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Il magazine della Community “AutoCAD, Rhino e SketchUp designers” su Google Plus Il magazine della Community “AutoCAD, Rhino e SketchUp designers” su Google Plus DAL 2014 DAL 2014 APRILE 2015 Anno II Numero 4 edizione gratuita /11 La pagina breadboard Breve storia delle breadboard il loro sviluppo commerciale e la prodigiosa basea virtuale di Fritzing: impariamo ad usarla! /22 eXa Cross Tourer Mk3 Jocelyn Groizard ci ha stupi con questo straordinario modello dedicato al I compleanno di CADZINE. Avans ha sempre una marcia in più! /24 Come nasce una norma Connua il nostro viaggio araver- so la storia degli En Normatori nazionali ed internazionali Il primo numero, quello Zero, era una semplice presentazione di Google Documenti che trovate ancora sulla no- stra pagina Edicola CADZINE su Google Plus. In dodici mesi sono stati realizzati oltre 150 articoli, abbiamo ospi- tato con interviste più di venti persone molte delle quali hanno un ruolo estremamente significativo in ambito professionale. Sono stati creati più di una decina di modelli 3D per corredare con immagini originali i nostri arti- coli. Per le nostre pagine hanno scritto più di 20 articolisti, anche di altri Paesi. Numero dopo numero abbiamo trovato sempre qualche nuovo consenso e questo ci incoraggia a proseguire su questa strada! CADZINE è un ma- gazine Open Access ed è di tutti! Grazie per averci seguito sinora! :-)

CADZINE n° 4, aprile 2015, ANNO II

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Il magazine della Community “AutoCAD, Rhino e SketchUp designers” su Google PlusIl magazine della Community “AutoCAD, Rhino e SketchUp designers” su Google Plus

DAL 2014DAL 2014

APRILE 2015 Anno II Numero 4 edizione gratuita

/11 La pagina breadboard

Breve storia delle breadboard il

loro sviluppo commerciale e la

prodigiosa basetta virtuale di

Fritzing: impariamo ad usarla!

/22 eXa Cross Tourer Mk3

Jocelyn Groizard ci ha stupiti con

questo straordinario modello

dedicato al I compleanno di CADZINE.

Avantis ha sempre una marcia in più!

/24 Come nasce una norma

Continua il nostro viaggio attraver-

so la storia degli Enti Normatori

nazionali ed internazionali

Il primo numero, quello Zero, era una semplice presentazione di Google Documenti che trovate ancora sulla no-stra pagina Edicola CADZINE su Google Plus. In dodici mesi sono stati realizzati oltre 150 articoli, abbiamo ospi-tato con interviste più di venti persone molte delle quali hanno un ruolo estremamente significativo in ambito professionale. Sono stati creati più di una decina di modelli 3D per corredare con immagini originali i nostri arti-coli. Per le nostre pagine hanno scritto più di 20 articolisti, anche di altri Paesi. Numero dopo numero abbiamo trovato sempre qualche nuovo consenso e questo ci incoraggia a proseguire su questa strada! CADZINE è un ma-gazine Open Access ed è di tutti! Grazie per averci seguito sinora! :-)

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22

La Comm. per progettisti, disegnatori tecnici ed appassionati La prima Community italiana, della piattaforma Google Plus sul CAD e le sue applicazioni, per

data di fondazione e numero di iscritti

BIM

CAD

CAD MEP

FEM

Linguaggi CAD

Modellatori 3D

Modellatori organici

Post produzione

Prog. edile

Altro software

Progettazione

Portfolios

A.N.T. Automotive

Stampa 3D

Concorsi

Curiosità

Page 3: CADZINE n° 4, aprile 2015, ANNO II

33

LA VITA È UN CONTINUO CONFRONTO CON

LA REGOLA, CHE ESSA SI DÀ PER NON DIS-

SOLVERSI NELL’INDISTINTO E CHE ESSA

CREATIVAMENTE MUTA, PER RENDERLA PIÙ

ADEGUATA AD AFFRONTARE LA REALTÀ

SEMPRE NUOVA, COSTRUENDO INCESSANTE-

MENTE NUOVE REGOLE. LE RIVOLUZIONI

ARTISTICHE INFRANGONO ALCUNE LEGGI

DEI LORO LINGUAGGI, SCOPRENDO COSÌ

NUOVE FORME DEL MONDO E DELLA SUA

RAPPRESENTAZIONE, CHE A LORO VOLTA

OBBEDISCONO A CRITERI RIGOROSI.

CLAUDIO MAGRIS (SCRITTORE)

da nuovoeutile.it

LA METTO IN CORNICE

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Diario di bordo

HOME PAGE

Direttore responsabile: Salvio Giglio Redazione: Nicola Amalfitano, Antonello Buccella, Nunzia Nullo, Mario Monfrecola, Gianmarco Rogo

Segretaria di redazione: Nunzia Nullo Redazione bozze: Nicola Amalfitano, Nunzia Nullo

Per la rubrica ARDUINO ci occuperemo della pagina Breadboard scoprendo an-che la provenienza del ter-mine stesso di questo sup-porto per fare esperimenti. Jocelyn Groizard ci presenta la sua Avantis eXa Cross Tourer 2015 per la rubrica AUTOMOTIVE. Prosegue il viaggio nella storia delle Normative nella rubrica BASI PER IL DISEGNO E LA PROGETTA-ZIONE. N. Nullo ci presenta Humandroid per la rubrica

CINEMA E ANIMAZIONE. Ettore Sottsass è la DESIGNER’S STO-RY di questo mese. Gradito ospite della rubrica INTERVI-

STA è Juan Gonzalez Gomez. M. Monfrecola si presenta ai lettori con la sua rubrica MATEMATICA E DINTORNI pro-ponendoci di calcolare l’area di una nuvola. N. Amalfita-no ci parla di Pietro Metasta-sio e del melodramma sette-centesco nella sua rubrica dedicata alla MUSICA. Il rivo-luzionario sistema di rileva-

mento SfM è oggetto della rubrica NEW HARDWARE FOR CAD. I consigli per delineare un’infrastruttura ottimale per la BIM li troverete nel Corso di orientamento alla BIM. Per il CORSO DI BASE DI-

SKETCHUP si parla del menù File mentre F. Pieri conclude il minicorso sulle BASI DI QGIS. A. Buccella conclude il suo tutorial in 2 parti sulla produzione di filmati di pre-sentazione di modelli 3D con SketchUp.

progettista

[pro·get·tì·sta] sostantivo maschile e femminile Autore o presentatore di un progetto. Professionista specializzato in progetti.

rubriche corsi & tutorials PAG. 61 CORSO DI ORIENTAMENTO BIM di Salvio Giglio “Definire le infrastrutture di supporto per l’attuazione della BIM”, IX PUNTATA

PAG. 64 CORSO DI BASE PER SKETCHUP di Salvio Giglio “Il menù FILE”, XI PUNTATA

PAG. 66 LE BASI DI QGIS di Fabrizio Pieri “I Sistemi di Riferimento più usati in Italia”, IV ED ULTIMA PUNTATA

PAG. 70 ELABORAZIONE VIDEO CON SKETCHUP di Antonello Buccella “Come elaborare un Video con SketchUp”, II ED ULTIMA PARTE

PAG. 07 NEWS

PAG. 09 EDITORIALE di Salvio Giglio “Una questione di… profilo”

PAG. 11 ARDUINO di Salvio Giglio “Fritzing: la pagina Breadboard”, II PUNTATA

PAG. 22 AUTOMOTIVE di Jocelyn Groizard “Avantis eXa Cross Tourer 2015”

PAG. 24 BASI PER IL DISEGNO E LA PROGET-

TAZIONE di Salvio Giglio “Come nasce una norma”, II PUNTATA

PAG. 33 CINEMA E ANIMAZIONE di Nunzia Nullo “Humandroid”

PAG. 36 DESIGNER’S STORY di Salvio Giglio “Ettore Sottsass”

PAG. 41 INTERVISTA di Salvio Giglio “Juan Gonzalez Gomez”

PAG. 45 MATEMATICA & DINTORNI di Mario Monfrecola “Come calcolare l’area di una nuvola (e la magia dell’infinito)”

PAG. 49 MUSICA di Nicola Amalfitano “Pietro Metastasio: innovatore del melo-dramma settecentesco”

PAG. 53 NEW HARDWARE FOR CAD di Sal-vio Giglio “SfM Structure from Motion”, III ED ULTIMA PUNTATA

eventuali & varie PAG. 72 UMORISMO

PAG. 73 GIOCHI

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Cos’è CADZINE è una rivista gratuita nata in

seno alla Community di “AutoCAD, Rhino & Sket-

chUp designer” per informare & formare disegnatori tecnici e

appassionati sul CAD ed i suoi “derivati”.

La pubblicità Le inserzioni pubblicitarie pre-

senti sono gratuite e sono create e pubblicate a discrezione della

redazione.

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mettendo a disposizione di tutti e gratuitamente le tue cono-scenze. Sarai il benvenuto!

Segretaria di redazione: Nunzia Nullo Redazione bozze: Nicola Amalfitano, Nunzia Nullo

Impaginazione, pubblicità e progetto grafico: Salvio Giglio Editore: Calamèo (Hachette)

E’ consentita la riproduzione di testi, foto e grafici citando la fonte e inviandoci la copia. La pubblicazione è CopyLeft & Open Access ;-)

Pensandoci bene

La necessità di parlare la stessa lingua Fino a che non si unificano, in qualche modo, i sistemi

operativi e il codice del software, l’informatica non conoscerà mai una vera crescita e ci saranno sempre

degli utenti tagliati fuori da quella che oggi è una necessità primaria: esser parte del Villaggio Globale

progettista

[pro·get·tì·sta] sostantivo maschile e femminile Autore o presentatore di un progetto. Professionista specializzato in progetti.

corsi & tutorials PAG. 61 CORSO DI ORIENTAMENTO BIM di Salvio Giglio “Definire le infrastrutture di supporto per l’attuazione della BIM”, IX PUNTATA

PAG. 64 CORSO DI BASE PER SKETCHUP di Salvio Giglio “Il menù FILE”, XI PUNTATA

PAG. 66 LE BASI DI QGIS di Fabrizio Pieri “I Sistemi di Riferimento più usati in Italia”, IV ED ULTIMA PUNTATA

PAG. 70 ELABORAZIONE VIDEO CON SKETCHUP di Antonello Buccella “Come elaborare un Video con SketchUp”, II ED ULTIMA PARTE

eventuali & varie PAG. 72 UMORISMO

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NEWS gli ultimi post prima di andare in stampa

Concluso nel 2014 il ciclo tematico dedicato al rapporto tra la Nona Arte e le altre Arti Nobili, con un successo di affluenza di pubblico e di partecipazione di espositori e operatori professionali oltre ogni previsione, lo staff di Napoli COMI-CON è al lavoro per lanciare il nuo-vo ciclo a partire dal prossimo anno. La XVII edizione del Salone Inter-nazionale del Fumetto (e le sue sezioni “gemelle” del GameCon e di CartooNA), tornerà nel 2015 sempre nella sede della Mostra d’Oltremare, con un nuovo tema che accompa-gnerà Napoli COMICON fino all’edi-zione del 2017 e che esaminerà il rapporto tra i differenti Media: partendo dal famoso concetto del sociologo Marshall McLuhan “Il medium è il messaggio“, COMICON cercherà di approfondire il rapporto tra i Contenuti propri del Festival e gli altri Media, sia tradizionali che nuovi. Grazie a un accordo pluriennale con la Mostra d’Oltremare sono già stabilite le date delle prossime edizioni di Napoli COMICON, che avranno luogo nel parco espositivo di Fuorigrotta dal 30 aprile al 3 maggio nel 2015 (XVII Ed.), dal 22 al 25 aprile nel 2016 (XVIII Ed.) e dal 28 aprile al 1 maggio nel 2017 (XIX Ed.). Ovviamente, tanti cambiamenti sono allo studio, anche a seguito delle problematiche relative al forte incremento di pubblico delle ultime edizioni, con l’obiettivo di andare sempre più incontro alle necessità del pubblico, degli espositori e degli ospiti del Festival. Come già avvenuto negli ultimi anni, infatti, aumenteranno ancora gli spazi espositivi, sia all’aperto che nei padiglioni, e stiamo valu-tando nuove formule di biglietteria che possano permettere ad un numero sempre maggiore di perso-ne di approfittare del programma del Festival in serenità e soprattut-to in tutta sicurezza. (Da http: www.comicon.it) M. M.

AMSTERDAM - Novità in casa TomTom che va oltre i navigatori satellitari e gli sportwatch e si lancia nel mondo della action ca-mera con Bandit. Particolarità della telecamera è quella di avere un server media integrato che, dialo-gando con l'app per smartphone dedicata, permette di editare e condividere rapidamente un video senza doverlo scaricare prima su un computer. TomTom Bandit è dotata di sensori di movimento integrati e di Gps per trovare e contrassegnare automaticamente la posizione della ripresa, velocità, altitudine, accelerazione e, con un optional, anche la frequenza car-diaca. Attraverso il sensore CCD da 16 megapixel, l'action camera regi-stra video fino a una risoluzione massima di 1080p a 60 frame al secondo. Tramite un algoritmo, shakerando la Bandit si avvia una applicazione di montaggio che produce uno "shuffle" di immagini pronte da condividere. Macchina

ambiziosa e interessante, la Bandit è però solo una delle novità di TomTom. Il produttore di sistemi di navigazione ha presentato il sito web e l'applicazione TomTom MyDrive. Si tratta di un servizio che permette agli automobilisti di utilizzare il proprio smartphone, tablet o Pc per analizzare le infor-mazioni sul traffico in tempo reale, pianificare percorsi e inviare le destinazioni al proprio TomTom GO, prima di salire in macchina. La piattaforma, specifica l'azienda in una nota, è aperta a sviluppatori e terze parti. Altra novità è la nuova serie di navigatori TomTom GO, dotati delle mappe 'Mondo' e 'Tutor &Autovelox' preinstallate e gratis per tutta la vita del prodotto. I mo-delli che fanno parte di questa nuova famiglia sono i TomTom GO 510, 610, 5100 e 6100, con schermi da 5" e 6" e dotati di interfaccia utente semplificata, mappe 3D e il supporto Click & Go. (Da: www.repubblica.it) N. A.

L’Aquila. Dopo il terremoto del

6 aprile 2009 che ha sconvolto

l’Aquila, distruggendo una città intera e dopo lunghi e particolari

restauri, torna a risplendere e a

riaprire al pubblico la Basilica di

San Bernardino, la chiesa simbo-lo degli aquilani, la casa di San

Bernardino, con una solenne

celebrazione che si terrà il 2 mag-

gio prossimo. Sarà un evento davvero importante; un grande

messaggio per l’Aquila, l’Abruz-

zo, per l’Italia intera. Un messag-

gio francescano per l’intera co-munità cristiana universale.

Chi vorrà constatare di persona i

restauri effettuati e parlare diret-

tamente con i frati francesca-ni, avrà finalmente la possibilità

di rimettere piede all’interno di

un pezzo di storia dell’Aquila.

(da: CITYRUMORS Abruzzo del 28 aprile 2015) A. B.

