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ANNO LI NUMERO 1 · 1.800 genitori, dipinge uno scenario dominato da un uso diffuso e inten-so delle nuove tecnologie digitali. 2. Giovani: “digitali nati”? Le considerazioni

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ANNO LI NUMERO 1 • GENNAIO/APRILE 2013Poste Italiane Spa

Sped. in abb. postale d.l. 353/2003 (conv. in l. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2 DCB Roma

PONTIFICIA FACOLTÀ DI SCIENZE DELL'EDUCAZIONE AUXILIUM

RIVISTADISCIENZEDELL’EDUCAZIONE

EDITORIALE

Proporre e promuovere una pedagogia della paceRachele Lanfranchi 6-11

Beati gli operatori di pace.Messaggio di sua santità Benedetto XVIper la celebrazione della XLVIGiornata mondiale della pace1 gennaio 2013 12-21

DOSSIER

IL PENSARE CRITICOIN EDUCAZIONE

Introduzione al DossierRachele Lanfranchi 24-25

Insegnare/apprendere a pensare. Alcuni presupposti pedagogico-didattici Chang Hiang-Chu Ausilia 26-47

Don Lorenzo Milani: un maestro che educa al pensiero criticoRachele Lanfranchi 48-70

Come si apprende nel tempo della Rete.Esplorare, condividere, esprimersi, partecipare...Maria Antonia Chinello 71-88

2 PONTIFICIA FACOLTÀ DI SCIENZE DELL’EDUCAZIONE AUXILIUM

SOMMARIO

3RIVISTA DI SCIENZE DELL’EDUCAZIONE • ANNO LI NUMERO 1 GENNAIO/APRILE 2013

SISTEMA PREVENTIVO OGGI

IntroduzionePiera Ruffinatto 90-91

La questione antropologica interpella il Sistema preventivo oggi Maria Spólnik 92-120

ALTRI STUDI

I giovani e Maria nelle GMG con Giovanni Paolo IIMarcella Farina 122-138

Teresa Valsé tra le ragazze di Roma Trastevere.Appunti dalle testimonianze nella PositioGrazia Loparco 139-153

RECENSIONI E SEGNALAZIONI 156-168

LIBRI RICEVUTI 170-174

COME SI APPRENDENEL TEMPODELLA RETE.ESPLORARE, CONDIVIDERE, ESPRIMERSI, PARTECIPARE...

MARIA ANTONIA CHINELLO

Si coglie una provocazione nel titolodi un libro in cui l’autore si chiede se«Internet ci rende stupidi?», se cioèla Rete, oltre alla rapidità di informa-zione e alla centralità della relazione,non stia modificando anche il nostrocervello, rendendoci superficiali, in-capaci di pensare criticamente. È l’interrogativo che guida il presen-te contributo. La realtà ci riporta unasituazione in chiaro-scuro, dove i ra-gazzi vivono in Rete, nella Rete, perla Rete: ma la loro mente sta vera-mente mutando? La metafora dei “nativi digitali”, effi-cace senza dubbio, non sollecitapiuttosto la presenza dell’adulto,“mediatore educativo” di un saperee di una saggezza da consegnare al-le nuove generazioni? I giovani sem-brano alfabetizzati riguardo all’usodelle tecnologie digitali, ma quantola padronanza delle pratiche è sup-portata da reali competenze, nonsolo tecniche? Al di là del divario ge-nerazionale, è importante che adultie giovani diventino cittadini attivi epartecipi. Insieme. Oggi e domani.Dentro e fuori la Rete.

Introduzione

Sommersi da televisori al plasma,cellulari ultra accessoriati, lettori mp3,videogiochi, computer, iPad, iPod, ta-blet e netbook, connessioni wirelesse bluetooth… I ragazzi di oggi1 fatica-no a immaginare una giornata off, di-sconnessa dalla Rete, non hanno maiprovato a cercare una cabina per te-lefonare a casa, non hanno vissuto do-meniche di pioggia non riempite dalgioco della Play Station, non conosco-no un altro modo per tessere la fittarete di relazioni, appuntamenti, even-

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ti che non siano i “messaggini” e gli“squilli”. Possono pensare che “il”mondo dei loro genitori, insegnanti,educatori sia esistito tanto tempo fa…Colpa di Internet e di Facebook, deivideogiochi e delle Wii se i ragazzi og-gi hanno in bocca non più di 600 vo-caboli, se preferiscono leggere un te-sto al computer piuttosto che su unlibro, se navigano in Internet per oresenza avvertire la stanchezza (anchese ammettono che spesso si dimen-ticano cosa stavano cercando), sesembrano legati al cellulare come alcordone ombelicale, se appaiono as-senti perché persi dietro alla musicasparata dagli auricolari degli iPod, sesembrano non “pensare” e “pesare”le conseguenze dei messaggi che“postano” su Facebook o dei clip checaricano su YouTube, se, per rende-re meno noiose le ore di studio, con-temporaneamente monitorano i mo-vimenti degli amici sui social net-work, scambiano con loro due chiac-chiere su Instant Messaging (IM), ve-dono MTV sul portatile, ascoltanomusica e messaggiano sul cellulare?Ricerche sembrano rilevare che l’at-tenzione richiesta dai prodotti multi-mediali affatica ulteriormente le nostrefacoltà cognitive, riducendo le capa-cità di apprendere e indebolendo lacomprensione.2

La difficoltà non può essere la comu-nicazione multimediale, perché l’ap-prendimento integrato da vari lin-guaggi rafforza l’attività stessa di im-parare. Il problema, secondo alcuniautori, è da ricercare nell’impostazio-ne stessa della Rete che non nasceda intenti pedagogici e non è stata co-struita a scopi didattici.3 D’altra par-te, anche gli adulti hanno modificato

il modo di leggere, scrivere, informar-si, ricercare: l’icona della posta elet-tronica è attiva per avvisarci dell’arri-vo di un nuovo messaggio, la possi-bilità di essere raggiunti e confrontar-ci costantemente su Skype, il cellula-re “silenziato” durante i raduni, la let-tura in diagonale (per qualcuno solodei titoli) dei giornali online, GoogleMap come satellitare e nuovo indiriz-zario stradale, ancora Google comeancora di salvezza per verificare, con-trollare, sapere, trovare…Questa è “la” normalità, l’habitat in cuiviviamo. Ed è la normalità soprattut-to per i giovani e giovanissimi: «Noisiamo cresciuti con internet e su in-ternet. È questo a renderci diversi, èquesta la differenza fondamentale, perquanto sorprendente dal punto di vi-sta di chi ha qualche anno di più: noinon «navighiamo» e internet per noinon è un «luogo» o uno «spazio vir-tuale». Internet per noi non è qualco-sa di esterno alla realtà, ma ne è unaparte, uno strato invisibile ma semprepresente e strettamente intrecciato al-l’ambiente fisico. Noi non usiamo internet, viviamo suinternet e ci muoviamo con lei. Sia-mo la generazione digitale».4 Unaconferma, senza mezzi termini, chel’appartenenza al “continente digita-le” definisce l’identità e la relazione deigiovani, che la loro comunicazionepassa ormai attraverso reti di parolee riti di relazione. Eppure, e non è solo percezione, è unacomunicazione stentata quella che siinstaura tra giovani e adulti, un’inte-razione che procede tra incompren-sioni reciproche, mentre la sempre piùrapida innovazione e diffusione delletecnologie digitali aumenta la distan-

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Riassunto

L’articolo si interroga se, in untempo in cui i “nati digitali” vivonoin Rete, nella Rete, per la Rete, lamente dei ragazzi stia veramentemutando, tanto da renderli incapa-ci di apprendere e pensare? La metafora dei “nativi digitali”, ef-ficace senza dubbio, non sollecitapiuttosto la presenza dell’adulto,“mediatore” di un sapere e di unasaggezza da consegnare alle nuo-ve generazioni? I giovani sembrano essere padronidelle pratiche relative all’uso delletecnologie digitali ma non è sicuroche tali pratiche siano anche sup-portate da reali competenze. È questo il punto: al di là delle ap-partenenze generazionali, è impor-tante che adulti e giovani diventinocittadini attivi e partecipi. Dentro e fuori la Rete.

