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Luciano Pasqualotto La valutazione multidimensionale e il progetto personalizzato Prospettive e strumenti per educatori e operatori dei Servizi per la Disabilità Adulta Prefazione di Angelo Lascioli

La valutazione multidimensionale ed il progetto personalizzato per la disabilità adulta

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Luciano Pasqualotto

La valutazione multidimensionale

e il progetto personalizzato

Prospettive e strumenti per educatori e operatori dei Servizi per la Disabilità Adulta

Prefazione di Angelo Lascioli

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Luciano PasqualottoDottore di ricerca in Pedagogia e formatore, già direttore della Scuola Universitaria di Specializzazione per le Attività di Sostegno (sede di Padova) e professore a contratto alle Università di Venezia e Cattolica di Milano, attualmente insegna all’Università di Verona.È direttore della rivista online «Educare.it». Per le Edizioni Erickson ha curato il libro 100 risposte sull’educazione dei figli (2004) ed è co-autore del volume Operativamente educativi pubblicato da FrancoAngeli (Milano, 2005). Nel 2008 ha pubblicato due contributi nei volumi I mediatori in educazione speciale (a cura di F. Canarini e W.J. Bertozzo, FrancoAngeli) e Processi e metodologie formative (a cura di C. Girelli, Edizioni Erickson).

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Indice

Prefazione (di Angelo Lascioli) 7Introduzione 11

Prima parte – Il quadro teorico

Capitolo primoDisabilità intellettive e disabilità complesse 17

Capitolo secondo Sguardi sulla disabilità 41

Capitolo terzo La vita dopo la scuola 63

Capitolo quarto I servizi socio-sanitari per i disabili adulti 85

Seconda parte – Gli strumenti

Capitolo quintoLa ricerca 97

Capitolo sesto Gli strumenti 129

Conclusioni 161Bibliografia 163Appendice 175

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PrefazioneAngelo Lascioli1

Il libro focalizza sul piano della riflessione teoretica e su quello della pratica educativa il vasto mondo delle disabilità complesse in età adulta, a partire da una prospettiva che include la Classificazione Internazionale del Funzionamento e della Disabilità dell’OMS (ICF, 2001) e la Convenzione dell’Onu sui Diritti delle Persone con Disabilità (2006).

L’autore, attivo da oltre vent’anni nel campo della disabilità con do-cenze e collaborazioni anche in ambito universitario, si misura in questo volume con questioni di grande rilevanza per la pedagogia speciale. Esse riguardano i bisogni di vita delle persone adulte con gravi compromissioni nell’intelletto e/o nella comunicazione, la possibilità di una valutazione metodologicamente fondata delle priorità di intervento educativo e assi-stenziale, la definizione di obiettivi significativi per il lavoro quotidiano entro i Servizi per la disabilità adulta.

Per comprendere l’attualità di quest’opera occorre ricordare che l’e-ducazione speciale si colloca in un orizzonte modificato rispetto al passato anche recente; è cambiato in particolare il significato culturale della disabilità e, di conseguenza, il modo di guardare alle persone disabili. Nell’ICF, ad esempio, si fa riferimento alla disabilità come fenomeno riconducibile a variabili diverse, risultato di una complessa relazione tra la condizione di salute

1 Professore di Pedagogia speciale, Dipartimento di Filosofia, Pedagogia e Psicologia, Uni-versità degli Studi di Verona.

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di un individuo e i fattori personali, e i fattori ambientali che rappresentano le circostanze in cui vive l’individuo (OMS, 2001). Rispetto alle visioni precedenti ci si è resi conto che la situazione di disabilità in cui versa una persona non è la conseguenza diretta di una menomazione e neppure di una certa condizione di salute quanto, piuttosto, dell’interazione sfavorevole tra condizioni interne ed esterne alla persona stessa.

Tale riconcettualizzazione comporta una radicale revisione del punto di vista in base al quale si analizzano i problemi delle persone adulte con disabilità complesse.

La visione pedagogica che permea questo libro è coerente con questa nuova concezione della disabilità e si confronta pure con il cosiddetto «mo-dello dei diritti» che, a differenza dell’ottica medico-biologica, non si focalizza sullo stato di malattia ma sulla persona del disabile in quanto essere umano, il quale — come ogni altro essere umano — ricava qualità di vita da fattori che non derivano esclusivamente dal proprio funzionamento biologico.

In base a quest’ottica, in presenza di condizioni di disabilità compara-bili sul piano biologico, le persone possono manifestare livelli di benessere diversi perché la qualità di vita è espressione del peculiare intreccio tra le dimensioni oggettive e soggettive che interessano ciascun individuo.

L’abbandono della prospettiva biologica nel guardare ai problemi (e alle risorse) della persona con disabilità in favore di una prospettiva bio-psico-sociale porta con sé importanti implicazioni inerenti sia la valutazione della condizione di disabilità, sia la progettazione e la programmazione degli interventi educativi.

