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anarquismo revista

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  • ANARCHISMO anno VII- no 34- 1981 Direttore responsabile: Alfredo M. Bonanno Redattore responsabile: Franco Lombardi Redazione e amministrazione: FRANCO LOMBARD!- C.P. 33-47100 FORL- Tel. (0543) 26273

    Una copia L. 1.000 - Abbonamento annuo ordinario L. 10.000 - Abbona-mento sostenitore L. 20.000- Estero ordinario L. 15.000- Estero per via ae-rea L. 20.000 - L'abbonamento pu decorrere da qualsiasi numero. Arretrati L. 1.500.

    Tutti i pagamenti vanno effettuati servendosi del conto corrente postale n. 0671477, intestato a Franco Lombardi, C.P. 33-47100 Forli.

    Reg. Trib. di Catania n' 434 del 14.1.1975- Aut. PP.TT. di Massa n' 08860/GG dell5.11.80-Sped. in abb. post. gruppo III/70%. Stampato presso La Cooperativa Tipolitografica a.r.l., via S. Piero 13/a, Carrara.

    SOMMARIO 3 La redazione

    5 Una campagna tedesca

    6 * * *

    8 A. Monaco

    12 Comunit di Fossombrone

    15 Comunit di Fossombrone

    18 Compagni da S. Vittore

    20 Anonimo detenuto

    22 P.L. Porcu

    29 Comunit di Fossombrone

    Rompere il cerchio

    Sulla situazione dei detenuti in R.F. T.

    Testimonianza di Karl-Heinz Dellwo

    sulla tortura in R.F. T.

    Dichiarazioni al tribunale di Milano

    Caratteri di comunit

    In merita ai processi

    Ai proletari e ai compagni di Mi lano

    L 'altro 7 aprile

    Sui compiti degli anarchici ne/ momento attuale

    Organizzare e agi re comunicazione sociale

    AVVISO AMMINISTRATIVO Con questo numero la rivista rallenta il proprio ritmo di uscita, in

    concomitanza col periodo estivo: il prossimo numero sar in circolazio-ne fra la fine di agosto e i primi di settembre, per poi riprendere la nor-male cadenza mensile.

    Questo rallentamento potrebbe anche aiutarci a superare la nostra at-tuale, pesantissima situazione economica, che pone grosse ipoteche sul futuro della rivista: abbiamo quattro milioni e passa di debito coi com-pagni della tipografia, una somma veramente inammissibile. E' dunque necessario che tutti i compagni distributori approfittino di questa pausa per regolare le loro pendenze arretrate che sono moite e a volte anche pesanti, cercando di dimostrare la loro corretteza verso noi che produ-ciamo il giornale avendo la presunzione di poter contare sull'aiuto, an-che economico, di tutti coloro che usano questo strumento.

    Se poi qualcuno pensa di avere da parte troppi soldi per le ferie (?!), un huon modo per investirli puo essere una generosa sottoscrizione per Anarchismo ...

  • anarchismo

    Redazione

    rompe re il cerchio

    Nel terminare il redazionale del precedente numero della rivi-sta, eravamo stati fin troppo facili profeti nel prevedere che il con-vegno nazionale contro la repres-sione dello stato (tenutosi a Mila-no il 30 e 31 maggio) avrebbe po-tuto portare a ben pochi risultati concreti, se non un'ulteriore veri-fica dell'impossibilit di unificare posizioni pratiche e teoriche troppo distanti, quando non ad-dirittura antitetiche le une dalle altre. Ma, lasciando aperto uno spiraglio all'ottimismo, avevamo anche auspicato che esso potesse quanto meno costituire un'occa-sione per approfondire la chiari-ficazione su quanto sta avvenen-do oggi dal punto di vista dello scontro di classe.

    Ora che abbiamo assistito allo svolgimento di quel convegno, dobbiamo riconoscere che questo obiettivo minimo>> stato in qualche modo raggiunto, sia pure in senso esclusivamente negativo. A nostro modo di vedere esso ha infatti sancito la definitiva estra-neit che separa ormai irrimedia-bilmente il movimento rivoluzio-nario reale, quello sulle cui spalle incombe quotidianamente il peso del processo di liberazione con-creta dal dominio di classe, e il drappello ormai (fortunatamente) sparuto di politicanti che vorreb-bero rappresentarne le avanguar-die. Come abbiamo sostenuto an-che dai microfoni di quel conve-gno (suscitando le reazioni scom-

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    postee assai poco dignitose di chi si sentiva evidentemente punto nel vivo), certi compagni e le po-sizioni da loro espresse non rap-presentano ormai pi altra cosa che la ripetizione rituale del vec-chio gioco della politica estremi-sta, un cadavere ormai tanto spolpato da non riuscire neanche pi ad essere uno zombie.

    Durante i due giorni di dibatti-to abbiamo sentito agitare da va-rie parti vessilli gi di per s poco gloriosi, ed oggi completamente consumati dal tempo, come la generazione del -Vietnam, la centralit operaia, il grande timo-niere Maozedong, la tigre di car-ta dell'imperialismo, senza che questo suscitasse neppure un moto di autoironia in una platea che pur doveva conoscere pro-fondamente i guasti provocati da certe infatuazioni; abbiamo assi-stito ad un combattimento mima-to (come certi incontri di karat in cui i colpi si fermano sempre ad un centimetro dall'avversario) tra i detrattori e i sostenitori del professor Toni Negri e delle sue pi recenti secrezioni ideologi-

    redazionale

    che, senza che nessuno si chie-desse con legittimo stupore che diavolo abbia pi a che fare que-sto signore con il movimento ri-voluzionario; ci siamo sentiti ri-proporre continuamente il dram-ma dei compagni incarcerati, senza udire una sola proposta concreta che potesse muoversi nel senso della loro liberazione, anche se si potrebbe a ragione obiettare che non era certo quello il luogo pi adatto per formular-ne. Unica nota positiva in mezzo a tanta tristezza, in tutti gli inter-venti di parte anarchica e liberta-ria che sono stati pronunciati ab-biamo colto chiaramente il senso della totale estraneit alla vuotez-za istituzionale dello spettacolo estremista che si andava rappre-sentando su quel palco.

    Diremo dunque riassumendo che il convegno di Milano non ci ha riservato particolari sorprese, n in senso negativo n (tantome-no!) in senso positivo, ma non ha fatto altro che confermare una volta di pi considerazioni delle quali eravamo gi convinti. In primo luogo quella che una buo-

  • redazionale

    na parte dei compagni che si pro-clamano militanti rivoluzionari stiano in realt negando sempre pi apertamente nella pratica questo loro preteso ruolo, princi-palmente a causa del grossolano errore di prospettiva che li porta a scambiare se stessi e il microco-smo specialistico nel quale si muovono con la realt del movi-mento rivoluzionario e del suo scontro incessante con il potere dominante: tragica illusione, que-sta, che se trova il suo massimo momento di spettacolarit nella sempre maggior autonomizzazio-ne con la quale cio che resta delle organizzazioni combattenti con-tinuano a condurre la loro perso-nale battaglia con lo stato, non manca pero di fare vittime nume-rose anche tra coloro che, dopo aver criticato il fantasma della guerra civile)), si dimenticano con sospetta facilit della necessi-t assoluta di preparare e svilup-pare momenti concreti di attacco allo stato.

    Ed proprio questa la seconda considerazione nella quale siamo usciti rafforzati dopo i due giomi

    MARIANNE ENCKELL

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    passati a Milano: per lo stesso movimento anarchico e libertario non puo bastare la coscienza del-la propria alterit)), perch se questa non si traduce in pratica di rivolta e di liberazione finisce nuovamente per esaurirsi e per-dersi peri sentieri dello spettaco-lo istituzionale della politica. Ci pare sufficientemente evidente il fatto che il movimento anarchico si trova oggi di fronte a questo bi-vio. La situazione in cui ci trovia-mo ad agire stata pi volte ana-lizzata, anche da parte nostra, e non ci sembra velleitario riassu-merla in poche righe: al di l del disfattismo e dei continui pianti di chi deve in qualche modo giu-stificare la sua sostanziale acetta-zione dello stato di cose esistente (e ben poco contano le etichette dalle quali questa accettazione mascherata ... ), si allarga ogni giorno di pi l'estraneit degli strati sociali subaltemi rispetto al potere, allo stato e alla sua legali-t; la stessa incapacit dimostrata dalla classe di govemo di funzio-nalizzare e rendere credibile il proprio dominio apre di giorno

    LA FEDERAZIONE DEL GIURA Introduzione di Pier Carlo Masini Edizioni La Baronata- pagg. 160- L. 6.000

    L 'autrice con il libro che qui presentiamo risponde a due esigenze, molto sentite anche da pubblico e dag/i studiosi italiani: quella di avere a disposizione un agevole compendio dell'esperienza giurassiana, col-legata alla vicenda di tutta l'Internazionale antiautoritaria e quella di approfondire la ricerca su/le idee e il programma dei giurassiani, il loro originale apporto al pensiero libertario.

    Altri titoli delle Edizioni La Baronata: M. Bakunin- Gli orsi di Berna e l'orso di Pietroburgo (prefazione di James Guillaume)- pagg. 80- L. 1.500 F. Ferrer - La scuola mode rna ( e scritti sindacalisti) e J. Wintsch- La scuola Ferrer di Losanna (1910-1919) con introduzione di Mario Lodi - pagg. 303 - L. 6.000 Questi libri possono essere richiesti presso: Edizioni La Baronata Casella postale 22-6906 LUGANO 6 (Svizzera) Conto chque postale 69-9379 Lugano

    anarchismo

    in giorno nuove crepe nelle quali le minoranze rivoluzionarie de-vono sapersi insinuare come un cuneo che provochi il crollo di quel muro che ci separa dalla possibilit della liberazione; il passaggio dal cosiddetto dominio formale a quello reale del capita-le, ben lungi dall'essere realizza-

    .. to, incontra sem pre nuovi ostaco-li che ne rendono problematica l'attuazione e questo nonostante la nostra quasi totale latitanza dal punto di vista dell'azione.

    Dall'altro lato innegabile che la repressione ci abbia inferto duri colpi, abbia potuto aprire larghi vuoti in quello schiera-mento sovversivo che la fronteg-gia, ma continuare in etemo a leccarsi le ferite e a piangere sul latte versato un comportamento ben poco produttivo, per chi si afferma rivoluzionario.

    Noi non sappiamo se l'insurre-zione sia dietro l'angola, e lascia-mo volentieri previsioni di questo tipo a chi ha come unico proble-ma quello di giustificare in quai-che modo la lampante contraddi-zione tra la propria ideologia e la propria prassi; neppure vogliamo lanciare proclami che potrebbero finire per suonare ridicoli.

    Semplicemente ci sentiamo di affermare che il tempo della ri-flessione e del ripensamento non puo durare in etemo, se non vuo-le trasformarsi in alibi per la pro-pria resa. La durezza dello scon-tro che abbiamo affrontato e le difficolt che tutti noi abbiamo attraversato ci hanno permesso di conoscere con chiarezza chi siano i falsi amici della rivoluzione e quanto la loro opera sia di osta-colo alla lberazione reale: conti-nuare a dibatterci a vuoto, ripete-re ottusamente gli errori del pas-sato, rinchiudere la nostra intelli-genza negli abiti soffocanti dell'i-deologia significherebbe soltanto metterci sulloro stesso piano.