Summary

This article poses the question: inthis time in which “digital natives”live in Internet, in network, for In-ternet, is their mentality reallychanging so much as to makethem incapable of learning andthinking? Doesn’t the metaphor of“digital natives”, so efficacious initself, solicit the presence of anadult “mediator” who has wisdomto hand on to the new genera-tions? The young seem to be mas-ters of all that is related to the useof digital technology, yet we arenot sure that it means they aresupported by real competence inthis area. This is the point: beyond genera-tional belonging, it is important foradults and young people to be-come active participatory citizensboth within and beyond Internet.

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za, là dove si presume di conoscer-si. Le difficoltà interessano non sololo spazio e il tempo delle relazioni edelle dinamiche familiari, ma anche lascuola, con l’allarme sulla “fine del li-bro” e dei sistemi di apprendimentoe di conoscenza basati su di esso, conl’inadeguatezza dei tradizionali pro-cessi di istruzione-formazione di fron-te alle nuove competenze richieste aglistessi docenti e allievi. Sono temi che alimentano le opinio-ni, condizionano gli esiti di indagini ericerche statistiche, contrappongono“tecnoentusiasti” e “catastrofisti”, lenuove categorizzazioni di apocalitticie integrati.

Oltre gli schieramenti, per noi è vin-cente l’approccio educativo per ricu-cire il dialogo tra i due mondi.

1. Giovani: “always on”

Già Platone, nel Fedro, sottolineavache l’introduzione e ancora di più l’uti-lizzazione di un mezzo di comunica-zione piuttosto che un altro modifica-va il modo di pensare e, più generi-camente, di vivere. La storia della comunicazione, dallascrittura alla nascita di Internet, evi-denzia come «ogni medium è carat-terizzato dalla capacità di influire suinostri sensi e di collegarsi ai nostri pro-cessi mentali ed espressivi».5

I sensi e di conseguenza i processimentali che si generano sono ridefi-niti, insieme all’agire e al comunica-re, dalla tecnologia. Si è consapevoli che i grandi muta-menti comportamentali degli ultimicinquant’anni si devono anche allagrande pervasività dei media,6 chestanno riordinando l’esistenza, fa-cendosi promotori di una nuova cul-tura, con visioni della realtà e della vi-ta, delle relazioni sociali e degli stes-si rapporti con il trascendente.7

Le ricerche di Eurispes-Telefono Az-zurro sulla condizione dell’infanzia edell’adolescenza da alcuni anni rile-vano con “pre-occupazione” educa-tiva la diffusione delle nuove tecno-logie, ma soprattutto il consumo e iprocessi di appropriazione tra i bam-bini e gli adolescenti. L’ultima indagi-ne conoscitiva, presentata nel genna-io 2013, conferma la pervasività deidispositivi digitali nella vita quotidia-na e riflette sulle sue ripercussioni ri-guardo all’utilizzo, agli stili di vita, al-le relazioni, ai processi cognitivi.8

Anche un’analisi condotta dal Cen-sis9 sui nativi digitali e l’impatto del-le nuove tecnologie sui sistemi di ap-prendimento, promossa dall’Asses-sorato alla Cultura della RegioneCalabria, e che ha interessato 2.300studenti delle scuole medie e supe-riori calabresi dagli 11 ai 19 anni e1.800 genitori, dipinge uno scenariodominato da un uso diffuso e inten-so delle nuove tecnologie digitali.

2. Giovani: “digitali nati”?

Le considerazioni di cui sopra, pos-sono indurci ad avvalorare l’ipotesi dichi coglie nel tessuto sociale una

spaccatura culturale tra i digital nati-ves (nativi digitali), coloro che sono na-ti nel mondo della tecnologia digita-le, e i digital immigrants (immigrantidigitali), coloro che vi sono stati pro-iettati da adulti. La classifcazione la si deve a MarcPrensky, un divulgatore scientificosviluppatore di videogiochi, che de-finisce appunto i nati tra la fine deglianni Novanta e l’inizio del Duemila di-gital natives in quanto esposti fin dal-la nascita ad una cultura visiva e del-l’immagine, dove hanno imparato aconvivere con molteplici schermi (te-levisione, computer, Play station, cel-lulare, ecc.): «I nostri studenti sonocambiati radicalmente. Gli studenti di oggi non sono piùquelli per cui il nostro sistema educa-tivo è stato progettato. Essi sono laprima generazione cresciuta con lenuove tecnologie. Hanno passato laloro intera vita usando ed essendo im-mersi in computer, videogame, ripro-duttori. Come dovremmo chiamarequesti “nuovi” studenti di oggi? L’appellativo più utile che ho trovatoè Nativi Digitali. I nostri studenti oggisono tutti “parlanti nativi” del linguag-gio digitale dei computer, dei video-game e di internet. I cervelli dei nati-vi digitali sono probabilmente fisica-mente differenti, effetto dell’input di-gitale che hanno ricevuto crescendo. Quelli tra noi che non sono nati nelmondo digitale ma che ne sono rima-sti affascinati ad un certo punto dellaloro vita e hanno adottato molti aspet-ti delle nuove tecnologie, sono consi-derabili come Immigrati Digitali […]».10

Le metafore suggerite sono suggesti-ve ed efficaci e hanno senza dubbioil merito di aver richiamato l’attenzio-

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ne sulla profonda differenza della no-stra epoca da quella precedente, do-vuta al fatto che la comprensione del-la realtà oggi è primariamente “visua-le” e non più “testuale”.11

In questi anni, la suddivisione tra “na-tivi” e “immigranti digitali” ha anima-to il dibattito accademico come purequello dell’opinione pubblica.12

Le riflessioni di Prensky sottolineanoin prima istanza la familiarità dei “na-tivi” nel maneggiare i dispositivi tec-nologici contrapponendola alla inca-pacità degli “immigranti”; tematizza-no il ritardo della scuola, e dei siste-mi formativi in genere, a risponderein modo innovativo alle “nuove” esi-genze e stili di apprendimento dei ra-gazzi; avanzano l’ipotesi che si stiaformando una nuova specie umana,con una modificazione a livello cere-brale, per cui il cervello dei “nativi”subisce un’alterazione dei collega-menti neurali, che trasforma i tradi-zionali divari generazionali in qualco-sa di nuovo: «Diversi tipi di esperien-ze portano a strutture cerebrali dif-ferenti […]. È molto probabile che lamente e lo stesso cervello dei nostristudenti siano cambiati - e siano di-versi dai nostri - a causa dell’ambien-te in cui sono cresciuti. Se questo è vero, possiamo dire concertezza che anche i loro modelli divedere e costruire il mondo sonocambiati».13

Una voragine chiamata brain gap: neibambini che hanno un’interazioneprecoce con la televisione e con ilcomputer le connessioni cerebrali sisviluppano in modo diverso rispet-to a chi esercita un’attività di letturae scrittura o un’attività corporea.14

Nella generazione che apprende

esplorando, prende decisioni sullabase dell’esperienza, interagisce ecomunica con estrema facilità con idispositivi e gli artefatti digitali,15

sembra che vada sviluppandosiun’intelligenza digitale, definita “op-zione click”, cioè la capacità di de-streggiarsi, imparare, scoprire, pren-dere decisioni basate sul codice bi-nario, il linguaggio proprio del digi-tale, dove l’attenzione è convoglia-ta a cogliere e a interagire con lo “sta-to” di acceso/spento; in/off; selezio-nato/deselezionato.16

3. Un mito da sfatare

La tesi di Prensky, e di chi sostiene latrasformazione dell’intelligenza su ba-si genetiche, secondo Rivoltella è una“neuromitologia”, in quanto pare che«la sovrainterpretazione del ruolo del-le neuroscienze nella comprensionedi alcuni fenomeni connessi con l’ap-prendimento abbia condotto negli ul-timi anni a fornire agli insegnanti in-dicazioni che in ultima analisi si dimo-strano prive di fondamento scientifi-co».17 Il “mito” si forma basandosi sul-l’osservazione del comportamento diragazzi e adolescenti, da cui si rica-vano, in questo caso specifico, alcu-ni elementi per avvalorare l’idea cheil loro funzionamento cerebrale sia dif-ferente delle precedenti generazioni. Le strade da percorrere per “smon-tare” il mito dei “nativi digitali” potreb-bero essere molteplici. A noi interessa l’approccio educativoin quanto, pur accogliendo come sug-gestiva questa distinzione tra “nativi”e “immigranti digitali”, è doveroso sot-tolineare che molti tra gli “immigran-ti digitali” sono in fase di diventare na-tivi, stanno cioè imparando il “linguag-

