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Democrazia e diritto n. 2, 2014 pp.196-223 Processi generativi e degenerativi negli spazi sociali e civili della crescita dei preadolescenti Mauro Giardiello Dipartimento di Studi dei Processi Formativi, Culturali e Interculturali. Università Roma Tre. e-mail: [email protected] I - PREMESSA La crisi delle relazioni nella società contemporanea trasforma il legame sociale in una risorsa scarsa, problematica e sterile, incapace di generare solidarietà collettive, tessuti comunitari inclusivi. La debolezza dei legami evidenzia un progressivo sfaldamento degli spazi sociali pubblici che rendono la convivenza difficile, poiché in crisi sono soprattutto i luoghi di incontro, della comunicazione, della civiltà e dei valori democratici. Soffermarsi sull’analisi della frammentazione dei legami di solidarietà e della crisi dei luoghi di incontro collettivo consente di ragionare sul concetto di spazio pubblico e di coesione sociale cogliendo un interessante nesso tra loro nonostante le specifiche differenze. Il dominio dell’economia nella nostra società produce la privatizzazione e la commercializzazione dello spazio mentre il cittadino viene sempre più trasformato in semplice consumatore. Ciò ha spinto l’analisi sociale a rivolgere l’attenzione e lo sguardo analitico verso il concetto di spazio pubblico; al tempo stesso, la crisi del legame sociale, la frammentazione del tessuto comunitario e delle tradizionali solidarietà ha determinato la diffusione e l’utilizzo del concetto di coesione sociale. Si tratta dello sviluppo di due concetti complessi in quanto intendono cogliere realtà multidimensionali e a volte evanescenti, di difficile teorizzazione e rilevazione empirica. In questo lavoro il focus è centrato sulla qualità sociale dello spazio, il cui presupposto non va ricercato solo nella prossimità fisica e sociale ma soprattutto negli idonei processi generativi che si determinano tra la socialità primaria (relazioni sociali) e quella secondaria (dimensione civica), tra il mondo familiare e quello comunitario, tra la dimensione interna e quella esterna della vita del soggetto. Lo spazio pubblico, per assurgere a luogo di espressione e formazione della coesione sociale e ambito in cui si realizzano aperture, tolleranze con chi è diverso da <<Noi>>, ha bisogno di un processo generativo che deve partire dalla famiglia e dalla socialità

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Democrazia e diritto n. 2, 2014 pp.196-223

Processi generativi e degenerativi negli spazi sociali e civili della crescita dei preadolescenti

Mauro GiardielloDipartimento di Studi dei Processi Formativi, Culturali e Interculturali.

Università Roma Tre.e-mail: [email protected]

I - PREMESSA

La crisi delle relazioni nella società contemporanea trasforma il legame sociale in una risorsa scarsa, problematica e sterile, incapace di generare solidarietà collettive, tessuti comunitari inclusivi. La debolezza dei legami evidenzia un progressivo sfaldamento degli spazi sociali pubblici che rendono la convivenza difficile, poiché in crisi sono soprattutto i luoghi di incontro, della comunicazione, della civiltà e dei valori democratici. Soffermarsi sull’analisi della frammentazione dei legami di solidarietà e della crisi dei luoghi di incontro collettivo consente di ragionare sul concetto di spazio pubblico e di coesione sociale cogliendo un interessante nesso tra loro nonostante le specifiche differenze.

Il dominio dell’economia nella nostra società produce la privatizzazione e la commercializzazione dello spazio mentre il cittadino viene sempre più trasformato in semplice consumatore. Ciò ha spinto l’analisi sociale a rivolgere l’attenzione e lo sguardo analitico verso il concetto di spazio pubblico; al tempo stesso, la crisi del legame sociale, la frammentazione del tessuto comunitario e delle tradizionali solidarietà ha determinato la diffusione e l’utilizzo del concetto di coesione sociale. Si tratta dello sviluppo di due concetti complessi in quanto intendono cogliere realtà multidimensionali e a volte evanescenti, di difficile teorizzazione e rilevazione empirica.

In questo lavoro il focus è centrato sulla qualità sociale dello spazio, il cui presupposto non va ricercato solo nella prossimità fisica e sociale ma soprattutto negli idonei processi generativi che si determinano tra la socialità primaria (relazioni sociali) e quella secondaria (dimensione civica), tra il mondo familiare e quello comunitario, tra la dimensione interna e quella esterna della vita del soggetto. Lo spazio pubblico, per assurgere a luogo di espressione e formazione della coesione sociale e ambito in cui si realizzano aperture, tolleranze con chi è diverso da <<Noi>>, ha bisogno di un processo generativo che deve partire dalla famiglia e dalla socialità primaria, per estendersi successivamente all’ambito comunitario e pubblico. Nel lavoro lo spazio pubblico e la coesione sociale sono analizzati attraverso un’ottica di reciproca interdipendenza nonostante le due categoria rappresentino due distinti livelli teorici e empirici (Giardiello 2014). L’anello di congiunzione è costituito dalla prospettiva della generatività sociale che consente di legare il mondo sociale primario con quello secondario e cogliere il complicato nesso con la formazione dell’identità nei soggetti in transizione (preadolescenti e adolescenti). La qualità della relazione tra famiglia e mondo esterno determina processi generativi e/o degenerativi che ci aiutano a comprendere lo svuotamento dello spazio pubblico, la sua crisi di formazione di connessioni sociali e di solidarietà.

In particolare la bassa qualità sociale o la crisi del processo generativo inevitabilmente determina da una parte lo svuotamento simbolico, relazionale e civile dello spazio pubblico e dall’altra contribuisce alla trasformazione della socialità primaria, del capitale sociale primario familiare e della coesione sociale in privatismo, intimismo e chiusure claniche. Ciò consente di evidenziare come la qualità del percorso di crescita di un individuo e la qualità della realtà pubblica siano strettamente correlati. In quest’ottica si può sostenere che da una parte lo sgretolamento dello spazio pubblico comporta una limitazione nello sviluppo delle competenze sociali del preadolescente e dall’altra l’autoreferenzialità della crescita del preadolescente ha delle conseguenze sulla formazione della dimensione civica e soprattutto della coesione sociale.

Si apre quindi il tema del doppio legame tra famiglia e spazio pubblico da cui dovrebbe scaturire un processo generativo volto alla formazione della coesione sociale inclusiva intesa come base formativa del percorso di sviluppo del preadolescente. E’ chiaro che l’acquisizione di un’identità sociale dipende non solo dal tipo di processo di differenziazione che si produce all’interno della famiglia ma anche dalla

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qualità sociale dello spazio pubblico e soprattutto del legame generativo che si instaura tra le due dimensioni. Se nello spazio pubblico si producono processi degenerativi (crisi delle relazioni orizzontali e verticali, anomia dei valori, crisi del senso dell’appartenenza, perdita della memoria e diffusa assenza dell’altro significativo), si produce un blocco nel processo generativo delle nuove generazioni perché prive di quelle risorse sociali e culturali fondamentali per lo sviluppo cognitivo, relazionale ed emotivo che fanno di un individuo una persona adulta e responsabile del bene comune.

II - IL CONCETTO DI SPAZIO PUBBLICO

Il concetto di spazio pubblico attinge ad una complessa tradizione di studi di natura filosofica, politologica (Perone 2012), sociologica (Mazzette 2013) e urbanistica (Bottini 2010), diventando un fertile terreno di confronto sui temi concernenti i valori democratici, soprattutto in relazione alla tolleranza e all’integrazione dell’altro. Più specificatamente si può identificare una definizione generale di spazio pubblico (associata al concetto di sfera pubblica) e un’altra più legata non solo agli aspetti spaziali ma soprattutto a quelli più micro della vita quotidiana. Nella prima cornice teorica possiamo sicuramente annoverare il contributo di Habermas per il quale lo spazio pubblico rimanda ad un’idea di “spazio terzo” in cui si costruisce il presupposto del dialogo tra pluralità e per mezzo del quale si forma la sfera pubblica o, più appropriatamente, “l’ambito della pubblica opinione” o “quello spazio in cui si formano opinioni (posizioni) pubbliche (su problemi di interesse generale, e si produce nei luoghi dove si svolge la vita pubblica)” (Sebastiani 2007: 95). In particolare “la sfera pubblica forma una struttura d’intermediazione tra il sistema politico, da un lato, le sfere private del mondo della vita e i sistemi funzionalmente specializzati dall’altro” (Habermas 1996: 443). La sua funzione critica, a partire dal processo di industrializzazione e in particolare con l’avvento dell’industria cultura, tende gradualmente a depotenziarsi a favore di un generale consenso che vede trasformare i sui componenti (cittadini) in consumatori passivi (Habermas 2005).

