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Back IPERTENSIONE ARTERIOSA La pressione arteriosa venne registrata, per la prima volta, nel 1700 quando Stephen Hales, prelato e scienziato, incannulò l‟arteria crurale di un cavallo collegandola ad un tubo verticale per le misurazioni. Lo sfigmomanometro fu successivamente sviluppato grazie all‟apporto fornito dagli studi di Poiseuille, Ritter Von Bash e Scipione Riva-Rocci; Korotkoff descrisse per primo i suoni percepiti con lo stetoscopio sgonfiando il bracciale dello sfigmomanometro. Da queste scoperte poco è cambiato nella misurazione e registrazione della pressione arteriosa. Fino agli anni ‟60 si riteneva che un‟ elevata pressione arteriosa fosse indispensabile per fornire un adeguato apporto ematico; gli studi epidemiologici evidenziarono poi, la correlazione pressoché lineare esistente tra l‟aumento dei valori pressori ed il rischio di eventi cardiovascolari, particolarmente elevato per valori superiori a 140/90 mmHg, divenuto valore cut-off arbitrario per la definizione di ipertensione. Sulla base di questo valore soglia comune, si presume che l‟ipertensione arteriosa abbia una prevalenza nella popolazione generale del 20% 1 , aumentando con l‟età fino ad interessare più del 50% della popolazione d‟età superiore ai 60 anni; la distribuzione per sesso mostra nei soggetti di d‟età inferiore ai 40 anni una prevalenza maggiore nei maschi rispetto alle femmine, rapporto che si inverte nella popolazione anziana. Dati più limitati si dispongono circa l‟incidenza di nuovi casi di ipertensione arteriosa, che lo studio di Framingham 2 e il National Health and Nutrition Examination Study 3 riportano essere in entrambi i sessi di circa il 5% per ogni 10 anni di osservazione. La definizione e la classificazione più aggiornata di ipertensione arteriosa è quella proposta dalle Linee Guida della Società Europea di Ipertensione (ESH) e della Società Europea di Cardiologia (ESC) nel 2007 4 che considerano i valori di pressione arteriosa sistolica (PAS) e/o diastolica (PAD) e identificano 7 categorie sulla base dell‟entità del rialzo pressorio. Definizione e classificazione dei livelli di ipertensione arteriosa (PA) in mmHg. CATEGORIA SISTOLICA DIASTOLICA OTTIMALE <120 e <80 NORMALE 120129 e/o 8084 NORMALE ALTA 130139 e/o 8589 IPERTANSIONE GRADO 1 140159 e/o 9099 IPERTENSIONE GRADO 2 160179 e/o 100109 IPERTENSIONE GRADO 3 180 e/o 110 IPERT. SISTOLICA ISOLATA 140 e <90 I gradi 1, 2 e 3 corrispondono alla classificazione in ipertensione lieve, moderata e severa rispettivamente.

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Back IPERTENSIONE ARTERIOSA

La pressione arteriosa venne registrata, per la prima volta, nel 1700 quando Stephen Hales, prelato e

scienziato, incannulò l‟arteria crurale di un cavallo collegandola ad un tubo verticale per le

misurazioni. Lo sfigmomanometro fu successivamente sviluppato grazie all‟apporto fornito dagli

studi di Poiseuille, Ritter Von Bash e Scipione Riva-Rocci; Korotkoff descrisse per primo i suoni

percepiti con lo stetoscopio sgonfiando il bracciale dello sfigmomanometro. Da queste scoperte

poco è cambiato nella misurazione e registrazione della pressione arteriosa.

Fino agli anni ‟60 si riteneva che un‟ elevata pressione arteriosa fosse indispensabile per fornire un

adeguato apporto ematico; gli studi epidemiologici evidenziarono poi, la correlazione pressoché

lineare esistente tra l‟aumento dei valori pressori ed il rischio di eventi cardiovascolari,

particolarmente elevato per valori superiori a 140/90 mmHg, divenuto valore cut-off arbitrario per

la definizione di ipertensione. Sulla base di questo valore soglia comune, si presume che

l‟ipertensione arteriosa abbia una prevalenza nella popolazione generale del 20%1, aumentando con

l‟età fino ad interessare più del 50% della popolazione d‟età superiore ai 60 anni; la distribuzione

per sesso mostra nei soggetti di d‟età inferiore ai 40 anni una prevalenza maggiore nei maschi

rispetto alle femmine, rapporto che si inverte nella popolazione anziana. Dati più limitati si

dispongono circa l‟incidenza di nuovi casi di ipertensione arteriosa, che lo studio di Framingham2 e

il National Health and Nutrition Examination Study3 riportano essere in entrambi i sessi di circa il

5% per ogni 10 anni di osservazione.

La definizione e la classificazione più aggiornata di ipertensione arteriosa è quella proposta dalle

Linee Guida della Società Europea di Ipertensione (ESH) e della Società Europea di Cardiologia

(ESC) nel 20074 che considerano i valori di pressione arteriosa sistolica (PAS) e/o diastolica (PAD)

e identificano 7 categorie sulla base dell‟entità del rialzo pressorio.

Definizione e classificazione dei livelli di ipertensione arteriosa (PA) in mmHg.

CATEGORIA SISTOLICA DIASTOLICA

OTTIMALE <120 e <80

NORMALE 120–129 e/o 80–84

NORMALE ALTA 130–139 e/o 85–89

IPERTANSIONE GRADO 1 140–159 e/o 90–99

IPERTENSIONE GRADO 2 160–179 e/o 100–109

IPERTENSIONE GRADO 3 ≥180 e/o ≥110

IPERT. SISTOLICA ISOLATA ≥140 e <90

I gradi 1, 2 e 3 corrispondono alla classificazione in ipertensione lieve, moderata e severa

rispettivamente.

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Storicamente maggiore rilevanza è stata attribuita ai valori di pressione arteriosa diastolica come

predittore di eventi cardiovascolari futuri; attualmente diversi studi5-7

hanno evidenziato l‟esistenza

di una relazione lineare tra eventi e pressione sistolica e diastolica, in particolare si è dimostrato il

rapporto indipendente e diretto della pressione sia sistolica che diastolica con lo sviluppo di

scompenso cardiaco, arteriopatia periferica e insufficienza renale8-11

.

Tenendo in considerazione l‟estrema variabilità dei valori pressori durante la giornata e tra giorni

diversi, le linee guida4 raccomandano che la diagnosi di ipertensione venga posta su multiple

misurazioni pressorie rilevate in situazioni diverse (almeno due misurazioni per visita, in almeno 2-

3 visite ed integrate con l‟automisurazione a domicilio). Inoltre nel 15% della popolazione generale

è presente ipertensione da “camice bianco” o meglio ipertensione clinica isolata, caratterizzata da

valori tensivi elevati quando misurati dal medico ma normali a domicilio, che si associa ad un

rischio cardiovascolare inferiore rispetto ai pazienti ipertesi ma ad una maggiore prevalenza di

danno d‟organo rispetto ai soggetti normotesi.

