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1 Rocatelli vol.3° CORSO DI ARCHITETTURA TECNICA Fascicolo n° 1 Capitolo 1 CONCETTI GENERALI SULLA OSSATURA MURALE ELEMENTI DI COMPOSIZIONE DELLE STRUTTURE PORTANTI Introduzione Uno tra i problemi più importanti della architettura è certamente quello che si riferisce alla costruzione e stabilità degli edifici. Per essa non deve intendersi solo quanto riguarda qualità e sistemi costruttivi con i materiali tradizionali, come il mattone e la pietra e quanto riflette ferro, legno e cemento armato, impianti meccanici e sanitari nelle loro applicazioni più recenti; ma soprattutto quanto si riferisce alla concezione organismi costruttivi che costituiscono lo scheletro della ossatura resistente di un opera architettonica che ne determinano più di ogni altro elemento, il volume e le proporzioni spaziali e molto spesso il carattere e le forme di espressione. L’ingegnere e l’architetto non possono prescindere da essi come il medico non può ignorare la costituzione e la funzione dello scheletro nel corpo umano. Lo studio e il progetto di una opera architettonica, prima di essere analisi delle singole parti, è sintesi; ne si possono determinare e calcolare i singoli elementi che la costituiscono se essa non è prima organicamente concepita e se gli elementi stessi non sono nettamente definiti. Il progettista mentre concepisce l’opera architettonica deve prevederne e assicurarne la costruttività. Dopo subentra in lui il costruttore che verifica col calcolo la stabilità, toglie ed aggiunge agli elementi essenziali oppure condanna assolutamente l’ossatura resistente adottata. In questo caso se si dovrà cercare una nuova soluzione dello scheletro portante, sarà ancora il progettista, il compositore che la cercherà, perché solo questi potrà conciliare nella opera architettonica i bisogni della vita con le astratte concezioni della forma e con le leggi della stabilità. Egli non potrà mai pretendere di creare un opera di architettura tutta subordinata alla espressione estetica, o peggio ancora considerando soltanto la bellezza un sottoprodotto della scienza. Perciò egli dovrà vedere l’opera nel suo complesso, da un punto di vista molto più elevato e fondere in un tutto armonico le molteplici leggi della utilitas, della firmitas e della venustas vitruviane . Per quanto riguarda lo studio della ossatura degli organismi architettonici, dobbiamo tener presente che la scienza considera generalmente le ossature delle fabbriche non come sintomi a tre dimensioni, bensì come derivanti dal raggruppamento di più sistemi piani. Ci da quindi i procedimenti per il calcolo di questi singoli elementi piani, facenti parte di quelle ossature, che nel progetto sono già state nettamente ed organicamente concepite. Nessuna legge matematica ci insegna, nella maggioranza dei casi, a individuarli nel loro insieme, essendo questo un problema troppo complesso ed indeterminato sotto l’ aspetto matematico.

CORSO DI ARCHITETTURA TECNICA - people.unica.it · 2016. 3. 12. · e alla perfezione estetica del Partenone, mai più raggiunte nei secoli, alla grazia e alla ricchezza dell’ ordine

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    Rocatelli vol.3°

    CORSO DI ARCHITETTURA TECNICA

    Fascicolo n° 1

    Capitolo 1

    CONCETTI GENERALI SULLA OSSATURA MURALE ELEMENTI DI COMPOSIZIONE DELLE STRUTTURE PORTANTI

    Introduzione Uno tra i problemi più importanti della architettura è certamente quello che si riferisce alla

    costruzione e stabilità degli edifici. Per essa non deve intendersi solo quanto riguarda qualità e sistemi costruttivi con i

    materiali tradizionali, come il mattone e la pietra e quanto riflette ferro, legno e cemento armato, impianti meccanici e sanitari nelle loro applicazioni più recenti; ma soprattutto quanto si riferisce alla concezione organismi costruttivi che costituiscono lo scheletro della ossatura resistente di un opera architettonica che ne determinano più di ogni altro elemento, il volume e le proporzioni spaziali e molto spesso il carattere e le forme di espressione.

    L’ingegnere e l’architetto non possono prescindere da essi come il medico non può ignorare la costituzione e la funzione dello scheletro nel corpo umano. Lo studio e il progetto di una opera architettonica, prima di essere analisi delle singole parti, è sintesi; ne si possono determinare e calcolare i singoli elementi che la costituiscono se essa non è prima organicamente concepita e se gli elementi stessi non sono nettamente definiti.

    Il progettista mentre concepisce l’opera architettonica deve prevederne e assicurarne la costruttività. Dopo subentra in lui il costruttore che verifica col calcolo la stabilità, toglie ed aggiunge agli elementi essenziali oppure condanna assolutamente l’ossatura resistente adottata.

    In questo caso se si dovrà cercare una nuova soluzione dello scheletro portante, sarà ancora il progettista, il compositore che la cercherà, perché solo questi potrà conciliare nella opera architettonica i bisogni della vita con le astratte concezioni della forma e con le leggi della stabilità.

    Egli non potrà mai pretendere di creare un opera di architettura tutta subordinata alla espressione estetica, o peggio ancora considerando soltanto la bellezza un sottoprodotto della scienza.

    Perciò egli dovrà vedere l’opera nel suo complesso, da un punto di vista molto più elevato e fondere in un tutto armonico le molteplici leggi della utilitas, della firmitas e della venustas vitruviane .

    Per quanto riguarda lo studio della ossatura degli organismi architettonici, dobbiamo tener presente che la scienza considera generalmente le ossature delle fabbriche non come sintomi a tre dimensioni, bensì come derivanti dal raggruppamento di più sistemi piani. Ci da quindi i procedimenti per il calcolo di questi singoli elementi piani, facenti parte di quelle ossature, che nel progetto sono già state nettamente ed organicamente concepite. Nessuna legge matematica ci insegna, nella maggioranza dei casi, a individuarli nel loro insieme, essendo questo un problema troppo complesso ed indeterminato sotto l’ aspetto matematico.

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    Spetta alla sensibilità dell’architetto ed alla sua esperienza pratica, sapere individuare a priori la soluzione del problema e stabilire la esatta conformazione della intera ossatura portante di ogni edificio, i cui elementi singoli egli dovrà in seguito determinare o verificare col calcolo.

    In altri termini si può affermare che la stabilità di un organismo architettonico non è semplicemente la sua capacità di resistere (in ogni sua sezione che possiamo considerare) al peso proprio di carchi ed alle azioni esterne. E’ molto di più, perché tale stabilità deve manifestarsi al nostro spirito con una composizione di volumi e di forme disposti in modo armonico, deve esprimersi per mezzo di una idea architettonica nella quale risultino a priori soddisfatte le leggi dell’equilibrio permanente .

    Lo studio della ossatura murale è della massima importanza non solo ai fini della stabilità ma è strettamente connessa, come si è detto, con l’espressione estetica della opera architettonica, essendovi sempre una organica rispondenza tra le forme estetiche e quelle costruttive, non solo, ma derivando le prime in molte epoche architettoniche, non esclusa l’attuale, direttamente dalle seconde.

    Ad esempio nella architettura imperiale romana è lo studio dello organismo e delle soluzioni costruttive, collegato alla classica conformazione degli ambienti armonicamente riuniti ed alla ricerca di effetti scenografici, che determina l’espressione artistica di essa, essenzialmente spaziale, determinata cioè dai rapporti volumetrici delle varie parti, dalla grandiosità delle dimensioni, dalle vaste masse murali a sostegno delle volte di copertura dei grandi ambienti.

    Nelle cattedrali gotiche è la ricerca ardita dello scheletro costruttivo, sempre più sottile slanciato che determina in esse la mistica espressione architettonica che le caratterizza. E’ la esilità dei sostegni delle moderne strutture in c.a. e in acciaio che fornisce a molte costruzioni moderne una arditezza, una leggerezza ed una nervosità che le distingue da quelle a scheletro murario. E tale diversità la si trova nella differente composizione volumetrica, nei diversi inconfondibili rapporti spaziali, nelle forme di dettaglio e soprattutto nelle soluzioni costruttive realizzate.

    Scopo del nostro studio non è la ricerca delle norme di proporzionamento delle ossature resistenti, ma l’ esame degli scheletri portanti degli edifici esistenti, dei criteri che ne guidarono la composizione, dei rapporti che tali ossature determinarono nelle concezione architettonica, nelle sue forme esteriori.

    Chiameremo ossatura murale il complesso delle strutture che hanno in uno organismo architettonico un ufficio statico principale, prescindendo perciò da tutti gli elementi che formano la veste decorativa ed ornamentale della costruzione e da tutte le altre strutture che non hanno ufficio statico principale o risultano addirittura portate. Distingueremo in oltre le strutture in quelle di copertura, cioè solai, tetti, volte, cupole, eccetera, da quelle di piedritto che costituiscono i sostegni delle prime.

    Non sempre però tale distinzione è possibile: in alcune strutture, come ad esempio in quelle intelaiate, le due parti formano un tutto unico e non è possibile nei riguardi del loro studio costruttivo, considerarle come separate e quasi indipendenti.

    Per render più facile e più semplice l’esame delle ossature murali, raggrupperemo in oltre gli svariati esempi delle più importanti opere architettoniche, antiche e moderne, secondo i tre grandi principi costruttivi ai quali singolarmente si ispirano:

    1. Principio dell’ architrave.

    2. Principio della volta.

    3. Principio della trave elastica.

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    Architrave

    E’il più intuitivo organismo: possiamo definirlo come costituito da un solido rettilineo orizzontale (trave) poggiata su due elementi verticali (piedritti).

    Evidentemente l’azione dell’elemento orizzontale sui piedritti e sempre ed esclusivamente azione di peso.Questo è l’organismo più elementare e il primo che troviamo sino dalle epoche preistoriche.

    Di esso possiamo distinguere tre tipi fondamentali a seconda dei materiali di cui può essere formato e cioè :

    1. L’elemento orizzontale è in pietra da taglio e i due verticali pure in pietra da taglio

    (trilite) o in muratura.

    2. L’elemento orizzontale e di materiale elastico (legno, ferro, cemento armato) mentre i due verticali sono in pietra da taglio o in muratura (es. Basilica di S. Paolo).

    3. Tutti gli elementi sono in materiale elastico.

    Gli organismi complessi a cui da origine l’applicazione del principio costruttivo

    dell’architrave(strutture verticali di sostegno e strutture di copertura semplicemente poggiate sulle prime che trasmettono ad esse prevalentemente azioni di peso) sono molteplici e della massima importanza.

    Dal preistorico dolmen alla sala ipostile del tempo egizio, dal classico ordine architettonico all’organismo ad unico ambiente dei templi greci, etruschi e romani, arriviamo ai tipi più complessi del tempio etrusco a cella tripartita, delle basiliche romane e cristiane, fino ai moderni edifici di carattere collettivo ed utilitario, formati a grandi aule (mercati, macelli, magazzini, officine) a quelli di un grandissimo numero di ambienti sovrapposti in vari piani coperti a solaio.

