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Dolore CANNABINOIDI E GESTIONE DEL DOLORE CRONICO PROFESSIONAL EDITION C L I N I C A L L E A D E R M A R Y L Y N C H DOLORE EVOCATO & DOLORE CRONICO FIBROMIALGIA Tra dolore, sintomi emotivi e limitazioni funzionali

Cannabinoidi e gestione del dolore C roni Co Dolore · ce di provarlo, perché affetto da insensibilità Congenita al dolore (CiPa), una rara condizione per cui una persona non riesce

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DoloreCannabinoidi e gestione del dolore CroniCo

Professionaledition

C L I N I C A L L E A D E R

m A R y L y N C h

Dolore evocato & Dolore cronico

FibromialgiaTra dolore,

sintomi emotivi e limitazioni

funzionali

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PROFESSIONAL EDITION

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24 Magazine di patologia

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sommario

SCIENCE SHOT

8 PRDM12il gene del dolore

10MalaTTia Di PaRkinsonla dbs lenisce il dolore a lungo termine

12agiRe sul ceRvelleTTo riduce il dolore

HIGHLIGHTS

14DoloRe cRonicoil 40% dei malati non ha accesso alle terapie

15chiRuRgia MaMMaRiaanestesia locale contro il dolore neuropatico

16Mal Di TesTasottovalutato e affrontato tardi

17iTalia+26% di farmaci oppiacei tra 2012 e 2014

18sTenosi sPinaleterapia fisica e chirurgia alla pari

19keTaMina efficace quanto la morfina in pronto soccorso

20DoloRe loMbaRenove trigger modificabili

EVIDENCE BASED MEDICINE

22gabapentina per la fibromialgia

22Massaggi per la gestione del dolore durante il travaglio

23lidocaina per la riduzione del dolore nei pazienti ustionati

23analgesia nei pazienti con dolore addominale acuto

INSIDE

25 FibRoMialgiatra dolore, sintomi emotivi e limitazioni funzionali

29DoloRe evocaTo & DoloRe cRonico

THE CLINICAL GAME

33 fai la tua diagnosi e scopri se è esatta

CLINICAL LEADER

36 cannabinoiDi? sicuRi nella gesTione Del DoloRe cRonicoa tu per tu con Mary lynch

Professional E dit ionD o l o R e

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Direttore responsabile francesco Maria avitto

Direttore editoriale Vincenzo Coluccia

Direttore Scientifico lucia limiti

e D i t o r i a l S ta F Fmedical editor Patrizia Maria gatti, sara raselli, leonardo scalia,magazine editor Marco landucciWeb editor Marzia Caposio, Manuela biello

a r tart Director francesco Moriniimpaginazione niccolò iacovelliWeb Developer roberto Zanetti, Paolo Cambiaghi, Paolo gobbi

i t & D i g i ta lict manager giuseppe ricciDigital operation manager davide battaglino

DiStribUZione Digitale

Supplemento al n°4 di Popular Sciencegiugno 2015

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reDaZione• Via boncompagni, 16

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Totale 275.000* Dati aggiornati al 31.01.2015

© Kekoa Publishing S.r.l.REGISTRAZIONE TRIBUNALE DI ROMA N. 82/2014 DEL 24/04/2014

Iscritta al Registro degli Operatori di Comunicazione in data 28/05/2013 con numero 23556.Via Mantova 44, 00198 ROMA

Dolore

Neurologi 7.254

Oncologi 5.439

Geriatri 5.546

Internisti 17.056

Mmg 35.818

Farmacisti Ospedalieri e Territoriali 27.828

Ortopedici 7.275

Anestesisti 13.016

Medici Sportivi 4.418

Ginecologi 10.990

Odontoiatri 31.483

Pediatri 14.859

Reumatologi 2.631

Chirurghi 85.537

Medicina Fisica Riabilitazione 7.254

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clinical Shotla scienza in immagini

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PRDM12Il gene del dolore

i ricercatori dell’Università di cambridge (regno unito) guidati da geoffrey Woods e Jan senderek hanno individuato il gene del dolore, PrdM12, aprendo così la strada a nuove terapie.Come riportato da Nature Genetics, la chiave per comprendere meglio come nasca il dolore, gli studiosi l’hanno trovata proprio in chi è incapa-ce di provarlo, perché affetto da insensibilità Congenita al dolore (CiPa), una rara condizione per cui una persona non riesce a provare sofferenza fisica. Così, partendo dallo studio di pazienti con questa pato-logia, nei membri di 11 famiglie non imparentate tra loro - che presentavano mutazioni in entrambe le copie del gene PrdM 12 – i ricercatori sono riusciti a identificare 10 diverse mutazioni nel gene PrdM12. Chi ha queste mutazioni è, dunque, incapace di sentire il dolore fin dalla nascita e non riesce a distinguere tra il freddo e un calore sgradevole, mentre le caratteristiche degli altri sensi ri-mangono normali. usando le cellule di topi e uomini senza questa patologia, il team di ricerca ha osservato poi che il gene PdrM12 è espresso proprio dai recettori del dolore e cellule collegate, e che la proteina da esso prodotta è un fattore chiave per la genesi dei nervi collegati alle sen-sazioni e può essere utilizzata come bersaglio per nuove terapie antidolore.

Fonte: Nature Genetics, 2015

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gli effetti benefici sul dolore della stimolazione cere-brale profonda (deep brain stimulation, dbs) a livello del nu-cleo subtalamico (stn) nei pazienti con Malattia di Parkinson persiste a lungo termine.un recente studio condotto su 24 pazienti ha, infatti, dimostra-to che ogni forma di dolore non trattata farmacologicamente, provata dai pazienti prima dell’intervento, è migliorata o scom-parsa 8 anni dopo anche se - nel 75% dei pazienti - durante il periodo di monitoraggio sono insorte altre forme di dolore, prevalentemente di natura muscolo-scheletrica. Quest’ultimo tipo di dolore, comunque, deve essere trattato separatamente, come confermato dall’autore dello studio Yu Jin Jung della kyung hee university di seoul. secondo quanto affermato dai ricercatori, i risultati di questo studio sottoli-neano ancora una volta che i problemi muscolo-scheletrici debbano essere presi in considerazione nel prevedere gli esiti dell’intervento e, dopo quest’ultimo, andrebbero effettuati una valutazione ed un trattamento continuo di questo genere di dolore.nei pazienti con Malattia di Parkinson la prevalenza del dolore si attesta fra il 40% e l’85%: questo tipo di dolore, verosimil-mente, implica una disfunzione delle cascate dei gangli basali dopaminergici e non dopaminergici. Ciò potrebbe spiegare come mai perchè alcuni tipi di dolore rispondano alla levodopa mentre altri non lo fanno. il dolore della Malattia di Parkin-son in questa analisi è stato suddiviso in quattro componenti: distonico, muscolo-scheletrico, radicoloneuritico e centrale.