Tuttavia l‟ipertensione arteriosa più che una patologia legata all‟alterazione numerica dei valori

tensivi è una condizione clinica espressione di rischio cardiovascolare, dipendente anche dalle

patologie e dai fattori di rischio associati e dalla presenza di danno d‟organo. Già con le precedenti

linee guida ESH-ESC del 2003 era stata stabilita la necessità di una quantificazione del rischio

cardiovascolare globale del paziente iperteso come guida diagnostica e terapeutica12

. Questo deve

includere la ricerca del cosiddetto danno d‟organo subclinico che possiede un significato

prognostico indipendente. La stessa classificazione del rischio cardiovascolare totale, pertanto,

viene mantenuta nel più recente Documento:

Stratification of CV Risk in four categories. SBP: systolic blood pressure; DBP: diastolic blood pressure; CV:

cardiovascular; HT: hypertension. Low, moderate, high and very high risk refer to 10 year risk of a CV fatal or non-

fatal event. The term „added‟ indicates that in all categories risk is greater than average. OD: subclinical organ damage;

MS: metabolic syndrome. The dashed line indicates how definition of hypertension may be variable, depending on the

level of total CV risk.

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Le variabili cliniche per la stratificazione del rischio sono4:

FATTORI DI RISCHIO:

Pressione arteriosa sistolica e diastolica

Pressione differenziale

Età > 55 anni M e > 65 anni F

Fumo

Dislipidemia

Iperglicemia a digiuno

Alterato test di tolleranza al glucosio

Diabete Mellito

Obesità addominale

Storia familiare di malattia cardiovascolare prematura

DANNO D‟ORGANO SUBCLINICO:

Ipertrofia cardiaca all‟ECG o all‟ecocardiogramma

Ispessimento miointimale carotideo / presenza di placca aterogena

Indice pressorio arti inferiori/superiori < 0.9

Lieve incremento della creatinina

Microalbuminuria

MALATTIA CEREBROVASCOALRE E/O RENALE CONCLAMATA:

Stroke ischemico, emorragia cerebrale, TIA

Infarto miocardico, angina, rivascolarizzazione miocardica, scompenso cardiaco

Nefropatia diabetica, insufficienza renale, proteinuria

Arteriopatia periferica

Retinopatia avanzata.

DIAGNOSI

Il percorso diagnostico deve essere orientato a rilevare, accanto ai livelli pressori, i parametri clinici

indicati e la presenza di sintomi e segni di ipertensione arteriosa secondaria. Tali valutazioni oltre

che nell‟inquadramento diagnostico andranno poi effettuate nel follow-up del paziente allo scopo di

definire gli effetti della terapia. Le linee guida definiscono un percorso ben strutturato4.

ANAMNESI

-FAMILIARE volta ad evidenziare storia di ipertensione, diabete, dislipidemia, malattie

cardiovascolari, insufficienza renale

- PERSONALE:

Durata della malattia e precedenti valori pressori

Sintomi e segni di ipertensione secondaria (familiarità per malattie renali; ematuria; abuso di

analgesici; malattia parenchimale renale; assunzione di contraccettivi orali, droghe,

liquirizia, eritropoietina, ciclosporina; episodi di cefalea, ansietà, palpitazioni)

Fattori di rischio associati

Indicatori clinici di danno d‟organo (cefalea, vertigini, alterazioni visive, attacchi ischemici

transitori, palpitazioni, dispnea, precordialgie, edemi declivi, poliuria, nicturia, ematuria

estremità fredde, claudicatio)

Precedente terapia antipertensiva (efficacia, effetti collaterali)

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ESAME OBIETTIVO

Segni di ipertensione secondaria

Segni di danno d‟organo (soffi carotidei, deficit motori o sensitivi; anomalie del fondo

oculare; caratteristiche dell‟itto apicale, anomalie del ritmo cardiaco, rantoli polmonari,

edemi declivi; caratteristiche dei polsi periferici)

Segni di obesità viscerale.

Gli esami strumentali da effettuare includono procedure relativamente semplici considerate adatte

ad essere eseguite di routine in tutta la popolazione di ipertesi, e procedure raccomandate per una

più approfondita caratterizzazione del paziente.

TEST DI ROUTINE

Glicemia a digiuno

Colesterolo totale, LDL HDL, trigliceridi

Potassiemia

Uricemia

Creatininemia e clearance

Emoglobina ed ematocrito

Esame urine, microalbuminuria, esame microscopico

ECG

TEST RACCOMANDATI

Ecocardiogramma

Doppler carotideo

Proteinuria quantitativa

Indice pressorio arti inferiori/superiori

Fondo oculare

Test di tolleranza glucidica

Monitoraggio pressorio

TERAPIA

Un grande numero di studi clinici13-16

e importanti metanalisi17-20

hanno dimostrato in maniera

inequivocabile che il trattamento antipertensivo riduce la morbilità e la mortalità cardiovascolare.

Inoltre, trial randomizzati comparativi tra diversi farmaci hanno dimostrato che, a parità di

riduzione pressoria, le differenze in termini di mortalità e morbilità cardiovascolare sono modeste,

evidenziando quanto il beneficio dipenda prevalentemente dalla riduzione pressoria di “per se”21-28

,

sebbene alcuni farmaci antipertensivi possano esercitare effetti benefici indipendenti dalla riduzione

pressoria (nefro - cardio e vasculoprotezione).

La decisione sul momento di iniziare il trattamento si basa sui valori pressori e sul livello di rischio

cardiovascolare globale. Le linee guida propongono la seguente schematizzazione:

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OD danno d‟organo; MS sindrome metabolica; CV cardiovascolare; SBP pressione arteriosa sistolica; DBP

pressione arteriosa diastolica; HT ipertensione arteriosa.

Emerge l‟indicazione a non attendere eccessivamente nell‟approccio terapeutico al paziente

iperteso, particolarmente nel paziente a rischio elevato.

Più rigorosamente rispetto alle precedenti raccomandazioni inoltre, nel Documento del 2007 si fissa

come obiettivo della terapia la riduzione dei valori pressori almeno al di sotto di 140/90 mmHg, o

più marcata se tollerata29-32

, con un target più basso nei pazienti diabetici33-35

, con insufficienza

renale o con storia di un evento cardiovascolare36

.

MODIFICAZIONI DELLO STILE DI VITA:

CALO PONDERALE

RESTRIZIONE DELL‟ APPORTO DI SODIO CON LA DIETA

ESERCIZIO FISICO

CESSAZIONE DEL FUMO

RIDUZIONE DEL CONSUMO DI ALCOOL

L‟obiettivo dell‟approccio non farmacologico è prevalentemente quello di ridurre il rischio

cardiovascolare globale realizzando solo un modesto effetto sulla riduzione dei valori tensivi, che

mantiene comunque un importante valore, contribuendo a posticipare l‟impiego dei farmaci e

spesso consentendo una riduzione della posologia dei farmaci.

TERAPIA FARMACOLOGICA

Il principale beneficio della terapia antipertensiva nella riduzione degli eventi cardiovascolari

dipende dalla riduzione pressoria pertanto, rispetto al passato è andata riducendosi l‟enfasi

sull‟identificazione di farmaci di prima scelta, affermandosi il concetto che i farmaci antipertensivi

sono tutti indicati per l‟inizio ed il mantenimento della terapia sia in monoterapia che in

associazione4.

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Le principali classi farmacologiche comprendono:

DIURETICI TIAZIDICI

BETA-BLOCCANTI

CALCIO-ANTAGONISTI DIIDROPIRIDINICI

ACE INIBITORI

SARTANI

Le linee guida Europee del 2007 più che proporre una classificazione in ordine di scelta hanno

indicato le condizioni specifiche in cui i singoli farmaci sono preferibili e le controindicazioni

assolute e relative all‟uso di essi.

