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Ordine Provinciale Medici Chirurghi e Odontoiatri Milano O O d d i P i i l l M d i i iC h h i i hi 1 | 2011 Poste Italiane SpA - Spedizione in abbonamento postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art.1, comma 2 DCB Milano) ANNO LXIV GENNAIO -MARZO INCHIESTA Responsabilità medica e mediazione obbligatoria Assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile in materia sanitaria? Sapessi com’è strano respirare a Milano: la parola a Stefano Centanni Dipendenza patologica: breve storia nella società occidentale I giovani dentisti e il domani della professione

Giornale ordine medici milano 2011

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Giornale ordine medici milano 2011

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Ordine Provinciale Medici Chirurghi e Odontoiatri Milano

OO ddi P i i ll M dii i Chhii hi

1|2011

Poste Italiane SpA - Spedizione in abbonamento postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art.1, comma 2 DCB Milano)

ANNO LXIVGENNAIO -MARZO

INCHIESTAResponsabilità medica e mediazione obbligatoria

Assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile in materia sanitaria?Sapessi com’è strano respirare a Milano: la parola a Stefano CentanniDipendenza patologica: breve storia nella società occidentaleI giovani dentisti e il domani della professione

[email protected] 1 07/02/11 16.23

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Collegati con l’Ordine www.omceomi.it

Ricordiamo che, ai sensi dell’art. 16 comma 7 D.P.R. 185/2008, sei tenuto a comunicarci il tuo indirizzo di Posta Elettronica Certifi cata (PEC). Se non lo hai già fatto, segnalalo inviandolo a: [email protected].

DirigenteGabriella SARTONI tel. 02.86471403

Commissione Odontoiatri - Aggiornamento/ECMDott.sa Marina CASERTA tel. 02.86471405

Segreteria del Presidente Segreteria commissioni Laura CAZZOLI tel. 02.86471413

Segreteria del Vice PresidenteSegreteria del Consigliere Segretario Giusy PECORARO tel. 02.86471410

Area giuridica amministrativaAvv. Mariateresa GARBARINI tel. 02.86471414

ENPAM - Pratiche pensioni Gabriella BANFI tel. 02.86471404

Uffi cio iscrizioni, cancellazioni, certifi cati Sarah BALLARE’ /Aggiornamento ECM tel. 02.86471401Alessandra GUALTIERI tel. 02.86471402Lorena COLOMBO tel. 02.86471412Maria FLORIS tel. 02.86471417

Contabilità/Economato Antonio FERRARI tel. 02.86471407 Fernanda MELIS tel. 02.86471409

Uffi cio StampaCinzia PARLANTI tel. 02.86471400 Segreteria Commissione OdontoiatriSilvana BALLAN tel. 02.86471448 [email protected]

Pubblicità sanitaria e Psicoterapeuti Laura LAI tel. 02.86471420

CEDRossana RAVASIO tel. 02.86471419 Lucrezia CANTONI tel. 02.86471424 [email protected]

Centralino tel. 02.864711

Si prega chiamare direttamente i numeri degli uffi ci per evitare intasamenti sulla linea principale.

I telefoni dell’Ordine

[email protected] 1 07/02/11 16.23

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EditorialeProfessione medica in via di estinzione?Ugo Garbarini 2

InchiestaResponsabilità medica e mediazione obbligatoriaMaria Cristina Parravicini 4

IntervistaLa formazione del mediatoreFederica Barberis 10

AttualitàUn’alleanza tra cittadini e chirurghiMaria Cristina Parravicini 12

L’opinioneSoluzione possibileEnrico Pennasilico 14

IntervistaSapessi com’è strano respirare a MilanoPaolo Egasti 16

AttualitàDipendenza patologicaEdoardo Cozzolino 22

CelebrazioneUn secolo di storiaMaria Cristina Parravicini 30

Finestra sul futuro dell’odontoiatriaI giovani dentisti e il domani della professioneLorena Origo 34

PrevidenzaLe specializzande e la tutela della maternitàFrancesco Brasca e Salvatore Altomare 38

Corsi ECM 42

Domande frequentiEducazione continua in medicinaSalvatore Altomare 50

Medici e avvocatiConfronto sulle responsabilità professionaliMartino Massimiliano Trapani 53

Paziente anzianoCurare e gestire l’invecchiamentoLorena Origo 50

Notizie 54

In ricordo di… 55

In libreria 56

Organo uffi ciale di stampa dell’Ordine

Provinciale dei Medici Chirurghi

e degli Odontoiatri di Milano

Inviato agli Iscritti e ai Consiglieri

degli Ordini d’Italia

[bollettino OMCeOMI] 1/2011 GENNAIO-MARZO

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Sommario

Autorizzazione Tribunale di Milano n° 366 del 14 agosto 1948Iscritta al ROC Registro degli Operatori di Comunicazione al n. 20573 (delibera AGCOM n. 666/08/CONS del 26 novembre 2008).

Direttore Responsabile: Ugo GarbariniComitato di Redazione: Valerio Brucoli, Dalila Patrizia Greco, Maria Grazia Manfredi, Luigi Paglia, Roberto Carlo Rossi

Redazione e realizzazione Tecniche Nuove SPAVia Eritrea 2120157 Milano - ItalyRedazione: Cristiana Bernini - 02 39090689Impaginazione: Alessandra Loiodice - 02 39090671 e-mail [email protected] Segreteria Cinzia ParlantiVia Lanzone 31 – 20123 MilanoTel 02 86471400 – Fax. 02 86471448e-mail: [email protected]

Gli articoli e la relativa iconografi a impegnano esclusivamente la responsabilità degli autori. I materiali inviati non verranno restituiti. Il Comitato di Redazione si riserva il diritto di apportare modifi che a titoli, testi e immagini degli articoli pubblicati. I testi dovranno pervenire in redazione in formato word, le illustrazioni su supporto elettronico dovranno essere separate dal testo in formato TIFF, EPS o JPG, con risoluzione non inferiore a 300 dpi.

Stampa: Arti Grafi che Boccia, Salerno (SA)

TrimestralePoste Italiane SpA – Spediz. In abbonamento postale D.L. 353/2003 (conv. In L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1, comma 2, DCB Milano

Dati generali relativi all’OrdineConsiglio DirettivoPresidenteUgo GarbariniVice PresidenteRoberto Carlo RossiSegretarioSalvatore G. AltomareTesoriereAngiolino BigoniPresidente OnorarioRoberto AnzaloneConsiglieriLeandro Aletti, Gianpiero Benetti, Francesco M.A. Brasca, Valerio Brucoli, Dino Dini, Claudio Gatti,Giovanni Campolongo, Luigi Di Caprio, Raffaele Latocca,Maria Grazia Manfredi, Luigi Paglia,Massimo Parise, Giordano P. Pochintesta,Ugo G. Tamborini, Maria Teresa Zocchi

Commissione OdontoiatriPresidenteValerio BrucoliSegretarioErcole RomagnoliComponentiDino Dini, Claudio Gatti, Luigi Paglia

Collegio Revisori dei Conti PresidenteGiovanni CantoComponentiLuciana Maria Bovone, Paola PifarottiTito Pignedoli

Anno LXIV - 1/2011 gennaio-marzo

Ordine Provinciale Medici Chirurghi

e Odontoiatri MilanoO did P i i l Ml di i Chi hi hi

1|2011

Poste Italiane SpA - Spedizione in abbonamento postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art.1, comma 2 DCB Milano)

ANNO LXIVGENNAIO -MARZO

INCHIESTAResponsabilità

medica e mediazione obbligatoria

Assicurazione obbligatoria per la responsabilità

civile in materia sanitaria?

Sapessi com’è strano respirare a Milano:

la parola a Stefano Centanni

Dipendenza patologica: breve storia nella società occidentale

I giovani dentisti e il domani della professione

[email protected] 1 09/02/11 16.15

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Un problema importante, che si affaccia all’orizzonte del mondo sanitario ma che già era previsto come un’incombente minaccia, è quello della progressiva carenza di personale medico. Recentemente è stato rilevato che, a tutt’oggi, mancano 47.000 medici. Questa carenza è stata sino ad ora fronteggiata con l’assorbimento dei laureati della bolla degli anni ’80 ma il futuro si prefigura drammatico. È prevista l’uscita dalla professione attiva entro il 2025 del 38% dei medici che oggi hanno un’età tra i 51 e i 59 anni e di poco cambiano le prospezioni se si aumenta di due anni l’uscita dal servizio attivo.

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EDITORIALE

Ugo Garbarini

Professione medica in via di estinzione?

dell’incapacità dei reggitori della cosa pubblica di pensare nel tempo spinti solo dal quotidiano: la politica delle pezze applicate qua e là ove si rendono necessarie.Ci si verrà a trovare come l’Inghilterra con la necessità di chiamare medici da ogni dove per sopperirne la mancanza. Il momento critico è previsto a partire dal 2015 ma, già oggi, mancano radiologi e anestesisti per non parlare dei pediatri, degli ortopedici, dei ginecologi. Questo è stato l’argomento dibattuto nel corso del Convegno romano indetto dalla FNOMCeO nei giorni 2-3 dicembre. Il punto nodale è la riqualificazione della professione soprattutto dal punto di vista “umanistico” ma si è focalizzata l’attenzione sull’urgenza di ribaltare, modificandola, la politica di ingresso alla Facoltà, eliminando o riducendo quegli assurdi test nozionistici, sostituendoli magari con test psicoattitudinali che potrebbero dare più qualità alla professione. Ma a poco servirebbe aumentare il numero degli accessi a Medicina, solo modestamente aumentato in questi ultimi tempi, se non si dilatasse il collo di bottiglia dell’accesso alle specializzazioni. È necessario togliere quell’assurda disposizione per cui solo specialisti possono entrare negli ospedali, formando gli stessi, piccoli

Nei prossimi 10-15 anni lasceranno la professione 115.000 medici: il 48% dei medici della dipendenza, il 62% dei medici convenzionati per la Medicina Generale, il 58% dei pediatri di libera scelta, il 55% degli specialisti ambulatoriali. Nel contempo, si allarga sempre più assurdamente la forbice tra le iscrizioni all’Università e il fabbisogno di medici. Questo è il frutto di un’incapacità di previsione e quindi di programmazione: dalla liberazione degli accessi a Medicina con la legge Codignola e la conseguente pletora con la dequalificazione dei contenuti formativi alla carenza, di fatto già presente, a dimostrazione

U

[email protected] 2 08/02/11 10.41

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EDITORIALE

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numeri comunque, nelle corsie universitarie. Occorre che l’Università faccia qualche passo indietro e, nulla togliendo delle loro competenze, che consenta che gli Ospedali, avendone i requisiti, diventino centri di formazione degli specialisti affiancando le scuole di specializzazione. A fronte dell’indebolimento del comparto medico abbiamo segnali preoccupanti da altre parti: nel momento in cui si parla di abolizione degli Ordini professionali, ne sono in gestazione cinque nuovi con ventidue albi di professioni sanitarie indipendenti. La sovrapposizione di queste con gli ambiti lavorativi propriamente medici prefigura scenari di conflitti soprattutto laddove i medici siano carenti. In alcune regioni quali la Toscana e l’Emilia con il progetto “see and treat” e con il “fast and track surgery” già si invade violentemente l’ambito medico della diagnosi e della cura, attribuendo ad infermieri pur “adeguatamente formati” decine di funzioni di pertinenza medica. Ci siamo opposti, aderendo alla denuncia alla Procura fatta dall’Ordine di Bologna prefigurandosi in capo ai medici, comunque considerati responsabili, ipotesi di prestanomismo e, agli esecutori, di abusivismo. Non mancano segnali anche nella nostra regione. Si sta inserendo in Lombardia, si direbbe quasi alla chetichella, qua e là in qualche provincia, un’operazione di riforma del servizio del “118” che prevede la scomparsa del medico, sostituito dall’infermiere ovviamente “adeguatamente formato”. Queste operazioni non sono esenti da evidenti criticità: da un punto di vista della difesa del cittadino e, perché no, della nostra categoria che vede molti medici del tutto disoccupati o sotto-occupati con paghe orarie indegne.

La medicina è professione, lo si riconosca, difficile che richiede tanto sapere e tanto saper fare. Il medico è formato per questo e non a caso la facoltà medica è quella che, da sempre, ha richiesto più anni di studio, anni che ora sono ancor più aumentati quando si pensi ai corsi di specializzazione e a quelli di formazione per il medico di medicina generale, vera e propria nuova specialità. È anche evidente che, nell’emergenza e nell’urgenza, non si tratta solitamente di fare diagnosi di difficili e rare patologie ma di essere pur sempre in grado di operare una tempestiva valutazione delle condizioni cliniche per attuare un’altrettanto tempestiva terapia di supporto e di stabilizzazione di queste. Qual è per tutto questo l’adeguata formazione di qualche mese peraltro di figure diverse da quella del medico? Perché non è poca cosa quella che si richiede agli infermieri dei Msi nel momento in cui si parla di effettuare la “valutazione dell’evento e del paziente (diagnosi!) incluso il riconoscimento di condizioni complesse (!!) che vengono rilevate e trasmesse al medico presente nella centrale operativa attraverso la telemetria e le telecomunicazioni…”. Su questa base si afferma, ciò non di meno, che il medico della Coeu (acronimo di centrale operativa emergenze-urgenze) è “responsabile della formulazione dell’ipotesi diagnostica e dell’eventuale prescrizione farmacologica”. L’Ordine ha preso una posizione netta contro il documento “ruoli e funzioni del medico nelle equipe multi professionali” con un forte richiamo e un’altrettanta forte richiesta di intervento della Federazione sul tema: da questa ci si aspetterebbe una maggior forza di intervento. La clinica non esiste più, la semeiotica a seguire, la medicina, come andrebbe

praticata, anche. Ipotizziamo, così tanto per fare un esempio, il caso di un paziente affetto da una pur rara angina di Prinzmetal in cui l’onda lesionale patognomonica, al momento della registrazione elettrocardiografica, si è già riportata all’isoelettrica. Il tracciato, che può essere del tutto normale, trasmesso in telemetria al medico responsabile (in realtà semplice lettore) non potrà che indurlo a formulare un giudizio di normalità. Cosa succederà? Sono tutte fughe in avanti sottese da motivazioni anche, all’apparenza, etiche: aumentare gli stazionamenti di pronto soccorso, ridurre i costi, in sostanza dare di più in quantità spendendo di meno. Ma, come da sempre sosteniamo, la strada perseguita può essere fonte di molti dispiaceri. Non parliamo poi delle farmacie assunte al rango di punto centrale dell’assistenza sanitaria con la fornitura di molti servizi anche diagnostico-strumentali. Si comincia sempre da qualche esperienza nata in altre realtà geodemografiche che vengono poi trasferite, pari pari, nel nostro contesto. Su un recente numero degli Archives of Internal Medicine si esperimenta il coinvolgimento dei farmacisti nel trattamento e nella gestione dell’ipertensione arteriosa con possibilità di aggiustamento anche della terapia. L’Ordine ha fatto sentire la sua forte (ma flebile nel contesto del silenzio altrui) voce contro il D.Lgs 153/2009 sulla centralità delle farmacie nel coordinare l’attività di infermieri e medici del territorio. Questa è una situazione che impone tempestivi e robusti interventi da parte della Federazione e da parte dei singoli Ordini per la difesa della Medicina, del cittadino e degli iscritti già sin troppo penalizzati ed umiliati.

[email protected] 3 08/02/11 10.41

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INCHIESTA

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Maria Cristina Parravicini Responsabilità medica e mediazione obbligatoria

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Le novità introdotte dal decreto legislativo 28/2010 in attuazione delle disposizioni dell’art. 60 della legge 69/2009 in materia di “Mediazione fi nalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali”

a mediazione? Semplice ed effi cace”. È lo slogan che ha dato il via alla campagna di

comunicazione, voluta dal guardasigilli Angelino Alfano, per far conoscere ai cittadini il nuovo strumento di risoluzione delle controversie civili che, a partire dal marzo del 2011, renderà obbligatorio il tentativo di mediazione tra le parti. Suddetto strumento giuridico si propone di disincentivare il ricorso in tribunale, con lo scopo di ridurre progressivamente l’arretrato che grava sul sistema giustizia. Come però ha ricordato lo stesso Ministro Alfano (Genova, Congresso Nazionale Forense, 26-27 novembre 2010) «la mediazione civile non cancella il grado giurisdizionale. Se la mediazione fallisce si va dal giudice. E si va dal giudice per volontà di una delle due parti». Alfano ha poi sottolineato che «nel regolamento abbiamo dato la possibilità chiara, aperta, di farsi guidare dall’avvocato che per me è fondamentale nel processo di mediazione. E i fatti mi daranno ragione». L’unica alternativa a questa strada (il provvedimento sulla mediazione obbligatoria è stato fortemente contestato dagli avvocati

riuniti a Genova che ne hanno chiesto l’abrogazione, ndr), secondo il Ministro, sarà «la cancellazione della mediazione».

Risarcimento del danno da responsabilità medica«L’aspetto del Decreto legislativo 28/2010 che noi abbiamo contestato e continuiamo a contestare – dichiara l’avvocato Paolo Giuggioli, Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Milano – non è tanto la conciliazione di per sé, ma la sua obbligatorietà; obbligatorietà che, tra l’altro, non è prevista in nessun paese del mondo, Argentina a parte. Inoltre, l’Art. 24 della nostra Costituzione recita che il cittadino ha il diritto di andare davanti a un giudice e non davanti

al mediatore per la conciliazione: la conciliazione è un’ipotesi, nel senso che può avvenire prima di andare davanti al giudice, senza però il vincolo dell’obbligatorietà.Questa, a mio avviso, è una delle criticità del Decreto. Alcune materie infatti, a parte quella medica che forse è l’unica sulla quale ritengo che la mediazione per la conciliazione possa avere, pur tra i distinguo, una sua grossa rilevanza, hanno caratteristiche tali da non essere conciliate» (le azioni che devono essere precedute dall’esperimento della mediazione sono elencate dall’art. 5, comma 1 d.lgs. 28/2010, mentre i procedimenti che ne sono esclusi sono specifi cati dal comma 4 dell’art. 4, n.d.r.). Ritornando alle controversie in materia

[email protected] 4 07/02/11 16.35

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INCHIESTA

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di risarcimento del danno derivante da responsabilità medica, l’avv. Giuggioli osserva che «la mediazione per la conciliazione potrebbe avere un ruolo molto importante nel senso che le richieste che normalmente vengono fatte al medico che si presume abbia commesso degli errori in ambito professionale sono generalmente “gonfi ate” circa l’entità del danno. Sappiamo che si tratta di un settore in cui il contenzioso ha subito, nel corso degli ultimi anni, un signifi cativo

aumento, ponendo seri problemi di gestione della confl ittualità stessa, delle responsabilità dei costi dovuti ai risarcimenti, del rapporto con l’utenza. Per queste ragioni e in funzione della normativa che impone lo strumento dell’obbligatorietà nella mediazione per la conciliazione, come Consiglio dell’Ordine abbiamo ritenuto utile aprire diversi canali di confronto e dialogo con strutture ospedaliere, aziende ed enti impegnati, a vario titolo, in questo campo, volendo offrire

la competenza e la professionalità della categoria forense milanese e l’esperienza nel campo della conciliazione che, attraverso il nostro Organismo di Conciliazione Forense, abbiamo maturato in questi anni. Con l’Ordine dei Medici di Milano abbiamo stilato, lo scorso 8 giugno, un protocollo che prevede l’impegno continuativo da parte nostra ad attivare e gestire un servizio di conciliazione rivolto in modo specifi co alle controversie in materia di risarcimento

La mediazione è l’attività professionale svolta da un terzo imparziale e fi nalizzata ad assistere due o più soggetti sia nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione della controversia, sia nella formulazione di una proposta per la risoluzione della stessa. Il mediatore è la persona o le persone che, individualmente o collegialmente, svolgono la mediazione rimanendo prive, in ogni caso, del potere di rendere giudizi o decisioni vincolanti per i destinatari del servizio medesimo. Il mediatore è un professionista con requisiti di terzietà. L’organismo presso il quale il mediatore presta la sua opera è vigilato dal Ministero della Giustizia. Registro degli organismi di mediazione. La mediazione può svolgersi presso enti pubblici o privati iscritti nel registro tenuto presso il Ministero della Giustizia e che erogano il servizio di mediazione nel rispetto del regolamento interno di cui sono dotati, approvato dal Ministero.Dal 20 marzo 2011 la mediazione sarà obbligatoria anche nei casi di controversia in materia di responsabilità medica.Provvedimenti giudiziali urgenti: anche nei casi di mediazione obbligatoria, è sempre possibile richiedere al giudice i provvedimenti che, secondo la legge, sono urgenti e indilazionabili. Procedimento di mediazione: la mediazione si introduce con una semplice domanda all’organismo, contenente l’indicazione dell’organismo investito, delle parti, dell’oggetto della pretesa e delle relative ragioni. Le parti possono scegliere liberamente l’organismo. In caso di più domande, la mediazione si svolgerà davanti all’organismo presso cui è stata presentata e comunicata dalla controparte la prima domanda. In caso di insuccesso della mediazione, nel successivo processo il giudice potrà verifi care che la scelta dell’organismo non sia stata irragionevole.

Mediazione durante il processo: nel corso del processo le parti, anche su invito del giudice, possono sempre esperire la mediazione.Durata della mediazione: il procedimento ha una durata massima di 4 mesi.Esito della mediazione: l’accordo raggiunto con la collaborazione del mediatore è omologato dal giudice e diventa esecutivo. Nel caso di mancato accordo, il mediatore può fare una proposta di risoluzione della lite che le parti restano libere di accettare o meno.Proposta del mediatore: il mediatore deve fare la proposta se le parti concordemente glielo chiedono. Negli altri casi il mediatore può fare la proposta se il regolamento dell’organismo lo prevede. Se la proposta non viene accettata e il processo davanti al giudice viene iniziato, qualora la sentenza corrisponda alla proposta, le spese del processo saranno a carico della parte che ha rifi utato ingiustifi catamente la soluzione conciliativa.Riservatezza: nessuna dichiarazione o informazione data dalle parti nel procedimento di mediazione può essere utilizzata nel processo. Nessuna dichiarazione o informazione data da una parte solo al mediatore può essere rivelata alla controparte, e ogni violazione viene sanzionata. Tutte le informazioni riservate sono in ogni caso inutilizzabili in ogni successivo o eventuale processo. Spese della mediazione: le indennità dovute al mediatore sono stabilite dal decreto del Ministro della Giustizia per gli organismi di mediazione pubblici. Gli organismi di mediazione privati possono stabilire liberamente gli importi, ma le tariffe devo essere approvate dal Ministro della Giustizia. La mediazione è gratuita per i soggetti che nel processo benefi ciano del gratuito patrocinio: in questo caso, all’organismo non è dovuta alcuna indennità.

LA MEDIAZIONE IN PILLOLE

[email protected] 5 07/02/11 16.35

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INCHIESTA

del danno derivante da responsabilità medica e odontoiatrica di natura contrattuale ed extracontrattuale». L’Ordine degli Avvocati di Milano, in collaborazione con l’OMCeOMI, si occuperà inoltre della formazione del personale che sarà interessato al progetto con l’organizzazione e la gestione di corsi specifi ci. Il progetto verrà sostenuto anche nei confronti delle compagnie di assicurazione

sono i tempi necessari per fare una consulenza e una contro consulenza? Ci vogliono almeno sei mesi, un anno. Questa è una delle tante leggi che vengono fatte «a occhio», che non sono studiate nelle diverse peculiarità nell’ambito delle quali si sarebbe dovuto individuare e discriminare che cosa poteva essere effettivamente fatto. Noi abbiamo individuato delle pratiche introdotte nella mediazione per la conciliazione che hanno della follia. Ci sono poi altri tipi di materie che sono state completamente disattese. Il diritto penale non esiste, il diritto amministrativo non ha attività di nessun genere e lo stesso vale per il diritto tributario».Quanto alla necessità di differire il termine di entrata in vigore dell’obbligatorietà del procedimento di conciliazione ad almeno 12 mesi dalla pubblicazione dei decreti attuativi, l’avv. Giuggioli ritiene che «se i dodici mesi dovessero servire per riesaminare meglio tutta la legge e soprattutto per arrivare a dire che alla fi ne dell’operazione la mediazione per la conciliazione non diventa obbligatoria, potrebbe andare bene; ma se i dodici mesi sono una pura e semplice operazione per rinviare e basta, come d’uso in Italia, e l’obbligatorietà rimarrà tale e quale, io credo che serva relativamente. Nei dodici mesi l’unica cosa, forse, che si potrebbe fare sarebbe quella di vedere l’impatto che la mediazione non obbligatoria potrebbe dare sull’attività».Ritornando al diverso effetto che l’istituto della mediazione per la conciliazione potrà avere a seconda dell’entità dell’errore medico, l’Avv. Giuggioli precisa che «le bazzecole sono sempre bazzecole, ma sono

normativamente interessate ad esso, come enti assicuratori della RC professionale e assicuratori dei soggetti interessati.«Nel caso di danni medici molto gravi – osserva Giuggioli – l’obbligatorietà della mediazione/conciliazione dimostra la sua assurdità: dato che il mediatore non è un medico questo signifi ca che si fa due volte la perizia? Una volta davanti al mediatore e la volta successiva davanti al giudice? Di questo aspetto, che ha dell’assurdo, il legislatore non ha tenuto alcun conto. Non ha infatti valutato quali pratiche, per la loro stessa natura, potessero essere materia per il mediatore ai fi ni della conciliazione; il mediatore della conciliazione infatti può essere un avvocato, un neo-laureato (laurea triennale), o essere iscritto genericamente a un Albo professionale. Tutte persone rispettabilissime, ma come faranno ad avere l’esperienza e soprattutto la competenza necessarie? I termini della mediazione sono previsti in quattro mesi. Ma sappiamo quali

Paolo Giuggioli, Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Milano

Una diversa opinione rispetto a quella espressa dal plenum forense emerge nel corso del congresso nazionale dell’Associazione Nazionale Magistrati (Roma, 26-28 novembre 2010) in cui il presidente Luca Palamara ha dato atto al Governo che il D.Lgs. 28/2010 sulla mediazione è una delle riforme positive attuate per migliorare la giustizia civile. In particolare, Palamara ha dichiarato che «molti interventi appaiono di indubbia valenza positiva; tra questi la delega al Governo di uno o più decreti legislativi in materia di mediazione e conciliazione in ambito civile e commerciale». Palamara ha infi ne ricordato che «occorre intraprendere decisamente e senza più indugi la strada della semplifi cazione e della drastica riduzione dei riti processuali. Sul punto è necessario che gli istituti della mediazione e della conciliazione, così come disciplinati dal D. Lgs. 4 marzo 2010 n. 28 che ha dato attuazione alla delega contenuta nell’Art. 54 della Legge n. 69 del 2009, siano realizzati non come alternative al processo e come mezzi di «liquidazione» dei confl itti, come tramite per il loro superamento. È quindi necessario che tutti questi interventi vengano adottati tempestivamente per consentire il reale funzionamento della giustizia civile».