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gio”, gli “usi e i costumi” del “paesestraniero” in cui sono stati catapulta-ti, loro malgrado; inoltre, adulti e gio-vani trovano spesso nelle tecnologieun terreno di negoziazione, relazione,condivisione di interessi, idee, proget-ti (si pensi al cellulare, ai videogiochi,ai profili condivisi sui social network).18

Studiosi australiani19 avanzano unacritica seria e documentata alle tesidi Prensky riguardo all’esistenza o me-no di una generazione “digitale”, al-l’estrema dimestichezza che questadimostra nell’utilizzo dei dispositivi, e,infine, al fatto che i loro stili di appren-dimento siano strutturalmente diffe-renti da quelli degli adulti.In particolare, questi autori sottolinea-no come sia indebito includere nellacategoria dei “nativi digitali” tutti ibambini, ragazzi e adolescenti. Molte ricerche rilevano infatti differen-ze riguardo all’appropriazione, l’ac-cesso, l’utilizzo dei media, dei dispo-sitivi e delle piattaforme in quanto so-no determinanti le variabili socio-eco-nomiche, di età e di genere, per cui,spesso «C’è la stessa differenza al-l’interno della generazione dei natividigitali che tra le generazioni».20

Il multitasking, la capacità cioè di ge-stire contemporaneamente più attivi-tà (studiare, ascoltare musica sul-l’iPod, controllare gli squilli del cellu-lare, messaggiare con IM, ecc.) nonè appannaggio esclusivo di questagenerazione: alcuni decenni fa, la te-levisione e la radio erano il “sottofon-do” dei pomeriggi degli adolescen-ti. Oggi come allora, si evidenzia chetenere aperti più fronti di attenzionenon favorisce la concentrazione inquanto il cervello è impegnato a ge-stire molteplici stimoli.

Ancora, l’apprendimento è un proces-so dinamico e non si può né presu-mere né generalizzare che uno stilevenga adottato e messo in pratica daun’intera generazione. Infine, introdurre nuove tecnologienella scuola non equivale automatica-mente a innovazione dei processieducativi e formativi, ma soprattuttonon è possibile riprodurre, e sperimen-tare, nell’ambiente formale le carat-teristiche di informalità e ludicità chesono proprie dei dispositivi e degli am-bienti sociali digitali.Secondo gli autori, allora, l’espressio-ne “nativi digitali” funziona più comemetafora in sé, in quanto il termineriempie un vuoto semantico del lin-guaggio.21 La metafora viene utilizza-ta quando, per dare significato aquanto si sta dicendo, non si hannoa disposizione parole per descriverloadeguatamente. Dire che esistono i “nativi e gli immi-granti digitali” aiuta cioè a dare un no-me, semplificare e rappresentare, so-prattutto per il grande pubblico, icontorni di due generazioni e il loroconfronto dialettico. La metafora dei “nativi digitali” vieneamplificata dal sistema dei media, chene fa oggetto di attenzione tematicaenfatizzando la presenza, le caratte-ristiche, l’azione di un gruppo socia-le ritenuto significativo, perché rive-latore di comportamenti particolari.Secondo Bennet, Maton e Kervin cisi troverebbe in una situazione di“moral panic”,22 in quanto il fenome-no non riguarda la massa, ma il si-stema dei media che dilata il discor-so sociale. Attualmente però, sem-pre secondo questi autori, per il fat-to che tale metafora sia stata presa

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sul serio anche nel dibattito accade-mico, ci si troverebbe di fronte a un“academic moral panic”.23

Anche riguardo il versante neuro-scientifico è possibile smontare il mi-to della trasformazione del cervello.È, infatti, da escludere sul piano bio-logico il divario tra giovani e adulti.Studi e ricerche, anche longitudinali,lo smentiscono. Il divario generazionale si gioca apartire da cosa si intende per “plasti-cità del cervello”, cioè «la capacità deicircuiti nervosi di essere modificati nelcorso dell’intera vita»,24 uno dei con-cetti chiave nel campo delle neuro-scienze, che in questo momento nonè nostra intenzione affrontare. Contrariamente a quanto si pensava,il cervello non è qualcosa di immuta-bile, ma ha la capacità di rinnovarsi,di riorganizzarsi anche in tempi brevie modificare le sue funzioni. Il gradodi plasticità diminuisce con l’invec-chiamento.25

Tutto il nostro comportamento, nellesue forme più semplici fino a quellepiù complesse, come parlare, dormi-re, mangiare, camminare, provareemozioni e ricordare, attiva aree ce-rebrali specifiche e molteplici: quan-do si agisce si influenza, fino a mo-dificare, il sistema nervoso. Di conseguenza, le differenze tra“nativi e immigranti digitali” vannosemmai ricercate nell’ambito del-l’utilizzo dei dispositivi e delle prati-che d’uso delle nuove tecnologie inquanto «occorrono centinaia di mi-gliaia di anni perché cambiamenti re-almente rivoluzionari si verifichino sulpiano neuroanatomico. Certo, poi se si va a studiare il cer-vello dei nativi vi si possono riscon-

trare differenze dal punto di vista del-l’organizzazione sinaptica in relazio-ne al fatto che sono più esposti ai me-dia, ma questo accadrebbe anche separlassero francese invece che ingle-se, oppure se pur parlando inglesegiocassero o meno a tennis».26

Comprendere come funziona il cervel-lo però può essere d’aiuto per potermeglio orientare gli interventi educa-tivi e didattici. Non solo. Gli studi diDamasio circa i fenomeni nervosi al-la base dei processi cognitivi rivela-no che non esiste una mente stacca-ta dal cuore: quando si sceglie qual-cosa a livello razionale, tale decisio-ne è condizionata dagli stati emotivi.Per cui, imparare “dipende” anchedalla coscienza e dalle emozioni.27

4. Competenti digitali

Sfatare il mito dei “nativi digitali” nonesonera dal constatare che quotidia-namente due generazioni si fronteg-gino e si confrontino tra loro e, soprat-tutto, dal chiedersi se, come e dovesarà mai possibile un dialogo. L’esperienza dell’adulto, a prescinde-re dalla sua bravura nell’uso dei me-dia, può essere utile ai giovani per pro-muovere la riflessione, aiutarlo a pen-sare e ripensare le sue pratiche, a ma-turare senso critico. All’adulto spetta la “mediazione” cul-turale e professionale, per non cede-re alla tentazione e ritenere che i ra-gazzi che nascono nel tempo della re-te non abbiano più bisogno di impa-rare, siano dispensati dall’educazio-ne e dall’“autoeducarsi. Quello delle competenze da acquisi-re per esercitare il diritto-dovere a es-sere cittadini del mondo, anche digi-tale, potrebbe essere il terreno comu-

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ne dove stabilire un nuovo patto edu-cativo tra adulti e giovani. Nella “so-cietà in rete”, parlare di competenzesignifica fare riferimento a “partecipa-zione” «un termine che taglia trasver-salmente le pratiche educative, i pro-cessi creativi, la vita di comunità e lacittadinanza democratica. Il nostro obiettivo dovrebbe essereincoraggiare i giovani a sviluppare lecompetenze, le conoscenze, i qua-dri etici e l’autostima necessari perpartecipare a pieno titolo alla cultu-ra contemporanea».28

Anche Prensky ha modificato l’impo-stazione originale, preferendo rinun-ciare alla classificazione basata sul-l’età in favore di altre più attente ailivelli di competenza, introducendoil concetto di “saggezza digitale” esostenendo che «addentrandoci nelXXI secolo e quando tutti saranno or-mai cresciuti nell’era digitale, la di-stinzione fra nativi e immigrati digi-tali sarà meno importante».29

L’Unione Europea ha inserito la com-petenza digitale tra le otto compe-tenze chiave per il lifelong learning,30

definendola come: «il saper utilizza-re con dimestichezza e spirito criti-co le tecnologie della società dell’in-formazione per il lavoro, il tempo li-bero, la comunicazione. Essa è supportata da abilità di basenelle Tecnologie dell’Informazione edella Comunicazione (TIC): l’uso delcomputer per reperire, valutare, con-servare, produrre, presentare e scam-biare informazioni nonché per comu-nicare e partecipare a reti collabora-tive tramite Internet».31

