51
EFFETTI DI UN SOGNO INTERROTTO PIRANDELLO E UN FILM DA FARE Marsilio 1iI.!.§§illiCHi

Pirandello e un film da fare

  • Upload
    unisi

  • View
    0

  • Download
    0

Embed Size (px)

Citation preview

EFFETTI DI UN SOGNO INTERROTTO

PIRANDELLOE UN FILM DA FARE

Marsilio 1iI.!.§§illiCHi

It progettoestato rem possibilegraziealla collaborazione delCRAIAT - Centro Ricerchee Applicazioni dell'Informaticaall'Analisi dei Testi,Universita di Firenze

ProgettoeditorialeLuca Toschi

LdeazioneFrancesca Gramigni, Marzia Pieri,Luca Toschi

CronologiaMarzia Pieri

RicercheFrancesca Gramigni,Marzia Pieri

TestiFrancesca Gramigni,Marzia Pieri

Svilupposoftwaree assernblaggioMama Gori, Francesca Gramignicon la collaborazione diCristina Fa1<;li

GraphicdesignStefano RovailGraphiti

CoordinamentoredazionaleDonatella Valente

CoordinamentotecnicoGiorgio Pagnini

RealizzazioneaudioNatali Multimedia, Firenze

ConsulenzainformaticaSilvio De Magistris, Mauro Felici,Giulio Meghini,Gabriele Quercetani

DuplicazioneOPTI.ME.S., L'Aquila

Requisiti tecnici:PC multimediale Ms Dos 386 0superiore; min. 8 mega di Ram;Windows 3.1 0 Windows 95;scheda grafica SUperVGA(640 x 480, 256 col. 064 k);scheda audio compatibileWindows; lettore Cd-rom.

Modalitadi installazione.II programma eo presente in dueversioni: una a 256 colori(PIRANDE.256) e una aTrueColor (PIRANDE.RGB).Per installare l' applicativoselezionare il file SETUP.EXEnella directory relativa aliaversione prescelta,

RealizzatoconAsymetrix"Multimedia Toolbook ™ 3.0

© Copyright 1997Marsilio/Tridente, VeneziaBassilichi Sviluppo, Firenze© Copyright 1997CRAIAT - Centro Ricerchee Applicazioni dell' Informaticaall'Analisi dei Testi,Universita di FirenzeISBN 88-317-6828-X

Tutti i diritti riservatiL' editore si dichiaraa disposizione degli aventi dirittocon cui non sia state possibilecomunicare

Marzia PieriPER UNA LETTURA CRITICA DELL'IPERTESTOi,

1. La rete di Pirandello

Raccontare Pirandello in un Cd-rom, studiare Pirandello at­traverso un ipertesto. Perche? Ci sono molte buone ragioni: lasua opera e la sua vita si intrecciano con un'interdipendenzapeculiare sullo sfondo di grandi eventi collettivi (la crisi post­risorgirnentale, la prima guerra mondiale, l'avvento del fasci­smo); il suo lavoro di giornalista, narratore, poeta, pittore,drammaturgo, regista, critico ha dimensioni vaste e disordina­te solo parzialmente contenute nel disegno editoriale delleMascbere nude e delle Novelle per un anno, e produce unarcipelago di scritti poetici e saggistici che spaziano dal tardo­rornanticismo aIle avanguardie novecentesche. La sua vita estata marcatamente segnata dalla geografia, da contatti conambienti eterogenei, da una dimensione del viaggio in certipericdi quasi esistenziale; il suo percorso e scandito da unapersistente, irrisolta dialettica fra Ie radici siciliane, legate a unatavico provincialismo ottocentesco che 10 rende sempre ine­sorabilmente uguale a se stesso, e un'apertura planetaria diintellettuale apolide, porosamente ricettivo verso Ie sollecita­zioni del mercato culturale del primo trentennio del secolo, di

" Le problernatiche metodologiche relative all'uso dellinguaggio multime­diale sono state affrontate da Luea Tosehi, Una, cento, mille multimedialit«.Pel' tina definizion«, in Letteratura e mercato: la scoperta dcll'immagine. Verga,a cura di L. Tosehi, libro e Cd-rom, Venezia, Marsilio, 1997.

7

cui - per caso 0 intenzionalmente - incontra e sperimenta inproprio quasi tutte le novita espressive.La sua ricerca eguidata da uri'inesausta curiosita verso i lin­guaggi pili disparati, ben oltre la dimensione delletterato 0 deldrammaturgo. Alle peregrinazioni continue fra i generi dellascrittura corrispondono incursioni coraggiose 0 inconsapevoliverso tutti i media e le esperienze che si affacciano al­l'orizzonte del consumo culturale a cavallo fra i due secoli: laregia teatrale, la scenografia, la radio, la musica, il balletto, ilcinema muto e sonoro, persino la recitazione, dove non arrivaa cimentarsi solo per un caso. In quest'esplorazione dei lin­guaggi dell' arte (non tutti ancora legittimati come tali), quasisempre orientata e sollecitata da pressioni economiche, egliprofonde una disponibilita entusiastica e una capacita di lavo­1'0 quasi prodigiosa, raccontando pero in fondo sempre lastessa storia, riscrivendosi continuamente con disinvolti auto­riciclaggi assai spregiudicati ed e- insieme a D'Annunzio - frai primi e pili conseguenti intellettuali italiani capace di conse­gnarsi alla nascente industria culturale; e dunque di costruirsiun ritratto pubblico, di curare il marketing di se stesso sidirebbe oggi, fatto di rapporti con la stampa, le istituzioni,l'opinione pubblica e di un'oculata strategia dell'immagine.Proprio di questa complessa rete di rapporti I'ipertesto mul­timediale prova a rendere conto da una prospettiva nuova,con un'intenzionale discontinuita, come attraverso una map­pa: ci sono le autostrade, le strade provinciali, [e strade secon­darie e l'orografia del territorio circostante, con Ie 101'0 reci­proche interconnessioni. II testo e costituito da una parte al­fabetica, affidata spesso a testimonianze documentarie e abrevi raccordi narrativi, e da una parte iconica, che sfrutta unpatrimonio di immagini molto vario: fotografie d'epoca, fron­tespizi di libri e pericdici, bozzetti teatrali, ritratti, manifestipubblicitari, fotogrammi cinematografici ed anche fotomon­taggi creati dalla scrittrice elettronica del testo, FrancescaGramigni.Ma forse l'immagine pili utile per accostarsi al Cd-rom, perleggerlo meglio, equella di una pit-amide, basata su un'ampiacronologia, che rende conto documentariamente, con cadenzaa volte quasi quotidiana, del lavoro di Pirandello, dei suoi

8

incontri, dei suoi spostamenti; la si puo usare come un data­base raggiungibile da qualunque tappa del viaggio ipertestua­le e da cui ripartire verso qualunque altra meta. A fondamen­to del testo c'e dunque una biografia, molto analities, che,accostando i dati cronologici in sequenza lineare, rende contoda sola di molte cose, ed entro la quale si puo navigare cer­cando le informazioni che occorrono.In cima alla piramide sta il percorso principale, intitolato Ef[etti d'un sogno interrotto, a cui si accede sia da una sintesiaudio-visiva, l'1n voce, sia attraverso una sintesi figurativa: essocontiene l'interpretazione critic a di tutto il Cd-rom ed efoca­lizzato sulla teoria del personaggio, inteso come elemento­chiave dell'opera di Pirandello, e quindi sulla lunga serie diriscritture del suo capolavoro, 1 seipersonaggi in cerca d'autore.Dalla Sicilia atavica, popolata di spiriti che le credenze folldo­riche interpretavano come presenze reali contigue alla vitadegli uornini, egli deriva una precoce attitudine a sdoppiarsie a raccontarsi per via colloquiale (quindi potenzialmentedrammatica) in dialoghi immaginari con le creature della suafantasia. Nella cultura positivistica tardo-ottocentesca, di cui eimbevuto, 10 spiritismo edel resto una vera e propria dottrinascientifica, che indaga i confini della materia travalicandornagari nelle zone del sogno e della creativitanon ancora fatteoggetto della. scienza psicanalitica. Capuana, suo amico ementore, dedica a tali ricerche esperimenti e studi appassio­nati, identificando addirittura nello spiritismo la scienza-chia­ve del ventesimo secolo; Pirandello, da parte sua, dissemina lapropria opera narrativa - a cominciare dal Fu Mattia Pascal ­di espliciti riferimenti a questa dottrina, ma elabora uri'origi­nale teoria per la quale la fantasia, servetta-medium dell'in­conscio, da corpo ai fantasmi in forma appunto di personaggi.Dopo che l'emergenza della guerra ha dissotterrato in lui unalatente e fino a quel momento inespressa vocazione per ilteatro quale «azione parlata», unica forma possibile per cor­rispondere agli imperativi morali del presente, il suo percorsocreativo subisce una accelerazione decisiva. La storia dei seipersonaggi, concepita in forma romanzesca proprio in quelfatale 1917, trova infine coronamento nella prima redazionedel drarnma del 1921, accolto prima come un fiasco poi con

9

un consenso nazionale e internazionale altrettanto clamoroso,destinato a rivoluzionargli la vita. E l'inizio di un processo diriscrittura, che 10 accompagnera fino alla morte, sempre for­temente influenzato dalla straordinaria e inaspettata fortunadel testo, che sembra misteriosarnente catalizzare Ie aspettati­ve teatrali e non della sua epoca: saranno le critiche di Adria­no Tilgher, le regie europee e americane, le suggestioni cine­matografiche del Feu Mathias Pascal girato a Parigi nel 1925da Marcel L'Herbier a indurlo, quello stesso anno, a una ra­dicale revisione del copione teatrale, accompagnata da unchiarimento critico affidato alla celebre prefazione che inizial­mente si intitolava Come e percbe ho seritto i "5eipersonaggi".Non ancora soddisfatto, si impegna poi in una personale mes­sinscena del dramma sul palcoscenico appena restaurato delsuo teatro Odescalchi, in polernico confronto soprattutto conIe letture registiche di Pitoeff e di Reinhardt.Ma I'opera non gli appartiene pili, ne la natura effimera dellospettacolo teatrale, portato trionfalmente in giro per il mondodalla Cornpagnia del Teatro d'Arte, gli basta per sentirsenegarantito in qualita di autore orrnai consapevole che il «testo»non e soltanto il copione scritto e stampato in un libro. Perquesto ne affida la definitiva e "ortodossa" interpretazione auna forma espressiva "chiusa", a cui non possano pili sovrap­porsi altre letture: quella cinematografica, che dovrebbe final­mente sviscerare in modo inequivoco tutte le implicazionidella storia, come gli si sono nel frattempo chiarite, ponendo­ne al centro la figura dell' autore - che lui stesso intendevaimpersonare sullo scherrno -, quale origine, perno ed elernen­to generatore dell'intera vicenda, Un progetto geniale, rnaiportato a cornpimento a dispetto di molte promesse e dellastesura di ben tre sceneggiature.Deluso dagli imbonimenti dell'industria del cinema europea eamericana, egli affida alla fine a un altro testa teatrale, Quan­do si e qualcuno, la propria protesta di scrittore deluso dalsuccesso, personaggio pubblico tragicamente alienato ed e­spropriato di se come i suoi sei personaggi, La suggestione delfilm, il solo mezzo che sembra riuscire a dar corpo ai fantasmidella fantasia, affiora prepotente nella sua ultima drammatur­gia, sempre pili ricca di "effetti speciali" e di sirnbolismi oni-

10

ncr, e persino nella ritrovata attivita novellistica, conclusaemblematicamente da un componimento, E//etti d'un sognointerrotto, dove unritratto di donna si anima e si materializza,uscendo dal dipinto che 10 raffigura come appunto da unoschermo. E un topos della narrativa fra i due secoli, gia caroa Pirandello (Guardando una stampa, Un ritrattoi, che avevaattirato molti altri scrittori, da Capuana a Oscar Wilde, e cheavril. altrettanta fortuna nel cinema, dalla Donna del ritratto diFritz Lang alla Rosa purpurea del Cairo di Woody Allen.A questa percorso si collegano altri otto percorsi principali incui si sono identificati altrettanti capitoli monografici, rispet­tivamente intitolati Sicilia, Spiriti, Guerra, Teatro, Fascismo,Odescalchi, Cinema, Mondo. Sono otto temi-chiave a cui se nelegano ancora, come visualizza l'Orientamento compreso fragli Strumenti, altri otto secondari: la rete dedicata all'Editoria ,a Roma, a Bonn, al Teatro dialettale, a Berlino, a Parigi, alRitorno e al Successo. AI disotto si steride infine l'intrecciocostituito dai percorsi di approfondimento (privi di immagini)che individuano personaggi, luoghi, problemi, opere partico­larrnente significativi e meritevoli di ulteriori scavi. L'indiceanalitico, diviso fra nomi, opere e luoghi, consente di effettua­re ricerche specifiche e di collegarsi immediatamente alleschermate di riferimento.

