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S O M M A R I O ALESSANDRA GIANNOTTI: Alfonso Lombardi e Francesco da Milano: le sculture della controfacciata di San Petronio a Bologna - MASSIMO FRANCUCCI: Giovanni Giacomo Sementi tra Bologna e Roma A N T O L O G I A D I A R T I S T I Per il pittore Cosimo Re (Gianluca Zanelli) - Una proposta per lo Stradanus disegnatore (Alessandra Baroni) - Per Giuseppe Agellio disegnatore (Mauro Vincenzo Fontana) A P P U N T I Marco Mantova Benavides, Tiziano e un ritratto a Konopite ˇ (Enrico Maria Dal Pozzolo) R I C E R C H E D ’ A R C H I V I O Maratti, Bellori e i maccheroni (Lucia Simonato) SERVIZISE EDITORIALI PARAGONE Rivista mensile di arte figurativa e letteratura fondata da Roberto Longhi ARTE Anno LXVI - Terza serie - Numero 123-124 (787-789) Settembre-Novembre 2015

Per Giuseppe Agellio disegnatore

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S O M M A R I O

ALESSANDRA GIANNOTTI: Alfonso Lombardi e Francesco da Milano: le

sculture della controfacciata di San Petronio a Bologna - MASSIMO FRANCUCCI:Giovanni Giacomo Sementi tra Bologna e Roma

A N T O L O G I A D I A R T I S T I

Per il pittore Cosimo Re (Gianluca Zanelli) - Una proposta per lo Stradanus

disegnatore (Alessandra Baroni) - Per Giuseppe Agellio disegnatore (MauroVincenzo Fontana)

A P P U N T I

Marco Mantova Benavides, Tiziano e un ritratto a Konopi⌃te(Enrico Maria Dal Pozzolo)

R I C E R C H E D ’ A R C H I V I O

Maratti, Bellori e i maccheroni (Lucia Simonato)

SERVIZISEEDITORIALI

PARAGONERivista mensile di arte figurativa e letteratura

fondata da Roberto Longhi

ARTE

Anno LXVI - Terza serie - Numero 123-124 (787-789)Settembre-Novembre 2015

Redattori

MARIA CRISTINA BANDERA, DANIELE BENATI, CARLO BERTELLI,PIER PAOLO DONATI, ELENA FUMAGALLI, MINA GREGORI,MICHEL LACLOTTE, ANTONIO PAOLUCCI, BRUNO TOSCANO

Segreteria di redazione

NOVELLA BARBOLANI DI MONTAUTO

ALICE TURCHI

Traduzione dei riassunti a cura di

FRANK DABELL

PARAGONE ARTE IS A PEER-REVIEWED JOURNAL

Direzione

Via Gino Capponi, 26 - 50121 Firenzetel. 055 2479411 - fax 055 245736

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Amministrazione

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Alpi Lito, FirenzeFinito di stampare nel mese di Novembre 2015

Per Giuseppe Agellio disegnatore

Se interrogando le Vite de’ pittori, scultori et architetti di Gio-vanni Baglione ci si volesse formare una prima idea della parabolaartistica di “Gioseppe Agellio da Sorriento”1, di certo non si fatiche-rebbe troppo a riconoscere nello stretto legame con Cristoforo Ron-calli la chiave di lettura che lo storiografo fornisce per intendere l’in-tera carriera del pittore. Nelle tre circostanze distinte in cui si incrociail nome di questa personalità2, infatti, essa viene sempre ricordata aRoma in rapporto al suo statuto di “allievo del Cavaliere delle Po-marancie”3. Un’etichetta, quest’ultima, che non viene abbandonatanemmeno quando si tratta di rendere conto delle imprese decorativeche Giuseppe condusse senza il coinvolgimento diretto del maestroe che, evidentemente, nell’ambiente dovette rimanere sulle spalledell’artista a lungo, anche dopo l’effettiva conclusione del suo ap-prendistato.

Per quanto sul periodo trascorso dall’Agellio sotto l’ala del Ron-calli oggi non si sappia molto di più rispetto al quadro delineato dal

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Baglione — soprattutto affrontando la questione del ruolo concretoche il primo poté recitare nei cantieri sovrintesi dal secondo a cavallotra Cinque e Seicento —, è pur vero che alcune carte recuperate difresco in archivio spingono a credere che il sorrentino sia riuscitopiù di altri a guadagnarsi la stima e la considerazione del grande ca-poscuola toscano. Per gli anni di frenetica attività che precedetterola partenza del Pomarancio per Loreto nel 1605, infatti, i pochi appiglidocumentari di cui disponiamo al presente parrebbero configurareGiuseppe come un collaboratore di spicco all’interno dell’atelier ron-calliano. Un allievo a cui, come provano nello specifico i compensigiratigli per i servigi prestati nella residenza dei Mattei di Giove4 enel ricetto della cappella di palazzo Mattei Caetani5, Cristoforo nonmancò di accordare un’estesa libertà d’azione, delegandogli la dire-zione di quelle imprese decorative che, per via di un’agenda semprepiù fitta di impegni di prestigio, egli non aveva modo di seguire dipersona.

Eppure, a onta della reputazione che l’Agellio seppe costruirsiin vita presso un artista della statura del Pomarancio — reputazionedi cui, peraltro, si coglie un riflesso nitido anche nelle parole di Fi-lippo Titi6, di Pellegrino Orlandi7, di Niccolò Gabburri8, di BernardoDe Dominici9, di Onofrio Giannone10 e di Luigi Lanzi11 —, ai nostrigiorni non mi pare che il pittore regnicolo goda propriamente di unabuona considerazione. Compulsando i contributi che la letteraturarecente ha dedicato al maestro toscano e al suo più stretto entourage,infatti, non è arduo imbattersi nei giudizi riduttivi mossi all’indirizzodel sorrentino12, sul cui conto, anche a fronte delle recenti acquisizionidocumentarie, continua oggi a pesare oltremisura l’immagine cucitagliaddosso da William Chandler Kirwin nel lontano 197213.

Lavorando nella prospettiva di una piena riabilitazione di questapersonalità malnota e a torto sottovalutata, è dunque questa l’occa-sione per richiamare l’attenzione della critica sulla sua opera grafica.Non solo con lo scopo di precisarne meglio i connotati stilistici e, fi-nalmente, restituire al pittore una fisionomia più aderente alla suaeffettiva portata storica, ma, più in generale, con l’intento di aggiun-gere qualche tessera in più al mosaico delle nostre conoscenze sulledinamiche interne alla bottega del Roncalli.

Allo stato attuale degli studi, per chiunque intenda misurarsicon il profilo da disegnatore dell’Agellio, la discussione non può cheripartire dalla sua attività pittorica e, in particolare, dagli affreschi

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che tra il 1602 e il 1604 lasciò nel coro della chiesa capitolina di SanSilvestro al Quirinale. A questa impresa decorativa assai celebre nelcircuito degli studi sulla Roma di Clemente VIII, infatti, sono statigiustamente ricollegati nel tempo ben sette disegni /tavole 54-58/che,distribuiti oggi tra Parigi14, Vienna15, una collezione privata belga16,Rouen17, Kromeríz18 e Washington19, si configurano al presente comel’unica sponda veramente stabile per mettere a fuoco il linguaggioespresso dall’artista nella propria opera su carta. Sul riferimento diquesto corpus assai omogeneo alla mano del sorrentino, tuttavia, ilfronte corrente degli studi appare spaccato da una netta frattura. Unafetta autorevole della storiografia, infatti, rigetta con convinzione ilnome dell’Agellio a vantaggio di quello del Pomarancio, in virtù diun ragionamento che, ridimensionando su più versanti il ruolo diGiuseppe nella commessa di San Silvestro, rivendica con decisioneal Roncalli sia l’invenzione delle scene dipinte dall’artista regnicolo,sia l’esecuzione materiale dei brani di maggiore qualità20.