L’obiettivo è sollecitare gli Stati mem-bri affinché attuino politiche il piùpossibile coordinate rispetto all’acqui-

sizione di competenze per una forma-zione permanente di tutti. Le indicazioni prospettano un cambiodi paradigma rispetto al tradizionalesistema educativo: la formazione, in-tesa come un processo unico, gradua-le e continuativo, che si realizzava sen-za interruzione una sola volta nell’esi-stenza, non appare più in grado difronteggiare i mutamenti sempre piùveloci della società contemporanea.Da qui, la finalità di fornire ad adulti eragazzi gli strumenti per divenire“competenti digitali”, perché al di làdelle appartenenze generazionali è im-portante che tutti, a qualsiasi età, siapproprino dei linguaggi dei media di-gitali. I giovani sembrano essere giàpadroni delle pratiche relative all’usodei dispositivi e delle piattaforme, manon è detto che tali pratiche siano sup-portate da reali competenze.32

Tutte le competenze, precisa il docu-mento europeo, sono importanti, cor-relate tra loro e la finalità è impararea vivere, a “navigare”, in un tempo dirapida innovazione, che necessitacontinui posizionamenti e riposizio-namenti rispetto ai diversi fattori e at-tori sociali che entrano in gioco traloro. Una complessità che è da rife-rirsi ai rapporti che si instaurano trale componenti, alla gestione dei pro-blemi e ai tentativi di soluzione. Come in un gioco di specchi, lacomplessità sociale è dovuta al fat-to che «i suoi elementi sono legati traloro su piani molteplici, con interes-si a volte convergenti e altre volte inconflitto, e soprattutto perché noi sia-mo elementi costitutivi e consape-voli al tempo stesso».33

In una società “liquida”34 apprendereper apprendere è indispensabile, an-

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zi «utile […]. Vi sono diverse temati-che che si applicano nel quadro di ri-ferimento: pensiero critico, creatività,iniziativa, capacità di risolvere i pro-blemi, valutazione del rischio, assun-zione di decisioni e capacità di gestio-ne costruttiva dei sentimenti svolgo-no un ruolo importante per tutte e ot-to le competenze chiave».35

Imparare ad usare le nuove tecnolo-gie significa acquisire modelli, moti-vazioni e capacità per vivere, semprepiù in autonomia, un processo inin-terrotto di aggiornamento e di svilup-po delle proprie conoscenze. Un presupposto per la “cittadinanzaattiva”, che promuove l’uso respon-sabile, consapevole e critico dei lin-guaggi multimediali e delle tecnolo-gie della comunicazione, per sana-re la frattura tra due velocità: quellasempre più rapida (riguardo all’inno-vazione, diffusione, appropriazione)dei contenuti dei saperi e degli stilidi apprendimento informale e quel-la della scuola, molto più lenta nel co-noscerli, comprenderli, assumerli evalorizzarli. Un’ottica differente perribadire l’urgenza e l’impegno di pro-cessi educativi per tutto l’arco dellavita, perché «si tratta di includere evalorizzare in ambito scolastico - senecessario, dopo un’analisi critica euna parziale riformulazione - moda-lità di contatto e attiva manipolazio-ne dei nuovi formati della conoscen-za che sono emerse negli ambientidi rete e che appartengono quasi dal-la nascita - spesso in maniera irrifles-sa e scoordinata - alle prime gene-razioni di “nativi digitali”. Le abilità autonomamente maturate ri-spetto alla ricerca delle fonti, l’acces-so, la rielaborazione creativa dei con-

tenuti e la loro condivisione debbonopoter essere re-incluse nel patrimo-nio dei sistemi educativi».36

Tutto questo, comporta una maggio-re consapevolezza, da parte degliadulti, del loro ruolo e della loro pre-senza di “mediazione” cui si accen-nava in precedenza: più si abbassal’età di avvicinamento dei bambiniai media digitali, maggiore è il biso-gno di una mediazione che riesca aveicolare decodifiche appropriate eriflessione critica. C’è una netta differenza tra il “saperutilizzare” i media, e il “sapere”, cioèla capacità di decostruzione critica delmessaggio, la comprensione dellaqualità e la valutazione del livello diaffidabilità dei contenuti. È qui che siinserisce la necessità di una ricostru-zione, di una “ricompattazione” delleforme di mediazione culturale, dallafamiglia alla scuola, alle principali isti-tuzioni educative e formative.

5. Apprendere attivamente e insieme

Mentre per gli adulti Internet significaprincipalmente World Wide Web,37 na-vigazione, ricerca ed e-mail, per i ra-gazzi vuol dire soprattutto social net-work, Instant Messaging, videogiochi,file-sharing, downloading e uploa-ding: tutte attività che li mettono in gra-do di non essere non più, e solo, con-sumatori ma piuttosto produttori dicontenuti (user generated content),abbandonando quello che con i me-dia di massa e prima ancora con l’in-venzione della stampa di Guntenbergera l’utente passivo, l’audience.38

Nel testo di Czerski è possibile evi-denziare alcune caratteristiche delcome i “nativi digitali” pensano e im-

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parano: «Cresciuti sul web, noi pen-siamo in modo differente. Per noi lacapacità di trovare informazioni è ele-mentare quanto lo è per voi quella ditrovare una stazione ferroviaria o unufficio postale in una città sconosciu-ta. Quando vogliamo sapere qualco-sa […] sappiamo che troveremo l’in-formazione che cerchiamo su moltefonti, sappiamo come arrivarci, sap-piamo come valutare la loro attendi-bilità. Abbiamo imparato ad accetta-re che troveremo molte risposte an-ziché una sola, e da queste possia-mo dedurre la versione più probabi-le scartando quelle che ci sembranomeno credibili. Selezioniamo, filtriamo,ricordiamo e siamo disposti ad abban-donare le informazioni che abbiamoin favore di altre aggiornate e miglio-ri, se ne troviamo. Per noi il Web è una sorta di memo-ria esterna condivisa. Non dobbiamoricordare dettagli superflui: date, cal-coli, formule, nomi di strade, defini-zioni particolareggiate. Ci basta ave-re un riassunto, l’essenziale per ela-borare le informazioni e riferirle ad al-tri. Se ci servono i dettagli, possiamorecuperarli nel giro di pochi secondi».39

È evidente che le nuove generazio-ni sono potenzialmente protagonistedi un flusso di dati e contenuti cheesse stesse plasmano e reinventa-no, imparando attraverso schermi,icone e “navigazione” e sviluppan-do comportamenti di tipo iperte-stuale piuttosto che lineare:40 nuoveforme di gioco, comunicazione esocializzazione, scambio di infor-mazioni e capacità di transitare trale diverse piattaforme mediali e i so-cial network, possibilità di scegliere,monitorare e creare nuovi contenu-

ti e nuovi formati di video e testo. È un approccio alla conoscenza piùpersonalizzato, esperienziale, diretto,meno dogmatico poiché i ragazzi«entrano direttamente nei differenticampi di esperienza, anche formati-va, sperimentando naturalmente lapedagogia dell’errore e del trial anderror, più che un approccio storico osistematico e sequenziale alla cono-scenza come il nostro. Piuttosto che interpretare, configura-no; piuttosto che concentrarsi su og-getti statici, vedono il sapere come unprocesso dinamico di co-costruzio-ne».41 Stabiliscono una “simbiosi na-turale” con i media, di conseguenzal’apprendere per loro è un processodi partecipazione attiva, carico dicontenuti sociali e relazionali.42

Al saper leggere, scrivere, far di con-to si affiancano la capacità di ricer-care e selezionare le informazioni; diusare le tecnologie digitali per espri-mersi, rappresentare, comunicareidee e conoscenze, di porre e porsidomande e lavorare coinvolgendosie condividendo con gli altri.43

L’apprendimento è centrato sul sog-getto; dalla costruzione delle compe-tenze e dell’espressione individuale sipassa al coinvolgimento della perso-na in una comunità di apprendimen-to, dove le pratiche e gli usi, le abili-tà e gli strumenti favoriscono un’espe-rienza di networked society. Secondo Jenkins, le tecnologie digi-tali comprendono e attivano abilità co-me: gioco-esperimento (Play): fareesperienza e conoscere nella moda-lità del problem-solving; Performan-ce: adottare identità alternative perscoprire e improvvisare; simulazione(Simulation): interpretare e costruire

