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anarchismo 30

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revista anarquista

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  • ANARCHISMO Anno VI-n 30- 1980 Direttore responsabile: Alfredo M. Bonanno Redattore responsabile: Franco Lombardi Redazione e amministrazione:

    FRANCO LOMBARD!- C.P. 33-4 7100 FORL- Tel. (0543) 26273 Una copia L. 1.000- Abbonamento annuo ordinario L. 10.000- Abbonamento sostenitore L. 20.000- Estero ordinario L. 15.000- Estero per via aerea L. 20.000- L'abbonamento pu decorrere da qualsiasi numero. Arre-trati L. 1.500.

    Tutti i pagamenti vanno effetuati servendosi del conto corrente postale n. 10671477, intestato a Franco Lom-bardi, C.P. 33-47100 Forli.

    Autoris. Trib. di Catania n' 434 del 14.l.J 975. Stampato presso La Cooperativa Tipolitografica a.r.l., via S. Piero 13/a, Carrara

    SOMMA RIO 3 Redazione 5 *** 7 Arterio S. 9 A.M. Bonanno

    12 *** 13 H. Fantazzini 16 Corn. di di{esa Forli 17 N. Martella 19 Alcuni compagni 20 L'Orco 23 Subito 25 P.L. Porcu 31 Redazione

    Chi percorre lo stesso fiume na vi ga sempre su nuove acque Il vero terrorista lo stato Medio Oriente: la guerra delegata Lotta rivoluzionaria e insurrezione Il processo di Parma Contra lo spettacolo giudiziario Quel che resta di un blitz La pratica della verit rivoluzionaria tdvfi chiamo Afonica Giorgi ... I nuciei autonomi di base Unafvolosa serata a/l'Opera Contra la polit ica perla sovversione sociale Avviso amministrativo

    Gli articoli firmati esprimono le opinioni e le posizioni dei compagni che li hanno scritti. Il collettivo redazionale, pur soste-nendone la responsabilit legale di fronte alle norme che attualmente soffocano la libert di stampa, non ne fa necessaria-mente propri i contenuti politici.

    ELENCO DELLE SOTTOSCRIZIONI PERVENUTE ALLE EDIZIONI ANARCHISMO DI CATANIA COME CON-TRIBUT! DI SOLIDARIETA' DA PARTE DEI COMPAGNI (a/2519180)

    10.000 S.B.- Comiso 20.000 G.B.- Prevalle 30.000 Centro Sociale Anarchico- Milano 20.000 Federazione Anarchica Pisana 20.000 D.C.- Suresnes (Francia) 3.800 F.I. -Palma Campana

    10.000 N.L.- Bari 50.000 G.P.- Genova-Rivarolo 30.000 B.R.- Savosa (Svizzera) 30.000 G.R.- Gattinara

    180.000 Saetta dalfondo Gigi Martinis (USA) 5.000 T.S.- Barrali 5.000 G.S.- Genova 8.000 G.T.- Torre del Greco 3.000 M.Z.- A sola

    45.000 Joseph Moro e Olivieri Gioeni (USA) 5.350 C.S.- Bologna

    10.000 C.D.- Sesto Fiorentino 485.150 TOTALE

    Intendiamo inoltre ricordare il Comitato Nazionale provittime Politiche che ha versato ai eompagni di Bologna la somma di lire soq.ooo come contributo perle spese legali sostenute peri compagni {ncarcerati tra il23 e 26 marzo 1980.

  • redazionale

    La redazione

    chi percorre lo stesso fiume naviga sempresu nuoveacque

    Riprendere a pubblicare questa rivista, per di pi tentando l'am-bizioso salto alla periodicit mensile, puo certamente costitui-re per noi una sorta di rivincita, nei confronti di tutti colora che credevano di aver risolto l'affai-re Anarchismo con l'invero poco brillante operazione poliziesca del 23126 marzo. Se qualche non tanta lucido cervello dell'appara-to controrivoluzionario statale si illudeva di averci spaventati, inti-moriti, dispersi con la sua intem-pestiva ed indesiderata irruzione a mano armata nei nostri domicili e nei nostri affari, ecco qua la prova che i suoi sogni non potevano tra-dursi in realt. E siamo certi di poter affermare che questa prova ci sarebbe stata anche se i compa-gni per qualche tempo sequestrati nei lager statali fossero stati co-stretti a prolungare, loro malgra-do, quel poco piacevole soggiomo nelle patrie galere. La rivista sa-rebbe sopravvissuta egualmente, perch uno strumento del movi-mento rivoluzionario non pro-priet privata di una qualsiasi cricca economico-politica, n il passatempo con cui ami trastul-larsi un qualche gruppetto di in-tellettuali.

    Anarchismo l'espressione che una parte ben definita del movimento anarchico ha voluto costruire per dar voce ad una serie di esperienze, di lotte, di analisi, di dibattiti e di polemiche che

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    sono patrimonio del movimento antistatale ed antiistituzionale nel suo complesso.

    Come tale continuer a vivere fino a quando se ne vedr la ne-cessit e l'utilit, in barba alle tra-me deliranti dei cervelloni anti-terroristici e a prescindere dalla situazione particolare di questo o quel compagno, dalle sempre maggiori difficolt economiche e dai sempre pi contorti ostacoli legali che gli vengono frapposti. Ma questo dolce sapore della ri-vincita, questa gratificante affer-mazione di essere ancora qui, te-stardi pi di prima, a lottare con gli altri compagni, non deve farci chiudere gli occhi sulla realt, n deve stordirci a tai punta da non riuscire pi a distinguere cio che realmente dalla sua falsa imma-gine spettacolare.

    Continuare a portare indefini-tamente avanti la testata della ri-vista cos come stata finora (e specialmente nei suoi numeri pi recenti) ci costerebbe magari qualche sacrificio finanziario, ma sarebbe, tutto sommato, facile, come imbalsamare un cadavere e poi conservarlo in un'urna di cri~ stallo, per saecula saeculorum. Ma, a parte il poco interesse che nutriamo per i cadaveri, l'imbal-samazione richiede preventiva-mente che il corpo venga svuotato da cio che conteneva; portare stancamente avanti la rivista cosi come stava diventando, avrebbe significato proprio questo: svuo-tarla preventivamente di ogni contenuto utile al movimento ri-voluzionario, trasformarla nel-l'ennesimo oggetto da collezione per compagni aspiranti bibliote-cari.

    Abbiamo sempre affermato di non volerci assolutamente dedica-re ad un'operazione del genere e percio i compagni che ci hanna seguiti gi da qualche tempo tro-veranno, speriamo, Anarchi-smo un po' cambiato. Noi rite-niamo che il movimento rivolu-zionario si trovi in un momento particolarmente delicato del suo percorso, che debba affrontare una situazione particolarmente difficile.

    Provenendo da un'ancora re-cente situazione di sviluppo qua-litativo, pi che quantitativo, che aveva conosciuto nella primavera del '77 il suo momento di massi-

    anarchismo

    mo rigoglio e di massima risonan-za, esso era riuscito almeno nei suoi settori pi lucidi e coscienti, a liberarsi da remore che si trasci-nava appresso da decenni e ad av-vicinarsi sensibilmente e concre-tamente al movimento proletario antistatale nel suo complesso. Ma, come sempre, questo proces-so si sviluppava in due sensi pa-ralleli ma contrapposti: uno di ac-centuazione della rottura insurre-zionale e uno di recupera istitu-zionale delle sue forme organizza-tive e politiche. La tentazione, massicciamente alimentata dal-l'apparato di potere, di vivere su-gli allori, di continuare a muover-si solo per inerzia in un circolo chiuso, di esaurirsi nella ripetizio-ne ritualizzata di cio che era stato e era stato tanto bello, ha trova-to la sua pericolosa realizzazione nell'inaridirsi nellivello politico e spettacolare (o in quello mistico e narcisistico per conversa) di un movimento che era stato princi-palmente sociale e reale.

    Un'altra buona mano ce la met-teva (n ci si poteva aspettare al-tro) la repressione statale, sot-traendo fisicamente alle lotte un buon numero di compagni tra i pi attivi e rinchiudendone un numero ben maggiore nell'assur-da paranoa basata sull'equazione chi si muove va in galera, percio tanto vale non farniente.

    La difficile prosecuzione di cio che nel 1977 av eva preso l 'avvio veniva cosi sempre pi spesso de-legata ai nuovi apparati politici che aspiravano a divenirne i rap-presentanti ufficiali, fregiandosi magari del luccichio delle loro armi, e l'interesse dei compagni veniva deviato in modo sempre pi totalizzante sui soli aspetti spettacolari dello scontro rivolu-zionario.

    Il progetto insurrezionale assu-meva sempre pi i tratti caricatu-rali dello scontro specialiaico tra 'rganizzazioni Comuniste Com-battenti e carpi speciali dello Sta-to, e la sua estensione soffocata in ambiti sempre pi ristretti: covi, caserme, super carceri.

    L'illegalitarismo non veniva pi colto nei suoi momenti di svi-luppo sociale e il destina del pro-getto rivoluzionario sembrava giocarsi in un succedersi di cornu~ nicati ANSA e in una somma aritmetica di marti, azzoppati,

  • redazionale

    catturati, evasi. La nostra rivista ha riflesso, nei

    suoi ultimi numeri, questi limiti e queste deviazioni. Per questo cre-diamo che ci sia bisogno di una svolta decisa, che ci permetta di ricollocare il nostro progetto so-ciale rivoluzionario nell'unico ambito dove puo svilupparsi, quello dei comportamenti proie-tari antagonisti, delle lotte antista-tali ed anticapitalistiche autoge-stite, della riappropriazione della propria identit personale di ri-voltosi, della rivolta sociale che puo essere di individui, di piccoli gruppi o di masse e che non segui-r i programmi scientifici di nes-suno stratega della rivoluzione, conscia anche dei disastri cui andata incontro le rare volte che si peritata di seguirli.

    Pensiamo che il movimento ri-voluzionario abbia bisogno in questo momento, tra le altre cose, di pi informazione e che sia fatta in maniera meno specialistica, che il dibattito debba allargarsi dai limiti asfittici dello schiera-mento passivo, pro o contro azio-ni ormai ritualizzate, che ogni compagno debba liberarsi dalle nuove cappe di piombo ideologi-che, fatte di sigle, parole d'ordine e strutture politiche che ne soffo-cano la soggettivit antagonista.

    Riteniamo che, dal lato oppo-sto, sia necessario evitare ogni tentazione opportunista, ogni ri-schio di unirsi al coro restauratore della pace e dell'ordine, che trova proseliti anche dove meno ci se lo aspetta, ogni possibilit di scivo-lare nel vacuo chiacchericcio da salotto pseudo rivoluzionario o nell'alienazione che deriva dallo scambiare la miseria della propria sopravvivenza con la ricchezza della vita liberata. In questo senso speriamo di riuscire a trasformare la rivista, perch la sua continua-zione abbia veramente un senso e un'utilit per tutto quel movi-mento che agisce per trasformare realmente lo stato di cose presen-ti; e in questo senso ci rivolgiamo a tutti quei compagni che fin qui hanno collaborato, in qualsiasi modo, alla vita della rivista e a tutti quelli che agiscono in una prospettiva antistatale, antiautori-taria e antilegalitaria, perch

  • attualit

    il vero terrorista lo stato Le stragi di Bologna, Monaco e Parigi condotte in una sola logica: quella del potere

    Se la strage della stazione di Bo-logna, con i suoi 83 morti e deci-ne di feriti, sembra segnare un li-mite dell'orrore e della ferocia inconsulta, quella dell'Oktoberfest di Monaco marca invece il punto pi alto del cini-smo barbaro, lordando di sangue una borghesia che, di fronte a die-ci cadaveri e centinaia di feriti, decide di continuare la festa, cer-cando di affogare nella birra la co-scienza della propria criminale complicit. Ultima in ordine di tempo, dopo tali precedenti e con solo 4 morti, la strage della si-nagoga di Parigi pare invece se-gnare illivello dell'indifferenza di fronte al massacro e alla morte freddamente preordinati e perpe-trati nelle stanze del potere.