Sul versante filosofico-politico un contributo fondamentale è rappresentato dai lavori di Hannah Arendt. Per Arendt la dimensione pubblica è <<l’essere–in–comune>> (Arendt 1958: 37) dove una pluralità di soggetti si rendono visibili e agiscono confrontandosi, e al tempo stesso, evitando di <<cadersi addosso a vicenda>> (Arendt 1958: 39). Si tratta di uno spazio pubblico che si costruisce sulla visibilità, sul discorso e sull’agire e produce una sfera pubblica (politica) in cui viene esaltata la relazione intesa come processo che unisce nella differenza (Ibidem). Uno spazio relazionale (in-fra Arendtiano) costituivo della comunità in quanto mette in comune il mondo della realtà intangibile con quella fisica e spaziale (artefatti tangibili) (Arendt 1958). Nonostante Arendt conferisca al concetto di spazio pubblico una prospettiva più concreta rispetto a quella elaborata da Habermas (Cicalò 2009), l’analisi della dimensione spaziale tuttavia resta marginale in rapporto soprattutto alla dimensione meso e micro. L’accento posto da Habermas sulla prassi comunicativa discorsiva (Habermas 1997) come elemento fondante dello spazio pubblico, nonché l’individuazione del libero accesso a tutti come suo fattore identificativo da una parte e l’importanza che Arendt conferisce all’azione e al discorso come elementi precipui della relazione e <<dell’abitare insieme>> in uno spazio comune dall’altra, oramai rappresentano gli aspetti costitutivi del patrimonio concettuale che spesso viene impiegato nella definizione dello spazio pubblico a livello macro, meso e micro. E’ facile quindi constatare come anche nell’analisi degli spazi di prossimità sociale gli elementi dell’accessibilità a tutti e della pluralità rappresentino gli aspetti definitori dello spazio pubblico.

Nella seconda prospettiva lo spazio pubblico viene associato alla dimensione territoriale e micro (Mazzette 2013). Questa dimensione viene privilegiata nel presente articolo in quando considerata sede dei meccanismi generativi (o degenerativi) attivi e presenti nelle comunità (o quartieri urbani) dalla quale scaturiscono le relazioni sociali, il dialogo e la partecipazione. In particolare Sennett, per alcuni aspetti, è tra gli esponenti che in maggior misura hanno tematizzato il ruolo dello spazio in funzione della socialità. Lo spazio pubblico per Sennett è il luogo dell’anonimato e dell’impersonalità opposta alla realtà intima. La massima espansione di questo processo si realizza con la società industriale in cui si produce la visibilità dello spazio pubblico che genera una maggiore contrazione dell’io nella propria realtà intima determinando isolamento e solitudine. In questa ottica quanto più gli spazi non rappresentano luoghi di sosta ma di attraversamento o di massima visibilità, tanto più questi diventano luoghi a bassa socialità e privi di socializzazione (la socievolezza nello spazio pubblico è inversamente proporzionale alla visibilità) (Sennett 2006). La crisi dello spazio pubblico è rappresentata dalla paura dell’impersonalità,

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dello sconosciuto che “favorisce fantasia di vita collettiva di natura limitata” nella quale “l’immagine dell’identità del “noi” diventa sempre più selettiva: comprende solo il vicinato, i colleghi, la famiglia. Diventa difficile identificarsi con persone che non si conoscono” (Ibidem: 381). L’unica realtà possibile diventa, dunque, quella intima.

Nonostante Sennett conceda maggior importanza allo spazio fisico come elemento centrale dello spazio pubblico, identificandolo come luogo dell’anonimato opposto alla dimensione intima, tuttavia trascura proprio i luoghi della prossimità sociale nei quali è possibile leggere “i dispositivi della scena sulla quale si gioca l’interazione sociale” (Söderström 1991: 52). La focalizzazione sullo spazio pubblico come luogo della socialità e della microinterazione informale dalla quale scaturisce la fiducia e la sicurezza si deve a Jacobs (2009). Seguendo questa prospettiva gli spazi pubblici (le strade, i marciapiedi, le piazze) “costituiscono i più importanti luoghi pubblici di una città e i suoi organi più vitali” (Jacobs 2009: 27). Si tratta di spazi pubblici che allorquando riescono a conservare valori e risorse sociali sono capaci di contribuire alla formazione di un senso collettivo e pubblico, alla diffusione di fiducia e a favorire processi di socializzazione. All’interno di questa prospettiva si sviluppa un interessante campo di indagine sul ruolo che l’organizzazione spaziale svolge nel generare capitale sociale e senso civico producendo relazioni di tipo bridging, sviluppando condivisione valoriale e praticando l’autogoverno e partecipazione tra i cittadini del quartiere e della comunità (Haddock 2011: 145-146). Dobbiamo in qualche modo al lavoro di Jacobs le considerazioni sul ruolo sociale e generativo dello spazio pubblico in virtù delle interazioni e della fiducia che si sviluppano tra le persone dello stesso quartiere e gli estranei. In particolare è uno spazio ove si produce la mescolanza tra estranei favorendo la realizzazione del fenomeno dello street ballet “dove le strade, per il loro intrinseco carattere, consentono a persone fra loro estranee di convivere in pace su una base di civismo che tuteli anche la dignità e l’intimità della vita individuale” (Jacobs 2009 p.67). Ciò si realizza grazie alla presenza di una diffusa e radicata eterogeneità urbana “dove controllo non significa difesa, coesione sociale non implica esclusione dell’estraneo, dove partecipazione degli attori non implica la negazione della privacy” (Olmo 2009: X).

III – SPAZIO PUBBLICO E COESIONE SOCIALE: PROCESSI GENERATIVI E DEGENERATIVI

L’analisi dello spazio pubblico e della sua crisi rappresenta un importante campo di indagine e di conoscenza del livello e della qualità della coesione sociale di una comunità, nonché della sua tenuta democratica. Nonostante la molteplicità degli studi e dei significati, la sua rilevanza deriva dalla possibilità di poter analizzare la qualità sociale di un territorio in quanto “lega la dimensione fisica della città, dello spazio che le da corpo, alla dimensione relazionale degli individui che in essa abitano, e che le danno vita” (Lazzarini 2009: 643). Il concetto di spazio pubblico viene a configurarsi come prerequisito socio-spaziale all’interno del quale si trasforma la coesione sociale da esclusiva ad inclusiva in quanto esso rimanda ad un insieme di aspetti (libero accesso, vita collettiva, formazione della dimensione civica, della partecipazione, del conflitto e della negoziazione tra le diversità) fondamentali per la crescita civica di una comunità. E’ possibile individuare due livelli di analisi del concetto di coesione sociale. Il primo riguarda lo studio e l’indagine della dimensione macro-strutturale e considera aspetti come la crisi del Welfare, l’incremento delle disuguaglianze, la trasformazione del mercato del lavoro in modalità e forme sempre più precarie ancorché la tematica della condivisione di un unico sistema normativo e valoriale in una società interculturale presieduta dal pluralismo dei valori. Il secondo livello è di tipo meso o micro (la città, il quartiere, la comunità locale) e riflette soprattutto la tenuta e la rigenerazione dei legami sociali primari (legati alla famiglia, al vicinato e ai gruppi di amici) e secondari (comitati, associazionismo, terzo settore) (Lockwood 1999). Si può pertanto considerare la coesione sociale tanto in termini generali (in questo caso la coesione sociale è riferita alla tenuta economica, sociale e culturale di una nazione o di realtà extranazionali), quanto in un’ottica micro riferendosi alla presenza di fenomeni legati alla disorganizzazione sociale di una comunità o quartiere, alla crisi dei legami sociali e soprattutto alla difficoltà di attivare processi generativi sul piano sociale e civile1. E’ indubbio che in qualche modo sussiste una corrispondenza tra i due livelli “considerando che l’approccio relazionale definisce la società

1Per un’analisi delle differenti teorie sulla coesione sociale si veda il testo di Colozzi (2008) mentre Luppi (2009) affronta lo studio micro del concetto di coesione sociale.

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civile come l’insieme delle relazioni che si costituiscono a partire da una spinta etica e che si relazionano fra loro e con gli altri sottosistemi sociali (Donati 2006: 294). In questa ottica, con riferimento allo schema AGIL di Parsons, “una società sarà tanto più coesa quanto più:1) in A, le relazioni di inclusione sono maggiori di quelle di esclusione;2) in G, le azioni fondatrici, regolatrici, riparatrici e facilitatrici delle istituzioni sono di tipo sussidiario;3) in I, la partecipazione associativa è alta e la tolleranza verso gli altri è forte;4) in L, il legame familiare è robusto” (Camozzi 2008: 51).