Fonte: JAMA Neurol online 2015, pubblicato il 23/3

Malattia diParkinsonLa DBS lenisce il dolore a lungo termine

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agire sul cervelletto riduce il dolore

il cervelletto, oltre alle funzioni di controllo del movimento, ha un ruolo importante nella modulazione del dolore. é quanto emerge da uno studio coordinato da ferdinando sartucci, direttore della sezione dipartimenta-le di neurologia dell’ospedale Cisanello di Pisa, e condot-to da tommaso bocci, assegnista di ricerca dell’università di Pisa. la ricerca - pubblicata dalla rivista Restorative Neu-rology and Neuroscience e frutto della collaborazione tra gli atenei di Pisa, siena, aalborg (danimarca) e gli istituti di ricovero e cura ‘bambino gesu” di roma e Policlinico di Milano - ha dimostrato che l’utilizzo della “stimolazione transcranica a corrente diretta” (tdcs) modifica significa-tivamente la soglia del dolore.nella sperimentazione sono stati coinvolti soggetti vo-lontari sani che non assumevano alcun farmaco, cui sono stati applicati elettrodi che erogano una corrente conti-nua di bassa intensità in grado di influenzare le funzioni neuronali, per valutarne le modificazioni soggettive nella percezione dolorifica e le modificazioni dei ‘potenziali evocati laser’ (la metodica elettrofisiologica piu’ comu-nemente impiegata nello studio e quantificazione del dolore). la tdcs catodica abbatteva significativamente la soglia di percezione del dolore e aumentava i punteggi della scala Vas, comunemente impiegata per misurarlo, inoltre produceva un aumento di ampiezza dei potenziali laser dolore correlati.lo studio ha dimostrato che la tdcs può essere efficace nel trattamento del dolore non solo attraverso la stimo-lazione della corteccia frontale ma anche utilizzando il cervelletto.

Fonte: Restorative Neurology and Neuroscience, 2015

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Highlights

il 40% delle persone che soffrono di dolore cronico non riesce ad accedere alle terapie adeguate. L’allarme, a cin-que anni dall’approvazione della legge che garantisce il diritto all’accesso, è della Fondazione Ghirotti, promotri-ce della Giornata del Sollievo, giunta lo scorso 31 maggio alla quattordice-sima edizione. Solo tre persone su dieci sono indirizzate ai trattamenti idonei dai medici di famiglia, mentre più del 60% non sa a chi rivolgersi, il che può portare anche a 36 mesi di attesa prima di arrivare a un centro

specializzato. Il 40% dei malati soffre di depressione e il 22% perde il lavoro. Complessivamente sono circa 500mila i pazienti con dolore cronico in Italia.“Quello che meritoriamente è diven-tato un diritto grazie alla legge deve diventarlo effettivamente su tutto il territorio nazionale – ha affermato sergio Chiamparino, presidente della Conferenza delle Regioni, in occasio-ne della Giornata del Sollievo - Detto questo, basta guardare alla tabella sulla distribuzione degli hospice nelle regioni. Ci sono disparità, ma passi

avanti sono stati fatti; se il 40% non riesce ad accedere alle terapie vuol dire che il 60% ci riesce. E non è un dato da sottovalutare”.

Dolore cronicoIl 40% dei malati non ha accesso alle terapie

i pazienti con dolore cronico in italia

500miLa

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nelle donne sottoposte a chirurgia per tumore mammario, il blocco paraver-tebrale ecoguidato (PVB), in aggiunta all’anestesia generale, potrebbe aiutare a prevenire lo sviluppo di dolore neuro-patico cronico dopo l’intervento.Faraj Abdallah, dell’Università di To-ronto (Canada), ha infatti riscontrato - tramite un’indagine in materia su 64 pazienti - che, sei mesi dopo l’intervento, le donne che hanno ricevuto un PVB immediatamente prima della mastec-tomia vanno incontro ad una riduzione del 50% del rischio di sviluppare dolore cronico rispetto alle loro controparti che hanno ricevuto un’assistenza standard. È stato anche rilevato che un test di valutazione del dolore, il DN-4, può iden-tificare il dolore neuropatico cronico nelle donne già sottoposte a chirurgia per tumori mammari.Il DN-4 combina un questionario con la valutazione delle sensazioni della pa-ziente a livello delle quattro aree in cui è più probabile che intervenga il dolore post-mastectomia, ossia seno, torace, spalla e braccio. Secondo l’autore, i tassi di sopravvivenza ai tumori mammari sono migliorati significativamente con il progresso nei campi diagnostici e terapeutici, ma la gestione del dolore cronico dopo l’intervento chirurgico non ha tenuto il passo. Provare che il DN-4 sia un test affidabile in questo gruppo di pazienti è importante, in quanto fornisce al medico uno strumento dia-gnostico per identificare questo dolore, monitorare la sua progressione e valuta-re il successo del trattamento.Il dolore neuropatico cronico dopo la chirurgia mammaria può essere caratterizzato da perdita di sensibilità,

È iL test che valuta le sensazioni della paziente nelle quattro aree più significative

DN-4

chiRuRgia MaMMaRiaAnestesia locale contro il dolore neuropatico

sensazioni di punture o solletico, dolore esagerato in risposta a stimoli minimi e persino dolore in risposta a stimoli che non sono affatto dolorosi, come tocchi leggeri, strofinamento o anche la semplice frizione contro il tessuto degli indumenti.

Fonte: Pain online 2015, pubblicato il 25/2

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Gli italiani sottovalutano il mal di testa e lo affrontano in ritardo. A rivelarlo è uno studio condotto da GfK Eurisko secondo cui il 55% degli italiani ha un attacco di mal di testa di intensità da “normale” a “forte”, da una a due volte al mese. “Il 75% degli intervistati ricorre all’uso di farmaci ma, di questi, il 38% aspetta ad assumerli perché vuole vedere se il dolore passa da solo”, spiega Gennaro Bussone, primario emerito dell’Isti-tuto Neurologico Besta di Milano.

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Mal Di TesTaSottovalutato e affrontato tardi degli itaLiani soffre di mal di

testa una o due volte al mese

55 %“Eppure in molti casi esistono segni premonitori, che indicano l’inizio di un episodio e che, se non trascurati, permettono di intervenire tempesti-vamente e con maggiore efficacia”.“I pazienti sono soprattutto don-ne –prosegue Bussone – Si sentono più nervose, hanno più appetito e spesso più voglia di mangiare dolci e lamentano una maggiore sensa-zione di gonfiore e ritenzione idrica. Poi compare il dolore che, nel caso dell’emicrania senza aura, la più

frequente, è un dolore intenso, che si manifesta su un lato del capo, ma può anche estendersi ad altre zone come la fronte e le tempie”. L’attacco porta a nausea, fobia della luce o dei rumori e costringe spesso a stare distesi al buio”. Secondo l’indagine, le principali cause scatenanti il mal di testa sono lo stress (51%) e la stanchezza (32%). Per le donne, in particolare, cause im-portanti sono anche il ciclo mestruale (28%) e problemi di cervicale (32%)”.