    Perch se una lezione chiara e inequivocabile, c' da cogliere in questo succedersi di attentati in apparenza cosi inspiegabili, che tutti portano il segno incon-fondibile del potere. Quel segno che da Piazza Fontana in poi ha marcato indelebilmente lo svol-gersi delle lotte sociali, special-mente nel nostro paese, ed ha po-sto con evidenza sotto gli occhi di tutti il reale significato della paro-la terrorismo.

    Una parola tanto abusata, di-storta, inflazionata in questi ulti-mi anni che non solo i mezzi di disinformazione del sistema han-no potuto piegarla ai loro interes-si di confusione ed instupidimen-to, ma che lo stesso movimento rivoluzionario si trovato non di rado (specie nei suoi settori politi-camente pi incerti) ad unirsi a cori di indignazione coi quali non doveva aver niente da sparti-re.

    A vventurarsi in una ridda di

    5 anarchismo

    contro la strage che serve ai padroni, ,nessuna delega alle istituzioni

    Il Governo, i partiti, sindacati tentano di accreditare, con diffe-renze poco rilevanti, una versione secondo cui la strage di Bologna al di fuori di un disegno strategico formulato dai fascisti. dai servizi segreti e dagli apparati militari, con coperture nel regime e nello stato.

    Noi gridiamo che questa strage fatta negli interessi padronali e dello Stato.

    Le belve che hanno messo la bomba prefigurano un nuovo ordi-ne reazionario e nazista.

    Certo che il movente immedia-to il mantenimento e l'amplia-mento di una situazione di terrore.

    A chi giova cio se non ad un re-gime in continuo attacco alle con-dizioni di vita del proletariato, sia sul terreno economico che su quel-lo sociale. Un regime che necessi-ta per sopravvivere di assenza di lotte e di opposizione, che cerca in continuazione l'unit interclassi-sta contro i bisogni comunisti emergenti. Il elima di guerra, la strage che supera le stesse leggi terribili della guerra, in questo funzionale.

    L'unit interclassista, il com-pattamento intorno allo Stato van-no rifiutati affinch non passi una politica di emergenza che garanti-sca l'inflazione, centinaia di mi-gliaia di nuovi disoccupati ed una miriade di decreti legge capestro, economici, politici e liberticidi.

    Non illudiamoci che questa strage sia stata un incidente, una perdita di controllo dello Sta-to su variabili impazzite del terro-rismo nero. Non bastano quindi retorici appelli alla \vigilanza per rompere la morsa del terrore e della guerra, ma la ripresa dispie-gata ma compatta delle lotte proie-tarie ed operaie per la difesa delle proprie condizioni di vita contro questo Stato ed il suo regime.

    Sappiamo bene che la delega alle istituzioni altro non si tramu-ta che in diminuzioni di libert del proletariato ed altro non serve che

    a soffocare l'antagonismo di clas-se. Discorsi come il rafforzamen-to delle istituzioni contro il terro-rismo non hanno rappresentato altro che maggiore repressione an-tiproletaria.

    Non a caso le tanto decantate leggi antiterrorismo sono servite solo ad arrestare centinaia di mili-tanti comunisti; mentre i nazisti agiscono indisturbati decine di compagni marciscono in galera, aspettando per anni che venga chiusa l'istruttoria e deciso il pro-cesso: di ieri la notizia fra l'altro che contro ogni previsione e prece-denti dichiarazioni dei giudici stata negata la libert provvisoria per motivi di salute al compagno Oreste Scalzone che sta morendo; un primo segno di un inaspri-mento della situazione che porter all'allungamento delle detenzioni preventive, porter in carcere l'an-tagonismo di classe, porter nuovi morti innocenti ai posti di blocco ecc.

    Hanno cercato in tutti i modi di ritardare e diluire la reazione poli-tica della gente, la capacit di mo-bilitazione; a prova di questo il ri-tardo, la tattica del dubbio, e del-l'ambiguit nelle cause dell'esplo-sione per quasi un giorno, quando gi dalle 14 di sabato era chiaro che si trattava di un attentato.

    Hanno paura della mobilitazio-ne di massa non governata dalle istituzioni, hanno paura che lo sdegno contro la strage divenga sdegno e rabbia contro questo re-gime. CONTRO LE CAROGNE FA-SCISTE. CONTRO IL TENTA-TIVO Dl COMPATTAMENTO ATTORNO A QUESTO GO-VERNO E QUESTO STATO ANTIPROLETARIO. CONTRO LA RISTRUTTURAZIONE PA-DRONALE. 518/80

    Il Movimento di Bologna

  • attualit

    ipotesi e perdere la testa per indo-vinare quale gruppetto fascista o quale particolare branca dei servi-zi speciali degli stati abbia diretta-mente compiuto le stragi un'o-perazione che, in questo momen-to, ci pare di scarso interesse: ben pi importante affermare che tali atti, questi si realmente rivolti a diffondere il terrore indiscrimi-nato, portano inconfondibilmente il marchio degli apparati di pote-re.

    Cadere nella trappola tesa da magistratura e mass-media e risol-vere il tutto con un generico di-scorso antifascista sarebbe sempli-cistico e significherebbe dimenti-care che la storia, remota e recen-te, ha abbondantemente dimo-strato che dietro ogni marionetta fascista, dietro ogni pedina dei servizi segreti, c' tutto l'apparato dello Stato, pronto a istruirlo, sovvenzionarlo, foraggiarlo, 0-prirlo o anche a darlo in pasto alle folle come capro espiatorio, se puo tornare utile a pi com-plessi giochi politici.

    Noi pensiamo che le stragi di Bologna, Monaco, Parigi, come i licenziamenti alla FIAT, come le varie guerre locali che si susse-guano e come centinaia di di-sgrazie che si abbattono quoti-

    una lettera Caro C., sono S. Sono sempre qui a

    Firenze in attesa di novit. Ho final-mente conosciuto ilfavoloso ed amata campagna G., si proprio qui alle Murale anche lui e questo servito a tirarmi su il morale, nef par/are e nef discute re con lui; un campagna mol-to seria a cui io mi sono affezzionato subito, per ora non vaglio andare avanti ancora con gli elogi di questo -campagna per me conosciuto la prima volta incarcere. Hai capito?

    Ti vaglio par/are di un casa terri bile che sta accadendo dentro queste squallide mura e che io come campa-gna libertario vaglio denunciare a tut-ta il movimento, con l'appoggio di tut-ti gli a/tri compagni detenuti. In tutta questa manovra portata avanti il 30 aprile la Magistratura ne/la lista dei delatori metteva il nome del campa-gna Davide Fastelli, come uno dei principali accusatori, nonostante que-sto non sia assolutamente vero. Ti va-glio raccontare quello che sta succe-dendo a questo campagna. Jntendo precisare che io Davide Fastelli non

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    dianamente sulle teste di noi sfruttati, siano tutte mosse di una stessa partita, della quale puo es-sere difficile cogliere lo svolgi-mento tattico o il disegno strategi-co, ma di cui dobbiamo sapere in-dividuare con puntualit i gioca-tori e la posta in gioco.

    E questi giocatori non possono essere altri che gli apparati statali, disposti ai giochi pi sporchi pur di trovare una soluzione stabile alla crisi mondiale che li attana-glia, e che non esitano a mettere in campo l'arma che li ha sempre contraddistinti: il terrore cieco e indiscriminato, a tratti imbelletta-to con la maschera tragica del pa-triottismo, altre volte travisato dai ghigno ebete dei suoi sgherri nazi-sti.

    Confondere questa costante sto-rica con episodi della lotta rivolu-zionaria, che pure sono esistiti ed esisteranno, in cui si costretti a far scorrere del sangue, vorrebbe dire perdersi nelle nebbie della falsa coscienza religiosa e nella notte buia dell'interclassismo, in cui non esistono pi un nemico da combattere o una classe domi-nante da abbattere, ma solo un in-definito ammasso di uomini ai quali il persistere del potere nega la dignit di persone.

    l'ho mai conosciuto e la casa che mi dispiace di averlo conosciuto qui in carcere, perch credo che prima dave-va essere un compagno meraviglioso. Ora ti spiego tutto. Jo mi ritengo for-tunato perch quello che ho subito niente in confronta a quello che hanna fatto a lui.

    Dunque Davide viene arrestato in ospedale e da quel momento si perdo-no le sue tracee. Seconda quello che si riesce a ricostruire ricompare in car-cere una decina di giorni dopa il suo arresto. Da quel momento in poi ha perso il senso della ragione: d fuoco a due celle e per fui si aprono le porte del famigerato manicomio criminale di Montelupo Fiorentino.

    Da quello che con grandefatica sia-mo riusciti a mettere it)sieme si ca-pito che cosa gli hanna fatto. Da! mo-mento dell'arresto viene massacrato da parte dei Servizi Speciali (di questo Merdoso Stato Garantista); fossero solo le botte sarebbe anche niente, ma questi aguzzini hanna ben a/tri mezzi e incominciano un terapia nazista di annientamento psicologico a base di strane punture che porteranno Davide all'annientamento totale della volon-l. 1 Servizi Speciali, CC., vi,sto che

    anarchismo

    Davide resiste a questa tortura, au-mentana la dose di psicofarmaci e questa la fine della sua volont. Ma nonostante tutto questo Davide non tradisce e non infama nessun compa-gno. A !lora lo sbattono in galera, dove guardie, brigadieri e aguzzini vari continuano a tormentarlo perch lo vedono in queste condizioni, allora lui dfuoco alle celle e viene mandata in manicomio.

    Adesso tornato da! manicomio e allora tutti ci prendiamo cura di lui.

    Jo ti prego di far conoscere questa storia a tutti i compagni. Premetto che abbiamo gi scritto una lettera a Lot-ta Continua. Jo credo che sia utile la formazione di un Comitato per la scarcerazione di questo compagno. (...)

    appello Ci teniamo ancora una volta a fare

    presente a tutti i compagni del gravis-simo stato di salute in cui si trova tut-tora il compagno Davide Fastelli, in carcere perch accusato di far parte di Azione Rivoluzionaria.

    Davide, dopo essere stato per mesi in Cura>> al Manicomio Criminale di Montelupo Fiorentino, si trova ora rinchiuso nel carcere delle Murate di Firenze. Nonostante risultasse eviden-te il suo bisogno di cure specialistiche, finora ha ricevuto ovviamente solo pe-staggi, psicofarmaci, isolamenti e letti di contenzione. Visto appunto questo suo gravissimo stato di salute, risulta in modo evidente che non puo assolu-tamente guarire in stato di detenzione, ma bensi ha urgente bisogno di cure specialistiche esterne.

    Ci teniamo anche a precisare ulte-riormente che la montatura messa in atto tempo addietro da vari mass-media e pennivendoli al servizio del potere, secondo i quali il blitz del 30 aprile era da collegarsi a dichiara-zioni Jatte da Davide, completamen-te falsa (infatti ormai 'da tempo pro-vato che il pentito di turno Enrico Paghera) e la mancanza di smentite in merito mostra ancora pi chiaramente l'intenzione di distruggere sia jisica-mente che psicologicamente il compa-gnoDavide.