2. Essere siciliano

Proviamo dunque a ripercorrere sequenzialmente, in pochepagine cartacee, la vita e l'opera di Pirandello come la si puoricostruire attraverso i capitoli discontinui della lettura a vi­deo, segnalando fra parentesi, di volta in volta, i titoli deipercorsi relativi contenuti nell'ipertesto.La patria siciliana conta dun que per sempre nella sua storia,singolarmente compatta e circolare, di intellettuale che siporta appresso un bagaglio di miti, di immagini, di simboli (acominciare da quello del «Caos», denominazione, molto ap­propriata, della contrada dove nacque, in circostanze fortuno­se, durante una moria di colera), elaborandoli all'infinito at­traverso Ie pili svariate espressioni, lungo una vicenda esisten-

11

ziale tanto intensa quanto esternamente povera di eventi dirilievo [SICILIA],Questa sicilianita domina totalmente gli anni dell'infanzia edell'adolescenza, trascorsi a Girgenti, con la sua appendicemarina di Porto Empedocle, grosse, squallido centro divoratoa fine Ottocento dalla febbre dello zolfo (tante volte evocatonelle novelle e nei rornanzi), oggetto di speculazioni forsenna­te che consentono di fare e disfare rapide fortune. L'industriazolfifera dell' agrigentino comprendeva, nel 1886, 271 minierein attivita, pili che dimezzate, di li a pochi anni, per l'abbas­samento del prezzo delminerale da 12 lire a 4,80 lire il quin­tale, con il conseguente forte calo dell' occupazione e con lariduzione dei salari da 6-8 lire a 1,50 lire giornaliere. Anchei Pirandello subiranno pili volte i contraccolpi del mercatoincerto e della spregiudicatezza imprenditoriale del capofami­glia don Stefano, garante per tutti di una solida prosperita, magia nel1880 vittima di una crisi che li costringe a trasferirsi aPalermo e pili tardi responsabile di investimenti disastrosi.Una corsa di pochi alla ricchezza, quell a dello zolfo, che nonscalfisce 1'immobile universo contadino circostante, rnisterio­so e quasi primitive, oggetto, a sua volta, di un feroce degradeper gli interessi predatori della nuova borghesia agraria inascesa; sostituitasi da poco alla feudalita nobiliare ed ecclesia­stica, essa punta, con il complice assenso del nuovo Regno,allo sfruttamento intensive delle terre e di chi ci lavora. Quile masse agrarie continuano a vivere in condizioni di aspramiseria, aggravata dal fiscalismo piernontese che colpisce pilii consumi che i redditi; negli anni dell'infanzia di Pirandellosi e appena esaurita la fase pili sanguinosa della guerra dellostato contro i briganti e la questione meridionale evenuta allaribalta della coscienza nazionale come il banco di prova piliimpegnativo per il futuro sviluppo della nazione, grazie alleinchieste Franchetti e Franchetti-Sonnino sullo stato dellepopolazioni contadine, del 1874 e '76.Questa convulsa realta resteraper lui la dimensione "altra",in cui affondano le sue pili segrete radici, e la terra agrigen­tina il sospirato «grernbo» a cui si augura di approdare dopoIa rnorte, sotto un sasso all'ombra di un olivo, evocato, appe­na ventiduenne, in una lettera dalla Germania, e di cui si

12

ricordera dettando le proprie ultime volonta parecchi annipiu tardi.La sua famiglia si porta dietro un alone di eroicita risorgimen­tale - risalente al nonno materno, morto esule a Malta, ai varizii combattenti con Garibaldi (rna sul fronte socialisteggianteera schierato anche il futuro suocero Calogero Portulano), aliamadre, che cuciva in segreto le bandiere delia liberta - e godedun que di una relativa agiatezza grazie ai traffici di StefanoPirandelio, ruvido ex garibaldino dal carattere fiero e impe­tuoso, leggendario protagonista di gesti forti contro le sopraf­fazioni mafiose. Un padre ingombrante, perfetto rnodello diuna virilita aggressiva ed egocentrica che sara poi deformatapolernicamente in tante opere; capofarniglia temuto con cuiLuigi, sensibile e ombroso, ebbe sempre rapporti difficili, mache comunque non ostacolo mai Ie scelte inconsuete del figlio,intervenendo anzi a soccorrerlo con consistenti aiuti economi­ci, sempre accettati con impacciata gratitudine [IL PADRE,LA MADRE].Un ambiente di memorie generose, ma irrimediabilmente an­gusto, dove circolano pochi libri e sono a disposizione medio­cri maestri per il giovane, che si rivela precocemente inadattoagli studi tecnici e commerciali (e poi anche giuridici); malin­conico, introverso, attratto dalle belie lettere, che coltiva dasolo, con passione da autodidatta, frequentando per il minimoindispensabile le lezioni presso illiceo di Palermo. Un am­biente che gli resta dentro come un marchio indelebile, con lesue storie truci di religione e di morte, i suoi ancestrali tabu,le sue fantasie folkloriche [LE DONNE], conosciute attraver­so i racconti di una vecchia serva di casa; l'onomastica mesco­lata di elementi greci, arabi e spagnoli; e da cui riporta tenaciricordi dalla carica quasi simbolica (come quelio degli amantisorpresi nell'obitorio del paese),Qui si consumano le sue prime prove di poeta e di narrato­re, in un alveo inevitabilmente tardoromantico, fra giornalet­ti scolastici, pubbliche letture, albi di versi, bozzetti ambi­guamente veristi, anche se il suo Capannetta, storia di unafuga d' amore scritta a soli sedici anni, ha l' onore di uscire suun giornale di Torino, forse nel soleo dell'interesse per laSicilia e le sue passioni suscitato da Cavalleria rusticana, rap-

13

presentata al teatro Carignano proprio il 14 gennaio di quel­1'anno 1884.Pirandello medita cupamente sul non-senso della vita, dovegli uornini gli appaiono insetti e molluschi indifesi (il simbo­Iismo animale che accompagnera costantemente la fisiognomi­ca espressionistica prestata ai suoi personaggi si rivela, nellelettere, molto precocemente), coltivando pose da ribelle anno­iato e sardonico; si appassiona al teatro (per quel che potevaammirarne al Bellini di Palermo, estrema tappa delle compa­gnie di giro) e pensa subito di provarcisi in proprio qualestrumento di conoscenza e di contraddizione. La Palermodegli anni ottanta, del resto, eancora un centro culturalmentemolto vivo, dove sono attivi tra gli altri il folklorists GiuseppePitre, il filosofo Andrea Lo Forte-Randi, buon conoscitore delpositivismo francese, Giuseppe Schiro, studioso di letteraturaalbanese, illetterato Giuseppe Pipitone-Federico, storico, et­nologo e direttore di «Psiche» e suo arnico privato, il giovanecritico Enrico Sicardi, legato ai circoli radicali e socialisti,come anche l'editore e libraio Carlo Clausen della LibreriaInternazionale Pedone-Lauriel, che da alle stampe la sua pri­ma raccolta di poesie Mal giocondo [POESIAJ,II titolo e tratto da un emistichio del Poliziano ma nella rae­colta, che annovera componimenti gia del 1883, i terni auto­biografici e sentimentali svolti alla rnaniera del Graf sonospesso soverchiati dalla satira politica e di costume, nella chia­ve laico-positivista del battagliero Carducci barbaro; secondoil giudizio espresso dall'autore nella Lettera autobiografica del1912, anzi, in quella prima raccolta di versi oltre la meta sono«del pili schietto umorisrno, e allora io non sapevo neppureche cosa fosse l'umorismo»,L'innamoramento ardente per una cugina pili anziana [LACUGINA], Lina, 10 coinvolge intanto in un fidanzamento in­tempestivo, preteso dalla famiglia di lei e presto sentito comeun'odiosa costrizione. Sara questa la buona ragione che indu­ce saggiamente don Stefano a spedirlo a studiare aRoma,facendone da quel rnornento la sua seconda, inamabile patria,Qui continuano gli studi e gli esperimenti lirici e drarnrnatur­gici, fra entusiasmi e sconforti, e maturano in chiave pili ideo­logica Ie sue insofferenze deluse per la mediocrita e l'incipien-

14

te malaffare dell'Italia crispina, gia percorsa da forti turba­menti sociali (poi immortalati nei Vecchi e i giovani) e incar­nata, ai suoi occhi, nello zio Rocco Ricci-Gramitto, patriotaimbolsito ridottosi ad uno squallido menage domestico conun'insopportabile ex ballerina, e del quale rifiuta ben presto,permalosamente, l'ospitalitii [ROMA].In verita 10 zio Rocco, gia condannato a morte in contumaciadai Borboni e leggendario eroe di Aspromonte, aveva fattocarriera ed era divenuto consigliere di prefettura; cost, in que­gli anni, molti altri ex militanti democratici stavano costituen­do la nuova nomenclatura politico-economica: dalla GiovineItalia veniva l'ingegnere e armatore Luigi Orlando, garibaldinierano stati gli industriali Giovanni Pirelli ed Erasmo Piaggioe l'armatore Raffaele Rubattino, mentre Vincenzo Florio, al­tro impresario di una compagnia di navigazione, aveva lottatoin Sicilia contro i Borboni. Furono costoro i protagonisti delprimo modesto boom industriale italiano, che, fra il 1881 e il1887, vide un incremento generale del 37%, grazie soprattut­to agli interventi dello Stato, culminati, nel1887, nella defini­zione di una serie di tariffe doganali fortemente protezionisti­che, che premiavano anche consistenti settori dell'agricoltura(e quindi dei latifondisti meridionali), creando Ie premesse diquel blocco agrario-industriale che tanta influenza avrebbeavuto nella futura storia italiana,In quello stesso anno rnoriva Agostino Depretis, arbitro neldecennio precedente della vita politica, e prendeva il potereun altro ex garibaldino, radicale e spregiudicato: FrancescoCrispi,Un provvidenziale contrasto can il preside della facolta diLettere obbliga Pirandello ad abbandonare di n a poco uncontesto per lui assai poco promettente e a rnisurarsi conorizzonti pili impegnativi. Nel settembre 1889 parte per laGermania [BONN].

3. II miracolo della primauera renana

EErnesto Monaci, il geniale autodidatta che imposto per pri­mo, in Italia, 10 studio della filologia romanza su basi sistema-

15

tiche, gia suo professore all'universita di Roma, l'artefice del­l'avventura tedesca di Pirandello. Una sua lettera di pre­sentazione all' arnico e corrispondente d' oltralpe WendelinFoerster (studioso di Chretien de Troyes) gli consente di es­sere accettato come studente all'universita di Bonn, dove tra­scorrera un anno e mezzo di operosa solitudine, cordialmenteaccolto dal grande studioso che aveva ereditato la cattedra diFriedrich Christian Diez, il fondatore storico della disciplina,II Monad e il Foerster erano legati, sul piano scientifico, dalcommie interesse per i dialetti; il siciliano, in particolare, eraal centro degli interessi dei rornanisti tedeschi (che vi avevanogia dedicate vari studi) e l' arrivo di un siciliano in came edossa si annundava particolarrnente apprezzato dalla comunitaaccadernica.II campo privilegiato di studi di Pirandello e dun que quellodella letteratura delle origini provenzale e italiana (il Monadaveva avviato proprio nel 1889 la monumentale Crestomaziaitaliana deiprimi secoli) e in particolare del dialetto girgentinostudiato attraverso documenti del folklore popolare. Proprioin quegli anni, del resto, Giuseppe Pitre li stava disseppellen­do e ordinando nell' «Archivio per 10 studio delle tradizionipopolari», che aveva preso a dirigere dal 1880 insierne conSalvatore Salomone-Marini, e nella sua Biblioteea delle tradi­zionipopolari siciliane (1871-1913), che raccoglieva e studiavacornparativamente proverbi, indovinelli, canti, novelle, feste,giochi, tradizioni mediche dell'isola.Luigi aveva corninciato gia a imparare il tedesco fin dal 1887«perche e vergogna rnassirna non conoscerlo»; e affezionatolettore della biblioteca teubneriana dei classici latini e greci eama i grandi poeti del romanticismo, di cui in Germaniaapprofondisce 10 studio, da Charnisso a Tieck a Hoffmann, alprediletto Heine (autore "ironico" per eccellenza, a lui parti­colarmente congeniale), a Goethe, che comincera a tradurredopo il suo ritorno in Italia. In quel periodo tutto quanto eratedesco stava andando per la maggiore, sulla scia, in Italia,della Triplice Alleanza (stipulata nel 1882 e rinnovata cinqueanni pili tardi), tanto consona con le ambizioni crispine: dal«germanesimo economico» alla filosofia idealistica, dal milita­rismo prussiano alla filologia romanza, appunto, astro nascen-

16

te europeo e matrice della nuova critica scientifica ed erudita;l'opportunita che si offre al giovane studente siciliano edun­que di prim'ordine.Gli anni intensi di Bonn, in cui studia di tutto, soprattuttofilologia e filosofia, secondo i gravosi piani di lavoro previstida quell' ateneo (e gli pesano in particolare gli obbligatoriesami di matematica e di scienzenaturali), oltre a sprovincia­lizzarlo per sempre, 10 confermano ton pili solide fondamentateoriche e metodologiche in quell'atteggiamento anti-retorico,anti-toscano e anti-forrnalistico che rested il suo pili nettotratto distintivo, e che 10 induce a solidarizzarecon l'Ascolidel Proemio all'«Archivio glottologico» contra i puristi e ilManzoni, a non capire e a non amare Ie espressioni pili carat­teristiche della lirica contemporanea, a coltivare una punti­gliosa erudizione quale antidoto alle crescenti fortune del­l'estetismo.Proprio dalla Germania comincia ad intrecciare rapporti conalcune testate italiane di prestigio, come la «Nueva Antolo­gia» (di cui pili tardi diverra un assiduo collaboratore), chegli recensisce Mal giocondo, la milanese «Cronaca d'Arte»(1890-92) di Ugo Valcarenghi, attenta alla produzione artisti­ca europea, e la fiorentina «Vita Nuova» (1889-91) diretta daGiuseppe Saverio Gargano, propugnatrice di una poesiamoderna di respiro internazionale fra nostalgic tardoromanti­che e incipiente decadentismo. Qui escono varie sue liriche, ealcuni saggi - fra cui La menzogna del sentimento nell'arte,Prosa moderna, Per la solita questione della lingua -, che sipossono considerare altrettanti incunaboli della sua concezio­ne dell' arte e della lingua, sempre consider ata come strumen­to che deve riassumere in se il divenire di una pili vasta vi­cenda culturale.In questi anni, comunque, Luigi continua pili che mai a sen­tirsi soprattutto un poeta, coltivando moduli sostanzialmentetardo-ottocenteschi fra classicisrno e rom anticismo, con unaforte influenza dei metri barbari di Carducci e di Goethe,ripresi nel progetto delle Elegie renane (nate come Elegie bo­reali) e nella di poco posteriore traduzione delle Elegie roma­ne dello stesso Goethe; una posizione, la sua, atipica e centri­fuga rispetto alle grandi svolte poetiche in atto in Europa, che

17

infatti non paghera sul piano della fama, inducendolo alia finead abbandonare suo malgrado i versi per la prosa. Nelle dueraccolte composte a Bonn si ispira a due nuclei tematici op­posti e complementari: uno malinconico-invernale nelle Ele­gie, che rivisitano vari spunti goethiani, l'altro ottimistico-pri­maverile in Pasqua di Gea, che richiama invece molti topoimedievali e rinascimentali (l'epigrafe e ripresa da jaufre Ru­del) in chiave festosamente pagana.Alla propria identita di versificatore Luigi resters tenacemen­te fedele negli anni, sperando pili volte in un impossibile ri­lando e continuando a coltivare can convinzione il genere delpoemetto narrative di sfondo allegodco a mitologico. A unodi questi poemetti, Belfagor [BELFAGORJ, gia da tempo incantiere, continua a lavorare in Germania, con l' ambizione ditrasfondervi in chiave amararnente burlesca tutte le proprierancorose delusioni storiche e culturali; dopa vari inceneri­menti e resurrezioni [SCRITTI BRUCIATIJ anche Bel/agorsara abbandonato e quasi certamente distrutto, ne altri impe­gnativi esperirnenti del genere gli procureranno grandi soddi­sfazioni. Pur can tanta mole di lavoro da sbrigare, i legamican il teatro si allentano, ma non si spezzano: frequenta canentusiasmo gli spettacoli wagneriani e approfondisce una li­nea drammaturgica di ricerca rnetateatrale (Provando la com­media) inaugurata can Gli uccelli dell'alto, nella sempreverdesperanza di riuscire a vedersi in scena.Nella pausa tedesca, tuttavia, Ie ansie e le ambizioni legateall'«amante ideale», l'Arte, che 10 perseguita sciaguratamentedistraendolo dalle cure prosaiche dell'esistenza, sembrano fi­nalmente placarsi, cost come gli appare lantana e piccola lapatria italiana amata-odiata; e in fonda si trovano poche trac­ce, nel suo ricco epistolario, di un'attenzione verso gli splen­dori bismarckiani, tanto in voga in Italia. Come spesso gliaccadra anche in seguito, Pirandello sembra preso da vicendee da ambienti pili circoscritti e quotidiani: la sua Germania equell a placida e severa della citra universitaria, della carnpa­gna renana 0, al massimo, del carnevale di Colonia; la guardscan occhi di turista [in de siecle, ne descrive minuziosamenteai farniliari lontani gli interni sovraccarichi di arredi e sup­pellettili (e sernbrano spesso altrettante didascalie teatrali), i