Attraverso questa prospettiva è evidente che fenomeni di disgregazione sociale, di anomia nei quartieri o nelle comunità risentono della circolarità della relazione tra i vari sottosistemi. Ciononostante riteniamo che la densità dei legami sociali primari e secondari, e soprattutto la loro capacità generativa, sia uno degli aspetti centrali per poter comprendere il formarsi e il radicarsi della coesione sociale. Il focus di analisi riguarda soprattutto la produzione della coesione sociale all’interno dello spazio pubblico la cui qualità sociale e civile viene valutata come uno degli indicatori principali per comprendere il livello di benessere sociale-relazionale di una comunità. Il carattere sociale dello spazio pubblico nasce da processi generativi che trovano la loro origine in un nesso complesso tra la dimensione privata e quella pubblica. Più specificatamente la formazione di una comunità coesa non è il prodotto assoluto né della presenza di spazi pubblici né di forti legami primari, ma soprattutto del processo generativo che si instaura tra le due realtà. Se è evidente che lo spazio pubblico rende la coesione sociale inclusiva, aperta e non autoreferenziale, è altrettanto vero che la sola presenza dello spazio pubblico non è sufficiente a determinare la formazione di coesione sociale. Lo spazio pubblico è il luogo in cui le risorse sociali, la fiducia, i diversi sistemi di reciprocità, le differenti forme di solidarietà presenti nella socialità primaria trovano lo spazio per aprirsi e trasformarsi in solidarietà allargate che includono le diversità culturali e etniche. Teorizzare un nesso interdipendente tra coesione sociale e spazio pubblico consente di coniugare appartenenze e diversità, densità relazionale e pratiche comunicative in “comunità aperte a tutti” (Habermas 2008: 10) e nelle quali si producono mediazioni tra soggettività e collettività e si favorisce la formazione di opinioni pubbliche.

Analizzare congiuntamente i due concetti permette di rendere più aperto e contestuale il primo e meno formale e sterile il secondo. La coesione sociale senza spazio pubblico può trasformarsi in fusione sociale, in realtà chiusa, in nicchia ecologica ed enclave culturale e sociale. Lo spazio pubblico, privo di coesione sociale, diventa un luogo formale, sterile, vuoto dominato dalla logica individualistica e commerciale. Nella nostra prospettiva individuare un modello interdipendente tra spazio pubblico e coesione sociale non solo allarga lo spectrum dell’analisi ma consente anche di riflettere sui processi generativi e degenerativi in esso presenti. La prospettiva generativa sviluppa il nesso tra la dimensione privata e quella pubblica e identifica non solo la presenza di un legame ma soprattutto come la qualità di questo legame condizioni la coesione sociale della comunità. Il concetto di generatività assume un ruolo centrale nell’economia della nostra analisi poiché riguarda il rapporto tra le generazioni, la qualità del patto e soprattutto il livello e tipo di trasmissione del patrimonio simbolico, valoriale e relazionale che si realizza tra le generazioni. La generatività è un costrutto che richiama differenti definizioni di natura biologica, psicologica o sociale. Essa viene analizzata “come imperativo biologico, espresso nell’istinto a riprodursi proprio di tutti gli esseri viventi, ma anche come desiderio filosofico o religioso, cioè il senso di ricerca della trascendenza, di lasciare nel mondo qualcosa che sopravvive a sé, come compito di sviluppo, una delle tappe fondamentali per la maturazione dell’individuo o, in un’ottica prettamente psicosociale, anche come richiesta sociale poiché è la società stessa che necessita per la sua stessa sopravvivenza di adulti che si assumano responsabilità nei confronti di generazioni successive” (Marta – Pozzi 2004: 189). Erikson può sicuramente essere annoverato tra coloro i quali hanno analizzato il processo di generatività in relazione alla dimensione sociale nonostante “si muove in una prospettiva di sviluppo individuale e identifica la generatività come una caratteristica tipica dell’adulto” (Scabini - Mazzi 2005: 90). In questa prospettiva un soggetto è generativo quando si assume la responsabilità della cura per ciò che ha creato. Il caso opposto è rappresentato dalla contrazione dell’io che si ripiega in se stesso determinando una stagnazione socio-psicologica. La stagnazione, sostengono Magatti-Giaccardi, è definita dalla tendenza all’autoassorbimento, cioè a un’autocentratura che ci rende incapaci di realizzare il nostro potenziale in rapporto alla realtà. La conseguenza è dramma: bloccati sul nostro Io, giriamo a vuoto e finiamo prigionieri della ripetizione dell’identico, come il criceto che fa girare la ruota della gabbia (Magatti-Giaccardi 2014: 37). Il percorso alternativo alla stagnazione è la generatività che per Erikson, “consiste nell’interessamento per ciò che è stato generato per amore, per necessità o per caso e che supera l’adesione ambivalente ad un obbligo irrevocabile” (Erikson 1968: 72). Seguendo la

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teorizzazione di Erikson altri autori (De St. Aubin - Mc Adams - Kim 2004) hanno evidenziato che la generatività non si esprime solo ed esclusivamente in famiglia (generatività filiale) ma anche fuori di essa. In questo caso si parla specificatamente di generatività sociale come quel processo che favorisce lo spostamento, la traslazione del senso di cura filiare che si sviluppa in famiglia (nei confronti dei propri figli e dei propri parenti) in attenzione per la cura e la crescita nei confronti delle generazioni più giovani. E’ evidente che la generatività sociale non va intesa esclusivamente come un “bisogno profondo di immortalità” quanto una “risorsa critica che può incentivare i cittadini all’impegno per il bene comune” (Scabini – Manzi 2005: 92). Altri autori hanno allargato la prospettiva del processo di generatività sociale includendo il concetto di risorsa sociale o capitale sociale (Sampson 2001; Donati 2012). La generatività in questo caso è strettamente connessa alla capacità della famiglia o della socialità primaria di produrre, generare dimensioni civiche, sfera pubblica. Si tratta di una prospettiva che pone meglio in evidenza il nesso generativo o degenerativo che si realizza tra la famiglia e la comunità poiché non considera solo e unicamente il valore aggiunto che scaturisce dalla relazione tra generazioni ma considera anche il processo generativo come fortemente influenzato e determinato dall’insieme e dalle intricate relazioni che si generano sia all’interno della famiglia sia intorno alla famiglia (vicinato, amici, parenti). In questa accezione la generatività sociale è quel processo che trova nella famiglia e nel rapporto intergenerazionale l’aspetto fondativo della società (Donati 2012: 26), ma occorre anche sottolineare come non sempre si esaurisce in esso dal momento che dinamiche generative sono innervate all’interno dei legami sociali primari e secondari e soprattutto nel nesso di reciprocità che si sviluppa tra loro. E’ evidente che “la generatività è capace di immettere nuova energia psichica tanto nella biografia personale quanto nel circuito sociale, pro-muovendo la capacità di agire dei singoli senza compromettere, ma anzi rafforzando, legami cooperativi” (Magatti-Giaccardi, 2014: 38). In questa ottica la generatività è l’espressione non solo di dinamiche intrapsichiche ma anche di processi di natura sociale in quanto ci consente di osservare non solo il livello quantitativo dei legami ma soprattutto la loro qualità e affermare non tanto la presenza di un legame ma quanto come questo legame condizioni la coesione sociale della comunità in termini inclusivo o autoreferenziali (Giardiello 2014) .

Ai fini del lavoro è importante innanzitutto considerare il processo di generatività/degeneratività sociale in rapporto non solo al nesso famiglia e comunità quanto alla relazione che si sviluppa tra la socialità primaria e quella secondaria. Per socialità primaria intendiamo la famiglia, i vicini, le relazioni amicali e parentali, mentre la socialità secondaria rappresenta la dimensione pubblica, civile ovvero lo spazio pubblico (Caillé 1995: 259-268)2. In secondo luogo il rapporto tra le due realtà viene sviluppato in un’ottica bidirezionale, di influenza reciproca ritenendo che tra queste due dimensioni sussista una forte osmosi che ne condiziona la loro qualità sociale e relazionale. In questa ottica l’attivazione del processo generativo risulta il prodotto di un complesso intreccio dinamico e relazionale tra le risorse sociali della famiglia e della socialità secondaria e la dimensione e qualità spaziale di una comunità. Più specificatamente la tenuta della coesione sociale dello spazio pubblico deriva da processi generativi che trovano congiuntamente la loro origine sia nella socialità primaria sia nella capacità dello spazio pubblico di accogliere e trasformare relazioni primarie in solidarietà collettive, nonché di produrre una traslazione generazionale implicando il passaggio da una generatività filiale ad una generatività sociale. Va infine precisato che si preferisce impiegare il concetto di spazio pubblico non solo perché risulta interessante dal punto di vista dell’analisi della qualità sociale e democratica di una comunità, ma perché in esso la coesione sociale (quando viene generata) è espressione di una relazione che lega le diversità e non le fonde. Questa concezione ci consente di analizzare il benessere o il malessere dello sviluppo cognitivo, relazionale e affettivo dei soggetti in transizione in quanto considera la riuscita dell’assolvimento dei loro compiti di sviluppo in relazione alla qualità sociale (coesione sociale) degli spazi nonché in rapporto alle dinamiche generative o degenerative in esso presenti.

