema possano comunicare tra loro e con l'ambiente esterno.

La situazione si complica ulteriormente quando, negli anni '80 in Giappone, per fronteggiare la situazione critica che si era creata con la saturazione dei mercati economici, si definisce il concetto di Qualità Totale. E' questo un modello che si basa su una strategia di gestione aziendale incentrata sulla qualità, che si può ottenere solo tramite una partecipazione consapevole di tutto il personale e che deve mirare alla piena soddisfazione non solo del cliente esterno, come parte dell'ambiente in cui l'organizzazione opera, ma anche di quello interno, ovvero il dipendente dell'impresa. Dalla piramide alla rete…

Dalla struttura piramidale, attraverso tutte le teorie sopra citate, si approda ad una struttura a rete dove l'ambiente è talmente complesso da escludere la possibilità di "tecnicismi iperspecializzati su singole funzioni", al contrario, diventa necessaria una visione globale del processo di produzione. Per questo motivo, e per far fronte ad un continuo intensificarsi della complessità, l'organizzazione deve essere in grado di motivare i propri clienti interni, questo grazie anche ad un'attività di delega di alcune delle proprie funzioni che può realizzarsi solo se si fornisce loro una mission (obiettivo di breve

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termine) e una vision (obiettivo di lungo termine) diffuse e condivise ma, soprattutto, tutte le informazioni che sono loro necessarie per poter svolgere al meglio i propri compiti.

Se le risorse umane detengono queste competenze necessarie, il cambiamento consiste proprio nell'affidare maggiori responsabilità a tutte le persone componenti l'organizzazione, non più solo ai vertici come accadeva in strutture fortemente gerarchizzate.

E' in quest'ottica che il ruolo di chi si occupa di comunicazione organizzativa diventa strategico, vale a dire, nel far sì che i flussi comunicativi interni siano gestiti e presidiati in modo da riuscire a raggiungere tutti i nodi della rete (tutte le persone coinvolte), al fine di consolidare le conoscenze interne ed il senso d'identità e appartenenza di ogni elemento dell'organizzazione.

Questo, naturalmente, non è un obiettivo semplice da realizzare poiché in una situazione così complessa si può facilmente ipotizzare un'alta dispersione di informazioni che deve essere fronteggiata prontamente e con i mezzi più adeguati per evitare di intaccare la solidità dell'organizzazione.

Le caratteristiche della nuova era:

INNOVAZIONE TECNOLOGICA GLOBALIZZAZIONE

PERSONALIZZAZIONE SPINTA IPERSCXELTA

SATURAZIONE DEI MERCATI

L' innovazione tecnologica nella comunicazione si caratterizza per un maggior flusso di messaggi e di canali a disposizione che comporta un cambiamento nei codici utilizzati (si comunica soprattutto per immagini, i messaggi trasmessi devono essere veloci e brevi, ecc.); solo in alcuni ambienti, come nella Pubblica Amministrazione, la comunicazione scritta è ancora molto usata per motivi legati all'ufficialità di atti e decisioni.

La globalizzazione si accompagna ad alcune criticità legate all'esistenza di stereotipi e culture diverse che rendono più difficoltosa la realizzazione dei processi comunicativi; si parla di glocalismo, in altre parole l'avere una conoscenza diffusa prendendo tutte le informazioni possibili dal "globale", cioè da tutto il mondo, per poi calarla nel locale. In una situazione del genere, diventa problematica la ridondanza delle informazioni: l'esubero di comunicazione impone una selezione delle informazioni, pena l'assenza totale della comunicazione

La personalizzazione spinta si può rivolgere al cliente esterno ma dovrebbe rivolgersi anche a quello interno poiché è fondamenta le che la comunicazione sia sempre mirata al target a cui è rivolta. A questo riguardo occorre mettere a punto un sistema di analisi adeguato. Uno strumento che si può rivelare utile ed efficace in tal senso potrebbe essere il diagramma di Kano: esso serve a m valore dei servizi e l'effetto che essi hanno sul grado di soddisfazione dei clienti (in pratica si analizza l'effetto prodotto sul livello di soddisfazione da una modifica del grado di servizio). Ciò che si tenta di

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valutare è la soddisfazione o meno di aspettative espresse e aspettative latenti: il grado di soddisfazione è ancora maggiore se, non solo si riceve risposta positiva alle richieste espresse, ma anche a quelle che restano, per così dire, "latenti". L'iperscelta, infine, riguarda la molteplicità di proposte presentate dal mercato ed è strettamente correlata alla saturazione dei mercati dove l'offerta supera la richiesta e si va incontro ad una sovraproduzione di beni che il mercato non è in grado di assorbire. E’ possibile suddividere la storia delle organizzazioni in tre epoche, scandite ognuna da una particolare enfasi su determinati aspetti organizzativi: nella prima era individuata, si è dato maggior rilievo alla quantità dei prodotti e all'abbondanza dei volumi di produzione, a causa della forte espansione dei mercati, e dell'elevata richiesta di beni materiali; successivamente, si è prestata più attenzione alla qualità dei prodotti e dei servizi, al punto tale che la comunicazione è diventata un potente strumento di reclamizzazione delle caratteristiche cosiddette "vincenti" dei beni prodotti: nasce la pubblicità quale anima del commercio. Nella terza fase, definita anche "nuova era", l'enfasi

è centrata sull'esperienza: la quantità indefinibile dei prodotti rende il mercato più che saturo, la tecnologia che ne determina la qualità è un valore ormai facilmente riproducibile, perciò superabile, ne consegue che l'unico elemento che contraddistingue un prodotto rispetto "ai suoi simili" è l'esperienza, un valore che si può costruire ed acquisire solo nel tempo, percepito tale dal cliente esterno così come da quello interno. L'esperienza dell'azienda e dei singoli "vince" sul prodotto/servizio in quanto tale e concorre a determinarne la qualità complessiva, ritenuta oggi assolutamente necessaria per una fidelizzazione del cliente che permette la sopravvivenza dell'azienda in un contesto ad alta precisione tecnologica in cui l'offerta e la specializzazione dei beni superano la richiesta e l'immaginario stesso dei clienti. Oggi il concetto di comunicazione acquisisce l'attributo di interna, perché è soprattutto facendo leva sul coinvolgimento e la partecipazione dei collaboratori interni all'azienda che essa può utilizzare modelli organizzativi più evoluti, di tipo organico e decentrato, idonei all'attuale realtà economica contemporanea. Si fa strada il valore della relazione che, come quello dell'esperienza, non è riproducibile a tavolino come, ad esempio, "il saper fornire un buon servizio", che è certamente importante, ma ancor più lo è "il saper fornire una buona relazione".

