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Spedizione a cura di Nexive SpA - Via Fantoli 6/3, 20138 Milano SANITà Pronta la cannabis di stato pag. 24 INTERVISTA Mantovani: che cosa consiglio a medici e non pag. 30 STORIA E STORIE Viaggio nella biblioteca del Policlinico pag. 41 Salute e migranti 360° pag. 5 I N F ORMA MI Bollettino dell’OMCeOMI 4 . 2016 ANNO LXIX

Informami - bollettino ordine medici milano

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noSanità Pronta la cannabisdi statopag. 24

interviSta Mantovani: che cosa consiglio a medici e nonpag. 30

Storia e Storie Viaggio nella bibliotecadel Policlinicopag. 41

Salute e migranti

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inFormaMiBollettino dell’OMCeOMI

4 . 2016 ANNO LXIX

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I telefoni dell’Ordine

Ricordiamo che, ai sensi dell’art. 16 comma 7 D.P.R. 185/2008, sei tenuto a comunicarci il tuo indirizzo di Posta Elettronica Certificata (PEC). Se non lo hai già fatto, segnalalo inviandolo a: [email protected].

DirezioneDott. Marco CAVALLOtel. 02.86471.1

Segreteria del PresidenteGiusy PECORAROtel. 02.86471410

Segreteria consigliere medicina generaleCinzia PARLANTItel. 02.86471400

Segreteria del vice presidenteMarina ZAFFARONItel. 02.86471448

Segreteria del consigliere segretarioLaura CAZZOLItel. 02.86471413

Segreteria commissioniMaria FLORIStel. 02.86471417

Area giuridica amministrativaAvv. Mariateresa GARBARINItel. 02.86471414

Segreterie organi collegialiUfficio deontologia procedimenti disciplinariDott.ssa Daniela MORANDOtel. 02.86471405

Ufficio iscrizioni, cancellazioni, certificatiAlessandra GUALTIERItel. 02.86471402

Cinzia PARLANTItel. 02.86471400

Maria FLORIStel. 02.86471417

Marina ZAFFARONItel. 02.86471448

Front officeCinzia PARLANTI (Stampa)tel. 02.86471400

Maria FLORIStel. 02.86471417

Amministrazione e contabilitàAntonio FERRARItel. 02.86471407

Contabilità - visti d’equitàGabriella BANFItel. 02.86471409

Rossana RAVASIOtel. 02.86471419

Ufficio Stampa - sito istituzionaleMariantonia FARINAtel. 02.86471449

Aggiornamento ECMSarah BALLARÈtel. 02.86471401

Mariantonia FARINAtel. 02.86471449

Segreteria commissione odontoiatriSilvana BALLANtel. 02.86471423

Pubblicità sanitaria e psicoterapeutiLorena COLOMBOtel. 02.86471420

CEDLucrezia CANTONItel. 02.86471424

Loris GASLINItel. 02.86471412

CentralinoFabio SORAtel. 02.864711

ENPAM - Pratiche pensioniStefania PARROTTAtel. 02.86471404

Ricevimento telefonico:lunedì e mercoledì h 14:00-16:00martedì e giovedì h 10:00-12:00

Ricevimento in sede (su appuntamento)lunedì e mercoledì h 10:00-12:00martedì e giovedì h 14:00-16:00

Per prenotare il proprio appuntamento, chiamare il numero di telefono:

02.86471404

Una segreteria telefonica è sempre attiva per lasciare eventuali messaggi; il referente d’ufficio provvederà a rispondere appena possibile.

Sportello ENPAM, modalità di ricevimento

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3 Rapporto di sfiducia

saluteemigranti 5 I migranti non sono un rischio per la salute pubblica 9 Stranieri più sani di noi, ma prevengono meno 11 Il diritto alla salute per i più vulnerabili: l’impegno dell’INMP

ProfeSSione

13 Trasparenza sui compensi, come è stato recepito il disclosure code? 14 Tu vuò fà o’ trasparente, ma si’ nato in Italy! 15 Quanto sono affidabili i test in farmacia o fai da te? 17 Radiologo e odontoiatra a confronto sulla diagnostica

Sanità

20 Legge Regionale 23/2015: la sanità lombarda lentamente si evolve 24 Cannabis di stato ai nastri di partenza 27 Indicazioni e letteratura 28 Umberto Veronesi, nel ricordo di chi l’ha conosciuto

L’interviSta

30 Alberto Mantovani: “Medici, coltivate la vostra passione!”

CLiniCommedia ieri e oggi

34 Una questione di clisma 36 Una questione di clisma… e di progressi della medicina

Storia e Storie

38 Tra elezioni, codice deontologico e medaglie al valore militare 41 Tre chilometri di storia della medicina 43 Un patrimonio oltre la biblioteca

44 da leggere, vedere e ascoltare 47 Corsi eCm 48 in ricordo di

Smartfad i La stagione influenzale 2016-2017 ii DestinazionePraga,masenzainfluenza iv Vaccinarsi,uncolpovincente vi uninvernofreddoancheperlabougainvillea

Sommario

editoriaLe

360°

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2 InFormaMI

Registrazione al Tribunale di Milano n° 366 del 14 agosto 1948Iscritta al Registro degli operatori di comunicazione (ROC) al n. 20573 (delibera AGCOM n. 666/08/CONS del 26 novembre 2008).

Direttore responsabileRoberto Carlo Rossi

Comitato di redazione Giuseppe Bonfiglio, Giulia Lavinia Allegra Borromeo, Luigi Di Caprio, Costanzo Gala, Ugo Garbarini, Dalila Patrizia Greco, Maria Grazia Manfredi, Luigi Paglia, Alberto Scanni, Ugo Giovanni Tamborini, Martino Massimiliano Trapani

redazione e realizzazioneZadig Srlvia Ampère 59, 20131 Milanotel. 02 7526131 - fax 02 [email protected]

Direttore: Pietro Dri

Redazione: Tommaso Saita, Maria Rosa Valetto (coordinamento)

Grafica: Luisa Goglio

Autori degli articoli di questo numero: Luca Carra, De Gaulle, Ugo Falcando, Cristina Gaviraghi, Cristina Da Rold, Raffaele Di Palma, Ugo Garbarini, Angelica Giambelluca, Roberto Labianca, Margherita Martini, Stefano Menna, Patrizia Salvaterra, Nicoletta Scarpa, Tommaso Saita, Maria Rosa Valetto, Roberta Villa

SegreteriaMariantonia FarinaVia Lanzone 31, 20123 Milanotel. 02 86471449 [email protected]

Stampa Cartostampa Chiandetti Srl, Stamperia a Reana del Rojale, Italia

TrimestraleSpedizione a cura di Nexive SpAVia Fantoli 6/3, 20138 Milano

Dati generali relativi all’ordine

Consiglio Direttivo

PresidenteRoberto Carlo Rossi

Vice PresidenteGiuseppe Bonfiglio

SegretarioUgo Giovanni Tamborini

TesoriereLuigi Di Caprio

Presidenti OnorariUgo Garbarini

ConsiglieriLuciana Maria Bovone, Giovanni Campolongo, Giovanni Canto, Costanzo Gala, Maria Grazia Manfredi, Pietro Marino, Arnaldo Stanislao Migliorini, Massimo Parise, Giordano Pietro Pochintesta, Alberto Scanni, Maria Teresa Zocchi

Commissione albo odontoiatri

PresidenteAndrea Senna

SegretarioLuigi Paglia

ComponentiGiulia Lavinia Allegra Borromeo, Jason Motta Jones, Claudio Giovanni Pagliani

Collegio revisori dei conti

PresidenteMartino Trapani

RevisoriGiuseppe Brundusino, Maria Elena Pallaroni

Revisore SupplenteAlessandra Carreri

Nexive

SANITÀ Pronta la cannabisdi statopag. 24

INTERVISTA Mantovani: che cosa consiglio a medici e nonpag. 30

STORIA E STORIE Viaggio nella bibliotecadel Policlinicopag. 38

Salute e migranti

360°

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INFORMAMIBollettino dell’OMCeOMI

4 . 2016 ANNO LXIX

nota per gli autori

Gli articoli e la relativa iconografia impegnano esclusivamente la responsabilità degli autori. I materiali inviati non verranno restituiti. Il Comitato di Redazione si riserva il diritto di apportare modifiche a titoli, testi e immagini degli articoli pubblicati. I testi dovranno pervenire in redazione in formato word, le illustrazioni su supporto elettronico dovranno essere separate dal testo in formato TIFF, EPS o JPG, con risoluzione non inferiore a 300 dpi.

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34 . 2016

editoriaLe

iL BoLLettino UffiCiaLe della Regione Lombardia ha recentemente pubblicato, nell’indifferenza

generale, una discutibile (a dir poco) Delibera di Giunta Regionale (DGR), la numero X/5765, che, di

fatto, legittima le registrazioni che il paziente fa all’insaputa del personale sanitario, ma stigmatizza

le registrazioni occulte che vengono fatte per evidenziare le manchevolezze delle strutture sanitarie.

Il documento di lavoro allegato alla DGR, approvato all’unanimità dalla Giunta lombarda, inizia con

l’analizzare in maniera dettagliata i tipi di registrazione del rapporto medico-paziente. Si catalogano i

tipi di luoghi ove le registrazioni possono avvenire, i diversi tipi di registrazione e si analizza il dibattito

internazionale e il quadro giurisprudenziale relativo alle registrazioni che il paziente fa all’insaputa del

medico, che vengono definite pudicamente “registrazioni covert”.

Ebbene, secondo le sapienti considerazioni del documento, si giudicano sostanzialmente legittime

le registrazioni occulte, anche se graziosamente si soggiunge che: “resta da valutarne le ricadute sul piano etico e su quello della deontologia dei professionisti. Una registrazione covert può derivare da diversi intenti della persona che la esegue: timore di negative reazioni da parte dei sanitari, sfiducia nel sistema sanitario o nel singolo operatore, volontà di procurarsi uno strumento spendibile in un’eventuale successiva azione legale…” [i puntini di sospensione sono nell’originale!].

Dopo queste profonde e originali considerazioni, si esprime l’acuta osservazione che il professionista

si possa forse chiedere il perché di un tale comportamento e che probabilmente la situazione creatasi

possa indurlo in comportamenti difensivistici (… ma dai!). A questo punto, tuttavia, il documento invita

i professionisti a rassegnarsi: queste registrazioni “covert” (cioè truffaldine, dico io) capiteranno sempre

robertoCarloroSSi

rapporto di sfiducia

Il giardino barocco di Villa Garzoni a Collodi.

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4 InFormaMI

editoriaLe

più spesso e il medico deve cercare di non tenerne conto nel rapporto medico-paziente. Ovverosia, se

gli viene poi confessato o se lo viene a sapere, il medico dovrebbe, secondo questi signori, fare come se

nulla fosse e non attuare comportamenti diversi da quelli che attuerebbe in qualsiasi altro rapporto di

cura. Impresa, questa, che forse riuscirebbe ardua perfino a San Luca (commento io)!

Ma il bello (si fa per dire) viene adesso: il documento prosegue con l’analisi delle “Registrazioni riguardanti comportamenti di persone operanti per conto di un Ente sanitario, a prescindere dalla fruizione di una prestazione sanitaria, oppure beni materiali dell’Ente stesso, eseguite all’interno di una struttura sanitaria o in contesto esterno alla stessa”. L’italiano non è dei migliori, ma quello che è chiaro

è che, in questo caso, la musica cambia radicalmente. “La quotidianità ci offre numerose attestazioni di registrazioni di questo tipo, per lo più utilizzate allo scopo di evidenziare manchevolezze di vario genere ed entità e, talvolta, comportamenti censurabili” … “non possono peraltro sfuggire i pericoli correlati a queste registrazioni: di pregiudizio per la sicurezza di impianti, attrezzature e dello stesso personale, di discredito dell’organizzazione e di chi vi opera … registrazioni avviate indebitamente devono essere interrotte immediatamente e, se non passibili di sanatoria, cancellate”.

Insomma avete capito: se il paziente registra il colloquio con il medico all’interno della relazione di cura,

questo non deve minimamente scalfire il rapporto medico-paziente e bisogna far finta di niente. Se però

qualcuno fa una registrazione occulta per evidenziare le manchevolezze di una struttura sanitaria, questo

non è lecito poiché getta discredito e diffonde pregiudizi di carattere negativo. Ebbene, questo Ordine

professionale ha sempre cercato di rafforzare il rapporto medico-paziente in vari modi: abbiamo fondato

una scuola di deontologia, ne facciamo argomento di aggiornamento, ne scriviamo e ne pubblichiamo

di continuo anche sulla stampa non di settore. Infine, quando vi sono fatti che infangano gravemente

la professione medica, sempre ci costituiamo parte civile nei processi. Ecco perché leggere una siffatta

presa di posizione della Regione fa davvero cadere le braccia.

Probabilmente bisognerebbe adattare ai politici ciò che Collodi diceva dei medici (per bocca del Grillo

parlante): il politico “prudente quando non sa quello che dice, la miglior cosa che possa fare, è quella di stare zitto”! Che senso può avere normare la possibilità di ingannare il proprio terapeuta? Che senso

ha fare una Delibera sul rapporto di sfiducia? Invece di perdere tempo e denaro a giustificare per DGR

le registrazioni maramalde, sarebbe il caso di profondere le stesse energie nell’istituire un programma

serio di educazione sanitaria nelle scuole. Ma su questo i nostri politici non ci sentono: molto meglio

fare cassetta elettorale con le associazioni dei pazienti che investire nel futuro; molto meglio incassare

un facile consenso subito invece che rafforzare davvero l’alleanza medico-paziente con programmi che

formerebbero cittadini maturi dal punto di vista dei consumi sanitari, ma solo dopo molti anni, troppi per

chi ha il respiro corto della o delle prossime scadenze elettorali!

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54 . 2016

saluteemigranti

360°

imigrantinonsonounrischioperlasalutepubblica

stefanomenna

L’opinione pubblica è accecata dalla paura dei migranti, di quello che fanno e delle malattie che potrebbero portare. La realtà però è diversa e, nonostante un flusso migratorio importante, il controllo sanitario è stretto e le condizioni di salute dei migranti sono per lo più buone; il dramma lo vivono solo loro, tra scabbia, ustioni, disidratazione, tubercolosi e traumi psicologici.

“iL Primo screening si fa in mare aperto, direttamente a bordo dei gommoni e delle imbarcazioni di legno che i migranti utilizzano per attraversare il canale di Sicilia. E’ in questa fase delicata che il nostro personale sanitario attua una sorta di triage per valutare la situazione generale, stabilire le priorità di intervento e isolare le eventuali urgenze”, a parlare è Francesco Di Donna, il coordinatore medico per i progetti di Medici Senza Frontiere (MSF) in Italia e nel Mediterraneo centrale. Il suo racconto è la testimonianza diretta di uno dei tanti operatori impegnati in prima linea per affrontare l’emergenza

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6 InFormaMI

sbarchi sulle nostre coste meridionali, con un occhio particolare rivolto allo stato di salute di questa popolazione fragile, in fuga da guerre e miseria. “Nel 2016 le nostre attività si sono concentrate soprattutto nelle operazioni di ricerca e soccorso: tre navi di MSF, ognuna delle quali può ospitare da 500 a 1.000 persone, pattugliano senza sosta il mare a largo della Libia e ogni giorno mettono in salvo centinaia di vite. Una volta a terra, predisponiamo una primissima forma di accoglienza sanitaria e assistenza psicologica per uomini e donne provati da fatica e dolore” spiega Di Donna. Compatibilmente con la situazione di chi ha affrontato un lungo e rischioso viaggio, le condizioni di salute dei migranti sono in genere abbastanza buone. “I disturbi più ricorrenti sono quelli gastrointestinali e le problematiche dermatologiche, provocate in particolare da scabbia e ustioni. Non manca però qualche urgenza, a causa di gravidanze (diversi i parti avvenuti durante la traversata) e, soprattutto nella stagione fredda, casi di infezioni respiratorie acute e polmoniti” continua il medico di MSF.

SCaBBia e UStioni

La scabbia è sinonimo di condizioni di vita precarie. Come noto, l’infezione si diffonde con facilità nei luoghi affollati e nelle situazioni in cui vi sono

DaPhotounit,httPs://goo.gl/8DmDrm

Sotto, Francesco Di Donna, coordinatore medico per i progetti di MSF in Italia e nel Mediterraneo centrale.

saluteemigranti360°

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74 . 2016

molti contatti ravvicinati. Quasi tutte queste persone, infatti, prima di partire dalle coste africane vengono tenute ammassate per settimane o addirittura mesi in centri di raccolta e detenzione libici, dove le condizioni igieniche sono pressoché nulle. La scabbia, che in Italia è presente da sempre come in qualsiasi altra parte del mondo, è comunque facilmente curabile: bastano pochi giorni di trattamento topico e, per prevenirne la diffusione, semplici accorgimenti come l’uso di guanti usa e getta e il lavaggio frequente delle mani. A riprova del limitato impatto sanitario, i 2.500 casi di scabbia registrati nel 2015 tra i migranti al momento dello sbarco non hanno mai fatto scoppiare epidemie nel resto della popolazione. “Più grave è invece il problema delle ustioni, che richiedono un trattamento complesso. E che possono procurare complicanze, a iniziare dalla disidratazione. Le lesioni che riscontriamo sulla pelle dei migranti sono dovute al contatto con acqua di mare mischiata al carburante dei motori delle barche: una miscela corrosiva che provoca lesioni gravi ed estese, in particolare a gambe e piedi. Ne è colpito circa il 2% dei migranti che sbarca sulle nostre coste” sottolinea Di Donna.

Le ProCedUre di SorvegLianza

Il cordone sanitario di controllo allestito dalle autorità è comunque stretto. Una volta che le imbarcazioni utilizzate per il soccorso e il recupero dei migranti entrano in porto, i casi più significativi vengono segnalati agli uffici di sanità di frontiera del Ministero della Salute (USMAF). “I medici salgono a bordo per valutare i casi più gravi e decidere se trasferirli in ospedale o medicarli direttamente nei punti di prima accoglienza. Gli ufficiali dell’USMAF verificano la presenza di eventuali rischi per la salute pubblica, per esempio di malattie infettive. Solo a questo punto si dà il via libera allo sbarco” spiega Di Donna. Una volta a terra, il migrante riceve altra assistenza: operatori delle aziende sanitarie, insieme a membri della Croce Rossa, procedono con ulteriori controlli in banchina, prima di avviare le persone alla fase di identificazione. “E’ un momento delicato, necessario per rilevare eventuali problemi non ancora riscontrati. Prima di iniziare il trasferimento verso i centri di smistamento in tutta Italia, infatti, occorre essere certi che chi sbarca dalle navi – in particolare quelle su cui non viene fatto un primo screening sanitario (come le petroliere, i cargo o alcune navi militari) – sia effettivamente in buona salute” continua il medico di MSF.L’attenzione è alta in particolare sulle malattie infettive. Perché condizioni di vita caratterizzate da povertà, degrado e scarso accesso ai servizi possono favorire lo sviluppo di queste patologie. Il sistema di sorveglianza messo a punto dall’Istituto Superiore di Sanità a seguito dell’emergenza sbarchi in Sicilia per rilevare in tempo reale le emergenze di salute nel 2015 ha generato 48 allerte in 6 mesi. Tutte peraltro rientrate nel giro di 24 ore. Hanno fatto eccezione solo le infestazioni da scabbia e qualche caso di febbre con rash cutaneo, dovuto a sporadici episodi di morbillo e varicella. Tutto ciò a fronte di un flusso migratorio numericamente ben più significativo: secondo i dati del Rapporto statistico immigrazione 2016, dal 1 gennaio al 30 agosto 2016 sono state 107.089 le persone giunte via mare in Italia. A cui si aggiungono i 153.842 sbarcati

Migranti e rischio di tubercolosi

Uno screening integrato tra i migranti può giocare un ruolo chiave nel contenimento della tubercolosi nei Paesi occidentali, meta dei flussi migratori dalle aree a più alta incidenza di TBC. Lo ha messo in evidenza uno studio realizzato in Gran Bretagna e pubblicato a ottobre su Lancet. Un programma di monitoraggio articolato (anamnesi familiare, radiografia toracica, ricerca del micobatterio nello sputo) si è infatti dimostrato capace di individuare prima dell’ingresso anche i casi latenti che, pur non rappresentando di per sé un veicolo di contagio, possono manifestare i sintomi in un secondo momento e ammalarsi.La tubercolosi rappresenta ancora un problema sanitario globale, come sottolinea l’ultimo rapporto OMS: nel 2015 si sono registrati 1,8 milioni di morti (quasi mezzo milione dei quali co-infettati da HIV), con un incremento del 20% rispetto agli 1,5 milioni del 2014. Tanti anche i casi di mancata diagnosi: dei 10,4 milioni di nuovi casi stimati, solo 6,1 milioni sono stati ufficialmente notificati. Ne restano fuori ben 4,3 milioni, soprattutto in quei Paesi dove l’accesso alle cure è più difficile. Numeri allarmanti, che pongono a rischio il raggiungimento degli obiettivi fissati per l’eradicazione della malattia: riduzione del 90% dei decessi e dell’80% dei casi diagnosticati entro il 2030.

Tubercolosi nel polmone sinistro (a destra per il lettore) con linfonodi ingrossati.fonte:WiKiPeDia,httPs://goo.gl/gnfggP

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8 InFormaMI

nel 2015, e i 170.100 nel 2014. Per un totale di 431.031 persone approdate nel nostro Paese negli ultimi 30 mesi.

iL nodo deLLe diSegUagLianze e La SaLUte mentaLe

Eppure spesso nell’opinione pubblica la paura la fa da padrona. Soprattutto rispetto alla diffusione di malattie gravi, come la tubercolosi. “La probabilità di un contagio tra la popolazione sana è bassissima perché la tubercolosi non si trasmette facilmente, per esempio con una stretta di mano o frequentando gli stessi spazi pubblici. Più a rischio sono i migranti che, oltre a provenire da Paesi in cui la TBC è endemica, vivono in condizioni di scarsa igiene, denutrizione e in luoghi sovraffollati: condizioni che favoriscono la riattivazione della malattia in chi l’ha già contratta. Non solo: quando escono dal circuito dell’accoglienza, spesso i migranti si trovano a vivere in uno stato di marginalità tale che li esclude dalle cure mediche di base, mettendo così a rischio la propria salute e quella dei loro cari. E’ allora importante modificare quei determinanti (le

condizioni abitative, sociali, di accoglienza e di lavoro) che influenzano lo stato di salute di queste persone, riducendo le diseguaglianze

nell’accesso ai servizi, assicurando la presa in carico e garantendo i percorsi di terapia e cura più opportuni” spiega Di Donna.Infine, chi affronta lunghi e rischiosi viaggi per arrivare in Europa è esposto anche a traumi psicologici. Si tratta di persone che scappano da guerre e povertà, che possono aver subito torture e stupri, che hanno visto annegare parenti e amici. Secondo il rapporto Traumi ignorati di MSF, 6 migranti su 10 presentano sintomi di ansia e disagio mentale connessi a eventi traumatici

subiti prima o durante il percorso migratorio. Una fotografia confermata da un reportage pubblicato a ottobre su Nature sui

risultati di un progetto pilota realizzato dal Karolinska Institutet di Stoccolma. I ricercatori parlano di una vera e propria epidemia silenziosa. E i più a rischio sembrano i rifugiati, tra i quali l’incidenza

di schizofrenia e disturbi psicotici è tre volte superiore a quella degli svedesi nativi, e più alta del 66% rispetto agli altri migranti. Tra

i fenomeni aggravanti, le condizioni di precarietà vissuta nei centri di accoglienza. “I richiedenti asilo si ritrovano a vivere in strutture isolate, dove rimangono a lungo (da 6 mesi a 2 anni), in attesa dell’esito della procedura. Questa condizione genera stress e sofferenza, che si somma all’esilio in una terra sconosciuta e alla mancanza di prospettive” fa notare Di Donna. “Se consideriamo la salute in una prospettiva di integrazione

tra benessere fisico e psicologico, il migrante è quindi una persona tendenzialmente abbastanza sana, ma molto fragile e con

problematiche psicologiche a volte gravi, da non sottovalutare”.