In realtà, riprendendo in esame tutti gli elementi certi di cui ab-biamo contezza oggi, ci si fortifica nell’idea che a quell’impresa il pit-tore meridionale abbia lavorato in totale indipendenza dal suo mae-stro, godendo di una piena autonomia operativa non solo nel corsodell’affrescatura della volta, ma anche, ed è ciò che più pesa nell’e-conomia del nostro discorso, durante la fase in cui il ciclo decorativoveniva studiato e progettato sulla carta. Certo, prima che i lavori ve-nissero appaltati, appare logico pensare che il Roncalli abbia fattovalere tutta la propria influenza per appoggiare la candidatura di unallievo fidato come l’Agellio, soprattutto pensando agli ottimi rapportiche, già dalla fine del Cinquecento, intercorrevano tra Cristoforo el’ordine teatino che amministrava la chiesa e che si sarebbe accollatotutti gli oneri dell’iniziativa21. Così come non può escludersi, del resto,che sulle soluzioni decorative da mettere in opera, Giuseppe abbiacercato in più di una circostanza il parere prezioso e autorevole deltoscano. Eppure, come già si legge in controluce nel racconto di untestimone diretto e informato quale fu il Baglione22, per quell’occa-sione il Pomarancio dovette sostanzialmente defilarsi dai giochi e ce-dere del tutto la mano all’allievo. E non solo perché, per una com-messa simile, risulta francamente arduo pensare che egli potesse di-strarre tempo e risorse dagli onerosi impegni a cui, nello stesso tornod’anni, era chiamato dall’incarico di Soprintendente alla Fabbrica diSan Pietro23.

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Per sgomberare il campo dalle ipotesi fuorvianti che circolanosull’argomento — e riuscire, quindi, a recuperare all’Agellio un primocatalogo di disegni sicuri —, occorre però ritessere dal principio latrama di quell’impresa, e tornare al momento in cui, nel 1602, Giu-seppe venne convocato “dalli Reverendi padri di San Silvestro” perchiudere il contratto relativo alla “pittura” da farsi nel coro dellachiesa24. La campagna decorativa, per la verità, era già stata avviataqualche tempo prima dai fratelli Alberti, che, tuttavia, a causa del-l’improvvisa scomparsa di Giovanni nel 1601, non poterono condurrel’opera in porto, dismettendo il cantiere dopo aver ultimato solo laprima delle tre campate destinate a essere decorate /tavola 59/. Percompletare i lavori, nel marzo dell’anno seguente vennero quindi in-terpellati il sorrentino, all’esordio assoluto come pittore autonomo,e, a distanza di qualche mese, il cesenate Matteo Zaccolini, giuntoda poco nell’Urbe ma già individuato quale specialista di vaglia nelcampo della quadratura25. Riconosciuta a Giuseppe l’invidiabile “po-testà”26 di modificare secondo le proprie esigenze il piano di lavorodel collega, la committenza organizzò una rigorosa tabella di marciache, ben ricomponibile oggi incrociando il resoconto baglioniano27

con i due contratti che gli artisti firmarono separatamente28, definivacon estrema chiarezza le rispettive sfere di competenza. Più in parti-colare, se al pittore romagnolo venne affidata la realizzazione degli“ornamenti di stucchi finti”29 che creano il mirabile gioco prospetti-co-illusionistico che ancora si apprezza dal basso, all’Agellio spettòl’incombenza di eseguire tutte le storie figurate: il ‘Dio padre in gloria’/tavola 60/ posto all’interno dell’ovato che si apre nel “mezo” dellavolta, gli ‘Evangelisti’ /tavola 61/ ritratti nei “quattro peducci” e, “alnicchio del frontespizio”, ossia nel lunettone ricavato nella parete difondo, il ‘San Silvestro che riceve i messi di Costantino nell’eremodel monte Soratte’ /tavola 62/30.

Benché il tenore di taluni brani riconducibili per via documen-taria al sorrentino paia degno della mano del Roncalli — al punto,come si ricordava poco sopra, da indurre una parte della critica ascorgervi l’intervento diretto del caposcuola toscano31 —, la regolaritàdei pagamenti intascati dall’artista meridionale e, altresì, il saldo chenel 1604 gli venne girato a conclusione del lavoro non lasciano, comecredo, alcun margine di dubbio circa l’effettiva responsabilità del-l’impresa32. Tanto più considerando che a Giuseppe vennero ricono-sciuti persino venti scudi in più rispetto alla cifra pattuita due anni

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prima, una somma che, “a loro buon giudizio”, i teatini si erano ri-promessi di versargli solo nel caso in cui il risultato finale fosse statoda loro accolto con piena “soddisfazione”33.

Se in ragione di questi elementi credo possa definitivamentetramontare l’ipotesi di una compartecipazione del Pomarancio allafase esecutiva degli affreschi allogati all’Agellio, bisogna spostare lalente su un altro genere di riflessioni per escludere la presenza dellamano di Cristoforo anche dal momento dell’ideazione grafica del-l’impresa.

In tal senso, una prima conferma viene dalla rilettura del succi-tato contratto firmato dal sorrentino, dove, diversamente da quantotalvolta si riferisce in sede critica34, non si fa alcuna allusione esplicitaal Roncalli, né come affidabile garante sull’operato del proprio allievo,né, tantomeno, in qualità di responsabile esterno del cantiere35. Vi-ceversa, il nome del toscano viene espressamente evocato nella stipulapreparata per lo Zaccolini che, prima di cimentarsi con la decorazionedella parete, fu tenuto a ottenere una duplice approvazione per il“disegno” approntato per l’occasione, quella del cavalier “delle Po-marance” e quella di un illustre rappresentante della comunità teati-na36. Peraltro, oltre alla mancanza di qualsiasi riferimento a un’ipo-tetica supervisione del Roncalli durante la fase progettuale, nel con-tratto sottoposto all’Agellio viene riconosciuta all’artista una precisaresponsabilità intellettuale nell’ideazione dell’opera. Una parte chesinora è stata generalmente sottovalutata e che, invece, merita diessere rimessa in valore per agganciare al sorrentino la progettazionegrafica del ciclo. Assunto l’impegno di attenersi al programma ico-nografico messo a punto dai padri teatini — è in questo senso, infatti,che va inteso il passo in cui Giuseppe accenna al “disegno datomida loro che contiene un Dio P.re (…) con quattro Evangelisti (…) eun S. Silvestro”37 —, il pittore si “obbligava” ad affrescare la volta“secondo le invenzioni fatte tra noi”38, ossia dando corso alle soluzionidecorative che, in via preliminare, egli stesso aveva concepito di con-certo con la committenza.

Ma la prova regina che inchioda al nome dell’Agellio i sette di-segni riconducibili alle pitture in San Silvestro vengono a fornircelagli stessi fogli, che, per quanto debitori sotto il profilo tecnico e for-male nei riguardi della grafica del Pomarancio maturo, lasciano emer-gere i contorni di un’altra fisionomia stilistica, assai ben definita enon assimilabile sino in fondo a quella del caposcuola toscano. Af-