    Nell’ esame di questa infinita serie di edifici e di strutture, noi assistiamo ad una continua evoluzione del principio costruttivo ed alla realizzazione di ossature sempre più ardite nelle quali si tende costantemente ad allontanare i sostegni ed a rendere sempre più sottile e resistente l’elemento orizzontale.

    Vediamo sorgere così forme di espressione e proporzioni diverse e monumenti architettonici della più alta importanza nei quali talvolta i rapporti e l’espressione estetica raggiungono la perfezione.

    Esaminiamo ora particolarmente i tre tipi indicati. Sistemi con architrave in pietra da taglio Trascurando le strutture megalitiche dalle quali non possiamo ricavare nessun criterio di

    proporzionamento estetico se non l’effetto della potenza bruta e nessuna indicazione di pratica utilità, il primo grande esempio di strutture complesse di questo tipo è rappresentato dalle sale ipostili dei templi egizi.

    Esse infatti possiamo considerarle costituite da numerosi sostegni verticali in pietra da taglio sorreggenti gli architravi e la copertura piana, formata con lastre di pietra, poggiate sugli architrave (fig.1).

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    Le file di colonne (sostegni discontinui) sopportano direttamente il peso della copertura

    (architrave e lastre) e sono assoggettate soltanto ad azioni verticali. E’ facile riconoscere in questi sistemi che, mentre le colonne hanno dimensioni

    sovrabbondanti in relazione all’ufficio statico che esse compiono, quelle delle strutture orizzontali sono invece connesse alla necessità di resistere alle sollecitazioni di flessione taglio a cui sono sottoposte (ed alle quali mal resiste la pietra) ed alla limitata possibilità di ricavare e metter in opera blocchi di grandi dimensioni.

    Anche la mutua distanza delle colonne è limitata dalle suddette necessità e tutto lo scheletro costruttivo viene ad essere caratterizzato dalla molteplicità e vicinanza dei sostegni e risulta quale logica e diretta conseguenza del tipo della copertura e del materiale adottato; tutta la costruzione presenta perciò nelle sue dimensioni e proporzioni il più spiccato carattere megalitico.

    E’ da rilevare in oltre che la disposizione dei sostegni e della copertura è fatta secondo le due principali direzioni e possiamo dire perciò che le strutture resistenti dell’edificio sono disposte nei due sensi, longitudinale e trasversale.

    Da questo tipo di ossatura resistente derivano in parte i caratteri estetici della architettura di questi monumenti egizi: masse schiacciate e largamente distese che hanno tuttavia il pregio di raccordarsi con la pianura circostante; linee uniformi, impressioni di compattezza nella foresta dei sostegni che giunge talvolta alla goffa pesantezza ed alla elefantiasi delle dimensioni.

    L’architetto, cui lo scheletro strutturale e l’insufficienza della tecnica vietano una composizione di più ampio respiro, prende la sua rivincita ed estrinseca la sua fantasia e la sua sensibilità artistica nella nota decorazione scultorea e pittoresca di questi edifici.

    Ricca, vivace con le sue statue, i suoi rilievi, la sua policromia, alleggerisce le masse, attenua e confonde i difetti estetici di uno scheletro costruttivo rudimentale.

    Da questa struttura, che rimane per lunghi secoli cristallizzata, in schemi costruttivi che non riescono a sottrarsi ai vincoli in posti dal materiale, si possono immaginare derivati staticamente (senza con questo volere entrare in questioni storiche di origini e derivazioni) gli ordini architettonici nelle loro successive trasformazioni avvenute nelle varie epoche architettoniche.

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    Ordini architettonici Anche in essi è evidente il funzionamento statico delle varie parti ed il proporzionamento

    di queste in relazione alla natura del materiale impiegato ed alle sollecitazioni a cui è sottoposto.

    Nella evoluzione delle forme è evidente la ricerca di una sempre maggiore eleganza e finezza di proporzione tra le varie parti, che dalla goffa colonna egizia ci porterà alla armonia e alla perfezione estetica del Partenone, mai più raggiunte nei secoli, alla grazia e alla ricchezza dell’ ordine ionico.

    Questa perfezione delle forme non si poteva conseguire se non variando le proporzioni della architettura egizia, assottigliando e distanziando i sostegni, aumentando l’altezza dell’architrave per poter superare luci maggiori. Il progresso estetico non si poteva conseguire senza quello costruttivo.

    La colonna diventa slanciata, il tozzo architrave egizio si trasforma nell’alta trabeazione classica e la decorazione tende a snellire e alleggerire .

    E il costante progresso costruttivo ed estetico che realizza al migliore utilizzazione del materiale, riducendo come si è detto le sovrabbondanti dimensione dei sostegni, riscontrate nella colonna egizia e nella dorica e aumentando la distanza delle colonne con lo scaricare l’architrave di una parte del peso gravante su dio esso. Ciò avviene specialmente nel periodo romano, in cui, non è infrequente l’adozione di archi di carico sovrastanti immediatamente la trabeazione (Pantheon, Tempio della Concordia in Roma) che alleggerendo l’architrave e portando il carico sulle colonne, permette di poterle maggiormente distanziare e di meglio utilizzare la loro capacità di resistenza alle azioni di peso (fig.2)

    Tali archi di scarico diventano di uso sistematico nelle successive costruzioni basilicali cristiane, nelle cui colonne è facile riscontrare sezioni resistenti sempre più caricate ed una migliore utilizzazione del materiale impiegato.

    Riproduciamo dal Milani1 l’esame che egli fa di tre casi caratteristici: dell’ ordine dorico (esterno del Partenone ),dell’ordine corinzio (interno del Pantheon) e dell’ ordine ionico (interno della basilica di San Lorenzo Fuori le Mura in Roma).

    Nelle fig.2-3-4 sono state tratteggiate le parti dell’edificio che in ciascuno dei tre casi gravavano su una delle colonne.

    Dal facile sviluppo dei calcoli risulta che nel primo caso, la colonna è sollecitata da un carico unitario di kg 4 a cmq; nel secondo caso da kg 8 e nel terzo da kg 15.

    Se negli stessi esempi verifichiamo le condizioni dell’ architrave, perveniamo a conclusioni analoghe: nel Partenone oltre che dal peso proprio, è sollecitato da un carico concentrato trasmessogli nel suo punto di mezzo triglifo (le metope hanno soltanto ufficio decorativo) di Kg 51.000.

    Nell’esempio del Pantheon l’architrave, oltre a quello proprio, sopporta il carico ripartito della cornice e del muro di sordina per un totale di Kg 22.000.

    Nella basilica di San Lorenzo, l’architrave sostiene il solo peso proprio ed il piccolo muro di sordina ed in complesso kg 3600 appena.

    1G.B. Milani, L’ossatura murale, Vol.1°, pag.27

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    E’ in oltre evidente il progresso costruttivo realizzato successivamente in questi tre esempi. Nella architettura romana il concetto di evitare all’architrave eccessive sollecitazioni di

    flessione e di distanziare le colonne per avere un maggiore spazio libero e per aumentare il carico verticale su di esse, in modo da ottenere una migliore utilizzazione dell’alta capacità di resistenza del materiale alle azioni di compressione, si sviluppa oltre che con l’adozione degli archi di scarico, con la disposizione a piattabanda dell’architrave e del fregio. In tal modo non vi è più lo schema costruttivo del trilite, ma uno pseudo trilite nel quale si ha evidentemente un diverso comportamento statico e una migliore utilizzazione del materiale, che lavora esclusivamente a compressione e secondo le sua qualità intrinseche (fig. 5).

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    La piattabanda è talvolta situata nella zona del fregio e scarica il sottostante architrave come nel Foro di Traiano nella Porta maggiore, nel Tempio dei Dioscuri, in vari portici di Pompei ed in altri esempi numerosi; oppure è proprio l’architrave composto di conci come nel Tabularium, nella Crypta Balbi nella Villa Adriana nel sepolcro di Santa Maria Capua Vetere negli Horrea Epagathiana di Ostia (fig. 6).

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    Questo concetto statico e costruttivo e questa razionale disposizione del materiale sono

    applicati nella epoca romana in modo quasi sistematico anche nella costruzione dei vani di porta e delle aperture in genere, nelle quali invece di un architrave monolitico, si ha la caratteristica conformazione a piattabanda sormontata da un arco di scarico che riporta sui piedritti il peso della muratura sovrastante, in modo che la piattabanda stessa risulti caricata dal solo peso proprio e di quello del muro di sordina (fig.6d).

    Tale disposizione costruttiva continua ad essere largamente impiegata, come noto nelle architetture delle epoche successive.

    Gli esempi nei monumenti romani sono numerosi; tra i più comuni ricordiamo quelli del Foro di Augusto, del Templum Sacrae Urbis al Foro Romano e continuando, potremmo fare una elencazione quasi completa di quasi tutti gli edifici dell’architettura romana.

    Non è inutile rilevare che molto spesso il materiale di cui sono costituite le piattabande e l’arco di scarico è di natura diversa e più resistente di quello di cui è formata la struttura muraria.

    Questo concetto di disporre un materiale più resistente nei punti in cui sono maggiori le sollecitazioni, è sviluppatissimo nella architettura romana ed è applicato con netta percezione delle esigenze statico costruttive e dimostra ancora una volta (se pur ve ne fosse bisogno) la grande abilità dei costruttori romani .

    Nell’architettura romana, l’architrave in pietra da taglio si trasforma in molti casi in una vera e propria trave armata, elastica, mediante l’impiego di acconce armature metalliche (fig.7) che sostengono l’architrave stesso, o i vari sblocchi che lo compongono, in modo da togliere a questo ogni funzione statica.

    Naturalmente, con questi artifici se si riesce ad allontanare ancora di più i sostegni, si perde

    per altro ogni sincerità architettonica ed ogni rispondenza della forma esteriore con l’organismo strutturale.

    La costruzione in pietra da taglio viziata da queste disposizioni in disaccordo con la natura del materiale risulta gravemente alterata nei suoi essenziali caratteri di solidità e di stabilità permanete ed in quel senso di proporzionamento che direttamente sorge da necessità statiche e costruttive.

    Esempi di tale artifici si trovano nel portico decorativo del Louvre a Parigi, nel Palazzo di Giustizia di Bruxelles (dei quali riproduciamo gli schemi nella fig.7) ed in molti altri edifici moderni.

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    Sistemi con architrave elastico. Ritornando all’esame dei sistemi architravati, noi vediamo che con l’adozione dell’architrave

    di materiale elastico (fino ai tempi moderni in legno), aumenta la possibilità di coprire spazi di maggiore luce, spazi che ritroviamo nei primi esempi del tempio pagano e della basilica romana e cristiana.

