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POLITECNICO DI MILANO

Facoltà di Ingegneria Industriale

Corso di Laurea in Ingegneria Aerospaziale

RELAZIONE SULLA PRATICA SPERIMENTALE DEI MOTORI

AERONAUTICI ALTERNATIVI

Tutor universitario: Prof. Alberto FOLCHINI

Tutor aziendale: Emilio BESCHI

Elaborato finale di: Mario Comini

Matricola: 678093

Anno Accademico 2009 – 2010

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Ringraziamenti

Si ringrazia lo staff delle Officine Aeronautiche David per l’impegno e il supporto forniti durante il tirocinio, la segreteria didattica del Dipartimento Aerospaziale per la professionalità e cortesia, il tutor accademico per la disponibilità e attenzione che ha sempre dimostrato.

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INDICE

Capitolo 1: Servizi offerti dall’azienda 1

1.1 Descrizione azienda 1

Capitolo 2: Esempio d’ispezione e revisione di un motore alternativo al pistoni 5

2.1 Situazione 5

2.2 Descrizione tecnica del motore 5

2.3 Svolgimento ispezione 8

2.4 Revisione del motore 13

Capitolo 3: Test bench – Prove al banco 24

3.1 Galleria del vento 24

3.2 Stima della resistenza aerodinamica di un aerofreno 29

Capitolo 4: Laboratorio metrologico 36

4.1 Gli strumenti di misura 36

4.2 Studio delle norme UNI CEI ENV 13005 43

4.3 Riassunto procedura per la valutazione e la dichiarazione dell’incertezza

43

4.4 Prova di laboratorio di una taratura 44

Conclusioni 55

Appendice A: Riferimenti tecnici 56

A.1 Guida all’espressione dell’incertezza 56

A.2 Controlli non distruttivi: Magnetoscopia 68

A.3 Calcolo densità aria 71

Appendice B: Fonti 73

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Sommario

Relazione finale dello stage svoltosi dal 31/03/2010 al 9/07/2010 presso le Officine Aeronautiche David di S.Zeno Naviglio (BS). Nell’opera sono riportate le esperienze svolte nell’attività pratica a partire dall’apprendimento dei processi aziendali. In particolare, sono state approfondite le seguenti attività: le prove al banco motore, il servizio di taratura degli strumenti e i CND relativi alla diagnostica e revisione dei motori alternativi a pistoni. Al termine del tirocinio sono state acquisite conoscenze relative alle normative aeronautiche nel campo dell’aviazione generale e le abilità operative nei lavori meccanici sui motori a pistoni.

Abstract

Final report of the internship that took place from 31/03/2010 to 9/07/2010 at the Officine Aeronautiche David. In this work are reported the practical experiences gained from business processes. In particular, some activities has been detailed, these are: the engine bench test, the service of tools calibration and the Non Destructive Tests related to diagnostic and overhaul of reciprocating engines. At the end of internship has been acquired the following knowledge as: international regulations (EASA, FAA – ADs, UNI CEI ENV 13005) and the mechanical skills to work on piston engines.

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Capitolo 1: Servizi offerti dall’azienda

1.1 Descrizione azienda

Figura 1.1 Logo dell’azienda Officine Aeronautiche David

Le Officine Aeronautiche David offrono servizi rivolti all’aviazione Generale in

cui vengono effettuate manutenzioni e revisione dei motori alternativi a pistoni.

Le principali marche alla cui riparazione l’azienda è abilitata sono:

Alfa Romeo

De Havilland

Lycoming (la OAD è anche l’unico importatore autorizzato per l’Italia).

Teledyne Continental

Oltre a tali ditte di motori la David è anche rivenditore autorizzato dei prodotti

come:

Precision Airmotive LLC (Valvole servofuel e fuel injectors)

Shell Aviation (prodotti petroliferi per l’aviazione generale: benzine Avgas

100 e Avgas 100LL, oli lubrificanti Aeroshell Oils W 15W-50).

L’azienda fornisce dei servizi sui seguenti oggetti:

Motori aeronautici

Componenti elettrici

Componenti meccanici

Lavorazioni e kit cilindri

Revisione tubazioni flessibili

Processi speciali: controlli non distruttivi (CND)

Formazione personale

Metrologia

Motori aeronautici

Il motore revisionato presso la DAVID è garantito alle stesse condizioni del

nuovo di fabbrica.

La DAVID può offrire diverse alternative, per adattarsi alle esigenze e alle

richieste dei suoi clienti.

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- Motori nuovi, ricostruiti,

revisionati dalle Case

Costruttrici.

- Motori revisionati dalla DAVID

con materiali esclusivamente

originali e provenienti dalla Casa

Costruttrice.

- Motori revisionati secondo i

regolamenti internazionali PMA,

FAA approved, che garantiscono

qualità e convenienza.

- Motori speciali assemblati per

velivoli amatoriali (esempio: velivoli storici come il Fokker)

- Motori migliorati rispetto ai nuovi, per ottenere prestazioni aggiuntive.

La ditta offre anche interventi minori come: revisioni parziali, gruppi o singoli

cilindri, ispezioni, regolazioni, etc.

Componenti elettrici

L’azienda offre revisioni, interventi, controlli degli accessori elettrici a corredo

dei motori aeronautici, quali:

- MAGNETI

- STARTERS

- GENERATORI

- ALTERNATORI

- etc.

L’azienda dispone di un magazzino nel quale sono conservati parti di ricambio

necessarie alle lavorazioni offerte, inoltre tramite l’azienda stessa è possibile

ordinare accessori nuovi, revisionati o in exchange.

Componenti meccanici

La DAVID è certificata per le revisioni, interventi, controlli degli accessori

MECCANICI a corredo dei motori aeronautici, quali:

- CARBURATORI – POMPE INIEZIONE – SERVO FUEL INJECTORS –

NOZZLE

- FUEL DIVIDER – RADIATORI – TURBOCOMPRESSORI – etc.

Lavorazioni e kit cilindri

Il motore funziona meglio e consuma meno del nuovo dopo una lavorazione in

azienda.

Questo perché le seguenti parti della camera di combustione del motore:

Figura 1.2 Interno officina DAVID

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- guide valvola

- sedi valvola

- canne cilindro

si interviene nel rigoroso rispetto delle tolleranze di accoppiamento e

lavorazione nelle tre diverse fasi di lavorazione della canna, sia della parte

cilindrica che di quella conica:

1. correzione geometrica, con utilizzo di pietre in borazon.

2. levigatura o honing, con pietre a granulosità specifica per raggiungere la

corretta rugosità.

3. spazzolatura, con "sistema plateau" per eliminare i picchi positivi della

rugosità.

Il tutto si tramuta in migliori prestazioni, assestamento meno faticoso, minor

consumo di olio.

Inoltre la ditta fornisce anche ricambi nuovi di tali parti.

Revisione tubazioni flessibili

Sono anche effettuate revisioni, interventi, controlli delle tubazioni flessibili a

corredo dei motori aeronautici, secondo gli standard approvati dai costruttori e

dagli enti di controllo italiani ed internazionali.

Processi speciali: CND

L'azienda è riconosciuta dall'Ente Nazionale Aviazione Civile (ENAC) ad

eseguire controlli non distruttivi con i metodi polveri magnetiche e liquidi

penetranti. Questi controlli sono di norma eseguiti su tutti i componenti dei

motori e accessori in lavorazione presso la DAVID.

In particolare si interviene, inoltre, con controlli su:

- Parti strutturali

- Bulloneria

- Castelli motore

- Parti carrello

- Montanti alari

- Cerchi ruota

- etc.

L'azienda, per soddisfare esigenze

particolari, può effettuare detti

controlli anche presso la sede del

cliente.

Figura 1.3 Esempio di CND in luce nera

con liquidi di contrasto magnetici e penetranti.

Immagine gentilmente concessa dalla O.A.D.

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Formazione personale

L’azienda organizza ogni anno corsi di formazione sulla manutenzione dei

motori e sulle problematiche a essi connesse. I corsi durano mediamente tre

giorni e comprendono lezioni teoriche e pratiche.

Alla fine del corso viene rilasciato un attestato che certifica l'abilità e le

conoscenze raggiunte. La DAVID, a fronte di particolari richieste, è disponibile

ad effettuare anche Corsi specialistici, su particolari argomenti o aggiornamenti.

Metrologia

La DAVID è certificata dall’ENAC per eseguire la taratura della seguente

strumentazione: Chiavi dinamometriche, Dinamometri, Tensiometri, Giraviti

dinamometrici, Calibri, Micrometri, Comparatori, Manometri. Altra

strumentazione può essere tarata con previo accordo sulla procedura di taratura.

La ditta dispone della strumentazione primaria tarata SIT, per cui è in grado di

garantire la riferibilità gli strumenti dei clienti con gli istituti primari di

metrologia nazionali.

Il contenuto della mia tesi è sui servizi, in cui ho avuto modo di affrontare, in

particolare, la metrologia, l’ispezione di un motore Continental e la prova al

banco motore. Essi saranno trattati nei capitoli successivi.

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Capitolo 2: Esempio d’ispezione e revisione di un motore alternativo a pistoni

2.1 Situazione Il 9 Giugno 2010 in azienda un cliente ha ordinato una ispezione di controllo a un motore Continental (IO-550-N specifica n°2) a 6 cilindri, poiché nel filtro dell’olio era stato trovato un frammento estraneo di origine metallica. In seguito è stata decisa anche una revisione completa poiché il motore aveva superato le ore di volo prestabilite dal manuale.

Figura 2.1 Momento di consegna del motore. 2.2 Descrizione tecnica del motore Dal sito del costruttore “Teledyne Continental”(per la pagina web vedi riferimento B.1 Appendice B) si è scaricato il datasheet del motore per avere una visione generale delle caratteristiche. A ciò si aggiunge il manuale di revisione (Overhaul Manual n° X30568A), il quale riporta tutte le caratteristiche e misure dei componenti e accessori del motore e spiega anche la procedura per il montaggio.

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Tabella 2.1 Dati motore Continental IO-550-N specifica 2B, le unità di misura sono nel

sistema anglosassone (poiché il costruttore risiede negli Stati Uniti). IO-550-N Type Certificate E3SO

OIL COOLER

FUEL MANIFOLD

VALVE

MAGNETOS

INDUCTION SYSTEM

VERNATHERM

OIL FILLER

DYNA FOCAL ENGINE MOUNTS

PROP GOVERNOR

DRIVE PAD

CRANKSHAFT

PROP

FLANGE OIL FILTER

90o TACH DRIVE

FUEL CONTROL

& THROTTLE

SPARK

PLUG

The IO-550-N is a six cylinder fuel injected air cooled engine producing 310 brake horsepower and has a crankshaft speed of 2700 RPM. The engine has horizontally opposed air cooled cylinders. The engine cylinders are cross flow design having overhead inclined valves. The cylinders have downdraft intake inlets mounted on the top of the cylinder head and downdraft exhaust outlets located on the bottom of the cylinder. The IO-550-N engines have a 550 cubic inch displacement achieved by using a cylinder design with a 5.25 inch diameter bore and a 4.25 inch stroke. The engine enclosure is of the Permold series crankcase design. The dry weight of the engine is 412.0 lbs. without accessories. The average weight of the engine with installed accessories is approximately 467 lbs.

OVERALL ENGINE DIMENSIONS INCHES

HEIGHT 20.41

WIDTH 34.04

LENGTH 38.43

Cylinders Arrangement ............................................................................................. Horizontally Opposed Number of Cylinders .................................................................................................................. 6 Compression Ratio .............................................................................................................. 9.0:1 Firing Order................................................................................................................1-6-3-2-5-4 Bore (Inches) ........................................................................................................................ 5.25

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Stroke (Inches) ......................................................................................................................4.25 Piston Displacement (cu. in.) .................................................................................................550 Brake Horsepower Rated Maximum Continuous Operation ................................................. 310 BHP @ 2700 RPM Recommended Cruise............................................................................ 240 BHP @ 2500 RPM

OPERATING LIMITS Crankshaft Speed - RPM Rated Maximum Continuous Operation ...............................................................................2700 Recommended Idle ................................................................................................................600 Manifold Pressure Limit (In. Hg.) Absolute................................................................Full Throttle Fuel Control System...................................................................................... TCM Fuel Injection Fuel 100/100LL Oil

TEMPERATURE AVIATION GRADE

SAE GRADE MULTI-VISCOSITY

BELOW 40 65 30 10W-30 / 15W-50 / 20W-50

ABOVE 40 100 50 15W-50 / 20W-50 / 20W-60

Oil Pressure Idle, Minimum, psi ....................................................................................................................10 Normal Operation, psi ........................................................................................................ 30-60 Oil Sump Capacity (U.S. Quarts) ...............................................................................................8 Max. Oil Consumption (Lb./BHP/Hr. Max.) ..................................................... .006 X % Power100 Oil Temperature Limits Minimum for Take-Off..........................................................................................................75° F Maximum Allowable ..........................................................................................................240° F Cylinder Head Temperature Recommended Max. at Cruise..........................................................................................420° F Limit 460° F Ignition Timing (Compression Stroke, Breaker Opens) Right Magneto, Degrees BTC ................................................................................................22° Left Magneto, Degrees BTC ..................................................................................................22° Spark Plug TCM 634675 Champion RHB32E

TM

CO N T IN EN T A L M O T O RS Una curiosità: La sigla del motore Esempio: HIO 230 A 1°lettera: specifica il tipo di motore (H Elicottero, T Motore con turbo) 2°lettera: specifica l’impianto carburante (I injector, la benzina è immessa nei cilindri tramite un impianto a iniezione)

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3°lettera: specifica il posizionamento dei cilindri (O opposite, i cilindri sono in coppie contrapposte giacenti su un piano orizzontale. Numero a tre cifre: indica il volume in inch3 della camera di combustione del cilindro. 4°lettera: questa è a discrezione del costruttore e indica la versione del motore. 2.3 Svolgimento ispezione Innanzitutto al momento della consegna sono state eseguite una serie di fotografie sul motore da diverse angolazioni, in modo tale da documentare lo stato di arrivo del motore.