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Cresce in italia l’uso di farmaci analgesici oppiacei, che hanno fatto registrare un aumento del 26% tra il 2012 e il 2014. A segnalarlo è la relazione sulla legge 38/2010 sulle cure palliative e la terapia del dolore trasmessa dal Parlamento dal Ministero della Salute.Per quanto riguarda il con-

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italia +26% di farmaci oppiacei tra 2012 e 2014

sumo di farmaci analgesici oppiacei permane un trend di crescita positivo. In particolare, in alcune regioni quali Valle d’Aosta, Lombar-dia, la Provincia Autonoma di Trento, Lazio, Marche, Molise, Puglia e Sardegna, la percentuale di crescita della spesa relativa al consumo di farmaci oppioidi nel triennio

2012–2014 supera il 30%. A livello nazionale l’incremento della spesa farmaceutica di questa categoria di farmaci, sempre dal 2012 al 2014, si attesta intorno al 26%. Alla luce dei dati è dunque ipotiz-zabile un utilizzo appropriato dei farmaci per la terapia del dolore.Tra i risultati più significa-

tivi, la relazione sottolinea il trend decrescente del nume-ro di pazienti deceduti in un reparto ospedaliero per acuti con una diagnosi di tumore. Il dato registrato nell’anno 2013 è pari a 44.725 pazienti deceduti con diagnosi prima-ria o secondaria di neoplasia nei reparti per acuti rispetto a 47.537 nell’anno 2012.

La spesa relativa ai farmaci oppiaCei nel triennio

2012-2014

30 %

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nell’ambito di uno studio multicentri-co in materia, condotto su 169 pazien-ti, non è stata riscontrata alcuna differenza fra i due trattamenti: in entrambi i casi i miglioramenti hanno iniziato ad emergere dopo 10 settimane, proseguen-do sino a 26 settimane e man-tenendo il progresso per tutto il periodo di monitoraggio di due anni. Secondo l’autore dello studio, Anthony Delitto dell’Università di Pittsburgh (USA), sulla base dei nuovi dati, pazienti ed operatori sanitari dovrebbero discutere le evidenze e decidere insieme se sia più appropriata l’opzione chirurgica o quella non chirurgica.La stenosi spinale lombare è la causa di chirurgia lombare più frequentemente citata negli USA, ma gli esiti di precedenti studi - che avevano paragonato il trattamento chirurgico a quello non chirurgico - erano stati

sTenosi sPinaleTerapia fisica e chirurgia alla pari

nei primi due anni di trattamento,

i pazienti con stenosi spinale

lombare (lss) che hanno ricevuto

terapia fisica vanno incontro

ad un alleviamento dei sintomi ed

a miglioramenti funzionali simili

a quelli dei soggetti sottoposti a

decompressione chirurgica.

poco chiari. I risultati dello studio, peraltro, vanno anche letti in relazione a quelli di altre indagini, come lo Spine Pain Outcomes Resear-ch Trial, in cui è stato dimostrato che i benefici della chirurgia tendono a diminuire nel tempo. Date le promesse della terapia fisica in questi studi, ed il fatto che un numero sostanziale di pazienti trattati conservativamente finisce con il ricorrere alla chirurgia, in presenza della sensazione che la terapia non stia funzionando, alcuni esperti suggeriscono che al paziente, in prima istanza, debba essere indicato un rigoroso regime di terapia fisica.

Fonte: Ann Intern Med online 2015, pubblicato il 6/4

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keTaMina eFFicace quanTo la MoRFinain PRonTo soccoRsoLa ketamina a dosi sub-dissociative risulta sicura ed efficace quanto la morfina per il trattamento a breve termine del dolo-re acuto in pronto soccorso. Benché i pazienti che ricevono ke-tamina abbiano maggiori probabilità di manifestare vertigini e disorientamento, questi effetti collaterali potrebbero essere evitati somministrando il farmaco più lentamente, come suggerito da Sergey Motov del Maimonides Medical Center di Brooklyn (USA), autore di uno studio in materia su 90 pazienti.L’ analgesia tramite oppiacei rimane la prima linea di tratta-mento per il dolore in pronto soccorso, ma la ketamina sommi-nistrata in dosi subdissociative offre il vantaggio di un profilo emodinamico più sicuro ed il suo impiego sta prendendo piede sia negli studi sia nella pratica clinica. Onde mitigare gli effetti collaterali, l’autore suggerisce di somministrare la ketamina in infusione nel corso di 10-15 minuti anziché in un bolo da 3-5 minuti.Nello studio di Motov l’uso della ketamina rispetto alla morfina, ha portato più frequentemente ad una risoluzione completa del dolore entro 15 minuti, ma tale differenza tende a scomparire dopo 30 minuti. Sarebbe auspicabile investigare l’analgesia con ketamina nei pazienti geriatrici, che sono più vulnerabili agli effetti emodinamici potenzialmente destabiliz-zanti della morfina e gli stessi ricercatori stanno attualmente intraprendendo uno studio che paragonerà la ketamina per via intranasale al fentanyl somministrato per la stessa via nei pazienti pediatrici in pronto soccorso.

Fonte: Ann Emerg Med online 2015, pubblicato il 26/3

il tempo ideale di somministrazione

della ketamina in infusione

minuti10-15

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Dolore lombareNove trigger modificabili

La distrazione rappresenta di gran lunga il principale fattore di rischio di dolore lombare acuto di nuova insor-genza. Questa conclusione deriva da uno studio condotto su 999 pazienti che ha anche riscontrato che l’insorgenza è più frequente fra le 7.00 e le 12.00, che il rischio di dolore lombare risulta sostanzialmente aumentato da un certo numero di trigger modificabili di ordine fisico e psicoso-ciale, e che, i soggetti di età superiore a 60 anni risultano meno esposti ai rischi derivanti dai carichi pesanti rispetto ai più giovani, forse poiché hanno appreso come sollevarli in sicurezza.Secondo l’autrice dello studio, Manuela Ferreira dell’U-niversità di Sidney (Australia), “il messaggio chiave per i medici consiste nel fatto che, anche una breve esposizione a carichi pesanti e a posizioni scorrette, aumenta in modo drastico le probabilità di sviluppare dolore lombare. In

altre parole, non soltanto le persone esposte ad attività di sollevamento su base regolare sono a rischio. Inoltre, esse-re distratti e stanchi durante le attività manuali potrebbe aumentare il rischio di dolore lombare. Il prossimo passo consisterà nello sviluppare e testare strategie di preven-zione basate su questi risultati”. I possibili trigger fisici individuati nello studio comprendono carichi pesanti; posizioni scorrette, maneggiare oggetti lontani dal corpo, persone, animali o carichi instabili, scivolare e cadere, atti-vità fisiche moderate o vigorose ed attività sessuali. Il più pericoloso trigger fisico individuato consiste nelle attività manuali che implicano posizioni scorrette. Infine, in base ai risultati, il consumo di alcool non risulta correlato ad un aumento del rischio di dolore lombare.