    In questi non abbiamo più una disposizione delle strutture di sostegno nei due sensi longitudinale e trasversale, che nella sala ipostile del tempio egizio ingombravano l’ambiente e rappresentavano una esuberanza di stabilità alla compressione; esse vengono disposte invece prevalentemente nel senso longitudinale, ottenendosi così un parziale miglioramento del sistema statico costruttivo, specie nei riguardi della economia dello spazio e delle strutture.

    Il tempio pagano possiamo considerarlo nello schema più complesso del tipo periptero, come formato da un ambiente circondato da uno o due ordini di portici; in questo od in altri schemi, l’ambiente interno, se di vaste dimensioni, è suddiviso in navate da una o due file longitudinali di colonne (Locri, Tempio di Poseidone in Poseidonia, Heraion di Olimpia, Tempio di Apollo a Selinunte, di Zeus in Agrigento, il Partenone ecc.).

    La copertura della cella è a tetto mentre quella del porticato esterno è in pietra da taglio; ambedue poggiano trasversalmente su tutte le strutture longitudinali e cioè sui muri della cella e sulle file di colonne interne ed esterne e trasmettono ad esse solamente azioni di peso, ove si trascurino le azioni secondarie di spinta dovute alle imperfezione delle incavallature, e quelle laterali dovute a cause accidentali (vento, ecc.) del resto assolutamente trascurabili data la sovrabbondanza delle sezioni resistenti e la piccola altezza dell’edifico in rapporto alla sua massa notevole (Fig.10).

    In esso abbiamo quindi la caratteristica applicazione del principio costruttivo dell’architrave elastico (tetto ligneo) che permette di allontanare i sostegni (muri della cella) e di ricavare ambienti relativamente grandi.

    Una ulteriore evoluzione di questo organismo costruttivo la troviamo successivamente negli edifici basilicali.

    Questi già nel periodo romano, prendono posto accanto agli edifici a volta: sono quasi due architetture e due sistemi costruttivi diversi che vivono e si sviluppano parallelamente sia negli ordinari temi della pratica, come nelle massime manifestazioni della architettura monumentale e che continuano a permanere e ad evolversi nelle successive epoche architettoniche.

    E’ inutile rievocare gli esempi significativi di ogni epoca; ormai troppo noti, e la grande importanza a cui assurgono per grandiosità di proporzioni ed espressione d’ arte.

    Agli effetti del nostro studio, dobbiamo soltanto ricordare che questi schemi basilicali risolvono il problema della realizzazione di grandi ambienti con la minima sezione delle strutture resistenti di piedritto; essi hanno forme planimetriche prevalentemente longitudinali e solo in non molti esempi centrali; hanno copertura lignea a semplice azione di peso e pareti semplicemente resistenti alla compressione secondo principi statici costruttivi non molto diversi da quelli esaminati nel tempio pagano. Trovano applicazione non solo nel vecchio tema del tempio e della basilica, ma nella sala del palazzo e della villa, negli ambienti degli edifici pubblici ed utilitari, ed in molti altri temi della architettura pratica odierna e non variano nel loro schema statico costruttivo neppure oggi, anche se realizzati con materiali nuovi quale il ferro ed il cemento armato.

    Ai fini del nostro studio noi terremo conto della conformazione planimetrica di tali sistemi e li divideremo in due grandi gruppi:

    • Sistemi basilicali assiali e longitudinali

    • Sistemi basilicali centrali

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    Sistemi basilicali longitudinali Finche le dimensioni dell’ambiente sono modeste ed il problema della copertura non

    presenta eccessive difficoltà, troviamo costantemente adottata la semplice forma dell’ambiente rettangolare.

    Quando le dimensioni aumentano, il problema tecnico della copertura porta alla necessità degli appoggi intermedi che devono essere forzatamente discontinui, nel minor numero e delle minori dimensioni possibili, per non interrompere l’unità dell’ambiente stesso.

    Ed ecco le strutture longitudinali discontinue a frazionare la luce del lato minore e lo schema basilicale con un numero dispari di navate che lascia quella centrale le massime dimensione compatibili con le esigenze statiche e costruttive (fig.8).

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    Nelle basiliche romane i sostegni discontinui interni corrono quasi sempre parallelamente ai quattro lati e sono costituiti da ordini architravati. In quelle cristiane, salvo rare accezioni, si ha invece un più costante sviluppo longitudinale, mancano i sostegni intermedi lungo i lati minori dell’ambiente ed è in oltre frequentissimo lo schema degli archi direttamente impostati sulle colonne .

    Nell’alzato, la basilica pagana porta le navate tutte alla medesima altezza, per quanto non manchino esempi di sopraelevazione della navata centrale rispetto a quelle laterali (basilica di Fano, basiliche dell’Africa Settentrionale, di Aspendos in Asia Minore, ecc.) allo scopo di assicurare una migliore illuminazione della navata centrale.

    Nella basilica cristiana e invece costante la sopraelevazione della navata maggiore, rispetto a quelle laterali.

    Nella evoluzione dei sistemi basilicali, si assiste ad una continua ricerca di economia delle sezioni resistenti di piedritti ed a una sempre maggiore arditezza della costruzione, sia sfruttando al massimo la resistenza dei materiali con l’aumentare la distanza mutua dei sostegni nelle strutture discontinue, sia perfezionando i sistemi di copertura, cercando sempre la realizzazione di ambienti di maggiore larghezza e la riduzione al minimo dell’ingombro dei sostegni intermedi.

    Il concetto statico è sempre quello di trasmetterete ai sostegni soltanto azioni di peso, specialmente a quelli intermedi che hanno sezioni sempre più piccole ed altezze sempre maggiori. Nelle figg. 9-10-11 riproduciamo uno schematico raffronto tra i vari tipi di ossature basilicali2.

    2 G.B.Milani, op.cit.

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    Nella sala ipostile (fig 9, Tempio di Karnac) avente come si è detto, i sostegni e la copertura in pietra da taglio, il rapporto tra la superficie coperta dalle strutture di sostegno e quella dell’ ambiente è di 0.473; cioè la sezione orizzontale dei muri e delle colonne occupa circa la metà dell’intera superficie dell’ambiente; la distanza massima dei sostegni è di circa metri 6.

    Nel tempio pagano (Fig.10, Partenone) con muri e colonne in pietra da taglio e copertura parte in pietra da taglio (colonnato esterno) e parte lignea (cella), il rapporto suddetto scende al valore di 0.157 e la distanza massima tra i sostegni sale a m 9,00.

    Nella basilica cristiana (fig.11, S. Paolo in Roma) con sostegni in muratura e colonne e tetto ligneo, il rapporto scende ancora a 0,112 e la luce massima tra i sostegni sale a m 24.50.

    Queste cifre ci dimostrano, meglio di ogni altra considerazione la continua evoluzione di questo sistema ed il progresso costruttivo realizzato.

    Nella fig.12 (Basilica Palladiana a Vicenza) l’ambiente superiore è diviso in tre navate ed è coperto a volta da legname (tetto): il rapporto tra la sezione e la superficie dell’ ambiente scende ancora al valore di 0,09 mentre la distanza massima tra i sostegni è di m 21,00.

    Nella fig.13 (Borsa di Parigi), pure a navate con tetto ed incavallature metalliche, il

    rapporto tra la sezione orizzontale dei sostegni e la superficie dell’ambiente scende ancora al valore di 0,08, ed infine in un altro organismo basilicale tipico Les Halles Centrales di Parigi con sostegni a tetto interamente metallico, il rapporto scende ad un valore minimo.

    Le proporzioni tozze distese nel tempio egizio si mutano in quelle eleganti e fini del tempio classico. Non è più la selva delle colonne che caratterizza l’edificio, ma lo spazio che si allarga e si innalza.

    Le linee spioventi del tetto, gli spigoli aguzzi dei frontoni stabiliscono una diversa silhoutte e nuovi rapporti di masse si determinano, in relazione anche alla applicazione degli ordini architettonici.

    Ma dove vediamo un maggior progresso costruttivo e dove si afferma con più evidenza un nuovo ordine di proporzionamento estetico é nella basilica.

    In essa il senso della snellezza è ancora maggiore, la grandiosità degli spazi interni si accentua e il movimento delle masse prende vigore e decisione nella sopraelevazione della navata centrale.

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    In alcuni celebri esempi la grandiosità è senza pari: dalla basilica Ulpia ampia e ricchissima nella preziosità dei materiali e nella decorazione minuta e sovraccaric , alla basilica di San Paolo vastissima, sulla quale campeggia nella sua maestosa ampiezza la navata centrale che suscita il senso della immensità e solennità, e tutta una successione di esempi (non superati dagli analoghi edifici moderni) che dimostrano come il nuovo ordine di proporzionamento estetico è reso possibile dal nuovo tipo di scheletro costruttivo che il progresso tecnico ha realizzato.

    I rapporti spaziali si amplificano dopo che l’architrave si è trasformato in capriata e a mano a mano che questa si perfeziona in che di luce sempre maggiore.

    Si è detto finora per semplicità di esposizioni, che gli organismi basilicali sono assoggettati unicamente ad azioni dipeso nei loro elementi principali di sostegno.

    Se ciò è fondamentalmente vero, non sono tuttavia da escludere azioni secondarie di spinta, sia che queste siano dovute al tipo imperfetto della copertura, sia ad azioni laterali esterne .

    A queste azioni laterali di spinta, l’organismo basilicale assiale offre una debolissima resistenza poiché le strutture portanti longitudinali, molto sottili in rapporto alla loro altezza, risultano quasi isolate e indipendenti una dall’altra e non sono controventate che dai muri perimetrali esterni e parzialmente dal sistema di copertura.

    Tale resistenza alle azioni laterali è poi quasi nulla nelle strutture longitudinali interne, sopraelevate rispetto alle perimetrali e poggiate su sostegni discontinui (colonne) che se offrono una buona resistenza alla compressione, non ne offrono affatto alle azioni di spinta.

    Possiamo dire che la resistenza a queste azioni sia unicamente affidata ai muri continui perimetrali ed in piccola parte agli elementi trasversali della copertura.

    Queste considerazioni ci spiegano l’apparente anomalia che si riscontra in questi sistemi, nei quali ai muri esterni viene dato sovente uno spessore più grande che a quelli interni, i quali tuttavia sopportano un peso notevolmente maggiore dei primi; si spiega forse la ragione costruttiva della esistenza delle lesene e dei piccoli contrafforti, tipici nelle chiese del periodo ravennate ed in tanti altri esempi, le catene in legname di origine bizantina sul tipo di quelle impiegate nelle cattedrali di Torcello, Murano, ecc. gli arconi di collegamento nella navata centrale di San Miniato e di San Nicola a Bari, e tanti espedienti costruttivi mediante i quali si è cercato nelle diverse epoche, di risolvere il gravissimo problema dei collegamenti trasversali e della resistenza alle azioni laterali esterne, dell’organismo basilicale, senza peraltro ingombrare l’ambiente interno, problema che possiamo considerare non ancora completamente risolto negli organismi in muratura.