    Siamo consci della necessit di trovare nuove strade e nuove for-me per esprimere la nostra ansia e la nostra volont di sovvertire lo stato di cose esistenti, ma non vogliamo in nessun caso lasciare che la paura di sbagliare ci im-mobilizzi, n delegare questi compiti a qualche nuovo specia-lista dello spettacolo politico: tempo che il dibattito e l'analisi tomino ad essere direttamente ~ collegati alla pratica rivoluziona-ria di attacco allo stato.

  • anarchismo

    Una compagna tedesca

    sulla situazione dei detenuti in r.f.t.

    Ne/ corso della manifestazione indetta a Roma ill maggio con-tra le carceri speciali e la repres-sione in Europa, una campagna tedesca ha reso questa testimo-nianza:

    ... Noi veniamo da un paese che politicamente l'alleato pi stretto degli U.S.A., cio il cane da guardia degli U.S.A. in Euro-pa; da un paese in cui da tre anni ogni resistenza sembrava paraliz-zata, che pero ora riprende vigo-re. V eniamo da un paese dove negli ultimi tre mesi, dai 2 feb-braio al 16 aprile, i detenuti ap-partenenti alla R.A.F. hanno fat-to uno sciopero della fame per 73 giomi. In Italia lo strumento di comunicazione e di lotta gi la rivolta nelle carceri, come avve-nuto all'Asinara, a Trani e Nuo-ro, mentre in Germania, dove moiti compagni detenuti si trova-no in isolamento, l'unico mezzo di lotta lo sciopero della fame. La richiesta era di trattamento se-conda la convenzione di Ginevra, cio la socializzazione interna e la libert provvisoria per due compagni malati: Irina Becker e

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    Gnther Sonenthal ed un con-trollo intemazionale delle condi-zioni di detenzione.

    Quest'ultimo sciopero della fame aveva una grossa solidariet e il detenuto Sigurd Debus mor-to durante lo sciopero. Con lui sono stati fatti degli esperimenti medici con una crudelt come ce lo ricordiamo dai periodo fasci-sta. Egli era legato con cinte di cuoio ad un letto di contenzione e nutrito artificialmente con solu-zioni fisiologiche, grassi e protei-ne per undici ore al giorno: cosi la sua morte non era dovuta alla debilitazione ma alla superali-mentazione ed alla immobilit forzata che insieme hanno provo-cato una iperpressione dei vasi cerebrali.

    Loro hanno ammazzato Sigurd ma non hanno spezzato la sua volont. Persino la sua morte stata strumentalizzata: tutti, i pa-renti, i compagni, gli altri detenu-ti, sapevano gi da una settimana prima dell'annuncio ufficiale che lui clinicamente era gi morto e che continuavano a tenerlo in vita con dei macchinari. Quando i detenuti hanno interrotto lo sciopero, la sua morte stata resa pubblica come una dimostrazio-ne di cedimento da parte degli scioperanti.

    V orrei portare adesso alcuni esempi delle azioni svolte duran-te lo sciopero. Per primo, i fami-liari si sono uniti ed hanno fatto delle azioni in comune per rom-pere il silenzio della stampa; han-no occupato la sede del settima-nale Der Spiegel, finch non sono stati cacciati dalla polizia. Questa azio.ne era diretta contro la guer-ra psicologica fatta dai mass-media, come per esempio nel caso di Klein, che stato sfrutta-to anche dalla stampa francese ed italiana. 1 familiari hanno poi provocato un'interruzione all'as-semblea dell'O.N.U. sui diritti ci-viii a Ginevra e soprattutto han-no tentato di denunciare sia in Germania che all'estero che lo Stato tedesco, oltre a contestare i diritti civili, elimina fisicamente i suoi avversari.

    Principalmente i familiari pi anziani, le madri, spesso si sento-no riportati nel periodo nazi-fascista. La Madre di Sigurd De-bus ha detto in una intervista alla televisione olandese, dieci giomi prima che morisse il figlio, che seconda lei il fascismo nella

    repressione

    R.F. T. era continuato ininterrot-tamente. Varie volte i familiari sono stati arrestati e adesso tutti hanno una causa pendente per apologia e fiancheggiamento di banda armata. Pi di 40 compa-gni stanno in galera perch han-no distribuito volantini (tra cui la sorella del compagno anarchico Willy Piroch, attualmente dete-nuto a Trani n.d.r.), scritto slo-gans sui muri o perch hanno pubblicato in qualche altra ma-niera le richieste degli scioperan-ti. Ma questa forma di repressio-ne vi sar ben nota qui in Italia. Nella R.F.T. durante lo scorso anno, sorta una nuova resisten-za contro lo Stato, contro la mili-tarizzazione della societ, contro gli Stati Uniti e la N.A.T.O. per la lotta di liberazione in El Salva-dor e in Turchia e per lo sciopero della fame dei detenuti dell' I.R.A ..

    ln questa situazione lo sciopero della fame dei detenuti stato re-pressa dai govemo tedesco come se fosse stata un 'azione arma ta. L'esplosivit politica dello scia-pero nato dalla fusione delle lotte degli occupanti delle case, degli antinucleari e di altri movi-menti di lotta creatisi attraverso lo stesso sciopero. C'erano moite azioni contro i mass-media e con-tra la presenza americana in Ger-mania Federale. La lotta dei detenuti e la reazione dello Stato, adesso ha reso pi chiara la via che dobbiamo intraprendere per liberarci dall 'imperialismo U.S.A.

    Noi non vogliamo essere il campo di battaglia nucleare che gli U.S.A. stanno preparando in Europa. Dopo l'accorda sui mis-sili Croise, moiti hanno capito che la R.F.T. disposta a sacrifi-care la propria popolazione agli interessi americani e obbliga la Francia, l'Italia ed altri stati eu-ropei ad allinearsi alle proprie decisioni. I detenu ti della R.F. T. han no bisogno della vostra soli-dariet, della vostra denuncia dei me todi usa ti dall 'apparato statale tedesco, per permettere ai dete-nuti di vivere e di lottare anche nelle carceri. Questo significa che le loro richieste vengano comple-tamente soddisfatte. Ma noi ab-biamo bisogno anche gli uni degli altri. Lottiamo insieme! Da solo nessuno di noi puo vincere! Orga-nizziamo una resistenza antimpe-rialista comune in Europa!

  • repressione

    karl-heinz dellwo sulla tortura in r.f.t.

    Pensavamo che questo mo-mento sarebbe giunta, infatti oggi finiva la quinta settimana di scia-pero della fame e questo era il momento in cui, sempre, ci av-veniva. Oltre .tutto ci era stato confermato da alcune afferma-zioni, o meglio da alcuni rumori che avevano sentito negli ultimi giorni, come il sentir trasportare la sedia peri supplizi che fa sem-pre un tipico rumore, molto parti-co/are, quando viene posta in po-sizione di lavoro. Dopa l'ara d'aria nella qua le ci osservavano Engelhart ed il medico dalle fine-stre dell'infermeria, giunse Schul-t, il medico del carcere; mi do-manda se c ' qualcosa di part ica-lare: Va avanti lo sciopero della fame?

  • anarchismo

    la cinghia attorno al bacino. Su-bito dopa la sedia viene fatta ca-dere sulle ruote posteriori e vengo trasportato lunga il corridoio del-l'infermeria del tratto in cui vivo e che dotata di due cellette per ammalati, di un laboratorio, di un ambulatorio e di una stanza per i raggi. Li ci aspettano Schulz e 3 o 4 sanitari. La sedia viene messa al centra dell'ambulatorio.

    Fatta eccezione per dei fremiti che mi scuotono tutto il corpo ho una sola possibilit di movimen-to, passa cio muovere solo la te-sta, perch gi le prime vertebre sono bloccate, ed possibile muovere di qualche millimetro il resto del corpo solo facendo ap-pello a tutte le Jarze residue.

    Il medico mi chiede di nuovo se vaglio mangiare. Gli grido in fac-cia No. Si fa quindi porgere un sottile tuba di plastica, vi inietta qualche casa e tenta dificcarmelo ne! nasa, al che cerco, come mi possibile, di girare la testa. A questo punta l'infermiere che mi sta alle spalle mi ficca la mano sinistra nei cappe/li e mi fa pene-trare le unghie nella pelle, mentre con la destra mi stringe stretta-mente la mascella con pi forza che gli possibile e con il corpo si poggia sulla nuca e tenta difarmi restare immobile. Siccome non pu bloccare completamente il tentennare della mia testa, usa tu tt a la sua forza, mentre il medi-co tenta di nuovo di centrare una delle mie narici e di infilarvi con un lieve giramento il tuba, quanta pi gli possibile. Dopa 15 se-candi la testa inizia a rintronare. Il senso di soffocamento aumen-ta. Il tuba inserito nef nasa rende difficile il non lasciarsi impadro-nire e vincere da un istintivo pa-nico. Ma, pensa, nonostante tutto il sadismo e tutta la violenza fa-scista volta contra l'uomo, il cui unico scapa quello del manteni-mento di queste condizioni di de-tenzione qui e altrove contra tutti i detenuti politici allo scapa di rompere la nostra resistenza, non dobbiamo mai lasciarci vincere in nessuna situazione e dimo-strare che siamo ancora uomini in grado di combattere.

    Quando il tuba penetrato nef nasa nonostante i sussulti ed i fremiti della mia testa, il medico lofa girare un po' su e gi lunga il colla, finch non riesce ad inse-rirlo ne! la trachea o ne! la faringe.

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    Ne! primo casa si hanna violenti attacchi di tosse. nef seconda si sente

  • documenti

    A. Monaco

    dichiarazioni al tribunale di milano

    ... ma le mace rie dei vos tri lager vi travolgeranno!

    Il fido collaboratore dell'on. Ugo Pecchioli, l'avvocato Gra-ziano Masselli, alter ego, nella finzione generale del processo, di Nino Ferrero, ha avuto ancora modo di scandalizzarsi che dei terroristi usassero del Codice delle leggi per tentare di sabotare la giustizia, enunciando un inte-ressante teorema: la praticazione indiscriminata a tutti delle ga-ranzie produce devastazione giuridica; la democrazia si presi-dia attraverso una tutela discri-minata dei soggetti; le norme val-gono solo per alcuni e non per al-tri; condizione della tutela garan-tistica la provata fede democra-tica dei soggetti che ne potrebbe-ro fruire. Sapevamo da un pezzo, avv. Masselli, la favola del dirit-to uguale, favola d'altri tempi. Grazie per averci ricordato che di favola, appunto, si trattava. Co-noscevamo, invero, anche la fon-te della dottrina da lei enunciata, il suo patron U go Pecchioli. Ma l'avv. Masselli sicuramente cono-sce assai bene i seguenti signori: Giovanni Mussa, Pietro Calorio, Silvio Ghisetti, Paolo Rodano, Luigi Graziano. No, non sono giuristi insigni, ma meritano ugualmente un posto nella storia della giurisprudenza. Ne abbia-mo citato solo alcuni, e sono nel-l'ordine il medico, i proprietari e i dirigenti della societ IPCA di Ciri. Per chi non lo sapesse: re-sponsabili del massacro di svaria-te dozzine di proletari occupati nella famigerata fabbrica del can-cro. Per questi signori l'avv. Mas-selli, che anche in quell'occasio-ne giurisprudenziale faceva 1 'alter ego delle vittime (vere e tante), si batt per tutte le garanzie a questi assassini, con il risultato di quai-

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    che ammenda, di qualche mese di galera interamente condonato, equa retribuzione per 160 morti ammazzati. L'avv. Masselli, che difendeva i morti ammazzati, riu-sci a monetizzare tutto, soprattut-to la propria coscienza di garanti-sta stile picista. E bravo l'avvoca-to Masselli!