In merito alle condizioni favorenti l‟uso di determinati farmaci:

DURETICI TIAZIDICI DIURETICI DELL‟ANSA

-Ipertensione sistolica isolata -Insufficienza renale cronica

-Scompenso cardiaco -Scompenso cardiaco

-Ipertensione nella razza nera

DIURETICI ANTIALDOSTERONICI BETA-BLOCCANTI

-Scompenso cardiaco -Angina pectoris

-Post-infarto -Post-infarto

-Scompenso cardiaco

CALCIO ANTAGONISTI -Tachiaritmie

DIDROPIRIDINICI -Glaucoma

-Ipertensione sistolica isolata -Gravidanza

-Angina pectoris

-Ipertrofia ventricolare sinistra

-Aterosclerosi carotidea/coronarica ACE-INIBITORI

-Gravidanza -Scompenso cardiaco

-Ipertensione nella razza nera -Disfunzione ventricolare sinistra

-Post-infarto

SARTANI -Nefropatia/Proteinuria/Microalbuminuria

-Scompenso cardiaco -Ipertrofia ventricolare sinistra

-Post-infarto -Aterosclerosi carotidea

-Nefropatia diabetica -Fibrillazione atriale

-Proteinuria/Microalbuminuria -Sindrome Metabolica

-Ipertrofia ventricolare sinistra

-Fibrillazione atriale

-Sindrome Metabolica

-Tosse da ACE INIBITORE

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Controindicazioni:

ASSOLUTE RELATIVE

DIURETICI TIAZIDICI

Gotta

Sindrome metabolica

Intolleranza glucidica

Gravidanza

BETA BLOCCANTI

Asma

Blocco AV (2°- 3 grado)

Sindrome metabolica

Intolleranza glucidica

Arteriopatia periferica

BPCO

CALCIO ANTAGONISTI Scompenso cardiaco

ACE-INIBITORI

Gravidanza

Edema angioneurotico

Iperkaliemia

Stenosi bilaterale arteria renale

SARTANI

Gravidanza

Iperkaliemia

Stenosi bilaterale arteria renale

L‟approccio terapeutico iniziale può essere in monoterapia o con combinazione fissa di due farmaci

a basse dosi con successivo aumento posologico. Nei pazienti con ipertensione lieve e

basso/moderato rischio cardiovascolare globale è preferibile un singolo farmaco, mentre

nell‟ipertensione di grado 2 o 3 o quando il rischio è elevato l‟associazione deve essere preferita.

Nei pazienti in cui il controllo pressorio non viene raggiunto è necessaria la combinazione di tre o

più principi attivi4.

Associazioni dimostrate efficaci e ben tollerate sono:

-Diuretici tiazidici ed ace-inibitori

-Diuretici tiazidici e sartani

-Calcio-antagonisti ed ace-inibitori

-Calcio-antagonisti e diuretici tiazidici

-Beta-bloccanti e calcio antagonisti (didropiridinici)

-Beta bloccanti e diretici tiazidici (da evitare nei pz con sindrome metabolica o diabete).

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DIURETICI

I farmaci diuretici interferiscono con i processi di riassorbimento renale dell‟acqua e degli elettroliti

determinando l‟eliminazione di maggiori volumi di urine e soprattutto del loro soluto principale, il

cloruro di sodio; ne consegue ipovolemia e iposmolarità che promuovono la redistribuzione

dell‟acqua e del Na+. In linea generale i farmaci diuretici agiscono a livello renale in quanto sede

della loro eliminazione; in gran parte circolano legati alle proteine plasmatiche, poco filtrati a

livello glomerulare sono attivamente secreti nelle urine dalle cellule del tubulo prossimale e

prevalentemente raggiungono il sito attivo attraverso il fluido tubulare.

DIURETICI DELL‟ANSA

Comprendono le seguenti molecole: FUROSEMIDE, TORASEMIDE, ACIDO ETACRINICO.

Agiscono sulla porzione spessa del tratto ascendente dell‟ansa di Henle inibendo il cotrasporto

Na+:K

+:2Cl

+ per competizione con gli ioni cloro per il legame. Il segmento spesso dell‟ansa, situato

in parte nella midollare in parte nella corticale, riassorbe i soluti ed è impermeabile all‟acqua

realizzando, attraverso il meccanismo di moltiplicazione controcorrente, una ipertonia della

midollare che richiama acqua dalle regioni più distali del nefrone e consente il processo di

concentrazione delle urine. I diuretici dell‟ansa bloccando il riassorbimento dei soluti, dissipano

l‟ipertonia interstiziale contrastando la concentrazione delle urine e determinando la formazione di

grandi volumi di urine ricche di soluti. Il tipo di diuresi indotta dai diuretici dell‟ansa è pertanto

clorosodica iperpotassiurica e associata allo sviluppo di alcalosi ipocloremica, ovvero ricca di ioni

cloro, sodio, potassio, idrogeno, calcio, magnesio, ed il rene compensa la perdita di cloro

conservando bicarbonato.

Accanto all‟azione diuretica questi farmaci esplicano effetti emodinamici: venodilatazione;

aumento della capacitanza venosa; diminuzione della pressione di incuneamento polmonare, con il

risultato di una riduzione del precarico indipendente dall‟azione diuretica che li rende efficaci nel

trattamento dell‟insufficienza cardiaca e dell‟edema polmonare acuto in quanto l‟effetto vascolare

precede quello diuretico.

Farmacocinetica L‟assorbimento per via gastrica è rapido; si legano alle proteine plasmatiche;

vengono eliminati per via renale attraverso il sistema di trasporto tubulare degli acidi organici, sono

rilasciati nel tubulo prossimale da cui diffondono nella regione dell‟ansa. L‟effetto diuretico è

proporzionale alla loro concentrazione tubulare pertanto è autolimitato dal processo della loro

eliminazione. La torasemide presenta una maggiore biodisponibilità orale ed un metabolismo in

parte epatico.

Effetti collaterali. Ipotensione ed ipovolemia con aumento dell‟azotemia prerenale. Ipopotassiemia,

ipomagnesemia, ipocalcemia, alcalosi metabolica. Iperuricemia. Alterazioni del metabolismo

glucidico: iperglicemia, ridotta tolleranza al glucosio. Interferenze col metabolismo lipidico:

aumento del colesterolo totale, LDL e trigliceridi, riduzione delle HDL. Occorrenza di

calcificazioni renali. Ototossicità soprattutto l‟acido etacrinico. Fotosensibilità. Disturbi

gastrointestinali. In gravidanza riduzione del flusso placentare.

Interazioni farmacologiche: Animoglicosidi, potenziamento dell‟ototossicità

Glicosidi digitalici, aumento del rischio aritmico da ipopotassiemia

Chinidina, aumento del rischio di torsioni di punta per ipopotassemia

Litio, riduzione dell‟escrezione

FANS, riduzione dell‟effetto diuretico

Antidiabetici ed antigottosi, riduzione dell‟effetto farmacologico.

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DIURETICI TIAZIDICI

Comprendono: IDROCLOTIAZIDE ed un gruppo di analoghi a lunga durata d‟azione quali

METOLAZONE, INDAPAMIDE, CLORTALIDONE.

Filtrati e secreti nel tubulo prossimale agiscono a livello della porzione corticale del ramo

ascendente dell‟ansa di Henle e nella prima porzione del tubulo contorto distale bloccando il

riassorbimento del cloro e di sodio e riducendo la clearance dell‟acqua libera; a livello del tubulo

distale poi l‟assorbimento del sodio e l‟aumento dell‟elettronegatività luminale favoriscono la

escrezione tubulare di potassio. Anche in questo caso la diuresi prodotta è di tipo clorosodica ed

iperpotassiurica ed associata allo sviluppo di acidosi ipocloremica, ma minore rispetto ai diuretici

dell‟ansia è la perdita di potassio e magnesio ed assente quella di calcio.