    Certo un migliore irrigidimento viene ottenuto oggi con l’impiego dei materiali elastici, realizzato però ancora attraverso gli elementi principali della copertura; nell’ esempio dei mercati di Parigi, riportato nella fig.20 i sostegni sono infatti collegati fra di loro nelle due direzioni, dagli elementi principali della copertura in modo da ottenere un controventamento nei due sensi e da rendere l’organismo atto a resistere ad eventuali azioni laterali esterne.

    E’ da osservare che tali elementi della copertura nelle moderne strutture elastiche, non sempre possono considerarsi semplicemente appoggiati agli organi di sostegno, ma vincolati ad essi più o meno rigidamente. In questi casi non ci troviamo più di fronte a semplici sistemi basilicali, ma possiamo talvolta entrare nel campo dei sistemi a telaio di cui parleremo in seguito.

    Riepilogando, possiamo dire che l’ ossatura del tipo basilicale a tetto è basato sui seguenti criteri statico costruttivi:

    1. La copertura trasmette ai sostegni, soltanto azioni di compressione. 2. Le strutture discontinue interne hanno solo ufficio statico di sopportare azioni di peso. 3. Le strutture perimetrali continue, oltre l’azione del peso, hanno l’ufficio di resistere ad eventuali azioni laterali di spinta.

  • 15

    Sistemi basilicali centrali Non differiscono che nella forma planimetrica da quelli fino ad ora esaminati e nella

    azione della copertura che non si esercita in senso trasversale, ma radiale. Costituiti negli esempi modesti da un unico ambiente di forma circolare o poligonale, o da

    più navate concentriche le maggiori (S.Stefano Rotondo a Roma, S.Fosca a Torcello, Moschee mussulmane, ecc.)

    Hanno le strutture di sostegno intermedie soggette a sole azioni di peso, quelle perimetrali ad azioni di peso ed eventualmente di spinta e le coperture principali e secondarie a tetto, cioè non spingenti.

    L’organismo statico costruttivo è identico a quello del tipo assiale e l’equilibrio di esso si fonda sulla ripartizione logica delle due funzioni statiche ai due differenti sistemi delle strutture di sostegno intermedie e principali (fig.14).

    Fig. 14 ROMA – S.Stefano Rotondo

  • 16

    Organismi basilicali orientali. Sono di notevole importanza in quanto ci mostrano un diverso schema dell’organismo

    resistente basilicale e realizzano altresì una soluzione se non perfetta, certo notevole, del problema della resistenza trasversale degli organismi assiali, a cui si è già accennato.

    Tali schemi sorti specialmente nella Siria III° e IV° sec., appaiono in occidente nel V e VI sec.

    Prescindendo da qualsiasi ipotesi di origine e di influenze di altre architetture su queste basiliche, ci limiteremo soltanto ad osservare come l’organismo statico costruttivo, si è in esse costituito (fig. 15) da tante strutture trasversali discontinue che sostengono gli elementi della copertura a tetto, lapidei nelle basiliche siriache del III sec., in materiale elastico (legno) negli esempi successivi (fig. 16).

  • 17

    Con l’impiego di queste strutture trasversali l’equilibrio statico del sistema non è più affidato alle strutture longitudinali interne per il peso, e ad quelle continue perimetrali per il peso e le eventuali azioni di spinta, ma è invece affidato principalmente alle varie strutture trasversali, le quali compiono l’ufficio di resistere alle azioni di peso ed a quelle laterali di spinta.

    Le strutture longitudinali di perimetro, hanno soltanto una funzione statica secondaria in quanto servono di collegamento e soprattutto di contronventamento delle varie strutture trasversali, ed infine di resistenza ad eventuali azioni esterne di spinta che possono esercitarsi nel senso longitudinale.

    Con tale schema viene ad essere sensibilmente cambiata la concezione dell’organismo statico basilicale per la diversa disposizione delle strutture resistenti rispetto a quello longitudinale.

    E da osservare però, che non può essere facilmente applicato ad organismi di grandi dimensioni perché i sostegni intermedi risultano di grandezza maggiore di quelli del normale schema longitudinale e ingombrano più di questi l’ambiente. Infatti, a parte il maggior peso delle strutture trasversali costituite dagli archi e dalle murature di timpano, e da notare che la spinta dell’ arco della navata centrale non è equilibrata dalla contro spinta degli archi delle navate laterali e di minor luce. E’ necessaria pertanto una sezione resistente maggiore, dei pilastri intermedi che suddividano l’ambiente nelle tre navate, sia perché questi debbano sostenere un peso maggiore, sia perché devono assorbire una parte della spinta dell’arco centrale.

    E’ da notare infine che l’intera ossatura può considerarsi formata dalla ripetizione costante delle singole strutture trasversali, ciascuna delle quali costituisce nel senso statico quasi un sistema completo ed indipendente.

    Lo studio statico dell’organismo basilicale ha strutture trasversali può quindi essere limitato a quello dei suddetti elementi o meglio alla parte compresa fra due successivi interassi degli elementi medesimi.

    Dopo quanto si è detto sullo schema statico costruttivo degli organismi basilicali, non risulta difficile vederne l’ applicazione in altri tipi di edifici.

    Tra questi sono particolarmente importanti quelli di carattere unitario, di abitazione e di abitazione collettiva ed in genere tutti quelli costituiti da strutture verticali di sostegno in muratura ordinaria e con strutture orizzontali e di copertura aventi solo azioni di peso (solai, tetti, terrazze).

    Questi organismi che chiamerò ad impalcatura a tetto o terrazza sono costituiti da una rete murale continua, a maglie relativamente non ampie, costituite da muri perimetrali esterni, da muri longitudinali o di spina ed infine dai muri trasversali. Tale ossatura murale deve costituire delle line di appoggio ai solai ed ai tetti che trasmettano ad essa il loro peso ed il loro sovraccarico. Pertanto lo studio di detta rete non può essere indipendente da quello delle strutture orizzontali ma ad esso intimamente connesso.

    Naturalmente nello studio di queste ossature si prescinde, come si è detto, dai muri di tramezzo che non sono elementi di sostegno, bensì sostenuti.

    Riteniamo utile richiamare alla mente i criteri generali già noti, per lo studio di tali organismi; essi stabiliscono:

    1- che le strutture di sostegno si corrispondano verticalmente nei diversi piani, seguendo cioè in ogni piano la stessa disposizione planimetrica, a parte il diverso spessore di esse;

    2- che tale disposizione planimetrica risulti formata da molti poligoni convessi o meglio da figure chiuse, senza angoli isolati o muri interrotti;

    3- corrispondenza in senso verticale delle aperture e dei vuoti in modo da riportare i carichi su elementi verticali continui;

    4- che tutti i muri portanti di uno stesso organismo siano possibilmente tutti ugualmente caricati o meglio che il peso delle strutture orizzontali sia uniformemente distribuito sulla rete normale.

  • 18

    Il criterio della corrispondenza verticale dei muri di ossatura è ovvio; questo obbliga però la disposizione planimetrica degli ambienti in ogni piano, ed impone all’architetto limiti difficilmente superabili.

    Relativamente secondo criterio della conformazione delle maglie diciamo alcuni esempi (Nelle figure 17 a-b ) di disposizioni errate e di altre regolari.

    I muri trasversali, anche se non portano il peso dei solai, hanno l’importante funzione

    statico-costruttiva di collegamento e contoventamento delle strutture di sostegno, che in questi organismi risultano sempre di piccola sezione rispetto alla notevole altezza che le caratterizza e che facilmente potrebbero essere sottoposte a sollecitazioni di presso-flessione, da evitarsi assolutamente nella muratura ordinaria, od a pressione eccentrica, per la quale sarà sempre necessario eseguire le opportune verifiche.

    Tale ufficio di controventamento non può essere affidato alle sole strutture orizzontali che hanno scarsa efficacia a questo riguardo. La rete murale deve essere perciò compatta e ben collegata; ove ciò risultasse di impossibile attuazione per altre esigenze, sarà necessario adottare quegli accorgimenti atti ad evitare i dannosi effetti di eventuali azioni laterali.

    Il terzo criterio della corrispondenza verticale delle aperture è pure ovvio, per quanto non sempre seguito in modo tassativo. Si deve notare che la disposizione delle aperture ha grande importanza nella disposizione dei carichi, i quali come è ovvio, debbono essere portati da elementi verticali continui.

    Tale disposizione deve essere possibilmente uniforme per assicurare ai muri la necessaria omogeneità statica, con speciale riguardo agli angoli esterni che debbono presentare, per ragioni intuitive, una resistenza superiore a quella della parete continua.

    Grande importanza ha pure la mutua distanza delle aperture, il loro numero e la loro ampiezza che può notevolmente ridurre la sezione resistente dei muri portanti.

    In prossimità delle aperture, la distribuzione delle azioni interne non è mai uniforme; specialmente in vicinanza dei vertici e lungo le superfici inferiori e superiori di esse, le sollecitazioni possono raggiungere valori maggiori di quelli medi considerati nei calcoli, è arrivare anche in determinati casi, a due volte e mezza tali valori medi.

    Da qui sorge la necessità di curare maggiormente nella costruzione, i tratti di muro che contornano i vani, sempre tenuta presente intuitivamente in ogni tempo e nei vari tipi di murature; normale è infatti la costruzione degli stipiti in pietra da taglio nella muratura ordinaria; oppure i mattoni nella muratura mista, ed altri accorgimenti simili, attuati seguendo il concetto di costruire con materiali più resistenti le parti della muratura più sollecitate. Sarà in oltre necessario considerare i tratti di muro più sollecitati e quelli compresi tra le due aperture successive più vicine e verificare che essi abbiano una sezione orizzontale sufficiente a resistere alle sollecitazioni a cui sono sottoposti.

    Riguardo infine al quarto criterio enunciato della uniforme ripartizione dei carichi trasmessi dalle strutture orizzontali sulla rete murale, sono anzitutto da considerare i punti di

  • 19

    applicazione di essi, in quanto quasi mai avviene che tali punti coincidano con i baricentri delle sezioni di appoggio.

    Riguardo poi alla distribuzione dei carichi, sarebbe desiderabile che tutti i muri portanti fossero tutti ugualmente caricati dal peso dei vari sistemi di copertura.

    A tale scopo sarebbe opportuno, in un piano dell’edificio posare i solai sui muri longitudinali ed in quello successivo sui muri trasversali, alternando così in ogni piano la disposizione delle travi dei solai nelle due direzioni ottagonali, in modo da ottenere la desiderata ripartizione dei carichi, su tutti i muri della maglia.

    Contro una simile disposizione stanno però difficoltà di ordine pratico ed economico che impongono di ridurre il numero dei muri trasversali in modo da avere lunghezza di maglia che si aggirino in media intorno ad un valore di 8-10 metri, impongono perciò l’appoggio dei solai quasi esclusivamente sui muri longitudinale di spina e perimetrali, avendosi in questo senso luci molto inferiori.

    Ne consegue che il muro di spina risulta molto più caricato che non i muri perimetrali, si potrebbe logicamente dedurre che il muro di spina debba avere una sezione maggiore di quelli perimetrali.