18

paesaggi pittoreschi, i cibi inconsueti, il freddo e il silenzio.Tutta l'esperienza gli si configura soprattutto come un'avven­tura dello spirito alle soglie di pili impegnative decisioni (emolte riflessioni in questo senso sono affidate al Taccuino diBonn). Cost, sullo sfondo di vedute malinconiche vagheggiatecon manieristico languore, il giovane Luigi si concede purqualche spensieratezza, stringe legami festosi e disinteressaticon colleghi di varie nazionalita, affronta abbastanza allegra­mente la penuria economica della condizione studentesca (rnail padre interviene con sostanziosi soccorsi per stamp are latesi e anche Pasqua di Gea, rifiutata dagli editori), conoscedelle ragazze, scoprendo con represso entusiasmo il piaceredei rappori camerateschi e disinteressati, e poi anche l'ebbrez­za segreta di una relazione sentimentale con la bella Jenny,l'opposto di quella Lina cupa e smaniosa che sempre pili,nella lontananza, gli appare estranea e sgradevole (e di cui cimanca la voce, perche ogni traccia del fidanzamento fu poste­riormente distrutta).Di Jenny parla, con circospezione, soltanto alla sorella, ma lacelebra non troppo velatamente in una serie di versi e le de­dica alla fine, dopo un congedo piuttosto affrettato e nonmolto coraggioso, la Pasqua di Gea, suscitando a ragione lagelosia della fidanzata; soltanto molti anni dopo si sbilanceraun poco nel ricordarla all' arnico-biografo Vittore Nardelli[FEDERICO VITTORE NARDELLI]. Costui appunto ciracconta che il drammaturgo, divenuto celebre e ormai in etaavanzata, si rifiuto di rivedere in America, dove si era nelfrattempo trasferita, la sua antica amica, «perche l'immaginedi lei rimanesse collegata al miracolo della primavera renana,e di la risorgesse piena di sanita: COS! com'era nel ricordo laindimenticabile bocca di lei, vigorosa e fresca sotto i begliocchi», Quest'idillio giovanile, consumato fra mille cautele emai riconosciuto appieno, resta forse l'unico episodio senti­mentale felice della sua vita, non a caso violentemente antite­tico alla sua intima realta e alla sua cultura di provenienza,Sullo sfondo di questi mesi relativamente spensierati incornbeinfatti l'immagine corrucciata di Lina, che mal sopporta illungo distacco e I'incertezza delle prospettive offertele da

, questo svogliato amante, e che si abbandona a gravi crisi di

19

isteria, costringendolo a precipitosi e scoraggianti ritorni inSicilia. II conflitto fra i due amori e le due donne si trasformaai suoi occhi in antinomia fra poesia e filologia, fra liberta edovere. Con crescente malessere si accinge a scegliere, comeuna condanna, la condizione di professore, obbligandosi a unintenso lavoro scientifico che valga come credenziale per iconcorsi che 10 aspettano, e che gli procura malanni e debo­lezze fisiche d'ogni genere.II suo strategico mal di cuore si aggrava fino al punto che,almeno secondo la sua testimonianza, uno specialists tedesco10 diffida dal matrimonio, pena la morte: estremo, pateticoepisodic della sua cronica strategia di fuga. Ma soltanto dopoulteriori pentimenti e ripensamenti si decided a mettere vera­mente le carte in tavola con il padre, affidando a lui, ancorauna volta, il compito di trarlo d'impaccio con Lina e con ifuturi suoceri.Riguadagnando l'Italia nella primavera 1891 ecerto cultural­mente pili mature, ha al suo attivo due raccolte di versi e uncospicuo bagaglio di pubblicazioni scientifiche, ma il futurogli si prospetta pili incerto che mai e i sogni che 10 riguardanoconfusi e inconfessabili ai suoi stessi occhi.

4. L'attesa romana

La Roma [ELEGIE ROMANE] in cui un Pirandello venticin­quenne si stabilisce, finalmente libero da obblighi militari esentimentali, per tent are la fortuna letteraria, equella torbidadi Crispi, dove imperano affarismo e ambizioni coloniali,rnentre nel resto del paese il modesto decollo industriale deldecennio precedente convive con un' agricoltura arretrata che,soprattutto al sud, continua ad avere un profilo semifeudale.II blocco agrario-industriale difende a tutti i costi i propriprivilegi (di natura finanziaria e doganale) contro Ie nascentiassociazioni operaie e bracciantili; vecchio e nuovo si fronteg­giano minacciosamente, mentre si organizzano nelle varie re­gioni consistenti e temuti gruppi di opposizione intorno alleprime Camere del Lavoro: a nord, soprattutto in Romagna ein Lombardia, il Partito socialista operaio di Andrea Costa, il

20

radicalismo repubblicano di Aurelio Saffi e di Felice Cavallot­ti, e il Partito operaio Italiano; a sud il movimento dei Fasci,catalizzatore del profondo disagio sociale che accomuna inSicilia, con il cementa dell'autonomismo, gli interessi eteroge­nei della borghesia urbana, dei contadini affamati e dei mise­rabili operai delle zolfare.Gli avvenimenti incalzanti di fine secolo vedono un confusoavvicendarsi di violenze popolari, prove di forza governativee schiarite conciliatorie: le alterne fortune di Crispi, dimissio­nario nel 1891, poi ancora in auge nel '93 e definitivamentefuori di scena nel '96, l' ascesa di Giovanni Giolitti, subitotravolto dal crack della Banca Romana, la violenta repressionedei Fasci siciliani e dei moti della Lunigiana, con gli arresti inmassa e i processi militari che ne conseguono (per poi addi­venire all'ambigua amnistia del 1894), 10 scioglimento delpartito socialista nello stesso 1894, la disfatta militare di Aduadel 1896, temporanea battuta d'arresto nelle ambizioni colo­niali italiane, fino alle cannonate milanesi di Bava Beccaris,tragico preludio del regicidio che inaugura il nuovo secolo. Eun quadro a cui il giovane provinciale, provvisto di una mode­sta rendita e di grandi ambizioni, guarda con sfiduciato disgu­sto e con residue accensioni radicaleggianti (ed e probabil­mente proprio 10 sfondo delle tempeste sociali di quegli annia consigliare agli editori la prudenza, a proposito dell'incen­diario Bel/agar, di cui egli si rifiuta testardamente di attenuarei toni).La citra, sventrata e ridisegnata dal boom edilizio degli anniottanta con il moderno volto della capitale (nel 1884 vieneapprovato il progetto dell'Altare della Patria, suo simbolo pilieclatante), gli appare una palestra mediocre e pretenziosa,dove si ritaglia, ritrosamente, un piccolo ambiente di amiciquasi tutti siciliani, frequentatori di salotti, caffe e concerticasalinghi. Spicca fra di 101'0 la Figura di Luigi Capuana, alloraal culmine della sua fama in questa secondo ed ultimo sog­giorno romano (1888-1902), professore di letteratura italianaal Magistero, direttore del giornale letterario «Roma diRorna» e del periodico per bambini «Cenerentola», Fortunatoautore di novelle.Nella sua casa di via Arcione si riuniscono vari intellettuali, a

21

cui Pirandello si lega di profonda arnicizia: il critico d' arteUgo Fleres, il giornalista Giustino Ferri (redattore del «Fan­fulla» e del «Capitan Fracassa»), il socialista urnanita rio Gio­vanni Cena, redattore capo della «Nuova Antologia», Giusep­pe Mantica, professore di letteratura italiana all'Istituto Supe­riore Femminile di Magistero, il grecista Ettore Romagnoli, ilgiornalista e letterato Tommaso Gnoli (figlio del poeta Dome­nico). Non meno intimi gli diventeranno Lucio d'Ambra, UgoOjetti e Nino Martoglio, tutti scrittori che aiutano in mododecisivo i primi passi della sua faticosa carriera,E prima di tutti Capuana il pili convinto sostenitore del­l'oscuro Pirandello, di cui intuisce, aldila della solidarieta diconterraneo, molte potenzialita ancora nascoste e con cuicondivide interessi e passioni peculiari, prima di tutto quellaper 10 spiritismo, oggetto di una comune riflessione teorica e,pili tardi, di un pubblico dibattito giornalistico [SPIRITI].Egli cerca in tutti i modi di accreditarlo come pubblicista, 10incoraggia a tentare a sua volta la via della narrativa, e 10asseconda di buon grado nell'inesausta e sempre frustratapassione per la drammaturgia, spendendo il proprio prestigiodi padre stesso della neonata critica teatrale italiana. 11 suointervento presso il critico Edoardo Boutet, votato alla causadel rinnovamento della scena nazionale, non sortisce effettiapprezzabili e il testo che gli aveva presentato, L' epilogo, re­sta ancora a lungo nell'ombra; sul tavolo di Luigi si accumu­lano come sempre copioni abbandonati (che in gran partenon ci sono pervenuti) e nella sua testa una rabbia crescenteper le continue delusioni.Gli esordi narrativi, invece, sono pili incoraggianti, compliceun mercato giornalistico che ha appena scoperto Ie potenzia­lita commerciali della novella e del romanzo a puntate, tantoche, nel 1894, egli ein grado di mettere insieme Amori senzaamore, la prima di una lunga serie di raccolte (rna solo quasidieci anni dope, nel 1902, ne comparira una seconda): essecostituiranno il suo fervido lab oratorio e 10 sterminato serba­toio di temi, materiali, personaggi prestati ad una lingua ati­pica, che costituisce «il pili proverbiale esempio di koin« ita­liana di irradiazione romana», una lingua che trapassa congrande naturalezza dalla pagina narrativa al dialogo teatrale,

22

Scrivere novelle diventa per lui abituale, quasi un allenamentocontinuo alIa scrittura, frutto persino, come testimonia Tom­maso Gnoli, di domenieali «gare di cornposizione» in casaFleres, quando si sceglieva uno spunto cronistico 0 giornali­stieo con l'impegno di trarne, la settimana successiva, unpezzo da sottoporre al giudizio degli amid.Ma la conversione alIa novella, oltre che alle pressioni delCapuana, e certo legata all'esistenza di una forte domandaeditoriale in questa senso e alla possibilita di racimolare qual­che guadagno; meno felice l'esordio rornanzesco, giacchel'Esclusa gli resta ancora una volta nel cassetto fino al 1901[ESCLUSAJ, Lo spartiacque del 1892 (<<fino a tutto il 1892non mi pareva possibile che io potessi scrivere altrimenti chein versi, Devo a Luigi Capuana la spinta a provarmi nell'artenarrativa in prosa», Lettera autobiograficat non va inteso insenso assoluto, giacche le insperate fortune di novellista non10 indurranno affatto a rinunciare alla poesia, che continuaanzi a prediligere e a cui, anche moltissimi anni dopo, penseradi ritornare, Le liriehe che compaiono in rivista (rna non tra­scum il genere a lui assai congeniale del poemetto narrative,con Pier Gudro e con Scamandroi recano spesso sottotitolialludenti a sezioni di libri di la da venire, concepiti lungol'arco di rnolti anni, pur tra i pili pressanti impegni narrativie saggistici (e diehiara di «struggersi» per l'intermittenza com­positiva a cui e costretto), la realizzazione delle Elegie renanee del 1895, di Zampogna del 1901, di Fuori di chiave, cherested l'ultimo, addirittura del 1912.La sua costituzionale prosaicita e discorsivita non gli appaio­no affatto in contraddizione con l'ispirazione lirica, che colti­va secondo moduli peculiarmente suoi e con una forte consa­pevolezza critica, confermata dagli interessi teorici verso ilproblema metrico; di qui la sua ostinata polemics contro ilverso libero e la preferenza per le forme della tradizione (di­stieo elegiaco, sonetto, terzina, ottava e, soprattutto, quarti­na). Forse pero il titolo dell'ultima raccolta segnala proprio lapresa di coscienza di una distoni a irreparabile con il presentee presuppone infatti, rnolto a rnalincuore, la rinuncia ad esse­re poeta.Sono questi, nel complesso, anni inforrni, di opaca attesa, di

23

potenzialita disparate e incerte, caratterizzati sul piano privatodalle felici e un po' inerziali esperienze del matrimonio [LAMOGLIE] e della nascita dei tre figli, e da preziosi sodaliziamicali (soprattutto con Ojetti e Fleres), ma nellavora da unattivismo indiscriminato e affannoso, proprio di chi non sadecidersi a scegliere fra le opposte identita del professore, delgiornalista, del critico, dello scrittore. In una lettera del 1892confessa di avere in cantiere addirittura ventuno titoli: inquesta sorta di dissipazione di se e di impaziente esplorazionedi tanti generi diversi si puo leggere certo la confusa ricercadi un'identita artistica (e magari di uno spazio economico),ma anche la difficolta, molto forte, di rapportarsi ai modelli eai generi circostanti che vanno per la maggiore. Non 10 sod­disfa il verismo tradizionale, le sue recensioni a Verga, DeRoberto e altri sono assai critiche, anche se gli piace II mar­chese di Roccaverdina per la fusione che vi e realizzata frapsicologismo e realismo; non 10 convincono le nuovissimeMyricae, detesta precocemente e istintivamente tutto quantoriguardi anche alla lontana il nascente astro di D'Annunzio.Legge con foga la produzione scientifica e filosofica dei posi­tivisti, sforzandosi di elaborare un sistema letterario ed este­tico proprio (e sara per questa accusato di volta in volta dioscurita, di gracilita intellettuale, oppure al contrario indebi­tamente letto in chiave tutta teorica e ideological.Stretto fra la crisi delle certezze positivistiche e i nuovi fulgoridell'estetismo e dell'idealismo, il giovane scrittore sembracercare con difficolta una terza via, che salvi la centralita delsoggetto e le ragioni di un materialismo rigoroso a cui non sarinunciare; la polemica contra la Retorica e contro la Logicapercorre costantemente le sue pagine saggistiche, in nomedelle ragioni della Fantasia e del relativismo, con supportiteorici e con compagni di strada di volta in volta diversi.Il quadro letterario italiano, di cui Gli ismi contemporanei diCapuana tentano nel 1898 un bilancio aperto, e in fortemovimento, disponibile a istanze varie, soprattutto francesi.Da parte sua Pirandello guard a con insistenza al pensierocritico di Gabriel Seailles, il cui Essaisur Iegeniedans l'art del1883 gli propone un modello convincente di realismo spiri­tualista fondato sulla diretta osservazione psicologica e sulla

