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GIOVANNI GIUDICI "La Bovary c'est moi" Vorrei poterti abolire abolendo me stessa come abolendo te stesso tu mi potresti abolire per fare a tutti dire: "di cosa mai parla questa pazza senza pudore, senza il coraggio di morire per amore" 1

Poesia Italiana del '900

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GIOVANNI GIUDICI

"La Bovary c'est moi"

Vorrei poterti abolireabolendo me stessa

come abolendo te stessotu mi potresti

abolire per fare a tuttidire:

"di cosa mai parla questa pazza senza pudore,senza il coraggio di morire per amore"

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GIANPIETRO LUCINI (Crepuscolare)

"Cristalli di luce ed ombra"

Un mio pensiero Ophelia triste e stanca, naviga alla deriva di un torrente, la terra resupina, molle e bianca,

dorme sull'acque sussurranti e lente?S'attarda il corso, s'attenua manca ed estua

in una gora putrescente.A che pensiero morbido si stanca a languire

sul volto pigramente?Muoija il pensiero!

Ophelia è morta e sta sopra il letto dell'acqua immemoriale.Tonda la Luna, topazio ed opale solecchia sullo stagno.

Il teschio ride; (*)ghigno convulso di luce s'include.Brividi lunghi e fredde ambiguità.

(*) è il teschio celebre dell'"Amleto"

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RICCARDO BACCHELLI (Rondista)

"Epitaffio"

Che cosa c'è, che cos'è Lei la Morte lo sa

ma lo racconta solo ai morti.

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ATTILIO BERTOLUCCI (Ermetismo)

"Inverno"

Inverno, gracili sogni sfioriscono sugli origlieri, giardini lontani fra nebbie nella pianura,

che sfuma in mezzo alle luci dell'alba.Voci come un ricordo d'infanzia,

prigioniere del gelo: s'allontanano verso la campagna.Ninfee dagli occhi dolci e chiari

fra gli alberi spogli, sotto il cielo grigio,cacciatori che attraversano un ruscello,

mentre uno stormo d'uccelli s'alza in volo.

GUIDO GOZZANO

"Della Testa di Morto - Acherontia Atropos - "

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Nelle sere illunifredde stellate di settembre

quando il crepuscolo già cede alla notte...

ALESSANDRO PARRONCHI (Ermetismo)

"Tacciono i corvi"

Il tempo s'è rinchiuso non è da sperare che prima di sera l'orizzonte rischiari.

Ma è finito il comizio, più nessuno contesta all'erba di crescere sui greti e dare all'anno il suo nuovo colore,

in silenzio le strade risalgono al borgo che vela il capo nella nebbia.

Tacciono i corvi mentre in cuore si sveglia in un rimescolio dolce la voluttà.

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GIOVANNI TESTORI

"Tutto puoi dire di me"

T'ho amato con pietàcon furia ti ho adorato,t'ho violato, sconciato,

bestemmiato.Tutto puoi dire di me

tranne che t'ho evitato.

ALDO PALAZZESCHI

"Riflessi"

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Rasentano piano gli specchi invisibiliavvolti di nebbia, non lasciano traccia

nell'ombra, gli specchi non hanno riflessi,non cade su loro dell'ombra una macchia

neppure la macchia dell'oro.Un raggio vien fuori dal centro

di luce giallastra.Sul raggio rimangono lievi, impalpabili,

impronte sfumate di luce, di nebbie: riflessi.

ANGELO BARILE: "Il peccato"

Non l'udivamo respirare calmo a noi,dapresso bocche giunte, il sangue in avvio per meandri

al dolce abisso, non ne udivamo frangere la voce.Ci toccò ch'eravamo melodia svenata

grido, che cade trafitto, e le complici boccheerano estuanti all'amarezza,

tornavano labbra, tra poco dissonavano.Allo foce stagnò l'istante,

il silenzio sciacquò in quello il mare,inazzurrò la stanza,

battè alla sponda del nostro origliere:

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a noi notturni, maculatiinfanzia novità della terra che respira,

a noi nemico paradiso.L'anima con i gigli grevi si destò

dei padri sulle rive fuggite, e le sentimmo ritremare.Cadevamo, due pietre,

per quella prima purità a foreste e nascondigli d'alghe.Sorelle, al nostro oscuro tremito,

sommerse chiome smarrite sul tuo volto d'Eva.