Importanti caratteristiche di questa classe sono: una curva dose/risposta alquanto piatta ovvero

raggiunto l‟effetto ottimale poche variazioni si ottengono con dosi superiori; il legame con la

filtrazione glomerulare che li rende inefficaci quando questa è inferiore a 30-49 ml/min; solamente

il metolazone risulta attivo in presenza di insufficienza renale cronica e presenta una curva

dose/risposta più ripida.

Farmacocinetica L‟idroclorotiazide viene assorbito efficacemente nel tratto gastro-intestinale, con

biodisponibilità del 65%-70%, ha una emivita di 15 ore, si elimina con le urine. Il clortalidone si

assorbe irregolarmente nel tubo gastro-intestinale, si lega alle emazie, ha una più lunga emivita con

effetto diuretico che perdura per 48-72 ore. Il metolazone viene anch‟esso assorbito irregolarmente

per os, si lega alle proteine plasmatiche, viene eliminato dal rene immodificato, l‟effetto diuretico si

protrae per 24 ore, sia per la persistenza del legame farmaco-proteico sia per il circolo

enteroepatico, inoltre determina una minore perdita di potassio.

Effetti collaterali In relazione all‟azione sull‟equilibrio idroelettrolitico le tiazidi possono indurre

ipopotassiemia, ipomagnesemia, iposodiemia e ipercalcemia. Iperuricemia e possibili attacchi di

gotta da interferenza col meccanismo di trasporto degli urati a livello del tubulo prossimale.

Interferenza con il metabolismo lipidico (aumento del colesterolo totale, delle LDL, dei trigliceridi)

e glucidico (iperglicemia). Sono causa frequente di orticaria ed esantema morbilliforme. Disturbi

gastrointestinali :nausea, anoressia, diarrea, vomito, pancreatiti. Più rari i disturbi a carico del SNC

come vertigini, debolezza, parestesie; ed ematologici quali trombocitopenia ed aplasia midollare.

Nel 10-20% dei pazienti si riscontra disfunzione erettile. Controindicati in gravidanza possono

indurre ipoglicemia e trombocitopenia fetale.

Interazioni farmacologiche: Glicosidi digitalici, aumento dell‟effetto farmacologico e del rischio

aritmico da ipopotassiemia.

Chinidina, aumento del rischio di torsioni di punta per ipopotassemia

Litio, riduzione dell‟escrezione

FANS, riduzione dell‟effetto diuretico

Antidiabetici ed antigottosi, riduzione dell‟effetto farmacologico

Vitamina D, effetto aumentato

Specifiche interazioni: Metolazone + Ciclosporina A, potenziamento della nefrotossicità

Metolazone + glibenclamide, ipoglicemia da dislocazione dalle

plasma- proteine dell‟ipoglicemizzante.

DIURETICI RISPARMIATORI DI POTASSIO

Comprendono SPIRONOLATTONE, TRIAMTERENE, AMILORIDE.

Agiscono a livello del tubulo distale inibendo il riassorbimento del sodio che, seppure modesto

quantitativamente (pari al 5% del filtrato), è associato allo scambio di potassio, pertanto la natriuresi

non si associa a kaliuresi ma a risparmio di potassio.

Lo spironolattone agisce come antagonista competitivo dell‟aldosterone, ormone mineralcorticoide

che a seguito del legame con il proprio recettore citosolico, a livello delle cellule tubulari, regola

positivamente la trascrizione e la sintesi di geni fra cui quello del canale del Na+. Lo spironolattone

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inoltre inibisce la sintesi surrenale di aldosterone. Penetrando nelle cellule del tubulo distale, il suo

effetto diuretico non dipende dalla presenza del farmaco nel tubulo renale.

Il triamterene e l‟amiloride inibiscono lo scambio Na:K per interferenza con le proteine regolatrici

della conduttanza dei canali ionici.

L‟effetto diuretico si caratterizza per l‟aumento della escrezione di sodio, cloruro ed acqua con

ritenzione di potassio, magnesio, calcio e riduzione dell‟acidità delle urine. Trovano indicazione

soprattutto in associazione a diuretici più potenti, come agenti risparmiatori di potassio, risultando

lo spironolattone di prima scelta nel trattamento degli edemi associati a cirrosi epatica. Lo

spironolattone è farmaco di elezione nell‟iperaldosteronismo primario, possiede inoltre proprietà

antioandrogena che lo rende efficace nel trattamento dell‟irsutismo e della pubertà precoce.

Farmacocinetica Lo spironolattone ha una buona biodisponibilità orale, che aumenta se assunto

vicino ai pasti. Viene largamente metabolizzato a livello epatico, dove viene prodotto il suo

metabolita attivo, il canrenone, a lunga emivita (10-35 h). Presenta un alto legame con le proteine

plasmatiche ed è sottoposto a circolazione enteroepatica. L‟effetto diuretico si manifesta dopo 48-

72 ore dalla somministrazione, latenza legata al meccanismo d‟azione di inibizione della sintesi

proteica.

L‟amiloride e d il triamterene presentano un basso assorbimento per via orale e lunga emivita; il

primo viene eliminato per via renale il secondo viene metabolizzato a livello epatico.

Effetti collaterali Lo spironolattone può determinare effetti indesiderati endocrinologici come

ginecomastia, impotenza, riduzione della libido, irregolarità mestruali; disturbi gastrointestinali

quali diarrea, sanguinamento gastrico, ulcera peptica; alterazioni ematologiche fino

all‟agranulocitosi; rari sono i casi di iperpotassemia. Il triamterene e l‟amiloride possono causare

iperpotassiemia, soprattutto in pazienti con insufficienza renale; nausea, vomito, diarrea. Il

triamterene, per l‟analogia strutturale, interferisce con il metabolismo dell‟acido folico potendo

provocare anemia megaloblastica; riduce la tolleranza al glucosio, è stato associato a nefriti,

vertigini, crampi muscolari, ed è stata segnalata la possibilità di calcolosi renale da precipitazione di

metaboliti del farmaco. L‟amiloride in associazione con diuretici tiazidici ha provocato casi di

iposodiemia.

Interazioni farmacologiche Acido acetilsalicilico, riduzione dell‟escrezione di canrenone

Digossina, aumento dei livelli plasmatici per riduzione della

secrezione tubulare di digossina.

Litio ed antidepressivi, aumento dell‟effetto farmacologico

Ace-inibitori e beta-bloccanti, aumento del rischio di iperpotassiemia

Antiaritmici di classe I A con triamterene e amiloride, accentuazione

dell‟aumento della durata del potenziale d‟azione.

L‟effetto antipertensivo dei diuretici dipende sia dalla riduzione del volume extracellulare e

dell‟output cardiaco, nelle fasi iniziali, ma a lungo termine anche dalla riduzione delle resistenza

periferiche (diminuzione della reattività vascolare a noradrenalina e angiotensina II, aumento del

rilascio di prostaglandine; iperpolarizzazione delle cellule muscolari lisce vasali con vasodilatazione

per i tiazidici). L‟associazione con altri farmaci antipertensivi potenzia l‟effetto sulla riduzione dei

valori pressori per l‟antagonismo sulla ritenzione di sodio ed acqua.

Il ruolo soprattutto dei diuretici tiazidici nella terapia antipertensiva è oggetto di continuo dibattito.

Tra le criticità evidenziate: il loro ruolo diabetogeno; la minore compliance da parte dei pazienti nei

trattamenti di lunga durata; raramente inoltre è stata studiata la capacità di questa classe di farmaci

di far regredire il danno d‟organo e negli studi realizzati si sono mostrati inferiori ai calcio-

antagonisti o agli ace-inibitori.