    A dire il vero avremmo preferi-to parlare di pi dell'IPCA, in questo processo, e anche dell'avv. Masselli (e, perch no, del suo conto in banca, dopo che aveva cosi ben difeso le famiglie delle vittime). Solo che un'altra vitti-ma (cosi si pretende) da lui ora patrocinata si aggira per le quinte di questo teatro dei pupi (ci perdonino i pupari siciliani per questo irriverente accostamento): ed una vittima>> di quelle che non valgono pi delle poche once di piombo che si sono tirate ad-dosso. Che sproporzione, avv. Masselli, lei si batte come un leo-ne per il suo Ferrero. E nulla ci toglie dalla testa che il suo patro-cinio sappia solo di lenocinio, de-mocratico beninteso, di quella nuova scuola di democrazia for-caiola che ha il suo oracolo pi illustre in Pecchioli, quello del-l'enigma con lo stato o contro lo stato?. A pensarci bene, se Fer-rero fosse stato meno infame, ver-rebbe voglia di dire che sarebbe stato meglio ficcarle in testa al suo avvocato quelle pallottole, magari distribuendole ex aequo a entrambi, ma sempre in testa.

    Ma perch non parlare di car-cere? Gi! Alberto Mammoli, il primo dei maiali carcerari in ca-mice bianco a essere colpito da una mano proletaria. Un lercio assassino, nulla pi. Anche lui ha gi avuto un ruolo in un finzio-ne giuridica: indiziato di omi-cidio a Pisa, procedimento avocato (perch poi li avocano sempre questi casi!) dalla procura generale di Firenze, dai famigera-to dott. Calamari (dott. Cusuma-no, che, non era suo amico, fre-quentatore delle stesse logge mas-soniche con il non meno famoso Spagnuolo?). Mammoli? Natural-mente, assolto, dopo aver fatto morire un proletario neppure an-cora maggiorenne. Almeno que-sto porco viene qui con fare som-messo, senza pretendere risarci-menti di danni, rendendosi con-to che deve la sua sopravvivenza alla generale generosit che carat-

    anarchismo

    terizz il movimento del '77, quando ancora ci si limitava a sopprimere i tipi come lui solo in casi particolari. Ma di Serantini ammazzati ce ne sono stati tanti in questi anni, l'ultimo lo avete ammazzato giovedi scorso nel carcere di S. Vittore, negandogli le cure per l'asma di cui soffriva. Lo sappiamo che non ci saranno finzioni processuali per gli as-sassini, ma ci saranno sicuramen-te avvocati Masselli contro quei proletari che prima o poi sanzio-neranno le responsabilit anche specifiche, battendosene il culo delle leggi e obbedendo ai vincoli di solidariet proletaria e alla passione comunista, distruttrice dell'ordine di morte vigente.

    No, signori, non ci sono mezzi termini, n mediazioni giuridiche tra noi e voi. Siete una banda di assassini, ognuno incaricato d'un ruolo preciso. E i rivoluzionari con voi possono intrattenere un solo rapporto: negazione e distru-zione. Non illudetevi, se talvolta scendiamo al vostro livello, quel-lo dei codici, non dimenticate che le aquile possono permettersi di volare all'altezza delle galline, ma non queste a quella delle aquile; se lo facciamo, solo per divertirci, per vedervi r~citare con tanta seriosit e accanimento i vostri ruoli miserabili, i vostri ebeti cerimoniali (vi assicuriamo che non ci capita tutti i giomi, in carcere, di vedere facce come quella dell'avv. Masselli che, in-foiato, si arrossa come il culo d'u-na scimmia). Voi credete di stu-diare noi, qui dentro una gabbia, in realt siamo noi che vi osser-viamo divertiti nell'esecuzione delle vostre parti di giudici, avvo-cati, sbirri: questo ultimo scena-rio della societ del carcere (ma, in fondo, come passare in rasse-gna un bestiario ).

    La vosta societ contro la quale abbiamo lottato e lotteremo fino all'estremo. Non solo carceri, come luoghi fisici, da distruggere con illinguaggio poetico della di-namite, assieme ai loro carcerieri tutti, ma insieme di rapporti coatti quotidiani che inchiodano gli individui alla schiavit del la-voro, dei ruoli, delle rappresenta-zioni. Una societ che sfrutta e domina, che segrega e uccide quanti rifiutano di trascinarsi nel-la sopravvivenza, nella perdita di umanit su cui si impemiano i

  • anarchismo

    rapporti di capitale. Ma anzitutto prigioni e lager da abbattere, da cui andarsene ( e ce ne andremo, potete stame certi), dentro cui in-tanta sviluppare momenti di co-munit altra, rapporti della cui ricchezza e potenza vi accorgere-te solo quando sarete sommersi sotto le macerie dei vostri lager. Carceri in cui, tuttavia, continua-te ad assassinare i soggetti antago-nisti e irriducibili, i prigionieri comunisti, tutti colora che non sono disposti a barattare alcun-ch con il sistema di dominio, che rifiutano di svilire la propria identit umana e sociale in cam-bio di piet e misericordia. Tutti colora che non accettano un rap-porta individualizzato con lo sta-to e di soggezione alle sue istitu-zioni. Sui quali il rifiuto di questa sudditanza fa abbattare la rispo-sta ferocemente calcolata del po-tere, la sua opera di annienta-mento scientifico, in tutte le sue varianti attive e passive - perch non si uccide la gente solo spa-randogli. E voi tutti, indubbia-mente, siete specialisti della mor-te, il vostro regno regno di mor-te. Gianfranco FAINA come Franco SERANTINI. Il dott. Alberto Mammoli stato vendicato dai suoi colleghi. Non ci saranno processi per costoro. Non que-sta la sede adatta per parlare del nostro compagno Gianfranco, perch parlame in questa occa-sione e in questo luogo sarebbe come insozzame la memoria, che pi d'agni altra ci cara. Sempli-cemente: lo avete assassinato di-stribuendovi bene le parti: dai giornalisti che ne hanno creato il mito terroristico, ai medici che non lo hanno curato, ai giudici che non gli hanno permesso di curarsi. Ma questo nome vi suo-ner alle orecchie come un' osses-si one, perch la vendetta proleta-ria sar esemplare, anche se i proletari faranno, com' loro co-stume, tutto il possibile per con-fondere il suo nome con centina-ia di altri, pi oscuri, ma egual-mente di prigionieri assassinati nei vostri lager, perch i proletari non hanno gerarchie, sono tutti fratelli, perch i Mammoli e i Furci la morte l'amministravano a piene mani, degni galoppini di altri boia pi famigerati in divisa.

    A v ete sbagliato i vostri calcoli, signori: non bastano questi morti,

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    non bastano i GIS a Trani, non bastano i trattamenti speciali del-l' Asinara, non bastano i vi li mas-sacri con cui state continuando a fracassare le ossa dei proletari rinchiusi a Pianosa, con uno sfo-go di livore senza precedenti, n basteranno tutte le misure ecce-zionali che potrete praticare. Non riuscirete a piegare la volon-t di vita e di libert dei prigio-nieri, non riuscirete a spaventare il movimento sovversivo, non riuscirete a trasferire tutte le va-lenze dello scontro sociale all'in-terno del recinto carcerario per ten1'arvi un'esorcizzazione im-possibile, un affrontamento sim-bolico e in vitro della guerra. Il vostro gioco di simulazione de-stinato a fallire miseramente, per-ch tutti i proletarizzati di questo paese comprendono bene di vive-re dentro un enorme carcere da cui devono quanta prima liberar-si. E il fatto che oggi cresca la sensibilit proletaria attomo alla questione delle prigioni fisica-mente intese vuole proprio dire che matura la coscienza dell'in-sopportabilit d'una carcerizza-zione sociale diffusa.

    Io non ho grandi discorsi da fare. Anche se ne fossi capace non sarebbe questo il luogo adat-to. Le vostre chiacchiere non in-cantano nessuno, dai vostri cadi-ci e codicilli i proletari sanno come guardarsi, alla cultura mor-ta dei vostri cimiteri giuridici op-pongono l'intelligenza viva dei loro desideri, della loro volont di trasformare il mondo, della loro necessi t di spazzarvi via dalla faccia del pianeta. 1 proleta-ri non costruiranno carceri per voi, non saprebbero che farsene della custodia di cadaveri. 1 pro-letari non vi faranno processi. Si limiteranno a sterminarvi, appe-na possibile, senza fronzoli, a sterminare sia gli aguzzini, sia i recuperatori democratici intenti a compiti distinti d'un progetto co-mune, che ha come emblema il carcere.

    Noi non ne dubitiamo: Dalle macerie dei vostri lager sarete travolti, tutti!

    Viva le lotte dei proletari im-prigionati!

    Viva la rivoluzione sociale!

    Milano, 12 maggio 1981

    documenti

    ... Il vostro giudizio non sara che un peto!

    Giudici, non siamo mai stati disposti a

    concedervi eccessiva intelligenza, ed invero la brutalit e l'arrogan-za di cui la giustizia continua a fare sfoggio non possono coniu-garsi che con l'ottusit. Anche in questa occasione processuale avremmo voluto limitarci a diser-tare questo fortilizio, lasciandovi da soli alle vostre pandette e usando degli stessi toni di ilarit con cui, a suo tempo, commen-tammo quel piccolo capolavoro di trivialit, goffaggine e humour nero che la sentenza con cui il vostro collega giudice istruttore torinese aveva cercato di ricucire la trama sfilacciata di questo pro-cedimento giudiziario. Davvero quella sentenza istruttoria non merita pi di quelle poche righe, la cui lettura peraltro non richie-de, ai fini della comprensione e per fino del diletto, se non doti mediocri di discernimento. Tutto ora torna puntualmente a dimo-strare che siffatta possibilit si nega decisamente ai morti viventi che affollate questo scenario giu-ridico. Ancora una volta, a quanti sono trascinati a forza in questa gabbia che arridono le fa-colt dell'intelligenza e della vita. Ma di quelle poche righe di com-menta noi ribadiamo il contenu-ta e il significato di notifica della vostra incompetenza a giudicare alcunch, incompetenza a livello di comprensione logica, ma so-prattutto incompetenza in termi-ni sociali.

    Nell'udienza del 4 maggio, il nostro tentativo di fare saltare questo processo ricorrendo a un artificio procedurale non aveva alcunch di misterioso. Le nostre ragioni erano palesi e sufficiente-mente esp[citate. Il nostro uso strumentale e residuale delle ulti-me parvenze della vostra legalit aveva solo in minima parte lo scopo di intralciare quella messa in scena iperreale del processo in contemporanea a quelle che, a torto o a ragione, si additano quali forme di aggregazione pi rappresentative del movimento sovversivo in questi anni. Ma per noi non si trattava soltanto di im-pedire il pi possibile che la sto-ria d'un percorso sociale e politi-

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    co venisse schiacciata, appiattita, deformata e stravolta dentro una sola delle molteplici determina-zioni del movimento di opposi-zione radicale allo Stato e di libe-razione dal capitale. Sappiamo bene che questo obiettivo dili-gentemene perseguito, fino all'os-sessione, da qualsivoglia tribuna-le. Sotto questo profilo ci quasi indifferente il momento cronolo-gico del processo. Cio che voglia-mo in qualche modo impedirvi di sezionare, frammentare e di-sperdere il carattere unitario d'un percorso diluendolo in una mi-riade di banali vicende criminali, impedirvi di lobotomizzare il corpo vivo d'una teoria-prassi, staccando le idee dai fatti, i fatti tra loro, le idee e i fatti dai sog-getti, i soggetti gli uni dagli altri.

