32

anarchismo 36

  • Upload
    bordiga

  • View
    12

  • Download
    2

Embed Size (px)

DESCRIPTION

anarquismo revista

Citation preview

  • ANARCHISMO anno VII- n 36-1981 Direttore responsabile: Alfredo M. Bonanno Redattore responsabile: Franco Lombardi Redazione e amministrazione: FRANCO LOMBARD!- C.P. 33-47100 FORL- Tel. (0543) 26273

    Una copia L. 1.000 - Abbonamento annuo ordinario L. 10.000 - Abbona-mento sostenitore L. 20.000- Estero ordinario L. 15.000- Estero per via ae-rea L. 20.000 - L'abbonamento puo decorrere da qualsiasi numero. Arretrati L. 1.500.

    Tutti i pagamenti vanna effettuati servendosi del canto corrente postale n. 10671477, intestato a Franco Lombardi, C.P. 33-47100 Forli.

    Reg. Trib. di Catania n 434 del 14.1.1975- Aut. PP.TT. di Massa n 08860/GG del 15.11.80-Sped. in abb. post. gruppo III/70%. Stampato presso La Cooperativa Tipolitografica a.r.l., via S. Piero 13/a, Carrara.

    SOM MARIO

    3 Redazione 4 Un compagno 5 Compagni di Pa/mi

    JO Alcuni anarchici prigionieri 18 Noi (da Firenze)

    Un numero un po' speciale Una lettera dall'Asinara Per un dibattito sulla prigionia di guerra L 'idea del potere La bilancia dei Balek

    22 Collettivo Controsbarre Trieste Ger mania: un alrro omicidio di Stato Una lettera di Gianfranco Faina Comunicato dei compagni imputati al processo Torreggiani

    23 * * * 24 * * *

    26 Compagni da S. Vittore

    29 * * * 30 Collettivo di Campo Cuneo

    SOTTOSCRIZIONE AL 23/4/81

    Per una societ senza galere Documenta dei ./migliari dei detenuti di Piano sa Per una quotidianit belligerante

    C.C. (Guasila) 2.000- S.T. (Barrali) 5.000- compagni di Forli 90.000- P.T. (Sondrio) 20.000- C.C. (Brescia) 2.500- R.F. (Mestre) 5.000- F.M. (Trie-ste) 10.000- S. (Forli) 40.000- L.M. (Torino) 10.000- L.Z. (Treviso) 2.400 - compagni di Torino 20.000- F.F. (S. Giuseppe V.) 2.000- M.S. (Seregno) 5.000- F.L.M. (S. Giuseppe V.) 5.000- M.A. (Carrara) 5.000- uno 3.000 - D.T. (Cavaglia) 5.000- A.L. (Belluno) 10.000- compagni di Milano 10.000 - collettivo di Scienze Politiche (Bologna) 10.000- P.T. (Sondrio) 10.000-A.P. (Tresivio) 10.000- compagni di Carrara 25.000- R.F. (Mestre) 5.000-compagni di Bologna 5.000- M.M. (Sondrio) 5.000- a/rn Aurora, D.G. (Su-resnes!13.330 - B.M. (Lamezia) 5.000 - A.S. (California) 21.700 - L.D. (Milano) 5.000- C.M. (Torino) 12.000- P.S. (BorJWsesia) 20.000- raccolti al processo di Bologna 66.000 -

    TOTALE L. 464.930

    inoltre vogliamo ricordare e salutare con amore la nostra cara Patrizia, che dall'lnghilterra ha sottoscritto 100.000 lire (anche se devono ancora arriva-re ... ) e un gabbiano, che ha destinato 500.000 lire alle iniziative editoriali di Anarchismo e Crocenera. Sperando che il loro esempio possa trovare largo se-goito ...

  • anarchismo

    Redazione

    un numero un po' speciale

    Questo numero della rivista , in qualche modo, un numero speciale. lnfatti esso ospita una serie di interventi tutti caratteriz-zati dai comun denominatore di essere incentrati sul problema del carcere e della repressione pi in generale.

    Abbiamo fatto questa scelta, assumendoci il rischio di essere criticati ancora pi aspramente del solito perla tendenza, indivi-duata da alcuni compagni, a fare di Anarchismo una rivista spe-cializzata, in base a due ordini di valutazioni, che non mancano di collegamenti tra di !oro.

    In primo luogo, avevamo a di-sposizione parecchi documenti che ci parevano per moiti versi interessanti e abbiamo ritenuto . che fosse necessario portarli a co-noscenza del movimento (com-patibilmente coi limiti di spazio della rivista), spezzando la cappa di silenzio sempre pi opprimen-te che lo stato sta cercando di im-porre su tutto cio che riguarda le sue manovre repressive e in parti-colare su tutto cio che accade nelle sue galere. Ancora pi ne-cessario in un momento in cui, purtroppo, pare che anche una fetta del movimento libertario voglia dedicarsi ad una strana opera di mistificazione, distor-cendo e mutilando il significato reale di una grossa parte della no-stra storia pi recente e l'identit sociale e politica di alcuni dei compagni caduti nelle mani del nostro nemico mortale.

    Noi non riusciamo a compren-dere come a certi compagni il momento attuale possa sembrare adatto a sprecare tempo ed ener-gie per attizzare polemiche ridi-cole ed incomprensibili, alle qua-li si trovano poi costretti a presta-

    3

    re un'attenzione che esse non meriterebbero, anche quei com-pagni che, essendo chiamati in causa direttamente (anche se piuttosto inopportunamente), non possono accettare di vedere la propria identit rivoluzionaria stravolta e falsata da pronuncia-menti sconsiderati e stupefacen-ti o da giochetti politici che sem-brerebbero incomprensibili, ne! nostro ambiente. E ancora pi in-credibile ci sembra il fatto che chi continua ad alimentare tali pole-miche non si renda conto che l'u-nico risultato che esse possono raggiungere quello (che a noi pare tuttaltro che brillante ... ) di portare il proprio magari invo-lontario contributo al tentativo statale di isolare gli anarchici im-prigionati e di spezzare la solida-riet del movimento.

    Crediamo che alcuni dei docu-menti che pubblichiamo possano servire a rendere giustizia alla soggettivit di quei compagni che, dopo esser stati sottoposti a giudizi quanto meno affrettati, si vedono negare la possibilit di re-plicare non solo dalle difficolt derivanti dalla prigionia in cui lo stato li costringe, ma anche dai sorprendente comportamento di certi organi di informazione del movimento.

    Sperando in questo modo di riuscire a dare un nostro contri-buto alla scomparsa di tali mise-rie dai nostro movimento, passia-mo ad esaminare la seconda con-siderazione che ha motivato la scelta di impostare in un certo modo questo numero della rivi-sta. Essa deriva dai fatto che nei giorni 30 e 31 maggio si terr a Milano un Convegno sulla re-pressione dello stato, organizza-to da un coordinamento al quale aderiscono attualmente varie de-cine di comitati che coprono un' area politica che va dalle residue forze del marxismo-leninismo classico fino al movimento anar-chico, passando per le pi varie tendenze del campo autonomo e libertario.

    E' nostra opinione che questa specie di nuovo cartello della si-nistra ultr non sia, almeno nel-le intenzioni di qualcuno, che una nuova forma per riproporre il solito vecchio trucco del fron-te popolare e dunque dubitiamo che possa produrre risultati rile-vanti, che non siano un'ennesima

    redazionale

    dimostrazione dell'impossibilit di tenere in piedi esperimenti di questo genere e della sempre pi marcata incompatibilit che esi-ste tra l'anima autonoma e liber-taria del movimento rivoluziona-rio reale e gli schemi, le strutture, i comportamenti politici che an-cora si rifanno a miti ideologici gi seppelliti dalla storia e dei quali, negli ultimi anni, si va for-tunatamente perdendo anche il ricordo.

    Ciononostante, abbiamo deciso di aderire a tale Convegno, come collettivo redazionale della rivi-sta, perch pensiamo che nulla vada lasciato di intentato per ac-cellerare i tempi di una chiarifi-cazione definitiva sulle prospetti-ve di ripresa e di sviluppo della lotta di liberazione rivoluzionaria nel nostro paese, e quella di Mi-

    brixton: arrestati compagni anarchici

    La compagna anarchica JEAN WEIR stata arrestata a Londra insieme ad altri compagni del col-lettivo di BRATACH DUBH (Bandiera nera) e scarcerata dopo una settimana di detenzione, a se-goito della sommossa e degli scontri verificatisi nel quartiere londinese di BRIXTON.

    La rabbia della popolazione ne-gra del ghetto pi isolazionista di Londra esplosa, come tutti san-no, a seguito dell'incredibile livel-lo di disoccupazione e in conse-guenza del comportamento re-pressivo della polizia inglese. Gli scontri, che a tutt'oggi non si pos-sono dire del tutto spenti, si sono protratti per giorni ed hanno as-sunto, nel momento di maggiore sviluppo, l'aspetto dell'insurrezio-ne contro tutti i simboli e le espressioni visibili del potere.

    E' adesso in atto un tentativo da parte della polizia inglese di voler attribuire alla compagna Jean Weir e agli altri compagni arrestati l'accusa di avere fomen-tato la rivolta.

    Nel prossimo numero daremo ulteriori notizie sia sull'esito del processo, che previsto tra pochi giorni, sia sugli ulteriori svolgi-menti dei fatti.

  • redazionale

    lano pu diventare un'occasione importante, in questo senso.

    Pi che l'intervento che pre-senteremo direttamente al Con-vegno, questo intero numero del-la rivista vuole rappresentare il nostro contributo a tale iniziati-va, perch riteniamo che, anzich esprimere semplicemente un'a-nalisi e una strategia che siano frutto di un singolo gruppo di compagni, sia ben pi importante dare voce a testimonianze che, partendo da punti di vista diversi e fornendo una notevole variet di chiavi interpretative, diana in qualche misura canto dell'esi-stenza di una serie di soggetti po-litici che danno corpo a un com-posito movimento la cui identit e la cui progettualit vengono spesso sottaciute o strumentaliz-zate, sia per pi o meno espliciti interessi di partita (sia pur com-battente ... ), sia perch allo stato fa pi comodo rappresentare il proprio nemico sotto le fantasti-che sembianze di un apparato che, pur contrapponendosi al suo, rientra perfettamente nelle regale del suo gioco. A chi vuol negarne l'esistenza e a chi vuole travisarne la sostanza, oltre che, ovviamente, a chi intende contri-buire al suo sviluppo, proponia-mo dunque alcune delle voci di un movimento che non intende desistere dalla lotta aperta, fron-tale, violenta contro lo stato e che vuole riaffermare la propria tota-le estraneit e belligeranza nei confronti del mondo della sepa-razione e del dominio, senza per questo lasciarsi rinchiudere in schemi precostituiti di nessun ge-nere ed anzi contrapponendosi apertamente a qualunque inten-zione egemonica o tentativo di strumentalizzazione.

    Il fatto che tale movimento sfugga ad ogni classificazione pre-concetta e si presenti con tanti dubbi e poche certezze, non fa, a nostro parere, che testimoniare della sua vitalit e della sua capa-cit di ricollegarsi alla concreta situazione dello scontro sociale in atto. Uno scontro sociale che, pur non riuscendo ad assumere forme eclatanti o chiaramente leggibili, pone pero con evidenza sotta gli occhi di chiunque ancora di-sposto a tenerli aperti, la questio-ne centrale della liberazione, oggi e subito, dai dominio della morte e della separazione.