UNA POSIZIONE DIFFERENTE

[email protected] 6 07/02/11 16.35

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INCHIESTA

[bollettino OMCeOMI] 1/2011 GENNAIO-MARZO

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anche quelle per le quali non si fanno nemmeno le cause. Noi, come Ordine, avevamo raggiunto degli accordi con la Regione per le questioni relative al mancato pagamento dei canoni (telefonia mobile ecc.): si tratta di somme modeste per cui non avrebbe senso avviare una causa. È vero, però, che esistono alcune categorie di atti che, a mio avviso, a prescindere da qualsiasi considerazione, non possono essere oggetto della mediazione per la conciliazione. Ho fatto qualche esempio, ma ce ne sono tanti altri che non sono conciliabili e questo non è stato preso in considerazione dal legislatore che si è limitato a dare delle indicazioni che servono solo ed esclusivamente – forse – per eliminare del lavoro ai magistrati. Ma questo la nostra Costituzione non lo prevede».Esaminando la possibilità che la mediazione non sortisca alcuna conciliazione e le parti vadano a giudizio, chiediamo all’avv. Giuggioli se le conclusioni emerse in fase di tentata conciliazione avranno un riscontro in fase di giudizio. «Il Decreto legislativo ha creato questa ipotesi che è rappresentata dal fatto che una conciliazione non raggiunta determina conseguenze abbastanza rilevanti; se per esempio non si è accettata la proposta del mediatore e si va in causa, se la somma che verrà poi liquidata dal giudice si avvicinerà a quella proposta dal mediatore, la parte vincitrice dovrà pagare anche le spese, e questa è una follia. Tutto l’impianto di questo decreto si traduce nell’impedire al cittadino di rivolgersi al magistrato». L’avv. Giuggioli conclude ricordando che «noi abbiamo circa 5 milioni e mezzo di cause civili arretrate. Un’operazione di stralcio è stata avviata

nel 1998 con il compito di smaltire uno stock di pendenza quantifi cato in circa 800 mila cause. Dopo 15 anni si ventila l’ipotesi di istituire nuovamente sezioni stralcio per lo smaltimento di una buona parte dell’attuale arretrato.Il Problema dell’arretrato non può essere risolto attraverso l’instaurazione della mediazione conciliazione che al massimo potrà servire per il futuro della giurisdizione.La creazione di nuovo arretrato dovrà essere impedito anche dal controllo da parte dei dirigenti delle sezioni di Tribunale e Corte d’Appello sulle modalità attraverso le quali i giudici delle sezioni trattano e smaltiscono le pratiche introitate durante l’anno.

La figura del mediatore secondo il medico legalePer Umberto Genovese, coordinatore del Laboratorio di Responsabilità Sanitaria della Sezione Dipartimentale di Medicina Legale dell’Università degli Studi di Milano, «dal punto di vista concettuale si tratta di un provvedimento interessante che raccoglie un’esigenza in Sanità, vale a dire quella di mettere a confronto il sanitario che forse ha sbagliato e il paziente che ritiene di aver subito un danno. Si tratta, pertanto, di una soluzione più volte auspicata e che potrebbe condurre ad un utile interazione tra le parti, anche se vi sono da rilevare, da un punto di vista pratico-attuativo, alcune criticità. Tra le motivazioni che sono alla base di questa soluzione vi è senz’altro quella di cercare di bypassare quelle diffi coltà e quelle lungaggini legate al percorso giudiziario per i casi di responsabilità professionale sanitaria, che non solo ha tempi estremamente lunghi, ma

comporta esborsi economici e stress psicologici non indifferenti, per tutti. Non sono però certo che ciò possa essere certamente garantito, per varie problematiche. Infatti, se può ritenersi percorribile effi cacemente nei casi semplici, piccoli come entità di danno alla persona e di esborso economico, nei casi complicati, vale a dire in quelli di responsabilità professionale articolata, sarà estremamente diffi cile sperare di raggiungere, nei tempi fi ssati e con i mezzi che si hanno a disposizione, soluzioni defi nitive. Soluzioni, e questo è un altro timore, che potrebbero anche essere raggiunte con l’accordo tra le parti, ma senza che si faccia una chiara luce, da un punto di vista tecnico, sull’accadimento in concreto verifi catosi».Prosegue Genovese: «l’ambito in discussione è uno dei più ostici e delicati in Sanità. La maggiori parte dei casi che vengono affrontati nel contenzioso da responsabilità professionale, non sono bianchi o neri, ma grigi. L’eventuale comportamento censurabile non è

Umberto Genovese, coordinatore del

Laboratorio di Responsabilità

Sanitaria della Sezione

Dipartimentale di Medicina Legale

dell’Università degli Studi di Milano.

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INCHIESTA

sempre individuabile facilmente e alla pari il corretto operato non sempre traspare inequivocabilmente; per non soffermarsi poi sulla correlazione causale tra quanto fatto o non fatto e le conseguenze lamentate dal paziente. Un rigoroso approccio interpretativo e valutativo dei fatti in discussione richiede studio minuzioso, cultura ed esperienza medico-legale e clinica e, pertanto, effi cace collegialità (medico-legale/specialista clinico). Di conseguenza, richiede tempo. Per non soffermarci, poi, su tutte le fi gure che dovrebbero porsi (direttamente o attraverso i loro rappresentanti) attorno ad un tavolo: il paziente o i suoi eredi, i diversi professionisti sanitari (medici, infermieri…), l’azienda ospedaliera, nonché le compagnie assicurative (che tutelano ciascun soggetto coinvolto). A tale proposito credo che forse si sia un poco trascurato il ruolo di queste ultime, così come quello, per i casi interessanti la sanità pubblica, della Corte dei Conti. Anche quest’ultima dovrà essere presente o vi dovrà essere il timore di aver raggiunto accordi che poi verranno dalla stessa contestati, con inevitabili ripercussioni economiche per i singoli e le strutture?». Prosegue Genovese: «Credo non possa essere inoltre trascurato che se poi la risoluzione dovesse essere raggiunta dalle parti attraverso la mancata attuazione di una rigorosa analisi tecnica e medico-legale degli eventi, ne deriverebbe, a distanza, un inevitabile ritorno negativo per la professione sanitaria, se non anche per la cultura dell’errore e per la gestione del rischio clinico che si stanno cercando di implementare in Sanità. Ciò non vuole signifi care che questa non sia la

strada giusta, ma di porre attenzione su come percorrerla. A questo ultimo proposito sarà indispensabile, tra l’altro, prepararsi bene al viaggio. E questo è un argomento estremamente delicato: se da una parte è indispensabile che venga attuata un’opera di formazione, dall’altra non deve essere trascurata la qualità e l’autorevolezza di quest’ultima. Gli enormi interessi economici che ruotano attorno a questo ambito formativo fanno purtroppo temere l’oggettivo rischio di prevalenza della sola prima esigenza. Tale timore mi deriva da quanto già accaduto per i percorsi formativi riguardanti il clinical risk management».Sostiene Genovese: «In merito alla fi gura professionale del mediatore, risulta scontata la mia identifi cazione in quella dello specialista in Medicina Legale, essendo quest’ultimo, d’altra parte, il tecnico che elettivamente si è sempre occupato del fenomeno in discussione. Credo, però, risulti indispensabile attuare una preliminare e concordata opera selettiva e formativa, non sostenuta da interessi di categorie e/o professioni. Quest’ultima, a mio avviso, dovrebbe condurre ad un tavolo di lavoro progettuale gli Ordini, le Società Scientifi che, le Sanità regionali e l’Università, potendo immaginare un percorso informativo/formativo che veda in quest’ultima la base terza di un fattivo sinergismo con le altre componenti. Credo infi ne che la proposta dell’Istituto di Medicina Legale come eventuale ente conciliativo non soltanto vedrebbe la completa disponibilità di quest’ultimo, ma potrebbe garantire una terzietà che da sempre contraddistingue le attività che vengono compiute al suo interno».

Funzione dell’Assicurazione e impatto all’interno della conciliazioneDi particolare interesse è, a questo punto, ascoltare le valutazioni che, nel merito, pronunciano Attilio Steffano, broker assicurativo, e Lavinia Vercesi, avvocato del Foro di Milano, entrambi professionisti che collaborano con il Laboratorio di Responsabilità Sanitaria, Dipartimento di Medicina Legale e delle Assicurazioni, dell’Università degli Studi di Milano.A Staffano chiediamo di spiegare qual è attualmente la percezione del mondo assicurativo rispetto alla responsabilità medica e alla conciliazione: «Non

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INCHIESTA

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le Compagnie di assicurazione chiedono che l’assicurato svolga una prima istruttoria della vertenza che permetterà, di conseguenza, di approfondire gli aspetti dell’eventuale fondatezza della domanda (sia nel merito, ma anche rispetto a scelte aziendali di opportunità); ove lo decida, quindi, cercherà di percorrere la strada transattiva. Se tale scelta fallisce, cosa potrà mai determinare il liquidatore (che, non dimentichiamoci, deve rispondere del suo operato davanti agli azionisti) alla decisione di conciliare? Altro sarebbe se l’onere di risarcire fosse statuito dal pronunciamento di un giudice». Ma anche l’avv. Vercesi nutre gli stessi dubbi circa la portata effettivamente defl attiva del D.Lgs. 28/2010? La sua prima considerazione concorda con quella di Steffano, nel senso che non c’è dubbio che i professionisti sanitari e le strutture ricevano un notevole numero di richieste di risarcimento danni, più o meno fondate. «Ciò è dovuto non tanto e non solo al fatto che oggigiorno i medici sbaglino di più, quanto, da una parte, al modifi cato regime temporale delle polizze (da loss occurance a claims made), dall’altra, agli interventi giurisprudenziali sui termini prescrizionali del diritto al risarcimento: il risultato è che attualmente vengono avanzate pretese per fatti molto risalenti nel tempo, alle quali, poi, devono sommarsi quelle per fatti più recenti». «Circa l’impatto defl attivo del decreto di prossima applicazione non sarei così scettica – prosegue Vercesi – se pensiamo che, oramai (e anche questo è un tema critico dipendente dalle scelte commerciali delle Assicurazioni), le franchigie delle polizze per la responsabilità sanitaria si

sono innalzate. Penso soprattutto alle Aziende ospedaliere. Con ciò voglio dire che, stando così le cose, le strutture sanitarie che abbiano già al proprio interno un Comitato Valutazione Sinistri effi cace e che gestisce in (quasi) autonomia i sinistri sotto franchigia potranno profi cuamente sedersi intorno al tavolo della conciliazione e provare a trovare un punto di incontro con il paziente. Per le strutture ove questo non accade, ritengo che l’opportunità offerta dal Legislatore, possa essere uno stimolo al cambiamento. Certo, non possiamo nasconderci che, per i sinistri più gravi e più carichi di impatto emotivo e di “revanche”, forse credere che tutto si risolva (e positivamente) in 4 mesi è sicuramente un po’ azzardato, se pensiamo che intorno al tavolo della conciliazione potremmo trovare seduti il paziente oppure, in caso di decesso, gli eredi, il medico o i medici (vedasi la responsabilità d’équipe), ognuno di questi, potenzialmente, con il proprio avvocato e/o il proprio assicuratore». Posso ipotizzare – conclude Lavinia Vercesi – che forse le Compagnie di formazione anglosassone, che già conoscono la conciliazione anche in ambito sanitario, saranno le prime ad avvicinarsi; ma è anche vero che per esse non sussiste un obbligo specifi co di sedersi al tavolo della conciliazione. Al di là di alcune questioni tecniche che dovrebbero essere precisate (è una mediazione facilitativa o valutativa? E, su tutte, vi è la questione della formazione specifi ca in materia di responsabilità medica per i conciliatori che si trovino ad affrontare queste fattispecie: d’altra parte, è anche argomento di riforma forense), con un pizzico di ottimismo, penso che in molti casi tentar non nuoce».

possiamo non vedere come le Compagnie di assicurazione, in questi anni, hanno costantemente aumentato i premi assicurativi a fronte del costante incremento del contenzioso in questa materia. L’intento defl attivo del decreto legislativo sulla conciliazione è ammirevole, benché nutro alcune perplessità sulla reale portata dello stesso verso il target prefi ssato. In particolare perché mi chiedo quale possa essere l’ulteriore margine di manovra al tavolo della conciliazione che non sia già stato intrapreso in fase di preventiva trattativa. Provo a spiegarmi meglio: alla comunicazione dell’apertura del sinistro, solitamente

Luca Giordano - Giustizia (1684 -1686), Palazzo Medici-Riccardi, Firenze

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INTERVISTA

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Federica BarberisLa formazione del mediatore

«I

I mediatori sono professionisti che si formano con un corso minimo di 50 ore in tecniche di comunicazione, negoziazione e gestione del confl itto

ndipendentemente dall’introduzione dell’obbligatorietà del

tentativo di conciliazione previsto da questo decreto – dichiara Paola Ventura, avvocato e partner dello Studio Legale e Tributario La Scala – penso che le controversie in tema di responsabilità medica ben si prestino ad essere affrontate attraverso la mediazione, anche se alcuni problemi pratici, trattandosi di un setting un po’ particolare, dovranno essere affrontati e studiati con attenzione e si risolveranno solo dopo aver sperimentato un modello adatto alle peculiarità della materia, che tratta in un unico contesto relazioni del tutto differenti: da una parte c’è il rapporto medico/paziente con tutte le implicazioni emotive del caso, dall’altra le compagnie assicurative e i rappresentanti dell’ospedale che non hanno alcun coinvolgimento emotivo nel confl itto, ed il cui obiettivo è unicamente quello di risolvere la controversia nel modo economicamente più vantaggioso. La complessità della mediazione sanitaria sta nel dover gestire confl itti multiparti nei quali le persone coinvolte hanno obiettivi completamente diversi,

e che possono anche prescindere gli uni dagli altri. È opportuno affrontare il confl itto medico-paziente in un contesto specifi co, in cui un terzo competente ed adeguatamente formato, assiste le parti ristabilendo tra loro un punto di contatto e un canale di comunicazione effi cace; spesso il solo fatto che ci si ascolti e si comprenda realmente cosa è accaduto all’altro, contribuisce a “sgonfi are” il confl itto e può aiutare a raggiungere un accordo o, comunque, il venir meno del contenzioso, indipendentemente dalla effettiva ricerca processuale della verità. È ovviamente indispensabile che ognuna delle parti coinvolte in questo tipo di confl itto, sia pronta a collaborare per il buon esito di questo istituto e ne comprenda i vantaggi e l’utilità. Tra gli aspetti più spinosi da risolvere è sicuramente il coinvolgimento delle compagnie di assicurazione, ancora molto restie e diffi denti nei confronti di questo nuovo istituto. La sfi da è grande e occorre che tutti coloro che potrebbero essere coinvolti diano il loro contributo ad avviare la sperimentazione per l’adozione di un modello effi cace.Per quanto riguarda il mediatore, Ventura ricorda che, «prescindendo

dal nuovo decreto, la fi gura del mediatore è sempre esistita ed è stata un po’ “inventata” (in Italia non esiste un albo dei mediatori). È dalla riforma del diritto societario del 2003 che si è incominciato a parlare di organismi di mediazione ed è possibile iscriversi al registro istituito dal Ministero solo attraverso un organismo, posto che il mediatore non può iscriversi personalmente. E quindi estremamente delicato il compito che questi organismi sono chiamati a svolgere, dato che a loro è rimessa la scelta dei mediatori di qualità ai quali affi dare la gestione delle mediazioni; il decreto 28/2010 fa riferimento a organismi privati e pubblici che diano garanzie di serietà ed effi cienza rinviando ad una norma di rango secondario – cioè al Decreto 180 appena emesso – l’individuazione dei requisiti dei mediatori.Dare poi un contenuto effettivo a termini così generici quali la “serietà ed effi cienza” è un’altra delle sfi de che coinvolgerà, in prima persona, gli ordini professionali e in particolare quelli forensi, avendo il decreto 28 attribuito a questi ultimi una competenza generale, riservando invece agli organismi costituiti da altri

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INTERVISTA

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Ordini professionali, una competenza residuale per le materie riservate alla loro specifi ca competenza.L’Avv. Ventura sottolinea che «i mediatori sono dei professionisti che, in base a questo nuovo decreto, si formano con un corso (minimo) di 50 ore in tecniche di comunicazione, negoziazione e gestione del confl itto; la legge poi dice solo che i mediatoti devono essere in possesso di una laurea triennale o essere dei professionisti iscritti a un albo. La grande responsabilità, quindi, è quella dell’organismo che deve prestare molta attenzione a come seleziona i propri mediatori e a come li forma. Tendenzialmente l’Ordine degli Avvocati sceglie di iscrivere nelle proprie liste solo mediatori avvocati che ha formato o che sta formando, e io mi occupo proprio di formazione per conto della Fondazione Forense. L’Ordine dei Medici di Milano ha ritenuto di non costituire un organismo a sé stante (la costituzione di un organismo comporta degli oneri non indifferenti per gli ordini professionali), e di fare riferimento all’Ordine degli Avvocati. Nell’ambito specifi co della mediazione sanitaria io credo che il modello preferibile sia

quello della co-mediazione prevista dall’art. 8 del decreto n. 28, gestita quindi da due mediatori: un mediatore di formazione giuridica, cioè un avvocato anche esperto in materia di responsabilità sanitaria e un medico anche se ancora non è stata individuata la specializzazione necessaria a quest’ultimo (medico legale piuttosto che medico specialista). Va detto che, a tutt’oggi, ad oltre un anno dalla pubblicazione del decreto la fi gura del mediatore è ancora sconosciuta ai più e questo rappresenta il primo problema da affrontare per arrivare ad avere la consapevolezza dei vantaggi e modi di impiego del tipo di strumento di cui si sta parlando. A questo va aggiunta una certa disomogeneità di linguaggio tra le due professioni che dovranno invece iniziare a sintonizzarsi sul canale della mediazione».Quanto poi al fatto che la mediazione, una volta affermata presso tutti i potenziali fruitori, possa evitare, almeno nella maggior parte dei casi, il ricorso alla magistratura, l’avv. Ventura conclude ricordando che «questo dipende dalla qualità con cui si svolgeranno le mediazioni, come del resto è nell’intento del legislatore che ha voluto offrire uno strumento

complementare al processo inteso come ultima ratio.Nella nostra realtà però il processo è la prima ratio, ovvero il rimedio rappresentato dalla tutela giurisdizionale è visto come il primo e unico rimedio cui si debba far ricorso. Al di là delle scontate battute di quanto ciò convenga agli avvocati, il problema è all’origine della nostra formazione accademica che privilegia il contesto dialettico processuale nel quale alla vittoria di una parte corrisponde necessariamente la soccombenza, sconfi tta, dell’altra. Scoprire e imparare che questo rimedio – il giudizio – è solo uno degli strumenti possibili per affrontare un confl itto, ritenendo che esso si confi guri quale estrema ratio, solo dopo aver tentato altre strade, rappresenta una rivoluzione non da poco; un percorso lungo e diffi cile di costruzione di una nuova consapevolezza che inizia, in primo luogo, dalla formazione dei professionisti e che darà dei risultati – non certo grazie l’obbligatorietà impostaci dal legislatore – ma solo se, nel corso degli anni, riusciremo effettivamente a creare un sistema alternativo alla giustizia ordinaria che funzioni». ■

Paola Ventura, avvocato e

partner dello Studio Legale e

Tributario La Scala

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ATTUALITÀ

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Maria Cristina Parravicini Un’alleanza tra cittadini e chirurghi

«C

ACOI e Cittadinanzattiva aprono un tavolo sul problema della conciliazione

ome ACOI, Associazione Chirurghi Ospedalieri Italiani – dichiara il

presidente Rodolfo Vincenti – siamo attenti osservatori e vediamo che, per quanto riguarda la problematica del contenzioso medico-legale in Italia, si è arrivati a un punto di non ritorno nel senso che i rapporti recentemente pubblicati sia dalle organizzazioni a tutela del cittadino, sia da alcune associazioni scientifi che e istituzionali parlano di un incremento sensibile del numero delle denuncie. Pur avendo ben chiaro che tali dati non rappresentano la realtà oggettiva, non possiamo negare che il problema esista e ha risvolti negativi che condizionano non solo il medico, il cittadino, ma tutto il sistema sanitario. Un’indagine promossa dalla Società Italiana di Chirurgia ha evidenziato che oltre l’80% dei chirurghi nell’arco della vita viene denunciato almeno una volta; si può quindi capire quanto sia diffi cile lavorare in tranquillità in un contesto simile. Ben vengano quindi tutti gli atti che possono in qualche modo ridurre il grande peso ansioso e psicologico che il rischio contenzioso comporta. Oltretutto è bene ricordare che almeno i due terzi dei contenziosi non vanno in giudizio. Sui 30mila contenziosi ipotizzati all’anno, almeno 20mila, quindi, sono inutilmente aperti e rappresentano un peso psico-economico per tutta la Società: avvocati,

medici legali, cittadini, chirurghi ecc. inutilmente coinvolti. La professione del chirurgo è certamente molto variegata, ma oggi non e più soltanto malato, corsia, sala operatoria, ma corsia, sala operatoria, avvocato e tribunale. È diffuso convincimento che non si muore più per una malattia non più curabile, ma per errore di qualcuno. Ben vengano quindi tutte le azioni possibili in grado di ridurre questo peso.

Venendo quindi all’istituto della conciliazione (un arbitrato extragiudiziale che ricerca un accordo consensuale), da una parte siamo soddisfatti che qualcuno abbia pensato a questa soluzione, dall’altra siamo preoccupati perché, visto a priori, potrebbe aprire scenari nei quali i contenziosi potrebbero incrementare esponenzialmente, in quanto percorso gratuito e del tutto facilitato. Ho quindi il timore che se non si pongono dei giusti, corretti e giuridicamente logici paletti, si assisterà ad un incremento enorme delle persone che si rivolgeranno all’istituto della conciliazione. Si tratta di preoccupazione di ampiezza sociale, ma anche individuale, in quanto la fi gura del medico non sembra essere prevista negli adempimenti del conciliatore. Questo per la parte “civile”; se poi rifl ettiamo sull’aspetto “penale” dobbiamo ricordare che il nostro ordinamento assimila l’atto chirurgico

alla coltellata del rapinatore, nel senso che, dal punto di vista di atto violento, il concetto è il medesimo. Il discrimine è che l’atto medico è funzione di un processo terapeutico e del consenso del cittadino a subire la necessaria prestazione. Più volte da parte nostra è stato affermato che non vogliamo depenalizzare l’atto medico, perché sarebbe una rivoluzione epocale, ma vorremmo tanto che in qualche modo si classifi casse come atto medico a fi nalità terapeutiche, non atto di violenza privata».