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BETA-BLOCCANTI

Agiscono antagonizzando gli effetti del sistema adrenergico sui recettori beta.

I recettori beta comprendono tre sottopopolazioni:

β1. Sono recettori extragiunzionali, stimolati egualmente da adrenalina e noradrenalina,

prevalentemente localizzati a livello del miocardio ventricolare sinistro, nella tunica media delle

arterie coronariche, nel grasso addominale e nel rene. Nel meccanismo di trasduzione del segnale

sono accoppiati con una proteina Gs che attiva l‟adenilciclasi, quindi l‟AMP ciclico attiva la

proteinchinasi A che consente attraverso processi di fosforilazione la regolazione dell‟attività di

numerose proteine ed enzimi. A livello cardiaco la stimolazione beta1 adrenergica si traduce in

aumento della contrattilità (per aumento del calcio citosolico), maggiore efficacia della diastole,

aumento della frequenza cardiaca e della velocità di conduzione atrio-ventricolare; a livello delle

cellule iuxtaglomerulari in aumento della produzione di renina.

β2. Sono recettori pre e post-sinaptici con maggiore affinità di legame per l‟adrenalina, accoppiati a

proteine Gs ed al sistema effettore dell‟AMPc. I primi mediano la facilitazione del rilascio di

noradrenalina dalle terminazioni nervose, i secondi sono localizzati: a livello della muscolatura

liscia vascolare, bronchiale, uterina, gastrointestinale di cui mediano il rilasciamento; a livello degli

epatociti dove stimolano la glicogenolisi e la gluconeogenesi; a livello delle fibre muscolari

scheletriche dove promuovono la glicogenolisi e l‟uptake di potassio.

β3. Sono prevalentemente localizzati nel tessuto adiposo dove stimolano la lipolisi.

In relazione alla loro azione sui recettori, i betabloccanti vengono classificati come:

-Non selettivi per sottotipi recettoriali, detti anche non cardioselettivi, tra cui Propranololo,

Timololo, Nadololo, Pindololo.

-Selettivi per i beta1-recettori, cardioselettivi, come Metoprololo, Atenololo, Bisoprololo,

Acebutololo, Esmololo, Nebivololo.

-Con debole attività stimolante (agonista parziale) cronotropa positiva e vasodilatatrice che si

manifesta quando il tono simpatico è basso (a riposo); tra cui, tra i selettivi, Acebutololo, e tra i

non-selettivi, Pindololo

-Con attività antagonista sui recettori alfa1 e beta1 come Carvedilolo e Labetalolo (con attività

vasodilatatrice).

Il blocco selettivo dei beta1 recettori offre vantaggi clinici quali: minore probabilità di

broncocostrizione, minore influenza sul quadro lipidico e glicemico e sulle vasculopatie periferiche.

Effetti del beta blocco: L‟effetto farmacologico consiste nella prevenzione della risposta alla

stimolazione delle catecolamine soprattutto a livello cardiaco. Generalmente si conviene circa

l‟assenza di un tono beta-adrenergico miocardico, vascolare e bronchiale, pertanto, il blocco

recettoriale si manifesta quando l‟attività simpatica è aumentata: per cause patologiche, nell‟attività

fisica o nello stress.

Gli effetti emodinamici comprendono: riduzione della portata cardiaca, della pressione arteriosa

sistolica e diastolica, prolungamento della diastole con miglioramento della perfusione coronarica,

riduzione del consumo miocardico di ossigeno. Hanno attività cronotropa negativa, dromotropa

negativa, e riducono l‟automatismo cellulare. Il blocco dei beta recettori dell‟apparato

iuxtaglomerulare previene il rilascio di renina, quindi la formazione di angiotensina II e il rilascio di

aldosterone indotti dalla stimolazione simpatica. Gli effetti metabolici sono complessi dipendono

prevalentemente dal blocco beta2. La beta2 stimolazione aumenta la captazione di potassio nella

muscolatura scheletrica, il beta blocco, riducendo questo processo aumenta il livello basale della

potassiemia, meccanismo accentuato nelle situazioni di stress, ad esempio il post-infarto, in cui

l‟effetto dei betabloccanti risulta protettivo per il rischio di aritmie da ipopotassiemia. La

stimolazione adrenergica si associa ad iperglicemia mediata dagli alfa recettori, l‟azione sui beta2

recettori comporta effetti opposti sulla glicemia, un aumento della secrezione insulinica ma un

incremento della glicogenolisi e gluconeogenesi. Nei pazienti diabetici in trattamento con

ipoglicemizzanti orali la contemporanea somministrazione di betabloccanti attenua l‟effetto dello

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ipoglicemizzante per il prevalere dell‟attività inibitoria sulla secrezione insulinica; nei pazienti in

terapia insulinica prevale l‟effetto opposto di inibizione della gluconeogenesi e glicogeno lisi,

provocati dal beta-blocco, con incremento dell‟effetto ipoglicemizzante. In merito al metabolismo

lipidico, i beta 2 recettori stimolano l‟enzima lipasi nel tessuto adiposo, il betablocco non selettivo

attenua questo effetto con conseguente aumento dei trigliceridi e delle HDL, mentre il colesterolo

totale e le LDL rimangono immodificati; tali modificazioni sono di scarsa entità con i beta1

selettivi.

Indicazioni Cardiopatia ischemica (angina da sforzo; angina instabile; IMA; post-IMA).

Insufficienza cardiaca cronica, in cui i beta-bloccanti sono riconosciuti come componente essenziale

del trattamento. Gli studi hanno documentato una riduzione della mortalità per metoprololo,

carvedilolo, bisoprololo, nebivololo, con effetti positivi sulla funzione ventricolare sinistra, sul

rimodellamento, miglioramento dei sintomi, riduzione delle ospedalizzazioni.

Ipertensione arteriosa, il meccanismo antipertensivo è multiplo: riduzione della portata cardiaca,

riduzione della produzione di renina e a lungo termine riduzione delle resistenza vascolari

periferiche.

Aritmie: trattamento delle aritmie associate a tireotossicosi o eccessiva stimolazione adrenergica;

controllo della frequenza di flutter e fibrillazione atriale, tachicardie sopraventricolari;

rallentamento/interruzione di AVNRT; trattamento di aritmie ventricolari; aritmie post-infartuali;

aritmie indotte dalla digitale; aritmie associate a QT lungo.

Cardiomiopatia Ipertrofica e Dilatativa.

Indicazioni non cardiache all‟uso dei betabloccanti sono rappresentate dall‟ipertiroidismo,

dall‟emicrania, dal glaucoma, gli stati d‟ansia, dall‟astinenza da alcool, dall‟acatisia, dalla

prevenzione delle emorragie dell‟alto tratto gastrointestinale nei pazienti con cirrosi epatica e varici

esofagee.

Farmacocinetica Importante caratteristica chimica che condiziona la farmacocinetica è la

lipo/idrosolubilità delle diverse molecole di questa classe. I beta bloccanti liposolubili (carvedilolo,

propanololo, timololo, metoprololo, nebivololo, acebutololo, pindololo) presentano un rapido e

completo assorbimento gastrointestinale, un elevato legame alle proteine plasmatiche, ampi volumi

di distribuzione, con passaggio della barriera ematoencefalica; vengono metabolizzati a livello

epatico dal citocromo P450, hanno breve emivita. I composti idrosolubili (atenololo, esmololo,

labetalolo, nadololo) possiedono un incompleto e lento assorbimento gastrointestinale, ridotto

legame alle proteine plasmatiche, minore distribuzione tissutale; prevalentemente eliminati

immodificati nelle urine, hanno lunga emivita che ne consente la monosomministrazione

giornaliera.