    Invitiamo pertanto tutti i compagni a mobilitarsi con le varie iniziative che ognuno ritiene pi opportune, affinch si riesca a salvare la vita di Da vide che seriamente in pericolo. Parliamoci chiaro: la vita di Davide puo essere salvata solo da una massiccia mobili-tazi?ne dif ,parte. di tutti i compagni, altnment1 e destmato a marcire e mo-rire in carcere.

    Alcuni compagni anarchici

  • attualit

    Arterio S.

    medio oriente: la guerra delegata

    Le superpotenze si scontrano per inter-posta persona. 1 ri-schi del bellicismo e i nostri compiti di anarchici.

    Lo scatenarsi in Medio Oriente di una nuova guerra aperta, que-sta volta tra Iran e Irak, rende an-cor pi drammatica la situazione di questa regione del mondo che, dopo la sconfitta degli Stati Uniti ne/ Vietnam, divenuta la princi-pale zona di interesse e il pi, im-portante terreno di scontro tra le potenze mondiali.

    E' persino superj/uo stare qui a mettere ancora una volta in evi-denza le caratteristiche che la ren-dono cosi fondamentale per i vari Stati multinazionali, prima fra tutte il fatto di es sere attualmente la zona con maggior produzione mondiale di petrolio, e gli interes-si economici che si muovono (neppure tanto occultamente) die-tro al sipario delle guerre di reli-gione e altre simili amenit.

    Il fatto che dalla guerra ara-bo-israeliana in poi e dopo la co-sidetta crisi del petrolio, il Me-dio Oriente non ha cessato di es-sere teatro di scontri sanguinosi

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    tra i vari Stati e tra i vari gruppi di potere, dietro i quali si muovo-no gli interessi pi vas ti degli Sta-ti Uniti, del/'Unione Sovietica, dell'Europa, ecc.

    Noi crediamo che proprio in l1!edio Oriente si giocheranno a breve termine i destini dell'uma-nit, o perlomeno gli equilibri tra le superpotenze che la opprimono e che proprio a partire da quella situazione specifica si possa fare un discorso pi generale sulla questione della guerra.

    Da Hiroshima in poi abbiamo assistito, spettatori atterriti, allo spaventoso sviluppo qualitativo degli arsenali di morte in possesso degli Stati: bombe atomiche, bombe all'idrogeno, bombe al neutrone. armi batteriologiche, e chiss quali altre diavolerie che i signori della guerra non ritengono di poter ancora rendere di domi-nio pubblico; tutti questi strumen-ti di distruzione si sono diffusi con la rapidit e la vastit di un con-tagio, ingenerando nello stesso tempo timori e speranze. Timore di fronte ai rischi intrinsechi ne/le potenzialit di annichilimento di tali arsenali, ma anche speranze, basate sulla considerazione che proprio lo spaventoso equilibrio sul piano degli armamenti non convenzionali e la consapevolez-za che l'unico risultato di una guerra totale potrebbe essere sola-mente la sparizione pressoch completa dell'umanit, possano avere il risultato di trattenere i ri-spettivi f?overni e stati maggiori da/ lanciarsi nell'avventura della terza guerra mondiale. Since-ramente noi riteniamo che queste speranze siano mal riposte. Non solo perch non abbiamo la mini-ma fiducia in nessun uomo di po-lere e ancor meno negli apparati che gestiscono e riteniamo anzi che le lotte tra Stati e gruppi do-minanti abbiano un /oro regola-mento e un /oro meccanismo nei qua/i parole come logica e umanit sono completamente sconosciute.

    Cio che ci spinge ancor pi a essere pessimisti proprio la complessit del sistema militare mondiale, che lo rende sempre pi vulnerabile ad ipotesi che in teo-ria potrebbero essere considerate da scartare, come l'errore involon-tario o il generale pazzo che mettano, volontariamente o

    anarchismo

    meno, in moto un meccanismo di reazione a catena non pi con-trollabile. Diciamo dunque che l'ipotesi Stranamore (speriamo che tutti abbiate vista il film) non poi cosi fantascientijica, proprio perch, per legge .fisica, i sistemi pi complessi sono anche que!li meno governabili e pi soggetti ad incidenti imprevedibili>>. Le centrali nucleari hanno dimostra-to, con incidenti come quello di Harrisburg, la temibile veridicit di quest legge.

    Dunque ilfatto che da/1945 ad oggi abbiamo assistito semp/ice-mente ad un succedarsi di guer-re locali e limitate, di cui questa iracheno-persiana /'ultima solo in ordine di tempo, non ci porta in nessun modo a farci i/lusioni sulla scarsa probabilit di un conflitto generalizzato. Il rischio sempre dietro la porta, anche senza voler fare le Cassandre.

    Inoltre, se perora le belligeran-ze sembrano per l'appunto geo-graficamente limitate alla zona media-orientale, riteniamo che anche in questo scenario ci stiamo avviando ad una partecipazione sempre pi diretta delle varie su-perpotenze, come del resto dimo-strano abbastanza tangibilmente l'invasione sovietica dell'Afghani-stan e il fa/lita blitz america no a Teheran.

  • attualit

    Se fi no ad oggi dunque assis lia-mo ad una guerra de/egala, nella quale beduini, kibutzin e ayatollah se le suonano di santa ragione nel/'interesse di ben a/tri burattinai, come in un 'immensa opera dei pupi, non affatto detto che tra non molto potremo vedere anche marines, cosacchi e, perch no, bersaglieri che si massacrano a vicenda tra le dune, davanti ai pozzi petroliferi dell'Arabia.

    Non dobbiamo infatti sottova-lutare i rigurgiti di bellicismo mi-litarista e di patriottismo della pi bassa lega ai quali assistiamo quotidianamente in tutto il mon-do, non esclusa certamente l'Ita-lia.

    Poich a scannarsi per conto dei potenti, guerra atomica o guerra convenzionale, saranno sempra spediti i proletari, pi o meno ubriacati di retorica pa-triottarda, naturale che tutti gli Stati si preoccupino non solo del-l'efficienza, ma anche della credi-bilit e dell'immagine pubb/ica dei propri apparati bel/ici.

    Non basta disporre dei pi mo-derni carri armati americani o dei pi potenti Mig russi, se a farli jnzionare non c' qua/che di-sgraziato che crede di difendere i suoi interessi e soprattutto se non si pub fare ajjidamento sulla soli-dit e tranquillit del

  • PANTAGRUEL Rivista quadrimestrale di

    teoria anarchica per la pratica

    della liberazione.

    Edizioni Anarchismo.

    128 pagine - 3.500 lire - ab-

    bonamento per un anno (3 numeri) 12.000 lire.

    Non che siamo autoritari per-

    ch abbiamo letto Platone o

    Marx, e neppure siamo antiautori-

    tari perch abbiamo Jetto Zenone

    o Kropotkin. Quello che siamo, in-timamente, ci viene sollecitato

    dalla nostra risposta allo scontro

    di classe. E questa ris posta an-

    ch'essa parte della nostra cu/tura

    e delle nostre intenzioni di mani-

    polar/a in quanta strumento di

    modificazione delle realt

    Una proposta per uno stru-

    mento teorico che operi nel

    senso della trasformazione

    della realt.

    Una proposta che aspetta

    una risposta da parte del mo-

    vimento anarchico.

    Redazione provvisoria: Al-

    fredo M. Bonanno- C.P. 61-

    95100 Catania.

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    A.M. Bonnano

    lotta rivoluzionaria e insurrezione La necessit della prospettiva insurrezionale e il ruolo della minoranza specifica.

    Il nostro compito di anarchici, la nostra preoccupazione princi-pale, il nostro desiderio pi gran-de quello di vedere realizzata la rivouzione sociale: terribile scon-volgimento di uomini e di istitu-zioni che riesca finalmente a por-re fine allo sfruttamento e instauri il regno della giustizia.

    Per noi anarchici la rivoluzione la nostra guida, il nostro punto di riferimento costante, qualsiasi cosa facciamo, di qualsiasi pro-blema ci occupiamo. Non sar possibile l'anarchia che vogliamo tutti senza il doloroso passaggio rivoluzionario. Se non vogliamo trasformare l'anarchia in un inuti-le sogno dobbiamo lottare per di-struggere con la rivoluzione lo Stato e gli sfruttatori.

    Ma la rivoluzione non un mito ideale da utilizzarsi come semplice riferimento. Proprio perch un fatto concreto, essa deve essere costruita giorno per giorno, anche con tentativi pi modesti che non hanno tutte le caratteristiche liberatorie della ri-voluzione sociale vera e propria. Questi tentativi pi modesti sono le insurrezioni. In esse il movi-mento di sollevazione delle mino-ranze pi sfruttate e delle mino-ranze pi sensibilizzate politica-mente apre la strada alla possibile sollevazione di sempr pi ampi strati di sfruttati, in un flusso di ribellione che puo anche sboccare nella rivoluzione, ma puo anche concludersi nell'instaurazione di

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    un nuovo potere o in una ricon-ferma sanguinosa del vecchio. In questo caso, pur essendosi presen-tata l'insurrezione come solleva-zione liberatoria si amaramente conclusa con un ripristino del do-minio statale e padronale. Nessu-na contraddizione in cio. Si tratta del naturale svolgersi delle cose. L'insurfezione l'elemento indi-spensabile della rivoluzione, sen-za di essa, senza una serie lunga e dolorosa di insurrezioni non ci sar nessuna rivoluzione e il pote-re regner nel pieno delle sue for-ze indisturbato. Lo scoraggiamen-to non fa per noi. Ancora una vol-ta, ottusamente, ci prepariamo e lottiamo per l'insurrezione che verr, piccolo pezzo del futuro grande mosaico della rivoluzione.

    Certo, il capitalismo ha profon-de contraddizioni che lo spingono verso processi di aggiustamento e di evoluzione allo scopo di evitare le crisi periodiche di cui affiitto; ma non possiamo cullarci nell'at-tesa di queste crisi. Quando esse si verificheranno saranno le benve-nute se risponderanno ai requisiti di elementi acceleratori del pro-cesso insurrezionale. Da parte no-stra, ne! frattempo, ci prepariamo e prepariamo le masse sfruttate all'insurrezione.

    ln questo senso riteniamo che i tempi sono sempre maturi per la prossima insurrezione. Meglio un'insurrezione fallita che cento tentennamenti che fanno fallire

  • opinioni

    cento occasioni da cui sarebbe po-tuta scaturire la rivoluzione defi-nitiva. Siamo quindi contrari a quelli che dicono che le recenti batoste del movimento rivoluzio-nario ci dovrebbero fare riflettere e ci dovrebbero far concludere per una maggiore prudenza. Ritenia-mo che il tempo delle insurrezio-ni sia venuto, proprio perch sempre tempo di battersi mentre l'attesa toma solo utile al capitale.

    Preparare l'insurrezione signifi-ca preparare le condizioni sogget-tive (personali e materiali) che consentano ad una minoranza anarchica specifica di creare le circostanze indispensabili allo sviluppo del processo insurrezio-nale. Se l'insurrezione fenome-no di massa, per cui in caso con-trario rischia di abortire subito, il suo inizio sempre il risultato dell'azione di una minoranza de-eisa, di un pugno di coraggiosi che sia capace di attaccare i punti ne-vralgici dell'obiettivo parziale che si vuole raggiungere.