ROMA - Un bel piatto di pasta fatto in casa e pronto in soli due minuti. È questa la scommessa di Barilla, la nota marca di pasta italiana, che, nel suo stabilimento di Parma, è alle prese con il futuro e con le strabilianti meraviglie delle stam-panti in 3D. Michela Petronio, vice presidente del settore ricerca e sviluppo della Barilla, in una recente intervista rilasciata al quotidiano la Repubbli-ca, ha detto che "l'idea è nata 3 anni fa in un meeting con dei ricercatori olandesi del Tno. Loro volevano esportare la tecnologia della stam-pa 3D al settore alimentare e la pasta è sembrata il prodotto ideale: è liquida, semplice, fatta solo di acqua e semola". L'intenzione è semplice: permettere a tutti, semplici consumatori e ristoratori, di 'fabbricarsi' la pasta nella propria cucina. Scegliere il tipo di farina e gli ingredienti, dalle uova alle verdure, e, perché no, il formato dopo averlo disegnato al computer. Una vera e propria sfida con la propria fantasia. I tempi sembrano essere ormai maturi. "La prima volta ci abbiamo messo 20 minuti per stampare un singolo pezzo di pasta, ha spiegato ancora Petronio, dopo due anni ci mettevamo due minuti a farne quattro, adesso siamo vicini a stampare un piatto di pasta in due minuti". Nuovi formati di pasta hanno, intanto, già fatto capolino tra gli scaffali e lo scorso anno, nel corso di un concorso di design che ha visto partecipare ben 216 proget-ti, sono stati premiati le rose, i vor-tici e le lune. Oltre che buoni anche un nuovo piacere da gustare tutto con gli occhi. (da "Dire giovani.it" del 28 aprile 2015) A. B.

TomTom: Bandit & GO! Napoli COMICON 2015

La pasta in 3D, il futu-ro è ormai alle porte!

L’Aquila, riapre al pubblico la Basilica di San Bernardino

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EDITORIALE

L a necessità di emergere professionalmente, di far-si notare ed apprezzare per il proprio lavoro ha

sempre comportato grossi sacrifici e non sicuri successi specie nel nostro ambito professionale. Ecco perché i nuovi media rappresenta-no un supporto autopromozionale estremamente efficace e a basso costo anche se oggi avere solo il sito o il blog sembra non bastare più. L’ultima frontiera è proprio quella dei Social Network anche se un loro uso sconsiderato potrebbe addirittura rivelarsi un vero e pro-prio boomerang e, credetemi, se vi dico che non esagero. Creare un account professionale efficace è la cosa più semplice del mondo a patto che dimentichiate totalmen-te di pubblicare aspetti troppo pri-vati della vostra persona. Tra un lavoretto grafico ed un articolo per CADZINE, ogni tanto faccio qual-che puntatina sui Social a cui sono più affezionato: G+, in primis ov-viamente, e Twitter e mi capita di leggere post di persone professio-nalmente in gamba che mi fanno però cadere letteralmente le brac-cia! Lungi da me dall’esprimere un

giudizio sui contenuti che ognuno di noi può liberamente postare sul proprio profilo personale, ci man-cherebbe altro, ma sul profilo pro-fessionale l’ultimo taglio di capelli stile punk, la ragazza in topless, la gif animata con l’emoticon 3D che ti fa l’occhiolino e la smorfietta con la linguaccia mi sembrano veramente delle cadute di stile e invitano, inevitabilmente, il visita-tore a chiudere quella pagina di profilo con una pessima impres-sione su di voi. Sui Social non sia-te compulsivi: contate fino a 10 prima di pubblicare o commentare qualcosa specie se avete molti fol-lower! Considerare se stessi e la propria attività come un brand, trattando con serietà i contenuti pubblicati, anche se pochi, magari comunicando in modo efficace ed attrattivo con il vostro pubblico e commentando appropriatamente immagini e/o album con didasca-lie o scritte in sovrimpressione, aiuta a farsi conoscere meglio. Sempre a mio parere non è poco professionale dare una mano a qualche principiante in una Com-munity come la nostra o postare la musica che stiamo ascoltando mentre lavoriamo ma risulta stra-no e fuori luogo comunicare con toni da ultras che la propria squa-dra ha segnato o ha subito un rigo-re! Una regolata bisognerebbe dar-

sela anche con la politica a mio parere… Insomma sei un disegna-tore o un progettista? Si? E allora posta cose adeguate alla tua pro-fessione almeno sulla tua pagina di lavoro. Come è bello vedere i lavori commentati di tanti esperti del settore: sono utili, specialmen-te per i ragazzi, e mettono in luce la professionalità dell’autore, il suo gusto e le sue tendenze creative. Altro aspetto deleterio poi sono il nome e l’immagine di profilo: ho visto di tutto! Loghi, bandiere, foto strane, avatar raccapriccianti o malefici, seguiti da nomi sconcer-tanti; uno mi è rimasto ancora in mente ed era l’account di un inge-gnere (non sto scherzando): “Puffo saggio”. Insomma… va da se che siete voi a creare e coltivare il vo-stro pubblico anche in base ai vo-stri “Mi piace”, stelline e +1 che andate a mettere qua e là! Se pec-cate d’ingenuità e vi abbandonate alle belle forme di una seducente ragazza, che semmai è un’escort, e dal vostro profilo professionale lasciate una vostra traccia, non sorprendetevi se poi la signorina in questione vi includa nelle sue cerchie e magari vi mandi pure qualche bel messaggino piccante che svetterà orgogliosamente sul vostro stream al fianco di un seris-simo post su di un’analisi FEM di una travatura reticolare! LOL

di Salvio Gigl io

Una questione di… profilo

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ARDUINO

V i sembrerà strano ma i primi appassionati di elettronica, quelli che utilizzavano le valvole

per capirci, impiegavano dei ta-glieri di legno per il pane come supporto per i loro esperimenti. Ecco come è definito il termine breadboard dal Collins English Dictionary - Complete & Una-bridged 2012 Digital Edition breadboard, a wooden board on which

dough is kneaded or bread is sliced

cioè una tavola di legno su cui vie-ne impastato e tagliato il pane. Per quanto oggi questa scelta possa sembrarci una cosa bizzarra, dob-biamo immaginare anche i van-taggi che essa offriva per un’epoca in cui l’elettronica muoveva i pri-

missimi passi e il mercato offriva solo costosissimi componenti. Non esistevano assolutamente le basette per il fissaggio della com-ponentistica e il legno si propone-va come il materiale ideale per gli allestimenti. Nella fattispecie, i taglieri erano fa-cilmente reperibi-li, ad un costo bas-sissimo e realizza-ti in un materiale isolante e duttile su cui si potevano impiegare chiodini, o puntine da disegno, per creare i caposaldi ne-cessari ai collegamenti con com-ponenti e morsettiere. In alcune realizzazioni, si utilizzavano degli schemi elettrici, che fungevano da guida, disegnati su carta ed incol-lati al tagliere per posizionare cor-rettamente i terminali dei compo-nenti e i cavi di collegamento. In-somma, l’idea di utilizzare un ta-gliere, o una tavola di legno, come supporto per sperimentare, risa-

lente ormai a quasi cento anni fa, piacque così tanto da favorire l’e-voluzione di questo concetto nel tempo, tanto che il termine stesso breadboard è rimasto sino ai gior-ni nostri ed è comunemente usato per fare riferimento, specie nella

lingua inglese, a quei tipi di sup-porto destinati alla prototipazione dei circuiti elettronici. I passaggi della storicizzazione, e della relati-va industrializzazione di questa idea, li possiamo cogliere in due esempi. Il brevetto di una test board per circuiti elettronici di Ruben A. Cruz (US Patent 3.145.483 presentato nel 1961 e concesso nel 1964), consistente in un supporto di legno, munito di una serie di fori filettati, in cui si potevano al-

II puntata

di Salvio Gigl io

Fritzing: la pagina Breadboard

Le breadboard sono dei supporti a dir poco indispensabili per speri-

mentare dei circuiti elettronici senza perdere tempo a saldare i com-

ponenti. Con Arduino poi sono una combinazione esagerata perché ci

permettono di allestire il circuito in “modalità provvisoria” mentre pen-

siamo in massima tranquillità alla programmazione della MCU. Fri-

tzing offre la sua breadboard virtuale che non ha nulla da invidiare a

quella reale...

Fig. 1, un circuito valvolare realizzato su di un tagliere per il pane

Page 12: CADZINE n° 4, aprile 2015, ANNO II

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ARDUINO

Fig. 2, brevetto di una test board per circuiti elettronici di Ruben A. Cruz (US Patent 3.145.483 presentato nel 1961 e conces-so nel 1964)

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ARDUINO

Fig. 3, brevetto di John E. Sakellakis di una printed circuit breadboard (US Patent 3496419 1967 e concesso nel 1970)

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ARDUINO

Fig. 4, due estratti dal brevetto della Breadboard for electronic components or the like di Ronald J. Portugal (presentato nel 1971 e approvato nel 1973 col codice USD228136 S)

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loggiare sia delle molle per le con-nessioni elettriche volanti che delle speciali boccole per i termi-nali dei componenti. Il brevetto di John E. Sakellakis fa già aperta-mente riferimento ad una printed circuit breadboard (US Patent 3496419 1967 e concesso nel 1970) anche se somiglia più ad una ba-setta millefori dal disegno partico-lare su cui è facile saldare e dis-saldare componentistica elettro-nica senza dover ricorrere a dei terminali, come nell’esempio pre-cedente. Sarà il brevetto di Ronald J. Portugal a dar vita a quelle breadboard, utilizzate oggi, in pla-stica bianca e costituite da una serie di fori d’innesto in cui fissa-re, senza saldature, componenti e collegamenti. Il brevetto fu pre-sentato nel 1971, approvato nel 1973 col codice USD228136 S ed intitolato Breadboard for electro-nic components or the like cioè breadbord per componenti elettro-nici o similari. La breadboard di Ronald J. Portu-gal Di Ronald J. Portugal si sa poco o niente, purtroppo, se non che lavo-rava presso EI Instruments Inc. di Derby, una cittadina americana nello stato del Connecticut. Portu-gal appronta un sistema di con-nessione elettrico molto pratico che aiuta l’utente a dislocare velo-cemente sulla basetta i vari com-

ponenti e a connetterli circuital-mente con dei ponticelli di filo in rame isolato, come quelli che co-stituiscono i doppini telefonici o i cavetti citofonici. Per farvi capire meglio l’idea di Portugal, ho cerca-to il suo brevetto su Google Pa-tents, mi sono scaricato i disegni ed ho modellato direttamente la sua breadboard. La basetta elabo-rata da Portugal è molto ingegno-sa, pur nella sua semplicità co-struttiva, dal momento che è assi-milabile ad un contenitore di pla-stica scatolato composto da tre parti principali: Una piastra di plastica rigida,

ottenuta per stampaggio ad iniezione, su cui sono state rica-vate quattro matrici principali di finestrelle forate quadrate necessarie al fissaggio dei reo-fori dei componenti, due centra-li suddivise da una scanalatura longitudinale, e due laterali, per un totale di 840 fori. La distanza dei fori della matrice è di 2,54 mm (0,1 in) un valore scelto dall’inventore per fare in modo che le sue breadboard rispon-dessero alle esigenze di connet-tività dei circuiti integrati del package "dual in line" (DIPs).

Un pacchetto di 168 contatti metallici con due differenti fun-zionalità elettriche per il colle-gamento dei componenti.

Due inserti di plastica rigida trasparente, vincolati alla pia-

stra a protezione del pacchetto contatti, per far rendere conto all’utente di come siano distri-buite le clips all’interno della breadboard.

La prima considerazione che c’è da fare riguarda un piccolo parti-colare, apparentemente insignifi-cante, che però costituisce uno dei punti di forza di questo brevetto: la clip metallica a pettine, Fig. 5, simile, per forma e funzione, a quelle unipolari racchiuse negli alveoli di una comune presa elet-trica domestica e che possono ac-cogliere fino a 5 reofori contempo-raneamente alimentandoli equi-potenzialmente. Queste clips ven-gono montate nei corrispondenti alloggiamenti interni della parte superiore della basetta in modo da realizzare una matrice di contatti la cui dislocazione, e collegamen-to, permette lo sviluppo dei circui-ti elettronici. Osservando con at-tenzione la Fig. 6, potremo suddi-videre idealmente questo pacchet-to di contatti in base alla funzio-nalità ad essi associata: due linee di alimentazione (strips rosse blu) e due pacchetti di contatti equipo-tenziali (clips in verde). Le due linee di alimentazione corrispon-dono alle matrici di fori più picco-le che si trovano sui due lati mag-giori della basetta, in alto e in bas-so, formate ciascuna da cento contatti (50 contatti per polo). I due pacchetti di contatti equipo-

Fig. 5, l’elemento principale di ogni breadboard è la clip a pettine come quella a sinistra. Nell’immagine centrale un reoforo di un componente elettronico in una clip. A destra una breadboard trasparente in cui si vede la disposizione delle clips

ARDUINO

Page 16: CADZINE n° 4, aprile 2015, ANNO II

1616

ARDUINO

Fig. 6, dal modello realizzato per questo articolo, in alto vista in pianta della breadboard di Portugal, seguito da un esploso della basetta in cui si possono distinguere i suoi costituenti principali. Ovviamente la colorazione delle clips è legata a questo articolo per aiutarvi a distinguere le funzionalità di esse: rosso/blu = alimentazione, verde = contatti equipotenziali.

tenziali, ognuno dei quali è com-posto da 64 clips elettricamente indipendenti tra di loro, sono di-sposti nella parte centrale della breadboard separati dalla scanala-tura longitudinale. Ovviamente ai due gruppi di lamelle longitudinali l’utente può collegare, in base al progetto che sta sviluppando, una sorgente di alimentazione operan-te ad una determinata tensione o

un segnale proveniente da qualche dispositivo elettrico, ecc. Portugal, nella relazione tecnica allegata al suo progetto presentata per il brevetto, immagina la sua invenzione come un supporto si-mile a un blocco da disegno su cui abbozzare un’idea di circuito e provarla immediatamente senza perder tempo a fare saldature. Sempre dalla traduzione della re-

lazione di Portugal, leggo che il destinatario ideale della sua breadboard sembra essere proprio il tipico studente di ingegneria elettrica impegnato, per esempio, in un corso di laboratorio che ha frequentemente bisogno di impa-ginare (usa proprio questo termi-ne) i circuiti che sta studiando per imparare meglio i fondamenti di elettronica attraverso la sperimen-

Page 17: CADZINE n° 4, aprile 2015, ANNO II

1717

Se dovesse tornarvi utile questo

modello 3D visitate la Galleria Im-

magini 3D di Trimble a questo link:

https://3dwarehouse.sketchup.com

/social/model.html?id=ub893e782-

a26a-4270-b419-992cef9a6c43

Salvio

ARDUINO

Fig. 7, la breadboard capovolta; seguendo le indicazioni di Portugal ho realizzato il fondello della basetta in plastica traspa-rente in modo tale che l’utente possa capire quali siano i collegamenti interni delle clips.

tazione diretta e affinare così la sua formazione. Le breadboard che utilizziamo oggi Dall’invenzione di Portugal ne è passata di acqua sotto i ponti e milioni di copie della sua basetta sono state vendute sinora in tutto il pianeta, commercializzate da svariati produttori che, pur modifi-candone la forma costruttiva ed i colori, hanno mantenuto il layout del pacchetto contatti del progetto originario. Altra invariante di quel lontano brevetto è la scanalatura longitudinale che ha la funzione di raffreddare eventuali componenti DIP IC montati a cavallo delle due matrici centrali. Nel corso degli anni, i costruttori, per personaliz-zare i propri prodotti e facilitare ulteriormente gli utenti nell’alle-stimento circuitale, hanno aggiun-to alcune funzionalità alla basetta. Ad esempio, attorno alla basetta vera e propria è stato aggiunto un involucro o una tavoletta in mate-riale plastico, Fig. 8, su cui com-

paiono tre o più connettori per l’a-limentazione elettrica delle due linee e il collegamento di un’even-tuale polo di messa a terra. Più dif-fusa è la convenzione di contrad-distinguere, con lettere e numeri, le matrici centrali di contatti come si usa fare nel calcolo matematico e… nelle battaglie navali a scuola . Le cinque colonne a sinistra della scanalatura centrale sono contraddistinte dalle lettere A, B, C, D, E; a quelle di destra sono asse-gnate le lettere F, G, H, I, J mentre le righe sono numerate in modo progressivo. Ciascuna delle quat-tro colonne delle linee di alimenta-zione è associata ad un polo (+/-) e contraddistinto da una linea seri-grafata in rosso o in blu. Alcune realizzazioni, di dimensioni mino-ri, riportano solo due colonne di alimentazione poste sempre sui lati maggiori della scheda. Molto utile sembra essere la scelta di alcuni produttori di munire le loro basette di un sistema di incastri maschio/femmina per permettere

l’accoppiamento, sui quattro lati, con altre breadboard compatibili in modo da ottenere una superfice di lavoro molto più estesa e, conse-guentemente, circuiti molto più complessi. Alcuni aspetti negativi delle bread-board Rispetto ad un PCB, correttamente allestito, le breadboard solderless presentano alcune limitazioni do-vute alla geometria dei contatti elettrici. Primeggia fra tutte la ca-pacità parassita molto elevata, da 2 a 25 pF per punto di contatto, a cui seguono dei valori d’induttanza abbastanza significativi e dovuti alla lunghezza delle piste; non po-co incide sulla resa generale dei circuiti anche il tipo di accoppia-mento tra reoforo e punto di con-tatto della clip che, essendo abba-stanza labile sotto il profilo elettri-co, costituisce di fatto una resi-stenza molto alta. Sui siti dei prin-cipali produttori sono riportate queste misure, relative alle basette

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Fig. 8, breadboard in uso oggi derivate dal brevetto di Portugal. In alto (A, B, C) tre esempi di basette con connettori per il collegamento di alimentatori, masse/terra e/o segnali. In basso, a sinistra una breadboard suddivisa in righe e colonne e contraddistinta da lettere e numeri; a destra breadboard modulare singolo elemento e in combinazione con altri.