IV - I PREADOLESCENTI E LO SPAZIO PUBBLICO: LE CONSEGUENZE SOCIALI DI UNA CRISI

Il bisogno di crescita di un individuo si nutre del tessuto relazionale che si genera all’interno di un contesto e soprattutto nell’alleanza generativa che si sviluppa tra le varie articolazioni della vita sociale.

2 La distinzione tra socialità primaria e secondaria è stata ripresa dal lavoro di Caillè e riformulata in funzione dello studio del processo generativo della coesione sociale nello spazio pubblico.

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L’acquisizione dell’identità, compito di sviluppo centrale nella fase preadolescenziale e adolescenziale, non è solo il prodotto di un’azione congiunta tra genitore e figlio (Scabini - Manzi 2005: 84) ma è anche il risultato della capacità generativa che si determina tra famiglia, socialità primaria e spazio pubblico (e viceversa). Nell’individuo l’identità non è una realtà psicologica isolata ma rappresenta la risultante di un complesso fenomeno relazionale che si articola tra la famiglia e il mondo esterno e che dovrebbe condurre il soggetto ad acquisire la capacità di essere autonomo nella relazione 3. In questo senso contestualizzare l’analisi della crescita dei preadolescenti all’interno del tema della coesione sociale e spazio pubblico permette di evidenziare come i relativi mutamenti strutturali e gli specifici processi generativi e degenerativi, che coinvolgono lo spazio pubblico e le relazioni sociali, condizionano la formazione dell’identità delle nuove generazioni.

La vasta letteratura sullo spazio pubblico pone in evidenza come esso sia sottoposto a fenomeni di ghettizzazione, militarizzazione e commercializzazione e pone in risalto soprattutto come esso sia progressivamente sottoposto ad un ineluttabile svuotamento di senso e significato per assumere sempre più i contorni di “<<spazi>> impersonali, prevalentemente dedicati alla museificazione, al turismo culturale di massa, al consumo vistoso di beni di lusso” (Gibelli 2010: 86). La crisi mostra una trasformazione degli spazi da luoghi della dimensione civile a vetrine, da spazi della socializzazione a luoghi di transito in cui l’obiettivo non è la sosta, l’incontro, la pausa ma ottimizzare “in maniera invasiva la circolazione dei flussi (prevalentemente automobilistici)” (Ibidem).

Tutto ciò rappresenta l’analisi prevalente della crisi dello spazio pubblico, meno frequente invece è l’analisi della qualità sociale dello spazio pubblico in rapporto alla crescita e allo sviluppo dei giovani. La considerazione congiunta del valore sia della socialità primaria che di quella secondaria (o del privato e dello spazio pubblico) attraverso una prospettiva generativa (che pone attenzione al rapporto intergenerazionale e alla trasmissione delle risorse sociali), risulta centrale per l’analisi del “disagio invisibile” (Mazzoli 2005) che investe soprattutto i soggetti nei passaggi critici ed evolutivi della vita (Marta - Scabini 2007: 10). Porre al centro la dimensione della coesione sociale e dello spazio pubblico come risorse educative e soprattutto evolutive del soggetto in transizione implica l’assunzione di una precisa opzione teorica in merito alla complessità dello sviluppo dell’individuo. Occuparsi dei processi generativi o degenerativi tra coesione sociale e spazio pubblico vuol dire prediligere un approccio contestualista e costruttivista dal quale emergono importanti considerazioni. Innanzitutto viene conferita una rilevante importanza al processo comunicativo e interattivo che si sviluppa tra il soggetto e il suo contesto problematizzando l’assunzione dell’identità e del processo di socializzazione (così come teorizzato da Parsons) (Besozzi 2006:130). E’ evidente, secondo la Besozzi, che porre “l’enfasi sull’intersoggettività e sulla comunicazione significa riconoscere al soggetto una capacità (o la necessità) non solo di condivisione, bensì anche di rielaborazione e trasformazione della realtà e quindi di costruzione di nuovi significati da mettere in comune, come pure di presa distanza dai significati condivisi e dal sistema di aspettative espresse dai partecipanti al processo comunicativo” (Ibidem:130-131). Questa prospettiva implica che nel corso dello sviluppo il soggetto, soprattutto attraverso la socializzazione secondaria, ridefinisce la propria visione della realtà in termini relativi ovvero considerandola “non più come l’unica possibile visione del mondo” (Ibidem: 131). In secondo luogo ciò sottintende che se l’individuo è parte attiva nel ridefinire e reinterpretare i significati della realtà oggettiva (del contesto sociale, valoriale in cui vive), è altrettanto evidente che ciò è possibile in un contesto che sia in grado di esprimere pienamente e chiaramente un patrimonio di significati rispetto al quale l’individuo può manifestare consenso o dissenso, può mostrarsi attivo nel rivitalizzare, rigenerare i legami e i significati contribuendo al cambiamento della realtà e non recidendo il legame con il passato. E’ abbastanza evidente come in ambienti vuoti, privi di senso, poveri di relazione, sprovvisti di fiducia, carenti di valori in cui si è sviluppato un processo degenerativo (non generativo) sul piano sociale e generazionale, il complesso sviluppo dell’individuo (in cui non è possibile scindere la dimensione cognitiva da quella affettiva e sociale) (Corsano 2010), risulta depotenziato e incrinato verso uno sviluppo

3 Scabini e Manzi definiscono questo processo distinzione correlata. Essa esprime nel soggetto “la capacità di autonomia intesa come capacità di rispondere di sé come specifico membro della famiglia, come specifica coppia, come specifica famiglia. Rispondere di sé implica percepire propri confini, assumersi proprie responsabilità, ma implica anche, come ci ricorda l’etimologia, rispondere a qualcuno. L’assunzione della propria unicità come persona e famiglia è una risposta-trattativa tra membri della famiglia e tra generazioni. Ed è nell’esercizio di questa risposta trattativa tra i membri che si rigenerano nuovi legami e si risignificano quelli antichi” (Scabini - Manzi 2005: 84-85).

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monodimensionale (solo affettivo o intimistico) dal quale si generano personalità individualistiche e narcisistiche.