24

centralita del «genio» inteso come «forza creatrice, spontaneae attiva, dello spirito umano» (e la matrice di molte sue futureriflessioni intorno al personaggio e alla creazione artistica ingenere); mentre dalle Alterations de la personnalite di AlfredBinet del 1892 deriva la consapevolezza, altrettanto fonda­mentale nel suo lavoro, che «la presunta unita del nostro ionon e altro in fondo che un aggregamento temporaneo scin­dibile e modificabile dei vari stati di coscienza pili 0 menochiari», e dai romanzi filosofici di Max Nordau (La malattiadel secolo e Degenerazione, tradotti in Italia rispettivamentenel 1888 e 1893) l'idea di un «crepuscolo dei popoli», deldiffondersi di una fatale patologia psichica prodotta dall'urba­nesimo e dall'industrialismo.Certamente a questi anni, per cost dire, di apprendistato risal­gono alcuni suoi saggi teorici fondamentali, talvolta dedicatial teatro (ed e importante sottolineare come non sia ancorariuscito a diventare uno scrittore di teatro): Arte e coscienzad'oggi (1892), Individualismo e arte, Sinceritd e arte (1897),L'azione parlata (1899), Scienza e critica estetica (1900). Perio­dici e giornali sono spesso 10 strumento e la palestra del dibat­tito, ed eal giornalismo che anche Luigi si volge con entusia­srno come all'anticamera naturale della grande letteratura. Invita sua scrivera su una cinquantina di periodici, grandi epiccoli, sconosciuti 0 prestigiosi, e alcuni di questi avrannomolta importanza per la sua storia umana e intellettuale; peresempio i1 fiorentino «Marzoceo» degli Orvieto (giii incontraticon la «Vita Nuova» e la «Nazione letteraria»), a cui collaborafittamente dal1896, anna della fondazione, al1909 (quando,non a caso, gli si aprono Ie porte del «Corriere della Sera»),ma da una posizione eterodossa, ben lontana dall'indirizzoestetizzante fissato da Gabriele D'Annunzio e da GiuseppeSaverio Gargano nell'articolo programmatico. Un rapportocontinuativo 10 leghera anche alla romana «Nuova Antolo­gia», dove 10 chiama a collaborare Domenico Gnoli nel1897,la prestigiosa rivista di eredita risorgimentale dalle cui paginepassano in questi anni Ie pili grandi firme italiane (e che a uncerto punto vagheggera di acquistare come un investimentovantaggioso) e alla defilata «Riviera ligure» dei fratelli Nova­ro, nata per reclamizzare l'industria olearia Sasso, e divenuta,

25

lungo la strada, una testata molto importante nella storia dellapoesia italiana [EDITORIA].Con la carta stampata tenta anche l' avventura in proprio di«Ariel» [ARIEL], con il cenacolo letterario romano che com­prende tra gli altri Ugo Fleres, Tommaso Gnoli, GiuseppeMantica, Italo Carlo Falbo e Italo Palmarini; la rivista einti­tolata allo «spirito pratico, il genio creatore» di shakespearia­na memoria: «la particolare attitudine dell'intelletto merce laquale esso coglie in un istante l'aureo pomo, la meta che Pro­spero (ingegno cosciente, l'organatore, colui che comprende,penetra, giudica) coltivo, prepare lungamente», come spiegaGiuseppe Mantica nell'articolo programrnatico del 18 dicern­bre 1897. Di quest'idea di arte Pirandello si fa teorico, propu­gnando l'avvento del «sincerismo» (da aggiungere agli altriismi del Capuana allora in discussione), come alternativa aldannunzianesimo estetizzante rna anche alle sciatterie forrnalie alle rozzezze realistiche importate dalla Francia, all'insegnadell' autenticita e dei valori classici.Nei sei mesi di vita del periodico e lui che maggiormente sida da fare (spesso sotto pseudonimo, per dissimulate la pro­pria onnipresenza) come recensore (particolarmente acre neiconfronti di D'Annunzio, naturalmente), critico teatrale, tra­duttore, poeta e, soprattutto, novelliere, con tre testi (1I1col1­tro, La scelta e Se...) molto significativi circa la sua origin aleproblernatica di narratore. Qui riesce finalmente a pubblica­re anche un dramma, L'epilogo (in precedenza c'era statol'atto unico Percbe>, in rivista nel 1892), destinato, al solito,al silenzio, e che andra in. scena soltanto nel 1910 con il tito­10 La morsa.«Ariel», dunque, ha vita breve e resta tutto sommato un epi­sodio minimo, e molto datato, della cronaca mondano-intel­lettuale romana di fine Ottocento; il respiro teorico della pro­posta, pur generosa, e scarsa e l'interesse che essa riveste stasernmai nel suo farsi portavoce di un milieu letterario di rna­trice intenzionalrnente provinciale e piccolo-borghese, insof­ferente dei fulgori rom ani del Piacere 0 del Trionfo della mor­teo Pirandello ancora non spicca il volo: fa di malavoglia ilprofessore al Magistero di Roma, si gode i pochi anni di se­renita familiare che gli saranno destinati; l'uscita a puntate

26

dell'Esclusa nel 1901, nonostante 1'impegno di Capuana perfargli pubblicita, passa sotto silenzio, senza neanche una re­censione. Ultratrentenne, oberato da una famiglia numerosa eda qualche ristrettezza economica, egli sembra condannato adun tranquillo dilettantismo letterario di sapore tardoverista eForse ha riposto davvero nel cassetto il suo sogno perenne divedersi rappresentato in scena da qualcuna delle tante compa­gnie che stavano tentando, attraverso il verbo naturalista, dirinnovare la scena italiana.Nel1881 Le naturalisme atheatre di Zola aveva proposto, conmolto rumore, un modello di drammaturgia tutta calata nellospirito moderno, democratica e impegnata, alternativa alle di­gestive consuetudini della piece bien [aite, ma anche pili abilee disincantata rispetto alle rigidezze strutturali del dramma atesi, caro alle platee postunitarie. In varie parti d'Europa stavafaticosamente nascendo il fenomeno nuovo del teatro di regia,attento al rigore e alla coerenza della messa in scena, mentrein Italia si registrava un ritardo generale rispetto a questi fe­norneni: dominava ancora, sostanzialmente, il grande artigia­nato capocomicale, restio a vedere ridimensionata l'onnipo­tenza del mattatore, ma anche unico, decisivo tramite fra glispettatori di periferia e le capitali metropolitane. Una nuovagenerazione di attori, come Giovanni Emanuel, EleonoraDuse, Tina Di Lorenzo 0 Irma Gramatica, aveva soppiantatoi beniamini del pubblico rornantico come la Ristori, Rossi eSalvini e si sforzava di proporre un repertorio europeo, cheaveva in Ibsen il suo idolo polemico.Mancava, cronicamente, una drammaturgia nazionale ade­guata alle esigenze dei tempi, e indipendente dagli onnipre­senti modelli francesi di Zola 0 di Henry Becque. Verga,Giacosa, Praga impersonavano, suscitando discordi consensi,altrettanti modelli di naturalismo nostrano; il teatro dialettale,patrimonio artigianale di compagnie periferiche ma vivacissi­me, verdeggiava pili che mai; stava nascendo su giornali eriviste il fenomeno nuovo della critica teatrale. 11 rinnova­mento da tante parti auspicato doveva giocarsi su] piano deitesti e della critica, grazie soprattutto alla Societa degli Auto­ri, Ia SIA, nata a Milano nel 1882, che difende il diritto d' au­tore presso compagnie e impresari, ed esercita, in termini

27

quasi monopolistici, la tutela del repertorio nazionale controla rnassiccia utilizzazione dei testi francesi. Loro rnassimo im­portatore e Adolfo Re Riccardi, che nel 1896 apre aRomaun'efficiente agenzia per tradurre e distribuire copioni fran­cesi di ogni genere e qualita (rna ci sono anche Sardou, Ba­taille e poi Bernstein), in aspra concorrenza con i prodottinazionali. Marco Praga, a capo della SIA da11896 a11911, eilsuo pili tenace oppositore e un infaticabile talent-scout, trami­te importante verso il teatro di numerosi autori nuovi, fra cui10 stesso Pirandello [SIA].Per il memento, comunque, quest' ultimo non riesce ancora apenetrare nel circuito chiuso delle compagnie, proprio perchenon trova una via istituzionale di accesso, ne una sintonia conle empiriche esigenze del teatro reale. I suoi ricorrenti falli­menti, di cui da conto I'epistolario, nascono quasi sempre dauna sua oggettiva difficolta di farsi prendere in considerazionedagli attori, i signori della scena con cui sara destinato spessoad avere rapporti abbastanza burrascosi,

5. Verso il successo

Nella tranquilla e un po' scontenta esistenza del professorLuigi Pirandello il 1903 segna un tragico spartiacque, oltre ilquale niente sara pili come prima: l' allagamento della zolfaradi Aragona gestita da don Stefano distrugge in un attimo larendita, non cospicua, su cui si fonda il sostentamento fami­liare, obbligando Luigi ad affrontare, per la prima volta in vitasua, il problema di riuscire a mantenersi da solo, e insiernefacendo esplodere la latente malattia mentale di Antonietta,fino a quel momento dissirnulata dalla femminile severita eritrosia siciliana, Dopo uno sbandamento iniziale, egli dimo­stra nell'emergenza un'eccezionale capacita di reazione, tuf­fandosi in un lavoro indefesso, affrontato in condizioni diquasi patologica solitudine negli spazi ristretti concessigli da­gli impegni scolastici (sernpre piu gravosi e Irustranti) e dallaconduzione farniliare,In questo primo decennio del Novecento, in cui tante novitaimportanti si verificano nella cultura italiana ed europea, Pi-

28

randello sembra curiosamente isolato e disinformato di quan­to gli accade intorno, chiuso in quella dimensione di vitasquallidamente piccolo-borghese che presta spesso ai suoipersonaggi: i rapporti intellettuali e Ie occasioni anche minimedi incontri. sociali, a causa della distruttiva gelosia della rno­glie, che arrivera a coinvolgere disastrosamente la stessa figliaLietta e che lui subisce con passiva rassegnazione, si rarefannoancor pili. Nondimeno riesce a coltivarne alcuni importanti,come quello con Massimo Bontempelli, a cui 10 lega una forteconsonanza spirituale, con il giovane Pier Maria Rosso di SanSecondo, un altro siciliano disgraziato e solo, che diventeraper lui una specie di figlio d' elezione, con il versatile Luciod' Ambra, suo vicino di casa, giornalista e uomo di teatro che10 appoggia generasamente nel suo faticoso debutto scenico.AI volontario isolamento intellettuale corrisponde il disinte­resse dell' establishment: la critica militante 10 ignora 0 10 as­simila a uno dei tanti narratori ill intrattenimento (tale 10 ri­tengono per esempio Borgese e Serra), l' acre stroncatura diCrace si occupa soltanto dell'umorismo, Delle grandi vicendedell'Italia giolittiana sembrano giungergli appena flebili echi ­i primi scioperi di massa, il terremoto di Messina, il suffragiouniversale, la guerra di Libia - rnentre si consuma un suoprogressive distacco dalla politica a cui si era appassionato dagiovane, e che solo il dibattito interventista riuscira per unpoco a colmare.Le scelte del suo lavoro, ancora una volta, appaiono cometrascinate dagli eventi esterni: COS!, nel mom ento in cui e co­stretto a sollecitare il pagamento delle sue collaborazioni gior­nalistiche (trovando nel «Marzocco» e nella «Nuova Antolo­gia» generosa e immediata disponibilita), intensifica la produ­zione delle redditizie novelle con cadenza rnensile e spessoaddirittura quindicinale, pur senza abbandonare l'attivita direcensore e polemista. L'ingresso nel «Corriere della Sera»,che gli riesce nel 1909 grazie all'affettuoso interessamento diOjetti, consacra felicemente la sua raggiunta fama di «novel­laio» e gli assicura uno spazio fisso di intervento ben retribui­to, con la mota di scorta del supplemento mensile della «Let­tura», adatto ad ospitare i testi pili ampi,Con il prestigioso quotidiano milanese, diretto allora da Luigi

29

Albertini in collaborazione con il fratello Alberto, caporedat­tore e suo tramite diretto, Pirandello continuers a lavorarefino alla morte, salvo alcuni intervalli; spesso gli sara richiestodi ridimensionare la lunghezza 0 aggiustare il tono delle suenovelle, troppo tristi 0 spregiudicate per il pubblico del gior­nale (scandalizzato ad esempio dal triangolo di Pensaci, Gia­cominol); talvolta gli si proporranno degli aggiustamenti ditono (per esempio nel Caro estintoi 0 gli si opporranno decisirifiuti (come per la novella Jeri e oggi, sospetta di disfattismonel clima di guerra, 0 per Si gira..., giudicato inadatto ad unapubblicazione a puntate con sua autentica disperazione), manel complesso si trattera di un rapporto di reciproca soddisfa­zione. Quando poi avra incontrato la fama, Luigi rivendicheramaggiore indipendenza in materia di temi e di spazi, ramma­ricandosi spesso dell' ostilita di Renato Simoni, direttore della«Lettura» e eritico teatrale poco malleabile.La consacrazione letteraria che gli consente l'accesso al «Cor­riere» efrutto della sua nuova attivita di romanziere, caratte­ristica di un operoso decennio, che vede l'uscita 0 comun queil concepimento del suo intero corpus romanzesco. Dopo lalunga incubazione dell' Esclusa, scritta gia nel 1893, in rivistanel1901 e in volume soltanto nel 1907, si decide nel1902 apubblicare a Catania anche II turno [Il. TURNO], che avevaa sua volta nel cassetto da vari anni. Nessuno se ne accorge,ancora una volta.La grande occasione e rappresentata invece dall'offerta diGiovanni Cena, redattore capo della «Nuova Antologia», diospitargli un romanzo a puntate. «E Pirandello (inaudita au­dacia per la sua moralita) vendette un libro che non avevascritto» (Nardelli); e un impegno massacrante ma irrinuncia­bile, che assolve di notte (almeno secondo l'agiografia auto­biografica), lavorando al capezzale della moglie ammalata ecostruendo quindicinalmente un intreccio non privo di unaserrata suspence, abbastanza compatto, a dispetto delle rnoda­lita compositive, da richiedergli alIa fine soltanto minimi ag­giustamenti per l'edizione in volume. It fu Mattia Pascal efinalmente il successo, 0 almeno un po' di successo, lento efaticoso, ma consolidato da un insperato lancio tedesco efrancese e, soprattutto, dall'interessamento della casa editrice