Riga

Colonna

A

B

C

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nuove, con un buon margine di approssimazione. Va da se che se siete dei tipi molto materiali, mal-destri o nervosi e maltrattate la povera basetta fissando con una forza eccessiva i componenti, non fate altro che accelerare l’usura delle clip e aumentare la misura degli inconvenienti di cui sopra. Lo stesso discorso vale per basette utilizzate centinaia di volte con le clips talmente usurate che non riescono più a garantire un ade-guato serraggio dei componenti. Questi fattori sconsigliano lo svi-luppo di applicazioni sperimentali operanti con frequenze superiori ai 10 MHz. All’epoca del rilascio del brevetto non era ancora stata sviluppata la tecnologia SMD o quella di un package con distanza tra i piedini diversa da 2,54mm; questo aspetto è stato ereditato anche nel successivo sviluppo del-la basetta da terze parti e sussiste a tutt’oggi. Fortunatamente il mer-

cato ha già da parecchio tempo risolto questo inconveniente com-mercializzando speciali adattatori; gli hobbisti, invece, si sono orga-nizzati ricorrendo a PCB esterni, muniti di zoccolature speciali per componenti SMD, che collegano alle breadboard. La breadboard virtuale di Fritzing Per qualche tempo ho programma-to anche in ambiente visuale con Visual Basic e Toolbook e so quan-to sia difficile studiare delle solu-zioni informatiche che siano im-mediatamente chiare all’utente finale, specie se questi è a digiuno di un particolare aspetto dell’ap-plicativo in oggetto. Per questo motivo, trovo assolutamente spe-ciali programmi come SketchUp o Fritzing. La pagina della bread-board di Fritzing è per absolute beginners poiché ripropone a schermo tutte le funzionalità di una reale! Ad esempio, per far ca-

pire ad un utente quale sia la clip di competenza di un qualunque foro della scheda basta semplice-mente cliccarci sopra e tenere pre-muto il tasto destro del mouse: su-bito il programma evidenzia i col-legamenti interni ad esso associa-ti. Si può accedere a questa moda-lità cliccando sul tab Breadboard o la voce new sketch nella Home Page del programma o, in alterna-tiva, l’item new del menù File dalla barra dei menù. La pagina è molto semplice: l’area di lavoro con la basetta è nella parte sinistra dello schermo mentre a destra trovia-mo i vassoi delle Core Parts, con i componenti da utilizzare, e l’In-spector che visualizza le proprietà del componente selezionato. Ana-logamente alle breadboards reali, le colonne di fori riportate sulla parte inferiore e superiore sono normalmente destinate alle linee di alimentazione e ai collegamenti di terra.

Fig. 9, la breadboard virtuale di Fritzing che riproduce fedelmente aspetto e funzionalità di una basetta reale. All’area di lavo-ro sono associati i due pannelli con le Core Parts (i componenti elettronici) e l’Inspector per settare i parametri degli ele-menti della libreria componenti.

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Fig. 10, modelli di breadboard proposte da Fritzing per rispondere ad esigenze circuitali di qualsiasi formato

FULL+, 2 linee di alimentazione e matrice da 630 fori

FULL, 2 linee di alimentazione e matrice da 620 fori

HALF+ 2 linee di alimentazione e matrice da 300 fori HALF 2 linee di alimentazione e matrice da 300 fori

BB 301, 1 linea di alimentazione e matrice da 230 fori Mini solo matrice da 170 fori Thiny solo matrice da 200 fori

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Se desideriamo cambiare modello di breadboard rispetto a quello proposto di default da Fritzing, che è quello FULL+, basta che clicchia-mo su una parte senza fori della basetta e questa viene selezionata con una linea tratteggiata; dopo di che ci portiamo nella finestra In-spector e, mediante la casella a discesa SIZE, scegliamo tra i sette formati proposti che rispecchiano i modelli più diffusi sul mercato. In alternativa possiamo cancellare con CANC la breadboard di default e utilizzare una delle due board “millefori” disponibili nel pannello Core Parts. Questa pagina di Fri-tzing offre la possibilità di abbina-re più basette, anche di diversa tipologia, affiancate in modo da ottenere circuiti di dimensioni maggiori. La libreria Core Parts di Fritzing Un elemento prezioso di Fritzing è sicuramente la praticissima Libre-ria Core Parts che utilizza file in formato aperto "Fritzing Share Format" la cui estensione è .fzp. L’archivio può essere arricchito

dall’utente anche importando nuo-vi componenti. Ogni componente fzp è sostanzialmente un insieme di tre immagini che vengono mo-strate in base alla modalità di vi-sualizzazione impostata dall’uten-te: immagine realistica del compo-

nente, visualizzata in modalità breadboard e costituita da un file grafico vettoriale SVG o da un file bitmap come PNG o JPEG;

il simbolo unificato del compo-nente visualizzato nella pagina Schema;

il componente rappresentato sul PCB in termini di numero di piedini e posizione delle piste.

Il set di componenti offerti di de-fault è molto ricco e permette di rappresentare circuiti partendo da quelli più semplici sino a raggiun-gere livelli molto complessi. Si tro-vano subito e a proprio agio utenti di qualunque provenienza grazie alla semplicità e alla chiarezza della libreria componenti che offre una rappresentazione realistica dei singoli elementi, insegnando

contemporaneamente anche l’e-quivalente grafico simbolico nella pagina successiva Schema. I set principali offerti dal programma sono: componentistica elettronica di

base (resistenze, diodi, transi-stor, ecc.);

circuiti integrati logici semplici più comuni;

apparecchi e sensori più comu-ni (interruttori, potenziometri, accelerometri, sensori di luce, ecc.);

componentistica elettronica avanzata (LED, Super LED, al-cuni LCD, servomotori, relè, ecc.);

alimentatori; svariati tipi di connettori (USB,

Jack, DB9, MicroSD, ecc.); diverse tipologie di microcon-

trollori (Arduino, Raspberry PI, Adafruit, ecc.).

Nella prossima puntata imparere-mo ad assemblare i nostri circuiti sulla breadbord utilizzando i com-ponenti elettronici della libreria e dei semplici schemi elettronici.

Fig. 12, la libreria componenti Core Parts di Fritzing

Perfboard basetta con 551 fori Stripboard basetta con 600 fori

Fig. 11, in alternativa alle breadboard Fritzing propone anche delle PCB millefori di due formati diversi

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AUTOMOTIVE

Alcuni render della Avantis eXa Cross Tourer CADZINE Ltd. Mk3 2015 elaborata da Jocelyn Groizard per il primo complean-

no della nostra rivista! :)

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AUTOMOTIVE

A vantis eXa è una grande berlina di terza genera-zione, che è stata pre-sentata nel mese di set-

tembre 2013. Si tratta di un model-lo molto importante per il mio marchio, perché la seconda gene-razione è quella del gruppo ottico di coda stile artiglio. Il design del Mk3 stava cominciava ad apparire obsoleto rispetto alle altre Avantis, così ho deciso per un lifting capa-ce di renderlo più moderno sfrut-tando le conoscenze che ho acqui-sito nell’ultimo periodo. Dimensioni e rivali L’Avantis eXa fa parte della fami-glia delle grandi berline, e si pone come concorrente sia di auto come la Renault Laguna o Opel Insignia che di vetture travel oriented la Audi A6 o la Peugeot 508, grazie alle sue dimensioni e prestazioni, degne di modelli più costosi e di lusso. La gamma eXa è composta da quattro modelli: la berlina eXa, l’eXa Sports Tourer, la station wa-gon e la eXa Cross Tourer, una ver-sione della Sports Tourer a trazio-ne integrale. Esterno Il design esterno della vettura era il punto principale da migliorare e su cui ho lavorato di più. La parte

posteriore della vettura è stata particolarmente curata col nuovo gruppo ottico e il paraurti poste-riore, che sembra ora più sottile di quanto non fosse. La nuova forma della porta posteriore ha permesso poi di migliorare l'accesso ai sedili posteriori, dando a tutta la vettura una linea piacevole ed equilibrata. Nella parte anteriore i fari e la gri-glia, completamente ridisegnata, esprimono uno stile più aggressi-vo e dinamico aumentando il ca-rattere della vettura. Interni Sedili della eXa sono stati studiati per fornire al conducente e ai pas-seggeri un comfort ideale per ogni tipo di viaggio costituendo un co-modo supporto ergonomico per il corpo. Il cruscotto è stato comple-tamente rinnovato, secondo il mo-dello A-Space. Il conducente trova un ampio schermo sensibile al tocco che riunisce la gestione con un programma molto intuitivo tut-ti i parametri del comfort: aria condizionata, stereo e navigatore GPS). Il cruscotto cattura lo sguar-do grazie al suo design pulito ed ergonomico. Performance Avantis eXa consente di scegliere tra una vasta gamma di motori benzina e diesel, con potenze che vanno dai 110 ai 350hp. I motori 1.6L a 4 cilindri offrono grandi pre-stazioni nonostante la cilindrata sia nella versione diesel che in

quella a benzina un aspetto, que-st’ultimo che permette di ridurre i consumi di carburante e le conse-guenti emissioni di gas serra. La eXa è disponibile con due tipi di cambio diversi: uno manuale a 6 marce e uno automatico a 5 rap-porti. La Crosstourer offre di serie il piacere della trasmissione a tra-zione integrale, collegata a un si-stema di controllo di presa che distribuisce la potenza sulle ruote a seconda delle condizioni di ade-renza. Anche la sicurezza non è stato trascurata, infatti, la eXa ha i sistemi ESP e ABS, 8 airbag e un nuovissimo sistema che controlla attraverso dei sensori di prossimi-tà l'ambiente circonstante della macchina per evitare collisioni. Prezzo e gamma La eXa è al top della gamma di au-to Avantis, insieme ai più sportivi eXa Sport Coupé, XC Coupé e Ca-brio CXR. In contrasto con alcuni altri grandi berline, il eXa ha limi-tato prezzi a partire da 25.000 € nella sua versione base a oltre 40.000 € per le versioni di alta gamma con motore V6. Non dobbiamo dimenticare che Avantis è un produttore di auto popolare, il che spiega i prezzi contenuti e le diverse versioni del modello della eXa. Se la eXa è di-ventata in questi ultimi anni un modello importante del brand, co-me la Estima o Climber, è proprio grazie a tutte le persone che so-stengono Avantis. :)

di Joce lyn Groizard

Avantis eXa Cross Tourer Mk3 2015

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BASI PER IL DISEGNO E LA PROGETTAZIONE

R ecentemente ho parteci-pato ai lavori di un con-vegno formativo sulla BIM a Roma e, per quan-

to possa sembrare fuori tema, pos-so assicurarvi che la necessità di trovare un sistema unificato an-che in campo informatico è più sentita che mai! Le IFC sono per la BIM l’equivalente dei primi stan-dard per la viteria in ambito mec-canico. La Storia si ripete, quindi... Se i sistemi di misura unificati sono stati l’embrione delle norma-tive si può ravvisare in Sir Joseph Withworth uno dei padri dell’at-tuale concetto di norma unificata. Withworth nacque in Inghilterra a Stockport, nel Cheshire, il 21 di-cembre 1803, figlio di un maestro protestante che curò la sua istru-zione, in casa, fino all'età di dodici anni. Completò i suoi studi con un biennio di avviamento professio-nale presso l'Accademia di Wil-liam Vint a Idle, nei pressi di Leeds

che lo formò anche sotto il profilo commerciale. A quattordici anni Joseph era un apprendista presso la filanda di cotone suo zio Joseph Hulse nel Derbyshire, con la pro-spettiva di diventarne quanto pri-ma socio. Era affascinato dalla meccanica e imparò rapidamente le tecniche della filatura. Compiuti diciotto anni lascia il mulino, con-tro la volontà della famiglia, per lavorare prima alla Crighton & Co. un'azienda mec-canica di Manche-ster, e poi per altri stabilimenti della zona come mecca-nico di banco. Nel 1825 si trasferisce a Londra per lavorare con Henry Maudslay, l’inventore del tornio per la viteria e uno dei primi a ri-conoscere l'importanza della stan-dardizzazione e intercambiabilità dei pezzi meccanici. Nel 1833 Jo-seph torna a Manchester ove avvia la sua impresa; la prima sede fu una piccola stanza di un mulino, che aveva preso in affitto e sul cui ingresso era affisso, con un certo orgoglio, il cartello "Joseph Whit-

worth, Tool-Maker da Londra". L'anno seguente si trasferisce in locali più ampi a Corlton Street rendendoli una vera e propria offi-cina munita di strumentazioni professionali. La rapida espansio-ne delle ferrovie creò una grande domanda di macchine utensili e Manchester poi era, contempora-neamente, sia il punto terminale della prima grande ferrovia pub-blica che il centro dell'industria

tessile britannica. Nel 1841 Whit-worth elabora un documento su un sistema standardizzato di filetta-ture, la cui adozione da parte delle imprese ferroviarie, che fino ad allora impiegavano svariati tipi di filettature, ha portato poi alla sua rapida diffusione e riconoscimen-to tanto da renderlo un vero e pro-prio standard: "British Standard Whitworth" o BSW. Nel 1880 With-wort aveva realizzato una S.p.A. e

II puntata

di Salvio Gigl io

Come nasce una Norma

Dalla Rivoluzione Industriale scaturirono migliaia e

migliaia di brevetti per ogni tipo di macchina e il caos

era totale per i i ricambi delle stesse. Era necessario

creare degli organismi normativi capaci di gestire ed

armonizzare con norme la produzione industriale

Sir Joseph Withworth e una stampa di uno dei capannoni dei suoi stabilimenti a Openshaw

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BASI PER IL DISEGNO E LA PROGETTAZIONE

Fig. 2 in alto, il sobborgo industriale di Manchester: Openshaw in cui Withworth aveva impiantato i suoi stabilimenti; a sini-stra il brevetto della troncatrice per viti di Withworth; a destra due immagini di Google Map dei binari ferroviari che collega-vano l’acciaieria alle officine di Withworth. Quando passavano i vagoni con i lingotti roventi veniva fermato il traffico.