Tornando alla mediazione per la conciliazione, l’obbligatorietà del procedimento, ma anche buona parte del decreto stesso, è stata osteggiata nel corso del recente congresso forense di Genova che ne ha chiesto in larga parte l’abrogazione. «Noi chirurghi ospedalieri siamo favorevoli, in quanto il nostro interesse è far sì che laddove esistano reali prove di errore (ma faccio notare che tali casi risultano essere veramente sporadici) il cittadino abbia la giusta rivalsa, ma siamo altrettanto determinati a cancellare tutte quelle forme di opinabili e dannosi tentativi con mere fi nalità risarcitorie non correlati a colpa medica. In chirurgia abbiamo percentuali di complicanze sempre più ridotte, ma che fanno parte della natura stessa della biologia e dei processi riparativi. Purtroppo i contenziosi si aprono

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ATTUALITÀ

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sulle complicanze, e la differenza tra complicanza ed errore è sostanziale, perché la complicanza avviene senza colpa, mentre l’errore è assimilato al concetto di colpa. L’istituto della conciliazione potrebbe scremarne una gran parte e aprire le porte o a un risarcimento equo immediato – contribuendo quindi al non affollamento delle aule dei tribunali – o laddove il risarcimento non viene considerato equo dalle parti, aprire un procedimento giudiziario».Venendo alla fi gura del mediatore per come viene concepita dal legislatore, Vincenti ritiene che «l’idea della mediazione per la conciliazione è in sé buona, però c’è più di un lato oscuro, ovvero c’è il rischio che le camere di conciliazione siano affollatissime e quindi, per quanto ci riguarda, sarà necessario trovare un sistema di regole. Regole in cui sia ben chiaro che il cittadino ha questa opzione, come pure l’amministrazione, ma che entrambi devono accedere attraverso delle regole scritte che facciano da setaccio all’accesso, sempre nel rispetto dei diritti esplicitati dalla nostra Carta Costituzionale. Inoltre varrebbe la pena chiarire quali debbano essere i requisiti di un buon conciliatore. Dovrebbe avere conoscenze di psicologia umana applicata, conoscenze legali ed economiche per quanto riguarda i valori risarcitori e, infi ne, conoscenze molto profonde nella caratterizzazione stessa del contenzioso che, nel caso nostro, signifi ca avere un’idea, se pur vaga, dell’aspetto biologico del corpo umano. I chirurghi italiani ACOI hanno iniziato un percorso molto fattivo con le Associazioni di categoria dei cittadini: per la prima volta con la mia

presidenza, l’ACOI interagisce con Cittadinanza Attiva (che fi no a poco tempo fa si chiamava Tribunale del Malato), sui punti pregnanti di un processo di riduzione del contenzioso. L’azione si esplica con l’instaurazione e la collaborazione bipartisan della Carta di Qualità in Chirurgia e con i corsi di formazione a tutti i livelli nazionali per le Unità Operative di Chirurgia con il progetto «Qualità e Sicurezza nel Blocco Operatorio» (l’altro partner paritario del progetto è l’AGENAS). Inoltre l’ACOI ha costituito la fondazione “Chirurgo e Cittadino” per ottimizzare i rapporti tra il chirurgo e il cittadino, attraverso l’educazione sanitaria e la formazione del chirurgo in funzione della necessità di far ben intendere alle parti quali siano le problematiche, le domande e le offerte possibili di salute. Il 20 marzo prossimo – dichiara Rodolfo Vincenti – andremo in una grande piazza romana per “La giornata dell’ascolto” durante

la quale i chirurghi incontreranno il cittadino con piccole lezioni interattive e sottoponendo un questionario che ci permetterà di capire cosa il cittadino chiede per il miglioramento della qualità percepita e per il raggiungimento dello stato di benessere. Queste sono le azioni che abbiamo avviato e che da tempo portiamo avanti. Apriremo con Cittadinanza Attiva un tavolo sul problema della conciliazione. Si cercherà quindi di comprendere meglio quali possano essere i benefi ci e quali le regole che devono supportare un’istituzione così importante per la tranquillità del chirurgo e per fi ne di giustizia. Noi come ACOI siamo pronti a giocarci quello che è in nostro potere in un sistema del genere, ma vogliamo anche essere ascoltati. L’istituto della conciliazione è uscito dal Senato e dalla Camera, ma, a quanto mi consta, non sono stati ascoltati né i cittadini, né i chirurghi». ■

Per Paola Pifarotti, Dirigente Medico della Clinica Mangiagalli «l’atteggiamento del paziente che ritiene di aver subito un danno è estremamente aggressivo. Manca, da parte dei pazienti, la presa di coscienza che la capacità diagnostica ecografi ca è pari al 96%, il 4% dei neonati nasce con i difetti congeniti, solo il 2% dei quali è diagnosticabile in fase prenatale. Per quanto riguarda il parto, esiste un rischio – nel travaglio – di danni post natali e questo, oggi non è accettato».«Fatte dunque queste considerazioni – prosegue Pifarotti - personalmente non ritengo che la mediazione per la conciliazione possa dare buoni frutti perché la formazione dei mediatori non è adeguata a dirimere una situazione così complicata, sia da un punto di vista affettivo che emotivo, che vede coinvolti da una parte il paziente e dall’altra il medico. È ovvio che quando si verifi ca una complicanza o un errore (sempre che sia un errore da parte del medico), o ancora si verifi ca un danno neonatale, anche per il medico è un fallimento anche perché, da un punto di vista emotivo, noi siamo molto coinvolti e, come del resto gli altri colleghi, cerchiamo di dare il massimo sotto il profi lo etico».«Anche nel caso di danni di entità minima, credo che la mediazione sia diffi cilmente praticabile perché, purtroppo, l’atteggiamento dei pazienti è sempre decisamente aggressivo; senza giri di parole, la gente vuole un risarcimento economicamente congruo. Anche per piccole cause ginecologiche quindi, è diffi cile mediare con il paziente. Certamente il colloquio è fondamentale, ma solo nell’immediato post. Personalmente ho avuto modo di constatare che, se anche nelle piccole complicanze si spiega al paziente e lo si segue da subito, si evita che lo stesso proceda con una denuncia; quando però si arriva a ciò ogni dialogo diventa impossibile».

DANNI OSTETRICI E DANNI GINECOLOGICI

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L’OPINIONE

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Enrico Pennasilico Soluzione possibile

È

Per superare iniquità ed erroneità dell’attuale evoluzione giurisprudenziale, la proposta è rendere obbligatoria l’assicurazione per la responsabilità civile del sanitario nell’esercizio della sua attività professionale

molto discusso in questo periodo il tema della responsabilità civile del

medico che, in base a due recenti provvedimenti di legge, dovrà essere dibattuta preventivamente nell’ambito di un’apposita procedura di mediazione/conciliazione. Ne diamo conto nell’inchiesta su questo numero del bollettino. L’avvocato Enrico Pennasilico interviene sulla tematica con una proposta molto interessante e autorevole.

Da un sondaggio effettuato emerge che un’elevatissima percentuale di medici teme di poter essere chiamata a rispondere del proprio comportamento professionale e quindi tale ansia, molto aggravata rispetto al passato, determina il gravissimo fenomeno della medicina difensiva con un aggravio dei costi sia per il per il Servizio Sanitario Nazionale di circa il 12%, sia per pazienti paganti e loro assicurazioni, il tutto per molti miliardi di euro.

Che cosa ha determinato tutto ciò?La principale causa, ritengo sia rappresentata dalla evoluzione giurisprudenziale in materia di responsabilità professionale sia in

campo civile che penale.Fino a qualche anno fa, chi riteneva di essere stato danneggiato dall’opera del medico chirurgo o dell’odontoiatra, doveva provare la colpa del sanitario.Oggi purtroppo non è più così.Oggi il danneggiato, vero o presunto, è tenuto soltanto a provare il rapporto con il sanitario e la riferibilità a quest’ultimo dell’intervento (nesso eziologico) allegando il risultato peggiorativo conseguito e spetterà al sanitario di provare la propria mancanza di colpa.Ciò è avvenuto perché la Corte Suprema di Cassazione, anche a sezioni unite, ha sostanzialmente superato la distinzione che si faceva in passato tra obbligazione di mezzi e obbligazione di risultati.Una volta obbligo del medico era quello di operare con diligenza, prudenza e perizia nel rispetto delle leggi dell’arte medica.L’obbligazione che il medico contraeva era di mezzi e non di risultati.Oggi, per la giurisprudenza, non è più così.Oggi il sanitario, per difendersi e vincere la causa, deve provare che quanto accaduto è stato determinato da impossibilità della prestazione

derivante da causa a lui non imputabile, il che signifi ca sostanzialmente che quando il sanitario interviene il suo intervento deve migliorare lo stato di salute del paziente.Tutto ciò è mostruoso, non solo da un punto di vista giuridico, e ha determinato, come determina e determinerà, conseguenze nefaste.La prima, non abbastanza sottolineata dal sondaggio di cui in oggetto, è che molti sanitari non si indirizzano a specializzarsi nelle materie medico chirurgiche più rischiose (penso alla neurochirurgia o all’ortopedia).La seconda nefasta conseguenza, sottolineata dai risultati del sondaggio, è la sempre maggiore diffusione del triste e inammissibile fenomeno della cosiddetta medicina difensiva.La medicina difensiva comporta una iperprescrizione diagnostica e la rinuncia ad affrontare terapie chirurgiche ad elevata rischiosità.Tutto ciò è già stato ampiamente sperimentato negli Stati Uniti d’America dove si è sviluppato un disastroso contenzioso che vede quasi sempre soccombente il sanitario il quale, soprattutto in materia di chirurgia estetica, deve sostenere costi

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L’OPINIONE

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assicurativi giganteschi per non essere rovinato dalle azioni dei propri clienti che si ritengono insoddisfatti del suo operato. Anche in Italia il contenzioso contro i sanitari si è ingigantito proprio perché è molto più facile per un avvocato difendere un paziente contro il medico che difendere il medico dal paziente. È particolarmente iniqua l’evoluzione giurisprudenziale che punisce tra tutti i professionisti sostanzialmente solo i medici chirurghi e gli odontoiatri. Se tale interpretazione giurisprudenziale dovesse essere estesa anche agli avvocati, francamente credo che smetterei di fare l’avvocato.Oggi infatti se faccio una causa e la perdo, pur essendo stato prudente, diligente e perito, spetterà al mio cliente dimostrare la mia colpa professionale per imprudenza, negligenza o imperizia, e non a me di dimostrare di non avere colpa.Purtroppo, viceversa, il sanitario è, nella sostanza, un presunto colpevole e ciò, lo ripeto, è davvero inammissibile

Che fare?Confi do che nei numerosi convegni in materia di responsabilità medica le questioni di cui sopra vengano sollevate e dibattute e che tutti, per quanto di propria competenza, cerchino di far modifi care questa evoluzione giurisprudenziale assolutamente micidiale e ciò dico ovviamente con il

massimo rispetto della magistratura. In ogni caso ritengo estremamente positivo che il legislatore introduca l’assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile in materia sanitaria così come è accaduto per la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli. Come è noto, da moltissimi anni, non si può circolare con un veicolo a motore se non si è assicurati per la responsabilità civile. L’introduzione dell’assicurazione per la responsabilità civile sanitaria avrebbe due effetti estremamente positivi:1. la diminuzione dei premi assicurativi essendo evidente che, resa obbligatoria l’assicurazione, i premi assicurativi che oggi già sono pagati dai medici che si sono assicurati diminuirebbero perché il rischio delle compagnie assicuratrici verrebbe spalmato su una platea molto più ampia rappresentata da tutti i sanitari italiani sia quelli oggi assicurati che quelli oggi non assicurati.2. il secondo positivo effetto censiste nella circostanza che il danneggiato, vero o presunto, potrà svolgere la propria azione risarcitola direttamente nei confronti della compagnia oltre che del medico, e a questo punto il sanitario potrà confi dare che la compagnia di assicurazione provvederà a difenderlo e a valutare se pagare nell’eventualità che ritenesse fondata la domanda risarcitoria.Oggi, viceversa, il sanitario chiamato in

giudizio dal paziente, vero o presunto danneggiato, deve chiedere di essere autorizzato a chiamare in causa la compagnia assicuratrice per essere dalla stessa manlevato in caso di soccombenza. A ciò si aggiunga che oggi esiste l’istituto della mediazione e poiché il paziente danneggiato non ha azione diretta nei confronti della compagnia assicuratrice, la stessa non è tenuta a partecipare al tentativo di conciliazione-mediazione.Se viceversa vi fosse l’assicurazione obbligatoria la compagnia sarebbe tenuta a partecipare al tentativo di conciliazione-mediazione e avrebbe interesse a defi nire in quell’ambito il contenzioso, ove ovviamente ritenesse la responsabilità del sanitario.Ove doveste quindi ritenere di condividere quanto sopra espresso potreste operare nell’ambito dei Vostri poteri-doveri istituzionali perché venga riconosciuta e superata la iniquità ed erroneità dell’attuale evoluzione giurisprudenziale, che ritiene applicabile al rapporto sanitario-paziente l’art. 1218 c.c. e la relativa presunzione di responsabilità, e venga dal legislatore introdotta l’assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile del sanitario nell’esercizio della sua attività professionale.Rimanendo a Vostra disposizione per quanto dovesse occorrerVi ben cordialmente Vi saluto. ■

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Paolo EgastiSapessi com’è strano respirare a Milano

L

La scarsa qualità dell’aria che respiriamo e il fumo di sigaretta pongono in primo piano la professione dello pneumologo

a qualità dell’aria nelle grandi aree urbane è un problema che riguarda i polmoni di

tutti. Lo pneumologo riveste un ruolo di primo piano in questo contesto sia per quanto riguarda la diagnosi e la cura dei pazienti, sia per segnalare la situazione critica alle istituzioni e per organizzare al meglio il sistema sanitario. Milano è stata di recente la sede dell’ XI Congresso Nazionale della Pneumologia, organizzato da UIP (Unione Italiana per la Pneumologia) che ingloba le due Società scientifi che pneumologiche più importanti in Italia: S.I.Me.R. (Società Italiana di Medicina Respiratoria) e AIPO (Associazione Italiana Pneumologi Ospedalieri). Il prof. Stefano Centanni, presidente S.I.Me.R. e direttore della Clinica di Malattie dell’Apparato Respiratorio, A.O. San Paolo, Università degli Studi di Milano, ha avuto quest’anno l’onore e l’onere dell’organizzazione del congresso.

Il congresso da lei organizzato ha visto numerosissimi interventi. Si possono tirare le somme?Siamo molto soddisfatti, per diversi motivi. In primo luogo abbiamo

avuto un’ottima affl uenza: circa 1500 partecipanti. Credo che questo successo numerico sia legato ad alcune novità che hanno caratterizzato il Congresso 2010. L’obiettivo era quello di occuparci di contenuti scientifi ci di grande attualità in termini di dati epidemiologici e di costi socio sanitari e della ripercussione dell’ambiente e degli stili di vita sulla salute respiratoria, con grande attenzione rivolta al contributo dei colleghi più giovani. La struttura portante del congresso è nata dal lavoro e dalle proposte di simposi che nascono dal confronto dei gruppi di studio delle società scientifi che. Il Comitato scientifi co ha disposto quest’anno che in ognuno di questi simposi fosse presente, con dignità di relazione, il miglior contributo prodotto dal gruppo di studio presentato da un giovane ricercatore. Il risultato è stato che ci sono arrivati circa 230 abstract la gran parte dei quali inviata da giovani colleghi, che evidentemente hanno recepito la proposta e sono stati contenti di partecipare. Abbiamo cercato di intervenire anche sulla forma di allestimento congressuale. Gli stand delle aziende sono stati disposti radialmente a uno

spazio circolare che così è diventato una sorta di piazza. Questa piazza è stata addobbata con veri alberi, trasformandosi così in un luogo di aggregazione in cui ci si poteva sedere, parlare e discutere con amici e colleghi. Nella ricerca di nuove modalità di presentazione scientifi ca tesa a privilegiare la discussione informale e l’interattività, la piazza è stata organizzata a modello dello speakers’ corner di Hyde Park: una pedana su cui gli esperti potevano salire e parlare con il pubblico. Si sono affrontati argomenti quali la BPCO, le novità terapeutiche nella fi brosi polmonare, la meteorologia e i cambiamenti climatici. Questa modalità di presentazione ha consentito una grande interattività e coinvolgimento, consentendo una discussione più “viva” rispetto a quanto solitamente avvenga nelle aule di un congresso, dove in genere ci si deve attenere a un numero limitato di domande da parte dell’uditorio.

La meteorologia è di grande attualità. Di cosa si è parlato?Abbiamo voluto dare al Congresso un taglio “globale”, affrontando gli argomenti più vari quali stili di

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vita, sedentarietà, fumo, corretta alimentazione, inquinamento, tutti aspetti questi che possono avere delle ricadute sulla salute respiratoria. Tra questi ci sono anche i cambiamenti climatici. Il riscaldamento globale ha un effetto anche sull’allungamento della stagione pollinica. In Liguria, ad esempio, negli ultimi 10-12 anni il calendario pollinico della parietaria si è allungato di circa trenta giorni, e questo chiaramente ha delle ripercussioni importanti per un paziente allergico. Sappiamo che ci sono ondate virali che risentono molto dei cambiamenti climatici.

Lo speakers’ corner su questo argomento ha cercato di rendere familiari per lo pneumologo il concetto di cambiamento climatico, da cosa è determinato, come viene studiato. La tendenza del non esperto è spesso quella di concentrare la attenzione al proprio contesto abituale, al proprio habitat tralasciando le considerazioni a livello globale o di più ampia entità Per questo abbiamo avuto il piacere di avere ospite il climatologo Luca Mercalli, che ha interpretato il tema con grande chiarezza e capacità comunicativa.

L’inquinamento è un problema comune a molte aree urbane. Lo si affronta come problema comune?Nella conferenza stampa del congresso abbiamo presentato la versione italiana del libro bianco sulla qualità dell’aria, appena pubblicato dall’ERS, la European Respiratory Society. Noi abbiamo curato come UIP la versione italiana e lo abbiamo fornito ai giornalisti e a chiunque fosse interessato. Questa pubblicazione riguarda tutti i Paesi europei, perché tutti hanno problemi di inquinamento, ancorché per cause e con effetti diversi e con differenti livelli di importanza e gravità.

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Sempre a proposito di inquinamento, qual è la sua esperienza in una città come Milano?Milano ha una situazione strutturalmente diffi cile perché è situata nella Pianura Padana, una conca circondata da montagne alte che limitano la ventilazione ed è relativamente poco piovosa.

È una regione fredda d’inverno in cui si usa molto il riscaldamento. Per di più ci sono cicli produttivi, agricoltura e zootecnia, assai avanzati, e molto traffi co automobilistico. Tutto questo determina una grande produzione di agenti inquinanti in condizioni che, sventuratamente, non favorisce certo la loro rimozione. In questo siamo penalizzati rispetto alla gran parte dei Paesi europei. Milano e la Pianura Padana hanno quindi bisogno di soluzioni più effi caci e provvedimenti verosimilmente più innovativi e incisivi rispetto ad altre zone geografi che.

Le istituzioni sono sensibili ai suggerimenti dei medici?La regione Lombardia è stata la prima ad affrontare il problema dell’inquinamento e non mi pare ci sia una sottostima del problema. Tuttavia la realizzazione delle infrastrutture adeguate e necessarie è certamente indaginosa e impegnativa. Il compito del medico è di segnalare che il problema esiste, in diversi campi

che abbiamo affrontato in diverse sedi, anche al congresso. Le malattie respiratorie sono la terza causa di morte in Italia e in tutto il mondo occidentale (dopo le malattie cardiovascolari e neoplastiche) e la principale causa di morte tra quelle oncologiche è il tumore del polmone che, in larghissima misura, è diagnosticato negli ambulatori e nei reparti di pneumologia. Il paziente che presenta i primi segni di tumore al polmone come tosse, mancanza di respiro, sangue nell’espettorato, in genere viene visitato da uno pneumologo. A fronte di tutto ciò vediamo una progressiva diminuzione delle unità operative di pneumologia ed è dal fabbisogno regionale che viene determinato il numero di specialisti e il conseguente numero di borse di studio che il Ministero mette a disposizione per le relative Scuole di specializzazione, Per fare un esempio non milanese: in tutto il Veneto esiste una sola Scuola di specializzazione in Malattie

della medicina. I polmoni sono particolarmente colpiti, data la loro estensione, la loro superfi cie paragonabile ad un campo da tennis, più o meno 90 metri quadrati, contro i circa 3 della superfi cie cutanea. Quindi l’apparato respiratorio è la parte del corpo umano più a contatto con l’ambiente esterno e per questo risente moltissimo della qualità dell’aria atmosferica. Il problema riguarda particolarmente l’asma e le patologie acute delle prime vie aeree e le riacutizzazioni importanti e gravi delle malattie respiratorie ostruttive croniche; l’inquinamento infl uisce sicuramente anche sul cancro del polmone. Il traffi co automobilistico è un problema e ci si chiede quale tipo di intervento possa essere realmente effi cace. Chiudere il centro e proibire alle macchine di entrare? Ampliare i marciapiedi e ridurre la sede stradale come è stato fatto in molte aree di Milano? Non so, credo che singoli interventi possano servire a poco se non ci si pone di fronte al problema in un’ottica di più ampio respiro, ad esempio riducendo il numero delle automobili anziché porre delle limitazioni al traffi co.

A livello di organizzazione sanitaria, le pneumologie sono presenti in tutti gli ospedali in numero suffi ciente?Questo è un problema molto grosso

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dell’apparato respiratorio, presso l’Università di Padova, da cui escono solo tre specialisti all’anno per Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige. Questo dice tutto: non si può ignorare il dato epidemiologico.

Com’è la situazione a Milano e in Lombardia?Migliore, ma non suffi ciente. È stato riconosciuto anche da Beppe Severgnini che lo ha sottolineato in un articolo sul Corriere della Sera del 2 settembre 2010: “Il sistema non è elastico. Non tiene conto delle necessità che cambiano. Trent’ anni fa, forse, sfornavamo troppi medici; oggi, di sicuro, ne produciamo troppo pochi. Se le malattie respiratorie sono la terza causa di morte in Italia, perché a Pavia ci sono soltanto tre specializzandi in pneumologia e altri cinque tra Milano e Brescia? Dieci anni fa erano quindici a Milano e una dozzina a Pavia”.

Credo sinceramente, anche come Direttore della Scuola

di specializzazione di Malattie dell’apparato respiratorio dell’Università degli Studi di Milano, che questo problema debba essere al più presto affrontato data, anche e soprattutto, la crescente necessità di fi gure specialistiche in grado di riconoscere, affrontare e porre rimedio per quanto possibile alle malattie respiratorie che sono e saranno sempre più pressanti nei prossimi decenni. Credo sia corretto affermare che ogni paziente respiratorio dovrebbe avere il diritto di essere valutato da uno specialista pneumologo.

Alcune patologie come allergie e asma sono in aumento. Quando iniziamo ad ammalarci?I primi anni di vita sono importantissimi. La qualità della vita fetale e l’esposizione a fattori di rischio durante la vita fetale sono elementi cruciali nello sviluppo di alcune malattie croniche come per esempio l’asma. Alcuni quadri di asma bronchiali gravi si sviluppano ad esempio nei primi anni di vita. Ci sono studi che evidenziano una certa correlazione tra la tendenza all’avvicinamento al fumo con conseguente sviluppo di BPCO e infezioni respiratorie contratte nei primi anni di vita. Il fumo materno durante la gravidanza è un fattore di rischio importantissimo. Il numero di allergie respiratorie è in sistematica crescita, soprattutto nei bambini. In

questo un ruolo importante è legato all’inquinamento che rende più facile i fenomeni di sensibilizzazione allergica attraverso un epitelio delle vie aeree danneggiato. Tra i bambini residenti nelle città si riscontrano mediamente più casi di allergie respiratorie e di asma rispetto a quelli che vivono e crescono invece in ambienti più salubri.

E per quanto riguarda l’ambiente domestico?Anche questo è un elemento estremamente importante. Di solito si considera l’inquinamento come un fattore esterno e si fi nisce per non dare peso a quello all’interno delle pareti domestiche. Un esempio: si fa sempre riferimento al fatidico limite di 50 microgrammi per metro cubo di PM10; superata questa soglia per nove giorni consecutivi bisognerebbe fermare il traffi co. Ma se si fuma una sigaretta in una stanza di 12 metri quadrati il livello di PM10 sale a 750-800 microgrammi per metro cubo e decresce lentamente nei 40 minuti successivi, che è il tempo entro cui il fumatore abituale si accende una nuova sigaretta. Per non parlare poi delle concentrazioni che si registrano nel momento in cui si fuma una sigaretta nell’abitacolo dell’automobile. Siamo quindi abbondantemente al di sopra delle concentrazioni “esterne” e su questi elementi non si può fare a meno di rifl ettere.

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Il luogo comune voleva lo pneumologo a curare solo la tubercolosi. Oggi, con l’immigrazione, la tubercolosi ha una nuova ondata di importanza.La tubercolosi, è certamente un patrimonio culturale della pneumologia, disciplina che nasce dalla tisiologia. Lo rivendichiamo volentieri. Ogni pneumologo deve sapere riconosce la tubercolosi, la deve diagnosticare e sapere curare.Oggi appunto a causa delle immigrazioni è tornata ad essere un problema rilevante anche in Italia, anche se nel mondo lo è sempre stata ed è ancora oggi una delle malattie più devastanti che ci siano in alcuni paesi dell’Africa continentale o del Sudamerica, India, Cina e sud-est asiatico. In Lombardia si registrano circa mille casi all’anno, non certamente a carico di soli immigrati.Niente ”untori” di manzoniana memoria, dunque, ma una realtà che è ben lontana da quest’ottica e la consapevolezza che il contagio risulta essere spesso la conseguenza di condizioni precarie di indigenza e promiscuità.

E magari gli immigrati incontrano qui condizioni ambientali o climatiche molto diverse dai loro paesi di provenienza.Ci sono dati molto interessanti sull’incidenza dell’asma allergico,

di pazienti che vengono in Italia e si confrontano con allergeni che non erano presenti nei loro paesi di origine. È un problema evidente.

Molte malattie respiratorie sono dovute a fattori di inquinamento e fumo di sigaretta. È possibile la prevenzione?Il fumo di sigaretta è il più importante fattore di rischio evitabile del mondo contemporaneo. Non solo nel comparto respiratorio, ma anche nelle malattie oncologiche, cardiovascolari, degenerative cerebrali. La prevenzione è l’unico provvedimento vincente verso il fumo. Oggi stanno proliferando i centri antifumo. È un’opera meritoria, ma i numeri ci dicono che non sono suffi cienti. Togliere l’assuefazione a un fumatore è molto diffi cile perché la nicotina dà maggiore dipendenza

anche rispetto a tante droghe pesanti. I migliori centri antifumo hanno una percentuale di successo pari al 30% dei soggetti in cura. E i numeri sono nell’ordine di qualche centinaio all’anno. La battaglia va dunque combattuta nell’ottica della prevenzione. Il nostro centro antifumo del San Paolo funziona molto bene, ma vediamo 150-180 fumatori all’anno, e tra loro circa 60 riescono a smettere. I numeri restano piccoli. La prevenzione deve allora partire dalla modifi ca dei modelli e degli stili di vita. La validissima legge Sirchia, che ci è invidiata dai colleghi di tutto il mondo, ha avuto effetti positivi sulla disassuefazione dal fumo fi no al maggio 2009 dopo il quale si è verifi cato una graduale ripresa nei giovani e tra le donne. Purtroppo il fumo di

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sigaretta è proposto dal marketing delle aziende di tabacco come un modello positivo, basti pensare ad esempio alle sponsorizzazioni che le multinazionali hanno in ambito sportivo. I centri antifumo hanno una buona spinta, ma l’attività antifumo deve essere svolta da più parti. Si è evidenziato ad esempio come un buon 5% di fumatori smetta in seguito al semplice interessamento da parte del medico di base. A Milano da qualche tempo è attivo il counseling antifumo nelle farmacie comunali, ed è un altro aspetto importantissimo, che sta registrando delle buone percentuali di successo. È dunque necessaria un’attività coordinata di tutti gli organismi rivolta in questo senso.