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fiancando agli autografi certi del Roncalli39 ciascuno degli studi inesame, infatti, si palesano agli occhi due scritture distinte che, nono-stante rivelino contiguità profonde, vanno comunque ricondotte amani diverse. Tra i vari confronti che si potrebbero chiamare in causaa suffragio di questa lettura, uno dei più efficaci è senz’altro quellotra il foglio quadrettato con il ‘Dio Padre in gloria’ /tavola 54/ delLouvre e la ben nota ‘Incoronazione della Vergine’ /tavola 63/40 cu-stodita a Loreto, un disegno di poco più tardo che Cristoforo, ormaitrasferitosi in pianta stabile nella Marca Anconitana, realizzò in pre-visione degli affreschi eseguiti nella cupola della basilica della SantaCasa41. Ponendo l’una accanto all’altra queste due prove grafiche —che, non è inutile sottolinearlo, furono entrambe concepite in fun-zione di pitture da osservare dal basso —, mi pare si manifesti intutta la sua flagranza lo scarto stilistico che le separa, a cominciaredal modo in cui è reso il modellato. Se, infatti, nel foglio lauretano ladefinizione della volumetria è affidata ai graduali trapassi chiaroscuralidi un segno arrotondato e delicatamente ammorbidito dallo sfumino,nello schizzo francese le masse sono individuate attraverso un trat-teggio più fitto ed energico, che, oltre a rendere molto più netti ipassaggi tonali tra le zone rilevate dal lume e quelle lasciate in ombra,non rinuncia a un esteso impiego della matita nera per rinvigorire icontorni delle forme in controluce. Una distanza tutt’altro che tra-scurabile, inoltre, credo che emerga anche guardando alla manierain cui sono risolti gli scorci dal sottinsù. Si veda, infatti, come certeardite abbreviature anatomiche che si fanno apprezzare nello studiocon ‘Dio Padre’ — e penso, in particolare, alle due robuste figuremaschili che si fronteggiano tra le nubi nel registro superiore dellascena – non trovino alcuna corrispondenza nella ‘Incoronazione dellaVergine’, dove, invece, nell’esplicito intento di compensare le distor-sioni generate dalla veduta dal basso, il Pomarancio fa appello a unsenso della forma ben più strutturato e dall’accento inconfondibil-mente toscano.

Recuperando per questa via un primo catalogo di disegni riferi-bile con certezza a Giuseppe, si riesce finalmente a guadagnare unaprospettiva concreta sulla sua produzione grafica che, lungi dal ri-manere confinata entro i termini cronologici dell’impegno in San Sil-vestro, dovette di sicuro correre in parallelo a tutta la sua attività pit-torica42. Benché al momento non mi sia possibile ricollegare alcunfoglio alle altre imprese condotte in proprio dall’artista — e ho in

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mente, tra le poche riemerse sino a oggi, gli affreschi lasciati nell’ab-side della basilica di Sant’Antonino a Sorrento43 —, qualche elementoin più rispetto alla sua opera su carta ritengo si possa cavarlo da ungruppo di quattro schizzi a matita /tavole 64-67/ che, fatto gravitareal presente intorno al nome del Roncalli, pare invece trovare una mi-gliore collocazione tra le prove del pittore meridionale.

Il primo disegno in questione, conservato a New York nel fondografico del Metropolitan Museum, consiste nello studio quadrettatodi un possente ‘Angelo in volo’ /tavola 64/44. Appartenuto nel corsodell’Ottocento prima all’infante di Spagna Sebastián Gabriel deBorbón y Braganza (1811-1875) e poi al figlio di questi, Pedro deAlcántara de Borbón y Borbón (1862-1892)45, esso è transitato in se-guito nella raccolta di Joseph Mortimer Lichtenauer che, dopo averloacquisito da Richard Mansfield46, lo donò nel 1890 al museo ameri-cano che ancora oggi lo custodisce47. Accompagnato in passato daun’attribuzione a Giuseppe Cesari, così come resta a testimoniarcil’iscrizione “Arpino-o” che tuttora si legge sul verso, questo foglio èstato pubblicato per la prima volta nel 1985, tra le pagine dell’ormaicelebre catalogo dei disegni italiani del Metropolitan uscito per manodi Jacob Bean e Lawrence Turcic48. In quella occasione, l’opera vennepresentata sotto il nome del Pomarancio, un riferimento che recepivauna più antica proposta affacciata nel 1958 da Philip Pouncey49 eche, a quanto mi consta, sino ai nostri giorni non ha suscitato alcunaeccezione in sede critica. E in effetti, che questo aitante angelo siapercorso da un nerbo potentemente roncalliano mi pare un dato deltutto fuori discussione. Alla grafica del pittore toscano, infatti, fannosubito pensare diversi elementi di natura sia tecnica che stilistica, dal-l’impiego combinato della matita rossa e della matita nera — noto-riamente preferite da Cristoforo negli studi preparatori di questo ge-nere — alla forza modellante della linea di contorno, dalla vigoriaatletica dell’anatomia alla mise en page della figura che, dispiegandole ali nel foglio con un energico scatto muscolare, pare librarsi nellospazio con una monumentalità di lata ascendenza raffaellesca. Tutta-via, per quanto pronunciata e scoperta sia l’accentazione roncalliana,mi pare che il disegno si leghi meglio alle prove dell’Agellio che aquelle del suo maestro. Nello studio in esame, infatti, il segno morbidoe sorvegliato che caratterizza la scrittura avanzata del Pomaranciosembra cedere il passo a quel tratteggio più insistito e sintetico chesi riscontra nel già citato ‘Dio Padre in gloria’ /tavola 54/ del Louvre

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e che, più in generale, si qualifica come una delle cifre più riconosci-bili dell’intero blocco di schizzi approntati per gli affreschi in SanSilvestro. A questa serie di fogli, inoltre, l’‘Angelo’ del Metropolitansi avvicina anche per la tipologia della fisionomia — individuata, cosìcome le ciocche scarmigliate della chioma riccioluta, da virgolettaturesvelte e decise — e per la soluzione adottata nella costruzione dellevesti svolazzanti, che, increspate da una brezza leggera, ricadono inpieghe dal contorno spezzato se non addirittura spigoloso.

Alla luce del corpus che si viene via via ricomponendo, il nomedi Giuseppe sembra il più appropriato anche per questo disegno ine-dito /tavola 65/50 che, poco più di una quindicina di anni fa, apparvesul mercato londinese con una comprensibile attribuzione al Roncal-li51. Stimato anche in epoca più remota tra gli autografi di Cristoforo,giusta la presenza di un’antica annotazione a matita che recita “Po-merancio”, esso si riconosce alla prima come una seconda versionedell’angelo newyorkese. Tuttavia, a giudicare dal ductus più svelto esoprattutto dalla mancanza della quadrettatura di riporto, questoesemplare dovette essere licenziato a monte di quello americano, ve-rosimilmente reinterpretando una precisa idea roncalliana. Viene dachiedersi, infatti, se all’origine della trovata compositiva replicata inquesti due fogli, non vada riconosciuto l’angelo che compare nel re-gistro superiore della celebre ‘Natività’ Ruffo, un dipinto che il ca-poscuola toscano destinò alla chiesa napoletana dei Girolamini e cheil sorrentino, anche dopo la conclusione del proprio apprendistato,poté avere modo di studiare a lungo e in maniera diretta52.

Quanto al terzo disegno che gli studi ricollegabili alle pitture inSan Silvestro incoraggiano a dirottare verso Giuseppe, si tratta di unfoglio inedito raffigurante una ‘Sacra Famiglia con San Giovanninoe Sant’Anna’ /tavola 66/53. Eseguito au deux crayons e provvisto diuna quadrettatura di riporto piuttosto fitta, esso si conserva presso ilCabinet des Dessins del Louvre, dove, prima che un appunto mano-scritto del Turcic lo orientasse verso la stretta cerchia roncalliana, erariferito alla scuola del Barocci sulla base di una nota anonima vergatasul montaggio. Caratterizzato dal medesimo grado di finitezza checonnota l’‘Angelo’ /tavola 64/ del Metropolitan, il ‘San Matteo’ /ta-

vola 57/ di Kromeríz e il ‘Dio Padre’ /tavola 54/ di Parigi, il foglionon tarda a rivelare la propria familiarità con la grafia dell’Agellioche, per quanto intessuta di rimandi tecnici e formali alla parlata delPomarancio, se ne discosta per l’impiego di un segno più incisivo e

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asciutto, per una costruzione anatomica meno interessata alla corret-tezza delle proporzioni e per l’adozione di un sentimentalismo piùaccostante che, come nelle teste senescenti della Sant’Anna e del SanGiuseppe, non disdegna talvolta il ricorso a coloriture dal sapore ru-stico e feriale. Tipiche del roncallismo del sorrentino, inoltre, appaio-no le profilature puntute delle fisionomie scorciate di tre quarti — esi vedano, in particolare, i visini minuti e delicati di Maria e del pic-colo Battista — e la maniera di restituire le superfici battute dal lume,risparmiate ad arte dal fitto tratteggio parallelo che definisce i volumie il fondale inghiottito dalla penombra.