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modelli dinamici che riguardano i pro-cessi del mondo reale; appropriazio-ne (Appropriation): mescolare e pro-durre contenuti mediali significativi;Multitasking: prestare attenzione aidettagli delle differenti situazioni e deidiversi ambienti; conoscenza distribui-ta (Distributed Cognition): interagire inmaniera significativa con gli strumen-ti che espandono le capacità menta-li; intelligenza collettiva (Collective In-telligence): far convergere le cono-scenze e condividere idee significa-tive con gli altri attorno ad un obietti-vo comune; giudizio (Judgment): ve-rificare e valutare la fattibilità e credi-bilità di differenti informazioni e fon-ti; navigazione transmediale (Tran-smedia Navigation) seguire il flussodelle storie e delle informazioni attra-verso piattaforme multiple; Networ-king: ricercare, sintetizzare e diffon-dere le informazioni; negoziazione(Negotiation): esplorare e viaggiare at-traverso le molteplici comunità dellarete, rispettando e comprendendo leprospettive e le opinioni altrui, e se-guendo norme alternative.44

Comprese in un’ottica globale, tali abi-lità sviluppano atteggiamenti di coo-perazione/collaborazione, di espres-sione delle proprie idee e opinioni, diricerca/esplorazione (rispetto alla pas-sività della ricezione) della conoscen-za che, attraverso le tecnologie digi-tali, non è più scritta e depositata so-lo nei testi, ma circola in uno spazioa più dimensioni che si arricchisce perl’interazione e la molteplicità di codi-ci e linguaggi con cui si esprime. Il risultato è un apprendimento = im-mersione, che favorisce la reticola-rità, il connessionismo e il costrutti-vismo, la simulazione diretta del-

l’esperienza.45

La mediazione dell’adulto garantisceche ogni apprendimento sia integra-zione di “sapere tacito”, dato dal-l’esperienza, e “sapere teorico”.46

Per aiutare i nostri ragazzi e giovania non cedere all’apatia, all’indifferen-za, alla noia, alla passività mentale, lin-guistica, di giudizio è opportuno gui-darli dall’immersione totale delle pra-tiche e dei contenuti digitali in cui sitrovano a loro agio all’astrazione; dal-la navigazione online alla conversa-zione offline; dall’uso dei dispositivi al-la verbalizzazione dell’esperienza.La lingua è senza dubbio quanto dipiù appropriato possediamo per ac-compagnare l’“attività del pensare”.Il processo mentale astratto procedeper ipotesi, analisi, immaginazione,concentrazione e verifica di quanto staaccadendo sotto i nostri occhi e trale nostre mani, interpretazione dei se-gni e dei significati che la situazionepresenta. Si tratta di aiutare a inter-pretare i differenti punti di vista, a ri-flettere a partire dagli eventi, a ge-nerare idee, svilupparle, organizzar-le e comunicarle, a scorgere connes-sioni con le conoscenze e le espe-rienze acquisite precedentemente, aincrementare il vocabolario, classi-ficare, categorizzare concetti e infor-mazioni, a comprendere una storiao un libro, a studiare, revisionare, leg-gere e comprendere, a interrogarsisulle conseguenze delle proprie idee,azioni, espressioni. In altre parole, transitare dagli appa-rati tecnologici alla scrittura e all’ora-lità per condividere la ricchezza diquanto è stato pensato e ragionato.Il tutto avvolto nella partecipazione,nell’interazione e nella convergenza

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che “accade” con i dispositivi, le piat-taforme, gli ambienti della tecnolo-gia digitale.47

In Italia, un Decreto Legge per l’Attua-zione dell’Agenda digitale italiana haemanato «misure per favorire la cre-scita, lo sviluppo dell’economia e del-la cultura digitali, attuare politiche diincentivo alla domanda di servizi di-gitali e promuovere l’alfabetizzazioneinformatica, nonché per dare impul-so alla ricerca e alle innovazioni tec-nologiche, quali fattori essenziali diprogresso e opportunità di arricchi-mento economico, culturale e civile e,nel contempo, di rilancio della com-petitività delle imprese».48 Il testo go-vernativo dà via libera, tra l’altro, al-l’entrata e all’utilizzo della tecnolo-gia nelle aule. Il processo non è nuo-vo, però. Sono anni che la scuola cer-ca di tenere il passo delle nuove ge-nerazioni di studenti che la frequen-tano per imparare: pc multimediale,connessione e banda larga, LIM (La-vagna Interattiva Multimediale), BI(Banco Interattivo), iPhone, iPod,iPad, cloud computing, network, edi-toria scolastica.49

Non si tratta, però, di “far entrare inclasse” le tecnologie digitali (comeuna volta era capitato con la televi-sione, il giornale, il computer), ma di“fare scuola” gettando un ponte tragli usi e le appropriazioni che ne fan-no gli adolescenti e le pratiche forma-tive che si svolgono e si compiono nel-la scuola stessa.Il focus è puntato sulla didattica, nontanto sulla tecnologia (a questa ci pen-sano gli studenti); sulla formazione deidocenti e degli stessi allievi perché latecnologia integri la didattica, la so-stenga, l’affianchi, la rafforzi; sugli sti-

li di apprendimento per mettere inconnessione studenti, insegnanti efonti di conoscenza di tutto il mondo.L’impegno deve attraversare tutti glispazi educativi ponendo in continui-tà le esperienze online e quelle offli-ne, le esperienze della scuola conquelle dell’extra scuola, gli ambientiformali e quelli non formali. L’“apprendere per apprendere”, co-me suggerisce la Raccomandazionedell’Unione Europea, è la chiave pervivere il quotidiano e colmare il di-vario della partecipazione e non so-lo quello intergenerazionale, per ge-stire i problemi della trasparenza eper affrontare gli interrogativi etici,per creare comunicazione in una va-rietà di contesti. Nel far entrare i media digitali nell’au-la per trasformarla in una “classe 2.0”un rischio da evitare è quello di con-trapporre “vecchio” e “nuovo”: gene-razioni, didattica, strumenti, appren-dimenti, stili, antropologia, pedagogia,ecc.. La prospettiva della Multilitera-cies considera, a questo riguardo, tut-ti i linguaggi, compresi quelli digitali,come una “tastiera cognitiva”. Secon-do questa impostazione, ci si lasce-rebbe alle spalle sia la didattica cen-trata sulla scrittura e sulla lettura siaquella che risolve tutto nella multime-dialità. Un percorso di insegnamen-to-apprendimento, di problematizza-zione a diversi livelli (sociale, struttu-rale, intertestuale, ideologico) che for-nisce strumenti e indicazioni operati-ve per l’analisi e l’attività, che si ba-sa su conoscenze pregresse per la co-struzione/trasmissione del sapere,che riflette sull’esperienza per la co-struzione di una nuova conoscenza eche verifica, attraverso il feed-back,

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le ricadute nelle pratiche quotidianedei soggetti.50 Il paradigma della retesuggerisce dunque la flessibilità co-me abilità per interagire con moltepli-ci fattori, integrando continuamente“nuovo” e “antico” per dare risposteal presente che accade, per rispon-dere alla sfida dell’equilibrio tra ma-nualità e virtualità.