Figura 2.2 Altra vista del motore, si vede il filtro dell’olio nel quale è stato ritrovato il

frammento metallico (cilindretto bianco). Successivamente si è cercato di capire di che natura potesse essere il frammento metallico, ovvero se fosse fatto di lega metallica ferrosa o non. Con una calamita abbiamo visto che era magnetico, questo ci ha permesso di escludere fin da subito le parti del motore in lega non ferrosa come ad esempio la coppa dell’olio. Prima di procedere all’ispezione si decide come operare, se ispezionarlo visivamente dall’esterno se è possibile trovare il punto di distacco del frammento, in caso negativo allora si procede allo smontaggio completo della macchina. Questo se solo fosse stata ordinata una ispezione, mentre per la revisione si procede comunque allo smontaggio completo del motore. In questo caso abbiamo preventivamente svuotato il motore dall’olio contenuto e recuperato in un barile speciale destinato al trattamento dei rifiuti inquinanti.

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Note particolari sulla revisione Se devono essere sostituiti dei componenti dei motori, la normativa impone che i pezzi tolti dalla macchina devono essere alienati, per evitare che il cliente o le ditte riutilizzino tali componenti dichiarandoli illegalmente nuovi. Pertanto i pezzi da cambiare vanno contrassegnati in speciali contenitori con l’etichetta “NOK”. Nella figura (2.4) si nota che alcune viti e dadi sono legati da un filo metallico a doppia elica, tale elemento prende il nome di “viti frenate” ovvero il filo blocca i giochi delle viti che si potrebbero innescare alle deformazioni termiche e meccaniche del motore durante il funzionamento. Oltre al filo ci sono anche delle speciali rondelle con una linguetta a coda di rondine che, piegata verso l’alto, blocca i dadi.

Figura 2.3 Esempi di viti frenate da un filo metallico. Pertanto prima dello smontaggio del motore vanno rimossi tutti questi elementi bloccanti.

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Successivamente abbiamo proceduto a sbloccare e rimuovere le viti e dadi con un ordine prestabilito dal manuale. Ad esempio abbiamo rimosso per primi gli elementi perimetrali come:

• Pompa benzina e valvola regolatrice • Tubazioni e cavi elettrici • Tubi di scarico gas esausti • Filtro e radiatore dell’olio. • Magneti e candele

Figura 2.4 Altre viste differenti del motore.

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L’operazione di smontaggio della struttura è più delicata rispetto alle altre perché gli organi meccanici hanno tolleranze delle dimensioni molto rigide e colpi o cadute accidentali implicano la sostituzione del pezzo, comportando costi aggiuntivi.

Figura 2.5 Impianto di scarico dei gas esausti e sistema di distribuzione carburante ai cilindri

con la valvola di regolazione (manifold valve)

Figura 2.6 Esempio di sbloccaggio delle boccole che coprono le teste dei pistoni

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Una volta aperto il motore abbiamo ricercato il frammento metallico esaminando ogni singolo componente meccanico come: bielle, pistoni, albero a camme, ingranaggi…

Figura 2.7 Zona interna del motore aperta, si notino le infiltrazioni dell’olio sui bordi. Tuttavia non abbiamo riscontrato alcuna anomalia legata alla perdita del frammento ma abbiamo rilevato le seguenti criticità:

• L’honing (levigatura) di alcune camere di combustione non è stata eseguita a fasce contrapposte con la giusta angolazione (45° gradi).

• Alcune fasce delle teste dei pistoni erano fortemente usurate con la possibilità di giochi pericolosi e possibili perdite di potenza del motore.

• Negli interstizi tra la coppa dell’olio e la struttura, i basamenti dei pistoni, abbiamo rilevato una scarsa applicazione della pasta sigillante. In alcuni punti addirittura si sono verificate delle leggere bruciature.

Conclusione Dallo smontaggio del motore, oltre ad avere rilevato le anomalie nella struttura, abbiamo concluso che il frammento metallico trovato nel filtro dell’olio era di origine esterna. Tale conclusione porta a dire che chi ha operato in precedenza

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sul motore, ha mostrato una scarsa professionalità, oltre a una evidente assenza di controllo sulle varie parti. 2.4 Revisione del motore La revisione è il processo principale in cui la maggior parte delle sezioni dell’azienda sono coinvolte. In particolare verrà discussa in modo più ampio la parte relativa ai CND poiché mi sono concentrato su tale servizio dell’azienda. Delle le altre sezioni, invece, spiegherò brevemente la funzione all’interno del processo aziendale. Pulizia dei componenti Si parte dalla pulizia e sverniciatura dei componenti del motore; le teste dei cilindri e le parti strutturali sono messe in speciali vasche contenenti speciali solventi, che provocano il distacco degli strati superficiali delle vernici.

Figura 2.8 Vasche di sverniciatura Le altre parti strutturali sono messe in una speciale centrifuga, che lava i componenti meccanici dalla sporcizia e dagli strati di verniciatura.

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Figura 2.9 Macchina per la centrifuga e sverniciatura Le operazioni di sverniciatura sono necessarie poiché nella fase successiva dei CND bisogna avere tutti gli elementi meccanici puliti affinché si possano fare delle letture corrette, oppure per le lavorazioni meccaniche degli elementi strutturali bisogna avere i pezzi privi di strati di sporco e/o vernice, onde evitare errate alesature, torniture etc…Le operazioni che avvengono nelle vasche si definiscono di “decapatura”, ovvero la rimozione dello strato/i di vernice/i su una superficie metallica. I solventi usati sono:

• ARDROX® 9PR12: emulsionatore per i liquidi penetranti fluorescenti usati nei CND con la lampada UV.

• ARDROX® 985P12: fluido di contrasto, usato con una emulsione fluorescente, garantisce un buon contrasto sotto la luce ultravioletta con livelli di fondo molto bassi.

• KEMPERSOLV 42: è un solvente sgrassante con elevato contenuto in isoparaffine, caratterizzato da assoluta mancanza di odore, di elementi come zolfo-cloro-fluoro e da un basso livello di nocività. La mancanza di componenti odorizzanti consente di avere un livello di odore appena percettibile e che non si sviluppa nel tempo anche se il prodotto viene esposto a lungo al calore ed alla luce. Il Kempersolv 42 è utilizzato

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perché ha un potere solvente superiore a quelli più comunemente usati come ad esempio l’acquaragia e il kerosene. Inoltre gode delle seguenti caratteristiche: elevato potere sgrassante, basso potere irritante, odore quasi inesistente, elevata velocità di evaporazione, è applicabile con sicurezza su tutte le superfici metalliche e plastiche (bassa reattività) e non si mescola con l’acqua.

Sabbiatura: E’ un’operazione speciale che viene applicata quando è presente dello sporco di tipo carbonioso e residui di vernice rimasti dopo la decapatura. Tali impurità impediscono il CND magnetoscopico perché le particelle di sporco si annidano proprio dove ci sono le cricche.

Figura 2.10 Macchina per la sabbiatura.

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La sabbiatura prende il nome dall’uso di una polvere di silice purissima impiegata in speciali camere isolate dall’esterno, dove viene immesso un getto fortissimo di queste particelle e l’operatore, tramite apposite fessure con i guanti, posiziona le superfici dell’oggetto contro questo getto facendo sì che le particelle per abrasione asportino via le impurità. Al termine di tale operazione la macchina viene spenta e l’oggetto viene poi sciacquato e successivamente sottoposto alla magnetoscopia. Controlli non distruttivi I controlli non distruttivi sono metodi di controllo delle rotture, superficiali e non, dei pezzi meccanici ed in generale di qualsiasi oggetto soggetto alle verifiche di integrità dell’industria. In particolare per i motori trattati dall’azienda viene controllata ogni singola componente. La ditta dispone sostanzialmente di due tipologie di CND magnetoscopici:

1. A fluorescenza 2. Contrasto cromatico

Nella mia attività di tirocinio ho avuto modo di praticare il primo metodo. Esso consiste in questi cinque passaggi:

1. Preparazione della superficie: il pezzo viene pulito. 2. Magnetizzazione della superficie: si magnetizza il pezzo sul bancale

mostrato in figura (2.11), con un campo magnetico rotante oppure con un passaggio di corrente, si esegue la magnetizzazione a più cicli, cioè, per evitare gli effetti d’isteresi magnetica sul materiale in controllo, si applica la tensione elettrica alla macchina per un dato tempo e per un certo numero di volte.

3. Applicazione della polvere magnetica: tramite un fluido fluorescente e oleoso con particelle ferromagnetiche in sospensione.

4. Illuminazione e ispezione della superficie: tramite una lampada a luce nera oppure con un neon ad emissione ultravioletta.

5. Demagnetizzazione del pezzo (opzionale): si riposiziona il pezzo sul bancale e si applica lo stesso numero di cicli applicati in precedenza, ma invertiti rispetto a quelli iniziali e con la tensione in fase decrescente per smagnetizzare il pezzo.

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Figura 2.11 Bancale MagiScop 4000 cca dell’officina DAVID per i CND, si noti

nell’immagine a sinistra il neon a luce ultravioletta.

Figura 2.12 Gaussametro, strumento per misurare il campo magnetico del pezzo. Durante la valutazione alla visualizzazione sotto la luce nera, gli eventuali pezzi che presentano cricche, come ad esempio nella figura (2.13), la normativa impone la sostituzione del pezzo a prescindere dal numero di ore trascorse, questo perché la cricca è un fenomeno di instabilità e cedimento del materiale (plasticizzazione) che indica la rottura imminente della zona in cui vi è la crepa.

Figura 2.13 Esempio di cricche sulla parte iniziale dell’albero a gomiti di un motore

evidentemente lesionato.

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Terminati i CND i pezzi, dopo essere stati smagnetizzati vengono lavati nuovamente nelle vasche e nella centrifuga. Chi volesse un’ulteriore approfondimento, in Appendice A, al paragrafo A.2 si trova la spiegazione della fisica del CND magnetoscopico. Officina meccanica

Figura 2.14 Officina meccanica dell’azienda

In questa sezione dell’azienda si effettuano le riparazioni e le lavorazioni meccaniche dei componenti del motore, ma non solo, a volte tale area viene utilizzata anche per le riparazioni degli strumenti di misura. Le macchine presenti sono:

• tornio, fresatrice orizzontale, trapano, sega circolare, mola circolare… per l’asportazione di materiale.

• Alesatrice per levigare internamente i cilindri. • forno per riscaldare fino a 400°C i materiali e raffreddarli per modellare i

corpi secondo giuste misure. Ad esempio, i cilindri, dopo essere stati alesati, vengono riscaldati fino ad una certa temperatura e poi lasciati raffreddare fino a che le dimensioni rientrino entro le tolleranze.

• saldatrice a fiamma ossiacetilenica, per saldature continue; è anche presente una saldatrice ad arco elettrico.

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Reparto elettrico

Figura 2.15 Banco prova dei magneti di un motore.

Qui sono riparati o revisionati a nuovo gli alternatori, starter e magneti del motore. In particolare la figura (2.16) mostra il banco prova per la calibratura dei magneti del motore. Nell’immagine, al centro, si vedono un albero e una piastra di attracco del magnete, l’albero è messo in rotazione ad un numero di giri previsto dal costruttore del magnete (simulando il funzionamento quando il magnete è attaccato al motore), i fili sulla sinistra sono collegati ai morsetti del magnete, tali fili terminano con delle punte contrapposte in cui la punta opposta è messa a terra. Il magnete, girando, produce degli impulsi elettrici che fanno scoccare le scintille sulle punte contrapposte, permettendo all’operatore di visualizzare la sequenza in cui scoccano le scintille (simulando le candele nel motore) e di valutare eventuali regolazioni nel magnete.

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Reparto impianti iniezione carburante

Figura 2.16 Banco prova per le valvole servo-fuel e fuel-injectors.

Questo apparato serve a provare e calibrare tutti gli impianti di iniezione del carburante che sono:

• Valvole manifold (distribuzione carburante alle camere di combustione) • Pompe per la benzina • Valvole a farfalla per la miscelatura stechiometrica di carburante e aria. • Tubazioni per il trasporto di carburante (si usa un altro bancale diverso

da quello riportato nella fotografia) Tale banco di prova simula le condizioni di funzionamento del motore in quanto una pompa immette nell’impianto di iniezione in prova un fluido con proprietà simili alla benzina, e misura le pressioni del fluido nei vari punti (es. l’apertura della valvola a farfalla determina una certa portata di carburante, la regolazione della levetta del carburatore…), vengono quindi misurate anche le portate dei flussi del fluido e confrontate con le tabelle che forniscono i costruttori all’azienda e si effettuano le opportune regolazioni.

