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SPUNTI DIDATTICI - LA FIABA | 1

DI CHE COSA STIAMO PARLANDO?

COME NE STIAMO PARLANDO?

La FIABAil termine deriva dal latino fiaba, per il latino classico fabula, favola o racconto.

Si tratta di un racconto fantastico in cui agiscono esseri umani e creature dotate di poteri magici come maghi, fate, elfi, gnomi, animali e oggetti parlanti, seppure, talvolta, su uno sfondo realistico; il protagonista e in genere sottoposto ad una serie di prove per il raggiungimento del proprio obiettivo. Le origini del genere, popolari e antichis-sime, sono probabilmente da colle gare alla rielaborazione, dapprima orale, di leggen-de, di miti o di rituali religiosi. Le fiabe furono spesso inserite in raccolte e collegate fra loro da una vicenda unitaria ovvero di una cornice.

Fra le più antiche si ricordano “LE MILLE E UNA NOTTE” raccolta di materiali anti-chissimi appartenenti alla civiltà orientale.

L’elaborazione scritta delle prime raccolte europee iniziò invece nel Cinquecento e nel Seicento: in Italia con le “PIACEVOLI NONI” di Giovan Francesco Straparola in cui sono raccolte fiabe e novelle legate alla tradizione partenopea, in Francia con “I RACCONTI di MAMMA OCA” di Charles Perrault.

La fiaba si affermò sopratutto nell’Ottocento, in epoca romantica, nei paesi nordici e in Germania grazie a personalità come Hans Christian Andersen e i fratelli Grimm.

Nel Novecento il genere fu oggetto di studi interpretativi: il critico sovietico Vladimir Propp vi individuò una struttura narrativa costante legata alla “FUNZIONE” svolta dai personaggi e ai cambiamenti della loro situazione nella “MORFOLOGIA DELLA FIABA”. Un prezioso lavoro di recupero della tradizione letteraria dialettale italiana è stato svolto da Italo Calvino nella sua raccolta delle “FIABE ITALIANE” del 1956.

Com’è possibile fare didattica attraverso il teatro?

Quattro attori in un piccolo palcoscenico, simile al praticabile di Commedia dell’Arte, cercheranno di trasmettere non solo concetti ma soprattutto stimolare il desiderio di conoscenza.

IVAN Di NOIA , ROMINA RANZATO, MIRCO TREVISAN, CRISTINA RANZATO, RAFFAELE PIZZATTI SERTORELLI.

STORIE in CATTEDRA

di e con

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SPUNTI DIDATTICI - LA FIABA | 2

APPROFONDIMENTI

I FRATELLI GRIMM

Sono diventati celebri per aver raccolto ed elaborato moltissime fiabe della tradizione tedesca ed europea; l’idea fu di JACOB, professore di lettere e bibliotecario, seguito dal fratello minore WILHELM. In questa impresa furono sostenuti e coadiuvati dagli amici Clemens Brentano e Achim von Arnim, che a loro volta si adoperavano per la valorizzazione del patrimonio letterario e folcloristico tedesco.

Nella prima edizione dei “KINDER UND HAUSMÄRCHEN” i Grimm pubblicarono anche fiabe francesi, conosciute attraverso un autore ugonotto che costituiva una delle loro principali fonti; ma nelle successive ebbero la tendenza a eliminarle sosti-tuendole con altre di origine prettamente germanica. Tuttavia le fiabe, per loro natura tramandate oralmente, sono di difficile datazione e attribuzione. Alcune delle fiabe, come ad esempio Cenerentola o La bella addormentata nel bosco, sono parte del patrimonio europeo da molto prima dei fratelli Grimm.

Le loro storie non erano concepite per i bambini: la prima edizione, del 1812, colpi-sce per molti dettagli realistici e cruenti e per la ricchezza di simbologia precristiana.

Oggi, le loro fiabe sono ricordate soprattutto in una forma edulcorata e depurata dei particolari più cruenti, che risale alle traduzioni inglesi della settima edizione delle loro raccolte.

GIAMBATTISTA BASILE

Al BASILE si deve l’ideazione di un modello narrativo e del genere fiaba nell’ope-ra “Lo cunto de li cunti, overo lo trattenemiento de peccerille” (La fiaba delle fiabe, o l’intrattenimento per i più piccoli) Napoli 1634-1636, redatto in lingua napoletana e pubblicato postumo per interessamento della sorella dell’autore, la celebre cantan-te Adriana Basile. Questa opera della letteratura barocca compone, in una raffinata architettura, alcune persone e intrecci (come Cenerentola, La bella addormentata nel bosco, Il gatto sapiente, etc…) che ebbero in seguito larga diffusione nella cultura europea dell’epoca tanto da costituire, nelle varie elaborazioni successive, un patri-monio comune a tutta la cultura mondiale.