6. Conclusione

Per ritornare alla provocazione e al-l’interrogativo iniziali: Internet non cirende stupidi. Ci rende partecipi, “no-di” e “link”, della Rete e delle reti chesono le relazioni che ciascuno di noiintreccia dentro e fuori di sé. La “mediazione educativa” degli adul-ti è quanto mai urgente per “tradur-re” e attraversare un tempo in conti-nuo divenire, per “consegnare” lamemoria e la saggezza della storia al-le generazioni più giovani. È indi-spensabile la loro “presenza” e “au-torevolezza” nei diversi e variegati, dif-ferenti e molteplici ambienti educati-vi in cui ragazzi e ragazze transitanoogni giorno. Una presenza autorevo-le che educa e si educa alla respon-sabilità di quanto si “co-costruisce”,si condivide, si pubblica per impara-re a far “conversare” contenuti e co-dici comunicativi diversi tra loro in ma-niera critica e significativa per la pro-pria formazione. Oggi, più che ieri, occorre “stare” do-ve sono i ragazzi. Non ingenuamen-te, ma consapevoli delle dinamiche,delle risorse e delle sfide, delle pos-sibilità e dei rischi che le nuove tec-nologie comportano. Pur riconoscen-do (e assumendo) i tratti di confiden-za, relazionalità, interattività propriedella Rete è opportuno riflettere su al-

cuni versanti aperti, quali l’autorevo-lezza e l’autorità dei contenuti che siimmettono in Rete, la potenzialità e laresponsabilità dell’utente nel produr-re e pubblicare messaggi.51

Mediazione, presenza, autorevolezzarichiamano inevitabilmente il “tempo”e la “qualità” delle relazioni umane, in-terpersonali, formative. Un tempo daimpiegare per qualificarsi professio-nalmente e fornire qualità alla forma-zione, ma anche tempo speso e vis-suto accanto ai ragazzi. Il maestro, diceva don Milani, «deveessere per quanto può profeta, scru-tare i “segni dei tempi”, indovinare ne-gli occhi dei ragazzi le cose belle cheessi vedranno chiare domani e che noivediamo solo in confuso»..52

Per scrutare i segni dei tempi sononecessari “occhi buoni” abituati a co-gliere, anche nel buio della notte, larotta tracciata dalla stella polare,perché se «in precedenza eravamouna specie di ‘pongo’ organico perle manipolazioni a senso unico del-la Tv, ora come ora ci stiamo stro-picciando gli occhi per risvegliarci difronte alle possibilità di rispondere alnostro apparecchio».53

La metafora di de Kerchkove sugge-risce agli “immigranti digitali” di risve-gliarsi perché l’oggi, segnato dal-l’emergenza educativa, è carico di unnuovo bisogno di confronto conl’adulto, espresso implicitamente daigiovani in relazione all’uso dei media.È tempo di riannodare fili di conver-sazione tra le generazioni e continua-re a scrivere, leggere, fare di conto,ma anche esplorare, condividere,esprimersi: «Nella trasmissione del sa-pere, i bambini e gli insegnanti del fu-turo non dovrebbero essere messi di

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fronte all’alternativa i libri o il monitor,il quotidiano o la sua sintesi in rete, lacarta stampata o gli altri media. La nostra generazione in mutamentoha l’opportunità, se sapremo coglier-la, di fare una pausa e usare al me-glio la nostra capacità di riflettere; diusare tutto ciò che abbiamo a dispo-sizione per prepararci a quello che ver-rà. Il cervello analitico, inferenziale,prospettico e lettore con tutta la suacapacità di umana consapevolezza,e le agili, multifunzionali, multimoda-li, integrative abilità di un’impostazio-ne mentale digitale non sono affattocostrette a dimorare in regni separa-ti. Molti dei nostri bambini si abitua-no alla commutazione di codice tradue o più lingue parlate, e possiamoanche insegnare loro a commutare trapresentazioni diverse della linguascritta e differenti modi di analisi».54

NOTE1 Sono molte le metafore che identificano e cer-cano di descrivere il profilo delle nuove gene-razioni: Millennials, Gen Y, Digital Youth, NextGeneration, Net Gen, Generation Z, Genera-tion I, Echo Boomers, Internet Generation, iGe-neration, Generazione Pollice, ecc. Per un ap-profondimento, tra gli altri: cf RIVOLTELLA PierCesare, Screen Generation. Gli adolescenti ele prospettive dell’educazione nell’età dei me-dia digitali, Milano, Vita e Pensiero 2006; TAP-SCOTT Don, Growing Up Digital: The Rise of theNet Generation, New York, Mc Graw Hill 1999;ID., Net generation. Come la generazione digi-tale sta cambiando il mondo [Grown Up Digi-tal: How the Net Generation Is Changing YourWorld, New York, McGraw Hill 2008], traduz.Ital. di Elisa Tomassucci, Milano, Franco An-

geli 2011; PALFREY John - GASSER Urs, Born Di-gital: Understanding the First Generation of Di-gital Natives, New York, Basic Books 2008. 2 Cf CARR Nicholas, Internet ci rende stupidi?Come la Rete sta cambiando il nostro cervel-lo [The Shallows. What the Internet is Doing toOur Brains, New York, w. w. Norton & Com-pany Inc. 2010], traduz. Ital. di Stefania Garas-sini, Milano, Raffaello Cortina Editore 2011, 37-52.3 Cf PASQUALETTI Fabio, Web 2,0 Educazione ecomunicazione, ovvero quando i pesci sono fe-lici di stare nella rete, in Orientamenti Pedago-gici 59(2012)4, 639-640.4 CZERSKI Piotr, Cresciuti con la rete in Interna-zionale.it, (2012)940, 96 in

http://www.internazionale.it/news/piótr-czer-ski/2012/03/17/cresciuti-con-la-rete/ (23-01-2013).5 MEYROwITZ Joshua, Oltre il senso del luogo.Come i media elettronici influenzano il compor-tamento sociale [No sense of place. The impactof electronic media on social behavior, NewYork, Oxford University Press 1995], traduz. ital.di Nadia Gabi, Bologna, Baskerville 1995, 117.6 Cf CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Comuni-cazione e Missione. Direttorio per le Comuni-cazioni sociali, Città del Vaticano, Libreria Edi-trice Vaticana 2004, 17.7 Cf CARR, Internet ci rende stupidi? 79-99.8 EURISPES - TELEFONO AZZURRO, Indagine cono-scitiva sulla condizione dell’infanzia e dell’ado-lescenza in Italia 2012. Documento di sintesi,in http://www.azzurro.it/materials/a6558f88bf9c7f60e4b6592272f0ead5/fck_files/file/pdf/Pubblicazioni/rapporti/SintesiIndagineCo-noscitivaInfanziaAdolescenza2012.pdf, 1-23(17-01-2013).9 CENSIS, I nativi digitali in Calabria, 2012, inhttp://www.calabriaonweb.it/wp-content/uplo-ads/Sintesi-dei-principali-risultati.pdf, 1-26 (17-07-2012). Il documento è reperibile anche sulsito del Censis (www.censis.it) previa registra-zione gratuita. 10 PRENSKY Marc, Digital Natives, Digital Immi-grants, in http://www.marcprensky.com/wri-t ing/prensky%20-%20digital%20nati-ves ,%20d ig i ta l%20 immigran ts%20-%20part1.pdf, 1-2 (24-01-2013).

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11 Cf MIRZOEFF Nicholas, Introduzione alla cul-tura visuale, Roma, Meltemi 2002.12 Sul sito del Richard Stockton College di Gal-loway, NJ, un testo a partire dalla proposta diPrensky, individua e suggerisce altre catego-rie di abitanti digitali: «Digital recluse - A per-son in this category absolutely refuses to kno-wingly use electronic technology. Computersare forbidden in his/her household. Microchipsexist only in tools where their true nature is di-sguised (e.g., automobiles, microwaves, hea-ting/cooling systems); Digital refugee - A per-son in this category uses technology unwillin-gly. It has been thrust upon him/her by his/herenvironment. Although using technology is achore, not using it is even more of a challen-ge. S/he may have grown up with technologyor may have been forced to adopt technolo-gy as an adult. S/he prefers hard copy and di-strusts electronic resources. S/he may regu-larly enlist other for assistance in the use of te-chnology, particularly reducing technology toa non-electronic form (e.g., printing e-mail be-fore reading it); Digital immigrant - A person inthis category has willingly traveled to the landof technology. Although unfamiliar with the fullpotential of various electronic tools, s/he holdsan underlying belief that technology can be auseful tool, especially for repetitive tasks. S/hemay have grown up with technology or mayhave adopted technology as an adult; Digitalnative - A person in this category uses techno-logy in executing a wide variety of tasks andreadily adapts to changes in the tools that s/heuses. S/he may have grown up with techno-logy or may have adopted technology as anadult; Digital explorer - A person in this cate-gory pushes electronic tools to the limit and isalways on the lookout for new tools that domore, work faster, and work more easily; Di-gital innovator - A person in this category doe-sn’t just look for new technology tools, s/hebuilds new tools and/or adapts old tools to newpurposes; Digital addict - A person in this ca-tegory is highly dependent upon technologytools. S/he may become quite distressedwhen access to technology tools is disrupted»(Digital Denizens, in http://loki.stockton.edu/in-tech/spotlight-digital-denizens.htm) (22-01-2013).13 PRENSKY, Digital Natives, Digital Immigrants1.