Per la TBC la probabilità di un contagio tra la popolazione sana è bassissima, a rischio sono gli stessi migranti

tipologia di eventi traumatici subiti dai richiedenti asilo, prima e durante il percorso migratorio, Provincia di ragusa, Sicilia, ottobre 2014 – dicembre 2015Fonte: Traumi ignorati, MSF

19%altro

31%conflittotrafamiglie

28%familiareucciso/rapito/detenuto

8%coinvolgimentoin

combattimenti

7%rischiodivita

4%assisterealla

mortediqualcuno

3%violenzafisica

Eventi traumatici subiti prima del

percorso migratorio

14%altro

35%detenzione/rapimento

12%situazionedicombattimento

10%rischiodivita

9%tortura

8%assisterealla

mortediqualcuno

5%lavoroforzato

3%familiarerapito/

incarcerato

4%violenzasessuale

Eventi traumatici subiti durante il

percorso migratorio

saluteemigranti360°

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94 . 2016

Se agLi Stranieri residenti in Italia capita di ammalarsi, non è per una maggiore incidenza di comportamenti a rischio, quanto piuttosto per le stesse ragioni per cui capita di ammalarsi a chiunque di noi: perché abbiamo perso il lavoro, o perché non abbiamo più una casa, un riparo. Di Daniel Blake, per citare l’ultimo toccante film di Ken Loach, in Italia ce ne sono molti, e non certo solo nella popolazione straniera.La differenza principale fra gli stranieri e gli italiani è che i primi in molti casi provengono da aree del mondo dove sono endemiche malattie che da noi

stranieripiùsanidinoi,maprevengonomeno

non rappresentano più un problema per la salute pubblica, come la tubercolosi, patologie che possono ripresentarsi con tutta la loro virulenza in casi di indigenza, che costringe gli immigrati, anche quelli regolari, a vivere in condizioni igienico-sanitarie precarie. In ogni caso, anche nelle situazioni più difficili, le premesse non sono allarmanti. Secondo i dati riferiti, per esempio, da una sorveglianza sindromica condotta tra maggio 2011 e giugno 2013 dall’Istituto Superiore di Sanità su oltre 5.000 persone ospitate presso centri di accoglienza, sono state riferite solo 20 allerta statistiche: 8 infestazioni, 5 sindromi respiratorie febbrili, 6 gastroenteriti e 1 caso di sospetta tubercolosi polmonare. Non si tratta dunque di untori, anche se monitorare lo stato di salute della popolazione immigrata, regolare e non, per paese di provenienza rimane importantissimo.

Un ProBLema di dati e di ControLLi

Per monitorare servono i dati, che non sempre ci sono, ed è questo il caso della tubercolosi: “L’Italia è uno dei pochi paesi europei che non comunica i propri dati nazionali all’European Centre for Disease Prevention and Control (ECDC) per un problema di raccolta sia centrale sia periferica” racconta Luigi Codecasa, Direttore del Centro regionale di riferimento per il controllo della tubercolosi in Lombardia. Nessuna regione italiana inoltre, propone uno screening sistematico per la tubercolosi fra gli stranieri residenti: “Oggi l’Agenzia di Tutela della Salute (ATS) milanese conta una media di 15 casi ogni 100 mila abitanti, ma la significatività statistica nazionale dei dati sulla tubercolosi è ben poco attendibile. Non sappiamo, per esempio, che fine fanno i diagnosticati, e questo come situazione generale, riguardante sia gli italiani sia gli stranieri”. Il 50% dei casi di tubercolosi riguarda persone di nazionalità straniera, in una percentuale maggiore fra gli uomini, circa 1,5-2 a 1. “Ci sono due aspetti da considerare quando parliamo di epidemiologia della tubercolosi fra gli immigrati”

La popolazione immigrata in italia è sostanzialmente sana, forse di più di noi italiani, ma accedono meno ai servizi sanitari e sono poco attenti alla prevenzione, forse perché non ancora sufficientemente consapevoli. Ciò non toglie che servano più dati per un maggiore e migliore monitoraggio.

Cristinada roLd

Una via del quartiere Chinatowna Milano fonte:fliCKr,httPs://

goo.gl/sW1gy7

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10 InFormaMI

La vera sfida è riuscire a individuare i gruppi a rischio di ammalarsi

e nei paesi dell’Europa orientale. In Medio Oriente e nel subcontinente indiano invece si stima che il 2-5% della popolazione generale ne sia colpito, contro una percentuale inferiore all’1% della popolazione in Europa occidentale e Nord America, grazie essenzialmente al vaccino.“Anche qui, dunque, la sfida è riuscire a individuare i gruppi a rischio di ammalarsi” spiega Massimo Galli docente di malattie infettive dell’Università degli Studi di Milano. “A Milano, per esempio, abbiamo una comunità cinese molto popolosa che però non è consapevole del rischio di epatite, in particolare fra la popolazione over 40, ed è lì che stiamo lavorando per aumentare questa consapevolezza, provando a fare prevenzione attraverso la somministrazione di questionari strutturati”. Anche per l’epatite, tuttavia, i dati che possediamo sono frammentari. “C’è un enorme problema di sommerso per quanto riguarda i casi di epatite” prosegue Galli “sia nella stima del numero delle infezioni sia nell’accesso alle cure. Nel caso dell’epatite C, per esempio, abbiamo notato che molti egiziani, potendo, tornano a curarsi nel loro paese d’origine dove i farmaci per l’epatite C costano molto meno che in Italia, e si tratta di pazienti che sfuggono poi ai nostri tentativi di monitoraggio”.

Le maLattie SeSSUaLmente traSmeSSe

Un altro fenomeno sommerso che però svolge un ruolo cruciale per la salute pubblica è la prostituzione, che coinvolge il più delle volte un sex worker straniero. Il problema principale è l’HIV. Alcuni dati li snocciola l’Istituto Superiore di Sanità attraverso il bollettino annuale del Centro Operativo AIDS (COA). Nel 2014 in Italia si sono contate 3.695 nuove diagnosi di infezione da HIV (questo numero potrebbe aumentare a causa del ritardo di notifica). Solo poco più di un quarto di queste diagnosi riguarda persone straniere. L’incidenza è comunque più elevata fra la popolazione straniera residente: 19,2 casi su 100 mila, contro i 4,7 casi su 100 mila fra gli italiani. Si parla qui però di residenti, lasciando fuori dunque il fenomeno della prostituzione. La nota negativa è che la tendenza è in crescita. Nel 1992 gli stranieri rappresentavano l’11% delle nuove diagnosi da HIV, raggiungendo il 32% nel 2006 e assestandosi

prosegue Codecasa. “Anzitutto la loro etnia. Gli ‘immigrati’ come categoria non esistono, esistono i gruppi etnici: filippini, cinesi, albanesi, nigeriani e così via. Negli anni Novanta, per esempio, abbiamo assistito a una crescita dei casi di tubercolosi nelle donne, la maggior parte di loro filippina, ma solo perché in quegli anni la maggioranza dei filippini che arrivavano in Italia erano donne che cercavano lavoro come colf domestiche”.La tubercolosi è oggi endemica in molte aree del Mondo (per esempio in Pakistan, nei Paesi del Corno d’Africa, eccetera) mentre è più rara in Egitto e in Albania e, sebbene queste persone quando arrivano in Italia siano sane, sono senza dubbio più soggette ad ammalarsi rispetto alla popolazione generale. Va poi aggiunto che essendo la tubercolosi una malattia sociale e multifattoriale, il rischio di ammalarsi, legato alle condizioni di vita in cui queste persone vivono qui in Italia, aumenta. E’ evidente che senza controlli standardizzati e coordinati su tutto il territorio nazionale è difficile fare un’adeguata prevenzione. A Milano esiste un accordo storico fra Villa Marelli (Azienda Socio-Sanitaria Territoriale, ASST Niguarda), il Comune di Milano e la ex-ASL (oggi ATS), che monitora la malattia e l’infezione latente e i gruppi a rischio, per esempio chi fa richiesta di un posto in un dormitorio durante l’inverno. L’ambulatorio fornisce visite e terapie gratuite da lunedì a venerdì. “Molti soggetti fragili vengono perduti” spiega Codecasa “ma negli anni è cresciuta notevolmente la percentuale di persone che completano l’iter terapeutico, grazie alla modifica del protocollo, che è passato da prevedere un solo farmaco per 6 mesi, con il quale solo il 55% dei pazienti che iniziavano la terapia la portava a termine, a due farmaci combinati per 3 mesi, con una percentuale al 75%”. Ovviamente, risultati migliori come aderenza terapeutica sono stati ottenuti fra coloro i quali avevano una casa e un lavoro, e quindi una situazione socio-economica non precaria. Una situazione simile si verifica nel caso dell’epatite. L’Organizzazione Mondiale della Sanità stima che circa 240 milioni di persone siano state infettate dal virus dell’epatite B, che provoca ogni anno 686 mila morti per complicazioni legate alla malattia, come cirrosi epatica e cancro. L’epatite B è endemica in Africa sub-sahariana e in Asia orientale, dove tra il 5-10% della popolazione adulta ne è colpita. Alti tassi di infezioni croniche si trovano anche in Amazzonia

saluteemigranti360°

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Fra gli immigrati residenti c’è, ancora oggi, uno scarso ricorso alla prevenzione

In alto, un medico e una paziente presso l’ambulatorio dell’INMP.

al 27% nel 2014. “Abbiamo avuto circa 4.000 nuove diagnosi in 7-8 anni, 1.000 delle quali riguardanti stranieri” precisa Galli “ma è necessario sottolineare che parlare di nuove diagnosi non significa parlare di nuovi casi. I dati raccontano quello che noi facciamo emergere, non quanto accade. Il 60% delle diagnosi di AIDS (questo è un dato sulla popolazione generale) avviene a 3-6 mesi dal contagio. Il problema è che gli stranieri spesso non sanno di essere sieropositivi, anche per un accesso meno frequente all’ospedale, rendendosi in questo modo un’arma pericolosissima a livello sociale”. Insomma, non è un problema di maggiore quantità di comportamenti a rischio da parte degli stranieri, ma di possibilità e di coesione sociale. “Anche per quanto riguarda le altre malattie sessualmente trasmissibili non vi è alcuna peculiarità fra gli stranieri e gli italiani, se non una differenza nel recarsi o meno in un centro per richiedere una cura, sia per l’esiguità dei centri che eseguono accertamenti e cura ai non iscritti al Servizio Sanitario Regionale (SSR), sia per il fatto che non ci sono attualmente dei servizi di medicina di base rivolti a questa popolazione irregolare” chiosa Giovanni Fioni, Responsabile dell’Unità operativa malattie a trasmissione sessuale dell’ATS Monza e Brianza.

manCa La Prevenzione

Al di là delle malattie infettive, anche per le malattie cardiovascolari, il cancro, il diabete e altre condizioni croniche, gli stranieri residenti sul territorio sono più sani degli italiani, anche se meno attenti alla prevenzione.A confermarlo è uno studio su “Malattie croniche e migranti in Italia” pubblicato nel 2015 dall’Università Ca’ Foscari di Venezia in collaborazione con l’Organizzazione Mondiale della Sanità, che mostra un tasso di ospedalizzazione inferiore rispetto agli italiani, meno incidenza di fumo e alcol, meno obesità – in media – e più attività fisica fra gli stranieri residenti. La nota dolente però c’è e riguarda appunto la prevenzione. Fra gli immigrati residenti c’è ancora oggi un minor ricorso a mammografia (il 23% delle straniere non si è mai sottoposta a mammografia, contro il 12% delle italiane), Pap-test (23% contro 14%) e screening colorettale (lo ha fatto il 33% degli italiani contro il 29% degli stranieri).

Si entra nel poliambulatorio dell’Istituto salute, migrazioni e povertà (INMP) e subito si è colpiti dalla quantità di persone di tutti i colori, dagli abiti di tutte le fogge, dal va-e-vieni di medici, infermieri, mediatori transculturali che si affaccendano, si spiegano, che parlano e accolgono. Molte di quelle persone si trovano in condizione disagiata; poveri, senzatetto, immigrati, donne con bambini piccoli di ogni etnia si rivolgono all’INMP, ente pubblico che è centro di riferimento nazionale della “Rete per l’assistenza socio-sanitaria alle popolazioni migranti e alle fragilità sociali”, e “Centro nazionale per la mediazione transculturale in campo sanitario”. Un’azione che avviene di concerto con le Regioni e le Province Autonome.

La vita deLL’amBULatorio

L’impatto con gli ambulatori dell’INMP è forte e spiazzante. Forte per l’umanità che lo frequenta, spiazzante perché non proprio riconducibile al

ildirittoallasaluteperipiùvulnerabili:l’impegnodell’inmP

luCaCarra,raffaeledi PaLma

dal 2007 l’inmP fronteggia, all’interno del Servizio Sanitario nazionale, le sfide sanitarie relative alle popolazioni più vulnerabili, attraverso un approccio transculturale e orientato alla persona e investendo su ricerca e innovazione.

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12 InFormaMI

saluteemigranti360°

“classico” ambulatorio. In effetti, basta inoltrarsi nei corridoi dell’Istituto per rendersi conto di un modo diverso di prestare assistenza. Colpisce, per esempio, la presenza di mediatori transculturali che forniscono un primo orientamento ai pazienti, raccolgono la loro storia, dialogano, danno un nome alla domanda di salute che li ha portati qui. La prima accoglienza dei mediatori lascia poi spazio alle visite specialistiche, durante le quali i medici lavorano fianco a fianco con psicologi e antropologi per intercettare, nel modo più appropriato, il loro disagio al di là delle diverse sfumature culturali, talvolta sovraccariche di estraneità e dolore. Le storie in cui ci si imbatte all’INMP paiono impossibili tanto sono complesse, ma illuminano anche sulla resilienza degli esseri umani. E’ il caso dei rifugiati e

richiedenti asilo, per esempio, con tutto il portato di sofferenze mentali e fisiche (ustioni da barcone, malattie dermatologiche, malnutrizione, infezioni, segni di maltrattamenti e torture, vedi l’articolo a pag. 5) che richiedono attente valutazioni psicologiche e specialistiche e un lungo accompagnamento verso una possibile soluzione. Insieme a questi casi estremi, si trovano però anche molte storie comuni, di immigrati ormai integrati che si rivolgono al Centro per esami e visite di routine, così come di italiani che preferiscono l’ambulatorio dell’INMP ad altre strutture.

Un’attività Senza SoSta

Prendendo in osservazione l’attività complessivamente esercitata nel periodo 2008-2016 (per il 2016, si considerano i primi 10 mesi),

presso il poliambulatorio sono stati effettuati circa 350 mila accessi prendendo in carico 94 mila persone. L’attività ambulatoriale consente, inoltre, una fitta attività di ricerca e formazione. Particolare rilievo hanno avuto i progetti sui dispositivi medici finanziati dal Ministero della Salute, con lo scopo di consentire un accesso ampio alle prestazioni essenziali per le fasce di popolazione più svantaggiate. Un vero e proprio percorso di medicina sociale concernente l’odontoiatria, l’epatologia, l’oculistica, la ginecologia e l’infettivologia. Centrale è anche l’attività dell’Osservatorio epidemiologico nazionale dell’INMP che, insieme ai presidi regionali, monitora lo stato di salute e i profili di assistenza alla popolazione immigrata, anche al fine di fornire dati puntuali e significativi.“Il futuro vede l’INMP sempre più orientato al miglioramento continuo delle diverse attività” spiega la direttrice dell’Istituto Concetta Mirisola, “e allo sviluppo di nuovi programmi di intervento a fianco delle istituzioni impegnate nella tutela della salute dei cittadini”. Inoltre, Mirisola sottolinea quanto il lavoro di rete verrà potenziato a tutti i livelli, locale, regionale, nazionale. Particolare attenzione sarà rivolta all’innovazione tecnologica e al sistema informativo, per supportare meglio l’ambizioso programma di lavoro di cui l’Istituto si fa promotore.“Per la realizzazione di questo programma, l’INMP lavora a stretto contatto con il Ministero della Salute, il Ministero dell’Interno, il Ministero degli Esteri e le Regioni, per progredire e rendere disponibile a tutti, nessuno escluso, servizi e assistenza socio-sanitaria di maggiore efficienza, accessibilità e umanità” conclude Mirisola. “Ma è necessaria la partecipazione di tutti, in modo che il diritto alla salute trovi la sua piena applicazione, con ricadute positive soprattutto sui gruppi di popolazione più vulnerabili, stranieri e italiani”.

La storia di Samuel, una di tante

Samuel viveva nella Nigeria del Nord, una zona in prevalenza cristiana poi presa di mira da Boko Haram. Lui e suo fratello fuggono all’ennesimo attacco dei terroristi, dove perdono la vita i loro genitori. Vagano insieme

ad altri profughi fino ad arrivare in Libia, dove infuria la guerra: Samuel ha 14 anni, il fratello 16. Sono uniti più che mai ma nei giorni successivi uccidono il fratello. Da Misurata, Samuel si imbarca su un barcone che lo porta a Lampedusa. E da lì finisce nel Centro Identificazione ed Espulsione (CIE) di Roma. Qualcuno si prende a cuore il suo caso e contatta l’INMP. Samuel è minorenne e, se riuscirà a dimostrarlo, dovrebbe essere tolto dal CIE e inserito in un normale centro di accoglienza. Ma non ha i documenti. I primi incontri all’INMP sono molto difficili: il ragazzino è sotto shock, quasi non parla, balbetta, non dorme la notte. Inizia allora un lungo lavoro di colloqui con la psicologa, dove comincia a parlare del fratello, dei genitori, un lungo percorso di ricostruzione che passa necessariamente dall’accettazione di quanto è accaduto; intanto, un avvocato esperto in migrazione gli fa eseguire la misurazione biometrica del polso che attesta la minore età. E infatti la Commissione lo toglie finalmente dal CIE

riconoscendogli la protezione internazionale. Viene trasferito in un Sistema di Protezione Richiedenti Asilo e Rifugiati (SPRAR) dove riprende a dormire e mangiare; segue corsi di formazione e gioca a pallone con i suoi coetanei. E la vita, nonostante tutto, riprende.

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134 . 2016

ProfeSSione tommasoSaita

trasparenza sui compensi, come è statorecepito il disclosure code?

dal giugno scorso sui siti delle aziende farmaceutiche italiane sono disponibili i nomi delle organizzazioni sanitarie e dei medici che hanno ricevuto dei compensi. tuttavia, una rapida visita ad alcuni di questi siti mostra quanto il percorso della trasparenza sia ancora agli inizi

Se Un’azienda farmaceutica vi ha pagato l’iscrizione a un convegno o vi ha ricompensato per una consulenza o per una prestazione professionale, d’ora innanzi questa transazione di denaro verrà resa trasparente: il vostro paziente potrà cercarla in Internet e, se sufficientemente abile, trovarla nei siti delle aziende farmaceutiche. Potrà quindi valutare se avete qualche conflitto d’interesse nel momento in cui gli prescrivete una data terapia. Questo è divenuto possibile grazie all’adozione, da parte delle aziende farmaceutiche, del disclosure code (codice di trasparenza) di EFPIA,1 la Federazione europea delle associazioni e delle industrie farmaceutiche, attraverso il Codice deontologico di Farmindustria.2 Tuttavia, i pazienti potranno trovarvi solamente se avete dato il consenso al trattamento dei dati personali alle aziende farmaceutiche da cui avete ricevuto i compensi. Senza, i dati vengono pubblicati aggregati, impedendo l’identificazione, il che rappresenta una scappatoia. Inoltre, restano fuori dalla tracciatura alcuni tipi di compensi come i pasti, le bevande e, in Italia, anche le donazioni ai medici in forma di denaro o benefit (servizi, prodotti, eccetera); infatti, queste ultime sono considerate nel codice EFPIA ma non in quello di Farmindustria.Come detto, i dati sono disponibili sui siti aziende farmaceutiche; non ci sono però indicazioni specifiche su come predisporre la sezione Internet dedicata, lasciando un discreto margine di libertà. Sorge quindi spontaneo chiedersi come ciascuna azienda abbia recepito e messo in pratica il disclosure code. Ci siamo quindi messi nei panni di un vostro potenziale paziente interessato a capire se e quali compensi avete ricevuto e abbiamo visitato i siti Internet di

azienda nome di sezione1 n. di click2 Possibili interazioni con i dati3

interrogare scaricare ricercare estrarre

Pfizer “ilnostroimpegno” 3 • •

gSK “operatorisanitari” 3 • • •

Bayer “responsabilitàsociale” 2 • • •

astrazeneca “DisclosureCodeefPia” 2

novartis “Codicesullatrasparenza” 2 •

zambon “Disclosure” 7 •

angelini “eticitàetrasparenza” 3 • •

1 sezione che rimanda alle informazioni sul disclosure code e ai relativi dati

2 per arrivare a visualizzare i dati 3 interazioni con i dati: - interrogare: ricerca dati tramite

un motore di ricerca interno dedicato

- scaricare: download file dei dati - ricercare: testo ricercabile

tramite lo strumento “trova/cerca”

- estrarre: copiare i dati al di fuori del file

Sintesi dell’analisi dei siti internet di alcune aziende farmaceutiche

ultimavisita:dicembre2016

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14 InFormaMI

ProfeSSione

alcune aziende farmaceutiche operanti nel nostro Paese confrontandoli rispetto al tipo di riferimento in homepage, al numero di click per raggiungere i dati e alla possibilità di interagirvi (interrogare, scaricare, ricercare ed estrarre). I risultati sono riportati in sintesi in tabella a pagina 13.Il primo problema è orientarsi: ciascuna azienda utilizza una sua “nomenclatura” di sezione, più o meno intuitiva. Per esempio, la voce “Disclosure Code EFPIA” sul sito di AstraZeneca non è sbagliata ma, a un cittadino, suggerisce poco. Il percorso di click che separa dai dati, invece, è breve; fa eccezione il sito Internet di Zambon, che obbliga a seguire una mini presentazione semiautomatica di 3 minuti − tempi “biblici” per Internet – e compiere un totale di 7 click. Infine, nessuno offre tutte e quattro le possibilità di interazione con i dati (interrogare, scaricare, ricercare ed estrarre, vedi tabella). Tra le aziende analizzate, si sono distinte Bayer e GSK: la prima è l’unica con un motore di interrogazione dei dati interno, mentre la seconda è l’unica a fornire file senza protezioni, consentendo l’estrazione dei dati.Questa analisi, che è solo un assaggio e non vuole produrre giudizi, mostra come il disclosure code sia stato applicato in forma eterogenea. Per perseguire

tuvuòfào’trasparente,masi’natoinitaly!ugofaLCando

due sono i difetti del sistema implementato quest’anno in italia per la trasparenza sui finanziamenti da parte delle aziende farmaceutiche ai medici: il primo è che ogni azienda pubblica i dati sul proprio sito, per cui il cittadino interessato a conoscere i pagamenti ricevuti dal proprio medico dovrebbe girare i siti di tutte le aziende farmaceutiche per avere una idea del “profilo compensi” del medico, il secondo è che l’azienda deve richiedere al medico il consenso per poter pubblicare i dati e, se non lo ottiene, può usarli solo in maniera aggregata, quindi anonima e sommata a quella di altri medici che non hanno concesso la liberatoria per la pubblicazione dei dati.eppure già c’era l’esperienza statunitense, attiva da qualche anno, che poteva fungere da modello. nasce dal famoso Sunshine act del 2010 con il quale, tra gli altri provvedimenti volti alla trasparenza, il governo statunitense imponeva che, a partire dal 2013, ogni transazione finanziaria superiore ai 10 euro tra azienda farmaceutica e medico venisse resa pubblica.il primo Stato a proporre una politica di questo tipo era stato il massachusetts,1 la cui esperienza ha portato all’open Payments program.2 Le aziende d’oltreoceano devono pubblicare i dati in un unico sito (openpaymentsdata.cms.gov) in modo che il cittadino, con un’unica ricerca, possa sapere tutto dei finanziamenti ricevuti dal proprio medico, dalla cena all’iscrizione a un corso eCm, dal pernottamento in un albergo al libro donato. i dati relativi al 2015,3 gli ultimi disponibili, parlano di 7,52 miliardi di dollari (di cui 3,89 per la ricerca) passati dalle mani di 1.456 aziende farmaceutiche a quelle di 618.000 medici statunitensi e 1.110 ospedali universitari.