E chissà se, ricorrendo a una dose maggiore di prudenza, non sipossa lecitamente proferire il nome dell’Agellio anche per un disegnoa matita rossa e nera rubricato come Roncalli nel Gabinetto Disegnie Stampe degli Uffizi54. Mi riferisco alla ‘Allegoria della Sanità’ /tavola

67a/, verosimilmente un’esercitazione sul vicinissimo prototipo ron-calliano /tavola 67b/55, che sembra ben imparentarsi con le tre nuoveproposte attributive appena avanzate e che, nell’andamento angolosodel tratto, nell’intelaiatura luministica e nella scrittura compendiariadelle due teste voltate all’indietro, mi pare informato dello stesso or-dine di pensieri che anima l’intera serie di studi concepiti per la voltadi San Silvestro.

Prima di concludere, non ci si può sottrarre dal riprendere perle mani un’ipotesi attributiva affacciata di recente, suggerita nel 2004da Mary Newcome Schleier56 e poi rilanciata con cautela da ChrisFischer tra le pagine del poderoso lavoro sui disegni napoletani con-fluiti nello Statens Museum for Kunst di Copenaghen57. Reputandocompletamente perduta l’opera grafica di Giuseppe, e pertanto te-nendo fuori dal ragionamento il nodo relativo ai fogli ricollegabilialle pitture in San Silvestro, i due studiosi suggerivano di associareall’artista due disegni a penna di tema profano: uno, derivato in ma-niera letterale da una composizione di Sinibaldo Scorza oggi a Cra-covia58, con ‘Apollo che accudisce il proprio gregge’59, e l’altro, piùproblematico sotto il profilo iconografico, identificabile forse come‘Narciso al fonte con tre cani’60. In genere trascurata dai contributidedicati al sorrentino, e dunque mai riconsiderata sino a questo mo-mento, tale proposta si regge interamente sulla presenza su uno deidue studi di un’iscrizione ottocentesca che recita “G. Agelio”. Un ri-ferimento, quest’ultimo, che per quanto lo si voglia giustamente ve-dere denso di implicazioni “considering Agellio’s obscurity”61 nel

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corso dell’Ottocento, non solo viene a scontrarsi con la fisionomiastilistica del pittore appena recuperata, ma che, più in generale, nonriesce a rendere giustizia dell’effettivo orizzonte culturale a cui ap-partengono entrambi i fogli, del tutto estranei alla galassia del Po-marancio.

Mauro Vincenzo Fontana

N O T E

Dedico questo articolo a Catherine Monbeig Goguel e a Simonetta ProsperiValenti Rodinò.

In occasione di una giornata di studi che, sotto la loro direzione scientifica,si è tenuta a Firenze il 7 febbraio 2013 presso la Fondazione di Studi di Storiadell’Arte Roberto Longhi, ho avuto modo di presentare buona parte dei contenutidi questo contributo. Accogliendo la ricostruzione del corpus grafico dell’artistache suggerii in quella circostanza, l’amico Nicolas Schwed — cfr. qui nota 20 —in tempi recentissimi ha accostato al nome del pittore tre nuovi disegni, rendendoconto di alcune ipotesi attributive che formulai a suo tempo e che, nella sedeodierna, trovano una sistemazione più compiuta. A conclusione di questo lavoro,vorrei assolvere il mio debito di riconoscenza nei riguardi di Anna ForlaniTempesti, Mina Gregori, Catherine Monbeig Goguel e Simonetta Prosperi ValentiRodinò. Non posso non ricordare con gratitudine, inoltre, Elisa Acanfora, MariaCristina Bandera, Daniele Benati, Marco Simone Bolzoni, Chris Fischer, FrancescoGrisolia, Denis Morganti, Eric Pagliano, Nicolas Schwed e Patrizia Tosini.

1 G. Baglione, Le vite de’ pittori, scultori et architetti dal pontificato di Gregorio

XIII del 1572 in fino a’ tempi di Papa Urbano Ottavo nel 1642, Roma, 1642, p. 316.2 Ivi, pp. 291, 307, 316. Per quanto non dedichi al pittore una biografia

autonoma, il Baglione lo menziona con puntuale dovizia in tre circostanze distinte.In primo luogo, tra le pagine che ripercorrono le vicende biografiche e artistichedel Roncalli, quale aiuto del maestro toscano nella decorazione a fresco ultimatanel coro della chiesa di San Silvestro in Capite (p. 291); secondariamente, nella“Vita di Cristofano Casolano Pittore” (p. 307), in rapporto alle pitture in SantaMaria della Consolazione; infine, trattando dell’opera di Matteo Zaccolini (“PadreMattheo Teatino”), come coautore del ciclo pittorico realizzato nella volta delpresbiterio di San Silvestro al Quirinale (p. 316). Riprese e ampliate a distanza dipoco più di tre decenni da Filippo Titi (Studio di Pittura, Scoltura, et Architettura

nelle chiese di Roma, Roma, 1674, pp. 115-116, 149, 183, 322), che associa alnome del sorrentino anche un intervento condotto al fianco del Casolani in SantaMaria delle Grazie, queste indicazioni hanno in seguito costituito il canovacciodei concisi profili dedicati al pittore da Pellegrino Orlandi (L’Abcedario pittorico,Bologna, 1719, p. 196), da Bernardo De Dominici (Vite de’ Pittori, Scultori et

Architetti napoletani, Napoli, 1742-1745, ed. a cura di F. Sricchia Santoro e A.Zezza, Napoli, 2003-2008, I, 2003, p. 897) — evidentemente interessato a rimarcareil successo conseguito da un artista meridionale al di fuori dei confini del Viceregno—, da Onofrio Giannone (Giunte sulle Vite dei Pittori Napoletani, Napoli, 1771-1773, ed. a cura di O. Morisani, Napoli, 1941, p. 84) e da Luigi Lanzi (La storia

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pittorica della Italia Inferiore o sia delle scuole fiorentina senese romana e napolitana,Firenze, 1792, p. 301; idem, Storia pittorica della Italia, Bassano, 1795-1796, I, p.502). Per completare il quadro delle notizie offerte dalle fonti in relazioneall’Agellio, conta inoltre rilevare, come ha fatto notare di recente Stefano De Mieri(Gli affreschi absidali: una proposta per il sorrentino Giuseppe Agellio, “allievo del

Cavalier Christofano Roncalli delle Pomarance”, in La Basilica di Sant’Antonino in

Sorrento. Il restauro del transetto e dell’abside, a cura di A. Schiattarella,Castellammare di Stabia, 2012, pp. 25-35), che a cavallo tra Otto e Novecento lafigura del pittore ha goduto di una fortuna circoscritta anche nell’ambito dellastoriografia artistica sorrentina, sebbene sia Bonaventura da Sorrento (Sorrento

sacra e Sorrento illustre, Napoli, 1877, ed. cons. Castellammare di Stabia, 2005, p.105) che Manfredi Fasulo (La Penisola Sorrentina. Vico Equense, Meta, Piano, S.

Agnello, Sorrento, Massalubrense. Istoria - usi e costumi - antichità, Napoli, 1906,p. 267) si limitassero a ricalcare le informazioni contenute nelle Vite del Baglione,senza riuscire a ricondurre alla sua mano nessuna opera in patria.