Fonte: Arthritis Care Res online 2015, pubblicato il 24/2

i pazienti che hanno preso parteallo studio sui triGGer del dolore lombare

999

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a = elevata abbiamo molta fiducia nel fatto che la stima dell’efficacia sia vicina all’efficacia reale negli esiti con-siderati. le evidenze accumulate presentano deficit scarsi o nulli. e’ nostra opinione che i dati siano stabili, ossia che un nuovo studio non porterebbe ad un cambiamen-to nelle conclusioni.

b = moDeratasiamo moderatamente certi che la stima dell’efficacia sia vicina alla re-ale efficacia per gli esiti considerati. le evidenze accumulate presentano alcuni deficit. e’ nostra opinione che i dati siano probabilmente stabili, ma permangono alcuni dubbi.

c = baSSala certezza del fatto che la stima dell’efficacia sia vicina alla reale efficacia per gli esiti considerati è limitata. le evidenze accumulate presentano deficit numerosi o importanti (o entrambi). e’ nostra opinione che siano necessarie ulteriori evidenze prima di poter concludere che i dati siano stabili o che la stima dell’efficacia sia vicina all’efficacia reale.

D = inSUFFicientenon abbiamo evidenze, non siamo in grado di stimare l’efficacia, o non abbiamo fiducia nella stima dell’ef-ficiacia per quanto riguarda l’esito considerato. non sono disponibili evidenze, oppure le evidenze accu-mulate presentano deficit inaccetta-bili, precludendo il raggiungimento di una conclusione.

Solidità delle evidenze: gradi e definizioni

evidence based Medicine

ebm

cosa sono?

L’eBm, in italiano “medicina basata sulle prove di efficacia”, ha come obiettivo quel-lo di assicurare che le decisioni cliniche siano informate dai risultati della ricerca, in particolare della ricerca clinica. Tra le sue funzioni chiave c’è quella di forni-re uno strumento di lettura rispetto ai dati della ricerca e di ricondurli al singolo paziente. Per accresce-re la credibilità delle deduzio-ni di un medico – rispetto, per esempio, all’utilità di un test o all’efficacia di una terapia o per una corretta prognosi – e per trasformare tali deduzioni in nozioni condivisibili dai colleghi e dall’intera comunità scientifica, diventa imprescindibile lo sforzo di standardizzare e validare le osservazio-ni maturate nel contesto della pratica medica. E per interpretare la letteratura scientifica esistente su eziologia, diagno-si, prognosi ed efficacia delle strategie terapeutiche è necessario comprendere e condividere le regole metodologiche di base. Non tutti gli studi clinici forniscono informazioni di uguale affidabilità, quin-di nella decisione clinica le prove di effi-

cacia avranno un peso maggiore a secon-da della robustezza della fonte che le ha prodotte. La visualizzazione più efficace di questa gerarchia è quella della pirami-de delle evidenze, che posiziona al pro-

prio vertice le prove sperimentali più af-fidabili e alla base quelle aneddotiche.

Sebbene esistano diverse varianti di piramide delle evidenze, la scala ge-rarchica di ciascuna pone al primo posto le informazioni desunte da revisioni sistematiche che inclu-dono studi clinici controllati di buona qualità; all’opposto, il pa-

rere degli esperti senza supporto di studi empirici occupano l’ultima

posizione. Nelle posizioni intermedie si trovano gli studi di popolazione e gli

studi osservazionali, nei quali la relazione tra l’intervento e l’effetto (o tra l’esposizio-ne a un fattore di rischio e l’effetto) non è causale e le inferenze di associazione sono spesso esposte a errori sistematici.

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evidence summaries16.5.2011LiVeLLo eVidenze = C

La gabapentina ad un dosaggio giornaliero di 2400 mg potreb-be essere efficace in pazienti selezionati con fibromialgia.

Una revisione del database Cochrane ha incluso 29 studi per un totale di 3571 soggetti. Solo uno studio con 1150 pazienti ha esaminato il trattamento della fibromialgia con gabapentina. L’efficacia della gabapentina nella fibromialgia a un dosaggio massimo di 2400 mg al giorno è stata paragonata a quella del placebo su 150 pazienti in uno studio su un gruppo a parallel-ismo singolo (come placebo è stata adottata la difenidramina) della durata di 12 settimane. E’ stato riportato l’esito di un mi-glioramento del 30% nel dolore rispetto ai livelli iniziali, e 38/75 partecipanti (49%) lo hanno raggiunto con la gabapentina, a fronte di 23/75 partecipanti (31%) che lo hanno raggiunto con il placebo. Il beneficio relativo è stato di 1,6 (1,1 – 2,4), e l’NNT (numero necessario di trattamenti) era pari a 5,4 (2,9 / 3,1).Commento: Il livello delle evidenze risulta ridotto per via dell’imprecisione dei risultati (pochi pazienti) e della qualità degli studi (occultamento dell’allocazione poco chiaro).

Bibliografia: Moore RA, Wiffen PJ, Derry S, McQuay HJ. Ga-bapentin for chronic neuropathic pain and fibromyalgia in adults. Cochrane Database Syst Rev 2011 Mar 16;(3):CD007938.

Gabapentina per la fibromialgia

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evidence summaries7.4.2012LiVeLLo eVidenze = C

I massaggi possono risultare efficaci per la gestione del dolore nel primo stadio del travaglio rispetto al tratta-mento tradizionale.

Una revisione del database Cochrane ha incluso 6 studi per un totale di 326 soggetti. Tramite l’applicazione di massaggi è stata riportata una riduzione del dolore du-rante il travaglio rispetto al trattamento tradizionale du-rante il primo stadio del travaglio stesso (SMD -0.82, 95% CI -1.17 / -0.47; 4 studi, n=225), e il dolore del travaglio in uno studio è risultato ridotto con il massaggio rispetto a quanto ottenuto con la musica (RR 0.40, 95% CI 0.18 / 0.89; n=101). Uno studio ha riscontrato che i massaggi riducono i livel-li di ansia rispetto al trattamento tradizionale durante il primo stadio del travaglio (MD -16.27, 95% CI -27.03 / -5.51; n=60).

Bibliografia: Smith CA, Levett KM, Collins CT et al. Mas-sage, reflexology and other manual methods for pain management in labour. Cochrane Database Syst Rev 2012;2:CD009290.

Massaggi per la gestione del dolore durante il travaglio

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evidence summaries4.9.2012LiVeLLo eVidenze = d

Le evidenze a supporto della lidocaina per via endovenosa per il sollievo dal dolore nei pazienti ustionati sono insuf-ficienti.