La comunicazione esterna e interna

Per analizzare la differenza tra i due tipi di comunicazione occorre accennare anche alle fasi caratterizzanti una relazione comunicativa:

• apertura: è stato dimostrato da alcune ricerche sulle strategie di marketing come bastino solo 7 secondi per stabilire il contatto per la vendita, è in questi pochi attimi, quindi, che si devono investire tutte le proprie forze per realizzare una comunicazione di successo;

• accoglimento: è la fase di accettazione del problema "dell'altro" nella quale è fondamentale il "sapersi mettere nei suoi panni"; perciò l'empatia diventa una caratteristica fondamentale per ogni buon comunicatore;

• comprensione: in questa fase è necessario saper porre due tipi di domande: chiuse, quando si vuole semplicemente riepilogare la situazione e far sì che le richieste siano comunque contenute; aperte, per approfondire aspetti poco chiari e/o non relativi al problema in questione;

• soluzione del problema: una volta chiarito il problema è necessario risolverlo;

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• distacco: in questa fase occorre porre grande attenzione: troncare la relazione comunicativa in modo brusco e frettoloso potrebbe essere un grave errore, poiché potrebbe deludere le aspettative altrui.

La differenza maggiore fra comunicazione interna ed esterna, in un'organizzazione, sta, oltre che nella durata (la comunicazione esterna ha durata più breve mentre quella interna è caratterizzata da una certa continuità), anche nel fatto che per la comunicazione "al cliente" le fasi fondamentali sono quelle dell'apertura e del distacco, mentre per la comunicazione interna sono quelle dell'accoglimento e della comprensione. Da tutte queste riflessioni, emerge come la comunicazione interna rispecchi ciò che accade all'esterno e si concentri sui modi per trovare le risposte migliori dell'organizzazione alle richieste e alle necessità che si delineano nel suo ambiente. Una forte concentrazione sull'importanza che la comunicazione può rivestire per i processi interni all'organizzazione deriva dagli approcci che parlano della cultura organizzativa. Infatti organizzazione, cultura e linguaggio sono così connessi da rappresentare tre manifestazioni di un'unica realtà. Il linguaggio dà corpo e definisce la cultura e la cultura interpreta l'organizzazione. Così la comunicazione e in particolare la sua componente più concreta, il linguaggio, contribuiscono a creare la cultura aziendale: infatti il linguaggio definisce e dà corpo alla comprensione e alla lettura che viene fatta degli eventi che riguardano l'organizzazione.

Sistemi non simultanei di comunicazione e collaborazione

Facciamo un po’ di chiarezza sulla differenza che c’è tra strumenti di collaborazione e di comunicazione non simultanea ovvero asincrona e strumenti simultanei ovvero sincroni.

I primi comprendono:

• argomenti nelle bacheche elettroniche.

• messaggi e-mail e liste di discussione.

• sistemi di archiviazione di documenti.

• agende, schedari e calendari.

• strumenti di presentazioni.

Gli strumenti non simultanei di comunicazione e collaborazione quali gli argomenti nelle bacheche elettroniche, i messaggi e-mail, le liste di discussione, l'archiviazione di documenti, sistemi di gestione appuntamenti e strumenti di presentazione devono essere resi disponibili in un formato che facilita la piena partecipazione ed interazione nella formazione in linea da parte degli alunni con disabilità. Il sistema di navigazione per questi programmi di utilità dovrebbe permettere agli utenti delle tecnologie assistive (AT) di poter operare senza incontrare barriere che ne limitino la funzionalità. Specificamente l'applicazione dovrebbe garantire agli utenti di:

• Esplorare gli argomenti individuando facilmente i contenuti.

• Seguire l'ordine logico dei messaggi di un argomento in discussione.

• Inviare risposte, o aggiungere delle informazioni supplementari.

Gli utenti devono avere flessibilità nella scelta del proprio browser, nelle modalità di inserimento o di lettura e nella possibilità di utilizzare delle tecnologie assistive.

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Argomenti nelle bacheche elettroniche

Per i forum di discussione, le bacheche elettroniche e gli altri programmi che consentono di inviare messaggi di testo, i fornitori di contenuti dovrebbero rendere in XHTML standard sia il sistema di navigazione che il contenuto dei messaggi. Richiedere l'utilizzo di applicazioni proprietarie lato client oppure utilizzare formati non standard per i documenti può creare delle barriere impedendo agli utenti di impostare le proprie preferenze, come descritto nell'introduzione.

I problemi più comuni di accessibilità delle bacheche elettroniche includono:

• sistemi di navigazione che utilizzano delle strutture complesse a frame che non riescono ad includere gli attributi identificativi del nome e del titolo del frame.

• la mancanza del testo ALT sui pulsanti che funzionano con l'uso di Javascript per espandere o contrarre gli argomenti delle discussioni (ad esempio, vengono usati comunemente dei triangoli blu).

• campi modulo che non consentono una comoda navigazione tramite tastiera.

• sequenze non logiche di tabulazione quando ci si sposta tra i diversi elementi nella pagina.

Gli sviluppatori di sistemi per la formazione possono aumentare l'accessibilità delle bacheche

elettroniche per tutti gli utenti quanto seguono le seguenti pratiche:

• Garantire che tutte le azioni possano essere effettuate utilizzando la tastiera.

• Fornire delle caratteristiche facili da usare che consentano agli utenti di configurare l'interfaccia secondo le singole preferenze personali.