3 G. Baglione, op. cit., p. 307.4 Per l’intervento in Palazzo Mattei di Giove, cfr. G. Panofsky-Soergel, Zur

Geschichte des Palazzo Mattei di Giove, in ‘Römisches Jahrbuch fürKunstgeschichte’, 1967-1968, 11, p. 172, documenti IX, X; F. Cappelletti, La

committenza di Asdrubale Mattei e la creazione della galleria nel palazzo Mattei di

Giove, in F. Cappelletti, L. Testa, Il trattenimento di virtuosi. Le collezioni

secentesche di quadri nei Palazzi Mattei di Roma, Roma, 1994, p. 57.5 Oltre alle aperture di Herwarth Röttgen (Caravaggio-Probleme, in

‘Münchner Jahrbuch der Bildenden Kunst’, 20, 1969, pp. 159-160; idem, Il

Caravaggio: ricerche e interpretazioni, Roma, 1974, pp. 11-44; idem, Da ist Matthäus,in ‘Pantheon’, XLIX, 1991, pp. 97-99), sulla partecipazione di Agellio a questocantiere, dove condivise la scena con un altro allievo del Roncalli, l’ancor menonoto Alessandro Presciati, si confrontino i riscontri documentari individuati daLaura Testa (Il Cardinale Girolamo: la decorazione del Salone, in F. Cappelletti, L.Testa, op. cit., pp. 17, 21 nota 39) e, da ultimo, l’intervento di Patrizia Tosini (La

decorazione tra Cinquecento e Seicento al tempo dei Mattei, in Palazzo Caetani.

Storia, arte e cultura, a cura di L. Fiorani, Roma, 2007, pp. 166-169).6 F. Titi, op. cit., pp. 115-116, 149, 183, 322.7 P.A. Orlandi, op. cit., p. 196.8 N.M. Gabburri, Vite di Pittori, ms.,1719-1741, Firenze, Biblioteca Nazionale

Centrale, Ms. Pal. E. B. 9. 5, III, p. 1104, c. 21v.9 B. De Dominici, op. cit., I, p. 897.10 O. Giannone, op. cit., p. 84.11 L. Lanzi, op. cit., 1792, p. 301; idem, op. cit., 1795-1796, p. 502.12 A titolo esemplificativo, oltre alle valutazioni di William Chandler Kirwin

(Cristofano Roncalli 1551/2-1626, an exponent of the proto-baroque. His activity

through 1605, Stanford University, 1972, speciatim pp. 193-198, 454, 479) di cuisi rende conto qui alla nota successiva, si vedano le riflessioni contenute nel breveprofilo dedicato all’artista all’interno del Dizionario Enciclopedico Bolaffi dei pittori

e degli incisori italiani dall’XI al XX secolo alla voce Agellio, Giuseppe (Torino, I,1972, p. 24) e talune considerazioni mosse in tempi recenti da Elisabetta Giffi(Cristoforo Roncalli, Matteo Zaccolini e Giuseppe Agellio in San Silvestro al

Quirinale, in ‘Prospettiva’, 93-94, 1999, pp. 100, 103).

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13 W.C. Kirwin, op. cit., pp. 193-198, 454, 479. Benché vada senz’altroriconosciuto al Kirwin il merito di aver recuperato in epoca moderna la figuradell’Agellio, inserendola, peraltro, in un più vasto lavoro di riscoperta dell’interabottega roncalliana, lo studioso mosse all’indirizzo del sorrentino un giudizio assaicaustico, destinato, anche per la sua concisa efficacia tranchant, a far presa a lungonella critica seguente. Più in particolare, puntando a una prima messa a fuoco deimodi di Giuseppe nel quadro delle personalità operose nello studio del Pomarancioa inizio Seicento, il Kirwin (op. cit., p. 193) riferiva come “the few extant worksdone in these years definitely by his hand show that Agellio was not a capableartist, that he lacked an eye for design, and that he did not understand at allRoncalli’s style. His own is a flaccid, uninteresting recollection of the late mannerof Federico Zuccari, mixed with quite a limited awareness of Roncalli’s”. Persinorispetto a un artista del rango di Cristoforo Casolani, inoltre, gli esiti conseguitida Agellio non apparvero allo studioso americano più che “pedestri” (“Comparedwith Agellio’s pedestrian achievements, his [e cioè quelli del Casolani] wereapplauded by his teacher”; W.C. Kirwin, op. cit., p. 194).

14 ‘Dio Padre in gloria’ /tavola 54/, matita rossa e matita nera su carta, 427x 226 mm, quadrettato, Parigi, Musée du Louvre, Cabinet des Dessins, inv. n.13857. Giunto nel fondo grafico del museo parigino dalla raccolta Saint-Morys, ilfoglio è stato oggetto di un’attenta indagine condotta da Catherine Legrand Loisel(Un dessin de Giuseppe Agellio récemment identifié, in ‘Revue du Louvre’, XLIV,1994, 5-6, pp. 55-58) che, oltre a rettificare a favore dell’Agellio il tradizionaleriferimento a “Ecole Italienne du XVIIe (siécle)” (su cui, cfr. F. Arquié-Bruley, J.Labbé, La collection Saint-Morys au Cabinet des Dessins du Musée Louvre, Paris,1987, II, p. 281), ha individuato per prima il nesso con la volta affrescata dalsorrentino in San Silvestro al Quirinale.

15 ‘San Silvestro riceve i messi di Costantino nell’eremo del monte Soratte’/tavola 55a/, matita rossa su carta, 196 x 308 mm, Vienna, GraphischeSammlungen Albertina, inv. n. 670. Proveniente dalla prestigiosa collezione delprincipe de Ligne, questo foglio fu pubblicato per la prima volta nel 1892 daFranz Wickhoff (Die Italienischen Handzeichnungen der Albertina, II, in ‘Jahrbuchder Kunsthistorischen Sammlungen des Allerhöchsten Kaiserhauses’, XIII, 1892,n. 774) e, successivamente, trovò una più ampia ribalta storiografica grazie alcelebre catalogo dei disegni romani, fiorentini e umbri curato nel 1932 da AlfredStix e da Lili Froelich-Bum (Die Zeichnungen der toskanische, umbrische und

romische Schulen, Wien, 1932, p. 39, n. 220). Rubricato in quella circostanza sottoil nome del Pomarancio, il disegno è stato ricondotto al lunettone affrescato sullaparete di fondo del coro di San Silvestro da Herwarth Röttgen (op. cit., 1969, p.169, nota 73; idem, op. cit., 1974, p. 120, nota 73), convinto sostenitore dellapaternità roncalliana. Giudicato dal Kirwin (op. cit., p. 251, nota 274) un’operadel Casolani, il foglio è stato più recentemente preso in esame da V. Birke, J.Kertész, Die Italienischen Zeichnungen der Albertina. Generalverzeichnis, 1992-1997, I, 1992, pp. 360-361.

16 ‘San Silvestro riceve i messi di Costantino nell’eremo del monte Soratte’/tavola 55b/, matita rossa e matita nera su carta, 268 x 397 mm; Belgio, collezioneprivata. Transitato sotto il nome del Roncalli in una vendita londinese del 1978(Sotheby’s, catalogo della vendita, 7 dicembre 1978, lotto 45, p. 16), il foglio èstato reso noto alla critica da Guy Grieten (in Dessins du XVe au XVIIIe siècle

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dans les collections privées de Belgique, catalogo della mostra a cura di R.A. d’Hulst,Bruxelles, 1983, pp. 148-149, scheda 66) che, dopo averne individuando il legamecon la lunetta in San Silvestro al Quirinale, ne ha dirottato la paternità versol’Agellio.