    Dobbiamo essere molto chiari su questo punto. I compiti della lotta anarchica contro ii potere possono essere molto vari, ma tut-ti - a nostro avviso - devono diri-gersi coerentemente a preparare l'insurrezione. Alcuni compagni possono dedicarsi alla chiarifica-zione teorica, all'analisi economi-ca e filosofica, all'indagine stori-ca, ma tutto "Questo deve essere immediatamente funzionale alla preparazione di quella minoranza ca pace di realizzare l 'insurrezione facendo in modo che le masse partecipino in maniera pi ampia possibile o che almeno rion osta-colino. Alcuni compagni possono pensare l'insurrezione realizzabile un poco pi avanti nel tempo (non rinviata in avanti all'infini-

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    to), altri la pensano realizzabile immediatamente: questo pu de-terminare una ripartizione dei compiti, nel senso che i primi sa-ranno immediatamente portati a interessarsi di pi dei problemi della cuttura rivoluzionaria, ma il loro scopo deve finalizzarsi allo stesso modo. In caso contrario si addormenterebbero quelle forze ribelli che hanno proprio bisogno di chiarezza per organizzare l'a-zione e non di chiacchere per rin-viarla.

    Duplice quindi il compito di preparazione della minoranza: da un lato la sua sensibilizzazione ai problemi del livello dello scontro, che non sono solo problemi mili-tari e politici, ma anche e princi-palmente problemi sociali ed eco-nomici. Dopo, la preparazione concreta, in termini specifici e d~ttagliati, in vista dell'insurre-zwne.

    lnsistiamo ancora una volta: la preparazione delle masse non po-tr in alcun modo essere una delle condizioni della rivoluzione. Se aspettassimo che tutte le masse siano preparate a questo compito grandioso non si farebbe mai nul-la. Pi che altro siamo convinti che la preparazione delle grandi masse sar una conseguenza della rivoluzione, e forse non tra le pi immediate. Viceversa la minoran-za anarchica rivoluzionaria deve poter essere preparata al compito storico che l'attende.

    Eliminiamo anche il problema della purezza. Noi non parteci-peremo soltanto alle insurrezioni guidate dagli anarchici, ma anche a tutte le altre insurrezioni che si manifestano con le caratteristiche del popolo in rivolta, anche se per determinate circostanze a guidarle siano gli stalinisti nostri futuri ne-mici. Vuol dire che cercheremo di conquistarci un posto migliore proprio nella lotta, nel corso degli avvenimenti, diffondendo per quanto possibile il nostro pro-gramma di liberazione totale che contrapporremo a ~quello banal-mente economico degli autoritari-sti. Il resto sar l'insurrezione stessa a verificarlo.

    Compito da realizzarsi subito questo dell'insurrezione. Ma con quali mezzi concreti? Abbiamo visto che la minoranza specifica deve farsi carico dell'urto iniziale, sorprendendo il potere, determi-

    anarchismo

    nando una situazione di scompi-glio che possa mettere in difficolt le forze della repressione e fare ri-flettere le masse degli sfruttati se intervenire o meno. Ma cosa in-tendiamo per minoranza specifi-ca? Forse il movimento anarchico nel suo complesso? Forse il movi-mento rivoluzionario nel senso pi ampio? Queste domande ri-chiedono una risposta chiara.

    Partiamo dall'ipotesi pi am-pia. Il movimento rivoluzionario nel suo insieme non pu essere considerato, dai punto di vista che ci interessa, come minoranza spe-cifica capace di realizzare unita-riamente l'insurrezione. Esso pre-senta tutta una serie di contraddi-zioni che, a loro volta, rispecchia-no le contraddizioni della societ in cui viviamo. Ai modelli ideolo-giCI corrispondono raggruppa-menti organizzativi che finiscono per anteporre la pregiudiziale teo-rica agli interessi immediati della liberazione. Di pi, le stesse for-mulazioni analitiche di buona parte del movimento rivoluziona-rio sono a carattere autoritario, quindi prevedono la conquista del potere e non la sua immediata di-struzione, il suo preteso utilizzo in senso antiborghese e non la sua scomparsa. E' chiaro pertanto che questa parte delle forze rivoluzio-narie non ha interesse a preparare l'insurrezione ora e subito, in quanto si illude che i tempi lun-ghi lavorino per essa, sbriciolando la base su cui poggia il capitali-smo e preparando la situazione ri-voluzionaria senza l'anticamera pericolosa dell'insurrezione. ,A vremo quindi che queste fasce del movimento rivoluzionario si schiereranno su posizioni con-troinsurrezionali, arrivando

  • opinioni

    (come abbiamo visto in moiti casi recentemente) ad attacare e de-nunciare i compagni anarchici che sostengono la tesi inversa. Concludiamo che non possibile allargare a questo punto il concet-to di minoranza specifica. Quan-do per ipotesi gli stalinisti scate-nassero loro il processo insurre-zionale, o perch convinti di tro-varsi davanti a condizioni rivolu-zionarie o perch trascinati dalle istanze dlla base che non cono-scono raffinatezze ideologiche, al-lora il nostro compito sarebbe quello di partecipare con tutte le nostre forze all'insurrezione, per batterci sul campo concreto delle lotte e li trovare lo spazio necessa-rio alle nostre idee. In caso con-' trario, con noi iniziatori e propu-gnatori dell'insurrezione, abba-stanza facile che troveremo questa parte del movimento rivoluziona-rio su posizioni contrarie o, nella migliore delle ipotesi, su posizioni di attesa.

    Vediamo adesso se il movimen-to anarchico nel suo insieme puo essere considerato come minoran-za specifica capace di realizzare unitariamente l'insurrezione. La conclusione ancora una volta negativa. Le contraddizioni al suo interno sono immense e per lo pi dovute alle paure e alle remore che un ristretto gruppo di princi-sbecchi ha seminato con accura-tezza al suo interno. Esso appare oggi come un vecchio mantello sdrucito e pieno di toppe che solo con moita buona volont riesce a ricordare gli antichi splendori. Le fughe in avanti verso ipotetiche forme d'intervento elitario, come quando si cercato dall'esterno di fornire analisi precostituite e gi impacchettate o catechismi pronti all'uso, o come quando si prete-so di fornire a tutto il movimento l'analisi conclusiva da mettere su-bito in pratica; sono state un falli-menfo. Lo stesso le fughe all'in-dietro verso quei ritorni dell'anar-cosindacalismo che non poteva non lasciare scontenti sia i lavora-tori nel loro insieme che gli stessi compagni rivoluzionari. E poi il fallimento pi ampio e accertato della politica dello struzzo. Na-scondersi dietro le paure delle provocazioni per non fare nulla, per non intervenire che a babbo morto, per stare continuamente con la bilancia in mano a pesare,

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    giudicare. e condannare quei po-chi compagni che qualcosa face-vano anche se circoscritta e limi-tata. Della specificit di questo movimento non resta che il nome, il simbolo, le bandiere, qualche vecchio compagno, qualche gio-vane compagno invecchiato pri-ma del tempo, qualche entusiasta che spera sempre, qualche mum-mia incartapecorita all'interno della sua piccola bottega. La gran quantit dei compagni attivi, che forma l'anima rivoluzionaria del movimertto anarchico e che pronta a ricominciare la lotta non deve farsi scoraggiare da cassan-dre e uccelli del malaugurio. L'a-zione il metro per distinguere al di l dei simboli e delle dichiara-zioni di principio.

    Sono proprio questi compagni disponibili per l'azione a costitui-re la minoranza specifica di cui parlavamo prima. Saranno loro a preparare e realizzare l'insurre-zione, nei modi e nelle forme che l'esperienza di lotta del movimen-to rivoluzionario nel suo insieme ci ha tramandato e tenendo conto delle pi recenti modificazioni dello Stato e dei padroni. Questi modi non potranno prescindere da quelle forme organizzative mi-nime di base che dovranno farsi carico di risolvere i diversi pro-blemi che sorgeranno nel corso della preparazione insurrezionale. In queste forme organizzative la responsabilit del lavoro da fare deve ricadere ovviamente su com-pagni rivoluzionari anarchici e non puo essere lasciata alla buona volont o all'improvvisazione. Le regole della sopravvivenza stessa impongono a questo livello con-dizioni imprescindibili di sicurez-

    anarchismo

    za e di cautela. Il tempo delle inu-tili chiacchiere cessa davanti al-l'urgenza dell'azione.

    Sull'insieme delle azioni con-dotte da questa minoranza speci-fica cosi individuata, che si artico-la nelle strutture minime di inter-vento, c' da dire ancora qualco-sa. Queste azioni non possono es-sere considerate solo dai punto di vista della propaganda col fat-to. Il loro scopo, infatti, non quello di dare l'esempio o di in-fluenzare un ampio raggio di pos-sibili simpatizzanti. Certo questo aspetto empirico esiste pure, do-vendosi tener conto che l'alleanza massima che garantisce la riuscita dei piani futuri quella delle masse in rivolta, ma facilmente ripreso dai meccanismo dell'in-formazione capitalista che lo tra-sforma in merce vendendolo al

    . dettaglio attraverso i giornali, la televisione, il cinema, i libri ecc. La verit che la minoranza spe-cifica stessa, realizzando l'azione, ha la possibilit di far capire qual-cosa agli altri se capisce qualcosa essa stessa ne! momento medesi-mo dell'azione. L'azione quindi significa educazione attraverso l'azione, ed educazione di se stessi e degli altri. Se riteniamo di avere capito tutto e affidiamo questa nostra scienza al momento dell'a-zione in modo esclusivo, conse-gnamo nelle mani del capitale un meccanismo ripetitivo che si inse-risce perfettamente nel meccani-smo generalizzato della produzio-ne capitalista che in primo luo-go ripetizione all'infinito.

    L'azione della minoranza speci-fica deve quindi consistere non in una interruzione dell'imparare a proprie spese qual' la realt dello

  • opinioni

    scontro, ma una trasformazione graduale e completa del proprio imparare nel far vedere agli altri come si impara a comprendere la realt dello scontro. Se l'azione della minoranza specifica d l'e-sempio di qualcosa essa d l'e-sempio di come si impara a indi-viduare e colpire il nemico e non di come si insegna. Nel momento giusto l'azione giusta diventa so-stanza dell'attacco singolo e spe-cifiee e simbolo di tutti gli attac-chi possibili futuri, e questo di-spiegarsi di un momento non an-cora venuto a maturazione il massimo livello d'intervento che la minoranza raggiunge operando nella realt dello scontro. La lotta di classe caratterizza lo scontro in essere, questo l'elemento che consente l'azione concreta della minoranza specifica, al suo inter-no l'azione si trasforma continua-mente da tentativo di comprende-re a tentativo di insegnare. Can-cellando il primo momento tutto annegna nella ripetitivit, cancel-lando il secondo momento tutto annega nell'indecisione.

    Nel flusso continuo dello scon-tro di classe si trovano tutti: edu-catori ed educandi, in esso tutto riceve la giusta collocazione al-l'interne dei rapporti di forza. Chi non ha imparato dai propri errori non puo mostrare nulla agli altri, ed un modo eminente di non im-parare proprio smettere di im-parare, pensare che sia venuto il momento per insegnare e basta. Attraverso il filtro dello scontro di classe la memoria della rivoluzio-ne si dispiega lentamente diven-tando tramandabile. Nelle azioni

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    questa memoria si tramanda con-cretamente e diventa percepibile da parte degli altri nell'istante in cui riflessione e critica per chi opera l'azione stessa.