La criticità di tale processo ha una ricaduta sulla fase evolutiva dell’individuo e quindi sulla preadolescenza intesa come periodo di vita a sé stante in cui “lo sforzo di ridefinizione critica del Sé (riorganizzazione del Sé) e dei termini del funzionamento sociale in precedenza introiettati, diventa l’impegno più coinvolgente di ogni soggetto” (Palmonari – Rubini 2006: 243). Ciò implica la progressiva conquista dell’autonomia in ragione soprattutto di alcuni compiti di sviluppo come la trasformazione del corpo, lo sviluppo del ragionamento astratto e razionale, l’apertura verso dimensioni temporali e spaziali extrafamiliari. Si delinea una concezione della preadolescenza come “periodo che conserva – dal punto di vista psicologico, sociale, relazionale – una sua autonoma complessità di dinamiche e sviluppi (Augelli 2011: 41). Una fase che nonostante viene definita (a ragione) come l’età della << terra di mezzo>>, della <<migrazione>> (Magnoni - Venera 2009) e <<dell’erranza>>, poiché richiama una condizione di nesso tra l’infanzia e l’adolescenza, tuttavia esprime precisi compiti, peculiari sfide e specifici bisogni relazionali e orientamenti etici. L’insieme di queste sfide evolutive, definite compiti di sviluppo, sono la risultante del nesso della reciproca influenza che si determina, tra l’“individuo, la sua appartenenza sociale e l’ambiente in cui è inserito” (Palmonari 2001: 18). In questa prospettiva i compiti di sviluppo che un individuo deve affrontare nel suo percorso evolutivo, per quanto universalmente presenti in tutti i soggetti nelle fasi evolutive, sono influenzati e condizionati dalle specifiche condizioni storiche culturali e sociali della società. Riguardo alle caratteristiche socioculturali della nostra società (ipersoggettivista, globalizzata, plurale, fortemente segmentata e così via), possiamo individuare, seguendo l’analisi della Besozzi, tre compiti di sviluppo che riguardano “il conseguimento dell’identità, lo sviluppo morale, la competenza comunicativa” (Besozzi 2010: 22). L’assolvimento di questi tre compiti di sviluppo è strettamente correlato alla presenza o all’assenza di processi generativi e quindi alla qualità sociale che l’ambiente privato e pubblico riesce a produrre e a esprimere insieme. In una realtà generativa la famiglia in primis e la socialità primaria sono in un rapporto osmotico (né completamente aperti né del tutto chiusi) con la dimensione pubblica e il suo spazio. Ciò determina una comunità ricca socialmente nella quale non avviene una scissione (né confusione) tra la dimensione sociale primaria e secondaria, piuttosto si creano ponti comunicativi capaci di creare senso di appartenenza, relazioni dense, coesione sociale ma anche comunicazione e relazioni con le diversità. In una realtà sociale generativa lo spazio pubblico diventa il luogo in cui la famiglia e la socialità primaria <<lanciano>> i propri figli nel mondo favorendo la sperimentazione relazionale, la costruzione di una ragione pubblica condivisa, la pratica di comunicazioni libere. Se uno dei processi fondamentali, o compiti di sviluppo del preadolescente, attiene soprattutto alla possibilità di migrare da uno spazio protetto a uno aperto, ciò significa che la sua riuscita dipenderà dalla qualità di trasferimento di generatività o degeneratività tra la famiglia (generazioni familiari) e la comunità ovvero lo spazio pubblico. In questo processo non è di per sé rilevante il tempo speso dal preadolescente fuori dalla famiglia (anzi spesso questo può rappresentare un rischio), ma piuttosto la qualità sociale (coesione sociale) e civica dello spazio pubblico poiché prerequisito fondamentale per lo sviluppo di una capacità di agency nel soggetto in transizione (Besozzi 2010: 23). Seguendo questa analisi è evidente che l’acquisizione dell’identità, in un contesto nel quale si può sperimentare la relazione con l’altro conservando o rivitalizzando il senso di appartenenza, avviene all’insegna di un processo di “individualizzazione” (Ibidem). In questo senso è fondamentale per <<il territorio di vita>>, e soprattutto per i luoghi e gli spazi che hanno la funzione pubblica, di essere muniti di quelle coordinate relazionali e etiche attorno alle quali gli individui possono costruire un processo “di significazione che si genera solo allorquando si produce un mutamento che induce a percepire i luoghi da <<in sé>> a <<per sé>>” (Giardiello 2010: 369). In questa trasformazione dei luoghi in spazi significativi troviamo la possibilità nel preadolescente di assolvere il compito di sviluppare una consapevolezza morale e civica che rappresenta la base della formazione di un mondo in comune (Arendt 1958). Ciò implica l’acquisizione di competenze comunicative che sono strettamente legate alla qualità del tempo vissuto dai ragazzi nello spazio pubblico. Uno spazio plurimo, multifunzionale e intergenerazionale è un luogo che non segrega in base all’età, al genere, alla cultura o etnia. Si tratta di un luogo profondo (ricco di memoria), denso (presenza di relazioni generative) e aperto (in-fra Arendtiano) in cui si vive un tempo e una comunicazione a base relazionale e/o mitica. In questo ambito il tempo vissuto o esperito sviluppa una comunicazione che rimanda a registri relazionali “che considerano il tempo come <<storia delle relazioni sociali>>” (Donati 2003: 7) oppure (ma anche congiuntamente) richiamano registri mitico-simbolici del tempo “che considerano la realtà sotto la luce delle cose che non hanno tempo (“mitiche”), che danno un senso ultimo alla vita” (Ibidem). Tutto ciò nella società contemporanea è posto in crisi dal

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processo di svuotamento dello spazio pubblico sostituito dai “non luoghi” (Augè 2009) o dagli spazi del consumo, pseudo pubblici e liberi, e da un preoccupante processo di degeratività sociale che produce la privatizzazione della vita pubblica, l’individualismo e l’intimismo. Se la generatività sociale è un costrutto relazionale di altruismo o dono sociale, la degeneratività rappresenta la crisi del processo relazionale e soprattutto di quel processo osmotico base fondamentale dal quale si sviluppa la coesione sociale inclusiva. In questa ottica, come già più volte evidenziato, non solo la crescita di un individuo è strettamente legata alla qualità del processo generativo ma anche la coesione sociale e il benessere collettivo di una comunità sono il prodotto dell’evoluzione pro-sociale dell’individuo. Investire sulla crescita degli individui sul piano morale, civile e relazionale non solo è un dovere e compito genitoriale ma è anche una risorsa da valorizzare, curare per il bene della società. Il processo di degeneratività spezza il doppio legame tra individuo e società, tra crescita e generatività sociale poiché depotenzia la capacità generativa della famiglia e della socialità, soprattutto nella sua disponibilità a trasmettere risorse morali e relazionali. Si è indotti sempre più spesso a pensare che i malesseri comunicativi, le crisi d’identità, le intolleranze, la fragilità e il relativismo morale dei preadolescenti (e in generale dei giovani) siano questioni isolate ovvero da tematizzare separatamente (psicologizzate) rispetto alla qualità sociale della comunità e dello spazio pubblico. Tutto ciò viene problematizzato mostrando come l’analisi degenerativa del rapporto tra dimensione privata e pubblica non solo evidenzia la nota questione della scarsa generatività sociale delle generazioni precedenti nei confronti delle generazioni successive, ma evidenzia anche la frammentazione e deterioramento nella socialità primaria a produrre legami sociali allargati e fiducia generalizzata. Da una parte lo spazio pubblico si svuota, diventa luogo degli incontri formali e strumentali, privi di senso giacché mancanti della relazione generativa e dall’altra la casa, la famiglia e la socialità primaria, in assenza di un contesto relazionale che favorisce l’incontro con l’altro e valorizza le appartenenze e la partecipazione si trasforma in privatismo (enclave socio-culturali). Con questo termine si intende il movimento umano che si sviluppa dallo spazio pubblico verso lo spazio privato (Lofland 1998: 143). Lofland, in linea con le riflessioni di Sennett, sostiene che nel mondo occidentale le persone tendono a conferire sul piano socio-psicologico un valore alto alle relazioni intime poiché considerate autentiche e sane rispetto al mondo esterno percepito non autentico, pericoloso perché invaso sempre più da un estraneo minaccioso (Ibidem 145; Sennett 2006: 4-5). Da un punto di vista evolutivo ciò comporta una grave metamorfosi delle funzioni sociali e educative della famiglia e della casa. In tale contesto queste non rappresentano più la base sicura da cui partire per esplorare il mondo poiché la famiglia non costituisce più il ponte relazionale, la casa non è più la dimora da cui partire o raccogliersi per intraprendere nuovi percorsi. La famiglia diventa il luogo (se non addirittura l’unico) dove rifugiarsi rispetto a un mondo esterno percepito privo di valore: la casa come una fortezza, l’unica comunità opposta alla società. In questo scenario è evidente che il giovane attorno a questa realtà non solo costruisce relazioni ristrette escludenti ma gli stessi genitori esprimono una genitorialità marcatamente filiale e non sociale (che genera iperdividualismo o dipendenza). La transizione dalla socialità primaria a quella secondaria, “dal familiare al sociale per i giovani si pone oggi in termini di contrapposizione, scissione, difficoltà, piuttosto che nei termini di un possibile trasferimento di un capitale/risorsa acquisito in famiglia da spendere nella più ampia comunità” (Marta - Scabini 2007: 13). Ciò comporta nella cultura preadolescenziale la formazione di un’identità autoreferenziale, iperindividualistica, di uno sviluppo morale basato su valori espressivi e intimi e un processo comunicativo centrato sui registri interazionali del tempo (il tempo che dura solo quanto dura una comunicazione) (Donati 2003: 7). In più si evidenzia come spesso si genera nei confronti dello spazio un approccio individuale volto al semplice consumo o appropriazione. Queste pratiche esprimono nel preadolescente un falso passaggio dalla dimensione privata a quella pubblica dal momento che spesso gli spostamenti o la fruizione dello spazio avvengono lungo logiche e direttive standardizzate e segreganti (lo stesso vissuto dello spazio spesso avviene mediante relazioni escludenti).

In questa ottica, quindi, occuparsi della qualità e del benessere dello sviluppo dei preadolescenti (e in generale degli individui in crescita) significa considerare le relazioni che si sviluppano tra le dimensioni sociali primarie e secondarie in funzione della formazione di una coesione sociale all’interno dello spazio pubblico. Si tratta di valorizzare comunità pubbliche che rispondono al pericoloso processo di atomizzazione della società attraverso la formazione di luoghi in cui i giovani possono sperimentare la diversità, l’ignoto senza cadere nel ricorso di forme regressive di comunità.