Una revisione del database Cochrane ha incluso uno SCR (studio clinico controllato randomizzato) crossover in dop-pio cieco con 45 soggetti ustionati. Lo studio ha esaminato l’aggiunta di infusioni di lidocaina all’analgesia controllata dal paziente (PCA) con morfina rispetto al placebo durante le procedure di trattamento delle ferite (ossia cambiamenti del bendaggio o debride-ment). I tassi di dolore sog-gettivo, valutati tramite scala di rating verbale, sono aumentati durante le pro-cedure in entrambi i rami dello studio, ma comunque l’incremento è risultato in-feriore nel ramo trattato con lidocaina. Non sono state riscontrate differen-ze significative a livello clinico o statistico riguar-do l’effetto della lidocaina o del placebo su richiesta e consumo di oppiacei, ansia o livello di soddisfazione durante una procedura di trattamento delle ferite. Commento: La qualità delle evidenze risulta ridotta per via dei risultati indiretti (lo studio è stato condotto in un centro ustioni dove il trattamento del dolore ba-sato sugli oppiacei è stato ottimizzato) ed imprecisi (pochi pazienti).

Bibliografia: Wasiak J, Mahar P, McGuinness SK et al. Intravenous lidocaine for the treatment of background or procedural burn pain. Cochrane Database Syst Rev 2012;(6):CD005622.

Lidocaina per la riduzione del dolore nei pazienti ustionati

evidence summaries11.8.2010LiVeLLo eVidenze = a

L’impiego di analgesici oppiacei nei pazienti con dolore ad-dominale acuto risulta efficace nella riduzione del dolore e nell’incremento del comfort per il paziente, e sembra non au-mentare il rischio di errori diagnostici.

Una revisione del database Cochrane ha incluso 8 studi per un totale di 923 soggetti. Gli studi hanno paragonato l’imp-iego dell’analgesia con oppiacei al placebo nei pazienti adulti con dolore addominale acuto non traumatico. In 7 studi l’in-tensità del dolore (scala del dolore VAS) è diminuita signif-icativamente con l’impiego degli analgesici oppiacei (WMD

-1.94 95% CI -2.92 / -0.95). Uno studio non ha dimostrato alcun beneficio nella riduz-ione del dolore. Con l’impiego degli oppia-cei è stato riscontra-to un miglioramento significativo nel com-fort per il paziente in due studi che hanno riportato questo esito (RR 0.05, 95% CI 0.01 / 0.19, 1 studio, n=100; WMD -2.10, 95% CI -3.00 / -1.20, 1 studio, n=48). Sono state ri-portate diagnosi non corrette in 6 studi (n = 786) e non sono state riscontrate differen-ze significative fra i gruppi (RR 0.86, 95% CI 0.57 / 1.29).Commento: La qual-ità delle evidenze ri-

sulta ridotta per via dell’incoerenza (eterogeneità negli esiti e negli interventi), ma è incrementata dalle grosse proporzioni dell’effetto.

Bibliografia: Manterola C, Astudillo P, Losada H, Pineda V, Sanhueza A, Vial M. Analgesia in patients with acute abdomi-nal pain. Cochrane Database Syst Rev 2007 Jul 18;(3):CD005660 [Review content assessed as up-to-date: 10 February 2010].

Analgesia nei pazienti con dolore addominale acuto

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La fibromialgia è un disordine muscoloscheletrico dalla fisiopatogenesi sconosciuta, che provoca dolore cronico e che colpisce principalmente le

donne. È caratterizzata da dolore diffuso, disturbi del sonno, astenia, lassità, difficoltà cognitive e

altri problemi somatici.

Nonostante il dolore sia il sintomo caratteri-stico di una diagnosi di fibromialgia, l’elevato tasso di comorbidità ha determinato la compilazione di nuovi criteri diagnostici da parte dell’ameri-can College of rheumatology, che ha introdotto la sintomatologia associata come ulteriore punto focale per la diagnosi.

FiBromiaLGiaTra dolore, sintomi emotivi e

limitazioni funzionali

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Non deve pertanto sorprendere che molti autori abbiano ricercato le correlazioni fra dolore e comorbidità associate, come limitazioni funzionali, ansia e depressione. Analog-amente, i pazienti considerano il dolore diffuso e l’intenso senso di astenia che provano come responsabili delle proprie limitazioni o delle disabilità di cui soffrono nella vita quotid-iana. Alcuni autori hanno suggerito che l’intensità del dolore sia associata alla percezione della disabilità e uno studio di monitoraggio, con follow-up di 14 anni, ha rivelato che i sintomi associati alla fibromialgia, dolore compreso, siano fortemente correlati al pensionamento anticipato per dis-abilità. L’associazione fra dolore, ansia e depressione è stata ampiamente esplorata nella letteratura sul dolore cronico, che ha stabilito una correlazione bidirezionale che spiega il circolo vizioso di dolore-ansia-depressione. Nel caso della fibromialgia, l’eziologia ignota della malattia e la possibile esistenza di fattori causali di ordine psichiatrico rendono la correlazione fra dolore ed ansia/depressione controversa, ma

Dato l’elevato tasso di

comorbidità associate, che

influenzano negativamente

sia la salute fisica, sia quella

mentale, l’american college of

Rheumatology ha introdotto

diversi sintomi, oltre al

dolore, nella diagnosi certa di

fibromialgia.

una revisione di ben 191 studi ha suggerito che ansia e depres-sione debbano essere comprese come conseguenze del dolore cronico e non come sue cause. Studi trasversali e longitudi-nali hanno suggerito che l’auto-efficacia sia essenziale nella spiegazione dei processi relativi al dolore e ai suoi effetti su aree differenti: allo stesso modo; l’auto-efficacia è considerata un fattore chiave che influenza i risultati di programmi atti a migliorare la qualità della vita di questi pazienti. Per quanto riguarda i suoi effetti fisici, l’auto-efficacia è associata a un maggior grado di attività e a un minor grado di disabilità. Per l’impatto emotivo, un’elevata auto-efficacia dimostra effetti

positivi su ansia e depressione. Per la sfera affettiva, gli stati emotivi negativi sembrano aumentare la sintomatologia as-sociata alla fibromialgia, e questi pazienti sembrano presen-tare difficoltà nel mantenere stati emotivi positivi quando provano dolore. Benché la maggior parte degli studi abbia analizzato il ruolo predittivo dell’auto-efficacia e della sfera

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affettiva su determinati esiti a carico della salute e sugli effet-ti dei programmi terapeutici, alcune indagini hanno invece analizzato il ruolo di mediazione di questi fattori su dolore, sintomatologia e limitazione funzionale associata. Poiché il dolore è un’ esperienza soggettiva, data l’eziologia ignota del-la fibromialgia, vi è un forte interesse nell’analizzare il modo

in cui approcci diversi alla sua misurazione siano correlati l’uno all’altro e vengano influenzati dagli stessi processi psi-cologici. Esistono pertanto diversi metodi auto-riportati per la valutazione dell’intensità del dolore, ma quest’ultimo viene esaminato anche tramite metodi quantitativi, come le soglie di dolore pressorio.