1 EFPIA HCP/HCO Disclosure Code. https://goo.gl/8id2Sn2 Codice deontologico Farmindustria. https://goo.gl/fxys6O

il disclosure code di Farmindustriain punti

• Pubblicazione annuale dei dati sui trasferimenti di valore diretti o indiretti a:

– operatori sanitari: spese di partecipazione a eventi congressuali, attività di consulenza e prestazioni professionali;

– organizzazioni: donazioni e contributi, finanziamenti a eventi congressuali, spese per consulenze o prestazioni professionali;

• dati su base individuale: per gli operatori sanitari serve il consenso, altrimenti dati aggregati;

• dati di dominio pubblico per 3 anni assieme alla relativa documentazione (per 5 anni) e alla metodologia di raccolta e predisposizione seguita.

il principio dell’open data non basta che il dato sia “visibile” ma deve essere anche “fruibile”. Certo siamo all’inizio di questo percorso di trasparenza e quindi, strada facendo, si auspicano assestamenti. In assenza di un database unico e comune, come è stato fatto negli Stati Uniti e che rimane la soluzione ideale, basterebbe chiedere alle aziende di rispettare un modello anche per la sezione del sito dedicata ai dati richiesti dal disclosure code, per offrire un servizio che, seppure sparpagliato, risulti almeno uniforme.

Bibliografia1 Kesselheim A, Robertson C, et al. Distributions of industry payments to Massachusetts physicians. N Engl J Med 2013;68:2049-52.2 Kirschner N, Sulmasy L, et al. Health policy basics: the Physician Payment Sunshine Act and the Open Payments program. Ann Intern Med 2014;161:519-21.3 Agrawal S, Brown D. The Physician Payments Sunshine Act - Two years of the Open Payments Program. N Engl J Med 2016;74:906-9.

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oggi in farmacia ci si può misurare la pressione, controllare il livello di colesterolo e di trigliceridi, fare persino un elettrocardiogramma. Oppure, si può comprare un kit di autoanalisi ed effettuare alcuni di questi esami a casa. Basta un prelievo capillare per capire subito se siamo anemici, che livello di TSH abbiamo nel sangue o quello del PSA. In pochi secondi arriva l’esito. Non servono più stanze asettiche, guanti e certificazioni degli ambulatori. Questi esami si possono fare in farmacia o nel salotto di casa. Viene da chiedersi per quale motivo ci

sia questa corsa agli esami fai da te, senza un supporto medico, e quale grado di affidabilità abbiano questi esami fatti al di fuori di strutture certificate e controllate. “La gente compra questi test perché sono comodi e veloci, si acquistano sotto casa, in farmacia e rispondono subito ai dubbi del paziente” afferma Erminio Torresani, direttore del Laboratorio di analisi cliniche del Centro di ricerche e tecnologie biomediche dell’IRCCS Istituto Auxologico di Milano. “In generale non ne discuto la bontà analitica. Se penso ai test per la glicemia per i diabetici, non contesto nulla. Ma il test del PSA, per esempio, che notoriamente ha una predittività del 50%, va fatto in presenza di un medico o perlomeno il risultato va fatto leggere a un medico, prima di prendere qualsiasi decisione”. E anche gli esami fatti in farmacia hanno un loro grado di rischio: “Capisco il controllo della pressione”, continua Torresani “ma gli esami dei trigliceridi o del colesterolo sono delicati. A noi, come laboratorio, chiedono competenze specifiche, certificazioni e siamo controllati. Come è possibile che le farmacie non siano sottoposte agli stessi controlli?”.

Quanto sono affidabili i test in farmacia o fai da te?

Sono sempre di più gli esami che si possono fare direttamente in farmacia o a casa propria: sono comodi e veloci, si possono acquistare anche online e rispondono subito ai dubbi. alla base di questo fenomeno troviamo una sempre più diffusa ipocondria ma anche l’intenzione di bypassare il “limbo” del Servizio sanitario pubblico. ma quanto ci si può affidare ai risultati di questi esami?

angeliCagiamBeLLUCa

Un fotogramma del videotutorial, disponibile su YouTube, di un kit di autoanalisi in vendita online.

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ProfeSSione

Questo fenomeno della “diagnostica fai da te” sta prendendo sempre più piede e, secondo gli esperti, trova la sua spiegazione, da una parte, in una certa ipocondria e ossessione del benessere molto diffusa e, dall’altra, nel non voler aspettare i tempi del Servizio pubblico e di voler sapere subito se si è malati e in che misura. Ma il rischio di farsi un’autodiagnosi fuorviante è molto alto e, inoltre, mancando completamente la fase preanalitica, gli stessi risultati dei test possono essere inaffidabili: prima di fare il test, che cosa si è mangiato? Il test è stato eseguito in un ambiente sterile? E’ stato fatto nel modo corretto? Se manca un’appropriata preparazione all’esame, l’esame stesso è inutile. “Prendiamo il test delle vie urinarie” spiega Torresani “che va fatto in un ambiente pulito e il cui contenitore deve essere sterile e conservato a una temperatura idonea. Se fatto a casa, il rischio di contaminazione è elevato. E i risultati sono falsati: in caso si riscontri un alto livello di leucociti può succedere che la persona decida di prendere l’antibiotico che aveva già assunto tempo prima per lo stesso problema, esponendosi a possibili reazioni avverse e aumentando la

resistenza dei germi agli antibiotici, tutto sulla base di un test che va considerato inaffidabile. Questi esami fai da te sono utili per togliersi un dubbio, ma non vanno interpretati da soli e, soprattutto, per avere la conferma o la smentita di un risultato positivo, vanno assolutamente ripetuti presso i laboratori certificati. Cosa che, temo, non avvenga”. Il paradosso è che questi test rappresentino, a ben vedere, un costo in più per il sistema pubblico: per esempio, chi fa da sé l’esame per la ricerca del sangue occulto nelle feci perché ha in famiglia parenti con tumore del colon e ottiene un risultato positivo potrebbe leggere l’esame in modo pessimistico e farsi prescrivere una colonscopia, magari non necessaria, o vivere stati di vera e propria ansia. Annalisa Racca, presidente di Federfarma, mette le mani avanti

per i kit di autoanalisi: “A chi vuole comprare questi kit diamo sempre tutte le spiegazioni e raccomandiamo cautela nell’utilizzo. Ma i test si possono comprare anche online, e allora in quel caso la persona non ha alcun supporto informativo”. E puntualizza: “Per quanto riguarda il test per la ricerca del sangue occulto nelle feci o quello per l’Helicobacter pylori, noi proponiamo sempre di farli in farmacia con il supporto delle ASL e non a casa da soli”. La tendenza generale da parte della popolazione, supportata dalla tecnologia e da Internet, miniera preziosa di informazioni ma anche luogo senza filtri dove con pochi click le persone ormai pensano di aver trovato la diagnosi, è sempre più quella dell’autoanalisi e autodiagnosi, due passaggi che coinvolgono il medico in modo sempre più marginale.

Gli esami fai da te sono utili per togliersi un dubbio, ma per avere la conferma o la smentita di un risultato vanno assolutamente ripetuti presso i laboratori certificati

Le health app

Gli esami fai da te sono una realtà anche nel mondo delle app. Infatti, sono numerose le applicazioni per misurare la pressione arteriosa o fare un ECG; a breve sarà anche possibile effettuare esami del sangue. Occorre però diffidare di quelle app che promettono la misurazione di questi parametri solo posizionando la mano, o il dito, sul display o facendo una foto: lo smartphone da solo non può, allo stato attuale della tecnologia, effettuare esami di questo tipo in modo affidabile. Può essere un ottimo sistema di monitoraggio se associato a dispositivi esterni di misurazione. Per la pressione del sangue si possono acquistare sfigmomanometri wireless. Per l’elettrocardiogramma, c’è un’app approvata dalla Food and Drug Administration (FDA) che permette di misurare l’ECG semplicemente mettendo le dita su due piccoli elettrodi (accessori) applicati al retro del telefonino. Per gli esami del sangue, alcune start-up stanno sviluppando dei veri e propri analizzatori che si potranno collegare al telefonino. La vera rivoluzione però si sta compiendo nel campo della misurazione della glicemia. Google sta lavorando al lancio di una lente a contatto in grado di stimare, tramite l’analisi del film lacrimale, i livelli di glucosio nel sangue.

Annalisa Racca, presidente di Federfarma.

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“La radioProtezione in ambito odontoiatrico è un tema che, ancora oggi, si conferma di importanza strategica perché coinvolge diversi aspetti sia della pratica clinica sia di quella tecnica e, soprattutto, richiede una particolare responsabilità personale” spiega Stefano Almini, odontoiatra e membro della Commissione nazionale per la formazione continua (ECM). “La radiologia viene infatti concessa

radiologo e odontoiatra a confronto sulla diagnostica

negli ultimi 20 anni si è assistito a un balzo tecnologico delle apparecchiature di diagnostica radiologica; questi strumenti sono diventati più sicuri ma anche più sofisticati e richiedono sempre cautela nell’utilizzo e un’attenta valutazione dei rischi-benefici. Per questo, oggi più che mai, è indispensabile una stretta collaborazione fra radiologi e odontoiatri

margheritamartini

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18 InFormaMI

ProfeSSione

l’intero splancnocranio, a seconda del quesito clinico”.Il primo campo di applicazione della cone beam CT è stato quello della pianificazione della chirurgia implantare. Successivamente, l’utilizzo di questa tecnologia si è esteso ad altri ambiti odontoiatrici (elementi dentari inclusi, malattia parodontale, endodonzia) e attualmente anche allo studio di altri distretti extraodontoiatrici (studio dell’articolazione temporo-mandibolare, rocche petrose, seni paranasali). Le cone beam CT, grazie all’elevata capacità dei loro rilevatori, a parità di volume anatomico esaminato, permettono di somministrare una dose di radiazioni significativamente inferiore rispetto alle apparecchiature di tomografia computerizzata tradizionali. Questa riduzione di dose varia da 5 a 20 volte a seconda della tipologia del macchinario utilizzato e del campo di vista studiato. Bisogna tuttavia ricordare che, per contro, la dose efficace assorbita dai pazienti durante un esame non è trascurabile, essendo significativamente superiore (fino a 10 volte) rispetto a quella assimilata durante esami radiografici di primo livello come l’ortopantomografia o esami di cefalometria.“Per tale motivo” sottolinea Lorenzo Preda “questa evoluzione tecnologica non consente di modificare radicalmente l’iter diagnostico dei pazienti. E’ bene infatti che lo specialista continui a prevedere esami diagnostici di primo livello che devono rimanere nella maggior parte dei casi (in

all’esercizio dell’odontoiatria come auxilium diagnostico, e tale deve rimanere, in primo luogo nel rispetto del paziente, secondo le regole del nostro Codice deontologico e della nostra coscienza professionale” continua Almini. Le radiazioni ionizzanti sono infatti considerate invasive: anche se la probabilità è molto bassa, quelle emesse dalle apparecchiature di primo e secondo livello possono determinare un danno agli organi radiosensibili.La radiologia negli studi odontoiatrici sta però cambiando rapidamente faccia, con non pochi problemi per i colleghi. “In ambito di diagnostica radiologica odontostomatologica, il passaggio dall’analogico al digitale è avvenuto negli ultimi 15-20 anni, quando la maggior parte delle apparecchiature radiologiche installate presso gli studi specialistici è stata progressivamente sostituita da

quelle digitali” commenta Lorenzo Preda, professore associato di radiologia all’Università degli Studi di Pavia. “Tali apparecchiature hanno consentito l’ottimizzazione degli esami radiologici eseguiti e un contenimento della dose radiante ai pazienti”.

Un PUnto di SvoLta:La cone beam cT

Negli ultimi anni l’evento più importante dal punto di vista dell’evoluzione delle tecniche radiologiche in campo odontoiatrico è stata l’introduzione sul mercato e la successiva rapida diffusione, nella seconda metà dello scorso decennio, delle apparecchiature volumetriche di tomografia computerizzata dedicate alla radiologia dentale, le cosiddette cone beam CT, ovvero a fascio radiante conico, e, più recentemente, dall’introduzione dei detettori flat panel, che hanno apportato un ulteriore miglioramento tecnologico di queste apparecchiature. Esistono in commercio diversi tipi di questi macchinari con caratteristiche tecniche molto differenti tra loro. “Tra le principali variabili” chiarisce Preda “c’è, per esempio, la posizione del paziente durante l’esame, che può essere supina, seduta o eretta e il campo di vista dell’indagine, che può essere circoscritto a un singolo settore dell’arcata dentaria o molto più ampio, permettendo di esaminare, in un’unica acquisizione, un’intera arcata, entrambe le arcate contemporaneamente o addirittura

L’odontoiatra non può eseguire esami radiologici su pazienti inviati da altri specialisti né può redigere e rilasciare referti scritti

Stefano Almini, odontoiatra e membro della Commissione nazionale per la formazione continua (ECM).

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particolare nei pazienti in cui la problematica della dose è molto importante, come i bambini o le donne in età fertile) gli esami conclusivi e risolutivi rispetto al quesito clinico. L’importanza di valutare attentamente il rapporto rischio-beneficio si conferma dunque fondamentale”.

normativa e radioProtezione

“Verso i primi anni Novanta, nell’Europa settentrionale si è assistito a un incremento eccessivo di prescrizioni ingiustificate di radiologia cone beam CT, al punto che l’Unione Europea (UE) grazie ai gruppi di lavoro dedicati, ha deciso di emanare direttive ad hoc. Dopo una prima direttiva mirata a proteggere gli operatori sanitari direttamente coinvolti nell’esecuzione delle radiografie, una successiva disposizione del 1997 si è interessata della tutela del paziente” racconta Stefano Almini.In Italia, l’utilizzo delle apparecchiature radiologiche è regolato dal d.lgs. n. 187/2000 che recepisce la direttiva europea in materia di protezione sanitaria delle persone contro i pericoli delle radiazioni ionizzanti connesse a esposizioni mediche. Questa legge è stata integrata, in maggio 2010, con raccomandazioni ministeriali che specificano i corretti campi di utilizzo della cone beam CT. “Queste integrazioni” spiega Lorenzo Preda “sottolineano che l’uso di tutte le apparecchiature che erogano raggi X è di norma prerogativa dell’attività specialistica radiologica. Nel caso di utilizzo di queste apparecchiature al di fuori dei reparti di radiologia, l’impiego viene consentito solo nell’ambito della cosiddetta

“attività complementare” da parte dell’odontoiatra. In questo ambito, come riportano le raccomandazioni ministeriali, sono ammesse le attività radiodiagnostiche che presentino i requisiti funzionali e temporali di risultare contestuali, integrate e indilazionabili rispetto allo svolgimento di specifici interventi di carattere strumentale, propri della disciplina specialistica. La presenza del tecnico radiologo, figura professionale abilitata all’utilizzo delle apparecchiature radiologiche, ai fini della legge non modifica questi aspetti”. Secondo la legislazione vigente, l’odontoiatra non può eseguire esami radiologici su pazienti inviati da altri specialisti né può redigere e rilasciare referti scritti. Inoltre, l’iconografia dell’esame va consegnata al paziente, l’archiviazione deve essere assicurata per un periodo non inferiore a 5 anni e, grazie alla collaborazione di un esperto di fisica medica, deve poi essere assicurata la verifica periodica delle apparecchiature, con particolare riguardo alla dose radiante somministrata al paziente e alla qualità delle immagini.Infine, in radiologia è stabilito l’obbligo di legge di acquisire preventivamente il consenso informato scritto da parte del paziente che deve ricevere una copia controfirmata dallo specialista. “Il paziente” specifica Almini “spesso non è consapevole del minimo rischio a cui accetta di sottoporsi e si affida alla coscienza del proprio odontoiatra”.

ParoLe d’ordine: formazione e CoLLaBorazione

“Ultima, ma non meno importante” conclude Lorenzo Preda “è la

formazione. Tutti gli specialisti odontoiatri che possiedono un’apparecchiatura radiologica devono sottoporsi a un’adeguata preparazione soprattutto per quanto riguarda le norme di radioprotezione e le problematiche correlate all’esposizioni ai raggi X”. “La periodicità quinquennale della formazione, prevista dall’art. 7 del d.lgs. n. 187/2000” specifica Stefano Almini “si basa sulla considerazione che più o meno ogni 5 anni si assiste a una modifica tecnologica importante, tale da poter suppore un corretto adeguamento delle conoscenze scientifiche e procedurali”.I due esperti concordano dunque sul fatto che rimane necessario utilizzare le apparecchiature con la dovuta cautela, facendo sempre riferimento al rapporto rischio-beneficio rispetto al paziente, alle problematiche cliniche a cui bisogna rispondere e tenendo sempre a mente la legislazione (art. 3 e art 4 del d.lgs. n. 187/2000), secondo cui è necessario giustificare ogni radiografia prescritta e ottimizzare la dose rispetto ai potenziali effetti di danno al paziente.Concludono pertanto che, soprattutto nell’interesse finale dei pazienti e al di là dell’utilizzo consentito dall’attività complementare, è auspicabile una sempre maggiore collaborazione professionale e intellettuale fra i radiologi e gli odontoiatri.

Lorenzo Preda, professore associato di radiologia all’Università degli studi di Pavia.

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20 inFormaMi

Sanità Cristinagaviraghi

Legge regionale 23/2015: la sanità lombarda lentamente si evolve

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214 . 2016

Una fotografia in itinere di una riforma con un disegno complesso e obiettivi ambiziosi; si va dal miglioramento dei servizi per il cittadino alla riorganizzazione dell’assetto ospedaliero e delle strutture del territorio, dalla riduzione dei costi e aumento dei controlli alla definizione di un unico assessorato al welfare e altro ancora. il tutto per farsi carico del paziente con tutti i suoi bisogni, anche nella “cronicità”. il rischio, tuttavia, è quello di complicare anziché semplificare e di sembrare ai cittadini solo come un cambiamento… di nomenclatura

“evoLUzione del sistema socio-sanitario lombardo: modifiche al Titolo I e al Titolo II della legge regionale 30 dicembre 2009 n. 33 (Testo unico delle leggi regionali in materia di sanità)”: questo è il nome altisonante e carico di positività che è stato dato alla riforma del sistema sanitario lombardo. Approvata ad agosto 2015, è entrata in vigore a gennaio 2016 con l’implementazione dei primi decreti attuativi. Punti cardine della riforma, suddivisa in due parti, una sanitaria e una sociale, sono il miglioramento dei servizi per il cittadino, con facilitazione al loro accesso e diminuzione della compartecipazione alla spesa, la riorganizzazione dell’assetto ospedaliero e delle strutture del territorio, la riduzione dei costi e l’aumento dei controlli.In pratica, ciò che prevede la l.r. n. 23/2015 è la trasformazione delle precedenti 15 ASL (Aziende Sanitarie Locali) in 8 ATS (Agenzie di Tutela della Salute) con compiti di programmazione dell’offerta sanitaria, di accreditamento delle strutture e di acquisto delle prestazioni sanitarie e socio-sanitarie, e il passaggio da 29 AO (Aziende Ospedaliere) a 27 ASST (Aziende Socio-Sanitario Territoriali) che diventano i veri erogatori dei servizi. Queste ultime comprendono i presidi ospedalieri e dispensano prestazioni specialistiche, di

prevenzione, cura, riabilitazione e i servizi a integrazione socio-sanitaria precedentemente a capo alle ASL. Si articolano in due strutture distinte e con bilanci separati: il polo ospedaliero e la rete territoriale che, a sua volta, prevede la creazione di POT (Presidi Ospedalieri Territoriali) per l’erogazione di prestazioni sanitarie di media e bassa intensità per pazienti in acuto e cronici e PreSST (Presidi Socio Sanitari Territoriali), rivolti alla gestione delle degenze intermedie, post-acute e riabilitative. Viene poi creata un’Agenzia di vigilanza e controllo, con il compito di collegare ATS e ASST e supervisionare il loro operato e un’Agenzia di promozione del servizio sanitario lombardo con la finalità di promuovere le attività connesse all’erogazione delle prestazioni socio-sanitarie in regime di solvenza a livello nazionale e internazionale. Non manca una ridefinizione del comparto delle cure primarie dove il mondo della medicina generale vedrà l’istituzione di AFT (Aggregazioni Funzionali Territoriali) e delle UCCP (Unità Complesse di Cure Primarie), strutture organizzative che comprendono medici di medicina

generale e pediatri di libera scelta, volte a estendere e rendere più efficiente l’assistenza primaria. Il tutto con l’istituzione di un nuovo assessorato al welfare, a capo del quale è stato nominato Giulio Gallera, che raggruppa e sostituisce i precedenti assessorati alla sanità e alle politiche sociali e con il mantenimento del principio di libera scelta del cittadino, che potrà ancora decidere se orientarsi verso il pubblico o il privato.

daLLa CUra aL PrenderSi CUra

Al di là della pletora di acronimi, lo slogan della riforma sembra essere semplice: “dalla cura al prendersi cura”. Un motto che racchiude l’intenzione di farsi carico del paziente con tutti i suoi bisogni attraverso una profonda integrazione tra ospedale, rete territoriale e cure primarie. Un’esigenza nata, come ben ha sintetizzato Giulio Gallera lo scorso novembre in un convegno dal titolo “La riforma sanitaria lombarda un anno dopo”, dalla massiccia entrata in scena, una decina di anni fa, complice l’innalzamento dell’aspettativa di vita, della “cronicità”, una condizione che riguarda circa tre milioni di lombardi, per gestire la quale il vecchio sistema sanitario

Punti cardine: migliori servizi per il cittadino, minore compartecipazione alla spesa, riorganizzazione e controllo dei costi

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22 InFormaMI

non era più adeguato e strutturato in modo idoneo. Il paziente cronico ha bisogno di essere accompagnato in un percorso assistenziale che va dal ricovero ospedaliero, in seguito all’evento acuto, a un’eventuale riabilitazione, dalla programmazione dei controlli e del monitoraggio delle sue condizioni, alla gestione delle cure in ambito domiciliare. Per far questo occorre valutare attentamente la domanda sanitaria, le necessità dei pazienti e l’appropriatezza dei vari percorsi assistenziali in modo da poter ottimizzare l’erogazione delle prestazioni con riduzione dei costi e dei tempi di attesa. In più, occorre distinguere tra i vari livelli di cronicità non uguali in tutti i pazienti; in base a questi verrà poi declinato in cosa consiste operativamente la “presa in carico” e a quali attività corrisponde, con conseguente identificazione di una tariffa di “presa in carico” al posto di quella della singola prestazione.Un progetto ambizioso che prevede, oltre a un incremento dell’innovazione tecnologica e informatica, anche un grosso sforzo organizzativo. Uno sforzo che, a distanza di circa un anno, ha prodotto la definizione delle ATS e delle ASST, con l’accorpamento dei vari poli ospedalieri, e l’attivazione dei primi quattro POT, con altri due in apertura per fine 2016, e dei primi PreSST.