Cosa può fare un cittadino che non fuma ma che vive in un ambiente di aria inquinata?

Come ci si difende? Questo è un aspetto importante. Il fumo è una scelta autonoma, per quanto fortemente condizionata da un marketing che lo associa a modelli falsamente positivi. Respirare aria inquinata no. Se vivo a Milano respiro l’aria che c’è, non posso modifi carla. Non bisogna però cedere alla rassegnazione e fare ragionamenti qualunquistici del tipo: vivo a Milano, è come se respirassi 20 sigarette al giorno allora tanto vale fumare. Non è ovviamente così perché il danno eventualmente si somma.L’attività fi sica è una buona base da cui cominciare: la sedentarietà è uno dei grandi nemici dell’uomo contemporaneo, dunque bisogna cercare di fare il più possibile sport o almeno movimento, magari scegliendo dei luoghi in cui si è meno esposti agli inquinanti. Bisognerebbe cercare, soprattutto per le categorie maggiormente a rischio come anziani e bambini, di evitare le zone maggiormente traffi cate nei momenti di alta congestione automobilistica. In particolare i bambini: l’inquinamento è più pesante dell’aria e tende a scendere. I bambini sono piccoli e ne respirano di più (pensiamo per esempio che i passeggini sono proprio all’altezza dei tubi di scappamento delle automobili).

Cosa ci lascia il congresso di Milano?

Oggi si iniziano a intravedere alcune possibili opzioni terapeutiche importanti. Si prospettano farmaci nuovi anche per alcune malattie molto serie come l’ipertensione polmonare e la fi brosi polmonare idiopatica che è rapidamente e sfavorevolmente evolutiva. Abbiamo concluso con una conferenza aperta al pubblico sugli stili di vita e le ricadute sulla salute respiratoria. In funzione di un accordo con il provveditorato agli studi, e nell’ambito del nostro rapporto con Expomilano 2015 che ci ha concesso il patrocinio e l’utilizzo del logo, c’erano in aula anche duecentocinquanta ragazzi delle scuole superiori. Abbiamo parlato di fumo, corretta alimentazione, sedentarietà, sport. È stata una pagina molto interessante e credo molto innovativa. L’allestimento verde del convegno era costituito da veri alberi, che sono stati regalati al comune. Sono già stati piantumati al parco Baden Powell (ex Via Argelati) e formeranno il Bosco del Respiro. Un omaggio della pneumologia alla cittadinanza di Milano che ci ha ospitati per il congresso nazionale ma anche un simbolo per ricordare a tutti come sia importante respirare meglio in un ambiente migliore. ■

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Edoardo CozzolinoImmunologo ClinicoDirettore Ser.T. 1 – ASL di MilanoPresidente FeDerSerD Lombardia

Dipendenza patologica

C

Breve storia nella società occidentale

he si associ la parola “giovani” alla parola “droghe” è cosa

assolutamente logica, considerando che il contatto con le sostanze si instaura, nella quasi totalità dei casi, durante l’adolescenza; età, quest’ultima, in cui l’individuo si trova in una condizione di “fragilità” che lo espone maggiormente al contatto e all’uso abituale di droghe. Senza dilungarsi su argomenti molto specialistici, si può anche aggiungere che tutto ciò ha una sua base neurofi siologica; infatti le strutture corticali, deputate a fornire l’individuo la capacità critica necessaria per selezionare i comportamenti più opportuni da tenere in varie circostanze, si sviluppano tardivamente (anche oltre i 20 anni, in particolare la corteccia frontale); mentre quelle che governano i comportamenti di risposta più legati alle emozioni primarie (paura, gratifi cazione) maturano molto precocemente (Sistema Limbico). Tutto ciò fa sì che, in queste età, i soggetti siano maggiormente orientati ad avere comportamenti impulsivi e fi nalizzati al soddisfacimento del desiderio “qui ed ora”; con una scarsa considerazione delle conseguenze.

La questione giovanileLa questione giovanile occupa

molta attenzione sociale essendo, di fatto, oggetto di sensi di colpa o, al contrario, fonte di preoccupazione.Di volta in volta, i giovani vengono visti come portatori di diritti che trovano scarsa risposta nella società (ruolo sociale, attenzione da parte della famiglia, istruzione e formazione professionale, accesso al lavoro, precariato ecc.) ma anche come possibili attori di comportamenti pericolosi e disturbanti per il quieto vivere degli adulti (vita notturna, bullismo, vandalismi e, naturalmente, consumo di droghe e alcol).Il fatto che in medicina si utilizzi abitualmente la metafora bellica ha generato anche in questo campo espressioni entrate ormai nell’uso comune; è abituale parlare di “lotta alla droga” e, rispetto a questa, di valutazione delle forze e delle strategie da “mettere in campo” e così via; ma questa abitudine assume un sapore particolare nel nostro caso perché anche la correlazione giovani-guerra è molto forte. Sono i giovani che combattono le guerre e, quando queste sono state molto lunghe e assetate di vite umane, si sono messi in trincea anche gli adolescenti. Inoltre nel passato gli eventi bellici sono stati molto frequenti: l’Italia è stata protagonista, nel secolo che va dalla metà del 1800 alla metà del 1900, di tre Guerre d’Indipendenza, due

Guerre Mondiali e un paio di Guerre d’Africa; pertanto è accaduto che ogni generazione di giovani si sia trovata coinvolta in uno o più confl itti. Tali eventi fi nirono per essere la risposta alla possibilità/necessità di intervenire su problematiche sociali quali quella economica e occupazionale. In funzione della partecipazione quasi assoluta dei giovani alla guerra, e del fatto che quest’ultima determina grosse perdite di vite, possiamo facilmente ipotizzare che, nel passato, le eventuali “problematiche giovanili e adolescenziali” siano state di fatto azzerate dalla morte fi sica di molti di coloro che ne avrebbero potuto essere portatori. La guerra fi nì per svolgere anche una funzione convogliatrice delle energie ideali e della voglia di “fare” dei giovani, concentrando le loro energie - e il loro desiderio di realizzazione e partecipazione a eventi “epici” - su azioni di grande signifi cato per la Patria e per il loro Popolo: i confl itti, nel passato, erano sempre motivati da ideali di Liberta, Uguaglianza, Democrazia; chi fosse sopravvissuto sarebbe tornato in un paese da ricostruire; …con tutte le diffi coltà, ma anche le opportunità, che ciò avrebbe comportato. Ben lungi dal voler fare l’apologia della guerra, ciò che mi preme sottolineare è che quest’ultima ha inciso pesantemente su tutti gli aspetti della realtà giovanile

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e delle problematiche sociali a essa correlabili. Tutto ciò è stato vero fi no alla metà del 1900; superato lo scoglio della Seconda Guerra Mondiale, il mondo occidentale ha dovuto affrontare una nuova realtà sociale in cui i successivi 60 anni di pace hanno dato, per la prima volta, il contesto in cui le problematiche giovanili avrebbero potuto esprimersi.

Ma poi la guerra bisogna farla comunqueL’assenza di “guerre armate”, negli ultimi sessant’anni di pace, ha favorito la nascita di nuove tipologie di “confl itto”: guerre economiche, guerre non “sentite” e condivise dalla popolazione, guerre “fredde” che si basavano proprio sul fatto di non essere combattute ma solo minacciate, “guerre ingiuste” che, in qualche modo, si contrapponevano a quelle “giuste” del passato (“giuste” perché motivate da ideali e desideri collettivi che le rendevano “accettabili” o addirittura “volute”, “desiderate” dalla popolazione). Ma con la differenza che, rispetto al passato, queste nuove guerre non determinavano la morte di molti giovani ed erano fortemente osteggiate da molta parte della popolazione che non riusciva a riconoscere in esse le alte Motivazioni Ideali che avevano reso accettabili quelle del passato. Anche per questa

ragione in molti casi i reduci di questi confl itti hanno subito importanti contestazioni al loro rientro in Patria.Il Vietnam rappresenta simbolicamente tutto questo nell’immaginario collettivo occidentale; guerra duramente contestata fi n dall’inizio, fu oggetto di numerosissime manifestazioni pacifi ste, fu considerata “sporca” da moltissime persone, non tanto perché esistano guerre “pulite”, quanto perché questa fu vissuta come particolarmente odiosa per la mancanza di ideali riconoscibili che la potessero motivare e sostenere. I reduci furono contestati duramente e incontrarono gravi problemi rispetto al reinserimento nella normale vita sociale. Molti di loro, durante il confl itto, hanno conosciuto l’uso di sostanze narcotiche.

Gli Stati Uniti danno l’esempio e noi li seguiamoSta nella storia del mondo occidentale il fatto che molti eventi si sono trasferiti in Europa dopo aver fatto al loro comparsa negli Stati Uniti. Questa dinamica è riconoscibile anche per quanto riguarda l’irrequietudine adolescenziale, la violenza e il consumo di sostanze.Il cinema americano ha dato testimonianza delle sofferenze post-belliche dei reduci e di quelle dei

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giovani. Voglio ricordare due fi lm:“L’uomo dal braccio d’oro” (1955) – Il protagonista (Frank Sinatra) interpreta un reduce con gravi diffi coltà di reinserimento che cade nell’uso di stupefacenti. Il regista (Otto Preminger) trasgredisce per primo alle regole del Codice Hays (un codice di autocensura sottoscritto dalle principali case di produzione per evitare che si giungesse a una legge di censura nazionale) in base al quale non era permesso parlare di tossicodipendenza in un fi lm. L’uomo dal braccio d’oro è il primo fi lm a infrangere tali regole mostrando e descrivendo la condizione di una persona affetta da Dipendenza Patologica; “Gioventù bruciata” (1955) – Il protagonista (James Dean) è uno studente, il fi lm fu accolto come un documento sui riti della generazione post-bellica statunitense. Famosissima la “sfi da” della corsa verso il dirupo, quale prova di coraggio e rito di iniziazione. Particolarmente effi cace il titolo originale del fi lm: “Rebel without a cause”; erano passati circa dieci anni

1969, quando il primo astronauta posò il piede sulla Luna, con l’emozione e il senso di appartenenza e partecipazione che solo i grandi eventi sono in grado di determinare. A distanza di un solo mese il mondo giovanile occidentale ha partecipato, di persona o emotivamente, a un altro evento che ebbe grande impatto nel dare defi nizione dei contesti di vita giovanili: il Festival di Woodstock.

Le drogheLa ricerca di stili e dimensioni di vita “altri”, rispetto a quelle dominanti, fece sviluppare, fi no ai primi anni ’70, l’uso di sostanze, amfetaminiche e allucinogene, in sottogruppi sociali e culturali di nicchia. Si trattava di persone che ricercavano stimoli nuovi all’interno di correnti culturali che si ispiravano alla creatività psichedelica, oppure che cercavano strumenti per estraniarsi da un società vissuta come estranea e incomprensibile. Il fenomeno era enormemente circoscritto e non rivestiva aspetti di allarme per le sue dimensioni; l’uso degli psicostimolanti era coerente con gli effetti ricercati. Come già ricordato, sulla scorta di ciò che era accaduto negli USA, anche da noi arrivò il ‘68; anche nel nostro caso il “sogno” di cambiamento della società ispirò il movimento giovanile e studentesco, ma l’espressione della protesta dimostrò una tendenza a svilupparsi nella direzione della lotta piuttosto che del pacifi smo. L’autunno caldo, l’attentato di Piazza Fontana, i picchiaggi tra i gruppi extra-parlamentari di opposto orientamento politico, la caccia all’uomo, i morti per le strade durante le manifestazioni, l’attentato di Piazza della Loggia,

dalla fi ne della guerra ma la gioventù americana stava già esprimendo il suo malessere; immagine del disincanto e della cattiva coscienza di una civiltà in declino. James Dean rappresentò e incarnò molto bene diversi aspetti tormentati dei personaggi che interpretò; le sue caratteristiche personali, la sua vita e la sua stessa morte, avvenuta a ventiquattro anni in un incidente automobilistico, tendevano a cancellare il confi ne tra la realtà personale e le sue interpretazioni. Erano anni di grande sommovimento sociale e culturale; ricchi di eventi che avrebbero inciso in modo indelebile sugli Stati Uniti e su tutto il mondo occidentale. Basti ricordare l’evoluzione della musica, dal rock and roll, al pop e al rock, la contestazione giovanile nelle università, le lotte per i diritti civili con fi gure come J.F. Kennedy e M.L. King., l’esplorazione dello spazio; era un’epoca piena di aspettative e sogni dei quali la corsa alla conquista dello spazio era un’ottima metafora. Eravamo tutti davanti alla televisione quella notte della metà di luglio del

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l’attentato all’Italicus, la lotta armata, il terrorismo, sono alcuni degli eventi che caratterizzarono un periodo molto “pesante” in cui si sviluppò, a cavallo tra la fi ne degli anni ’60 e gli anni ’70, il viraggio da un atteggiamento politico idealistico-culturale a uno maggiormente militante e incline alla “soluzione fi nale”.

Strategie di venditaIn quegli anni il mercato delle droghe fece la sua prima azione strategica passando, da un’offerta di psicostimolanti e allucinogeni, a una massiccia distribuzione di eroina. Probabilmente emerse l’opportunità, per le organizzazioni criminali, di creare una massa di persone che, sviluppando una potente dipendenza nei confronti di una specifi ca sostanza, restasse legata alla rete clandestina di smercio degli stupefacenti diventando così una “base” in grado di garantire rilevantissimi redditi per tutta la vita. Tale chance si concretizzò nel momento in cui le fasce giovanili dimostrarono la necessità di “prendere le distanze” da qualcosa di sgradevole. Si verifi cò, non credo proprio per caso, una coincidenza tra lo spegnersi delle speranze relative a un mondo nuovo e la comparsa, a questo punto probabilmente “necessaria”, di un consumo di sostanze in grado di condurre all’oblio rispetto alla realtà.La tossicodipendenza dilagò in un batter d’occhio coinvolgendo soprattutto le periferie delle grandi città e le zone suburbane.

Gli affari sono affariLe organizzazioni malavitose nazionali e internazionali, con il loro mercato clandestino, dominarono la scena della

Bethel, nel 1969, era un piccolo paese dello stato di New York.Fu qui che, nell’agosto di quell’anno, fu organizzato e realizzato un concerto che nacque come un semplice evento di provincia, anche se era prevista la presenza di numerosi gruppi e solisti di grande rilievo. Bene! Vi parteciparono, per tre giorni e tre notti, quasi 500.000 giovani e fu probabilmente il più importante evento collettivo nella storia della musica rock. Non solo, le date in cui si svolse diventarono quelle della consacrazione mediatica della rivoluzione culturale del ’68 e sancirono il culmine di ciò che allora era conosciuto come cultura hippy. Un numero elevatissimo di giovani sospesero per tre giorni le loro abituali attività e si dedicarono a un’iniziativa aggregativa che, solo dopo, fu vista come l’espressione del loro sogno collettivo di riforma della società; sogno che animava le generazioni hippy di quei tempi: un “cambiamento” nella società che la potesse rendere “migliore”, “più giusta”. Coloro che hanno partecipato a Woodstock credevano nell’inizio di una nuova era di pace e di diritti civili.Erano persone che condividevano uno stile di vita molto “on the road” e molte scelte, non solo musicali, ma anche letterarie (Ginsberg, Corso, Ferlinghetti) e di impegno sociale e politico (la “visione” del mondo e del suo futuro, le manifestazioni pacifi ste contro la guerra del Vietnam).Per fare riferimento a immagini che sono diventate simboliche di quell’epoca, erano gli anni in cui si bruciavano le cartoline precetto e si viveva nomadi a cavallo della Harley Davidson (il riferimento a Easy Rider non è puramente casuale).I grandi gruppi rock dell’epoca, con la loro musica, fornirono la colonna sonora di quella vita e di tutti quei fi lm che la ferita, non ancora rimarginata, della guerra del Vietnam ha ispirato. “I ribelli senza causa avevano fi nalmente trovato nuovi ideali per cui valeva la pena di lottare” Il consumo di sostanze come esperienza collettiva trova la sua collocazione storica in tutto ciò.

Cerimonia di apertura del Festival di Woodstock, 15 agosto 1969 (Foto: Mark Goff)

IL CONCERTO

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tossicodipendenza italiana degli anni ‘70 e ‘80. Non solo: tutto ciò avvenne sia nel commercio della droga che, con i proventi da esso determinati, nel traffi co di armi e infi ne in aree di potere e infl uenza economica sempre più signifi cative all’interno di vari stati.Il network mondiale delle varie mafi e ha acquisito banche, immobili, attività commerciali di vario genere in molti paesi. L’enorme quantità di danaro movimentata dal traffi co di droga ha permesso di realizzare un potere economico talmente elevato da poter esercitare anche infl uenza politica; quest’ultima è stata ed è un elemento irrinunciabile per permettere l’ingresso delle organizzazioni malavitose in molte attività sociali ed economiche. Durante quegli anni migliaia di giovani sono morti non solo di overdose ma anche delle temibili patologie infettive correlate all’uso iniettivo (epatiti e AIDS); altre cause di morte erano quelle violente legate al fatto di frequentare, inevitabilmente, ambienti dove la vita umana contava poco e i “conti” si regolavano anche in modo sanguinario.In conseguenza di ciò, diversi luoghi della provincia italiana hanno “perso” completamente alcune classi d’età tra i loro abitanti; è la cicatrice lasciata dal dramma che si consumò in quell’epoca. Tutto andò avanti in modo più o meno stabile per una ventina d’anni, quando si presentò un fenomeno nuovo. Nel 1990 iniziarono a diventare costanti i resoconti delle cosiddette “stragi del sabato sera”. Immancabilmente, ogni weekend, i media ci davano il resoconto di quanti giovani erano morti sulle strade mentre tornavano a casa dalle discoteche.

Quasi senza eccezione in tutti gli incidenti le persone coinvolte avevano usato alcol associato ad altre sostanze stupefacenti; in quell’epoca la regina era l’Ecstasy.

Sognando la CaliforniaL’Estasy o MDMA (metilendiossimetamfetamina) ha avuto in quegli anni molta notorietà.I disc-jockey californiani che lavoravano, in estate, nelle discoteche di Ibiza la proposero come additivo e potenziatore della musica “house and garage” che fu l’antesignana della “techno”.Dopo l’introduzione nell’isola modaiola, l’Ecstasy si diffuse prima in Inghilterra e poi nel resto d’EuropaMolti di tali dee-jay fecero da apripista al fenomeno dei “rave” la cui diffusione è avvenuta in parallelo a quella dell’Ecstasy.I “rave” sono raduni non autorizzati che avvengono in luoghi abbandonati e isolati (vecchie fabbriche, capannoni dimessi, ma non sono esclusi i luoghi all’aperto), in cui si radunano moltissimi ragazzi. I partecipanti a questi eventi evidenziano che la fi nalità fondamentale non è solo quella del ballo, ma quella di partecipare collettivamente a uno stato di alterazione di coscienza. La danza, la musica molto ritmata e ad alto o altissimo numero di battute al minuto e l’uso collettivo di sostanze stupefacenti acquistano signifi cati assolutamente specifi ci: facilitare uno stato di “trance” associato al ritmo della musica e all’esperienza collettiva del “rito”. Fu in coda a questa mutazione del fenomeno che si assistette al secondo salto di qualità del mercato illegale di droghe.

Anche se la quasi totalità dei tossicodipendenti da sostanza era e restava eroinomane, la parola stessa “tossicodipendenza” non si adattava più alla realtà. Le sostanze utilizzate non determinavano dipendenza, apparivano “gestibili” da chi le usava, non determinavano marginalità sociale, non richiedevano l’uso della siringa. Una crepa destinata ad allargarsi sempre più aveva incrinato il blocco monolitico dei tossicodipendenti che votavano la loro vita all’eroina. Il cambiamento del mercato fu irreversibile, si passò dalla tossicodipendenza “totalizzante” all’uso di stupefacenti limitato ad alcuni momenti e alcune circostanze; i consumatori erano, e sono, spesso persone con normali attività e apparentemente prive di problematiche particolari.Nel tentativo di descrivere questa nuova situazione nacquero i termini “uso” e “uso non problematico” di sostanze. Questa piattaforma di eventi, tra loro connessi, fu l’elemento di spinta per l’evoluzione dell’offerta.

I prodotti, il marketing, i mercatiLe organizzazioni criminali hanno capito molto rapidamente che le strategie di marketing adottate fi no ad allora dovevano essere rinnovate.Le droghe usate per essere creativi e culturalmente alternativi appartenevano al passato; anche l’immagine da eroe negativo del tossicodipendente di strada, per defi nizione “contro” il sistema e la società, mostrava la corda e fi niva per rappresentare un limite all’espansione dell’uso di stupefacenti.Bisognava cambiare radicalmente

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Onesti contro disonesti… ma poi gli onesti chi sono?Le organizzazioni criminali hanno visto espandersi i loro affari con una crescita degna del più grande boom economico. Il fl usso di danaro

approccio. Non più droga per essere diversi, marginali, temuti; ma droga per essere adeguati, apprezzati, conformi alle aspettative proprie e degli altri (che poi sono anche le aspettative superfi ciali e svuotate di senso di una società malata, che fa dell’apparire piuttosto che dell’essere uno dei suoi obiettivi fondamentali).Già, una società malata, che nel suo delirio di considerarsi sana, vede la droga e la dipendenza, da essa derivante, come un corpo estraneo da estirpare per poter tornare all’integrità preesistente. Ma ciò senza rendersi conto che prestazionalità, successo, visibilità, apparenza sono ormai affermati modelli sociali rispetto ai quali la droga è, oggi, uno strumento per essere più adeguati e “in linea”.La dipendenza e l’uso di sostanze diventano così un vero e proprio fenomeno di massa in cui gli utilizzatori sono persone, “normali” in contesti “normali”, che rincorrono fi nalità ricreazionali e di maggiore performance.Il tossicodipendente, fi gura emarginata rispetto ai meccanismi sociali dominanti, diventa così un “consumatore”, soggetto centrale nel funzionamento della società occidentale moderna che vede, nella mentalità tossicomanica del tutto e subito, senza ansie, problemi e frustrazioni uno dei suoi assi culturali fondamentali.Il mercato illegale comprese con grande lungimiranza che spostare l’uso di droghe dal “contro qualcosa” (narcotico) a favore del “per qualcosa” (psicostimolante) avrebbe portato il fenomeno in un alveo di “normalità” favorendo a dismisura la sua diffusione.

prodotto raggiunse dimensioni mai viste e, in qualche modo, divenne perfi no un problema decidere cosa farne, come reinvestirlo.In un parossistico gioco a rincorrersi tra profi tti, loro reinvestimento, nuovo

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fl usso incrementato di profi tti, si creò l’opportunità di cominciare a usare il danaro per sviluppare o acquisire attività legali, normali.Edilizia, centri commerciali, negozi, terreni, banche, fi nanziarie e interi quartieri di città dell’est Europeo; questi sono solo alcuni esempi di come è stato riciclato il danaro “sporco” (se qualcuno vuole approfondire basta leggere “Gomorra”).Ma l’interessante è che tali attività non solo riciclano il danaro “sporco”, ma ne acquisiscono altro in modo assolutamente legale; per esempio con la loro normale attività o partecipando a gare e appalti pubblici che potrebbero essere, a loro volta, “pilotati”.Se tutto ciò fi nisse per far sì che, in alcune Nazioni o in loro regioni, attività oneste e regolari di molta della loro popolazione, e gli stipendi relativi, dovessero dipendere dalle attività in mano alla malavita, sarebbe molto diffi cile poter distinguere dall’esterno ciò che è totalmente onesto da ciò che lo appare ma si fonda sulla disponibilità di danaro acquisito illegalmente. In questa ipotesi: sarebbe in grado quello Stato di eradicare la malavita, di cui sto ipotizzando l’esistenza, se da essa dipendesse il reddito di tutti coloro che, onestamente, lavorano in quelle attività?

Probabilmente le conseguenze sociali sarebbero gigantesche, devastanti.La criminalità si protegge così: creando attività normali sulla base delle attività delinquenziali e facendo dipendere dalle proprie attività anche il reddito, e quindi la vita, delle persone oneste. Tutto ciò è di particolare importanza per il commercio illegale di stupefacenti, volano fondamentale di tutte le attività criminali; la droga rappresenta “danaro contante” nei grandi affari illegali - tipicamente il mercato clandestino di armi è gestito utilizzando partite di droga per i pagamenti.