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&DoloRe evocaTo

DoloRe cRonico

Ipazienti con fibromialgia presentano una maggiore sensibilità al dolore misurata tramite varie forme di stimoli dolorosi, come quelli elet-trodermici, termici o pressori. nonostante la rile-vanza di questo argomento, poco si conosce sulla correlazione fra dolore evocato e dolore riferito a livello clinico: pochi studi hanno esaminato la que-stione in modo sistematico, e questi ultimi hanno in genere dimostrato una scarsa correlazione fra questi due tipi di dolore.

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Èstato suggerito che l’effetto congiunto di dolo-re evocato e negatività possa spiegare l’elevata percentuale di variabilità nel dolore riportato a livello clinico. Anche gli studi sulla fibromial-gia possono fornire alcune informazioni utili

sulla correlazione fra dolore evocato e clinico: durante il monitoraggio negli studi terapeutici longitudinali sulla fibromialgia, i miglioramenti nei punteggi relativi al do-lore clinico non sono risultati paralleli alle variazioni nei parametri di dolore evocato, che non sono associati al de-corso del trattamento o al miglioramento clinico. Questo risultato suggerisce una certa dissociazione fra entrambe le dimensioni del dolore. La maggior parte degli studi che hanno analizzato la correlazione fra processi psicologici e dolore fanno in effetti uso di parametri di valutazione soggettivi, chiedendo direttamente al paziente notizie sulla propria esperienza dolorosa tramite scale numeriche o analogiche visive, ma i dati sulla correlazione fra questi processi e i parametri sul dolore evocato, come la sensibi-lità al dolore pressorio, sono molto più scarsi. La ricerca ha recentemente iniziato ad investigare la funzionalità emotiva dei pazienti con fibromialgia, focalizzando l’atten-zione sull’alessitimia, un costrutto della personalità che influenza la regolazione delle emozioni. È stato riscon-trato che i pazienti con fibromialgia presentano deficit sia nella regolazione della propria sfera affettiva, sia nel riconoscimento delle emozioni altrui, come anche nella rappresentazione degli stati mentali delle altre persone. I deficit nella cognizione sociale di questi pazienti risultano largamente indipendenti sia dai deficit nella funzionalità esecutiva, sia dai sintomi di stress psicologico.

Secondo i risultati del progetto al-Andalus, le donne con fibromialgia presentano uno status peggiore per quanto riguarda dolore, affatica-mento, qualità della vita correlata alla salute, depressione ed ansia rispetto agli altri, e le as-

sociazioni osservate sono risultate molto marcate, ma non sono state rilevate differenze fra soggetti con fibromial-gia e quelli di controllo nella performance mnemonica e cognitiva. Le dimensioni degli effetti osservati a carico della componente fisica globale sono risultati superiori rispetto a quelli della componente psicologica globale. Ciò rinforza la comprensione della malattia come condizione stressante polisintomatica il cui sintomo principale è il dolore, ma sembra che la malattia possa avere sulla sfera fisica un impatto ancora maggiore che su quella psicologi-ca, benché entrambe ne siano pesantemente colpite. Uno dei sintomi che maggiormente colpisce entrambe le sfere consiste nel sonno non ristoratore, che nella fibromialgia è correlato alla disabilità. Secondo un recente studio, il dolore e l’affezione positiva mediano la correlazione fra

qualità del sonno ed interferenza nelle attività quotidia-ne. Se il paziente al mattino riferisce di aver dormito male, ciò predice elevati livelli di dolore e bassi livelli di affezio-ne positiva in tarda mattinata, che a loro volta predicono un elevato livello di interferenza nelle attività quotidiane alla fine della giornata. Va sottolineato che l’affezione po-sitiva risulta essere un mediatore più potente del dolore, e l’affezione negativa non è risultata essere un mediatore significativo. Questi dati suggeriscono la potenziale utilità del poten-ziamento dell’affezione positiva dopo una notte di sonno di cattiva qualità, in quanto ciò dovrebbe preservare la funzionalità quotidiana. Le strategie terapeutiche volte a ridurre lo stress emotivo e le interruzioni del sonno potrebbero inoltre verosimilmente migliorare la funzio-nalità cognitiva di questi pazienti favorendo la vigilanza: le terapie volte a ridurre lo stress emotivo sembrano mi-gliorare la funzionalità dell’attenzione più nelle donne che negli uomini, mentre quelle atte a migliorare la qualità

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del sonno possono ridurre i deficit di vigilanza/attenzione nelle donne ed i problemi esecutivi negli uomini. Dato che la fibromialgia è notevolmente prevalente nelle donne, la letteratura su questa sindrome si è sviluppata basandosi principalmente sulle donne; ma prima di determinare quale sesso rappresenti una variabile che influenza dia-gnosi e trattamento della malattia, è essenziale identifi-care le caratteristiche della fibromialgia in ambo i sessi. Un elemento che però sembra accomunarli è la solitudine: secondo una recente indagine, gli episodi di solitudine sono associati a susseguenti incrementi negli assetti di pensiero negativi riguardo il dolore, che a loro volta predicono successivi incrementi nel dolore fisico entro 24 ore. Dato che le cognizioni sul dolore mediano il legame solitudine-dolore, i trattamenti per la fibromialgia potreb-bero trarre beneficio dalla copertura delle vulnerabilità individuali alle cognizioni maladattative susseguenti agli episodi di solitudine.

Self-efficacy and Affect as Mediators Between Pain Dimensions and Emotional Symptoms and Functional Limitation in

Women With Fibromyalgia (Pain Manag Nurs. 2015; 16: 60-8)Positive affect and pain: mediators of the within-day relation linking sleep quality to activity interference in fibromyalgia (Pain. 2015; 156: 540-6)

The within-day relation between lonely episodes and subsequent clinical pain in individuals with fibromyal-gia: Mediating role of pain cognitions (J Psychosom Res online 2015, pubblicato l’8/1)

Theory of Mind and Emotional Functioning in Fibromyalgia Syndrome: An Investigation of the Relationship between Social Cognition and Executive Function (PLoS One. 2015; 10: e0116542)

Men and women with fibromyalgia: Relation between attentional function and clinical symptoms (Br J Heal-th Psychol online 2014, pubblicato il 29/12)

Cloninger's psychobiological model of personality and psychological distress in fibromyalgia (Int J Rheum Dis online 2014, pubblicato il 4/12)

Fibromyalgia has a larger impact on physical health than on psychological health, yet both are markedly af-fected: The al-Ándalus project (Semin Arthritis Rheum online 2014, pubblicato il 28/9)

le Donne con FibRoMialgia PResenTano uno sTaTus PeggioRe, RisPeTTo agli uoMini, PeR quanTo RiguaRDa DoloRe, aFFaTicaMenTo e qualiTà Della viTa coRRelaTa alla saluTe, DePRessione e ansia.