    Non abbiamo alcun timore del vostro processo, perch non certo dai vostri giudizi pi o meno iniqui che possiamo atten-derci una libert la cui riconqui-sta possibile solo con la violen-za ed inseparabile dagli esiti successivi della guerra sociale con cui si manifesta e nella quale si costituisce il movimento di li-berazione dal capitale. Sono ridi-coli e mistificatori i gemiti del

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    rappresentante del partito (sedi-cente) comunista in questo pro-cessa, il quale ha postulato la ne-cessit di deflettere dalle norme procedurali, di mettersi sotto al culo gli ultimi residui garantistici onde potere assegnare al pi pre-sto un altro trentennio di galera a quelli che chiamate imputati. Siamo del tutto indifferenti al computo delle pene, non foss'al-tro perch avete gi provveduto a rifilarcene quante bastano per trascorrere (se dovesse dipendere solo da questo) tutto il resto della nostra vita nelle vostre prigioni. Non ci vuole poi molto a capire che non eravamo venuti a lesina-re assoluzioni o pene pi miti. Pi semplicemente, ne abbiamo fin troppo di questo turismo giu-diziario (che, peraltro, per motivi opposti ai nostri, fa tanto indi-gnare i vostri carabinieri). Ci ri-sultano disgustosi i vostri rituali, se proprio dobbiamo assistervi ci vorremmo risparmiare di doverci tappare il naso per pi d'una vol-ta. A partire da un modesto nove-ro di fatti che ci attribuite avete dato origine a un'altalena di farse giudiziarie tra Livorno, Torino, Firenze e Milano, di cui, oltretut-to, vi siete finora rivelati malde-stri registi e in cui spesso confon-

    anarchismo

    dete l'ordine del copione che vi stato imposto, cavandovi dall'im-piccio rimescolando di volta in volta le carte, assolutamente in-curanti delle regole del vostro stesso gioco. Mancate decisamen-te di stile!

    Non chi non veda che recen-temente il sistema giudiziario ha esperito un aggiustamento teso a consentirgli di affrontare le insor-genze sovversive in modo pi adeguato alle esigenze del domi-nio totalitario. Indubbiamente, in questi giorni pensate di celebrare il trionfo dello Stato e della socie-t del capitale sulla guerriglia, pensate di sancire giuridicamente la sottomissione della comunit umana in progresso alla comuni-t materiale del capitale. A con-forto di questa vostra presunzio-ne sarebbero i 3.000 prigionieri comunisti che avete fatto, le deci-ne di esecuzioni sommarie che avete commesso, la pletora di pentiti che sono stati il vostro strumento di incursione e sac-cheggio nel corpo proletario. Si-curamente avete compreso che sarebbe effimera e illusoria la vit-toria dello Stato se si fermasse al dato militare, al bilancio di batta-glie campali. Da qui la spasmodi-ca necessit di produrre immagi-ni di sconfitta totale, di diffonder-le nel corpo sociale, di deformare i percorsi di liberazione dai capi-tale in tentativi vani e votati alla tragedia, insomma di storie acco-munate tutte da follia terroristica e da piatto e banale carattere cri-minale, storie che come si posso-no assommare nell 'immagine della sconfitta altrettanto facil-mente si possono smembrare e individualizzare perch passino pi agevolmente nei tritatutto giudiziari. La macchina della giu-stizia al passo delle altre agen-zie del dominio che via via si do-tano di sempre nuove tecniche di assoggettamento a tutti i livelli societari, le quali ambiscono alla prevenzione del dispiegarsi di forme pi incisive e mature di guerra sociale, mediante lo svi-luppo di modelli di controllo to-tale capaci di non farsi sfuggire alcun aspetto dell'esistenza degli individui, capaci di misurare e identificare i diversi gradi di leal-t alle istituzioni, per frazionare e isolare le lotte, per impedire che esse mettano in discussione glo-. balmente il dominio, per rinchiu-

  • anarchismo

    derle entre i confini della compa-tibilit con lo stato di cose a cui gli individui devono ridursi, in un'epoca in cui la lotta di classe tende a diventare opposizione permanente, essenziale e vitale per tutti colore che sono sfruttati, assoggettati, ingannati, depredati, contre lo sfruttamento, la domi-nazione, la manipolazione e l'in-ganno, l'inautenticit e la miseria della vita quotidiana; in un'epoca in cui la lotta dei proletari diven-ta guerra di tutti i giorni contre l'economia)) in tutte le sue de-terminazioni e si esprime in una vastissima variet di comporta-menti che vanne dalla disobbe-dienza, alla strafottenza, all'incu-ria, al sabotaggio, alla distruzione e all'attacco meditato, consape-vole e organizzato; in un'epoca in cui la lotta di classe cessa di esse-re rivendicazione economica e diventa rifiuto radicale e intransi-gente del monde delle merci, ri-fiuto di tutti i rapporti sociali dati e tensione al lore superamento; in un'epoca in cui il movimento dei proletarizzati scopre la pas-sione e il gusto della guerra quale solo mezzo, quale solo percorso al ritrovamento della comunit dell'essere umano.

    Ma la vostra prospettiva irri-mediabilmente falsata, il vostro grido di vittoria sottende dispera-zione, la vostra non che un'ope-ra di addomesticamento impossi-bile, le belve)) che siete riusciti a chiudere in gabbia non si rasse-gneranno mai all'ideai di dovervi permanere un altro solo istante-e tutte le gabbie, visibili e invisi-bili, in ogni minuscolo angelo del territorio sociale, in cui siete fi-nora riusciti a rinchiudere la li-bert e la volont di riscossa pro-letarie, stentano nella lore fun-zione di contenimento! Al pi, potete sancire momentanei trion-fi militari, momentanei successi politici. Nulla di pi! Perch -come abbiamo scritto altrove - il movimento di liberazione dai ca-pitale, in quanto movimento di decolonizzazione dal quotidiano capitalistico, processo sociale che non puo essere ristretto negli steccati d'un moviniento militare o politico, che non si identifica con una rivoluzione politica, e che di conseguenza procede con tempi che sono pi lenti di quelli d'una rivoluzione politica. E' un processo che non puo essere arre-

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    stato n in un punto, n in una fase storica determinata. 1 mo-mentanei successi dello Stato hanno finora solo ritardato l'e-splodere su larga scala del carat-tere sociale implicite della guerri-glia, sottolineando i limiti dei ca-ratteri prevalentemente politici in cui questa si era imbozzolata, evidenziando le separazioni pro-dottesi tra questa e i bisogni pro-fondi di trasformazione sociale, mettendo a nudo finalmente le miserie del suo tendere alla po-litica)). Ma questi limiti momen-tanei della guerra per il comuni-smo sono al tempo stesso limiti eterni e insuperabili di qualsivo-glia successo statuale!

    Tornando a questo processo, esse solo tentative di incursione e saccheggio in un percorso sov-versivo che appartiene al movi-mento proletario, tentative di smembramento, ostinazione giu-diziaria a offrire spettacolo di parti rese irriconoscibili, a agitare ombre e fantasmi e simulacri in vece di una realt. In un 'udienza dell'estate scorsa a Torino, il go-verne di questa repubblica, costi-tuitosi parte civile, aveva chiesto attraverso l'avvocatura dello Sta-to che, per superare le difficolt dovute ai concetti giuridici di giudice naturale e di connessione tra i procedimenti, si operasse un'ulteriore scomposizione: un processo per ogni singola imputa-zione, in ogni citt, in relazione a ciascun imputato! Anzich gli at-tuali 9 procedimenti in corso ce ne avreste potuto aprire qualcosa come un centinaio! Ancora uno sforzo, giudici, vi state avvicinan-do sempre pi a questo traguar-do! Ma, di stralcio in stralcio, fi-nirete - ne siamo convinti - con il darci una mano a stracciare de-finitivamente le vostre muffite e ingombranti scartoffie, per appic-care con esse il fuoco al vostro re-gne di morti viventi.

    A quanti guardano ancora rive-renti ai vostri riti e vi contribui-scono, una sola possibile esorta-zione: coglioni, decolonizzatevi!

    Di fronte alle possibilit di li-berazione inscritte nell'avventura umana del moderne proletariato, di quella parte di umanit che scoprendo se stessa e negando le sue alienazioni scopre e libera l'intera umanit, di fronte a tutte cio ... il vostro giudizio non sara che un pete!

    documenti

    NOTA AGGIUNTIVA (dell'ultimo momento) a beneficio dei gazzettieri di turno che, non trovando definizioni dei termini nelle enciclopedie cor-renti, si sperticano a coniare epiteti pi o meno imbecilli (attingendo, in genere, a quel precipitato di idiozia giuridica e politica che fu la sentenza del giudice Lanza - secondo cui Azio-ne rivoluzionaria un gruppo anar-co-comunista perch al suo interno almeno un anarchico c'era, mentre tutti gli ait ri erano marxisti! ): - la necessit di incasellare e clas-sificare (per meglio identificare) lascia evidentemente sgomenti e diso-rientati i vari produttori di ideol()gie consensuali; - A.R. non si euro di fare ascendere le sue origini al 1864, ma scaturi all'in-terno del movimento anarco-comunista, ossia quel movimento del-la critica teorica e pratica che si era preannunciato su scala planetaria ver-so la meta degli anni '60 ed aveva avu-to un suo punto di esplosione nel 1968 e che ora costituisce la sintesi reale, cio il superamento, dell~ tradi-zione marxista e di quella anarchi-ca, nell'epoca della transizione al co-munismo; - A.R. si sempre pretesa nemica di ogni ideologia)>, tanto di quella mar-xista, quanto di quella anarchica, eon-siderate entrambe regressive e funzio-nali alla societ del capitale, appunto perch ideologie; - dunque, nella misura in cui questa pretesa pot trovare riscontro nella pratica, Azione Rivoluzionaria si con-figuro come aggregazione anarchica e libertaria (con buona pace di tutte le sinagoghe che pretendono il monopo-lio di questi termini).

    (A.M.)