Nel modello bio-psico-sociale dell’ICF — si riporta nel testo — il corpo, la persona, l’ambiente di vita sono i tre elementi di osservazione, e gli ultimi due rivestono particolare interesse per i Servizi educativi per la Disabilità adulta.

Attorno a questo tema ruota gran parte del lavoro di approfondimento e ricerca qui presentato e da cui emerge che il punto di vista educativo, che guarda al benessere della persona con disabilità e al miglioramento della sua qualità di vita, necessita di un piano di analisi idoneo a intercettare il funzionamento del soggetto secondo modalità pratiche, traducibili in con-crete azioni educative.

Teoria e azione, infatti, nella pratica di chi educa sono atti distinti solo nella riflessione perché in educazione ogni teoria si esprime, si convalida, si

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genera e rigenera nell’azione e con l’azione, all’interno di un determinato contesto, in risposta a specifici bisogni.

La cogenza data dalla necessità di offrire risposte adeguate a bisogni urgenti (specialmente quando la disabilità è complessa), sposta il nucleo epistemico dell’educazione speciale vicino all’azione imponendo all’esperto di educazione speciale processi conoscitivi idonei a migliorare le pratiche di cura.

Ecco qui la centralità, nel contesto di questo studio, dello spazio dedicato alla definizione di dispositivi per la valutazione dei bisogni e l’individuazione degli obiettivi dell’azione educativa speciale, entro un pa-norama nazionale e internazionale in cui la disabilità adulta risulta ancora troppo trascurata.

I tre strumenti che il volume presenta (ICF-ADAT, ICF-ADAP e ICF-PEI) — all’interno di una cornice che offre loro ampia legittimazione pedagogica, normativa e metodologica — sono frutto di un prolungato percorso di ricerca e confronto con decine di educatori e operatori dei Servizi per la Disabilità adulta, nell’ambito del Dottorato in Scienze dell’Educa-zione e della Formazione Continua attivo presso l’Università degli Studi di Verona, che ho avuto modo di seguire nel suo svolgimento in qualità di tutor scientifico.

Lo strumento ICF-ADAT sviluppa un core set di item dell’ICF in funzione valutativa, con l’obiettivo di pervenire a una valutazione valida e attendibile del funzionamento della persona con disabilità.

Come noto, lo scopo delle Checklist-ICF consiste nel raccogliere elementi per l’elaborazione del cosiddetto «profilo di funzionamento» del soggetto. Salute e funzionamento — in base alla logica dell’ICF — sono la risultante di una interconnessione complessa, globale e multidimensionale tra condizioni di salute (componenti biologiche), fattori ambientali (com-ponenti sociali) e fattori personali (componenti psichiche). I possibili esiti di tale correlazione costituiscono il «profilo di funzionamento». L’unità di classificazione nell’ICF non è una diagnosi e non corrisponde a un «profilo di gravità» (in genere focalizzato solo sulle menomazioni e sulle incapacità). Grazie al «profilo di funzionamento» si possono intercettare le interazioni tra individuo e ambiente, che se positive si manifestano, secondo la sintassi dell’ICF, nel miglioramento delle performance, cioè delle sue azioni nel con-testo di vita. Secondo l’ottica della pedagogia speciale, l’individuazione dei

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punti di forza e di debolezza risulta funzionale all’azione educativa orientata alla qualità di vita del soggetto.

La messa in atto di questo sistema non è né semplice, né scontata. Risulta necessario fornire a educatori e operatori, che vogliono assumere questa prospettiva, una guida e un supporto metodologico, specialmente nella delicata fase della definizione degli obiettivi dell’intervento educativo in base al modello ICF. Lo strumento elaborato per ottenere questo sco-po è l’ICF-ADAP (descritto dall’autore come il «navigatore» dell’azione educativa), grazie al quale è possibile evidenziare le priorità dell’intervento educativo ed elaborare in modo più tecnico e professionale — tramite l’ICF-PEI — progetti educativi individualizzati in linea con le attuali normative.

Tali strumenti vengono proposti nella consapevolezza che nessun di-spositivo è neutrale poiché, come osserva l’autore, esso riflette l’orientamento assiologico e culturale dell’istituzione o della comunità di pratiche che lo ha adottato. Si ritiene, tuttavia, che quanto elaborato e sperimentato nei Servizi che hanno partecipato alla ricerca possa essere di forte interesse per tutti gli operatori per la disabilità adulta, anche per la carenza nel panorama nazionale di strumenti orientati al lavoro socio-educativo.

Il merito di Luciano Pasqualotto è di aver tracciato un itinerario me-todologico attraverso il quale gli educatori che operano nei Servizi possono imparare a elaborare progetti educativi personalizzati aderenti ai bisogni della persona disabile e coerenti con le priorità che emergono dalla valutazione del funzionamento.