    Ogni singola struttura minima d'intervento, che agisce all'inter-no della minoranza specifica, cor-re il rischio di porsi come parte dialogante col movimento rivolu-zionario nel suo insieme e, quai-che volta con l'intera massa degli sfruttati, se non imposta corretta-mente il senso della propria azio-ne. Ponendoci come parte isolata di fronte a tanto referente ci si il-lude che il movimento tutto e gli sfruttati, la loro sorte e la sorte della rivoluzione, dipendano da noi; ci si aspetta chiss cosa da quello che facciamo; si resta fru-strati dalla superficialit delle ri-sposte e dall'incomprensione ge-nerale. La lotta rivoluzionaria come un mare ondoso contro cui lottare sarebbe follia vana, occor-re adattarsi al senso delle onde, nuotare ora con forza e ora con leggerezza, cogliere l'impeto di vita che il mare nasconde in se stesso per arrivare alla meta desi-derata. In questa difficile arte del nuotatore si nasconde il senso po-litico dell'azione minoritaria. Quest'ultima mette in risalto il suo significato di classe esploden-do improvvisamente come frutto della memoria rivoluzionaria e come indicazione per il presente scontro.

    Pensiamo pertanto che l'azione di queste strutture minime sia an-cora una volta indispensabile - se correttamente impostata - alla preparazione di quel processo in-surrezionale che riteniamo com-pito immediato e improrogabile di tutti gli anarchici. Lungi dal-l'esserci un contrasto tra le due cose - come taluno ha cercato di farci notare - riteniamo che siano complementari e indissociabili. Il lavoro di fondo delle strutture mi-nime d'intervento si somma nel lavoro complessivo, di natura or-ganizzativa e genrale, della mi-noranza specifica nel suo insieme. L'insurrezione sar, ancora una volta, il banco di prova di quello che si fatto, causa ed effetto nel-lo stesso tempo di quel modificar-si dei rapporti di forza che con-sente il dischiudersi delle porte della rivoluzione.

    A.M. Bonanno

    anarchismo

    il processo di Parma

    Venerdi 3 ottobre si svolto a Parma il processo contro i com-pagni Valeria Vecchi, Nella Mon-tanini e Ivan Zerlotti, aiTestati il 15 agosto, e Horst Fantazzini, Salvatore Cucinotta e Giuseppe Piccolo. Le accuse parlavano di detenzione di esplosivo e tentata procurata evasione, in quanto nell'abitazione di Valeria Vecchi i C.C. hanno rinvenuto tritolo e de-tonatori gi confezionati in fla-coni di shampoo e stecche di siga-rette e che avrebbero dovuto esse-re inviati a Fantazzini, per favori-re un'evasione dai supercarcere di Badu 'e Carros.

    Se Horst Fantazzini non ha cer-to bisogno di essere presentato, Ivan, Nella e Valeria sono mili-tanti anarchici noti a tutto il mo-vimento per illoro impegno in fa-vore dei compagni detenuti, svol-to attraverso il collettivo carceri di Parma. ln questa veste hanno spesso collaborato in passato con la nostra rivista e noi abbiamo avuto modo di conoscerli di per-sona e di amarli come fratelli per la loro generosit, per la loro ine-sauribile carica umana, per quella carica di gioia sovversiva che sa-pevano mettere in ogni loro atto.

    Per questo oggi ci riesce diffici-le parla,re di loro con distacco cronistico e senza farci sopraffa-re dai sentimenti, e per questo ci impossibile non dire la nostra sui commenti un po' superficiali che sono seguiti alloro arresto, in cer-ti ambienti del movimento in cui abbondano i grilli parlanti. Se i compagni di Parma hanno corso dei rischi stato semplicemente perch non si sono limitati a par-lare di liberazione dei rivoluzio-nari prigionieri o a lanciare ro-boanti slogans nelle manifestazio-ni, ma hanno agito concretamente in tai senso, ed noto che solo chi fa qualcosa corre il rischio di sba-gliare. Pericolo da cui indenne chi si limita a sentenziare al caldo della propria casa.

    Se i rischi che hanno corso li hanno ora portati ad essere a loro

  • repressione

    volta incarcerati, questo non si-gnifica certamente la fine della loro attivit di rivoluzionari anar-chici, ma solo un cambiamento delle condizioni in cui esplicarla, rischio che ormai deve essere ben presente nella mente di tutti i compagni che non si vogliono li-mitare a sopravvivere a se stessi.

    Fatte queste necessarie premes-se, veniamo alla cronaca del pro-cessa, che si svolto, come spesso succede in questi casi, in un elima da stato d'assedio.

    Sul fatto che l'udienza si sareb-be conclusa con delle condanne esemplari, tali da far capire a tutti che lo stato non disposto a per-donare chi intende prendere nelle proprie mani la propria libert, potevano sussistere, purtroppo, ben pochi dubbi. E' ormai da tempo infatti che nel nostro paese l'apparato giuridico non serve ad altro che a sanzionare rapporti di forza politici che sono stabiliti in ben altre sedi.

    Ogni tentativo degli avvocati della difesa, e in particolare del-l'avv. Dosi, teso a dimostrare che tentare un'evasione, cio cercare di ristabilire la propria naturale condizione di uomini liberi, non significa forzatamente costituire un gruppo armato affiliato a que-sta o quella organizzazione clan-destina, doveva percio scontrarsi con un'atteggiamento precostitui-to della corte, che aveva il compi-to di sancire con la sua sentenza tutto l'assurdo cianciare fatto da-gli organi d'informazione a pro-posito di bande armate, collega-menti intemazionali e via di se-guito. Anche le dichiarazioni fatte dai compagni duran te il processo, e in particolare quelle di Horst, avevano, in queste condizioni, principalmente il senso di chiarire al movimento rivoluzionario i termini della propria azione e di ristabilire la propria individualit di soggetti antagonisti al potere, intorbidata dal mucchio di coglio-nate apparse su tutta la stampa del regime.

    Al termine dello spettacolo giu-ridico, le condanne emesse sono state le seguenti: 8 anni di carcere per Valeria, Ivan e Horst; 5 anni per Salvatore e Giuseppe e 4 anni e 6 mesi per Nella (minorenne), in pratica poco meno di quanto ave-va chiesto il P.M. in base all'ag-gravante dei fini di terrorisme.

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    contro lo spettacolo giudiziario CaroF.,

    Sono ancora qui. Oggi, incredi-bi/mente, m ' arrivato un pac-chetto di posta da Nuoro e c'era anche la tua carta postale del 2819. Ieri sera, ne/la previsione che non sarei partita oggi, ho tira-ta gi a/cune note fretta/ose da mandarti, per spiegare ai compa-gni il mio strano atteggiamento al processo. Le acc/udo qui.

    E' diretto ai compagni anarchi-ci e a chi vuole capire. Poi sar necessario scrivere qualcosa di pi serio. A/tri ne sono capaci.

    Jo sono qui abbastanza dispe-rato per la condanna di Valeria. Ivan e Ne/la. Il significato di que-st'assurda condanna non puo es-sere scritta ne/la natura del pro-cessa, ma in uno stile di, vita che il potere non puo accettare.

    Credo che tutti i compagni do-vranno capire questo e credo an-che che tutti voi dovrete mettere le vostre passioni ela vostra bellezza di compagni al servizio di que-sti nostri magnifici gabbiani /ega-ti.

    In questi giorni di rabbia impo-tente, mi porto dentro il ca/ore/co-lore della presenza tua e dei com-pagni in au/a.

    La vostra rabbia che esp/osa per un bacio negato e poi di nuo-vo per una sentenza schifosa. 1 vo-stri saluti a pugno chiuso quando sono stato portato via in macchi-na. Sono particolari che possono rendere pi ena un 'esistenza vo/uta vu ota da/ potere ...

    Horst

    Il processo di Parma s' conclu-sa con una sentenza che una

    v~r

  • repressione

    Qualche tempo f, ad un pro-cessa, presentai un documenta. Ne riesumo qualche frase per fare capire ai compagni la condotta anomala tenuta a Parma. Scri-vevo che:

    L'apparato giudiziario una macchina nei cui ingranaggi si viene gettati e triturati. Si puo de-cidere di seguirne i percorsi nel-l'illusoria speranza che possono coincidere con il nostro, oppure si puo decidere d'impiegare il nostro corpo e la nostra intelligenza per inceppare il funzionamento della macchina.

    Chi - come me - non ha pi nulla da perdere o da guadagnare all'interno del proprio scontro con il Tribunale-potere, si puo permettere qualsiasi atteggiamen-to di rottura. Puo ricalcare vecchi copioni ormai triti e ritriti come puo inventarne di nuovi affidah-dosi alla propria fantasia e intelli-genza. Il tutto resta pero recitato in un teatro di fantasmi, dove ogni ruolo s'appoggia e f da sup-porta a tutte le parti, dando credi-bilit alla rappresentazione.

    Come rappresentanti di detersi-vi, ognuno declama la qualit del-la propria merce. i diventano valori inter-scambiabili a seconda della collo-cazione politica degli spettatori.

    I compagni che alzano il pugno chiuso in aula riconoscono i lorm>. Il borghese impaurito, che legge i giornali nel sua salotto buono, riconosce i suoi>>. E cala-ta la tela della rapresentazione ognuno se ne toma alle proprie occupazioni, alla propria miseria esistenziale. - I compagni-detenuti ritornano nelle carceri speciali. - I giudici vanno a prostrarsi per raccogliere benemerenze dai po-tenti. - I carabinieri ritornano nelle ca-serme ad attendere che venga nuovamente tolto il loro guinza-glio di cani da guardia. - 1 borghesi impauriti tornano ai loro traffici di sfruttamento. - I compagni-spettatori ritornano alle loro frustrazioni e alle loro rabbie. - E gli avvocati ritornano alle loro occupazioni con minore o maggiore sofferenza personale per quanto hanno visto e capito.

    E lo scontro-rappresentazione, inquadrato nelle sottili leggi dello

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    spettacolo, serve come anfetami-na-tranquillate per le emozioni vissute per interposte persone. Lo scontro reale stato ancora una volta rimandato e le passioni sin-cere sono state sublimate, recupe-rate dalla regia d'uno spettacolo ben rappresentato.

    Buoni>> e cattivi>> hanno nuo-vamente mimato rivoluzione e contro-rivoluzione coinvolgendo gli spettatori ma obbligandoli a restare inchiodati alle /oro sedie.

    Ma a Parma il copione rivolu-zionario non stato rispettato, nonostante la regia non avesse ba-dato a spese militarizzando la cit-t e il Tribunale, in un suntuoso scenario per un processo-guerilla com' di moda.

    Perch gli attori si sono rifiutati di recitare?

    Per due ragioni. La prima risie-de nella comune comprensione dell'inutilit dei vecchi clichb> e in un bisogno del loro supera-mento. La seconda perch, otti-misticamente, hanno creduto che un piccolo tratto delloro percorso potesse coinciderc con quello del-la macchina giudiziaria. Perch c'erano compagni obiettivamente salvabili>> processualmente. Ma questo si pero rivelato illusorio. Cosi com' ilusorio il suo contra-rio, il processo-guerillro>, del quale sono state piene le aule dei tribunali in questi ultimi anni.

    Lo scontro reale si svolge altro-ve.

    Nei tribunali si ruolizzano solo le parti.

    Allora, dov' il senso della se-conda parte della citazione, lad-dove si dice che si puo usare il proprio corpo e la propria intelli-genza per sabottare la macchina?

    E' nel cercare quell'altrove dovc si svolge Jo scontro reale.

    E' nel cercare un terreno che sfugga alla rappresentazione spct-tacolare e sul quale sia realmente possibile affondare le nostre un-ghie e i nostri denti nella carne e nei nervi di chi ogni giorno ci espropria la vita. 1/

    E questo terreno non certo l'aula d'un tribunale, dove le due parti in conflitto, nel momento stesso in cui si scontrono, legitti-mano una commedia della quale non sono gli autori.