Le mosse per chiudere la partitaQuanto detto fi nora sulle strategie della malavita organizzata spiega anche perché si sia reso assolutamente necessario trovare anche strategie d’infl uenza sui poteri più alti.Abbiamo visto che i primi passaggi strategici della diffusione dello smercio di sostanze illegali erano fi nalizzati ad aumentare le dimensioni del loro mercato:■ Coinvolgimento di frange sociali marginali:■ Diffusione alla popolazione giovanile.Il passo successivo, che è già in corso, è quello di usare la droga (e non solo i guadagni che la stessa determina) per

coinvolgere livelli alti e dotati di potere decisionale.Infatti i soggetti marginali e i giovani non hanno un ruolo in grado d’infl uenzare gli assetti sociali; diverso è invece pensare a persone che per il loro ruolo nel mondo politico, affaristico, imprenditoriale potrebbero essere messe “sotto scacco” attraverso la loro dipendenza da una sostanza, magari associata ad altre abitudini per esempio sessuali.Una importante fornitura di droga pura potrebbe ricompensare adeguatamente un favore fatto al momento giusto alla persona giusta; ma, dall’altra parte, una foto compromettente, o un’informazione fatta fi ltrare verso i media, potrebbe stroncare la carriera o l’immagine di chi, eventualmente, non avesse dato assenso alla richiesta di “collaborazione”.La possibilità di ricattare una persona infl uente in funzione di quelli che la popolazione generale considera “vizi” in grado di compromettere la sua immagine, permetterebbe di “governare” orientamenti politici, oppure scelte fi nanziarie e d’investimento e, per il livello a cui si gioca questa partita, tutto ciò fi nirebbe per infl uenzare signifi cativamente non solo la vita di quella persona ma anche quella di tutti noi.Le cronache degli ultimi anni ci hanno

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dato esempi reali di queste situazioni; ci hanno dimostrato che parlare di questi scenari non è fare fantascienza.Ma il devastante fenomeno fi n qui descritto non si ferma; fi nisce per erodere i comportamenti di persone completamente estranee alle logiche della delinquenza; singoli soggetti che non hanno alcuna affi liazione né precedenti criminali che, diventando “promoter” del commercio di stupefacenti, puntano a guadagni “facili”. Ancora una volta la cronaca ci ha talvolta descritto queste realtà parlandoci di persone adulte, da altri punti di vista normali, che investono i loro risparmi in droga per avere un incremento di reddito; o, ancora, di giovani e giovanissimi che, pur non usando sostanze, traffi cano in stupefacenti unicamente per avere maggiore disponibilità di danaro. Danaro che viene utilizzato per alimentare quel consumismo d’immagine che la nostra società “sana” ha così amorevolmente insegnato a perseguire a qualunque costo. Viene così gradualmente sgretolato il tessuto dei comportamenti etici che fanno da struttura portante del senso stesso dell’esistenza di una società.

ConclusioniPer poter capire l’evoluzione del consumo di droghe nella nostra

società, è necessario comprendere la grande complessità di interessi e dinamiche che con essa interagiscono.La creazione di network sempre più articolati e sofi sticati tra le “mafi e” di numerose nazioni, ha sviluppato un contesto da cui le organizzazioni criminali stesse, gli assetti politici di alcuni paesi, alcune aree della fi nanza, il commercio clandestino di armi, il terrorismo internazionale, ricavano dalla droga i fi nanziamenti per la realizzazione dei loro progetti e attività. Le Dipendenze Patologiche sono solo un tassello di questo complessissimo quadro all’interno del quale è facile confondere i diversi piani:■ Il contrasto delle attività criminali e del mercato clandestino delle droghe è una questione di ordine pubblico e come tale deve essere trattata;■ I comportamenti delinquenziali di singoli soggetti, in funzione del loro uso di sostanze, è argomento che trova nell’applicazione della Giustizia la risposta più corretta;■ Lottare contro la droga non vuole dire lottare contro chi usa la droga;■ La Dipendenza Patologica è una malattia e come tale deve essere trattata da Servizi Specialistici dedicati.Invece quello che spesso avviene, parlando di questo argomento, è che si confondano i vari livelli; con il risultato di pensare a percorsi di

diagnosi e cura con fi nalità di ordine pubblico o, al contrario, di vedere nel malato una minaccia per la società da trattare con il carcere. Il fatto che la problematica della tossicodipendenza venga spesso gestita, a livello politico, nell’ambito delle attività del Ministero degli Interni, e non di quello della Salute, mi sembra suffi cientemente esemplifi cativo di questa confusione di piani. A fronte di ciò va comunque testimoniato che l’Italia ha la fortuna di avere una rete di Servizi (Ser.T.) pubblici e del privato sociale che non ha eguali in nessun altro paese del mondo; tale rete lavora in un contesto di “alta integrazione” permettendo performance che, l’ho potuto constatare personalmente, eminenti esperti stranieri di questo settore ci invidiano. Noi siamo professionisti che lavorano nei Servizi di diagnosi, cura e riabilitazione; pertanto operiamo all’interno di una porzione ristretta e rigorosamente clinica della problematica complessiva.Ciò nonostante siamo ben consapevoli che la vera battaglia politico-sociale da combattere sia posizionata su dimensioni intercontinentali se non addirittura planetarie. Solo l’attuazione di strategie condivise e perseguite sul piano internazionale avranno la possibilità di contrastare in modo signifi cativo e visibile il fenomeno. ■

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Maria Cristina ParraviciniUn secolo di storia

N

Le tappe che hanno scandito, tra speranze e delusioni, i primi cent’anni dell’Ordine

ell’elegante cornice del Circolo della Stampa di Milano è stato celebrato il

centenario di fondazione degli Ordini dei Medici Chirurghi. «Il 10 luglio 1910 – ricorda Ugo Garbarini, presidente dell’Ordine dei Medici e Odontoiatri di Milano – la Legge Giolitti n. 455 statuiva l’esistenza e le funzioni dell’Ordine dei Medici, dei Farmacisti e dei Veterinari e codifi cava, in una qual misura, molti pregiudizi, prevedendo, tra le funzioni ordinistiche, quella notarile». Un aspetto, quest’ultimo, che non solo è rimasto, «ma si è andato accentuando sempre più anche dopo la ricostituzione degli Ordini, sciolti nel 1935 dal Regime fascista, a conferma di un’esistenza non gradita da ogni autorità politica».Dopo aver percorso i diversi momenti che, nel corso del 1800, caratterizzarono la fi gura e la professione del medico (i medici comunali, i condotti veri protagonisti di una medicina il cui valore sociale stentava a emergere), Garbarini ricorda, rifacendosi a tempi più prossimi, che «ci fu un momento, breve, in cui i rappresentanti delle professioni erano convocati ai tavoli delle trattative delle convenzioni e dei contratti per vigilare che l’aspetto normativo non confi ggesse con le norme deontologiche. L’abrogazione

della Legge 244 (legge tariffaria )interruppe questa importante funzione impoverendo la professione e riducendone gli aspetti etici: i medici sono costretti a fare di tutto e di più per soddisfare gli aneliti burocraticamente perfezionistici dei reggitori la cosa pubblica».

Dal passato una soluzione per il futuro“Cento anni di Ordine e trent’anni di professione odontoiatrica: dal passato una soluzione per il futuro” è il tema della relazione di Valerio Brucoli, presidente Commissione Albo Odontoiatri (OMCeO di Milano) che rammenta come «se già nella prima metà dell’Ottocento esisteva un corso di laurea negli Stati Uniti, da noi si è arrivati a istituirlo solo trent’anni fa, dopo un lungo braccio di ferro con le autorità comunitarie. Resistenza che è continuata nel tempo visto che a tutt’oggi l’integrazione della fi gura dell’odontoiatra nel panorama sanitario italiano non è ancora stata risolta in tutte le sue sfaccettature». Dopo aver ricordato che «la scelta dell’odontoiatria italiana è stata quella di mantenersi legata ai valori del codice deontologico medico, non facendo prevalere le problematiche di una professione con spiccati elementi di imprenditorialità (e costi alti) rispetto

alla primaria necessità di tutela della salute», Brucoli ripercorre le tappe più signifi cative che hanno caratterizzato la riforma sanitaria (1978), la sua rivisitazione del ‘92 che ha introdotto l’aziendalizzazione, il Trattato Europeo del 1999 che ha trasformato la professione medica da attività intellettuale in attività di impresa fi no alla recente introduzione nelle teorie economiche del concetto di etica, cioè l’uomo e il suo ben-essere. «La stessa storia dell’istituzione in Italia del Corso di laurea in Odontoiatria e protesi dentaria, sotto la spinta delle direttive comunitarie, evidenziò lo scontro tra una concezione di odontoiatria basata sul pragmatismo tecnico (centrata sulla prestazione), e una inserita nel solco della tradizione medica (centralità del paziente e del prendersene cura). Prevalse questa seconda visione e la legge 409/85, istitutiva della professione di odontoiatra, creò – in un unico ordinamento – un Albo degli Odontoiatri affi ancato a quello dei Medici. Una peculiarità da inquadrare nell’ambito di una identità comune rappresentata dal Codice Deontologico (…) che fa delle professioni medica e odontoiatrica professioni intellettuali per eccellenza, in contrasto con chi vorrebbe inquadrarle tra le attività di impresa».

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Scienza e UmanitàLa relazione di Giorgio Cosmacini, docente di Teoria e Storia della Medicina presso l’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, “Scienza e Umanità. Vocazione ordinistica e mestiere di Medico” dopo aver ricordato i maggiori avanzamenti che nei campi della diagnostica, della profi lassi e della terapia avevano caratterizzato la Mitteleuropa ai primi del ‘900, sottolinea come la legge Giolitti istitutiva degli Ordini, «forniva all’universo dei sanitari un assetto organizzativo che appariva come una decisiva conquista promozionale». Conclusosi il periodo compreso tra le due guerre, non senza interferenze sul modello di sviluppo sanitario integrato, Cosmacini ripercorre gli avvenimenti che caratterizzarono la rinascita del 1946 che videro gli Ordini dei Medici attivamente partecipi all’opera di una faticosa ricerca di identità. «Nel 1958 veniva istituito il

Ministero della Sanità e nel 1968 si arrivava alla riforma ospedaliera che mirava a trasformare gli ospedali da istituzioni con fi ni diagnostico-terapeutici in entità con fi nalità anche di prevenzione, riabilitazione e integrazione con i bisogni sanitari territoriali; nel 1978 si approdava alla riforma sanitaria istitutiva del “servizio sanitario nazionale” (…) Alla legge n. 833, che dava il via alla riforma sanitaria, si accorpava la legge n. 180, di poco anteriore, che intendeva restituire dignità ai malati di mente e che stabiliva la chiusura degli ospedali psichiatrici». Cosmacini ricorda inoltre come, nei decenni centrali del novecento, già protagonisti della rivoluzione terapeutica avvenuta all’indomani del secondo confl itto mondiale, si siano compiuti altri eventi: «nel diagramma della mortalità, la linea discendente delle malattie infettive incrocia la linea scendente delle malattie metabolico-

degenerative in un punto cruciale che segna la svolta epidemiologica seguita dalla rivoluzione biotecnologia (…) oggi condensata nella promessa dell’imminente carta d’identità genomica personalizzata».La terza “rivoluzione” per Cosmacini è quella anagrafi ca, che vede oggi in Italia un numero minore di giovani inferiori ai 15 anni rispetto a quello degli anziani di età superiore ai 65 anni portando a dilatarsi il fenomeno della cronicità.Cosmacini conclude affermando che «in questa prima decade del terzo millennio, a una società in fase di trasformazione complessa, fatta anche da una sanità dove nuovi curati esigono nuovi curanti, gli Ordini dei Medici possono corrispondere in pieno con la loro funzione di organismi vitali, consapevoli e responsabili».

Il medico e le questioni di vita“Il medico e le questioni di vita: vita biologica e vita umana” è il tema delle rifl essioni di Claudio Rugarli, professore emerito di Medicina Interna dell’Università VitaSalute San Raffaele di Milano che innanzi tutto ricorda come «al di là del nome che si da alla condizione di un singolo ammalato, è la vicenda del singolo uomo che vive l’esperienza della malattia quello che, in ultima analisi, deve essere al centro dell’attenzione

Robert A. Thom - Rene Theophile Hyacinthe Laennec esamina una giovane paziente con il suo stetoscopio, 1960

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del medico». Dagli equivoci ingenerati intorno al signifi cato di sacralità della vita, al distinguo tra vita biologica e vita umana che, pur nella loro complementarietà, decretano «quattro qualità specifi camente umane: capacità di inferire, con l’esercizio della logica, aspetti della realtà che vanno oltre le esperienze percettive e la loro memoria; comunicazione simbolica; immaginazione; peculiarità dei sentimenti. Ed è questa la base dell’evoluzione culturale e della storia che manca completamente tra gli animali (…): in sintesi, la consapevolezza di essere mortali». Fatte queste premesse, Rugarli sostiene che «la vita biologica dell’uomo è sacra solo in quanto supporto della vita umana; se non lo è più, anche la sacralità viene meno», se pur con dei distinguo. È in quest’ottica che Rugarli riprende i casi Englaro e Welby, che tanta eco hanno avuto in cronaca, sottolineandone le diverse peculiarità rispetto all’accanimento terapeutico: «io parlo contro l’accanimento terapeutico, l’eutanasia è un’altra cosa».

Tecnologia e antropologia della medicinaGiovanni Battista Agus, direttore della Sezione di Chirurgia Vascolare e Angiologia, Dipartimento di Scienze Chirurgiche Specialistiche dell’Università degli Studi di Milano, affronta il tema della “Tecnologia e antropologia della medicina: due culture, anzi una”. Introducendo il tema dell’apprendimento e delle motivazioni, Agus sottolinea come «negli ultimi decenni, la capacità di pensare sia notevolmente diminuita avendo l’uomo sostituito i modelli

La tavola rotonda ha visto, come primo intervento, quello di Silvia Veggetti Finzi, psicologa clinica e scrittrice, che ha intrattenuto la numerosa platea su di un argomento di scottante attualità: “L’aver cura dei giovani”.Dopo aver ricordato che l’espressione avere cura è più ampia rispetto a curare perché comprende e trascende il binomio malattia-terapia, Veggetti Finzi si inoltra nel rapporto madre/neonato attraverso la sua evoluzione nel tempo: la “devozione materna”, la mamma part-time, il suo maternage integrato da altre funzioni. «Ma, oltre al periodo prenatale – osserva la scrittrice – la presenza del medico, del pediatra, è andata mutando perché le mamme chiedono di comunicare con un esperto che sia “non solo medico” ma anche psicologo, capace di alleviare i loro sensi di colpa (…) e le eventuali inadeguatezze. Passando dalla fase neonatale alla pubertà, Veggetti Finzi osserva come ragazze e ragazzi la affrontino impreparati, «privi di informazione e formazione adeguate» se non per i messaggi ricevuti dai mass media che propongono «corpi da mostrare piuttosto che da vivere». «In una società organizzata a «macchia di leopardo – prosegue Veggetti Finzi – la carenza di strutture mediche è più grave nelle zone depresse e nei livelli socio-culturali più deprivati benché, anche dove la Sanità ha raggiunto livelli di eccellenza, vi sono zone buie che andrebbero monitorate. Ciò che regge, secondo la mia esperienza (limitata al Nord), è la rete dei medici di famiglia, veri e propri presidi della salute pubblica». «Ma per avere cura dei giovani, e non solo come dichiarazione di intenti – conclude Silvia Veggetti Finzi – serve una disponibilità prolungata, una presenza capillare, una progettualità di lunga durata. (…) Questo compito riguarda tutti, e i medici in particolare in quanto presiedono alla nascita, alla crescita, alla vita e alla morte di ognuno».

“L’aver cura degli anziani” è il titolo dell’intervento di Fulvio Scaparro, psicoterapeuta e scrittore, che ricorda come «alla base del “sogno ragionevole” che tende a trasformare i centri urbani e a renderli meno ostili nei confronti dei cittadini più fragili, ci sia il concetto di familiarità, cioè della confi denza che ci deriva dalla consuetudine e dalla dimestichezza con un ambiente che si è avuto il tempo di esplorare e conoscere e nei confronti del quale si sono stabilite relazioni anche affettive».La casa, quella che si è eletta come tale; ma la casa è anche il quartiere, lo sono i vicini, i negozi, i luoghi di incontro abituali, le voci, i suoni, i rumori e tutto ciò che costituisce l’ambiente quotidiano, il proprio habitat. Ed è proprio l’habitat, «il nostro habitat, che all’inizio della vita e nella vecchiaia acquista sempre maggiore importanza per il nostro benessere. Negli anziani- prosegue Scaparro – la necessità e l’utilità di “familiarizzarsi” torna prepotente (…): gli anziani non amano troppo i cambiamenti repentini che non consentono loro il tempo di ‘familiarizzarsi’». «Questo non signifi ca – conclude Scaparro – che essi siano nemici del nuovo. Essi avvertono però il bisogno, e ne hanno il diritto, di impiegare tutto il tempo necessario per rendere ‘familiare’ il nuovo, per sentirlo come proprio o respingerlo perché estraneo ai loro bisogni».Di “Informazione e formazione della cura” parla Roberto Satolli, medico e

I problemi dell’avere curaÈ il tema della tavola rotonda che si è svolta in occasione della celebrazione del Centenario di fondazione degli Ordini dei Medici Chirurghi

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giornalista presidente della Zadig (Agenzia di Editoria Scientifi ca) che ricorda come nella civiltà occidentale il primo cambiamento rilevante sia avvenuto quando i discepoli hanno incominciato a osservare il maestro mentre dissezionava un cadavere. «Non a caso la nascita della moderna attività di cura si fa coincidere con un altro netto cambiamento, cioè quando i medici hanno cominciato a formarsi all’interno degli ospedali, al letto del malato. Da allora la formazione e l’aggiornamento del medico dipendono soprattutto dall’osservazione dei malati ricoverati». Ma non è suffi ciente perché «il paziente in ospedale è una persona in cattività, il cui studio può portare a gravi distorsioni rispetto a quello che accade nella realtà esterna. Ignorare questa deformazione sta divenendo sempre più insostenibile per effetto del rapido e drastico processo di deospedalizzazione in corso da un paio di decenni». «L’ultima e più recente trasformazione sulla diffusione delle conoscenze mediche – prosegue Satolli – va sotto il nome di Evidence Based Medicine, cioè la consapevolezza che l’osservazione dei singoli casi, anche se numerosi e approfonditi, non produce quasi mai certezze».Esaminando la realtà attuale, pur a fronte di una serie di trasformazioni, Satolli osserva che l’Università rimane ospedalocentrica tanto che, tutto ciò che viene fatto nell’ambito delle cure primarie e della prevenzione, viene appreso in genere dopo e fuori dal corso di laurea. Dopo l’Università (e la specialità) le cose peggiorano: alla velocità dell’evoluzione delle conoscenze e delle tecnologie diagnostiche e terapeutiche dovrebbe corrispondere un massiccio impiego di risorse pubbliche per mantenere al passo l’aggiornamento sempre più delegato alla pervasività degli interessi commerciali e del mercato. Rifacendosi alla propria esperienza (personale e di equipe, maturata all’interno di Zadig), Satolli afferma che «lo studio e l’analisi di casi individuali (aneddoti) costituiscono gli strumenti più effi caci per trasmettere le conoscenze e la forma del ragionamento clinico che consente di applicare le nozioni generali prodotte dalla ricerca alle circostanze reali della pratica quotidiana».

Chiude la tavola rotonda la relazione di Salvatore Natoli, docente di Filosofi a teoretica dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca, incentrata sul tema della “Epistemologia della cura”.«L’esperienza del dolore – ricorda Natoli – ha incarnazioni individuali, variabili e tuttavia vi è in essa un che di comune, un’affi nità di specie». Ma della malattia e della morte la scienza e la tecnica hanno modifi cato radicalmente la percezione: oggi il dolore - che può essere medicalmente contenuto pur nell’avanzare della malattia – da sintomo si è trasformato in malattia e ridurlo è diventato un atto terapeutico obbligato. «Ma quando il dolore è sedato, e forse proprio per questo – osserva Natoli – l’ombra della morte si rende più vicina perché più pensabile, e il tempo che resta da vivere appare ancora più vuoto e insensato». Diversa la prospettiva del malato in relazione vivente oltre che con il suo passato, con il suo presente e con gli altri che, nella sofferenza, riesce a trovare ancora buone ragioni per continuare a vivere. «E questo accade se chi soffre si sente in qualche modo obbligato a conservarsi fedele a se stesso, se riesce cioè a mantenersi protagonista della sua sofferenza. Quando il sapere medico non riesce più a curare, non può far altro che consegnare il sofferente al suo soffrire: lo fa durare». Dando comunque per scontati i benefi ci delle terapie e la necessità di guardare alle trame della vita «il medico deve sentire la sofferenza dell’altro e, soprattutto, deve far percepire a chi soffre quanto la sua vita sia preziosa per chi gli sta accanto».«Così il sofferente – conclude Natoli – sia pure per interposta persona, può darsi ancora uno scopo, e perfi no vivere la morte come se consegnasse la propria vita agli altri e la proseguisse in loro».

di apprendimento che erano propri della sua cultura, da sapere il perché a sapere come, tipico anche del giovane medico. È evidente che il modello di sapere come è più produttivo a breve, ma alla lunga produce schiavitù di pensiero e ritarda le capacità immaginative e reattive di progettazione di un futuro adeguato alla vocazione umana». Da queste premesse, secondo Agus, l’analisi dell’agire del medico induce a una possibile lunga elencazione di situazioni in cui il rischio tecnologico può predominare e rendere pessimisti sul futuro umanistico della medicina. In tempi di safety e di customer satisfaction in medicina, Agus evidenzia come l’introduzione di nuove tecnologie possa prevaricare la corretta indicazione al trattamento (soddisfazione del paziente/cliente), quanto mettere a rischio la sicurezza dello stesso. «Oggi per il bravo medico, attento antropologicamente al suo paziente – suo, e non di qualsivoglia struttura sanitaria – è possibile ritrovare forti punti di riferimento in strumenti antichi quanto rinnovati». «Oggi – conclude Agus – il Codice di Deontologia Medica della FNOMCeO, nella sua ultima versione, vede riscritto l’articolo sul confl itto di interessi che può verifi carsi nella ricerca scientifi ca, nella formazione e nell’aggiornamento professionale, nella prescrizione di farmaci ed esami, di interventi chirurgici, nei rapporti con la pubblica amministrazione. Ma altrettanto, il nuovo Codice non è certo anti-tecnologico richiamando a come il ricorso a medicine non convenzionali non deve sottrarreil cittadino a trattamenti di comprovata effi cacia». ■

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Lorena OrigoI giovani dentisti e il domani della professione

L’

Organizzato dall’Ordine Provinciale dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di Milano, si è tenuto lo scorso novembre il convegno “Il futuro dell’odontoiatria”

incontro, moderato da Claudio Gatti e coordinato da Luigi

Paglia (entrambi Consiglieri OMCeO), è stata l’occasione per mettere in luce le problematiche che attraversano il settore ma anche per lanciare un segnale di speranza alle giovani generazioni di professionisti.«In tempi di crisi è indispensabile sperare e operare per un futuro migliore. L’odontoiatria, come molte altre professioni e attività lavorative, sta subendo una depressione solo in parte dovuta alla crisi economica mondiale», esordisce il dottor Gatti nella relazione introduttiva. «La pletora odontoiatrica, l’infausta liberalizzazione della pubblicità e l’aggressione da parte di chi pensa di poter guadagnare investendo nella nostra professione e sfruttando il lavoro di giovani colleghi è la seconda, e forse non secondaria, causa dei problemi che riguardano i seri professionisti dell’odontoiatria. Conosco una moltitudine di giovani odontoiatri e percepisco il loro disagio e le loro paure: una volta ottenuta la laurea che fare? Aprire un nuovo studio oggi, con tutti gli adempimenti che la burocrazia ha creato ad arte per ostacolare una delle ultime “pure” libere

professioni almeno in campo medico, è un’impresa disperata. Collaborare è possibile ma ci si scontra con la crisi del settore e sono pochi i colleghi più anziani che possono dare spazio lavorativo all’interno dei propri studi. Rimangono purtroppo le collaborazioni sottopagate presso fantomatici centri dove la ricerca della qualità è pura fantasia. Tempi e tariffe imposte per una odontoiatria di bassa qualità che darà soldi agli investitori, poco guadagno al dentista curante e sicuri guai futuri al paziente. E allora?Credo che esista una sola soluzione. Non sarà per tutti. Chi avrà pazienza e sceglierà la specializzazione e la ricerca della qualità delle cure prima o poi verrà ripagato. Certo il giovane collega dovrà magari rinunciare a facili guadagni immediati, ma nel tempo sarà premiato. L’età media dei dentisti sta rapidamente aumentando (frutto del facile accesso all’odontoiatria fi no all’istituzione della specifi ca facoltà) e prima o poi i vecchi dentisti andranno in pensione, il mondo universitario dovrà sempre più porre attenzione alla qualità e non ai numeri e le istituzioni si accorgeranno che sono in essere profonde ingiustizie nell’accesso alla facoltà di odontoiatria, per cui chi non

riesce ad accedere al corso di laurea in Italia, e se lo può permettere, può sempre andare in un’altra nazione con accesso facilitato (per esempio, la Spagna) e poi ritornare con le carte in regola per esercitare nel proprio paese. Per questi motivi ho pensato che fosse necessario anche da parte dell’Ordine dei Medici e degli Odontoiatri di Milano un segnale di speranza per le nuove generazioni di dentisti. Come referente dell’aggiornamento per gli odontoiatri allora quale migliore iniziativa che quella di cedere la parola a un gruppo di giovani dentisti che perseguono una odontoiatria di eccellenza e vogliono trasmettere ai propri giovani colleghi (e non solo a loro) un messaggio di qualità rivolto al futuro della professione…».

I lavori si sono quindi articolati in una serie di presentazioni scientifi che a cura di giovani professionisti di cui, di seguito, proponiamo una sintesi.