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possedeva degli stabilimenti me-talmeccanici a Openshaw, il sob-borgo industriale di Manchester. Quasi cinquant’anni dopo, un altro inventore, Thomas Alva Edison, realizzò la prima lampadina elet-trica ad incandescenza che asso-ciò, nel 1881, ad una virola di fis-saggio dal particolare profilo filet-tato ad onda, per facilitarne la so-stituzione. Anche in questo caso siamo di fronte ad un elemento normalizzato ormai più che stori-cizzato. All’adozione delle norma-tive contribuirono anche eventi catastrofici come il disastroso in-cendio del 1904 di Baltimora che non fu possibile domare, nono-stante l’intervento di numerose squadre di pompieri provenienti dalle città vicine, perché gli attac-chi delle manichette delle pompe antincendio avevano dimensioni diverse da quelle locali. L’elevato numero di vittime e i danni incen-di suscitarono molta indignazione nell’opinione pubblica che lo Stato federale fronteggiò con un’ondata di interventi che prevedevano, tra l’altro, anche l’unificazione delle attrezzature dei vigili del fuoco.

Dando un’occhiata al nostro com-parto professionale scopriremo che nei decenni a cavallo tra Otto-cento e Novecento il settore del disegno tecnico aveva adottato, de motu proprio, dei principi di stan-dardizzazione, consistenti in grup-pi di alcune norme di rappresenta-zione fondamentali, che si erano ampiamente diffusi prima ancora che nascesse l’idea di creare degli enti unificatori. Mutuati dalle esperienze del disegno architetto-nico che, come abbiamo visto nella puntata precedente, aveva cono-sciuto uno sviluppo enorme a par-tire dal Quattrocento queste con-venzioni di rappresentazione ri-guardavano ora la produzione in-dustriale e il disegno meccanico. Si era giunti così a rappresentare e/o ad indicare: tutti i piani di sezione con cop-

pie di lettere maiuscole o minu-scole;

come “viste” i risultati delle proiezioni ortogonali;

con tratti misti a punto e linea gli assi di simmetria in luogo delle linee puntinate;

con diversi tipi di tratteggio i

vari materiali che comparivano nei progetti;

con rapporti metrici le scale dimensionali e sempre più rara-mente con i righelli grafici;

le filettature con un disegno più semplificato e simbolico;

le annotazioni con carattere in stampatello e non più in corsi-vo;

le quote nominali con le tolle-ranze;

le varie lavorazioni e il grado di finitura con simboli idonei, tra cui Ø per specificare il diame-tro;

La scoperta della cianografia e il suo sfruttamento per la copia dei progetti renderà inutile la colora-zione dei disegni e in suo luogo si ricorrerà a dei tratteggi scalati o a delle campiture nere per indicare, ad esempio, la cilindricità di un albero. Se gettate uno sguardo alla storia recente del disegno tecnico ne resterete sicuramente affasci-nati perché vi renderete conto di come tacitamente e non con i me-dia attuali del nostro villaggio glo-bale i professionisti del passato fossero giunti a delle conclusioni

BASI PER IL DISEGNO E LA PROGETTAZIONE

T. A. Edison lampadina elettrica ad incandescenza con virola filettata

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comuni dettate dalla praticità e dalla sempre maggior velocizza-zione dei processi produttivi sino ad arrivare ai nostri giorni in cui la concezione progettuale, con tutte le attenzioni e precauzioni ad essa dovute, deve esprimersi il più rapi-damente possibile per essere com-petitiva sul mercato. Breve storia degli enti di norma-zione Siamo in piena Rivoluzione Digita-le e bene o male tutti ci rendiamo conto che oggi l’informatica è an-cora in uno stato embrionale ed è governata per molti aspetti da un certo caos “calmo”. Il problema fondamentale consiste nel fatto che ogni software house, grande o piccola che sia, realizza dei pro-grammi “chiusi” che producono documenti consultabili solo da chi ha una copia di quel software. So-lo da pochi anni si parla di un si-stema open source, sempre più condiviso dalla comunità di pro-grammatori e dagli utenti, in grado di normalizzare con codice aperto gli standard informatici. La situa-zione non era molto diversa all’e-

poca della Rivoluzione Industriale: infatti, agli inizi del secolo scorso, lo stesso caos caratterizzava la produzione industriale non ancora codificata e regolamentata da standards normativi. Anno dopo anno nuovi sistemi produttivi per-mettevano di fornire sempre più rapidamente grandi quantità di oggetti “chiusi” le cui parti, cioè, non erano sostituibili se non con dei ricambi originali. I problemi legati alla reperibilità e ai costi della componentistica di ricambio di determinati beni, come veicoli, macchinari ed attrezzature pro-duttive, creava delle serie riper-cussioni anche sullo sviluppo del commercio internazionale dell’e-poca per diverse categorie mer-ceologiche. Del resto, se ci imme-desimiamo per un attimo con al-cune tipologie di consumatori di quel periodo, capiremo e condivi-deremo i loro timori nell’acquista-re dei beni prodotti all’estero che, anche se di caratteristiche supe-riori se paragonati a prodotti simili realizzati localmente, rischiavano di bloccare la propria produzione anche per guasti banali come l’u-

sura di un cuscinetto o la rottura di un ingranaggio. La volontà di rendere appetibili i propri prodotti, a fasce sempre più ampie di mer-cato, spinse a creare delle associa-zioni di aziende che, nei decenni successivi, si sarebbero trasforma-te in Enti pubblici nazionali per favorire lo sviluppo e la conse-guente adozione di norme sui pro-cessi produttivi, i prodotti e la re-lativa rappresentazione grafica progettuale. Successivamente sa-ranno le esigenze dei due conflitti mondiali a spingere l’industria all’adozione di standard normativi per consentire il reperimento di pezzi di ricambio per i veicoli mili-tari con maggiore efficienza e ra-pidità. Diamo un’occhiata ai certi-ficati di nascita dei principali or-ganismi normatori nazionali i cui standards alcuni di noi utilizzano, più o meno, quotidianamente. In Inghilterra fu il progettista della Tower Bridge di Londra, Sir John Wolfe-Barry, ad invitare il 22 gen-naio 1901 il Council of the Institu-tion of Civil Engineers a prendere in considerazione la fondazione di un comitato di standardizzazione

per determinare le principali tipo-logie commerciali delle sezioni dei profilati metallici. La proposta fu accolta con un certo entusiasmo e la prima riunione del Engineering Standards Committee si tenne il

BASI PER IL DISEGNO E LA PROGETTAZIONE

Tratteggi per rappresentazione dei materiali da un manuale tedesco del 1800

Sir John Wolfe-Barry 1836 –1918

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BASI PER IL DISEGNO E LA PROGETTAZIONE

26 aprile dello steso anno. Nel 1903 sorse poi il problema di indicare ai consumatori i prodotti standardiz-zati dal comitato che fu risolto con la creazione di un marchio regi-strato: il British Standard Mark che in seguito diventò famoso con il nome di Kitemark®. I lavori di

standardizzazione del comitato portarono non poche conseguenze benefiche nella produzione e nel commercio; ad esempio, fecero calare il numero delle sezioni dei profilati metallici da 175 a 113 ed elimino ben settanta tipi di scarta-mento per i binari dei tram ricono-scendone solo cinque. Durante la prima guerra mondiale gli stan-dard del comitato furono ampia-mente utilizzati dall’esercito e dal-la marina britannici. Nel 1918 la denominazione del comitato di-venta British Engineering Stan-dards Association mentre Il 22 aprile 1929 riceve il primo di due riconoscimenti ufficiali governati-vi i Royal Charter; il secondo gli sarà assegnato nel 1931, anno in cui assunse definitivamente la denominazione di British Stan-dards Institution. In Germania il Normenausschuss der Deutschen Industrie (Comitato di Normazione dell'industria tede-sca) nasce il 22 dicembre 1917 con il compito di standardizzare gli elementi più importanti delle macchine. Il suo primo standard, il DI-1 per le spine coniche, fu rila-sciato nel marzo 1918. Nel 1926 il comitato fu ribattezzato in Deu-tscher Normenausschuß (Comitato Tedesco di Normazione)

per giungere, infine, all'attuale de-nominazione di DIN da Deutsches Institut für Normung (Istituto te-desco per la standardizzazione) nel 1975. Negli USA l’American Engineering Standards Committee (AESC) fu

fondato il 14 maggio 1918 per l’ini-ziativa di cinque Società di Inge-gneria (AIEE, ASME, ASCE, AIME e ASTM) e tre agenzie governative. Nel 1928, l'AESC è rinominata American Standard Association (ASA). Nel 1931 l’ASA è affiliata con il Comitato Nazionale statunitense presso l’International Electrotech-nical Commission (IEC). Nel 1966, l'ASA viene riorganizzata e diven-ta United States of America Stan-dards Institute (USASI). Il nome attuale, American National Stan-dards Institute (ANSI), è stato adottato nel 1969. In Italia il 26 gennaio 1921 fu fon-data un’associazione privata che

aveva lo scopo di fissare “tipi uni-ficati” e che subito si poneva come organismo normativo nazionale: la UNIM, Unificazione dell’ Indu-stria Meccanica su iniziativa dell’allora Associazione Nazionale fra gli Industriali Meccanici e Affi-ni (ora ANIMA), della Confedera-zione Generale dell’Industria Ita-liana (ora Confindustria), del Co-mitato Nazionale Scientifico Tec-

nico (ora CNR), dell’Associazione Elettrotecnica Italiana (ora CEI). Il nome, neanche a dirlo, fu ideato non da un tecnico ma da Gabriele d’Annunzio che dopo aver consul-tato vari dizionari per la ricerca della traduzione del francese “normalisation”, dell’inglese “standardization” e del tedesco “Normung”, coniò il neologismo “Unificazione”. Nel 1930 l’UNIM si trasformò in UNI, cioè Ente Nazio-nale per l’Unificazione nell’Indu-stria. Il 20 settembre 1955 il DPR n.1522 riconosceva giuridicamen-te l’UNI. Lo statuto associativo, an-cora in vigore, è stato approvato con Decreto Ministeriale del 6 set-tembre 1991. Il riconoscimento dell’UNI, come Organismo nazio-nale italiano di normazione, da parte della CEE tramite Direttiva Europea 83/189/CEE del marzo 1983, recepita dal Governo Italiano con la Legge n. 317 del 21 giugno 1986.

Tra le prime istituzioni internazio-nali di normazione nasce, il 26 giugno 1906, la International Elec-trotecnical Commission IEC per il settore elettrico; originariamente allocata a Londra, la Commissione è poi trasferita, nel 1948, nella sede attuale di Ginevra.

Il Kitemark®

Il marchio DIN

Il marchio ASA

Il marchio UNI

Il marchio IEC

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BASI PER IL DISEGNO E LA PROGETTAZIONE

Da ISA ad ISO Per quel che riguarda la nascita degli enti normatori internazionali ho faticato non poco a trovare del-le notizie storiche interessanti ed attendibili fino a che non mi sono imbattuto nel bel lavoro di Willy Kuert “Friendship among equals”. Kuert era il delegato svizzero alla Conferenza di Londra del 1946 per la fondazione dell’ISO e, fortunata-mente, ha realizzato molti testi su questo argomento fornendo anche uno scenario storico molto detta-gliato. Per molti Paesi, come ab-biamo visto, la necessità di stan-dard e standardizzazioni si è co-minciata maggiormente a sentire verso la fine della prima guerra mondiale. Il periodo a cavallo tra i due conflitti mondiali è caratteriz-zato da una crescita costante dei mercati, specialmente a livello

regionale, che richiedeva sempre di più delle norme globali per pro-muovere il commercio di prodotti e servizi. Anche se questa esigen-za era ampiamente condivisa non se ne fece nulla fino al 1926, anno in cui ci fu il primo tentativo di formare una federazione Interna-zionale delle Associazioni nazio-nali di Standardizzazione (ISA) a New York con i seguenti Paesi: Austria, Belgio, Canada, Cecoslo-vacchia, Francia, Germania, Giap-pone, Italia, Norvegia, Regno Unito, Olanda, Svezia, USA. Nonostante la presenza sulla carta dei rappre-sentanti di Paesi che utilizzavano i due principali sistemi di misura, quello metrico e quello anglosas-sone, le attività dell’ISA erano fo-calizzate sullo sviluppo di stan-dard metrici europei anche perché i rappresentanti di Stati Uniti e

Canada non vi avevano mai parte-cipato e la Gran Bretagna si era unita ai lavori solo poco prima del-lo scoppio della seconda guerra mondiale. Kuert per descrivere i risultati deludenti di quel periodo iniziale riporta le affermazioni ri-lasciate, durante un’assemblea generale dell’ISO del 1976, da uno dei fondatori dell'ISA, il norvegese K. Heidelberg: "…non ha mai soddi-sfatto le nostre aspettative […] i bollettini informativi non erano mai più di un solo foglio di carta stampata… ". D'altra parte Heidel-berg, nello stesso intervento, sot-tolinea anche che l'ISA servì da prototipo per l’attuale struttura organizzativa dell’ISO che rispon-de ancora a quell’organigramma di Fig. 11. Gli interessi divergenti tra le delegazioni dei Paesi anglosas-soni e quelli europei rallentarono

Organigramma creato per ISA nel 1926 e ancora in vigore in ISO

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BASI PER IL DISEGNO E LA PROGETTAZIONE

I 65 delegati che parteciparono ai lavori della storica conferenza di Londra in cui fu fondata ufficialmente l’ISO

Il frontespizio di “Friendship among equals” (amicizia tra simili) e il suo autore Willy Kuert delegato svizzero alla Conferenza di

Londra

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enormemente i lavori dell’organiz-zazione a partire dall’ubicazione della sede del Segretariato Genera-le che, solo nel 1928, fu indicata nella città di Praga anche se si rivelò assolutamente una scelta felice per via dei tra-gici imminenti svi-luppi della seconda guerra mondiale. In-fatti l’esercito tede-sco che aveva ormai occupato la Cecoslo-vacchia non vedeva di buon occhio un’or-ganizzazione che aveva tra i suoi iscritti i delegati dei Paesi dello schieramento nemico e cominciò ad osteggiare e a fare sempre maggiori pressioni sulla Segreteria Generale. Per quanto possa sembrare incredibile in quel periodo l’ISA fu, di fatto, portata avanti dagli sforzi del solo Segre-tario Generale: Huber Ruf, un inge-gnere svizzero che gestì, con il so-

lo l'aiuto della sua famiglia dalla sua casa di Basilea, la redazione, la traduzione e la riproduzione di documenti. Nonostante tutto il Presidente, nel 1939, si vide co-stretto ad interrompere le attività e

proporre un voto sulla questione di trasferire l'Organizzazione in Sviz-zera, essendo questo un Paese neutrale. Quasi verso la fine della seconda guerra mondiale, nel 1944, alcune organizzazioni statuniten-si, canadesi e britanniche fondano lo United Nations Standards Coor-dinating Committee (UNSCC) che,

come Kuert ricorda, “era aperto ai soli Paesi alleati” dando così piena egemonia ai Paesi anglosassoni. Alla fine del conflitto si avevano così due organizzazioni, di fatto contrapposte, con alcun peso sul

piano internazionale. Fu così che si decise nel corso di una Con-ferenza tenutasi a Londra dal 14 al 26 ottobre del 1946 di creare, finalmente, un unico organismo operante a livello mondiale nel settore

della standardizzazio-ne. Ai lavori partecipa-

rono 65 delegati provenienti ora da ben 25 Paesi e il 24 ottobre nasce-va così l’ISO: International Organi-zation for Standardization che, appena cinque anni dopo, pubbli-cava il suo primo standard dal tito-lo "Temperatura di riferimento standard per la misurazione indu-striale della lunghezza".