Lo CUNTO è un’opera preparata per il divertimento delle corti. Per la sua com-plessa struttura e il suo linguaggio teatrale si ispira alle tradizioni del racconto e a vari generi letterari e allestisce un prototipo della letteratura seriale muovendosi tra le regole della commedia dell’arte, del racconto rituale e del formulario alchemico. L’opera mette in scena alcune parole d’ordine della Tradizione, la necessaria fuga sim-bolica e iniziatica dei giovani dai vincoli della famiglia patriarcale, il viaggio e i pericoli che comporta fino al confine con la morte, il cambiamento di status visibile anche sulla superficie del corpo e i loro capricciosi regolatori.

È un’opera scritta nel periodo più folgorante del barocco e dell’invenzione della let-teratura come strumento di conoscenza, di piacere e di dominio. I percorsi di questo libro sono una delle chiavi per osservare la cultura barocca e la sua letteratura, il momento della storia europea in cui si scoprono i mondi delle tecniche della co-municazione letteraria e i repertori remoti delle tradizioni marginali, le ferree regole dell’etichetta cortigiana e la furiosa vita della città e della piazza, i grandi viaggi e le culture della diversità.

La banda mimante è uno stile recitativo d’invenzione contemporanea che richiama il linguaggio cinematografico e si basa quindi su competenze metalinguistiche molto usate e sfruttate dalle nuove generazioni.

L’obiettivo è catturare l’attenzione dei ragazzi in modo accattivante per predisporre l’amore per la ricerca, la scoperta, la bellezza e il piacere della lettura, del teatro, della cultura.

Con STORIE in CATTEDRA si vedranno quindi gli attori letteralmente “sopra la cattedra” scolastica che attraverso lo stile della pantomima e della narrazione raccon-teranno in pochi minuti l’approfondimento didattico proposto.

LO SCHEMA DI PROPP

MORFOLOGIA DELLA FIABA è un celebre saggio di Vladimir Propp, pubblicato a Leningrado nel 1928 e uscito in Italia nel 1966 per Einaudi. Dopo la sua traduzione e diffusione in occidente negli anni cinquanta, il testo si è costruito la fama che ha tutt’oggi negli ambiti accademici che si occupano di analizzare mass media e forme artistiche.

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SPUNTI DIDATTICI - LA FIABA | 3

SPUNTI DI RIFLESSIONE

IL SOGNO DI WALT DISNEY1.

Le fiabe in versione DISNEY sono state oggetto di molte critiche, sia per i conte-nuti, spesso modificati rispetto alle versioni originali, sia per la grafica dei cartoons, che tende a snaturare i personaggi, come nel caso dei nani in Biancaneve.

Tolkien, ad esempio, detestava le immagini disneyane perché riteneva che non comunicassero la magia ed il mistero che emanavano invece dalle illustrazioni fiabesche di Arthur Rackham. Pur apprezzandone in parte il talento, considerava il risultato finale “disgustoso”: le raffigurazioni toglievano ogni epicità al racconto ed ai personaggi, riducendo l’arcaicità e la profondità della fiaba ad uno spettacolo superficiale, di cui si ricordano solo canzoni e gags.

Alla base dell’analisi di Propp sta il concetto di funzione, che riguarda l’azione e rea-zione a cui un personaggio è assoggettato.

Le FUNZIONI sono punti cardine all’interno della narrazione e sono quelle unità che mandano avanti l’intero racconto; esse succedono alla situazione iniziale, che ha il compito di introdurre l’ambiente della narrazione. Propp ha individuato trentuno funzioni (come ad esempio allontanamento, divieto, infrazione, investigazione, delazione, tranello, etc…) Queste funzioni alle volte possono essere invertite (per esempio l’eroe riceve l’oggetto quando è ancora a casa) e l’ordine cambiare. In linea generale una fun-zione per andare a buon fine deve essere ripetuta tre volte (le prime due volte non si sortisce un esito positivo mentre la terza è quella decisiva: ad esempio l’eroe bussa a due case prima di trovare la casa giusta).

Oltre alle funzioni, Propp individuò anche SETTE PERSONAGGI TIPO (chiamati anche sfere d’azione) ricorrenti. Questi ruoli nella realtà delle fiabe possono essere ricoperti da più personaggi oppure più ruoli possono essere ricoperti da un solo personaggio. Ad esempio, la strega che viene uccisa all’inizio del racconto, viene sosti-tuita dalla figlia nel ruolo di antagonista. Viceversa, il re può aiutare l’eroe fornendogli una spada magica, ma anche dargli un incarico, occupandosi di ricoprire il ruolo del mandante.