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Verniciatura La verniciatura dei pezzi del motore è fatta secondo vernici conformi alle norme internazionali sull’aviazione. Tutti i componenti del motore, ad eccezione ovviamente degli organi di montaggio, vengono verniciati. L’officina dispone di una camera aspirata per la verniciatura con spray ad alta pressione (circa 6 bar):

Figura 2.17 Banco di verniciatura, si noti l’incassatura e la cappa aspirante per la rapida

evacuazione dei vapori e particelle di vernice. Il tipo di vernice su un dato componente del motore è dichiarato dal costruttore, pertanto l’operazione di verniciatura è fatta secondo le indicazioni del creatore del componente. Le vernici più usate sono quelle di tipo acrilico, nitro-vernici, bifase e altre…

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Montaggio

Figura 2.18 Montaggio di un motore a 4 cilindri contrapposti Lycoming. Dalle precedenti sezioni si preparano tutti i pezzi del motore, che vengono successivamente montati, seguendo le indicazioni del costruttore, tramite la lettura di un manuale pubblicato dalla ditta costruttrice. A ciò si aggiungono le seguenti normative:

• ADs (FAA – Airwothiness Directives) • ENAC • Bollettini di sicurezza dell’azienda costruttrice: Teledyne Continental,

Lycoming. In questo modo un motore è sempre montato secondo le ultime regole di sicurezza. Una volta terminato il montaggio, il motore è dichiarato come nuovo, nel senso che le sue ore di vita sono azzerate.

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La normativa impone che un motore a ore 0 deve essere testato indicativamente per un minimo di 5 ore, al fine di controllarne le prestazioni e rilevare eventuali problemi, come perdite di olio, scadimenti delle prestazioni e quant’altro. Il capitolo successivo sarà quindi dedicato al banco prova (Test Bench) e al lavoro che ho effettuato sul calcolo statistico della resistenza aerodinamica dell’aerofreno, senza conoscere i dati aerodinamici delle pale dell’elica ed i relativi risultati.

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Capitolo 3: Test bench – Prove al banco 3.1 Galleria del vento

Figura 3.1 Piccola galleria del vento per il test al banco dei motori.

Una volta che il motore è stato revisionato, bisogna verificare che non abbia problemi strutturali o perdite di fluidi (olio, benzina, bolle d’aria,…), inoltre devono essere verificate le prestazioni in modo che corrispondano a quelle dichiarate dal costruttore. Banco di prova Per banco di prova si intende quella struttura, alla quale viene collegato il motore da testare, fatta in modo da simulare le condizioni del motore alloggiato nel rispettivo vano di un velivolo. Quindi il banco è costituito dai seguenti componenti:

• Struttura reticolare ancorata a terra: travi in acciaio montate in una struttura labile a carrello, per trasportare il motore dall’officina all’Engine Test Tunnel; i carrelli vengono bloccati e la struttura ancorata alla galleria tramite catene di acciaio, diventando così iperstatica.

• Cabina di controllo: locale in cui l’operatore controlla il motore con gli stessi comandi presenti sull’aereo e con un PC, riceve ed elabora tutti i dati tecnici dalle sonde che misurano le varie grandezze fisiche del motore. La cabina ha una finestra a doppio vetro per permettere l’osservazione in sicurezza del motore durante il suo funzionamento.

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• Sonde: sono presenti dei trasduttori che traducono le grandezze fisiche in segnali elettrici da inviare al PC dell’operatore. I trasduttori presenti sono:

Termocoppie: poste nelle teste dei cilindri, misurano le temperature della camera di combustione; sono presenti anche nei tubi di scarico poco dopo la valvola di scarico della miscela di gas esausti. Sono misurate anche le temperature delle pompe della benzina e dell’olio, infine la temperatura ambiente. Contatore a infrarossi: è posto in prossimità delle pale dell’elica

frenante sulle quali sono incollate delle strisce di catarifrangente; contando il tempo trascorso dopo due o tre impulsi (se l’elica è bipala o tripala) si ricava il numero di giri dell’albero motore. Trasduttori di pressione: possono essere i tubi di pitot oppure

dispositivi elettronici che rilevino la pressione per tipi differenti di fluido. Le principali pressioni misurate nel motore sono:

- Manifold Absolute Pressure (MAP): è la differenza tra la pressione dell’aria aspirata dal motore e la pressione atmosferica esterna. Essa permette di misurare la potenza non utilizzata dal motore, ovvero, se il motore spende energia per aspirare l’aria, tale aspirazione assorbe potenza utile alla rotazione dell’albero motore.

- Nozzle (Vent): Viene misurata la pressione dei gas esausti.

- Fuel: Viene misurata la pressione del flusso di benzina mandato dalla pompa; eventuali perdite comportano scostamenti dell’indice del manometro rispetto ai valori nominali.

- Oil: Anche la pressione dell’olio viene misurata per controllare che non ci siano perdite e che la lubrificazione del motore sia costante per ogni regime di funzionamento.

- Pressione ambientale: viene misurata la pressione esterna, poiché il testing del motore richiede una certa pressione atmosferica esterna per la valutazione corretta.

• Serbatoi: come si vede dalla figura (3.1), i serbatoi sono montati all’esterno in conformità alla normativa della sicurezza aziendale e la norma EASA Part 145, che impone che i combustibili vanno stoccati ad una certa distanza dal motore, onde evitare pericolose propagazione di incendio.

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• Sul retro della cabina è presente un set di batterie che forniscono l’energia necessaria alla strumentazione e allo starter del motore.

Figura 3.2 Schermata del computer del banco prova.

La figura qui sopra riportata mostra la schermata del PC al banco prova. Si noti che c’è una scheda relativa ai grafici, ovvero si possono salvare nel tempo le variazioni delle grandezze misurate nella schermata principale, inoltre il programma di rilevazione dati colora di rosso le grandezze che superano i limiti impostati dall’utente in modo da rilevare immediatamente eventuali anomalie. C’è una terza scheda dedicata al trasduttore di coppia, il torsiometro, che è applicato tra l’elica e l’albero motore; esso misura la coppia frenata dall’elica in modo da ricavare la potenza disponibile del motore (che è equilibrata dalla potenza resistente dell’aerofreno). Ma a causa di una rottura, precedente il mio tirocinio, non ho avuto modo di constatarne il funzionamento. A questo punto ho avuto l’incarico di stimare la potenza disponibile del motore conoscendo solamente i giri del motore, le dimensioni dell’aerofreno (eccetto le sue caratteristiche aerodinamiche), calettamento delle pale dell’aerofreno. Ciò verrà presentato nel paragrafo successivo. Galleria del vento Come nella foto, è un semplice tunnel in pareti di alluminio, si noti che all’entrata c’è una chiusura scorrevole, usata quando si necessita di un’agitazione da parte dell’aerofreno in aria calma.

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Si toglie la parete mobile quando si testa il motore con eliche aerodinamicamente traenti, oppure quando si usa un aerofreno senza la necessità di aria immobile. Nella parte posteriore della galleria sono presenti delle fenditure che servono a limitare la turbolenza nella galleria del vento, ovvero raddrizzano il flusso d’aria spinto dall’elica (poiché essa crea un moto rotante del flusso d’aria). I comandi in cabina Nella cabina di controllo ci sono, oltre alle unità di elaborazione dati, i comandi di controllo del motore, che consistono in:

• chiave di avviamento del motore: girando una chiave si dà la corrente allo starter che mette in rotazione in motore.

• Throttle: variando la posizione della valvola farfalla posso variare la quantità di aria aspirata dal motore e di conseguenza far aumentare o diminuire i giri del motore. Se chiudo completamente la valvola, l’aria non entra più e il motore si spegne perché viene a mancare il comburente (l’ossigeno contenuto nell’aria).

• Mixture: Regola la quantità di carburante immessa nella miscela benzina/aria; la regolazione è fatta tramite una valvola presente nel carburatore, il quale presenta una levetta collegabile ad un cinematismo. Tale comando serve perché con l’aumentare della quota diminuisce la densità dell’aria (di conseguenza anche il livello di ossigeno), perciò è necessario correggere il rapporto stechiometrico della miscela. Anche in questo comando se chiudo completamente il flusso di benzina, il motore si arresta per mancanza di carburante.

• interruttori dei magneti: sono comandi collegati ai magneti e l’operatore può disattivare le scintille generate dal magnete (e quindi spegnere il contributo dato dal relativo cilindro la cui candela è collegata al magnete). Infatti, spegnendo diverse coppie di cilindri si possono simulare le avarie dei magneti.

Non è un particolare banale, ma nella cabina è presente un estintore per spegnere eventuali incendi e un telefono per le comunicazioni con l’esterno, infatti durante le prove è rigorosamente vietato accedere nella galleria del vento o sostare nelle vicinanze.

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Esempio di prova al banco motore Riportiamo a titolo esemplificativo un estratto di un verbale di una prova al banco (sono omesse tutte le identificazioni dei componenti, P/N, cliente,…; a garanzia della privacy): Tabella 3.1 Estratto verbale risultati di una prova al banco motore.

Come si vede per i primi 85 minuti il motore viene gradualmente portato a regimi di rotazione sempre più elevati, con un aumento di 300 giri ogni 10 minuti circa; si notino le temperature dei gas esausti in uscita. Questa operazione viene fatta per controllare la resistenza del motore ad un carico sempre più grande nel tempo. Negli ultimi 10 minuti il motore viene mantenuto al minimo per raffreddare i cilindri. In seguito sono state effettuate delle prove con il motore al massimo numero di giri dichiarato dal costruttore per testarne i consumi, in particolare del carburante, poiché se ci sono dei consumi maggiori rispetto ai valori specificati nel manuale di revisione del motore, significa che ci sono dei componenti meccanici che non lavorano bene, in caso contrario, se sono inferiori, vuol dire che ci sono delle perdite. Si verifica anche il tempo di ripresa del motore variando velocemente la manopola di controllo dell’iniettore del carburatore, questo perché in qualsiasi tipo di velivolo il motore deve essere in grado di variare in tempi brevi il suo regime di funzionamento. Ad esempio, pensiamo ad un atterraggio abortito, il velivolo in discesa deve riprendere quota il prima possibile, pertanto il motore deve passare da un regime di basse velocità ad un regime di alte velocità.

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Quando è richiesto, si fanno anche delle prove spegnendo uno ad uno i magneti o lasciando attive un paio di cilindri contrapposti, per vedere se il motore è in grado di fornire potenza sufficiente di fronte ad eventuali anomalie e avarie dei magneti o nella trasmissione della corrente elettrica. Al termine di tutte le prove, il motore viene portato in azienda per una finale pulizia e viene imballato per la consegna al cliente. L’operatore compila un verbale conforme alla normativa EASA Part 145 (come l’estratto nella tabella 3.1) e lo allega nella documentazione che verrà consegnata al cliente. 3.2 Stima della resistenza aerodinamica di un aerofreno

Figura 3.3 Aerofreno della MT Propeller, nell’immagine si vede il modello tripala. L’aerofreno è un tipo particolare di elica avente l’estradosso convesso mentre il ventre (intradosso) è piatto. Tale elica particolare serve a creare puramente resistenza aerodinamica e quindi una coppia resistente all’albero su cui è montata. La resistenza è data dalla particolare forma del profilo che genera turbolenza in quanto ogni profilo della pala stalla anche per angoli di incidenza, e nella scala più grande l’elica praticamente agita l’aria. Tuttavia solo una piccola parte di aria viene accelerata dall’elica, tale flusso serve a raffreddare sufficientemente i cilindri del motore.

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In particolare le dimensioni dell’aerofreno sono:

Figura 3.4 Schema dimensioni elica

Tabella 3.2 Dati dimensioni aerofreno, le unità di misura sono riferite allo standard SI.

Diametro elica (D) 1.6

Raggio interno (Ri) 0.15

Raggio esterno (Re) 0.80

Apertura pala (b=Re-Ri) 0.65

Corda media pala (c) 0.20

Superficie singola pala (S = b * c) 0.13

Calettamento pale 0°

Si noti che le pale dell’aerofreno non sono svergolate, cioè tutti i profili lungo l’apertura della pala hanno lo stesso calettamento (vedi figura 3.3). Problema Data la curva giri – potenza motore, si conosce il numero di giri massimi e la potenza massima erogabile dal motore. In alcuni casi però il motore veniva potenziato, pertanto bisognava conoscere la potenza massima erogata dal motore. Per potenza massima erogata si intende il punto in cui il motore viene portato al massimo e impostando un certo calettamento delle pale dell’aerofreno si osserva che il motore non accelera più, ovvero il regime è stazionario in quanto la coppia sviluppata dall’albero a motore è pari alla coppia resistente dell’aerofreno. Tuttavia prima di arrivare alla situazione di equilibrio bisognava fare un certo numero di tentativi e con un consumo non trascurabile di benzina. Allora ci si è chiesti se si poteva elaborare un metodo statistico in cui si poteva calcolare la resistenza del mulinello, trovando così la potenza massima. Risoluzione Il primo passo è stato quello di ricavare i dati sperimentali sui motori già testati in passato, cioè si è ricostruita la seguente tabella (vedi pag. successiva).

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Tabella 3.3 Raccolta dati motore.

Codice motore Potenza

sviluppata [HP]

Numero pale

aerofreno

Giri massimi

[rpm]

Incidenza pale

aerofreno [°]

# 100 2 2700 14 # 150 2 2700 18 # 160 2 2700 19 # 180 2 2700 20 # 200 2 2700 21

O-470-R 230 3 2600 18.5 IO-540-AE1A5 260 3 2800 19.5

O-470-11 215 3 2600 20 IO-520-F 300 3 2850 20

TIO-540-AB1AD OP-540-C4D5D

250 3 2575 21 TIO-540-C1A 250 3 2575 21 O-540-E4A5 260 3 2700 21

TIO-540-S1AD 300 3 2700 21 LTIO-540-J2BD 350 3 2575 21

IO-520-BB 285 3 2700 22 TSIO-520-TCR 310 3 2700 22

TSIO-520 300 3 2700 23 TSIO-520-L 310 3 2700 23 IO-550-N 310 3 2700 24

TIO-540-AH1A 300 3 2500 28 TIO-541-E1C4 380 3 2900 18

Da questa tabella si ricava con certezza che a quei giri, con il tipo di aerofreno usato in azienda, con la relativa incidenza delle pale, il motore sviluppa esattamente la potenza indicata sulla tabella (e anche nel manuale di revisione del costruttore). A questo punto si è fatto ricorso alla teoria dell’elemento di pala dell’elica (Blade Theory). Verranno riportati solo i passaggi principali. IPOTESILe ipotesi che abbiamo adottato sono le seguenti:

• La pala dell’aerofreno ha forma rettangolare avente come base l’apertura della pala e come altezza la corda media, mentre lo spessore è considerato trascurabile.