    PANTAGRUEL rivista anarchica di analisi sociale, economica, filosofica e metodologica

    N.2 La scienza e la rivoluzione sociale Il banditismo sociale (parte seconda) Chiarimenti sul concetto di totalit L 'ape e il comunista Critica ad un trattato di entomologia teologica

    una copia L. 4.000-abb. annuo L. 12.000 redazione e amministrazione: A.M. Bonanno- C.P. 61 - 95100 Cata-nia

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    Comunit di Fossombrone

    ca ratte ri di comunit

    Nei periodi di crisi societaria, le istituzioni chiuse accentuano il loro carattere orrifico. Il carcere, in quan-to tale, si esalta come fabbrica di ab-brutimenti. Sul prigioniero pesa la caduta di socializzazione, la crisi nel flusso di produzione - ricezione -scambio di informazioni e saperi, la crisi di attenzione sociale attorno a s, se non quando, e in quanto, ridot-to a soggetto clinico. Contro Vol-taire (il cui spirito illuministico rivive oggi in Ugo Sisti: espiazione si, abo-minio no; voglio ridare ai carcerati una dignit umana) possiamo dire che dai trattamento dei suoi prigio-nieri che si misura il grado di avanza-mento e la potenza di un movimento di trasformazione sociale. Nel carcere speciale questa caduta di socializza-zione si aggiunge alla dimensione to-talitaria della giornata detentiva come dominio e controllo capillare, rigida regolamentazione di regole, spazi e orari. Il risultato, nelle inten-zioni del potere, la riduzione del prigioniero ad una pura esistenza fi-siologica. La cosa-prigioniero, anche quando riesce a sfondare il muro di questo luogo perduto, vi riesce in quanto corpo. La cartella clinica come surrogato dell'identit perduta. Nelle stesse pi eclatante manifesta-zioni che tanto colpiscono l'immagi-nazione dei media il prigioniero vive l'ansia di protagonismo come volont di riscatto, di affrancamento dalle sue catene pi pesanti, quelle dell'estra-neazione totale dagli eventi, dalle di-namiche sociali. Il carcere riflette, su-bendone gli effetti pi pesanti, la di-

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    sgregazione delle forme di coopera-zione cui precedentemente i prigio-nieri facevano riferimento. E' del tut-to indifferente che queste fossero i vecchi ambiti di movimento o le batterie. E' l'ambiente, come collettivo organizzato, come tessuto solidale, che entrato in crisi sotto i colpi della ristrutturazione sociale condotta dalla Stato. L'attacco e la scomposizione dei soggetti del vec-chio cielo produttivo; la trasforma-zione dell'autovalorizzazione in gior-nata lavorativa sociale con l'assun-zione dei suoi effetti di normativizza-zione e l'assicurazione del reddito ri-dotte in contenimento e controllo; la giuridificazione dei rapporti sociali e

    la legiferazione minuta; l'accelerazio-ne-penetrazione informatica del con-trollo dentro l'intero corpo sociale; l'attivizzazione di interi blocchi so-ciali con funzione d'ordine; il penti-mento e il collaborazionismo disso-ciazionista con i loro effetti devastan-ti anche come disvelamento di modu-li di comportamento dell'antagoni-smo: tutto ci assieme all'innalza-mento della potenza militare dello Stato hanno ridotto, drammatizzan-dole, le possibilit e le condizioni di circolazione sovversiva nella metro-poli dei soggetti liberi e, comun-que, pesantemente attaccato i percor-si collettivi dell'esistenza antagonista. L'effetto generale stato quello di una forte spinta verso la riprivatizza-zione del rapporto individuo-stato.

    Di fronte all'impatto evidente che questo ha significato come caduta di socializzazione, come venir meno dei tradizionali punti di riferimento non solo in termini di identit ma come concreto tessuto sociale, base di coo-perazione per il presente e speranza per il futuro, le difficolt hanno spin-to, all'interno del carcere, nei soggetti comunque irriducibili, ad un raffor-zamento dei rispettivi vincoli di ap-partenenza. Il soggetto della comuni-t, invece, rifiuta di fissarsi sulle for-me precedenti di identit, supera i re-sidui di esistenza primordiale, di ap-partenenza definita della comunanza delle condizioni coatte. Esso ambisce a realizzare un salto sia rispetto alla trasformazione delle sue relazioni in-terne sia delle sue pratiche di bellige-ranza-liberazione, sia verso l'esterno, riproponendosi come soggetto ade-guato alla necessit di trasformazione e riformazione del processo rivolu-zionario. Ogni periodo di crisi pe-riodo di transizione. Alla caduta del fare dei vecchi soggetti erosi e dei loro esiti organizzati si accompagna il confuso emergere di nuovi soggetti e nuovi discorsi. La sfida della crisi va accettata: possibile riscoprire il pia-cere di affondare la critica a cio-che--stato, si pu ritrovare il gusto perla scoperta del divenire. Cio-che-non--ancora ma pure tende irresistibilmen-

    anarchismo

    te alla sua costituzione vive gi nel-l'esperimento di nuove forme di esi-stenza belligerante. Il divenire-Co-munit gi pi d'un'idea, ne possia-mo cogliere l'effettualit nella nuova qualit dei movimenti di lotta. A Berlino, Zurigo, Napoli. Movimenti che indicano nell'organizzazione in-dipendente del tempo di non-lavoro come spazio dell'emancipazione; nel-lo spazio della giornata genericamen-te umana in cui il fine produttivo secondario e sottomesso ai valori concreti dell'attivit infrasoggettiva; nella tensione alla trasformazione della vita come modificazione, in pri-mis, delle relazioni umane; nella comprensione della crisi come cata-strofe e della catastrofe imminente come forma del comando e distruzio-ne di ogni cooperazione indipendente dalla statualit; nella critica al capi-tale e al suo orizzonte scientifico pro-duttivo come dato non appropriabile ma da distruggere; le coordinate su cui costruire progetto e prassi di libe-razione.

    Il dibattito che in alcuni punti del carcerario lavora alla comunit ha gi prodotto primi effetti trasformati-vi. Esiste ora la necessit di appro-fondire i suoi caratteri fondativi, di approssimare il suo metodo, di defi-nire ipotesi circa le possibili dinami-che dei soggetti referenti. A continua-re il dibattito su questi punti finaliz-zato questo scritto.

    Sebbene gli sviluppi storici abbia-no data ragione a Lutera contra Munzer, l'umanit non stata tradi-ta dalle imprese premature dei rivo-luzionari ma dalla saggezza confor-me ai tempi dei realisti.>> Noi voglia-mo essere sempre soltanto con noi.

    Tra il pensiero ela prassi della Co-munit e l'oggetto, le condizioni ma-teriali dell'esistenza, non esiste nesso di corrispondenza: la separatezza ne la categoria costitutiva. Non perch la Comunit sia chiusa e indifferente alle condizioni date, ma perch i suoi procedimenti si fondano sulla mate-rialit dell'esistenza solo nei termini del suo rovesciamento. La dialettica paga il proprio debito con Hegel: la forma del concetto deve corrisponde-re all'esistenza fisica e sociale, perch realt e concetto si identificano.

    Il soggetto/oggetto identico della storia, il proletario moderno, pervie-ne si alla coscienza di s, ma in quan-to disvelamento della propria esisten-za come merce, e il proprio esistere come polo negativo dell'opposizione non risolve, non spezza la totalit. Il capitale ha realizzato da s il mito operaio della universalizzazione delle forze produttive, in un processo in cui l'antagonismo costantemente ri-dotto a motore dello sviluppo.

    Come un Sisifo moderno. la classe

  • anarchismo

    operaia vede i propri sforzi trasfor-mativi continuamente risolti in ri-strutturazione. La totalit del modo di produzione si afferma come pi forte delle sue singole parti costituti-ve, rimodellando costantemente la dipendenza, trattenendo l'antagoni-smo come costitutivo di s.

    E' tempo che il sogno rinnovato dell'emancipazione sia affidato a un soggetto che organizzi la propria se-paratezza, agendo fuori e contro le leggi oggettive, che soprattutto identi-fichi nella trasformazione dell'esi-stenza concreta nella sfera del tempo liberato cio che puo costituire illavo-ro come nozione chiave della prassi rivoluzionaria. Solo su questo terreno che non mediabile da alcuna reci-procit, che ammette solo rapporti di belligeranza, l'intero universo della nemicit puo essere affrontato aura-verso il nesso appropriazione-distruzione.

    Al dato materiale, al suo divenire, non riconosciuta alcuna finalit causalistica. La Storia non si svolge come sviluppo ineluttabile. Secondo la dialettica nulla si realizza fuori della maturit degli eventi)), il nuo-vo rivelato e contenuto in cio che gi esiste. Di pi: il nuovo, come sal-to, non si pone nemmeno prima che il cio-che-esiste, come vecchio, ne ab-bia fornito i dati per la soluzione. E quando la storia finalmente giunge a compimento, sono le sue)) categorie, risultato della successione dei modi di produzione, che si realizzano. Ma le categorie cosi realizzate apparten-gono alla cattiva realt)). Perch la Storia venga fatta consapevolmente necessario sollevare il velo che oscura agli occhi degli uomini 1 'immagine capovolta del mondo. Ma dalla teoria della reificazione non possibile far discendere, 1 ukacsianamente, 1' esal-tazione della funzione demiurgica della coscienza esterna)), del partito. E' necessario invece fondare una teo-ria della soggettivit fondata sulla tensione del soggetto a portarsi fuo-ri)) dall'immediatezza delle forme im-poste di esistenza, come processo quotidiano di separazione delle rela-zioni societarie.

    Il carattere utopistico della direzio-ne di ricerca non ci spaventa, ch proprio la secolarizzazione del senso chiliastico del comunismo operata dai socialismo che ha sostituito il me-todo dell'anticipazione, tipico dell'u-topia, con quello della prognosh), ti-pico del piano, al centro della no-stra critica.

    Nella societ tecnologica le catego-rie che si realizzano, le stesse catego-rie sociali -l'operaio, il prigioniero-sono solo modi di esistenza di cui si smarrito qualsiasi senso concreto. Sono categorie astratte, categorie im-poste con la forza della vigenza di rapporti di dominio. Modi di esisten-

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    za socialmente demotivati. Il riferi-mento stesso a queste forme di esi-stenza come possibile base materiale per l'identit soggettiva perduta po-stula il presupposto di un medium, un terreno comune possibile di me-diazione, fra soggetto della trasforma-zione e potere.

    1 sistemi normativi e le variegate procedure di intervento del potere non mettono mai in discussione for-me di soggettivit costituite su cate-gorie sociali mediate dall'appartenen-za reciproca a un modello di totalit come forzalavoro-capitale nel proces-so produttivo. Piuttosto l'attenzione rivolta alla sollecitazione di sogget-tivit il cui solo limite sta nel caratte-re compatibile col modello di totalit stesso, carattere compatibile misura-to appunto dai grado di riconosci-mento dei campi di mediazione: il ri-vendicazionismo, la lotta che presup-pone trattativa, la stessa autovaloriz-zazione trattenuta negli interstizi ga-rantiti, sono forme di soggettivit non costitutive, ancora interne a un'esi-stenza che, anche se contraddittoria, antagonista, non riesce a sottrarsi alla maledizione di funzionare come fat-tore di sviluppo. Fuori dalla pratica di separatezza belligerante, l'autono-mia operaia si risolve in ristruttura-zione. La cosa-operaio si conferma forza-lavoro del capitale.

    Che la possibilit di emancipazio-ne fosse immanente le categorie del lavoro - un lavoro trasformato da fatica)), da dannazione biblica, in professione - lo si riteneva possibile fintanto che l'attivit lavorativa fosse posta a fondamento della prassi, il cui fine era la mitica riappropriazio-ne delle forze produttive del lavoro sociale. Ma quando la ricchezza so-ciale dipende sempre meno dal lavo-ro erogato che dalla potenza degli strumenti messi in moto durante il tempo di lavoro, il sapere si confer-ma come sapere-potere, ma a fronte di un sapere operaio degradato ad epifenomeno, mero accessorio della macchina, il sapere-potere non appa-re riappropriabile.

    La conquista scientifica della na-tura)) appare per quello che : con-quista scientifica dell'uomo attraver-so la scienza e il comando sulla natu-ra. La crisi del sapere operaio come progetto che sorge dai grembo stesso dell'affrontamento del capitale sul terreno comune della trasformazione delle forze del lavoro conferma l'im-possibilit costitutiva del soggetto a partire dalle forme eteronome della sua esistenza. E' solo quando il sog-getto si riconosce come altro possibi-le, quando si vive in altro luogo che la fabbrica, in altra funzione che quella produttiva, quando l'oggetto della trasformazione smette di essere una modifica quantitativa della com-binazione uomo-macchina, che puo

    documenti

    costituirsi come soggetto della libera-zione. All'opposto della lotta opera-ia, lo stesso antagonismo trattenuto in quanto lotta delle/fra le forze del lavoro riperpetua una totalit nella quale la mediazione vince perch Jo sviluppo del mondo del lavoro)) si afferma come interesse comune.