La Strada è LUnga e non Priva di PerPLeSSità

Per attuare in pieno la riforma la strada è ancora lunga ma, secondo il presidente Maroni, il terreno è stato preparato e nel 2017 si

potrà partire con più slancio verso l’attuazione di altri provvedimenti, anche grazie ai 500 milioni di euro del fondo sanitario, in parte derivati da risparmi ottenuti grazie alla riforma e utilizzabili per innovazione tecnologica, riduzione dei ticket e delle rette delle RSA (Residenze Sanitario-Assistenziali). A metà del 2017 la maggior parte dei cambiamenti introdotti dalla legge 23 dovrebbero andare a regime, ma occorrerà più tempo per valutare in modo complessivo i suoi effetti. Ferma restando la possibilità di privilegiare alcuni provvedimenti e di tralasciarne altri, correggendo il tiro in corso d’opera in base alle evidenze riscontrate sul campo. D’altra parte la riforma della Sanità Lombarda è di natura sperimentale, un esperimento concordato con il Ministero della Salute della durata di tre anni, al termine dei quali si tireranno le fila e si faranno le opportune valutazioni, considerando anche l’eventualità di estendere il modello lombardo ad altre regioni.Ed è anche tale aspetto della nuova legge che lascia perplesso chi nella Sanità lombarda è stato di casa per tanti anni, come Vittorio Carreri, medico igienista e già direttore del Servizio di prevenzione della Lombardia dal 1973 al 2003: “Una legge sulla sanità approvata in via sperimentale, che ha una scadenza di verifica e che all’inizio ha anche sollevato dubbi di costituzionalità mi sembra quantomeno rischiosa; la sanità deve essere un servizio,

c’è un diritto alla salute che vale da Trapani a Bolzano e le regioni dovrebbero restare nel Sistema Sanitario Nazionale, confrontandosi tra loro senza scimmiottare il centralismo statale”.Pur riconoscendo alla riforma aspetti positivi, come la creazione di un unico assessorato al welfare e l’idea della “presa in carico” del paziente, Carreri si mostra scettico sull’effettiva gestione di una struttura così complessa e articolata come quella prevista dalla legge 23. “Sembra di essere di fronte a un entificio, un apparato gigantesco, elefantiaco, sovraccaricato anche da agenzie di controllo, a mio parere difficilmente governabile quando invece si avrebbe bisogno di maggiore semplificazione per facilitare anche la comunicazione e la cooperazione tra le varie strutture”, dichiara il medico igienista. Un entificio che, peraltro, prevede la presenza di ben 42 direttori generali e 128 tra direttori sanitari, amministrativi e socio-sanitari, troppi secondo i detrattori della legge 23. Anche se, in realtà, viene riconosciuto alla riforma il merito di aver introdotto un nuovo metodo di scelta del personale dirigente. La nomina dei direttori generali è avvenuta dopo una procedura di selezione a partire da una rosa di possibili candidati presentata da una commissione guidata da Gianluca Vago, Rettore dell’Università degli Studi di

Sanità

Un esperimento di tre anni concordato con il Ministero della Salute che comporta qualche rischio di entificio, ovvero la creazione di un apparato gigantesco, elefantiaco, sovraccaricato anche da agenzie di controllo

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234 . 2016

Milano, da Cristina Masella, docente del Politecnico di Milano e da Francesco Longo, docente dell’Università Bocconi.“Manca poi, nella riforma” conclude Carreri, “una maggiore attenzione verso la prevenzione che ha bisogno di tante figure diverse, non solo mediche, ma anche tecniche e organizzative e una seria discussione sulla medicina generale, su cui si fonda il Servizio Sanitario, che va profondamente riformata anche da un punto di vista culturale e dell’approccio al paziente”. Un paziente che, al momento, sembra non essersi accorto più di tanto dei cambiamenti implementati dalla riforma. L’accorpamento di molti ospedali in aziende uniche multi-presidio, rappresentate dalle ASST, nella maggior parte dei casi è stato finora un processo solo formale, lamenta l’ANAAO ASSOMED, senza un vero e proprio impatto per l’utenza che rischia peraltro di rimanere disorientata. “Occorre distinguere, nella riforma, ciò che è la veste istituzionale da quelli che sono i cambiamenti reali”, dichiara Vittorio Mapelli, docente di economia sanitaria all’Università degli Studi di Milano, “e per il cittadino i cambiamenti percepibili sono la riduzione dei ticket, delle liste di attesa e i miglioramenti tecnologici, per ora poco tangibili, e poco importa se l’ente cui ci si rivolge si chiama ASST o ATS”.Strutture queste che, secondo Mapelli, hanno un che di sovrabbondante: “sembra esserci una certa confusione nel definire ‘chi fa che cosa’, le ATS rischiano di essere dei contenitori vuoti con solo funzione burocratica, mentre avrebbe giovato una maggiore semplificazione”.

Politiche dei Servizi Sanitari in Lombardia dagli anni ’70 a oggi

Il processo di riforma è laborioso e richiede i suoi tempi, vista anche la necessità di integrare i servizi con il territorio, ma sono in molti a chiedere che si cambi passo. E’ tempo che la programmazione effettuata e i nuovi modelli di assistenza inizino a concretizzarsi con regole chiare e precise, processo che gli operatori del settore si auspicano avvenga nell’imminente 2017.

anni ’70 ideazione della prima rete: consorzi intercomunali sanitari di zona, asili nido, anziani, disabilità, consultori familiari, tossicodipendenze

anni ’80 attivazione delle USSL (Unità Socio Sanitarie Locali) (legge quadro n. 833/1978; l.r. N.1/1986)

piani socio-assistenziali e programmi di zona dei servizi sociali

1990-1997 riorganizzazione e riduzione delle ASL (Aziende Sanitarie Locali) da 85 a 44

1997-2001 ulteriore riduzione delle ASL da 44 a 15 attivazione delle AO (Aziende Ospedaliere)

2001-2009 attuazione della l.n. 328/2000 trasformazione delle IPAB (Istituzioni Pubbliche di Assistenza e Beneficienza) in ASP (Aziende pubbliche di Servizi alla Persona)

piani sociosanitari regionali, regolazione normativa delle tre reti: servizi sociosanitari, servizi sociali, servizi sanitari (l.r. N. 3/2008)

testo unico delle leggi in materia di sanità (l.r. N. 33/2009)

2013-oggi libro Bianco sullo sviluppo del Sistema sociosanitario lombardo

riorganizzazione del Servizio sanitario e sociosanitario Regionale (l.r. N. 23/2015)

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24 InFormaMI

Sanità niColettaSCarPa

Seppure con qualche mese di ritardo sulla tabella di marcia, la cannabis a uso terapeutico sta per arrivare come specialità medicinale. Lo Stabilimento chimico farmaceutico militare di firenze ha un ruolo di primo piano nella produzione del farmaco

finaLmente ci siamo. Con l’arrivo del nuovo anno è iniziata la distribuzione in farmacia dei primi lotti di cannabis prodotti dall’Istituto Chimico farmaceutico di Firenze: l’obiettivo è abbassare i costi limitando l’importazione olandese. La produzione nostrana di cannabis è una delle novità introdotte con il decreto del Ministero della Salute del 9 novembre 2015. Infatti, grazie all’accordo tra

Cannabis di stato ai nastri di partenza

Ministero della Salute e Ministero della della Difesa, lo Stabilimento chimico farmaceutico militare di

Firenze è diventato il primo e, al momento, l’unico

produttore italiano di cannabis sativa a

uso terapeutico. “Questa è solo una delle novità introdotte dal decreto”, spiega Paolo Notaro, responsabile del Centro di terapia del dolore di Niguarda; “Grazie a questo decreto si sta colmando un importante vuoto normativo. Le preparazioni magistrali di sostanze vegetali a base di cannabis potevano essere allestite, dietro presentazione di ricetta medica non ripetibile, già dal 1998 (art. 5 del d.l. 1° febbraio 1998, n. 23, convertito dalla l. 94 dell’8 aprile 1998) ma mancava la possibilità di controllare tali prescrizioni. Per capire il problema occorre considerare che fino all’introduzione del decreto del 2015 il medico aveva la possibilità di prescrivere la specialità medicinale (il Sativex) autorizzata in Italia dal 2013 oppure, per utilizzi diversi da quelli indicati nell’autorizzazione all’immissione in commercio, poteva prescrivere con ricetta non ripetibile le preparazioni magistrali.

segue a pagina 25

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i4 . 2016

lastagioneinfluenZale2016-2017

Come iSCriverSi aL CorSo

Partecipare al corso FAD è semplice. Una volta letto questo dossier, tutti gli iscritti all’OMCeO Milano, medici e odontoiatri, possono rispondere al questionario online e acquisire i crediti ECM. Ecco come fare:1. registrarsi sulla piattaforma www.saepe.it per ricevere via email ID e PIN per l’accesso2. entro 48 ore ricollegarsi alla piattaforma e inserire ID e PIN ricevuti3. cliccare al piede della pagina sul banner Smart FAD4. cliccare il titolo del corso5. cliccare sul questionario e rispondere alle domande ECM; si ricorda che le domande sono randomizzate, quindi variano nei tentativi successivi (non c’è un limite massimo)6. rispondere al questionario di customer satisfaction7. scaricare l’attestazione dei crediti cliccando in alto a destra su “Crediti” e quindi sulla stampantina vicino al titolo del corsoPer qualunque dubbio o difficoltà scrivere a: [email protected]

2.2016

l’influenzaèspessosottovalutatamalesuecomplicanzepossonoporrearischiolavita,specieneisoggettiarischiocomeglianzianiconcomorbilità.Perquestoèfondamentalevaccinarelecategoriedisoggettiindicatidalministerodellasalute,tracuituttiglioperatorisanitari,egestirelamalattia,quandopresente,inmanieraadeguata.

evento eCm n. 178200; Provider zadig (n. 103)autore:mariarosaValettorevisore: fabrizioPregliasco,Dipartimentodiscienzebiomedicheperlasalutedell'universitàdeglistudidimilano,DirettoresanitarioirCCsistitutoortopedicogaleazzidimilanodestinatari:medicieodontoiatridurata prevista:2ore(compresalaletturadiquestodossier)durata:dall’1gennaio2017al30giugno2017

Cannabis di stato ai nastri di partenza

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ii SmartFad

“Dottoressa, mi guarisca...” canticchia Ludovica non appena la madre apre la porta di casa trovandola sul divano avvolta in una coperta di pile. “Dici a me?” le chiede.“In parte, perché ho bisogno delle tue cure, mamma. In parte cito, forse a sproposito perché devo ancora capire bene cosa vuol dire il Liga nella sua nuova canzone...”.“Me lo sono chiesta anche io, ma tralasciamo per un attimo questo interrogativo che ci tiene tutti con il fiato sospeso e passiamo dal palco alla realtà: cosa ti senti?”.“Qualche brivido e il naso che cola. Insomma mi sa che mi sono beccata l’influenza in università”.“Non rubarmi il mestiere. Hai provato la febbre?” indaga la madre mettendole una mano sulla fronte.“Mezz’ora fa, 37,2”.“Mal di testa, tosse, dolori?”.“No”.

DestinazionePraga,masenzainfluenza

La Storiaparte i

Poiché la trasmissione interumana del virus dell’influenza si può verificare per via aerea attraverso le gocce di saliva di chi tossisce o starnutisce, ma anche attraverso il contatto con mani contaminate dalle secrezioni respiratorie, sono raccomandate le seguenti azioni:

1. lavaggio delle mani (in assenza di acqua, uso di gel alcolici);

2. buona igiene respiratoria (coprire bocca e naso quando si starnu-tisce o tossisce, trattare i fazzoletti e lavarsi le mani);

3. isolamento volontario a casa delle persone con malattie respira-torie febbrili specie in fase iniziale;

4. uso di mascherine da parte delle persone con sintomatologia influenzale quando si trovano in ambienti sanitari (ospedali).

Commento

Commento

Secondo i criteri influnet, rientra nella definizione clinica di “sin-drome influenzale” un soggetto che presenti un’insorgenza rapida e improvvisa di almeno uno tra i seguenti sintomi generali:• febbre o febbricola;• malessere/spossatezza;• mal di testa;• dolori muscolari;

e almeno uno tra i seguenti sintomi respiratori:• tosse;• mal di gola;• respiro affannoso.

InfluNet. Sistema di sorveglianza sentinella dell’influenza basata sui medici di medicina generale e pediatri di libera scelta. Sorveglianza epidemiologica e virologica - Protocollo operativo - Stagione influenzale 2016-2017.https://goo.gl/Vo25kp

“Insomma che cosa ho?”. “Secondo me non è influenza. Direi più un raffreddore. Ormai siamo in autunno inoltrato e continui a vestirti leggera. Conoscendoti, ieri sarai anche andata in giro senza ombrello”.“Con Marley che tira da tutte le parti è impensabile uscire con l’ombrello aperto. L’ultima volta che ci ho provato ho quasi accecato un passante!”. A sentire pronun-ciare il suo nome il bellissimo labrador color miele che sonnecchiava ai piedi di Lu-dovica scende dal divano e si avvicina per guadagnarsi un supplemento di crocchette.“Ciao monello, quando imparerai a camminare per strada? Dai, visto che la tua padroncina fa la malata tra poco ti porto io a spasso”.“A proposito di fare la malata, mamma. Per il ponte di Sant’Ambrogio ho un progettino con alcuni compagni di università, avrei trovato un volo low cost per Praga. Posso comprare il biglietto, la pro-mozione scade domani?”.“Certo, dopo un bel trenta, come posso dire di no a questa richiesta?”.“E come posso evitare di beccarmi l’influenza poco prima dell’agognata vacanza?”.“Beh, nella vita di tutti i giorni sono indicate delle precauzioni di igiene, dovresti saperle”.

La Storiaparte ii

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iii4 . 2016

lastagioneinfluenZale2016-2017

il lavaggio frequente delle mani è sottovalutato, ma è la pratica riconosciuta dall’organizzazione mondiale della Sanità tra le più efficaci per il controllo della diffusione delle infezioni anche negli ospedali.

Ministero della Salute. Circolare del 2 agosto 2016. Prevenzione e control-lo dell’influenza: raccomandazioni per la stagione 2016-2017.https://goo.gl/hXyyzC

World Health Organization (WHO). Guidelines on hand hygiene in health care first global patient safety challenge clean care is safer care, 2009.https://goo.gl/aw4hJ7

La vaccinazione stagionale è raccomandata a:1. soggetti di età pari o superiore a 65 anni;2. bambini di età superiore ai 6 mesi, ragazzi e adulti fino a 65 anni di età affetti da patologie che aumentano il rischio di complicanze da influenza:a) malattie croniche a carico dell’apparato respiratorio (inclusa

l’asma grave, la displasia broncopolmonare, la fibrosi cistica e la broncopatia cronico ostruttiva – BPCo);

b) malattie dell’apparato cardiocircolatorio, comprese le cardiopa-tie congenite e acquisite;

c) diabete mellito e altre malattie metaboliche (inclusi gli obesi con indice di massa corporea >30);

d) insufficienza renale/surrenale cronica;e) malattie degli organi emopoietici ed emoglobinopatie;f) tumori;g) malattie congenite o acquisite che comportino carente produ-

zione di anticorpi, immunosoppressione indotta da farmaci o da hiv;

h) malattie infiammatorie croniche e sindromi da malassorbimento intestinale;

i) patologie per le quali sono programmati importanti interventi chirurgici;

j) patologie associate a un aumentato rischio di aspirazione delle secrezioni respiratorie (per esempio malattie neuromuscolari);

k) epatopatie croniche.

dato l’andamento temporale mostrato dalle epidemie influenzali in italia e siccome la protezione indotta dal vaccino comincia 2 settimane dopo l’inoculazione e perdura per un periodo di 6-8 mesi dopo i quali tende a declinare, il periodo destinato alla conduzione delle campagne di vaccinazione antinfluenzale è quello autunnale, a partire dalla metà di ottobre fino a fine dicembre.Per gli adulti di tutte le età è sufficiente una sola dose di vaccino, da somministrare per via intramuscolare nel muscolo deltoide.

Ministero della Salute. Circolare del 2 agosto 2016. Prevenzione e con-trollo dell’influenza: raccomandazioni per la stagione 2016-2017.

https://goo.gl/hXyyzC

Commento

La Storiaconclusione

“Sempre ottimista tu, eh? Beh, l’hai detto, la differenza tra te e i nonni è appunto l’anagrafe. Aggiungo che se alla tua età avessi bisogno del vaccino antinfluenzale saresti in situazioni che non ti auguro”.“Ho capito, non dirmi altro”.“Dai, Marley, andiamo dai nonni a portare il vaccino”.“Ma mica è Balto. Quanto l’abbiamo visto quel cartone mamma, ti ricordi?”.

“Devi lavarti spesso le mani con acqua calda e sapone. Con cura, non frettolosamen-te. Poi devi evitare il contatto ravvicinato con persone che tossiscono o starnutisco-no; in realtà dovrebbero essere loro ad avere il buon senso di coprirsi naso e bocca in queste circostanze e buttare via il fazzoletto usato”.“Lavarsi le mani? Mi sembra troppo semplice per funzionare”.“Eppure lo dice l'Organizzazione Mondiale della Sanità”.“Ma allora cosa ci fanno quelle due scatole di vaccino in frigo? Pensavo fossero per noi…”.“No, io mi vaccino in ospedale, tutti gli anni… E tu non hai bisogno del vaccino. Quei vaccini sono per i nonni. Anzi, devo sbrigarmi a farglieli, perché se si aspetta ancora un po’ si va fuori tempo massimo”. “Sì, sono sempre in giro, cinema, teatro, beati loro. Ma questo pomeriggio li trovi a casa. Mi han chia-mato mezz'ora fa per sapere dell’esame”.“Allora devo approfittarne” la madre si infila il cappotto ed estrae i vaccini dal frigorifero.“Ma, scusa, perché i nonni sì e io no? Cerca di capirmi, mamma, non riesco neanche a pensare alla pos-sibilità di ritrovarmi a casa malata, stavolta davvero con il febbrone da influenza, mentre i miei amici salgono la scaletta dell’aereo per Praga”.

La Storiaparte iii

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iV SmartFad

Vaccinarsi,uncolpovincente

La Storiaparte i

La Storiaparte ii

Commento

Le finalità della vaccinazione antinfluenzale sono duplici:• protezione individuale, particolarmente importante quando le

complicanze dell’influenza rischiano di essere particolarmente gravi (anziani e soggetti con comorbilità);

• protezione della collettività, dato che la vaccinazione riduce la circolazione interumana dei virus.

Le motivazioni per le quali è importante l’immunizzazione del per-sonale sanitario sono diverse:• il rischio personale di contrarre l’influenza dato il continuo con-

tatto con i malati;• l’assenteismo dal lavoro e il rischio di non garantire un servizio

essenziale come quello sanitario nel periodo in cui vi è maggiore richiesta di assistenza da parte della popolazione;

• il rischio di diventare trasmettitore di infezione da virus influenzali nella comunità dove si esercita l’attività lavorativa.

Ministero della Salute. Vaccinazione antinfluenzale, chi vaccinare.https://goo.gl/kw9f6g

Ministero della Salute. Indicazioni sulla vaccinazione. Finalità della vac-cinazione.https://goo.gl/5Z9gcy

Giorgio e Filippo non si sono mai persi di vista: originari della stessa località di pro-vincia, si sono trasferiti nella sede universitaria più vicina per gli studi di medicina, condividendo quelli che ancora considerano gli anni migliori della loro vita. Sono poi tornati alle origini trovando lavoro nell’ospedale della città natale. Giorgio ha sposato Daniela, una collega che fa il medico di medicina generale in un paese vicino e ha due figli, Filippo è uno scapolo irriducibile e deve occuparsi dei genitori anziani. La partita del venerdì pomeriggio è da vent'anni un appuntamento fisso, turni di guardia permettendo.Per chiudere degnamente anche questa settimana, Filippo sta aspettando il collega alla timbratrice ed è impaziente per il ritardo. Finalmente dal fondo del grande corridoio risuona l’eco di passi trafelati e si staglia la sagoma di Giorgio. “Cosa mi combini? Lo sai che i minuti persi non li recuperiamo, dopo di noi ci sono sempre quei ra-gazzetti che manco ci danno il tempo di raccattare le nostre palline, tanto hanno fretta di entrare in campo!”.“Eh lo so, scusa. Mi sono attardato in Medicina preventiva per la vaccinazione antinfluenzale... non avevo nessuno prima di me. Ma chi arriva? Il primario che aveva pure fretta, me l’ha detto subito, ubi maior, e ho perso quei dieci minuti”.“Ma perché buttare così il proprio tempo?”.“Dai, non farla così grossa, ti ho già chiesto scusa”.“Non mi hai capito. Mi riferivo alla vaccinazione”.“Ah già, da un anno all’altro dimentico il tuo radicato scetticismo”.“E’ scontato, con tutti i microbi che abbiamo incontrato in questo mezzo secolo, cosa vuoi che cambi? Come sai io non me la sono mai fatta e non è che sia stato a casa d’inverno malato più di te!”.

Giorgio scuote la testa: “La pensa come te almeno la metà dei nostri colleghi, qual-che statistica dice nove su dieci. Ecco spiegata la paralisi dei nostri ambulatori l'anno scorso sotto Natale, con gran parte del personale in malattia. Ma ti dirò di più. Io che faccio il geriatra non voglio avere sulla coscienza nessuno dei miei vecchietti, alcuni parecchio malandati!”.I due colleghi salgono sull’auto sportiva di Giorgio che cerca di recuperare il tem-po perduto con una guida piuttosto spericolata.“Sei sempre stato un idealista. Al massimo sono i tuoi pazienti a rappresentare un pe-ricolo per te. A me in sala operatoria questo non succede: camici, mascherine, lavaggio mani…” dice Filippo.“E tu sei sempre stato un trasgressore. Tra l’altro hai pure due anziani in famiglia. Tieni conto che, rispetto all’inverno scorso, circola un nuovo sottotipo di virus”.

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V4 . 2016

La Storiaparte iii

La Storiaconclusione

L’omS ha indicato che la composizione del vaccino per l’emisfero settentrionale nella stagione 2016/2017 sia la seguente:• antigene analogo al ceppo a/California/7/2009 (h1n1)pdm09;• antigene analogo al ceppo a/hong Kong/4801/2014 (h3n2);• antigene analogo al ceppo B/Brisbane/60/2008 (lineaggio B/

victoria).il vaccino per la stagione 2016/2017 conterrà, pertanto, una nuova variante antigenica di sottotipo h3n2 (a/hong Kong/4801/2014),

che sostituirà il ceppo a/Switzerland/9715293/2013 contenuto nel vaccino della stagione 2015/2016 e una variante di tipo B (B/Brisbane/60/2008), appartenente al lineaggio B/victoria/2/87, in sostituzione del precedente ceppo vaccinale, B/Phuket/3073/2013, appartenente al lineaggio B/Yamagata/16/88.