• La pala ha rigidezza infinita, ovvero non si deforma durante la rotazione. • Il moto dell’aria per qualsiasi angolo di incidenza della pala è turbolento. • L’aria circostante è irrotazionale e stazionaria, cioè è ferma rispetto

all’elica.

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DIMOSTRAZIONE METODO

1) La resistenza aerodinamica è data dalla seguente formula:

DScVD 2

21 ρ= (3.1)

2) La potenza resistente è per definizione:

DR ScVVDP 3

21 ρ=⋅= (3.2)

3) Siccome le pale dell’elica ruotano, pertanto la velocità di ciascun profilo

è ricavato conoscendo la velocità angolare e la rispettiva distanza dal mozzo dell’elica:

rV ⋅= ω (3.3)

4) Inserendo nella (3.2) l’equazione del punto 3, si ottiene:

DR ScrVDP 33

21 ρω=⋅= (3.4)

5) La teoria dell’elemento di pala dell’elica ci dice che per calcolare la

forza aerodinamica risultante bisogna integrare la (3.4) sull’apertura della pala:

[ ]443

43

33

33

81

421

21

21

ieDR

R

RD

R

RD

R

R DR

RRScP

rSc

drrSc

drScrP

e

i

e

i

e

i

−=⇒

=⎥⎦

⎤⎢⎣

⎡=

==

==

∫∫

ρω

ρω

ρω

ρω

K

(3.5)

Ora si è ottenuta l’espressione della potenza resistente di una singola pala; per ottenere quella dell’elica completa basta moltiplicare l’equazione (3.5) per il numero di pale dell’elica.

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Si noti che però bisogna conoscere il coefficiente di resistenza, quest’ultimo è ricavabile dal grafico CD – α. Per ottenere tale grafico, avendo già i dati delle prove fatte in passato sui motori, è bastato calcolare dalla tabella (3.3) i rispettivi punti sul grafico CD – α, applicando la formula (3.5) con la variabile incognita il coefficiente di resistenza (CD):

[ ]443

81

ie

RD

RRS

Pc−

=ρω

(3.6)

Quindi dai dati della tabella (3.3) si è ottenuto il seguente risultato:

Tabella 3.4 Risultati calcolo coefficiente di resistenza.

Potenza sviluppata

[HP]

Numero pale

aerofreno

Giri massimi

[rpm]

Incidenza pale

aerofreno [°]

CD

100 2 2700 14 0.20267 150 2 2700 18 0.30401 160 2 2700 19 0.32427 180 2 2700 20 0.36481 200 2 2700 21 0.40534 230 3 2600 18.5 0.34802 260 3 2800 19.5 0.31498 215 3 2600 20 0.32532 300 3 2850 20 0.34465 250 3 2575 21 0.38940 250 3 2575 21 0.38940 260 3 2700 21 0.35130 300 3 2700 21 0.40534 350 3 2575 21 0.54516 285 3 2700 22 0.38507 310 3 2700 22 0.41885 300 3 2700 23 0.40534 310 3 2700 23 0.41885 310 3 2700 24 0.41885 300 3 2500 28 0.51061 380 3 2900 18 0.41436

Poi con l’aiuto di MATLAB© si è eseguita una interpolazione polinomiale del 2°ordine (poiché il grafico CD – α è una parabola), in modo da ottenere coefficienti di resistenza incogniti conoscendo la incidenza dell’aerofreno.

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Ottenendo così i seguenti grafici:

Figura 3.5 Polare aerofreno, le curve tratteggiate si riferiscono all’interpolazione polinomiale. Infine, noto il coefficiente di resistenza, si applica la (3.5); conoscendo la geometria dell’elica, la densità dell’aria (vedi Appendice A.4), il numero di giri del motore, il numero delle pale, si ricava la stima della resistenza del mulinello. Esempio pratico: Un motore Lycoming AEIO-540-EXPERIMENTAL, si vuole sapere quanti cavalli sviluppa il motore a 2730 rpm con 22° di incidenza. Dal grafico CD – α, entrando dall’incidenza si ottiene il coefficiente di resistenza: CD = 0.40 circa; Con i dati a disposizione utilizzo la formula (3.5):

( ) °⋅−⋅⋅⋅⋅⋅= paleestelicapalaariaR nRRCdSP 4int

43

81 ωρ [W] (3.7)

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Il risultato è in Watt per convertirlo in Cavalli vapore [HP] bisogna fare la seguente conversione: 1 kW = 1000 W 1 kW = 1,341021859 HP Inoltre bisogna convertire anche la velocità angolare dell’elica da [rpm] a [rad/s]: 1 RPM = 0.1047198 RAD/SEC Il risultato finale è: PR = 307.8 HP Un controllo della bontà del metodo è dato dalla verifica, con il dato dichiarato dal costruttore che a 2730 rpm il motore sviluppa 310 Hp; pertanto, con un errore dello 0.7% circa, il metodo, pur essendo molto empirico, mostra una buona attendibilità.

Figura 3.6 Grafico ottenuto con il programma MATLAB©, il quale non calcola solo il valore

puntuale della potenza sviluppata, ma un vettore di potenze interpolato con quelle note, dato in ingresso un vettore di diversi regimi di rotazione del motore.

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Capitolo 4: Laboratorio metrologico 4.1 Gli strumenti di misura Una delle attività principali del mio tirocinio è stata il laboratorio metrologico dedicato alla taratura e calibratura degli strumenti. Innanzitutto va specificato che tale sede è una stanza dedicata ad atmosfera controllata tramite un condizionatore, in modo da garantire le condizioni standard di misura. La temperatura e l’umidità dell’ambiente devono essere comprese nei seguenti intervalli: 23°C ±3°C per la temperature e 50%Rh ±20%Rh di umidità.

Figura 4.1 Fotografie della stanza del laboratorio metrologico presso la DAVID. La stanza comprende una divisione razionalizzata degli spazi e angoli, in quanto ci sono i PC degli operatori, a destra c’è il banco per le tarature e calibrature dei manometri e la prova di durezza dei materiali con una pressa manuale a punta di diamante. Il banco a sinistra invece è per la taratura e calibratura per le chiavi dinamometriche e torsiometri (prima foto nella figura 4.1), infine c’è una struttura a traliccio che serve per la taratura dei dinamometri mediante celle di carico e tiranti di acciaio collegati a un motore elettrico trifase, che tira i fili mediante una vite senza fine. I primi due mesi dello stage mi sono occupato dello studio delle normative nel campo metrologico, in particolare per gli strumenti di misura impiegati nel campo dell’aviazione generale.

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Gli strumenti di misura più usati sono: manometri, torsiometri, calibri, micrometri, chiavi dinamometriche, dinamometri, tensiometri, comparatori ed altri meno usati. Ogni strumento ha la sua specifica nelle norme italiane UNI CEI ENV ed internazionali ISO. Tabella 4.1 Elenco delle norme di riferimento per un laboratorio metrologico.

Numero Norma Descrizione Data

ISO/IEC GUIDE 99:2007

VOCABOLARIO INTERNAZIONALE DEI TERMINI DI METROLOGIA - VIM

12/2007

UNI 4546 MISURE E MISURAZIONI TERMINI E DEFINIZIONI FONDAMENTALI

11/1984

UNI 9052 CRITERI BASE PER LE PROCEDURE DI TARATURA DIMENSIONALE

06/1987

UNI EN ISO 10012

SISTEMA DI CONFERMA METROLOGICA DI APPARECCHI PER MISURAZIONI

04/2004

UNI CEI ENV 13005

GUIDA ALL’ESPRESSIONE DELL’INCERTEZZA DI MISURA

07/2000

UNI CEI EN ISO/IEC 17025

REQUISITI GENERALI PER LA COMPETENZA DEI LABORATORI DI PROVA E TARATURA

09/2005

UNI EN 837-1 MANOMETRI A MOLLA TUBOLARE DIMENSIONI, METROLOGIA, REQUISITI-PROVE

10/1998

UNI EN ISO 376 STRUMENTI DI MISURAZIONE DELLA FORZA

10/2005

UNI EN ISO 6789

ATTREZZI DINAMOMETRICI A MANO

12/2004

CID A-A-59380-A

TENSIOMETRI PER CAVI AERONAUTICI

07/2002

UNI EN ISO 3599+A1

CALIBRI A CORSOIO CON NONIO DI 0.10 mm e DI 0.05 mm

03/1984-1991

UNI EN ISO 3650

CAMPIONI DI LUNGHEZZA BLOCCHETTI PIAN PARALLELI

05/2002

UNI 4180 COMPARATORI CENTESIMALI A QUADRANTE

07/1970

UNI 5708 MICROMETRI PER ESTERNI CARATTERISTICHE FUNZIONALI E QUALITATIVE

03/1984

UNI ISO 6906+A1

CALIBRI A CORSOIO CON NONIO DI 0.02 mm 06/1987-

1991

UNI 8928 BLOCCHETTI DI RISCONTRO, METODO DEL CONFRONTO MECCANICO

04/1987

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UNI 9191 TARATURA PER MICROMETRI ESTERNI

04/1988

UNI 9313 PROCEDURA PER LA TARATURA DEI CALIBRI A CORSOIO

06/1988

UNI 9954 COMPARATORI, MISURATORI, TRASDUTTORI DI SPOSTAMENTO AD ASTA SCORREVOLE

07/1992

UNI 10699-1 ISTRUZIONI PER IL CONTROLLO DELLE APPARECCHIATURE PER MISURAZIONI DIMENSIONALI

03/1998

UNI 10699-6 LINEE GUIDA PER MICROMETRI PER MISURAZIONI DI PROFONDITA’

07/1999

UNI 10699-28 LINEE GUIDA PER ALESAMETRI

07/1999

Dalla tabella delle norme possiamo valutare quelle più utilizzate nel campo della metrologia, in particolare più avanti ci occuperemo quelle relative all’espressione dell’incertezza di misura. I banchi di prova Sono delle strutture particolari in cui si creano le condizioni in cui lo strumento di misura può essere valutato da un altro strumento la cui precisione è più elevata. Ad esempio, la misura di un manometro di lavoro è confrontata con la misura fatta da uno strumento campione (vedi Appendice A.1, strumento campione). Riporto brevemente le descrizioni dei vari supporti di prova che ho avuto modo di praticare durante il tirocinio:

GENERATORE MANUALE DI PRESSIONE (GPM)

Figura 4.2 Esempio di una GPM prodotta dalla A.E.P transducers di Modena.

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Il generatore manuale di pressione GPM (detto anche comunemente “Torchietto”) è un sistema realizzato per risolvere i problemi di taratura e controllo di manometri ad indice, trasduttori e trasmettitori di pressione. La generazione della pressione avviene tramite un pistone interno, che mediante un sistema a vite consente una regolazione micrometrica della pressione con sforzi molto contenuti. La struttura è realizzata in alluminio per aumentare la maneggevolezza, e comprende: un serbatoio centrale dove fluisce l’olio di riempimento del circuito idraulico, una valvola a sfera per lo scarico, un sistema di chiusura ermetica del serbatoio per il trasporto, e due attacchi 1/2” gas per la connessione del manometro campione e quello da controllare. Il generatore è completo delle guarnizioni di tenuta e della valigia di trasporto che comprende due sedi per i manometri campione. La principale applicazione del generatore è strettamente legata alle aziende o ai laboratori che lavorano in regime di Qualità e hanno l’esigenza di controllare periodicamente i loro indicatori di pressione con un campione di prima linea munito della certificazione SIT. Caratteristiche principali:

• Campo da 0 a 500 bar. • Dimensioni 230 x 180 x 40 mm. • Peso 4,5 kg. • In lega d’alluminio e acciaio inox. • Attacchi girevoli con tenuta a mezzo o-ring. • Funzionamento con olio. • Sistema di scarico rapido pressione. • Serbatoio incorporato. • Pompa a vuoto per estrarre l’aria dal circuito.

Accessori: • Manometro digitale LabDMM classe 0.05% completo di Certificato

SIT (strumento campione o di prima linea). • Quick Calibration, utility software per acquisizione dati su PC,

elaborazione degli errori e stampa certificato con riferibilità SIT.

Procedure per la taratura di un manometro

1) Si montano lo strumento campione e quello da tarare sui supporti del torchietto.

2) Si estrae verso l’esterno il pistone fino alla fine corsa del torchio, in modo da aspirare eventuali fluidi e bolle nel sistema.

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3) Si chiude in modo incompleto il tappo del serbatoio e con un vacuometro si aspira l’aria contenuta nel sistema in modo da ricrearne il vuoto.

4) Si spinge nuovamente il pistone e si verifica la tenuta del sistema ed eventualmente ripetendo la procedura se ci sono eventuali perdite.

5) Per la taratura la norma prevede un minimo di 5 punti di prova fino al fondoscala compreso, ad esempio se lo strumento da tarare arriva a 10 bar, posso fare la seguente serie: 0-1.0, 2.0, 3.0, 4.0, 6.0, 8.0, 10.0 [bar] (andata); 8.0, 6.0, 4.0, 3.0, 2.0, 1.0-0 (ritorno); in modo tale da poter costruire una curva della deviazione dello strumento rispetto a quello campione.