Effetti collaterali Esaltazione degli effetti cardiaci: bradicardia; blocchi atrio-ventricolari; eccessivo

effetto inotropo negativo. Ridotta tolleranza allo sforzo e affaticabilità, per riduzione della gittata

cardiaca, diminuzione del flusso ematico muscolare e alterazioni metaboliche, meno influenzate dai

composti cardioselettivi. Effetti sulla circolazione periferica con comparsa di estremità fredde e

peggioramento della claudicatio. Broncocostrizione nei pazienti asmatici. Effetti sul sistema

nervoso centrale: sonnolenza, ridotta capacità di concentrazione, allucinazioni, depressione.

Disfunzioni sessuali. Effetti negativi sul controllo glicemico e sul metabolismo lipidico.

Sono pertanto deducibili le condizioni cliniche che costituiscono controindicazione assoluta alla

somministrazione di beta-bloccanti: bradicardia severa, blocco AV di II e III grado; insufficienza

cardiaca acuta; shock cariogeno; angina di Prinzmetal; asma grave; claudicatio, gangrena;

depressione grave; si raccomanda cautela invece nell‟asma lieve e nella BPCO (composti selettivi);

nelle arteriopatie periferiche, nella sindrome di Raynaud, nel diabete mellito (composti selettivi),

nell‟insufficienza renale.

Interazioni farmacologiche Verapamil e Dilatiazem, incremento della depressione della funzione

miocardica e della conduzione AV

Digitale, bradicardia

FANS, riduzione dell‟azione antipertensiva

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Prazosina, aumento dell‟effetto prima dose della prazosina

Clonidina, maggiore crisi ipertensiva da sospensione di clonidina

Barbiturici e Rifampicina, riduzione della concentrazione ematica dei

beta bloccanti liposolubili

Cimetidina, incremento della concentrazione ematica dei betabloccanti

liposolubili

Sali di alluminio e Colestiramina, riduzione dell‟assorbimento dei

betabloccanti

Warfarin, aumento della concentrazione ematica dell‟anticoagulante.

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CALCIO-ANTAGONISTI

L‟ Organizzazione Mondiale della Sanità ha definito 6 classi di calcio-antagonisti:

Fenilalchilamine: Verapamil e derivati

Benzotiazepine: Diltiazem

Diidropiridine: Nifedipina, Nicardipina, Nimodipina, Nitrendipina, Felodipina, Amlodipina,

Lacidipina, Lercanidipina, Manidipina, Barnidipina.

Piperazine: Flunarizina, Cinnarizina

Prenilamina

Perexilina ed altri.

Solo i primi 3 gruppi sono selettivi per i canali del calcio

I calcio antagonisti esplicano i loro effetti farmacologici bloccando i canali del calcio voltaggio-

dipendenti presenti nella membrana plasmatica ed impedendo l‟ingresso del catione nella cellula.

I canali del calcio sono strutture proteiche complesse che presentano vari siti di legame per

trasmettitori, farmaci, sostanze biologiche che ne regolano le configurazioni molecolari e quindi il

funzionamento. I canali di membrana voltaggio dipendenti consentono l‟ingresso di calcio nella

cellula in base ai valori del potenziale endocellulare che determina modificazioni della loro

conformazione: configurazione di riposo, di apertura, di inattivazione. Sono stati identificati diverse

sottopopolazioni di canali ionici del calcio, i principali sono: i canali L, localizzati nel tessuto

muscolare (cardiaco, dei vasi) e nei neuroni, caratterizzati da lunga durata di apertura, elevata

conduttanza ed alta soglia di attivazione, accoppiati al rilascio intracellulare di calcio dal reticolo

sarcoplasmatico, sensibili ai calcio-antagonisti; canali T, localizzati a livello neuronale, negli atri e

nel tessuto di conduzione cardiaco, hanno breve durata di apertura, bassa conduttanza, bassa soglia

di attivazione, legano alcune tossine ma non i calcio-antagonisti.

Nelle cellule muscolari e nervose il Ca++

riveste un duplice ruolo: trasferisce cariche positive che

contribuiscono alla depolarizzazione, funge da messaggero citoplasmatico di stimoli giunti sui

recettori, innescando risposte biochimiche e meccaniche tra cui i processi di contrazione e della

secrezione.

La proprietà farmacologica comune dei calcio-antagonisti diidropiridinici e non diidropiridinici è

l‟inibizione selettiva dei canali L nella muscolatura liscia vasale e nel miocardio che riduce la

disponibilità di calcio per l‟apparato contrattile, con il risultato di produrre vasodilatazione e effetto

inotropo negativo. A dosi terapeutiche le diidropiridine sono più attive a livello vascolare mentre le

fenilalchilamine e le benzodiazepine a livello cardiaco.

Indicazioni I calcio-antagonisti diidropiridinici inducono per vasodilatazione arteriolare riduzione

delle resistenze vascolari periferiche, configurandosi come eccellenti agenti antipertensivi.

Il Verapamil ed il Diltiazem sono vasodilatatori meno potenti; mentre la loro azione sul nodo seno-

atriale e sul nodo atrio-ventricolare li rende importanti agenti antiaritmici (effetto cronotropo

negativo; dromotropo negativo): interruzione di TPSV, controllo della frequenza nel fluter e

fibrillazione atriale.

Importante proprietà comune alle due classi è la vasodilatazione coronarica che aumenta l‟apporto

di O2 al miocardio; la riduzione del post-carico (effetto comune) e la riduzione della frequenza

cardiaca (verapamil e diltiazem) determinano inoltre una diminuzione delle richieste di O2

miocardiche, rendendo questi farmaci agenti efficaci nel trattamento dell‟angina. Indicazione

all‟uso dei calcio antagonisti diidropiridinici è l‟angina cronica stabile, mentre nel capitolo della

cardiopatia ischemica (angina instabile, vasospastica; IMA; post-IMA) una applicazione maggiore

hanno i calcio-antagonisti non didiropiridinici anche se oggi subordinato ai beta-bloccanti e

comunque in assenza di insufficienza cardiaca.

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CALCIO-ANTAGONISTI DIIDROPIRIDINICI.

Tutte le DHP determinano vasodilatazione arteriolare, hanno minore effetto inotropo negativo sul

miocardio, hanno effetto trascurabile sui nodi SA e AV. La riduzione pressoria provoca un rapido

riflesso adrenergico con tachicardia e attivazione del sistema renina-angiotensina, maggiore dopo

una singola dose e per le molecole di più vecchia generazione. All‟azione antipertensiva

contribuisce anche un effetto natriuretico iniziale dovuto ad una inibizione tubulare diretta del

riassorbimento di sodio e ad un aumento del flusso ematico renale, nonostante la riduzione

pressoria, per dilatazione dell‟arteriola afferente. Al contrario dei diuretici e dei beta-bloccanti che

presentano interazione negativa con il metabolismo glucidico e lipidico, gli studi clinici hanno

documentato: l‟assenza di effetti sulla sensibilità all‟insulina e sulla secrezione insulinica da parte

dei calcio-antagonisti, che risultano pertanto indicati nei pazienti ipertesi diabetici; e il loro ruolo

nel favorire la rimozione dei trigliceridi, stimolando l‟attività della lipoproteinlipasi per

vasodilatazione del letto capillare.