BASI PER IL DISEGNO E LA PROGETTAZIONE

Questo grazioso cottage ospitava, nella veranda, i primi uffici del Segretario Generale dell’ISO

Della storica sede di Praga dell’ISA resta solo questa targa

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CINEMA E ANIMAZIONE

Humandroid

H umandroid (Chappie) è un film del 2015 scritto e diretto da Neill Blomkamp e prodotto

dalla Warner Bros; è la versione ci-nematografica del cortometraggio Tetra Vaal del 2004, scritto e diretto dallo stesso Blomkamp. Le riprese del film sono iniziate nell'ottobre 2013 a Johannesburg, in Sudafrica, terminando nel febbraio 2014. Il pri-mo trailer è diffuso il 4 novembre 2014; quello italiano il 10 dicembre. Distribuito nelle sale cinematogra-fiche statunitensi a partire dal 6 marzo 2015, in quelle italiane è arri-vato 9 aprile. Johannesburg, 2006. In una città dove aggressioni, omicidi, rapine e regolamenti di conto sono ormai all’ordine del giorno, le forze dell’or-dine decidono di servirsi di robot umanoidi per combattere il crimi-ne. Gli Scout, questo è il nome degli androidi, sono stati costruiti dalla Tetravaal e ideati dal giovane inge-gnere indiano Deon Wilson, dedito da tempo agli studi sull’intelligenza artificiale. Gli Scout sono program-mati per rispondere agli ordini umani, interagendo perfettamente con i poliziotti durante le loro ope-razioni: il sogno di Deon, però, è quello di dotare questi androidi di una vera e propria coscienza ma viene osteggiato sia da Michelle Bradley, presidente dell’impresa interessata solo al profitto, che da Vincent Moore, ex militare e collega invidioso che vorrebbe proporre, in alternativa agli Scout, Moose, una vera e propria macchina da guerra manovrabile con un casco neurale. Quando Deon decide di rubare il robot Chappie dal magazzino degli oggetti da rottamare per tentare di

programmare un chip che lo possa umanizzare, tre criminali, Yolandi, Ninja e Amerika, in debito con un gangster locale, decidono di rapire Deon, e con lui Chappie, per convin-cerlo a “spegnere” i suoi robot. In realtà, si troveranno alle prese con un droide che è ancora “bambino” e che ha tutto da imparare e che vor-rebbero impiegare per i loro loschi crimini. Chappie diverrà l’unico androide capace di pensare, capaci-tà che lo fa apparire pericoloso per l’uomo e che darà vita ad una spietata caccia al robot con lo scopo di sterminarli definitiva-mente. Ambientato nei bassifondi di una futura Johannesburg, il film vede tra i protagonisti un insolito Hugh Jackman nel ruolo antagonista del perfido Vincent e Sigourney Wea-ver in quello stereotipato della spie-tata industriale Michelle; ai tre cri-minali prestano il volto il gruppo rap dei Die Antwoord (Yolandi e Ninja) e Jose Pablo Cantillo (Amerika). I tre “cattivi”, ma poi non tanto cattivi, diventeranno una sor-ta di genitori adottivi del robot “bambino”: le loro scene con questo figlio al titanio che da un lato viene educato con pazienza e tenerezza e, dall’altro, sfruttato e ingannato, so-no il cuore del film e la sua parte migliore. Deon Wilson è interpreta-to dall’ottimo Dev Patel, già prota-gonista di The Millionaire, mentre l’”invisibile” Sharlto Copley dà voce e motion capture all’androide Chap-pie e, benchè sia convertito digital-mente in un personaggio al titanio, l’attore sudafricano, grazie alla sua grande performance fisica, dà una vera credibilità umana a Chappie perché, oltre alle movenze e posture

meccaniche, regala all’androide gesti molto “umanizzati”. Di fatto, l’indovinato design di Chappie, col particolare delle orecchie che ag-giungono espressività a un volto in apparenza incapace di mostrare emozioni, lo rendono il personaggio più simpatico del film. La creazione di Humandroid ha avuto inizio, per il regista appassio-nato di effetti speciali, circa 10 anni fa con la realizzazione di un promo intitolato Tetra Vaal. Gli effetti visi-

vi del film sono curati dalla Image Engine che ha sede a Vancouver e che è nota per aver collaborato per la serie Stargate SG-1 e per essere stata candidata al Premio Oscar per i migliori effetti speciali nel 2010 per il film District, sempre di Blomkamp. Con Humandroid ha collaborato anche la Weta Work-shop, una compagnia neozelandese che fornisce materiale di scena e servizi cinematografici, particolar-mente specializzata nella realizza-zione di scenografie e produzione di effetti speciali di tipo fisico come miniature e modellini. La sua noto-rietà ha raggiunto l’apice con la rea-lizzazione degli effetti per la trilo-gia de Il Signore degli Anelli di cui ha prodotto i set, i costumi, il truc-co, le creature e le miniature, noto-rietà confermata, nel 2009, con un altro film di grande successo, Ava-tar. Tornando a Chappie, Blomkamp lo ha progettato nel 2003 in Lightwave 3D, prendendo spunto da disegni manga e anime giapponesi. Light-Wave 3D è un programma di com-

di Nunzia Nul lo

“Ogni bambino viene al mondo pieno di promesse e CHAPPIE non è da meno: dotato, speciale, un vero prodigio. Come ogni bambino, CHAPPIE verrà influenzato da chi lo circonda - nel bene e nel male - e farà affida-mento al suo cuore per trovare il proprio posto nel mondo e diventare l'uomo che ha sempre voluto. Ma c'è una cosa che rende CHAPPIE di-verso da tutti gli altri: lui è un robot. Il primo robot capace di pensare e provare sentimenti autonomamente. La sua vita, la sua storia, cambie-ranno il modo di vedere rispetto ad umani e robot per sempre.”

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puter grafica per la modellazione 3D e l’animazione ed è noto per le sue eccellenti capacità di rendering e l’interfaccia inusuale in cui non appaiono icone ma solo dei grandi pulsanti etichettati. Rispetto ai più famosi 3D Studio Max e Maya ha delle mancanze ma la versione 9 ne ha eliminate almeno tre importanti fornendo una struttura a Nodi per i materiali ed un più efficiente algo-ritmo di Subpatching. Infine, il pro-blema di fornire motori di rende-ring alternativi è stato risolto trami-te FPrime, un componente addizio-nale a pagamento che aggiunge funzionalità. Per ulteriori dettagli sul programma consultare: http://it.wikipedia.org/wiki/

LightWave_3D E’ chiaro che Blomkamp, futuro re-gista del prossimo episodio della saga di Alien, si è molto divertito a realizzare Humandroid e lo ha sfruttato per prepararsi al meglio per questo progetto molto più impe-gnativo. Humandroid è chiaramen-te un omaggio, per riferimenti te-matici ed estetici, al film Robocop, che è molto amato dal regista, ma anche, tanto per citarne qualcuno, a Corto circuito e Il tagliaerbe. Tutta-via, alla fine, la riflessione esisten-ziale ha il sopravvento sull’action: il “tenero” Chappie, costruito in tita-nio e quindi indistruttibile, ha però una data di scadenza data dalla sua batteria difettosa e limitata. Ed è

toccante il momento in cui questo androide capisce ciò chiedendosi cosa sia la coscienza e se è possibi-le trasferirla altrove quando il pro-prio corpo cessa di funzionare. Hu-mandroid è dunque un’opera in cui vengono toccati temi importanti come l’immortalità, la tangibilità della coscienza, il libero arbitrio, l’umanizzazione delle macchine, i progressi della robotica ma anche i rapporti tra genitori e figli e la vio-lenza. Chappie, alla fine, è la realiz-zazione del sogno di molti scienzia-ti e autori di fantascienza: un robot dall’intelligenza artificiale ma che parla, pensa e soffre come un esse-re umano.

CINEMA E ANIMAZIONE

Il protagonista del film, Chappie, in due momenti del film

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D efinire Ettore Sottsass semplicemente e cano-nicamente una figura eclettica e poliedrica, è

veramente riduttivo dal momento che questo protagonista della sce-na artistica ed architettonica ita-liana sfugge a qualsiasi etichetta-tura e classificazione. Ben ses-sant’anni di carriera che lo hanno visto designer, architetto, urbani-sta, pittore, viaggiatore, fotografo. Costantemente impegnato a capire la sua anima più profonda ha at-traversato i maggiori trend cultu-rali dello scorso secolo: Razionali-smo, il Movimento Arte Concreta, lo Spazialismo, la cultura Pop. Sintesi biografica Architetto e designer, Ettore Sott-sass junior nasce in Austria a Inn-sbruck nel 1917 da Antonia Peint-ner e dall'architetto Ettore Sott-sass senior. Dopo gli studi liceali si laurea in architettura al Politecni-co di Torino nel 1939 e successiva-mente affronta un periodo di ap-prendistato che si concluderà, nel 1947, con l’apertura del suo primo studio di design a Milano ove co-mincia a collaborare con Giuseppe Pagano. Il gruppo MAC con cui partecipa alla prima collettiva di Milano (Movimento di Arte Con-creta) lo accoglie come pittore nel 1948. È tra i promotori della mostra sull’Arte astratta in Italia tenuta a Roma nello stesso anno e pochi mesi da questo evento aderisce allo Spazialismo. Sottsass Lavora con vari materiali come la cerami-ca, lo smalto su rame, la gioielleria e il vetro con cui, nel 1975, realizza

alcune opere eseguite in un limita-to numero di copie per Artemide dalla vetreria muranese Vistosi. Sergio Cammilli, nel 1957, lo nomi-na art director della sua azienda Poltronova ad Agliana. E’ il 1958 quando Sottsass inizia la sua col-laborazione con la Olivetti occu-pandosi del settore computer de-sign al fianco di Marcello Nizzoli, di cui sarà successore dopo il riti-ro. Olivetti e Sottsass sono un bi-nomio di eccellenza che durerà per circa 30 anni facendo nascere uno sti-le tutto nuovo per i pro-dotti da ufficio dell’a-zienda di Ivrea. Gli esempi più belli della produzione di Sottsass sono sicuramente le cal-colatrici Summa-19, Di-visumma 26 e Logos 27 (1963), le macchine da scrivere Praxis 48 (1964) e Valentine (con Perry King) e il sistema di mo-bili per ufficio Synthesis (1973). Il progetto più importante è stato il computer mainframe Elea 9003 (1959), grazie al quale vinse il Compas-so D'Oro nel 1959. Nel 1972 è al MoMA di New York come partecipante alla mo-stra Italy: the new domestic landscape. Quattro anni dopo rice-ve una laurea honoris causa al Royal College of Art di Londra, do-po essere stato impegnato in un lungo tour di conferenze in Inghil-terra. nel 1979 partecipa al Design Forum di Linz con il gruppo Alchi-mia, presentando tre lavori: Seg-giolina da pranzo, la piantana Svincolo e il tavolino Le strutture tremano. Nel 1980 fonda lo studio Sottsass Associati insieme ad Aldo Cibic, Matteo Thun, Marco Zanini e

Marco Marabelli. Il 1981 è l’anno della fondazione del gruppo di ar-chitetti Memphis assieme a Hans Hollein, Arata Isozaki, Andrea Branzi, Michele de Lucchi tra i no-mi più noti. Realizza l'edificio con-dominiale di viale Roma a Marina di Massa, del 1985, rappresenta una vera sintesi della sua partico-lare concezione architettonica ric-ca di soluzioni originalissime per aumentare il comfort degli abitan-

ti. Nel 1988 fonda insieme a Barba-ra Radice, Christoph Radl, Anna Wagner e Santi Caleca il magazine Terrazzo che si occupa di architet-tura e design fino al 1996, anno del tredicesimo e ultimo numero. Il maestro muore all'età di no-vant'anni nella sua abitazione mi-lanese il 31 dicembre 2007 per uno scompenso cardiaco avvenuto du-rante un'influenza. La poetica multiverso di Sottsass Sottsass è stato anche particolar-mente legato alla letteratura ed ai

DESIGNER’s STORY

Ettore Sottsass

di Salvio Gigl io

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DESIGNER’s STORY

Olivetti Summa 19 Olivetti Divisumma 26

Olivetti Praxis 48 Olivetti Logos 27

Olivetti, mobili per ufficio serie sistema 45 Olivetti Valentinae

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DESIGNER’s STORY

Due immagini del computer mainframe Olivetti Elea 9003, grazie al quale Sottsass vinse il Compasso D'Oro nel 1959

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DESIGNER’s STORY

poeti della Beat Generation. Incon-trerà molti di essi nel corso della sua vita a San Francisco: Jack Ke-rouac, Lawrence Ferlinghetti, Neil Cassady, Gregory Corso, e soprat-tutto Allen Ginsberg. Di questo au-tore Sottsass elegge il poema Howl (L’Urlo) come una sorta di manife-sto della sua poetica progettuale, intravedendo in quella sensoriali-tà pura e incontaminata, che ani-ma l’opera di Ginsberg, l’origine inusitata di realtà oggettive ove era impensabile ci fossero semi radici e sotto strutture. Era amico suo e di sua moglie la scrittrice e poetessa Fernanda Pivano il gran-de Ernest Hemingway. La ric-chezza delle sue esperienze con-

tribuisce a definire il profilo parti-colarissimo di Sottsass, che come scrivevo in apertura sfugge ad una codificazione precisa in quanto è un artista multiverso, capace di contaminare il suo mestiere di architetto con apporti provenienti da diverse discipline e sorgenti culturali. Le sue innumerevoli col-laborazioni con giovani talenti, nel corso della sua lunga carriera, hanno creato poi dei nomi inter-nazionalmente noti nel mondo del design e dell'architettura di cui James Irvine è solo un esempio. Mostre e riconoscimenti Innumerevoli sono stati i tributi alla tanto prolifica attività di Sott-

sass in termini di mostre persona-li tra cui emergono: le due mostre personali del 1994 e del 2003 al centro Georges Pompi-dou di Parigi; la mostra al Centro per l'arte con-temporanea Luigi Pecci di Prato del 1999; la mostra del Suntory Museum di Ōsaka del 2000, le due mostre curate da Milco Car-boni al Museo d'Arte Decorativa di Colonia nel 2004 e quella al MART di Rovereto nel 2005.

Da sinistra, la piantana Svincolo, la Seggiolina, il tavolino Le strutture tremano, le lampade Ultrafragola e Asteroide e il vaso Shiva

Ettore Sottsass e la moglie Fernanda Pivano, sua musa ispiratrice

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INTERVISTA

Juan Gonzalez Gomez

C iao Juan. Benvenuto su CADZINE. Presentati ai nostri lettori. Salve! Sono un ricercato-

re di robotica, ma mi piace definir-mi sia come un hacker che come maker. Credo molto nello spirito di condivisione Open Source delle informazioni. Attualmente sto la-vorando a bq, una società spagno-la dedicata alla vendita di disposi-tivi multimediali e stampanti 3D. Ho 42 anni. Il mio nick è Obijuan. Viene da Obi Wan + Juan (sono un fan di Star Wars). Non passa un giorno che uno o più

dei tuoi post stupendi sono su Google Plus.... Cosa hai studiato per raggiungere questo livello di bravura con la tecnologia? Beh, in primo luogo dal mio per-corso formativo: sono un ingegne-re delle telecomunicazioni (C.d.L di sei anni), Master in Informatica (2 anni) e Dottorato di Ricerca in Robotica (4 anni). Ora per me la cosa più importanti è: imparare costantemente. Non ho acquisito le conoscenze sui robot stampabi-li, le stampanti e la progettazione 3D studiando. Queste cose le ho imparate da solo, grazie alla Co-munità e ad internet! Tutto il sape-re è lì e questo grazie alle persone. Questo è il motivo per cui io credo nell’Open Source. Alla gente piace condividere la conoscenza. La gente vuole condividere questo!