Si tratta di un modello di lavoro molto utile non solo per finalità di tipo educativo, ma anche gestionale e organizzativo. Infatti la stesura di progettazioni ancorate a criteri condivisibili consente la comparazione tra profili di funzionamento simili, nonché la valutazione degli esiti degli in-terventi in forme «valide» e «attendibili». Un passo in più anche verso una migliore definizione di professionalità del ruolo e della figura dell’educatore speciale nel contesto dei servizi alla persona.

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Introduzione

La disabilità è crocevia di interventi sanitari, di attenzioni pedagogiche e psicologiche, di processi speciali di insegnamento e apprendimento, di ricerca tecnologica e urbanistica, di politiche per l’inclusione e l’integrazione, di interessi di natura economica.

È un universo complesso e multiforme, che include circa il 10% della popolazione mondiale (Schianchi, 2009, p. 11), per il quale molte questioni rimangono ancora aperte. Fa riflettere che i bisogni e i diritti delle persone con disabilità non siano menzionati in alcun punto del Millenium development goals, cioè degli Obiettivi del Millennio che 191 Stati membri dell’ONU si sono impegnati a perseguire per l’anno 2015 (ONU, 2000).1

Nonostante questo misconoscimento, peraltro denunciato anche dal recente World Report on Disability (WHO, 2011, p. 12), la comunità scientifica è sempre più consapevole che le non-communicable desease, cioè le malattie che comportano grave perdita di autonomia e non autosufficienza,

1 La Dichiarazione del Millennio delle Nazioni Unite, firmata nel settembre del 2000, impegna gli Stati a: 1. Sradicare la povertà estrema e la fame; 2. Rendere universale l’istru-zione primaria; 3. Promuovere la parità dei sessi e l’autonomia delle donne; 4. Ridurre la mortalità infantile; 5. Migliorare la salute materna; 6. Combattere l’HIV/AIDS, la malaria e altre malattie; 7. Garantire la sostenibilità ambientale; 8. Sviluppare un partenariato mondiale per lo sviluppo.

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peseranno sempre di più sulle politiche sanitarie. Lo ha evidenziato l’Assem-blea generale delle Nazioni Unite del 19-29 settembre 2011, sollecitando decisori politici, società civile, organizzazioni non governative, mondo produttivo e ricercatori a dedicare ad esse maggiore attenzione e a investire di più per dare risposte a questi problemi (Koehlmoos, 2011).

Lo studio che qui si presenta intende dare un contributo in questo ambito a partire dalla prospettiva della pedagogia speciale, il cui interesse principale è di promuovere per la persona con disabilità una condizione esistenziale piena e significativa (D’Alonzo, 2006, p. 85).

Grazie al coinvolgimento di decine di educatori e operatori in un percorso di ricerca-intervento durato tre anni, sono stati messi a punto due strumenti per la valutazione multidimensionale della persona con disabilità complessa (ICF-ADAT e ICF-ADAP) al fine di identificarne in modo ampio i bisogni sui quali costruire un progetto personalizzato significativo (ICF-PEI).

Il concetto di complessità, che verrà approfondito nel primo capitolo, connota un quadro diagnostico particolarmente compromesso, a causa del quale il soggetto in uscita dall’età evolutiva si vede ridurre le oppor-tunità ri-abilitative e di integrazione sociale. La risposta più tipica della rete dei servizi per la disabilità è la collocazione in strutture residenziali o semiresidenziali. In questo modo i disabili adulti in situazione di gravità rischiano di diventare «degli esseri invisibili; sono in luoghi “protetti”, dei luoghi in cui degli “esperti” si occupano di loro, sono come parcheggiati in strade senza via di uscita. Sulla vita dignitosa di queste persone, di questa umanità spesso abbandonata, nessuno sembra preoccupato» (Goussot, 2009, p. 70).

La ricerca, invece, ha inteso occuparsi proprio di questo: il primo obiettivo è stato quello di arrivare a valutare non solo i bisogni assistenziali, relazionali o «di mantenimento», cioè quelli solitamente presi in conside-razione, ma più complessivamente i bisogni di vita. Tale obiettivo è stato perseguito assumendo il paradigma bio-psico-sociale della Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute (ICF), emanata dall’OMS nel 2001. Attraverso la grammatica e la sintassi dell’ICF, che sono presentate in sintesi nel primo capitolo, il gruppo di ricerca si è confrontato con la possibilità di individuare, sulla base di evidenze, alcune priorità tra i diversi bisogni della persona disabile. È stato questo il secondo obiettivo del percorso che qui si riassume.