30

dei fratelli Emilio e Giuseppe Treves, abile fabbrica di best­seller narrativi e teatrali di fine secolo [IL FU MATTIAPASCAL].Qui avevano fatto le loro fortune per esempio De Amicis, conoltre 50.000 copie di Cuore, D'Annunzio, Verga, Giacosa, laSerao, ma anche erano stati fatti conoscere al pubblico italia­no Zola in edizione popolare, Hugo, Tolstoj, oppure il Padro­ne delle Ferriere di Ohnet e il Quo vadis? di Sienkiewicz; frai drammaturghi erano in catalogo Sem Benelli, D'Annunzio,Lopez, Niccoderni, Praga e non mancavano collane novelli­stiche e di divulgazione scientifica; uno stretto legame con ilgiornalismo era costituito dall'«Illustrazione italiana», creata aMilano da Emilio nel 1875 sul modello delle grandi rivistefrancesi, che ospitava, in una veste grafica raffinata e ricca diimmagini, le firme pili prestigiose del rnomento,L'editore, che gli aveva gia rifiutato due volumi di novelle, siimpegna ora a pubblicare, oltre alIa ristampa del Fu MattiaPascal, la raccolta Erma bifronte e L'esclusa. E, finalmente,I'approdo tanto sognato alla grande letteratura nazionale;Emilio Treves, unico proprietario della casa editrice dopo lamorte di Giuseppe nel 1904, restera il suo editore fino allamorte, nel 1916, quando Pirandello conferrnera il contrattocon la societa anonima che gli subentra fino al 1920. IT rap­porto fra i due non sara facile (nemmeno con Bemporad e conMondadori le cose andranno poi meglio), ma produrra inrapida sequenza l'uscita in volume dei romanzi I vecchi e igiouani nell913 [I VECCHI E I GIOVANI] e I quaderni diSerafino Gubbio operatore nel '16 (Suo manto viene invecerifiutato per non irritare Grazia Deledda, buona firma dellacasa editrice, fatta oggetto di una trasparente satira [SUOMARITO]), e di nurnerosi volumi di novelle (Pirandello man­tiene pero per questa settore rapporti aperti anche con 10Streglio, il Quattrini, il Carabba e altri [L'EDITORE CA­RABBA]) e il varo, nel 1918, della prima edizione delle Ma­schere nude, in quattro volumi.II sospirato riconoscimento della sua dignita di scrittore nonreca ancora, tuttavia, adeguati guadagni, per cui ecostretto arestare legato all'insegnamento, salendo ad uno ad uno, peno­sarnente, i vari gradini della carriera, e soprattutto affrontando

31

10 sbarramento del concorso per l'immissione in ruolo nel1908. La circostanza 10 obbliga a mettere insieme due volumidi saggi, curiosamente a meta fra l'erudizione accademica e lamilitanza critica che gli e pili congeniale. Nel volume Arte escienza ripropone COS1 rnolte riflessioni giovanili di materiaestetica e linguistica, in un rapporto di polemica e insieme didipendenza dall'Estetica di Croce, e nell'Umorismo elabora,sotto le mentite spoglie di una rilettura specifica della storialetteraria italians ed europea, la propria peculiare poetica, an­tiretorica, antirealistica e furiosamente analitica, maturata neglianni lungo una serie di recensioni e studi su scrittori antichi emoderni, per cui identifica nel «sentimento del contrario» lachiave pili adatta a restituire la visione ambivalente e dissociatache riporta della realta. Ottiene la tanto sospirata cattedra eanche una certa attenzione dei recensori, stimolati probabil­mente dalla sarcastica stroncatura di Croce, che 10 tratta daimprovvisatore, goffo e disinformato; ma cio non basta a ricon­ciliarlo intellettualmente con la funzione docente, ne con lacomunita dei colleghi, da cui si sente estraneo e incompreso.In un tale contesto l'amore segreto per il teatro e pili chemai un lusso, e per alcuni anni Pirandello si proibisce inqualche modo di scriverne: la perduta cornmedia Una signo­ra e del 1897, poi c'eScamandro nel '99 (non concepito ob­bligatoriamente per la rappresentazione); soltanto nel 1905lavora a un (perduto) atto unico, Pormalita;« due anni dopoal progetto di altre due cornmedie siciliane; ed ecerto singo­lare trovare, all'interno di Suo marito, due trame drammati­che che pili tardi si conceded di comporre davvero. Pur dilontano continua pero a pensarci: reagisce con vivace insof­ferenza all'«evento» della dannunziana Francesca da Riminiinterpretata da Eleonora Duse; interviene sul «Tirso» a pro­posito delle dimissioni di Edoardo Boutet dalla CornpagniaStabile di Roma e dell'impossibilita di creare in Italia dei tea­tri stabili (che poi saranno invece un suo sogno ambizioso);si dichiara per Goldoni contro Ibsen (rna anche su questaaggiornera pili tardi Ie proprie idee); scrive un saggio fonda­mentale, Illustratori, attori e traduttori (a dieci anni di di­stanza da L'azione parlatai, sui complessi problemi che l'al­lestimento scenico pone nei confronti del testo drammatico

32

di partenza [ILLUSTRATORI ATTORI TRADUTTORIJ,La teoria del personaggio restera al centro, per lui, di unacomplessa riflessione critica e di molteplici elaborazioni crea­tive, rna, per il momenta, questa sistema teorico 10 obbliga adistinguere rigorosamente e un po' goffamente fra testa scrit­to ed esecuzione scenica, in base all'idea restrittiva che «ilteatro - non l'opera d' arte ben inteso - il teatro eper me, quelche e la vignetta rispetto al libra che essa vuole illustrare, 0

quel che eogni traduzione di fronte all'originale: una riprcdu­zione che per forza, a guasta a diminuisce». Anche nei con­fronti della sempreverde tradizione dialettale manifesta altret­tante riserve, identificando nel pur famoso attore GiovanniGrasso il responsabile di istrionesche falsificazioni, «da espor­tazione», della realta isolana,Una diffidenza ten ace e forse inconsciamente pretestuosa, checontinuera a dichiarare persino nell'imminenza delle sue pro­ve pili felici: se ne puo ricercare forse la spiegazione nel coevoclima di ricerca di un teatro nuovo, che abbia dignita artisticae sia radicalmente alternativo alle inerti consuetudini dellascena mattatoriale, ma anche leggervi il segno di un suo om­broso disagio nei confronti di un'impresa (quella della scrit­tura drammaturgica) a cui ha deciso infine, a malincuore, dinegarsi, dopo tante delusioni e al cospetto di un panoramatutto sommato poco allettante: al teatro boulevardier caro adattori e impresari a ai cascami naturalistici della drammatur­gia nostrana sembra infatti opporsi soltanto l' alternativa dellaparola «bella» dannunziana in linea can i vari sirnbolismi tan­to in auge. Cost il silenzio teatrale di questa primo decenniodel secolo si spiega anche come estraneita ad un contestoculturale che 10 pone dinanzi ad un'impasse inaccettabile.II teatro e, all'epoca, un campo d' azione assai redditizio pergli scrittori, per cui 10 alletta la possibilita di pater collaborarecan Nino Martoglio offrendogli dei copioni in dialetto per laCompagnia Drammatica Siciliana, nata nel 1907 can l'ambi­zione di riqualificare artisticamente un repertorio che scadevaspesso nella grossolanita della farsa [TEATRO SICILIANO,L'OPRA 'I PUPIJ, II progetto e ostacolato dalla cronica ca­renza di copioni originali e di qualita, per cui gli attori sicilianidevono ricorrere di solito a traduzioni dialettali di Verga,

33

Capuana 0 De Roberto. Per questa ed altre ragioni l'impresanaufraga quasi subito, e con essa i testi forse davvero fornitida Pirandello, I1 catanese resta pero il suo pigmalione: li lega­no comuni radici familiari garibaldine e democratiche, la pas­sione per la letteratura (Nino eun poeta di una certa fama eun drammaturgo ben avviato), una profonda affinita di carat­tere e di gusti, che cementa un'amicizia tenace ed una fortu­nata collaborazione professionale.Nel 1910 Martoglio fonda aRoma, al Metastasio, il TeatroMinimo, il primo in Italia organizzato «a sezioni», preveden­do la rappresentazione di alcuni atti unici a ingresso continua­to, e per opera di attori diversi, come accadeva nelle nuovesale cinematografiche; il pubblico paga il biglietto d'ingressoper un'ora e ha diritto di fum are durante 10 spettacolo; abilescopritore di talenti (gia nel1908 si era accorto del ventunen­ne Rosso di San Secondo e ne aveva proposto la prima com­media, Madre), egli incoraggia Pirandello a fornirgli degli attiunici; e cosi che finalmente, nel 1910, vanno in scena la vee­chia e sfortunata Morsa e Lamie di Sicilia, probabilmente ri­cavato per l'occasione da una novella [TEATRO].L'evento tanto sospirato coincide con un momento particolar­mente difficile della sua vita (la moglie e in Sicilia con i duefigli pili piccoli, vittima di un'ennesima crisi) e 10 lascia rela­tivarnente indifferente. Non e ancora un regolare decollo,giacche passeranno ancora tre anni prima che, grazie all'arni­co Lucio d'Ambra, vada in scena un altro suo lavoro, It dooeredel medico, e soltanto alla fine del 1915 il rapporto con ilteatro diventera continuative. Qualcosa tuttavia si e mosso,tanto evero che, neanche un mese dopo questa misconosciu­to debutto, si fa presentare alla SIA dallo stesso Martoglio e daLucio d' Ambra, segno che ha dei progetti precisi in testa.Di questi progetti fa parte anche la pili grande novita dell'in­dustria culturale di questi anni, il cinematografo, i cui altiprofitti attirano inevitabilmente i pur riottosi e diffidenti scrit­tori. I1 decollo dell'industria filmica italiana, disseminata peril momenta in vari stabilirnenti soprattutto nel nord dellapenisola, li coinvolge massicciamente: ci si rivolge alle mera­viglie dannunziane di Cabiria del 1913, agli scenari grandiosidegli Ultimi giorni di Pompei (1912-13) e di Quo vadis?

34

(1912), ma anche agli sfondi esotici del verismo regionale.Cosi la casa produttrice «Latium Film» di Roma realizza nel1911Malia dall'omonima commedia di Capuana; l'anno dopoMartoglio, direttore della «Morgana Film», cura la regia diSperduti nel buio: gente che gode e gente che soffre di RobertoBracco; Verga (in anonimo) si presta, fra il '12 e il '13, aridurre per 10 scherrno Caualleria rusticana, Storia di una ca­pinera, La lupa, Tigre reale, Caccia al lupo, Caccia alla uolpe,Eva e Una peccatrice; e nel 1920 Mario Almirante dirige Ilrosario della colpa da Rosario di De Roberto. Nel 1929 la yogadel cinema e orrnai assicurata, tanto e vero che il «Corrieredella Sera» gli dedica dall'll maggio una rubrica fissa.Proprio nel 1913 Renato Serra scrive nelle Lettere, a propo­sito di questo febbrile impiego dei letterati; «c'e il teatro, lafabbrica dei libretti d'opera, il cinematografo, che finiscon dimettere in valore, come si suol dire, l' opera dei nostri scritto­ri, Per poco che uno abbia di ingegno e di produttivita, esicuro di ricavarne qualche cosa sul mercato».L'industria di celluloide - non ancora arte -, divertimentoplebeo che minaccia da vicino il teatro e si confonde secondornolti con il cattivo teatro, appassiona comunque gli intellet­tuali a definirne, sul piano teorico, la portata e le irnplicazioni:sulla «Stampa» del 18 maggio 1907 Giovanni Papini scrive Lafilosofia del cinematografo, nascono, intorno agli anni dieci, leprime riviste specializzate come «La vita cinematografica» aTorino e «L'illustrazione cinernatografica» a Milano, si pro­muovono inchieste e dibattiti (come quell a del 1913 sul«Nuovo giornale» di Firenze) circa le possibili incidenze delcinema sulla crisi in atto del teatro di prosa,In un tale contesto Pirandello, pressato dal bisogno di guada­gnare ma anche incuriosito dalle potenzialita espressive diquesta nuovo linguaggio (dalle finestre della sua casa di viaAlessandro Torlonia poteva vedere i capannoni della Filmd'Arte Italiana), propone nel1913 all'amico Nino un soggettodestinato all'attore Giovanni Grasso, e due anni dopo proget­ta un'impegnativa sceneggiatura delle Confessioni del Nievo,rnentre affronta in Si gira.., una complessa riflessione sul cine­matografo come metafora della civilta delle macchine e dellasua alienazione [CINEMA]. Dalle sue opere, soprattutto dalle

35

novelle, sono stati tratti una cinquantina di film italiani e stra­nieri (otto dei quali muti), a cui egli presta spesso la sua col­laborazione (e proprio suI set ill Cinecitta 10 coglie la polmo­nite di cui morira); pili tardi si prova come soggettista inproprio; da una sua novella e tratto il primo film sonoro ita­liano, La canzone dell'amore di Gennaro Righelli (1930); delcinema segue con passione la nascita, le prime sperimentazio­ni e l'irreversibile affermazione, con un'originale riflessionecritica, peculiarmente sensibile alla sua specificita tecnica e aifatti sociologici e di gusto che vi si collegano.Ostile ad un'idea di cinematografo che pretenda di fare ilverso alteatro (e dunque al parlato), egli e invece entusiastadi un cinematografo inteso come pura arte e pura visione,libero da ipoteche letterarie, e 10 battezza «cinemelografia»,«linguaggio visibile della musica», Ma la fiducia iniziale sismorza nel tempo di fronte alle delusioni provocate in luidalle molte pecche e approssimazioni commerciali di Hol­lywood, dai frequenti tradimenti che disinvolti registi fannodei suoi testi, dall' esosita degli agenti che si mangiano lamaggior parte dei suoi guadagni d' autore, per cui quello con10 schermo restera, in fondo, un appuntamento mancato.