ELIO FILIPPO ACCROCCA

"A due voci"

Che altro vuoi da me Disperazione?Hai colpito nel segno, Crudeltà.

Hai colmato il bicchiere, Solitudine.Mi stai nutrendo, Ira.Sono tuo pasto, Follia.

Mi avvolgi nel tuo manto, Bestemmia.Integralmente mi percorri, Orrore.

Abiterò in te, Vuoto.Mi hai piegato, Nulla...

Sei finalmente appagata, Negazione?

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Sarò sempre tuo ospite, Tenebra? Mai più risalirò da questo Abisso?

... Padre nostro non so dove tu sia:ti chiedo solo un grammo di speranza.

ARTURO ONOFRI (Ermetismo)

"Vincere il drago"

Ma qui ti mando il grido del mio sangue ch'agita la foresta della veglia.

Oh mio rosso cavallo...O conscia anima angelica,

O racchiusa crisalideil tuo guscio era un morire

della tua luce entro la notte oscurad'un antico tuo male inconosciuto.

Or che tu stessa infrangila parete del tuo passato,

irromperà la morte in quel tuo chiusoe sveglierà dal cupo del sonno antico

un angelo primevo che aprirà le sue grandi ali di fuoco,rari all'amore che ti volle vita.

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GIORGIO VIGOLO (Ermetismo)

"Circe"

E chissà che questa non sia la morte, pallide strade perdonsi nell'erba stridula

al vento della sera fredda:alberi non vedo, né casolari.

Ma solo il circo dei monti desertiche orla ancora un tramonto solo.

A mano a mano che inoltro mi spoglio d'umanitànel desolato vespero.

I prati, il cielo, mi vuotano l'animae mi sento lentamente

svenire dalla solitudine che m'assorbe.Non resisti alla gran forza dei monti che ti si bevono

come una pioggia e i ricordi scendono sotto terra,che nome avevi adesso non sai più.Tremendi i colori della campagna

quando consumano i tuoi sensi umanie a poco a poco ti mutano in terra.Quando ti fanno diventare prato,

distesa d'acque,orrore di pietraia.

E non ti puoi più alzare in piedi e chi amare.

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Solitudine, hai vinto.

"I fantasmi di pietra: corale"

La musa della morte mi s'inghirlanda di rose di fuocoe offre il ramo d'oro al re dell'ombre perchè mi lasci

passare di là. Sento che la mia musicaè alla fine, ma ogni lutto l'anima si sgombra

e il canto spiega tutto stese l'ali a un sole che illumina dal fondo.

ADRIANO GRANDE

"Coro sul lete"

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Ora sappiamo il nulla di ogni cosa:ma per vivere ancora accetteremmo d'esser la pietra su cui l'acqua scorre,

il fango ove l'insetto si riposa,l'erba sulle rovine di una torre.

"Ghironda"

Nella notte la fratta e la giuncaiahan voci di ghironda, acute strida meccaniche,

confuse a lagni umani.Escono come da un antro teatrale dalla valletta concava

che accoglie la tramontanae ne imprigiona il gelo.

La superficie dello stagno è immota,non ha più sguardo. è come la pupilla d'un cadavere,

e in tanto alberi ed erbe vibrano sino alle radici,sino alle fibrille. Viene di lontano,dalle alte nevi. I colli e le pianure, le regole, le strade nere e grigie,

e i sentieri ancor verdi,tutto fustiga, tutto l'inverno castiga.

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Giudizio, immute e senza scampo,punizione della natura spensierata.

è simile, ohimé, questo rovaio alla vecchiezza dell'uomo.Allora che tepor cercando ai ricordi si volge: e in essi

incontra la giuncaia e gli sterpi dell'errore,la voce di ghironda dei rimorsi.

ADOLFO DE BOSIS

"I Notturni"

Il tramonto disfiora sue magiche ghirlande lento; e una dolce spande

malinconia per l'ora.Nuotano i sogni ancora a elisie lande...?

Ma l'anima il pure grande tuo bacioO Notte, implora.

Ben tu venga, O Possente Notte!L'augusta calma piovi a le cose ed ellebevan l'oblio fluente dal sen tuo vasto.

E l'alma vigil, con le stelleQuali rive quiete la nostra anima corse placida?

O questa è forse la pigra acqua d'un lete?Quali or dunque segrete virtù piovver da l'orse fatali?