17 ‘San Silvestro riceve i messi di Costantino nell’eremo del monte Soratte’/tavola 56a/, matita rossa e matita nera su carta, 260 x 341 mm; Rouen, Muséedes Beaux-Arts, inv. n. 975.4.5658. D. Bakhuÿs, I grandi disegni italiani delle

collezioni pubbliche di Rouen, Cinisello Balsamo, 2003, p. 114, scheda 22.18 ‘San Silvestro riceve i messi di Costantino nell’eremo del monte Soratte’

/tavola 56b/, matita rossa e matita nera su carta, 323 x 442 mm; Kromeríz, PalazzoArcivescovile, inv. n. KE4502. Questo studio è stato reso noto da RoswithaJuffinger (Ein unbekannter Bozzetto des Francesco Vanni, in ‘SalzburgerMuseumsblätter’, XLII, 1981, p. 21) con un riferimento ad Alessandro Casolani.Accostato successivamente prima al Roncalli (M. Togner, The old master drawings

in the collection of the Kromerí� Castle, in ‘Umení’, XXXIV, 1986, 4-6, p. 329) epoi, con un punto interrogativo, all’Agellio (M. Togner, in Kresby star⌥ch mistru

ze sbírek Arcibiskupství olomouckého, catalogo della mostra a cura di M. Togner,Olomouc, 1996, p. 37, scheda 20), esso è stato infine rivendicato con convinzionealla mano del sorrentino dallo Zlatohlávek e dal Kazlepka (in A muse under

Heaven: early-baroque Italian drawing from Bohemian and Moravian collections,catalogo della mostra a cura di Z. Kazlepka e M. Zlatohlávek, Brno, 2009, p. 263,scheda 93). ‘San Matteo’ /tavola 57/, matita rossa e matita nera su carta preparata,415 x 297 mm, quadrettato; Kromeríz, Palazzo Arcivescovile, senza numero diinventario. Sul foglio, pubblicato nel 1981 sempre da Juffinger (op. cit., p. 23)come opera di Alessandro Casolani, si veda M. Zlatohlávek, in A muse under

Heaven, cit., pp. 262-263, scheda 92, con bibliografia.19 ‘Busto di angelo tra le nuvole’ /tavola 58/, matita rossa su carta, 156 x

209 mm, quadrettato; Washington, Smithsonian American Art Museum, inv.1929.7.178. Edito con un’attribuzione al Pomarancio da Diane De Grazia (Agroup of Italian drawings – mostly Neapolitan – in the National Museum of

American Art, in ‘Master Drawings’, XXXI, 1993, 4, pp. 351, 359, nota 16), chescorgeva pure un legame con le pitture roncalliane nella cappella Rucellai inSant’Andrea della Valle, questo disegno è stato messo in rapporto al coro in SanSilvestro da Elisabetta Giffi (Precisazioni e aggiunte sul Roncalli decoratore, in‘Bollettino d’arte’, 130, 2004, pp. 45, 57 nota 4).

20 Nel solco di questa linea interpretativa si situano gli interventi del Röttgen(op. cit., 1974, p. 120, nota 73; idem, in G. Baglione, op. cit., ed. a cura di J. Hess,H. Röttgen, Città del Vaticano, 1995, III, p. 549), del Kirwin (op. cit., speciatim p.197), della Bell (op. cit., p. 237) e della Giffi (op. cit., 1999, passim; eadem, op.

cit., 2004, passim). Viceversa, l’ipotesi di un’assegnazione di tutta la serie alsorrentino ha raccolto nel tempo i consensi del Grieten (op. cit.), della Legrand(op. cit.), dello Zlatohlávek (op. cit.) e, infine, mentre questo saggio era in uscita,di Nicolas Schwed (in Strokes of Genius: Italian Drawings from the Goldman

Collection, catalogo della mostra a cura di J. Goldman e S. Folds Mc Cullogh,Chicago, 2014, pp. 123-125, scheda 38).

21 Formulando un’ipotesi che ha trovato un largo seguito negli studi successivi(cfr. da ultimo M.G. Bernardini, San Silvestro al Quirinale. La decorazione pittorica

del coro, in Restauri e Giubileo, a cura di A. Negro, Napoli, 2001, p. 100 e S. De

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disegnatore

Mieri, op. cit., p. 28) ma che, per la verità, attende ancora conferme veramenteprobanti, la Giffi (op. cit., 1999, pp. 103, 108, nota 28) ha suggerito di individuarela chiave del coinvolgimento nell’impresa di Giuseppe in un suo possibile rapportodi parentela con Antonio Agellio, personaggio di punta dell’ordine teatino neglianni di Clemente VIII che, nato a Sorrento nel 1532, venne sepolto nel 1608proprio all’interno della chiesa di San Silvestro.

22 G. Baglione, op. cit., p. 316.23 Riguardo all’agenda del Roncalli sul principio del Seicento, cfr. E. Giffi,

op. cit., 2004, passim.24 Archivio di Stato di Roma (d’ora in poi A.S.R.), Corporazioni Religiose

Maschili, busta 2140, fascicolo 37, cc. 78-79. Benché il contratto recuperato daMorton Colp Abromson, Painting in Rome during the papacy of Clement VIII

(1592-1605). A documented chronology, in ‘Commentari’, XXIX, 1978, 1-4, pp.195-197, sia stato pubblicato in diverse occasioni (tra cui, recentemente, nelcontributo della Giffi, op. cit., 1999, pp. 107-108, nota 24), pare doverosoriproporlo qui per intero: “A 19 di marzo 1602. Io Gioseppe Agellio Napolitanoconfesso per la presente di aver ricevuto dalli R.R(everendi) P(ad)r(i) di S(an)Silvestro scudi sessanta di moneta li quali sono in parte di scudi trecento ottantache mi hanno promesso per la pittura del coro quale mi obligo di fare secondo ildisegno datomi da loro che contiene un Dio P(ad)re in un ovato in mezo con altripartimenti e puttini con quattro evangelisti a quattro peducci e un S(an) Silvestroal nicchio del frontespizio di detto coro secondo le invenzioni fatte tra noi. E dipiù promettono detti P(ad)r(i) che essendo la pittura a loro soddisfazione digiongerli altri scudi il che sta a loro buon giudizio il giudicando all’incontro. Iosoprad(ett)o Gioseppo mi obligo in caso di morte quod absit di farmi sostituire.Tutta quella somma di denari si havesse reservato prima che la pittura sia postanel muro et in caso si fosse fatta parte de la pittura e non finita tutta l’opera sihabbia da far stimare da periti e secondo che giudicherano questi chi dovevahavere resti reintegrato e (…) si come qui sotto si sottoscrive m(essero) BartolomeoAgellio mio zio obbligandosi di propria mano di rifare quanto si dovesse perquest’opera”.

25 Sul profilo dello Zaccolini, rimando il lettore ai reiterati studi di JanisCallen Bell (Color and theory in Seicento Art. Zaccolini’s ‘Prospettiva del colore’

and the heritage of Leonardo, Ann Arbor, 1983; eadem, The life and works of

Matteo Zaccolini (1574–1630), in ‘Regnum Dei’, XLI, 111, 1985, pp. 227-258;eadem, Zaccolini and the ‘Trattao della pittura’ of Leonardo da Vinci, in Re-reading

Leonardo. The Treatise on painting across Europe, 1550-1900, a cura di C.J. Farago,Burlington, 2009, pp. 127-146). Per uno sguardo d’insieme su entrambe le fasidel cantiere decorativo, si vedano invece il contributo di sintesi di Maria GraziaBernardini (op. cit., pp. 100-105) e, da ultimo, l’intervento di Francesca Cugi (San

Silvestro al Quirinale. Le cappelle perdute e qualche ipotesi sulle pitture del coro, in‘Bollettino d’Arte’, 97, 2013, pp. 140-141).

26 A.S.R., Corporazioni Religiose Maschili, busta 2140, fascicolo 37, cc. 180-181. Per la trascrizione integrale del passo, cfr. E. Giffi, op. cit., 1999, p. 108, nota25 e qui nota 28.