Bibliografia

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GAME

THECLINICAL

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risposta corretta: tutte le precedenti

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pazienteAS, donna , 51 anni

anamnesi FamiLiarepadre di 87 anni, diabetico; madre di 83 anni in apparente buona salute. Un fratello di 53 anni in appa-rente buona salute. Coniugata, marito di 51 anni in apparente buona salute. Un figlio di 21 anni, niente di patologico.

anamnesi patoLoGiCa remotaRiferisce una lunga storia di dolore lombare, iniziata più di 10 anni fa, per la quale era solita assumere la seguente terapia: gabapentina 800 mg x 3/die; ossicodone a rilascio controllato 120 mg x 2/die; ossi-codone 5 mg/acetaminofene 325 mg al bisogno per le riacutizzazioni (in media, 40 mg di ossicodone e 2600 mg di acetaminofene al giorno); patch alla lidocaina 5% 2-3 volte al giorno nella regione lombare al bisogno (a mezze giornate alternate).

anamnesi patoLoGiCa prossimaGiunge all’osservazione in PS (terapia intensiva) a seguito di un incidente automobilistico con fratture costali multiple e frattura del femore destro. Viene sottoposta a riduzione a cielo aperto e a fissazione interna per la frattura del femore. All’ammissione: segni vitali nei limiti di norma. Sospensione dei farmaci abituali e sostituzione con:fentanyl IV sino a 150 mcg/ora in base a un livello di dolore giudi-cato costantemente superiore a 7 in una scala da 0 a 10; acetaminofene IV, 1000 mg/6 h; 3 patch alla lidocaina nella regione lombare a 12 h alternate. Il livello del dolore è rimasto a 7 sia a riposo che durante le attività assistenziali. Il giorno successivo i segni vitali della paziente sono rimasti stabili, ma anche il livello del dolore. Il terzo giorno il dolore era di livello pari a 6-7 a riposo ed 8-9 durante le attività assistenziali, e la terapia è stata modificata: incremento del fentanyl a 250 mcg/ora; sospensione dell’acetaminofene; gabapentina 900 mg x 3/die; prosecuzione dell’applicazione di patch alla lidocaina e somministrazione di ondansetrone 4 mg IV e midazolam 0,07 mg IV. seguiti da infusione IV di ketamina a una dose iniziale di 0,12 mg/kg/ora. perChé La ketamina rappresenta La sCeLta FarmaCoLoGiCa più appropriata per questa paziente?A) La paziente presenta grave dolore di natura traumatica che si è sovrapposto ad un dolore cronico preesistente, ed è noto che la ketamina sia efficace per questo tipo di doloreB) La paziente riporta dolore grave nonostante un’infusione IV di fentanyl ad alte dosi e la ripresa dei farmaci che assumeva per il dolore prima del ricoveroC) È stato dimostrato che la ketamina è in grado di alleviare le forme più gravi di dolore refrattario e di ridurre la necessità di oppiacei ad alto dosaggioD) Tutte le precedenti

Dolore

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CLIN

ICA

L GA

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THEL’infusione di ketamina è stata titolata dal servizio di terapia del dolore a 0,5 mg/kg/h e proseguita per un totale di 6 ore. Il personale infermieristico ha tenuto sotto controllo i se-gni vitali della paziente, i livelli di sedazione, l’intensità del dolore e gli effetti collaterali ogni 15 minuti durante l’infusione, che la paziente ha tollerato senza effetti collaterali. Essa ha riportato una graduale riduzione nell’intensità del dolore sino a un livello stabile pari a 4 a riposo ed a 4-5 durante le

attività assistenziali. Il miglior controllo del dolore ha consentito graduali riduzioni nelle dosi di fentanyl nelle 24 ore successive. Al quarto giorno l’infusione di fentanyl è stata sospesa, e la paziente è stata convertita a una dose equianalgesica di ossicodone a rilascio controllato per via orale. È rimasto disponibile l’ossicodone ad azione rapida per i picchi di dolore e sono state prosegui-te sia la somministrazione di gabapentina 2700 mg/die che l’applicazione di 3 patch alla

disCussione

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BiBLioGraFia

institute of Medicine. relieving Pain in ameri-ca. a blueprint for tran-sforming Prevention, Care, education, and research. Washington, dC: national acade-mies Press; 2012

Perioperative pain management in the opioid-tolerant patient with chronic pain: an evidence-based practi-ce project. (J Perianesth nurs. 2012; 27: 385-92)

ketamine as an adjuvant to opioids for cancer pain. (Cochrane database syst rev. 2012; 11: Cd003351)

ketamine for pain: an update of uses in pallia-tive care. (J Palliat Med. 2012; 15: 474-83)

ketamine for chronic pain: risks and benefits. (br J Clin Pharmacol online 2013, pubblicato il 21/2)

lidocaina al giorno. Si stima che 100 milioni di adulti statunitensi convivano con il dolore cronico: questo numero supera complessi-vamente quello dei soggetti che convivono con diabete, cardiopatie e tumori. Un’ ampia varietà di condizioni causa dolore cronico, fra cui osteoartrosi, fibromialgia, neuro-patia diabetica e lombalgia. Quest’ultima rappresenta la forma più comune di dolore cronico, interessando circa 38 milioni di adul-ti. Gli approcci farmacologici costituiscono il metodo più comune di trattare il dolore cronico, e la maggior parte dei pazienti con dolore cronico assume analgesici come parte di un piano terapeutico multimodale. Non è raro ricoverare in ospedale un paziente con dolore cronico che assume un oppiaceo, un anticonvulsivante, un antidepressivo e un miorilassante. Spesso le strategie farmacolo-giche vengono anche combinate con metodi non farmacologici, come impacchi di ghiac-cio o di calore, massaggi, yoga e idroterapia. Il caso presentato è rappresentativo di un sottogruppo di soggetti che convivono con il dolore cronico e vengono ricoverati con dolore acuto di natura traumatica o chirurgi-ca: questa popolazione di pazienti presenta sfide notevoli per i medici che se ne prendo-no cura. Tipicamente, in conseguenza delle condizioni critiche del paziente, i farmaci assunti per il trattamento del dolore cronico vengono sospesi in automatico. Benché non raccomandata, una pratica comune fra i medici consiste nel consigliare al paziente di sospendere la terapia prima degli interventi chirurgici, ma molti degli analgesici assunti in questi casi possono essere assunti in sicurezza anche prima degli interventi e non dovrebbero essere sospesi. Alcune eccezioni sono i farmaci come ibuprofene e naprosse-ne, che sono FANS e possono prolungare le emorragie. Si tratta comunque di agenti che possono essere sostituiti con non-oppiacei alternativi che hanno effetti minimi sul san-guinamento, come acetaminofene, celecoxib e nabumetone. I pazienti che non hanno as-sunto antidolorifici, per diversi giorni prima di un intervento o dopo un trauma si trovano - in termini di controllo del dolore - in una posizione peggiore rispetto all’inizio dell’as-sistenza; spesso riportano dolore intenso ed acuto che si sovrappone ad un dolore cronico incontrollato, e la ripresa del controllo del dolore rappresenta una sfida specialmente se il paziente assumeva oppiacei contro il do-lore cronico. In questo caso infatti si sviluppa