Massimo Di Stefano (master in Scienze Odontostomatologiche, Università di Madrid) ha affrontato il tema delle lesioni endo-parodontali.«Le lesioni che coinvolgono sia i tessuti parodontali che quelli pulpari possono avere origine endodontica primaria,

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parodontale primaria o derivare da entrambi i fronti, signifi cando cioè che sia la lesione endodontica che quella parodontale originano in maniera indipendente (lesioni combinate). Differenti autori hanno proposto diversi sistemi nomenclativi, basati su criteri eziologici o clinici. Questi ultimi aspetti legati alle lesioni endo-parodontali sono stati discussi a fondo; tuttavia il supporto scientifi co è rappresentato in misura prevalente da case report o expert opinion. È presente un sostanziale accordo sull’origine batterica di tali lesioni. Sotto quali condizioni, e più in particolare secondo quale direzione di dispersione si determinino soluzioni di continuità nell’apparato pulpo parodontale, rimane una questione controversa. Affrontiamo quindi questa tematica trattando diversi punti quali Microbiologia delle lesioni endodontiche e parodontali, Vie di connessione endo-parodontali anatomiche, Lesioni endodontiche primarie con compromissione parodontale secondaria, Lesioni parodontali primarie con compromissione endodontica secondaria, “Vere” lesioni combinate».L’intervento di Andrea Posadinu,

LMD Università di Ginevra e Frequentatore dell’Ospedale san Raffaele di Milano, “Restauri adesivi indiretti in composito dei settori posteriori” ha presentato l’utilizzo di intarsi in composito per il restauro di denti vitali con build up di ricopertura dentinale e cementazione in composito micro ibrido foto indurente seguendo le tecniche apprese all’Università di Ginevra.«Nuove tecniche e nuovi materiali rendono possibile un approccio meno invasivo nella riabilitazione degli elementi dentali. L’utilizzo di metodiche adesive per il restauro di cavità intra-coronarie è ormai consuetudine per la maggior parte dei dentisti. Meno immediata è la scelta di tali metodiche di fronte alla perdita di una o più cuspidi o peggio di fronte a denti trattati endodonticamente. È ampiamente dimostrato in letteratura che le metodiche adesive di tipo indiretto possono effi cacemente restaurare grandi perdite di sostanza dentale, e ciò preservando maggiormente i tessuti rispetto alle metodiche protesiche convenzionali».“Prelievi ossei endorali ai fi ni ricostruttivi implantari” era invece il focus del contributo di Fulvio Gatti,

specialista in Chirurgia Orale presso l’Università degli Studi di Milano. «La riabilitazione orale di pazienti parzialmente o totalmente edentuli mediante l’utilizzo di impianti endossei è divenuta da decenni una pratica molto diffusa e in grado di garantire risultati predicibili e affi dabili. Tuttavia una grave parodontopatia che abbia comportato non solo la perdita degli elementi dentari ma anche dell’osso alveolare, come anche gli esiti di trauma, possono portare a un’insuffi ciente dimensione ossea verticale, orizzontale o a una sfavorevole relazione intermascellare, tali da rendere impossibile l’inserimento di impianti endossei o da compromettere il risultato estetico-funzionale della riabilitazione protesica. Al fi ne di risolvere defi cit ossei dei mascellari, in letteratura sono state proposte alcune tecniche principali come:a) l’osteoinduzione attraverso l’utilizzo

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di fattori di crescita quali le proteine morfogenetiche dell’osso (BMPs);b) la distrazione osteogenica, nella quale un’osteotomia chirurgica permette l’allontanamento graduale delle due porzioni ossee separate, con neoformazione ossea;c) la rigenerazione ossea guidata (GBR), nella quale apposite membrane fungono da mantenitori di spazio permettendo la neoformazione ossea;d) l’osteoconduzione, nella quale un materiale da innesto funge da guida per il fi siologico processo di rigenerazione ossea. A eccezione delle tecniche che si basano sull’utilizzo delle proteine morfogenetiche, molto promettenti ma ancora in fase sperimentale, le altre che fondano sulla osteoinduzione/osteoconduzione mediante materiali da innesto (autologhi e non), la rigenerazione ossea guidata, la distrazione osteogenetica, rappresentano metodiche comunemente applicate nella realtà clinica al fi ne di ricreare una corretta relazione intermascellare e una morfologia ossea adeguata all’inserimento implantare. Nonostante il numero sempre crescente di pubblicazioni riguardanti la correzione dei difetti ossei nei mascellari edentuli, esistono tuttavia ancora oggi molte controversie circa la scelta della tecnica chirurgica più adatta e affi dabile. Ciò è spesso dovuto alla non suffi ciente qualità metodologica dei lavori scientifi ci presenti in letteratura. Obiettivo di questa relazione è valutare le possibilità di correzione dei difetti ossei mediante alcune di queste metodiche, gli innesti ossei autologhi di apposizione (onlay) e la rigenerazione ossea guidata (GBR), analizzandone vantaggi e limiti in base ai risultati della

letteratura internazionale e alla casistica personale». Di Davide Farronato – specialista in Chirurgia Orale presso l’Università degli Studi di Milano – la relazione su “Tessuti molli periimplantari”. «A riguardo dell’ottimale posizionamento implantare, relativamente alla profondità di inserimento, è reperibile una impressionante quantità di lavori scientifi ci, ma solo pochi di questi tengono in considerazione la distribuzione dell’ampiezza biologica e soprattutto è evidente che i risultati siano discordanti al variare del sistema implantare in esame e più in dettaglio al design implantare alla connessione. In linea generale è suggerito per le connessioni fl at-to-fl at non switched un posizionamento crestale o meglio sovracrestale. Più Autori associano a questa connessione un sigillo non ermetico che, sottoposto ai carichi masticatori non assiali, determina un “effetto pompa”. Pertanto, questo tipo di connessione è ad oggi considerata scarsamente performante e decisamente superata. Diverso è il discorso relativo alle connessioni che presentano una decisa conometria all’ingaggio (minore o uguale a 11°) e per le metodiche Switching Platform. Questo tipo di connessioni garantiscono ottimi risultati a un posizionamento paracrestale del margine implantare. Inoltre, se è presente una connessione interna profonda gli stress masticatori sembrano essere meglio trasferiti all’interfaccia osso-impianto e di conseguenza le stabilità dello stesso è aumentata. In connessioni che accomunano metodica Switching Platform con ingaggio conometrico alla

connessione tollerano posizionamenti subcrestali di 1 mm senza determinare un rilevante rimaneggiamento negativo dell’osso periimplantare. Attraverso l’analisi sistematica della letteratura risulta impossibile stabilire una dimensione dell’ampiezza biologica comune tra gli Autori. Difatti i diversi risultati sono da afferirsi a differenze signifi cative: design implantari e sovraimplantari, tecniche chirurgiche, biotipo del paziente, posizione dell’impianto, profondità della connessione relativamente al margine osseo, effi cacia di sigillo alla connessione, tempi di maturazione ecc. Inoltre, la maggior parte delle valutazioni derivano da analisi radiografi che, eseguite con tecnica di Rinn, che forniscono solo informazioni dello spessore dei tessuti nelle zone interprossimali. Poiché esistono così tante variabili infl uenti sull’estensione dell’ampiezza biologica, volutamente non sono stati dati riferimenti numerici, se non a scopo esemplifi cativo. È pertanto scopo di questa relazione descrivere la caratteristica organizzazione tissutale dei design implantari più comuni e il diverso comportamento nel tempo al variare dell’abilità dell’operatore, della tecnica chirurgica e delle caratteristiche dei pazienti in esame».

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Il lavoro “a sei mani” proposto da Paolo Ordesi, Luca Grassi e Paolo Persia (borsisti Istituto Stomatologico Italiano di Milano) era focalizzato su “La chirurgia della disodontiasi”.

«Nonostante le tecniche conservative e protesiche stiano evolvendo nel tempo, offrendo di anno in anno soluzioni terapeutiche sempre più raffi nate e sicure, tuttora la terapia exodontica trova un ben defi nito ventaglio di indicazioni. La chirurgia degli elementi in disodontiasi è indicata in mancanza di spazio in arcata, in malposizioni tali da rendere impossibile in recupero chirurgico ortodontico, in presenza di carie profonde, riassorbimenti radicolari, lesioni parodontali profonde, pericoronariti, neoformazioni. La chirurgia delle disodontiasi sussiste anche in presenza di problematiche di tipo ortodontico, in previsione di una terapia radiante del distretto cervico facciale o dell’utilizzo di farmaci quali i bifosfonati. L’intervento di estrazione delle disodontiasi, così come quello di tutti gli elementi dentari, deve essere sostenuto da valide motivazioni, in quanto non scevro di complicanze. Il paziente deve essere sempre informato aprioristicamente dei rischi. Il consenso informato deve indicare in maniera trasparente la diagnosi, il piano di trattamento chirurgico

e anestesiologico, le indicazioni di eventuali effetti negativi e i rischi. A livello epidemiologico, gli elementi maggiormente riscontrabili in disodontiasi sono i terzi molari inferiori che possono essere estratti per ragioni terapeutiche, strategiche, come nell’ambito di programmi ortodontici, e profi lattiche. Le evidenze scientifi che attuali, comunque, tendono a escludere le motivazioni di tipo profi lattico dalle indicazioni chirurgiche. Il trattamento chirurgico degli elementi in disodontiasi deve prevedere una capillare valutazione preoperatoria, basata su una meticolosa indagine anamnestica, sulla sintomatologia riferita dal paziente e su un’attenta valutazione clinica e radiologica. Le fasi chirurgiche dell’intervento di avulsione degli elementi in disodontiasi prevedono: allestimento del lembo; osteotomia; odontotomia; lussazione e avulsione; sutura. Nonostante un’accurata preparazione e un’attenta esecuzione dell’intervento, si possono verifi care complicanze sia intraoperatorie che postoperatorie». Il contributo di Lucio Toma e Francesca Bellincioni (specializzandi in Ortognatodonzia, Università degli Studi di Milano) conclude il convegno. «Fin dalla prima metà degli anni ‘30, quando Broadbent standardizzò la metodica di acquisizione teleradiografi ca latero-laterale del cranio, la cefalometria è stata utilizzata per analizzare le discrepanze dento-maxillo-facciali e per determinare i cambiamenti indotti dalla crescita e/o dal trattamento ortodontico. Con il passare del tempo, essa è diventata il golden standard in ambito di diagnosi e analisi dei risultati. La teleradiografi a è però una

radiografi a bidimensionale utilizzata per rappresentare manifestazioni fi siologiche e patologiche che in realtà sono sempre tridimensionali. Negli ultimi 10 anni l’introduzione della TC Cone Beam (CBCT), specifi ca per l’analisi del distretto maxillofacciale, ha reso l’imaging 3D più facilmente utilizzabile in ambito ortodontico. La CBCT fornisce dataset che possono essere utilizzati per generare sia proiezioni planari bidimensionali, sia ricostruzioni (rendering) tridimensionali di superfi ci o volumi, svelando una serie di nuove e affascinanti prospettive in campo di diagnostica e pianifi cazione del trattamento ortodontico. Presso il Dipartimento di Scienze Chirurgiche, Ricostruttive e Diagnostiche dell’Università degli Studi di Milano sono attivi diversi progetti di ricerca sulle possibili applicazioni della TC Cone Beam: il primo riguarda lo studio di un’analisi cranio-facciale 3D sintetica; il secondo è inerente l’integrazione della CBCT con la scansione digitale delle arcate dentarie e la conseguente possibilità di produrre apparecchiature ortodontiche customizzate, create a partire da setup ortodontici digitali e quindi completamente personalizzate sugli elementi dentali di ogni singolo paziente. Infi ne, un terzo progetto è nato per valutare la fattibilità di una programmazione ortodontico-chirurgica completamente digitale, in cui ogni fase del trattamento, dagli spostamenti delle basi ossee agli spostamenti dentali, viene programmata grazie alla realizzazione di setup ortodontici e setup chirurgici virtuali, in grado di fornirci una rappresentazione globale e precisa del caso clinico». ■

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PREVIDENZA

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Francesco Brasca Medico specializzando Consigliere dell’Ordine Salvatore AltomareSegretario dell’Ordine di Milano Consigliere ENPAM

Le specializzande e la tutela della maternità

A

Il sostegno dell’ENPAM richiesto e ottenuto

pochi mesi dalla nomina di Consigliere ENPAM da parte del Consiglio

Nazionale ( organo elettivo costituito da tutti i Presidenti degli Ordini delle Province d’Italia), avvenuta in data 27 giugno ’10 presso la sede ENPAM di Roma, mi è stato richiesto dal dott. Francesco Brasca, medico specializzando, consigliere dell’Ordine di Milano e referente della Commissione ordinistica “Giovani Medici”, di trovare una soluzione a un problema, emergente da tempo, delle colleghe specializzande, riguardante la tutela della maternità durante il periodo della specializzazione.Ero già a conoscenza da tempo del problema ed era stato da me trattato nel contesto della relazione dal tema” La maternità, l’adozione, l’affi damento e l’aborto” nella riunione, in data 19 maggio 2010, presso la sede dell’Ordine di Milano, promossa dalla Commissione “Pari opportunità”.Se si considera che la popolazione medica neolaureata è costituita ormai quasi al 70% da donne, ne consegue una rilevanza di tutto rispetto.

Il problema della tutela della maternità, confi nata in norme

giuridiche, ha di per se connotati culturali, sociali, etici e religiosi.Quale valore dare alla maternità e alla nascita?Il valore intrinseco che ogni donna e ogni nascita portano con sé, da cui dipende il futuro dell’umanità, destano l’interesse adeguato?Può la nascita di un fi glio essere ostacolata dall’esistenza di un contesto economico precario? È possibile che la gravidanza, soprattutto se è più di una o se a rischio, possa costituire un serio problema, anziché un lieto evento?Se la logica è quella della produttività materiale il congedo di maternità diventa un privilegio e i doveri prevalgono sui diritti e sui bisogni.

Ma procediamo per ordine per meglio comprendere il problema specifi co.Dopo aver conseguito la laurea e dopo aver superato il concorso per entrare in specialità una domanda che si pongono frequentemente le giovani colleghe specializzande è la seguente: cosa prevede la legge in caso di maternità? La questione non può essere sottovalutata, in particolare, considerando che il periodo della

specialità corrisponde di fatto al periodo più fertile nella vita di una donnaLa domanda merita una risposta chiara e completa, soprattutto nei casi in cui le gravidanze vanno incontro a complicazioni e diventano gravidanze a rischio e che si verifi cano in un contesto familiare che non può garantire una tranquillità economica.Il nocciolo del problema sta in un articolo di legge (Art. 40 D.lgs 368/99, comma 5) che recita: durante i periodi di sospensione della formazione, al medico in formazione compete esclusivamente la parte fi ssa del trattamento economico limitatamente a un periodo di tempo complessivo massimo di un anno oltre quelli previsti dalla durata legale del corso.Cosa succede se una specializzanda rimane a casa più di un anno per gravidanze a rischio e versa in situazioni economiche precarie?”La risposta è la seguente: non prende alcun compenso per il periodo eccedente un anno di sospensione

Ma vediamo cosa recita la Legge.Dal 1 novembre 2006 per gli specializzandi l’assenza per maternità è regolata ai sensi del Dlgs 151/2001

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PREVIDENZA

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che stabilisce il diritto delle libere professioniste a percepire l’indennità di maternità da parte dell’Università per i due mesi antecedenti la data del parto e i tre mesi successivi alla stessa. Le specializzande interessate devono stare a casa un periodo di cinque mesi: due mesi prima più tre dopo il parto (o 1+4). Il congedo per maternità, sul piano della formazione specialistica si traduce in una sospensione obbligatoria della stessa con obbligo di recupero Durante i periodi di sospensione della formazione compete esclusivamente la parte fi ssa del trattamento economico.Le specializzande,essendo iscritte alla Gestione separata INPS, a partire dal 1° novembre 2006 non hanno diritto all’indennità ENPAM. Le specializzande, poiché usufruiscono della quota fi ssa della retribuzione, non hanno più diritto a nessun’altra indennità per maternità. Infatti, per il principio dell’incumulabilità di analoghe prestazioni, non possono, al pari delle colleghe dipendenti, avvalersi, in base alla Legge 30/12/71 n.1204, dell’indennità ENPAM La copertura economica è a carico dell’ENPAM, come previsto dall’art. 70 Dlgs 151/2001, allorquando non c’è rapporto tra la Specializzanda e l’Università e ciò può verifi carsi nel caso in cui l’astensione per maternità dalla frequentazione della scuola di specializzazione si ponga tra l’inizio o la fi ne della specialità Quindi se per esempio una specializzanda partorisce a Ottobre e vince il concorso per la scuola di specializzazione a Novembre, i mesi di Settembre e Ottobre saranno assicurati da parte dell’ENPAM, mentre quelli di dicembre, gennaio e febbraio dalla sola parte fi ssa del

trattamento economico, come da contratto siglato con la rispettiva scuola di specialità.Dato che il periodo formativo non può essere ridotto è previsto il recupero del periodo di sospensione, in cui si ha diritto alla parte fi ssa e a quella variabile del trattamento economico. Il periodo di sospensione della formazione, compreso quello dovuto alla gravidanza, dovrà essere recuperato; se l’assenza è stata di 5 mesi il periodo della durata della specializzazione sarà di 5 anni + 5 mesi; In tale evenienza il periodo dei 5 mesi di assenza per gravidanza sarà retribuito in base alla parte fi ssa del trattamento economico, mentre il periodo di recupero dei 5 mesi sarà retribuito per intero (parte fi ssa e parte variabile). Ritornando al problema posto all’inizio circa l’eccedenza annuale del periodo di sospensione che non comporta alcuna retribuzione, come contemplata dalla norma, è chiara l’incompleta tutela previdenziale per le specializzande nei casi in cui si verifi cano più gravidanze, anche a rischio.

La doppia iscrizione e contribuzione, all’ENPAM quota A e alla Gestione separata INPS, a cosa serve?Paradossalmente comporta svantaggi. Gli svantaggi derivano proprio dalla contemporanea doppia iscrizione a due Enti previdenziali che fanno parte del primo pilastro della previdenza quello obbligatorio La legge 30/12/71 n.1204, per il principio dell’incumulabilità di analoghe prestazioni, non consente paradossalmente all’ENPAM di intervenire sul piano previdenzialeIn attesa di un’auspicabile soluzione

defi nitiva, data dall’estensione della previdenza ENPAM agli specializzandi, ribadendo il fatto che il versamento della quota A costituisce una forma di previdenza obbligatoria che dà diritto a un vitalizio, al momento le specializzande che incorrono in gravidanze a rischio e che versano in precarie condizioni economiche possono ottenere da ENPAM prestazioni, (in base all’articolo 31 delle prestazioni assistenziali), per il periodo di sospensione della formazione, eccedente un anno, non retribuito dall’UniversitàSperiamo di aver esaudito quanto atteso a sostegno di una reale politica familiare e di aver ribadito il valore che per noi hanno le colleghe, proprio per le loro caratteristiche di unicità femminile. ■

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PAZIENTE ANZIANO

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Lorena Origo Curare e gestire l’invecchiamento

L’

Il punto nel convegno “Non autosuffi cienza e fragilità negli anziani: aree critiche e aspetti innovativi”

incontro, ospitato dal Pio Albergo Trivulzio di Milano (PAT), è la

prima edizione di un appuntamento che l’Istituto intende organizzare con cadenza annuale ponendosi l’obiettivo di diventare punto di riferimento e centro di osservazione permanente per uno scambio di esperienze e conoscenze sulla cura e gestione del paziente anziano. I lavori – a cui ha preso parte anche il ministro della Salute, Ferruccio Fazio – sono stati aperti dal presidente dell’Ente, Emilio Trabucchi, che ha tracciato l’obiettivo futuro del PAT: «Il Trivulzio oggi è un punto di riferimento per l’anziano non autosuffi ciente e intende mettere la sua esperienza al servizio della ricerca al fi ne di valorizzare un

potenziale e prezioso patrimonio di dati per il miglioramento delle cure e della qualità di vita nei pazienti fragili». Nel corso della sua Lectio Magistralis “L’invecchiamento”, Edoardo Boncinelli racconta: «L’uomo si è sempre chiesto perché deve invecchiare… La risposta è che alla natura, cioè alla selezione naturale, non interessa quello che ci accade dopo l’età riproduttiva. Fa di tutto per portarci a quella fase della nostra vita al massimo della forma sia fi sica che psichica, e poi si disinteressa di noi».Ha quindi preso la parola Cristiano Gori che ha affrontato il tema delle politiche della regione Lombardia per gli anziani non autosuffi cienti tra residenzialità e domiciliarità basate su alcuni elementi cardine: sistema, qualità, equità, gestori e spesa. Marco Trabucchi – attraverso il suo lavoro “Un pensiero forte per la cura e l’assistenza della persona anziana” – ha riaffermato l’urgenza di una risposta “effi cace” da parte delle istituzioni al problema: «Gli anziani risentono più di altri della tristezza diffusa che caratterizza la società contemporanea, percorsa da un sentimento di insicurezza e precarietà. La Sanità deve offrire un sistema

complesso che garantisca loro una protezione adeguata. La ricerca e la cultura geriatrica non hanno confi ni: adeguiamo i modelli dell’esperienza internazionale alle nostre realtà locali».Al dibattito, moderato dal dottor Massimo Monti, è intervenuta anche Cinzia Negri Chinaglia, specializzata nella cura del malato di Alzheimer. «Al PAT viene da anni garantita una pluralità di interventi rivolta al paziente portatore di patologia demenziale e al familiare. Dal 1995, nell’ambito del Progetto Alzheimer Regione Lombardia, è attiva un’area di cura e assistenza dedicata a questi malati strutturata come UOC Riabilitazione Alzheimer che garantisce la componente residenziale con 2 nuclei IDR e semiresidenziale con Day Hospital». Sul ruolo della Sanità del futuro è intervenuto il ministro Fazio: «È necessario mettere a punto modelli assistenziali diversi che siano sostenibili e che pongano al centro delle politiche sanitarie la fi gura dell’ammalato». La relazione “Aspetti innovativi per l’assistenza agli anziani: dalla genetica alla ricerca clinica” è stata presentata da Francesco Cetta, consigliere di amministrazione dell’Istituto. Dal lavoro svolto emerge Emilio Trabucchi

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PAZIENTE ANZIANO

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il quadro di un’assistenza pubblica nella quale è necessario razionalizzare e recuperare effi cienza, fornendo migliori servizi con ridotte risorse a disposizione. Quali i percorsi possibili? Un aiuto in futuro potrà arrivare dalle nuove tecnologie ICT e robotica (in Giappone, per esempio, esistono già dei robot-badante); inoltre è necessario intensifi care l’assistenza domiciliare e rafforzare il patto intergenerazionale anche se è importante non cadere in fenomeni di generalizzazione, poiché gli anziani non rappresentano un mondo omogeneo. La popolazione, bensì, va suddivisa in tre tipologie: 65-85 anni (in buone condizioni, in cui sono possibili tutte le opzioni inclusa l’assistenza domiciliare e i custodi sociali); 80-95 anni (con defi cit multipli o multiorgano e che necessitano di RSA e IDR); ultracentenari: il 41% di questa popolazione super selezionata è autosuffi ciente (è il sottogruppo che grava meno sul SSN). «Il Pio Albergo Trivulzio – conclude Cetta – è un osservatorio permanente in grado di fornire dati sulle molteplici patologie dell’anziano; inoltre, siamo un centro di eccellenza e un punto di riferimento nella gestione e nel trattamento della malattia di Alzheimer.

Sono passati cento anni da quando, il 22 maggio 1910, il Pio Albergo Trivulzio si trasferiva dalla sede di via della Signora in un edifi cio realizzato su un progetto totalmente innovativo sulla strada per Baggio. Oggi, l’Istituto offre servizi nel settore dell’assistenza, della cura e del recupero/riabilitazione delle persone anziane non autosuffi cienti. Nelle tre strutture RSA sono accreditati 1138 posti di cui 60 specializzati e attrezzati per la cura e assistenza dei malati di Alzheimer e un’area dedicata ai degenti in stato vegetativo. Sono inoltre disponibili 415 posti letto nei Dipartimenti di Degenza Geriatrica Riabilitativa. Il personale - medici, infermieri, operatori assistenziali, fi sioterapisti, assistenti sociali, personale amministrativo - sfi ora le 1600 unità a cui si aggiungono oltre 500 volontari. Proprio al Pio Albergo Trivulzio è stato realizzato il primo Hospice (struttura di ricovero per le cure palliative) pubblico in Italia. Per le persone affette da demenza sono state recentemente introdotte alcune nuove terapie non farmacologiche, tra cui il «Treno virtuale» e la «Terapia della bambola» entrambe atte a stimolare emozioni in grado di richiamare consapevolezza nel paziente. In fase di realizzazione anche il “Giardino Alzheimer”, uno spazio verde psico-sensoriale con un’estensione di 1000 m2.

UN SECOLO DI STORIA

Abbiamo attivato una collaborazione con il Frankfurter Verband - nostro omologo in Germania - il quale è già da tempo in rete con Svezia e Olanda per riunifi care i nostri dati sulle condizioni fi siopatologiche dei centenari e sulle insuffi cienze multifunzionali degli over 75».I dati recenti relativi alla patologia che emergono dal Rapporto Mondiale Alzheimer 2009 parlano di 35,6 milioni di persone affette da demenza al mondo, che aumenteranno a 65,7 milioni nel 2030 e raggiungeranno i 115,4 milioni entro il 2050. ■

[email protected] 41 07/02/11 16.40

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Consenso al trattamento dei dati personaliIl trattamento dei dati personali che La riguardano viene svolto nel rispetto di quanto stabilito dalla Legge 196/2003 sulla tutela dei dati personali. Si raccomanda di compilare la scheda di iscrizione in tutte le sue parti, compreso il codice fiscale, indispensabile al fine di ottenere l’attribuzione dei crediti formativi.❑ Accetto ❑ Non accetto Firma............................................................................................................................................................................................................

L’accettazione al consenso del trattamento dei dati è fondamentale ai fi ni dell’iscrizione.INFORMAZIONI GENERALI• L’iscrizione al Corso è gratuita e verrà data la precedenza agli iscritti all’Ordine di Milano.• Il Corso è in fase di accreditamento presso il Ministero della Salute: verrà rilasciato un attestato di partecipazione con crediti formativi attribuiti dalla Commissione ECM.• L’attestato verrà rilasciato solo a coloro che parteciperanno all’intera durata dei lavori e compileranno le schede di valutazione e di verifica.