27 G. Baglione, op. cit., p. 316: “Nel luogo, poi che il Cardinale Santa Fioradonò sotto Paolo IV a’ Padri di s. Silvestro su’l Quirinale, nella parte del Choro,ove da quelli Religiosi cantano gli Officij divini, su la volta, (Matteo Zaccolini) ha

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esquisitamente dipinti gli adornamenti, e le prospettive intorno alle figure fatte dimano di Gioseppe Agellio da Sorriento, allievo del Cavalier Christofano Roncallidalle Pomarance”.

28 A differenza di quanto, talvolta, viene riportato in sede critica (tra cui F.Cugi, op. cit., p. 141), l’Agellio e lo Zaccolini furono chiamati a sottoscrivere duestipule ben distinte. L’una, quella del sorrentino, rimontante al 19 marzo del 1602e trascritta poco più sopra alla nota 24, e l’altra, controfirmata dal cesenate edatata al 30 luglio seguente, riportata in forma integrale qui di seguito. A.S.R.,Corporazioni Religiose Maschili, busta 2140, fascicolo 37, cc. 180-181: “A di 30di luglio 1602. Sia noto e manifesto che si legerà la presente come Matteo Zocolinoda Cesena piglia da m(astro) Giusepe Aielo da sorento pitore a fare li ornamentidi stocho finti al opera che deto m(astro) Giosepe fa a S(an)to Silvestro di montecavallo conforme al disegno fatto da deto m(astro) Mateo mostrato al seg.eCristoforo Roncalli dalle Pomarance et al d.(…) padre Biagio laicho di S(an)tosilvestro per prezzo di scudi cento quaranta di moneta conforme alli capitoliinfrascritti. Primo che m(astro) Mateo sia obligato di cominciare a lavorare (…)m(astro) Giosepe ordinarà con amore et con tutta quella diligentia che si ricerca.2 Che quando si comincirà detto lavoro da m(astro) Mateo sia obligato di seguitaresin alla fine di detta opera. 3 Che m(astro) Giosepe sia obligato di darli scudicento quaranta come di sopra in questo modo conforme il lavoro che deto m(astro)Mateo farà. 4 che sia in potestà di m(astro) Giosepe di fare cominciare o da unaparte o da l’altra come li para di suo comodo. 5 che sia in potestà di m(astro)Giosepe di fare agiungere o levare quello che a lui parrà nonostante il disegnofatto da deto m(astro) Matteo mostrato al sig.r Cristoforo et al padre Biagio. 6che se deto m(astro) Mateo non finisse l’opera havendo finito m(astro) Giosepele sue storie et altre figure che m(astro) Giosepe possi fare finire a chi li pararà lideti stuchi finti a spesi di deto m(astro) Mateo senza ecezione alcuna” (E. Giffi,op. cit., 1999, p. 108, nota 25).

29 A.S.R., Corporazioni Religiose Maschili, busta 2140, fascicolo 37, cc.180-181.

30 A.S.R., Corporazioni Religiose Maschili, busta 2140, fascicolo 37, cc. 78-79. 31 Cfr. E. Giffi, op. cit., 1999, p. 102; eadem, op. cit., 2004, p. 45; S. De Mieri,

op. cit., p. 28; F. Cugi, op. cit., pp. 138-139, figg. 3, 5-6.32 Cfr. M.C. Abromson, op. cit., pp. 195, 200, nota 124. Come ha rettificato

in modo opportuno la Giffi (op. cit., 1999, p. 102), l’anno in cui Agellio intascòl’ultimo pagamento a conclusione del lavoro, che in totale gli fruttò benquattrocento ducati, è il 1604 e non il 1605 riportato in modo erroneo nellatrascrizione dello studioso anglosassone.

33 A.S.R., Corporazioni Religiose Maschili, busta 2140, fascicolo 37, cc. 78-79.34 Tra cui S. De Mieri, op. cit., p. 28.35 Una tale eventualità è prospettata dalla Giffi (op. cit., 1999, p. 103) che

ipotizza come il Pomarancio, “pur non assumendo la titolarità dell’impresa, chespetta all’Agellio”, avesse seguito “da vicino l’andamento dei lavori, sia curandonecon Zaccolini la progettazione (…) ma anche intervenendo sovente di persona”.

36 A.S.R., Corporazioni Religiose Maschili, busta 2140, fascicolo 37, cc. 180-181. Nella circostanza, il referente su cui ricadde la scelta dei padri teatini è statocorrettamente identificato dalla Bell (op. cit., 1985, p. 238) in Biagio Betti, religiosodi vasta cultura che, versato nelle arti figurative, fu intimo del Roncalli e del

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Cavalier d’Arpino (sul Betti, cfr. anche il profilo modernamente mosaicato daMarco Chiarini, Betti, Biagio, voce in Dizionario biografico degli italiani, Roma,IX, 1967, pp. 712-713).

37 A.S.R., Corporazioni Religiose Maschili, busta 2140, fascicolo 37, cc. 78-79. A favore di una simile interpretazione di questo specifico passaggio si è giàschierata la Giffi (op. cit., 1999, p. 108, nota 24) che, tuttavia, indirizza il proprioragionamento verso conclusioni differenti da quelle che vengono argomentate inquesta sede.

38 A.S.R., Corporazioni Religiose Maschili, busta 2140, fascicolo 37, cc. 78-79.39 Sebbene negli ultimi anni la letteratura sul Roncalli disegnatore si sia

arricchita di non pochi contributi, tra cui quello di Francesca Eusebi, Alcuni

disegni del Pomarancio nella Biblioteca Comunale degli Intronati di Siena, in‘Paragone’, 84-85 (709-710), 2009, pp. 67-77, per uno sguardo d’insiemesull’attività grafica dell’artista occorre tornare sulla puntuale risistemazione delKirwin (The life and drawing style of Cristofano Roncalli, in ‘Paragone’, 335, 1978,pp. 18-62) e sulle riflessioni dello stesso Kirwin contenute in Disegni dei toscani a

Roma (1580-1620), catalogo della mostra a cura di M. Chappell, W.C. Kirwin e S.Prosperi Valenti Rodinò, Firenze, 1979, pp. 19-54.

40 Matita rossa su carta, 260 x 410 mm; Loreto, Museo Pinacoteca dellaSanta Casa, inv. 0041. Su questo foglio, in cui, secondo gli orientamenti più recentidegli studi, il Pomarancio avrebbe appuntato una prima idea per la perduta scenaa fresco dipinta nel mezzo della cupola lauretana, si veda da ultimo l’interventodi Elisabetta Giffi, in Ianua Coeli. Disegni di Cristofaro Roncalli e Cesare Maccari

per la cupola della Basilica di Loreto, catalogo della mostra a cura di M. Amaturoe P. Castellani (Roma-Loreto), Roma, 2001, p. 44, scheda 4, con bibliografia.