O chi mai forse l'onda a l'oscura sete?Notte, ahimé, che improvviso brivido,

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fuor da l'urna gelida, effondi! E in lente spirel'antico riso tenue,

o taciturna, dai lacrimosamente.

GIROLAMO COMI

"La morte"

Notte velata d'aliti d'eterno:il tempo è un sogno fermo sullo spazio che si dilata

e freme custode della crescita di un seme che sa di terra e di umanità...

Il tempo - intendo - pare intatto e fermo - zaffiro acceso nell'oscurità della notte che regna illimitatamente sulla zolla

pregna di morti ansiosi d'immortalità.

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"Nella memoria: oh bei paesaggi uniti"

Nella memoria: oh bei paesaggi unitidalle diverse età

dell'anima le aurore fra caligini argentee ed auree di fiorehanno l'alito di giardini mitici.

....Canti inespressi: ma di essi il tremore

(illimitato fra più pause e resse d'inviti forti d'arcane promesse) è segno e pegno di sfere d'amore.

Oh tempo che bruciando ti trasformi senza limite di stagioni e giorni di luce universale di costanti armonie accese,di sorgivi incanti, di te nutriti e nel tuo giro immessi

ricuperiamo spiriti e sembianti della nativa effigie di noi stessi.

EUGENIO MONTALE

"Non recidere, forbice, quel volto"

Non recidere, forbice, quel volto,

solo nella memoria che si sfolla,non far del grande suo viso

in ascoltola mia nebbia di sempre.

Un freddo cala...

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Duro il colpo svetta.E l'acacia ferita da sé

scrolla il guscio di cicalanella prima belletta

di Novembre.

"Forse un mattino andando in un'aria di vetro"

Forse un mattino andando in un'aria di vetro, arida, rivolgendomi, vedrò compirsi il miracolo:

il nulla alle mie spalle, il vuoto dietro di me, con un terrore di ubriaco.

Poi come s'uno schermo, s'accamperanno di getto alberi case colli per l'inganno consueto.

Ma sarà troppo tardi; ed io me n'andrò zitto tra gli uomini che non si voltano, col mio segreto.

CAMILLO SBARBARO

Una mortale pesantezza

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il cuore m'opprimeinerte vorrei esser fatto.

Come qualche antichissimarovina e guardare succedersi le ore,e gli uomini mutare i passi, i cieli,

all'alba colorirsi, scolorirsia sera....

Giaci comeil corpo, ammutolita, tutta piena

d'una rassegnazione disperata

Forse. Ma il gesto che ti incise dentroio non ricordo, e stillano in me dolce

parole che non sai di aver detto

ARDENGO SOFFICI

"Rallumina il viso disfatto dalle antiche stagioni..."

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Navigo nell'assoluto mia patria e vorrei dimenticare il corpo che sempre è con noi. La forma della libellula matematica che

è il mio destino.

ANTONIA POZZI

"Lieve offerta"

Vorrei che la mia anima ti fosseleggera

come le estreme fogliedei pioppi, che s'accendono al

solein cima ai tronchi fasciati

di nebbia.Vorrei condurti con le mie parole

per un deserto viale, segnatod'esili ombre -

fino a una valle d'erboso silenzio,al lago ove

tinnisce per un fiato d'ariail canneto

e le libellule si trastullanocon l'acqua non profonda.

Vorrei che la mia anima ti fosse

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leggera,che la mia poesia ti fosse un

ponte,sottile e saldo,

bianco sulleoscure voragini

della terra.

MARIO NOVARO

"Quante volte ancora"

Questi pini,questi cipressi,

e le rose, come sanguerosse, quante volte ancora

quando io più non sia,stupita guarderà la Luna,

mute cennandoguarderan le stelle,

sul colle che solo restavacon me nel silenzio notturno a meditare!

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MARINO MORETTI

"La Domenica di Bruggia"

è, sì, in questo crepuscolare giornoche l'anima prova

il bisogno di una nuovasolitudine e d'andare...

Non ode. Volta. Pallide inquiete mani.La testa fra le due candele.

Anima dammi un poco del tuo fieleun poco del tuo male, anima: ho sete.

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UMBERTO SABA

"Prima Fuga"

Nero come là dentro è nel mio cuore;il cuore dell'uomo è un antro di castigo.

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