Quando hai cominciato ad interes-sarti di automazione e robot? Da quando avevo 5 anni. Mi piac-que moltissimo la serie TV anime il Mazinga Z :-) Da allora, sono sta-to ossessionato dai robot. A quel tempo non c'era internet. Sono cresciuto senza internet e con quasi nessuna possibilità di acce-dere alle conoscenze tecnologi-che. Per questo motivo, quando ho scoperto l’Open Source e i sistemi Gnu / Linux mi sono veramente innamorato di questi. Tutto il codi-ce sorgente era finalmente dispo-nibile! Tutta la conoscenza era lì!! Noi abbiamo gli stessi ideali per la divulgazione tecnologica; ti sei mai occupato di insegnamento e formazione? :-) No. Mi piace molto imparare

Conosco Juan via Google Plus ed in particolare il suo straordinario ed immenso lavoro di divulgazione in nome di

un convinto e militante principio Open Access che me lo ha reso simpatico sin da subito… Quando ho tradotto l’in-

tervista ho realizzato ancora una volta che Google Plus e il Web sono luoghi meravigliosi e pieni di persone straor-

dinarie...

di Salvio Gigl io

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INTERVISTA

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INTERVISTA

cose nuove e poi insegnarle alle persone. Trascorro il mio tempo facendo tutorial e materiale gra-tuito per l'insegnamento. Ma io insegno solo applicazioni Open Source e Open Hardware. Dalla tua pagina di profilo leggo che sei un maker e che print, con una RepRap, pezzi di robot... Che modello di stampante RepRap hai? Sono stato coinvolto nel mondo della stampa 3D solo perché vole-vo stampare dei robot! :-) Ho 4 stampanti RepRap a casa: 2 Prusa I2 e 2 Prusa I3 Efesto E’ stato difficile mettere insieme tutti pezzi della RepRap? Quanto tempo ci hai messo? Ho montato la mia prima RepRap nel 2011. E 'stato un compito piut-tosto complesso. Mi ci è voluto circa un mese. La parte più diffici-le è stata quella di trovare tutti i componenti. Ho stampato tutte le parti della mia Makerbot Cupcake (che all’epoca erano open source). Quale software di modellazione 3D usi per i tuoi modelli da stampare? Io lavoro solo con il software Open Source. So che ci sono applicazio-ni proprietarie più potenti... ma non sono Open Source e sono pen-sate in modo che nessuno possa leggere il loro codice sorgente e modificarlo. Con FreeCAD posso farlo. Posso migliorare il software. La Comunità lo può migliorare… Cosa manca ancora alle stampanti 3D, come saranno secondo te le stampanti del futuro? Le stampanti FDM attuali sono piuttosto lente e la loro qualità di stampa è appena sufficiente. Ma è solo l'inizio. Penso che il futuro è delle stampanti DLP Open Source che potranno offrire, potenzial-mente, alta qualità e velocità allo stesso tempo.

Quale MCU usi per i tuoi robot? Conosci Arduino? Atmel MCU con schede Arduino compatibili. La Comunità è così grande... ci sono così molte cono-scenze disponibili... Usi qualche CAD particolare per sviluppare i tuoi PCB? Se si, quale? Sì. Ancora una volta, solo il soft-ware Open Source. Sto usando KiCAD, che è anche uno degli stru-menti di progettazione utilizzati dal CERN di Ginevra. Come si possono migliorare le pro-prie conoscenze di meccaniche for the robotica? Studiando e realizzando i progetti pubblicati da altri utenti :-) Infatti, grazie alla rete e alle stampanti 3D, le parti possono essere tele-copiate da un luogo all'altro, in un tempo molto breve. Cosa ne pensi dei Social Net-works? Mi piacciono davvero molto :-) So-no incredibili per la condivisione delle conoscenze e per imparare cose nuove dagli altri Quando ti sei iscritto su Google Plus? E’ il tuo Social preferito? Non ricordo bene… ma credo che sia stato nel 2011. Mi piace molto Google+. I miei due social network preferiti sono Twitter e Google+ Una domanda ad cittadino euro-peo... Cosa ne pensi dell'UE? E' cambiato qualcosa in meglio o è rimasto tutto uguale a prima? Non mi piacciono i politici ma mi piace la gente. Credo che le perso-ne dovrebbe essere in grado di muoversi da un Paese all'altro senza essere filtrati da frontiere. Prima dell'UE, l'attraversamento delle frontiere era un vero dolore. Anche avere la stessa moneta è, secondo me, un grande vantaggio per il commercio e gli spostamenti ma il problema restano i politici:

non lavorano per le persone ma solo per i potenti. Cosa consiglieresti ad un ragazzo appassionato di tecnologia ma che è solo un principiante? Costruire cose. Utilizzare il soft-ware Open Source. Condividere le proprie conoscenze. Non lamen-tarsi solo della qualità di un'appli-cazione Open Source dal momento che basta scaricare i suoi sorgenti per migliorarla! Fare parte della Comunità. Utilizzare Github :-)

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MATEMATICA & DINTORNI

Come calcolare l’area di una nuvola (e la ma-gia dell’infinito)

V oglio partire con un sa-luto per i lettori di CAD-ZINE e presentarmi un attimino… Sono nato a

Napoli nel 1970, sono laureato in Matematica ed Informatico di pro-fessione, da sempre appassionato di tecnologia e di Internet, di sport e di ecologia, di cinema e di libri... Mi piace mischiare le mie passio-ni e da questi minestroni nascono progetti come il mio sito faC-Cebook.eu

La nuvola, la regina delle forme irregolari Immaginiamo una nuvola: è, per definizione, la regina delle figure irregolari. Supponiamo di volerne calcolare l’area, cioè misurare la superficie che occupa in cielo. Un buon metodo è ricoprire l’intera

nuvola con una serie di mattonelle quadrate la cui area è nota, ipotiz-ziamo di un metro quadro. Se riu-scissimo a foderare la nuvola uti-lizzando – ad esempio 50 matto-

nelle – potremmo affermare che l’area della nuvola vale, più o me-no 50 metri quadrati. L’errore dipende dal numero di mattonelle La stima è imprecisa: l’errore che si commette è dovu-to all’approssimare l’area della nuvola (di forma irregolare) come somma di aree di figure regolari (le mattonelle quadrate). La differen-za (lo scarto) diminuisce se utiliz-ziamo piastrelle di dimensioni mi-nori che, però, implica incremen-tare il numero di elementi da usa-re. L’errore, quindi, dipende dal numero di piastrelle a disposi-zione: esso tende a zero (ma in realtà non è mai nullo) con l’au-mentare della quantità di matto-nelle.

E se usassimo infiniti granelli di sabbia? La sfida è avvincente e desideria-mo migliorare la stima: passiamo dalle mattonelle a piccoli granelli di sabbia. Supponiamo che sia no-ta l’area del singolo e microscopi-co granello di sabbia (ad esempio, un millimetro quadrato): con un po’ di impegno, riusciamo a rive-stire l’intera nuvola (anche nei contorni) con una certa precisione con un numero altissimo di chic-chi (altissimo ma sempre finito!). Più alto sarà questo numero, più

di Mario Monf reco la

Dalla soffice forma di una nuvola rica-viamo il suo profilo con un bordo rosso che ci servirà per il nostro esperimento

Nuvola coperta da un numero basso di mattonelle (errore alto).

Più si infittisce il numero di mattonelle più diminuisce l’errore

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Ricoprendo la nuvola con un numero elevatissimo ma finito di granelli di sabbia la misurazione della superficie risulta molto più precisa anche se presenta un errore non nullo.

MATEMATICA & DINTORNI

precisa sarà la nostra misurazio-ne, minore sarà l’errore che si commetterà nell’approssimare l’area della nuvola come sommato-ria di arie infinitesimali. Se – per assurdo – avessimo a disposizione un numero INFINITO di granelli di sabbia, potremmo ricoprire l’intera superficie della nuvola in modo uniforme, senza “buchi” e calcola-re precisamente la sua area come somma di infinite aree: tale misu-razione sarebbe esatta con errore

zero. Il limite, magia dell’Analisi Mate-matica Il paradosso è servito: nella realtà non abbiamo a disposizione l’infi-nito, ci dobbiamo accontentare dei “miliardi” che – seppure siano un valore illimitato – è pur sempre finito, cioè possibile da contare (in teoria). Per nostra fortuna, il mon-do Matematico, a differenza di quanto si immagini, è magico e

fantasioso e tutto diventa possibi-le, anche toccare con mano l’oriz-zonte. Lo strumento che ci per-mette di raggiungere il confine tra terra e mare è appunto il LIMITE. Per chi desidera sognare, consiglio la lettura della favola di Tau il To-pologo. http://www.faccebook.eu/download/tau_topologo_FrancoGhione.pdf

Proviamo adesso a ricoprire la nostra nuvola con un numero infinito di granelli di sabbia in modo tale che essa non presenti assolutamente alcun buco. A questo punto il limite ci permetterà di calcolare esattamente, senza errori, la superficie della nostra nuvoletta.

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MUSICA

I l dramma per musica, nato nel 1600 sull'impulso del Re-citar Cantando, si sviluppa come spettacolo di corte da

rappresentarsi nelle occasioni im-portanti, destinato quindi ad una platea esclusiva e circoscritta a quello specifico evento. Nel 1637, con l'inaugurazione a Venezia del primo teatro pubblico, il Teatro San Cassiano, il melodramma di-venta spettacolo indipendente, rappresentato e replicato fino a quando c'è un uditorio disposto a pagare per assistervi. A questo spettacolo collaborano più artisti, il poeta, il musicista, lo scenografo che realizzano quell'unicità espressiva, la teatralizzazione de-gli affetti e delle emozioni, allo scopo di meravigliare, commuove-re e avvincere il pubblico. Nel Sei-cento, il melodramma gode di un

successo straordinario e la musi-ca, come espressione del periodo barocco, prende il sopravvento sulle parole riducendo le funzioni del testo a pura vocalità. Durante il Settecento, in Italia, gli ideali este-tici e poetici dell'Accademia dell'Arcadia spingono verso una riforma del genere, volta ad otte-nere lo snellimento delle forme e la restituzione al testo di una mag-giore dignità: da ciò quindi la crea-zione del libretto come genere a sé stante. Tra le modifiche apportate dai poeti arcadici al dramma mu-sicale serio italiano abbiamo la semplificazione della trama, la soppressione dei soggetti comici, la riduzione del numero delle arie, la tendenza all'isometria, la predi-lezione per le trame del teatro tra-gico antico e per quello francese moderno. Tra i maggiori esponenti dell'Accademia dell'Arcadia, Pietro Metastasio, più di ogni altro, riesce a mediare testo e musica, esaltan-do il fascino dello spettacolo: sem-plifica e nobilita le forme, elimina

le parti buffe perché sono in con-trasto con gli affetti galanti e le rigide categorie formali dell'aristo-crazia settecentesca, lascia spazio alla bravura dei cantanti conferen-do importanza all'aria col da capo. I soggetti dei melodrammi sono quelli tipici del genere, derivati dalla storia antica e dal mito; i suoi “drammi per musica” e le “azioni teatrali” vengono musicati da Händel, Hasse, Jommelli, Gluck, Mozart e molti altri ancora. Pietro Metastasio (Roma 1698 - Vienna 1782), pseudonimo di Pietro Tra-passi, ottiene il suo primo grande successo nel 1724 con il melo-dramma Didone abbandonata; altri lavori andati in scena a Roma in quegli anni sono: Catone in Utica, Semiramide riconosciuta, Alessan-dro nell'Indie, Artaserse. Nel 1730, Metastasio si trasferisce alla corte di Vienna come poeta cesareo e vi rimane per il resto dei suoi giorni; nel decennio fino al 1740 scrive le sue opere migliori, tra queste ri-cordiamo in particolare: Demetrio,

di N ico la Amalf i tano

Pietro Metastasio: innovatore del melodramma settecentesco

Pietro Metastasio, dettaglio da un ritratto di Pompeo Batoni (collezione privata)

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MUSICA

Frontespizio dell’Artaserse di Hasse

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MUSICA

Adriano in Siria, Olimpiade e De-mofoonte, La clemenza di Tito, e l'azione sacra Betulia liberata. Me-tastasio fissa i contenuti del libret-to: idillio, tragedia, moralità, suc-cessione tra finzione e realtà; defi-nisce anche il comportamento dei personaggi come, ad esempio, le loro entrate e uscite dalla scena e indirizza il testo verso l'armonia delle parole. Assegna funzioni specifiche alle arie e ai recitativi: le prime esprimono la commozio-ne rispetto a un fatto della vicen-da, i secondi sono il momento di riflessione dei personaggi rispetto agli avvenimenti rappresentati. I tratti distintivi del suo stile sono individuabili nella sospensione narrativa, negli equivoci, nelle sor-prese continue; i diversi “affetti” che straziano i personaggi, esita-zioni, interrogativi, dubbi, rimorsi, conflitti tra istinto e ragione, sono accuratamente intrecciati ed equi-librati in una continua e netta con-trapposizione fra i due elementi divenuti i pilastri dell’opera seria: i

recitativi in versi sciolti per i mo-menti dinamici con funzione di narrazione e dialogo, le arie in strofe rimate per esprimere le pas-sioni, gli affetti di un personaggio, a conclusione di un'azione o di una situazione scenica. Il linguag-gio lirico, chiaro e immediato, fa-cilmente comprensibile, mira alla musicalità del testo per garantire l'armonico equilibrio tra musica e testo. Inoltre, a differenza dei me-lodrammi del Seicento, nei quali i recitativi, gli ariosi e le arie si al-ternano secondo l'esigenza dell'a-zione o del gusto dell'autore, Meta-stasio stabilisce regole ben preci-se, per cui la scena è costituita da due parti: prima il recitativo, con il quale viene esposta l'azione dram-matica, poi l'aria attraverso la qua-le l'attore principale dà voce all'e-spressione dei sentimenti. L'attore assolve a un duplice ruolo: nella prima parte è personaggio del dramma quando dialoga con gli altri personaggi; nella seconda parte è soggetto che esprime sen-

timenti ed emozioni proprie. Lo schema di alternanze tra momenti dinamici e statici prestabilisce che la tensione emotiva accumu-lata nel recitativo trovi nell'aria la sua naturale definizione, il suo sfogo e così, in questa specie di accomodamento, l'azione e la mu-sica possono convivere sviluppan-dosi liberamente nel proprio ambi-to. Ovviamente l'aria riveste il ruo-lo principale, mentre i recitativi, i brani d'insieme e strumentali han-no funzioni di sostegno e di con-torno, diventando quindi l'unità fondamentale del melodramma. Da questo momento in poi l'aria assume sempre più importanza e i cantanti con essa; si giunge così ad una situazione di predominio di questi ultimi che spesso affianca-no il compositore nella creazione dell'opera.