    4

    Uncompagno

    una lettera dall'asinara

    (. . .) Sono perjttamente d'ac-corda quando definisci l'Asinara come luogo inalterabile, irreversi-bile, la scomparsa della sezione speciale, non ha cancel/ato /'arbi-trio che si manzfesta in diversi modi.

    Vediamoli. Un mese fa, dopo /'evacuazione della sezione spe-ciale, ogni volta che si doveva an-dare a respirare una boccata d'a-ria nei cortili, le guardie (a/cu ne di /oro, i pi zelanti e sadici) pre-tendevano uno spog/iarel/o, una radiograjia di cento occhi con-tra/lava il tuo corpo, ne/le pupille si leggeva soddisfazione, ne/le facce nasceva un sorriso sardoni-co, non pensavo che bastasse uno strip-tease per far felice una per-sona, dopo queste misure di si-curezza si era nei cortili coperti da grate, come gabbie di tigri.

    Spog/iarel/o e gabbione non potevano durare in eterno, mi spiaceva attristare e negare una felicit a delle persane, ma erava-mo intenzionati sentire il parere del giudice di sorveg/ianza.

    Ammissione di sopruso, scam-pata denuncia per omissione di atti d'ufficio e, infine sbronza per dimenticare il giudice. Invertiti i sorrisi ironici, uscivamo ai cortili de/l'aria senza essere perquisiti e inoltre, non c 'era nessuna grata sopra i cortili. Miracolo! L 'arbi-trio pi fastidioso que llo che re-go/a la corrispondenza, pal/oni costruiti con le nostre /ettere e do-mandine costituiscono un passa-tempo per le guardie (sempre i 3-4 zelanti e provQ''atori) che, la-cerato e consumato il pal/one di carla, pensavano a come costruir-ne un a/tro pi solido e di mag-gior proporzioni, indij]renti del fatto che una lettera puo signifi-care tutto per un detenuto: Anche su questa anomalia si abbatuta la mano della divina provvidenza (?), sconfitti, incazzati facce dure

    anarchismo

    da SS, parole dure, diniego di tue richieste sono i nuovi esperimenti di provocazione. Ieri, i lavoranti e oziosi, hanno lasciato la seconda sezione per abitare la ex sezione speciale, tuttora sonolsiamo qui. Fra /avoranti e oziosi si creato un trattamento dij]renziato, i primi godono di ogni privilegia, i secondi sono isolati, non possono sostare persane vicino alle celle, non concesso il passaggio di nessun tipo d'oggetto da una cel-la al/'altra, nessuno deve scam-biare paro/a con /oro, questa qua-rantena ha come finalit il creare un nuovo speciale con detenuti normali. 1 o ho fatto un po' il pun-to della situazione e ne/la prossi-ma settimana, esporr le mie la-mentele al giudice di sorveg/ian-za che rifrir a chi dovuto. /eri ho par/ato a lungo col neo diret-tore, questi ha ammesso che esi-~ stono delle carenze, dei ma/con-tenti ai qua/i si sta gradua/mente provvedendo. Mi sembrato in buona jde quando ha parlato di progetti di riorganizzazione delle strutture carcerarie de/l'isola, abolizione dei cameroni con l'al-lestimento di celle con due posti letto, riscaldamento delle medesi-me, visite frequenti del direttore ne/le diramazioni per verijicare gli umori dei detenuti, per ri/eva-re irregolarit ecc., al momento la situazione va a man a mano de-generando e le previsioni sono tutt'altro che rosee. Come vedi c' una nuova e ridotta figura dello speciale, cambiano i protagonisti ma lo spettacolo sempre lo stes-sa. Ho sinteticamente citato aleu-ne forme di arbitrio, assoluto, in-contrastato senza resistenza in una massa di carne succube e be-/ante, alcuni disapprovno /'ordi-ne delle cose (naturale seconda a/tri) ma sono una minoranza esigua, disorganizzata, faci/men-te controllabili. Poi mancano co/-lettivi d'appoggio esterni, questo significa da una parte il rischio di intraprendere un 'azione suici-da dall'altra cadere in un 'indif ferenza e immobilismo totale. Occore, innanzitutto, fare della controinformazione con /'esterno, usare gli strumenti legali di denuncia e battere, insistente-mente, su questo tasto. (. . .)

    Chiudo con un forte abbraccio fraterno.

    (Un compagno) Marzo 1981, Kampo di Forne/li

  • anarchismo

    Compagni da Palmi

    pe~jun

    dibattito sulla prigionia di guerra

    La prima parte di questo inter-venta apparsa sul n. 35 della ri-vista.

    La perdita della funzione di educazione al lavoro salariato da parte dell 'istituzione carcera-ria e della normativa giuridica tutta, trova le sue origine nel fatto che oggi non si d pi alcuna possibilit di riproduzione socia-le al di fuori del rapporto di capi-tale: la sussunzione reale dell'in-tera riproduzione sociale ai biso-gni di valorizzazione del capitale, avvenuta progressivamente sulla base della produzione di massa e dello Stato keynesiano, pone semmai il problema/contraddi-zione di costringere al rapporto di capitale masse crescenti di proletari la cui forza-lavoro di-venuta superflua, coerentemente con la tendenza - immanente al modo di produzione capitalistico - alla riduzione del tempo di la-voro necessario (alla sua riprodu-zione).

    Questa contraddizione viene spesso interpretata come una ten-denza/necessit del capitale al-l'immiserimento per masse cre-scenti di proletari, cosache, tutta-via, non trova riscontri adeguati nella realt sociale del nostro paese. Essa viene, piuttosto, af-frontata sulla base di una diversa strutturazione della riproduzione

    ~sociale, il cui elemento dinamico - rappresentato dallo sfruttamen-

    to della capacit lavorativa di una forza-lavoro acculturata, me-tropolitana, che rifiuta la stanzia-lit del rapporto di lavoro perch ne rifiuta l'etica e l'ideologia So-cialista che ne consegue. Non ci

    5

    addentreremo in un'analisi di questo fenomeno, l'abbiamo ac-cennato solo perch la stratifica-zione del mercato del la v oro (1) che cio comporta, e - pi ancora - la ristrutturazione della giorna-ta lavorativa sociale (2), sono in rapporto diretto con l'appronta-mento degli strumenti di control-lo di cui il catcere elemento es-senziale.

    La riduzione della giornata la-vorativa sociale e la parcellizza-zione/mobilit delle prestazioni lavorative richieste, infatti, pon-gono problemi di controllo sul tempo sociale liberato e di ge-stione del mercato della forza-lavoro, che l'apparato giudiziario ed il carcere sono chiamati ad af-frontare. In altri termini, il carce-re non ha perso la funzione di ortopedia sociale che ha avuto fin dalle origini del modo di pro-duzione capitalistico (ricordiamo le osservazioni di Marx sulle leggi inglesi del XVIII secolo che ob-bligavano al lavoro salariato o, anche, l'indagine di M. Foucault sulle origini del carcere cellula-re), ma l'ha semplicemente adat-tata alle esigenze nuove del do-minio capitalistico.

    Se in origine si trattava di co-stringere gli uomini a superare la loro diffidenza per il lavoro sala-nato in una societ nella quale continuavano ad avere esistenza (relativamente) autonoma altri rapporti di produzione (si pensi allo spopolamento forzato delle campagne), oggi si tratta di co-stringere i proletari a superare l'avversione per il lavoro salaria-to in un ambito sociale in cui la riproduzione al di fuori del rap-porto di capitale gi lotta per la sua distruzione.

    Con cio non intendiamo teo-rizzare le comunit separate, n consideriamo inessenziali le specifiche contraddizioni che vi-vono i diversi settori proletari dentro la divisione sociale della-voro; intendiamo, invece, sottoli-neare la contradditoriet che in-veste in generale il modo di pro-duzione capitalistico cosi come essa si manifesta oggi, cosa che costituisce la premessa essenziale per lavorare alla ricomposizione di un vasto schieramento proleta-no.

    La ditferenziazione, in campo giuridico, trova il suo necessario complemento nel trattamento

    dibattito

    ditferenziato in carcere. La connessione logica che si

    instaura fra trattamento ditfe-renziato e carcere speciale ri-schia, pero, di occultare quella -fondamentale - per la piena com-prensione dei meccanismi che re-golano l'istituzione carceraria che lega trattamento ditferenziato e carcere metropolitano. In altre parole la prima schematica ditfe-renziazione operata dalla norma-tiva giuridica e dai carcere stesso, fra buoni e cattivi, fra nor-mali e speciali, se sopravvalu-tata, occulta la funzione struttu-rale che il carcere va assumendo nell'assetto sociale emergente dalla crisi.

    Questa prima ditferenziazione , piuttosto, l'elemento essenziale dai quale partire per analizzare le forme del dominio in rapporto al movimento di lotta dei proletari prigionieri e alla guerriglia, que-stione certo non separata dalla precedente e sulla quale tornere-mo in seguito.

    Abbiamo atfermato che la tra-sformazione della funzione del carcere connessa a due fattori fondamentali: la riduzione della giornata lavorativa sociale e la stratificazione del mercato del la-voro.

    L'aumento del tempo sociale>> non dedicato all'attivit lavorati-va, pone immediatamente il pro-blema del suo utilizzo in funzio-ne dei bisogni di valorizzazione del capitale.

    Il mondo delle merci, infatti, non solo aliena all'individuo una parte del proprio tempo sotto la forma di tempo di lavoro, ma non permette nemmeno di consi-derare il tempo libero come quello in cui si realizza la sua personalit: per esso il tempo di lavoro quello in qui la forza-lavoro, ridotta a merce, viene consumata e il tempo libero quello in cui si consumano merci per la reintegrazione della forza-lavoro.

    Per il mondo delle merci, per-cio, non si pone nemmeno il pro-blema della realizzazione indivi-duale e collettiva nel tempo li-bero se non in termini estranei -e percio antagonisti - ai suoi inte-ressi.

    Per essi si tratta invece di svi-luppare un corretto rapporto dei proletari con la ricchezza sociale, di imporre la mediazione del va-

  • dibattito

    lore-lavoro al consuma, cio di fare del tempo di consuma una variabile controllata e dipendente dal tempo di lavoro>>.

    La dissociazione di questi due elementi, caratteristica della composizione proletaria degli anni precedenti e, insieme, pro-dotto della nuova ristrutturazione della produzione sociale, ha as-sunta dimensioni enormi, non solo se riferita ai movimenti di massa, ma anche ai comporta-menti extralegali (come testimo-niano abbondantemente i dati statistici riportati nella nota 1, nella precedente parte del presen-te articolo, pubblicata sul n 35 di Anarchismo, parte per altro gi vecchia di cinque anni).

    Un trattamento puramente re-pressivo di questi ultimi sarebbe quantomeno irreale se si pensa al fatto che oltre il 90% delle de-nuncie per furto sono a carico di ignoti e che, se pure si volessero punire esemplarmente i pochi ladri che vengono catturati, le galere di tutto il paese sarebbero insufficienti a contenerli ... come poi in effetti avviene.

    In queste circostanze la funzio-ne preventiva, di classificazio-ne e controllo (prima ancora di classificazione) del carcere, trova nel trattamento differenziato il suo strumento operativo.

    La classificazione dei proletari marginalizzati e l'infiltrazione negli ambiti sociali dove trae ori-gine il fenomeno dell'extralegali-t rappresenta quindi l'obiettivo principale del trattamento diffe-renziato, come, d'altronde, la ac-curata classificazione dei prigio-nieri condizione indispensabile per l'approntamento di tratta-menti specifici a seconda del loro grado di pericolosit sociale e di insubordinazione ideologica.