Iscrizione agli eventi ECM dell’Ordine dei Medici e degli Odontoiatri di Milano

❑ 1. Corso di addestramento di Basic Life Support and Defibrillation (BLSD) e gestione delle emergenzeSabato 2 aprile 2011 – ore 8.15-18.00

❑ 2. Il trattamento ortodontico dell’adulto: indicazioni, controindicazioni e limitiSabato 9 aprile 2011 – ore 8.30-13.45

❑ 3. Patologia virale, preneoplastica e neoplastica genitale maschileSabato 16 aprile 2011 – ore 8.30-13.30

❑ 4. Lo sport fa bene alla salute? Basi clinico-metodologiche per la corretta certificazione

dell’idoneità all’attività sportiva non agonisticaSabato 7 maggio 2011 – ore 8.30-13.30

❑ 5. La sordità oggi: nuove prospettive e nuove problematiche nella pratica quotidiana del MedicoSabato 14 maggio 2011 – ore 8.00-13.30

❑ 6. La depressione nelle diverse fasi della vita La clinica e gli interventi terapeuticiSabato 21 maggio 2011 – ore 8.30-13.50

❑ 7. Il trattamento dei difetti infraossei in ParodontologiaSabato 28 maggio 2011 – ore 8.30-13.45

ISCRIZIONI ECM

Nome/Cognome.........................................................................................................................................................................................................

Luogo e data di nascita............................................................................................................................................................................................

Iscritto all’Ordine dei Medici e degli Odontoiatri di......................................................................................................................................

Albo Medici ❑ Albo Odontoiatri ❑

Residente a...................................................................................................................................................................................................................

Indirizzo........................................................................................................................................................................................................................

CAP......................................................................Città.................................................................................................................................................

Prov...............................................................................Cell...................................................................Tel................................................................

e-mail.................................................................................................................Codice fiscale................................................................................

L’iscrizione ai Corsi ECM organizzati dall’Ordine dei Medici di Milano può essere effettuata via e-mail all’indirizzo [email protected] inserendo nella mail tutti i dati richiesti nella scheda sotto riportata.

N.B. Si specifica che l’adozione di tale modalità comporta l’implicita autorizzazione da parte dell’Ordine al trattamento dei dati ivi inseriti e che tali dati potranno essere cancellati o rettificati a Vostra richiesta ex art. 7 D. Lgs. 196/2003.

Le dichiarazioni di seguito rese sono autocertificazioni e come tali assoggettate al D.P.R. 445/2000 e alle sanzioni ivi previste. Qualora il medico non avesse indirizzo e-mail

potrà inviare la scheda di seguito riportata tramite fax al n. 031/990453.Si prega di scrivere in maniera chiara e leggibile e di compilare la scheda in tutte le sue

parti in quanto tutti i dati devono essere trasmessi al Ministero della Salute.

[email protected] 42 08/02/11 10.43

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CORSI ECM

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Corso di addestramento di Basic Life Support and Defibrillation (BLSD) e gestione delle emergenze

Sabato 2 aprile 2011 – ore 8.15-18.00Auditorium Don Alberione – Periodici San Paolo - Via Giotto 36 – Milano

CoordinatoreProf. Alessandro Palmarini

Cardiologo Responsabile del Servizio di Cardiologia – Euromedica IRCCS - Milano

PROGRAMMA8.15-8.45 Registrazione Partecipanti8.45-9.00 Prof. Alessandro Palmarini Introduzione al Corso

9.00-10.00 Prof. Alessandro Palmarini Le cardiopatie più comuni collegate con l’A.C. e casi clinici

10.00-11.00 Dott. Andrea Rimondini Consulente attività specialistica di Cardiologia Ambulatoriale L’instabilità elettrica del miocardio e le aritmie e casi clinici

11.00-11.15 Intervallo

11.15-12.15 Dott. Guido Stivali Medico Cardiologo Membro istruttore GIEC (Gruppo Intervento Emergenza Cardiologiche) I principi fondamentali della BLSD aggiornati alle norme ILCOR 2010

12.15-13.15 Dott. Fabio Volontè Medico soccorritore e istruttore 118 Croce Rossa Il defribillatore semiautomatico, il suo utilizzo e il suo impiego nel territorio

13.15-14.30 Intervallo

14.30-17.30 Esercitazioni pratiche in gruppi condotte dai Dottori Stivali, Volontè, Soldini e Codeleoncini

17.30-18.00 Compilazione schede di valutazione e di verifica

n. 80 posti disponibili - Accreditato per Medico Chirurgo

[email protected] 43 08/02/11 10.43

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CORSI ECM

ModeratoreDott. Claudio Gatti

Consigliere Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di MilanoCoordinatore

Dott. Luigi PagliaConsigliere Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di Milano

PROGRAMMA8.30-9.00 Registrazione Partecipanti

9.00-9.30 Dott. Claudio Gatti – Dott. Luigi Paglia Introduzione

9.30-10.00 Prof.ssa Giovanna Garattini Professore Associato di Malattie Odontostomatologiche Clinica Odontostomatologica A. O. San Paolo – Università degli Studi di Milano Ortodonzia e terapia parodontale, impiantare e protesica

10.00-10.20 Dott. Giacomo Grasso Specialista in Odontostomatologia e in Ortognatodonzia Clinica Odontostomatologica A. O. San Paolo – Milano Vantaggi dell’utilizzo delle miniviti per l’ancoraggio ortodontico

10.20-10.40 Prof.ssa Giovanna Garattini Ortodonzia e terapia restaurativa

10.40-11.00 Dott.ssa Elena Bazzini Odontoiatra Specialista in Ortognatodonzia Clinica Odontostomatologica A. O. San Paolo – Milano Ortodonzia estetica

11.00-11.15 Intervallo

11.15-12.00 Prof. Giampietro Farronato Direttore Scuola di Specializzazione in Ortognatodonzia Università degli Studi di Milano Presidente del Corso di Laurea in Igiene Dentale – Università degli Studi di Milano Patologia temporo-mandibolare e trattamento ortodontico

12.00-12.45 Prof. Giampietro Farronato Trattamento ortodontico-chirurgico

12.45-13.15 Discussione e conclusioni

13.15-13.45 Compilazione schede di valutazione e di verifica

n. 150 posti disponibili - Accreditato per Odontoiatra

2 Il trattamento ortodontico dell’adulto: indicazioni, controindicazioni e limitiSabato 9 aprile 2011 – ore 8.30-13.45Auditorium Don Alberione – Periodici San Paolo - Via Giotto 36 – Milano

[email protected] 44 08/02/11 10.43

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CORSI ECM

3 Patologia virale, preneoplastica e neoplastica genitale maschileSabato 16 aprile 2011 – ore 8.30-13.30Auditorium Don Alberione – Periodici San PaoloVia Giotto 36 – Milano

ModeratoriDott. Gaetano Bandieramonte

Già Dipartimento di ChirurgiaFondazione IRCCS Istituto Nazionale

dei Tumori di MilanoDott. Roberto SalvioniDirettore U.O. di Urologia

Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano

PROGRAMMA8.30-9.00 Registrazione Partecipanti

9.00-9.10 Dott. Gaetano Bandieramonte Dott. Roberto Salvioni

Introduzione al tema

9.10-9.30 Dott. Mario Catanzaro U.O. di Urologia – Fondazione IRCCS

Istituto Nazionale dei Tumori di Milano Epidemiologia, storia naturale,

classificazione clinica

9.30-9.50 Dott. Maurizio Colecchia U.O. di Anatomia Patologica Fondazione IRCCS Istituto

Nazionale dei Tumori di Milano Morfologia. Infezione da HPV,

precursori, displasie e neoplasie del pene

9.50-10.50 Dott.ssa Bernardina Stefanon U.O. di Ginecologia Fondazione IRCCS

Istituto Nazionale dei Tumori di Milano L’infezione da HPVi genitale Pari opportunità nei partners:

controllo del partner maschile Prevenzione, diagnosi precoce,

peniscopia, biopsia

10.50-11.10 Dott. Gaetano Bandieramonte La terapia dell’infezione da HPVi nel maschio

11.10-11.30 Intervallo

11.30-11.45 Dott. Marco Bosisio Psicologia clinica - Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano Profilo psicologico

11.45-12.05 Dott. Gaetano Bandieramonte La terapia delle forme di patologia precoce displastica e neoplastica iniziale: microchirurgia laser conservativa

12.05-12.20 Dott. Stefano MattioliU.O. di Urologia – I.C. Sant’Ambrogio MilanoLa terapia endoscopica delle forme estese all’uretra

12.20-12.50 Dott.ssa Silvia TanaU.O. di Radioterapia – Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori di MilanoTerapia radiante

12.50-13.10 Dott. Luigi Piva U.O. di Urologia – Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano Strategia terapeutica del carcinoma conclamato e dei linfonodi: chirurgia semiconservativa e demolitiva

13.10-13.30 Discussione e compilazione schede di valutazione e di verifica

n. 150 posti disponibiliAccreditato per Medico Chirurgo

Scopo principale del Corso è quello di contribuire a colmare il divario esistente tra le conoscenze nel campo della patologia genitale femminile e quella maschile, sia per quanto riguarda le procedure di prevenzione, l’iter diagnostico e le scelte terapeutiche, dalla fase più precoce a quella avanzata della malattia virale sessualmente trasmessa, displastica e neoplastica. Per non vanificare le risorse del sistema sanitario, rivolte generalmente solo a metà della popolazione a rischio (partner femminili), sono necessari opportuni orientamenti già da parte del primo medico osservatore anche nei riguardi dei partner maschili.

[email protected] 45 08/02/11 10.43

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CORSI ECM

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4 Lo sport fa bene alla salute? Basi clinico-metodologiche per la corretta certificazione dell’idoneità all’attività sportiva non agonistica

Sabato 7 maggio 2011 – ore 8.30-13.30Auditorium Don Alberione – Periodici San Paolo - Via Giotto 36 – Milano

ModeratoriProf. Antonio Farneti

Professore Ordinario di Medicina Legale – Università degli Studi di MilanoProf. Bruno Carù

Docente di Cardiologia – Scuola di Specialità di Medicina dello SportUniversità degli Studi di Milano

PROGRAMMA

8.30-9.00 Registrazione Partecipanti

9.00-9.30 Dott. Roberto Carlo Rossi Vice Presidente Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di Milano MMG di Assistenza Primaria Il certificato di idoneità all’attività sportiva non agonistica: rischio o opportunità?

9.30-10.00 Dott. Umberto Genovese Ricercatore Confermato in Medicina Legale e delle Assicurazioni Università degli Studi di Milano Attività sportiva non agonistica vs agonistica

10.00-11.00 Dott. Ugo Monsellato Specialista in Medicina dello Sport Docente Scuola dello Sport CONI – Lombardia Direttore Centro di Medicina dello Sport – Bareggio (MI) Non tutti gli sport sono uguali

11.00-11.15 Intervallo

11.15-12.15 Dott. Paolo Liistro Specialista in Medicina dello Sport Direttore Centro Ambrosiano di Medicina dello Sport – Milano Strumenti metodologici per la formulazione di un corretto giudizio

12.15-12.45 Dott. Antonio Vitello Direttore Servizio di Medicina Legale – ASL Milano Profili di responsabilità

12.45-13.30 Discussione e compilazione schede di valutazione e di verifica

n. 150 posti disponibili - Accreditato per Medico Chirurgo

[email protected] 46 08/02/11 10.43

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CORSI ECM

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5 La sordità oggi: nuove prospettive e nuove problematiche nella pratica quotidiana del Medico

Convegno ECM per Medici Chirurghi e consensus conference

Sabato 14 maggio 2011 – ore 8.00-13.30Auditorium Don Alberione – Periodici San Paolo - Via Giotto 36 – Milano

CoordinatoreDott. Andrea Franzetti

Direttore U.O. di Otorinolaringoiatria Ospedale Bassini ICP Milano

PROGRAMMA8.00-8.30 Registrazione Partecipanti e distribuzione dei questionari della consensus conference

8.30-9.00 Dott. Andrea Franzetti Introduzione al Corso e compilazione dei questionari per impostare la consensus conference

9.00-9.15 Dott.ssa Elena Arisi Ospedale Bassini ICP Milano Epidemiologia della sordità in Regione Lombardia

9.15-9.30 Dott. Alessandro Cazzavilan Ospedale dei Bambini Buzzi – Milano Lo screening audiologico neonatale

9.30-10.00 Dott. Diego Zanetti A.O. San Gerardo – Monza Le nuove soluzioni chirurgiche per la sordità profonda infantile

10.00-10.30 Dott. Matteo Richichi Dott. Roberto Andriani A.O. Fatebenefratelli e Oftalmico – Milano Le sordità miste o monolaterali in età infantile: diagnosi ed affronto clinico

10.30-10.45 Intervallo

10.45-11.15 Dott. Arturo Zaghis Clinica Audiologica Università degli Studi di Milano La sordità trasmissiva e mista nell’adulto: la decisione per la chirurgia e per le protesi applicabili ed impiantabili

11.15-11.45 Dott.ssa Maria Nicoletta Dulcetti Ospedale Santa Maria delle Stelle – Melzo Dott.ssa Lucia Piccioni Ospedale San Raffaele – Milano Le sordità neurosensoriali nell’adulto, la diagnosi e la terapia ragionata

11.45-13.00 Prof. Antonio Cesarani Direttore Clinica Audiologica Università degli Studi di Milano Prof. Renato Maria Gaini Direttore Clinica di Otorinolaringoiatria Università degli Studi di Milano-Bicocca A.O. San Gerardo – Monza Dott. Andrea Franzetti Discussione dei risultati dei questionari

13.00-13.30 Conclusioni della consensus conference e compilazione schede di valutazione e di verifica

n. 150 posti disponibiliAccreditato per Medico Chirurgo

Il corso si svolge con la modalità della consensus conference con la distribuzione di un questionario di accordo/disaccordo clinico con scala da 1 a 5 con domande relative agli argomenti trattati. Tale questionario verrà elaborato durante la mattinata dei lavori e sarà presentato alla fine come orientamento clinico dei medici presenti, se il consenso supererà il 70% delle risposte, oppure verrà segnalato come argomento “aperto”, se non si raggiungerà un consenso di almeno il 70%. Si esaminerà inoltre la consonanza o meno dei risultati con le relazioni presentate. Tale metodo consentirà di ottenere, oltre che un momento formativo condotto da specialisti esperti, anche un campione del comportamento medico non esperto a riguardo, introducendo possibilità di correzione o sviluppo.

[email protected] 47 08/02/11 10.43

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CORSI ECM

6 La depressione nelle diverse fasi della vitaLa clinica e gli interventi terapeutici

Sabato 21 maggio 2011 – ore 8.30-13.50Auditorium Don Alberione – Periodici San Paolo - Via Giotto 36 – Milano

CoordinatoreProf.ssa Cinzia Bressi

Professore Associato di Psichiatria Università degli Studi di Milano

Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico – Milano

Presidente Società Italiana di Psicoterapia Medica - Sezione Lombarda (SIPM-Lo)

Vice Presidente Società Italiana Psichiatria di Consultazione – Sezione Lombarda (SIPC-Lo)

PROGRAMMA8.30-9.00 Registrazione Partecipanti

ModeratoriProf. Alfredo Carlo Altamura

Professore Ordinario di Psichiatria Università degli Studi di Milano

Direttore Dip. di Salute Mentale e Direttore U.O. di Psichiatria

Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico – Milano

Prof. Silvio ScaroneProfessore Ordinario di Psichiatria

Università degli Studi di MilanoDirettore Dip. di Salute Mentale e

Direttore U.O. di Psichiatria IIA.O. Ospedale San Paolo – Milano

9.00-9.20 Dott. Ugo Garbarini Presidente Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di Milano Prof. Giordano Invernizzi Presidente Onorario Società Italiana Psichiatria di Consultazione (SIPC) Introduzione

9.20-9.40 Dott. Ferdinando Maria Massari Specialista in Cardiologia e Medicina Legale e delle Assicurazioni Dirigente Medico – U.O. di Medicina Cardiovascolare Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico – Milano Caso clinico Sindrome di Tako Tsubo: una nuova entità che correla cuore e psiche

9.40-10.10 Dott. Matteo Porcellana Specialista in Psichiatria – Presidente SIPC- Lo Dirigente Medico – Ospedale Niguarda Ca’ Granda – Milano

La depressione nell’adulto e nell’anziano: clinica e terapia

10.10-10.40 Dott.ssa Elisa Colombo Specialista in Psichiatria – Membro CD SIPC Dirigente Medico Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico - Milano La depressione post-partum

10.40-11.10 Discussione

11.10-11.30 Intervallo

ModeratoriDott.ssa Chiara Paola Oggionni

Specialista in Psichiatria – Psicoanalista ALIMembro Consiglio Direttivo e Scientifico

Jonas Onlus – MilanoDocente IRPA – Membro CD SIPM-Lo

Dirigente Medico – Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico –Milano

Dott.ssa Caterina Adele ViganòSpecialista in Psichiatria – Membro CD SIPM-Lo

Ricercatore Università degli Studi di Milano Dip. di Scienze Cliniche “L. Sacco” – Milano

11.30-11.50 Dott. Marco Ferretti Specialista in Geriatria e Psichiatria Dirigente Medico – Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico Milano Caso clinico “Dutur, savèss che stufìda!”

11.50-12.20 Prof.ssa Cinzia Bressi “Ho perso gli anni… l’amore… le ore”: la terapia integrata come apertura al futuro

12.20-12.50 Dott.ssa Orsola Gambini Specialista in Psichiatria – Segretario SIPC-Lo Ricercatore Univ. degli Studi di Milano – A.O. Ospedale San Paolo – Milano La depressione nei disturbi neurologici

12.50-13.20 Discussione

13.20-13.50 Compilazione schede di valutazione e di verifica

n. 150 posti disponibili - Accreditato per Medico Chirurgo

[email protected] 48 08/02/11 10.43

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CORSI ECM

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ModeratoreDott. Claudio Gatti

Consigliere Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di MilanoCoordinatore

Dott. Luigi PagliaConsigliere Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di Milano

PROGRAMMA8.30-9.00 Registrazione Partecipanti

9.00-9.30 Dott. Claudio Gatti – Dott. Luigi Paglia Introduzione

9.30-10.15 Dott. Stefano Chieffi Socio Attivo SIdP (Società Italiana di Parodontologia) La chirurgia conservativa

10.15-11.00 Dott. Maurizio Silvestri Socio Attivo SIdP (Società Italiana di Parodontologia) La chirurgia ossea resettiva

11.00-11.15 Intervallo

11.15-12.00 Dott. Guerino Paolantoni Socio Attivo SIdP (Società Italiana di Parodontologia) Nuovi orientamenti in chirurgia rigenerativa

12.00-12.45 Dott. Alberto Ferrara Socio Attivo SIdP (Società Italiana di Parodontologia) La sostituzione dei denti con impianti

12.45-13.15 Discussione e conclusioni

13.15-13.45 Compilazione schede di valutazione e di verifica

n. 150 posti disponibili - Accreditato per Odontoiatra

7 Il trattamento dei difetti infraossei in Parodontologia

Sabato 28 maggio 2011 – ore 8.30-13.45Auditorium Don Alberione – Periodici San Paolo - Via Giotto 36 – Milano

[email protected] 49 08/02/11 10.43

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DOMANDE FREQUENTI

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Salvatore AltomareEducazione continua in medicina

L’

Alcuni domande e risposte per medici chirurghi e odontoiatri

ECM è obbligatoria per i medici chirurghi ed odontoiatri?

Sì, a partire dal 2002.

L’ECM è obbligatoria per i liberi professionisti? Sì, in quanto esplicitamente obbligati a ottemperare all’obbligo ECM, essendo eguali le loro responsabilità deontologiche e legali nei confronti dei pazienti e della qualità delle prestazioni sanitarie.

ECM è obbligatoria anche per i medici pensionati? Sì.Esistono delle agevolazioni per i liberi professionisti per i costi sostenuti e da sostenere per adempiere all’obbligo ECM? Al momento no.

I crediti formativi ECM, acquisiti dai professionisti sanitari, erogati da provider accreditati sia a livello nazionale che da provider accreditati a livello regionale, hanno un valore equivalente?( I Crediti ECM Regionali equivalgono a crediti ECM Nazionali?) Sì, ma valgono solo per operatori

sanitari che operano nel territorio regionale dell’ente accreditante.

Esiste un tetto ai crediti provenienti da eventi accreditati a livello nazionale o regionale? No, non esiste alcun tetto.

Quanto sarà il numero dei crediti dal 2011? Dal 2011 i crediti saranno 50 per anno.

Qual è il numero di crediti che devono essere acquisiti nel triennio 2008-2010? Il numero corrisponde a 150 crediti complessivi, di questi 60 crediti potranno essere recuperati dagli anni precedenti nel periodo 2004-2007.

Esiste al momento una percentuale di crediti obbligatoria per le varie forme di formazione (FAD, Formazione Residenziale. Attività di docenza ecc.)? Non esiste al momento alcun tetto al numero di crediti che il medico può maturare con le varie tipologie di formazione ma ci sono linee di indirizzo, cioè il numero massimo di crediti acquisibili, per alcune tipologie di ECM. Le pubblicazioni

sono annoverate nell’ambito dell’autoformazione ed in quanto tali, i crediti formativi acquisiti non possono superare il 10% del debito formativo annuale.

Esiste un numero massimo di crediti ECM a distanza (FAD) per ogni anno? La Commissione Nazionale per la Formazione Continua in Medicina non ha ancora provveduto a fornire disposizioni in merito.

Circa l’attività formativa svolta all’estero quali tipologie sono valide? Per quanto riguarda l’attività formativa che un professionista italiano svolge all’estero ai fi ni ECM sono valide le seguenti tipologie: formazione residenziale, stage presso strutture ospedaliere, università e ricerca, attività di ricerca, docenze e tutoring.

Per il riconoscimento di crediti ECM per l’attività formativa svolta all’estero qual è la procedura? Il singolo professionista, ultimata la frequenza, presenta richiesta di riconoscimento di crediti ECM, consegnando tutta la documentazione

[email protected] 50 07/02/11 16.39

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DOMANDE FREQUENTI

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relativa alla frequenza all’Ente accreditante di riferimento (CNFC ovvero Regione/Provincia autonoma) ovvero all’Azienda Ospedaliera presso cui presta servizio, ovvero per il liberi professionisti al proprio Ordine. Tali Enti, valutata la documentazione, in caso di parere positivo, provvederanno ad inserire tali attività nel tracciato record da inviare alla CNFC/Regioni/Province autonome ed al COGEAPS( I crediti vengono attestati al singolo professionista secondo i parametri stabiliti e registrati extra sistema secondo tracciati COGEAPS ) N.B. Tale procedura non è al momento attuata.

Chi pratica le medicine non convenzionali può ottenere crediti ECM? Le medicine non convenzionali, tra cui la fi toterapia, l’omeopatia, l’omotossicologia, l’agopuntura, la medicina ayurvedica e la medicina antroposofi ca, sono riservate, ai fi ni ECM, in via esclusiva, ai professionisti con competenze specifi che professionali nell’ambito delle suddette medicine convenzionali. Chi pratica le medicine non convenzionali può ottenere crediti ECM fi no ad un massimo del 50% del monte crediti annuale in MNC.

Il Dossier formativo dei professionisti dipendenti pubblici e dei convenzionati da chi sarà elaborato e aggiornato? Dal dipartimento o dalla struttura di appartenenza dell’azienda.

Per i liberi professionisti la funzione di programmazione e valutazione della formazione

continua da chi dovrà essere svolta? In maniera esclusiva da apposite Commissioni degli Ordini e dei Collegi professionali che siano diretta espressione delle specifi che professioni o profi li professionali coinvolti. N.B. Tale procedura non è al momento attuata.

Il Dossier Formativo è stato attuato? Il Dossier Formativo non è stato ancora attuato ed è ancora in fase sperimentale in alcune realtà regionali. Allo stato attuale non esistono comunque regole defi nite, esistono solo in alcune realtà regionali delle sperimentazioni sia sul Dossier formativo che sul ruolo dell’Ordine Si è comunque ancora in attesa di disposizioni esplicative ed operative che dovrebbero chiarire e determinare l’iter procedurale ma su questa tempistica non siamo in grado di fornire al momento né date né termini.

Durante il periodo della gravidanza persiste l’obbligo di conseguire i crediti oppure si usufruisce dell’esonero? Si usufruisce dell’esonero dall’obbligo di acquisire i crediti; l’esonero è valido per tutto il periodo (anno di riferimento). Occorre precisare nel caso in cui il periodo della gravidanza ricadesse a cavallo di due anni, l’anno di validità per l’esenzione dai crediti sarà quello in cui il periodo di assenza risulta maggiore. Eventuali crediti percepiti nell’anno di esenzione non possono essere portati in detrazione per l’anno successivo, in quanto

vengono assorbiti dal diritto di esonero.

I medici chirurghi e gli odontoiatri che prestano servizio militare sono esonerati dall’obbligo di conseguire i crediti? Sì. L’esonero dall’obbligo di acquisire i crediti è valido per tutto il periodo di riferimento.

Il corso di specializzazione esonera dall’obbligo del conseguimento dei crediti? Sì, per il periodo di durata della specializzazione.

Il corso di formazione specifi ca in medicina generale esonera dall’obbligo del conseguimento dei crediti? Sì, per tutto il triennio formativo.

Il dottorato di ricerca esonera dall’obbligo del conseguimento dei crediti? Sì, per il periodo di durata del dottorato (anno di frequenza).

Il Master esonera dall’obbligo del conseguimento dei crediti? Sì, per il periodo di durata del Master (anno di frequenza).

Se il dottorato di ricerca o il Master viene conseguito all’estero vale ugualmente la regola dell’esonero dall’obbligo del conseguimento dei crediti? Sì.

È vero che per poter svolgere le funzioni di medico competente occorre avere assolto agli obblighi formativi ECM?

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DOMANDE FREQUENTI

Il Decreto del 4 marzo 2009 del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali recita che il conseguimento dei crediti formativi del programma triennale di educazione continua in medicina ovvero il completo recupero dei crediti mancanti entro l’anno successivo alla scadenza del medesimo programma triennale è un requisito necessario per poter svolgere le funzioni di medico competente e che l’esito negativo della verifi ca da parte del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche social, che viene effettuato con cadenza annuale, anche a campione, comporta la cancellazione d’uffi cio dall’elenco nazionale dei medici competenti tenuto presso il Ministero del lavoro della salute e delle politiche sociali.