Farmacocinetica Prototipo delle DHP è la nifedipina, molecola di I generazione, rapidamente

assorbita per os, con rapido picco ematico e breve emivita (2-5 ore), metabolizzata a livello epatico,

(al primo passaggio per il 40% della dose) associata quindi ad importanti oscillazioni dei livelli

plasmatici. Allo scopo di indurre più lente e durature modificazione emodinamiche sono state nel

tempo formulate preparazioni a lento/controllato rilascio e sintetizzate molecole di II (nimodipina,

felodipina, nicardipina), III (amlodipina, nitrendipina) e IV (lacidipina, manidipina, barnidipina)

generazione, a più lunga emivita o intrinsecamente long acting. L‟amlodipina è il prototipo dei

calcio antagonisti a lunga durata d‟azione: possiede un lento assorbimento e lenta cinetica di

associazione/dissociazione dal recettore che spiegano la più graduale comparsa dell‟effetto e

assieme alla lunga emivita (35-48 ore) l‟effetto più prolungato; viene metabolizzata a livello

epatico. I calcio-antagonisti di più recente generazione sono prevalentemente composti liposolubili,

che si accumulano nel doppio strato lipidico cellulare (riserva) e rilasciati lentamente, presentano un

lento inizio e lunga durata d‟azione. L‟obiettivo, nel tempo, è stato quello inoltre di selezionare

composti che oltre a modificazioni pressorie graduali e di lunga durata inducessero anche minori

effetti collaterali e minore attività simpatica, correlata quest‟ultima alla velocità più che alla entità

della vasodilazione.

Effetti collaterali Legati all‟azione vasodilatatrice: cefalea, flushing, vertigini, ipotensione grave,

edema malleolare, palpitazioni, esacerbazione di angina. Effetti gastrointestinali: nausea, stipsi,

vomito, dispepsia, dolori addominali; reflusso gastroesofageo. Vari: crampi muscolari (nifedipina

ad alte dosi); alterazioni della funzione epatica (nimodipina); iperplasia gengivale; sonnolenza;

reazioni allergiche; aumento del rischio di sanguinamento per ridotta aggregabilità piastrinica.

Per i non diidropiridinici: blocco AV; bradicardia; arresto SA; insufficienza cardiaca

In rari casi di ostruzione coronarica molto grave la nifedipina può aggravare l‟angina per eccesiva

ipotensione e tachicardia riflessa. Per tale ragione l‟associazione con beta-bloccante è efficace e

superiore alle DHP isolatamente.

Le preparazioni a lento rilascio e i farmaci di più recente generazione sono associati a minori effetti

collaterali.

Interazioni farmacologiche I calcio antagonisti vengono metabolizzati a livello epatico dal

citocromo P450, di cui inibiscono l‟attività. In particolare Verapamil e Diltiazem inibiscono il

metabolismo di Ciclosporina, Carbamazepina, Fenitoina, Teofillina, Imipramina. Il metabolismo dei

calcio antagonisti è a sua volta inibito da Antimicotici, Eritromicina, Ritonavir, Cimetidina, Succo

di pompelmo e altri; e indotto da Carbamazepina, Fenitoina, Rifampicina, Fenobarbitale.

Specifiche interazioni: Digossina e Verapamil, Nitrendipina, Felodipina, aumento della

concentrazione ematica della digossina

Beta-bloccanti con Verapamil e Diltiazem, potenziamento dell‟effetto

inotropo e cronotropo negativo

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ACE INIBITORI E SARTANI

Queste due classi di farmaci agiscono sul sistema RENINA- ANGIOTENSINA-ALDOSTERONE.

La Renina è un enzima proteolitico prodotto dalle cellule dell‟apparato iuxtaglomerulare renale, la

cui secrezione è regolata positivamente da: riduzione della pressione nell‟arteriola afferente

(ipotensione); iposodiemia; stimolazione beta-adrenergica. La renina agisce con attività proteolitica

sull‟Angiotensinogeno, globulina circolante prodotta dal fegato, formando il decapeptide

Angiotensina I. L‟angiotensina I viene trasformata, per l‟azione dell‟enzima di conversione (ACE)

che sottrae 2 amminoacidi dalla porzione C-terminale, nell‟octapeptide Angiotensina II.

L‟ACE è una metalloproteasi che utilizza lo zinco come coenzima, la cui attività è stata riscontrata

soprattutto a livello dell‟endotelio vascolare polmonare ma, che è presente in molti distretti

vascolari e tissutali (polmone, neuro epitelio, cuore..). L‟enzima di conversione non agisce soltanto

sulla conversione dell‟ angiotensina, ma inattiva la bradichinina che agendo su recettori endoteliali

induce aumento di NO e prostaciclina con effetto vasodilatatorio e antirombotico.

L‟angiotensina II promuove a livello della corticale del surrene la secrezione di Aldosterone quindi

favorisce la ritenzione idrosalina; e soprattutto induce per azione diretta sulla muscolatura liscia

vasale vasocostrizione. Gli effetti dell‟angiotensina II sono complessi e mediati da due classi di

recettori: AT1 e AT2.

I recettori AT1 sono localizzati a livello vasale, cerebrale, cardiaco, renale, nervoso. La loro

stimolazione determina:

Vasocostrizione (preferenzialmente coronarica, renale, cerebrale)

Ritenzione idro-salina (aldosterone; aumento del rilascio di vasopressina)

Soppressione della renina (effetto feed-back negativo)

Stimolazione della ipertrofia dei miociti e della muscolatura liscia

Stimolazione della fibrosi vascolare e miocardica

Effetto cronotropo positivo/aritmogeno

Effetto inotropo positivo

Attivazione del sistema simpatico (incremento del rilascio di neurotrasmettitore; attivazione

centrale)

Stimolazione dell‟inibitore dell‟attivatore tissutale del plasminogeno (inibizione della

fibrinolisi)

Stimolazione della formazione di anione superossido e della lipoperossidazione (effetto pro-

aterosclerotico)

Azione pro-infiammatoria.

I recettori AT2 sono localizzati a livello cardiaco, cerebrale, miometriale, fetale. La loro

stimolazione è associata a :

Effetto antiproliferativo

Inibizione della crescita cellulare

Differenziazione cellulare

Riparazione tissutale

Apoptosi

Vasodiltazione

Sviluppo del rene e vie urinarie

Sono up-regolati in presenza di aterosclerosi, ischemia, infarto, scompenso cardiaco.

Non tutta l‟angiotensina II circolante si forma come risultato dell‟attività ACE, esistono infatti vie

alternative ace-indipendenti che coinvolgono proteasi seriniche.

Oltre al sistema circolante molti tessuti come l‟utero, la placenta, il tessuto vascolare, il cuore,

l‟encefalo, il rene, la corticale del surrene, possiedono un sistema renina-angiotensina locale in

grado di produrre angiotensina II cronicamente.

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ACE-INIBITORI

Comprendono diverse molecole, tra le quali: CAPTOPRIL, DELAPRIL, ENALAPRIL,

FOSINOPRIL, LISINOPRIL, PERINDOPRIL, QUINAPRIL, RAMIPRIL, TRANDOLAPRIL,

ZOFENOPRIL.

Agiscono inibendo l‟enzima di conversione dell‟angiotensina I quindi riducendo la produzione di

angiotensina II e aldosterone e inibendo i loro molteplici effetti; aumentano inoltre la sintesi di

bradichinina.