    E’ da osservare però a questo riguardo che la sezione resistente dei muri di perimetro, è fortemente ridotta dal maggior numero e luce delle finestre e che mentre nel muro di spina il carico dei solai è nella generalità dei casi baricentrico, nei muri perimetrali tenendo conto dei punti d’applicazione dei carichi dei solai, ha invece una eccentricità più o meno accentuata che non può trascurarsi.

    Anche per questi sistemi ad impalcatura non riteniamo ovvio addentrarci in una più profonda analisi dello studio statico costruttivo dei singoli elementi, dato che l’applicazione delle norme di calcolo ben note, è di una facilità evidente.

    Riteniamo utile invece agli effetti di una prima determinazione sommaria, negli ordinari casi della pratica professionale riportare i dati nelle tabelle (da allegare) che devono però in uno studio definitivo essere accuratamente controllati.

    Sistemi basilicali con piedritti ed architrave elastico Sono essenzialmente moderni ed ebbero origine e sviluppo verso la metà del secolo scorso

    nei grandi edifici civili ad ossatura metallica formata con elementi orizzontali in ferro ed elementi verticali di sostegno in ghisa.

    Lo scheletro portante risulta, come è noto, costituito da elementi verticali (ritti, colonne) e dagli orizzontamenti che ad essi trasmettono il loro peso.

    Però differenza degli analoghi sistemi in muratura, la sezione trasversale dei sostegni è, rispetto alla loro altezza, estremamente sottile, così che non si possono trascurare in essi le azioni laterali (vento ecc.). Queste, anche se non di grande intensità, possono provocare con tutta facilità il rovesciamento dei sostegni o l’uscita degli orizzontamenti dagli appoggi ove non si provveda a irrigidire il sistema nei due sensi.

    In senso longitudinale, i ritti vengono infatti collegati tra loro da travature orizzontali (correnti) e irrigidite nei campi da aste diagonali (controventi).

    In genere è sufficiente limitare il controventamento a due o tre ritti consecutivi che sono, è ovvio, quelli di estremità dell’edificio. Analogo controventamento viene esteso alle falde della copertura, ed occorrendo agli altri orizzontamenti, limitandolo generalmente alle prime campate di estremità ed eventualmente a quelle di perimetro.

    Le capriate, gli arcarecci e i controventi , formano così delle travi a traliccio disposte lungo le falde del tetto del quale assicurarlo la stabilità.

    In costruzioni di modesta importanza, l’irrigidimento longitudinale può anche essere affidato a muri di riempimento fra i ritti.

  • 20

    In senso trasversale invece, l’organismo struttura presenta il suo lato debole: le coperture a tetto, solitamente di tipo leggero, sono sempre di grande estensione, così che l’ azione laterale del vento su di esse, non può essere trascurata anche rispetto al loro vincolo con i sostegni.

    È necessario perciò fare in modo che lo scheletro sia reso atto a resistere a queste azioni trasversali .

    Per le azioni inferiori ai 25-30 metri si possono rende fissi gli appoggi di ogni capriata ai sostegni (anche se questa si considera appoggiata).

    Per le luci maggiori, il tipo dello schema statico elementare che si può adottare è uno di quelli della Fig 18 .

    Nel primo schema, la capriata è vincolata con appoggi fissi alle colonne, mentre queste

    possono essere anche semplicemente appoggiate sul terreno; nel secondo schema capriate e ritti sono vincolati tra loro come nello schema precedente

    mentre i ritti sono incastrati al terreno; infine nel terzo schema i ritti sono incastrati al solo e vincolati a cerniera (fittizia o reale )

    alla capriata. La scelta del tipo dipenderà più che altro dal terreno di fondazione a seconda che questo

    presenta o meno una buona possibilità di incastro dei ritti, a seconda che siano da temere o meno dei cedimenti di esso.

    Sotto l’aspetto economico, lo schema più conveniente è il terzo; seguono nell’ordine il secondo ed il primo.

    Il tipo costruttivo dei vincoli fissi delle capriate e sostegni può essere realizzato secondo i tipi della figura 19.

    A differenza dei modernissimi organismi in acciaio intelaiati, le strutture di copertura si possono considerare dopo quanto si è detto, quasi indipendenti a quelli di sostegno, che risultano sollecitate principalmente da azioni di peso, mancando la possibilità, il più delle

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    volte di realizzare incastri o semi incastri specie se si tratta di unioni fra elementi di ghisa (ritti) e quelli di ferro (orizzontamenti) per le diverse caratteristiche di questi due materiali è segnatamente per la fragilità della ghisa.

    I questi sistemi perciò il concetto statico costruttivo non differisce molto da quello degli organismi basilicali in muratura ordinaria in quanto è diverso soltanto il materiale col quale vengano realizzati.

    Alle colonne in pietra delle strutture discontinue interne, si sostituisco quelle in ghisa o in acciaio ed al tetto ligneo quello con incavallature in ferro. Analogamente avviene nei sistemi ad impalcatura.Unica differenza strutturale è nella presenza delle strutture di controvento che nei sistemi in muratura ordinaria generalmente mancano. Il tipo della sollecitazione principale sulle colonne è ancora quella di peso.

    Vi è solo da osservare che i sostegni isolati sono collegati in senso longitudinale ed in quello trasversale (fig.20) e si può quindi affermare che in questi organismi le strutture resistenti sono disposte quasi sempre secondo le due direzioni principali.

    Queste strutture concorrono ambedue all’equilibrio del sistema sia che esso venga

    sollecitato da azioni verticali , sia da eventuali azioni laterali.

  • 22

    Detto ciò in tesi molto generale, non dobbiamo dimenticare che i collegamenti della varie parti di queste strutture non si possono considerare sempre dei semplici appoggi o delle semplici cerniere, ma che presentano sempre in modo più o meno grande una certa rigidità che può dar luogo a sollecitazioni secondarie di valore tutt’altro che trascurabili.

    Esempi di questi organismi, a tetto ed a impalcature li troviamo adottati nei moderni stabilimenti industriali (officine meccaniche, cotonifici, ecc.), nei moderni magazzini e depositi, mercati, macelli ed edifici analoghi.

    Altri esempi notevoli ne troviamo nelle grandi costruzioni di magazzini generali, magazzini di vendita nelle grandi tettoie e rimesse ed in genere in tutti quegli edifici nei quali è necessario realizzare ampi spazi coperti, non interrotti da strutture intermedie di sostegno o nei quali, queste ultime siano ridotte al minimo consentito dalle esigenze statiche.

    Nei riguardi del proporzionamento di queste strutture non è assolutamente possibile ricorrere a regole empiriche, ma è necessario il più grande rigore di carico.

    Sarà opportuno tenere presente di non collegare ferri di spessore notevolmente diverso, ne adottare bruschi passaggi di sezioni e di profili.

    Sarà pure necessario realizzare nel miglior modo possibile le ipotesi imposte a base di calcoli allo scopo di evitare sollecitazioni secondarie che potrebbero essere ingentissime.

    Nella fig.20 riproduciamo alcuni esempi di questi edifici. Sotto l’aspetto architettonico questi organismi consento composizioni ben più vaste di

    quella della basilica. Il problema della copertura di grandi spazi e facilmente risolto; i volumi degli edifici e

    delle singoli parti, possono giungere a dimensioni grandiose; i sostegni, lungi dall’essere ingombranti, spariscono quasi all’ occhio dello spettatore.

    L’organismo assume una snellezza, una ampiezza di rapporti, una ariosità che sarebbe vano cercare nelle analoghe strutture in muratura ordinaria.

    Purtroppo il costruttore preoccupato finora di risolvere il problema statico, poco ha potuto conseguire nel campo della ricerca estetica.

    Possiamo tuttavia rilevare che in molti edifici le espressioni estetiche raggiunte assurgono talvolta a valore d’arte.

    Citiamo i famosi mercati di Parigi, la centrale idroelettrica di Tresso d’Adda, alcuni stabilimenti industriali moderni.

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    BIBLIOGRAFIA

    Per la parte generale: Milani G.B. L’ossatura murale Govannoni G. La tecnica delle costruzioni presso i Romani Id. Id. Corso di architettura generale Chaoisy Histoire de l’architecture Durm Die Bankunst der Romer Id. Die Bankunst der Griechen Id. Die Bankunst der Renaissance in Italien Viollet Le Duc Dictonnaire raisonnè de l’architecture Rodelet J. Traitè thèorique et pratique de l’art the batir Per le costruzioni metalliche: Masi F. La pratica delle costruzioni metalliche Bleich F. Stablhochbanten Vianello David Der Eiseubau Johonson Moderne framed structures Boll Cours the costructions metalliques Rousselet et Pétitet Stabilitè des costructions usuelles

  • 24

    Capitolo 2

    ORGANISMI A COPERTURE SPINGENTI

    La Volta Come per gli altri organismi architravati abbiamo considerato l’architrave quale organismo

    costruttivo elementare, così per gli organismi murali a coperture spingenti considereremo l’insieme dell’ arco (o della volta) e dei piedritti sui quali poggia.

    Lo studio delle condizioni di equilibrio di questi elementi, può essere fatto separatamente per l’arco (o la volta) e per i piedritti secondo i noti procedimenti della meccanica applicata.

    Ricorderemo soltanto che il piedritto (a differenza di quanto si verifica nei sistemi architravati, nei quali è soggetto a sole azioni di peso) nei sistemi a volta è sottoposto ad azioni di peso e di spinta; si troverà perciò in equilibrio quando la risultante delle azioni suddette, incontrerà la sua sezione di appoggio entro il nocciolo centrale e la pressione unitari massima che si verifica in tale sezione, sarà inferiore al carico di sicurezza della muratura della quale il solido è costituito.

    Il proporzionamento delle strutture di sostegno risulta quindi estremamente legato a quasi matematica conseguenza di quelle di copertura.

    Gli organismi complessi a cui dà origine l’applicazione del principio costruttivo della volta, sono ancora più numerosi più vari e complicati di quelli originati dal concetto dell’architrave; dai sistemi termali romani, agli organismi bizantini, dalle basiliche romanico gotiche alle grandi cattedrali del rinascimento, dalle costruzione del 600 e 700 fino ai più recenti edifici moderni è tutto un susseguirsi delle più accorte e grandiose applicazioni di questo principio costruttivo, semplice in apparenza, arduo e complesso nelle sue applicazioni.

    Intendimento costante dei costruttori attraverso i secoli è stato quello di alleggerire e diminuire la spinta della volta sugli appoggi e di ridurre al minimo le sezioni resistenti delle murature di piedritto ma non in modo pedissequo e meccanico, bensì ricercanti geniali soluzioni costruttive e architettoniche fin dalla disposizione planimetrica delle masse di piedritto, nella combinazione di volte di vario tipo le cui spinte si contrastano e equilibrino in determinate parti della struttura.