6) Completata la serie di misure, si deve scaricare il sistema, ovvero riportare il pistone all’esterno in modo da evitare di svitare gli strumenti con il fluido in pressione.

7) Pulire gli strumenti e il torchietto apponendo gli appositi tappi. Il risultato del processo di taratura serve sostanzialmente a capire la deviazione dello strumento rispetto a quello di riferimento, inoltre viene anche riportata la incertezza dello strumento campione. In realtà l’incertezza andrebbe calcolata sull’intero processo di taratura, ma dallo studio delle norme e dalla fattibilità aziendale di tale studio si è dimostrato che non è necessaria (vedi paragrafo 2.3). A volte può capitare che il manometro abbia un fondo scala basso, quindi il torchietto che può creare alte pressione potrebbe danneggiare lo strumento, allora si usa uno speciale regolatore di pressione che preleva l’aria compressa in azienda a 6 bar e la eleva fino a 10 bar circa.

Figura 4.3 Banco tarature dei manometri. Come si può vedere dalla fotografia qui sopra riportata, la scatola di metallo a destra è lo speciale regolatore di pressione.

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CELLA DI CARICO

Figura 4.4 Esempio di una cella di carico usata nel laboratorio metrologico, si noti lo schema

del circuito elettrico comprendente un circuito ponte di “Wheatstone”. La cella di carico è un elemento deformabile in lega metallica ad elevata resistenza elastica e bassissima isteresi in modo tale che, deformandosi in modo molto vicino alla linearità, possa far variare linearmente una resistenza elettrica la quale traduce la deformazione in variazione della tensione di alimentazione. Si noti che nel circuito è inserito un ponte di Wheatstone che permette di misurare in modo preciso la resistenza elettrica della cella di carico (e di conseguenza la deformazione). Il segnale viene infine mandato in un altro trasduttore campione che trasforma a sua volta il segnale elettrico in informazione digitale per il PC, oppure si può leggerne il valore del carico tramite un display LCD sullo strumento stesso. Caratteristiche tecniche:

• Carico nominale: 300 kg • Carico limite: 150% (riferito al valore nominale) • Carico di rottura: >300% (riferito al valore nominale) • Accuratezza: 0.03% • Non linearità: ≤ ±0.023% • Non ripetibilità: ≤ ±0.015% • Temperatura di lavoro: 23°C (range di lavoro: [-10°C , 40°C])

La cella di carico è poi montata su un banco di prova verticale tramite uno snodo sferico e sul lato verso il basso è montato un gancio che a sua volta può essere ingaggiato da un moschettone che collega la cella di carico al dinamometro (a molla) e quest’ultimo è collegato ad un filo di acciaio che è tirato da una vite senza fine. Ricapitolando, a partire dall’alto del banco verticale si ha il seguente collegamento: snodo sferico cella di carico gancio e moschettone dinamometro filo di acciaio manovella o motore elettrico.

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Tirando il filo si fa allungare il dinamometro e allo stesso tempo esso tira anche la cella di carico per il principio di azione e reazione e quindi, leggendo il valore del dinamometro, si compara con la lettura dello strumento campione (indicatore digitale di forza) per i carichi, effettuando così la taratura del dinamometro stesso.

Figura 4.5 Esempio di un indicatore digitale di forza.

Analogamente, per le coppie si usano dei torsiometri statici il cui funzionamento è simile alle celle di carico, ma si misurano i momenti statici, il segnale viene poi trasmesso ad un trasduttore digitale di coppia. Infine per le lunghezze si usano i blocchetti di riscontro, detti anche blocchetti pian paralleli. E’ un calibro fisso costituito da un parallelepipedo lavorato in modo da ottenere due facce contrapposte perfettamente parallele, distanziate tra loro di una quota precisa (spessore nominale). I blocchetti pianparalleli vengono anche chiamati blocchetti Johansson, dal nome dello svedese che ne diffuse l’uso.

Essi sono usati per tarare strumenti come i calibri, i micrometri e i comparatori. I blocchetti sono costruiti in acciaio pregiato o con speciali leghe metalliche con coefficiente di dilatazione termica molto basso, in modo tale da garantire una costanza delle proprie dimensioni fisiche. Specialmente i

blocchetti sono lavorati con un processo chiamato lappatura, che leviga le facce dei blocchetti in modo da renderle a specchio.

Figura 4.6 Esempio di blocchetti pianparalleli.

La temperatura di esercizio è di 20°C. Perché è importante la taratura di uno strumento? Innanzitutto osserviamo che la taratura di uno strumento significa confrontarlo con un altro strumento della cui attendibilità siamo sicuri. Non bisogna confondere la taratura con la calibrazione, poiché quest’ultima è l’intervento sullo strumento stesso, modificandolo in modo che i suoi valori siano gli stessi dello strumento campione.

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In campo aeronautico occorre periodicamente controllare i propri strumenti di misura, onde evitare errate letture che possono causare conseguenze negative. Infine in un rapporto di taratura si riportano i seguenti dati (quelli relativi al procedimento): incertezza dello strumento campione, punti di misura, valori rilevati, media valori rilevati per punto di misura, deviazione dello strumento da quello campione, errore percentuale complessivo per punto di misura. Nel paragrafo successivo sono riportati i risultati dello studio della “Guida all’espressione all’incertezza di misura” (UNI CEI ENV 13005). 4.2 Studio delle norme UNI CEI ENV 13005 Per quanto riguarda l’aspetto teorico, si rimanda all’appendice A.1 chi volesse avere un approfondimento dettagliato, mentre nei paragrafi seguenti si riporterà il metodo elaborato dopo lo studio dell’espressione dell’incertezza di misura e le prove sperimentali con i risultati ottenuti. 4.3 Riassunto della procedura per la valutazione e la

dichiarazione dell’incertezza 1) Si esprime matematicamente la relazione tra il misurando Y e le

grandezze d’ingresso X_i da cui Y dipende: ( )NXXXfY ,,, 21 K= . La funzione f dovrebbe contenere ogni grandezza, comprese tutte le correzioni ed i fattori di correzione, che possono contribuire con una componente significativa all’incertezza del risultato della misurazione.

2) Si determina x_i, il valore stimato della grandezza d’ingresso X_i, sulla base dell’analisi statistica di serie di osservazioni o mediante altri metodi.

3) Si valuta l’incertezza tipo ( )ixu di ciascuna stima d’ingresso x_i. Per una stima d’ingresso ottenuta sulla base dell’analisi statistica di serie di osservazioni, l’incertezza tipo è valutata secondo una “valutazione di categoria A dell’incertezza tipo”. Per una stima d’ingresso ottenuta con altri metodi, l’incertezza tipo ( )ixu è valutata secondo una “valutazione di categoria B dell’incertezza tipo”.

4) Si valutano le covarianze associate alle stime d’ingresso eventualmente correlate.

5) Si calcola il risultato della misurazione, vale a dire la stima y del misurando Y, dalla relazione funzionale f usando, per le grandezze d’ingresso X_i , le corrispondenti stime x_i ricavate al passo 2.

6) Si determina l’incertezza tipo u(y) del risultato della misurazione y dalle incertezze tipo e dalle covarianze associate alle stime d’ingresso. Se la

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misurazione determina simultaneamente più di una stima d’uscita, se ne calcolino le covarianze.

7) Se è necessario dare un’incertezza estesa U(y) si ricava a partire dalla distribuzione usata per y e del livello di confidenza richiesto il fattore di copertura k.

8) Si riporta il risultato della misurazione y con la sua incertezza tipo u(y), o la sua incertezza estesa U(y) specificando anche il fattore di copertura k.

4.4 Prova in laboratorio di una taratura Riporto un esempio di una taratura di un manometro da 3000 psi effettuata nel laboratorio metrologico. Tabella 4.2 Riepilogo strumenti.

Dati strumento in taratura Dati strumento di riferimento

Tipo strumento: Manometro a molla di Bourdon Range di misura: 0 – 3000 psi Risoluzione strumento: 5 psi Costruttore: NUOVAFIMA

Range pressione misura: 0 – 500 bar

Linearità e isteresi: %05.0±≤ F.S.

Risoluzione interna: 65000 (divisioni) Conversioni al secondo: 100 ms Temperatura di lavoro: + 23 °C Pressione limite: 150% F.S. Tipo di filettatura: ½” GAS MALE Coppia di serraggio: 28 Nm Certificato di taratura: SIT

Svolgimento: Come già descritto nel paragrafo 2.2, il manometro e lo strumento campione sono stati sistemati sul torchietto, la normativa UNI EN 837-1 prevede come minimo numero 5 punti di misura (escluso lo zero) sulla scala dello strumento, in modo da saggiare tutta la scala e quindi il comportamento dello strumento. Si riporta la seguente tabella dei risultati della taratura, che mostra la media dei valori, lo scostamento delle misure rispetto al punto di misura e la media dei rilievi, infine la percentuale dello scostamento medio rispetto al fondoscala.

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Tabella 4.3 Punti di misura e la loro prima elaborazione. Scarto Punti

di misura

1^ misura

2^ misura

3^ misura

Media misure Massimo Minimo Medio

% Scarto medio

rispetto al FS

500 519 526 529.24 524.75 29.24 19 24.12 0.69% 1000 1002 998 1000.3 1000.1 2 -2 0 0.00% 1500 1485 1483.2 1487.5 1485.23 -12.5 -16.8 -14.65 -0.42% 2000 1966 1975 1971.6 1970.87 -25 -34 -29.5 -0.84% 2500 2470.1 2479.7 2470.3 2473.37 -20.3 -29.9 -25.1 -0.72% 3000 2985 2985.2 2985.7 2985.3 -14.3 -15 -14.65 -0.42% S

AL

ITA

3500 3509.4 3510.1 3508.4 3509.3 10.1 8.4 9.25 0.26% 500 525 533.6 533.6 530.73 33.6 25 29.3 0.84% 1000 1006.6 1012.5 1008.2 1009.1 12.5 6.6 9.55 0.27% 1500 1485 1494.7 1491.2 1490.3 -5.3 -15 -10.15 -0.29% 2000 1972.3 1977.3 1976.7 1975.43 -22.7 -27.7 -25.2 -0.72% 2500 2468 2475.7 2473.5 2472.4 -24.3 -32 -28.15 -0.80% D

ISC

ES

A

3000 2990 2992.4 2991.6 2991.33 -7.6 -10 -8.8 -0.25%

Tabella 4.4 Stima dell’incertezza di misura Dispersione Punti

di misura

1^ misura

2^ misura

3^ misura

Deviazione standard

Stima incertezza tipo (SIT)

Scarto massimo

Errore di ripetibilità

Fattore correttivo

500 -5.75 1.25 4.49 4.27 10.31 10.31 10.24 1.95 1000 1.90 -2.10 0.20 1.64 6.64 6.64 4.00 0.40 1500 -0.23 -2.03 2.27 1.76 6.77 6.77 4.30 0.29 2000 -4.87 4.13 0.73 3.71 9.40 9.40 9.00 0.46 2500 -3.27 6.33 -3.07 4.48 10.66 10.66 9.60 0.39 3000 -0.30 -0.10 0.40 0.29 5.80 5.80 0.70 0.02 S

AL

ITA

3500 0.10 0.80 -0.90 0.70 5.94 5.94 1.70 0.05 500 -5.73 2.87 2.87 4.05 9.95 9.95 8.60 1.62 1000 -2.50 3.40 -0.90 2.49 7.63 7.63 5.90 0.58 1500 -5.30 4.40 0.90 4.01 9.88 9.88 9.70 0.65 2000 -3.13 1.87 1.27 2.23 7.30 7.30 5.00 0.25 2500 -4.40 3.30 1.10 3.24 8.68 8.68 7.70 0.31

DIS

CE

SA

3000 -1.33 1.07 0.27 1.00 6.11 6.11 2.40 0.08 A questo poi ho aggiunto l’analisi dell’incertezza, applicando lo studio fatto sulla guida all’espressione dell’incertezza (UNI EN ISO 13005) e con l’aiuto di Matlab©, si sono potuti produrre grafici e risultati numerici.

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In particolare i seguenti termini sono stati così calcolati:

Deviazione standard

N

SN

ii∑

== 1

2

σ (4.1)

N: numero totale misure (nella nostra analisi è N = 3).

Stima incertezza estesa

( ) ( )NRIkyU b

222 ++⋅= σ (4.2)

Ib: incertezza strumento campione (nota dalla certificazione dello strumento campione) R: risoluzione dello strumento in taratura (anche questo dato è noto dalla lettura del quadrante dello strumento stesso, ovvero la suddivisione della scala dei valori) Fattore di correzione: è semplicemente il rapporto tra il valore nominale impostato e la media delle misure sul punto di misura. Errore di ripetibilità: è il rapporto tra lo scarto massimo e la media delle misure per il rispettivo punto di misura. Esso costituisce di fatto il limite inferiore della massima precisione ottenibile dalle misure. Questo perché, mentre gli errori sistematici potrebbero essere migliorabili (con un controllo delle condizioni di contorno, un miglioramento strumentale o metodologico), gli errori casuali per definizione non sono contrastabili. Le fonti di errori casuali sono infinite, a volerne citare qualcuna di esempio:

• instabilità propria del misurando (rumori di fondo, moto browniano); • errori di lettura da parte dell’operatore; • disturbi su circuiti elettrici; • valore d’accelerazione gravitazionale locale; • deformazione elastica di strutture di sostegno o attrezzature; • instabilità delle condizioni ambientali (convezione atmosferica,

irraggiamento infrarosso).

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• ripetibilità propria dei strumenti di misura (errori di ripetibilità strumentali).