• Fornire dei documenti di aiuto, compreso un orientamento all'interfaccia ed alla relativa funzionalità.

• Utilizzare il testo anziché le immagini di testo per i collegamenti o i tasti di navigazione.

• Utilizzare gli attributi dei fogli di stile e il testo per creare dei pulsanti accattivanti per i moduli anziché utilizzare le immagini.

• Fornire dei collegamenti di esclusione o un altro metodo per permettere agli utenti di saltare la ripetizione dei collegamenti di navigazione andando direttamente al contenuto principale della pagina.

I gestori di contenuti o i formatori possono aumentare l'accessibilità delle bacheche elettroniche per tutti

gli utenti quando seguono le seguenti pratiche:

• Fornire nomi informativi per identificare gli argomenti di discussione e l'oggetto del messaggio.

Messaggi di posta elettronica

I sistemi di posta elettronica possono essere utilizzati sia per comunicazioni uno-a-uno che per distribuire e ricevere i messaggi destinati ad un largo gruppo di utenti, attraverso le liste di discussione. Per utilizzare un sistema di posta elettronica, gli utenti selezionano delle applicazioni client secondo le loro necessità e secondo la compatibilità hardware e software con le loro tecnologie assistive.

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Per accertarsi ulteriormente che i messaggi e-mail siano accessibili, gli utenti devono avere sempre disponibile l'opzione di invio dei messaggi in normale testo ASCII.

I problemi più comuni di accessibilità della posta elettronica includono:

• elementi di testo non conformi all'interno del corpo del messaggio. Gli elementi non conformi includono il codice di marcatura XHTML per caratteri, colori e per la formattazione in grassetto.

• l'utilizzo di immagini di sfondo che oscurano il testo per gli utenti ipovedenti.

• allegati in formati non standard che non possono essere utilizzati dall'utente che riceve il messaggio di posta elettronica.

Gli sviluppatori di sistemi per la formazione possono aumentare l'accessibilità delle applicazioni di posta

elettronica per tutti gli utenti quanto seguono le seguenti pratiche:

• Accertare che le applicazioni client di posta elettronica consentano la lettura dei contenuti in formato testo che non consente l'uso di formattazione di caratteri, colori e grassetto, immagini di sfondo, e così via.

• Fornire delle caratteristiche di facile utilizzo che consentano agli utenti la configurazione delle interfacce soddisfando le loro preferenze individuali (ad esempio, modalità semplice o modalità esperto).

• Fornire documenti di aiuto che includano un'orientazione sull'interfaccia e sulle sue funzionalità.

• Seguire l'ultima versione delle Linee guida WAI per l'accessibilità dei sistemi di sviluppo.

I gestori di contenuti o i formatori possono aumentare l'accessibilità delle applicazioni di posta

elettronica per tutti gli utenti quando seguono le seguenti pratiche:

• Accertare che l'oggetto del messaggio rispecchi il contenuto del messaggio stesso.

• Non allegare dei documenti ai messaggi inviati alle liste di discussione. Alcuni destinatari dei messaggi potrebbero non essere capaci di accedere ai contenuti.

• Utilizzare una firma o un biglietto da visita virtuale per fornire informazioni sul nome, titolo e indirizzo del mittente.

Sistemi di archiviazione documentale

Gli sviluppatori di sistemi di archiviazione documentale devono accertarsi che il sistema di indicizzazione sia accessibile a tutti gli utenti e che segua in modo logico la struttura dei documenti. Ove possibile, archiviare i documenti in formato standard XHTML. Utilizzare formati proprietari o non standard può creare delle barriere. Altri formati sono meno accessibili e possono limitare l'abilità di accesso alle informazioni agli utenti secondo le necessità o le preferenze individuali. Le funzioni di ricerca e di visualizzazione devono essere accessibili agli utenti di tecnologie assistive.

I problemi più comuni di accessibilità dei sistemi di archiviazione documentale includono:

• sistemi di indicizzazione o di navigazione che utilizzano frames complessi che non includono gli attributi per il titolo ed il nome del frame.

• i campi dei moduli di ricerca non garantiscono la navigazione tramite tastiera.

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• le opzioni di visualizzazione sono di difficile localizzazione o non sono accessibili tramite tastiera.

Gli sviluppatori di sistemi per la formazione possono aumentare l'accessibilità dei sistemi di archiviazione

documentale per tutti gli utenti quanto seguono le seguenti pratiche:

• Accertare che tutte le azioni possano essere completate tramite tastiera.

• Fornire delle caratteristiche facili da usare che consentano agli utenti di configurare l'interfaccia secondo le singole preferenze personali.

• Fornire dei documenti di aiuto, compreso un orientamento all'interfaccia ed alla relativa funzionalità.

I gestori di contenuti o i formatori possono aumentare l'accessibilità dei sistemi di archiviazione

documentale per tutti gli utenti quando seguono le seguenti pratiche:

• Accertarsi che i titoli rispecchino accuratamente i contenuti dei documenti.

• Fornire documenti nel formato standard XHTML. Evitare l'utilizzo di formati di documento proprietari o non standard.

Agende, schedari e calendari

Alcune applicazioni, come ad esempio agende, schedari e calendari consentono agli utenti di pubblicare informazioni condivise. Per rendere accessibili queste applicazioni, gli sviluppatori e i gestori di contenuti devono cercare di strutturare in modo logico le informazioni pubblicate, pubblicandole utilizzando lo standard XHTML. Gli utenti non vedenti si trovano svantaggiati quando devono confrontarsi con l'uso di tabelle complesse o utilizzare linguaggi di scripting. Per questi ed altri utenti, le informazioni devono essere linearizzate in modo corretto al fine di poter essere trasformate in modo accurato in altre forme, come ad esempio in formato audio. Quando i fornitori non forniscono delle informazioni strutturare in modo corretto, le date e gli eventi possono risultare affiancati in modo scorretto. Le impostazioni tradizionali dei calendari sono particolarmente soggette a questo tipo di errore, così che i fornitori di contenuti necessitano di includere, ove possibile, delle alternative lineari.