Ritratto di Pietro Metastasio e fondale per "Angelica vincitrice su Alcina"

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NEW HARDWARE FOR CAD

B en tornati al nostro ap-puntamento mensile con le nuove tecnologie hardware per il CAD. In

questa puntata ci occuperemo di una realizzazione di una tecnica per il rilievo di oggetti di qualsiasi ordine di grandezza alquanto rivo-luzionaria ed economica poiché basata quasi interamente sulle immagini provenienti da una sem-plice fotocamera digitale. Per certi tratti questa tecnica discende dal-la fotogrammetria di cui daremo, per i lettori che non sono propria-mente degli addetti ai lavori, una definizione sintetica: FOTOGRAMMETRIA (fo·to·gram·me·trì·a/ sostantivo femminile) Metodo di rilevamento della planimetria e altimetria di un terreno, consistente nella ripresa di più fotografie del terre-no eseguita, da aerei o satelliti, con spe-ciali apparecchi che consentono di tra-durre i fotogrammi in una proiezione quotata della zona fotografata.

La fotogrammetria classica ha for-nito a intere generazioni di proget-

tisti ottime cartografie territoriali cartacee da cui, dopo aver acquisi-to una certa pratica, si potevano facilmente dedurre le connotazio-ni essenziali di un territorio in ter-mini di quote di livello, insedia-menti abitativi, infrastrutture, ecc. Dopo la seconda guerra mondiale con la determinazione dei due schieramenti USA e URSS nasce-va, specialmente in ambito milita-re, la necessità di ottenere dai ri-lievi aerei informazioni territoriali sempre più dettagliate e realisti-che. La letteratura storica sulla tecnologia relativa a questo settore elenca cronologicamente ricerche, inventori e tecniche legati alla fo-togrammetria e ai suoi sviluppi anche se il denominatore comune restava sempre il concetto di ste-reoscopia STEREOSCOPIA (ste·re·o·sco·pì·a/ sostan-tivo femminile)

1. La percezione del rilievo di un oggetto in conseguenza della visio-ne binoculare, dovuta al meccani-smo fisiologico che porta, nei lobi occipitali del cervello, all'elabora-zione e alla fusione delle immagini che si formano nelle retine dei due occhi.

La parte dell'ottica che ha per oggetto lo studio della visione

in rilievo. Tecnica fotografica e cinema-

tografica per ottenere il senso del rilievo riprendendo due immagini del soggetto da due punti di vista diversi.

Ecco perché, nel recente passato, le sequenze di foto per i rilevi ri-prese tramite un velivolo, erano sempre acquisite a coppie di due col fine ultimo di ricostruire un modello stereoscopico tramite al-cuni punti noti sul terreno. Il mo-dello era esaminato da un foto-interprete, attraverso uno stereo-restitutore che disegnava le curve di livello impiegando un pantogra-fo e spostando una marca visiva sul modello ottico del terreno. Un radicale progresso tecnologico è avvenuto quando al modello ste-reoscopico è stato preferito quello prospettico; un fatto rivoluzionario questo perchè consentiva ora di collimare punti ricavati da imma-gini senza precisi riferimenti spa-ziali. I primi esperimenti basati sul nuovo modello si limitavano a ri-costruire il “triangolo delle fughe” e le forme scatolari. L’esperienza e tantissimi affinamenti successivi hanno condotto prima alla Multi-ple View Geometry e poi, più re-centemente, a questo nuovo meto-

III ed ultima puntata

di Salvio Gigl io

SfM Structure from Motion

Un’immagine concettuale su come si è ottenuto il modello 3D del Colosseo in Building Rome in a Day nel 2009

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do di rilevamento tridimensionale che è la Structure from Motion o SfM. Un progetto Open Source per la SfM finanziato da Microsoft! Può sembrare alquanto singolare ma fu un progetto dei primi anni del 2000, finanziato e coordinato da Microsoft presso il laboratorio CSE Graphics and Imaging Lab. Grail dell’Università di Washing-ton e affidato alla supervisione di Richard Szeliski, responsabile dell’Interactive Visual Media Group della Microsoft Research, a vedere nel 2008 la prima applica-zione SfM che avrebbe permesso di dare una rappresentazione tridi-mensionale ricavata dalle foto dei monumenti scattate dai turisti e rese liberamente disponibili in rete. Lo sviluppo del codice sor-gente di Bundler, questo è il nome dell’innovativo progetto, è stato ideato e realizzato da Noah Snave-ly e Steve Seitz con la partecipa-zione di Kevin Chiu e Andy Hou. Le applicazioni che adottano il co-

dice Bundler permettono di ricava-re dalle collezioni non ordinate d’immagini digitali inerenti un de-terminato manufatto architettoni-co una nuvola di punti 3D correda-ta dalle posizioni dei punti di vista e dei relativi assetti assunti dalla fotocamera. Poco tempo dopo la realizzazione e la pubblicazione del progetto, Snavely in piena otti-ca Open Source ha reso disponibile liberamente i sorgenti del progetto sul sito PhotoTour. Uno straordi-nario esperimento di ricostruzione virtuale tridimensionale di edifici monumentali, in cui è stato appli-cato Bundler con pieno successo impiegando una collezione non ordinata di oltre due milioni di im-magini di Flirckr semplicemente relazionate alla keyword “Rome”, è sicuramente il progetto Building Rome in a Day del 2009. I sequel legati a questa iniziativa sono stati numerosi e vi invito a consultare questa bella pagina del progetto: www.cs.cornell.edu/projects/bigsfm/ In definitiva SfM si propone come

una soluzione brillante per il rilie-vo tridimensionale rapido e a bas-so costo dal momento che può im-piegare hardware low cost e soft-ware Open Source senza dover as-solutamente rinunciare alla quali-tà e alla precisione del prodotto finale. Tantissime discipline si avvalgono oggi della SfM per otte-nere dati realistici dai rilievi come, ad esempio, l’archeologia, la con-servazione dei beni culturali, i ser-vizi di Protezione Civile, l’architet-tura e l’ingegneria, la geologia, ecc. In pochi decenni scienza e tecnica hanno realizzato con questa nuova metodologia un qualcosa che ha reso popolari, specialmente attra-verso la rete, tecniche e concetti che appartenevano prima solo a determinati ambiti professionali mettendo a disposizione realmen-te di tutti siti ed applicazioni capa-ci di restituirci, in qualche modo, piccoli pezzi di mondo da osserva-re comodamente sulla nostra scri-vania!

NEW HARDWARE FOR CAD

Restitutore Wild A40 in dotazione, negli anni '80, al laboratorio di fotogrammetria architettonica della Facoltà di Ingegneria di Bari

Strumento restitutore per prese nadirali munito di una coppia di microscopi scorrevoli su guide. (Foto Ist. Geografico Militare)

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NEW HARDWARE FOR CAD

Il 3D da immagini o SfM Il metodo Structure from Motion o SfM impiega essenzialmente la fotogrammetria digitale per le sue elaborazioni avvalendosi di algo-ritmi derivati dalla computer vi-sion e dallo stereo matching una tecnica di calcolo che, partendo da un set di immagini bidimensiona-li, consente di ottenere un modello tridimensionale. Un antenato mol-to prossimo a questo metodo di rilievo può essere considerato la stereo-fotografia anche se a diffe-renza di questa nella SfM non è

necessario conoscere dall’inizio la posizione reciproca dei punti di vista degli scatti, né occorrono supporti di ripresa particolarmen-te robusti a meno che non ci siano particolari necessità dovute alla scarsa illuminazione. Unica con-dizione legata alla ripresa delle foto è quella che esse devono co-prire tutta la visuale dell’oggetto con un numero minimo di tre scatti, leggermente sfalsati tra di loro: uno per ogni punto di vista in modo da offrire al software di ela-borazione dei dati che permettano

una collimazione automatica otti-male. La ripresa, quindi, si effettua scattando un elevato numero di foto semplicemente girando intor-no all’oggetto senza che siano ne-cessarie particolari precauzioni. Questo aspetto permette l’installa-zione delle apparecchiature di scansione fotogrammetriche SfM anche su droni volanti impiegati principalmente per il rilievo di edifici o grandi strutture. Il set di immagini ottenuto sarà successi-vamente trasferito in un program-ma di Structure from Motion.

A sinistra, ’edificio che ospita il “Paul G. Allen Center For Computer Science & Engineering (CSE) dell’Università di Washington. A destra Richard Szeliski, responsabile dell’Interactive Visual Media Group della Microsoft Research

Il simpatico Team di giovanissimi programmatori che ha sviluppato Bundler. Da sinistra: Noah Snavely, Steve Seitz, Kevin Chiu e Andy Hou

Testata del sito PhotoTour che in maniera efficace riassume il funzionamento di Bundler

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NEW HARDWARE FOR CAD

Schermata di GLYP un progetto Open Source basato su SfM e realizzato per il modellatore 3D Maya

Come lavora un applicativo SfM I software SfM si basano e lavora-no su di un algoritmo chiamato SIFT, che sta per Scale Invariant Feature Transform. Questo siste-ma riesce ad estrarre i punti “notevoli” da un’immagine, rag-gruppando quelli che stima essere parte di un medesimo oggetto, cioè uno dei tanti elementi che nel loro insieme formano un comples-sivo di maggiori dimensioni, allo scopo di fornire un “riconoscitore di forme” necessario alla compu-ter vision. Il software analizza i set d’immagini e riconosce per primi i punti sugli spigoli degli oggetti, scartando i punti che non compaiono su tutte le foto. Per correggere errori provenienti da immagini simili, cioè scatti effet-tuati da punti di vista vicini ma non identici, i software SfM im-piegano il sistema least-squares ovvero di approssimazione ai mi-nimi quadrati applicato alle forme simili, che permette di individuare i punti di vista da cui sono state scattate le foto. Questa informa-zione è un metadato raw associato al file immagine JPG e rappresen-ta il valore della focale fotografica.

Nel caso in cui il valore della foca-le non sia presente, esso è stimato in maniera approssimata automa-ticamente. Il work flow seguito idealmente dai software di elabo-razione SfM consiste di tre distin-te fasi elaborative. La prima fase è quella più com-plessa e ha come scopo la creazio-ne della nuvola di punti grezza comprende più passaggi quali: l’individuazione dei punti note-

voli sulle singole foto; la deduzione dei parametri fo-

tografici relativi ad ogni singo-lo punto precedentemente in-dividuato e che permetteranno di determinare l’esatto valore RGB indispensabile per il passo successivo;

intersezione dei punti notevoli, precedentemente ricavati e riconosciuti su più foto in base a colore e posizione, per deter-minarne le relative coordinate nello spazio.

Il risultato grafico ottenuto da questa prima fase di elaborazione consiste in una nebulosa di punti colorati che, nel suo insieme, ab-bozza già tridimensionalmente l’oggetto rilevato in una specie di foto solida.

La fase successiva ha come obiet-tivo la realizzazione del modello tridimensionale dell’oggetto e consiste anch’essa di più step di sviluppo della modellazione in parte simili a quelli della fase pre-cedente: seconda ricognizione di nuovi

punti notevoli ancora più detta-gliata;

nuova intersezione dei punti notevoli, appena rintracciati, per rendere ancora più fitta la nuvola di punti iniziale;

chiusura dei punti della nuvola impiegando una TIN (una Triangulated Irregular Network cioè un reticolato formato da un insieme di maglie triangola-ri di diversa grandezza, tecnica ampiamente utilizzata nella modellazione 3D, nella FEA, nel DEM, ecc.) per modellare tridi-mensionalmente l’oggetto.

La terza ed ultima fase consiste nella sovrapposizione della “pelle” del modello tridimensionale dell’oggetto impiegando le texture fotografiche ottenute dal set di immagini provenienti dal rilievo.

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CORSO di ORIENTAMENTO alla BIM

E ccoci giunti alla fase conclusiva delle prime quattro parti di questa corso di orientamento

alla BIM. Siamo giunti al punto in cui è necessario individuare e de-finire l'infrastruttura della proce-dura per un'efficace esecuzione del progetto di pianificazione per l’applicazione della BIM. Questo processo è supportato da quattor-dici categorie specifiche, come mostrato in Figura 1, che sono sta-te sviluppate dopo averne discus-so i principali aspetti con esperti del settore e aver analizzato i se-guenti documenti: Il protocollo Exhibit AIA BIM, il ConsensusDOCS BIM Addendum, la USACE (United States Army Corps of Engineers ) BIM Roadmap nonché le specifiche di comunica-zione Autodesk per la definizione di processi, standard e/o il lin-guaggio utilizzato nei capitolati di

fornitura per l'esecuzione di pro-getti BIM. I contenuti di questi pre-ziosi documenti sono stati compi-lati e organizzati per determinare gli aspetti chiave, sia nel progetto che all'interno di un'impresa, per la gestione e l’attuazione cantieri-stica della BIM. A partire da que-sta puntata si descriverà ciascuna di queste categorie del piano di esecuzione BIM. Ovviamente si tenga conto che le informazioni per ogni categoria possono variare significativamente da progetto a progetto, quindi l'obiettivo della descrizione è quello di suggerire al team di progettazione degli speci-fici topics tematici da discutere per i contenuti, gli orientamenti e le decisioni che devono essere prese dal gruppo di progettisti. Nei prossimi numeri sarà anche pub-blicato un modello di piano di ese-cuzione BIM che sarà possibile personalizzare in base al progetto aggiungendo o rimuovendo infor-mazioni. 1. Panoramica della pianificazione esecutiva del progetto

È di fondamentale importanza per il team progettuale comprendere immediatamente la ragione per cui è stato creato il piano di esecu-zione BIM. Questa sezione, infatti, dovrebbe essere utilizzata per sta-bilire l'importanza del pianifica-zione includendo gli intenti asso-ciati alla BIM e altre informazioni di riepilogo a livello esecutivo. Informazioni sul progetto Il primo passo che deve compiere il team nello sviluppo del piano di esecuzione del progetto, consiste nell’esaminare e documentare le informazioni progettuali critiche e che possono essere preziose al team BIM per riferimenti futuri. Questa sezione include, quindi, informazioni progettuali di base che possono essere utili per il pre-sente e per il futuro. Può essere utilizzata per contribuire ad intro-durre nuovi membri nel progetto così come aiutare altri a capire il progetto per rivedere la pianifica-zione. In questa ripartizione si ri-portano informazioni di carattere generale come:

IX puntata

di Salvio Gigl io

Definire le infrastrutture di supporto per l’attuazione della BIM

Fig. 1, categorie implicate nella pianificazione esecutiva

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CORSO di ORIENTAMENTO alla BIM

nome del progetto, numero di progetto, breve descrizione del progetto, ubicazione e indirizzo del pro-

getto, dati sulla committenza, tipologia di contratto, metodo di consegna, pianificazione del progetto in

termini di fasi e tappe. Altre informazioni aggiuntive sul progetto sono specifiche come: budget del progetto, i requisiti di progetto, lo stato del contratto, lo stato di finanziamento, ecc. Ogni ulteriore informazione gene-rale del progetto può e deve essere inclusa in questa sezione. Principali contatti per il progetto Ogni pianificazione BIM è sempre accompagnata da una “rubrica” in cui vanno annotati i dati di contat-to di almeno un rappresentante di ciascuna delle parti interessate e coinvolte nella costruzione dell’e-dificio. Ogni contatto riporterà i dati anagrafici e i relativi recapiti (tel., cell., fax., mail, ecc.) del pro-prietario, dei progettisti, dei con-sulenti, degli appaltatori principa-li, dei subappaltatori, dei produtto-ri e fornitori. In questa rubrica vanno inclusi anche i contatti dei responsabili del personale come, ad esempio, i Project Managers ed i BIM Managers ed altri importanti

ruoli direzionali. Tutti i dati di contatto delle parti interessate devono essere raccolti, scambiati, e quando possibile, pubblicati sul portale web di gestione collabora-tiva dei progetti. Obiettivi di Progetto BIM / Impie-ghi BIM Il piano di esecuzione BIM dovreb-be documentare le fasi immedia-tamente precedenti al processo di pianificazione esecuzione del pro-getto BIM. Ciò è importante per la squadra per documentare lo scopo fondamentale per l'attuazione del-la BIM, così come spiegare perché sono state prese importanti deci-sioni circa gli impieghi BIM. la pianificazione dovrebbe elencare chiaramente gli obiettivi BIM che si vogliono realizzare, utilizzando l'analisi del foglio di lavoro BIM, nonché informazioni specifiche sugli impieghi BIM selezionati già precedentemente descritta. Organizzare i ruoli dei reparti e del personale In una pianificazione BIM comple-ta devono essere definiti i ruoli di ciascun reparto e le loro specifi-che responsabilità. Per ogni im-piego BIM selezionato, la squadra deve identificare, quindi, quale reparto/i e/o personale è preposto per eseguire un determinato im-

piego. Ciò comporta l’inclusione di dati inerenti: il numero delle unità lavorati-

ve, suddivise gerarchicamente per competenze, che sono ne-cessarie per completare un de-terminato impiego BIM;

le ore di lavoro stimate; Il settore principale del proget-

to in cui si prevede il comple-tamento dell’impiego BIM asse-gnato ad una squadra;

il contatto del responsabile del-la squadra a cui è stato asse-gnato un impiego.