Valore impostato: è importante ricordare di specificare se il valore impostato è riferito allo strumento campione o in taratura. La scelta dello strumento a cui riferire il punto di misura è fatto in base al tipo di strumento in taratura; ad esempio per il manometro si usa lo strumento in taratura poiché si imposta su di esso il valore e si legge il valore riportato sul campione. Cosa che non è possibile per esempio un micrometro il cui campione è un blocchetto pianparallelo perché, se si imposta il valore sul micrometro, la lunghezza potrebbe essere maggiore o minore rispetto alla lunghezza del blocchetto di riferimento. Quindi in quest’ultimo caso lo strumento usato come riferimento per i punti di prova è quello campione. Approfondimento speciale: migliorie sul rapporto di taratura Oltre al modello di taratura comunemente usato nei certificati, lo studente tirocinante, assieme al tutor aziendale, ha provato ad aggiungere alcuni dettagli per facilitare al cliente l’utilizzo pratico dei dati di taratura. Per il segreto aziendale non sarà spiegato il procedimento per ottenere il risultato, mentre invece le formule utilizzate sono tutte tratte dalla normativa generale UNI CEI ENV 13005 (“Guida all’espressione dell’incertezza di misura”, vedi Appendice A.1). Riprendendo l’esempio precedente, ho scritto un programma in MATLAB©, che dati in ingresso i punti di misura e le misurazioni come precedentemente visto e calcola le seguenti variabili:

• Errore assoluto e relativo rispetto al punto di misura. • Errore quadratico medio. • Scostamento dalla media e la Varianza. • Deviazione standard (o Scostamento medio). • Incertezza estesa (k=2). • Intervallo di confidenza ( valore medio ± scarto quadratico medio). • Intervallo di incertezza ( valore medio ± incertezza estesa, percentuale

rispetto al fondo scala o al punto di misura). Infine tali risultati sono stati riprodotti sui seguenti grafici

1) Composto da tre sezioni grafiche: la prima riporta la distribuzione dei valori di misura intorno al valore medio e la relativa interpolazione con la campana di Gauss che ricostruisce la distribuzione statistica dei valori di misura; poi sono stati evidenziati gli intervalli di confidenza e d’incertezza, infine il valore del punto di misura impostato.

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2) Un grafico riassuntivo di tutte le curve di misura crescenti e decrescenti in modo da formare la curva d’isteresi dello strumento in taratura; tale curva grafica è poi confrontata con la retta ideale di misura.

3) Un grafico che riporta la deviazione percentuale della media delle misure rispetto ai singoli punti di prova.

Ecco i risultati della elaborazione ottenuti dallo studio della normativa UNI CEI ENV 13005 (“Guida all’espressione dell’incertezza di misura”), per i dati dei valori misurati si rimanda alla tabella 2.3:

Tabella 4.5 Dati sulla prima osservazione Osservazione n° 1

Punti di misura

Errore assoluto

Errore relativo al pt. di misura

Scarto Varianza

500 19.0000 0.0380 -5.7467 33.0242 1000 2.0000 0.0020 1.9000 3.6100 1500 -15.0000 0.0100 -0.2333 0.0544 2000 -34.0000 0.0170 -4.8667 23.6844 2500 -29.9000 0.0120 -3.2667 10.6711 3000 -15.0000 0.0050 -0.3000 0.0900 3500 9.4000 0.0027 0.1000 0.0100 500 25.0000 0.0500 -5.7333 32.8711 1000 6.6000 0.0066 -2.5000 6.2500 1500 -15.0000 0.0100 -5.3000 28.0900 2000 -27.7000 0.0139 -3.1333 9.8178 2500 -32.0000 0.0128 -4.4000 19.3600 3000 -10.0000 0.0033 -1.3333 1.7778

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Tabella 4.6 Dati sulla seconda osservazione

Osservazione n° 2 Punti di misura

Errore assoluto

Errore relativo al pt. di misura

Scarto Varianza

500 26.0000 0.0520 1.2533 1.5708 1000 -2.0000 0.0020 -2.1000 4.4100 1500 -16.8000 0.0112 -2.0333 4.1344 2000 -25.0000 0.0125 4.1333 17.0844 2500 -20.3000 0.0081 6.3333 40.1111 3000 -14.8000 0.0049 -0.1000 0.0100 3500 10.1000 0.0029 0.8000 0.6400 500 33.6000 0.0672 2.8667 8.2178 1000 12.5000 0.0125 3.4000 11.5600 1500 -5.3000 0.0035 4.4000 19.3600 2000 -22.7000 0.0114 1.8667 3.4844 2500 -24.3000 0.0097 3.3000 10.8900 3000 -7.6000 0.0025 1.0667 1.1378

Tabella 4.7 Dati sulla terza osservazione

Osservazione n° 3 Punti di misura

Errore assoluto

Errore relativo al pt. di misura

Scarto Varianza

500 29.2400 0.0585 4.4933 20.1900 1000 0.3000 0.0003 0.2000 0.0400 1500 -12.5000 0.0083 2.2667 5.1378 2000 -28.4000 0.0142 0.7333 0.5378 2500 -29.7000 0.0119 -3.0667 9.4044 3000 -14.3000 0.0048 0.4000 0.1600 3500 8.4000 0.0024 -0.9000 0.8100 500 33.6000 0.0672 2.8667 8.2178 1000 8.2000 0.0082 -0.9000 0.8100 1500 -8.8000 0.0059 0.9000 0.8100 2000 -23.3000 0.0116 1.2667 1.6044 2500 -26.5000 0.0106 1.1000 1.2100 3000 -8.4000 0.0028 0.2667 0.0711

Queste valutazioni per ogni serie di misurazioni sono servite ad estrapolare i dati necessari al calcolo dell’incertezza di misura e dell’intervallo di confidenza. Si noti che l’incertezza di misura è stata valutata sulla media delle tre osservazioni:

49

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Tabella 4.8 Risultati calcolo incertezza Punti di misura

Errore quadratico medio

Deviazione standard

Valore medio del punto di misura

Intervallo di confidenza

Intervallo di incertezza estesa

% incertezza rispetto al fondoscala

500 25.1129 5.2338 524.75 5.2338 12.6420 0.3612 1000 1.6422 2.0075 1000.10 2.0075 8.1927 0.2341 1500 14.8716 2.1595 1485.23 2.1595 8.4204 0.2406 2000 29.3687 4.5446 1970.87 4.5446 11.6882 0.3339 2500 27.0073 5.4857 2473.37 5.4857 13.2900 0.3797 3000 14.7029 0.3606 2985.30 0.3606 7.7149 0.2204 3500 9.3261 0.8544 3509.30 0.8544 8.0728 0.2307 500 30.9996 4.9652 530.73 4.9652 12.2010 0.3486 1000 9.4349 3.0512 1009.10 3.0512 9.3936 0.2684 1500 10.4965 4.9122 1490.30 4.9122 12.1971 0.3485 2000 24.6676 2.7301 1975.43 2.7301 9.1550 0.2616 2500 27.7893 3.9661 2472.40 3.9661 10.9165 0.3119 3000 8.7239 1.2220 2991.33 1.2220 8.0606 0.2303

Riportiamo una versione grafica di tali valutazioni in modo che il cliente possa avere una lettura di facile comprensione:

Figura 4.7 Punto di misura a 1000 psi durante la curva crescente della taratura.

50

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Figura 4.8 Punto di misura a 1000 psi durante la curva decrescente della taratura.

Figura 4.9 Punto di misura a 3000 psi durante la curva decrescente di taratura.

51

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Figura 4.10 Isteresi dello strumento in taratura.

Figura 4.11 Scostamento in percentuale rispetto ai valori impostati dello strumento in taratura.

52

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Partendo dalle prime tre figure, viene mostrata la funzione di massima probabilità (la curva blu, vedi formula 2.7) che interpola la distribuzione delle osservazioni del punto di misura impostato. Come si può constatare, l’andamento è quello della “campana di Gauss”, ove la massima probabilità è sul valor medio delle misurazioni. A tale curva si aggiungono gli intervalli di confidenza e di incertezza ed il valore del punto di misura (tratto verde). Il grafico può essere quindi letto nel seguente modo:

- La curva blu mi dà l’idea della situazione di come è stata eseguita la misura; ad esempio una campana molto piatta significa che la misura non è stata fatta con grande accuratezza, viceversa, se la campana è molto appuntita, significa che la misura è stata eseguita con grande accuratezza.

- Gli intervalli rossi e blu mi dicono come devo interpretare la lettura dello strumento, cioè se il valore teorico è all’interno della zona rossa allora come intervallo di imprecisione sarà dato da quello di confidenza. Invece se è tra l’intervallo nero e rosso dovrò quindi scegliere quello dell’incertezza estesa. Nella figura (2.13) si nota che è addirittura esterno agli intervalli, ciò significa che le misurazioni sono sicuramente pessime e non sono sufficienti ad esprimere l’incertezza di misura.

- I grafici intermedi visualizzano la distribuzione dei valori rispetto alla media della distribuzione stessa, ciò serve ad avere una immediata impressione della precisione della misura. Ad esempio, valori sperimentali che hanno oscillazioni elevate generano quindi una grande imprecisione e di conseguenza l’incertezza che dipende dal quadrato degli scarti sarà molto grande.

- I grafici con le linee blu, verdi e gialle indicano rispettivamente: l’errore assoluto, la deviazione standard dei punti di misura per il relativo punto di taratura e l’errore relativo. Tali linee evidenziano le proprietà di errore dello strumento. Ad esempio, se la deviazione standard ha un andamento meno casuale rispetto alla linea dell’errore assoluto è, significa che lo strumento ha una buona sensibilità ma è fuori scala, in altri termini lo strumento risponde bene alle variazioni della grandezza da misurare ma l’indice dello strumento si trova troppo distante rispetto al valore del punto di misura, perciò esso richiede un intervento di riposizionamento della scala.

Gli ultimi due grafici riguardano:

- ISTERESI: viene mostrata la curva di isteresi dello strumento e la retta ideale di misura, in particolare i manometri a molla di Bourdon hanno tale curva molto evidente, invece gli altri strumenti come i calibri,

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dinamometri, chiavi dinamometriche hanno curve d’isteresi confondibili con la retta ideale, pertanto non necessitano di tale grafico

- DEVIAZIONE PERCENTUALE: l’ultimo grafico riporta gli scostamenti di misura rispetto ai valori impostati per la serie crescente e decrescenti (tali curve sono molto diverse), ovvero se non è espressamente necessario un riposizionamento del’indice di misura, il cliente con tale grafico può sapere di quanto sbaglia lo strumento in un determinato punto di misura. Ad esempio se a 1000 psi lo strumento eccede di 25 psi, allora per averne realmente 1000 psi dovrò portare lo strumento a 1025 psi.

In conclusione, dallo studio effettuato risulta che finora il mercato richiede il grafico dello scostamento poiché gli altri grafici non sono di facile comprensione. Questo perché la clientela dell’aviazione generale è per lo più composta da persone con un medio grado d’istruzione che non hanno conoscenze sviluppate nel campo della metrologia. Pertanto l’unico grafico più usato dalle aziende che offrono il servizio di taratura è quello dello scostamento percentuale. Anche se i grafici qui mostrati non sono stati utilizzati dall’azienda in cui ho praticato il tirocinio, tuttavia sembra che dalle prime impressioni le figure siano di facile comprensione.

54

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55

Conclusioni

Le attività svolte durante il tirocinio sono state di carattere esclusivamente

pratico nelle prime settimane dello stage. Le Officine Aeronautiche David

operano in un settore che non richiede una preparazione teorica di elevato livello

poiché i servizi sono di carattere meccanico, poiché si trattava di operare sui

motori seguendo le normative e i bollettini emessi dalle agenzie di

aeronavigabilità e revisionare i motori seguendo procedure predefinite scritte nei

manuali delle aziende costruttrici.

Durante lo stage sono stati svolti due lavori di ricerca nel campo: metrologico e

aerodinamico, i relativi risultati hanno avuto una buona affidabilità, anche se per

l’utilizzo pratico per le attività aziendale non si è rivelato strettamente

necessario.

Durante l’attività in azienda ho potuto acquisire le seguenti abilità e conoscenze:

- Conoscenza dei principi di intervento manutentivo in Aviazione Generale,

Bollettini dei Costruttori, Normativa delle Autorità nazionali ed Infranazionali (

AD da FAA ed EASA );

- Principi certificazione e LOA per attività di maintenance sui motori a pistoni

secondo il certificato EASA Part 145;

- Principio del doppio controllo e controllo addizionale;

- Principi delle norme di lavoro, M.O.E.( Mainenance Organization Exposition );

- Organizzazione della Sala Metrologia, obiettivi e procedure;

- Metodologia misurazioni;

- Conoscenza della corretta applicazione del sigma di incertezza alle misurazioni

di vario genere secondo un metodo probabilistico e statistico;

- Conoscenza del processo di applicazione e utilizzo aerofreno al testbench

motore;

- Conoscenza della procedura di Controlli Non Distruttivi;

- Conoscenza delle fasi di disassemblaggio e diagnostica motori e loro parti.

Nel complesso nonostante la scarsa preparazione dal punto di vista pratico, tale

stage ha permesso di recuperare tale lacuna e terminare lo studio di laurea di

primo livello in maniera più che completa.