I problemi più comuni di accessibilità di agende, schedari e calendari includono:

• script che utilizzano gestori di eventi che dipendono da un particolare dispositivo (ad esempio, richiedono l'utilizzo del mouse).

• l'utilizzo di marcature non corrette che inibiscono all'utente la possibilità di navigare attraverso le celle delle tabelle accedendo alle righe di intestazione e alle altre informazioni contenute nelle celle.

• celle di tabelle i cui contenuti non vengono linearizzati in modo corretto.

Gli sviluppatori di sistemi per la formazione possono aumentare l'accessibilità di agende, schedari e

calendari per tutti gli utenti quanto seguono le seguenti pratiche:

• Accertare che gli strumenti siano utilizzabili anche quando gli script non sono supportati.

• Fornire delle informazioni equivalenti in una pagina alternativa accessibile.

• Per le tabelle di dati, identificare le righe e colonne di intestazione. Utilizzare le abbreviazioni per le etichette delle intestazioni ed indentificare i gruppi strutturali di righe e colonne.

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• Controllare i contenuti delle tabelle per accertare che linearizzino correttamente. Se non linearizzano, fornire una alternativa linearizzata.

I gestori di contenuti o i formatori possono aumentare l'accessibilità di agende, schedari e calendari per

tutti gli utenti quando seguono le seguenti pratiche:

• Fornire nomi informativi per gli eventi o per altri elementi pubblicati.

Strumenti di presentazione

Microsoft PowerPoint

Microsoft PowerPoint è largamente adottato in quanto è semplice da utilizzare. Con un po' di pratica, molti sviluppatori possono creare facilmente delle presentazioni dal look professionale. Uno dei punti di forza è il fatto che Microsoft PowerPoint consente agli utenti di mescolare e trascinare qualsiasi tipo di oggetti all'interno delle proprie presentazioni. Il risultato è un insieme di elementi che spesso non riportano il riferimento alla loro origine, di come sono stati inclusi, che relazione hanno tra di loro, e così via. Questo è un problema per coloro che richiedono accessibilità. E' certamente possibile che una slide di presentazione contenga solamente una serie di testo alla quale può accedere facilmente una persona con disabilità visiva. Ma di fatto è sicuramente più facile che una determinata slide possa includere molti oggetti inaccessibili.

Questo stesso problema rende difficile la conversione delle slides di Microsoft PowerPoint in pagine web. Se la presentazione a video di Microsoft PowerPoint è semplicemente convertita in una singola immagine grafica ed ogni immagine grafica è collegata alle altre tramite collegamenti, tutte le informazioni inglobate in precedenza vengono perse. Spesso gli utenti con disabilità dipendono proprio da queste informazioni.

Per questo motivo, questo guadagno tecnologico degli sviluppatori che utilizzano Microsoft PowerPoint e che consente loro di presentare in modo visuale i propri materiali spesso viene a discapito di coloro con necessità particolari o che richiedono l'accesso tramite tecnologie alternative.

Di seguito sono disponibili tre diverse modalità alternative. Accessibility Wizard, che fornisce una modalità per convertire le slides di Microsoft PowerPoint in HTML accessibile. Il secondo, W3C Slidemaker, che converte HTML in slides e per finire WimpyPoint, uno strumento che sostituisce Microsoft PowerPoint.

Alternative a Microsoft PowerPoint per l'accessibilità

Accessibility Wizard (per Microsoft PowerPoint)

Accessibility Wizard è un'applicazione creata dall'Università dell'Illinois. Fornisce un'alternativa alla funzione di pubblicazione sul web integrata in Microsoft PowerPoint.

Utilizzando la funzionalità di pubblicazione sul web integrata in Microsoft PowerPoint i contenuti creati possono essere visualizzati esclusivamente utilizzando Microsoft Internet Explorer. Inoltre se sono selezionate le opzioni per non generare XML, gli utenti non possono aggiungere facilmente delle informazioni che sono richieste per l'accessibilità. Accessibility Wizard semplifica le procedure di conversione delle presentazioni Microsoft PowerPoint in HTML puro.

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W3C Slidemaker

W3C Slidemaker converte una singola pagina HTML o XHTML in una serie di slides. Questo strumento rende facile all'autore la separazione del testo dalla presentazione, la quale è gestita tramite fogli di stile. Slidemaker inoltre incentiva l'uso corretto dei meta-dati ed aiuta chi effettua le presentazioni ad accertarsi che le proprie presentazioni saranno accessibili su periferiche alternative.

WimpyPoint

ArsDigita ha sviluppato una alternativa open source a Microsoft PowerPoint chiamata WimpyPoint.

WimpyPoint sostituisce Microsoft PowerPoint e consente agli utenti di costruire delle slides di presentazione utilizzando i loro browser preferiti. Le presentazioni vengono archiviate in remoto e possono essere fruite da qualsiasi postazione. WimpyPointconsente a diversi utenti, anche geograficamente lontani, di condividere le presentazioni e di collaborare alla loro creazione.

WimpyPoint è ideale per creare presentazioni accessibili in quanto è basato su HTML e sul supporto dei fogli di stile.

Sistemi simultanei di comunicazione e collaborazione

Gli strumenti di collaborazione e di comunicazione simultanea ovvero sincrona comprendono:

• chat testuali simultanee.

• sistemi di audioconferenza.

• sistemi di videoconferenza.

• lavagne virtuali condivise.

• Multi-user domain Object Oriented environments (MOOS).

I sistemi di comunicazione e collaborazione simultanea, come le chat testuali simultanee, sistemi di audio-conferenza, sistemi di video-conferenza e lavagne virtuali condivise sono un componente importante per l'incremento della formazione in linea. In modo da garantire la piena partecipazione agli alunni con disabilità, questi sistemi di comunicazione simultanea devono essere resi accessibili a questa categoria di utenti. In generale, questo significa garantire che l'interfaccia utente degli strumenti, così come le comunicazioni in tempo reale gestite dagli stessi strumenti, siano entrambe accessibili sia nelle funzioni di inserimento che di visualizzazione.