    La mediazione come possibile esito dell'antagonismo presupposta, nella totalit al riconoscimento reciproco delle parti, all'accettazione di regole, normative, categorie comuni. Ce lo ha svelato ulteriormente il rapporto con il Diritto; nel tribunale come luo-go possibile di mediazione, giudice e imputato, pubblica accusa e difesa, fanno riferimento a categorie comuni e, cosi, partecipata, la sentenza appa-re legittima. Anche qui l'opposizione dentro il rapporto non vince, anzi si trasforma in sollecitazione verso la nemicit, in fornitura di elementi di intelligenza e conoscenza oltre che di legittimazione. Anche qui la media-zione riconoscimento dell'ist~tuzione totale, reciprocit attiva, ripropo-sizione del rapporto. Nella mediazio-ne il rapporto diviene comunanza: Toni Negri e il giudice Sica non han-no in comune solo i nemici, i terrori-sti, ma anche l'idea del carcere spe-ciale come luogo deputato a conte-nerli. Il divenire del soggetto sem-pre altrove. Esso si costituisce in un luogo diverso da quello della sua esi-stenza come cio-che- e contro tutto cio che vorrebbe trattenerlo ancora in s. Separatezza e belligeranza sono il metodo della Comunit. Essa rompe ogni naturalit dei rapporti causali non perch non riconosce alcun fon-damento materiale del proprio agire, ma perch intende la prassi proprio come liberazione di questa naturalit. La Comunit critica il pensiero rifles-sivo perch formalistico, perch tissa gli oggetti nella loro esistenza singola e feticizzata. Non solo tutte le leggi sociali, ma tutte le determinazioni di identit costituite nei/sui rapporti so-cietari sono fonda te sull 'assenza di coscienza-di-s da parte di coloro che vi partecipano. Nei rapporti societari si perde traccia della vita reale degli uomini: la razionalit scientifica ha sostituito, impadronendosene e trasfi-gurandola, ogni forma di comunica-zione infrasoggettiva; la normativa tecnica e giuridica ha sostituito ogni valore partecipato collettivamente; il linguaggio performativo sostituisce quello comunicativo. Non puo esiste-re allora conoscenza dell'oggetto, co-noscenza delle leggi della realt che non siano immediatamente identifi-cabili con la trasformazione di questi oggetti, di queste leggi, da parte del soggetto nella sua separatezza bellige-rante. Ma come il sapere concreto della Comunit non un progressivo raggiungimento della verit da parte del soggetto conoscente, allo stesso

  • documenti

    modo il criterio di verit sfugge a qualsiasi restituzione speculare del soggetto al processo materiale: il di-venire-libero la verit del prigionie-ro.

    Peraltro, la liberazione un pro-cesso ricco di contenuti che prevede, presuppone, ma non si esaurisce nel-l'evasione. Perch la Comunit la-vora ad una soluzione collettiva e perch inserisce questa dentro il pro-cesso di trasformazione sociale; d'al-tra parte l'evasione, la libert, non un ritorno ad uno stato naturale. Non esiste libert che non sia autodeter-minazione, consapevolezza del sog-getto come agente di trasformazione. Essa non fa riferimento ad alcuna concezione bisognistica perch tra-scende ogni limite tradizionale delle esigenze materiali. Il vincolo di ap-partenenza al progetto della Comuni-t rende consapevoli della riprodu-zione dell'esperienza e dell'allocazio-ne progettuale cui fa riferimento: l'e-stinzione del carcere. Il divenire-liberi vive nell'estinzione e nel rove-sciamento del carcere come fabbrica di cosa-prigioniero come sua tappa. La riconduzione ad esistenza pura-mente fisiologica del soggetto antago-nista deprivato di qualsiasi canale di

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    comunicazione sociale era il progetto originario delle carceri speciali. Con il procedere delle complesse pratiche di differenziazione, di identit politi-ca. Sull'identit fisiologica puo essere modellata ora l'identit politica. Il prigioniero nell'isolamento forzoso, nella totale separazione dai processi sociali di trasformazione ripropone se stesso come soggetto statico perch incapace di interazione. N vale il ri-corso allo scontro militare; la qualit da recuperare la socializzazione, la distanza che Jo separa dalle dinami-che sociali di lotta lo riducono affron-tabile in termini di problema di ordi-ne pubblico e le innegabili contraddi-zioni che comunque produce nel-l'amministrazione non producono ef-fetti nello schieramento proletario. Con cio non per nulla in discussio-ne la pratica belligerante della Comu-nit. La belligeranza, l'affrontamento quotidiano della nemicit un carat-tere ontologico della Comunit; essa puo vivere, esprimersi in quanto tale solo occupando spazi, negandosi come oggetto del trattamento. Ma il dato quantitativo non risiede nel VO-lume di fuoco, ma nel valore d'uso della belligeranza come trasformazio-ne delle relazioni interne ai soggetti

    anarchismo

    nella destabilizzazione dell'ordina-mento coatto e insieme capacit di porsi come soggetto adeguato ai pro-cessi sociali di trasformazione. La ri-conduzione a prigioniero del sogget-to, la riconduzione a un fare che fa misurare se stesso solo a partire dalla propria allocazione parziale e lonta-na dalle molteplicit delle dinamiche controsocietarie il senso pi profon-do del carcere speciale come negazio-ne di socialit, come negazione di co-municazione. Contro la riduzione al-l'esistenza fisiologica, privata, del prigioniero, l'unico obiettivo vincen-te quello della socializzazione del carcere, quello della costruzione di processi informali di comunicazione diretta fra soggetti antagonisti. E' questo svuotamento di fatto del signi-ficato principale del carcere come luogo di riconduzione ad esistenza materiale, del prigioniero a individuo capace di valorizzarsi solo dentro il rapporto positivo col diritto ela mac-china nemica, che configura la socia-lizzazione del carcere come tappa della sua estinzione. Proiettare fuori questo discorso, stimolare centri di comunicazione l'obiettivo a cui la-vorare.

    Fossombrone, aprile 1981

  • anarchismo

    Comunit di Fossombrone

    in merito ai processi

    Possiamo pensar ai grandi pro-cessi a venire come luoghi spa-zio-temporali totalmente inseriti nella maderna complessit cir-cuitale sociale, cdme luoghi da cui un sistema di produzione e circolazione del controllo intende trarre fomiture di un plasma pre-giato anche se parziale, costituito da intelligenza e sapere repressi-ve da movimentare, componen-dolo con altre fomiture, dentro l'amministrazione concreta e dif-fusa del dominio.

    Quel che gi stato anticipato nelle dinamiche di inchieste (spe-rimentazioni di percorsi giuridici e non) attende dai processi pi adeguata possibilit di codifica-zione sociale, maggior visibilit di un relativo bilancio di tecniche e cultura di assoggettamento da socializzare in ogni angolo del vi-vere societario a frutto dell'inge-gneria del suo govemo nella crisi, per la trattazione delle emergenze di alterit con un fascio di ipotesi guida ad alta sperimentazione. L'introduzione di questa prima valutazione, ovviamente non comprensiva dalla gamma di obiettivi che intender realizzare una complessa strategia proces-suale, serve a sgomberare il terre-no da una concezione dei proces-si come luoghi di confronto-scontro tra metalinguaggi, ideolo-gia di un ordine complessivo con-sensualmente edificato da una parte e sistema di valori rivolu-zionari perla sua distruzione dal-l'altra, liturgia democratica come fondazione assiologica dello stato ed esposizione di una totalit co-munista.

    Per parte dello Stato la conti-nuit di elementi di legittimazio-ne nelle comice delle forme del diritto sar, oltre le apparenze, quota accessoria di ben altra so-

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    stanza di questioni e cio la ride-finizione delle procedure di trat-tamento dalla soggettivit orga-nizzata e la produzione in merito di una verit-efficacia adeguata al suo scompaginamento e disinne-sco.

    Dunque materia ben viva, che mal sopporta le carcasse ideologi-che, atta come la sua trattazio-ne, anche su un piano di guerra politico-giudiziario, ad una utili-t strategica di ridefinizione delle forme pi appropriate di govemo dei rapporti sociali originali che il ritmo delle trasformazioni av-venute dentro la crisi ha esposto.

    Si tratta in definitiva di proces-si che la magistratura vuole inte-ramente interconnessi con tutti gli snodi del vivere societario per la formalizzazione di nuovi para-digmi, per la verifica delle proce-dure normative presenti e per la sollecitazione alla produzione di altre pi adeguate alla complessi-t dei fenomeni che accompagna-no non solo le contraddizioni so-ciali presenti ma soprattutto i fuochi soggettivi del sociale.

    Non solo questo evidentemente perch c' anche lo studio del po-sizionamento dei soggetti sociali di istituti di rappresentanza della democrazia partecipata, dei me-dia, dei partiti ecc., attomo all'af-frontamento del nemico interna, dell'efficacia della difesa sociale, della cooperazione alla costitu-zione di moduli interconnessi di controllo dentro il magma socia-le.

    In un percorso generale di rico-stituzione dell'ordine complessi-vo degli spazi seriali, collassato nel precedente assetto da lunghi anni di insubordinazione sociale, di processi giudiziari nella forma iperreale con cui offrono sintesi, sono occasione eccezionale di ri-lancio di una progettualit di do-minio per l'utilizzazione in for-ma sociale codificata di elementi di sapere non meramente repres-sive, verificato su sedimentazioni alte di soggettivit sovversive, su percorsi di organizzazione rivolu-zionaria.

    Si pensi a quanti riferimenti e quale grado di sintonia corrano tra l'approntamento dello stru-mentario di attacco e differenzia-zione di un tessuto soggettivo di organizzazione (ruolo lacerante del pentimento, della dissociazio-ne, dell'infamia e in generale del-

    documenti

    la rottura dei legami di solidarie-t su cui lo stato vuole operare una diversa scala di sanzioni: dal-l'interdizione perpetua al recupe-ra tout-court) ed in campo socia-le, pur nella diversa scala di ese-cuzione, i processi di individua-lizzazione, atomizzazione, rottu-ra della solidariet di classe, ride-finizione dei rapporti a contratta-zione pi che mai separata e dif-ferenziata con i soggetti sociali, con l'assunzione di alcune tipolo-gie conflittuali e la marginalizza-zione-distruzione di altre.

    Il gran lavorio dei giudici attor-no alla distruzione dell 'identit rivoluzionaria ha come orizzonte di riferimento pi ampio la rimo-dellazione dell'identit dei sog-getti sociali che popolano il pae-saggio societario.

    La condizione ambita da parte della magistratura quella di una fluidit tra saperi assommanti ag-giunte di cognizioni parziali sul campo vivo, dentro una prassi concreta che, procedendo per scarti e confluenze, delinei una maderna scienza della sorve-glianza, del trattamento dei con-flitti e dei soggetti, della repres-sione delle soggettivit irriducibi-li e incompatibili.

    L'intero esistente societario attraversato da questa invasione di nuovi modelli giuridici con cui lo stato tende a confondersi con la societ, ridelinea, giuridicizza, regola, dal diritto sullavoro al di-ritto sportivo, alla nuova regola-mentazione sugli stupefacenti, ecc.