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Appendice A Riferimenti tecnici A.1 Guida all’espressione dell’incertezza di misura Il metodo di espressione dell’incertezza ha come principi base:

UNIVERSALEPer tutti i tipi di misurazione e dati in ingresso

Internamente coerente TrasferibileL'incertezza misursta deve essere direttamente

valutabile per la misura di un'altra incertezza

Metodo ideale

L’obiettivo di una misurazione è quello di determinare il valore del misurando, in altre parole della grandezza da misurare. In generale, però, il risultato di una misurazione è solamente un’approssimazione o stima del valore del misurando, in quanto le operazioni di misurazione sono tutte inevitabilmente affette da incertezza e cioè da un “grado di indeterminazione” con il quale il processo di misurazione ottiene il risultato. Ripetendo più volte la stessa misurazione, non si ottengono sempre gli stessi risultati, sebbene si possa verificare che essi siano compresi all’interno di una certa fascia di valori (si veda l’esempio in Fig. A.7). Quindi possiamo ipotizzare che il valore della misura è, con un certa probabilità, compreso all’interno della distribuzione individuata da questa fascia di valori, e inoltre che, maggiore è il numero di misurazioni che ha fornito lo stesso risultato di misura, maggiore è l’attendibilità di quel risultato.

Figura A.1 Esempio di dispersione delle misure.

Un risultato di misura per essere utilizzabile richiede un’indicazione quantitativa della sua attendibilità e qualità. Senza tale indicazione, infatti, i risultati delle misurazioni non possono essere confrontati né tra di loro, né con valori di riferimento assegnati da specifiche o norme. Tale indicazione si esprime in termini di incertezza del risultato di misura. È Pertanto necessario che esista una procedura, di agevole comprensione ed applicazione, per caratterizzare la qualità del risultato di una misurazione. La parola “incertezza” significa dubbio, e pertanto “incertezza di misura”, nella sua accezione più ampia, significa dubbio circa la validità del risultato di una misurazione. Poiché non esistono parole diverse per esprimere questo concetto generale di incertezza, essa può essere utilizzata sia in questa accezione generale sia per una qualsivoglia valutazione quantitativa di tale concetto.

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Le incertezze possono essere dovute a varie cause, tra le quali, ad esempio:

a) definizione incompleta del misurando; b) imperfetta realizzazione della definizione del misurando; c) non rappresentatività della campionatura (la campionatura scelta per le

misurazioni può non rappresentare il misurando definito); d) inadeguata conoscenza degli effetti delle condizioni ambientali sulla

misurazione o imperfetta misurazione delle condizioni stesse; e) distorsione personale dell'operatore nella lettura di strumenti analogici; f) risoluzione o soglia di risoluzione strumentali non infinite; g) valori non esatti di campioni e materiali di riferimento; h) valori non esatti di costanti ed altri parametri ottenuti da fonti esterne ed

usati nell'algoritmo di elaborazione dei dati; i) approssimazioni ed ipotesi semplificatrici inerenti al metodo ed al

procedimento sperimentali; j) variazioni nelle osservazioni del misurando ripetute in condizioni

apparentemente identiche. La definizione formale del termine “incertezza di misura” riportata nella “Guida all’espressione dell’incertezza di misura” (UNI CEI ENV 13005), è la seguente: parametro, associato al risultato di una misurazione, che caratterizza la dispersione dei valori ragionevolmente attribuibili al misurando. L’incertezza descrive completamente “la qualità” della misura e presuppone che tutti gli effetti sistematici, eventualmente presenti nel processo di misurazione, siano stati corretti. Secondo le raccomandazioni degli organismi internazionali competenti, le incertezze sono classificate nelle categorie A e B in base al metodo utilizzato per stimarle. Precisamente sono di categoria A, quelle valutate per mezzo dell’analisi statistica di serie di osservazioni. Di categoria B, quelle valutate con mezzi diversi dall’analisi statistica di serie di osservazioni. L’informazione utilizzata per stimare l’incertezza di categoria A proviene dallo stesso esperimento o misurazione che si sta esaminando, mentre quella di categoria B deriva da fonti esterne, quali:

• dati di misurazioni precedenti; • esperienza o conoscenza generale del comportamento e delle proprietà

dei materiali e strumenti di interesse; • specifiche tecniche dichiarate dal costruttore; • dati forniti in certificati di taratura o altri; • incertezze assegnate a valori di riferimento presi da manuali.

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Lo scopo della classificazione in categoria A e categoria B è quello di indicare le due diverse modalità di valutazione dei contributi dell’incertezza e non sottintende l’esistenza di differenze nella natura delle componenti risultanti dai due tipi di valutazione. Entrambi i tipi di valutazione sono basati su distribuzioni di probabilità e le componenti risultanti da ambedue i metodi sono quantificate mediante varianze o scarti tipo. Schema processo di determinazione dell’incertezza

Figura A.2 Esempio schema del processo di determinazione dell’incertezza.

Valutazione dell’incertezza tipo di categoria A Un approccio di categoria A può essere seguito quando una grandezza X può essere valutata direttamente in modo sperimentale, ad esempio in laboratorio, attraverso la ripetizione di un processo di misurazione, in condizioni controllate, cioè con misurazioni ripetute (misurazioni ripetute = misurazioni effettuate mantenendo costanti tutti i parametri di influenza noti e controllabili). Si supponga di avere N osservazioni statisticamente indipendenti, x_ i, la migliore stima della grandezza X è x (maiuscolo: valore, minuscolo: stima del valore) ovvero la media sperimentale del campione (o stima d’ingresso):

;1

N

XX

N

kk

i

∑== (A.1)

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Nota: ogni stima d’ingresso xi e le incertezze tipo corrispondenti u(x_i) sono ricavate de una distribuzione di valori possibili d’ingresso x_i. Tale distribuzione può essere basata su frequenze empiriche, cioè una serie di osservazioni x_i,k di x_i oppure a partire da una distribuzione iniziale. Oppure se consideriamo il legame tra le grandezze in ingresso (misure) e quelle in uscita (misurando), facciamo una stima del misurando:

( )

( );...,11;...,

1,,2,1

1

21

∑∑==

⋅=⋅=

=N

kkNkk

N

kk

N

xxxfN

YN

y

xxxfy (A.2)

La variabilità delle misure può essere espressa tramite la varianza campionaria

(da cui lo scarto tipo sperimentale, ) che rappresenta una stima della varianza della variabile aleatoria X:

2xs xs

2xσ

( ) ( ) ⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛−

−=→−

−= ∑∑

==

N

jjx

N

jjx xx

Nsxx

Ns

1

2

1

22

11

11 (A.3)

Poiché si adotta la media come stima della grandezza X, occorre valutare la varianza sperimentale della media, 2

xs (da cui lo scarto tipo sperimentale della media xs ) che rappresenta una stima della varianza della variabile aleatoria X:

( ) ( ) ( ) ( )∑ ∑= =

⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛−

−⋅==→−

−⋅==

N

j

N

jj

xxj

xx xx

NNNs

sxxNNN

ss

1 1

22

22

2

11

11

(A.4)

Dalla definizione di incertezza si ha che l’incertezza del risultato della misurazione sarà pari allo scarto tipo sperimentale della media. Da cui:

( )N

ssxu x

x == (A.5)

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Note: ⎯ Si utilizza la deviazione standard (σ) invece della varianza (σ^2) per

quantificare l’incertezza in quanto essa ha la stessa unità di misura del misurando.

⎯ Lo scarto tipo sperimentale della media ci quantifica quanto bene

x (valore medio) stimi il valore ATTESO µ_x di x ed entrambi possono essere adattati come valutazione quantitativa dell’incertezza di x .

⎯ Il numero delle osservazioni N deve essere abbastanza grande per

garantire che x fornisca una stima attendibile di µ_x nella varianza casuale di x e che 2

xs sia stima attendibile della varianza σ^2. Valutazione dell’incertezza tipo di categoria B Se la stima della grandezza d’ingresso x non è stata ottenuta tramite osservazioni ripetute, l’incertezza di tale stima va valutata con metodi di categoria B. L’incertezza tipo, u(x), si valuta in base ad un giudizio scientifico su tutte le informazioni utili sulla possibile variabilità di X. Tali informazioni includono:

• dati di precedenti misurazioni; • esperienza o conoscenza generale del comportamento e delle proprietà

dei materiali e • strumenti di interesse; • specifiche tecniche del costruttore; • dati forniti in certificati di taratura o rapporti simili; • incertezze assegnate a valori di riferimento presi da manuali.

Il corretto uso delle informazioni disponibili per la valutazione dell’incertezza tipo di categoria B richiede intuizione basata sull’esperienza e sulla conoscenza generale dello specifico problema di misura da affrontare. Talvolta la correttezza della valutazione dell’incertezza di categoria B può essere attendibile quanto la A. Chiamiamo le seguenti variabili:

( )( ) Bcategoriaditipoincertezzaxu

Bcategoriadiianzaxu

i

i

⋅⋅⋅⋅⋅⋅⋅

:var:2

Se abbiamo una distribuzione dei valori x normale ( )[ ]( )x

xsσ

σ

60

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Lo scarto tipo s(x*) (nota: “x*”, sta per x segnato) rispetto a σ(x*) è nell’ordine di:

( ) ⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛⋅

−=∆ 100

121n

(A.6)

Dove “n” è il numero delle osservazioni, ad esempio:

- n=10 ∆≈23,57% - n=50 ∆≈10,1%

Se x_i è ricavato da uno specifico, è ricavata da una specifica del costruttore, da un certificato di taratura o da un manuale, etc. Se la sua incertezza è definita come multiplo particolare di uno scarto tipo allora si definisce:

(incertezza tipo) ( )

( )2

2 _

_

⎟⎠⎞

⎜⎝⎛=

=

KdichiaratoValorexu

KdichiaratoValorexu

i

i

(varianza stimata)

Dalle informazioni a disposizione si deve ricavare la “funzione densità di massima probabilità”/distribuzione del fenomeno osservato p(x), il valore atteso sarà pari alla media della distribuzione, µ, mentre l’incertezza sarà pari alla sua deviazione standard:

( ) ( ) ( )dxxpxxu x ⋅−=== ∫22 µσσ (A.7)

Funzione densità di massima probabilità Nel rispetto del principio della massima entropia di un sistema, possiamo dire che nell’ambito delle misure la lettura di un valore è letta quando l’oggetto fisico e lo strumento di misura sono in equilibrio (ovvero l’entropia dei sistemi è massima). Volendo tralasciare l’ulteriore discussione in merito alla teoria dell’entropia riportiamo un approccio pratico, ovvero, quando la funzione densità di massima probabilità è valida?

( ) ( )

[ ] 1−

+−

−−

+− +=

⋅=bb

xxi

ebebA

eAxp i

λλ

λ

(A.8)

Dove b e λ sono dei coefficienti che tengono conto della distribuzione dei valori di misura all’interno dell’intervallo, ad esempio se il valore medio è centrale

61

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all’intervallo (simmetrico) oppure è spostato verso uno dei limiti dell’intervallo. La funzione riporta come figura la tipica campana di Gauss, ove il picco rappresenta la massima probabilità in cui la misura si avvicina al valore vero. Tale approccio, però, è puramente teorico e spesso ha poco significato dal punto di vista fisico. Tuttavia, nel caso di asimmetria della distribuzione dei valori, si può approssimare tale concentrazione ad un trapezio:

Figura A.3 Esempio di distribuzione asimmetrica approssimata a trapezio.

Dove nella (A.8) si ha:

• Base maggiore: 2a=( ) −+ − aa• Base minore: 2aβ (0<β<1), per β 1 il trapezio diventa un rettangolo,

per β 0 il trapezio diviene un triangolo. Se attribuisco ai valori di ingresso x_i tale distribuzione:

( ) ( )

( )6

0

61

22

2

222

axu

axuaa

x

i

i

=⇒→

+=→

+= +−

β

β

(A.9)

Illustrazione grafico dell’incertezza tipo Se è proprio necessario avere un riscontro teorico della misurazione, si può disegnare un grafico qualitativo che mostra l’andamento gaussiano della distribuzione dei valori misurati. Di solito si disegna tale grafico quando:

62

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• Si vuole fare una stima del valore di una grandezza d’ingresso x_i. • Valutazione della stima d’incertezza. • Quando la distribuzione è ignota (esempio: misuro un fenomeno, ove la

legge fisica è ignota). Chiamiamo i seguenti parametri: t: Valore grandezza x_i

µ_t: valore medio n

tt

n

kk

t

∑=== 1µ ; (A.10)

σ: scarto tipo

( )( )

;2

1 2

2

2σµ

πσ

tt

etp−

−⋅= (A.11)

DENSITA’ DI PROBABILITA’: ( ) ( )∫ =∃→ 1: dzzpzp ; (A.12) Determinazione dell’incertezza tipo composta Grandezze d’ingresso non correlate: Molto spesso il misurando Y non viene misurato direttamente, ma determinato a partire dalle misure di un certo numero N di grandezze i X (i=1,…,N) (misura indiretta), dalle quali lo stesso misurando dipende attraverso una opportuna relazione funzionale:

( )NXXXfY ,,, 21 K= (A.13) Tale relazione è detta equazione di misura. La funzione f dell’equazione (A.12) non è l’espressione di una legge fisica, ma descrive matematicamente un intero processo di misura. Essa deve contenere tutte le quantità che possono contribuire in modo significativo all’incertezza di misura globale. Secondo la terminologia adottata le grandezze osservate , ossia le variabili indipendenti della (A.12), sono le grandezze d’ingresso, e la Y, la variabile dipendente, è la grandezza d’ uscita o misurando.

iX

Poiché ciascuna grandezza di ingresso è una variabile aleatoria, la grandezza di uscita Y sarà anche essa una variabile aleatoria. Si può dimostrare che se tutte le stime delle singole variabili aleatorie,

iX

ix , sono indistorte, la stima, iy , della variabile aleatoria Y si ricava applicando l’equazione di misura alle stime delle grandezze di ingresso:

63

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( )Nxxxfy ,,, 21 K= ; (A.14)

L’incertezza di misura associata a Y prende il nome di incertezza tipo composta, . Per calcolare l’incertezza tipo composta, secondo il modello statistico di incertezza, bisogna considerare le incertezze tipo di tutte le grandezze d’ingresso.