14 Cf SMALL Gary - VORGAN Gigi, iBrain: Survi-ving in the Technological Alteration of the Mo-dern Mind. New York, Harper Collins 2008.15 Cf FERRI Paolo, Nativi digitali, Milano, BrunoMondadori 2011, 78. 16 Cf BATTRO Antonio - DENHAM P.J., Verso un’in-telligenza digitale [Hacia una inteligencia digi-tal, Buenos Aires, Academia Nacional de Edu-cación 2007], Milano, Ledizioni 2010.17 RIVOLTELLA Pier Cesare, Neurodidattica. In-segnare al cervello che apprende, Milano,Raffaello Cortina Editore 2012, 1. Il termine“neuromitologie” fa riferimento all’opera diGEAKE John G., The Brain at School. Educa-tional Neuroscience in the Classroom, London,Open University Press 2009. Lo studioso au-straliano, fondatore dell’Oxford Cognitive Neu-roscience Education Forum, ritiene che la di-stinzione tra persone cerebrodestre” (creati-ve) e “cerebrosinistre” (metodiche) sia un’ideaingenua, diventata modello implicito di riferi-mento che gli insegnanti utilizzano nel loro la-voro quotidiano. Non è la prima volta che Ri-voltella si sofferma sul funzionamento mitolo-gico di alcuni discorsi che accompagnano l’in-troduzione e l’appropriazione sociale delletecnologie. In questo caso, secondo questoautore, il mito sostiene, rafforza, diffonde laconvinzione della trasformazione dell’intelligen-za su basi genetiche, arrivando a confonder-la con la plasticità cerebrale, per cui il nostrocervello attiva di continuo nuove sinapsi. Ri-flettendo sul rapporto media-mito, Rivoltellasottolinea che «La costruzione simbolica del-la realtà, l’attività mediante la quale con la pa-rola e l’immagine si vestono di simboli le co-se, trova nella categoria del mito una signifi-cativa opportunità di categorizzazione e aper-tura interpretativa» (RIVOLTELLA Pier Cesare, Co-struttivismo e pragmatica della comunicazio-ne on line. Socialità e didattica in Internet, Gar-dolo [TN], Erickson 2003, 36-46). Il riferimen-to teorico è da ricercare nella definizione cheBarthes fornisce del mito: «Il mito è una paro-la. […] è un sistema di comunicazione, è unmessaggio […] il discorso scritto, ma anche lafotografia, il cinema, il reportage, lo sport, glispettacoli, la pubblicità, possono servire dasupporto alla parola mitica» (BARTHES Roland,Mythologies [Miti d’oggi, Torino, Einaudi 1974],Paris, Editions du Seuil 1957, 191-192). Per

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Barthes il mito va inteso secondo la forma enon il contenuto, perché va iscritto nello spa-zio della storia e non della natura. Per questo,alcuni miti si rivelano tali per il modo con cuivengono comunicati e sono di conseguenzasignificativi per alcune epoche e non per altre.Per un approfondimento sulla semiotica del mi-to, cf RIVOLTELLA, Costruttivismo e pragmaticadella comunicazione on line. 36-46.18 Cf Pier Cesare RIVOLTELLA, Da Marc Prenskya Marc Prensky, in http://piercesare.blogspot.it/2010/10/da-marc-prensky-marc-prensky.html(17-01-2013).19 Cf BENNET Sue - MATON Karl - KERVIN Lisa,The “digital natives” debate: A critical reviewof the evidence, in British Journal of Educa-tion Technology 39(2008)5, 775-786. L’artico-lo è anche in Rete: http://www.pgce.soton.ac.uk/ict/NewPGCE/PDFs/Digital%20Nati-ves%20Debate%20Critical%20review%20of%20evidence.pdf, 1-12 (20-01-2013). Talestudio è stato diffuso nel contesto italiano dacontributi rilanciati in Rete: cf MARCONATO

Gianni, Nativo digitale, uno stereotipo danno-so, in http://www.giannimarconato.it/2011/03/nativo-digitale-uno-stereotipo-dannoso;FINI Antonio, Il mito dei nativi digitali in http://fi-ninformatica.it/wp/il-mito-dei-nativi-digitali/(20-01-2013).20 BENNET - MATON - KERVIN, The “digital nati-ves” debate 779.21 Cf MELCHIORRE Virgilio, Essere e parola, Mi-lano, Vita e Pensiero 1984.22 Cf COHEN Stanley, Folk Devils and Moral Pa-nics, London, MacGibbon & Kee 1972.23 «Another feature of this ‘academic moral pa-nic’ is its structure as a series of strongly boun-ded divides: between a new generation andall previous generations; between the techni-cally adept and those who are not; and bet-ween learners and teachers. A further divideis then created between those who believe inthe digital native phenomenon and those whoquestion it. Teachers who do not change theirpractices are labelled as ‘lazy’ and ‘ineffecti-ve’ […]. Those who refuse to recognise whatis described as an inevitable change are saidto be in denial, resistant and out of touch, andare portrayed as being without legitimate con-cerns […]» (BENNET - MATON - KERVIN, The “di-

gital natives” debate 782-783).24 CATANIA Dario, Neuroscienze e Web 2.0, inOrientamenti Pedagogici 59(2012)4, 673. L’au-tore approfondisce il rapporto tra strumenti eambienti delle reti sociali e funzioni cognitive,cercando di verificare se la navigazione in In-ternet, che richiede un’intensa attività cerebra-le, sottrae nei “nativi digitali” risorse altrimen-ti riservate allo sviluppo e all’esercizio delle ca-pacità di elaborazione, immaginazione e pen-siero critico. 25 Cf CARR, Internet ci rende stupidi? 37-52.26 RIVOLTELLA, Neurodidattica 16.27 Nato a Lisbona e laureato in medicina, An-tonio Damasio insegna a Los Angeles (StatiUniti) dove ha fondato e dirige il Brain and Crea-tivity Institute. È autore di pubblicazioni sullamemoria, la fisiologia delle emozioni e l’Alzhei-mer. Secondo Damasio, la coscienza è l’ingre-diente principale della mente, che altrimenti sa-rebbe soltanto cervello, capace di poche ope-razioni di base. La mente cosciente invece hadifferenti livelli di “sé”: il sé primordiale, il sénucleare, il sé autobiografico, un livello che ri-chiede il linguaggio, poiché solo attraverso diesso si può formulare la storia personale incui prendono posto i ricordi, le speranza, i rim-pianti, le idee. La coscienza è ciò che permet-te di dare senso alle cose, è il livello di basee ha a che fare con le sensazioni, che forni-scono indicazioni più chiare riguardo al signi-ficato delle cose. Questo aspetto riflessivo èin stretto rapporto con il corpo: ogni azionemateriale è modellata e forgiata dal cervello.(Cf DAMASIO Antonio, Il sé viene alla mente, Mi-lano, Adelphi 2012; ID., Alla ricerca di Spino-za. Emozioni, sentimenti, cervello, Milano,Adelphi 2003; ID., Emozione e coscienza, Mi-lano, Adelphi 2000; ID., L’errore di Cartesio,Milano, Adelphi 1995).28 JENKINS Henry, Culture partecipative e com-petenze digitali. Media education per il XXI se-colo, Milano, Guerini e Associati 2010, 69.29 PRENSKY Marc, H. Sapiens digitale: dagli im-migrati digitali e nativi digitali alla saggezza di-gitale in TD Tecnologie Didattiche 50 18(2010)2,17-24. Disponibile in rete, in http://www.tdjour-nal.itd.cnr.it/files/pdfarticles/PDF50/2_Pren-sky.pdf 1-8 (22-01-2013).