    Ovunque cerca confluenze come paradossalmente, ad es., col movimento femminista nei pro-cessi per stupro. Ovunque socia-lizza le sue innovazioni e le sue tecniche quando non addirittura i suoi stessi magistrati di punta, forgiati nella guerra al terrori-sme, come Vigna per le inchieste sui sequestri e, perch no Viola, un po' declassato, come aggiunto giudice sportivo, o ancora altri sul fronte della lotta alla camor-ra, ecc. ecc .. V engono socializzati moduli di indagine come quelli impemiati sulle dichiarazioni dei pentiti che vengono ricercati, creati; vengono socializzati i per-sonaggi cercando di stemperame l'odiosit ontologiche)), da Dalla Chiesa a Laudi, Caselli, Vigna ed anzi viene proiettata la loro amabilit)) sociale che tecnica

  • documenti

    ancora pi efficace che una sera di invemo ad un consiglio di fab-brica ed una mattina di primave-ra ad un consiglio di istituto o ad una assemblea di quartiere come venditori ambulanti della merce-collaborazione, perch pi den-tro il divenire della democrazia informatica. C' anche che si ri-schi il fumetto come nei dram-moni familiari sui pentiti e lo sta-to di necessit morale della con-fessione o sulla sofferenza inte-riore dei giudici che richiedono la condanna (come da dichiara-zione televisiva Vigna) o nella lancinante questione del 7 aprile (colpevoli o innocenti di terrorismo?) ma tutto ci sta nei tempi della approssimazione ne-cessaria o, pi concretamente, nell'esigenza di una ambientazio-ne specifica culturale e sociale del modulo informatico, insom-ma dentro esigenze di marketing appropriato alla gestione mana-geriale del diritto.

    Con gli occhi al territorio so-ciale e alla pluralit dei suoi se-gnali antagonisti la magistratura prepara e intende gestire e dire-zionare i grandi processi degli anni '80, l'assoggettamento delle sedimentazioni conflittuali di un sociale pi che mai aperto ai con-flitti passa in primo luogo per la capacit di smontare le macchine da guerra che vi si formano, se-zionare in pezzi, distruggeme le valenze, impadronirsi cognitiva-mente della logica sociale che le alimenta, lobotomizzare il corpo sociale collettivo in cui vivono e operano. In realt non esistono per lo stato condizioni e margini che rendano possibile la preven-zione della formazione di mac-chine da guerra che vi si oppon-gono. La trasformazione radicale della complessit dei rapporti so-ciali, l'imposizione di modema sudditanza e la sua articolata re-golazione passano per l'acquisi-zione dell'orizzonte della guerra e la presunzione di vittoria come base dinamica di riproduzione delle condizioni di dominio e di una trasformazione profonda dei soggetti e del paesaggio sociale.

    E' in questo senso che vanno valutati processi che debbono rappresentare non tanto l'affrs du style di un'epoca che si chiu-de, quanto efficaci trasmissioni di informazioni, norme di compor-tamento, ordini e sanzionamento

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    di confini di settori sociali pi ag-guerriti. La sanzione sanzione direttamente sociale, da ricon-durre attraverso tutte le nervature giuridiche societarie, attraverso le strade della metropoli; sanzione da rappresentare socialmente per una collettiva codificazione den-tro nuovi modelli di produzione e funzionamento di norme. La vec-chia prassi giudiziaria viene uti-lizzata solo per confermare quel-la nuova che destinata a scal-zarla.

    Accusato politico per eccellen-za, Prometeo non invoc la legge divina, non si difese allegando la scusante del freddo. Rub il fuoco in nome solamente dell'amore che confessava portare agli uomi-ni.

    Il processo di Torino, non a caso anticipato rispetto a processi pure precedentemente istruiti ma assai meno propizi, un'occasio-ne d'oro per lo stato di smontare e ridicolizzare un percorso di or-ganizzazione rivoluzionaria. Di produrre una sequela di immagi-ni disgregate e deteriorate di mu-tua e collettiva degradazione, di discesa di tutti i gradini verso il livello pi basso da parte di una maggioranza sgranata di imputa-ti. Produzione di immagini di sconfitta totale, questo il primo obiettivo da parte della magistra-tura e dei media dentro la strate-gia processuale. Il processo di Torino un'occasione d'oro per produrre, nella contemporaneit dei due processi, una omologa-zione codificabile di OCC, la cui sola differenza da evidenziare sa-rebbe relativa alle meccaniche di aggregazione e di funzionamento. Il tutto da sistemare dentro l'e-sposizione di un aggiornamento giurisprudenziale, prodotto a ri-morchio delle indagini e delle confessioni di questi anni, in me-rito ai capitolati di banda armata ed associazione sovversiva, per una pi adeguata produzione di definizione e di norme relative.

    Senza eccessi, senza guasti per lo spettacolo non ci sarebbe pos-sibilit da parte dello stato di produrre il senso comune che vorrebbe, il senso comune, ap-punto, che non davanti ad un percorso di liberazione ci si trovi ma di fronte ad una tragedia sen-za speranza, una storia deforme

    anarchismo

    di una liberazione impossibile. Sta perci nell'ovvio che il tutto sar gestito con grande spettaco-lo, con un investimento di ener-gia in questa direzione sui terni della vita, del pentimento e della dissociazione da un lato e del fa-natisme dall'altro, in una resa di avvenimenti da mercificare, da contrattare in relazione ai com-portamenti espressi ed in una fase finale da scorporare secondo una differenziata scalarit di pena e di trattamento carcerario, tra scap-pellotti agli uni e l'ergastolo agli al tri.

    Fin qui e oltre lo stato e il pro-nostico ufficiale. Per parte nostra, nella miseria della rappresenta-zione reale, non sar certo facile parlare in modo credibile di co-munit della guerra sociale, co-munit di/in liberazione, comu-nit solidale. E' una questioneche va oltre i termini di una sconfitta militare perch abbraccia il pro-blema della costituzione di origi-nali rapporti tra i soggetti che in-traprendono un collettivo percor-so di liberazione 1 distruzione 1 trasformazione; ricchezza che, se presente, sminuisce, riduce una vittoria dello stato a solo successo militare di fase. Ma appunto non stato cosi e non questa occa-sione di riflessione su terni che hanno abbondantemente attra-versato le comunit prigioniere dell'area comunista.

    Comunque questa zona nevral-gica di contraddizioni sar per noi ancora pi presente di altre nel periodo processuale (inteso come collettiva presenza di com-pagni in carcere, tribunale e, sep-pure in forma coatta, nella me-tropoli) in quanto visibilit di co-munit e d'altra parte nella sua pi grande negazione, visibilit di totale alterit e antagonismo allo stato e d'altra parte presenza del-la pi profonda introiezione del senso dello stato. Nel bunker del giudizio, estemit e rottura dei meccanismi giudiziari avranno fi-sicamente contiguo incontro pi totale fra giudici e imputati nella connivenza dell'uguale riferi-mento di valori, nella babele dei vari comportamenti di resa, nel-l'uguale volont di annientare tutto ci che altro e nemico allo stato.

    Su questa zona nevralgica non possiamo glissare ed cosa che non si rovescia raccattando pen-

  • anarchismo

    timenti di pentimenti, n si ro-vescia tout-court dentro l'occa-sione processuale. In questa dire-zione va sviluppata una qualit palpabile di agire di comunit, ri-spetto al carcere, al processo e alla comunicazione col movi-mento. Altrimenti si fa davvero la parte della testimonianza di una coscienza infelice in un tea-tro di ombre che non hanno avu-to corpo e si rioccupa lo spazio della ripetizione ereditaria dei ge-sti e delle forme, della rappresen-tazione di un alfabeto di compor-tamenti militanti, appartenenti a precedenti fasi processuali, pa-gando il prezzo del tempo e degli avvenimenti accaduti in un 'ulte-riore assenza di voce reale ed in una completa riduzione omologa.

    Il teorema giudiziario dei ma-gistrati che si puo sostenere la belligeranza, negandone il carat-tere sociale, entro i confini del di-ritto penale, anche se con neces-sarie iniezioni di legislazione spe-ciale. Ma il campo dei problemi tende a sfuggire ad un conteni-mento che gli .improprio, anche se ancora, in Italia, non ci trovia-mo nella situazione in cui questo contenimento forzato cede il po-sto o si disintegra. Sono tante le contraddizioni ingenerate da que-sto inseguimento sempre pi for-zato di una forma giudiziaria ade-guata alla materia: la pratica di un diritto di combattimento, i ca-ratteri sempre pi selezionati in

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    senso politico della carcerazione speciale, arresto degli avvocati e la sottrazione di reali possibilit di difesa ecc.

    Dietro il mantenimento di una evidente incompetenza degli isti-tuti giuridici preposti sta la vo-lont disperata dello stato di negarci come soggetti belligeran-ti, parte di una belligeranza so-ciale, di negare gli stessi dati che parlano di migliaia di prigionieri, di negare il suo stesso dotarsi di una codificazione militare e giu-ridica in senso bellico con cui af-frontare il divenire di tutto cio che, insieme a noi~ stato appena espresso.

    Per parte nostra si tratta allora di affermare in ogni mDdo cio che viene negato e cio il nostro far parte di una belligeranza sociale, il nostro essere soggetti bellige-ranti che non riconoscono nessun tribunale.

    le vous emmerde!

    Le aule giudiziarie occludono ogni possibilit di comunicazio-ne, sono spazio sottratto anche come mediazione veicolare, sono rese teatro di una sola volont di vittoria, quella dello stato. Il tri-bunale luogo di separazione to-tale, di emissione di segnali codi-ficati anche della nostra presenza ridotta a eticit fanatica, luogo di catalogazione, di massiccio ac-cerchiamento della soggettivit

    documenti

    imputata. E' luogo di massima rappresentazione dello stato e di nostra totale riduzione.

    E' luogo che va svuotato, ridi-colizzato, logorato, reso per quel che : spazio morto abitato da morti viventi, luogo che non si contende ma va reso deserta.

    La nostra presenza puo esservi motivata solo quando ci interessa notificare e certificare la sua in-competenza o per motivi del tut-to separati dalle funzione che vi vengono svolte e dallo spettacolo che le rappresenta, appunto per incontri generali di comunit, per la battaglia sul carcere, sulla salu-te, sulla socialit, per tutto cio con cui possiamo rendere dina-mica la nostra presenza nella me-tropoli per tutti i mesi della dura-ta processuale. Il carattere di du-rata va rovesciato di segno, va curvato alla ricostituzione di col-leganze con il movimento possi-bile, il divenire della belligeranza sociale. Cosi la nostra permanen-za carceraria va curvata alla in-venzione concreta di forme di co-municazione anche della stessa battaglia contro il carcere, con le dinamiche antagoniste presenti o possibili.

    Rompere il cerchio, i cerchi, dalle separatezze, aprire varchi di comunicazione.

    La storia fatta da infami e dis-sociati puo produrre tonnellate di carte, di reperti, chilometri di na-stri di confessioni, resta comun-que simulazione, concatenazione di modo di organizzazione della narrazione, aperta a mille solu-zioni nell' elen co di possibili si-mulazioni, tutte praticabili come capacit affabulante, come disso-luzione di soggetti reali in una trama discorsiva di simulacri, os-sessivamente scomposti e ricom-posti, nella ricerca di un linguag-gio che possa essere messo in sce-na, ancora una volta con le paro-le del potere; esperimento simu-lativo recitato da individui di-sgregati in una determinata pro-duzione di senso dentro una ma-derna logica performativa.