6. La guerra e il teatro

Le vicende convulse del rnaggio 1915 vedono Pirandelloschierato in favore della guerra [GUERRA], considerata ilnaturale cornpimento del processo risorgimentale, rna ancheinfastidito dalla retorica interventista di D' Annunzio. II figlioStefano testimonia che «era molto intristito dal fatto che 10spregevole (sernpre per lui fu spregevole) uomo D'AnnunzioFosse stato assunto a guida di sentimenti che la partecipazione(l'intrusione) di lui non poteva se non sporcare», Il suo con­fuso stato d'animo di quei giorni trapassa umoristicamente neimolti riferimenti autobiografici contenuti, per esempio, inBerecche e fa guerra e nel Frammento di cronaca di MarcoLeccio e della sua guerra di carta; dal Nardelli sappiamo chepenso seriamente ad un proprio coinvolgimento in prima per­sona, rna fu poi il figlio a partire per il fronte, facendo inevi-

36

tabilmente deflagrare tutte le contraddizioni del suo dovutopatriottismo, e inducendolo presto ad un ripensamento globa­le di molti dei propri incerti ideali,L'emergenza pubblica e privata del conflitto (che si consumaall'interno delle mura di casa nella snervante attesa della libe­razione di Stefano, fatto quasi subito prigioniero) agisce su dilui come un potente catalizzatore; la contemporanea scompar­sa della madre, l' aggravata rnalattia di Antonietta (che 10 con­sidera in qualche modo responsabile della partenza del figlio),il rischio concreto che venga arruolato anche Fausto, debolee malato, sono altrettanti colpi che 10 rinchiudono nella suasolitudine cronica, e a cui puo reagire soltanto lavorando.Cosi, all'improvviso, dopo la falsa partenza del 1911 e del1913 (giustificata, ancora una volta, da sollecitazioni economi­che), eora che incontra una buona volta il teatro tanto amato­odiato e che ne fa, quasi senza accorgersene e con un coinvol­gimento in accelerazione geometrica, il suo impegno presso­che esclusivo. In varie occasioni egli ha spiegato come fossematurato in lui un tale mutamento di rotta: «e esattamentedurante la guerra che ho sperimentato I'impossibilita di appli­carmi, con calma e serenita, non dico a lavori di ampio respi­ro, ma addirittura alla creazione di brevi novelle. II gusto dellaforma narrativa era svanito. Non potevo pili limitarmi a rae­contare, mentre tutto intorno a me era azione, [...J avevoperso di vista tutte le cose che, fino ad allora, rni erano sern­brate appartenermi, Altre cose si agitavano, ribollivano nelmio spirito, che esigevano di essere espresse in una manieraimrnediata. Se cercavo di svilupparle nelle loro forme abitualimi sfuggivano, mi stancavano opponendomi degli ostacolistrani, insoliti, 10 le vedevo tutte tese verso I'azione e verso labattaglia. Le parole non potevano pili restare scritte sullacarta, bisognava che scoppiassero nell' aria, dette 0 gridate»(En confidence, «Le Temps» 20 luglio 1925).L'occasione ecostituita dall'allestimento di Se non cost', volutodal direttore artistico della Cornpagnia Stabile Milanese,Marco Praga. Drammaturgo di prestigio, autorevole ex diret­tore della SIA, critico teatrale ascoltato, Praga rappresenta uninterlocutore di prima grandezza, che gli offre la tanto sospi­rata occasione per entrare nel grande circuito nazionale. A lui

37

ripropone un testa che gli e malta caro, concepito fin dal1895, pili volte rielaborato (a cominciare dal titolo: Il nibbio,Se non cosi..., Se non cost e pili tardi, definitivamente, Laragione degli altrii e altrettante annunciato come di imminenterappresentazione. L'incontro fra i due risulta alla fine delu­dente: le pretese di Praga, rivoltosi a Pirandello come ad unafirma di prestigio per risollevare [e sarti della compagniaminacciate dalla secessione dei due attori princip ali, Tina DiLorenzo e Armando Falconi, che il 10 febbraio 1915 non glihanna rinnovato il contratto, vanno in direzione della piliovvia consuetudine teatrale del tempo. I suoi suggerimenti,seguiti non si sa can quanta convinzione da un Luigi ancoraincerto di se come drammaturgo, finiscono per stravolgere iltesta; la messa in scena ne tradisce l'idea di fonda can uncapovolgimento dei mali femminili che avvalora nel pubblicoun'interpretazione vagamente melodrammatica, estranea al­l'intendimento originaria dell' autore; edi fatto un insuccesso.La svolta e rappresentata, poco dopa, dall'incontro can An­gelo Musco e l'anno 1916 einteramente teatrale: l'attore, oracapocompagnia, stava raccogliendo nel 1915 lusinghieri sue­cessi in tutta Italia e sembrava coronare finalmente il sogno diun teatro siciliano di dignita artistica che Martoglio, anniprima, non era riuscito a far decollare; dopa molte sollecita­zioni Pirandello, pur scettico circa le possibilita del dialetto inscena, si decide a ridurgli in vernacolo il vecchio atto unicodel 1910 Lumie di Sicilia; poi verranno Pensaci, Giacuminul,'A birritta cu 'i ciancianeddi, Liola, 'A giarra, oltre ai testiscritti in collaborazione can Martoglio (0 a lui ceduti dopa unconcepimento comune, come L'aria del continente) e can essiun rumoroso, inaspettato successo [TEATRO DIALETTA­LEJ, Su giornali e periodici si moltiplicano le recensioni e isaggi che 10 riguardano, in un dibattito che coinvolge i criticipili importanti del momenta, da Lucio d'Ambra a RenataSimoni, da Antonio Gramsci a Piero Gobetti, da Silvio d'A­mica ad Arnalda Frateili a Marco Praga, da Orio Vergani adAntonio Borgese, da Adriano Tilgher a Federico Tozzi (unodei suoi pili sensibili lettori, che gli dedica un artie010 sulla«Rassegna italiana» di Roma del 15 gennaio 1919; grato, Pi­randello gli recensisce can altrettanta lucidita Can gli occhi

38

cbiusii, intanto anche i registi della cinema (come si dicevaallora) pongono attenzione alle sue novelle, ricavandone unafitta serie di sceneggiature.E in gran parte il mimetismo istrionesco del «prorniscuo»Angelo Musco a decretare questa svolta; la critica accogliecon benevolenza, sotto l'etichetta recente e alla moda del«grottesco», i suoi espressionismi recitativi, che per Pirandel­10 possono ascriversi in qualche modo alla categoria dell'umo­rismo (e che gli appaiono comunque altra cosa dall'inaccetta­bile grevita di un attore come Giovanni Grasso). Per la primavolta a contatto vera con la scena, invece che con il teatro dicarta, costretto a subire totalmente le iniziative del capocomi­co e impossibilitato per giunta persino a seguire con regolaritale prove, l' autore, dapprima entusiasta, finisce tuttavia benpresto per avanzare riserve, pone Yeti, esigere garanzie, e ilrapporto comincia a deteriorarsi. n sodalizio con Musco, chepure e stato il grande maieuta del suo teatro (essendone inqualche modo consapevole, come testimoniano, pur ingenua­mente, Ie sue mernorie) ecronicamente burrascoso; per quan­to Martoglio, Simoni e Lopez si adoprino per ricornporlo,ricordando tra 1'altro a Luigi quanta sia vantaggioso economi­camente collaborare con lui, la sua insofferenza e tale da in­durlo nel 1918 a romp ere definitivamente il contratto. Nonper questo abbandona pero il sogno di un teatro siciliano diqualita, a cui dedica ancora gli esperimenti del Ciclope e diGlaucu per la nuova compagnia del «Teatro Mediterraneo»fondata da Martoglio nel dicembre 1918 con Giovanni Gras­so junior, Virginia Balistrieri, Salvatore Lo Turco, Rocco Spa­daro, Carolina Bragaglia e Giuseppe Trovato, compagnia «dicomplesso» e non «a mattatore», che si propone di valorizzare1'uso del dialetto e della musica e che ha in Anton GiulioBragaglia il suo direttore scenico.Le lettere a Stefano prigioniero - che scandiscono dolorosa­mente la trama quotidiana e privata di una vicenda pubblicain apparenza invece quasi convulsa e baldanzosa - dichiaranouna volonta e persino un'ansia di riapplicarsi alla narrativa(sta lavorando a Uno) nessuno, centomila [UNO, NESSUNO,CENTOMILA] e progetta un romanzo su sei personaggi incerca d'autore), ma il teatro in realta 10 ha preso in una rna-

39

niera che sara irreversibile. Ben presto infatti comincia a cer­care contatti con le grandi compagnie nazionali e anche coni critici. Dopo una serie di garbati ma fermi rifiuti (pili di uncapocomico esita a misurarsi con lui dopo i successi di Mu­sco), risulta alla fine decisivo l'incontro con Ruggeri e conTalli, interpreti della maggior parte dei grandi testi di questianni: COSt' e (se vi pare), If piacere dell'onestd, L'innesto, Ifgiuoco delle parti, Tutto per bene, e poi Enrico IV. La suaombrosa suscettibilita di autore non viene meno nei confrontidi questi e di altri pili qualificati professionisti della scena, chenon hanno certo i tratti del guitto Musco ma ugualmente glioppongono spesso concrete esigenze economiche 0 struttura­li, oppure gli forniscono suggerimenti dettati dall'esperienzache lui non gradisce affatto (cosi si offende per esempio conTalli a proposito dell'Innesto, 0 arriva ai ferri corti con Guastiche gli rifiuta Ma non euna cosa seria). Ne derivano tensioni,equivoci, insofferenze profonde, sempre mediati dalla SIA edal fedele Martoglio, e vari testi continuano a restargli nelcassetto pili a lungo di quanto vorrebbe; fa eccezione RuggeroRuggeri, il suo interprete ideale, con cui stringe una deferenteamicizia fra gentiluomini egualmente umbratili e solitarioEppure il rapporto con gli attori, l'esperienza, sia pur saltua­ria, delle prove, la lezione delle rappresentazioni sono decisiviper maturare il suo lavoro di drammaturgo, come testimonia­no senza ombra di dubbio le profonde revisioni a cui sotto­pone spesso i testi per la stampa, da quando comincia, nel1918, la prima serie delle Maschere nude. Cosi, mentre diventaanche una considerevole rendita, il teatro gli consacra unsuccesso pili vasto e mondano di quello faticosamente strap­pato da romanziere, facendogli rinascere dentro sopite ambi­zioni, come quella di riunire intorno al «Messaggero dellaDornenica», diretto dal 1918 dal suo vecchio amico ItaloCarlo Falbo (con cui aveva gia condiviso l'avventura di«Ariel»), nuove e pili spregiudicate energie critiche; sullosfondo Ie vicende agitate interne alla SIA e la comparsa sulmercato impresariale della «Sitedrama» di Paolo Giordani, acui Pirandello si affretta a legarsi contro il parere di Praga eMartoglio (che ne resta profondamente amareggiato), salvopoi entrarci a sua volta in dura polemica.

40

7. «La vita) 0 si vive 0 si scriue», soprattutto fa si recita

La serie delle fortunate provocazioni che Pirandello, con sar­donica intenzionalita, riserva ai suoi spettatori, culmina, lasera del 9 maggie 1921, nella tumultuosa prima romana deiSei personaggi, divenuta quasi epica nei ricordi di testimonigrandi e piccoli per la gazzarra sdegnata contro un autorerassegnato e impavido di fronte alla contestazione, Con que­sta difficile commedia (quasi incomprensibile, anzi, nella suaprima versione, per gli stessi attori che I'interpretarono e perpili di un critico) , egli porta fino aile estreme conseguenzel' analisi della crisi interna aile tradizionali forme drammati­che, facendo del dramma una discussione sul dramma, co­gliendo il personaggio «diseroicizzato» nel momento in cuirivendica la propria autonoma esistenza, e riportando in pri­mo piano il pubblico, annullato e rimosso dalle poetiche na­turaliste.Ai Sei personaggi dedica anche il suo primo impegnodirettonella messa in scena, seguendo le prove, e leggendo il testaagli attori con memorabile intensita; l'impronta della prima ecaratterizzata da una sospesa meraviglia, da un impianto che,per quanto attiene agli elementi scenografid e recitativi, pro­ietta la rappresentazione in una dimensione di stupore e disogno, enfatizzata da una «strana tenuissima luce, appenapercettibile», Pili tardi, nell925, Pirandello modifica radical­mente il testo sulla scorta delle osservazioni di Tilgher [TIL­GHER], ma soprattutto dell'allestimento parigino dei Pitoeffe della propria diretta esperienza registica con il Teatro d'Ar­te: ne accentua doe gli elementi metateatrali e la carica meta­fisica, «disumanizzando» i personaggi in senso espressionisti­co, in quanto esseri non pili «strani» ma «sconvolgenti» e«conturbanti»; taglia alcune perorazioni di troppo, fa entraree uscire gli attori dal fondo della sala, coinvolgendo la plateanella recita (che inizialrnente si svolgeva tutta sul palcosceni­co), cambia il finale, chiarisce in un'importante Prefazionemolte cose rimaste sottintese.L'evento della prima, per quanto scandaloso, e inizialmenteoscurato, fra gli addetti ai lavori, dal gran rientro sulle scenedi Eleonora Duse, che dopo dodici anni di silenzio recita a

41

Torino nella Donna del mare proprio la sera del 5 rnaggio,monopolizzando l'attenzione della stampa nazionale. ARomail pubblico e di 1040 spettatori paganti, che si riducono ri­spettivamente a 367 e a 225 nei giorni successivi, finche Nic­codemi cambia cartellone. Solo la recita milanese del 27 set­tembre consacra un successo di cassetta e di critica che benpresto assumera proporzioni mondiali, e di fronte al qualel'autore illO ottobre si dichiara a Ojetti (ed eper lui eccezio­nale) «veramente felice», avido di poter finalmente viveredopo avere soltanto scritto,La formula, divenuta celebre (eda vita, 0 si vive 0 si scrive»),e forse un po' di maniera, ma certamente l'anno 1921 segnanell' esistenza di Pirandello una cesura irreversibile, che 10vede per la prima volta proiettato verso l'esterno, desiderosodi intervenire, di organizzare, di calarsi in realta nuove e [uc­cicanti, Pochi mesi dopo, il 24 febbraio, l'Enrico IV [ENRI­CO IV] segna un nuovo trionfo, grazie anche all'interpreta­zione «memorabile» di Rugged, e tutto l'orizzonte del suolavoro ne esce vivificato: mentre si moltiplicano Ie richieste ditraduzioni e di rappresentazioni dei Sei personaggi e di altresue opere, egli vara Le novelle pel' un anno, a conferma di unavolonta di autostoricizzazione per lui affatto nuova. Gli impe­gni narrativi e saggistici nel frattempo si diradano (rna trovail tempo di polemizzare ancora con Croce); pensa a Uno,nessuno e centomila, che ha in cantiere da oltre un decennio,come al manifesto ideale di tutta la sua opera, in grado final­mente di fare chiarezza sulla pars costruens del suo pensiero,troppo spesso messa in ombra da interpretazioni prevalente­mente "negative"; e questo sara in effetti U suo congedo de­finitivo dal rornanzo.SuI piano private il successo si configura prima di tutto comescoperta della possibilita di viaggiare e ritroso accostamentoad una mondanita intellettuale in passato sempre dfuggita; ilmatrimonio e poi la partenza di Lietta per il Cue, vissutocome un autentico trauma, contribuiscono in modo decisivead un tale mutamento, recidendo i suoi ultimi legarni con Ieradici domestiche, anche se questo forzato nomadismo (chediventera pili tardi una scelta totale) gli pesa, sicilianamente,come una croce; proprio in questi mesi si moltiplicano i ri-