Chat testuali simultanee

I sistemi di chat testuale simultanei (come IRC, ICQ e altri) consentono a due o più utenti di comunicare inviando messaggi di testo in tempo reale. Perché i sistemi di chat siano accessibili, sia il sistema di navigazione che gli stessi messaggi devono essere accessibili.

I problemi più comuni di accessibilità delle chat testuali simultanee includono:

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• interfacce utente complesse e non standard.

• presenza di funzioni utilizzabili esclusivamente tramite mouse.

• necessità di focalizzare l'attenzione dell'utente simultaneamente in diverse aree dello schermo (ad esempio, la composizione del messaggio e il monitoraggio dei messaggi).

• conversazioni rapide possono limitare l'accesso agli utenti che comunicano più lentamente.

Gli sviluppatori di sistemi per la formazione possono aumentare l'accessibilità delle chat testuali simultanee per tutti gli utenti quanto seguono le seguenti pratiche:

• Semplificare le interfacce utente e seguire le appropriate linee guida per le interfacce per ogni specifica piattaforma.

• Fornire dei documenti di aiuto, compreso un orientamento all'interfaccia ed alla relativa funzionalità.

• Garantire che tutte le operazioni gestite tramite mouse possano anche essere effettivamente eseguite tramite tastiera.

• Fornire delle operazioni accessibili tramite tastiera che consentano all'utente un rapido passaggio tra la composizione del messaggio e l'area di monitorazzione dei messaggi.

• Fornire la possibilità di scelta per non trasferire l'attenzione automaticamente ai nuovi messaggi al loro arrivo.

• Fornire la possibilità di aggiornare manualmente l'elenco dei messaggi.

• Fornire degli strumenti che consentano una effettiva partecipazione agli utenti che comunicano lentamente (ad esempio, tramite assegnazione della parola).

Sistemi di audioconferenza

I sistemi di audioconferenza (tramite telefono o internet) consentono a due o più persone di collaborare parlando in tempo reale. Al fine di garantirne l'accesso, agli utenti con disabilità uditive o vocali deve essere garantita dal sistema la possibilità di poter interagire.

I problemi più comuni di accessibilità dei sistemi di audioconferenza includono:

• l'inaccessibilità dell'audio in uscita agli utenti non udenti o con disabilità uditive.

• Il dialogo può essere difficoltoso per gli utenti con disabilità vocali.

• delle funzionalità utilizzabili esclusivamente tramite mouse.

• conversazioni rapide che possono limitare l'accesso agli utenti che comunicano più lentamente.

Gli sviluppatori di sistemi per la formazione possono aumentare l'accessibilità dei sistemi di audioconferenza per tutti gli utenti quanto seguono le seguenti pratiche:

• Garantire che per i partecipanti della teleconferenza siano disponibili delle trascrizioni testuali in tempo reale. La trascrizione può essere effettuata in una delle diverse modalità disponibili

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(ad esempio, generata da un verbalizzatore, sistema di conversione simultanea o sistema di riconoscimento vocale).

• Garantire che per i partecipanti della teleconferenza vi sia la presenza di un sistema di conversione in tempo reale da testo a voce fornito tramite il sistema di teleconferenza o automatizzato.

• Garantire che tutte le operazioni gestite tramite mouse possano anche essere effettivamente eseguite tramite tastiera.

• Fornire degli strumenti che consentano una effettiva partecipazione agli utenti che comunicano lentamente (ad esempio, tramite assegnazione della parola).

Sistemi di videoconferenza

I sistemi di videoconferenza consentono a due o più utenti di collaborare in tempo reale con interazione tramite audio e video. Per essere accessibile, è necessario predisporre delle soluzioni per gli utenti con disabilità visive, uditive e/o vocali.

I problemi più comuni di accessibilità dei sistemi di videoconferenza includono:

• informazioni aggiuntive di tipo visivo come ad esempio immagini e grafici che possono essere inaccessibili agli utenti con disabilità visive.

• presenza di audio che è inaccessibile agli utenti non udenti o con serie disabilità uditive.

• l'utilizzo di comandi vocali può rendere difficoltoso l'utilizzo da parte degli utenti con disabilità vocali.

• sistemi di videoconferenza che codificano preferibilmente elementi stazionari di una scena, piuttosto che quelli dinamici. Questa scelta automatica può interrompere l'effettiva trasmissione nel linguaggio dei segni, in quanto questo dipende da movimenti.

• delle funzionalità utilizzabili esclusivamente tramite mouse.

• conversazioni rapide che possono limitare l'accesso agli utenti che comunicano più lentamente.

Gli sviluppatori di sistemi per la formazione possono aumentare l'accessibilità dei sistemi di videoconferenza per tutti gli utenti quanto seguono le seguenti pratiche:

• Fornire dei meccanismi per descrivere gli elementi di supporto visivo incoraggiando l'utilizzo di tale funzionalità.

• Garantire che la trascrizione testuale in tempo reale sia disponibile a tutti i partecipanti. Queste trascrizioni possono essere generate dai dei verbalizzatori, da servizi integrati al sistema di videoconferenza o tramite il riconoscimento vocale. Una volta generato, questa trascrizione testuale può essere visualizzata tramite linguaggio dei segni utilizzando degli "avatar" (assistenti virtuali generati dal computer). I servizi di trascrizione in tempo reale possono essere utilizzati da remoto.

• Fornire l'aggiunta di un servizio di traduzione tramite linguaggio dei segni fornito da remoto. Lo strumento dovrebbe esser creato per accettare una seconda sorgente video proveniente da un'altra sorgente.

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• Garantire che per i partecipanti della teleconferenza vi sia la presenza di un sistema di conversione in tempo reale da testo a voce fornito tramite il sistema di teleconferenza o automatizzato.

• Utilizzare standard di codifica video che facilitino la trasmissione tramite linguaggio dei segni, come ad esempio MPEG-4.

• Garantire che tutte le operazioni gestite tramite mouse possano anche essere effettivamente eseguite tramite tastiera.

• Fornire degli strumenti che consentano una effettiva partecipazione agli utenti che comunicano lentamente (ad esempio, tramite assegnazione della parola).