L’articolo originale di Prensky è stato pubbli-

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cato in Innovate. Journal of Online Education5(2009)3 Feb-Mar, 1-9 in http://www.innova-teonline.info/index.php?view=article&id=705(22-01-2013). La “saggezza digitale” è «unconcetto dal duplice significato: la saggezzache si riferisce all’uso della tecnologie digi-tali per accedere al potere della conoscenzain una misura superiore a quanto consentitodalle nostre potenzialità innate; e quella chesi riferisce all’uso avveduto della tecnologiaper migliorare le nostre capacità». Da qui, lenuove categorie individuate sono: digital wi-sdom (saggezza digitale): l’utente, giovane oanziano che sia capace di uso critico e re-sponsabile delle tecnologie; digital skillness(destrezza digitale): chi possiede le compe-tenze tecniche già attribuite al nativo: rapidi-tà e grande dimestichezza nella manipolazio-ne dei diversi supporti; digital stupidity (stu-pidità digitale): chi fa delle tecnologie usi im-propri, dannosi, trasgressivi; o anche chi ri-fiuta a priori di avvicinarsi ad esse ritenendo-le fonte di tutti i mali. 30 Cf COMUNITÀ EUROPEA, Raccomandazione n.962/2006 del Parlamento Europeo e del Con-siglio, del 18 dicembre 2006, relativa a com-petenze chiave per l’apprendimento perma-nente, in Gazzetta ufficiale dell’Unione euro-pea L 394 del 30 dicembre 2006, 10-18. Il do-cumento è disponibile in rete: http://eur-lex.eu-ropa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:L:2006:394:0010:0018:it:PDF, 1-9. (19-01-2013).31 Ivi 6.32 La suddetta Raccomandazione del Parlamen-to Europeo e del Consiglio ha definito il qua-dro delle otto competenze chiave in questo or-dine: 1) comunicazione nella madrelingua; 2)comunicazione nelle lingue straniere; 3) com-petenza matematica e competenze di base inscienza e tecnologia; 4) competenza digitale;5) imparare a imparare; 6) competenze socia-li e civiche; 7) spirito di iniziativa e imprendi-torialità; 8) consapevolezza ed espressione cul-turale.33 PACCAGNELLA Luciano, La comunicazione alcomputer. Sociologia delle reti telematiche, Bo-logna, Il Mulino 2000, 142.34 Cf BAUMAN Zygmunt, Vita liquida, Roma-Ba-ri, Laterza 2006. L’autore osserva che le situa-zioni sociali attualmente si modificano primaancora che i nostri modi di agire riescano a

consolidarsi in abitudini e procedure. Per que-sto, non solo la società, ma anche la vita di-venta “liquida”. 35 COMUNITÀ EUROPEA, Raccomandazione n.962/2006, 3.36 MARINELLI - FERRI, New Media Literacy e pro-cessi di apprendimento 16.37 Internet e World Wide Web nel linguaggiocorrente vengono usati indifferentemente perriferirsi sia alla tecnologia della rete come al-le sue applicazioni. I due termini non sono in-terscambiabili. Internet è la tecnologica checollega server e computer distanti tra loro inuna rete di comunicazione, mentre il Web (oanche www) è l’ipertesto che permette la na-vigazione e la consultazione, mediante unbrowser, dei contenuti depositati nei servere nei computer di tutto il pianeta. Il Web pog-gia su Internet e ha bisogno di questa infra-struttura per crescere e svilupparsi. Internet,senza il Web, è una rete di computer che dia-logano tra loro grazie a codici di programma-zione, ma non permetterebbe nessuna con-sultazione dei contenuti depositati nei singo-li server/computer.38 Cf MARINELLI - FERRI, New Media Literacy eprocessi di apprendimento 29-30.39 CZERSKI, Cresciuti con la rete 96.40 Cf CENSIS - UCSI, 10° Rapporto Censis/Ucsisulla comunicazione, Milano, Franco Angeli2012. Una sintesi dei dati, previa registrazio-ne gratuita, è consultabile sul sito del Censis(cf www.censis.it).41 Cf MARINELLI - FERRI, New Media Literacy eprocessi di apprendimento 33.42 Cf LONGO Giuseppe O., Il simbionte. Provedell’umanità futura, Meltemi, Roma 2003. Nelvolume, l’autore sostiene che da sempre la per-sona si ibrida con gli strumenti che costruisce,per cui anche l’homo sapiens è sempre statoun homo technologicus, un incrocio di uomoe tecnologia in continua trasformazione. Attual-mente, l’homo sapiens, o simbionti a bassa in-tensità tecnologica, vengono sostituiti da crea-ture a tecnologia sempre più intensa, che ten-dono ad adattarsi alla corrispondente succes-sione di ambienti sempre più artificiali. Appa-re un simbionte avviato a un futuro post-uma-no, tuttavia lacerato dal disadattamento tra la

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componente biologica e quella tecnologica econ la nostalgia del passato.43 Cf HAREL Idit, Learning new media literacy:a new necessity for the young clickerati gene-ration, in Telemedium. The Journal of MediaLiteracy 48(2002)1, 17-26. L’autore aggiungealle tre R (Reading, wRiting, aRitmetic) tre X(eXploration, eXpresssion, eXchange).44 Cf JENKINS, Culture partecipative e compe-tenze digitali 60-61.45 Cf CANGIÀ Caterina, Tra immersività e pen-siero simbolico. I “digitali nati” e i percorsi al-ternativi verso l’acquisizione del sapere, inScuola Materna per l’educazione dell’infanzia98(2010)2, 16-17. L’autrice cura da alcuni an-ni (2009-2012) una rubrica mensile sulle nuo-ve tecnologie applicate alla didattica, anchedella lingua straniera, nelle seguenti riviste:Scuola Materna per l’educazione dell’infanzia,Scuola Italiana Moderna, Tuttoscuola, Scuoladell’Infanzia e Scuola e Didattica.46 Cf ID., Teoria e pratica della comunicazionemultimediale nella scuola nella formazioneprofessionale, Roma, Editoriale Tuttoscuola2001, 123-126.47 Cf ID., Il “pensiero radiante” ristruttura i con-tenuti c’entrano la LIM e il banco interattivo?,in Scuola Materna per l’educazione dell’infan-zia 98(2010)4, 19.48 Decreto Legge 18 ottobre 2012, n. 179. At-tuazione dell’Agenda digitale italiana, in Gaz-zetta Ufficiale n. 245 del 19 ottobre 2012, Sup-plemento ordinario n. 194. Sono numerosi iprogetti, promossi anche dal Ministero del-l’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, peruna “scuola digitale” (cf http://www.miur.it).Le iniziative si moltiplicano, pure, a livello re-gionale. La Regione Lombardia, ha pubbli-cato nel 2012 un bando «Generazione WebLombardia» per finanziare le scuole di ogniordine e grado nell’acquisto di tecnologia (cfhttps://sites.google.com/a/didasca.org/ge-nerazione-web/). Anche a livello privato nonmanca l’attenzione, soprattutto per suppor-tare e promuovere corsi di formazione per glistessi docenti. È il caso del Centro Studi «Im-para Digitale», un’associazione nata nel mar-zo 2012 per promuovere lo sviluppo di unamodalità didattica innovativa, che permettaalla scuola italiana ed europea di beneficia-

re significativamente del potenziale offertodall’introduzione della tecnologia digitale (cfhttp://www.imparadigitale.it).49 Cf RIVOLTELLA Pier Cesare, Reale e virtuale ascuola: tra apprendimento e didattiche, inSCHOLé, L’educazione tra reale e virtuale. 50°Convegno di Scholé, Brescia, Editrice LaScuola 2012, 70-72. 50 Cf ID., Neurodidattica 139-141. La prospet-tiva a cui si fa riferimento è quella della Multi-literacies proposta per la prima volta dal NewLondon Group nel 1996, un gruppo di ricercae un programma di lavoro cui fanno parteesperti di linguistica applicata e di nuovi lin-guaggi. 51 Cf PASQUALETTI, Web 2,0 Educazione e co-municazione 625-654.52 MILANI Lorenzo, Lettera ai Giudici, in GESUAL-DI Michele (a cura di), Lettere di don Milani Prio-re di Barbiana, Milano, San Paolo 2007, 274.53 de KERCKHOVE Derrick, Brainframes. Mente,tecnologia, mercato, Baskerville, Bologna 1993,68.54 wOLF Maryanne, Proust e il calamaro. Sto-ria e scienza del cervello che legge, Milano, Vi-ta e Pensiero 2009, 247-248.

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