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Introduzione 13

La ricerca-azione ha inteso esplorare inoltre la possibilità di una valutazione, valida e attendibile, dell’efficacia degli interventi educativi effettuati nei Servizi per persone adulte con disabilità. Tali interventi sono programmati all’interno di un progetto personalizzato per ciascun ospite, che — per essere rigoroso — dovrebbe essere definito proprio a partire dai bisogni individuati come prioritari.

Si tratta di un cambio di prospettiva rispetto al modo diffuso di guar-dare ai «disabili gravi» in età adulta: per poterlo adeguatamente compren-dere occorre assumere un sguardo globale, ecologico e biografico, capace di vedere chi è limitato dalle menomazioni come soggetto che ha diritto a una vita dignitosa; essa diviene possibile nella misura in cui si riescono ad alimentare immaginari familiari, professionali e comunitari che aprono occasioni di vita e di realizzazione anche per le persone con disabilità. Su questi temi sono centrati il secondo e il terzo capitolo.

Nel quarto capitolo avviene un cambio di registro, necessario per poter definire con precisione il panorama dell’offerta socio-sanitaria e assistenziale a favore della disabilità. È un capitolo che serve a riportare l’afflato etico e pedagogico che caratterizza i paragrafi precedenti a una dimensione di realtà: i servizi per le persone disabili sono regolati da provvedimenti legislativi che ne delineano la fisionomia, in un sistema di vincoli e di opportunità che il discorso pedagogico, se vuole essere pragmatico, non può ignorare.

La prima parte del volume, dunque, racconta la disabilità con una pluralità di linguaggi: per preservarci da visioni riduttive e oggettuali, abbia-mo fatto ricorso non solo alle declinazioni della pedagogia, della psicologia, della sociologia, della medicina, ma anche a quelle della filosofia e dell’etica, senza disdegnare l’analisi dei codici normativi.

Nella seconda si presentano gli strumenti prodotti dal percorso di ricerca, a partire dal contesto in cui essi si collocano e nel confronto con altre esperienze analoghe del panorama italiano e internazionale.

Nel quinto capitolo si leggerà che gli strumenti sono stati sviluppati entro il sistema veneto dei servizi per la disabilità e poi sperimentati anche in altri contesti. Da alcuni anni la Regione Veneto ha messo a punto una scheda per la valutazione multidimensionale della disabilità (SVaMDi), basata su un core set di codici della Classificazione ICF, che è stata poi adottata dalla Puglia, dalla Campania e dalla Valle d’Aosta.

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La SVaMDi è stata dunque la base di partenza per gli strumenti sviluppati dalla ricerca, ma essi possono essere applicati in qualunque con-testo operativo, anche con un certo margine di personalizzazione. Nello specifico si tratta di due dispositivi (ICF-ADAT e ICF-ADAP) grazie ai quali è possibile cogliere i diversi bisogni della persona disabile, superando percezioni autoreferenziali nella definizione delle priorità, e di conseguenza progettare gli interventi personalizzati richiesti nei Servizi per la Disabilità Adulta. Agli strumenti si chiede anche di valutare gli esiti del lavoro socio-educativo sul singolo utente a distanza di tempo, ad esempio alla fine di un anno educativo. Ad essi si affianca un modello di PP/PEI che si collega con gli strumenti valutativi, per assicurare alla progettazione educativa e assistenziale le migliori coerenza ed efficacia possibili.

Un ultimo rilievo introduttivo: durante la ricerca si è cercato di non trascurare la necessità di adottare modalità operative che fossero al contempo utili e utilizzabili. Uno strumento è utile quando serve allo scopo per cui è stato costruito; si tratta però di una condizione necessaria ma non sufficiente. Per chi lavora «sul campo», infatti, lo strumento deve essere anche utilizzabile, cioè deve richiedere un investimento di tempo e di risorse proporzionato al tipo di «guadagno» che esso porta rispetto all’economia generale del lavoro quotidiano. Nella sperimentazione questo concetto si è tradotto nel continuo monitoraggio del carico di lavoro generato dagli strumenti in costruzione, nello sforzo mai esaurito di renderne più agevole l’utilizzo.

È indubbio che, almeno in linea teorica, più un dispositivo è complesso e più ricco e sofisticato sarà il suo apporto. Tuttavia occorre accompagnare il principio di efficacia con il principio di parsimonia (Ianes e Macchia, 2008), in modo che lo strumento non risulti poi fine a se stesso ma sosten-ga realmente lo sforzo di educatori e operatori nel rendere migliore la vita delle persone disabili.

È con questo auspicio che l’Autore e tutti coloro che hanno contribu-ito alla ricerca presentano il frutto delle loro riflessioni e sperimentazioni.

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Prima parte

Il quadro teorico

Non è nella certezza del risultato che sta il senso del nostro impegno

contro l’emarginazione, l’esclusione, l’ingiustizia e a favore dell’inclusione,

bensì nella sua irrinunciabilità.

Luigi Ciotti (2005)