    Gli stessi cri teri di classifica-.zione potranno poi essere utiliz-zati in funzione della militarizza-zione dei territori proletari e del-la definizione dello status so-ciale.

    Il carcere integra quindi la sua funzione con quella, analoga, de-gli altri organismi decentrati del dominio: dagli apparati di sche-datura del sindacato ai consigli di quartiere, dalle sedi di partita ai consultori, dai centri di disintos-sicazione per i drogati alle unit sanitarie locali. Il carcere in que-sta dimensione destinato a mol-

    6

    tiplicare i rapporti con la realt sociale che deve concorrere a controllare: non pi isolamento sociale dentro il carcere ma car-cere sociale che educa i com-portamenti ed estende la sua in-fluenza su tutto l'habitat proleta-rio, che si integra con gli altri strumenti del controllo sociale per far fronte alla generale illega-lit dei proletari.

    L'extralegalit, infatti, non pi una caratteristica del vecchio lumpenproletariat, ma dive-nuta parte integrante dei compor-tamenti sovversivi del proletaria-to metropolitano, rendendo con cio, inutilizzabile una gestione del carcerario seconda i criteri del vecchio regolamento fascista. Il punto di svolta nella gestione del carcere e rappresentato dal varo della riforma nel '75 e dal-l'apertura dei carceri speciali nel '77.

    A distanza di quattro anni manca un'analisi articolata delle trasformazioni avvenute nei Grandi Giudiziari Metropolita-ni, si possono citare solo alcuni elementi generali: - in tutti i GGM, i vari bracci, sezioni, raggi ... di cui sono com-posti, hanna specializzato la lora composizione di prigionieri. Ti-pica in questo senso la funzione svolta dal COC (centro di osser-vazione criminale) a S. Vittore dave per moiti tossicodipendenti il rapporta col carcere si risolve in quello con un'equipe di spe-cialisti che li classifica, sviluppa la loro subordinazione ideologica e li rispedisce nel quartiere ghet-to... non prima, pero, di averli curati a base di metadone! - la semilibert, l'affidamento al servizio sociale, i permessi, la libert anticipata, sono tutti isti-tuti che introdotti con la riforma, graduano la permanenza in car-cere sia con il comportamento che con la natura del reato. Anche se questi provvedimenti non hanno raggiunto dimensioni realmente incidenti, hanna, in agni casa, dila'tltto il ricatto sui prigionieri in funzione della di-sciplina e della rottura della soli-dariet/ organizzazione interna: dalla minaccia del trasferimento in sedi lontane, alla richiesta pressante di comportamenti lea-li con la direzione (e percio stes-sa sleali con i propri compa-gni) per poter sperare di usufruire

    anarchismo

    delle misure alternative. La stessa sicurezza venuta a dipen-dere pi dalla scarsa determina-zione dei prigionieri nel praticare la strada dell'autoliberazione (an-che considerando le difficolt crescenti della latitanza), che da un rafforzamento vero e proprio delle strutture. - strutture, personale specializ-zato e corpo degli AC si vanno, comunque, velocemente ade-guando alle mutate esigenze. Ba-sti pensare alle caratteristiche dei nuovi carceri in costruzione a Fi-renze, Torino, Spoleto ... ai conti-nui bandi di concorso per il re-clutamento di specialisti, op-pure al pescaggio nelle liste di leva per adeguare il corpo degli AO.

    La funzione cosi come la ge-stione differenziata del carcere volte allo smantellamento del-l'organizzazione proletaria, non sono state il prodotto d'un decre-ta, ma di un processo di trasfor-mazione durato anni e che tutto-ra continua. Esso, naturalmente, non si sviluppata e non si svi-luppa senza contraddizioni, sen-za doversi scontrare con la lotta, laddove pi difficile l'opera di disgregazione e di intimidazione

    sentenza Con sentenza del giudice istrut-

    tore Sergio Castaldo, emessa in data 3 aprile, i compagni Alfredo Bonanno, Salvo Marietta, Jean Wir, Massimo Gaspari, Roberta Graziani, Sandro Vandini, Car-mela Di Marca, Saro Messina, Paolo Roberto, Kenneth Burgon, Riccardo Fabbricat, Franco Lom-bardi e Patrizia Casamenti sono stati assolti dai reati di cui erano imputati (costituzione di banda armata, detenzione di armi, rapi-na, sequestro di persona, ecc.) per non avere commesso il fatto. Il solo compagno Gaspari stato as-solto dai reato di costituzione di banda armata per insufficienza di prove. In seguito a tale sentenza venuto a cadere per i compagni Bonanno e Marietta l'obbligo di dimorare a Catania. Si attende ora il processo di appello in meri-to alla detenzione di esplosivo, al termine del quale si spera che an-che Massimo Gaspari possa tor-nare in libert.

  • l 1

    1 1 1

    anarchismo

    dell'organizzazione proletaria. Anche in questo caso non pos-sibile reperire una documentazio-ne adeguata, un'analisi sufficien-temente articolata, delle forme, senz'altro poco appariscenti, del-la resistenza dei prigionieri ai nuovi criteri di gestione del car-cere. L'unica situazione di lotta alla quale possibile riferirci rappresentata dalle Nuove di Torino fra l'autunno '78 ela pri-mavera '79. Di questa lotta ci preme soprattutto sottolineare due clementi: in primo luogo il suo carattere sociale, ne! senso che in essa si sono integrati per la prima volta l'organizzazione in-terna dei prigionieri, l'intervento continuo e puntuale della guerri-glia e l'appoggio militante dei proletari dei quartieri ghetto tori-nesi. Lo schieramento proletario ricompostosi intorno a questa lotta ha reciso violentemente tut-te le appendici sociali della Nuove, come pure ha inciso sulla discrezionalit del tratta-mento riservato ai prigionieri.

    In secondo luogo vogliamo sot-tolineare che gli obiettivi della lotta, oltre che a conquistare spa-zi per l'organizzazione proletaria, tendevano a limitare la discrezio-nalit della direzione (e del giudi-ce di sorveglianza) nella gestione delle misure alternative>>. N bi-sogna dimenticare che in quel pe-riodo, alle Nuove, la punizione degli infami e compagnia era di-ventata prassi quotidiana.

    Le caratteristiche di questa lot-ta ci sembrano tuttora attuali, nel senso che l'iniziativa comunista sul carcere chiamata oggi a con-frontarsi: - con le funzioni di selezione so-ciale assunte da questa istituzio-ne, attaccando tutti gli organismi che dentro e fuori dalle mura di cinta presiedono a questo compi-to, ricostruendo, per disarticolar-li, i percorsi informali della rete di controllo sui territori proletari; - con la gestione che rende possi-bile tale selezione, sviluppando la cooperazione proletaria, intimi-dendo il personale specializzato e militare che opera quotidiana-mente il suo lurido ricatto (e che costruisce tramite esso la rete di delazione dentro e fuori il carce-re), disarticolando le strutture dello stato che presiedono a tale compito (come nel caso dell'ope-razione D'Urso);

    7

    - con l'ideologia che, ancora oggi, vuol mistificare il carcere come il luogo di espiazione di una colpa individuale, come il luogo dove stanno i delinquenti)), come un mondo ai margini della societ civile.

    Finora abbiamo deliberata-mente evitato di affrontare il ruo-lo e i problemi che caratterizzano il circuito dei carceri speciali; ci non perch consideriamo margi-nale la loro funzione, quanto per evitare, come abbiamo gi accen-nato, la inevitabile polarizzazio-ne dell'analisi su una realt per-corsa da enormi tensioni ed em-blematica delle tendenze autori-tarie dello stato. Pericolo tanto pi evidente se si pensa che, af-frontando il tema del trattamen-to differenziato, entrato nell'u-so comune identificare i due poli della differenziazione nei due cir-cuiti: quello speciale e quello normale.

    L'esistenza dei carceri speciali , per, condizione indispensabi-le perch l'istituzione carceraria nel suo complesso possa assolve-re le sue funzioni. La presenza di soggetti irriducibili al ricatto del trattamento differenziato (come lo sono le avanguardie del cielo di lotte del movimento dei proie-tari prigionieri nella prima met degli anni '70 e, per definizio-ne, i comunisti), renderebbe, in-fatti, impraticabile l'attuale ge-stione della gran parte dell'uni-verso carcerario, a causa dello sti-molo alla cooperazione che viene dalla pratica di lotta e d'organiz-zazione di cui questa parte di pri-gionieri portatrice, il varo della riforma e l'apertura degli spe-ciali sono, quindi, in rapporto conseguenziale che va oltre la, pur importante, necessit (per lo stato) di far fronte alla pratica di autoliberazione affermatasi negli anni precedenti il varo della ri-forma e che nell'inverno '76-'77 aveva raggiunto proporzioni al-larmanti.

    La riforma, con il suo tratta-mento differenziato, era cio uno strumento utilizzabile solo su un corpo di prigionieri menomato nella sua capacit d'organizzazio-ne e intimidito con lo sparacchio di terribili condizioni di prigio-nia, duramente represso nelle sue espressioni d'avanguardia e ... al-lettato con la carotina delle mi-sure alternative.

    dibattito

    Quanto questo passaggio sia stato lungo e incompreso dal mo-vimento comunista lo testimonia la tesi, pi volte espressa, secon-do la quale i carceri speciali rap-presenterebbero l'approntamento di strumenti di detenzione speci-ficamente studiati per i militanti delle organizzazioni guerrigliere, o da quella, pi recente, che ipo-tizzerebbe una progressiva kam-pizzazione dell'universo carce-rario, segni evidenti della scarsa maturazione delle caratteristiche specifiche della guerra rivoluzio-naria nelle metropoli. ln altri ter-mini, non crediamo in una diabo-lica capacit dello Stato di piani-ficare a lungo termine la sua poli-tica controrivoluzionaria, dato che, condizione indispensabile per la perpetuazione del dominio capitalistico in un paese come il nostro, la capacit di interrom-pere i percorsi di liberazione del proletariato metropolitano, pri-ma ancora che di cercare di an-nientarli sul terreno militare.

    Lo Stato, cio, non calibra la sua iniziativa sull'ipotesi di un imminente dispiegamento dello scontro, quanto sulla possibilit di annichilire - o almeno di po-sporre di volta in volta - i proces-si di ricomposizione proletaria verso la trasformazione rivolu-ziona:ria dei rapporti sociali. Il suo ideale la normalizzazio-ne, ossia rendere compatibile l'i-nevitabile antagonismo dei proie-tari con i suoi bisogni di valoriz-zazione e, contemporaneamente, impedire che l'organizzazione comunista da fenomeno endemi-co si trasformi in processo epide-mico. L'isolamento dei comunisti in apposite carceri non , percio, un elemento assente dalle ragioni dell'apertura dei carceri speciali, ma l'intenzione non di antici-pare una fase di guerra dispiega-ta, bensi quella di annullare la loro funzione sociale attraverso l'isolamento (nonch, ovviamen-te, quella di impedirne la libera-zione).

    In ogni caso, al momento del-l'apertura dei carceri speciali, l'e-lemento centrale rappresentato dal concentramento della parte cattiva del movimento di lotta dei p.p., come dimostra il fatto che i militanti comunisti sono solo una piccola frazione dei 1.200 prigionieri concentrati nei kampi nell'estate '77.