    E’ altresì continuo lo studio degli ardui problemi connessi alla copertura a volta dei grandi ambienti.

    Sistemi termali romani Trascuriamo ogni esempio di costruzioni a volta ad essi precedente, embrionale od incerto

    e comunque non essenziale per il nostro esame. L’architettura romana è quella che prima di ogni altra ci dà la più completa e grandiosa

    applicazione del principio della volta, forse mai più superata nella storia della umanità. In questa architettura noi non troviamo soltanto la tecnica muraria che riesce a dominare lo

    spazio, ma soprattutto l’arte che armonizza le proporzioni delle masse, i rapporti fra pieni e vuoti, fra luci ed ombre, che si avvale magistralmente della scenografia per ricavare effetti di una grandiosità senza pari.

    A differenza della architettura greca che rimane ferma per secoli nei suoi rudimentali sistemi costruttivi e si attarda a ricercare la perfezione dei particolari, quella romana è l’architettura dei grandi spazi e delle grandi masse, varia e vivace nelle sue espressioni, in continuo progresso costruttivo.

  • 25

    In questa architettura traviamo una ammirabile unità di concetti ed il logico sviluppo diretto degli schemi e delle soluzioni costruttive i cui esempi si sommano in gruppi nettamente determinati, nei quali li schemi si evolvono e ci danno la certezza di una elaborazione interna e di una continua conquista non solo costruttiva ma soprattutto architettonica.

    Non è facile un esame sommario di questi numerosi organismi nei quali ritroviamo il germe di schemi e di soluzioni realizzate in epoche molto posteriori ne sono possibili in questa materia delle divisioni rigorose.

    Possiamo tuttavia, per una classificazione scolastica, partire dalla considerazione delle forme planimetriche in quanto queste sono strettamente connesse agli schemi delle coperture a volta e di conseguenza a tutto lo scheletro murale resistente. Questi tre elementi non possono essere considerati separatamente fra loro: la forma planimetrica ed il volume degli spazi interni, sono quasi diretta conseguenza del tipo di copertura e dello scheletro costruttivo.

    Ai fini del nostro studio, noi possiamo considerare tre grandi gruppi di organismi a volta dell’Impero Romano.

    1- Organismi ad uno o più ambienti disposti nello stesso piano con simmetria assiale o

    centrale. 2- Organismi ad uno o più ambienti in uno stesso piano, a pianta basilicale longitudine o

    centrale. 3- Organismi a più ambienti in uno o più piani con simmetria assiale o centrale o comunque

    assimetrici.

    1- Esso comprende tre grandi serie continue di edifici che seguono le evoluzioni di determinati schemi geometrico-costruttivi: a) A pianta centrale con contrafforti interni e nicchie intermedie interne od esterne volte verso l’ interno; b) A piante stellari e contrafforti; c) A piante longitudinali a contrafforti interni nello spessore della parete,originanti poi ambienti affiancati.

    Tutti questi schemi , come gli altri che esamineremo, si basano sulla sapiente disposizione ed associazione degli ambienti, e l’ equilibrio delle strutture di piedritto e dato dal peso della loro massa inerte che resiste alla spinta delle coperture, la quale si esercita generalmente lungo tutto il perimetro.

    Gli edifici del gruppo 1 a pianta centrale, traggono origini dai modesti esempi del periodo repubblicano (templi della Mater Matuta e di Ercole Custode a Roma, di Vesta a Tivoli, ecc.) e forse dagli spazi interni delle tombe a tumulo; si sviluppano numerosi nei laconici delle terme ed in cento altri esempi, fino ai maggiori, quali il mausoleo della Villa di Gordiani, il Calidarium di Caracalla e quello massimo del Pantheon.

    Quest’ultimo ancora intatto nelle sue strutture essenziali costituisce il maggiore edificio di questo tipo; limiteremo quindi il nostro esame ad esso che possiamo considerare come l’esponente di questo primo gruppo di edifici.

    La sua conformazione è troppo nota per doverla ricordare; rileviamo invece sotto il punto di vista statico costruttivo che la cupola in materiale di getto, rinfiancata dai gradoni esterni, porta la sua azione uniformemente ripartita a tutto il perimetro del piedritto.

    Tale piedritto non è costituito da masse murali di uniforme sezione orizzontale; nella parte superiore finestre e vani fanno variare tale sezione e così pure nella zona inferiore la presenza delle grandi nicchie a pianta semicircolare e rettangolare alternatesi, interrompono la continuità dei muri (fig.21).

  • 26

  • 27

    La muratura di piedritto, al piano di terra risulta perciò discontinua e quasi formata da tanti piloni tra i quali si aprono i vuoti delle grandi nicchie coperti da arconi che riportano le sollecitazioni delle zone sovra incombenti sui piloni anzidetti.

    In conseguenza di tali rilievi possiamo senza altro affermare che i muri di fondo delle grandi nicchie hanno più che altro la semplice funzione di chiusura dell’ambiente e non costituiscono quindi, grosso modo, delle strutture portanti.

    Tale funzione portante risulta invece essenzialmente affidata ai grandi piloni di muratura piena.

    Considerando un sezione radiale dell’edificio, fatta in corrispondenza di essi; dalla verifica di stabilità risulta (fig.22):

    -che la linea delle successive risultanti della cupola cade sempre entro il nocciolo centrale di ogni sezione considerata;

    -che le risultanti di tutte le azioni agenti nella parete superiore del piedritto rimangono interne alle sezioni minime e che pertanto le nicchie ed i vuoti della zona superire non solo non indeboliscono la struttura, ma rappresentano un risparmio di materiale non necessario;

    -che la risultante rimane nel terzo medio della base del piedritto il che ci dimostra come l’equilibrio del sistema sia affidato alla massa ed alla resistenza passiva delle murature di piedritto.

  • 28

    Il rapporto fra la luce dell’ambiente a la sezione del piedritto è di 0.23, il che dimostra meglio di ogni altra considerazione la notevole mole delle masse resistenti e che ad ogni modo rispetto ad altri schemi di edifici (come ad esempio la sala ipostile egizia) si raggiunga, malgrado l’adozione di una copertura più pesante e che da per giunta azioni di spinta, una minore sezione delle strutture portanti.

    In molti edifici i contrafforti interni vengono portati all’ esterno e collegati (fig. 23-24) da murature in curva costituenti delle vere esedre; l’applicazione di questo sistema è tale che in molti esempi finisce di prevalere in esso il carattere decorativo su quello costruttivo.

    Il secondo gruppo degli edifici a piante stellari e contrafforti interni, numeroso vario e forse più importante del precedente, segue come sistema statico costruttivo, lo stesso schema già esaminato; soltanto il piedritto si vuota e gli spazi fra i piloni si svincolano e acquistano quasi valore proprio di elementi addossati, sia che la pianta mantenga la forma circolare, sia che si trasformi in poligono ad 8 o 10 lati come nell’aula Domus Augustana, nel padiglione della Villa Adriana, nell’edificio presso Palestrina, nel ninfeo sull’Appia, nella sale delle Terme Luciniane, (Minerva Medica), nel sepolcro dei Calventii e di tanti altri edifici a pianta centrale coperti a volta sferica ancora parzialmente rimasti o che ci risultino dai disegni di artisti del Rinascimento (Fig.25).

  • 29

    Frequentissima è pure la forma del quadrato, a cui si innestano absidi sui quattro lati, oppure la caratteristica forma a croce circolare, come nella sala delle Terme di Costatino, nella così detta Chiesaccia, nella tomba presso Cassino, in quella sulla Tiburtina (Torre Inviolata), nel sepolcro dei Cercenni ed in tanti altri che risultano disegnati pure da artisti del rinascimento (figg.26).

    Meno frequenti, ma ancora più notevoli sono le forme planimetriche dal perimetro mosso e vario risultante dall’unione di muri curvati in concavità e convessità come nel così detto Teatro Marittimo e nel padiglione di Piazza D’oro della Villa Adriana , nel gruppo degli edifici di Baia ed in altri dei quali ci è pervenuto ancora il ricordo, attraverso disegni di artisti del Rinascimento (fig.27).

    Tutti questi edifici hanno lunghe propaggini in costruzioni di epoche successive, delle

    quali rappresentano se non la diretta derivazione, sicuramente il germe delle soluzioni statico-costruttive in essi attuate.

    L’associazione in tutti questi edifici, nel grande spazio centrale con quelli minori se porta una grande varietà di forme ed effetti suggestivi e scenografici, mantiene inalterato, come si è detto, il principio statico costruttivo delle resistenze passive, riscontrato nell’esempio del Pantheon , in quanto l’equilibrio delle volte di copertura è ancora affidato alla resistenza delle notevoli masse di piedritto.

    Si ha però in essi una più sottile ricerca dell’equilibrio statico, un ingegnosa disposizione e diminuzione delle sezioni di piedritto che si accentua sempre di più sostituendo al concetto esuberante della grande massa murale del Pantheon quello dello svuotamento dei piedritti, della concentrazione delle azioni nei contrafforti interni, nonché l’azione di resistenza passiva delle murature degli ambienti addossati che interviene a sostituire la diminuita mole del piedritto ed a sopperire alla sua mancanza di continuità.

  • 30

    Impossibile l’esame statico costruttivo di un così vario gruppo di edifici. Al solo scopo di fissare le idee, prenderemo in esame uno dei più noti, il così detto Tempio di Minerva Medica in Roma (fig.28).

    Questa costruzione a pianta decagonale è coperta da una volta sferica di 24 metri di

    diametro; nella zona inferiore si aprono in ogni lato del poligono delle grandi nicchie a pianta semicircolare di m. 6 di diametro coperte a volte emisferiche (AA).

    Tali nicchie non sono più contenute nello spessore del muro di piedritto come nel Pantheon, ma si accentuano all’esterno e vengono a costituire degli ambienti che contornano e si addossano a quello centrale.

    Subentra in questo caso il concetto già enunciato, non dell’equilibrio della ossatura di un ambiente unico quasi di per sé stante, ma il gioco delle masse di una serie di ambienti (la cui disposizione è conseguenza logica di un chiaro concetto statico-costruttivo) tutti collegati a formare un unico scheletro resistente dell’edificio.

    Una verifica delle condizioni di stabilità ci dimostra meglio di ogni altro ragionamento questo asserto (fig.29).

    Vediamo infatti che la linee delle successive risultanti rimane effettivamente nel nocciolo centrale delle sezioni del piedritto in tutta la zona superiore di esso, garantendo così la stabilità della volta centrale. In tale zona il piedritto risulta quindi proporzionato all’ ufficio statico cui esso è destinato.

    Continuando la determinazione delle successiva risultanti nella zona inferiore, senza tener conto degli ambienti addossati, noi vediamo come al piede dell’edificio, tale risultante esca dalla sezione d’appoggio.

    L’equilibrio deve quindi considerarsi affidato in piccola parte alla resistenza a trazione delle ottime malte di calce e pozzolana con le quali è costruito è soprattutto all’azione passiva delle masse rurali degli ambienti semicircolari, che si addossano all’edificio e costituiscono evidentemente dei necessari contrafforti.