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V- METODOLOGIA DELLA RICERCA

Il rapporto generativo tra la socialità primaria e secondaria è fondamentale per lo sviluppo morale e sociale del preadolescente in quanto può determinare la formazione di una coesione sociale che trasforma gli ambiti di vita in luoghi ricchi di relazioni e dotati di risorse socio-educative. In questa ottica quando tra le due forme di socialità maturano scambi virtuosi, il rapporto è all’insegna del reciproco arricchimento contribuendo allo sviluppo relazionale dei giovani. Nel caso in cui lo scambio segua invece una logica corporativa, autoreferenziale, si produce un esito di anonimato e povertà relazionale, con conseguenze negative sia sullo sviluppo psicoculturale dei preadolescenti che sull’intera comunità. Va tuttavia rilevato che l’azione congiunta della socialità primaria e secondaria ha bisogno di spazi e luoghi per poter tradurre le risorse morali, sociali e valoriali in un sapere condiviso e concreto. La coesione sociale quindi, non è qualcosa che può essere decretata dall’alto, attraverso progetti di ingegneria sociale, ma è un processo che può nascere solo se la comunità e i soggetti che la compongono mettono al centro il fare esperienza nella relazione con l’altro. Sulla base di queste considerazioni è stato effettuata una ricerca sui preadolescenti in età compresa tra 11 e 14. In una prima fase la ricerca si è caratterizzata per l’uso della tecnica del focus group (Corrao 2002) con i preadolescenti iscritti alla scuola media del comune di San Leucio del Sannio, in provincia di Benevento. Da questo focus group sono scaturite le riflessioni teoriche, le ipotesi di ricerca e la formulazione del questionario semistrutturato somministrato nell’anno scolastico 2008-2009 a nSL=101 studenti. In una seconda fase si è voluto effettuare un confronto tra i preadolescenti di San Leucio con i loro coetanei residenti in realtà territoriali più estese. A questo proposito sono state prese in considerazione le città di Roma e Bari. Per rendere i dati omogenei e confrontabili con quelli rilevati a San Leucio, è stato adottato un piano di campionamento a due stadi (Cicchitelli et al., 1994, pp. 80-83). Per ognuna delle realtà territoriali è stata selezionata in maniera casuale una scuola media statale (unità primaria). Successivamente, per ognuna delle scuole selezionate è stata estratta in maniera casuale una sezione. Più specificatamente sulla base di tali riferimenti comparativi sono state analizzate le seguenti ipotesi:

1) la crisi della qualità sociale dello spazio pubblico comporta la chiusura nel privato e lo svuotamento della sua efficacia formativa nel preadolescente;

2) la privatizzazione dello spazio pubblico comporta la supremazia dell’oikos sull’agorà, conferendo alla casa il ruolo di comunità che esclude le differenze;

3) il depotenziamento della coesione sociale dello spazio pubblico risulta associata all’indebolimento del processo di generatività sociale (inteso in senso di trasferimento generazionale e sociale).

Ai fine di una chiarimento metodologico e teorico relativo all’impianto complessivo del lavoro è importante fare una precisazione: la comparazione tra le tre realtà, differenti dal punto di vista socio-economico e demografico, ha lo scopo di verificare se il processo di trasformazione dello spazio pubblico, e la crisi dei processi generativi della socialità primaria sia un fenomeno presente nelle grandi come nelle piccole realtà urbane. Il problema della privatizzazione, della trasformazione dello spazio in luogo privo di senso rappresenta una fenomenologia che coinvolge anche le piccole comunità che nel tempo sono state interessate da processi di disorganizzazione sociale, culturale e spaziale. L’interesse è volto ad analizzare la condizione del preadolescente in rapporto allo spazio pubblico e alla coesione sociale sia nella piccola comunità che nei quartieri delle grandi città al fine di cogliere non solo elementi comuni o eventuali differenze ma anche processi di chiusura identitaria in micro cosmi sociali che impediscono la formazione del cittadino e della cultura civica.

Per l’analisi del processo generativo in rapporto allo spazio pubblico e alla coesione sociale sono state prese in considerazione le seguenti variabili:

1) dove trascorri prevalentemente il tuo tempo libero? (piazza e strada; casa di amici; in campagna; computer/playstation; bar e sala giochi; palestra; giardino del condominio; casa propria; casa dei nonni; televisione)

2) Qual è il tuo rapporto con i vicini?: a) frequento le case dei vicini; b) i miei vicini frequentano la mia casa; c) mi fermo a parlare con i miei vicini; d) mi ritrovo con i miei vicini per

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trascorrere un po’ di tempo e fare delle cose insieme; e) tra i ragazzi del vicinato chiedo in prestito o presto piccole cose; (tutti i giorni; spesso; qualche volta; raramente; mai)

3) Come trascorre la tua famiglia i giorni di festa o i week-end? (sola; con i parenti; con altre famiglie; con amici)

4) Se ci fosse data la possibilità credo che anche noi potremmo organizzare qualcosa di bello per il nostro paese/quartiere (a:fortemente d’accordo, b:abbastanza d’accordo, c:poco d’accordo, d:per niente d’accordo)4

5) Credo che le persone di qui abbiano le potenzialità per cambiare le cose che sembrano non funzionare (a:fortemente d’accordo, b:abbastanza d’accordo, c:poco d’accordo, d:per niente d’accordo)

VI- LA COESIONE SOCIALE NON GENERATIVA

In questo paragrafo il concetto di coesione è stato analizzato in relazione ai processi educativi e al tema di organizzazione/disorganizzazione sociale o di anomia dei contesti di vita degli adolescenti.

In tutte le tre le realtà, in base ai risultati riportati nelle figure 1, 2 e 3, viene confermato il valore educativo della coesione sociale che produce una maggiore integrazione relazionale tra gli adolescenti e i loro spazi di vita, evitando così il pericoloso avvitamento all’interno di un vissuto temporale autoreferenziale, segnato da solitudine e povertà relazionale. Emerge chiaramente che la condizione di solitudine e precarietà relazionale è associata ad una scarsa generatività della famiglia e delle reti sociali che si costruiscono attorno ad essa. Allorquando la famiglia risulta non inserita in un network di relazioni e i rapporti con il vicinato sono inesistenti, il preadolescente trascorre il suo tempo prevalentemente in solitudine, davanti al computer, o all’interno di gruppi amicali ristretti. Si denota, attraverso l’analisi dei dati, un processo di degeneratività sociale che configura una realtà apparentemente normale ma che in realtà è segnata da una prevalente crisi di legami sociali e vincoli di solidarietà. Al contrario quando è presente uno scambio virtuoso tra le varie forme della socialità che compongono la comunità, si prefigura un contesto capace di rispondere o di soddisfare il bisogno di relazionalità, fondamentale per lo sviluppo dell’identità del preadolescente. I grafici mostrano infatti, con diversi livelli di intensità, la costruzione di uno spazio semantico nel quale prende forza, valore, il processo di generatività e quindi di trasmissione valoriale dalla famiglia alla socialità secondaria. Più in dettaglio tra le tre realtà considerate emerge, sulla base di un secondo livello di analisi, un diverso grado di coesione/frammentazione sociale. Nel quartiere di Bari (Fig.1) si prefigura un modello perfetto del processo generativo tra la socialità primaria e quella secondaria: laddove la famiglia ha forti legami e relazioni e intensi rapporti di vicinato si configura una crescita del preadolescente fortemente orientata alla partecipazione e alla fiducia intergenerazionale, e viceversa. Nel comune di San Leucio (Fig.2) invece, il processo generativo risulta essere segnato da una dispersione della sua capacità di creare coesione sociale: le variabili costitutive del processo generativo si dispongono sul grafico lontane tra loro, configurando una situazione caratterizzata da scissioni, contrapposizioni che rappresentano una realtà fortemente segnata da processi di disorganizzazione sociale o di anomia. La coesione sociale presente è debole, con poca forza di espandersi nella comunità e contribuire alla crescita morale dei preadolescenti, si produce all’interno di un nucleo ristretto, autoreferenziale da cui non scaturisce una coesione sociale inclusiva allargata. A fronte di questa limitata capacità generativa della coesione sociale, si contrappone in maniera nitida e precisa la solitudine della famiglia e della sua difficoltà a creare legami sociali. Si produce un processo di atomizzazione che svuota completamente lo spazio pubblico della sua capacità di ricondurre a coesione sociale la comunità. Ciò genera una visione intimistica, sfiduciata nelle possibilità di cambiare, che si traduce in una cultura <<fai da te>> considerando se stesso e al massimo la famiglia le uniche risorse da mettere in campo per fronteggiare la complessità della società.