Ministero della Salute. Circolare del 2 agosto 2016. Prevenzione e con-trollo dell’influenza: raccomandazioni per la stagione 2016-2017.

https://goo.gl/hXyyzC

Commento

in italia la sorveglianza integrata dell’influenza prevede la rileva-zione stagionale delle sindromi similinfluenzali (influenza-like ill-ness, iLi) attraverso influnet, la rete di medici sentinella, costituita da medici di medicina generale (mmg) e pediatri di libera scelta (PLS). inoltre, dalla stagione pandemica 2009/2010 è attivo in italia il monitoraggio dell’andamento delle forme gravi e complicate di influenza stagionale. i medici sentinella e altri medici operanti nel territorio e negli ospedali collaborano anche alla raccolta dei campioni biologici per l’identificazione dei virus circolanti.La raccolta e l’elaborazione delle segnalazioni di malattia è ef-fettuata dai Centri di riferimento nazionali: l’istituto superiore di sanità (iSS) e il Centro interuniversitario di ricerca sull’influenza e le altre infezioni trasmissibili (Ciri-it). L’iSS provvede all’elabo-razione a livello nazionale e produce un rapporto settimanale che viene pubblicato sul sito internet del ministero della Salute. Le

indagini virologiche sui campioni biologici raccolti vengono ese-guite dai laboratori della rete influnet e dal Centro nazionale per l’influenza (niC) dell’iSS. il niC provvede all’elaborazione dei dati virologici a livello nazionale e produce un rapporto settimanale, che viene pubblicato sul sito del ministero della salute.

Ministero della Salute. Circolare del 2 agosto 2016. Prevenzione e con-trollo dell’influenza: raccomandazioni per la stagione 2016-2017.

https://goo.gl/hXyyzC

InfluNet. Sistema di sorveglianza sentinella dell’influenza basata su medici di medicina generale e pediatri di libera scelta. Sorveglianza epidemiologica e virologica – Protocollo operativo – Stagione influenzale 2016-2017.

https://goo.gl/Vo25kp

Commento

“E quindi?” chiede un po’ polemico Filippo.“E quindi è più probabile che la popolazione sia meno protetta da questa nuova variante. Pertanto hanno modificato la composizione degli antigeni di superficie presenti nel vaccino”.“Già, ma nel frattempo il virus può mutare di nuovo. E siamo da capo”.“Ma la situazione è costantemente sotto controllo. Lo so perché Daniela fa parte della rete di medici sentinella” afferma Giorgio.“Ah, una famiglia che ha fatto del contrasto all’influenza una missione! Ma che compito ha Daniela? Immagino solo segnalare i casi d’influenza”.

“No, la rete provvede anche alla raccolta di campioni biologici per l’identificazione di virus circolanti”.“Resto della mia idea. Tempo e soldi buttati” ribadisce Filippo.“Eh, no. Prima di fare queste affermazioni approssimative devi informarti meglio!”.“Prima mi preoccupo di stracciarti sulla terra rossa!”.La partita è più equilibrata delle previsioni di Filippo e arriva al tie-break“Avremo il tempo? Vedo là fuori i ragazzetti che scalpitano!” chiede Filippo.“Tempo ne abbiamo a sufficienza. Sarò rapido e indolore…”.Effettivamente in pochi minuti Giorgio chiude la partita.Filippo, che non ama perdere, si butta sotto la doccia e uscendone esplode in un fragoroso starnuto.“Influenza?”.“Antipatico, primo della classe e dominatore sulla terra rossa. Ma la soddisfazione di prendermi l’in-fluenza non te la do”.“Allora sfodera un colpo vincente, vaccinati!”.

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Vi SmartFad

Sono i primi giorni dell’anno e anche in riviera fa freddo. Avviando l’auto per le visite domiciliari, Donatella deve accendere lo sbrinatore: “Non lo facevo da anni, questo mese di gennaio non sembra proprio riservarci un clima mediterraneo”.La prima visita è a casa dei signori Brambilla, un’anziana coppia residente a Mi-lano, ma che tra le parecchie settimane di villeggiatura estiva e qualche mese di soggiorno invernale, frequenta assiduamente la località turistica ligure.Donatella già conosce Franca, 68 anni, molto dinamica e combattiva, per aver cura-to i mal di gola estivi dei nipotini. Una nidiata di 6 marmocchi tra i 4 e i 10 anni che, da un’estate all’altra, aspettano l’ospitalità dei nonni per gustare “il cono gelato più grande e più buono del mondo” a detta di Riccardo, il più piccino.Questa volta il malato è Alberto, il marito di Franca. L’immagine che Donatella ne ha è quella di un ottantenne affabile e in buona salute. La sera, ricevuta la richiesta di una visita, ha indagato al telefono: “Quest’estate mi è sembrato in gran forma, di che cosa si tratta?”.“Spero solo una brutta influenza” ha risposto dall’altra parte la voce molto preoccupata dell’anziana signora. “Lei non può immaginare che brutta sorpresa ci ha riservato quest’anno il ritorno in città dopo l’estate”.“Ma non siete vaccinati?” chiede d’istinto la dottoressa, trascurando in parte il messaggio della donna.“No, veramente no… col fatto che passavamo l’inverno al mare e che siamo sempre stati bene… non abbiamo mai preso in considerazione questa possibilità” si giustifica Franca. “Pensa proprio che fosse necessario?”.

La Storiaparte i

La Storiaparte ii

Commento

i dati del ministero della Salute sulla copertura per la vaccinazione antinfluenzale nella stagione 2015-2016 riferiscono una copertura del 13,9% nella popolazione generale e del 49,9% nella popolazione di età ≥65 anni.Ciò a fronte di obiettivi di copertura, per tutti i gruppi target del 75% (obiettivo minimo perseguibile) e del 95% (obiettivo ottimale).

Ministero della salute. Coperture per la vaccinazione antinfluenzale 2015-2016.

https://goo.gl/vHx7Oq

Ministero della Salute. Circolare del 2 agosto 2016. Prevenzione e controllo dell’influenza: raccomandazioni per la stagione 2016-2017.

https://goo.gl/hXyyzC

Donatella è al cancello dell’elegante villetta in stile Liberty e le viene incontro Franca. “Ha trovato posto per la macchina, dottoressa? Altrimenti la faccio entrare”.“Grazie, signora, ma questi sono mesi tranquilli. Mica come quando ci siamo viste a luglio, per il suo nipotino. E’ qui con lei?”.“No, il cucciolo l’abbiamo visto a Natale ma di sfuggita perché aveva la febbre. Abbiamo festeggiato a casa di mio figlio questa volta, delle tre la sua era la fami-glia con il bollettino medico meno sfavorevole. Adesso Riccardo è a Courmayeur con i genitori e le sorelle, chiuso in casa ancora convalescente. Là fiocca fitto fitto”.“Beh, anche qui il clima non è mite”.“Speriamo che la bougainvillea non ne soffra” commenta Franca mentre attraversa il giardino, estre-mamente curato. “Ma parliamo di cose importanti”.“Ho intuito che in famiglia c’è stato un grosso problema di salute”.“Un vero fulmine a ciel sereno: un infarto. E dire che Alberto aveva smesso di fumare da anni. Gli hanno messo uno stent. Sembra tutto sotto controllo. Ma lui non è più quello di prima. Si è chiuso in se stesso, sorride raramente perfino con i nipoti e si preoccupa per la salute”.

uninvernofreddoancheperlabougainvillea

Page 33: Informami - bollettino ordine medici milano

Vii4 . 2016

e’ importante ricordare che gli antivirali:• non sono un’alternativa alla vaccinazione;• devono essere sempre assunti su prescrizione e sotto controllo

medico;• devono essere assunti con tempestività.

degli antivirali attualmente in commercio in italia (inibitori m2: amantadina; inibitori della neuraminidasi: oseltamivir e zanamivir) sono autorizzati per l’uso profilattico l’amantadina e l’osteltamivir.

L’amantidina è un farmaco indicato per l’influenza causata dai virus di tipo a.L’utilizzo del farmaco è associato a effetti collaterali e quindi non è raccomandato, se non in particolari condizioni.L’osteltamivir è indicato contro l’influenza a e B ed è ha una migliore tollerabilità rispetto all’amantadina.

Ministero della salute. Influenza, farmaci antivirali. https://goo.gl/Bkp1yt

Commento

“Capita, soprattutto a chi non ha mai avuto malanni. Ma vediamo come sta oggi”.Alberto non ha voluto farsi trovare a letto, è in vestaglia, seduto nella poltrona di velluto blu. Ha la febbre alta (38,9 °C), tosse non produttiva, mialgie, cefalea, arrossamento oculare, rinorrea e farin-godinia. Donatella riscontra una frequenza cardiaca di 108 battiti/minuto, una pressione arteriosa di 140/95 mmHg, una frequenza respiratoria di 20 atti/minuto. La faringe è infiammata. L’esame obiettivo polmonare è negativo.“L’ipotesi che si tratti di influenza è consistente, dato i contatti con i nipotini malati…”.“Sì, ma da quando sono nonno li ho sempre frequentati anche se avevano la febbre e il nasino che co-lava. Solo che quest’anno sono un... nonno vecchio!” esclama Alberto.La dottoressa lo rassicura: “Ma ci sono possibilità di recupero, sa? Mi dica, signor Alberto, si ricorda con precisione da quanto sta male?”.“Male male da questa mattina presto, diciamo che mi sono svegliato all’alba con le ossa rotte. Pensan-doci bene già ieri non mi sentivo a posto”.“Quindi siamo ancora in tempo per iniziare una terapia specifica per il virus dell'influenza”.

lastagioneinfluenZale2016-2017

La Storiaparte iii

Donatella prescrive lo zanamivir e porgendo la ricetta ad Alberto precisa: “Lo do-vrà prendere per bocca per 5 giorni”. “Sono antibiotici?” chiede il paziente.“No, gli antibiotici non servono per l’influenza e non vanno presi in assenza di complicazioni rilevanti che attualmente lei non ha. Questi sono antivirali”. “Vado subito a prenderli in farmacia” dice Franca.Alberto la ferma: “Ma dove vai? Con questo freddo, se ti ammali anche tu siamo a posto!” E poi, voltandosi verso la finestra che guarda al giardino, aggiunge: “Non hai visto che c’è la brina sulle foglie della bougainvillea? L’abbiamo piantata insieme la prima estate di vacanza qui… bei tempi”. “Da qui alla farmacia son due passi. E intanto ti prendo anche le gallette che sono finite”.Alberto sbuffa e poi rimprovera la moglie: “Non far perdere tempo alla dottoressa con questa storia delle gallette”.“Mi scusi, dottoressa. Piuttosto posso offrirle un tè o un caffè?”.“Un caffè lo prendo volentieri, grazie signora. Volevo però prima darvi indicazioni per il controllo della febbre. Immagino che il signor Alberto prenda già medicine per il cuore”.“Sì, io che non avevo mai preso una pastiglia in vita mia adesso sono una farmacia ambulante” dice Alberto scuotendo la testa. “La lista è nel primo cassetto della scrivania”.“Vado io” Franca è già in piedi diretta verso la camera vicina.

Page 34: Informami - bollettino ordine medici milano

Viii SmartfaD

La Storiaparte iv

La Storiaconclusione

Quando il decorso clinico dell’influenza è complicato si racco-manda di considerare i seguenti fattori di rischio per un eventuale ricovero ospedaliero. tali fattori, se multipli e correlati allo stato clinico o socioeconomico del paziente, aumentano il rischio di complicanze e mortalità; in ogni caso, non si può prescindere dal giudizio clinico globale del medico:• donna gravida;• soggetti di età maggiore o uguale a 65 anni.Criteri clinici• presenza di malattie concomitanti: malattie croniche respirato-

rie, cardiache, renali, epatiche, tumori, diabete mellito, abuso

cronico di alcol, malnutrizione, malattie cerebrovascolari, post splenectomia, ospedalizzazione nell’ultimo anno;

• frequenza respiratoria ≥30 atti/minuto, pressione diastolica ≤60 mmhg o pressione sistolica <90 mmhg, polso ≥125 bpm, tem-peratura corporea <35 o ≥40 °C, variazioni dello stato mentale (disorientamento, stupore), evidenza di siti extrapolmonari di infezione.

Sistema nazionale per le linee guida (SNLG). La gestione della sindrome influenzale. Documento 16, maggio 2008, aggiornamento maggio 2010.

https://goo.gl/VvNtfO

Commento

“In effetti adesso lei sta prendendo l’aspirina che protegge il suo cuore, ma per far scendere la febbre, per il mal di testa e le ossa rotte, dovrà aumentarla. Non ha problemi di stomaco, vero?”. “No, a parte l’infarto non ho mai avuto nulla, neppure un giorno a letto. E ho sem-pre amato la buona tavola!”“Quindi ci risentiamo tra cinque giorni quando ha finito la cura?” chiede Franca alla dottoressa.“No, cinque giorni è la durata della terapia. Ma voglio avere notizie già domani”. Nelle prime ore della mattina successiva è raggiunta dalla telefonata di Franca: “Dottoressa, mi scusi se la disturbo, ma le cose non vanno bene. Alberto mi sembra che respiri peggio e la febbre è ancora salita, cosa dobbiamo fare?”.“In mattinata sono da voi”.Allo scoccare del mezzogiorno il medico suona il campanello della villa. Franca la aggiorna: “E’ distrut-to. Non mangia da ieri e ha bevuto due sorsi di brodo. Non ha chiuso occhio. E io con lui”.Questa volta Alberto è a letto. La temperatura è 40 °C e la situazione generale è peggiorata (frequenza cardiaca 130 bpm, frequenza respiratoria di 24 atti/minuto). L’esame obiettivo polmonare evidenzia rantoli medio-fini alla base di destra.

Per Donatella l’indicazione al ricovero è chiarissima. Si tratta solo di comunicarlo nel modo adeguato all’anziana coppia. Alberto anticipa le sue conclusioni: “Sto male, me ne rendo conto perfettamente. E credo che sia il caso di andare in ospedale”.“Ma caro…” la moglie ha le lacrime agli occhi. “Franca, cosa facciamo chiusi in casa io e te, aspettiamo che la febbre passi da sola?” poi aggiunge prendendo la mano della consorte: “Stai tranquilla, me la caverò. In quei pochi giorni in cui sono via prenditi cura della bougainvillea, che quest’estate rifioriremo entrambi”.

il criterio di utilizzo di farmaci antipiretici e antinfiammatori non deve essere finalizzato al controllo continuo e sistematico della febbre ma all’esigenza di offrire sollievo al malessere del paziente e alla sua difficoltà nel gestirlo. a fronte di una relativa efficacia e minore gastrolesività, il paracetamolo, l’ibuprofene e il diclofenac sono i farmaci utilizzabili per il trattamento al bisogno della febbre e della sintomatologia dolorosa degli adulti. inoltre, nei soggetti ad aumentato rischio cardiovascolare è raccomandato il para-cetamolo. Per i soggetti già in terapia con acido acetilsalicilico a basso dosaggio è un’alternativa l’incremento della dose di acido

acetilsalicilico fino a raggiungere la dose minima necessaria per ottenere l’effetto antipiretico e analgesico desiderato. allo stesso modo, per soggetti ad aumentato rischio cardiovascolare che non siano già in trattamento con basse dosi di acido acetilsalicilico, può essere considerato l’uso di naprossene.

Sistema nazionale per le linee guida (SNLG). La gestione della sindrome influenzale. Documento 16, maggio 2008, aggiornamento maggio 2010.

https://goo.gl/VvNtfO

Commento

Page 35: Informami - bollettino ordine medici milano

254 . 2016

Sanità

Ricorrendo alle preparazioni magistrali non c’era alcun obbligo di rendere conto allo Stato le ragioni della prescrizione. “Si è visto che tale condizione stava determinando un aumento delle prescrizioni magistrali senza poter avere un controllo sulle indicazioni e sugli effetti collaterali della terapia” spiega Notaro. Il nuovo decreto quindi non si sostituisce al precedente, ma va a integrarsi con esso cercando di mettere ordine e definendo delle regole per:

• la produzione, così da garantire l’accesso su tutto il territorio nazionale a tali cure ed evitare il ricorso a prodotti non autorizzati contraffatti o illegali;

• l’allestimento, sono infatti disponibili all’interno del decreto le norme di buona preparazione cui devono attenersi le farmacie;

• la prescrizione delle preparazioni magistrali;

• la sicurezza (fitosorveglianza).

Le preparazioni magistrali a base di cannabis devono quindi essere allestite dietro presentazione di ricetta medica non ripetibile; la ricetta può essere compilata da qualsiasi medico, indipendentemente dalla specializzazione, e in base alla legge 94 del 1998 continua a essere obbligatorio acquisire il consenso informato del paziente al trattamento terapeutico. Le indicazioni terapeutiche sono state definite (vedi articolo a pagina 27), ma è possibile prescrivere la cannabis anche per altri usi, purché la letteratura sostenga tale utilizzo. “Con il nuovo decreto per favorire il controllo e la sorveglianza delle

prescrizioni e per raccogliere dati a scopo epidemiologico e statistico” precisa l’esperto “il medico deve riportare l’indicazione della prescrizione oltre che sulla ricetta anche sulla scheda per la raccolta dei dati dei pazienti trattati (sistema di fitosorveglianza). Sempre sulla scheda devono essere riportati i dati dei pazienti trattati relativi a età, sesso, posologia in peso di cannabis nonché gli esiti del trattamento nella patologia trattata. La trasmissione dei dati all’Istituto Superiore di Sanità deve essere fatta, secondo modalità stabilite da ciascuna Regione o Provincia Autonoma, dalla ASL o dal medico prescrittore, previa registrazione sulla piattaforma web.Inoltre, sempre per garantire una maggiore sicurezza, gli operatori sanitari che osservino una sospetta reazione avversa devono fornire tempestiva comunicazione all’Istituto Superiore di Sanità

i formalismi della ricetta

Le indicazioni obbligatorie da riportare in ricetta sono:• timbro e firma del medico;• data di prescrizione;• età e sesso nel paziente;• la sostanza da preparare, con relativo titolo,

dosaggio, forma farmaceutica e numero di unità posologiche.

Per proteggere la privacy del paziente non deve essere riportato il nome, né il codice fiscale ma un codice alfa numerico. In questo modo solo il medico prescrittore può conoscere la reale identità del paziente.Le forme farmaceutiche più usate solo l’olio, oppure il decotto. L’olio è la formulazione di prima scelta perché è stabile e conferisce una concentrazione costante nel tempo. L’utilizzo dell’aerosol è limitato perché poco pratico, in quanto richiede un aerosol dedicato e non consente il mantenimento di una concentrazione costante di principio attivo.

attraverso una scheda di segnalazione ad hoc (vedi scheda al link https://goo.gl/Itefza).Secondo quanto riportato nel sistema di fitosorveglianza, da giugno 2014 al 30 giugno 2016 sono state registrate 18 segnalazioni di sospette reazioni avverse associate a preparazioni magistrali a base di cannabis per uso medico. L’età mediana dei pazienti è di 52 anni e le donne costituiscono il 67% del totale delle segnalazioni.

rimBorSaBiLità

Per quanto riguarda la rimborsabilità c’è un’ampia variabilità tra le diverse Regioni: infatti, ognuna è autonoma nel decidere se distribuire gratuitamente le preparazioni magistrali a base di cannabis e per quali patologie.

Qualsiasi medico, indipendentemente dalla specializzazione, può prescrivere preparazioni magistrali di cannabis utilizzando la ricetta medica non ripetibile

prosegue da pagina 24

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26 InFormaMI

Sanità

Attualmente, in Lombardia manca una legge Regionale sulla rimborsabilità, le preparazioni magistrali a base di cannabis non sono quindi rimborsate dal Servizio Sanitario Nazionale.

La Sede di ProdUzione

Con il decreto ministeriale 2015 viene dato il via al progetto pilota, della durata di 24 mesi, per la produzione statale di cannabis. A tal fine viene individuato nello Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze la sede della produzione. La scelta è motivata dal fatto che lo Stabilimento rientra fra gli impianti facenti capo all’Agenzia Industrie Difesa che opera sotto la vigilanza del Ministero della Difesa e coniuga le capacità chimico-farmaceutiche di officina di produzione alle garanzie di affidabilità e sicurezza militare.La ricaduta prima dell’avvio della produzione italiana è la riduzione netta dei costi: si passerà quindi da 120-130 euro (prezzo medio) per una terapia mensile (30 cartine da 100 mg) a circa 45-50 euro per la stessa terapia.

Lo Stabilimento chimico farmaceutico militare: un po’ di storia

Lo Stabilimento chimico farmaceutico militare ha una storia antica, la nascita intatti risale alla metà dell’800. Il 26 giugno 1853, a Torino, veniva istituito un Deposito di farmacia militare con annesso il Laboratorio generale chimico farmaceutico, con il compito di preparare tutti i medicinali e i materiali sanitari occorrenti per il Servizio sanitario e veterinario militare.Il nome “Deposito di farmacia militare” fu mantenuto fino al 1884, anno in cui fu sostituito con quello di “Farmacia centrale militare”; nel 1923 assume la denominazione di “Istituto chimico farmaceutico militare”; infine, nel 1976, diventa “Stabilimento chimico farmaceutico militare”.La sede fiorentina venne inaugurata a ottobre del 1931, in seguito all’esigenza di una sede più ampia, più moderna e situata al centro della penisola così da favorire la distribuzione dei farmaci su tutto il territorio nazionale. Da allora sono state prodotte quasi ininterrottamente numerose specialità medicinali, materiali per le medicazioni, prodotti cosmetici e alimentari. Per comprendere le dimensioni basti pensare che negli anni ‘40 erano impiegate all’interno dello stabilimento oltre 2.000 persone.

Si riportano di seguito alcuni avvenimenti rilevanti che hanno fatto la storia dello Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze:

• aprile 1986, nube radioattiva di Chernobyl: lo Stabilimento si attiva in tempi rapidissimi e produce in meno di 24 ore 500.000 compresse di ioduro di potassio;

• 24 dicembre 1989: in seguito all’ordine dallo Stato Maggiore dell’esercito di preparare e spedire una ingente quantità di farmaci e materiale sanitario per la Romania, sono allestite in poche ore 1.200.000 compresse di acido acetilsalicilico, 45.000 fasce di medicatura e alcuni quintali di cotone;

• 1998, “terapia di Bella”: in circa 20 giorni, lo Stabilimento produce 2.400.000 compresse di melatonina e 10.400 flaconi di soluzione ai retinoidi, con le attrezzature a disposizione, senza tralasciare peraltro la produzione standard programmata.

Page 37: Informami - bollettino ordine medici milano

274 . 2016

Bibliografia

1 Whiting PF, Wolf, Deshpande S et al. Cannabinoids for medical use: a systematic review and meta-analysis. JAMA 2015;313:2456-73.2 Schrot RJ, Hubbard JR. Cannabinoid: medical implications. Ann Med 2016;48:128-41.