    1 processi che coinvolgono compagni dich~arati e riconosciu-ti sono gli isolotti appariscenti

    anarchismo

    d'un continente sommerso. Ogni giorno sono migliaia gli

    anonimi proletari che si scontra-no con le leggi del capitale nelle aule di giustiziro>, nelle carceri, nelle strade. E tutto questo in-scritto in una storia parallela a quella ufficiale, sommersa e sco-nosciuta a tutti quei compagni che analizzano e filtrano ogni av- venimento attraverso le lenti de-formanti dell'ideologia.

    Eppure, anche lo scippo dell'a-nonimo scugnizzo napoletano, parte di quel secolare scontro tra capitale e vita, tra potere e libert, tra forza e ragione.

    1 tribunali e le carceri sono il punto finale e pi alto di questo scontro che attraversa tutta la so-ciet, ma non nella spettacolari-t del processo che si modificano i rapporti di forza reali.

    U sare la proprio intelligenza ed il proprio corpo per inceppare la macchina della giustizia-stato, vuol quindi dire altra cosa che es-sere attori indisciplinati ad un processo.

    V uol dire saper cogliere i mec-canismi reali del funzionamento di questa macchina che investe ogni aspetto delle nostre vite. Vuol dire, appunto, saper usare tutta la nostra intelligenza e fanta-sia per distruggere la macchina o ritardarne il funzionamento.

    Partendo dalla nostra soggetti-vit, dai nostro amore per la vita trasformato in rabbia verso chi ogni giorno la vita ci nega. Senza attendere le coordinate d'una campagnro> uscita da una riso-luzione strategicro> pensata e pro-posta dai professionisti della poli-tica e della rivoluzione.

    La separazione tra personale e politico una vittoria del potere in quel continuo processo di frammentazione della nostra sog-gettivit.

    Al processo di Parma c' stata bagarre in aula non per la lettu-ra d'un truculento proclama, ma perch i compagni hanno rotto lo sbarramento dei porci per baciarsi con le compagne. L'amore per la vita , per questo potere che ci vuole confezionati in esistenze di plastica, il pi alto atto di sovver-sione sociale.

    E' da li che nascer tutto il re-sto ...

    In un primo momento avevo pensato di non presentarmi a que-

  • repressione

    sto processo perch ritenevo che la mia presenza avrebbe potuto ri-velarsi come un danno per i com-pagni difendibili. Poi ho deci~o d'andarci per cercare, con la mta deposizione, di sgravare gli altri compagni da pesanti aggravanti.

    Ma la sentenza era gi pre-confezionata.

    Allora resta l'amarezza per non aver saputo proporre qualcosa di diverso dai soliti coproni che ve-dono pentiti piangere e non penti-ti urlare e leggere proclami apoca-littici.

    Affrontare un processo cercan-do di ridicolizzare i giudici dissa-crando la rappresentazione, po-trebbe gi essere un buon inizic per far fallire lo spettacolo ...

    Mi sarebbe piaciuto uno spo-gliarello collettivo gettando gli in-dumenti in faccia ai giudici ...

    Mi sarebbe piaciuto leggere un inesistente statuto dei gabbiani che ora vi invento qui:

    Art. 1 - 1 gabbiani sono nati per volare liberi. E' l'amore ela gioia di vivere che dermina il/oro essere sovversivi. Art. 2 - Con il /oro comporta-mento essi insegnano a volare agli a/tri uccelli, senza la presun-zione d'essere l'avanguardia di chicchessia.

    Un gruppo di detenute della Giudecca

    carcere femminile diVenezia

    La notte de/!'8 Luglio 1980 nata una grossa provocazione da parte del personale e delle guardie nei confronti di noi detenute. Il tutto partita dalla richiesta di al-cune detenute di un insetticida, dato che la /oro cella era invasa da insetti attirati dalle fogne vici-ne. La risposta stata prima ne-gativa, poi addirittura violenta e ingiustificata. Oltre tutto altre ri-chieste di medicinali in altre celle sono state completamente ignora-te. Nef giro di un'ora dopo le ri-chieste, arrivata la squadretta (ossia un gruppo numeroso di

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    Art. 3 - Essi si cercano e si trova-no in base alle affinit comuni e non accettano regale all'infuori delle proprie passioni, dei propri desideri e del/oro piacere di vivere e di volare insieme. Su queste basi si uniscono in pic-coli stormi d'ajjinit, federati tra di /oro, per vivere e volare insieme e per lottare contra tutto quanta umilia il senso della vita e della li-bert. Art. 4 - 1 gabbirmi praticano il mutuo appoggio e quindi s'impe-gnano ad aprire e rompere le gab-bie dove sono rinchiusi gabbiani ed uccelli. Art. 5- Con quest'articolo si an-nu/lano i precedenti quattro ed eventuali futuri articoli, perch i gabbiani non riconoscono statuti, n leggi, n regolamenti, n forme programmate d'esistenza, a/l'in-fuori del !oro piacere di volare li-beri. Tutto il precostituito e il pro-grammato non j che limitare e umiliare la vila.

    Ecco ... niente di tutto questo stato fatto o detto. Sar per un'al-tra volta.

    Chi vuol capire, capisca ... Horst F. 5/10/80

    guardie, armate di manganello) che entrata in modo intimidato-rio ed offensivo ne/le varie celle (che contengono circa quattro de-tenute ciascuna).

    Non ci soffermiamo sul fatto accaduto e sui gravi particolari successi ne/le varie celle, vedi ad esempio la manganellata data sulla bocca di una detenuta, ma lo citiamo solo perch questo uno dei tanti esempi che vogliamo rendere noti per far sapere all'opi-nione pubblica a quali metodi siamo sottoposte noi detenute. Non sappiamo ancora se ci sa-

    anarchismo

    --=:=:._-

    --~~~~~~,~~~~ ranno ulteriori ripercussioni ne-gative di quanta gi accuduto, dato che ogni nostra semplice ri-chiesta pu essere trasformata in provocazione ed usata contro di noi. Non solo questo ci interessa mettere in chiara, ma sopratutto l'uso della forza da parte di chi ci detiene, per reprimere qualsiasi esigenza reale delle detenute.

    Fino a quando questi metodi troveranno spazio?

    Fino a che l'istituzione del car-cere continuer ad essere-usata da questo sistema come ghetto di emarginazione, come va/vola di sfogo.

    Noi detenute non possiamo reagire nei fatti cme quello pri-ma citato, perch reagire significa scatenare una repressione ancor pi drastica, che va a nostro dan-no, soprattutto jisicamente. L'uni-ca arma produttiva che possiamo quindi usare quel/a della con-troinformazione costante, e delle denunce pubbliche. Non siamo state certamente le prime ad aver subito situazioni pesanti, perch moiti a/tri episodi ben pi crudeli sono accaduti in a/tri carceri. Vo-gliamo sommamente appellarci a tutta la popolazione carcerata af finch sia usata pi spesso il mez-zo dell'informazione, perch nes-sun tipo di provocazione e repres-sione passi pi inosservato o ad-dirittura taciuto.:

    L 'integrit fis ica e psichica dei detenutile un diritto primario che dobbiamo conquistarci. Venezia, 1017180

  • epressione

    Comitato di difesa di Forli

    quel che resta di un blitz

    L'assai poco brillante operazio-ne repressiva che, nel marzo di :}uest'anno, ha colpito un'area di ::ompagni pi o meno direttamen-:e collegati alla rivista e alle edi-

    ~ioni Anarchismo, non ha certo ;ortito gli effetti sperati dai suoi

    1on tanto geniali e non tanto mi-;teriosi ispiratori. Nel giro di po-;hi mesi il castello di carte co-;truito sulle fantasiose accuse di apina, banda armata, eccetera, si ~ sfaldato, consentendo a quasi :utti i compagni coinvolti di usci-e di galera e alle nostre attivit :ditoriali di riprendere, sia pure ra crescenti difficolt non solo ~conomiche.

    Ma qualche strascico del cielo-le abbattutosi sulle nostre teste ontinua a far sentire le sue poco radevoli conseguenze.

    Due compagni, Alfredo Bonan-

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    no e Salvo Marietta, sono sotto-posti a misure di coercizione della libert personale, quali il soggior-no obbligato e l'obbligo di presen-tarsi alla questura di Catania a giorni alterni. Questo nonostante che sia stata riconosciuta la man-canza di indizi a loro carico per tutti i reati di cui erano accusati (eccetto che per quello di apologia e propaganda sovversiva, che re-sta ancora in piedi per il compa-gno Bonanno). Questo provvedi-mento ha dunque uno scopo ed un carattere chiaramente vessato-rio e mira esclusivamente ad im-pedire a due militanti anarchici di proseguire la loro normale attivit politica, che fatta anche di con-ferenze, dibattiti e incontri con al-tri compagni di altre citt o nazio-m.

    Ma, cio che per noi ancora pi importante, un compagno continua a rimanere in carcere e su di lui continua a pesare tutta l'assurda montatura che pure miseramente caduta per gli altri. Si tratta del compagno Massimo Gaspari, di Forli, nella cui abita-zione furono rinvenuti, al mo-mento della perquisizione, una cinquantina di candelotti di esplosivo. Persino dalle riprese te-levisive era possibile notare che si trattava di materiale in pessimo stato (alcuni candelotti erano ad-dirittura a pezzi e lo si vedeva chiaramente), che Massimo ha sempre sostenuto di aver trovato abbandonato in riva a un fiume e pertanto rovinato dall'umidit.

    Nonostante questo, in base ad una perizia condotta dalla polizia senza la presenza dei periti della difesa ed effettuata su due soli candelotti (certo scelti con cura) e grazie all'accanimento del P.M. del tribunale di Forli, Mescolini, gi noto per il suo zelo repressivo nei confronti dei tossicomani e al quale certameilte saranno brillati gli occhi all'idea di potersi final-mente coprire di gloria con un presunto terrorista, in questo modo, dicevamo, Massimo stato condannato in primo grado a ben 4 anni e 10 mesi per il solo pos-sesso dell'esplosivo (il P.M. aveva chiesto addirittura 6 anni).

    Una pena che appare del tutto sproporzionata e. che ha tutto il sapore della condanna esemplare e della vendetta rabbiosa per l'es-sersi visti sgonfiare tra le mani

    anarchismo

    tutta la montatura ed essere stati costretti a liberare i compagni.

    Per di pi ora il giudice istrut-tore Castaldo continua a tirare per le lunghe, nei confronti di Massimo, l'istruttoria per il reato di costituzione di banda armata, malgrado che egli stesso abbia di-chiarato non esserci indizi in tai senso per tutti gli altri coimputati e nonostante non esista un solo fatto e un solo labile indizio che possa collegare Massimo a qual-siasi organizzazione clandestina.

    Il 1 ottobre si tenuta l'udienza d'appdlo per la detenzione di esplosivo e il difensore di fiducia, avv. Stortoni, riuscito ad ottene-re il rinvio, in attesa della chiusu-ra dell'istruttoria sulla banda ar-mata, nonostante l'opposizione del P.G. Massimo si trova ora nel carcere sr,eciale di Fossombrone, dove continua ad essere tenuto in isolamento, bench non venga fornita alcuna motivazione per questo trattamento; inoltre in questi mesi di prigionia si am-malatod'ulcera.

    Il movimento anarchico, che gi ha saputo rispondere positiva-mente all'attacco che gli era stato rivolto con questo malriuscito bli-tz, deve ora avere la forza di im-pedire che un compagno divenga l'ostaggio e il capro espiatorio nelle mani di un potere reso rab-bioso dai fallimento delle sue ma-novre.