4 Le variabili 4 e 5 sono due item della scala di comunità (Giardiello, 2012, pp. 882-889). Nei grafici sono indicate, rispettivamente, con v4 e v5 e associate alle modalità di risposta. Le 5 variabili sono state analizzate attraverso l’analisi delle corrispondenze multiple.

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piazza/stradatelevisione

casa di amici

campagna

computer

bar

palestra

giardino

casa propria

nonni

sola

parenti

altre famiglieamici

v4av4b

v4c

v5a

v5b

v5c

v5d

vicinato: tutti i giorni/spesso

vicinato: raramente/mai

vicinato: qualche volta

-2

-1

0

1

2

-3 -2 -1 0 1 2 3

Fig.1 – Bari

v4a

v4b

v4c

v4d

v5a

v5bv5c

v5d

sola

parentialtre famiglie

amici

vicinato: qualche volta

vicinato: spesso

vicinato: raramente

vicinato: tutti i giornivicinato: mai

piazza

televisione

casa di amci

campagnacomputer

bar

palestra

giardino

casa propria

nonni

-2

-1

0

1

2

-2 -1 0 1 2

Fig.2 – San Leucio

v4a

v4b

v4c

v4d

v5a

v5b

v5c

v5d

sola

parenti

altre famiglieamici

vicinato: tutti i giorni

vicinato: spesso

vicinato: raramente

vicinato: qualche volta

piazza

televisione

casa di amici

campagna

computer

bar/sala giochi

palestragiardino

c

nonni

-2

-1

0

1

2

-1,5 -0,5 0,5 1,5

casa propria

vicinato: mai

Fig. 3 – San Lorenzo

Il quartiere di San Lorenzo (Fig.3), infine, esprime un processo di generatività sociale per certi versi simile a quello di Bari, dal momento che riesce a ricomporre in un’unica area semantica i meccanismi e i dispositivi attraverso i quali si generano relazioni sociali allargate. A fronte di tale presenza generativa, tuttavia, questa appare più come un collante che tiene insieme una nicchia ecologica sociale piuttosto che il prerequisito per lo sviluppo di uno spazio di partecipazione e di responsabilità

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civile. In altri termini si può definire la condizione di San Lorenzo come quella che esprime una coesione sociale collante e poco innovativa sul piano civile e sul piano della costruzione dell’homo civicus (Prandini 2011).

VII – LA COESIONE E LA CRISI DELLO SPAZIO PUBLICO: L’ESCLUSIONE DELLA DIVERSITA’

Come più volte sottolineato nei paragrafi precedenti, lo spazio pubblico non assume più i caratteri di luogo della relazione, dello scambio e costruzione di una coesione sociale che include e non omologa bensì si configura come un luogo di attraversamento e di uso individualistico, spesso connotato da comportamenti clanici o consumistici, che riducono fortemente la sua capacità educativa e socializzante. Viene a mancare il ruolo di coeducatore dello spazio pubblico che interviene e partecipa insieme ad altre agenzie di socializzazione (famiglia, scuola, luoghi informali) al difficile processo di crescita del preadolescente e adolescente (Giardiello 2012).

Bisogna tuttavia precisare che la funzione educativa, civile, relazionale dello spazio non deriva dalla sua semplice presenza poiché non è sufficiente progettare e costruire piazze, parchi, aree di incontro per renderli luoghi della crescita civile e comunicativa, occorre creare interdipendenze e relazioni comunicative con l’altro, il diverso, lo straniero per far sì che lo spazio diventi luogo della “con-vivenza” (Forni 2010) e della convivialità. Nella nostra prospettiva lo spazio pubblico può riappropriarsi della sua complessa azione di essere “da un lato luogo della coesione sociale, dell’appartenenza, della partecipazione, ove coltivare la densità e la spontaneità delle relazioni e, dall’altro, luogo dell’apertura e dell’interscambio dove promuovere la libertà di espressione, la multifunzionalità e la multiculturalità” (Magatti 2007 : 464) solo nel momento in cui si realizza un processo osmotico tra la socialità primaria e quella secondaria. In questo scenario l’investimento di risorse sociali e generazionali (prendersi cura delle generazioni successive) nello spazio pubblico rappresenta la strategia generativa che è alla base del processo di bonifica sociale ed etica di porzioni di spazi collettivi. Più specificatamente rappresenta il meccanismo attraverso il quale lo spazio diventa luogo sociale, ambito di crescita dell’identità del cittadino e non vuoto morale, civico in cui il tempo vissuto dai ragazzi non genera più integrazione sociale, senso generazionale, appartenenza e competenze comunicative.

Con riferimento alla ricerca effettuata, l’analisi precedente è stata ampliata inserendo la variabile relativa al concetto di piazza degli adolescenti: un luogo per giocare; un luogo per dialogare; uno spazio solo per gli adulti; un luogo vuoto; uno spazio adibito al parcheggio; un luogo poco illuminato e pericoloso. Dall’analisi dei dati5 emerge chiaramente che lo spazio pubblico non è più il luogo della coesione sociale in cui hanno spazio le differenze e il reciproco riconoscersi, giacché il processo generativo che si realizza, anche nei casi in cui si produce legame sociale, si presenta conservativo ovvero ripiegato in una dimensione fortemente introvertita. E’ significativa la realtà di Bari (quartiere San Pasquale) dove la coesione sociale prodotta non rappresenta la base della vita pubblica, piuttosto sembra confinata all’interno di un circuito domestico ben trincerato all’interno delle mura della case di amici, parenti e nonni. Questa coesione sociale, che potremmo definire <<domestica>>, è regolata da un processo generativo a corto raggio, teso prevalentemente ad investire all’interno di una realtà sociale pensata e vissuta all’interno del quartiere ma senza legami generativi con esso. Più in particolare, nonostante la presenza di un tessuto coesivo, la percezione e la valutazione che gli intervistati sviluppano dello spazio pubblico è quella di una realtà adatta solo per gli adulti. Si profila un tipo di spazio pubblico segregante sulla base dell’età, che perde la sua naturale funzione di luogo multifunzionale e soprattutto intergenerazionale. E’ evidente che in questo caso si riproduce un processo generativo debole e soprattutto ambivalente sul piano generazionale. Assumendo una prospettiva generazionale, infatti, “potremmo dire che gli adulti, nel contesto sociale, hanno agito secondo una logica corporativa di breve respiro senza vedere gli effetti nel lungo periodo dei loro comportamenti. Essi hanno dimenticato la loro dimensione genitoriale; hanno perduto la loro qualità generativa di investimento nelle generazioni successive” (Scabini - Manzi 2005: 101) e soprattutto si sono ritirati dalla vita civile evitando di assumersi il compito di essere modello valoriale ed etico. Rispetto, invece, ad una condizione del preadolescente in cui la coesione sociale svolge più un’azione di controllo che di promozione del soggetto nell’acquisizione di valori civici e partecipativi, emerge chiaramente la conferma dell’ipotesi che in assenza di coesione sociale o legami generativi la valutazione che gli adolescenti hanno dello spazio

5 Per motivi di spazio nel lavoro non sono riportati i grafici ma soltanto il commento dei risultati.

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pubblico si prefigura o in termini di semplice consumo (spazio per giocare) o di insicurezza e paura. Nel primo caso abbiamo un processo di disimpegno generativo ed educativo da parte della famiglia e delle poche reti sociali che agiscono intorno ad essa; nel secondo caso, invece, la casa è l’unica comunità possibile in cui si costruiscono appartenenze identitarie in quanto il pubblico è percepito come insicuro e quindi come una minaccia, e pertanto viene estromesso completamente dalla visione della vita dei preadolescenti.

Diversamente da Bari, nel quartiere San Lorenzo di Roma, pur non configurandosi come un processo idealtipico della generatività sociale (come succedeva invece per il quartiere San Pasquale), l’inserimento nell’analisi della variabile “spazio pubblico” fornisce un’altra chiave di lettura civica: il processo generativo, pur essendo meno intenso sul piano delle relazioni sociali e meno coeso, è più capace di trasferire o investire di risorse sociali lo spazio. Lo spazio pubblico, infatti, è percepito come il luogo per dialogare, richiamando prassi di scambio tra generazioni e diversità, in ragione della specificità del quartiere e della sua storia. Anche a San Lorenzo, tuttavia, nel momento in cui non si realizza la coesione, lo spazio pubblico è considerato un luogo vuoto, associato ad una completa assenza di relazioni sociali, oppure come spazio monofunzionale (solo per gli adulti o adibito a parcheggio), confermando la centralità della casa come unica realtà significativa.