Lavagne virtuali condivise

Le lavagne virtuali condivise sono l'equivalente grafico delle chat testuali simultanee. Consentono a diversi utenti di lavorare in modo collaborativo disegnando in tempo reale. Questi strumenti solitamente includono funzionalità per disegnare, dipingere ed importare dei documenti grafici esistenti. Al fine di garantire l'accessibilità del sistema, sia il sistema di navigazione che il contenuto dell'area di lavoro devono essere accessibili.

I problemi più comuni di accessibilità delle lavagne virtuali condivise includono:

• ambienti di lavoro esclusivamente con interfaccia grafica che sono inaccessibili per le persone con disabilità visive.

• strumenti per la generazione di testo che, se disponibili, spesso producono testi in una modalità che lo rende non accessibile ai lettori di schermo.

• delle funzionalità utilizzabili esclusivamente tramite mouse.

Gli sviluppatori di sistemi per la formazione possono aumentare l'accessibilità delle lavagne virtuali condivise per tutti gli utenti quanto seguono le seguenti pratiche:

• Integrare una chat testuale simultanea accessibile con la lavagna virtuale condivisa ed invitare gli utenti ad utilizzare tale funzionalità per descrivere i loro lavori grafici.

• Garantire che tutte le operazioni gestite tramite mouse possano anche essere effettivamente eseguite tramite tastiera.

• Implementare un'area di lavoro utilizzando SVG in modo da ottenere i vantaggi forniti dalle caratteristiche di accessibilità di questo linguaggio di marcatura.

Le caratteristiche di accessibilità del linguaggio SVG includono:

• Le immagini SVG sono rappresentate come oggetti, in modo che le linee non si deformano quando vengono ingrandite.

• Gli oggetti SVG possono essere etichettati. Inoltre gli oggetti possono essere raggruppati in modo gerarchico. La struttura gerarchica di questi equivalenti testuali è più efficace di una singola e unica descrizione testuale per l'intero oggetto.

• SVG supporta i fogli di stile, DOM2 per personalizzare le presentazioni e meta-dati e RDF per una catalogazione più efficiente.

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• SVG supporta eventi indipendenti dal dispositivo in modo che l'operatività non è limitata all'uso del mouse.

Multi-User Domain Object Oriented Environments (MOOs)

I "MOO" sono ambienti virtuali multiutente dove gli utenti spesso controllano degli "avatar" (dei personaggi generati dal computer) che si spostano attraverso un mondo virtuale, interagendo e comunicando via voci generate da istruzioni digitate dagli utenti. Al fine di essere accessibili, sia il sistema di navigazione dell'ambiente che le modalità di comunicazione tra gli avatar devono essere accessibili.

I problemi più comuni di accessibilità dei MOO includono:

• informazioni visuali presenti all'interno del MOO, incluso l'aspetto fisico dell'ambientazione e degli altri avatar, che non possono essere visualizzati dagli utenti non vedenti.

• inaccessibilità dell'audio in uscita per gli utenti non udenti o che hanno seri problemi uditivi.

• delle funzionalità utilizzabili esclusivamente tramite mouse.

• sistemi complessi di navigazione e movimento del MOO.

• conversazioni rapide che possono limitare l'accesso agli utenti che comunicano più lentamente.

Gli sviluppatori di sistemi per la formazione possono aumentare l'accessibilità dei MOO per tutti gli utenti quanto seguono le seguenti pratiche:

• Fornire un meccanismo per generare automaticamente delle descrizioni testuali per i mondi virtuali.

• Fornire una trascrizione testuale in tempo reale che sia disponibile a tutti i partecipanti. Questa trascrizione testuale potrebbe essere trasformata in Braille o altro (dipende dalle richieste dell'ascoltatore) e gestita da un avatar parlante.

• Garantire che tutte le operazioni gestite tramite mouse possano anche essere effettivamente eseguite tramite tastiera.

• Includere dei validi strumenti di navigazione che comprendano istruzioni di navigazione ad alto livello (ad esempio; "portami alla libreria").

• Fornire degli strumenti che consentano una effettiva partecipazione agli utenti che comunicano lentamente (ad esempio, tramite assegnazione della parola).

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6. MISSION, VALUES & VISION

COSA SONO E PERCHE’ CONOSCERLI

Mission � Il motivo per cui si esiste (come ente, organizzazione, azienda)

Valori � I princìpi guida (dell’ ente, organizzazione, azienda)

Vision � Il quadro, dipinto a parole, del futuro dell’ ente, organizzazione, azienda

MISSION

COME SI FORMULA

� Noi esistiamo per (scopo primario, bisogno da soddisfare o problema risolto) � Ci rivolgiamo a (clienti principali o destinatari della nostra azione) � Al fine di (il nocciolo dei servizi offerti) � Cosicché (esito a lungo termine che definisce il successo dell’organizzazione).

Esempi di mission formulata

La città di Charlotte � La mission della Municipalità di Charlotte è assicurare la fornitura di servizi pubblici di

qualità, che promuovano la sicurezza, la salute e la qualità della vita dei cittadini. � Identificheremo e risponderemo ai bisogni della comunità, e ci focalizzeremo sul

Cliente attraverso: � Creazione e mantenimento di servizi efficienti ed efficaci; � Attrazione e mantenimento di dipendenti capaci e motivati; � Uso della pianificazione strategica.

Canine Companions for Indipendence

� “C. C. for I.” è un’organizzazione non profit che aiuta le persone disabili fornendo loro cani per assistenza altamente addestrati e un sostegno continuo, al fine di assicurare un servizio di qualità

“Internal Revenue Services” federale degli USA

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� La mission del “IRS” è fornire un servizio di altissima qualità ai contribuenti americani, aiutandoli a capire le loro responsabilità di contribuenti, a farvi fronte e a far sì che tutti applichino la legge fiscale consapevolmente e correttamente.