  • dibattito

    L'isolamento di questi pngw-nieri dagli altri non si esaurisce, pero, nemmeno nel rapporto con la lotta proletaria contro le carce-ri, ma anche il primo serio ten-tativo di intervenire nel comples-so e delicato rapporto che si in-staura in un movimento di massa fra i suoi momenti soggettivi e la sua esistenza oggettiva; cio che negli anni seguenti sar chiamata la strategia dell'acqua e del pe-see.

    In questo caso, comunque, il pesee assomiglia pi ad una halena inferocita. La concen-trazione di una composizione di prigionieri ricca di esperienza di lotta, di determinazione e di ca-pacit d'organizzazione, ha de-strutturato via via tutti i progetti di pacificazione/annientamento che l'Esecutivo ha elaborato in questi anni.

    La cronaca delle lotte nei kam-pi cosa troppo nota perch sia necessario da parte nostra riper-correme le tappe.

    Se dunque la non ha fatto progressi signifi-cativi, pure necessario riflettere sulle difficolt che ha incontrato la socializzazione di un cielo di lotte continuo e clamoroso come quello che ha percorso i kampi in questi anni.

    Queste difficolt si sono evi-denziate sia nei confronti della generalit dei prigionieri che ri-spetto ai settori sociali in lotta.

    Senza dubbio esse si inscrivono nelle problematiche di una fase di transizione nel processo rivo-luzionario, ma cio non significa che si possa esimere da una disa-mina critica dell'iniziativa comu-nista dentro (e fuori) il carcere, anzi la sollecita come condizione per la maturazione dei passaggi necessari. La mancata o parziale socializzazione della lotta non va confusa con la pubblicit della medesima, cosa che, invece, non atfatto mancata grazie alla note-vole quantit di materiale pro-dotto e pubblicato. Cio che mancato stato piuttosto un rap-porta adeguato con le tensioni ed i problemi che percorrevano (e percorrono) il resto dell'apparato carcerario e, pi in generale, i settori sociali in lotta. 1 tentativi di stabilire un rapporto politico-organizzativo con i G.G.M., ad es., si sono per lo pi risolti nella piatta riproposizione delle forme

    8

    organizzative e degli obiettivi di lotta atfermatisi nei kampi, pre-cl udendo cosi ogni possibilit di elaborazione di un programma unitario di lotta per il trattamen-to ditferenziato (che non fosse quello della chiusura - peraltro illusoria - delle sezioni speciali, coerentemente con il luogo co-mune che riduce il T.D.>> alla polarizzazione speciali/norma-lh> ). N il rapporto con il circuito femminile ha avuto caratteristi-che diverse, dove pure quest'ulti-mo aveva visto lo sviluppo di for-me originali di lotta e di organiz-zazione.

    Il rapporto con la lotta proleta-ria in generale ha avuto, a nostro giudizio, due limiti: per un verso si risolto nel tentativo di entrare in contatto con la realt sociale che circondava i kampi, cosa che non ha dato grandi risultati po-che i contenuti di fondo della lot-ta non potevano trovare soluzio-ne di continuit in quelle zone marginali e militarizzate; per al-tro si mediato attraverso il rap-porta privilegiato>> con le OCC, con le inevitabili distorsioni che producevano le tendenze oppor-tuniste e/o settarie in esse presen-ti.

    Il referente naturale>> delle lotte nei kampi, d'altronde, non poteva che essere la guerriglia (cosa per altro pi volta espressa nei documenti prodotti nei kam-pi) ma cio ha comportato che si presentassero gli stessi problemi di socializzazione>> dei suoi con-tenuti dentro lo schieramento proletario.

    Le dimensioni della lotta han-no evitato che emergessero aspet-ti avanguardistici>> e, anzi, han-no indotto (e permesso) alla fra-zione comunista prigioniera di misurarsi con i problemi dell'or-ganizzazione di massa della pro-pria lotta, ma cio non ha costitui-to (n poteva costituire) un punto di riferimento adeguato per i pro-cessi d'organizzazione degli altri settori sociali in lotta.

    Ricchezza e 'limiti del movi-mento di lotta nei kampi stanno proprio nelle caratteristiche del suo soggetto centrale, la frazione irriducibile del proletariato pri-gioniero, e nel rapporto che si sviluppato con la guerriglia. Li-miti che possono essere superati solo attraverso la socializzazione delle sue aspirazioni dentro lo

    anarchismo

    schieramento proletario e che proprio il movimento comunista puo (e deve) operare.

    Porre come elemento irrinun-ciabile del programma comunista la distruzione di tutte le carceri (che sintetizza egregiamente le aspirazioni di tutti i prigionieri) significa prima di tutto operare perch tutti i proletari dall'ope-raio-massa agli studenti, dalle casalinghe ai marginali, si con-frontino con questa parola d'ordi-ne e percio con il ruolo disgrega-to che il carcere ricopre e con le lotte dei prigionieri.

    Nella composizione dei prigio-nieri, gi prima dell'operazione D'Urso, si era evidenziata la ten-denza all'accentuazione della presenza dei militanti comunisti. E' facile prevedere che nei prossi-mi mesi questa tendenza si accen-tuer fino a ribaltare il dato di partenza che faceva dei comuni-sti solo una piccola frazione dei p~igionieri concentrati nei kam-pt.

    Cio pone due ordini di proble-mi: Necessit di rompere l'isolamento.

    La guerriglia diventata nello scorso decennio un dato inelimi-nabile della realt sociale del no-stro paese. Parallelamente, anche i kampi sono diventati un ele-mento essenziale degli strumenti di dominio dello stato del capita-le. Cio fa dell'abolizione dei car-ceri speciali un obiettivo propo-nibile solo da chi gioca la sua esi-stenza politica su una ipotesi di sconfitta, manu militari, del mo-vimento comunista e, viceversa, da chi crede sia possibile raggiun-gere questo risultato concentran-do su di essi la potenza di fuoco della guerriglia.

    Il corollario di quest'ultimo punto di vista che i kampi sono territorio nemico, sottoposto a leggi di guem1>>, nella stessa di-mensione politica dei campi di concentramento militari.

    Niente ci pi estraneo di que-sta concezione della prigionia e della guerra rivoluzionaria (3).

    Crediamo, invece, che sia ne-cessario fare dei kampi un terre-no di scontro fra gli opposti schieramenti sociali, sottraendosi ad una logica di scontro che vede contrapporsi lo stato e la guerri-glia, cosa tanto pi necessaria nella fase a venire quando, all'in-

  • '

    l 1

    1

    anarchisme

    terno dei kampi, non sar possi-bile nemmeno pi illudersi di sti-molare l'organizzazione di sezio-ni di classe consistenti.

    Fare dei kampi un terreno di scontro sociale significa per noi, in primo luogo, mettere in di-scussione, in agni situazione pro-ltaria, il criteria per il quale le condizioni di prigionieri (che, non dimentichiamolo, sono l'oggetto del T.D.) vengono su-bordinate alle esigenze di sicurez-za e di controllo politico espresso di volta in volta dagli apparati re-pressivi dello stato.

    Cosi perla salute: i casi di pri-gionieri lasciati morire per malat-tie, la cui causa prima il carcere stesso, sono sempre pi frequenti, mentre le terapie mediche indi-spensabili ad altri non vengono praticate (o lo sono con ritardi di mesi) per l'indisponibilit dei c.e. al piantonamento in ospeda-le, al trasferimento, ecc.

    Cosi per la socialit interna e verso l'esterno che, quando non viene limitata in funzione del-l'annientamento o di ostacolo al-l'organizzazione dei prigionieri, viene violentemente subordinata alla sciocca pretesa di impedire il rapporta dei prigionieri con l'or-ganizzazione comunista e prole-taria all'esterno.

    Cosi per la stessa composizione dei prigionieri in ciascun kampo, che viene studiata a tavolino per impedire che si sviluppino livelli alti di cooperazione o, comun-que, per tenerli sotta controllo stretto. L'accettazione o mena di questo criteria pensiamo debba essere la prima fondamentale di-scriminante che lo schieramento proletario pane a livello di tutta la societ, coerentemente con il rigetto di analoghi criteri nella sfera giuridica, come abbiamo ac-

    9

    cennato in precedenza a proposi-to della differenziazione del di-ritto. La prigionia dei comunisti.

    L'esistenza di migliaia di mili-tanti comunisti prigionieri un fatto di estrema rilevanza politica e sociale in un paese come il no-stro, percorso da un acuto scon-tro sociale.

    Essi, infatti, con la !oro lotta e per il rapporta che li lega al mo-vimento comunista, sono la testi-monianza pi emblatica dell'irri-ducibilit delle aspirazioni proie-tarie allo stato del capitale e, in-sieme, l'elemento pi distruttivo delle mistificazioni con le quali quello stesso stato vuol nasconde-re l'evidenza della ri volta sociale.

    In una fase in cui lo scontro as-sume caratteristiche pi ampie, le stesse ragioni che sono alla base dell'istituzione dei kampi diven-tano la contraddizione principale nella quale essi si dibattono. Ab-biamo sostenuto, infatti, che at-traversa i kampi si articolava una strategia di contenimento e di-sgregazione dell'organizzazione proletaria e comunista che aveva il suo fondamento nell'isolamen-to delle avanguardie politiche e di lotta dalloro naturale referente sociale.

    La fase ultima di scontro, ha portato incarcere, insieme a mol-ti pesci)>, perfino l'acqua)) nella quale nuotavano, senza che con questo venissero raggiunti dallo stato i risultati sperati nell'attac-co alle organizzazioni guerriglie-re e al lora retroterra politico e logistico.

    Questo fatto, testimoniato dal-la dispersione di centinaia di compagni alla periferia dei carce-ri metropolitani e dalla selezione operata su di essi prima del tra-sferimento nel circuito degli

    dibattito

    speciali, costituisce un elemen-to formidabile di destabilizzazio-ne degli equilibri sociali e politici su cui si fonda il carcere oggi, a patta che si sviluppi un processo d'organizzazione e di lotta che investa tutti i prigionieri comuni-sti, da quelli che sono isolati in apposite sezioni dei G.G.M. a quelli concentrati nei kampi, da quelli dispersi nella periferia alle compagne, anch'esse disperse, isolate, concentrate in funzione del controllo politico.

    Non si tratta, ovviamente, come qualcuno ha voluto inten-dere, di sviluppare una lotta dai caratteri corporativh), come se ci fossero interessi particolari dei comunisti da affermare separata-mente da quelli proletari!

    Si tratta, piuttosto, ancora una volta, di pensare ai prigionieri comunisti come all'elemento sti-molante dei processi organizzati-vi proletari, come all'ossatura di un nuovo cielo di lotte che lo sta-to ci ha fornito gi pronta per l'impossibilit di concentrare tut-ti i comunisti catturati in apposi-te carceri, per motivi politici pri-ma ancora che logistici.

    Si tratta anche di non ripetere gli errori fatti nella fase preceden-te, quando programma e forme organizzative proprie di una composizione di prigionieri omo-genei con la guerrigliiD) veniva-no meccanicamente trasposti ovunque, operando la roZZID> equivalenza che vuole il punta di vista pi altO)) essere quello in-toma al quale aggregare i proleta-ri dai punta di vista pi bassO>)!

    ***Prigionieri per la ricomposizione del

    movimento comunista e per la riproposizione della questione sociale

    Palmi, gennaio 1981

    (1) La riduzione della giornata lavorativa sociale non si espressa meccanicamente in una riduzione dell'orario di lavoro, bensi in una sorta di precarizzazione della prestazione lavorativa richiesta, sicch, per una parte crescente di proletari, quelli marginalizzati dai meccanismi di selezione sociale, non esiste pi la sicurezza del posto di lavoro, ossia un'erogazione continua di forza lavoro in cambio di salario, ma c' la subordinazione di tale possibilit>> alle necessit del capitale, da rin-correre di settore in settore, da un luogo fisico all'altro. Cio non avvenendo, n potendo avvenire, in modo generalizzato, pro-voca una stratificazione del mercato dellavoro.