    Più esattamente, l’equilibrio della cupola è assicurato dai contrafforti esterni esistenti nella parte superire del monumento (fig.28) ed alla inserzione dei muri delle absidi ai pilastri che da a questi una forma planimetrica ad Y.

    Il movimentato insieme spaziale del monumento nasce dalla pianta nella quale è previsto uno scheletro costruttivo articolato a mosso, che dimostra l’alto grado di padronanza dei problemi statici raggiunto dall’ignoto architetto. Padronanza che non è del singolo ma

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    dell’epoca perché il monumento esaminato non è isolato, ma è un esempio di una lunga e numerosa serie.

    Una prova indiretta del concetto di contraffortamento affidato alle absidi noi lo troviamo nelle costruzioni aggiunte in epoca posteriore, (IV sec) che circondano l’ edificio (BB), eseguite certamente allo scopo di consolidarlo, quando per naturale degradamento o per altre cause, l’azione di resistenza passiva delle strutture addossate all’ambiente principale si era forse mostrata insufficiente.

    In questo edificio il rapporto fra la luce dell’ambiente e la sezione del piedritto, scende al valore di 0.15; esso ha quindi una sezione resistente minima rispetto a quella del Pantheon e di altri edifici consimili, realizzabile grazie ad una diversa e ben studiata disposizione delle masse murali.

    Altro rilievo di notevole interesse nasce dal fatto che lo spessore della cupola e di soli 60 cm; i nostri manuali danno per volte di uguale luce, senza sovraccarico (come quella in esame) uno spessore variabile da 45 a 60 cm.

    Se si tiene conto che essa è a concrezione e non in muratura, nonché della minore resistenza del calcestruzzo rispetto a questa ultima, si vede che lo spessore della cupola è tale come se vi fosse intervenuta a calcolarlo la moderna scienza delle costruzioni.

    Vedremo in seguito come lo schema statico costruttivo di Minerva Medica e la singolare disposizione delle strutture resistenti che in essa abbiamo esaminato, si ritrovi in altri edifici in epoche architettoniche molto posteriori, senza però con questo volere entrare in questioni di origine e derivazioni di forme e di tipi architettonici che esulano dal nostro studio e della nostre possibilità.

    Esso però possiamo consideralo il prototipo di tutta la estesa serie degli edifici che potremmo chiamare a ghirlanda, formati cioè di un vasto ambiente centrale e da una corona di ambienti minori innestati in modo da costituire, agli incontri dei muri, dei contrafforti di resistenza alla spinta della cupola dell’ ambiente centrale. Soluzione planimetrico costruttiva ammirevole per arditezza e soprattutto per effetto scenografico, per la varietà delle forme, della quale vedremo la evidente continuazione nelle architetture nei secoli successivi.

    Il terzo gruppo di edifici a pianta rettangolare con muro di forte spessore ed a contrafforti interni ed esterni, e pure molto numeroso e trova uno dei suoi massimi esempi nella cella del Tempio di Venere A Roma, mentre infiniti sono quelli di piccole dimensioni, per lo più edifici funerali nei quali la spinta della volta è unicamente assorbita dal muro di piedritto che ha sempre il necessario spessore (fig.30).

    In questi edifici è evidente l’applicazione dello stesso principio statico costruttivo che ha informato la costruzione del Pantheon in base al quale l’equilibrio della copertura a volta è affidato alla massa di piedritto e alla sua resistenza passiva.

    Nei maggiori esempi il piedritto è reso discontinuo e quasi interrotto da numerose nicchie ed aperture, così che esso viene a risultare composto da una serie di contrafforti interni od esterni, sui quali si concentra l’azione della volta e che resistono ad essa in virtù della loro massa, non altrimenti di quanto abbiamo visto nel Pantheon.

    Tornando alla classificazione fatta al principio del capitolo rimane ancora da esaminare un altro importante gruppo di edifici nei quali lo scheletro resistente è diversamente concepito da quelli fino ad ora esaminati: quello degli organismi a pianta basilicale o pseudo basilicale, longitudinale o centrale, coperti a volta.

    In questi edifici è tipica la pianta basilicale con sostegni interni discontinui nei quali,mediante una corta distribuzione delle azioni ed una organicità di tutta la ossatura resistente, è stato possibile realizzare la copertura a volta murale.

    Tipici gli esempi della pseudo basilica di Massenzio ed delle grandiose sale delle terme di Caracalla e di Diocleziano; ancora più caratteristici la Basilica sotterranea di Porta Maggiore in Roma, il cosiddetto tempio di Diana a Nimes la sala dei mercati Traianei, basilica del palazzo di Domiziano sul palatino e altri numerosi.

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    Per meglio renderci conto degli schemi statici costruttivi di questi edifici, ne esamineremo due dei più importanti e significativi, diversi per la concezione del loro scheletro resistente: la basilica di Massenzio è quella del palazzo di Domiziano al Palatino, che si possono considerare come prototipi e che hanno certo servito di esperienza costruttiva per una lunga serie di organismi architettonici sviluppatosi nei secoli successivi sino alle cattedrali romanico-gotiche ed alle chiese della Controriforma.

    La basilica di Massenzio E’ costituita da un grande ambiente principale coperto da un sistema di tre grandiose volte a

    crociera di circa 23 metri di luce che concentrano la loro azione di spinta su dei grandi muri di piedritto disposti in senso normale all’asse dell’ ambiente principale (fig.31).

    Detti muri limitano le navate laterali, normali a quella centrale coperte da grandi volte a botte che si impostano sui muri sedetti.

    Appare evidente come tutto l’equilibrio del sistema sia affidato ai muri di piedritto trasversali, riceventi l’azione delle crociere di copertura della navata centrale, nonché quella delle volte a botte che coprono le navate laterali, utile questa ultima agli effetti della stabilità del sistema.

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    Facendo una sommaria verifica di stabilità di uno di questi muri di piedritto (fig.33) risulta

    evidente che: 1-la spinta della crociera della navata centrale lascia completamente scarica i peducci

    delle crociere, di modo che le colonne poste a sorreggerli non sopportano l’azione della volta e non hanno alcun ufficio statico principale;

    2-la linea delle successive risultanti è sempre compresa nel terzo medio di ogni sezione che si consideri del piedritto, così che le dimensioni di questo risultano giustamente determinate e non si verificano in esso sollecitazioni di trazione.

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    Altro edificio importante che nella forma planimetrica segue più esattamente il tipo

    basilicale è, come si è detto, la basilica del palazzo di Domiziano (fig.34). Dalla verifica di stabilità, che ha più che altro valore dimostrativo, risulta chiaramente

    attuato un altro concetto: quello dello sdoppiamento della funzione delle ossature di piedritto. Infatti l’azione di spinta della volta è assorbita dal muro di perimetro, di spessore appena

    sufficiente a contenere nella sezione di base la risultante delle azioni che in essa si esercitano e che è stato opportunamente contraffortato dalle serie dei muri esterni ad esso normali.

    Le colonne non risultano sottoposte all’azione di spinta della volta ma ne sostengono però parzialmente il peso.

    Pertanto le due funzioni caratteristiche del piedritto, di sostegno alle azioni di peso e di appoggio a quelle di spinta, vengono in questo caso, quasi separate e affidate a due diverse strutture: le prime alle colonne interne e le seconde al muro perimetrale.

    Tele concetto, embrionale in questi edifici, lo troveremo largamente applicato e sviluppato in organismi di successive epoche architettoniche.

    Quanto abbiamo fino ad ora esaminato non deve essere considerato sotto il punto di vista storico della architettura, bensì come somma di utili nozioni pratiche sulla applicazione del principio costruttivo della volta, che ci conduce alla conoscenza, sia pure empirica e sommaria, di complessi organismi statici costruttivi, i quali hanno raggiunto un alto grado di evoluzione e che risultano in determinati temi tuttora applicabili.

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    Rimane infine da esaminare la serie degli edifici basilicali a pianta centrale coperti a volta,

    che negli schemi più evoluiti appaiono nella architettura romana in epoca tarda, per quanto il tipo ad ambiente centrale e deambulatorio periferico si tutt’altro infrequente.

    I maggiori esempi gli abbiamo nel mausoleo di S. Costanza nel IV sec. in Roma, forse nel battistero di Nocera dei pagani; altri ormai scomparsi li troviamo nei disegni di artisti del Rinascimento: un edificio presso Marino disegnato da Giuliano da Sangallo, il calidario delle terme Costantine disegnato dal Palladio, l’edificio di Villa Medici in Roma del quale si ha notizia dai disegni di Sallustio Peruzzi(fig.35 ) ed alcuni altri notevoli.

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    Nel mausoleo di Santa Costanza la cupola che copre l’ambiente centrale passa sulla serie di colonne che dividono tali ambiente dalla navata , coperta da una volta a botte anulare (fig.36).

    La cupola dell’ambiente centrale trasmette ai sostegni discontinui, azioni di peso e di spinta;

    queste ultime sono però neutralizzate in parte dalla controspinta dovuta alla volta della navata periferica.

    Il muro perimetrale esterno di notevole spessore, sopporta la spinta della volta a botte anulare della navata secondaria, la quale trasmette ad esso anche una parte della spinta dovuta alla cupola centrale.

    In tale organismi vediamo ancora attuato, sia pure in modo più diverso, il concetto statico informatore dei sistemi basilicali longitudinali; lo sdoppiamento cioè delle strutture di piedritto in una struttura interna discontinua sollecitata essenzialmente da azioni di peso e di una struttura perimetrale continua che ha l’ufficio di assorbire anche la spinta della volte di copertura.

    Riepilogando, negli organismi romani a volta, noi possiamo riconoscere applicati i seguenti principi statici costruttivi, alcuni in modo evidente, altri solamente in modo embrionale:

    1- Principio delle resistenze passive, in quanto l’equilibrio dell’ organismo è affidato in massima parte alla resistenza passiva delle masse di piedritto il cui peso proprio è sufficiente a neutralizzare le azioni di spinta delle volte, che si esercitano generalmente per tutto il loro perimetro e che costituiscono, costruttivamente parlando, la più semplice concezione dell’organismo a volta.

    2- Principio del contraffortamento interno, attuato con la disposizione della muratura di piedritto apparentemente discontinua e con il concentramento delle masse del piedritto, che esercita sempre una azione di resistenza passiva, nei punti di innesto degli ambienti secondari.

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    I muri di questi ambienti esercitano una funzione statica principale in quanto contribuiscono all’equilibrio del sistema (Minerva Medica).

    3- Concetto delle strutture interne trasversali resistenti, che con il loro peso e la loro mole, assicurano l’equilibrio del sistema delle volte di copertura, che concentrano le loro azioni su tali strutture interne e trasversali.(Basilica di Massenzio, Mercati Traianei).