Police Bureau of Portland Oregon

• La mission del P. B. of Portland è conservare e migliorare la qualità di vita della comunità operando nei confronti di tutti i cittadini per preservarne la vita, garantire il mantenimento del rispetto dei diritti umani, proteggere la proprietà, promuovere la responsabilità individuale e l’impegno della comunità

Goodwill Industries of Southern California

� La mission di Goodwill Industries of Southern California è far crescere la qualità di vita delle persone che hanno disabilità funzionali o altri tipi di handicap assistendoli perché diventino produttivi ed autosufficienti, attraverso la formazione, l’addestramento e la creazione di opportunità di lavoro

Public Radio International

� La mission di PRI è fornire agli ascoltatori una programmazione specificamente orientata a dare informazioni approfondite ed esperienze culturali essenziali alla comprensione di un mondo diverso ed indipendente

American Cancer Society

� AEC è un’organizzazione sanitaria volontaria basata sul principio di comunità esteso a tutta la nazione e dedita ad eliminare il cancro in quanto problema sanitario mediante prevenzione, salvando vite e diminuendo la sofferenza da cancro attraverso ricerca, educazione, assistenza e servizio.

3M

� Risolvere problemi irrisolti in modo innovativo. Wal-Mart

� Dare alla gente comune la possibilità di acquistare le stesse cose dei ricchi. Walt Disney

� Make people happy - Rendere felice la gente

VALORI

� I valori sono principi universali che guidano un’organizzazione, rappresentano i “credo” profondi dell’organizzazione e vengono mostrati e dimostrati nei comportamenti quotidiani del personale.

� I valori di un’organizzazione conclamano apertamente quali siano i comportamenti attesi da ognuno.

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� I valori devono sostenere la mission ed aiutare a raggiungere gli obiettivi.

� Quali core values porti nel tuo lavoro, cioè quali valori ritieni fondamentali anche al di là di un ricompensa ad essi correlata?

� Come descriveresti alle persone che ami i core values irrinunciabili nel tuo lavoro e quali speri che siano irrinunciabili anche nelle loro vite lavorative?

� Se ti svegliassi domattina con una somma di denaro sufficiente per ritirarti dal lavoro per il resto della tua vita, continueresti a mantenerti fedele a questi core

values? � Ritieni che questi saranno valori validi tra cento anni così come lo sono oggi? � Vorresti che l’organizzazione continuasse a mantenere questi valori anche se, ad

un certo momento, uno o più d’uno di essi diventassero uno svantaggio competitivo?

� Se tu dovessi avviare una nuova azienda domani, in un diverso settore, quali core

values porteresti nella nuova organizzazione, indipendentemente dalle nuove attività?

VISION Vision Martin Luther King Discorso al Lincoln Memorial - 28 agosto 1963. “… oggi vi dico, amici miei, che nonostante le difficoltà e le delusioni del momento, io ho ancora un sogno. E’ un sogno che ha profonde radici nel sogno americano. Sogno che un giorno questa nazione risorgerà e vivrà davvero il significato profondo del suo credo: “Noi riteniamo che queste verità siano del tutto evidenti: che tutti gli uomini sono creati uguali”. Sogno che un giorno, sulle rosse colline della Georgia, i figli di quelli che una volta erano schiavi e i figli di chi invece ne era il padrone potranno da fratelli sedere insieme allo stesso desco. Sogno che un giorno i miei quattro bambini vivranno in un paese dove non saranno giudicati dal colore della loro pelle ma dalle loro qualità personali. Ho un sogno oggi”. Vision John Fitzgerald Kennedy Discorso al Congresso del 25 maggio 1961 – Richiesta dell’impegno del Congresso per la spedizione dell’uomo sulla luna: “… adesso è tempo di sfide di più lungo periodo, è tempo per una nuova grande impresa americana, è tempo per questa nazione di assumere chiaramente un ruolo di guida nelle conquiste spaziali che per molte ragioni noi consideriamo la chiave del nostro futuro sulla terra. Credo che questa nazione debba impegnarsi per raggiungere l’obiettivo di portare l’uomo sulla luna e farlo ritornare sano e salvo sulla terra, e questo entro la fine di questa decade”.

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7 regole per una efficace formulazione della Vision

1. Essere concisa 2. Bilanciare elementi esterni ed interni 3. Essere attrattiva per tutti gli stakeholder 4. Essere coerente con la mission e i valori 5. Essere verificabile 6. Essere realistica 7. Essere ispiratrice

Essere concisa

� Le migliori formulazioni di vision sono quelle che catturano l’attenzione e generano immediato trasporto.

� Il Presidente Kennedy non ha fatto giri di parole, ma ha semplicemente indicato la sua vision, cioè portare l’uomo sulla luna entro la fine della decade.

� Se ci si aspetta che tutti nell’organizzazione agiscano e decidano in riferimento alla vision, occorre creare qualcosa di semplice e memorabile, una sorta di slogan sintetico del futuro dell’organizzazione.

Bilanciare elementi esterni ed interni

� Gli elementi esterni della vision pongono il focus su come l’azienda, se consegue il suo scopo, potrà cambiare o migliorare il proprio mercato di riferimento.

� Piuttosto che dire “Noi raddoppieremo il fatturato”, gli elementi esterni della vision devono spingere a concludere che il mercato di riferimento o il contesto allargato sarà un luogo migliore a seguito degli sforzi dell’organizzazione.

� Di converso, gli elementi interni della vision descrivono come l’organizzazione apparirà quando sarà finalmente chiara la sua vision esterna. L’uso delle risorse umane, il mix di servizio e prodotto, le partnership e l’uso delle tecnologie possono essere parte della vision interna

� Essere attrattiva per tutti gli stakeholder

� Una formulazione di vision che si concentra su un solo gruppo a detrimento degli altri non conquisterà un durevole sostegno nei cuori e nelle menti dell’organizzazione.

� La vision deve rivolgersi a chiunque porti interesse al successo dell’organizzazione: addetti, stakeholder, clienti e comunità, per indicarne solo alcuni.

Essere coerente con la mission e i valori

� La vision è un’ulteriore traduzione della mission (Perché esistiamo) e dei valori dell’organizzazione. Se la mission suggerisce di risolvere i problemi della comunità e uno dei “core values” è la costante innovazione nell’erogazione del servizio, allora nella formulazione di vision ci dovrebbe essere un riferimento all’innovazione nell’erogazione del servizio.