    (2) Per riduzione della giornata lavorativa sociale intendiamo la riduzione del tempo di lavoro vivo necessario alla ripro-duzione (valorizzazione) del capitale sociale complessivo in attivit, astraendo dai modo in cui questa giornata lavorativa so-ciale si struttura. La riduzione il prodotto congiunto, da una parte, dell'aumento della composizione organica del capitale so-ciale (Riduzione tecnologiche e nuova divisione internazionale dellavoro) e, dall'altra, della stasi quando non della restrizione della base produttiva>>.

    (3) Ci sembrano fuori luogo, percio, quelle critiche mosse ad un nostro precedente abbozzo di proposta sulla prigionia di guerra>>, che vedevano un contenuto istituzionale!militaresco nelle tesi che sostenevano (quasi che intendessimo rinegoziare la Convenzione di Ginevra!).

  • interventi

    Alcuni anarchici prigionieri

    l'idea del potere

    1 moiti segni, provenienti da tutti gli ambiti sociali, dicono a chi si pone il problema della pro-pria vita come affaire collettivo di classe, che gli anni 80 segnano una svolta epocale nella storia contemporanea.

    1 modelli organizzativi del Sa-pere sociale complessivo non rie-scono pi a interpretare il mon-do, ne spiegarlo, e soprattutto non sono pi funzionali al man-tenimento e riproduzione del do-minio di classe. (Notizie biblio-grafiche: esempio La condizione post-moderna - crisi del sapere nella societ contemporanea -ed. Feltrinelli, collana Nuovi te-sti, 1981, lire 4.000). Le forze del Potere sono segmentate e sot-to utilizzate. E' un processo che non risparmia tantomeno il pen-siera della Sinistra (da quella sto-rica a quella rivoluzionaria, attra-versando orizzontalmente e gli ambiti delle armi della critica che quelli della critica delle armi ... ). E' la concezione del mondo, la Weltanschauung contemporanea che entrata in crisi. Per questo, svolta epocale, omologabile, relativamente agli stravolgimenti che produce a quella del passag-gio dal pensiero tolemaico al pensiero copernicano; (P.K. Feyerabend, Contro il metodo>>, Feltrinelli). Travolge i territori del sapere culturale e politico, e economico e sociale, gli ambiti della scienza e dell'immaginario, della reazionalit e della fantasia; tutta l'epistemologia della socia-lit. Paradossalmente, vi un sa-pere altro che pare non essere sensibile a questi processi di tra-sformazione: il sapere anarchico e libertario. Certo vi sono spezzo-ni di questo pensiero che sono dentro alle metamorfosi del sape-re socialmente dato, ma sono seg-menti centrifughi che non riesco-no a scatenare la epidemia all'in-terno e per tanto si trovano di-spersi nel magma generle.

    Come prodotto medio il pen-

    10

    siero anarchico corre parallelo alla storia, accanto ma al di fuori; e come tutto cio che caratteriz-zato dalla acontemporaneit non riesce a determinare concreta-mente i caratteri politici e sociali delle trasformazioni, vive, so-pravvive, come movimento pura-mente filosofico, ideologico e so-ciologico; puo anche avvenire che in certi momenti sembra den-tro ai movimenti della sovversio-ne sociale: il '68 con la sua carica antiautoritaria e libertaria - la fantasia al potere, sar una ri-sata che vi seppellir ... - il '77 con la sua dispiegata consapevo-lezza umana e politica del rifiu-to della delega, l'azione diret-ta, basta con la rappresentenza, il partito ... il potere ... , certo! Ma attenzione, non il movi-mento anarchico che ha portato queste istanze dentro al movi-mento antagonista, anzi! A vviene che il movimento anarchico come un' orologio fermo che ogni tanto segno la ora esatta! E questa la storia dell'anarchismo nel mondo da 40 anni, almeno -tranne la roccaforte spagnola, che vive pur, essa pero in brutte ac-que.

    Gli anni '80 si aprono col se-gno degli anni di crisi generale, culturale e politica, sociale. E' il nostro momento storico, degli anarchici; dobbiamo sviluppare la capacit di agganciarlo, pola-rizzarlo verso la trasformazione sociale che da anni andiamo pro-pagandando, il momento di co-niugare la teoria con l'azione ri-voluzionaria. Senza illusioni, la rivoluzione non dietro l'angolo ma all'interno del movimento sovversivo siamo rimasti i soli a possedere il background perla ri-presa complessiva dell'inziativa rivoluzionaria ... anche il marxi-smo rivoluzionario non pi ca-pace di dare reali prospettive di liberazione, la realt ha scalzato tutti. Ogni ideologia, ogni model-lo di rivoluzione non crea pi nessuno schieramento sociale ... e noi, noi sempre in prima fila nel-la critica a tutte le ideologie non ci siamo accorti di essere rimasti vittime di una mistificazione che ci fa apparire come la pi pietrifi-cata e astorica ideologia! Pertanto compagni e . prima di tutto inne-scare una fQrte battaglia teorica al nostro interno; e sbarazziamoci dalle pastoie di tutti i colori che

    anarchismo

    hanno la bocca piena di rivolu-zionari e anarchia ma il cuore e la mente distanti da esso anni luce; diamoci gli strumenti teori-ci e pratici per la lotta adeguata a questa fase della complessit del-la realt sociale ad aprire questa battaglia teorica quello che ci proponiamo in questa sede. Uno dei poli teorici dell'anarchismo, il concetto dicritica del potere, da Malatesta in poi - ha subito un amaro e disarmante destino. Simile a quello dei 7 principi del-l'Animal Farm di G. Orwell: ori-ginariamente, ali animais are equal, poi sulle funzioni fondamentali dello Stato nella societ capitalistica con-temporanea- lo Stato capitalisti-co monopolistico - (vedi articolo su Pantagrueh> n 1 e O'Connor: La crisi fiscale dello Stato, PBE 1979), soffermiamoci invece sul carattere di organizzazione e con-centrazione del potere politico. Essenzialmente a due si possono ricondurre queste funzioni fonda-mentali: a) L 'accumulazione. Lo stato deve forzarsi di creare e/o di con-servare condizioni idonee a una proficua continuit dell'accumu-lazione di capitale. . b) La /egittimazione. Lo stato deve adopcrarsi per creare e/ o conservare una fisiologica pace sociale.

    Tranne che nei periodi de: boom economico, queste dm funzioni sono sempre in contrad dizione tra loro- a volte in mod< conflittuale, cio sempre all'in terno della dinamica di riprodu zione e sviluppo dell'organizza

  • l

    1

    i

    1 1

    1 1

    1

    1

    anarchismo

    zione capitalistica della societ e a volte in modo antagonistico, ovvero non c' pi nessuna me-diazione tra stato e proletari, dove anche la lotta per l'afferma-zione di bisogni minimi di so-pravvivenza assume i caratteri di uno scontro violenta: sono i tem-pi che stiamo vivendo. Accu-mulazione e legittimazione sono in contraddizione poich lo svi-luppo capitalistico si fonda sullo sfruttamento della vita (non solo del lavoro ... !) di milioni di uo-mini e donne.

    Uno stato che usasse aperta-mente tutte le sue forze coercitive per permettere a una classe di ac-cumulare capitale a spesa delle altre perderebbe legittimit e consenso. Ugualmente, uno stato che ignorasse la necessit di sti-molare e garantire la produzione ed accumulazione capitalistica, correrebbe il rischio di prosciuga-re la fonte principale del suo stes-so potere e cio la capacit dell'e-conomia di creare un sovrappi (profitti) e le imposte prelevate su questo sovrappi (come su altre fonti di capitale). Storicamente, la socialdemocrazia sembra il si-stema politico-sociale che per-mette quasi agevolmente allo stato di svolgere queste due fun-zione - e per noi rivoluzionari quel quasi importantissimo! Ogni ente statale, dai ministeri alle amministrazioni locali e di quartiere, deputato, politica-mente, economicamente, cultu-ralmente ... , ad assolvere, ciascu-no ad aspetti particolari dell'ac-cumulazione e della legittimazio-ne.

    E' . assolutamente necessario quindi, per noi, studiare, cono-scere, sapere, dove e come si di-spiega, sui territori sociali e nel corpo proletario, il comando del-lo stato capitalistico monopoli-stico ... tutto cio che ostacola la rivoluzione sociale che l'anarchi-smo assume come suo fine.

    Pensiamo di riprendere pi ap-profonditamente il dibattito su queste questioni, rimanendo per ora nell'ambito del dibattito teo-rico sulla concezione anarchica e libertaria della critica del pote-re.

    Nella cultura sociale e politica moderna, dalla rivoluzione fran-cese dell'89 in poi, venuta sedi-mentandosi la concezione della separazione come bilanciamen-

    ,,

    to dei poteri; sedimentazione che ha avuto il suo inizio con la cultura illuministica e la sua con-cretizzazione nelle lotte risorgi-mentali per la Costituzione. Non pi lo stato assolutista mo-narchico ma lo stato costituzio-nale. Il potere tout court viene se-parata e distribuito a vari organi-smi: potere giuridico ai magistra-ti, esecutivo al governo e legisla-tivo al parlamento; con la dichia-razione della assoluta indipen-denza tra i vari organismi e tutta una serie di mecanismi di con-trollo e ratifica. Una nuova legge emanata dai governo, per esem-pio, prima di entrare in vigore, deve essere approvata da due rami del parlamento, la camera dei deputati e la camera del sena-to, nonch ratificata dai presiden-te delia repubblica (o dai re o re-gina nel caso delle monarchie co-stituzionali), quindi interviene la corte costituzionale per verificare la coerenza della legge in questio-ne con la costituzione e al con-tempo la corte superiore della magistratura ne verifica la legali-t al codice civile e penale. Con questo tipo di procedura, separa-zione, autonomia e controbilan-ciamento del controllo dei vari organismi, si dovrebbe garantire che il potere non sia rinchiuso in poche mani. Che poi le cose in realt non vanno proprio in que-sto modo un altro problema che al massimo puo interessare i radi-cali col garofano in pugno. A noi

    interventi

    invece interessa capire che il po-tere dello stato non altro che esso stesso un segmenta di un al-tro potere, il prodotto della se-parazione di un altro potere. E' il potere politicO)) per antonoma-sia. Indichiamo con la P)) maiu-scola il potere nella sua totalit; il potere politico una separazione del Potere. Vediamo, dal punto di vista fenomenologico, le forme del potere nella societ: da una parte troviamo il popolm) - o il proletariatO)) nei paesi del so-cialismo reale)) - che detiene la titolarit del potere e dall'altra troviamo lo stato che ne detiene l'esercizio; quindi una separazio-ne sociale tra titolarit ed eserci-zio del potere. Questa separazio-ne sociale un prodotto storico della lotta di classe. Prima della nascit del capitaiismo essa era imposta con la forza fisica, la spada, poi con la forza fisica ed economica e via via con tutta una serie di forze nate dallo sviluppo del sapere sociale ... fino alla de-mocratiCID) persuazione psicolo-gica e subliminale. Il tutto nell'u-mus delle vecchie e nuove reli-gioni ( ... le ideologie ... ).