Data la complessità dell’esecuzio-ne di un manufatto edile questa sezione può risultare difficile da completare in diverse parti, a se-conda di quale fase del ciclo di produzione del progetto è stata realmente completata. Come tutto il resto della pianificazione, per quanto possibile, anche questa parte dovrebbe essere completata quotidianamente aggiungendovi poi le informazioni mancanti non appena queste diventano disponi-bili. Continua

Fig. 2, schematizzazione descrittiva e dettagliata delle categorie principali

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Il menù FILE e le sue funzionalità

I l nostro appuntamento men-sile su SketchUp oggi compie un piccolo cambio di rotta e punta l’attenzione sui menù

della relativa barra, che offrono all’utente ulteriori funzionalità operative. Premetto che ci soffer-meremo su quegli aspetti realmen-te utili e salteremo a piè pari co-mandi di cui già conosciamo la funzione. Ovviamente, come in tutti i corsi che si rispettano parti-remo dal menù dei menù: il menù File! :-) La tendina del menù File, come si può vedere nella figura sottostan-te, è divisa in sette sezioni di cui la terza è utilizzabile solo nella ver-sione Pro. Questa distribuzione in gruppi di funzioni simili, permette all’utente di accedere velocemente

alla gestione, al salvataggio, alle funzionalità del programma estese al web e a quelle d’interscambio con altri software, alla stampa e ai relativi settaggi. Nella tabella del-la pagina seguente ho riportato, in maniera sintetica, la descrizione dei comandi attivi sulla versione free e in questa puntata parleremo solo degli item della prima sezio-ne. Per pratica personale vi dico che utilizzerete di tutti questi menù quasi esclusivamente gli ultimi due della IV sezione, dal momento che con IMPORTA... caricate imma-gini che potrete utilizzare come materiali o come sfondi per i vo-stri modelli, mentre con ESPORTA…, attraverso i quattro item del suo sottomenù, potrete eseguire: degli snapshot di quanto avete sullo schermo da salvare come immagi-ne raster; esportare un modello nella preziosa estensione di inter-scambio DAE letta da quasi tutti

gli altri modellatori 3D, da molti renderizzatori e persino da Photo-shop; realizzare filmati o generare fotogrammi per animazioni tipo GIF sempre a patto che prima l’ab-biate creata su SketchUp. Qualche parola circa i menù Posi-zione geografica e 3D Warehouse che riconoscono solo Internet Ex-plorer della Microsoft anche se l’utente ha per predefinito altro browser . Questa scelta radicale credo sia dovuta ad un voluto al-leggerimento del codice da parte del team di sviluppo di SketchUp che, altrimenti, avrebbe dovuto incorporare filtri per altri software di navigazione. In altre parole, se volete utilizzare queste funzioni direttamente da SketchUp dovete necessariamente installare e set-tare IE con tutti i rischi annessi e connessi! Continua

XI puntata

di Salvio Gigl io

CORSO di BASE per SketchUp

La tendina del menù File di SketchUp e le relative suddivisioni funzionali

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CORSO di BASE per SketchUp

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Le BASI di QGIS

I Sistemi di Riferimento più usati in Italia

D opo aver definito cosa sono i Sistemi di Riferi-mento in ambito GIS vediamo quali sono

quelli più usati in Italia. Ancora prima della tecnologia digitale la cartografia prodotta da vari enti si riferiva principalmente a due Si-stemi di Riferimento: il sistema Roma40 Gauss-Boaga; il sistema ED50 UTM. Il sistema Roma40 Gauss-Boaga si basa sul datum Roma1940 con riferimento all’ellissoide Interna-zionale di Hayford (1924) orientato a Monte Mario. E’ rappresentato attraverso la proiezione inversa di Mercatore (o conforme di Gauss). Il territorio italiano risulta suddi-viso in due fusi, ad ovest ed est del meridiano di Monte Mario (12°) e con i meridiani centrali situati a 9° e 15°. I fusi hanno una ampiezza di 6° e 30’ per cui è presente una zo-na di sovrapposizione. Le coordi-nate sono espresse in metri. Per la latitudine (dimensione Y, nor-thing) il riferimento è l’equatore. Per la longitudine (dimensione X, easting) il riferimento è il meridia-no centrale di ogni fuso ma per evitare di avere coordinate con valori numerici negativi e, si è adottata la soluzione di assegnare una falsa X di 1.500.000 m per il meridiano Ovest e e di 2.520.000 m per il meridiano Est. Per il no-me Gauss è riferito alla proiezione e Boaga è il cognome del geodeta dell’IGM che formalizzò il sistema. Utilizzato nella produzione carto-grafica IGM fino alla fine degli an-ni ’80, è ancora in uso in molta Cartografia Tecnica Regionale.

Il sistema ED50 UTM si basa su European Datum 1950 con riferimento all’el-lissoide Internazio-nale di Hayford (1924) orientato a Po-tsdam in Germa-nia. Il sistema di proie-zione utilizzato è l’UTM (Universal Transverse Merca-tor) che si basa, come il Gauss-Boaga, sulla proie-zione inversa di Mercatore. Nell’UTM la super-ficie terrestre viene suddivisa in 60 fu-si di 6° di ampiezza longitudinale. Cia-scun fuso viene proiettato indipendentemente e ha un meridiano centrale. Ogni fuso è suddiviso a sua volta in 20 fasce di 8° di latitudine. Le inter-sezioni tra fusi e fasce individua-no le zone. Il territorio italiano è all’interno dei fusi 32 e 33 e per una piccola parte nel fuso 34(area più orientale della Puglia). Nel si-stema UTM, che a differenza del Gauss-Boaga è concepito per un uso internazionale, al meridiano centrale di ogni fuso viene asse-gnata una falsa coordinata ea-sting con valore 500.000, mentre la coordinata northing è definita dal-la distanza rispetto all’equatore. Perciò è sempre necessario comu-nicare oltre alle coordinate il numero del fuso a cui si fa riferi-mento, senza il quale risulta im-possibile la localizzazione. Questo sistema è stato introdotto al fine di uniformare la cartografia euro-

pea ed è utilizzato sia nella più recente produzione cartografica dell’IGM, sia per la cartografia re-gionale. Con l’introduzione del sistema di rilevamento GPS si è reso necessario l’utilizzo di un datum non più locale ma globa-le ed è stato definito il datum WGS84 (World Geodetic System 1984). Il sistema WGS84 UTM si basa su questo datum a configurazione geocentrica asso-ciando a questo il sistema di proiezione UTM. Si ha quindi la stessa suddivisione in fusi con l’adozione delle medesime con-venzioni riguardo all’assegnazio-ne delle coordinate. Questo siste-ma è stato progressivamente inse-rito anche nella più recente pro-duzione cartografica di alcune Re-gioni ed anche l’IGM lo ha imple-mentato attraverso la configura-zione europea ETRS89 che è prati-

IV ed ultima puntata

di Fabrizio Pieri

Fig. 1 il sistema Roma40 Gauss-Boaga

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Le BASI di QGIS

Fig. 2, sistema ED50 UTM

Fig. 4 sistema UTM fuso 32

Fig. 3, reticolato UTM WEB

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Le BASI di QGIS

camente analoga al WGS84. Il si-stema WGS84 UTM non va confuso con quello WGS84 geografico, che non è un sistema proiettato ma che si basa su valori di latitudine e di longitudine in gradi angolari. Più recentemente, con il Decreto del 10 novembre 2011 Adozione del Sistema di riferimento geodetico nazionale, è stato introdotto il nuovo sistema ETRF 2000. L’intro-duzione di questo nuovo sistema di riferimento, motivato dall’ag-giornamento degli scostamenti dovuti allo spostamento delle placche tettoniche, non comporta grandi differenze con altri sistemi alle scale di lavoro tipiche dei GIS. I massimi scostamenti rilevati tra ETRF 2000, ETRS89 e WGS84 risul-tano infatti non superiori a 40 cen-timetri. ETRF 2000 è già presente nel registro EPSG come RDN2008 (RDN sta per Rete Dinamica Nazio-nale). Nella tabella 1 vengono ri-portati tutti i codici EPSG dei si-stemi fino a qui citati. La riproie-zione da un sistema di riferimento

a un altro viene defini-ta conversione quando avviene nell’ambito dello stesso datum, oppure trasformazione quando avviene tra datum diversi. La con-versione avviene automaticamen-te senza errori mentre la trasfor-mazione è in genere un’operazione più approssimativa. QGIS effettua la cosiddetta “riproiezione al volo”, cioè riproietta automaticamente (a condizione che questo sia corret-tamente georeferenziato) uno shapefile (o altre entità) al sistema di riferimento del progetto, ma è un’operazione di semplice visua-lizzazione, che non converte o tra-sforma l’oggetto che viene inserito in mappa. Per convertire o trasfor-mare un’entità da un sistema di riferimento a un altro esistono ap-positi software (ad esempio Cart-Lab, Verto, Traspunto) oppure è una funzionalità che molte piatta-forme GIS hanno (compreso QGIS) ma non sempre si ottengono buoni risultati. Per ottenere una maggio-re precisione è necessario l’uso

dei grigliati prodotti dall’IGM, di-sponibili in vari formati, ma che non sono gratuiti. Il Geoportale Nazionale, in recepimento del-la Direttiva INSPIRE, mette a di-sposizione un servizio gratuito di trasformazione delle coordina-te (CTS, Coordinate Trasformation Service) che permette di trasfor-mare entità vettoriali e raster tra diversi sistemi di riferimento. Questo servizio utilizza i grigliati IGM ed attualmente è lo strumento che mi sento di consigliare. Altre letture consigliate: AA.VV., GIS Open Source, Grass Gis, Quantum Gis e SpatiaLite. Ele-menti di software libero applicato al territorio V. Noti, GIS open source per geolo-gia e ambiente. Analisi e gestione dei dati territoriali e ambientali con QGIS

Tab. 1

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N ella prima parte di que-sto tutorial abbiamo visto come "costruire" e salvare una piccola

sequenza di immagini, o meglio, una serie di "frame" (Scene) che ora ci appresteremo a trasformare in una sequenza video. Dopo aver scelto le immagini su cui verrà elaborato il video, vediamo ora co-me visionare subito un'anteprima, Fig. 1. Da VISUALIZZA ANIMAZIONE

RIPRODUCI; l'anteprima del nostro video sarà subito visibile sullo schermo, le immagini che vedia-mo scorrere in sequenza saranno le stesse che ci permetteranno di produrre il video stesso. Durante la visualizzazione, sullo schermo, apparirà una piccola finestra, Fig. 2, che ci permetterà di bloccare momentaneamente o di togliere la sequenza. Ovviamente, la maggior parte delle volte, le immagini che scorrono sotto i nostri occhi non sono proprio quelle che avevamo pensato. L'anteprima video serve e ci aiuta proprio in questo: ci per-mette, infatti, di modificare, cali-brare e aggiustare velocemente le nostre singole "Scene" finché non saremo pienamente soddisfatti del risultato ottenuto!

Come settare le Transizioni Quando abbiamo raggiunto un ri-sultato di anteprima video che ci soddisfa pienamente (di solito, succede solo dopo tante prove e tantissimi seppur minimi cambia-menti) siamo finalmente in grado di elaborare la nostra sequenza, ma prima regoliamo la durata del-le transizioni: Fig. 3 da VISUALIZZA ANIMAZIONE cliccando su IMPO-

STAZIONI, avremo la nostra finestra INFORMAZIONI MODELLO. E' da qui che, calibrando due soli parametri, riusciremo a decidere due cose fondamentali: la durata delle tran-sizioni (1, 2, 3, 4... secondi) e la du-rata dei ritardi di scena (1, 2... se-condi). Ovviamente, la durata di questi due parametri andrà ad influire anche sulla durata totale del video. Per il mo-mento, scegliamo come prima pro-va i seguenti parametri, Fig. 4, 3 secondi la durata delle transizioni e 0 secondi la durata dei ritardi di scena (il ritardo di scena è il tem-po intercorso tra una transizione e l'altra). Questi parametri ci per-metteranno di avere la durata del video moltiplicando semplicemen-te i secondi delle transizioni per il numero delle scene (3 sec. × n° 5 scene = video di 15 sec. di durata).

Come elaborare il Video Dopo aver settato le transizioni ed aver raggiunto un'anteprima video soddisfacente, siamo pronti final-mente a trasformare la sequenza

in un file, in maniera che possa essere visionato su qualsiasi PC o smartphone. Ora, Fig. 5, da FILE ESPORTA ANIMAZIONE e poi nella nuova schermata di colore bianco, andiamo su OPZZIONI (in basso a destra), dove apriamo la finestra OPZIONI DI ESPORTAZIONE ANIMAZIO-

NE…, Fig. 6, per il settaggio dell'ela-borazione video. Prima di esportare il video, diamo un'occhiata ai vari parame-tri da aggiustare nelle impostazioni: La LARGHEZZA e l'ALTEZZA del video (risoluzione del singolo frame) acconten-tandoci per il momento di una risoluzio-ne MEDIA, in questo caso 1200 × 675. Re-goliamo i FOTOGRAMMI/SEC. (24), attiviamo l'ANTIALIAS, clicchiamo su OK e torniamo nella finestra per l'esportazione. Dopo aver dato un no-me al file ed una giusta destinazione, non ci resta che indicare l'estensione del file video (lasciamo il formato AVI che ben si adatta a qualsiasi successi-va lettura ed elaborazione) e clic-care su ESPORTA (sempre in basso a destra). L'elaborazione video si attiverà immediatamente. La fine-stra che ci appare, ESPORTO ANIMA-

ZIONE Fig. 7, ci indica: il numero dei fotogrammi in totale, il tempo previsto per l'elaborazione e la "pesantezza" del file finito in Mb. Potrebbe sembrare tutto molto "macchinoso" ma vi assicuro che con un po’ di pratica, sarete in gra-do di presentare delle convincenti e preziose sequenze video.

II ed ultima parte

di Anto nel lo B ucce l la

Come elaborare un Video con SketchUp

TUTORIAL: elaborazione video con SketchUp

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Fig. 6 Fig. 5

Fig. 7

Fig. 2 Fig. 1

Fig. 4 Fig. 3

TUTORIAL: elaborazione video con SketchUp

Se volete dare 1 occhiata al fil-mato del Castello di Roccascale-

gna, questo è il link: https://youtu.be/vmoHlqC8rkQ Alla prossima, Antonello

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UMORISMO

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GIOCHI

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