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� Va ricordato che nella vision si sta dipingendo a parole un quadro dello stato futuro che si desidera raggiungere e che condurrà alla realizzazione della mission, e così è bene assicurarsi che mission, valori e vision siano allineate.

Essere verificabile

� Se si fa uso di gergo specialistico o modaiolo, la vision può diventare difficilmente intelligibile, non attraente e nebulosa. Quindi occorre scrivere la propria formulazione di vision in modo chiaro e chiaramente rivolto al target di riferimento.

� Mentre mission e values non cambieranno, occorre aspettarsi che la vision possa cambiare poiché è pensata e scritta per realizzarsi in un limitato periodo di tempo predefinito.

Essere realistica

� La vision non deve essere il sogno individuale della sola proprietà, dell’Amministratore, del Direttore, né il sogno collettivo del management aziendale.

� Deve essere solidamente radicata nella realtà. � Per assicurarsi di ciò occorre una chiara e precisa conoscenza del contesto, delle sue

figure chiave e delle tendenze emergenti. Essere ispiratrice

� La vision rappresenta un quadro a parole del futuro dell’organizzazione, tale da ispirare il team a dare il necessario tono emotivo per raggiungere questo scopo.

� La formulazione di vision non solo deve guidare, ma anche alimentare la passione collettiva del personale.

� Per essere ispiratrice, la vision deve prima di tutto essere comprensibile a chiunque, dalle figure più marginali alle figure di punta dell’organizzazione. Non serve il vocabolario per questo esercizio, ma ci si deve focalizzare invece sulla profonda conoscenza dell’ambito di azione dell’organizzazione per comporre una formulazione che sia significativa per tutti.

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7. BALANCED SCORECARD

La balanced scorecard è un sistema di gestione e misurazione dell'andamento aziendale che collega gli obiettivi strategici a indicatori complessivi di performance.

Tale sistema parte dal riconoscimento del fatto che le aziende hanno la tendenza a fissarsi solo su pochi parametri il che mette il paraocchi alla loro capacità di valutare l'andamento generale del business.

La balanced scorecard, invece, focalizza l'attenzione del management su un'ampia gamma di indicatori chiave della performance, per darne una visione equilibrata.

L'idea fu introdotta inizialmente da David Norton, cofondatore della società di consulenza Renaissance Solutions, e da Robert Kaplan, docente di Leadership development alla Harvard Buisiness School.

Essi svilupparono il concetto della balanced scorecard all'inizio degli anni '90, in una ricerca promossa da KPMG.

Il risultato fu un articolo pubblicato dalla Harvard Business Review: "The balanced scorecard" - gennaio/febbraio 1993.

Con questo semplice articolo si mandava ai manager un messaggio molto semplice: ciò che si misura è ciò che si ottiene.

Kaplan e Norton paragonavano la guida di un'azienda al pilotare un aereo. E' improbabile che il pilota che si affida a un solo strumento possa guidare con sicurezza. I piloti devono servirsi di tutte le informazioni disponibili nella cabina di pilotaggio.

"Al giorno d'oggi la complessità della gestione aziendale esige che i manager siano in grado di controllare simultaneamente le prestazioni di diverse aree", dicevano Kaplan e Norton. "La balanced scorecard, inoltre, obbligando i senior manager a prendere in considerazione tutti i parametri operativi importanti nel loro insieme, può consentire loro di accorgersi se il miglioramento in una certa area viene conseguito a spese di un'altra".

Il dilemma circa le cose da misurare è vecchio quanto l'azienda stessa. Nel Ventesimo secolo, il problema della misurazione divenne quasi un'osssessione. La balanced scorecard cercò di mettere fine a un dibattito che si trascinava da lungo tempo. L'uomo che aprì ai manager le porte della misurazione della performance fu Frederick Taylor, l'inventore del management scientifico.

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Da allora in poi, i manager sono sempre stati attivamente alla ricerca di nuovi elementi da misurare e di nuovi mezzi di misurazione.

A volte, è sembrato che l'attività di misurazione rappresentasse la funzione principale del management. Infatti, tutti i manager conoscono il ritornello "ciò che viene misurato viene fatto".

Ogni centesimo di spesa o di produzione di un'azienda può essere analizzato in un numero infinito di modi. E la loro capacità di persuasione è così grande che intere aziende possono essere guidate da tali indici finanziari. In proposito, il caso più celebre è stato quello di ITT negli anni Sessanta, sotto il controllo di Harold Geneen. Geneen spinse fino alle estreme conseguenze la gestione basata sugli indici finanziari, creando un complicato sistema di reporting finanziario. Quando lasciò l'azienda, però, l'intero castello di carte che egli aveva costruito crollò rovinosamente. L'ovvia conclusione che si trasse dall'approccio di Geneen fu che se ci si fissava solamente sugli indici finanziari, si poteva avere successo a breve e persino a medio termine, ma era improbabile che tali parametri strettamente vincolanti potessero assicurare la prosperità dell'azienda a lungo termine. Il guaio era che l'andamento finanziario e i relativi indici erano le cose più facili da misurare. Altri elementi della performance aziendale, come la fedeltà dei clienti oppure la soddisfazione dei dipendenti, erano questioni più astratte e la loro valutazione pareva sollevare più interrogativi che soluzioni.

Nello stesso momento in cui prendevano in considerazione il modo di valutare gli elementi più soft della propria performance, le aziende si trovavano a dipendere in maniera crescente da mode passeggere e da infatuazioni manageriali.

Così, le organizzazioni sono alle prese con i dilemmi provocati da sistemi di valutazione finanziaria ridondanti; dispongono di pochi mezzi affidabili per valutare altri elementi della propria performance e sono vittime della predilezione, per mode di breve durata il cui impatto raramente viene misurato, in qualunque modo le si consideri.

Tutto questo rappresentò un terreno fertile per un nuovo approccio.

Vedi l’esempio di BSC (Allegato 1)