42

chiami all'ordine da parte delle autorita per la sua cronicalatitanza dagli impegni dell'insegnamento, che egli continuaad evadere con disinvoltura, finche ecostretto a presentare ledimissioni, non senza tentare, come ultimo colpo andato avuoto, di ottenere un congedo per motivi di salute.Fra i pili ternpestivi e infaticabili difensori dei Sei personaggiemerge quell'Adriano Tilgher che sara in qualche modo ilsuo mentore e il suo tormento: con una formula critica desti­nata a troppo tenace fortuna, egli sintetizza nell'arte.di Piran­dello la sede di una «dualita e conflitto fra la Vita e la For­ma», dove la «Forma [...] raggela e condanna a morte la Vita,[...e la] Vita [...] disgrega la Forma per ritluire libera e impre­vedibile: un processo continuo, una incessante dialettica diopposti» (Sciascia). L' autore ne resta compiaciuto, vi si rico­nosce, la fa sua, salvo poi sentirsene ben presto lirnitato eprigioniero. Fra i due i rapporti si faranno tesi e amari, so­prattutto dopo che si trovano schierati su due opposti frontipolitici, Tilgher volle 1'ultima parola nel1940: «e un fatto chesenza quel mio saggio, Pirandello non avrebbe rnai scrittoDiana e fa Tuda. Ma [...] sono il primo a riconoscere [...l cheper Pirandello sarebbe stato molto rneglio che quel mio sag­gio egli non 10 avesse mai letto. Non emai troppo bene perun autore acquistare coscienza troppo chiara di quello che eil suo mondo interiore».Per il momento, comunque, Luigi si gode, persino stupito efrastornato, l'ebbrezza di un trionfo senza confini [MON­DO], consacrato dal consenso dei maggiori uornini di spetta­colo del tempo, da Shaw a Cremieux ai Pitoeff, e dal lusin­ghiero entusiasmo che riscuote presso l' opinione pubblicaamericana. L'incontro con il grande teatro di regia, che fuorid'Italia stava rinnovando globalmente il linguaggio della rap­presentazione, non avviene per lui senza traumi e incompren­sioni: egli ha in fondo, a quest'epoca, un'esperienza e unanozione di teatro assai [imitata e provinciale, tutta chiusanell' ottica, tipicamente italiana, del conflitto fra aut ore e atto­re, e sarebbe infatti assai lusingato di poter far recitare unproprio testo alIa Duse, che, da parte sua, contraccambia lastima, anche se non si decide a concretizzare un accordo pre­ciso per La vita cbe ti diedi.

43

Proprio in questi mesi turbinosi, nel settembre del 1921,muore tragicamente Martoglio (il suo ultimo e pili tenace le­game con il passato), da cui 10 dividono orrnai radicali diver­genze relative proprio alIa politica teatrale; e un fatto che ladrammaturgia pirandelliana, al di la delle intenzioni originariedell'autore, si attaglia con straordinaria tempestivita aIle que­stioni aperte dalle avanguardie europee, che se ne impadroni­scono subito come di un banco di prova ideale per audadsperirnentazioni, ai suoi occhi spesso affatto nuove; e sarannoin effetti i pubblici d'oltralpe, soprattutto francese e tedesco,a capirlo di pili e meglio, mentre in Italia gli toccherannodiffidenze e consensi avari, quando non addirittura una sco­perta ostilita.

8. L'avventura della regia

La concitata marcia di avvicinarnento di Pirandello al teatropresuppone l'inevitabile coronamento della regia. Proprio lui,che aveva teorizzato la supremazia e la purezza assoluta deltesto letterario-drammatico rispetto al carattere spurio e ine­vitabilmente non artistico dello spettacolo, e negato con ram­marico la possibilita di sradicare dall'Italia i vizi delle onnipo­tenti «compagnie randage di comici», si appassiona ai rnoltiproblemi organizzativi e culturali aperti negli anni venti intor­no a questi temi e vagheggia la possibilita di istituire un suoteatro stabile, dove sperimentare messinscene di qualita "arti­stica", promuovere autori nuovi e, soprattutto, allestire i pro­pri testi cost come li ha pensati scrivendoli. II nascente regimefasdsta, a cui aveva guardato all'inizio con distrazione, salvopoi schierarsi in suo favore con pubblica e quasi strafottenteattestazione di solidarieta proprio durante la crisi seguita aldelitto Matteotti [FASCISMO], sembra offrirgli un supportoeconomico provvidenziale ed egli si getta con impeto nell'irn­presa del Teatro d'Arte, concepita inizialrnente dal figlio Ste­fano e da Orio Vergani [ODESCALCHIJ,In quegli anni sta infatti diffondendosi anche in Italia l'ideamoderna che il teatro debba essere in se opera d'arte, regolatada codici suoi propri; aldila del naturalismo si erano di volta

44

in volta identificate nella parola pura, nell'immagine scenica 0

nella pittura animata del balletto altrettante alternative di rin­novamento, per approdare infine al riconoscimento della fun­zione del regista quale unico garante possibile della coerenzaartistica dello spettacolo, di cui e alla fine autore in proprio,e depositario di linguaggi scenici specifici, di natura visiva ecinetica, II percorso di evoluzione verso la regia della vecchiacompagnia capocomicale ecomunque appena agli inizi e sonoproprio i primi teatrini sperimentali, diretti per esempio aRoma da Anton Giulio Bragaglia 0 da Mario Cortesi, a tentar­ne il varo.Per Pirandello si tratta di un'esperienza breve (tre stagioniteatrali, dal 1925 al '28) rna intensissima, nella quale si iden­tifica con tutto se stesso profondendovi, oltre che ingenti ri­sorse economiche, una straordinaria energia fisica e creativa.L'impresa comincia alla grande con i sessantacinque giorni divita del Teatro Odescalchi, sfarzosamente restaurato e trasfor­mato in un vero e proprio gioiello scenografico e architetto­nico, destinato a musica, prosa, pantomime e balletto; qui sialternano appuntamenti rappresentativi, musicali e coreogra­fici, e pubbliche letture, con un' apertura culturale a tuttocampo, veramente inedita nella provinciale Italia degli anniventi, che vede la proposta ad esempio di Strawinsky e Debus­sy, di Savinio ed Evreinov (rna anche qualche abbaglio, con lescelte, molto criticate, di alcuni mediocri copioni italiani).Nelle intenzioni originarie di Pirandello c'era anche quella diospitare all'Odescalchi alcune grandi compagnie straniere,come i Pitoeff da Parigi, la Compagnia del Marais da Bruxel­les e quella russa delle Chauvesouris, facendone un significa­tivo crocevia di quanto stava accadendo di pili importantesulle scene d'Europa; non fad in tempo a realizzare questaparte del progetto, ne ad allestire una serie di testi italiani estranieri a cui aveva concretamente pensato, rna resta comun­que lungimirante e significativo il suo disegno di mescolare aipili innovativi prodotti della cultura internazionale contempo­ranea il quadro organico della drammaturgia italiana postuni­taria con autori come Giraud, Giacosa, Verga, Praga, D'An­nunzio, Benelli, Borgese e altri.II sostegno del regime, ancora benevolo verso il suo figlio pili

45

illustre (che nel frattempo firma il manifesto degli intellettualifascisti, nonostante che il professor Gentile sia stato il suo piliimplacabile persecutore presso il Magistero di Roma), nonbasta a salvare l'Odescalchi dalla chiusura e il Teatro d'Arte

. e costretto ad emigrare in giro per l'Italia (dove le piazzedisponibili sono poche e difficili) e fuori, per poi tentare,l'anno ancora successivo, di riproporsi come Stabile del Tea­tro Argentina di Roma. Del successo di critica della compa­gnia, che non impedisce pero un cronico affanno economico,ein gran parte responsabile la giovane, magnetica, prepotenteMarta Abba, la donna della sua vita e della sua arte finalmenteincontrata, che diventa l'interprete per eccellenza del suo tea­tro, rinverdito e riscattato, grazie a lei, da precedenti esitimediocri e spesso radicalmente reinterpretato in memorabilimesse in scena, che fanno tesoro delle ricche esperienze euro­pee di questi anni. Musa ispiratrice della sua ultima stagione,essa, pen'>, e anche la causa di malumori da parte degli altriattori e talvolta di clamorose rotture e defezioni, come quellacon Lamberto Picasso (forse troppo sbrigativamente allonta­nato per Ie sue pretese egemoniche), nonche di notevoli ten­sioni familiari.Le difficolta incontrate dal Teatro d'Arte, che molto 10 ama­reggiano, si legano principalmente, agli occhi di Pirandello,allo strapotere di Paolo Giordani, che monopolizza i teatri inun regime di trust, forte di alti appoggi politici; contro di lui,a cui pure aveva guardato all'inizio con speranza ed entusia­smo e al quale si riaccosta strategicamente ma con poca for­tuna in varie occasioni, egli matura un astio crescente, pren­dendo pili volte pubblicamente posizione in modo spessomaldestro e improduttivo. Proprio al culmine del suo succes­so cominciano dunque a manifestarsi vistose crepe, che rnatu­rano in lui profonde delusioni e una sempre pili tenace vogliadi isolamento e di fuga; con i suoi antichi amici i legami sonoormai rescissi: Martoglio emorto, Tilgher ediventato un av­versario, Lopez gli rifiuta gentilmente ma fermamente unacollaborazione, Praga e fermo ad un eclettismo critico acco­modante rna orrnai lontano dalla comprensione del nuovo(nel '29 morira suicida a Varese), con Simoni i rapporti sonopessimi, ne appaiono convincenti i suoi tardivi approcci a

46

D'Annunzio, l'eterno antagonista, con cui ad un certo puntosi mette in contatto in cerca di alleati e collaboratori per lafondazione, sempre vagheggiata, di un teatro stabile statale.Sarebbe 10 stato fascista l'unico interlocutore plausibile perun simile progetto, che coronerebbe il suo sogno di drarnma­turgo, e a cui non cessa di pensare fino quasi alla fine dei suoigiorni, rna lidillio con il regime, troppo sbrigativamente iden­tificato come il possibile portatore della verita della forzacontro le mediocrita e i comprornessi dell'Italia giolittiana,tanto amari per il suo sicilianismo risorgimentale, si spezzapresto clamorosamente: di qui a poco Farinacci diventa unufficiale avversario, rnentre il suo umorismo, gli ambigui con­tenuti della sua poetica, la sua riservatezza, insofferente diufficialita, la sua eccessiva attenzione per gli autori esteriscontentano sempre pili spesso le alte sfere e insospettisconopesantemente gli oscuri estensori dei rapporti di polizia che 10riguardano, Per molto tempo egli si ostina a separare Ie re­sponsabilita di Mussolini dalla mediocrita e dagli intrighi chegli fioriscono intorno; il duce esercita su di lui un fascinopersonale del tutto atipico, che 10 indurra anche a goffi scivo­loni, soprattutto nelle dichiarazioni rese alla stampa estera;l'infatuazione fascista, pero, resta tutto sommato di brevedurata e 10 lascia alla fine pili disincantato che maioMolto presto appare anzi nauseato e stupefatto della fascistiz­zazione dello stato seguita al famoso «discorso dell'Ascensio­ne» di Mussolini del 2 maggio 1927, in cui e dichiarata la«stoltezza» e «supertluita» di ogni forma di opposizione.Mentre si fanno avanti gli intellettuali di regime e si susseguo­no le roboanti iniziative della propaganda (che definisce spes­so nelle lettere private inaudite «gagliotfate»), si indebolisceanche la sua fiducia nell'arnico e conterraneo Telesio Interlan­di, potente giornalista molto vicino al duce (che coltiva perproprio conto ambizioni teatrali ed eil suo pili alto protettoredalle colonne dell' «Impero»), dalle cui confidenze eprecoce­mente inforrnato di quanta si prepara a tutti i livelli dell' am­ministrazione e in tutti i campi della vita culturale.Negli anni del Teatro d'Arte, di vagabondaggi da guitto perteatri e alberghi di tutto il mondo, Pirandello riduce drastica­mente la creazione di testi nuovi: e il rnomento in cui tende

47

a ripubblicare vecchie novelle, e cura can costanza, pur framille impegni, il proseguimento delle Maschere nude e delleNovelle per un anna presso il Bemporad. Ha quasi del tuttoabbandonato 1a saggistica e il giornalismo, anche se si molti­plicano i suoi interventi pubblici in forma di interviste, men­tre cresce intorno alla sua persona un interesse mondano che10 lascia sempre malta a disagio, e che spiega ad esempio lapubblicazione, proprio nel 1924, della Lettera autobiograficadi quindici anni prima. In un tale contesto si capisce che stiachiudendo anche i conti can il rornanzo: la conclusione, tantorimandata, di Uno, nessuno e centomila gli dii sollievo, maappartiene ormai ad una stagione trascorsa, COS! come obbe­disce in gran parte ad una logica commerciale la ripropostadei Quademi di Serafino Gubbio operatore can il nuovo titoloSi gira...Eil teatro 1asua unica, totalizzante passione: dopa l'abbuffatacreativa del decennia trascorso, fra il '24 e il '25 camp one dinuovo soltanto la Sagra del Signore della Nave e Diana e laTuda, ma non eil testa ad attrarre ora la sua attenzione, bensiappunto 10 spettacolo. COS! si spiegano anche i vari abbozzidrammaturgici incornpiuti e 10 sperimentalismo in pili dire­zioni, che 10vede impegnato nel romanzo «mitico» su Adamoed Eva a interessato, di qui a poco, aile riprese sceniche ditesti come La Salamandra a il vecchio Scamandro.Pirandello eun direttore di scena rigoroso, attento alla com­pattezza della spettacolo, malta esigente in fatto di costumi,luci e scenografie; Virgilio Marchi collabora can lui ad allesti­menti anche cornplessi, in cui la scenografia, fatto all'epocadel tutto inusuale in Italia, diventa talvolta un elemento digrande rilievo, come accade soprattutto nella Nuoua colonia,conclusa da un'inondazione assai impegnativa da realizzarsi;durante il lavoro egli si sforza di entrare in sintonia can gliattori, evita le prove troppo prolungate, mirando ad una reci­tazione spontanea, frutto di un rapporto malta intenso fral'interprete e il personaggio e aliena da tecnicismi e meccani­cita, Nella scelta dei testi cerca, come si edetto, di aprirsi aIlegrandi esperienze europee: proprio lui, che in passato si eraprofessato goldonista di ferro contra gli abusi insopportabilidel naturalismo nostrano, si volge, grazie anche a Marta Ab-

48

ba, a Cechov e a Ibsen come a dei maestri di rinnovamento.L'esperienza del Teatro d'Arte si conclude malinconicamentenell'estate del '28 a Viareggio: l'hanno fatta naufragare Ieimprevidenze economiche (a corninciare dal faraonico restau­1'0 dell'Odescalchi) e le diffidenze e le gelosie di una certaparte del rnondo teatrale e politico, ma puo vantare, al suoattivo, oltre alla scoperta di un'attrice d' eccezione come Mar­ta Abba, il merito di avere introdotto in Italia uno stile rap­presentative nuovo e di grande dignita artistica, di avere con­tribuito a sprovincializzare il repertorio corrente e di averetestato con autorevolezza la volonta dell'autore Pirandellocirca la messa in scena di alcuni suoi grandi drammi.Da parte sua, egli cerca i1 distacco e la solitudine in quellaGermania [BERLINO] dove aveva vissuto serenamente dagiovane, e che nel '25 gli aveva riservato accoglienze trionfali;il mondo tedesco 10 attira da sempre; un suo dramma, Dianae la Tuda, ha gia avuto 10 strano destino di una prima all'este­1'0 (a Zurigo il20 novernbre 1926). nfenomeno edestinato aripetersi, a clamorosa riprova delle sue nuove disgrazie inpatria; economicamente non naviga in buone acque e si ripro­mette soprattutto dal cinema qualche sostanzioso risarcimen­to. Cost si accinge a trascorrere l'inverno del 1929 a Berlino.