In quale percentuale sono previsti dal programma triennale i crediti nella disciplina “medicina del lavoro e sicurezza degli ambienti di lavoro” che dovranno essere conseguiti dal medico competente? Nella misura non inferiore al 70% del totale . Un Master di primo livello in “Esperto in processi di formazione e sviluppo della sicurezza sul lavoro” può esonerare dalla formazione continua in medicina nel l’anno in corso di svolgimento del suddetto Master, formazione prevista dal D.lgs. 81/08, indispensabile per lo svolgimento dell’attività di medico competente? Il D. lgs. 81/08 non prevede l’esonero dall’obbligo dei crediti in caso di corsi di formazione quali Master o altri ( es. dottorato di ricerca…) per cui il conseguimento di un Master non può, a nostro avviso,

esonerare dalla formazione continua in medicina. Mentre le regole su ECM si basano su accordi Stato Regioni, la disciplina che interessa i medici competenti si basa su leggi dello Stato.

I docenti tutor che svolgono attività formativa nelle strutture ospedaliere e universitarie ai fi ni del tirocinio per l’esame di abilitazione ed i docenti tutor di medicina generale che svolgono corsi di formazione specifi ca presso i propri ambulatori o studi professionali hanno diritto al riconoscimento di crediti formativi? La Commissione Nazionale ECM (Determinazione del 24.11.2006) ha approvato il riconoscimento dei crediti formativi ai docenti-tutor; L’attestazione, per tutti i docenti-tutor, deve essere rilasciata dall’Ordine di riferimento previa dichiarazione di svolgimento dell’attività effettuata da parte dell’Università. L’attestazione dei crediti, per tutti i docenti-tutor, deve essere rilasciata, previa dichiarazione di svolgimento dell’attività effettuata, da parte dell’Università Il numero dei crediti conseguibili a tale titolo nell’anno non deve, comunque, essere superiore al 50% del debito formativo previsto per l’anno di riferimento nel caso in cui il periodo di impegno in qualità di tutor è uguale o superiore a mesi sei. In tutti gli altri casi, possono essere attestati i crediti formativi in proporzione al periodo di impegno, applicando, ove necessario, l’arrotondamento del numero dei crediti per eccesso.

È possibile acquisire crediti ECM partecipando in qualità di docente o relatore ad un evento o ad un progetto formativo aziendale accreditato? I docenti/relatori hanno diritto a 2 crediti formativi per ogni ora effettiva di docenza in eventi o progetti formativi aziendali accreditati ECM. I crediti possono essere acquisiti in considerazione esclusivamente delle ore effettive di lezione; i crediti non possono, cioè, essere frazionati o aumentati in ragione dell’impegno inferiore o superiore ai sessanta minuti di lezione (es. un’ora o un’ora e trenta minuti di lezione danno diritto a due crediti formativi; le lezioni di durata inferiore a sessanta minuti non possono essere prese in considerazione, né possono cumularsi frazioni di ora per docenze effettuate in eventi diversi). I docenti/relatori possono conseguire solo i predetti crediti ECM: non possono conseguire i crediti formativi in qualità di partecipanti adeventi nei quali effettuano.

È prevista l’assegnazione di crediti per l’attività di tutor presso una scuola di specialità, in che numero e come si può procedere per richiederli? Non è prevista l’assegnazione di crediti per attività di tutor presso scuole di specialità.

I professori a contratto hanno diritto a dei crediti formativi? Non è prevista l’assegnazione di crediti per l’attività di professore a contratto.

[email protected] 52 07/02/11 16.39

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MEDICI E AVVOCATI

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Martino Massimiliano Trapani Vicepresidente nazionale Segretariato Italiano Giovani Medici

Confronto sulle responsabilità professionali

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«Una mela marcia può incrinare la fi ducia conquistata con sudore dai medici»

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l 15 Novembre 2010 presso l’aula magna dell’Ospedale Niguarda di Milano, 400 tra

medici e avvocati hanno partecipato  al convegno “La fi gura del dirigente medico e la responsabilità professionale oggi”, organizzato dal Segretariato Italiano Giovani Medici con lo Studio Morri e il Niguarda, alla presenza del ministro della Salute Ferruccio Fazio, del presidente di Regione Lombardia Roberto Formigoni, del presidente dell’Ordine dei Medici di Milano Ugo Garbarini, del presidente dell’Ordine degli Avvocati di Milano Paolo Giuggioli, del preside della Facoltà di Medicina e Chirurgia di Milano Virgilio Ferruccio Ferrario e del direttore generale dell’A.O. Niguarda di Milano Pasquale Cannatelli. «L’errore umano è un fatto naturale, perché insito nella natura stessa dell’uomo, ma non sempre dipende dall’uomo – spiega il dott. Martino Massimiliano Trapani, Vice-Presidente Nazionale del SIGM – molto più spesso deriva dall’organizzazione del sistema all’interno del quale l’uomo opera. Questo non vale solo per i medici, ma per qualunque altro sistema complesso che necessita un intervento di sicurezza. In passato l’errore medico veniva praticamente ignorato, oggi invece siamo abituati ad assistere a una ricerca di responsabilità forse anche eccessiva, una ricerca alcune volte dettata da un senso di giustizialismo, altre volte motivata dal desiderio di risarcimento che i parenti provano nei confronti del medico». La sfi da è di quelle ambiziose: ridurre a zero gli errori in sanità.

A lanciarla è il presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni. L’obiettivo è evitare che anche solo una mela marcia metta in cattiva luce tutto il sistema sanitario e «incrini la fi ducia conquistata con sudore». «Stiamo attuando – afferma Formigoni – un sistema di controlli rigorosi per assicurare la bontà del servizio offerto». Già con il 2009 è stata raggiunta una soglia di controlli pari al 10 per cento delle prestazioni erogate sui ricoveri e al 3,5 per cento sulla specialistica. Per combattere la malasanità, entrerà in azione anche la fi gura del mediatore, consultabile negli ospedali e, dal 2011, in tutte le Asl. In tema di ricadute giudiziarie sulla sanità locale l’attenzione al Pirellone è alta da tempo, come si evince dalla “Mappatura del rischio” del Sistema sanitario lombardo, giunta alla sua sesta edizione (decennio 1999-2009). In dieci anni, su 39mila sinistri censiti, quasi 23mila sono richieste di risarcimento danni: per il 2009 -fi no a ora - sono note 2.271 richieste risarcimento, contro i 2.239 dell’anno precedente, pari a 14,5 richieste danni ogni 10 mila ricoveri. Le cause civili fi occano in ortopedia (14,5% dei casi), pronto soccorso (12,3%), la chirurgia generale (9,2%), ostetricia e ginecologia (8,7%). «Nessun Sistema sanitario – ha concluso Formigoni – per quanto sofi sticato e all’avanguardia, sarà in grado di sopperire o sostituirsi all’iniziativa, alla volontà, alla professionalità di ogni operatore. È importante che il medico, nell’esercizio della sua professione, non agisca come una monade o, peggio

ancora, si senta lasciato solo: ogni professionista fa parte di un sistema, e l’organizzazione in cui opera deve essere pronta a rendersi compartecipe del suo lavoro e a farsi carico della responsabilità professionale di ciascuno». Il ministro della Salute Ferruccio Fazio, che in passato aveva mosso qualche appunto sul sistema sanitario lombardo, considerato sbilanciato sugli ospedali rispetto al territorio, ora ammette: «La Lombardia ha sfornato uno dei migliori programmi di assistenza territoriale, se non il migliore, d’Italia. Ha una copertura in tutti i settori, grazie alla grande intuizione di disaccorpare chi vende e chi acquista servizi ». Conclude quindi, il dott. Luigi Gianturco, Presidente Provinciale di Milano del SIGM: «L’iniziativa di oggi, che apre anche uffi cialmente l’attività della neonata sede milanese SIGM a tutti gli effetti, vuole essere un momento di rifl essione che si intende svolgere principalmente nell’ottica dei problemi medico-legali che i casi giudiziari e stragiudiziari di responsabilità medica propongono, ma senza perdere di vista la globalità del grave e preoccupante fenomeno costituito dalla crescita esponenziale del confl itto tra la società e i medici il quale ha assunto i caratteri di una vera e propria “patologia” sociale, complici anche le rappresentazioni mediatiche che alterano lo stato dell’arte». Dal convegno si è preso l’impegno di costituire un osservatorio tra l’Ordine dei medici di Milano, l’Ordine degli avvocati di Milano il Segretariato Italiano Giovani Medici e l’ A.O. Niguarda sulla responsabilità professionale dei medici.

[email protected] 53 08/02/11 10.55

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NOTIZIE

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SALUTO ALLE “AMMINE”

Ho da poco concluso la mia prima, stupenda esperienza di volontariato in Palestina. Tutto è partito dal collega Mauro Castelli, odontoiatra di Como, che a ottobre mi ha coinvolto nella sua annuale visita in Terra Santa, dove da anni offre con passione il proprio aiuto e sostegno all’Istituto La Crèche di Betlemme. La Crèche, l’orfanotrofio di Betlemme delle Suore Figlie della Carità di S. Vincenzo de Paoli, è una struttura storica, nata per accogliere orfani e bambini di famiglie bisognose. Lì ho conosciuto Suor Sophie e Suor Maria, responsabili dell’Istituto: grazie al loro impegno e alla loro dedizione, i bambini crescono in un ambiente familiare e protetto, dalla nascita all’età di 6 anni, e la struttura ospita numerosi volontari, impegnati a dare una

mano nella cura dei piccoli ospiti. Accanto all’edificio che ospita l’orfanotrofio, è sorto l’altrettanto ben strutturato studio dentistico, organizzato su due piani, creato nel 2003, per offrire un servizio di qualità a tutta la popolazione palestinese, attraverso assistenza odontoiatrica a costi accessibili. Lo studio è nato e si è sviluppato grazie all’aiuto di tante “mani”: Suor Sophie; Fra Angelo, odontotecnico attualmente missionario in Africa; l’UNITALSI, che si è adoperata per fornire le attrezzature dello studio al piano terra; dottor Mauro Giacomi, responsabile e coordinatore dei volontari; dottor Handal, dentista palestinese assunto dalla struttura e impegnato a tempo pieno presso La Creche. Nel 2007, Suor Sophie, vista la grande richiesta da parte dei poveri di

Betlemme di cure odontoiatriche, la qualità delle prestazioni e la serietà professionale di Handal, di Fra Angelo e di noi Volontari, ha ritenuto opportuno ampliare lo studio in modo da poter far lavorare in contemporanea sia Handal che i Volontari.Mi sono trovata come a casa, lì a La Crèche. L’ospitalità del popolo palestinese non ha confini. Sono partita con l’idea che avrei offerto le mie conoscenze per dare una mano alla struttura, ma quello che ho ricevuto è cento volte più forte e importante. I sorrisi e le carezze dei bambini dell’orfanotrofio, i racconti relativi alle disastrate situazioni in cui versano le loro famiglie, i “grazie” della gente che curi… Tutto questo cambia veramente la prospettiva su una realtà che ignoravo prima della partenza. C’è tanta voglia di ordine e quotidianità, lì dove parlare di identità e Stato sembra ancora qualcosa di impalpabile e non raggiungibile. Ho conosciuto giovani come me che mi hanno confidato sogni e ambizioni, in una terra che lascia ancora poco spazio a certezze e garanzie. In tutto questo, però, uno spiraglio di fiducia e ottimismo arriva da La Crèche. La cura del paziente si trasforma in condivisione delle sue sofferenze, per aiutare a creare un riferimento lì dove la normalità è il primo passo per ridare fiducia al popolo palestinese.

Valeria Torchia

Per contattare il dott. Mauro Giacomi, responsabile del gruppo volontari, scrivere a [email protected] , specificando nell’oggetto “Progetto Betlemme”.

Betlemme: volontariato odontoiatrico a La Crèche

«Quale Presidente uscente della Sezione AMMI di Milano vorrei esprimere la mia gratitudine al Consiglio Esecutivo e alle Socie di Milano che nel mio lungo percorso di presidenza (sei anni e sei mesi) mi hanno seguito con affetto e partecipazione specialmente questo ultimo anno molto oneroso per i numerosi impegni che ho sostenuto, avendo anche l’incarico di Segretaria Nazionale», così Alba Maspero, che, nel rammentare i molti eventi di divulgazione medico-scientifica organizzati dalla Sezione di Milano, ricorda anche le numerose e partecipate iniziative di arricchimento culturale proposte. Inoltre comunica che Sezione AMMI di Milano dedicherà la propria solidarietà alle Regioni Italiane alluvionate. La presidente uscente dedica infine a tutte le persone che la seguono un augurio di speranza e positività contro le avversità che ci affliggono tutti i giorni: “Bisogna essere felici di nulla, magari di una goccia d’acqua oppure di un filo di vento. Camminare su questa terra con le braccia tese verso qualcosa che verrà ed avere occhi sereni per tutte le incertezze del destino. Bisogna ricordarsi di chi ci vuole bene e saper contare le stelle nel cielo della sera. Solo così il tempo passerà senza rimpianti e un giorno potremo raccontare di avere avuto tanto dalla vita.”

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IN RICORDO DI...

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ABBIATI Dott. Pietro 20-feb-28 11-dic-09BOSSI Dott. Giuseppino 28-apr-22 11-gen-10GIOLLA Dott.ssa Giovanna 04-mar30 20-lug-09GOFFREDO Dott. Donato 09-ago-25 16-dic-09MONTORSI Prof. Walter 16-ott-21 28-mag-09PEDRAZZI Dott. M. Gaetano 05-apr-42 09-dic-09PISANI Dott. Piero 18-ott-26 05-mag-09PORCELLI Dott. Gabriele 23-giu-40 11-dic-09RAGAZZI Dott. Giuseppe 30-gen-28 01-gen-10RIVA Dott. Giuseppe 15-feb-20 03-gen-10SPELTA Dott. Ottorino 09-giu-22 17-dic-09ZORZOLI Dott. Cesare Israele 23-lug-54 31-dic-09BARALDI Dott. Vittorio 23-lug-36 31-dic-09BARBIERI Dott.ssa Mariangela 15-set-27 29-mar-09BERNARDI Dott. Roberto 03-nov-21 01-lug-09BETTINELLI Dott.ssa Cesara Angela 25-lug-37 07-dic-09BOMBELLI Prof. Romeo 19-gen-24 18-feb-10CALLIGARI Dott.ssa D.M.Antonietta14-lug-53 19-gen-10CARMIGNANI Dott. Ettore 23-lug-35 17-dic-09CAVAIANI Dott.ssa BrunaGisella 04-gen54 17-dic-09DANIELI Prof. G. Giorgio 22-lug-32 12-gen-10DE PASQUALE Dott. Elio 16-apr-56 08-ago-09DELLA BELLA Prof. Davide 01-gen-25 07-gen-10DELLA SALA Dott. Berardino 23-ago-48 12-dic-09FORMENTO Dott. Alberto 20-apr-51 05-feb-10GAMBACORTA Prof. G. Giovanni 13-mag26 11-mag-09GUERSCHMAN Dott.ssa Fany 13-mar27 25-nov-09LOVATI Prof. Giuseppe 18-mar22 25-ott-09LUGARESI Dott. Claudio 06-ago-25 24-gen-10MAGNONI Dott.ssa Albina 21-mar27 16-feb-10MASTINU Dott. R. Giovanni 21-ott-63 02-feb-10MIRABILE Dott. Vincenzo Mario28-giu-47 19-feb-10MORPURGO Dott. Fabio Sergio 16-lug-43 29-gen-10PANZERI Dott. Massimo 09-giu-28 30-nov-09PAPAGNI Prof. Leonardo 14-gen-27 29-apr-03PELLEGRINI Dott. Pierangelo 05-mar47 15-dic-09PIZIO Dott. Marco 28-ott-49 06-gen-10RAVASI Prof. Gianluigi 05-ott-30 24-gen-10SILVESTRIS Dott. Renato 21-giu-26 21-feb-10SQUECCO Dott. S. Bernard 01-lug-57 05-mar-05TROTTO Dott.ssa Giulia Maria 28-set-44 15-lug-09ZENONI Dott. Renato 02-mag25 27-feb-06ZERBI Prof. Ernesto 14-mag21 10-gen-10ZUCCARDI MERLI Dott. Emilio 27-gen-25 25-gen-10ALE’ Prof. Giuseppe 16-dic-29 05-ago-09BEULCKE Prof. Giorgio 10-feb-29 12-nov-09BONACOSSA Dott. Pietro 29-ago-29 14-mar-10BOZZI Dott. Renato 22-feb-35 02-apr-10BRACCI Dott.ssa Mirella 22-mag25 05-feb-10DEL SORDO Dott. Pietro 16-set-25 24-feb-10GAIA Dott. Daniele 13-mag50 01-apr-10GRILLI Dott. Luigi 21-lug-21 03-feb-10MASCOLO Dott.ssa Sofia 16-set-51 08-mar-10MIGLIAVACCA Dott. A. Eugenio 28-lug-37 08-feb-10SCORTECCI Prof. Vieri 20-ott-31 20-mar-10TANZINI Dott.ssa Nina 05-nov-24 27-ott-09

BISIANI Prof. Milan 11-giu-22 20-dic-09CARMINATI Dott. Claudio 03-giu-54 15-apr-10CAZZULLO Prof. Carlo Lorenzo 30-gen-15 03-mag-10DABBAH Dott. Giacomo 20-dic-30 18-mar-10FANTINI Dott. Alberto 23-lug-23 21-apr-10GELOSA Prof. Luciano 23-ago-31 11-feb-10LABITA Dott. Giuseppe 24-ago-44 07-apr-10MARCANTE Dott. Dario 05-mag52 11-apr-10NIEDDU Dott. Gianfranco 03-dic-30 25-apr-10CATTANI Dott. Flavio 18-ago-28 07-mag-10CREMONA Dott. G. Enrico 03-ago-24 15-mag-10FILIPPINI Dott.ssa Cinzia Maria 21-feb-54 09-lug-09MALLI Dott. Angelo 30-ott-39 22-mag-10MOGLIA Dott. Sergio 11-ott-38 17-mag-10PIRANEO Dott.ssa C. Francesca 29-giu-27 12-mag-10POLI Dott. Stefano 08-lug-46 10-dic-09RAVAIOLI Dott. Alberto 15-apr-32 09-mar-10ROSTI Dott. Alessandro 28-set-27 13-mag-10SALVUCCI Dott. Jacopo 30-nov-75 10-ott-09SCOLARI Prof. Giuseppe 17-ott-29 17-mag-10BASSETTI Dott. Roberto 31-mar45 17-lug-10BATELLI Dott. Luciano 15-lug-29 24-apr-07BELLOMI Prof. Carlo 28-mag27 01-nov-09CAMPIONE Dott. P. Michele G. F.29-gen-29 28-dic-06CANISTRA’ Dott. Giuseppe 11-mag38 16-lug-10COPPA Dott.ssa Marina 20-apr-14 04-lug-10DE LIPERI Dott.ssa S. Margherita 09-nov-31 05-feb-10FRANGINI Dott. G. R. Luigi 28ago-38 24-mag-09GALLI Dott. Rolando 22-mag20 30-apr-10GUALTIEROTTI Dott. Roberto 03-ott-21 13-mar-10LA FERLA Prof. Sebastiano 28-nov-22 06-lug-10LEPORI Dott. Innocente 11-nov-20 18-feb-04MODUGNO Dott. Lelio 15-mar28 20-mar-10MORABITO Dott. Rocco 27-gen-32 15-giu-10PACILLI Prof. Gioachino 20-mar18 10-giu-10PELUSO Dott. Corrado 08-nov-27 02-apr-10PERSEGHIN Dott. Paolo 10-feb-60 22-mar-09PETRILLO Dott.ssa Maddalena 28-feb-46 01-dic-09PIAZZINI Prof. Ernesto 02-mag26 08-mar-10PICCOLROVAZZI Dott. Stefano 25-nov-58 06-mag-10QUARTI TREVANO Prof.ssa Marialoisa 21-giu-13 08-apr-05SPINELLI Dott. M. Armando 25-gen-19 28-mag-10SUPPA Prof. Giuseppe 17-set-28 03-mar-10TRECATE Dott. Achille 27-apr-29 23-giu-10UGLIONE Dott. Silvio 23-mag19 04-giu-10VINDIGNI Dott. Orazio 19-gen-48 30-giu-10ZONTA Dott. S. Gabriele 02-feb-55 17-giu-10BERTIN Dott.ssa Angela 02-ago-56 28-ott-05CARLEVARO Prof. Gianfranco 11-apr-13 21-nov-09CERATI Dott.ssa D. Maria 11-mag56 27-ago-10CERNUSCHI Dott.ssa Giuseppina 16-lug-27 16-nov-09DAINA Dott. Pier Marco 20-nov-53 19-giu-07DIBELLO Dott. Angelo 15-lug-38 16-nov-09FORNASIR Dott. Mario Giulio 20-apr-45 22-mar-10FORTINI Dott. Vincenzo 11-mag17 01-mag-10GALBIATI Dott. Aldo 16-mag20 08-dic-09GARAVAGLIA Dott. Mario 22-apr-27 19-gen-09

Ricordiamo i colleghi che ci hanno lasciato

[email protected] 55 07/02/11 16.39

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[bollettino OMCeOMI] 1/2011 GENNAIO-MARZO

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IN RICORDO DI...

GENITORI Dott. Lorenzo 07-feb-34 03-giu-06GENNARO Dott. Giorgio 05-dic-32 19-gen-09GENNARO Prof. Aldo 12-ago-26 07-set-08GIUFFRIDA Prof. G. Eugenio 04-mar47 24-lug-10KLUZER Dott. Aldo 24-ott-17 18-mag-07LA ROCCA Dott. Michele 24-feb-22 25-feb-10LADELLI Dott. Giuseppe 26-mar22 24-giu-10LO CURTO Dott. Dario 27-giu-27 07-giu-10LUSSO Dott. Francesco 23-apr-15 31-gen-08MAFFI Dott. Antonio 07-feb-28 12-apr-08MAIOTTI Dott. Guglielmo 10-gen-24 30-dic-09MASSARI Dott. Guido 23-mag49 19-gen-10MORANDO Dott. Oscar 20-giu-28 16-mag-06MORELLI Prof. Ezio 02-lug-23 29-mar-09PIETRAVALLE Dott. Giuseppe 22-mag40 02-set-10POLCAN Dott. Marco 01-ott-36 11-nov-09PORRO Dott.ssa Dirce 30-nov-24 30-apr-07RAGNI Dott. Arturo 04-ago-51 22-lug-10

RE SARTO’ Dott. G. Andrea 14-feb-56 28-ago-10SOLDA Dott. Giorgio 12-mar22 06-nov-04VELO Dott.ssa Eleonora 23-nov-26 02-lug-10VOLPE Dott. Pietro 20-feb-20 25-feb-09BIASIOLI Dott. Roberto 10-feb-52 22-ago-10GILARDI Dott. Giovanni 19-mar28 29-ago-10IANNITTO Dott. Salvatore 21-lug-30 05-ott-10MOSCONI Dott. Giampiero 20-lug-21 26-giu-10PASQUINOLI Dott.ssa Lidia Lia 18-nov-57 28-lug-10TAVELLA Dott. G. Roberto 01-mar31 10-set-10TIENGO Prof. Mario Angelo 30-apr-22 03-set-10ARCHILI Dott.ssa Caterina 17-ago-57 02-ott-10CAPELLO Dott. Mario 20-ago-24 12-ott-10COGNI Dott. Angelo 21-set-28 18-ott-10POLONI Dott.ssa Maria Luisa 07-giu-27 25-set-10PRICCA Dott. Elio 30-ago-27 24-ott-10VENEGONI Dott.ssa Ermelinda 28-nov-35 25-ott-10

Il binario indifferenteUomo e donna o GLBTQ?Chiara AtzoriSugarco Edizioni, Milano, 2010

La domanda di fondo riassunta nel titolo e su cui il testo – realizzato da Chiara Atzori, medico ospedaliero specialista in infettivologia presso un ospedale milanese – vuole sollecitare una riflessione è la seguente: “quando parliamo di persona umana, ci riferiamo a una realtà ontologicamente sessuata, descrivibile, oggettivabile o a un’identità astratta,

a un “soggetto” definito innanzitutto dal suo orientamento sessuale e, in virtù di questo, portatore di diritti?”Due le posizioni succintamente esaminate:1. Uomo e donna come identità sessuate;2. GLBT-Q – insieme di sigle di origine anglosassone, dove G sta per Gay, L per Lesbian; B per Bisexual; T per Transexual/Transgender e Q Queer per “insolito” a identificare quelle persone il cui orientamento sessuale non è eterosessuale – come nuova identità.Secondo il pensiero gender non esiste il genere sessuale, inteso come differenza binaria, ontologica tra uomo e donna, il genere sarebbe unicamente da ascrivere alla cultura, performativo, oppressivo, da ignorare o abbattere e comunque liberamente opzionabile a prescindere dal biologico sulla base delle preferenze soggettivamente sperimentate, dal desiderio individuale. La teoria gender propugna l’indifferenza dei generi, la fluidità magmatica (queer) come nuova utopia di liberazione dal desiderio, foriera di felicità universale. Si tratta di un vero e proprio ribaltamento concettuale, portato avanti in una sostanziale assenza di confronto e dibattito pubblico dalla galassia dell’attivismo radicale, che sta influenzando l’ambito scientifico, medico e psicologico con conseguenze non indifferenti. Mentre – afferma l’autrice – ogni individuo che intenda vivere sul serio la propria esistenza deve “appropriarsi” della propria identità sessuata, che risulta dall’integrazione di fattori biologici, psichici, culturali non estrapolabili singolarmente senza fratturare l’identità stessa.La trattazione dell’argomento non è quindi mero esercizio accademico, ma una riflessione sostenuta da dati scientifici a supporto del convincimento che l’essere umano reale esiste in una dimensione sessuata, uomo o donna, e non è un’astrazione.

IN LIBRERIA

[email protected] 56 07/02/11 16.39

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