    L'istruttoria per banda armata deve essere chiusa al pi presto con il proscieglimento di Massi-mo e il processo d'appello non deve terminare con una nuova sentenza esemplare volta a placa-re lo spirito vendicativo di quai-che poliziotto o di qualche magi-strato.

  • repressione

    N. Martella

    la pratica della verit ...

    e rivoluzionaria Sono la compagna libertaria Ni-coletta Martella, gi arrestata ed incriminata dal giudice dott. Vi-gna per presunta partecipazione a banda armata denominata Azione Rivoluzionaria e, dopo sei mesi di detenzione, scarcerata per decor-renza termini. Dopo attente e ri-petute riflessioni ed a vari con-fronti con diversi compagni ho deciso, a dispetto della mia natu-rale pigrizia, di scrivere questa lettera aperta per contribuire alla chiarezza riguardo a un tema as-sai importante ed attualmente di-battuto: la delazione. Spero per-cio che tutti gli > cui mi rivolgo abbiano la sen-sibilit sufficiente per pubblicarla; infatti credo che questo mio con-tributo possa richiamare suffi-ciente interesse, non tanto per il mio caso personale quanto per la tematica che vado ad affrontare rispetto alla quale nessun compa-gne, e sottolineo nessuno, puo as-sumere atteggiamenti di indiffe-renza, pena la squalificazione del-le tensioni soggettive sue e di quelle oggettive dell'intero movi-mento antagonista e di lotta pro-letario. V engo al dunque, con al-cune premesse che mi paiono in-dispensa bi li. 1. Per quanto mi concerne perso-nalmente, e gli atti giudiziari ne fanno fede, non mi sono mai pre-stata a strumentalizzazioni da parte del potere e dei cosiddetti inquirenti (spesso soprattutto in-quisitori) non solo proclamando la mia innocenza, per quanto ri-fiuti la aberrante logica innocen-za-colpevolezza, non vi nessuno che possa a giusto titolo giudica-re i rivoluzionari se non il prole-tariato tutto e le sue forze di libe-razione, ma rifiutando anche qualsiasi forma di collaborazioni-smo con la controparte che ri-

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    tengo fatta espressione dell'odioso dominic autoritario ed antiumano del capitale e del suo Stato. 2. Ritengo infame, miserabile e controproletario qualsivoglia pra-tica non dico di delazione (feno-mene che deve ripugnare alla co-scienza di ogni uomo refrattario alla schiavit ed al servilismo) ma pure di collaborazion~sp10 con il potere e le sue forze: sono la no-stra stessa vita e la nostra possibi-lit di liberazione reale ad essere in gioco, quindi ogni atto di colla-borazione con i gestori dell'op-pressione non semplice desi-stenza dai progetto rivoluzionario (fatto per me gi intollerabile) ma addirittura vera e propria intelli-genza con il nemico; essendo in corso una evidente guerra scate-nata dallo Stato (di cose presenti) contro i proletari antagonisti, contro i bisogni collettivi di liber-t e di comunismo, infine contro l 'umanit tutta. 3. Sono costretta pero a trattare pubblicamente questi terni, non solo per offrire il mio piccolo con-tributo all'importante dibattito in corso ma soprattutto per ragioni personali; in quanto ho avuto la sfortuna in passato di aver avuto una storia affettivo-sentimentale con il signor Enrico Paghera, attualmente mostratosi come indegno delatore e misera-bile calunniatore di moiti compa-gni che per la sua vile acredine sono oggi o inquisiti o addirittura ristretti nelle prigioni di regime (basti ricordare, uno per tutti, il compagne avvocato Gabriele Fuga tuttora incarcerato a causa delle volgari invenzioni incrimi-natorie del suddetto Paghera im-beccato ed imboccato, non esito a crederlo; dai giudici assai pi in-teressati alla criminalizzazione ad ogni costo dei settori antagonisti e libertari che non alla cosiddetta ricerca della verit ). In questi tempi di ignobile gara>> al pentimento ed alla delazione (ed alla vera e propria calunnia) lo squallido signor Paghera, in passato sedicente compagne anar-chiee ed ora dispiegato collabora-zionista di regime, effettivamente non riuscito ad essere staD> di prima grandezza neppure nel campo da lui prescelto, quello dell'infamia, superato di gran lun-ga da calunniatori e delatori di maggior statura (si scrive statu-

    anarchismo

    ra si legge bassezza>>) quali il fratricida professorino Fioroni o il mandante della strage di Ge-nova, il mercenario Peci, o la sfil-za dei vari Zedda, Sandalo ed al-tre ciabatte. Ma cio solo perch in realt il povero Paghera>> pare ch in realt non avesse proprio nulla da rivelare e, si sa, la fan-tasia per quanto sfrenata e sugge-rita possa essere ha pur sempre dei grossi limiti n sembra che il Paghera abbia le capacit inventi-vo-calunniatorie del poeta Fio-roni. Se, da libertaria quale sono, mi indigna particolarmente che que-ste sozzure, che peraltro gi sono costate, per quanto si mormora>>, la vita di un uomo degno di que-ste nome, cio Salvatore Cinieri cui va il mio commosso omaggio, anche se non ho mai avuto il pia-cere di conoscerlo di persona, possano provenire da una persona che si definisce anarchica e dun-que libertaria, cio tuttavia non sa-rebbe stato sufficiente per questa mia presa di posizione pubblica, anche perch la presenza di quai-che individuo marcio non puo di per s squalificare un'intera area di pensiero e di vita, se non si vo-gliono usare strumentalmente dis-sennate generalizzazioni di stam-po sbirresco o stalinista o mafioso (similia ad similia). Cio che mi preme e mi rode inve-ce l'aver io avuto una storia con questo figuro naturalamente quando egli ancora celava la sua vera natura ed anzi si definiva uomo e compagno, Storia>> che man mano andava deteriorandosi quando pian piano il Paghera nei colloqui che avevo con lui in car-cere, iniziava a mostrarmisi come personaggio inutile e stupide, al-mene sul piano personale intri-so com'era di maschilismo posses-sivista e di virilismo acefalo, sto-ria>> che morta definitavamente e senza possibilit di resipiscenze (tutt'altro) non appena mi sono resa conto, per ingenua e !enta che possa essere, che avevo di-fronte un individuo vile e ranco-roso al punto da andare addirittu-ra oltre il servile collaborazioni-smo e l'abietta delazione per giungere alla calunnia inventata pur di nuocere a quelle persone le quali il tronfio Paghera incredibil-mente refertava di essere in quai-che modo in credito (di che

  • repressione

    poi?) Il caso dell'avvocato Fuga emblematico: Fuga, difensore del Paghera per puro spirito di solida-riet e per deontologia professio-nale, era colpevole per quel tipo, di non aver voluto avallare i suoi deliri e le sue provocazioni, colpa>> che per il Paghera, sotta la spinta dei magistrati interessati soprattutto a colpire gli avvocati

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    non di regime, ha voluto punire --. .,..,...,_ con rivelazioni inventate di sana pianta come io in tutta cerit posso affermare poich,1 come sua colloquiante, mai e poi mai ho avuto non dico notizie ma neppure sentore di cio che poi il Paghera ha affermato come veri-t>>, dato che quello ometto aveva l'abitudine di cercare di coinvol-germi magari con pianti e pseudo vittimismi, spesso con penose millanterie, cercando di giocare sui residui di cristianesimo e di maternalismo dei quali io, don-na proletaria, non mi ero ancora liberata pur conducendo una stre-nua battaglia contra di essi, batta-glia che credo oggi di stare vin-cendo. Sia chiara, non accetto alcuna forma di processi, giudizi e tribu-nali, perch certa essenzialmente della mia assoluta buona fede e limpidezza; che mi pare nessuno abbia messo o passa mettere in di-scussione - non intendo assoluta-mente difendermi, giustificarmi o scagionarmi con chicchessia, n questo il senso della presente lettera. Se un'autocritica debbo muovermi solo per la mia ecces-siva buona fede cio per aver cre-duto che un proletario, per di pi sedicente anarchico, non potesse andare contra tutto cio che a pa-role sosteneva, per aver pensato per qualche tempo che il Paghera fosse soprattutto un poveraccio, magari sciocco e leggero, ma biso-gnoso di quella assistenza morale e materiale che io cercavo di dar-gli e che in realt non merita va af-fatto perch indegno di cio (ma questo, abm, il senno di poi) gi occhieggiante verso gli aiu-ti, ancorch in briciole, che gli amministratori della legge del po-tere e del potere della legge erano disposti a buttargli in pasto. Se la demenza e la piccineria d'anima sono state sicuramente le prime molle della infamia per il Paghe-ra, altrettanto sicuramente quelle successive sono state il risenti-

    mento rancoroso ed un malinteso orgoglio da maschietto. Mi spiego perch, al di l del fatto persona-le, pensa che sia questione che passa interessare a moiti (n un caso seconda me che molto dibat-tito, spesso mal posta, si sia crea-ta, attorno alla coraggiosa posi-zione di Maria Tirinanzi, che, campagna di un detenuto, riven-dicava apertamente il suo diritto al piacere, alla femminilit, alla sessualit vissuta non solo per colloqui, o per posta); infatti il Paghera non appena ha saputo che io pur non rinunciando ad aiutarlo per quanta possibile, ri-vendicavo apertamente la mia li-bert di donna, e dunque anche sessuale, ecco che non ha avuto pi n freni n remore ad esprimere cio che freddamente gi da tempo covava: il collaborazio-nismo spinto sino all'invenzione calunniosa. Nel suo becero pen-siera viriloide pensava forse di vendicarsi in qualche modo di me. Follia pura ma tanta pi vile quando andato, con le sue in-venzioni pilotate o con rivela-zioni del tutto marginali ma ad arte strumentalizzate, a colpire persane non solo innocenti ma del tutto estranee alle, sue fantasie paranoiche. ' Questo il punta su cui dobbia-mo tutti riflettere: il potere, vero, con le sue chimeriche lusin-ghe alletta e spinge all'infamia questi miserabili, ma cio reso possibile dall'insufficiente chia-rezza sui terni di fonda che pur-troppo regna in vaste zone di compagni.

    anarchismo

    Non solo si tollerato troppo a lunga che esistessero persane a sinistra>> in piazza ed a destra>> nel letto, ma soprattutto si per-messo che logiche aberranti quali il militarismo e il militanti-smo acefalo avessero spazio al-l'interna del corpo sociale antago-nista. 1 risultati si vedono. Basta-no gli sporchi allettamenti del po-tere affinch alcuni tra questi se-dicenti soldati voltino gabbana (cambino divisa) rinnegando il senso profondo della lotta prole-taria non nei golpe o nei putsch, non pseudo insurrezioni telegui-date da qualche comitato centra-le, non guerre mimate e dunque fallaci, ma un percorso vissuto, sofferto e gioito verso la liberazio-ne totale tanta individuale quanta collettiva. E' su questi terni che il dibattito va ripreso ed apprafon-dito, su questa linea di displuvio che le chiarezze vanna operate. Perch a mio parere, possono tradire solo colora che gi in se stessi non vivono profondamente il sogno del comunismo e della libert reale, che possono desiste-re o invitare alla desistenza solo colora che mai hanna compreso che la rivoluzione non n un momento X n un semplice affare militare bensi un processo di liberazione quotidiana e sociale che va creato e verificato giorno pergiorno. Questo perora tutto. Mi attendo peraltro la rabbiosa reazione del miserabile Paghera, n mi stupirei che prima o poi questa reazione, ripeto ben sfrut-tata dai giudici seconda la lora ot-tica a tutti i costi criminalizzante, si rivolgesse contra di me o i miei amici sul fila della provocazione e della fantasia di cui il Paghera ha gi dato sfoggio. E' certamente un rischio, coi tem-pi che corrano. Ma la necessit di chiarezza, di lucidit, di dibattito e di coerenza ben maggiore, fin-ch questi rischi siano giocoforza disposti a concili sperando soprat-tutto che queste esperienze da me dolorosamente vissute in prima persona possano servire a tutto il movimentq dei rivoluzionari per compiere grandi passi in avanti, dopo la stasi ed i moiti passi in-dietro. Contro qualsiasi galera, per la li-berazione totale, per l'anarchia.