9. Cli ultimi anni

Gli anni trenta non sono fortunati per Pirandello, che sembradover scontare con altrettante delusioni e incomprensioni,pubbliche e private, il magico successo che 10 ha reso all'im­provviso, e suo malgrado, tanto popolare. Chiusa l'esperienzadel Teatro d'Arte, la sua produzione drammaturgica si rarefaquantitativamente e incontra sempre maggiori difficolta peressere messa in scena: fra il 1929 e il 1936 compone undicidrammi, quattro dei quali rappresentati per la prima voltaall'estero e due dopo la sua morte; e del resto egli trascorreorrnai fuori d'Italia sempre pili lunghi periodi di volontario,scontroso esilio [PARIGI, RITORNO, GIAN FRANCESCOMALIPIERO].A questa scelta non sono estranee, probabilmente, Ie difficolta

49

del suo intenso rapporto con Marta Abba, ormai il principalefulcra ispiratore della sua arte (il forte temperamento di leirestituisce in scena in modo ideale il pathos convulso deipersonaggi pirandelliani), oggetto di una passione fortementeintellettualizzata, che egli cerca di dominare a distanza attra­verso un fitto «romanzo epistolare», ancora tutto da studiare,che sembra riproporre l' eterna antinomia che contrapponeper lui la vita alla scrittura.L'incontro can l'attrice tanto pili giovane (era nata nel1900)gli ripropone bruscamente e quasi brutalmente la possibilitadi sentirsi vivo e amato, di comunicare can intensita, condivi­dendo per giunta fino in fonda l'esperienza creativa che eperlui al centro di tutto. Sana stati d'animo nuovi e conturbanti- dopa tanti anni in cui se li era testardamente negati in unasorta di volantaria ascesi affettiva - che 10 gettano in un pro­fonda turbamento spirituale; eanche a cio che si riconduce lasvolta "rnitica" dell'ultima sua produzione, orientata a dibat­tere temi assoluti e spirituali in chiave allegorica, tanto dasuscitare l' attenzione del mondo cattolico e persino il rischiofondato di una censura del Sant'Uffizio.L'ultima fase del suo teatro appare singolarmente esitante «frail diario indiretto e una mitograHa spesso arretrata e provin­ciale, se pur non priva di acuti presentimenti» (Baratto) ed eaccompagnata da una ripresa di interessi saggistici per il tea­tro in quanta istituzione e per i suoi meccanismi che gia a­vevano caratterizzato i suoi esordi di scrittore. Rispettoalla grande svolta registica che si sta consumando nel teatroeuropeo e al dibattito rivoluzionario delle avanguardie, lasua posizione teorica e pili che mai attardata e forse inge­nua: al centro dei suoi interessi sta ora il rapporto di tipo"stanislavskiano" con gli attori (e in modo privilegiato, natu­ralmente, can la Abba), alla ricerca di legami sempre pili in­tensi e coinvolgentifra lora e il testa, secondo la dinamicaesplicitata in Questa sera si recita a soggetto. Gli sta a cuoresoprattutto difendere la funzione sociale del teatro come Arte,dove ora anche i problemi della spettacolo hanna per lui unaloro decisiva centralita in rapporto dialettico can le parole deltesta; non capisce e non gli interessa il teatro di massa e al­l'aperto propugnato in quel momenta da alcuni intellettuali

50

fascisti, ma difende ora un teatro un tempo negato, rifiutato,e 10 indica anzi come «possibile non solo, ma necessario allacivilta di un popolo».L'intensita del coinvolgimento affettivo per Marta Abba giu­stifica l'ardore con cui ha vissuto l'impresa del Teatro d'Arte,dissipando in pochi mesi ingenti risorse e suscitando preoccu­pazioni e riserve nei figli, adulti rna ancora, in rnisura diversa,dipendenti economicamente da lui. Le cose si fanno partico­larmente difficili con Lietta, rientrata dal Cile con la sua fami­glia dietro anche le pressanti insistenze e promesse di aiutodel padre (che non ha rnai versato al genero la dote promessa,limitandosi a pagarne la rendita), e che si sente esautoratanell'affetto di lui, ora preso da tutt'altre urgenze e tensioni,oltreche spiazzata, ancora una volta, sul piano economico eorganizzativo. Ne derivano penosi equivoci, litigi e amarezze,una rottura fra Lietta e il padre, e fra il marito di lei (divenutosegretario di Pirandello e accusato di parzialita amministrati­vel e i cognati: tutti fatti che contribuiscono ulteriormente atenerlo lontano dall'Italia e da casa, in una sorta di esaltata,rancorosa volonta di solitudine [LIETTA, VILLINO].AI rapporto con la Abba, vissuto in felice pienezza negli annidel Teatro d'Arte, condividendo con lei la quotidianita dellavoro comune, egli si nega ora con testardaggine, subliman­dolo fra lontananze e nostalgie; per lei scrive una serie didrammi incentrati su protagoniste fernminili: dopo Diana e laTuda e L'amica delle mogli, La nuoua colonia, Lazzaro, Cometu mi uuoi, e, soprattutto, Trooarsi, dove 10 spessore autobio­grafico efortissimo; gliene lascera in eredita i diritti d' autoreproprio in ragione di questa speciale appartenenza. L'episto­lario fra i due testimonia del passaggio di molti brani daidrammi alle lettere private e viceversa, a conferma della anco­ra pili serrata commistione di Vita e di Arte che caratterizzaquesta fase della sua esistenza. E del resto affida ad un dram­ma, Quando si e qualcuno (pensato, non a caso, per il suointerprete ideale, Ruggeri, che ein qualche modo un suo alterego teatrale, ma che non potra accettare l'incarico per ragionicontrattuali), la denuncia della propria sofferenza di monu­mento vivente, ostaggio di una popolarita soffocante e privadi verita e di gioia.

51

Intanto, dopo 1a chiusura del Teatro d'Arte, Marta Abba di­rige, fra il '28 e il '30, compagnie proprie, votandosi primaalla valorizzazione delle opere del maestro, poi ad un reper­torio pili vasto, comprendente fra gli altri Maugham, Molnar,Antoine, To1stoj. Grande successo riscuote ancora a Pariginella versione francese de L'uomo, la bestia e la oirt«, poi nellaFiglia di]orio a Roma pet la regia dello stesso Pirandello e nelMercante di Venezia, diretto a Venezia, sempre nel '34, daMax Reinhardt. Per lei Pirandello sogna affermazioni interna­zionali, guardando con particolare attenzione al cinema, e siassoggetta di buon grade alla separazione americana, che giu­dica decisiva pet il suo definitivo decollo artistico; gli StatiUniti diventeranno infatti la patria di adozione dell' attrice:qua si sposera e vivra fino a dopo 1a guerra (all'universita diPrinceton ha 1asciato nel 1986 il suo vasto archivio, con lecentinaia di lettere solo recentemente rese pubbliche).SuI piano dellavoro le cose non gli vanno bene: le difficoltaorganizzative ed economiche che incontra per vedere in scenai suoi drammi (e di cui accusa con ostinazione le manovre diPaolo Giordani e 1a preconcetta ostilita di alcuni ambientipolitici) finiscono pel' renderlo insicuro: scrivere gli costa fa­tica; comincia a temere le prime; con ansia crescente si lamen­ta della scarsa considerazione della stampa. II fiasco berlinesedi Questa sera si recita a soggetto del 1930 eun vero e propriocolpo di grazia, all'indomani del quale si rimette addirittura acomporre novelle dopo una pausa di ben cinque anni; inquesta nuovaprospettiva si preoccupa di riallacciare l' anticacollaborazione con il «Corriere della Sera», e, alla ricercadelle proprie remote radici poetiche e intellettuali, e compia­ciuto di vedere ripubblicati testi lirici e prosastici della suagiovinezza; nel novembre del '35 arrivera a dichiarare in unalettera privata la propria «ferma intenzione di dedicarsi alleNovelle per un anno, tenendosi lontano dal teatro»,L'inaspettata nomina ad Accademico d'Italia, quasi inevitabi­Ie pel' ilRegime, non muta affatto la sua posizione, anche seall'inizio si illude, per poco, di essere nuovamente in auge; delresto non e fatto pet l'ufficialita: la celebre foto che 10 ritraepavesato nella divisa vagamente marinaresca di accademico (icui vistosi galloni e alamari gli suggeriscono, in un'intervista,

52

il paragone con uno scheletro) denuncia con brutale evidenzala sua umoristica estraneita al ruolo, e i suoi discorsi ufficiali,che ripropongono il primato di Verga contro D'Annunzio,non fanno che aggravare la situazione. Nel 1932 chiede al­l' editore di togliere dai frontespizi dei suoi libri la qualifica diAccademico d'Italia [SUCCESSO, TEATRO Dr STATOlNasce probabilmente da un tale stato d'animo la volonta distoricizzarsi per interposta persona: cost, proprio nell'autunnodi questa malinconico 1930, collabora strettamente, a Parigi,con il giovane architetto Federico Vittore Nardelli (gia autoredi un L'Arcangelo, vita e miracoli di Gabriele D'Annunzio) allastesura di una biografia ufficiale, in cui inventa il proprioromanzo (L'uomo segreto. Vita e croci di Luigi Pirandelloi,disseminandolo di segni premonitori e di episodi fatali: neemerge il ritratto di un uomo solo, sempre, rna orgogliosodella propria dignita e diversita. Un ritratto costruito abilmen­te per via di litoti ed espunzioni, di cui scrive in conclusione1'autore: «D'Annunzio [...J era un re nel suo regno, dellapoesia, Ma gli s'era accumulata una tal ramaglia d'alloro sullatesta che, fra sterpi e tronconi, per vedergli il viso, ci hodovuto dar dentro coll' accetta. Costui invece, s'io gli avessifatto il solletico alla calvizie posandoci un poco di foglia,l' avrebbe discacciata colla mano. Quasi una mosca». sara unbest-seller.A questa inedita volonta di sistemazione autofilologica risaleprobabilmente anche l'ennesimo cambio di editore, con ilpassaggio alla Mondadori proprio del 1929; ne segue unalunga vertenza legale che 10 priva disastrosamente, per qual­che anna (finche le parti non raggiungono un accordo), dellerendite dei diritti d'autore, che gli sono pili che mai necessa­rie. Alia fine, comunque, riesce a varare la definitiva, lussuo­sa edizione delle Mascbere nude (di cui non vedra il compi­rnento).Nella sua precaria situazione economica (risultato di un'arn­ministrazione generosa e imprevidente di cui e talvolta penti­to) il cinema sembra costituire un'alternativa allettante, e 10vede infatti negli anni trenta molto coinvolto con collabora­zioni a sceneggiature italiane, tedesche e francesi; perplessoinizialmente circa la qualita e le possibilita artistiche del sono-

53

ro, si lascia ancora una volta entusiasmare dalla sperimenta­zione di linguaggi nuovi e dimostra da sempre, nei confrontidi questa nuova arte, che coinvolgeva in quegli anni parecchi«cineletterati», un interesse competente e un'inesausta curio­sita intellettuale, da quando avava concepito, nel1904, il pri­mo romanzo dedicato proprio al cinema. Esemplare, di que­sta passione, il suo lungo e sempre frustrato lavoro intorno alprogetto di una riduzione cinematografica dei Sei personaggi,che dovrebbe consegnarne infine la pili attendibile interpreta­zione contro le molte prevaricazioni critiche dei molti registiche vi mettono le mani, e in cui pensa di figurare in veste diautore, materializzando sullo schermo un concetto che in tea­tro non puo che rest are implicito: euna storia avvincente diappuntamenti mancati che, lungo gli ultimi undici anni dellasua vita, 10 vede impegnato a stendere, sempre speranzoso edentusiasta, tre diverse sceneggiature e a seguire ben quattor­dici trattative con produttori e registi d'ogni paese; tutte an­date a vuoto.II regime pensa di sfruttarne il nome anche per lanciare lanascente industria cinematografica di stato, cornmissionando­gli Acciaio, l'unico suo testo espressamente concepito per 10schermo; Pirandello si assoggetta alla volonta di Mussolini,ma passa l'incarico, sgraclito, al figlio Stefano e si rassegna alrumoroso lando internazionale della pellicola, che per moltiaspetti 10 delude profondamente, e da cui non ricava neanchela possibilita di una parte per Marta Abba; la verita su questavicenda sara ristabilita soltanto molti anni dopo la sua morte[ACCIAIOJ,Anche le collaborazioni hollywoodiane, ben pagate, si rivela­notutto sommato una delusione: gli agenti esigono cospicuepercentuali, i produttori insistono per adattamenti inaccetta­bili dei testi. Continua nondimeno a pensare al cinema finoalIa fine, progettando i suoi ultimi Sei personaggi con MaxReinhardt, e si lascia sorprendere dalla polmonite suI set ro­mano del Fu Mattia Pascal di Chenal.Negli anni trenta eall'estero che la fama del maestro brilla piliintensa: in Germania il suo teatro interessa i migliori registi,la Francia 10 onora solennemente nel 1935, all'indomani diquel conferimento del Nobel che in Italia non modifies affat-

54

to le sue scarse rendite di posizione, rna che gli guadagna deilettori persino nella Russia sovietica. Proprio all'indomani delNobel il regime 10 incarica ufficialmente di presiedere i1 Con­vegno Volta: e la sua ultima grande occasione per rilanciare,davanti ai pili grandi uomini di teatro contemporanei, la suagenerosa utopia di un teatro stabile di stato, al servizio diun'arte autonoma da tutto e da tutti, ed e anche l'occasionedella sua ultima impresa di regista proprio nella Figlia di[oriodel suo eterno avversario, ridotta pirandellianamente adun'epica essenzialita. Fino alla fine la passione per il teatrovissuto, malgrado tutto, non gli si spenge: si entusiasma per ilBerretto a sonagli del grande Eduardo De Filippo e per uri'en­nesima versione dei Sei personaggi a cui sta lavorando Rugge­ri, e cura da grande regista la sceneggiatura della propriamorte, lasciando tutti con un palmo di naso.

55