Gli effetti ascrivibili agli ace-inibitori sono:

Vasodilatazione; diminuzione della pressione arteriosa sistolica e diastolica

Regressione della ipertrofia ventricolare

Regressione della proliferazione della muscolatura liscia vascolare

Stabilizzazione della placca

Effetto antiadrenergico

Aumento degli effetti di PG e NO

Miglioramento dell‟emodinamica renale nell‟ipertensione, diabete, sindrome nefrosica

Indicazioni Ipertensione arteriosa, particolarmente raccomandati in pazienti con IMA, diabete

mellito, insufficienza renale cronica, scompenso cardiaco, stroke, fibrillazione atriale, multipli

fattori di rischio; non provocano effetti negativi sull‟asseto lipidico e glucidico né iperuricemia.

Post-infarto, raccomandati in tutti i pazienti nelle prime 24 ore, associati ad una riduzione della

mortalità e riduzione della progressione verso l‟insufficienza cardiaca.

Scompenso cardiaco cronico, in tutti gli stadi; associati a miglioramento della sopravvivenza, dei

sintomi, della capacità funzionale e a riduzione delle ospedalizzazioni.

Nefropatia diabetica

Farmacocinetica Le molecole appartenenti a questa classe si distinguono per alcune caratteristiche

che determinano il comportamento farmacocinetico e le proprietà farmacodinamiche:

-gruppo chimico che lega l‟ACE

-affinità per l‟ACE

-capacità di inibire ACE tissutale

-profarmaco

-liposolubilità

-via di eliminazione

-potenza

Fatta eccezione per il Captopril ed il Lisinopril le altre molecole sono pro-farmaci, attivi a seguito

di metabolismo epatico, con il vantaggio di un più lento raggiungimento del picco ematico e di

maggiore persistenza plasmatica. Il più liposolubile è il Fosinopril, il più idrofilo il Lisinopril; alta

liposolubilità anche per Trandolapril, Quinapril, Ramipril, proprietà che dovrebbe favorire l‟azione

sull‟ACE tissutale. La presenza del gruppo carbossilico (Enalapril, Ramipril, Lisinopril,

Perindopril, Trandolapril), rispetto al gruppo sulfidrilico (Captopril, Zofenopril) e fosforile

(Fosinopril) assicura una maggiore capacità di legame all‟ACE, quindi una maggiore potenza

inibitoria. La via di eliminazione è prevalentemente renale; l‟escrezione epatica riveste un ruolo

importante soprattutto per Fosinopril, ma anche per Zofenopril.

Effetti collaterali Ipotensione soprattutto osservata alla prima somministrazione e nei pazienti

anziani. Tosse secca, da accumulo di bradichinina e prostaglandine, disturbo frequente.

Angioedema della lingua, bocca, laringe, raro ma potenzialmente letale. Deterioramento della

funzione renale in pazienti con ipoperfusione cronica (ipovolemia, SCC, stenosi arteria renale)

Iperpotassiemia. Disturbi del gusto. Neutropenia più frequentemente correlata al Captopril. Rush

cutanei, eruzioni maculopapulomatose pruriginose.

Controindicazioni alla somministrazione sono pertanto: shock, ipotensione, stenosi bilaterale arteria

renale, gravidanza, edema angioneurotico.

Interazioni farmacologiche: Diuretici risparmiatori di potassio, aumento della potassiemia

FANS ed ASA, riduzione dell‟effetto antipertensivo

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Antiacidi, riduzione della biodisponibilità degli ace-inibitori

Digossina e Litio, aumento della loro concentrazione ematica

Farmaci immunosoppressori, depressione midollare

Morfina, incremento dell‟analgesia e della depressione respiratoria

(per inibizione della degradazione dell‟enkefalina)

Specifiche interazioni: Quinapril e Tetracicline, riduzione dell‟assorbimento delle tetracicline

Captopril e Probenecid, aumentata concentrazione del captopril.

SARTANI (Angiotensin II Recettor Blockers, ARBs)

Comprendono diverse molecole tra le quali: Candesartan, Eprosartan, Irbesartan, Losartan,

Olmesartan, Telmisartan, Valsartan.

Agiscono come antagonisti dell‟angiotensina II sui recettori AT1. Il meccanismo d‟azione assicura

una più efficace e sicura inibizione degli effetti dell‟angiotensina II rispetto agli ace-inibitori,

soprattutto tenendo conto della potenziale sintesi di angiotensina II attraverso vie secondarie ace-

indipendenti. Inoltre non antagonizzano l‟attività del recettore AT2 che, stimolato dall‟aumentata

concentrazione di angiotensina II, può contribuire all‟effetto farmacologico (vasodilatazione, effetto

antiproliferativo, differenzazione cellulare).

Gli effetti farmacologici dei sartani risultano quindi dalla INIBIZIONE di:

Contrazione delle fibrocellule muscolari lisce

Risposte pressorie

Secrezione di aldosterone

Tono simpatico

Rilascio di vasopressina

Ipertrofia ed iperplasia cellulare

Indicazioni Ipertensione arteriosa, efficacia paragonabile agli ace-inibitori con minori effetti

collaterali. Scompenso cardiaco, in pazienti intolleranti agli ace-inibitori, o in terapia di

associazione per un miglior controllo neuroumorale ed emodinamico. Nefropatia diabetica in

pazienti con diabete mellito tipo II.

I vari ARBs differiscono tra loro per caratteristiche strutturali, proprietà farmacocinetiche, affinità

del legame con AT1 e tempi di dissociazione, natura competitiva o non competitiva del legame.

Gli antagonisti competitivi (Eprosartan, Losartan) possono vedere sormontato il loro legame con

AT1 da concentrazioni elevate di Angiotensina II, con la conseguenza di una minore durata

d‟azione e la necessità di più somministrazioni giornaliere; l‟effetto degli antagonisti non

competitivi (Olmesartan, Telmisartan, Valsartan, Candesartan, Irbesartan) non è influenzato dai

livelli di angiotensinaII.

Farmacocinetica Losartan, Candesartan e Olmesartan sono somministrati come profarmaci. Il

metabolita attivo del Losartan viene prodotto a seguito di metabolismo epatico (citocromo P450), ha

emivita di 6-9 ore, ha escrezione prevalentemente fecale. La forma attiva del Candesartan viene

generata durante il processo di assorbimento gastrointestinale, ha emivita di 9 ore, prevalentemente

escreto con le feci. L‟Olmesartan attivo viene prodotto a livello gastrointestinale, ha lunga emivita

12-18 ore, eliminazione per il 40% renale e 60% biliare. Gli altri ARBs non necessitano di

biotrasformazione per esercitare la loro attività: l‟Irbesartan ha una lunga emivita, 11-15 ore,

elevata biodisponibilità, metabolismo epatico, escrezione prevalentemente biliare; il Valsartan, ha

emivita di 6 ore, l‟assunzione con il cibo può influenzare l‟assorbimento riducendolo, viene escreto

prevalentemente per via biliare in gran parte immodificato; il Telmisartan possiede la più lunga

emivita, 24 ore, ed il più ampio volume di distribuzione, il suo assorbimento può essere lievemente

ridotto dall‟assunzione di cibo, viene escreto per via biliare immodificato.

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Effetti collaterali I sartani sono ben tollerati, provocano meno frequentemente rispetto agli ace-

inibitori tosse ed angioedema; possibile ipercalcemia.

Sono controindicati in gravidanza per potenziale tossicità fetale, nella stenosi bilaterale dell‟arteria

renale. Cautela in pazienti con grave insufficienza epatica e renale.

Interazioni farmacologiche Antimicotici, succo di pompelmo, inibizione del metabolismo epatico

Rifampicina, aumento del metabolismo epatico

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

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Rakel RE, Bope ET (2003). Conn’s Current Therapy, 54° edizione. Salerno. Momento

Medico.