    4- Concetto dello sdoppiamento del piedritto in due strutture, una delle quali destinata a ricevere solo le azioni di peso della copertura, e l’ altra quella di spinta.(Basilica del palazzo di Domiziano).

    Interessanti sono pure nella architettura romana altri concetti di carattere però essenzialmente costruttivo tendenti ad ottenere un alleggerimento delle volte e quindi una spinta minore, con l’impiego di materiali leggeri, pomice o scorie vulcaniche, o con l’inserzione di vasi di terracotta nella loro massa; caratteristico è anche l’altro di diverso ordine, che introduce nel conglomerato delle volte, archi laterizi quasi ad incanalarne le spinte verso punti determinati del piedritto e a scindere in modo molto embrionale la volta medesima in ossatura resistente ed in pannelli di riempimento.

    Il primo di questi concetti lo troviamo attuato nella cupola del Pantheon formata nella parte superiore da un conglomerato a base di pomice: nel mausoleo di S.Costanza, nelle Terme di Caracalla, nel Tempio di Venere a Roma e in altri monumenti. L’impiego dei vasi di terracotta è frequentissimo in numerosi edifici tra i quali ricordiamo la Villa dei Gordiani ed il sepolcro di S. Elena, le terme Stabbiane a Pompei, le costruzioni dell’ Africa settentrionale, ecc.

    L’ altro concetto dell’adozione degli archi laterizi quasi a canalizzare le azioni della volta, è troppo noto e frequente per dover citare degli esempi. Ricordiamo tuttavia, fra i più significativi, gli archi della villa dei sette bassi, dell’arco quadrifronte di Malborghetto, delle terme di Diocleziano, disposti secondo le diagonali delle crociere, quelli del Colosseo disposti secondo le direttrici delle volte a botte, quelli di Minerva Medica e del Tempio di Portunmo a Porto disposti secondo i meridiani della cupola.

    Giunti a questo punto sarebbe molto proficuo riesaminare con criterio architettonico i vari gruppi di edifici che abbiamo considerato sotto l’aspetto costruttivo, per poter comprendere in pieno tutta la grandiosità della architettura romana a volta.

    Vedremo così nelle loro pareti esteriori la finzione essenziale di resistenza; vedremo all’interno, l’armonico alternarsi di nicchie e di piedi, di innesti all’ambienti

    principale di quelli laterali o periferici, che vanno trovare il loro posto fra i contrafforti e a conferire ad essi una espressione estetica;

    vedremo le combinazioni più varie ed ingegnose delle forme curvilinee con quelle rettilinee, ricavare con una fantasia inesauribile che ha però le sue radici su criteri storici;

    vedremo gli effetti grandiosi di masse imponenti che si contrappongono in un gioco di equilibrio sapiente.

    Gli ordini architettonici, gli elementi decorativi più ricchi, i rivestimenti di preziosi marmi policromi hanno una funzione del tutto secondaria e spariscono quasi di fronte agli elementi della resistenza portati da una funzione architettonica.

    E’ una architettura organica di masse che crea, assieme alla grande costruzione, le linee e le forme di essa.

    Architettura degli spazi che nasce con le fondazioni degli edifici, trova uno sviluppo logico nel sistema costruttivo e si esprime con un sentimento di robustezza, calma e sicura, che infonde nettamente al nostro spirito il senso della eternità.

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    Capitolo 3

    ORGANISMI CON VOLTE A VELA ED A CUPOLA

    SISTEMI BIZANTINI

    Nei primi esempi di questi organismi risulta in special modo evidente la derivazione dei generali concetti costruttivi delle grandi costruzioni termali romana, sia nella disposizione delle strutture di piedritto e dei contrafforti interni, sia nella combinazione delle azioni esercitate dalle volte.

    Queste rappresentano il sistema consueto di copertura e quasi generale è l’adozione dei tipi a crociera rialzata, a vela e a cupola. Questa ultima viene costantemente impiegata a copertura degli ambienti principali anche se il perimetro di essi è rettangolare, quadrato o poligonale; naturalmente viene di conseguenza l’adozione di volte di raccordo per rendere possibile geometricamente e staticamente la copertura dell’ ambiente.

    Come per gli organismi a volta dell’Impero Romano, possiamo procedere al loro esame, raggruppandoli a seconda delle forme planimetriche, strettamente connesse a quelle strutturali.

    Un primo gruppo è quello costituito dalla numerosa serie di edifici con un ambiente principale o più ambienti a pianta quadrata coperti a cupola.

    Un secondo gruppo è quello degli edifici a pianta centrale di forma poligonale essi pure coperti a cupola.

    Tra i maggiori del primo gruppo potremmo ricordare dalla S.Sofia e dal San Pietro e San Marco di Costantinopoli, fino a San Teodoro in Atene, al S.Front di Peigneux, a San Marco di Venezia (figg.37-40) ed alle moschee mussulmane che riproducono lo schema strutturale fino all’ era nostra.

    Tra gli edifici del secondo gruppo a pianta centrale , possiamo citare, tanto per fissare le idee, San Sergio e Bacco a Costantinopoli (fig.41), San Giorgio a Salonicco (Fig. 42), San Salvatore fuori le mura a Costantinopoli; di questi gruppi abbiamo voluto ricordare soltanto i tipi più noti essendo troppo numerosi gli esempi nelle architetture dei paesi balcanici e le derivazione in quelle dell’occidente europeo.

    Degli edifici del primo gruppo, le cupole a copertura degli ambienti quadrati, esercitano la loro azione, sia direttamente, sia per mezzo dei pennacchi sferici di raccordo lungo tutto il perimetro degli archi di collegamento dei piloni posti all’ angolo dell’ ambiente quadrato.

    Si ha quindi un concentramento di tale azione sui piloni d’angolo ed una spinta obliqua sugli arconi di raccordo.

    Per l’ equilibrio del sistema è quindi necessario che non solo il piedritto resista alla spinta della cupola, trasmessagli dai pennacchi, e che sia convenientemente contraffortato, date le grandi dimensioni che esso può avere, ma che venga altresì neutralizzata la spinta obliqua sugli archi anzidetti. A questo viene provveduto con tutto il sistema delle volte di copertura degli ambienti secondari e dei relativi piedritti che con il loro peso proprio assicurano l’equilibrio del sistema (fig.43,44).

    Tali concetti risulteranno più chiari esaminando il maggiore degli esempi citati: Santa Sofia di Costantinopoli (fig.45).

    In essa l’azione della grande cupola centrale è riportata dagli archi di collegamento sui quattro piloni principali posti ai vertici dell’ambiente centrale, che assicurano l’equilibrio dei sistemi in virtù della loro resistenza passiva, opportunamente accentuata dalle muratura di piedritto e dell’azione delle volte degli ambienti angolari minori.

    Le spinte oblique agli archi che collegano i quattro piloni sono neutralizzate in parte dai piloni stessi, sopraelevati fino al piano di imposta della cupola, ed in parte dalle due vuole emisferiche degli ambienti secondari e dal sistema delle volte minori e dei relativi piedritti,

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    che per effetto del loro peso proprio assicurano l’equilibrio del sistema. E’ da notare a maggiore intelligenza delle considerazione che faremo appresso, che tali valvole secondarie che completano l’organismo statico costruttivo, agiscono per effetto del peso proprio e non esercitano alcune azione di controspinta di particolare rilievo, considerare le loro piccole dimensioni.

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    Nei confronti dei sistemi romani, risulta in questi organismi ugualmente seguito il concetto

    delle resistenze passive delle masse di piedritto; vi si nota però più accentuato quello della concentrazione delle azioni della volta dell’ambiente principale su alcuni elementi del piedritto, che risultano dei semplici organismi di sostegno, e l’altro della azione di contraffortamento affidata alle volte e ai muri degli ambienti minori che costituiscono dei veri propri organismi di appoggio della copertura principale.

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    È da notare in oltre che l’adozione della pianta quadrata e la forte discontinuità del piedritto, permettono di dare unità allo spazio centrale formato da più ambienti, fino a renderlo quasi un ambiente unico non interrotto da sostegni intermedi (Santa Sofia e San Front, San Marco).

    Ciò rappresenta evidentemente un ulteriore progresso nella soluzione del problema della copertura a volta dei grandi ambienti, copertura che non viene realizzata con una sola grande volta, (che impone la problema difficoltà eliminati insuperabili) ma con una serie di volte di minore ampiezza, fuse tra loro, le quali richiedono minore mole delle strutture di piedritto esemplificano sostanzialmente la soluzione costruttiva del problema, anche se è necessario ricorrere nella disposizione degli elementi dell’organismo statico, a sistemi più complessi ed avveduti. E’ da notare infine che i muri perimetrali di questi sistemi non esercitano un ufficio statico principale.

    Altra caratteristica di queste strutture la troviamo, in un gran numero di schemi, nell’apparente paradosso statico della cupola dell’ ambiente centrale poggiata su dei sostegni isolati (figg.43,44). Tale disposizione, ripresa e sviluppata dall’architettura dell’Oriente Europeo, alle sue più importanti espressioni nelle chiese cristiane ortodosse e nelle grandi moschee di Costantinopoli dei secoli XVI e XVII (Suleiman, Bajazid, Ahmed).

    La disposizione di tal genere di strutture permette di concentrare l’azione di peso della cupola ai vertici dell’ambiente centrale, sui pilastri (o colonne) isolati, e quelle di spinta sulle coperture e sui muri degli ambienti minori e segnatamente di quelli posti in corrispondenza dei vertici del quadrato di base dell’anzidetto ambiente principale (fig.46).

    Gli edifici del secondo gruppo a pianta circolare e poligonale coperti a cupola e circondati da sistemi di altri ambienti coperti a volta, non differiscono essenzialmente come organismo statico dai precedenti.

    In essi la cupola dell’ambiente principale è sostenuta dalle strutture intermedie di piedritto, mentre il sistema delle volte e dei piedritti degli ambienti secondari, contrasta la cupola e ne contrafforta i piedritti che risultano, rispetto agli analoghi esempi dell’architettura romana, ridotti a più piccole dimensioni.

    Sotto l’aspetto costruttivo è interessante notare negli organismi bizantini, l’adozione di due concetti che prevalgono nella struttura delle grandi volte: quello dell’alleggerimento della loro massa ottenuto con l’inclusione dei materiali leggeri, e quello di rendere minimo il carico sostenuto

    dalle centine durante la costruzione delle volte stesse, accorgimento tanto più necessario in regioni dove il legname scarseggiava. Tutto ciò veniva ottenuto disponendo durante la costruzione i giunti degli elementi della volta, non radiali, bensì con un’inclinazione minore rispetto al piano orizzontale, in modo che i vari anelli della cupola potessero reggersi, durante la costruzione, almeno in parte per effetto della forza d’attrito (fig.47).

    E’ pure seguito, sempre allo stesso scopo, il concetto della costruzione per archi meridiani che una volta serrati, potevano costituire quasi armatura di sostegno alle murature degli spicchi intermedi.

    Notevole è infine il concetto della rialzatura delle volte a crociera effet