( )yuc

La norma definisce la “legge di propagazione dell’incertezza” che consente di stimare l’incertezza dell’uscita a partire dalle incertezze dei dati in ingresso; essa come viene riportata di seguito è applicabile solo se l’equazione di misura non presenta forti non linearità.

( ) ( )i

N

i ic xu

xfyu ∑

=⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛∂∂

=1

22 ; (A.15)

Si noti la frazione alle derivate parziali, ovvero i termini sono approssimati da una espansione in serie di Taylor al 1° ordine, nel caso un cui y=f(x) è non lineare, può essere opportuno arrestare l’espansione della serie a termini di ordine superiore al primo grado. Tali derivate parziali sono chiamate col nome di coefficienti di sensibilità in quanto descrivono come varia la stima dell’uscita y al variare dei valori delle stime d’ingresso x_1,x_2,…,x_n. In particolare:

( ) ii

i xxfy ∆⋅

∂∂

=∆ ; (A.16)

Varianza composta:

( ) ( )[ ] ( )∑∑==

=⋅=N

ii

N

iiic yuxucyu

1

2

1

22 ; (A.17) dove:i

i xfc

∂∂

=

L’incertezza tipo composta u_c(y) può essere calcolata numericamente sostituendo con: ( )ii xuc ⋅

( )( ) (( )[ ]NiiNiii xxuxxfxxuxxfZ ,,,,,,,,21

11 KKKK −−+= ) ; (A.18)

dove chiamo :

( )

( ) ;

;

i

ii

ii

xuZ

c

Zyu

=

=

64

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La u_i(y) è calcolata numericamente tenedo conto la variazione di y determinata dalle variazioni di x_i pari a +u(x_i) e –u(x_i). Allora un modo per calcolare i coefficienti c_i è quello di misurare la variazione di y facendo variare una sola grandezza d’ingresso per volta mantenedo le altre costanti. Grandezze d’ingresso correlate: Nel caso precedente le grandezze x_i sono tutte indipendenti tra loro, quando solo due o più grandezze x_i sono significativamente legate tra loro allora bisogna tenerne conto di tali legami: Varianza composta:

( ) ( ) ( ) ( )ji

N

i j

N

ij ii

N

i iji

N

i j

N

j ic xxu

xf

xfxu

xfxxu

xf

xfyu ,2,

1

1 1

22

11 1

2 ⋅∂∂

⋅∂∂

+⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛∂∂

=⋅∂∂

⋅∂∂

= ∑ ∑∑∑∑−

= +=== =

;

(A.19) dove:

( ) ( )ijji

j

i

j

i

xxuxxu

XX

distimexx

,,

_

=⎭⎬⎫

⎩⎨⎧

→⎭⎬⎫

⎩⎨⎧

covarianza stimata associata a x_i, x_j; Coefficiente di correlazione:

( ) ( )( ) ( )

( ) ( )( ) 1,1

,,:

;,

,

+≤≤−

=

⋅=

ji

ijji

ji

jiji

xxr

xxrxxrdove

xuxuxxu

xxr

Se x_i e x_j sono indipendenti r(x_i, x_j) = 0;

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Si può riscrivere il termine di covarianza dell’equazione precedente in funzione dei coefficienti di correlazione:

( ) ( ) ( )

( ) ( ) ( ) ( ) ( )

( ) ( ) ( ) ( ) #1,

;,2

;,2

2

1

2

1

2

1

1 11

22

1

1 1

⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛∂∂

=⎟⎠

⎞⎜⎝

⎛=⇒=∀

⋅⋅⋅∂∂

⋅∂∂

+=⇒

⋅⋅⋅∂∂

⋅∂∂

∑∑

∑ ∑∑

∑ ∑

==

= +==

= +=

N

ii

i

N

iiicji

jijij

N

i

N

ij i

N

iiic

jijij

N

i

N

ij i

xuxfxucyuxxr

xxrxuxuxf

xfxucyu

xxrxuxuxf

xf

(A.20)

Incertezza estesa Sebbene l’incertezza tipo composta u_c(y) possa universalmente essere usata per esprimere l'incertezza del risultato di una misurazione, in talune applicazioni commerciali, industriali e normative, e là dove sono coinvolte la salute e la sicurezza pubblica, è sovente necessario dare una valutazione quantitativa dell'incertezza che definisca un intervallo intorno al risultato della misurazione che ci si aspetti comprendere una gran parte della distribuzione di valori che possono essere ragionevolmente attribuiti al misurando:

( ) ( )[ yUyyUy mm ]+− , (A.21)

La valutazione quantitativa supplementare dell'incertezza che soddisfa il requisito di fornire un intervallo è denominata incertezza estesa ed è indicata con U. L’incertezza estesa, si ricava moltiplicando l’incertezza tipo composta per un fattore di copertura k:

( ) ( )yukyU ⋅= (A.22)

All’intervallo ricavato tramite l’incertezza estesa va associato un livello di confidenza detto anche probabilità di copertura. Ciò equivale ad affermare che i due limiti dell’intervallo individuano una porzione della distribuzione di probabilità della stima del misurando pari al valore della probabilità di copertura. Per stabilire dunque un intervallo di confidenza esatto è necessario conoscere completamente la distribuzione di probabilità. Ad esempio, in Fig.(A.6) sono riportati alcuni esempi di legame tra k e livello di confidenza per una distribuzione gaussiana (es. con fattore di copertura k=2 il livello di confidenza dell’intervallo è pari a 0.954 in quanto l’intervallo [y_m-2·u(y), y_m+2·u(y)] comprende il 95.4% della distribuzione).

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Figura A.4 Calcolo del legame tra livello di confidenza e fattore di copertura se il processo di

misurazione può essere modellato con una distribuzione gaussiana con µ = y_m e σ = u(y). Scelta del fattore di copertura K è scelto sulla base del livello di fiducia richiesto dall’intervallo di incertezza, solitamente k è compreso tra i valori 2 ≤ k ≤ 3 (in alcuni casi particolari può essere maggiore di 3 o minore di due). Dato:

( ) ( )%9995 ÷=⇒⋅±=±= pyukyUyY c si vorrebbe trovare quel valore di k tale che stabilisca in modo efficace il suo livello di fiducia associato con l’intervallo. Ciò nella realtà è molto difficile poiché richiede la conoscenza approfondita della distribuzione di probabilità caratterizzata dal risultato della misurazione y e dalla sua incertezza tipo composta u_c(y). Il metodo più semplice è quello in cui la distribuzione di probabilità caratterizzato da y e u_c(y) è normalizzato dall’approssimazione e che i g.d.l. sono sufficientemente elevati per cui si ha due possibilità per assegnare k: k = 2 p = 95 % k = 3 p = 99 %

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A.2 Controlli Non Distruttivi: metodo magnetoscopico Questa tecnica si basa sull’analisi delle variazioni nel campo magnetico che si verificano in presenza di difetti superficiali o subsuperficiali. Può essere applicato solo su materiali ferromagnetici (es. ferro, nichel, cobalto ed alcune delle loro leghe) È un tipo di controllo estremamente diffuso nell’industria petrolchimica, automobilistica ed aerospaziale.

Tabella A.1 Riepilogo caratteristiche magnetiche dei materiali. Materiali diamagnetici Materiali

paramagnetici Materiali ferromagnetici (sottoclasse dei paramagnetici)

Non possono essere magnetizzati. Sono debolmente

respinti dal magnetismo. Esempi: Rame,

Argento, Oro, Mercurio, Fosforo, Bismuto ecc.

Possono essere magnetizzati. Sono influenzati

dai campi magnetici. Esempi:

Magnesio, Platino, Molibdeno, Litio, Alluminio.

Possono essere fortemente magnetizzati. Vengono

fortemente attratti dai campi magnetici. Esempi: Ferro,

Nichel, Cobalto, ecc.

I componenti dei motori a pistoni sono solitamente per lo più costituiti da materiali paramagnetici e ferromagnetici. Materiali ferromagnetici

• Un materiale è considerato ferromagnetico se può essere magnetizzato. Tipicamente tutti i materiali che possiedono una significativa percentuale di ferro, nickel o cobalto sono ferromagnetici.

• I materiali ferromagnetici sono costituiti da numerose regioni (definite domini magnetici) nelle quali i campi magnetici dei singoli atomi risultano essere allineati.

• Quando il materiale si trova in uno stato smagnetizzato ciascun dominio è orientato in modo casuale, ma sotto l’azione di una corrente elettrica o di un campo magnetico esterno, i domini si allineano originando una magnetizzazione macroscopica dell’intero corpo.

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Figura A.5 Schema del campo magnetico sulla superficie in controllo

Come si vede nella figura sopra riportata, la presenza di cricche o altri difetti provoca una “rottura” del campo magnetico naturale del pezzo, e le particelle di metallo magnetizzato si raggruppano in corrispondenza della discontinuità che funge da ulteriore dipolo magnetico. Affinché il campo magnetico si alteri in modo significativo è necessario che la discontinuità sia il più possibile perpendicolare alle linee di induzione così da offrire una brusca variazione di permeabilità magnetica. Se la discontinuità giace su un piano parallelo alle linee di induzione non si produce alcun accumulo. In ogni caso la rivelazione delle discontinuità avviene fino ad angoli compresi tra 40 e 60° rispetto alle linee di induzione come nell’esempio qua sotto riportato.

Figura A.6 Effetti dell’orientamento della cricca.

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Ci sono due modi per magnetizzare il materiale:

Figura A.7 Metodi di magnetizzazione del materiale. Il primo produce la magnetizzazione del pezzo mediante il passaggio di una corrente elettrica sul pezzo stesso, il secondo, invece, produce la magnetizzazione del pezzo mediante immersione in un campo magnetico. Per magnetizzare un materiale bisogna applicare un campo magnetico (o la corrente) in modo crescente a cicli, dopo un po’ di cicli il materiale diventa magnetico. Tabella A.2 Schema riassuntivo metodi di magnetizzazione.

Un campo magnetico

longitudinale può essere realizzato introducendo la

barra all’interno di una bobina.

Un campo magnetico

circolare può essere realizzato

facendo attraversare la barra da una

corrente elettrica.

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Per la smagnetizzazione del materiale bisogna procedere all’inverso i passaggi fatti x la magnetizzazione, ovvero si inverte il verso della corrente o del campo magnetico e in fase decrescente. Infine il metodo magnetoscopico ha i seguenti vantaggi e svantaggi:

• Vantaggi: Costo medio-basso, sensibile a difetti superficiali e sub-superficiali quali cricche e/o sub-inclusioni di materiale estraneo.

• Svantaggi: Impiego limitato ai materiali ferromagnetici. Preparazione della superficie laboriosa, ovvero il processo non è automatizzabile. Può richiedere la smagnetizzazione del materiale magnetizzato.

A.3 Calcolo della densità dell’aria La densità dell’aria può essere calcolata tramite la relazione dei gas perfetti:

TRP⋅

=ρ (A.23)

Dove: P: pressione del gas in [Pa] R: costante del gas [J/kgK] T: temperatura del gas [K] Tale legge però è ideale, ovvero nelle condizioni assolute, ma in realtà l’aria contiene una miscela di gas e vapore acqueo facendo sì che la densità reale sia diversa da quella reale, peciò bisogna tenerne conto di questo fatto quando serve avere una previsione attendibile della densità dell’aria. La formula proposta tiene conto della pressione parziale dell’aria umida e dell’aria secca da cui le seguenti cotanti dei gas: Rd = 287.05 [J/kgK] (aria secca) Rv = 461.495 [J/kgK] (aria umida) La formula diventa:

TRP

TRP

d

d

v

v

⋅+

⋅=ρ (A.24)

Il primo termine si riferisce alla pressione parziale del vapore acqueo e il secondo a quello dell’aria secca (che è uguale alla legge dei gas perfetti). Pv è ottenuto a partire dal calcolo della pressione di saturazione dell’aria:

85.35625.20485.7

101078.6100 −−⋅

⋅⋅= TT

satP (A.25) dove T è la temperatura ambiente espressa in Kelvin

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satPRHPv ⋅⎟⎠⎞

⎜⎝⎛=

100% (A.26) dove RH è l’umidità dell’aria espressa in

percentuale. Mentre per calcolare la pressione parziale dell’aria secca basta fare:

vatmd PPP −= (A.27) dove Patm è la pressione ambiente espressa in [Pa].

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Appendice B Fonti

[1] Teledyne Continental Motors, Engine specification sheets.

http://tcmlink.com/visitors/enginespecsheets.cfm

[2] Officine Aeronautiche David, Certificazioni e abilitazioni.

http://www.david.it

[3] AEP Transducers, Datasheet trasduttori: TS – TSA, TRX, LabDMM, GPM.

http://www.aep.it

[4] M. Pau, Corso sui Controlli Non Distruttivi, Università di

Cagliari.

http://dimeca.unica.it/didattica/materie/pau/non_distruttivi.html

[5] Teledyne Continental Motors, Engine Datasheet IO-550-N

http://www.tcmlink.com/EngSpecSheetDocs/IO550N.pdf

[6] European Aviation Safety Agency (EASA)

http://www.easa.europa.eu/

[7] Federa Aviation Administration, Airworthiness Directives.

http://www.faa.gov/regulations_policies/airworthiness_directives/

[8] Ente Nazionale per l’Aviazione Civile (ENAC)

http://www.enac-italia.it/

[9] Solventi per rimozione emulsioni penetranti per i CND Ardrox® 9PR12-985P12

http://www.kemper.it/

Kempersolv 42, Solvente industriale

http://www.kemper.it/catalogo/pdf/K0022300.pdf


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