Ne “IL MONDO INCANTATO” Bruno Bettelheim afferma che la moda con-temporanea di eliminare dalle fiabe tradizionali gli elementi più perturbanti e spettrali non permette ad esse di svolgere la loro autentica funzione. Eliminare dal racconto ogni elemento terrificante impedisce ai bambini d’imparare ad affronta-re le proprie paure e la propria aggressività inconscia. Secondo Bettelheim le fiabe contengono infatti riferimenti nascosti allo sviluppo psicosessuale ed ai traumi che esso comporta; nascosti alla sfera cosciente, essi comunicano con l’inconscio del bambino attraverso un proprio linguaggio simbolico: pertanto, attribuire ad alcuni personaggi caratteristiche buffe e/o nomi propri per renderli più “umani”, come i sette nani, interferisce gravemente con il loro simbolismo..

2. PROTAGONISTA O ANTAGONISTA?

Nella fiaba, non c’è protagonista senza un antagonista e non c’è sfida senza un rivale.

Spesso, però, nella storia della nostra vita, il nostro rivale, il nostro peggior nemico siamo noi stessi. Per questo occorre prendere dimestichezza, acquisire familiarità con il clandestino a bordo della nostra esistenza. Siamo un po’ tutti così: conoscia-mo (o crediamo di conoscere) la parte illuminata della nostra vita, mentre abbiamo meno dimestichezza con le zone d’ombra.

Viviamo così nell’apparente contraddizione giusto-sbagliato, buono-cattivo, cer-cando di scegliere sempre il positivo delle cose ma, spesso, dimenticando che la vita non è così.

Del resto, lo dicono a noi da bambini e noi lo ripetiamo ai nostri figli.

Scrive Bruno Bettelheim:

“C’è un diffuso rifiuto a permettere al bambino di sapere che gran parte degli incon-venienti della sua vita sono dovuti alla sua stessa natura: alla propensione di tutti gli uomini ad agire in modo aggressivo, asociale, egoistico, spinti dall’ira e dall’ansia. Noi vogliamo, invece, far credere ai bambini che gli uomini sono intrinsecamente buoni. Ma i bambini sanno che loro stessi non sono intrinsecamente buoni e, spesso, anche quando lo sono, preferirebbero non esserlo. Ciò contraddice quanto viene detto loro dai genitori e, quindi, rende il bambino un mostro ai suoi stessi occhi.”

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3. L‘INSEGNAMENTO MORALE

Quando si diventa grandi si cerca di lasciare il mondo infantile alle proprie spalle.

Una cosa da cui sicuramente ci allontaniamo, per poi riavvicinarci quando si di-venta genitori, è il mondo delle favole. Spesso l’adulto sottovaluta l’importanza e il significato di una favola, pensa che siano utili solo ai bambini, ma in questo modo perde il vero insegnamento che sta alla base di ogni fiaba.

Infatti, ogni racconto è un percorso, costellato di problemi, difficoltà e ingiustizie in cui il protagonista si imbatte, ma che grazie alla forza interiore e a strategie di problem solving riesce a gestire ed affrontare, raggiungendo così il “lieto fine”.

Il loro compito è quello di aiutarci a capire, e credere, che dentro di noi abbia-mo tutti gli strumenti necessari per affrontare le difficoltà che si presentano sul nostro cammino di crescita; inoltre, ci insegnano a tenere duro in quei momenti, a non gettare la spugna, perché ci sono sempre risorse e opportunità impreviste che si possono presentare. In ogni favola sono presenti, in modo ben distinto e contrapposto, il bene e il male: questo perché si vuole evidenziare che entrambe le qualità sono presenti in ogni essere umano e che, nella maggior parte dei casi, sono il filo rosso che unisce le sfide e le lotte che si susseguono nella trama e che aiutano a sviluppare le capacità utili a fronteggiare i problemi.

Non è un caso che ci si identifichi con un personaggio di una fiaba.

Questo processo avviene perché le storie narrate simboleggiano le difficoltà che incontriamo nel corso della vita e come vengono affrontate, dandoci una spinta a credere di più in noi stessi e nelle nostre capacità. Le favole sono necessarie ai bambini, perché attraverso il loro stesso linguaggio, quello della fantasia, li aiutano a capire meglio quello che accade dentro e intorno a loro contribuendo alla loro crescita.

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