    Abbiamo fatto questa premessa nonostante la sua ovviet, poich ci introduce agevolmente, senza tanti intellettualismi, nel discorso di demistificazioni della critica anarchica del potere)).

    Da sempre, almeno fino alla ri-voluzione spagnola del '36-'39, l'anarchismo ha combattuto con-

  • interventi

    tro lo stato ole il potere politico e contro ogni separazione del pote-re, cosi come contro ogni divisio-ne sociale del sapere e del lavoro: si pensi al concetto della rota-zione~> delle mansioni e degli in-carichi, al rifiuto della divisione tra iavoro manuale e lavoro in-tellettuale ...

    Contro la divisione e contemporaneamente contro la concentrazione del potere!

    E' proprio in questa contem-poraneit che sta l'essenza e l'intelligenza del pensiero anar-chico dell'organizzazione sociale a cui esso allude.

    Ne! senso complessivo, il pro-cessa rivoluzionario per noi, non distruggere il potere, ma le sue divisioni e concentrazioni; di-struggere la separazione tra la ti-tolarit ed esercizio, distrug-gere Jo stato ... tutto il pote re ai soviet rivendicavano gli anar-chici di Kronstadt. Si tratta di battersi di costruire un sistema di potere altro, dove vi coniu-gazione tra titolarit e esercizio; una specie di democrazia coniu-gata alla decisione.

    E' pur vero che al marxista il

    12

    potere deve essere operaio, gli anarchici hanno sempre contrap-posto il potere deve essere aboli-tmJ, ma sempre stato chiara quale potere abolire!

    Oggi ci troviamo di fronte a un anarchismo compietamente infil-trato di un 'ideologia disarmante della critica del potere; un'ideo-logia che fa semplicemente il gia-co di questa societ di morte: il rifiuto di ogni potere, sertza diffe-renziare tra il potere di decidere della propria vita individuale e collettiva e il potere oggetto e soggetto del dominic. Questo ap-piattimento non casa da poco, esso ha una funzione ben precisa, politicamente molto rilevante per disarmare un movimento in cui la societ capitalistica (e agni so-ciet fondata sullo sfruttamen-to ... ) ha sempre vista il suo pi terribile nemico, quel movimento che ha ben individuato la fonte e Jo strumento dell'oppressione nello stato. (Oppressione capitali-stica solo una forma storica del-l'oppressione pi generale fonda-ta sull'organizzazione gerarchica della societ, vedi

  • anarchismo

    verman, Lavoro e capitale mo-nopolistico, PBE), cos per quanto riguarda tutti gli ambiti della vita sociale. Le collettivit rivoluzionarie dei proletari spa-gnoli del '36-'39 non avevano aboiito il potere ma il potere se-parato o/ed espropriato, si erano riappropriate del potere di deci-dere della propria organizzazione e produzione del lavoro e della propria vita: avevano abolito il potere politico, la divisione tra titolarit ed esercizio, la rappre-sentanza, la delega, praticavano l'azione diretta, avevano sconfit-to lo stato questo concentrato e concentratore, oltre che produt-tore del potere separato, del pote-re fonte e strumento del dominio. Identificare il potere politico col potere filosofico il meccanismo attraverso il quale l'ideologia borghese si infiltrata nel pensie-ro anarchico, disarmandoci com-pletamente e riducendoci ad esse-re un semplice movimento di idealisti che non incide minima-mente nelle trasformazioni socia-li; utilizzandoci come modo per incalare antagonismo in uno spa-zio sempre all'intemo della pro-duzione di pace sociale peril per-petuarsi di questa societ; e a se-conda del momento politico fa-cendoci diventare capo espiatorio delle stragi di stato e della violen-za, nonch, quando la situazione cambiata, come modello libero e democratico del dissenso, a vol-te come nemico numero uno a volte come orizzonte ideale a cui ogni cittadino dovrebbe tende-re; una volta siamo le streghe da bruciare e un'altra volta siamo i bravi compagni portatori di nobi-li ideali ( ... anche Montanelli scrisse una volta che l'anarchia bella!. .. ). Inoltre quel che peggio non tanto l'intelligenza dello stato a strumentalizzare per i propri fini i suoi stessi nemici e, male che gli vada, sfruttarli, ma il fatto che gli anarchici come mo-vimento rivoluzionario sono ca-duti in questa trappola! La nostra tesi: proprio l'identificazione tra potere filosofico e potere politico che sta all'origine degli impasse in cui ci si trova nel mo-mento della necessit del passag-gio dalla teoria all'azione nel mo-mento in cui ci si appresta ad ar-ticolare l'intervento, come movi-mento complessivo per piegare le trasformazioni sociali nel percor-

    13

    so rivoluzionario in cui crediamo e viviamo; piegarie e, a secondo della situazione, produrrle.

    C' un punto in cui tutti i per-corsi di pensiero rivoluzionario anticapitalistico, dai marxismo all'anarchismo, ritomano sempre ad incrociarsi: il luogo della po-litica, il territorio, Jo spazio del potere, e non a caso; proprio per-ch in questo spazio sta il nodo del processo di liberazione della societ degli uomini e delle don-ne. E' su questo terreno che si conduce la battaglia decisiva del-la rivoluzione sociale>> per il co-munismo ( ... quando diciamo comunismo, senza altra agget-tivazione, pensiamo sia utile sot-tolineare che intendiamo la con-cezione anarchica di comunismo) - o, se perdiamo ancora una volta - della rivoluzione socialista, lo stato come motore, la dittatu-ra del proletariato: altra forma del dominio, altra forma di di-struzione della socialit... nel movimento rivoiuzionario, due sono essenzialmente i modi di rapportarsi al potere. Da una par-te l'idea di sempre del potere, quella di uno spazio da conqui-stare e da occupare, una macchi-na da far funzionare piegandola agli interessi della classe (del pro-letariato); e poich sulla via del potere il proletariato trova un blocco, un ostacolo, il problema si riduce a due soluzioni; rimuo-vere lo stato oppure aggirarlo. Nel primo caso la forza, il PCC, nel secondo l'abilit, il PCI: Hob-bes e Cromwell, Curcio e Berlin-guer ... in entrambi i casi l'imma-gine del potere la stessa di chi comanda dentro al dominio capi-talistico, non di certo di chi vuole liberarsi e liberare da ogni forma di dominazione. Dall'altra parte il rifiuto del potere, il passaggio rivoluzionario attraverso la nega-zione del potere: il proletariato deve negarsi come classe della contemporaneit del percorso ri-voluzionario stesso verso una so-ciet senza classi, verso la vera comunit umana attraverso la di-struzione della comunit fittizia del capitale (dove la socialit fondata sullo scambio, tra uomini delle merci, delle parole e delle donne). E' una contemporaneit di trasformazione contradditoria: nel momento stesso in cui il pro-letariato si afferma come classe deve negarsi come tale! Dai pun-

    interventi

    to di vista dei socialisti (perch li definiamo socialisti) la con-

    . tradditoriet viene risolta sche-matizzando il processo rivoluzio-nario in fasi: la guerra civile pro-letaria, la dittatura proletaria (la conquista del potere poiitico, Jo stato proletario ... ), l'estinzione dello stato, il modo di produzio-ne comunista. Ed infatti in Unio-ne Sovietica esiste il socialismo! Nonostante le giaculatorie di de-stra e di sinistra sulle condizioni storiche oggettive ecc. ecc., il so-cialismo proprio quello, quella miseria e bruttura umana a cui sono costretti milioni di uomini e donne ... il socialismo non nien-te altro che quello! Alcuni com-pagni (Convegno sui nuovi pa-droni a Venezia ... ) hanno propo-sto la locuzione di postcapitali-smo! Non bisogna mistificare an-che da parte nostra. In Russia c' il socialismo!

    Ma tomiamo all'idea del pote-re; e per noi significa il pensare e concretizzare il come affermarsi e negarsi, ad un tempo, come clas-se, il percorso di liberazione da ogni dominio non attraverso la conquista dello stato (n soluzio-ne hobbessiana, n cromwellia-na), bensi la sua distruzione, non l'idea di potere come spazio da occupare, ma con un'idea del po-tere diversa, non di subalternit, in negativo, ma in positivo, come dispiegamento della forza dei soggetti sociali nel concreto dei rapporti antagonistici, nella ten-denza della conquista immediata del soddisfacimento dei bisogni (di vita e di fantasia, di emozioni e di socialit amorosa).

    Abbiamo parlato di un siste-ma di potere altro, di potere coniugato o meglio di potere coniugante (potere coniugante, che coniuga la titolarit con l'e-sercizio ... ). Stiamo parlando di qualcosa di completamente nuo-vo, che non ha continuit n col pensiero socialista, n col pensie-ro anarchico, cosi come si sono venuti storicamente a formare.

    Vediamo brevemente i tre ste-reotipi ideologici del pensare/ vedere la rivoluzione che caratte-rizzano il movimento di comuni-smo contemporaneo: Idea del po-tere, organizzazione rivoluziona-ria e programma dell'azione sono strettamente interconnessi, con-sequenziali, determinantesi a vi-cenda, dialettici - come si prefe-

  • interventi

    risee dire. a) .. .l'assunta di base del materia-lismo storico: lo sviluppo delle forze produttive come motore del crollo capitalistico e liberazione delle forze sociali per la transizio-ne al comunismo: il socialismo. Il principio seconda il quale la pro-duzione e riproduzione della vita materiale condiziona, determina in ultima istanza, il quadro socia-le complessivo. E' un'analisi che salta completamente l'universo delle relazioni /mediazioni sociali extraeconomiche. E' una analisi che accomuna sia il partita della classe operaia che si fa stato at-traversa e dentro le istituzioni, la legalit democratica, sia il partita della presa del potere con le armi, e, percerti versi, accomuna, come vedremo pi avanti, anche un ri-levante segmenta del movimeoto anarchico ufficiale (!!!).

    Allorquando Jo sviluppo delle forze produttive ha raggiunto un

    14

    determinato livello - sotta la spinta della lotta di classe e del progressa scientifico e tecnologi-co, del sapere sociale -, insorgc la Crisi capitalistica. Quella che tut-ta il monda sta vivendo dall'ini-zio degli anni settanta a tutt'ora.

    Crisi capitalistica come crollo e catastrofe. Tutto cio solo pro-paganda ideologica, di cui prima o poi se ne paga Jo scotto.

    Dai 1929 ad oggi le crisi si sus-seguono senza alcun effetto cata-strofico (e volendo andare ancora pi indietro, anche la grande de-pressione sul finire dell'800 ven-ne pensata come il momento del-la transizione al socialismo ... in-vcce ci fu la Seconda rivoluzione industriale) (vedi: Quaderni di contropotere nn' 1, 2, 3, Balo-gna cio Libreria il picchio 1979).

    Da una lettura non ideologiz-zata della storia risulta che, in centinaia di anni le "crisi" s1

    anarchismo

    sono succedute con il lora pano-rama di guerre, carestie, disoccu-pazioni, miseria, aumento del tasso di violenza sociale, rivolu-zioni fallite... ma il capitale in crisi non mai andato (vedi do-cumenta del Nucleo di affinit Rico e Attilia su Anarchismo n' 31, dicembre 1980).

    La crisi certamente un feno-mena reale, ma al contempo rea-le quanta mistificatorio; reale poich periodicamente la societ capitalistica costretta a ristrut-turare, sia il processo produttivo della ricchezza materiale che l'organizzazione politica e socia-le: ulteriore salto in avanti nella composizione organica di capita-le e trasformazione dell'organiz-zazione statuale; mistificatorio in quanta fa presupporre che la societ capitalistica porta in se stessa gli elementi del proprio tracollo, della propria autodisso-luzione. E' una concezione della crisi, questa, che dovrebbe essere utile per ancorare ad un riferi-mento oggettivo le possibilit soggettive di eliminare il capitali-smo!