41 Per approfondimenti sulla perduta cupola di Loreto, si confrontino ilcontributo della Giffi (La cupola di Cristoforo Roncalli, il Pomarancio. 1609-1615,in Ianua Coeli, cit., pp. 23-38) e l’utile regesto assemblato a due mani da FlorianoGrimaldi e Katy Sordi (Regesto dei documenti, delle fonti e delle “notizie” relativi

alla cupola lauretana, in Ianua Coeli, cit., pp. 205-279).42 Allo stato attuale degli studi, non possediamo alcun elemento certo che

possa aiutarci a individuare gli estremi biografici di Giuseppe e, conseguentemente,i precisi termini cronologici della sua attività artistica. A fronte del silenzio sullaquestione delle fonti sei e settecentesche, la critica moderna (cfr. E. Modigliani,Agellio, Giuseppe, voce in U. Thieme, F. Becker, Allgemeines Lexicon der bildenden

Künstler, Leipzig, I, 1907, p. 116; Agellio, Giuseppe, voce in Dizionario biografico

degli italiani, Roma, I, 1960, p. 384; A. Pinelli, Agellio (Agelio, Agellio da Sorrento,

Angellio da Sorriento), Giuseppe, voce in Allgemeines Künstlerlexicon, Leipzig, I,1992, p. 509) ha generalmente collocato i natali del pittore intorno al 1570,accogliendo con qualche riserva, per quello che concerne la scomparsa, la datafornita nel XIX secolo da Pietro Zani (Enciclopedia metodica critico-ragionata delle

belle arti, I, Parma, 1819, pp. 321-322). Più in particolare, il biografo fidentino,senza precisare la provenienza delle proprie informazioni, indicava come terminepiù avanzato della carriera del sorrentino il 1650. I documenti riemersi sino aoggi, tuttavia, agganciano l’ultima traccia dell’attività dell’Agellio al 1621, annoin cui egli risulta impegnato per alcune pitture, oggi perdute, destinate alla chiesanapoletana dei Santi Apostoli (cfr. A. Delfino, Documenti inediti tratti dall’Archivio

Storico del Banco di Napoli, in Ricerche sul ’600 napoletano. Dedicato a Ulisse Prota

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Agellio

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Giurleo nel centenario della nascita, Milano, 1986, p. 113).43 La restituzione di questo ciclo ad Agellio è un’acquisizione assai recente

e, di fatto, costituisce la novità più rilevante emersa sul conto del pittore negliultimi quindici, venti anni. Essa spetta a un’intuizione di Stefano De Mieri (op.

cit.) che, all’interno di un volume a più voci pubblicato a margine della campagnadi restauro dell’abside e del transetto della basilica, ha avanzato il nome delsorrentino sulla scorta di argomentazioni stilistiche valide e convincenti. Menopersuasiva, almeno agli occhi di chi scrive, appare invece la proposta relativa alladatazione dell’impresa che, a mio avviso, sarebbe da anticipare di qualche annorispetto al principio degli anni venti suggerito dallo studioso (S. De Mieri, op. cit.,p. 30).

44 Matita rossa e matita nera su carta, 176 x 216 mm, quadrettato; New York,Metropolitan Museum, inv. 90.20.2. J. Bean, in J. Bean, L. Turcic, 15th and 16th

century Italian drawings in the Metropolitan Museum of Art, New York, 1982, p.226, fig. 225.

45 Ivi, p. 226.46 New York, American Art Galleries, vendita del 10 aprile 1889, lotto 222.47 J. Bean, op. cit., p. 226.48 Ibidem.49 Ibidem.50 Matita rossa su carta bianca, 212 x 250 mm.51 Catalogo della vendita di Londra, Christie’s, 6 luglio 1999, lotto 96. Prima

di essere battuto sul mercato inglese, il disegno, già appartenuto alla collezioneparigina di Alfred Normand, venne proposto nel corso di un’asta tenutasi nellacapitale francese nel 1994 (Christie’s, 20 giugno, lotto 20).

52 Sebbene al momento non siamo in grado di determinare con esattezza itermini dell’attività condotta dall’Agellio a Napoli — dove, a meno di non sposareun’ipotesi in cerca di verifiche di Pierluigi Leone de Castris (Pittura del Cinquecento

a Napoli. 1573-1606. L’ultima maniera, Napoli, 1991, pp. 167, 178, nota 92), nonsembra gli si possa riferire alcuna opera al presente —, le carte d’archivio paionoattestare una presenza continuativa del pittore nella capitale vicereale almeno pergli anni a cavallo tra il secondo e il terzo decennio del secolo. Oltre a essereimpegnato tra il 1620 e il 1621 per una commissione all’interno della sacrestiadella chiesa dei Santi Apostoli, così come si ricordava qui alla nota 42, Giuseppe,tra l’ottobre del 1618 e l’agosto seguente (cfr. G.B. D’Addosio, Documenti inediti

di artisti napoletani del XVI e XVII secolo, in ‘Archivio Storico per le ProvinceNapoletane’, XXXVII, 1912, p. 596), risulta alle prese con una cona raffiguranteuna ‘Madonna del Rosario’. Un dipinto, non ancora identificato (cfr. S. De Mieri,op. cit., p. 30), destinato alla cappella di cui Cesare Cacace deteneva il patronatoall’interno di Santa Maria del Popolo.

53 Matita rossa su carta bianca, 273 x 194 mm, quadrettato, Parigi, Muséedu Louvre, Cabinet des Dessins, inv. n. 12265.

54 A. Petrioli Tofani, Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi. Inventario.

Disegni di figura 1, Firenze, 1991, pp. 281, 285.55 Matita rossa su carta bianca, 237 x 167 mm, Firenze Gabinetto Disegni e

Stampe degli Uffizi, inv. n. 661 F; matita rossa su carta bianca, 258 x 184 mm,Firenze Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi, inv. n. 673 F.

56 M. Newcome Schleier, Genoese Drawings. Italian drawings in the

74 ANTOLOGIA DI ARTISTI

Per

Giuseppe

Agellio

disegnatore

Department of Prints and Drawings. Statens Museum for Kunst, Copenhagen, 2004,pp. 15, 30.

57 C. Fischer, in C. Fischer, J. Meyer, Neapolitan Drawings. Italian drawings

in the Department of Prints and Drawings Statens Museum for Kunst, Copenhagen,2006, pp. 50-51, schede 6-7.

58 Penna e inchiostro marrone su carta, 91 x 133 mm, Cracovia, MuzeumNarodwego, inv. n. 717.

59 Matita nera, penna e inchiostro marrone su carta, 107 x 182 mm,Copenhagen, Statens Museum for Kunst, inv. n. GB 5602. C. Fischer, op. cit., p. 51.

60 Matita nera, penna e inchiostro marrone su carta, 84 x 242 mm, Copenhagen,Statens Museum for Kunst, inv. n. GB 5603. C. Fischer, op. cit., p. 51.

61 Ibidem.

S U M M A R Y

Having abandoned his native Sorrento in his youth to join

Cristoforo Roncalli’s vibrant workshop in Rome, Giuseppe Agellio

succeeded more than other pupils in earning praise and respect from

the great Tuscan master. Indeed during the intense years that preceded

Pomarancio’s departure for Loreto in 1605, the available documentary

evidence shows him to be a prominent collaborator, and a disciple

entrusted with extensive freedom of expression. Yet notwithstanding

the reputation Agellio built up for himself in his own day, he is no

longer given any independent consideration. Starting with a re-reading

of the role he played in San Silvestro al Quirinale, and taking advantage

of new additions to his graphic oeuvre, the article seeks to reshape the

painter’s profile in a manner that better fits his true historical

importance, as well as adding a few more elements to the picture we

have of the internal dynamics of the Roncalli workshop.

ANTOLOGIA DI ARTISTI 75

Per

Giuseppe

Agellio

disegnatore

T A V O L E

54 - Giuseppe Agellio: ‘Dio Padre in gloria’ Parigi, Louvre, Cabinet des Dessins

55b - Giuseppe Agellio: ‘San Silvestro riceve i messi di Costantino nell’eremo del monte Soratte’Belgio, collezione privata

55a - Giuseppe Agellio: ‘San Silvestro riceve i messi di Costantino nell’eremo del monte Soratte’Vienna, Graphische Sammlungen Albertina

56b - Giuseppe Agellio: ‘San Silvestro riceve i messi di Costantino nell’eremo del monteSoratte’ Kromeríz, Palazzo Arcivescovile

56a - Giuseppe Agellio: ‘San Silvestro riceve i messi di Costantino nell’eremo del monteSoratte’ Rouen, Musée des Beaux-Arts

57 - Giuseppe Agellio: ‘San Matteo’ Kromeríz, Palazzo Arcivescovile

58 -

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60 - Giuseppe Agellio: ‘Dio Padre in gloria’ Roma, San Silvestro al Quirinale

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66 - Giuseppe Agellio: ‘Sacra Famiglia con San Giovannino e Sant’Anna’Parigi, Louvre, Cabinet des Dessins

67b

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