dipendenza fisica, una normale risposta fi-siologica che interviene con la somministra-zione ripetuta di oppiacei. Se questi farmaci non sono più necessari o il dolore diminuisce, si raccomanda la riduzione progressiva del dosaggio per evitare i sintomi da astinenza. La maggior parte dei soggetti che hanno assunto oppiacei per periodi estesi sviluppa tolleranza, che è un’altra risposta fisiologica nella quale sono necessarie dosi di oppiacei più elevate per ottenere lo stesso livello di sollievo dal dolore raggiunto in precedenza. Benché sia impossibile prevedere la necessi-tà di oppiacei nei pazienti con dolore acuto che si sovrappone a un dolore cronico. Uno studio ha dimostrato che, a seguito di artro-plastica del ginocchio, i pazienti tolleranti gli oppiacei richiedono un dosaggio di questi farmaci 5-7 volte superiore rispetto a quelli che non ne avevano mai assunti nelle 48 ore successive all’intervento. In circostanze idea-li, ai pazienti viene consigliato di assumere i propri farmaci nel giorno dell’intervento, ma se sono stati sospesi in sede preoperatoria per via di un trauma o di un’altra condizione che ne determina la mancata assunzione, è necessario introdurre quanto prima possibile i farmaci a lungo termine dopo l’intervento. Una pratica sempre più diffusa in molti reparti consiste nel somministrare di routine un anticonvulsivante, come gabapentina o pregabalina, immediatamente prima dell’in-tervento ai pazienti con dolore cronico neu-ropatico preesistente. Un’altra pratica diffusa consiste nella somministrazione di ketamina in dosi subanestetiche per alleviare il dolore refrattario agli analgesici di prima linea, soprattutto se è necessario prevenire l’escala-tion del dolore grave nei pazienti con dolore cronico di base. Questo farmaco viene anche somministrato per il dolore neuropatico, per quello ischemico, per le sindromi algiche regionali e per il dolore oncologico, ed è indicato dall’OMS come farmaco essenziale contro il dolore refrattario nella terapia palliativa. È comunque importante discutere gli effetti psicomimetici della ketamina con i pazienti prima di somministrarla, ed avver-tirli del fatto che potrebbero andare incontro a “sensazioni oniriche” durante l’infusione. I pazienti risultano rassicurati quando sono a conoscenza del fatto che verranno prese misure per prevenire effetti collaterali e di poter comunicare allo staff in qualunque momento eventuali effetti fastidiosi o terro-rizzanti.

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dottoressa Lynch, oggi esistono molte categorie di farmaci utilizzati nel trattamento del dolore, ma tutte presentano effetti collaterali non trascurabili. perché i cannabinoidi possono rappresentare una buona soluzione? I cannabinoidi costituiscono uno strumento aggiuntivo per la gestione del dolore, perché hanno un diverso meccanismo di azione rispetto agli altri farmaci attualmente utilizzati per la cura del dolore (anti infiammatori non steroidei, analgesici antidepressivi, anticonvulsanti ed oppioidi). In alcune perso-ne, i cannabinoidi offrono una migliore analgesia con minori effetti collaterali.Possiamo utilizzarli anche in combinazione con altri farmaci, per aumentare il sollievo.

qual è la situazione dell’utilizzo dei cannabinoidi come antidolorifici?Dalla nostra recente review si evince che ci sono 25 trial clinici randomizzati su 30 che hanno verificato un signifi-cativo effetto analgesico per i cannabinoidi studiati. Diversi studi hanno anche dimostrato miglioramenti nel sonno, nella rigidità dei muscoli, e nella spasticità. Abbiamo concluso che i cannabinoidi offrono una modesta analgesia e sono sicuri nella gestione del dolore cronico.Gli effetti collaterali consistono principalmente nella fatica, vertigini, secchezza delle fauci e nausea, ma si tratta di sinto-mi generalmente tollerati e transitivi.

cannabinoiDi? sicuRi nella gesTione Del DoloRe cRonicoA tu per tu con Mary Lynch

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CLINICAL LEADER

quali studi avete deciso di prendere in considerazione? Inizialmente abbiamo considerato 29 studi; mentre lavorava-mo ne è stato pubblicato un altro, quindi alla fine abbiamo considerato 30 studi clinici randomizzati che hanno esamina-to l'effetto dei cannabinoidi nella gestione del dolore cronico.Venticinque di questi erano positivi e dimostrano un signifi-cativo effetto analgesico.

quali cannabinoidi avete considerato per il vostro studio? Abbiamo considerato tutti i cannabinoidi attualmente dispo-nibili per l'utilizzo negli esseri umani. Tra di essi il nabilone, l'estratto di cannabinoidi per mucosa orale, e la cannabis, sia fumata che assunta tramite un vaporizzatore.

quanto sono effettivamente efficaci i cannabinoidi,?Come ho detto prima, i cannabinoidi sono modesti analgesici e sono sicuri per l'uso nel dolore cronico. Abbiamo anche messo i vari studi “faccia a faccia” comparando i cannabinoidi con gli oppioidi.

quindi, qual é il verdetto? i cannabinoidi possono sostituire gli oppioidi? I cannabinoidi non possono sostituire gli oppioidi. Gli oppioidi sono fondamentali nel trattamento del dolore e ne abbiamo bisogno di essi per la gestione del dolore acuto e di forme anche più gravi. I cannabinoidi sono uno strumento aggiuntivo per il dolore cronico e su certe persone funzionano meglio degli altri analgesici.Sono molto utili in associazione con altri antidolorifici per ridurre le dosi di oppioidi.

quali sono i limiti delle attuali conoscenze in merito?I limiti sono rappresentati dalla breve durata dei trial clinici e dalla mancanza di grandi numeri di pazienti. Abbiamo anche bisogno di avere l'accesso ai nuovi agenti cannabinoidi, che includano più estratti con diverse combinazioni di diversi fitocannabinoidi e cannabinoidi sintetici ad alta potenza, da somministrare con diversi metodi. Quindi, dobbiamo ampliare la conoscenza basilare, traslazionale e clinica in questo campo.

“Uno strumento aggiuntivo per la gestione del dolore”. Così li definisce Mary Lynch, medico canadese che da 15 anni ne studia gli effetti anal-gesici sui pazienti con dolore critico. “Dobbiamo ampliare la conoscenza basilare, traslazionale e clinica in que-sto campo, con studi più lunghi e più ampi”.

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Mary lynch è un medico specializzato nella gestio-ne del dolore cronico in pazienti adulti ed adole-scenti. lavora nell’ospe-dale universitario della Dalhouise university di halifax (canada) e da 25 anni si occupa di assistere pazienti con una condi-zione di dolore critico. studia i cannabinoidi da 15 anni.

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