    Non si vuole capire che la crisi creata ad hoc, in quanto ele-mento fisiologico della dinamica di sviluppo del capitalismo, so-prattutto come affinamento dei controlli amministrativi e pianifi-cazione del mercato - affinch la determinazione dei prezzi, dei sa-lari e dei profitti non sia in balia delle forze impersonali del mer-cato, ma sotta il comando del ca-pitale monopolistico - dal punta di vista economico, mentre dal punto di vista dei rapporti sociali un'invasione dello stato in tutta la societ, la statualizzazione del-le relazioni societarie; e dal pun-ta di vista politico una progres-siva esecutivizzazione dei poteri dello stato attraverso il governo del Sistema dei partiti (relati-vamente ai concetti di statualiz-zazione e esecutivizzazione, ve-dere documenta di AR gennaio 1979 su Anarchismo).

    Lo stravolgimento che noi leg-giamo nella crisi che essa sola-mente la figura nella quale il rap-porta antagonistico tra le forze sociali si esprime con ritmo pro-gressivo, spingendole sempre pi verso poli contrapposti ed omo-geneizzandole al loro interna: acuisce al massimo di intensit la lotta. Ma al contempo produce

  • +

    anarchismo

    nuovi meccanismi di mediazione che riportano la lotta stessa nei canali sempre intemi al processo di continuit e sviluppo del do-minio. E' un altro passa in avanti nella funzionalizzazione alla so-ciet del capitale, dell'intero arca di vita degli uomini e delle don-ne. La societ, la riproduzione e circolazione vengono conquistate alle categorie del capitale organi-co: e cio non un meccanismo puramente e solamente economi-co!!!

    E di fronte a tutto questo c' ancora gente che (perfino in con-gressi intemazionali) raccomanda si di non fare arrugginire i fucili sotterrati nel dopoguerra, convin-ti che il cielo quanta prima cadr sulla terra, ma aspettando che le masse spontaneamente si solleve-ranno, le barricate risorgeranno, l'insurrezione>>!! E' una visione della rivoluzione condivisa, no-nostante le analisi di partenza completamente divergenti, sia da un certo marxismo-leninismo che da buona parte degli anarchici. (Probabilmente, a ben vedere un modo di vestirsi da rivoluzio-nari che fa comodo solo a se stes-si ... e sotta sotta c' l'anima, la falsa coscienza, di chi si gi in-tegrato in questa societ di morte, non volendo darlo a vedere ... ma,. sfortunatamente per loro, la lot-ta stessa che li smaschera!!). b) ... lo stereotipo ideologico, che deriva direttamente dal pri-mo, ma calibrato immediatamen-te su un intervento attivo e dcci-siva della soggettivit dei rivolu-zionari - sono colora che almeno si assumono, e pagano, in prima persona il lora schierarsi concre-tamente contra questa societ.

    Questi compagni vedono, pro-pagandano e agiscono seconda la teorizzazione del rapporta linea-re tra crisi capitalistica e guer-ra civile. Con le dovute propor-zioni storiche, essi ripropongono un programma di combattimento che ricalca il vecchio assunto le-ninista di trasformare la guerra imperialistica in guerra rivolu-zionaria>>. Nella crisi il rapporta tra accumulazione capitalistica e bisogni ( autovalorizzazione) proletari perderebbe le sue ragio-ni, si demotiverebbe. La prospet-tiva dunque sarebbe comunismo o barbarie. L'intervento della soggettivit rivoluzionaria do-vrebbe spingere questa opposi-

    15

    zione alla sua massima estremiz-zazione; spingere una forte con-trorivoluzione affinch vengano chiusi tutti gli spazi di agibilit democratica - considerando che il regime democratico quello che riesce ad individuare, com-prendere, isolare, ghettizzare e quindi reprimere i segmenti anta-gonistici del mov. pral. - pertan-to una discesa sul piede di guerra delle masse .... E' l'illusione che quegli spezzoni della frazione ri-voluzionaria armata che teorizza-no la necessaria separatezza del-l'organizzazione soggettiva dal-l'organizzazione delle masse ... ancora la politica della rappre-sentanza, della sintesi e media-zione, del partito (in tutte le sue varianti da quella ortodossa a quella neo-leninista del Partito diffusa). Nella realt, liberi dalle

    interventi

    ideologie, le case invece vanna in tutt'altro modo.

    La prospettiva capitalistica lealizzazione allo stato di consi-stenti spezzoni sociali, attraverso la politica di ridistribuzione del reddito, occupazione garantita, salari legati all'aumento del casto della vita, per i lavoratori del ca-pitale monopolistico, quelli legati all'organizzazione ad alto conte-nuto tecnologico del lavoro, e contemporaneamente conteni-mento di altri settori attraverso la politica assistenziale statale, non-ch legalizzazione di tutta una se-rie di comportamenti extralegali ed extraeconomici dell'appro-priazione del reddito: si pensa alla depenalizzazione di tutta una serie di reati, alla non persecuzio-ne di tutte quelle attivit organiz-zate e/o di massa, quali il con-

    la mania dei distinguo Ogni tanto (e sempre nei momenti che il culo comincia a bruciare)

    certi compagni si sentono in dovere di fare dei distinguo quando accadono dei fatti che coinvolgono dei compagni in azioni, diciamo, violente.

    1 distinguo non li fanno per chiarire i fatti ma, soprattutto, per evitare di essere infastiditi dalle forze di polizia.

    Non sempre si d'accordo con chi usa la ribellione violenta; come non senipre si d'accordo con coloro che imbrattano carta o si ma-sturbano a sentire la loro voce in conferenze interminabili. Pero ri-teniamo che tutti coloro che sono convinti di cio che fanno, pensano o dicono in coerenza con il loro pensiero e la loro vita privata abbia-no il diritto al rispetto di cio che fanno, scrivono o dicono senza i distinguo che servono solo alle forze di polizia a fare delle scelte nel colpire i compagni.

    1 distinguo fatti in certi momenti sono per noi solo un segno di vigliaccheria.

    Si poo discutere, anzi dobbiamo discutere, ma solo con coloro che in concreto fanno qualcosa perch questa societ cambi. Dunque, utile lo scrittore, il conferenziere, il maniaco del volantino e anche coloro che a volte sono costretti alle azioni violente, tutto serve, con i limiti che ci sono imposti dalle circostanze, perla RIVOLUZIO-NESOCIALE.

    Lasciamo i distinguo da parte. Non esiste la certezza che solo con la violenza, o solo con il volantino, o solo con le conferenze si fa la rivoluzione; dunque NELLA COERENZA DELLE PROPRIE IDEE LA COERENZA NEL .FARE.

    A tutti i compagni colpiti dalla repressione per cio che fanno o di-cono noi non possiamo che dare tutta la nostra solidariet senza nes-sun distinguo perch cosi essere anarchici, lndipendentemente dalle sigle di appartenenza.

    Non siamo dei giudici, loro si possono permettere i distinguo, noi portiamo soltanto l'aiuto fattivo con ogni mezzo a nostra disposi-zione.

    LIBERT A' PER 1 COMPAGNI DETENUTI. 1 compagni dell'Agitatore

    Gattinara (VC)

  • interventi

    trabbando, la camorra, la droga, armi, (il discorso sulla mafia pi complesso, la mafia non al-tro che la forma-Stato - partico-larmente al Sud - che il potere deve assumere laddove la resi-stenza alla penetrazione capitali-stica stata pi forte, laddove non si accetta di scambiare l'ac-quisizione di reddito con Jo scambio di lavoro salariato ... vedi Scirocco di L.F. Caminiti-F. Pirri), ecc., che vengono crimina-lizzate solo ai margini, tanta per dare una parvenza di funzionalit statuale ...

    E' certo comunque che la lotta di classe ha avuto sempre una so-luzione violenta, uno sbocco ar-mato; una legge della storia: tutte le grandi irivoluzioni, da quella liberale a quella socialista, sono il prodotto di questa trasfor-mazione della lotta tra le classi, in lotta con le armi. E ta]e sar necessariamente il passaggio ver-so la rivoluzione di comunismo che noi anarchici vogliamo. Quello che da un po' di anni a questa parte stiamo vivendo e conquistandoci questa terza tra-sformazione/passaggio nella sto-ria contemporanea della umani-t. Questo passaggio dobbiamo pero partorirlo seguendo i com-portamenti proletari; nessuna de-lega alle avanguardie, a un ceto politico, anche se rivoluzionario, nessuna rappresentanza ma un reinvestimento delle avanguardie stesse completamente dentro ai livelli dei bisogni e dei comporta-menti degli schieramenti proJeta-ri, nessuna forzatura (a mena che non si tratti di rompere le ideolo-gie della lealt alle istituzioni, come per esempio avvenuto per questi ultimi l 0 an ni della nostra storia). Bisogna riaffermare con forza la teoria dell'indipendenza del proletariato ... c) ... terza stereotipo della prefi-gurazione del percorso rivoluzio-nario. La presa del potere come elemento immediato della lotta rivoluzionaria: l'ideologia pic-cista riportata sul terreno della critica delle armi. E' la coniu-gazione completa tra ideologia socialista e militarismo. Il partita come mediatore e sintesi degli in-teressi del proletariato. Il Partita come antistato in costruzione; l'indipendenza del proletariato viene concepita come riproposi-zione, anche se di segno opposto,

    16

    dell'autonomia del politico borghese-capitalista, di sapore trontiano nella sua tendenza scientifica e razionalizzante. Pri-ma la presa del potere, la conqui-sta dello Stato, poi il socialismo ... il lavoro forzato e militarizzato ed infine i gulag! E' una visione soggettivistica che allude alle ne-cessit dell'accumulazione socia-lista che altro non che accumu-lazione capitalistica totalmente pianificata (vedi Lotte di classe in URSS di C. Bettelheim, Etats Libri 77179). Ancora la teoria dei due tempi, prima le avanguardie e poi le masse (anche se il percor-so viene calibrato sulla necessit immediata della soddisfazione di alcuni bisogni proletari, ma que-sta solo politica per legittimarsi come potere altro capace di dare una risposta alle esigenze so-ciali!).

    In sostenza alla base di cio c' la convinzione della necessit della separazione delle funzioni d'avanguardia, separazione che riproduce lo stesso meccanismo di potere che vogliamo (e stiamo combattendo per) distruggere.

    Eppure la maturazione, lo spessore, dei bisogni sociali emer-gono come esigenza dispiegata e immediata di comunismo, leg-gendoli, per forza di cose che il passaggio rivoluzionario non puo mai essere trasportato, figurato, sullivello della rappresentazione e della rappresentanza.