    Nicoletta Martella

  • repressione

    Alcuni compagni carcerati

    ) che contiene affermazioni gravissime a proposito di due compagni stranieri (uno spagnolo e un cileno) assolti mesi fa dall'ac-cusa di partecipazione a banda ar-mata ed espulsi dall 'Italia do po avere scontato due anni di prigio-ne. l due vennero espulsi, mentre altri due loro coinputati furono sottoposti a misura di sicurez-za>>; si sa che uno di questi ultimi, Pasquale Vocaturo, dietro dela-zione di Enrico Paghera, stato di recente arrestato nuovamente. L'espulsione dei due compagni stranieri aveva a suo tempo fatto parlare qualche grillo, non solo giomalista. Ora la Giorgi rincara la dose e li accusa di essere colle-ghi del Paghera, opportunamen-te accompagnati all'estero dai ser-vizi segreti dopo un'incredibile assoluzione.

    Poich l'accusa (al processo) contro i due si fondava su uno scritto del Paghera in cui si parla-va di A.R. e poich Monica Gior-gi sa bene (per aveme fatto le spe-se) e scrive (giustamente) che Pa-ghera un infame, non si capisce a questo punto perch l'assoluzio-ne sia stata incredibile! Secon-do Monica Giorgi, i giudici avreb-bero dovuto credere al Paghera e condannare? Uno strano modo di argomentare per una compagna che deve difendersi proprio dalle accuse del solito Paghera che l'ha fatta incarcerare! A questo punto, in un futuro (che speriamo prossi-mo ), se Monica Giorgi venisse scagionata, anche la sua assolu-zione dovrebbe apparire incredi-bile? Allora, Monica Giorgi do-vrebbe dolersi anche dell'assolu-zione dei 14 genovesi chiamati in causa da due o tre infami in gon-nella e assolti dopo un incredibile

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    (questo si) battage pubblicitario. A parte la considerazione che M.G., che si presenta come arnica del detenuto, questa volta venu-ta meno alla sua amicizia nei con-fronti di Pasquale Vocaturo (che detenuto: incredibilmente as-solto e, infatti, nuovamente ar-restato), c' da chiedersi cosa ab-hia spinto M.G. a diffamare due compagni stranieri che non pos-sono ovviamente difendersi dalle sue accuse, diciamo diffamare perch ella non porta alcun ele-mento e siamo in moiti a conosce-re abbastanza la loro storia perso-nale per affermare il contrario.

    C' da pensare che M.G. abbia adeguato ai tempi la posizione difensiva: si presenta come vitti-ma d'una congiura (questa gliela si pu concedere, una tecnica diffusa nell'ambiente anarchico legalitario) e per rafforzare la pro-pria tesi difensiva rafforza anche la macchinazione; dunque, M.G. non vittima di uno solo, il noto delatore Paghera (e di questi tem-pi pare che uno basti), ma vitti-ma per lo meno di tre; una con-giura intemazionale perch due sarebbero stati addirittura intro-dotti in Italia dai servizi segreti, messi nelle partie galere per due anni e poi rispediti all'estero, e tutto questo per incastrare Moni-ga Giomi, l'amica del detenuto (non pare infatti che ci siano altre vittime dei terribili due). Diecia-mo posizione difensiva adeguata ai tempi perch si tratta d'un ag-giornamento della nota tesi della congiura alla luce delle nuove prospettive difensive inaugurate dai trio Fioroni-Peci-Sandalo; in altri termini chi si proclama in-nocente deve dare segni tangibili al potere della propria innocenza: c' chi fa massacrare i suoi com-pagni, c' chi prende le distanze, c' chi invita gli altri a prenderle e c' infine chi diffama altri compa-gni, accrescendo artificiosamente sconcerto e diffidenza nella co-munit antagonista, secondo le esigenze del potere.

    Il meccanismo perverso messo in atto dalla giustizia, con la gi-randola di infamie maggiori e mi-nori che produce, copre il mecca-nismo perverso messo in atto da polizia e carabinieri di cui ovvia-mente la stampa non parla. Gi son venuti alla luce alcuni tratta-menti cui sono stati sottoposti

    anarchismo

    compagni arrestati, ai limiti della tortura. V ogliamo qui segnalare il caso di un compagno di lesolo ar-restato il sabato e trattato dalla Digos sino a lunedi, giorno in cui stato visto letteralmente gon-fio nelle celle del carcere di Ve-nezia, dove il trattamento continuato per altri due giorni a opera delle guardie che ogni tanto entravano in cella, provocandolo e malmenandolo. Non solo, ma la garantista La Repubblica, in una corrispondenza del 28 maggio, si compiaceva del trattamento energico cui era stato sottopo-sto un'altra compagno di Iemolo, vista uscire dagli uffici della Digos con un livido bluastro sotto gli occhi che non aveva al suo ingres-so.

    E' bene che anche questo mec-canismo perverso venga portato alla luce, senza scadere nel solito vittimismo, perch anche di que-sto dovranno rispondere quanti, collaborando, espongono icompa-gni non solo alla galera, ma anche alla tortura e al pestaggio, unici mezzi che il potere conosce per quanti non intendono svendere la propria dignit.

    Queste cose M.G., arnica del detenuto, dovrebbe conoscerle. Un gruppo di compagni accusati degli stessi reati di M.G. e che, a differenza di lei, non verranno mai assolti Da varie carceri, 20 giugno 1980

  • , .

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    opinioni

    L'Orco

    i nuclei autonomi di base

    Uno strumento minimodi intervento per ricucire il tessuto delle lotte. Dai dominio formale della rappresentazione al dominio reale della ripetitivit.

    L'analisi degli strumenti di lot-ta non puo prescindere dalla con-temporanea considerazione delle condizioni dello scontro. Appre-stare uno strumento capace di at-taccare e sconfiggere il progetto padronale richiede qi.lindi uno sforzo analitico pi ampio di quello che tecnicamente i limiti dello strumento lascerebbero pressupporre.

    1 nuc/ei autonomi di base rap-presentano uno strumento mini-mo d'intervento nella realt delle lotte. Sono la forma organizzativa pi ridotta che consente di ricuci-re - a livello di movimento rivo-luzionario - il tessuto individuale che corre sempre i rischio di sdru-cirsi a contatto con le sollecitazio-ni quotidiane della soggettivit. Strumento vecchio o strumento nuovo di lotta? La risposta non facile. L'antichit dello sfrutta-mento richiede la ricomparsa ot-tusa di forme che spesso vengono negate in una certa fase dello scontro per poi risorgere ulterior-mente ed essere ancora una volta negate. Solo un occhio estraneo puo scambiare questi ritomi per rivemiciature di vecchi trofei del passato. In sostanza uno stru-mento dilotta assume un senso (e non solo un senso nuovo) quando tissa un rapporta signifi-cativo con lo stato dello scontro

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    in atto. In caso contrario esso non solo non sar uno strumento nuovo, ma non sar uno stru-mento per nulla, sar soltanto un riflusso condiZionato dai potere stesso.

    Oggi la fase spettacolare del do-minio capitalista tende a retroce-dere. L'elemento della rappresen-tativit, che consentiva di trasferi-re la vita dentro i limiti prefissati del tempo di scambio, trasfor-mando l'uomo e le sue cose in astrazioni simboliche, assume adesso la forma della ripetitivit. Il segno dell'equivalenza dei rap-porti di scambio, sotto cui si co-struiva la presunta armonia dei rapporti, si trasferisce nel segno della ripetizione che cambia non solo il rapporto dell'uomo e delle sue cose col processo di produzio-ne, ma anche il rapporto dell~uomo col tempo. ln un certo senso, con l'avvento del dominio della ripetitivit, il tempo viene messo in magazzino, impacchettato.

    Prendiamo due casi limite. L'organizzazione del supporto ideologico della produzione era diretta a far credere ad una ac-cettazione del mondo, facendo in modo che la violenza rientrasse in uno spettacolo di eliminazione della violenza nell'armonia della produzione. La fabbrica era un modello miniaturizzato di societ armonica in cui i conflitti sociali si risolvevano in una risoluzione pi o meno approssimata (ma sempre soddisfacente) del proble-ma tecnico dell'imprenditore. La produzione assumeva aspetti fi-deistici. Lo scambio mercantile veniva vissuto come la razionaliz-zazione quantitativa del sapere scientifico. Lo spettacolo della produzione divntava cosi spetta-colo di armonia. Non solo serviva a creare le condizioni dell'ordine stabilito, ma consentiva di crede-re alla sua esistenza e al suo va-lore universale. L'operaio tipo veicolava perfettamente queste condizioni di esistenza e, in cant-bio di una part ,del prodotto so-ciale, accettava di difendere il proprio stato di servit. Gli esclu-si, in base allo stesso processo di differenziazione che il capitale rende indispensabile, quantifica-vano una rabbia in termini di mancata accettazione, renden-do possibili violentissime .esplo-sioni distruttive e progressivi in-

    anarchismo

    globamenti nell'area di salarizza-zione.

    All'intemo dell'esemplificazio-ne che stiamo facendo (regno del-lo spettacolo) si disponeva una ul-teriore minoranza: i cercatori di fuoco, progenitori degli attuati negatori radicali di ogni condizio-ne di scambio. Il riferimento al drogato d'obbligo. Il cercatore di fuoco, oltre che ristrettissima mi-noranza iniziatica, costituiva la risposta pi coerente al dominio formate del capitale e al suo asset-to rappresentativo e spettacolare. Lo stesso consumo della droga esigeva una comice chiusa, come la fabbrica, luogo obbligatorio in cui la ricchezza veniva prodotta o distrutta (che la stessa cosa). Drogarsi all'aperto sarebbe stato impensabile, come impensabile era la costituzione delle isole di produzione o la giornata lavorati-va fissata a proprio gradimento. Il denaro era la massima forma del significante, inteso sia come for-ma astratta della ricchezza con-creta che come strumento dello scambio spettacolare.

    La fabbrica e la fumeria d'op-pio avevano in comune la necessi-t di mettere insieme lo spettacolo dell'esorcizzazione della violenza. Il sacrificio mitico veniva consu-mato (e per moiti aspetti viene ancor consumato in condizioni di capitalismo pi arretrato) per impedire la reale esplosione della violenza (per scopi produttivi solo in secondo luogo). lnfatti ben al-tre canalizzazioni il potere avreb-be dovuto costruire per frenare la grande forza rivoluzionaria dei produttori; come ben altre forme concrete di intervento piatta e ste-rile chi si drogava avrebbe dovuto

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    opinioni

    solidariet con le vittime della

    repress1one

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    L 'arresto dei militanti del collettivo carceri di Parma, avvenuto il 15 di agosto, non ci ha privati solo della presenza di tre compagni e frate/li insostituibili, ma anche de/l'enorme mole di lavoro che essi svolgevano per aiutare e sostenere, mo-ra/mente e materialmente, le vittime della repressione. Tutti i compagni anarchici e libertari che si trovano nelle galere dello stato ita