    Il nostro racconto altro, non contaminabile dal lazzo dei tri-bunali, avventura umana di li-berazione, avventura irriducibile.

    Il nostro torto stato di non avere saputo sognare in modo pi straordinario, ma faremo meglio.

    Fossombrone, Aprile '81.

  • documenti

    Compagni di S. Vittore

    ai proletari e ai compagni di milano

    Dai Carcere di San Vittore ai proletari e ai compagni di Milano

    Siamo consapevoli di non esse-re i primi e nemmeno gli ultimi che si trovano a scontrarsi con l'i-stituzione carceraria~ allo stesso tempo pensiamo che quanta in questi mesi nato dentro l'antica conflittualit tra carcere e dete-nuto qui a S. Vittore, rappresen-ti la nascita a Milano di un nuovo fronte di lotta che si vuole affian-care nella metropoli a quelli esi-stenti e a quanti ancora devono nascere sul programma concreto della critica e negazione dello stato di cose presente.

    ln particolare, vogliamo porta-re il nostro contributo di lotta e di organizzazione che in essa cre-sce, all'affermazione di un punto irrinunciabile di qualsiasi pro-gramma di cambiamento reale: L 'abolizione delle carceri.

    Non pensiamo assolutamente che questo sia un obiettivo fuori dalla portata della nostra esisten-za, come riteniamo che l'insieme delle contraddizioni prodotte dal-la sviluppo attuale della societ sia tale da porre all'ordine del giorno, per chiunque lo viva, il problema della critica puntuale e globale ai singoli aspetti ma an-che al loro insieme, pena un peg-gioramento reale e drammatico delle condizioni di vita a cui po-chissimi e forse nessuno potr sfuggire.

    Pensiamo perci che la nostra lotta si affianchi naturalmente a chi oggi rivendica una nuova qualit della vi ta, nuovo rapporta con la na tura e la sua trasforma-zione tramite il lavoro, non pi nelle mani dell'interesse privato, non pi rispondente alla logica,

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    questa si aberrante, del capitale e delle masse monetarie~ bensi af-fermando l'abolizione della pro-priet privata dei mezzi di produ-zione, vada a costruire un mondo nuovo dove l'interesse dei singoli concida finalmente con quello della collettivit.

    ln concreto i proletari e i com-pagni detenuti a S. Vittore, men-tre aumentano l'apertura di for-me di lotta che dopo anni vede coinvolti tutti i raggi di cui composta il carcere sui migliora-menti parziali delle condizioni di vita dentro il carcere, allo stesso tempo sottolineano che ben chiara al loro interna che queste rivendicazioni cesseranno solo col raggiungimento dell'obiettivo finale e che le singole conquiste parziali sono solo verifiche della maturazione del dibattito e della organizzazione crescente dentro il carcere.

    Ribadiamo che solo nella veri-fica collettiva della lotta possi-bile cominciare a costruire la ca-pacit dei proletari di determina-re il proprio destina, stabilendo sin da oggi in che modo e con quali principi vogliamo vivere, andando cosi a tracciare un solco sempre pi incolmabile con quanti si riempiono la bocca di parole sul problema esplosivo delle carceri ma il cui interesse principale che quest'ultimo non gli scoppi tra le mani distruggen-do cosi lo strumento estremo che da sempre in questa societ, con-diziona e ricatta la vita di miglia-ia di proletari fuori legge e or-mai anche da anni di migliaia di compagni irriducibili antagonisti di una societ fondata sullo sfrut-tamento.

    Distruggere questo formidabile apparato di controllo e ricatto di massa.

    E' la parola d'ordine che lan-ciamo a tutti i compagni, appog-giando e ampliando all'esterno le lotte che all'interno puntano al-l'erosione continua del carattere repressivo dell'istituzione, fino a svuotarla. Solo se ogni settore proletario sapr affiancare ai pro-pri obiettivi di lotta quelli del movimento contra le carceri, sar possibile far passare rapporti di forza tali, non solo da respingere le recenti proposte di Sarti sulla medievalizzazione delle pene, ma addiritura capaci di porre

    anarchismo

    sempre pi significativi momenti di liberazione anche con amni-stie, condoni, assoluzioni ecc., non certo pero a prezzo del servi-lismo, della resa, dell'infamia come piacerebbe ai riformatori di turno.

    Propagandare la logica della li-berazione fino ad impedire con-cretamente la disponibilt di set-tari proletari alla costruzione del-le nuove carceri del programma Sarti: bisogna introdurre nel di-battito proletario l'abitudine a criticare le merci prodotte dai no-stro lavoro, e se i chimici devono rifiutare di produrre veleni per l'ambiente naturale; se i metal-meccanici devono boicottare pro-getti e impianti pericolosi per le collettivit come le centrali nu-cleari~ se gli alimentaristi non possono pi tollerare di essere addetti alla produzione di cibi so-fisticati e dannosi alla salute, cosi ogni lavoratore che collabori alla costruzione delle carceri, si deve sentire un traditore dei suoi inte-ressi di classe, un mercenario in piena regala: lasciamo perci agli sbirri questo infame lavoro.

    La critica del proprio lavoro il primo passo per liberarci dai capitale e per costruire concreta-mente la possibilit di vivere in una societ VERAMENTE LI-BERA.

    1 proletari e i compagni di San Vittore

    A PUGNO CHIUSO! 25 aprile 1981

  • anarchismo

    una brutta mossa

    In relazione alla lettera pubbli-cata dai vari giornali di alcuni detenuti politici di San Vittore, intendiamo chiarire che essa l'e-spressione di pochissimi individui che non hanno nessuna volont dilottare, nessuna volont di com-prendere che la lotta lotta di classe.

    Questi individui che dichiarono il direttore ha dimostrato una di-sponibilit umana propagandano di fatto la resa politica del movi-mento di classe e fanno apparire il direttore e il comando carcera-rio come brava gente, che comun-que devono passare dalle parole (le promesse di dare qualcosa) ai fatti. Noi diciamo che il comando carcerario questo passaggio l'ha fatto, infatti tre detenuti sono morti in tre giorni, due si sono

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    impiccati, uno morto per man-canza di soccorso. Quest'ultimo inizialmente viene portato in ospedale ma subito riportato in carcere dove per tutta la notte continua a soffrire. Non servono le richieste di intervento di un dottore da parte dei suoi compa-gni di cella, le guardie, gli infer-mieri e dottori si disinteressano completamente e quando arrivano al mattino ormai trovano un cada-vere.

    La direzione risponde alle lotte del movimento di massa dei dete-nuti proletari di San Vittore con i morti, i trasferimenti, i pestaggi, le perquisizioni dei carabinieri che entrano nelle celle rubando e spaccando tutto. Queste cose sono chiarissime al movimento che si sviluppato e lotta contro i tentati-vi di annientamento psico-fisico per la conquista di maggiori spa-zi, per la sopravvivenza.

    Lotta contro la differenzazione, la sezione speciale, per l'abolizio-ne dei vetri e citofoni ai colloqui; per la possibilit di stare insieme nelle celle, di fare l'aria in cornu-ne nei raggi e non in gabbie di gri-gio cemento; lotta per maggiore socialit interna, lotta per essere

    documenti

    curati adeguatamente quindi at-trezzature sanitarie in ogni raggio e assistenza sanitari in ogni rag-gio 24 ore su 24.

    Questo movimento prende sem-pre pi coscienza nella lotta che il carcere il livello di repressione pi alto per il proletariato. Punto pi alto di repressione di una so-ciet che nega costantemente i bi-sogni che in essa maturano.

    Emerge sempre di pi il biso-gno latente della negazione del carcere che in sintesi rifiuto di farsi sfruttare e Yolont comples-siva di liberazione, verso la nega-zione dello stato presente delle cose per la conquista di una socie-t comunista.

    Cio che ci stupisce della famosa Jettera dei quattordici che no-nostante nel carcere sia da mesi presente un movimento di massa e le lettere e i comunicati inviati alla stampa siano stati moltissimi solo a questa Jettera stato dato spazio e pubblicit. Non per es-sere noiosi ma ci sembra palese che tale fatto sia frutto di una co-stante volont di negazione e di mistificazione della realt delle lotte proletarie. 1 detenuti comunisti di S. Vittore

  • interventi

    Anonimo detenuto

    l'altro 7 aprile

    uno spaghetti-giallo su come non sono andate le cose, per cui tutti i riferimenti sono quasi casuali.

    Complet un po' eccitato l'in-dirizzo di Jodie Foster sulla busta rosata, che mise in tasca per im-bucarla personalmente. And a piazzarsi davanti allo specchio del cessa soppesando compiaciu-to alcune espressioni mentre si passava il pettine tra i capelli, al di l di dave la fronte diventa orizzontale. E adesso, A NOl! palpit tomando alla scrivania. Bastava solo una firma. Pi di mille cartelle aveva battuta l'an-ziana segretaria, parte decifrando la sua scrittura nevrotica, parte copiando dai testi del prof. Sven-tura. Ferm l'occhio su un'e-spressione insolita, giardino dei giochi sporchi; ne capiva vaga-mente il senso, ma non gli sem-brava abbastanza chiara per i let-tari di Paese Sera; la capri con un tratto di penna e scrisse sopra un pi familiare immondezzaio della storia. Dov'erano finiti, di-ceva, i suai imputati.

    A v eva cominciato due an ni prima il campagna dottor Caca-gero, dopa una decisione unani-me della federazione. Bisogna impedire a questi cervelli di pen-sare aveva detto, tanta c' il se-greta istruttorio. E aveva messo in galera gli anziani ex dirigenti dell'ex P.O. Qualcuno sar pure ancora in servizio, pensava, e diceva: hanna ammazzato Moro. Sono la direzione strategi-ca delle B.R. Abbiamo le prove.

    Effettivamente, non c'era uno straccio di prova, non poteva du-rare. Sarebbe stato meglio capi-targli in casa di natte e riempirli

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    di legnate e di olio di ricino. Ab-biamo le mani legate cit men-talmente dai suo bagaglio cultu-rale. E sogghign immaginando Negri pi altri che cagavano di-speratamente pagine di libri an-cora liquide.

    C'era stata una nuova consul-tazione febbrile, in Comitato Centrale, e avevano deciso all'u-nanimit di affidarsi all'esperto campagna avvocato Tarsinculo.

    Facciamo un passa indietro, nella Milano turbolenta dei primi anni '70, quando ancora moiti ci credevano che le lotte di operai e di studenti e di altri proletari avrebbero continuato a crescere, che avrebbero chiesto armi da contrapporre alle armi del domi-nio, e che non bisognava arrivarci impreparati. Ci credevano in tan-ti. I servizi d'ordine dei gruppi (quelli che poi sono finiti in Par-lamento) andavano alle manife-stazione con le bottiglie e le spranghe. Si parlava di procurarsi illegalmente soldi e armi.

    Se tutte le accuse fossero vere, gente di Milano e Padova, con qualche rapporta tra lora, si sa-rebbero procurati illegalmente in dieci anni (ma in pratica nei lon-tani '73-'74): a) un quadro; b) dell'esplosivo; c) una pistala 22 da tiro a segno; d) una banconota da 50.000 lire; e) una collezione di francobolli; f) alcune carte di identit in bianco; g) parte del provento di una rapina fatta da altri. E avrebbero commesso un attentato: avrebbero bruciato un capannone