    Colori di comunismo, bisogna gi oggi, nella lotta e nelle con-quiste del soddifaimento dei bi-sogni quotidiani, affermarli e produrli, non come allusione alla societ futura, al sol dell'avveni-re, ma come produzione sogget-tiva e collettiva, quotidiana, di una socialit altra, dei rapporti sociali della vera comunit uma-na, qui ed ora, la lotta stessa come segmenta della rivoluzione molecolare, microfisica; il per-corso verso il comunismo deve essere esso stesso gi comunismo dei rapporti e delle relazioni so-ciali. Noi non sian)6 profeti, non promettiamo il monda avvenire, siamo degli individui che vivia-mo il nostro presente, la rivolu-zione per noi innanzitutto (non peri posteri!). E d'altra parte pre-figurare una societ futra, sep-pur piacevole e gratificante, non d n forza n strumenti per la lotta e la creazione di schiera-

    anarchismo

    menti sociali antagonistici. La nostra lotta deve essere immedia-tamente legata non a un pro-gramma, bensi alla conquista di spazi, territori, su cui dispiegare orizzontalmente la socialit uma-na, la comunit rivoluzionaria li-berata e liberante, percio bellige-rante e itinerante contra il nemi-co che vuole toglierci l'aria. Il tempo che intercorre tra l'emer-genza sociale del bisogno e la lot-ta per la conquista degli elementi per il suo soddisfacimento, deve essere immediato e quotidiano; la forza di questo percorso l'idea del potere che abbiamo e che vogliamo affermare, diffondere, dispiegare in tutti gli ambiti dei conflitti sociali. E' la complessit di questo percorso la nostra po-litica di liberazione.

    E qui la forma-Partita dell'or-ganizzazione una palla al piede, poich connotato essenziale e le-gittimante del Partita quello di parsi come mediazione verso il potere; mentre la nuova forma di organizzazione si pone come for-ma immediata del potere, di eser-cizio del potere, di riunificazione nelle mani dello stesso soggetto sociale della titolarit e dell'eser-cizio del potere: l'organizzazione, che, seppur in seguito mistificata, il popolo spagnolo rivoluzionario chiamava e praticava, dopo aver-la conquistata, azione diretta. Azione diretta non negazione dell'organizzazione, bensi orga-nizzazione diversa che non espri-me potere politico (nel senso di dominio, di articolazione gerar-chica ... ) potere che non fonte e strumento di una nuova oppres-sione.

    E' una idea del potere questa che, oltre a riconoscerci in essa per la nostra identit di anarchi-ci, ci viene richiesta' dalla realt di oggi: la contrapposizione, i conflitti, le lotte, tra le classi, non sono pi sul terreno dell'econo-mico col politico, o del movi-mento con le istituzioni, ma tra il sociale (luogo, spazio, in cui emergono vivono e si affermano i bisogni antagonistici) ed il siste-ma delle forme politiche in cui il dominio capitalistico organizza e dispiega la propria continuit oppressiva.

    Le forme politiche dello Stato e le forme di lotta dei movimenti sociali... di lora il movimento anarchico, nella sua media, non

  • , : '1

    anarchismo

    le capisce pi, ne al di fuori; i ritardi sono enormi. Proprio oggi, negli anni '80, oggi che tutte le teorie rivoluzionarie sono crolla-te sotta la forza della realt, il bisogno di cambiamento, di tra-sformazione sociale che ci invita a colmare questi ritardi, a finirla con questo attendere che le mas-se siano mature ( la stessa con-cezione di un certo emmellismo che aspetta lo sviluppo delle for-ze produttive!); sta a noi poich siamo i soli rimasti a possedere ancora il patrimonio delle poten-zialit di liberazione.

    Vediamo sinteticamente, come proposta di approfondimento, come si presenta oggi nel nostro paese (che presenta moite simili-tudini con tutti i paesi a capitali-smo avanzato), la situazione, dai punta di vista del movimento sovversivo, dopa 10 anni di lotte sociali e di lotta armata.

    lnnanzitutto la crisi; bisogna non farsi illusioni di nessuna sor-ta, ma imparare a considerarla come un momento di rinnova-mento e di lotte.

    Lo scenario, il panorama che abbiamo difronte: da una parte il movimento di massa pare ripie-gato su se stesso, sulla propria se-paratezza di viversi i momenti re-siduali della stagione precedente delle lotte; dall'altra parte i sog-getti della critica delle armi che sono attratti dalla simulazione del gioco del potere, e questo an-che per chi in questo gioco non vuole cascarci, qualsiasi loro comportamento viene represso o isolato o riportato con la forza sul terreno perdente dello scontro tra rappresentanze, della guerra tra apparati, la lotta delegata. E' un quadro che bisogna assolutamen-te rompere; il problema come. A seconda di come si imposta la soluzione dipende il prossimo passa verso la ripresa, il ritorno, dell'iniziativa collettiva. Cosi come oggi non puo certamente continuare, ed altrettanto certo che le case cambieranno, con e senza di noi! Nel dibattito attuale vengono proposte due soluzioni, o almeno si prospettano: la pro-posta del fronte ampio, ipotesi di coniugazione tra l'area della critica delle armi e l'area del-l'autovalorizzazione; l'ipotesi della rifondazione, cio della ricerca di una mediazione politi-ca tra movimento sovversivo e

    17

    Stato, mediazione che tuttavia si d nelle lotte e per le lotte di massa. Da una parte e dall'altra si lavora costantemente per la pro-pria prospettiva. Quel che oggi possiamo dire che, dall'opera-zione Moro ad oggi, nessuna del-le due ipotesi riesce a trovare uno sbocco veramente risolutivo per la liberazione dai capitalismo, seppure riescono a vivere dentro alcune parzialit degli antagoni-smo sociali. E cosi come stanno le case fa comodo anche agli ua-mini di potere, vecchie nuovi!

    Per uscirne fuori, per rompere questo scenario, necessario as-sumere tutta una serie di teoriz-zazioni e strumenti di lotta, tipici del patrimonio di critica e di lotta dell'anarchismo; ma con una vi-sione completamente e relativa-mente nuova della giornata socia-

    interventi

    le dell 'esse re e viversi come rivo-luzionari e anarchici. Ma questo non pi teoria, analisi; qui si tratta di concretezze. Altri sono i luoghi, le sedi della progettualit.

    Eppoi tra l'altro adesso la real-t rende futile il continuare a par-lare! Diceva la campagna Emma Goldman (pi o mena cosi): Di idee ne abbiamo elaborate tante, tantissime, forse anche troppo per quelle che ci servono - e il troppo puo ubriacare, portandoci ai margini del misticismo misan-tropico o al meglio ridurci ad es-sere delle novelle Cassandre - venuto il momento di tradurre le idee in azioni.

    Cio, con amore, vi aspettiamo nel fiume impetuoso del disordi-ne, vi riconosceremo per il vostro e nostro monda nuovo che por-tiamo qui nei nostri cuori.

  • interventi

    Noin (da Firenze)

    la bilancia dei balek

    Alla Corte di Assise del Tribuna-le di Firenze Al suo Presidente Cassano Al PM P.L. Vigna Ai Giudici Popolari Ai Giornalisti Al Presidente della Repubblica Italiana nata dalla Resistenza, S. Pertini.

    Noi anarchici rivoluzionari, ab-biamo deciso che venuto il mo-mento di rivelare il nome del no-stro Grande Vecchio, per moti-vi di opportunit politica e di giu-stizia umana e sociale; motivi che pensiamo, tuttavia, non sia il caso di chiarire ulteriormente.

    Vogliamo altresi, prima di dirvi il nome, leggere un suo notevole scritto-pamphlet che ci ha ispira-ti. Chiediamo la vostra massima attenzione poich trattasi di uno scritto metaforico/ simbolico.

    Nel paese dei miei nonni, la maggior parte delle persone vive-va del lavoro di gramolatura del lino. Da cinque generazioni re-spiravano la polvere dei gambi spezzati; si lasciavano uccidere lentamente, razze pazienti e sere-ne che mangiavano formaggio di capra, patate e, qualche volta, ammazzavano un coniglio. La sera filavano e lavoravano la lana nelle loro stanzette, cantavano, bevevano infuso di foglie di men-ta ed erano felici. Di giorno gra-molavano il lino con vecchie macchine, in mezzo alla polvere e al calore che veniva dalle stufe, senza nessun riparo, perch i fili asciugassero presto.

    Nelle loro stanze c'era un solo letto, fatto come un armadio che era riservato ai genitori e i barn-

    18

    bini dormivano intorno, su delle panche. La mattina, le camere erano piene dell'odore di zuppa di farina, grasso ed acqua, la do-menica c'era lo Sterz (specie di polenta di mais che veniva sbri-ciolata in grossi gnocchi nelle tazze di caft) e i visi dei bambini diventavano rossi di gioia quan-do, in giorni particolarmente so-lenni, il nero caft di ghiande si tingeva di chiara, sempre pi chiara per il latte che la mamma sorridendo versava nelle !oro grandi tazze.

    1 genitori andavano presto a la-vorare: ai bambini si lasciavano da fare le faccende di casa; !oro spazzavano la stanzetta, metteva-no in ordine, lavavano i piatti e pelavano le patate, preziosi frutti giallognoli di cui poi dovevano far vedere la buccia sottile per dissipare il sospetto di essere stati sconsiderati o sciuponi. Se i bam-bini avevano finito la scuola, do-vevano andare nei boschi a rac-cogliere funghi ed erbe, il mu-ghetto di bosco, il timo, il kum-mel, la menta e anche la digitale e in estate, quando avevano ta-gliato il fieno dei !oro campi, ne raccogfievano i fiori. Un pfennig, per un chilo di fiori di fieno che in citt, nelle farmacie si vende-vano a venti pfennig il chilo, alle signore nervose. I funghi erano preziosi: valevano venti pfennig il chilo e in citt, nei negozi, si pagavano un marco e venti. In autunno, quando l'umidit face-va spuntare i funghi dalla terra, i bambini andavano lontano, nel-l'oscurit verde dei boschi; quasi ogni famiglia aveva il suo posto segreto dove raccoglieva i funghi, posti tramandati di generazione in generazione, sottovoce.

    I boschi appartenevano ai Ba-lek e anche i maceri, e i Balek avevano, nel villaggio di mio nonno, un castello; la moglie del capofamiglia aveva una sua stan-zetta vicino alla cucina dove por-tavano il latte, in cui si pesavano e pagayano i fun9l)i, le erbe e i fiori di fieno. L sill tavolo c'era la grande bilancia dei Balek, un oggetto antico, dipinto, pieno di ghirigori di branzo dorato, da-vanti alla quale gi si erano pre-sentati i nonni dei miei nonni, coi cestini dei funghi e i sacchetti dei fiori del fieno nelle loro mani-ne sporche di bimbi. E stavano attenti, ansiosi a guardare quanti

    anarchismo

    pesi avrebbe messo sulla bilancia la signora Balek perch la lancet-ta oscillante arrivasse proprio al segno nero, questa sottile linea della giustizia che doveva venire ridipinta ogni anno. La signora Balek prendeva poi il grosso libro con il dorso di pelle marrane, scriveva il peso e pagava, pfennig e groschen e di rado, molto di rado, un marco.

    E quando mia nonna era barn-bina, c'era un grosso vaso di cam-melle di arancio e di limone, di quelle che costavano un marco al chilo. Se la signora Balek - mo-glie del capofamiglia e padrona-era di buon umore, pendeva dai vaso una caramella e ne dava una per una ai bambini e i visi dei bambini diventavano rossi di gio-ia, rossi come quando la mamma in giorni particolarmente solenni versava il latte nelle loro grandi tazze di caft, il latte faceva il caf-fe chiaro, sempre pi chiaro fin-ch diventava biondo come le trecce delle ragazze.

    Una delle leggi che i Balek ave-vano dato al villaggio era: nessu-no deve avere in casa una bilan-cia. La legge era vecchia tanto che nessuno sapeva pi quando e come fosse sorta, ma bisognava rispettarla, perch chi la violava sarebbe stato licenziato dai lavo-ro della gramolatura del lino, da lui non avrebbero pi comprato n funghi, n timo, n i fiori di fieno e la p