Per quanto riguarda i dati della letteratura è importante segnalare che il quadro complessivo non è ancora completamente chiaro. Lo stesso allegato tecnico pubblicato con il d.m. 2015 mette in guardia, segnalando che le prove di efficacia disponibili si basano su studi controllati, revisioni sistematiche e studi osservazionali non conclusivi e che è necessario proseguire nelle ricerche per ottenere prove definitive.a riguardo è interessante la revisione pubblicata sulla rivista Jama nel giugno 20151 da un gruppo di ricercatori dell’Università di Bristol. Sono stati presi in esame gli studi relativi all’efficacia della cannabis per il trattamento del dolore cronico, di nausea e vomito da chemioterapia, disturbi del sonno e sindrome di tourette. dall’analisi di oltre 6.000 partecipanti è emerso che le prove a favore dell’uso della cannabis per il trattamento del dolore cronico e della spasticità sono di qualità moderata (8 studi hanno riportato una riduzione del dolore nel 37% dei soggetti trattati rispetto al 31%, odds ratio 1,41, limiti di confidenza al 95% da 0,99 a 2; 5 studi controllati hanno mostrato un miglioramento della spasticità valutato con la scala di ashwoth pari a -0,12, limiti di confidenza al 95% da -0,24 a 0,01); le prove a favore dell’uso come antiemetico nei soggetti in chemioterapia (3 studi controllati hanno mostrato una risposta completa in termini di riduzione della nausea e del vomito nel 47% dei soggetti trattati rispetto a 20%, odds ratio 3,82, limiti di confidenza al 95% da 1,55 a 9,42), della perdita di peso nei pazienti sieropositivi (4 studi hanno mostrato un cambiamento in termini di peso nei soggetti trattati con cannabinoidi ma i risultati osservati non hanno significatività statistica), della sindrome di tourette (2 piccoli studi controllati, con 36 partecipanti, suggeriscono un miglioramento della sindrome di tourette con i cannabinoidi) e dei disturbi del sonno (i dati a favore del sonno non sono conclusivi perché condotti su studi di piccole dimensioni ed eterogenei) sono di bassa qualità e infine sono di pessima qualità le prove a favore di un miglioramento dell’ansia (un unico studio ha riportato un miglioramento dell’ansia con i cannabinoidi). Pur essendoci la necessità di ulteriori verifiche, l’uso della cannabis per il trattamento del dolore nei pazienti con sclerosi multipla è una delle indicazioni con i dati

di efficacia più robusti della letteratura. Per gli altri usi, come riportato in un articolo pubblicato quest’anno su annals of medicine2 è il medico che si fa garante dei risultati attesi. e’ importante però che il medico prenda in esame con attenzione i rischi e i benefici e consideri le caratteristiche del paziente a partire dall’età, dalla patologia e dalla gravità della stessa. oltre a ciò, è fondamentale la presa in carico del paziente che deve essere informato e seguito con regolari visite di controllo.Sulla base delle prove disponibili, l’allegato tecnico riporta che l’uso medico della cannabis non può essere considerato una terapia propriamente detta, bensì un trattamento sintomatico di supporto ai trattamenti standard.gli impieghi di cannabis a uso medico riportati nell’allegato tecnico riguardano:• analgesia in patologie che implicano spasticità dovuta

a dolori di tipo midollare (sclerosi multipla o lesioni midollari) resistenti alla terapia tradizionale;

• analgesia nel dolore cronico (con particolare riferimento al dolore neurogeno) in cui il trattamento con antinfiammatori non steroidei o con farmaci cortisonici o oppioidi si sia rivelato inefficace;

• effetto anticinetosico e antiemetico nella nausea e vomito, causati da chemioterapia, radioterapia, terapie per l’infezione da hiv, che non può essere ottenuto con trattamenti tradizionali;

• effetto stimolante dell’appetito nella cachessia, nell’anoressia, nella perdita dell’appetito in pazienti oncologici o affetti da aidS e nell’anoressia nervosa, che non può essere ottenuto con trattamenti standard;

• effetto ipotensivo nel glaucoma resistente alle terapie convenzionali;

• riduzione dei movimenti involontari del corpo e facciali nella sindrome di gilles de la tourette che non può essere ottenuta con trattamenti standard.

indicazionieletteratura

E’ importante considerare il rapporto rischi-benefici e le caratteristiche del paziente e della malattia

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28 InFormaMI

Sanità PatriZiaSaLvaterra

Umberto veronesi, nel ricordo di chi l’ha conosciutoChi meglio di un collaboratore fidato, un amico, un paziente o un familiare può raccontare l’uomo, lo scienziato e il padre?

mauriziomauridirettore generale Fondazione Cerba

La mia fortuna è stata quella di conoscere, neolaureato, Umberto Veronesi. Quando, da assistente radiologo, fui chiamato da Veronesi dalle “cantine” dell’Istituto Nazionale dei Tumori nel suo ufficio, mi aspettavo una ramanzina. Mi chiedevo cosa mai avessi combinato. Invece fu l’inizio, con un semplice “diamoci del tu”, di una collaborazione e un’amicizia durate oltre quarant’anni. Fui stupito: erano gli anni 70, ero anche un rappresentante sindacale dei medici dell’istituto, ma a Veronesi interessava il mio aiuto in due aspetti: creare un ambiente di lavoro organizzato e accogliente per i pazienti e il personale – che diventerà, molti anni dopo, il nuovo modello di ospedale sviluppato assieme, e promuovere la ricerca. Fra di noi mai uno screzio; tra l’altro lui era un non credente, io un uomo di fede. L’ho visto pochi giorni prima che ci lasciasse, era pieno di progetti. Ci consegna un esempio di libero pensiero, grande comunicazione, straordinaria umanità.

luciaraccaassistant di Umberto Veronesi, IEO

Ho iniziato a lavorare per Veronesi nel ’79, e ho trascorso 38 anni al suo fianco. Avevo 26 anni, lui era già direttore generale dell’Istituto nazionale dei tumori e presidente dell’Unione internazionale contro il cancro. Ero dunque intimorita dalla sua fama, ma tutto fu facile: sapeva trasmetterci l’entusiasmo e il suo amore per i pazienti. Sapevamo di poter contare sul suo appoggio, e questo ci faceva sentire uniti. Dopo mia figlia, l’aver lavorato con lui è stato il dono più bello. Anni fa, quando un’associazione femminile di Roma lo nominò “Donna ad honorem”, lui commentò: “Anche se formalmente ho sempre avuto soprattutto collaboratori uomini, sono stato sostenuto tutta la vita con abnegazione assoluta da un manipolo di donne straordinarie, pronte a qualsiasi sacrificio per me e per la mia causa, per l’istituto e la ricerca. Per questo mi sono sentito felice come un bambino per essere stato nominato donna onoraria”.

albertoscannioncologo medico e consigliere OMCeO

Voglio ricordarlo come l’uomo che ho conosciuto negli anni ’70 all’Istituto dei Tumori di Milano e che mi ha onorato della sua amicizia: nei momenti decisivi me l’ha sempre esternata con consigli di cui gli sono profondamente grato. Un uomo che ha fatto dei temi civili una battaglia, convinto che uno scienziato debba essere attivo nel sociale, offrendosi anche alla politica per introdurre vie nuove nella gestione della salute. Veniva definito un professore alla mano. Era vero: gentile con tutti, grandi e piccoli. Aveva una visione della medicina dove l’aspetto umano era obiettivo di vita. Tempo fa pubblicò sul Corriere della Sera un articolo sui diritti del fine vita, gli scrissi una lettera di condivisione. Mi rispose ringraziandomi, con l’attenzione che riservava a tutti. E’ stata l’ultima cosa tra me e lui.

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294 . 2016

Umberto veronesi, nel ricordo di chi l’ha conosciuto

giuseppesalasindaco della città di Milano

Umberto Veronesi è stato il mio medico. Avevo 39 anni quando arrivai da lui la prima volta. La diagnosi era linfoma non Hodgkin, il male che si era portato via mio padre in pochi mesi. Lui riuscì a rassicurarmi, mi fece sentire protetto. Rimasi colpito dalla sua grande umanità e capacità di trasmettermi sicurezza e di aiutarmi a vincere le paure. Mi ha aiutato a guarire e mi ha insegnato che la malattia farà sempre parte della mia vita, facendomi capire che noi e le nostre malattie siamo la stessa cosa. Ma soprattutto che ci si cura, sempre, da tutti i nostri mali, del nostro corpo e della nostra mente.

giuliaVeronesichirurgo toracico, Istituto Clinico Humanitas

Da bambini, ci raccontava storie inventate a cui credevamo ciecamente. Una di queste parlava di una pittura magica, che quando veniva utilizzata per disegnare dei personaggi sul muro, questi si animavano diventando veri. L’ultimo bidone di questa pittura era nascosto nella casa al lago, sapevamo che prima o poi l’avremmo trovato. In montagna invece ci intratteneva con i trucchi delle carte. Mio fratello Marco andava in un’altra stanza e doveva indovinare con la telepatia quale carta mio padre avesse estratto. Ci riusciva sempre, tra lo stupore di tutti. Ecco, Umberto Veronesi era anche un burlone, dotato di grande immaginazione e fantasia. Da studentessa di medicina al terzo anno, lui cominciò a descrivermi la chirurgia come la migliore branca medica. Per convincermi, mi avrebbe portata in sala operatoria per seguire i suoi interventi. Eravamo alla fine degli anni ’80, io lo seguivo in Istituto come un’ombra, silenziosa e intimorita. In sala operatoria, dopo il primo intervento sistematicamente andavo per terra. Tenni duro, seguendo i suoi consigli, e di volta in volta restavo in piedi un po’ di più. Dopo la specializzazione, iniziai la pratica in vari ospedali; quando mi chiedevano se fossi parente di Umberto Veronesi, rispondevo di no. Entrai allo IEO nel ’99, dopo anni di clinica volevo tornare alla chirurgia. Vi rimasi fino al 2014: anni duri, e al contempo magnifici; mio padre, super impegnato, nei momenti di difficoltà c’era sempre, per darmi il suo sostegno psicologico.

Virgiliosacchinidirettore programma Senologia, IEO

Ci sono tre momenti che ricordo come se fosse ieri. Ero un borsista all’Istituto Nazionale dei Tumori, e quando passava il Prof. rasentavo il muro del corridoio per non intralciare il suo percorso. Un giorno lo vidi da lontano, stavo cambiando strada quando mi chiamò per nome. Mi chiesi come facesse a ricordarselo. “Vorrei che lavorassi con me, ho letto

qualche tuo lavoro, mi è piaciuto”. Abbozzai un “Certo, professore” e rimasi frastornato per tutto il giorno. Quando mi offrirono la cattedra universitaria a New York, gli chiesi consiglio. Mi disse: “Egoisticamente ti vorrei qui, ma per il completamento del tuo percorso devi andare, servirà anche allo IEO”. Aveva ragione: iniziammo una collaborazione tra Memorial Sloan Kettering e IEO che portò a successi importanti per i due istituti.Rientrato, lo vidi più volte. Una delle ultime mi disse: “Sono preoccupato perché la medicina sta diventando troppo orientata ai costi e stiamo perdendo lo spirito della nostra missione per la cura e per la ricerca. Promettimi che non ti farai condizionare”. Gli risposi, commosso, di sì. Qualche giorno dopo ci avrebbe lasciato.

Ha tracciato un percorso che deve essere proseguito. Ci consegna un esempio di libero pensiero, capacità di comunicazione e straordinaria umanità

marcoPierotticoordinatore scientifico Fondazione IRPCittà della Speranza

Sono entrato all’Istituto Nazionale dei Tumori nel ’71 da studente, e sono uscito nel 2014. Il coraggio di Veronesi, il suo essere contro corrente lo si vede anche dalla mia nomina a direttore scientifico nel 2006: fui il primo non medico – sono un biologo – mi scelse per questo. Se dovessi scrivere un epitaffio per lui sarebbe: “E’ stato l’uomo che ha reso il male oscuro una malattia curabile”. Ricordo due aspetti: la sua curiosità scientifica, mai sopita. Un giorno mi disse di aver letto che il 90 per cento del nostro DNA non serve a nulla, e questo per lui era inaccettabile, non poteva essere così. In realtà oggi stiamo confermando le complesse funzioni regolatorie proprio di questo 90 per cento apparentemente inutilizzato. Il secondo è il Prof. che, allo scoppio di un incendio in istituto, mentre tutti si allontanano dal padiglione in fiamme, corre con falcata atletica verso il fuoco, non con uno bensì con due estintori fra le mani. Era fatto così.

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L’interviSta robertaviLLa

Per aLBerto mantovani, direttore scientifico dell’Istituto Clinico Humanitas e docente di patologia generale a Humanitas University, non occorrono parole di presentazione. E’ infatti stranoto come uno degli scienziati italiani più citati al mondo, grazie a scoperte che hanno fatto la storia dell’immunologia dei tumori. Un cervello che, dopo un’importante esperienza all’estero, ha deciso di proseguire la sua carriera in Italia, dedicandosi alla ricerca, ma anche all’insegnamento.

medici, coltivate la vostra passione!

rivolgendosi in prima persona ai lettori, alberto mantovani racconta la sua esperienza di medico e ricercatore in un decalogo di consigli per “aspiranti scienziati” che ha molto da dire anche a chi ha scelto un’altra strada

Un maestro che ha cresciuto nei suoi laboratori una generazione di ricercatori più giovani, che stanno già raggiungendo risultati importanti nel campo dell’immunologia e della ricerca sul cancro a livello internazionale. Una figura che ha saputo difendere i valori della scienza e della ragione davanti ai sempre più numerosi attacchi di ciarlatani di ogni sorta, da quelli che propugnavano il cosiddetto metodo Stamina come rimedio per ogni male, a chi oggi diffonde false credenze sui vaccini. Ma soprattutto un uomo che,

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nonostante tanti successi e una sfilza di premi prestigiosi, che sarebbe troppo lungo elencare, negli anni non ha mai perso l’aria mite, sorridente e umile di chi ascolta prima di parlare e pensa di avere sempre tanto da imparare. Qualcosa da trasmettere, però, ammette di averlo. E lo fa in una sorta di lettera rivolta agli “aspiranti scienziati”, un decalogo di consigli che, sulla base della sua lunga esperienza, il ricercatore raccoglie nel libro “Non avere paura di sognare” (La Nave di Teseo. Milano, 2016).

Professore, il libro parla quindi solo ai giovani ricercatori o può essere utile anche a chi è più avanti con gli anni, magari avendo già intrapreso un’altra carriera, per esempio quella di medico clinico?

Spero che abbia qualcosa da dire a tutti. L’ho indirizzato agli aspiranti scienziati solo perché questa è la mia esperienza, su cui mi sento di poter dire qualcosa. Ma i dieci consigli, in senso lato, che scandiscono il testo, penso possano valere anche per gli altri. Il primo capitolo, “Segui le tue passioni”, credo per esempio che contenga un richiamo importantissimo per tutti i medici. Di solito chi si iscrive a medicina lo fa ispirato da un sentimento di passione, che aiuta ad affrontare i sacrifici richiesti dallo studio prima e della professione poi. Lo vedo nella vita di mio genero, Marco Locatelli, neurochirurgo al Policlinico di Milano. Lavora nel pubblico e ha ritmi di lavoro incredibili, che non conoscono orari e festività. Certo, non bisogna esagerare. E’ importante ritagliare degli spazi per sé e per le relazioni con gli altri. Come racconto nel libro, io ho sempre cercato di mantenere i miei interessi e arricchire il mio tempo libero, ma guai a farsi rubare l’entusiasmo trasformando il lavoro del medico in un’attività impiegatizia.

Ci sono altri atteggiamenti che si sente di consigliare anche al di fuori dei laboratori di ricerca?

Un altro spunto di riflessione per tutti, anche al di fuori del mondo della medicina e della scienza, penso che sia l’importanza di mantenere un atteggiamento

umile, mettendosi sempre in condizione di imparare. Io, per esempio, ho appreso moltissimo anche dai più giovani, che per me sono sempre stati maestri. La supponenza è invece assai diffusa tra le persone di successo, non solo accademici e professori universitari, ed è e in genere ingiustificata.Anch’io, nella mia vita personale, non ho avuto sempre ragione. Per esempio, sono partito per gli Stati Uniti con l’idea di dimostrare una mia tesi, che si è rivelata non essere vera. L’ho dovuto ammettere confrontandomi con i dati. Ecco, il rispetto dei dati è uno degli elementi che credo sia fondamentale, come base di ogni agire, anche al di fuori della scienza e della medicina.

Seguire le proprie passioni e rispettare i dati: ci sono altre raccomandazioni che valgano per tutti?

Oltre al rispetto dei dati, un altro valore tipico della ricerca scientifica e della medicina che mi piacerebbe entrasse nella società civile è la capacità di discutere, anche dissentendo, con franchezza, ma senza accapigliarsi. Proprio come nell’ultimo Congresso internazionale di immunologia in cui abbiamo messo a confronto scienziati che la pensavano diversamente su alcuni temi. Nessuno si è insultato, pur in uno scambio pungente, non è mai venuta meno la stima reciproca tra colleghi e alla fine ci si è ritrovati a bere una birra insieme in allegria. Questi sono valori che dovrebbero passare alla società civile nel suo complesso.

Alberto Mantovani durante la salita della Cresta Küffner del Palù, nel Bernina

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nel libro si sofferma anche sul rapporto tra scienza e società e sulla responsabilità civile dei ricercatori. Che dire dei medici?

I medici hanno una grande responsabilità civile, in generale. In alcuni settori, poi, il loro ruolo è particolarmente importante. Penso per esempio alla questione dei vaccini, in cui la voce dei professionisti è determinante nell’influenzare l’opinione pubblica. Talvolta mi chiedo se l’università non dovrebbe fare autocritica per aver un po’ trascurato questo tema all’interno dei diversi programmi di studio. Da parte mia, da qualche anno, cerco di introdurre l’argomento fin dal corso di patologia generale, in modo tale da fornire ai futuri medici tutte le conoscenze necessarie perché non credano poi alla disinformazione che ormai dilaga sui media.

nel libro è sottolineata anche l’importanza della dimensione internazionale.

La conoscenza è conoscenza internazionale. Agli studenti ho sempre raccomandato, e raccomando tuttora, di farsi regalare per Natale l’abbonamento ad almeno due delle principali riviste mediche del mondo, The Lancet e il New England Journal of Medicine, che ancora oggi continuo a considerare la mia prima fonte di informazione e aggiornamento. Anche Giovanna, l’unica dei miei quattro figli che ha seguito la mia strada, li ha sempre trovati sotto l’albero. Oggi poi, con internet, è ancora più facile accedere alla letteratura internazionale. Allo stesso modo è più facile viaggiare o trascorrere periodi di

studio all’estero, fondamentali per la propria formazione, non solo in campo biomedico, ma umano.

nel libro non parla solo delle sue passioni scientifiche e professionali, ma anche di quelle personali. L’amore per la sua famiglia, innanzitutto, ma anche per la montagna. Che cosa insegna la montagna?

La montagna insegna innanzitutto a darsi degli obiettivi e a sopportare la fatica. Ma insegna anche a cambiare strada e ad ammettere che a volte è meglio fermarsi, per esempio per le condizioni del tempo e della neve.D’altra parte la montagna è anche sempre una sfida. Nel mio piccolo, ogni anno mi do delle sfide. Quest’anno, per esempio, la mia sfida di luglio, con il mio amico Giulio Maggioni – che è anche una bravissima guida – mi ero dato l’obiettivo della Cresta Küffner del Palù, nel Bernina. Sapevo che c’era un passaggio che sarebbe stato molto difficile per me, perché non sono un grande alpinista, perché ho la mia età, perché per il lavoro che faccio non sono abbastanza allenato e perché, per di più, il percorso prevedeva che ci sarei arrivato già stanco dai tratti precedenti. Però mi sono dato l’obiettivo lo stesso e l’ho superato, grazie all’aiuto del mio amico. Ecco, un’altra cosa importante che insegna la montagna è che si va in cordata, che ti dà sicurezza e ti aiuta quando sei in difficoltà.

Questo ci porta a un altro punto su cui Lei insiste molto: l’importanza della collaborazione.

Lo spirito di collaborazione tra colleghi e tra esponenti di diverse discipline è essenziale per l’avanzamento della ricerca, ma non solo. Abbiamo un bisogno disperato che anche i medici imparino a parlare tra di loro e lavorare in rete. In parte questo sta già accadendo. Molti medici di medicina generale già lo fanno, come vedo nell’esperienza del mio medico di famiglia, Davide Lauri, di cui ho grandissimo rispetto e che voglio citare per l’impegno e la dedizione che mette al servizio dei suoi assistiti.Lo stesso si fa in alcuni ospedali, come il mio, dove i singoli casi sono discussi da équipe formate da diversi specialisti che possono apportare un contributo specifico per decidere la soluzione personalizzata più adatta al singolo paziente. In Humanitas abbiamo una grande oncologia, per esempio, ma il paziente oncologico può essere una persona avanti con l’età, che può avere altri tipi di problemi, per esempio cardiaci, renali, polmonari o epatici. Soprattutto a causa dell’invecchiamento della popolazione, è difficile che un paziente che giunge all’osservazione del medico per una malattia come il cancro non abbia anche altri disturbi. Per questo ritengo che lavorare in gruppo al servizio del paziente, e quindi comunicare, sia una dimensione

L'interviSta

Abbiamo un bisogno disperato che i medici imparino a parlare tra di loro e lavorare in rete, e quindi comunicare, al servizio del paziente; è una dimensione imprescindibile della medicina del terzo millennio

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imprescindibile della medicina del terzo millennio.

alla fine del libro, Lei getta il famoso ponte tra le due culture, quella scientifica e quella umanistica, consigliando una serie di letture, di vari generi e argomenti, scientifici e non, che considera imprescindibili. e’ indispensabile che un medico legga, e legga di tutto, romanzi compresi?

Io penso di sì, perché la medicina ha una dimensione imprescindibile di umanità. Lavoro in un istituto che prende il nome proprio da questa idea di umanità, a cui è sottesa la visione del grande medico che lo suggerì, Nicola Dioguardi.La lettura è una componente importante di questa “humanitas”, la stessa humanitas che ci permette di innamorarci – c’è un libro dedicato a mia moglie Nicla, compagna di tutta la mia vita – e di stare in guardia rispetto a quel che ci minaccia. Tra i romanzi che ho citato c’è La peste di Albert Camus, che mi ricorda il vecchio motto ecclesiastico: “Estote parati”. Non possiamo cullarci con l’illusione di essere al sicuro: ci sono molti vecchi e nuovi microbi che viaggiano, accanto al preoccupante dilagare di resistenze agli antibiotici. C’è una proiezione del governo del Regno Unito secondo cui tra trent’anni potremmo avere 30 milioni di morti da batteri resistenti alle cure. Non possiamo farci cogliere impreparati.

ancora a cavallo delle due culture, Lei racconta di come, nelle sue lezioni e presentazioni, usa alcuni quadri per spiegare i principi dell’immunologia e, più in generale, della medicina.

Come mai ha scelto questo strumento di comunicazione?

Permettendomi di condividere con chi ascolta la mia passione per la pittura, molti pittori mi aiutano a trasmettere un messaggio in un modo molto più accattivante di quello che saprei fare io, con grafici e tabelle. Per esempio, Segantini dipinge un volto molto bello di una persona probabilmente destinata a morire di tisi. Questo ci ricorda che su questo pianeta un terzo delle persone è portatore del micobatterio della tubercolosi. Nella maggior parte dei casi questo è tenuto sotto controllo dal sistema immunitario, ma dieci milioni di queste persone si ammalano e più di un milione muore ogni anno per questa malattia, che ci eravamo illusi fosse superata. Al contrario, ancora oggi è un problema di salute globale che non riguarda solo la parte più povera del mondo. L’umanità si è data l’obiettivo di ridurre del 90 per cento la mortalità per tubercolosi entro il 2030, ma non potremo raggiungere questo traguardo se non capiremo l’immunologia della tubercolosi

in modo da riuscire a produrre un vaccino efficace. Segantini mi aiuta a dire tutte queste cose. Allo stesso modo il Beato Angelico, come altri pittori della stessa epoca, raccontano il miracolo dei Santi Cosma e Damiano, quello che è considerato il primo trapianto. Ecco, mi piace ricordare che noi medici e ricercatori, grazie alla scienza, facciamo quello che era considerato un miracolo perché va, in un certo senso “contro natura”.Ancora, in questo periodo a Milano c’è una mostra di Hokusai, simboleggiata dalla famosa onda riprodotta anche sulla copertina della cartella in cui tengo i lavori da leggere. Hokusai mi affascina perché è un uomo che ha cambiato nome più volte nella vita: anche come medici dobbiamo imparare e reimparare la nostra scienza e la nostra arte, perché le conoscenze che abbiamo appreso diventano vecchie e dobbiamo imparare da questo grande pittore giapponese a reinventarci continuamente.