Nel comune di San Leucio, infine, si realizza un paradosso: la piazza è il luogo dove i preadolescenti trascorrono prevalentemente il tempo libero ma, allo stesso tempo, è il luogo dove la generatività sociale meno riesce a trasferire o investire le risorse morali e civili nello spazio pubblico. Il debole processo di generatività sociale produce una scarsa coesione sociale che si traduce in insicurezza ontologica per gli individui e soprattutto per i giovani. Viene a sgretolarsi l’immaginario collettivo che conferisce al piccolo centro una maggiore qualità della vita in termini relazionali e spaziali. In questi luoghi appare attivo un processo di transizione dalla comunità, dai luoghi collettivi a quelli privati dal momento che lo spazio pubblico viene per lo più percepito come luogo insicuro, adibito al solo parcheggio o semplicemente dove trascorrere e consumare il tempo. Il mancato investimento nello spazio pubblico comporta una generale perdita di comunità e dei suoi valori coesivi. Ciò viene confermato dal carattere a-contestuale del giudizio positivo espresso dagli intervistati nei confronti della piazza (considerata luogo del dialogo) dal quale si intravede una valutazione concettuale, astratta che non ha nessuna connessione con la realtà e le risorse sociali.

Collocare l’analisi della coesione sociale all’interno dello spazio pubblico, valorizza la relazione con l’alterità e i processi sociali che consentono di costruire un mondo in comune. Tale ipotesi è stata verificata ampliando ulteriormente le analisi precedenti ed introducendo la seguente variabile: saresti disposto ad accogliere come membri del tuo paese/quartiere le seguenti categorie di persone? Musulmani, ebrei, handicappati, africani, cinesi, immigrati dei paesi europei, persone che la pensano diversamente da te, albanesi (possibili risposte: no; si uno; si alcuni; si molti).

Nel quartiere di Bari (Fig.4) l’introduzione di questa variabile produce un processo di ulteriore depotenziamento della generatività sociale determinando una frammentazione del corpo sociale in tante piccole monadi (enclave sociali e culturali) non comunicanti e incapaci di generare solidarietà allargata, dimensione civica. La massima chiusura è associata ad una vita sociale che si restringe attorno alla casa dei nonni e all’interno di reti familiari corte con una percezione dello spazio pubblico negativa in quanto considerato parcheggio, luogo solo per gli adulti o senza valore. Dalla analisi dei dati emerge come il massimo grado di apertura nei confronti dell’alterità (culturale ed etnica) risulta avulsa dalle risorse sociali presenti nel quartiere mostrando una completa estraneità dal processo generativo. Tale situazione si verifica anche per quanto riguarda la valutazione positiva della piazza (luogo per dialogare) che non mostra alcun legame con tutte le altre variabili. Ciò probabilmente implica che la formazione di tali atteggiamenti e valutazioni deriva da fattori extrasociali e ambientali poiché sembrano concretizzarsi in una forma concettuale piuttosto che derivata dai legami che si sono vissuti, esplorati in famiglia e nella socialità primaria e divenuti patrimonio ed esperienza comune.

Nella comunità di S. Leucio (Fig.5) la massima chiusura si verifica in presenza del più basso livello di generatività sociale: la famiglia del preadolescente si presenta sola e slegata dall’insieme delle relazioni sia di vicinato che amicali e al tempo stesso lo spazio pubblico è considerato pericoloso e insicuro. Appare chiaro che ad una debolezza sociale e generativa corrisponde un ambiente relazionale non solo povero e chiuso ma anche pericoloso. La massima apertura è associata ad una valutazione negativa o indifferente dello spazio pubblico che non riesce a rappresentare una valore aggiunto per l’intera comunità essendo estraneo (probabilmente in modo consapevole) al processo generativo. La conferma della improduttività di tale capitale culturale e sociale sul piano civile della comunità scaturisce dalla

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posizione isolata che assume la valutazione positiva dello spazio pubblico che non si trasforma in pratiche e vissuti reali ma rimane molto probabilmente solo nella valutazione concettuale del soggetto.

Nel quartiere di San Lorenzo (Fig.6), infine, la massima chiusura è correlata allo scarso investimento in termini sociali e generazionali nei confronti dello spazio pubblico. In questo spazio semantico la famiglia del preadolescente vive isolata o al massimo coltiva legami amicali al di fuori del quartiere disponendo di uno scarso livello di generatività sociale nei confronti dello spazio pubblico. Quest’ultimo, infatti, viene descritto come un luogo lontano dai propri interessi perche spazio frequentato solo dagli adulti, oppure luogo senza valore e adibito al parcheggio. La massima apertura non rappresenta una forza sociale fondativa di spazi e pratiche civili in quanto resta immobilizzata rispetto al processo generativo e allo spazio pubblico che anche quando è valutato positivamente risulta un’espressione teorica lontana da esperienze reali.

nonni

casa propria

giardino

palestra

bar/sala giochi

computer

campagnacasa amici

televisione

piazza

amici

altre famiglieparenti

sola

posto pericoloso

parcheggio

luogo vuoto

spazio per adulti

luogo per dialogare

luogo per giocare

vicinato: spesso/qualche volta

vicinato: raramente/mai

vicinato: tutti i giorni

-1

-0,5

0

0,5

1

1,5

2

2,5

-2 -1,5 -1 -0,5 0 0,5 1 1,5 2

tolleranza forte

intolleranza

intolerenza forte

intolleranza deboletolleranza debole

Fig. 4 – Bari

luogo poco illuminato e pericoloso

parcheggio

luogo per dialogare

spazio per giocare

intolleranza debole

intolleranza forte

tolleranza forte

tolleranza debole

vicinato: raramente/maiamici

altre famiglie

parenti

solavicinato: qualche volta/spesso

vicinato: tutti i giorni

nonni

casa propria

giardino

palestra

bar/sala giochi

computer

campagna

casa amici

televisione

piazza

-2,5

-1,5

-0,5

0,5

1,5

2,5

-4 -3 -2 -1 0 1 2

Fig. 5 – San Leucio

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intolleranza debole

tolleranza forte

tolleranza debole

intolleranza forte

amici

altre famiglie

parenti

sola

vicinato: qualche volta/mai

vicinato: spesso/qualche volta

vicinato: tutti i giorni

parcheggio

luogo vuoto

spazio per adulti

luogo per dialogare

luogo per giocare nonnicasa propria

giardino

computer campagna

casa amici

piazza

-5

-4

-3

-2

-1

0

1

2

-2,5 -2 -1,5 -1 -0,5 0 0,5 1 1,5 2

Fig. 6 – San Lorenzo

VIII – CONCLUSIONI

In generale si può sicuramente sostenere che se dai dati emerge il fondamentale ruolo del processo generativo che si instaura tra la socialità primaria e secondaria nel formare la coesione sociale, è altrettanto necessario che esso si concretizzi in spazi accessibili a tutti, in cui si pratica e si apprende la comunicazione e il dialogo per poter trasformarsi in coesione sociale inclusiva e aperta alla diversità. Dalla ricerca emerge che spesso la coesione sociale può rappresentare il collante sociale sulla base del quale si costruiscono nicchie sociali e culturali e domestiche incapaci di rappresentare un terreno fertile per lo sviluppo del preadolescente. Ciò determina un ripiegamento in una cultura narcisistica e individualista e lo sviluppo di una pseudospecies mentality (Erikson 1975) intesa come quel processo di chiusura cognitiva che consente il rafforzamento dell’unicità e superiorità del proprio gruppo di appartenenza. I suoi effetti sono molto più profondi e diffusi nei periodi di grandi cambiamenti dove l’incontro con l’altro, in ragione dei processi di immigrazione o della globalizzazione, spingono le persone “ad identificarsi con la visione del mondo del proprio ingroup” (Schwartz, Motgomery & Briones 2006 p.9).

In questo lavoro si è posto soprattutto in evidenza che sussiste una stretta relazione tra qualità dello spazio pubblico, o meglio la qualità della coesione sociale, e lo sviluppo psicologico e soprattutto sociale del preadolescente. La crescita civile culturale del preadolescente, la possibilità di uscire da una condizione di individualismo esasperato e l’acquisizione di competenze sociali e comunicative che sappiano affrontare il problematico rapporto con l’alterità (Besozzi 2010: 23) deriva dalla possibilità di uscire dal guscio di una realtà familiare e sociale troppo autoreferenziale e intimistica. Dai risultati della ricerca è evidente che “lo <<spazio esistenziale>> del preadolescente si amplia anche grazie a una reale possibilità di percorrere con maggiore libertà spazi fisici, di varcare i confini di casa e conoscere la città” (Augelli 2011: 70): è altrettanto vero che tutto ciò è possibile allorquando si verifica un processo generativo che sappia trasferire congiuntamente responsabilità generazionali e risorse valoriali e sociali nello spazio pubblico.

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