The Great Wave off Kanagawa di Katsushika Hokusai fonte:WiKiPeDia,httPs://goo.gl/smh9Va

Bisogna reinventarci continuamente perché le nostre conoscenze diventano vecchie

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CLiniCommedia

Una questione di clisma

ieri 1975settembre

TEMPO MEDICO

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rileggere casi clinici di alcuni decenni fa pubblicati sulla rivista Tempo Medico (edizioni edra), illustrati dalla mano di Crepax, e vederli con gli occhi di oggi. Leggete “Clinicommedia ieri” poi voltate pagina e vivetela oggi

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CLiniCommedia

Una questione di clisma…e di progressi della medicina

oggi

inCidenza

La frequenza di comparsa del carcinoma del colon-retto è in netto incremento. Siamo ormai a circa 50.000 nuovi casi all’anno nel nostro Paese e questo per svariati motivi:

• persistenza e anzi aggravamento delle cause alimentari (dieta povera di fibre vegetali e di frutta ed eccessivamente ricca di carni, soprattutto rosse e lavorate) e metaboliche (obesità, correlata anche a ridotta attività fisica) di tale affezione. L’alimentazione di stampo occidentale, ricca spesso anche di grassi e carboidrati, appare ancora quella preferita da un’ampia parte della popolazione, nonostante le varie mode vegetariane o addirittura vegane, di cui molto si parla (anche a sproposito). Anche una sana attività fisica sembra proprio riguardare una quota decisamente minoritaria della popolazione, anche se è quella molto visibile praticata dalle giovani donne e dai baldi giovanotti che ci superano di corsa ogni giorno nei parchi

cittadini e sulle spiagge dei nostri mari. Aumento dell’età media: il carcinoma del grosso intestino aumenta vertiginosamente in incidenza con il progredire dell’età;

• effetto dello screening di popolazione, condotto con la ricerca del sangue occulto fecale nei soggetti tra i 50 e i 70 anni: dove l’adesione ai programmi di diagnosi precoce è rilevante, come per esempio in Lombardia, l’incremento dei casi, almeno per un certo numero di anni, è più rilevante;

• effetto dello screening più aggressivo (per esempio, con colonscopia e con inizio in età decisamente più giovanile) in popolazioni particolarmente a rischio, quali i portatori di sindromi ereditarie (poliposi familiare, sindrome di Lynch, eccetera) e, appunto, di retto-colite ulcerosa, a loro volta sempre più spesso diagnosticate grazie a programmi di screening universale a partire dai soggetti affetti da carcinoma del colon-retto.

modifiCa deL QUadro CLiniCo di PreSentazione

Sta aumentando l’incidenza di casi che colpiscono il genere femminile e di quelli che compaiono a carico del colon ascendente, con risvolti importanti a livello prognostico (sopravvivenza significativamente inferiore a destra) e probabilmente anche predittivo (risposta

differente ai vari agenti farmacologici).

diagnoStiCa Più effiCaCe

Basti pensare all’utilizzo su vasta scala dell’endoscopia digestiva e della TAC, del tutto agli albori 40 anni fa, per comprendere come certe “elucubrazioni” diagnostiche, oggi, non siano più possibili o giustificate.

aPProCCi ChirUrgiCi Più effiCaCi e meno invaSivi

Ricordiamo solo il crescente spazio che sta occupando la chirurgia laparoscopica o mininvasiva per le neoplasie primitive del colon (in mani esperte, risultati del tutto sovrapponibili a quelli della chirurgia “in aperto”) al prezzo di una minore morbilità. Va citato anche il ruolo sempre più evidente della resezione (chirurgica o con varie metodiche ablative) delle metastasi epatiche e anche polmonari e, su un versante certamente di alta specializzazione e di necessità di accurata selezione dei pazienti, quello delle metodiche di peritonectomia, di regola accompagnata da chemioipertermia nella cavità addominale.

ProgreSSi neLLa teraPia mediCa antitUmoraLe

Allora il trattamento farmacologico comprendeva praticamente il solo 5-fluouracile, o 5FU, “condito

CommentoaCuraDiroBerto LaBianCa DirettoreCancerCenter,ospedalePapagiovanniXXiii,bergamo

davvero in questa patologia gli anni non sono passati invano. Proviamo a vedere che cosa è successo dal 1975 a oggi

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in tutte le salse”, ma con risultati modesti nella fase metastatica (sopravvivenza mediana inferiore a 1 anno) e praticamente nulli in setting adiuvante (quando somministrato dopo intervento chirurgico radicale allo scopo di ridurre il rischio di ripresa di malattia nei pazienti a maggior rischio di ricaduta). Oggi abbiamo solidi dati a favore di un trattamento chemioterapico adiuvante con 5FU, acido folinico e oxaliplatino per un periodo standard, almeno per ora, di 6 mesi. In fase metastatica disponiamo di almeno una decina di farmaci, sia chemioterapici (tra i quali, manco a dirlo, il solito 5FU) sia biologici, che, somministrati con sapienza e discernimento, permettono di realizzare un continuum of care in grado di offrire al paziente un’attesa mediana di vita intorno ai 3 anni, con livelli molto più elevati in popolazioni particolarmente selezionate su base clinica e soprattutto molecolare.E’ proprio il vertiginoso progresso nella caratterizzazione molecolare che oggi ci consente di personalizzare il trattamento nei nostri pazienti, alla ricerca del miglior trattamento per il singolo ammalato… e sta arrivando anche l’immunoterapia, anche se proponibile a una ridotta percentuale di pazienti.

e iL noStro Paziente?

L’attenzione diagnostica e terapeutica nei confronti della retto-colite ulcerosa si è molto accentuata negli ultimi decenni. Oggi vengono rilevati casi in maggior numero e la terapia moderna, includente anche l’utilizzo di farmaci biologici, è

in grado di “spegnere” la malattia in una percentuale significativa di casi, allontanando e riducendo il rischio della transizione verso la neoplasia. Certamente oggi un paziente con questa patologia non verrebbe sottratto a uno stretto

monitoraggio endoscopico e a un approccio chirurgico il più possibile precoce e conservativo, con l’impiego delle altre terapie (farmacologiche, anzitutto) a seconda dello stadio e della evoluzione di malattia.

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1954QUeStione di eLezioni

Nel 1954 gli iscritti sono 4.935 e pagano una quota associativa di 4.000 lire. L’anno inizia con l’indizione, secondo legge, dell’Assemblea ordinaria per il 31 gennaio, nonostante la comunicazione, inviata dall’Alto Commissariato Igiene e Sanità ai Prefetti, con la quale si dispone che gli Ordini sanitari soprassiedano alle elezioni in considerazione di una proposta di legge in base alla quale i consigli ordinistici avrebbero avuto non più durata biennale ma triennale.

Storia e Storie ugogarBarini

tra elezioni, codice deontologico e medaglieal valore militare

il 1954 parte con il rinnovo dei Consigli direttivi degli ordini dei medici ma è l’anno del Codice deontologico di frugoni, che andrà poi cambiando nel tempo fino all’attuale; enrico reginato viene insignito della medaglia d’oro al valor militare e trieste torna all’italia.

Il telegramma è esplicito: “Con disegno di legge in corso viene prorogata al 31 dicembre 1954 la durata in carica dei Consigli direttivi degli Ordini dei medici, dei farmacisti, dei veterinari […] pregasi (sic) pertanto Presidenti Ordini e Collegi di soprassedere a indizione di elezioni per rinnovo incarico”.Ma l’Assemblea del 31 gennaio ha votato per rinnovare subito i Consigli direttivi. La procedura è strana e sembra andare al di là dell’autonomia e dell’indipendenza dell’Ordine. Oscuro è il motivo

per cui il presidente demanda all’Assemblea la decisione di fare subito le elezioni o di differirle e meno chiara la votazione di questa a favore “della durata biennale” del Direttivo. Volontà di rapido ricambio? Sembra uno strano gioco di scarica-barile quando si comunica al Prefetto: “[…] Il Consiglio direttivo […] pur senza respingere di propria iniziativa l’invito dell’Alto Commissario […] ha deliberato di deferire ogni decisione in merito

Il monoscopio della RAI, che i primi giorni del 1954 andò in onda, decretando l’inizio della televisione italiana.

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all’Assemblea ordinaria […]” e ancora “[…] avendo la suddetta Assemblea deciso a forte maggioranza e con l’astensione dei membri del Consiglio in carica di procedere alle elezioni […] si ha l’onore di comunicare […]” che queste avverranno, a termine di legge, il 27 e il 28 febbraio 1954 in ossequio alla legge tuttora vigente (art. 14 del d.l. 13.11.1946).Nella circolare dell’Ordine si cita l’art. 14 del Regolamento del 5 aprile 1950 n° 221, secondo il quale “[…] a ogni biennio, nel mese di gennaio andava convocata l’assemblea degli iscritti per l’elezione del Consiglio”. Era prevista anche la votazione per posta, con schede inviate entro le ore 24 di venerdì 26 febbraio 1954, in busta chiusa con il nominativo del mittente e con firma autenticata. L’unico che supera, in prima convocazione, il quorum è Marcora. Gli altri saranno scelti il 28 marzo seguente al ballottaggio.Per il biennio 1954-55, presidente ancora Marcora. Tra gli eletti, Cattabeni, Cellina, Crosti, Galeazzi, Malcovati, Redaelli e Riquier; seguono Scotti, Del Forno, De Francesco, Spinelli, Zoli, Zuccardi e Merli. Non è ancora prevista la figura del vicepresidente. Operazioni elettorali inutili con perdita di tempo e denaro perché i Consigli direttivi, prorogati o eletti, decadranno il 31 dicembre 1954. E, per ironia, sono elezioni che hanno registrato un aumento del numero dei partecipanti. A pensar male…Il Bollettino dà rilievo a una polemica con risposta

e contro risposta sul Giuramento dei medici, quest’ultima titolata: “Non è pura accademia il giuramento dei medici”. L’imperante scetticismo ha tolto una delle più significative cerimonie all’Ordine che, non lo dimentichiamo, è il custode dell’etica professionale, i cui principi sono enunciati nella formula del Giuramento. Durante la mia presidenza, non ricordo cerimonia più solenne e più utile per i neoiscritti. Giovani che conoscono finalmente il proprio Ordine, che non è solo un dispensatore di certificati, ma che offre servizi necessari a chi inizia una carriera oggi sempre più complicata. Non ricordo ascolto più interessato sui pericoli da evitare nella professione, sui comportamenti da tenere, sul fatto che solo all’Ordine i neolaureati avrebbero potuto trovare chi, per ufficio e per esperienza, poteva guidarli nelle prime e nelle successive tappe lavorative.

L’avvento deL CodiCe deontoLogiCo

Per restare nel tema, nell’anno in corso è dato alle stampe il Codice deontologico, nato sotto la guida del professor Cesare Frugoni, composto da 108 articoli, sintesi attualizzata dello jusjurandum ippocratico. Tanti altri ne seguiranno. Questo si distingue perché, nel rapporto che si va a normare, da una parte c’è il medico dall’altra il cliente. Il ’68 è ancora lontano e l’accezione di questo sostantivo, di poi demonizzato, è quella riferita a una persona che accede abitualmente a un professionista per averne consigli o altro.

Nell’estate di quell’anno una spedizione alpinistica italiana raggiungeva per la prima volta il K2. fonte:WiKiPeDia,httPs://goo.gl/fyQtbZ

Il codice deontologico del 1954, ancora lontano dal ‘68, si distingue perché parla di medico e di cliente

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Arriverà il tempo del cittadino, dell’utente, del fruitore, dell’individuo, della persona assistita e, nel progetto dell’ultimo, sembra si torni (forse) a parlare di paziente ma solo se si riferisce a cittadino malato. Ma ancora per poco perché l’ultimo, quello del 2014 ma aggiornato nel 2016, oscilla tra la definizione di assistito o di persona. Comunque, mai più cliente. Questi sono i gravi problemi che assillano i componenti della Federazione ieri come oggi.All’art. 53 del codice di Frugoni si comminano guai per coloro che espongono al malato una prognosi grave che gli può essere legittimamente nascosta. Siamo all’ottocentesca benevolent deception (Code of medical ethic, della Associazione medica americana del 1847) seguita poco tempo dopo dalla truth telling (1849, Hooker). Concetti che da noi verranno elaborati e accettati solo nel secondo dopoguerra e che troveranno malati e medici impreparati, soprattutto questi ultimi, nelle tecniche di comunicazione con gli squassi psicologici conseguenti. E’ timidamente introdotto il concetto di consenso (art. 58) da esprimere prima di intraprendere ogni atto invasivo. E’ proibito al medico di ridurre gli onorari a scopo concorrenziale. Per inciso, questo è risultato dell’opera di perditempo, sofisti ideologizzati, in grado di dividere un concetto in sottomultipli, la stessa parola in tante. La fiera dell’inutile verbosità. Aria fritta. L’esposizione della deontologia professionale si riduce in un minuettare continuo con parafrasi edulcoranti il concetto del dovere: il predicato verbale “deve” scompare, come se il comportamento del medico debba essere del tutto discrezionale.

Una medagLia d’oro aL vaLor miLitare

Per riportarci al 1954, è conferita la medaglia d’oro al valor militare al colonnello medico Enrico Reginato che ebbi la fortuna di conoscere durante la mia breve carriera militare presso l’Ospedale di Padova. Nella motivazione, si respira aria antica: “Ufficiale medico di battaglione alpino per undici anni di prigionia fu, quale

medico, apostolo della sua umanitaria missione e, quale ufficiale, fulgido esempio di fiero carattere, dirittura

morale, dedizione alla Patria lontana e al dovere di soldato. Indifferente al sacrificio della

propria vita si prodigò instancabilmente nella cura dei colpiti da pericolose forme epidemiche fino a rimanere egli stesso gravemente contagiato. Con mezzi di fortuna, che non gli offrivano le più elementari misure precauzionali, non esitò ad affrontare il pericolo

delle più gravi infezioni pur di operare e di alleviare le sofferenze dei malati e

dei feriti affidati alle sue cure. Sottoposto, per la sua fede patriottica e per l’attaccamento

al dovere, prima alle più allettanti lusinghe e, subito dopo, a sevizie, minacce e dure punizioni, non venne mai meno alla dignità e alla nobiltà dei suoi sentimenti di sconfinato altruismo, altissimo amor di Patria, incorruttibile rettitudine, senso del dovere. Russia 1942-54”. Trieste torna all’Italia. Questa è la giusta notizia che segue quella del dott. Enrico Reginato, lui reduce dall’Unione Sovietica noi, qui, impantanati nelle nostre meschinità. Molti anni dopo, a Trieste, ufficiale medico in Piemonte Cavalleria, era motivo di continua meraviglia il grande patriottismo dei triestini. Umberto Saba così lo giustificava “il figlio di una terra di confine vive la propria nazionalità con una passione che i suoi connazionali stentano a capire, sicché egli, deluso nel suo amore che non gli sembra mai abbastanza corrisposto, finisce per considerarsi il vero e legittimo rappresentante della sua nazione, più di coloro per i quali essa è un dato pacificamente acquisito”.Per gli ospedalieri, i cui stipendi allora erano veramente miseri, si avanza la proposta di escluderli dal “mercato” delle mutue. Non ce la faranno e sarà necessario l’intervento, nei tempi che verranno, di una virago qual è Rosy Bindi per chiuderli tra le mura nosocomiali. L’Assemblea dell’Ordine è fissata per il 4 novembre 1954. Sempre di attualità la vertenza medici-INAM per cui ci si prepara per la prossima agitazione che è proclamata con un titolo in grassetto, in cui si afferma che “I medici di Milano e Provincia rompono ogni rapporto con l’INAM”.

Storia e Storie

fonte:DinoClaDor,WiKiPeDia,httPs://goo.gl/oePCnQ

Il predicato verbale “deve” scompare, come se il comportamento del medico debba essere del tutto discrezionale

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414 . 2016

angeliCagiamBeLLUCa

tre chilometridi storia della medicina

il 16 novembre scorso è stata inaugurata la Biblioteca di storia della medicina del Policlinico di milano, una miniera di volumi, alcuni molto preziosi, a carattere medico di tutta europa la cui raccolta è iniziata nel Xv secolo e continua tuttora

Per raggiUngerLa bisogna scendere un paio di piani. Per entrarvi si digita un codice segreto, in mano a pochi e gelosamente custodito. E’ la Biblioteca di storia della medicina del Policlinico di Milano, la più preziosa collezione di volumi a carattere medico di tutta Europa. Tre chilometri di scaffali che racchiudono centomila volumi editi tra la fine del XV secolo e la seconda metà del XX secolo e inaugurata lo scorso 16 novembre: un lavoro corposo di classificazione e sistemazione per aprire agli studiosi un patrimonio scientifico e storico inestimabile. A fare da guida è Paolo Galimberti, direttore dei Beni culturali della Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico, che trattiene a stento l’emozione in questo tour organizzato in esclusiva per InFormaMI e realizzato a pochi giorni dall’inaugurazione.

Una Sede PreStigioSa Per LiBri rari

La biblioteca si trova nell’antico ospedale sforzesco, il nucleo originario dell’attuale Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico, dove si trova anche l’Archivio storico del Policlinico (vedi a pag. 43). Ci si aspetta un ambiente classico, scaffali altissimi, scale in legno, libri a perdita d’occhio, lunghi tavoli in noce per una libera consultazione, luci soffuse. Ma non c’è nulla di tutto questo. C’è invece un lungo corridoio, alla destra del quale, in fila, si allineano scaffali chiusi, bianchi. Tutto è protetto, gelosamente custodito. Perché qui, in effetti, c’è un tesoro da custodire.

Illustrazione tratta dal De humani corporis fabrica di Andrea Vesalio (1543).

Sopra, Paolo Galimberti con il registro dei pazienti ricoverati al Policlinico, del 1920.

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42 InFormaMI

Storia e Storie

E dunque, dove sono i libri? Davanti a questi armadi chiusi sono disposte manopole nere. Galimberti gira la prima, et voilà: il primo scaffale si apre e ci svela i suoi tesori. “Dobbiamo proteggere i volumi dall’umidità” spiega Galimberti al mio sguardo interrogativo. In un armadio a parte vengono conservati i volumi più preziosi o per via dell’edizione e dell’epoca o della loro rarità o interesse specifico. Ogni libro è prezioso non solo per il suo contenuto, ma è esso stesso una testimonianza storica: la qualità della carta, i materiali, l’inchiostro utilizzato, raccontano la storia di un’epoca. Tra questi libri ecco l’edizione milanese del 1627 del De lactibus sive lacteis venis di Gaspare Aselli (cui è dedicata una via a Milano in Città Studi), scopritore del sistema linfatico che contiene una bellissima tavola dei vasi chiliferi, considerata la prima illustrazione a colori in un libro di medicina. Impilato poco sopra appare la seconda edizione veneziana del De humani corporis fabrica di Andrea Vesalio (1543) in ottimo stato di conservazione e con illustrazioni del corpo umano sulle quali si sono formate generazioni di medici, svolta storica del pensiero medico, visto che per la prima volta si descriveva ciò che si osservava sul tavolo anatomico e non ciò che si insegnava nei libri degli antichi maestri, da Ippocrate ad Aristotele. Del secolo precedente è il De virtutibus herbarum, un compendio sulle proprietà officinali delle piante del 1482, con relative illustrazioni e indicazioni d’uso. Il volume più antico conservato nella Biblioteca del Policlinico è di qualche anno prima, del 1476, ed è il Medicinale opus excellentissimum di Bartolomeo Montagnana, del 1476.

Una BiBLioteCa StoriCa e viva

Dal XV secolo il Policlinico ha continuato e continua ad acquisire volumi, è una biblioteca storica ma è anche in continua evoluzione. La sua inaugurazione segna anche l’epilogo felice di una storia tormentata: durante la seconda Guerra Mondiale, nel 1943 i volumi furono trasferiti in una sede periferica nella campagna milanese per evitarne la distruzione durante i bombardamenti; successivamente la Biblioteca fu spostata all’Ospedale Niguarda. Negli anni ’80 fu trasferita in nuovi spazi e finalmente, dopo 73 anni, è tornata a casa. Mentre gira le manopole e scopre gli scaffali affollati dai libri, Galimberti racconta che la Biblioteca si è

sviluppata per accrezione, accogliendo anche altre raccolte giunte per donazioni o per fusioni con altre aziende ospedaliere: “Qui sono confluite la biblioteca della Clinica ‘Luigi Mangiagalli’, creata nel 1906, la biblioteca della Farmacia ospedaliera, e quella della Fondazione ‘Mario Donati’, nel 1973. Riceviamo molte donazioni anche da parte di singoli medici: per esempio, Luigi Pisani ha donato alla biblioteca tutti i suoi volumi di ambito urologico e i filmini in pellicola”. Così dicendo Galimberti estrae una piccola pizza con sopra l’etichetta “Prostatectomia retropubica del prof. Luigi Pisani”. Mentre ripone con delicatezza i volumi che ha appena mostrato, il direttore dei Beni culturali ripercorre velocemente la storia dell’Ospedale Maggiore che si intreccia alla nascita delle Biblioteca. Nel 1456 il duca di Milano Francesco Sforza fondò la Magna Domus Hospitalis (Ca’ Granda), un nosocomio dedicato all’Annunciata: “Fino al termine dell’Ottocento l’Ospedale Maggiore era l’unico ospedale di Milano” spiega il direttore “poi tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo nacquero altri ospedali legati al Maggiore, come il Niguarda, il San Carlo e il nosocomio di San Donato. Realtà che diventarono indipendenti negli anni 70’ del Novecento”. La Biblioteca nasce come iniziale raccolta di volumi utili per la formazione dei medici della Ca’ Granda: i dottori erano obbligati a frequentare la biblioteca per aggiornarsi. Nel 1846 diventerà la Biblioteca ufficiale dell’Istituto raccogliendo i volumi già presenti e quelli del dottor Carlo Dell’Acqua, che oltre a donare la propria raccolta di volumi medici lasciò anche un capitale da usare per incrementare la collezione.

non SoLo LiBri di mediCina

Oltre ai volumi strettamente medici, si scoprono altre chicche che raccontano la storia di Milano e della Lombardia, come il Congresso notturno delle lammie di Girolamo Tartanotti (1749) in cui viene affrontata, discussa e smentita l’esistenza delle streghe. O ancora, il Registro dei giustiziati, curato da Serafino Biffi e che tiene traccia delle esecuzioni capitali effettuate a Milano dal 1491 al 1740. Tra queste pagine si leggono le esecuzioni di personaggi divenuti famosi grazie al Manzoni, come il presunto untore Guglielmo Piazza e il

Illustrazione tratta dal De humana physiognomonia di Giovanni Battista Della Porta (1586).

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434 . 2016

barbiere Gian Giacomo Mora che gli avrebbe fornito l’unguento venefico, pestilenziale, giustiziati ai tempi della peste del XVII secolo come raccontato nella Storia della colonna infame e nei Promessi Sposi.

iL CataLogo in internet

La Biblioteca da oggi sarà quindi aperta agli studiosi che potranno fare richiesta dei volumi a scopo di ricerca e studio: “Sono orgoglioso di poter rendere ancora più fruibile il nostro patrimonio culturale” afferma Marco Giachetti, presidente della Fondazione Ca’ Granda Policlinico “in un percorso che punta a

Un patrimonio oltre la biblioteca

angeliCagiamBeLLUCa

Il policlinico vanta un Archivio storico prezioso, una quadreria con oltre 2.800 opere e una raccolta di strumenti medici più o meno antichi. Un patrimonio unico che potrebbe diventare un museo trasversale in cui storia di Milano e storia della medicina si intrecciano e si fondono. Paolo Galimberti, direttore dei Beni culturali della Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico, risponde alle nostre domande.

L’archivio storico si può considerare la più completa memoria storica della Lombardia?

E’ difficile competere con archivi di Stato come quelli di Milano e Mantova, ma l’archivio del Policlinico, oltre ad avere un’estensione che lo colloca tra i primi posti (circa 3.000 metri lineari di scaffali) offre una documentazione storica (dall’anno 1067 a oggi) e geografica che abbraccia quasi tutto l’antico Stato di Milano e diverse discipline: oltre alla storia della medicina e dell’assistenza, vi è la storia dell’arte, dell’economia, delle famiglie, del paesaggio e della moda.

Quali sono i documenti più preziosi?

L’atto di fondazione dell’Ospedale del 1456 sottoscritto da Francesco Sforza

e l’approvazione pontificia del 1458. Il testamento del 1313 di Bonvesin de la Riva, celebre letterato e grammatico milanese del XIII secolo, il curioso testamento di Luca Riva, redatto con vignette nel 1624. E poi un autografo di Giacomo Leopardi, uno di Giuseppe Parini e due di Napoleone Bonaparte.

il sistema di catalogazione nato nel 1600 è ancora usato oggi?

Rispondo citando Oscar Wilde “la tradizione è un’innovazione ben riuscita”. Di fatto è l’architettura logica di classificazione che funziona, perché è costruita sulle funzioni proprie dell’Ente: è come avere delle fondamenta solide su cui è facile innestare i necessari adeguamenti.

La sala dell’archivio storico non è mai stata restaurata: per questo motivo l’accesso al pubblico è molto limitato?

Esattamente. L’archivio, contenuto in un edificio seicentesco rimasto intatto, è accessibile solo su appuntamento agli studiosi per la consultazione, ma non al grande pubblico. Solo in rare occasioni si effettuano visite straordinarie, sotto il controllo del personale dell’archivio.

La fondazione riceve opere d’arte in continuazione, la si può definire quindi un museo sui generis?

Ciò che ci distingue da altri musei è che noi non raccogliamo solo manufatti

slegati dal contesto di origine, ma c’è un accrescimento continuo. Per avvicinare il maggior numero di persone abbiamo anche sviluppato un’audioguida con la app gratuita “GiroClinico”, un’audioguida multilingue che in automatico, offline e senza intervento sul dispositivo, riconoscere l’ambiente in cui ci si trova e legge la relativa descrizione, mostrando le immagini corrispondenti ai beni culturali. L’app è disponibile per iOS e Android.

Questo patrimonio artistico inestimabile richiede una gestione scrupolosa, ma le risorse economiche e umane sono adeguate?

Servono competenze e professionalità non sostituibili da volontari e stagisti; purtroppo mancano le risorse per assicurare del personale qualificato e che dia continuità nel tempo agli interventi.

La fondazione vorrebbe realizzare un percorso museale unico che unisca la Biblioteca all’archivio, fino ad arrivare alla Cripta dell’annunciata. di cosa si tratta?

Occorre restaurare l’edificio, concepito dal Richini e decorato dal Volpino. In questo modo si garantirà la possibilità di accesso al pubblico più ampio. L’esposizione di una selezione di opere permetterà la creazione di percorsi ad hoc; ora, tutto sta nel reperire i 6 milioni di euro necessari!

rendere i nostri beni culturali sempre più aperti agli studiosi e ai cittadini”.Il luogo in cui sono custoditi i libri è stato realizzato grazie al contributo di Giancarlo Cesana, ex presidente della Fondazione Ca’ Granda Policlinico e a quello Fondazione Cariplo. La biblioteca è in via Francesco Sforza 28, dove si trova anche l’Archivio storico. Il catalogo digitale delle opere è disponibile al link www.goo.gl/JzV4cy (si inizia con 12mila schede sui 100.000 volumi disponibili) mentre l’accesso alla consultazione dei libri è possibile su prenotazione contattando l’Archivio Storico ([email protected]).

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44 InFormaMI

da Leggere, vedere e aSCoLtare

Folfiri o folfox

a chi è rivolto Ai cultori dell’alternative rock, ma anche al grande pubblico

La band Afterhours, fondata a Milano da Manuel Agnelli a metà degli anni Ottanta. Punto di riferimento della scena alternativa in Italia, ha cambiato diverse formazioni fino a quella attuale.

in breve Folfiri o folfox è la undicesima pubblicazione in studio degli Afterhours. Il titolo è un chiaro riferimento a due schemi chemioterapici per il tumore del colon, ma l’album non è un lamento funebre, malgrado l’atmosfera cupa di fondo. Agnelli parla di sé e ammette le sue debolezze di uomo e di artista. Racconta gli ostacoli incontrati dopo la malattia del padre, di come li ha superati dopo aver pensato di non riuscirci mai. Rispetto a precedenti lavori, l’impronta di Manuel concede spazio a quella dei colleghi, musicisti tecnicamente perfetti e senza dubbio molto ispirati. Iriondo spazia dalle chitarre al mahai metak, D’Erasmo alterna melodie classiche ad archi distorti ad arte e Dell’Era offre col suo basso la consueta solidità alla base ritmica. Bene anche i nuovi Pilia e Rondanini. Il primo, già in forze ai Massimo Volume, sostituisce Ciccarelli alla chitarra portando in dote nuove sfumature cromatiche senza snaturare l’anima Afterhours, mentre il fondatore dei Calibro 35 riesce a non far rimpiangere Prette alla batteria.

Commento L’album scorre fluido tra le curve tematiche e musicali imposte da Agnelli, passando da ballate come Né pani né pesci al noise rock di San Miguel o Cetuximab, da testi immersi nel ricordo, quale L’odore della giacca di mio padre, a gridi di speranza rivolti al futuro. Peraltro, alcuni testi, meno personali, sembrano ammiccare eccessivamente al pubblico.

L’album in una canzone Se io fossi il giudice è la traccia conclusiva dell’album, il porto a cui Agnelli approda. È l’ammissione di colpa di un uomo che si è accorto solo a cinquant’anni di aver vissuto per accontentare gli altri, ma anche la presa di coscienza definitiva, un punto di rinascita. E’ la canzone che toglie i dubbi e rende Folfiri o folfox un’opera legata più alla speranza che al lutto.

Conoscere per accettare la sindrome di Down

a chi è rivolto Alle famiglie di persone con sindrome di Down, ma anche al grande pubblico che conosce poco questa realtà e può fare molto per migliorarla.

Gli autori Umberto Formica è primario emerito di Pediatria dell’Ospedale dei Bambini Vittore Buzzi di Milano e da oltre 15 anni è referente per gli aspetti medico-pediatrici dell’Associazione genitori e persone con sindrome di Down (AGPD-ONLUS) di Milano.

in breve Questo volume affronta la sindrome di Down dal punto di vista sociale. L’integrazione di queste persone, che oggi possono raggiungere anche i 60 anni di età, è una priorità e i familiari di chi è affetto

si preoccupano sempre più di questo aspetto, oltre che di quello medico. Il libro evidenzia infatti il punto di vista dei genitori di persone con sindrome di Down, figli speciali la cui vita sarebbe molto più semplice se la società imparasse ad accettare il diverso. Formica sollecita i medici che lavorano a stretto contatto con queste persone ad avere un approccio e una formazione mirata, per consigliare e comunicare in modo oggettivo con le famiglie e avere

un’attitudine positiva per lo sviluppo delle potenzialità di queste persone.

Commento Il volume affronta un tema di cui si parla troppo poco, offrendo diversi spunti di riflessione ma soprattutto mettendo in luce la ricchezza di queste persone, non più casi clinici ma individui in grado di cambiare e migliorare la vita di chi entra in contatto con loro. Il libro tocca diversi aspetti, senza però approfondirli. Sarebbe stato utile riportare storie di integrazione condotte e vissute con successo.

il libro in una frase “Nessuno pensa che tu, figlio con trisomia 21, sai benissimo difenderti da solo se ti rendi conto che qualcuno, oltre ogni limite, ti ama. Chi è il più forte? Noi adulti che ti siamo vicini o tu che pian piano fai emergere in noi energie che non sapevamo di avere?”

Titolo Folfiri o folfox

Autore Manuel Agnelli

Musicisti Manuel Agnelli (voce), Xabier Iriondo (chitarra), Roberto D’Erasmo (archi), Stefano Pilia (chitarra), Roberto Dell’Era (basso), Fabio Rondanini (batteria)

Etichetta Universal Music Group

Produzione Tommaso Colliva, Manuel Agnelli

Pubblicazione 10 giugno 2016

Album, durata doppio, da 18 tracce, 62’32’’

Singoli Il mio popolo si fa; Non voglio ritrovare il tuo nome; Se io fossi il giudice

Titolo Un tuffo nella vita delle persone con sindrome di Down o trisomia 21

Autore Umberto Formica

Formato Cartaceo, 106 pagine

Editore CIS Editore

Anno 2016

Prezzo 14,00 euro

da aSCoLtareda Leggere

humangenomelanDmarKs:seleCteDgenes,traits,anDDisorDers”Poster,2002.(genegateWay),humangenomeProjeCt(1990-2003)

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454 . 2016

Concussion: un duro colpo, anche per la NFL

a chi è rivolto Un film per il grande pubblico che incontrerà il favore degli addetti ai lavori (medici dello sport e dirigenti sportivi).

il regista e il cast Peter Landesman, regista e sceneggiatore statunitense, dirige un cast prestigioso che vede Will Smith attore protagonista e Alec Baldwin, David Morse, Albert Brooks, Gugu Mbatha-Raw attori non protagonisti.

in breve Una storia vera che negli Stati Uniti ha fatto tremare la National Football League (NFL). Il neuropatologo Bennet Omalu (Will Smith) riscontra all’autopsia di un ex giocatore di football americano, che negli ultimi anni di vita ha manifestato amnesia, depressione e una forma di demenza, un’encefalopatia cronica riconducibile ai ripetuti traumi della carriera sportiva. I gravi disturbi neurologici e le lesioni cerebrali vengono successivamente confermati in altri atleti, ma il medico deve difendersi dai tentativi di insabbiamento della Lega prima di far giungere la sua denuncia alla comunità scientifica e al mondo intero.

Commento Il film combina il giusto rigore scientifico con l’appassionata ricerca della verità. Il tema è di grande attualità e ha il merito di sensibilizzare ai rischi legati alla pratica dell’attività sportiva in condizioni di non totale sicurezza. Il pubblico ha da pochi mesi rivisto con emozione le immagini di Muhammad Alì vittima del morbo di Parkinson post traumatico. Gli esperti di medicina dello sport sanno che i dati disponibili individuano tra le discipline più a rischio il rugby, l’hockey e il football americano. Ma è incriminato anche

il colpo di testa del calcio, tanto che recentemente la United States Soccer Federation ha modificato le

regole di gioco per le categorie giovanili, vietando questo fondamentale sotto gli 11 anni di età. Il

ritmo, scandito dall’attività di inchiesta, risulta nell’insieme un po’ lento.

il film in una scena Il solo apparente lieto fine: Bennet Omalu, tornando a casa dopo essere riuscito a far sapere al mondo la verità, si ferma a guardare alcuni ragazzi in un campo di football e assiste a uno scontro violentissimo.

Un esempio di quale sia, spesso, il prezzo dell’indifferenza

a chi è rivolto A chi vive in Europa, come residente o migrante.

il regista e il cast Jean-Pierre Dardenne e Luc Dardenne, apprezzati cineasti belgi, fanno dell’ambulatorio medico della periferia di Liegi, dove lavora la protagonista (la francese Adèle Haenel), un microcosmo caratterizzato dal disagio esistenziale e dallo svantaggio sociale.

in breve Jenny Davin è un giovane medico di medicina generale troppo severa, specie con se stessa. Una sera una giovane donna di colore suona fuori orario all’ambulatorio. Per scelta di Jenny, la porta non si apre e di quella giovane restano il corpo senza vita sull’argine del fiume e il volto che chiede aiuto al videocitofono. Oppressa dal senso di colpa, la dottoressa rinuncia al successo professionale e si improvvisa investigatrice per dare un nome a quel volto che porta con sé, fotografato sul cellulare, e mostra a chiunque.

Commento “Affinché le persone non muoiano senza un nome e non scompaiano dalla nostra memoria, dalla nostra umanità” questo è l’appello dei fratelli Dardenne, raccolto da Croce rossa italiana e dall’Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM) che sostengono il film. Ancora una volta, come già per Fuocoammare, il film-documentario di Gianfranco Rosi che dopo aver vinto l’Orso d’Oro, rappresenterà l’Italia agli Oscar, il dramma dei migranti è proposto attraverso lo sguardo di un medico. Se si può concedere alla giovane dottoressa il dilettantismo come detective, alcune violazioni della buona pratica sono imperdonabili: fuma per quanto non in pubblico, indossa raramente i guanti durante prelievi e medicazioni (e in più li tiene mentre maneggia il cellulare) e soprattutto non porta mai il camice. Tocca non badare ai dettagli e apprezzare il significato metaforico.

il film in una scena Il dialogo tra Jenny e l’anziano medico condotto riflette in due battute le diverse posizioni sul problema, tra coinvolgimento “Se le avessi aperto la porta, sarebbe viva come me” e indifferenza “Non l’hai mica uccisa tu”.

Titolo Zona d’ombra (titolo originale Concussion)

Regista e sceneggiatore Peter Landesman

Produzione Columbia Pictures, Scott Free Productions, The Shuman Company, Village Roadshow Pictures

Anno 2015 (nelle sale italiane dall’aprile 2016)

Durata 123 minuti

Titolo La ragazza senza nome(titolo originale La Fille inconnue)

Registi e sceneggiatori Jean-Pierre e Luc Dardenne

Produzione Jean-Pierre e Luc Dardenne, Denis Freyd

Anno 2016 (nelle sale italiane da ottobre 2016)

Durata 113 minuti

©stoCKunlimiteD.Com

da vedere da vedere

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46 InFormaMI

SmartFaD

La strada della formazione a distanzaProSegUe la formazione

a distanza di InFormaMI del programma SmartFAD, che riflette il molteplice significato del termine inglese “smart”, ormai entrato anche nel dizionario italiano: “elegante, alla moda, sveglio, intelligente, abile, furbo, brillante, spiritoso, forte, secco, rapido, veloce, grande, considerevole” secondo il dizionario della lingua italiana Garzanti.Di tutti questi significati quelli che caratterizzano SmartFAD vogliono essere – senza pretese – intelligente, brillante e veloce. Intelligente perché con SmartFAD si vuole offrire una modalità di formazione che possa essere svolta in qualunque momento, riprendendola al punto in cui si è lasciata, e in qualunque luogo; brillante perché quando si svolge un corso FAD il rischio è la noia e Smart propone un modello formativo centrato sui casi per coinvolgere l’utente; veloce perché SmartFAD propone corsi brevi, della durata di due ore con due crediti ECM, scelta questa che va incontro alle esigenze espresse da molti colleghi che non apprezzano corsi di formazione a distanza troppo impegnativi in termini di tempo da dedicarvi.Questa seconda uscita di Smart FAD è dedicata all’influenza, un tema “di stagione” con un richiamo altrettanto attuale al vaccino antinfluenzale e al nuovo Piano Nazionale della Prevenzione Vaccinale che riconosce a questa pratica una rilevanza maggiore. A partire dal 1° gennaio 2017, sulla piattaforma online www.saepe.it si potrà rispondere al questionario ECM e ottenere i crediti. Si ricorda che i corsi di SmartFAD sono gratuiti per tutti gli iscritti a OMCeOMI, basta iscriversi alla piattaforma.

i Primi riSULtati

Nei primi due mesi e mezzo, il primo corso sulla vaccinazione è stato fatto da 334 colleghi. Il 97,2% ha considerato l’argomento trattato da abbastanza a molto rilevante, il 97,2% ha valutato la qualità del corso da abbastanza a molto buona, il 93,4% ha

valutato il corso da abbastanza a molto efficace. Anche i pareri lasciati dai partecipanti sulla piattaforma sono molto positivi, eccone una selezione:

• Bello, pratico e semplice• Ottimo• Utile• Lo consiglio ai colleghi• Chiaro• Fatto bene• Attuale e ben fatto, si legge ed apprende in modo piacevole• Immediato• Interessante• Eccellente• Veloce e utile• Pratico e spiegato in modo efficace• Conciso• Sintetico ma efficace• Buona opportunità per noi medici• Semplice ma veramente efficace• Rispetto ad altri, anche gradevole nella lettura del caso• Utile per la mia attività clinica

Tra i pochi commenti negativi è stato lasciato anche un… “modesto”, ma proviamo a consolarci con le parole dell’aforista francese Jean de la Bruyère, secondo il quale: “la modestia è l’esca più efficace per procacciarsi una lode”. Buona formazione a tutti

Pagina di presentazione del programma di formazione SmartFAD, disponibile su www.saepe.it

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474 . 2016

eventi eCMCorsi realizzati a dicembre

aggiornamento del Medico Competente: DrS/oSaS e attività lavorativa

Sabato 3 dicembre 2016, dalle 8:15 alle 14:00Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri di MilanoVia Lanzone 31 – Milano

La fibromialgia tra dubbi e certezze: come diagnosticare e trattare correttamente una tipica patologia di genere

Sabato 3 dicembre 2016, dalle 8:30 alle 13:30Teatro – Istituto Sacra FamigliaP.zza Monsignor Moneta 1 – Cesano Boscone (MI)

Corsi in programma

Corso introduttivo all’ipnosi in medicina

Sabato 21 gennaio 2017, dalle 8:15 alle 14:00Sala Girardi – PIME Via Mosè Bianchi 94 – Milano

recenti avanzamenti nella diagnosi e nel trattamento delle neoplasie polmonari

Sabato 28 gennaio 2017, dalle 8:30 alle 14:00Aula Magna – Istituto Nazionale dei TumoriVia Venezian 1 – Milano

Le associazioni di volontariato nel sistema sanitario e assistenziale - il caso dell’oncologia

Sabato 4 febbraio 2017, dalle 8:30 alle 13:30Sala Girardi – PIMEVia Mosè Bianchi 94 – Milano

Malattia, resilienza e narrazione scritta

Sabato 11 febbraio 2017, dalle 8:30 alle 13:30Sala Girardi – PIMEVia Mosè Bianchi 94 – Milano

Informazioni per le iscrizioni agli eventi ECM dell’Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri di Milano

L’iscrizione agli eventi ECM dell’Ordine può essere effettuata unicamente online e previa registrazione al sito www.omceomi.it

Come iscriversi agli eventi eCM(se già registrati, passare al punto 3):

1. collegarsi a www.omceomi.it/registrazione

2. cliccare su “Registrati”, poi sulla modalità di registrazione e seguire le istruzioni

3. collegarsi a www.omceomi.it/login

4. cliccare su “Accedi”, effettuare l’accesso con i propri dati

5. cliccare su “Eventi” nel box “ECM” e poi su “Iscrivimi” in corrispondenza all’evento scelto

Per consultare i programmi dei corsi ECM, dalla pagina dedicata del Bollettino InFormaMI (di seguito, in questo numero), basta:

• cliccare sul titolo degli eventi

• scansionare con la fotocamera del proprio dispositivo mobile (smartphone o tablet) il quadratino posto di fianco a titolo e descrizione dei corsi, ovvero il QR code (codice di risposta rapida). Per effettuare questa operazione è necessario avere installato sul proprio dispositivo un’app per la scansione dei codici QR, disponibile in diverse versioni su Apple Store per iOS o Google Play Store per Android

CorSi eCm

SAVE THE

DATE

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48 InFormaMI

in riCordo di

Dario Cova: medico, storico e grande studioso

non era traSCorSo moLto temPo da quella sera, quando, dopo una sua

conferenza, cui avevo assistito, con voce rotta dalla commozione mi telefonò, dicendomi di

essere affetto da un carcinoma pancreatico.

Cosa potevo dire a un oncologo che non suonasse meramente consolatorio e in ogni modo

falso? Che la prognosi della malattia tumorale è cambiata… che la chemioterapia aveva

fatto e fa passi giganteschi e quotidiani?

Dopo la discesa nella cupa disperazione di una diagnosi infausta, come solitamente

avviene in queste circostanze, il fiore della speranza cominciò a sbocciare per le aspettative

dalla chemioterapia subito iniziata, come subito può esserlo una terapia oncologica,

nell’attesa del suo compimento che avrebbe forse consentito l’ablazione della neoplasia.

La disperazione post intervento, non radicale per l’infiltrazione di una parete vasale, fu

l’inizio, oltre che del crollo fisico, di quello psichico. Qualche telefonata, il tormento del dolore, una voce

sempre più flebile. Pur in questo momento della sua esistenza non rinunciò alle sue passioni, la medicina e

la storia.

Perché il professor Cova, medico e storico, forte di due lauree, era un grande studioso: primario emerito

di onco-geriatria, docente presso la Scuola di farmacologia clinica ed editor in chief di una bella rivista

(Geriatric & medical intelligence). Era stato insignito della medaglia d’oro al Merito della Sanità pubblica

e dell’Ambrogino d’oro e premiato inoltre dal prestigioso riconoscimento “Paul Harris Fellow” del Rotary

International. Era uno storico e, come tale, affermato conferenziere, con la capacità di rileggere gli

avvenimenti della nostra storia in modo originale, arricchendola di aneddoti.

Non potevo mancare a quella che certamente sarebbe stata la sua ultima conferenza. Mi recai

all’Ambrosianeum e vidi Dario, ormai consumato dalla malattia, con una voce neppure amplificata dal

microfono, tenere la sua conferenza con una grande forza di volontà, quasi caparbiamente, dinanzi a

un pubblico numeroso. Voleva dimostrare di essere ancora, nonostante tutto, il Dario Cova che tutti

noi conoscevamo. Alla fine lo accompagnai sino alla porta, avvolto in un cappotto ormai per lui troppo

abbondante, terreo, sorretto dalla moglie e da un bastone.

Con la sua morte l’Ordine di Milano, cui offrì sempre e con entusiasmo la sua disponibilità, ha perso un

collega e un amico.

ugogarBarini

Dario Cova(24.6.1945 – 15.05.2016)

Maria elena Pallaroni

Con tristezza ricordiamo che è recentemente mancata la collega Maria Elena Pallaroni, eletta nel Collegio dei Revisori dei conti dell’Ordine dei Medici di Milano. Di Maria Elena ricorderemo sempre l’entusiasmo e lo spirito vitale che l’animava; si è distinta per la professionalità, la determinazione nel perseguire i propri obbiettivi, la forza e il coraggio nell’affrontare le difficoltà, ma anche per la dolcezza e il sorriso sincero.

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